L'amore inizia da Shakespeare

di Dreamless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 (secondo David) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 (secondo David) ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 (secondo David) ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il sole splendeva sulla mia bella cittadina, a qualche chilometro da Londra dove studiavo. Era solo metà aprile, ma sembrava fossimo già ad luglio.
Ero appena scesa di casa, in sella alla mia bicicletta metallizzata; l’aria fresca mi baciava il viso come in uno dei libri che tanto amavo. Da casa mia a scuola c’erano parecchi chilometri e non ero il tipo che amava alzarsi alle quattro di mattina, ma per frequentare quella scuola, avrei attraversato mari e montagne. Ero al terzo anno al liceo classico Empedocle; ero stata presa grazie a una borsa di studio vinta in un corso di letteratura e tutta la mia famiglia né era entusiasta, compresa me. Soprattutto me. Dopo ben due ore solo a pedalare per le vie districate dell’Inghilterra, sorpassando vialetti desolati e negozi che erano ancora chiusi, arrivai a scuola; erano solo le sei, di conseguenza non c’era nessuno, ma questo a me non importava, avrei potuto entrare in biblioteca e restituire il libro che avevo preso due giorni fa e prenderne uno nuovo. Amavo leggere e leggevo quattro o cinque libri alla settimana. Erano un’ossessione. Appena fui dentro rimasi stupita; la libreria era stata rifornita di mille e mille libri di ogni tipologia e per me era il sogno più bello mai realizzatosi. Mi avvicinai, con un sorriso a trentadue denti, alla bibliotecaria “Ciao meraviglia, hai già finito il libro ?” mi chiese Mary con un lieve sorriso sulle labbra; ci vedevamo ogni giorno e per me la biblioteca e lei erano come una seconda casa e una seconda mamma. Mary era alta un po’ più di me, corti capelli rossicci e lisci, dei occhi castani incorniciati da folte ciglia nera. Era una bella persona, sia dentro che fuori.
Annuì sorridendo “Amo Shakespeare lo sai” dissi porgendole L’Amleto.
Visto quanti libri nuovi ? Sembra proprio che aspettassero te stamattina” mi fece l’occhiolino.
Guardai l’orologio, avevo ancora trenta minuti prima di dover salire a lezione e occupai quel tempo ad esaminare quanti più libri possibili, finché non ne scelsi uno.
Romeo e Giulietta.
L’avevo letto si e no mille volte, ma amavo la loro storia d’amore. Quell’amore che neanche una guerra tra famiglia poteva distruggere. Quell’amore malsano e struggente.
Quell’amore che io aspettavo di provare da così tanto tempo che sembravano secoli, ma l’unica cosa che gli si avvicinava era la mia amicizia per Helen.
“Helen” dissi sbattendomi una mano sulla fronte.
Salutai velocemente Mary e corsi con il libro tra le braccia verso l’entrata.
“Mi dispiace, mi dispiace e mi dispiace. Mi sono dimenticata che dovevamo fare colazione insieme” dissi io cercando di sfuggire all’ira, giustificata aggiungerei, di Helen per averla lasciata da sola a colazione .
“Non hai scuse questa volta Ginevra” disse lei guardando il libro che tenevo sul grembo.
“Lo so, ma l’ho veramente tolto dalla mente. Per farmi perdonare andiamo a pranzo insieme ti va ?” sperai davvero di cavarmela con questa ‘offerta di pace’.
Lei annuì “Però provaci di nuovo ad abbandonarmi e ti prometto che il prossimo libro che leggerai sarà ‘Come sopravvivere alla mia migliore amica’” disse lei seria, poi mi abbracciò dolcemente.
Amavo i suoi abbracci, era una delle poche persone a cui non avevo mai mentito e che sapeva capirmi. Ci conoscevamo dalla culla ed eravamo sempre andate d’accordo anche se talmente diverse. Lei, spiritosa, divertente e aperta al mondo. Io, sarcastica, senza il minimo senso dell’humour e chiusa con tutti. L’unica cosa che poteva farmi davvero aprire, e Helen lo sapeva bene, era scrivere. Ogni parola che non dicevo nella realtà, nelle mie poesie venivano triplicate e trasformate nella melodia più dolce e sinfonica del pianeta. Ogni volta che prendevo una penna era come se io non fossi più io, il mondo si distorceva e solo io avevo il potere di trasformarlo in tutto ciò che desideravo diventasse.
La penna era la mia bacchetta magica.
 
La campanella suonò e noi ci prestammo all’ora di letteratura.
Che potevo desiderare di più il lunedì mattina.
Le lezioni erano davvero molto pesanti, ma per me che ero arrivata lì con una borsa di studio, più che sudata, era una passeggiata.
La nostra insegnante, Miss. Nagelì, era una persona che riconoscevi fra mille non solo per il suo stravagante carattere e modo di vestire, ma per la sua predisposizione all’arte. Qualsiasi tipo di arte, incominciando appunto dalla letteratura, proseguendo con la musica fino al disegno artistico.
“Chi mi sa dire che avvenne a Lucia durante questo paragrafo ?” domandò Miss. Nagelì tenendo in mano una coppia molto antica de I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Alzai la mano.
“Ginevra illuminaci” disse l’insegnante accennandomi un sorriso.
Amavo Miss. Nagelì, tra noi non c’era solo un rapporto alunno- insegnante, c’era un’intesa che superava qualsiasi convenzione scolastica, con lei potevo parlare di tutto ciò che amavo in tranquillità perché sapevo che lei riusciva a capirmi e questo non accadeva raramente.
“Lucia venne rapita e sottratta al suo grande amore Renzo, da Don Rodrigo “ dissi io serena.
“Complimenti, come sempre” Miss. Nagelì mi fece l’occhiolino, poi continuò la lezione.
“Secchiona” disse un mio compagno tra un colpo di tosse.
Mi girai “Non si è secchiona solo perché si sa qualcosa, ma si è ignoranti se non la si sa” dissi io con il mio solito tono acido; odiavo dover essere così, ma in quella scuola o agivo così o venivo presa a calci e non avevo alcuna intenzione di farmi pesare dalla gente, che era entrata in quella scuola senza un obiettivo o con il semplice finanziamento di papà, che io ero diversa da loro.
Anche io sapevo che ero diversa e l’unica risposta che potevo darmi e che ero destinata a qualcosa di diverso dal fare la casalinga.
“Allora, dove mi porti a pranzare ?” mi chiese Helen appena le lezioni finirono.
“Pensavo di andare al parco, sai oggi è davvero una bella giornata per mang..” non mi fece concludere la frase.
“Ginevra, pensi che sono nata ieri ? Vicino al parco c’è il concorso vero ?” mi chiese lei sorridendo.
Si, era vero. Da qualche giorno gli autori più importanti e famosi del mondo si erano radunati in un parco di Londra per un concorso per scrittori emergenti e io aspettavo da circa sei mesi che arrivassero da noi.
Che arrivassero da me.
Annuì imbarazzata.
“Okay, va bene, ma domani dopo la tua ora in biblioteca sceglierò io dove andare” disse lei.
L’abbracciai “Lo sai che ti adoro ?” le chiesi saltando dalla gioia .
“Si che lo so e ora muoviamoci, non vorrai arrivare in ritardo vero ?” rispose lei sorridendomi.
Arrivammo appena in tempo, stavano per chiudere, ma fortunatamente tra i molti autori c’era anche Valerie che trattenne i colleghi dicendo che stava arrivando quella che sarebbe diventata la migliore scrittrice del mondo.
Valerie era mia madre, anche lei adorava scrivere e aveva passato questa meravigliosa passione a me.
“Allora signorina ?” chiese uno dei cinque ‘giudici’ lì presenti.
“Stander. Ginevra Stander” dissi io avvicinandomi al tavolo e porgendo un foglio con il mio curriculum e con una delle tante poesie che avevo scritto in una fredda notte estiva, appoggiata alla finestra ad ammirare le stelle.
“Signorina Stander, qui noi vediamo molto materiale e anche del talento, ma..” disse l’uomo accanto al precedente che mi aveva rivolto la parola.
“Mancano le emozioni, manca la passione, manca..l’amore. La poesia è davvero ben fatta, ma non c’è nulla che faccia capire che lei scrive con sentimento. “concluse egli liquidandomi con un ‘Ci rivedremo al prossimo concorso’.
Mi avvicinai ad Helen che mi guardò con un sorriso “Allora che ti hanno detto ? Aspetta fammi indovinare, ti mandano a Parigi per il primo stage non è vero ?” disse lei felice come mai l’avevo vista.
 “Non vado da nessuna parte che non sia casa mia o Empedocle, non mi hanno preso” dissi io ridendo anche se avrei voluto urlare.
 “Perché ?” mi chiese stringendomi la mano tra la sua.
“Manca il sentimento, eh grazie che manca il sentimento se l’unico mio grande amore è stato Ray” risposi io .
“Ray ? In prima elementare ?” mi guardò stranita. “Che tu sappia ho mai avuto altro sentimento al di fuori di lui ?”
Scosse la testa “Prima o poi arriverà” tagliò corto lei “Appena arriva fammi un fischio, fino a quell’ora devo continuare qui, a fare avanti e indietro in bicicletta, a passare cinque o sei ore al giorno a studiare con gente che mi critica, solo perché sono entrate con una borsa di studio, e leggere, dormire tre ore solo perché passo la sera a scrivere, quando, abbiamo capito oggi che è inutile” dissi io staccando la sua mano dalla mia iniziando a camminare.
 
Era come se il mondo mi fosse precipitato addosso e io fossi sotto di esso schiacciata contro il terreno.
 
Helen mi fermò e mi scostò dal viso una ciocca di capelli biondo scuro.
“Hei, hei, hei, ci sono sempre io, non abbiamo bisogno di altro, né di quei vecchi bacucchi, né di nessun’altro chiaro ?” i suoi occhi castano come i capelli scrutarono i miei azzurro limpido.
“Mi hai sentito Ginevra, lasciali stare, lascia stare tutto, ci sono io e credimi che il tuo talento un giorno verrà invidiato da tutti e quelli come loro, che ti hanno rifiutato, si mangeranno le unghie per ciò che hanno fatto” mi prese le mani e mi sorrise. “Fidati di me dolcezza”.
 
Come potevo resistere a quella ragazza con quello che mi diceva.
 
“Okay, mi fido” dissi accennando un sorriso.
“Ahh finalmente, adesso andiamo a mangiare qualcosa che sto morendo di fame ?”
 
Arrivai a casa per cena e appena varcai la porta di casa, mio padre e il mio fratellino Denny mi corsero incontro abbracciandomi.
“Siamo a natale ?” chiesi io sconcertata
“No, ma tua madre ci ha raccontato tutto e volevamo che sapessi che siamo lo stesso tanto fieri di te” disse mio padre
“State tranquilli, beh io sto benissimo e ora se non vi dispiace, vado a studiare, buonanotte” dissi io liquidandoli velocemente prima che mi chiedessero della cena o cercassero di nuovo di avere ‘ un contatto ’ con me.
Amavo la mia famiglia, ma a parte mia madre nessuno sapeva davvero come ci si sentiva a essere giudicata in quel modo, di conseguenza mio padre e Denny volevano starmi vicini. GRANDE ERRORE.
Mio padre lavorava in una piccola azienda di immobili, Danny andava ancora alle elementari. Io e mamma eravamo le uniche che potevamo capire davvero.
 
Mi sedetti nel letto a studiare greco; alle undici e mezza spensi la luce e appoggiai la testa sul cuscino di piume d’oca, in pochi minuti mi addormentai profondamente mentre le stelle mi illuminavano con il loro candore e la loro lucentezza inebriante.
 
La mattina seguente mi alzai piena di vita e pronta a tutto; saltai in sella alla bicicletta e in meno di un’ora e mezza arrivai a scuola.
Oggi sarebbe stato il mio turno in biblioteca e non potevo di certo permettermi di arrivare in ritardo o Mary mi avrebbe eliminato.
“Allora, tu sai tutto come sempre, io vado, ci vediamo fra un’ora, a dopo “ disse Mary ammiccando e poi svanendo tra i corridoi scolastici.
La biblioteca era sempre vuota e io ne approfittai per leggere un po’.
 
Con le ali dell'amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all'amore... e ciò che amor vuole amor osa!’
Shakespeare era qualcosa di stupendo, le sue parole erano pura e soave poesia.
Ero così concentrata a leggere che non mi accorsi che in lontananza in un banco, un ragazzo, sulla ventina, era intento su un libro dalla copertina blu scuro e la titolazione d’orata.
Da lontano scorsi solo‘Shakespeare’.
Sorrisi involontariamente.
Passò l’ora del mio turno e Mary tornò al suo posto da bibliotecaria, ma io rimasi ancora per un po’ ad guardare quel giovane.
I capelli biondi erano illuminati da occhi castani e profondi, labbra carnose e rosso pallido davano a quel ragazzo l’aria di uno che in biblioteca non ci sarebbe andato neanche per sbaglio, ma da come era concentrato su quel libro non era neanche qualcosa legato all’ambito del liceo.
Era il primo ragazzo, anzi, la prima persona che vedevo leggere con tanta attenzione e…passione.
Alzò il viso dal libro e mi guardò accennandomi un sorriso, poi ritorno aShakespeare.
In quell’istante mi senti strana, forse erano i suoi occhi castano intenso, non me lo seppi spiegare, ma era qualcosa di oscuro, spaventoso e allo stesso tempo affascinante e intrigante.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Perché mi ero sentita in quel modo? Perché avevo iniziato ad avvampare? Perché ero rimasta a guardarlo? La mia testa si concentrò solo su queste domande; avevo passato l’ora di greco e latino sulle nuvole e tutti sapevano, soprattutto Helen, che non era dalla normale Ginevra.
“Allora mi spieghi a cosa pensavi durante greco e durante latino e durante il resto della giornata a partire da quando sei tornata dalla biblioteca?” mi chiese Helen appena arrivammo a casa mia che, fortunatamente, era vuota. Tutti a lavoro.
“A nulla, sono solo stanca” dissi accennando un sorriso.
Era la prima bugia che gli avevo detto da quando..
Da sempre e neanche io sapevo perché lo stavo facendo.
“Mi stai mentendo Ginevra, non l’hai mai fatto”disse lei squadrandomi da capo a piedi già pronta a uccidermi.
“Eh va bene. Oggi in libreria c’era un ragazzo che leggeva Shakespeare” incominciai io.
“E che c’è di strano. In questa scuola molto insegnanti fanno studiare Shakespeare” disse lei.
“Lo so, ma lui era diverso, lo leggeva perché voleva leggerlo, si vedeva dal modo in cui era attento ai particolari; nel modo in cui girava le pagine; nel modo in cui è ritornato a leggere dopo che mi ha sorriso” dissi io senza neanche pensare a ciò che avevo appena detto. Mi sbattei la mano sulle labbra.
“Frena, frena, frena. Ti ha guardato e ti ha sorriso ?” gli occhi castani le brillavano come se avesse appena vinto il premio Nobel o un Oscar.
“Si, ma non farti strane idee, era solo un ragazzo che non voglio rivedere e poi neanche mi piaceva”.
Mentì su una cosa.
Volevo rivederlo.
 Non erano molte le persone che amavano Shakespeare, soprattutto tipi come lui.
“Almeno dimmi come era” disse Helen distendendosi sul letto e guardandomi come se fosse pronta a beccarmi sul fatto.
“Capelli color grano, occhi castani, labbra carnose e si e no poteva avere vent’anni” tagliai corto io.
“Un pensierino c’è lo potresti fare Ginevra” disse lei ammiccando.
“Preferisco uscire a cena con Lucifero” dissi io fredda.
“Perché devi essere sempre così..così…così” disse lei.
“Perché io sono io. Lo sai come sono fatta, non uscirò con un ragazzo finché non incontrerò il ragazzo perfetto” dissi io.
Poi continuai “Quel ragazzo che ti donerebbe l’anima. Quello che ti guarderebbe come se al mondo esistessi solo tu. Quello che un solo sorriso sarebbe un colpo al cuore. Quello che mi saprà apprezzare senza pretendere di cambiare una singola cosa di me” dissi prendendo il libro di filosofia dalla mensola.
Passammo l’intero pomeriggio a studiare finché alle cinque non mi resi conto che dovevo andare da Mary per portarle un’enciclopedia.
“Helen io vado a scuola, mi dispiace tantissimo, ma se non porto a Mary l’enciclopedia domani chi la sente” dissi io mettendomi in sella alla bicicletta, mentre lei, invece, tornava a casa con l’autobus.
“Okay, tranquilla. Mi raccomando salutami il biondino senza nome se lo vedi” disse con un sorriso compiaciuto, io arrossì.
Arrivai a scuola alle sette meno un quarto e il pensiero che dovevo ritornare a casa e che ci avrei messo altre due ore mi assillava.
Entrai a scuola con la chiave che mi aveva dato la preside per i miei ‘studi extra’e mi diressi in biblioteca; lì tutto era silenzioso e della bibliotecaria nessuna traccia.
“Mary sono Ginevra, ti ho portato l’enciclopedia” dissi ad alta voce io.
Nessuna risposta.
“Mary” esclamai alzando la voce.
“Non c’è. Mi ha dato il cambio un’ora e mezza fa” disse una voce sconosciuta.
Mi guardai intorno e vidi che seduto al posto di Mary nel centro registrazione libri c’era lo stesso ragazzo di quella mattina.
Mi avvicinai e poggiai il grosso libro sul tavolo.
“Appena la vedi digli che questo dovrebbe andare bene per sua figlia” dissi io avviandomi verso la porta.
Non avevo alcuna intenzione di parlare con quel ragazzo e ancora una volta la motivazione non mi era chiara.
 “Ho visto che ti piace Shakespeare” disse lui spostando il suo sguardo dalla enciclopedia, che avevo appena posato sulla scrivania, a me sorridendomi in un modo che mi fece irritare.
“Si, è il mio autore preferito. Adoro come scrive e Romeo e Giulietta è il mio libro preferito” dissi con un lieve sorriso.
Poi tornai alla realtà e notai che il suo sorriso era diventato ancora più insopportabile.
“E’ stato un piacere, ma adesso devo tornare a casa. Da qui a dove vivo io ci sono due ore di strada e aimè la bicicletta non aiuta. E’ stato un piacere conoscerti, ci vediamo qui in biblioteca qualche volta “dissi indietreggiando e colpendo la porta con la schiena; mi avviai verso l’uscita, ma mentre mi avviavo mi parse  di senti riuscì a sentire ‘Lo spero tanto’.
Un’impressione o l’aveva detto davvero?
Chissà.
Arrivai a casa che erano le dieci passate e morivo dalla fame; entrai in cucina e feci una cena veloce, poi filai a letto. Anche se continuavo a pensare a quel ragazzo di cui non sapevo nulla; era carino, ma fin troppo superficiale e sicuro di sé per andarmi a genio.
L’avrei odiato e di questo ne ero certa.
 
La mattina seguente il cielo era grigio e spento e grosse nuvole lo ricoprivano.
La pioggia sarebbe arrivata a momenti.
Questo significava che sarei rimasta a scuola fino alle sei di sera.
 
“Che felicità!” pensai
 
Quel giorno tutti erano stranamente di buon umore, compresi gli insegnanti e Helen ne aveva approfittato per torturami dopo che gli avevo detto, sbadatamente, che in biblioteca avevo incontrato ‘il ragazzo di Shakespeare’ e che avevamo parlato.
“Allora, che tipo è ?” mi chiese lei sorridendomi.
“Sinceramente? E’ il pallone gonfiato più grande che io abbia mai conosciuto. E’ orribilmente banale, ci ha provato subito credendo che io cadessi ai suoi piedi con un solo schiocco di dita. E’ fin troppo sicuro di sé” dissi io ripensando al modo in cui mi aveva squadrata un minuto dopo esserci presentati.
“Allora andrete d’accordo sicuramente” Rise “Finalmente qualcuno che può darti corda”
“Te l’ho mai detto che sei la peggiore amica del mondo ?”
“No, perché non lo pensi davvero” disse lei facendomi l’occhiolino.
 
Erano già le due e dopo che Helen era tornata a casa andai in biblioteca a continuare il mio libro; mi aspettai di trovare quel ragazzo lì, ma nulla.
Stetti lì, ore e ore, ma non si fece vivo e io, stranamente, avevo una voglia matta di vederlo e capire a che gioco giocasse con me.
 
Ad un tratto sentì la porta aprirsi, alzai il viso dal mio libro e lo vidi.
 Mi bloccai.
“Ah ciao, non credevo che venissi in biblioteca spesso”
Stava scherzando vero ?
Ero seduta su una delle poltrone rosse messe a posta per i lettori che passavano l’eternità in quella sala.
Lui si sedette in quella accanto a me e involontariamente mi accorsi che stava leggendo il mio stesso libro.
Ecco l'Oriente e Giulietta è il Sole. Alzati, dunque, o vivo sole e spegni la luna fioca, pallida di pena, che ha invidia di te perché sei bella più di lei. Oh, è lei, la mia donna, ma non lo sa ancora. Guarda come posa la guancia sulla mano!” recitò lui alla perfezione con un sorrisetto compiaciuto perché aveva attirato la mia attenzione.
“Ieri non mi hai dato neanche modo di chiedere il tuo nome” disse lui guardandomi, mentre io continuavo a leggere.
“Piacere, Ginevra Stander”dissi io alzando lo sguardo dalla mia lettura “Tu?”
“Il piacere è tutto mio, comunque mi chiamo David. David Dover” guardai il modo in cui suoi occhi esaminavano i miei.
“Ginevra, nome medievale risalente alla moglie di Re Artù ai tempi della tavola rotonda” continuò lui sorridendomi.
“David, nome puramente inglese senza alcun significato storico o letterale” dissi io sorridendo schiva.
Uno a zero.
“I miei genitori volevano chiamarmi Lancillotto, ma hanno optato per questo” disse lui ammiccando.
Uno pari.
La partita si faceva interessante. Cercava di darmi sui nervi e di battermi sul mio campo.
“Un nome non fa la differenza fidati” dissi io sfogliando le pagine del libro.
“Sei fredda con tutti o solo con me?”chiese lui con lo stesso sorrisetto irritante della sera precedente.
“Un po’ con tutti, ma con te in particolare direi” dissi alzandomi a guardare il tempo e per mia sfortuna, pioveva a dirotto.
Mi avvicinai allo zaino e presi una delle tante agende che possedevo.
“Pure scrittrice, una ragazza dalle mille facce” disse lui ridendo.
“Ti sbalordirà quanto lo sono” dissi ignorando quella risata insopportabile.
“Mi chiedo come mai, se sei tanto sicura di te, non hai partecipato al concorso per lo stage a Parigi?” chiese lui scoppiando a ridere “Paura forse?”.
Scoppiai.
Mi alzai, presi le mie cose e mi avviai verso la porta “La prossima volta che mi vedi fammi un favore : Cambia strada e sparisci” dissi io uscendo dalla biblioteca.
Uscì dalla scuola e in pochi secondi mi ritrovai bagnata fradicia.
“Hei, aspetta” disse lui diventando incredibilmente dolce.
Ci stava provando di nuovo con me?!
“Entra su, non vorrai prenderti un’influenza” disse avvolgendomi un suo braccio attorno al collo e facendomi rientrare in biblioteca.
 
Dopo una bella cioccolata calda e qualche coperta riuscì a tornare alla mia temperatura originale.
“Va meglio?” mi chiese lui.
“Si, grazie” risposi io.
“Sono così tanto insopportabile da scappare via sotto la pioggia?”
Scoppiai a ridere.
“Un po’ si, ma sinceramente mi aspettavo di peggio da te” gli sorrisi.
“Così mi scoraggia madame” disse lui fingendo un inchino.
Ridemmo.
“Ho partecipato allo stage, ma non mi hanno presa” dissi infine.
“Mi dispiace” disse lui estremamente sincero.
 “Allora, che porta un ragazzo come te a leggere Shakespeare?” gli domandai per smorzare quel silenzio imbarazzante.
“Potrei farti la stessa domanda”rispose lui facendomi l’occhiolino.
“Te l’ho detto, amo il modo in cui scrive, le sue parole sembrano danzare in perfetta sincronia con il battito del cuore delle persone. E’ qualcosa di magico”
 “Tu invece signor Dover?” dissi sorridendo.
Shakespeare è l’autore più famoso sul globo terrestre ed è perfetto per chi sogna una storia d’amore come quella di Romeo e Giulietta, certo a parte la morte”.
Risi.
“Sto migliorando, è già la terza volta che ti faccio ridere” disse sorridendo.
“Non sono così insopportabile, sono solo una persona che preferisce mille volte stare da sola che in compagnia” dissi semplicemente.
“Sono sicuro che non è così. Sei solo insicura”
“Come scusa?”
“Andiamo Ginevra, ti conosco da praticamente un giorno e si vede che non sei il tipo che ama strasene in perfetta solitudine. Il problema è che preferisci fare la dura invece di cercare di aprirti con qualcuno”disse fissando i suoi occhi nei miei.
 
Allora non era stupido come credevo se l’aveva capito in ventiquattro ore.
Iniziai a sudare freddo, David era tremendamente insopportabile, dolorosamente dolce e orribilmente impiccione, ma c’era qualcosa che lo rendeva irresistibile.
E questo non era ciò che io cercavo nella mia vita, ma allo stesso tempo ero già caduta nella trappola.
“David devo tornare a casa, ci ci vediamo domani” dissi iniziando a balbettare.
Presi le mie cose e corsi fuori.
Erano esattamente le sette e io volevo tornare immediatamente a casa.
Saltai in sella alla bicicletta e iniziai a pedalare velocemente.
Quella sensazione ricominciò e in un attimo mi senti persa nel mio stesso corpo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Appena varcata casa tutti erano già a cenare.
“Tesoro c’è il polpettone” disse mia madre sorridendomi felice come una pasqua.
“Grazie mamma, ma non ho molta fame, me ne vado dritta a letto” corsi su per le scale prima che facesse domande a cui non potevo e non volevo rispondere.
 
Presi il telefono di casa e chiamai Helen che rispose al terzo squillo.
“Dimmi dolcezza” disse lei arzilla.
“Devo raccontarti un sacco di cose”.
 
Gli raccontai tutto quello avvenuto nelle quattro ore dopo che era tornata a casa.
 
“Quindi il bel Romeo cercava di rimorchiare” disse lei, la sentivo sorridere dal telefono.
“Non credo che rimorchiasse, cercava solo di non sembrare una completa palla al piede” affermai cercando di convincermene anche io.
“E tu?” chiese lei.
“Io cosa?” domandai a mia volta ridendo.
“Ginevra porca miseria non è complicato. Tu senti qualcosa per David?” andò al punto lei.
“Helen ci conosciamo da appena un giorno e per tua informazione no, non mi piace, anzi ti dico di più, preferirei un libro di latino sulla testa che uscirci insieme” risposi io acida.
“Stai mentendo, di nuovo, a me” disse lei scandendo parola per parola.
“Davvero Helen, non mi piace David, è la persona più insopportabile dell’universo. L’unica cosa che io e quello là potremmo essere e buoni amici, fine della storia” dissi io.
“Va bene, ti credo. Ah, domani io, Abby e Allison avevamo pensato di uscire, ti va di venire ?”.
Abby e Allison erano due compagne di classe con cui uscivamo qualche volta durante la settimana; andavamo molto d’accordo, ma tra me e Helen era tutta un’altra storia.
“Okay, perché no. Siamo solo noi?” chiesi.
“No, sfortunatamente questa volta siamo un po’ più di quattro” disse lei.
“Mi è passata la voglia di uscire” dissi io.
“Dai Ginevra, devo farti conoscere assolutamente una persona, vedrai che non te ne pentirai. Fallo per me”.
Mi implorò fino alle dieci e mezza, poi cedetti e acconsentì.
La mattina seguente Helen mi venne a prendere a casa, visto che per un problema tecnico la scuola per un giorno doveva chiudere, e andammo a fare una passeggiata in centro.
Glielo dovevo.
“Allora, dove andiamo?” chiese lei sorridendomi.
“Non è ho idea, ma io devo comprare un regalo a mia madre per il compleanno”.
Decidemmo che, conoscendo mia madre, un libro le sarebbe andato benissimo. Entrammo in una libreria e ci dividemmo in cerca di qualcosa che le sarebbe piaciuto.
Mia madre amava leggere quanto amava scrivere; lei mi passò questa passione e ogni giorno della mia vita avrei voluto ringraziarla.
 
“Siamo sicuri che non mi segui?”.
 
Riconobbi quella voce al primo istante.
David era accanto a me con la testa china su un libro.
“Se mai sarà il contrario” dissi io fredda.
“No, anzi, è la prima volta che vengo in questa biblioteca e credo che dopo di oggi ci tornerò spesso” mi fece l’occhiolino.
“Ginevra ho trovato..” Helen si avvicinò a me con un libro in mano, ma appena arrivata non disse nulla.
“E’ stato un piacere vederti Ginevra ci vediamo domani” disse David scoccandomi un bacio su una guancia e poi andando via.
Rimasi qualche istante a collegare tutto, poi i miei pensieri ricaddero tutti su quel contatto.
Quel bacio.
“Terra chiama Ginevra ci sei?” disse Helen passandomi una mano davanti gli occhi facendomi tornare alla realtà in cui i principi azzurri esistevano solo nei miei libri.
“Non mi dire che quel ragazzo era David?” chiese lei.
Annuì toccandomi la guancia.
“Gran bel tipo e gran bel bacio, vero ?”
“Ver… ma che mi fai dire Helen” dissi io diventando all’improvviso scontrosa.
“Stai diventando rossa tesoro” mi avvertì lei.
“Smettila ti prego, mi fai stare peggio”
“E quello il mio intento finché non mi dirai che ti piace”
“Allora puoi continuare così all’infinito. Te l’ho già detto, lui non mi piace”
“Non ci credo, ma forse a lui piaci tu”
“Come lo sai?”
Mi indicò un ragazzo in lontananza avvinghiato a una ragazza mora.
David e Felicity, una ragazza del quinto anno.
In quel momento sentì bruciare lo stomaco così forte, la gola iniziò a seccarsi e la testa a girare.
“Hei, stai bene?” mi chiese Helen
“Si, sto bene tranquilla, te l’ho detto, lui non mi piace”
Era vero che non mi piaceva, almeno io ero sicura che fosse così, ma quella strana sensazione che avevo avuto nel momento in cui l’avevo visto in biblioteca era triplicata quando l’avevo visto con Felicity.
“Non sarai mica gelosa Ginevra?” pensai.
Scossi la testa.
“Allora, mi hanno chiamato Abby e Allison, l’appuntamento è anticipato”
“A quando?” dissi sorpresa.
“Adesso” disse lei ridendo.
Arrivammo davanti Starbucks in meno di mezz’ora.
“Ginevra, Helen”
Abby e Allison corsero ad abbracciarsi come se non ci vedessimo da anni, quando in realtà non ci vedevamo da ieri mattina in classe.
“Vieni Ginevra devo presentarti una persona” disse Helen prendendomi per mano.
“Jared, lei è Ginevra. Ginevra, lui è Jared, aveva voglia di conoscerti” disse lei presentandomi ad un ragazzo con corti capelli castani e occhi quasi neri, ma di una lucentezza dannatamente attraente.
“Vi lascio soli” Helen sorrise al ragazzo e poi mi fece l’occhiolino prima di sparire tra Abby, Allison e molta altra gente.
“Mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo, ma conosco Helen da un po’ e non ha fatto altro che parlarmi di te che volevo tanto conoscere la ragazza innamorata persa di Shakespeare come me” disse Jared mettendosi le mani in tasca.
“Anche a te piace?” chiesi io sorridendogli.
“Non avrei fatto acrobazie per conoscerti se non mi piacesse” mi sorrise.
Un sorriso da mozzare il fiato.
“Ti va di fare una passeggiata?  Qua è troppo affollato per i miei gusti” disse con una luce negli occhi a cui non potevo dire di no.
“Okay andiamo” gli sorrisi e lui ricambiò il gesto.
Facemmo una passeggiata e ci sedemmo di fronte a una grande e imponente fontana.
“Dimmi qualcosa di te Jared” dissi io
“Allora, non c’è molto da dire in realtà” Rise “Amo leggere e che tu ci creda o no, ho mollato tutte le ragazze con cui sono uscito perché lo odiavano”
Scoppiai a ridere.
“Tu invece Ginevra?”
“Io, beh, sono la tipica ragazza che vive solo di studio, lettura, scrittura e poi Helen” Risi.
“Vi conoscete da tanto?”
“Da quando siamo nate, siamo come sorelle, gli ho sempre raccontato tutto e lei lo stesso. E’ insopportabile, ma è la mia migliore amica e non la cambierei per nulla al mondo”
“Lei parla di te nello stesso modo e adesso capivo quando mi diceva che eri straordinaria e che avevi un bellissimo sorriso”
Arrossì.
“Ti va se ci rivediamo, fra qualche giorno faranno una conferenza su Shakespeare e mi piacerebbe tanto andarci con qualcuno che riesce a capire quello che dicono” mi sorrise e io non potei fare altro che rimanere senza parola.
“Ci conosciamo esattamente da tre ore e già sai come stupirmi” dissi, poi continuai “Comunque accetto volentieri di venire con te”.
“Questo è il mio numero, ti chiamerò in settimana per darti tutti i dettagli. Adesso per mia sfortuna devo andare” mi porse un biglietto con delle cifre scritte con colore blu, mi diede un bacio su una guancia e poi si incamminò.
“Ah, Ginevra” disse voltandosi verso di me con un sorriso “ Sono contento di averti conosciuto”
 
“Allora, Jared è o non è stupendo?”.
Da quando ero tornata a casa Helen mi aveva chiamato e non aveva fatto altro che torturarmi di domande sul pomeriggio passato con Jared.
“Si, è stupendo, ma sai come la penso”
“Odi gli appuntamenti combinati, lo so, ma questo non era un appuntamento come pensi tu. Dici sempre che vorresti una persona con cui parlare di libri e di Shakespeare che non sia Miss. Nagelì o tua madre e quando ho conosciuto Jared e lui ha iniziato a mostrare interesse quando parlavo di te e di ciò che ti piacesse ho pensato ‘Perché no, almeno così sarà contenta’. Mi sbagliavo?”
“No, non ti sbagliavi e poi Jared e io abbiamo già legato”
“Visto” disse lei sorridendomi dal telefono.
“Okay, adesso tesoro mio della mia vita, gioia immensa del mio cuore, devo andare a studiare, quindi Bonne Nuite” dissi io
“Buonanotte dolcezza”.
 
Passai la sera a meditare, mentre scrivevo il mio saggio di centocinquanta parole su ‘L’amore è qualcosa di esistente o vive solo nella mente dei lettori ?’.
Compito di Filosofia.
Nella mia testa c’era solo un pensiero che sorpassava tutti gli altri.
David.
Avevo pensato davvero di piacergli, ma mi ero sbagliata e forse era meglio per me. Lui non era un ragazzo a cui fare affidamento, era uno dei tanti Don. Giovanni che cercano di conquistarti con lo sguardo per poi mollarti un istante dopo e passando alla prossima preda.
Un po’ come si faceva con un libro e io di certo NON ERO un oggetto.
Poi c’era Jared, mi ero stupita del suo interesse per me e per Shakespeare e ne ero molto contenta, era un ragazzo molto simpatico e sapevo che tra di noi sarebbe nato subito un gran rapporto d’amicizia, quello che appunto, non sarebbe potuto nascere con David.
 
Il giorno seguente mi alzai in preda a una rabbia omicida al sol pensiero che appena arrivata a scuola avrei dovuto incontrare David in biblioteca per il mio turno che, Mary mi aveva comunicato ieri sera, era diventato il turno mio e di David.
 
Arrivata in biblioteca mi sedetti dietro la scrivania e iniziai a leggere il mio libro, ma fui bruscamente interrotta dall’arrivò di un ospite sgradevole.
“Buon giorno Ginevra, dormito bene?”
“Avrei dormito meglio senza te nella testa” pensai, ma a lui dissi “Buon giorno David, si, splendidamente direi”.
 
Il mio unico amore nasce dal mio unico odio. Ora so chi sei e non posso più tornare indietro. Mostruoso è la nascita di quest'amore.” maledì Shakespeare per aver scritto quella frase.
Non ero una di quelle persone che credeva che l’odio potesse diventare amore.
L’odio era ODIO.
L’amore era AMORE.
Due cose indistinte e diverse che non potevano essere né paragonate e certamente né trasformate tra di loro.
“Credevo che ti iniziassi a piacere” disse David.
“Te l’ho detto, amo stare da sola”
“Non mi sembrava così ieri alla fontana con Jared”
“E tu come lo sai?”
“Io vivo da quelle parti e quando sono passato a prendere un regalo in un negozio con mia sorella ti ho vista. Jared e io ci conosciamo da parecchio e un mio caro amico, anzi, lo era prima di ieri” fece una smorfia.
“Allora, era sua sorella la ragazza di ieri sera” pensai.
“Ah, davvero” dissi “Non me l’ha detto”
“Strano, visto che… lascia stare. Comunque ti lascio leggere, ma prima vorrei chiederti se ti va dopo scuola di venire da me”.
Lo guardai con aria interrogativa.
“Ho bisogno di ripetizioni del programma di terza per gli esami di maturità e chi meglio di Ginevra Stander, la bella Giulietta?!”disse lui sorridendomi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Pedalai a lungo seguendo l’auto metallizzata di David. Si, avevo accettato di aiutarlo per il ripasso, ma non avrei permesso che tra di noi nascesse qualsiasi altra cosa se non un rapporto strettamente scolastico. Non volevo. O forse si?
 
Posteggiai la bicicletta mentre lui faceva lo stesso con la macchina.
 
“Allora, fa come se fossi a casa tua” disse facendomi l’occhiolino e aprendo la porta mostrandomi, non una casa, ma un castello; lunghe tende d’orate, tavoli in legno massello come i mobili che contenevano luminosi piatti di ceramica di un bianco lucente, lampadari di diamanti bianchi illuminavano tutta la casa e infine delle poltrone con alle spalle un’enorme libreria zeppa fino all’orlo di libri.
Sarei rimasta ad ammirare tutti quei volumi per ore e ore.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuta la mia libreria” disse lui accennando un sorriso misto tra la consapevolezza di avere azzeccato i miei gusti o la felicità di vedermi ammaliata da tutto quel misto di letteratura, romanticismo e storia.
“Allora, dove studiamo?” chiesi io.
“Vieni con me” mi porse una mano e io l’accettai; iniziò a correre su per delle scale che sembravano non finire mai, finché non arrivammo a una porta che dava su un terrazzo sotto il sole cocente primaverile.
“Ti va bene?” chiese ridendo.
“Io devo solo insegnare, sei tu che devi imparare quindi il luogo deve rilassare te, non me” risposi io.
“In nessun luogo sarei abbastanza rilassato”
Mi guardò intensamente come a farmi capire che era per me che non riuscisse a rilassarsi.
Scacciai via quella insulsa idea e mi sedetti di fronte a lui.
“Da dove cominciamo?” gli domandai cercando di essere il più gentile possibile.
“Letteratura. Ho bisogno solo di un ripasso di letteratura. E sembrerà strano, ma non ricordo nulla di Shakespeare e sto scrivendo la tesina su di lui” Rise.
“Okay, ma ti avverto, se parliamo di questo ti voglio concentrato, non ammetto che ti frulli altro in testa che non il maestro in questione” dissi io, mentre lui annuiva silenzioso.
 
Mi squillò il cellulare.
 
“Inizia a prendere il paragrafo da cui vuoi iniziare, sono da te fra un attimo” dissi alzandomi e accettando la chiamata.
“Pronto” dissi.
“Ginevra, sono Jared”
Lo stomaco mi si chiuse.
“Ah, ciao, dimmi tutto”
“La conferenza è questo pomeriggio, dove abiti che ti passo a prendere io?”
“Questo pomeriggio? mi dispiace tantissimo, ma non posso venire, ho già un impegno” dissi guardando David.
“Ah, okay sarà per un’altra volta. Adesso devo andare, ci sentiamo, ciao” disse freddo chiudendomi il telefono in faccia prima che potessi ribattere.
“Accidenti!” esclamai io tornando al mio posto.
“Che succede fiorellino? Non mi dire che il bel Romeo se l’è presa perché sei impegnata con me” disse ammiccando David.
“Non ti impicciare”
Giulietta non c’è l’avrai con me?”
Fui davvero tentata di dirgli che l’odiavo più di nessun’altro al mondo, ma mi trattenni.
“Allora, Shakespeare è uno dei autori più importanti, la sua opera ormai famosa in tutto il mondo è come ben saprai, almeno spero, Romeo e Giulietta che narra?” chiesi aspettandomi una scena muta colossale.
“Narra di due famiglie, rivali fra loro fin quando un ragazzo e una ragazza Romeo Montechi e Giulietta Capuleti, di famiglie opposte, si innamorano perdutamente l’uno dell’altro e quando il loro amore viene scoperto una grande battaglia inizia fra le famiglie. Giulietta viene avvelenata e Romeo credendola morte si pugnala, ma al risvegliare dal suo avvelenamento la bella innamorata disperata per la morte del suo amato e si uccide. Si narra che siano stati ritrovati l’uno accanto all’altro mano nella mano come simbolo che il loro amore sarebbe andato oltre la loro scomparsa dal mondo e che un giorno il loro amore sarebbe rinato”
“Nessuno mi aveva mai raccontato questa storia con così tanto sentimento e destrezza nei particolari. Complimenti” gli sorrisi.
“Credevi fossi un completo imbecille?” mi chiese.
“Non penso che tu voglia sapere la risposta” dissi alzandomi ridendo, lui mi prese per mano, avvicinandosi a me.
Era talmente vicino che sentì il suo respiro sfiorarmi il viso.
Dirsi addio è una pena così dolce che vorrei dire addio fino a domani... gli innamorati fuggono l'amore come gli scolari scappano dai libri, ma andar via dall'amore è come ritornare a scuola” mi sussurrò lentamente nell’orecchio.
In quell’istante iniziai a tremare, solo le sue braccia legate intorno ai miei fianchi mi trattenevano dal cadere per terra; era come se stessi rivivendo quel momento una seconda volta.
Un enorme senso di dejavu mi attaccò il cuore.
David era stupendo, non gli ci si poteva resistere facilmente; i suoi capelli biondi, gli occhi castani di cui avrei voluto imparare a memoria ogni particolare anche se piccolo e insignificante, le sue labbra che lentamente si avvicinarono alle mie finché..
Finché non suonò il campanello e io tornai alla realtà.
Mi allontanai da lui prendendo i libri e scendendo in fretta le scale a chiocciola.
Aprì la porta e mi ritrovai davanti Jared.
“Ginevra”
“Jared” dissi tremendamente in imbarazzo.
“Scusa cercavo David, ma se siete impegnati passo dopo” fece per andarsene.
“No, tranquillo, io e David abbiamo finito di studiare per oggi”
“Vuoi un passaggio?” chiesero i due giovani in coro.
Uscì dalla porta camminando lentamente all’indietro.
“No, tranquilli, mi farà bene pedalare, poi con questa bella giornata” avevo iniziato ad sentire talmente caldo che non credevo neanche io a ciò che dicevo, ma di certo non avrei potuto dire nient’altro.
“Ci vediamo a scuola David “ dissi guardando uno “E Jared, mi dispiace per oggi, ma sono sicura che avremo modo di trovare qualcos’altro per vederci, anche un semplice cappuccino” dissi guardando l’altro e iniziando a pedalare maledicendomi per tutta quella giornata.
 
Arrivai a casa in poco tempo e mi distesi sul letto in ancora meno.
Analizziamo la situazione : David ha tentato di baciarmi.
“Non c’è proprio nulla da analizzare” dissi ad alta voce.
Squillò il cellulare e sperai con tutta me stessa che non fosse David anche se avevo quella strana e enorme sensazione di volerlo sentire.
 
Guardai lo schermo. Numero sconosciuto.
Il cuore si contrasse e poi esplose.
 
“Pronto”
“Ginevra” era lui.
“David? Come fai ad avere il mio numero?”
“Ho i miei metodi”
“Certo come no. Avanti cosa vuoi?”
“Mi dispiace per oggi, non volevo farlo..” sembrava mentire, stavo per dirgli che invece avrebbe dovuto farlo perché del resto volevo che accadesse, ma lui continuò “Non voglio che pensi che mi piaci e ti illuda, a me piace una tua compagna, Abby, ma oggi mi sono lasciato trasportare troppo, fortuna che è arrivato Jared” disse con un sospiro di sollievo.
“Già, che fortuna” dissi io con il cuore già in frantumi.
“Non te la sarai mica presa?”
“No, ma che dici. Ora scusa, ma devo studiare, ci vediamo domani”
“A domani” lo sentì sorridere.
Attaccai.
 
Come poteva dirmi che amava Abby quando due secondi fa aveva tentato di baciarmi?!
In quell’istante mi sentì come in Romeo e Giulietta. Lui innamorato di un’altra donna prima di incontrare Giulietta che era già stata promessa in sposa a un nobile.
David amava Abby e aveva tentato di baciarmi, quando io avrei dovuto essere con Jared che sembrava volermi davvero. L’unica differenza era che David mi aveva parlato e non si era innamorato lo stesso, al contrario di Romeo che dopo aver parlato e conosciutoGiulietta se ne innamorò profondamente.
Chiamai Helen invitandola a dormire da me. Avevo bisogno di raccontarle tutto e volevo assolutamente parlare con qualcuno che tenesse davvero a me.
Lei accettò volentieri subito pronta al mio ‘E’ successo un casino o davvero bisogno di te ’ e in meno di mezz’ora fu da me con tutto il necessario per farmi distrarre da qualsiasi cosa mi turbasse in quel momento.
“Racconta dai” disse sedendosi di fronte a me.
“David a tentato di baciarmi, quando io avrei dovuto essere al convegno su Shakespeare con Jared, e subito dopo essere tornata a casa mi ha chiamata dicendo che si era lasciato troppo andare e che gli piace Abby”
“Quel piccolo figlio di..”
“Grazie Helen, ho afferrato” dissi abbassando il viso.
“Che succede dolcezza? Mi hai detto che non ti piace, quindi non dovresti prendertela”
“Che succede?! Beh, nulla se non mettiamo che mi sto lentamente innamorando di un idiota. Mi dispiace se ti ho mentito, ma credo che neanche il mio cuore ha tutta questa voglia di accettarlo” le lacrime mi caddero sul viso. Dolorose come fossero spilli.
“Vieni qui” mi abbracciò “Un giorno se ne pentirà e per quel giorno tu avrai già trovato quella persona che colmerà quel immenso vuoto che hai adesso”
“Molto confortante eh”
“Vuoi dirmi che non senti il vuoto? Che non senti le budella stingersi e il cuore morirti dentro? Che non..”
“Ho capito e si li sento terribilmente. Credevo che la mia prima impressione di lui fosse falsa, che fosse diverso da come l’avevo descritto nella mia mente”
“I ragazzi sono tutti uguali e non sono mai come vorresti tu. Sono uno più rivoltante dell’altro. Non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta, ma pensala così, anche nelle migliori storie d’amore si soffre prima di arrivare alla pace eterna e al lieto fine”
“Pensavo gli piacessi e che non fossi una delle tante”
“I ragazzi fingono bene lo sai”
Si, lo sapevo, ma ero ancora dell’idea che lui non avesse finto. Il modo in cui mi aveva guardata in ogni istante da quando ci eravamo conosciuti era chiaro, anche se adesso sembravano solo appunti bagnati da grosse macchie scure di caffè.
I miei genitori oggi erano da mia nonna e sarebbero ritornati tardi, io e Helen ci sedemmo a mangiare un enorme pizza con patatine e appena finimmo, ci mettemmo distese nel divano l’una stretta all’altra, come se fossimo delle bambine che aspettano che Babbo Natale esca dal camino, e ci guardammo un film fin quando non capimmo che se rimanevamo lì un minuto di più ci saremmo addormentate, ma prima di addormentarmi presi la mia agenda, azzurra con striature bianche come fossero nuvole, e scrissi:
 
 ‘L’amore è la cosa più bella che ti può capitare dicono in giro, ma l’unica cosa di bello che c’è nell’amore e essere ricambiati
Mi appoggiai al cuscino e lentamente un’immagine mi riaffiorò alla mente.
 
“Ti amerò sempre amore mio, qualsiasi cosa ci accadrà, anche se ci divideranno e moriremo lontani dopo tanti e tanti anni io ti amerò. Perché l’amore supera qualsiasi cosa anche il tempo e la 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il dolce cinguettare di un usignolo sulla finestra mi svegliò dal mio sogno pieno di tristezza, ma decisi che avrei dovuto ricominciare a vivere.
Svegliai Helen “Helen su muoviti, la scuola aspetta noi e vedi che ci sono molti chilometri da qua a là” dissi spingendola giù dal letto.
“Devi andarci tu sola a scuola e lo sai, vuoi solo che ti accompagni per avere qualcuno quando vedrai David”
 
Era vero, la scuola era ancora chiusa per gli alunni, ma io dovevo andare per occuparmi della biblioteca, tra pulizie e l’incontro del giovedì pomeriggio con Miss. Nagelì; volevo che ci fosse Helen con me, ma dovevo abituarmi a convivere con David, da soli, insieme.
Sbuffai e lei si avvolse nelle coperte rimanendo a dormire sul pavimento. Risi.
Scesi giù, presi un croissant e gli diedi un morso, poi uscì di casa appena in tempo per prendere l’autobus invece di andare in bici.
Dai vetri scuri dell’autobus avrei potuto vedere sconfinati prati verdi in fiore e un cielo azzurro con nuvole bianche e coniglietti che saltavano felicemente, ma non era quello che vedevo; dietro quelle lenti c’era solo una lunga strada con palazzi altissimi, villette con alti muri, un cielo grigiastro e cupo e invece dei coniglietti uomini in cravatta con enormi ventiquattrore che attraversavano correndo, mentre mangiavano un cornetto e bevevano caffè, per andare a lavoro.
 
Il mondo era molto più banale di ciò che ci potevamo aspettare.
 
Arrivai alla mia fermata, il conducente mi disse “Passi una buona giornata” io gli sorrisi e pensai ‘Speriamo’.
La scuola era deserta e a me che ero abituata a vederla così arrivando ogni giorno alle sei non era nulla di così scioccante o sconcertante.
Entrai in biblioteca e seduto al mio posto c’era David che stava leggendo, appena si accorse di me si alzò talmente velocemente che inciampò nel filo del telefono cadendo a terra; corsi subito da lui.
 
“Ti sei fatto male?” chiesi preoccupata piegandomi verso di lui che era disteso a terra.
“No, tranquilla, sto” alzò il viso “Bene” mi sorrise e per un attimo anch’io lo feci, poi ricordai ieri e mi alzai di scatto.
“Non dovresti stare al mio posto quando è il mio turno, il karma poi fa il suo lavoro come hai visto” dissi indicando il filo del telefono con gli occhi.
“Va tutto bene?”
“Io? Sto una meraviglia” dissi fingendo un sorriso, se ne accorse, ma non disse nulla, raccolse il libro e si alzò prendendo una sedia e sedendosi accanto a me.
Il mio telefono vibrò; pensai subito che fosse Helen che si era finalmente svegliata, ma lessi ‘Jared’.
Era un messaggio :
Sicuramente ti sto disturbando, sarai insieme a David in biblioteca, ma volevo chiederti se questo pomeriggio verso le cinque ti andrebbe di venire a prendere qualcosa con me ? Mi farebbe tanto piacere vederti. Jared ‘.
Gli risposi :
Stai scherzando? Si, mi andrebbe tanto di venire a prendere qualcosa con te, ci vediamo alle cinque sotto la nostra fontana. Ginevra ‘.
Sorrisi. Quella giornata non sarebbe stato un vero disastro.
David mi guardò e nel momento in cui mi vede sorridere chiuse il libro sbattendolo sul tavolo e alzandosi allontanandosi da me.
Che gli era preso? Non capivo davvero quel ragazzo, prima diceva di volere un’altra e poi faceva in quel modo se io sorridevo per un altro.
Lo ignorai e continuai a leggere il mio libro “Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire”stavo sinceramente iniziando a pensare che Shakespeare stesse scrivendo la mia vita.
Chiedere perdono per essersi innamorati era la cosa più stupida del mondo, anche se in quel contesto il loro amore portò alla morte.
Per amore si fa qualsiasi cosa, perché preferiresti mille volte sparire e dissolverti diventando polvere che allontanarti da ciò che ami più di te stesso.
David ritornò e sembrava talmente strano che pensai avesse sbattuto la testa da qualche parte.
 
“David, stai bene?” chiese toccandogli la fronte, ma non aveva traccia di febbre.
“Certo che sto bene, mi sto solo trattenendo dal fare qualcosa per non vedere morire lei”
“Non credo Abby voglia morire” risi, ma lui sembrava talmente serio che mi si gelò il sangue nelle vene.
“Non puoi capirlo ed è meglio che tutto resti così. Mi dispiace di essermi innamorato un’altra volta. Non avrei dovuto farlo”
“David non c’è nulla di orribile ad essere innamorati e poi non dovresti comunque chiedere scusa a me”
“Vorrei fosse davvero così, che potessi amarla senza rischiare la mia e soprattutto la sua vita che per me conta di più di tutto, ma non è semplice come sembra”
Si avvicinò a me e poi si ritrasse di colpo correndo via sbattendo la porta.
Amava davvero tanto Abby ? e chi non l’amava? Abby era bellissima, alta, lunghi capelli rossi, lentiggini sul viso, degli occhi castani chiari lucente e delle labbra rosee da aggiungere ad un carattere solare e spiritoso, ma era davvero troppo teatrale e esagerato quel ragazzo.
Starle lontano per non morire? Sembrava di essere in un libro di Lauren Kate.
Alle tre mi incontrai con Miss. Nagelì in biblioteca e chiacchierammo tutto il pomeriggio di letteratura, di quanto i miei voti andassero bene e della possibilità di saltare un anno e andare direttamente al quinto per frequentare l’università in anticipo sui tempi, poi mi fece una domanda che avrei preferito mille volte non facesse.
“David? Si è molto simpatico, ma “
“ Ma?”
“E’ soprattutto molto strano direi. Ha un concetto molto melodrammatico sull’amore. Secondo lui amare la ragazza che lo rende felice comporterà la loro morte, è assurdo. Credo che sia ossessionato dalla storia di Romeo e Giulietta
Scoppiai a ridere, ma la Miss. non si mosse, sembrava quasi avesse visto un fantasma.
“Sta bene Miss? “
“Certo che va tutto bene, ma mi sono ricordata di dover fare una cosa cara, ci vediamo domani a lezione” disse alzandosi rapidamente e uscendo dalla stanza con il rumore di tacchi sul parquet.
Ma che avevano tutti oggi?
Decisi di non pensarci e guardai l’orologio, erano esattamente le cinque e avevo ‘l’appuntamento’ con Jared alla fontana esattamente adesso.
Uscì da scuola e mi incamminai verso il luogo dell’incontro, appena arrivai lo vidi; era stupendo come sempre, si girò e sorrise avvicinandosi a me.
 
“Credevo mi avessi dato buca di nuovo”
“Non lo farei due volte nella stessa settimana, li dividerei in sette giorni”
Rise e io mi sentì per un attimo come se stessi volando, poi rinsanì e mi accorsi che stavamo già camminando e che lui mi teneva per mano, senza pensarci due volte gliela strinsi, lui le guardò e mi sorrise.
Arrivammo in un bar e ordinammo due cappuccini con panna.
 
“Allora, tu e David?”
“Nooo, io e David non siamo assolutissimamente nulla che non compagni di scuola”
“Meglio così”mi fece l’occhiolino e in quel momento arrivò la nostra ordinazione.
Erano due tazze bianche e azzurre con piccoli fiocchi di neve stracolme di fumante e caldo cappuccino con sopra molta panna e una spruzzata di cannella.
Ne bevvi un sorso e poi guardai Jared che alzando lo sguardo scoppio a ridere, presi lo specchietto da dentro la borsa e vidi un fiocco di panna bianca sotto il naso, scoppiai a ridere con lui.
 
“Vieni qui imbranata” disse ridendo e facendomi avvicinare per pulirmi il labbro; tamponò lentamente con un tovagliolo e poi rimase lì a pochi centimetri da me, io senza voler che se ne andasse, lui senza voler che me ne andassi. Due calamite attratte fra di loro, fin quando non mi accorsi che a pochi metri da noi c’era David che ci guardava, o meglio mi guardava, appoggiato alla sua auto metallizzata. Era vestito con dei jeans stretti neri, delle scarpe grigie e un giubbotto in pelle anche esso nero, ma l’unica cosa che davvero non riuscivo a non guardare erano i suoi occhi che non si staccavano dai miei, mandando completamente in tilt il mio sistema immunitario.
Mi alzai di scatto “Scusa Jared, ma mi sono ricordata di dover fare una commissione per mia madre, ci vediamo domani a pranzo qui, promesso” dissi dandogli un bacio sulla guancia guardando David che distolse lo sguardo subito dopo che poggiai le labbra sulla guancia dell’amico.
“Okay, ti aspetto qui domani”  si alzò sorridendomi e io mi camminai verso David, con l’intenzione di parlargli, ma decisi di non farlo e gli passai accanto sfiorandogli la spalla con la mia e facendolo indietreggiare.
 
“Vuoi un passaggio?” chiese prima che mi allontanassi del tutto.
“Da te? Preferisco un coltello nel cuore che stare un solo minuto con te”
“Invece credo che preferiresti stare con me che avere un coltello nel cuore a causa mia” mi girai e lo guardai negli occhi, si avvicinò a me e mi prese dai fianchi facendo sfiorare i nostri nasi, ero davanti a un muro e dovevo decidere se scavalcarlo e lasciarlo intatto o sparargli contro con un cannone.
 
“Ti sbagli” dissi fredda staccandomi dalla sua presa e andandomene via.
Un colpo di cannone e avevo distrutto due cose contemporaneamente : il suo doppio gioco con me e Abby e tutto ciò che avevo iniziato a provare per lui. Almeno credevo che fosse così.
 
Invece credo che preferiresti stare con me che avere un coltello nel cuore a causa mia
Ripensai a quella frase per tutta la giornata.
Che cosa significava? Perché era talmente sicuro che preferissi lui? Lui ne era sicuro perché era sicuro di far cascare ai suoi piedi tutto il mondo con il solo schioccare di dita ecco perché.
Aveva una gran faccia tosta.
Quel ragazzo era diventato solo una enorme seccatura.
Un’enorme seccatura che minuto per minuto mi faceva innamorare di lui e io non riuscivo più a controllare i miei battiti del cuore, le ginocchia che tremavano e l’ossigeno che iniziava a mancare nonostante avessi Jared che mi facesse sentire in cima al mondo continuamente, David era l’unica persona per cui avrei potuto davvero fare di tutto e neanche sapevo perché, ma ormai non lo volevo più vedere e prendevo seriamente in considerazione l’idea di provare con qualcun altro.
 
Si chiude una porta, si apre un portonee in questo caso io avevo davanti a me un ragazzo che mi avrebbe dato la vita solo se gliel’avessi chiesta; dopotutto non potevo negare che Jared mi attraesse in un modo insolito, ma mi attraeva e oggi stava per succedere qualcosa se solo non fosse arrivato David a rovinare tutto.
 
I miei tornarono alle otto e per quell’orario la cena era già pronta.
“Arrosto con patate “ dissi io trafficando ai fornelli senza guardare la porta.
“C’è un’ospite, ci basta l’arrosto?”
“Certo, a meno ché l’ospite in questione non mangi quanto papà il giorno di natale” dissi ridendo e girandomi a guardare chi era l’ospite di turno.
Con il lavoro di mia madre era normale avere ospiti, che fossero scrittori, letterari o capi di grandi case editrici, ma questa volta non era nulla di tutto ciò.
 
“Jared” dissi io stupita.
“Voi due vi conoscete?” chiese mia madre.
“Io e Ginevra siamo buoni amici” disse sorridendomi.
“Che bello, almeno stasera potrete parlare mentre io e tuo padre discutiamo di quell’affare” disse lei facendo entrare un uomo alto sulla trentina.
“Ci penso io qui tranquilla, sali pure con Jared in camera, ti chiamerò per cena”
“Okay mamma” dissi avvicinandomi a lui e facendogli segno di salire, lui mi seguì.
“Non sapevo che tua madre fosse una scrittrice e neanche che tu scrivessi”
“Te l’ha detto lei?”
Lui annuì.
“Mi piace tenerlo per me” gli sorrisi.
“Non credo molto nel destino sai, ma questa sera credo che abbia fatto un bel lavoro portandomi da te” disse lui facendomi un sorriso che mi fece arrossire.
“Vorrei tanto conoscerti meglio. Ti va di venire a casa mia questo weekend. Siamo io, Allison, Abby, David e forse anche Helen se si lascia convincere. Dai vieni sarà divertente”
David?!  Abby ?! David e Abby insieme nello stesso posto davanti a me. Forse non era una buona idea stare davanti al ragazzo che mi piaceva mentre lui si lavorava con gli occhi una delle mie più care amiche, ma almeno sarei stata con Helen e poi non riuscivo a dire di no a Jared.
“Okay va bene, ma sappi che lo faccio solo per te” dissi sorridendo.
“Ne sono onorato” disse lui ricambiando il sorriso.
“A tavola” urlò mia madre dalla cucina.
 
La cena fu a dir poco perfetta, mamma concluse il suo affare con successo, io e Jared ci organizzammo per il weekend e il mio pollo arrosto venne più squisito del solito.
 
“A domani bambina” disse Jared scoccandomi un bacio sulla guancia talmente vicino alle labbra che arrossì avvampando.
 
Non ero sicura di quello che stavo pensando, ma quella giornata in fondo non era andata davvero male, anzi Jared l’aveva fatta diventare una delle giornate più speciali della mia vita.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La mattina dopo fui svegliata con una sensazione strana. Non avevo ancora raccontato ad Helen ciò che era successo il giorno prima ed ero sicura che dopo averlo fatto o sarebbe andata da David per fargliela pagare oppure l’avrebbe lasciato a me. In entrambi i casi, per lui non si metteva bene, anche se, ovviamente, io non gli avrei mai fatto nulla, mi stavo lentamente innamorando di lui e sebbene sapessi che ciò che provavo non era ricambiato non riuscivo a togliermelo dalla testa.
 
Arrivai a scuola in ritardo proprio per non dover entrare in biblioteca e poter stare fuori a raccontare tutto a Helen.
Appena mi vide arrivare sorridendo mi chiese “Che è successo? Sei diversa dal solito”
Gli raccontai tutto e  l’unica cosa che lei seppe dirmi fu : “Io vado ad sterminare David Dover”
“Non iniziare, non ne vale la pena per quello là e poi domani andiamo da Jared, non vorrai rovinarmi il weekend” dissi facendole l’occhiolino.
“Non mi dire che tu e ..”
“No, assolutamente no, ma sai, dopo ieri sera e il quasi bacio di ieri pomeriggio..”
“Bella Giulietta aspetta un po’, mi hai parlato della cena, del pomeriggio al bar con Jared e della brusca interruzione di David, ma non mi hai mai detto di un quasi bacio”
“Ci stavamo per baciare, ho visto David e mi sono fermata. Non c’è altro da dire”
“E perché ti sei fatta tanti problemi solo perché c’era quello davanti?”
“Ne riparliamo dopo, devo andare in biblioteca e tu a lezione, ciao” dissi allontanandomi velocemente da lei;  non riuscivo a dirgli che cosa provavo per David, anche se lei nei giorni precedenti c’ero andata vicino. Mi avviai verso la biblioteca.
 
“Buongiorno” mi disse David con un sorriso.
“Sparisci” dissi schivandolo e sedendomi dietro la scrivania.
“Senti per ieri..” non poté finire la frase che un giovane lo interruppe. Jared.
“Buongiorno Giulietta ti passo a prendere stasera alle sei, a te e Helen, d’accordo?”
“Pensavo partissimo domani”
“Lo so, ma andiamo oggi. Ti dispiace passare qualche ora in più con me?”
“Dopo la serata di ieri credo di poter superare tutto con te” Risi.
“Allora siamo d’accordo, ci vediamo a pranzo bellezza” disse scoccandomi un bacio sulla guancia, restando un attimo a guardarmi fisso nei occhi e poi andando via con un sorriso sul viso che sembrava essere merito mio.
 
Era merito mio.
 
“Tu e Jared state già insieme?” chiese infastidito David.
“Non sono affari tuoi”
“Senti, riguardo a ieri so che mi odi, ma..”
“No, non c’è nessun ma hai detto bene, ti odio e ti odierò sempre”
“Tu non lo pensi davvero ed è questo che devi cambiare, dovresti iniziare a credere davvero che mi odi”
Perché voleva che lo odiassi?
 
“Fidati, se dovessi scegliere tra stare con una persona che non amo e te sceglierei mille e mille volte la prima opzione”
“Errore. Hai scelto già ed hai..” si zittì all’improvviso.
“Ho cosa?”
“Nulla, lascia stare, dimenticati di tutto. Ci vediamo stasera”
Lo vidi andare via, senza darmi una risposta e come sempre mettendo davanti a noi due un muro di segreti.
 
La giornata in biblioteca passò lentamente; prima amavo starmene lì da sola a leggere, ma dopo essermi abituata a stare con David, non resistevo molto a stare sola tra tanti libri che sembravano parlarmi.
Dicevano così tante cose indecifrabili che volevo solo scappare via.
Finita la mia ora in biblioteca andai ad ora di latino con Miss. Nagelì; quando mi vide entrare in classe guardò alle mie spalle, io mi girai e lo vidi.
“Che ci fai qui?” gli chiesi, ma David mi ignorò e mentre io entravo la Miss usciva chiudendosi la porta alle spalle per avere un po’ di privacy.
Non capivo cosa potessero avere da parlare David e la mia insegnante di italiano.
Restai lì a guardare la porta fin quando Miss. Nagelì non rientrò e i miei pensieri furono interrotti da Helen.
 
“Dobbiamo finire un discorso” sussurrò lei.
“Non ne ho intenzione”
“Mi devi spiegare perché non l’hai baciato”
“Helen mi conosci davvero così poco? Non l’ho baciato perché a me piace David, mi è piaciuto dal primo istante e per quanto trovi attraente Jared, per me sono due cose ben separate, due sentimenti completamente diversi”
Mi guardò e poi girò lo sguardo.
Ma che avevano tutti quando parlavo di David? Sembrava come se lui potesse essere la cosa più brutta mai entrata in vita mia, invece a me sembrava tutto il contrario.
Finalmente capivo come si fosse sentito Romeo alla vista di Giulietta. Una luminosità, un irraggiamento nei suoi occhi che avrebbero potuto sciogliere il mio cuore con un batter di ciglia.

Le lezione furono estremamente noiose e quando uscì io e Helen ancora non parlavamo; salì sulla bici e gli dissi che l’aspettavo a casa mia per le cinque e mezza così avremmo aspettato Jared e io ne avrei approfittato per farla parlare. Pedalai fino alla fontana in cui avrei incontrato Jared per il pranzo.
 
“Stamattina pensavo che fossi stupenda, ora lo penso di più” disse lui poggiandomi le mani dietro i fianchi, mi girai ed arrossì “Sei bellissima”
“Se mi fai tanti complimenti mi abituo”
“Posso stare tutta la vita a farteli se me lo consenti”
Mi prese per mano e mi fece sedere ordinando il pranzo.
Più lo guardavo più mi chiedevo perché volessi tanto David e rifiutassi lui. Era una persona fantastica e si sarebbe fatto in quattro solo per vedermi sorridere. Dovevo farmelo piacere e non sarebbe stato così difficile.
 
“Stasera voglio portarti in un posto”
“Devo preoccuparmi?”
“No, almeno credo di no” Rise e io per un secondo smisi di respirare.
“E’dal primo momento che ti ho vista che ti ci voglio portare”
“Allora sono importante” gli sorrisi.
“Non l’hai davvero capito Ginevra?”
Stavo per chiedergli cosa non avevo capito, ma gli arrivò una telefonata urgente e dovemmo rinunciare al nostro pranzo insieme, trasformandolo in un pranzo ad uno.
 
Restai seduta a girare la forchetta tra gli spaghetti pensando a cosa si riferisse Jared, quando David si sedette davanti a me.
 
“Non mangi?” mi chiese sorridendo.
Lo ignorai.
“Vuoi ignorarmi per tutta la vita, compreso questo weekend che staremo insieme?”
“No, voglio ignorarti questo weekend per riuscire a farlo ogni giorno della mia vita” mi alzai.
“Tu non capisci”
“David magari hai ragione io non capisco, ma ci sono cose che neanche tu capisci o che non vuoi capire. Ci vediamo più tardi”
Eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altro, mi poggiò una mano su una guancia e si avvicinò a me, le nostre labbra si sfiorarono, ma lui spostò le sue sulla mia guancia, io mi allontanai di impulso.
 
“Questa è una delle cose su cui dovresti riflettere. E’ già la seconda volta. Non illudere me, quando ami Abby”
 
Salì in bicicletta e iniziai a pedalare finché finalmente non arrivai a casa; stetti due ore a riempire la borsa per il weekend, poi scesi di sotto a salutare mamma che partiva per lavoro.
 
“Divertiti tesoro, Jared è un ragazzo in gamba”
“Si, è davvero stupendo..”
“Ma a te non sembra interessarti molto, c’è qualcun altro e si vede dolcezza” disse accarezzandomi la guancia.
Mi stupì di quelle parole, mia madre che se ne accorgeva prima della mia migliore amica era un qualcosa di scioccante.
 
“Beh si, si chiama David è un ragazzo stupendo, ma sembra quasi che quando siamo a un passo da creare un ‘noi’ lui si tiri indietro con sciocche scuse”
“Tesoro ne parliamo quando torno. Ti voglio bene” iniziò a balbettare e poi uscì di casa velocemente.
“Ecco un’altra persona che appena nomino David scappa via a gambe levate” pensai.
 
Dopo un’altra ora passata a scegliere i vestiti da portare, suonarono al campanello e mi ritrovai Helen che appena aprì la porta mi strinse forte a sé lasciando cadere le valigie a terra che si aprirono facendo cadere tutto il contenuto.
 
“Hei che succede?”
“Mi sono comportata da stronza è vero, tengo troppo a te per vederti andare via di nuovo, ma voglio solo che tu sia felice e se lo sei con lui allora io sarò forte, promesso”
La guardai “Helen io non mi allontanerò mai da te per un ragazzo, tu sarai sempre la persona più importante per me. Se mi fidanzo non sto mica andando all’ospizio” Risi, ma lei era seria come se innamorarmi significasse morire. Sembrava David.
 
“E comunque sta tranquilla, io e David non avremo futuro se ogni volta che tenta di baciarmi poi si tira indietro”
Lei mi guardò stupita, poi tornò normale “Magari ha paura di fare un passo del genere con te. Aspetta che sia lui a farlo”
“Non posso aspettare l’infinito, non per un ragazzo”
“In passato l’hai fatto” sussurrò a così bassa voce che non capì le parole.
“Cosa?”
“Nulla, dicevo che almeno hai Jared e magari in questo weekend tra te e lui scatterà quel bacio fermatosi l’altra volta”
“Mi piacerebbe tanto”
 
Restammo a chiacchierare per mezz’ora poi arrivò Jared  e noi ci catapultammo fuori casa.
“Oggi Giulietta tenta di uccidermi” disse lui guardandomi.
“E tu aumenti i complementi ogni secondo che ci vediamo” Risi, poi mi accorsi che accanto a lui c’era David che mi guardava come se fossi la cosa più bella che vedesse. Avevo voglia di strangolarlo, ma mi ero ripromessa di passare un bel weekend e soprattutto di concludere il discorso iniziato a pranzo con Jared.
 
Viaggiammo per circa un’ora con la musica ad alto volume ed io e Helen  cantavamo a squarciagola facendo ridere Jared; David guardava fuori dal finestrino più serio del solito.
 
“Siamo arrivati dolcezze, giù dal mio gioiellino” disse Jared alla guida.
“Gioiellino un cavolo. Mia nonna ha una macchina migliore della tua” dissi ridendo.
“Siamo arrivati? Si, quindi non è tanto male” mi fece l’occhiolino e poi corse ad aiutare Helen a uscire le valigie dal cofano della macchina. Io mi avvicinai a prendere la mia e una mano da dietro mi cinse un fianco e mi aiutò a prendere la borsa.
 
“Grazie Ja..Ah, sei tu” dissi guardando David con disprezzo.
“Quel quasi bacio, vedi che..”
“Si, lo so. Tu non volevi farlo, è uno sbaglio, tu ami Abby, noi siamo solo amici e bla bla bla. Sono stufa di sentire le tue scuse anche perché a me non interessano. Non mi interessi tu e basta, ma smettila di prendermi in giro, per il resto puoi anche sposarti la mia migliore amica, non mi interessa”
Jared si avvicinò a me e mi mise un braccio intorno a collo aiutandomi a portare in casa la valigia.
 
“Grazie per avermi portato via da quello là”
“Non sai quante cose sarei disposto a fare per te”
“Tipo?”
“Ci metterei una vita a elencartele tutte” mi diede un bacio su una guancia e mi lasciò davanti alla porta.
 
Sistemammo le nostre cose in camera e poi io, Helen, Abby e Allison, che erano appena arrivate, ci mettemmo a cucinare qualcosa per cena mentre i ragazzi trafficavano con la tenda in giardino e il fuoco.
 
“A tavolaaa” urlammo noi ridendo.
“Che avete da ridere.. Oh, sinceramente è molto invitante” disse Jared ridendo guardando il pollo arrosto ormai bruciacchiato.
“Non sei molto brava come cuoca Giulietta “ mi disse lui.
“In compenso sono più brava di te e il tuo amico a montare una tenda “ dissi guardando quel groviglio.
“Allora facciamo così, io organizzo la cena con Helen, Abby e Allison e tu traffichi con la tenda con il bel tenebroso”
“Preferirei farlo da sola, ma non ho nessuna intenzione di dormire a terra stanotte”
Uscì in giardino e iniziai ad armeggiare con i bastoni di ferro per reggere la tenda.
 
“Vuoi darmi una mano o resterai lì a fissare Abby tutta la sera?” dissi io acida a David.
“Sinceramente guardavo te”
Mi girai “Smettila di fare così; odio chi tiene il piede in due staffe, soprattutto se una di quelle è già innamorata”
“Sei innamorata di Jared?! Che cosa disgustosa”
“Lui è meglio di te”
“Lui potrà amarti, ma io..”
“Ma tu ? Ah vero, tu non finisci mai una frase e lasci le ragazze in asso quando le stai per baciare”
Finì la tenda e mi alzai raggiungendo le altre e Jared che mi mostrava entusiasta la sua cena.
 
“Okay, questo arrosto è delizioso” dissi io mangiandone un pezzo.
“E la tua tenda è davvero fatta bene” disse Jared girandosi dalla tavola verso il giardino.
“Da piccole andavamo in campeggio spesso” disse Helen ridendo.
“Quanti ricordi” pensai.
 
Cenammo chiacchierando e scherzando, poi tutti gli altri uscirono a sedersi intorno al fuoco mentre Jared mi portava nel posto speciale di cui parlava tanto.
 
“Siamo quasi arrivati… Eccoci” mi tolse la mano dagli occhi ed magicamente eravamo di fronte all’oceano, un enorme pozza blu sotto le lucenti stelle primaverili.
 
“E’ uno spettacolo stupendo”
“Lo so, per questo ho portato te qua”
“Cosa intendevi oggi quando mi hai chiesto se non l’avevo ancora capito?”
Il mio cuore aveva mai amato? Occhi rinnegatelo, perché non ha mai conosciuto la bellezza fino ad ora. Voglio dire, che io ti amo Ginevra; dal primo istante in cui ti ho vista mi sono innamorato di te” mi guardò fisso negli occhi e io mi lasciai cullare come una dolce ninna nanna. Lentamente lui mi si avvicinò e mi scostò una ciocca di capelli dal viso poggiando la sua mano sulla mia guancia destra, adagiò  le sue labbra sulle mie, prima con premura, poi con più passione. Una passione ricambiata da entrambi. Un bacio che sembrava eterno e che nessuno dei due voleva interrompere.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Staccò le sue labbra dalle mie e mi sorrise.
 
“Allora si prova questo” mi disse stringendomi le mani fra le sue.
“ A baciare una persona?” Ridemmo.
“A baciare te” si avvicinò di nuovo e poggiammo le labbra l’une sulle altre.
Quel bacio era un incantesimo. Lui era un qualcosa di magico.
Tornammo dagli altri mano nella mano; Jared non faceva altro che fare battutine facendomi ridere. Tutti dormivano già, lui mi diede un ultimo bacio veloce e poi disse “Sogni d’oro Giulietta”.
 
Quando mi svegliai tutti erano già alzati; Helen si avvicinò a me sedendosi sul sacco a pelo.
 
“Allora, devi raccontarmi qualcosa?” il suo sguardo malizioso non lasciava via di scampo.
“Beh, non è successo nulla a parte un bacio, due o tre”
“Cosa sentono le mie orecchie?! Tre baci in una sera, Jared accelera le cose a quanto vedo”
“A me non dispiace così tanto che l’abbia fatto. E’ simpatico, carino, divertente, ha i miei stessi hobby e ama ciò che amo io e infine..è un gran baciatore” dissi ridendo.
“Lo ami?”
“Si, ma..”
“Non quanto ami David”
“Si, ma non per molto. Jared mi ama David no, la cosa migliore e che io faccia come mi ha detto lui stesso, devo stargli lontano e cercare di meglio”
Helen mi guardò seriamente, come se sapesse qualcosa che io non sapevo, ma non potei fare domande che David si intromise nel discorso.
 
“Buon giorno, tu e Jared ieri sera siete scomparsi per parecchio tempo”
“Non mi dire che eri preoccupato per me, mi faresti commuovere”
“Un po’ si, ma mi fido di Jared e poi so che tu non ci staresti con uno come lui”
“Ti sbagli dolcezza” dissi sorridendogli.
Mi andai a cambiare mettendomi un costume per il mare e un copricostume, preparai la borsa e andai a fare una veloce colazione prima di scendere al mare.
 
“Buongiorno dormigliona” dissero Allison e Abby dandomi entrambe un bacio sulle guance.
“Buongiorno a tutte e due” dissi ridendo.
“C’è qualcuno che aspetta che ti svegli da un po’” disse Allison indicandomi il balcone.
Uscì fuori, una folata di aria fresca si infranse contro il mio viso, mentre delle mani possenti mi cingevano la vita. Jared poggiò la testa sulla mia spalla guardandomi.
 
“Anche appena sveglia non scherzi in fatto di bellezza Giulietta
“Sarà che ho dormito davvero bene questa notte”
“Ah, e di chi è il merito?” mi chiese accennando un lieve sorriso.
“Aspetta che mi rinfresco la memoria” lo baciai mentre lui poggiava le sue mani sul mio viso con dolcezza accarezzandomi lentamente la guancia.
“Ti aspettavo da tanto”
“Aspettavi me?”
Lui annuì “Ti aspettavo ancora prima di conoscere Helen”
Gli sorrisi e ripensai a ciò che avevo detto a Helen, io non amavo Jared quanto amavo David, lui era il mio chiodo fisso, ma ogni cosa con lui era un mistero, ogni singola volta che stava per dirmi qualcosa non lo faceva, ogni volta che mi respingeva io mi innamoravo ancora di più e tutte le volte c’era Jared che mi faceva stare meglio. In un certo senso lui era la causa della mia felicità, gli dovevo tutto e passare più tempo con lui me l’avrebbe fatto apprezzare di più.
 
“Andiamo dai, il mare ci aspetta” disse prendendomi per mano.
 
Appena uscimmo di casa e gli altri ci videro mano nella mano, un mix di diverse reazione si scatenò di fronte a noi. Abby e Allison avevano un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. Helen aveva un sorriso tirato, era felice, ma sapeva che non era ciò che volevo davvero. David mi guardava negli occhi, incessantemente, senza scioglierli dai miei.
Le sue labbra si mossero, sembrava dicessero ‘Ti amo Ginevra e tu lo sai questo’ ma sembrava solo un illusione della mia testa.
 
“Vogliamo andare?” dissi io ridendo.
“Certo” disse David tornando alla realtà.
“Tutto bene?”
“A meraviglia” aveva un tono estremamente sarcastico.
Ci guardammo l’un l’altro per pochi secondi poi lui salì in macchina e Helen mi prese per mano sussurrandomi ‘Sta tranquilla e pensa a Jared’.
Arrivammo rapidamente al mare ed era splendido come lo avevo visto la sera precedente con Jared.
 
“Io, te e il mare cristallino ci stai? Ovviamente se Jared mi da il permesso!” disse David guardando l’amico che guardò me e sorrise.
“Tranquillo, di lei mi fido, però prima vieni qua” sorrisi e mi lanciai tra le sue braccia, lui mi strinse a sé, mi bacio teneramente e infine mi sussurrò all’orecchio ‘Stai attenta a quello che fa, non ti divido con nessuno’.
“E io non voglio dividermi tra te e lui. Tu sei tu, lui è lui, tu sei qualcosa più che un amico, lui solo quello. Fidati di me” gli diedi un bacio nella guancia e me ne andai camminando per la spiaggia con David.
 
“Allora, tu e Jared state insieme?”
“Non lo so”
“Dai Ginevra, due che si baciano e si tengono per mano non sono amici”
“Non siamo amici, ma non stiamo ufficialmente insieme, almeno non per me”
“Non mi dire che sei vecchio stile?”
“Estremamente vecchio stile. Non farei mai il primo passo con un ragazzo e non penserei che stiamo insieme finché lui non me lo chiede”
“Sei noiosa!”
“Ah si” gli schizzai un po’ d’acqua.
“Hei” mi schizzo anche lui e finimmo per bagnarci completamente finché io non inciampai su uno scoglio cadendo sulla sabbia e David sopra di me.
 
“Dovresti levarti David, Jared aspetta la mezza scusa per eliminarti”
“Perché ascoltare lui e non ascoltare ciò che vuoi tu”
“Io voglio che tu ti levi” dissi balbettando.
“Stai mentendo Ginevra e lo sai anche tu”
“Perché devi rendere tutto così complicato. La prima volta che hai tentato di baciarmi mi hai detto che era un errore e che amavi Abby e io l’ho accettato, la seconda volta ti sei fermato con la stessa scusa. Dovresti deciderti un po’ David. Ami lei? Io ne sono felice. Non la ami? Non fa nulla, non è quella giusta, ma ti prego smettila di illudere me quando io sto cercando di farti uscire dalla mia testa”
“Che intendi?”
“David porca miseria sei così stupido?! Tu a me piaci. Pensi che quando mi hai detto che ti piacesse Abby fossi felice? Neanche un po’, ma so accettare un no come risposta. Pensi che non volessi anch’io quel bacio che tu per due volte hai interrotto? Sono stanca di te che mi lasci in asso ogni singola volta. Lui mi ama davvero e non lo farò soffrire come tu hai fatto con me”
Mi guardò negli occhi, il colore dei suoi sembrava diventato ancora più scuro del solito, la sua profondità era immensa.
“Ginevra io non pos..”
“Si, tu non puoi, lo so e a me non interessa il perché, ormai non voglio neanche io”
 
Mi alzai allontanandomi da lui, le lacrime mi rigarono il viso rapidamente, non volevo andare da Jared, né tanto meno da Abby o Allison.
Mi imbattei contro qualcuno. Helen.
 
“Tesoro che è successo?”
“Helen, io… io… “non riuscivo a dire nulla, non riuscivo a dirgli ciò che era successo con David, non riuscivo ad ammettere che stavo cercando di dimenticarlo, non riuscivo a far nulla che pensare a ciò che mi stava accadendo.
“Sta tranquilla, vieni con me” mi strinse a sé e ci avviammo verso l’auto, entrammo e ci sedemmo l’una di fronte all’altra.
“Racconta.”
“Ha tentato di baciarmi ancora, gliel’ho impedito io questa volta, gli ho detto ogni singola cosa, TUTTO e l’unica cosa che è riuscita a dirmi è stata la stessa che dice sempre: non posso.
Helen, che di solito in quei casi sarebbe stata triste, mi guardò con serietà e un lieve sorriso.
“Grazie Helen, davvero.”
“Ginevra non è come pensi, sai che non lo farei mai, ma non posso dirtelo per ora, tutto ha un suo tempo, credimi.”
“Io ti credo, ma sono stanca di segreti con lui, con mamma, con Miss. Nagelì, con te.”
“Devi aspettare ancora qualche giorno e poi tutto ti sembrerà più chiaro, promesso.”
Annuì.
“Dai, vieni qua.” mi abbracciò e mi sorrise.
“Helen, non sai quanto ha fatto male dirgli tutte quelle cose. Dirgli che non lo voglio più, dirgli che mi piace, dirgli quanto mi sta facendo soffrire”
“Basta su, ora andiamo, Jared ti starà cercando con impazienza, deve parlarti e vedrai che ti cambierà l’umore.”
“Lo fa sempre“ sorrisi.
Uscì dall’auto e mi avviai sulla spiaggia con Helen dove c’erano le altre.

“Il bel principe azzurro stava per avere un infarto non vedendoti tornare con David.” disse Allison indicando Jared seduto sul ponte a pescare.
“Torno subito.” dissi io avviandomi verso di lui.
 
“Ti sono mancata a quanto mi dicono.”
Si girò e mi sorrise “Siediti.”
Mi sedetti accanto a lui “Helen mi ha detto che dovevi parlarmi, dimmi.”
“David mi ha fatto notare una cosa importantissima che non dovevo dimenticare. Ginevra, vuoi essere la mia Giulietta?”
“Sei molto romantico sai?  Ci hai impiegato un secolo per chiedermi di essere la tua ragazza.” Risi. “Comunque si, sarò la tua ragazza” gli sorrisi, mi avvicinai e gli diedi un bacio. Uno di quelli che non dimentichi mai, uno di quei baci che ti restano sulle labbra nonostante siete a tre chilometri di distanza, uno di quei baci che aspetti, aspetti e poi finalmente arrivano, uno di quei baci che ti cambiano la giornata, uno di quei baci che non si devono organizzare, tu senti che devi dare quel bacio. Un bacio che sembra durare tutta la vita e in realtà è solo un istante, un bacio che ti fa viaggiare nel mondo. Un bacio che non si può davvero definire, puoi solo dire che ti fa dimenticare qualsiasi dolore tu abbia mai sentito prima di allora.
 In quell’istante vidi David in lontananza e il cuore mi si strinse, odiavo fargli del male, ma lui lo faceva a me continuamente e io non lo avrei fatto a Jared. Non riuscivo a essere cattiva con chi mi donava tutto quell’amore, era contro il mio organismo, il mio cuore non me lo permetteva perché sapeva che io non ero così. Io non ero cattiva, io non volevo far soffrire nessuno. Volevo solo essere per una volta felice.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ritornammo nella casa al mare; io e Jared non facevamo altro che guardarci mentre ci tenevamo per mano, ma qualcosa continuava ad assillarmi. Helen mi aveva detto che avrei saputo tutto fra qualche giorno, ma volevo davvero sapere? Forse non conoscere ciò che mi lega a David me lo avrebbe fatto dimenticare? Forse avrei potuto smettere davvero di amarlo e ricambiare totalmente tutto l’amore che Jared mi donava? Si, non volevo sapere nulla di ciò che comprendeva il nostro rapporto inesistente. Mi stavo ricreando una vita con Jared e avevo iniziato di nuovo a scrivere; finalmente riuscivo a scrivere dell’amore e forse avevo la mia possibilità per andare a Parigi e realizzare il mio sogno.
Mentre io fantasticavo sul cambiamento nella mia vita, Jared fermò l’auto, Helen scese sbattendo la porta furiosa, girò aprendo lo sportello opposto e trascinò David lontano da noi. Io non sentivo nulla.
 
 
Entrai in casa, Jared mi stringeva in un tenero abbraccio, ma la mia testa era ancora a Helen, non l’avevo mai vista così, neanche se si trattava di un mio problema con un ragazzo. David per lei significa qualcosa e me lo aveva dimostrato molte volte da quando l’avevo conosciuto.
Sistemai la mia borsa aspettando che Helen si rifacesse viva e venisse a spiegarmi qualcosa, ma lei non lo fece e io ero stufa di fare domande. Poi arrivò una chiamata.
 
“Pronto”
“Tesoro, sono con i rappresentanti del concorso di scrittura; gli ho spiegato che hai iniziato di nuovo a scrivere. Vogliono risentirti, oggi”
“Mamma?! Cosa.. io..non sono pronta..non ho scritto niente di buono”
“Tu hai talento e lo sai”
“Non si tratta di talento, ma di Parigi e ciò che scrivo non va bene per Parigi”
“Sono sicura che con Jared ti verrà qualcosa, hai tre ore, passo a prendere te e Helen fra tre ore, so che puoi farcela piccola mia”
 
Il mondo mi crollo addosso subito dopo aver chiuso la chiamata, dovevo scrivere qualcosa di meraviglioso e non avevo ispirazione; tutto il sentimento che avevo poco prima adesso era sparito, Jared in quell’istante per me era nulla, Helen e David erano spariti, Abby e Allison non potevano capire.
Avrei sbagliato di nuovo, mi sarei dimenticata lo stage per la seconda volta e i rappresentanti del concorso mi avrebbero riso in faccia. Ero spacciata.
 
Mi misi fuori, in mezzo alla natura, cercando di poter scrivere qualcosa, ma nulla riusciva ad aiutarmi; i minuti andavano lentamente scorrendo e attorno a me solo mucchi di fogli stropicciati senza ciò che cercavo io.
David si avvicinò a me sedendo misi accanto.
 
“Hei” disse lui.
Non risposi.
“Va tutto bene? E’ da un’ora che sei qua”
Un’ora?! Mancavano due ore e poi sarei stata distrutta di nuovo.
“Mamma è riuscita a farmi dare un’altra possibilità per lo stage”
“E’ fantastico, no?”
“No, non lo è; non riesco a scrivere nulla, non ho il sentimento per scrivere quello che loro vogliono”
“Tu dei scrivere ciò che vuoi tu e il sentimento c’è l’hai bocciolo
Bocciolo, mi aveva chiamato bocciolo?! Mi aveva infastidito si, ma era sembrato così familiare allo stesso tempo.
“Non l’ho, lo sai anche tu e adesso, ciao” mi alzai, lui si alzò con me e mi prese le mani stringendole al petto, lentamente mi abbracciò iniziando a dondolare, come se ballasse.
Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò “Ci sono tante cose che devi ancora scoprire di noi due”
“Per esempio? Sono stanca di avere segreti”
“Non posso dirtele io, devi farlo da sola, solo allora tutto ti sembrerà chiaro, ma voglio che tu sappia una cosa prima che me ne vada”
“Dove vai?”
“Parto, vado via per un po’, devo riassestare le idee, ma devi sapere che non ho mai amato Abby e che tutti i nostri quasi baci non erano un errore per me”
Mi baciò le mani e poi mi lasciò da sola con il ricordo di quei pochi minuti e del suo sorriso.
Mi sedetti di nuovo e all’improvviso iniziai a scrivere, non leggevo ciò che la penna faceva sul foglio, mi fidavo della mia mano come un pittore si fida della sua immaginazione.
Non riuscivo a non pensare a David e a ciò che mi aveva detto; c’erano segreti che nella mia vita con lui io non conoscevo.
 
Finì in un’ora e mezzo, appena in tempo per l’arrivo di mia madre.
Salutai tutti e entrai in macchina sperando che ci fosse mia madre visto che di solito mandava Kate, la mia ex babysitter che ora era quella di mio fratello, ma come sempre mamma non c’era.
 
“Ciao Kate, Helen sta arrivando”
“Di solito siete sempre insieme, sembrate robot” Rise “Avete litigato?”
“Chi ha litigato?” disse Helen entrando nella macchina.
“No, non abbiamo litigato, ma una certa persona non tiene così tanto a me per dirmi che ci faceva con la persona che amo”
“Ginevra per favore, sai che ti ho sempre detto tutto, ma questo riguarda me e David e non posso dirtelo. A proposito perché c’è ne stiamo andando?”
“Sai, mentre tu civettavi con David, mia madre mi chiamava dicendo che ho un’altra possibilità per lo stage e sempre mentre tu non mi parlavi e stavi alla larga da me, io mi spaccavo la schiena per scrivere qualcosa “
“Ginevra dai..”
“Ne riparliamo dopo, quando si spera io sarò su un aereo per Parigi e tu mi parlerai da un telefono”
Restammo in silenzio per tutto il resto del viaggio. Io avevo esagerato e lei era arrabbiata o per di più ferita, ma era la mia migliore amica, non aveva mai avuto segreti con me e io non ne avevo mai avuti con lei; non riuscivo a non dirgli qualcosa, cedevo dopo tre secondi.
Arrivammo davanti al grande London Eye dove si teneva il mio veloce incontro.
 
“Signorina Stander che bello rivederla” disse uno dei rappresentanti.
“Questa è la poesia” dissi io saltando i convenevoli che odiavo terribilmente.
Tutti la guardarono attentamente, poi uno di loro mi disse “Finalmente un materiale adatto ad uno stage, ma Parigi per lei non va bene, non conosce il francese e le sue potenzialità non riguardano la poesia parigina, ma c’è uno stage a Verona”
“Verona ? La mia Verona” pensai.
“Accetto, ma ad una condizione”
“Se possiamo assecondarla, certo, ci dica”
“Vorrei due permessi per Verona, uno per lo stage per me e uno per la mia ‘collega’, ma senza uno stage”
“Un viaggio di piacere insomma?”
“No, lei mi serve per scrivere, è la mia musa, la mia ispirazione in un certo senso” dissi girandomi verso Helen sorridendole.
“Okay, permesso accordato. Partirete fra tre giorni”
Tutti mi strinsero le mani, ma io pensavo ancora a Helen; mi avvicinai a lei.
“Mi dispiace” dicemmo all’unisono.
“Ascolta io e David dovevamo parlare di cose per cui tu non sei ancora pronta, ti voglio bene tesoro lo sai e sono certa che a Verona finalmente potrò dirti tutto perché lo scoprirai da sola”
“Ascolta tu, non dovevo insistere, mi hai detto di aspettare ed è giusto che io ti ascolti, aspetterò, non so cosa, ma aspetterò” ci abbracciammo a vicenda con una veloce riappacificazione per poi iniziare subito a parlare di ciò che dovevamo portare a Verona; avrei dovuto portarmi tutta la mia vita, il violino che suonavo da quando avevo otto anni, tutte le mie agende, rubriche e fascicoli con i miei lavori, le poesie, le storie e il mio curriculum, tutto il mio armadio e ogni cosa che mi potesse servire nella patria di Shakespeare.
 
“Non ci posso ancora credere, io e te lì, tra le mura dove Romeo e Giulietta morirono, è davvero eccitante”
“Ginevra, sai, tu ti ecciti per davvero poco”
Scoppiai a ridere seguita da lei.
“Non è questo, ma è una storia romantica; mi sarebbe piaciuto essere Giulietta e provare ciò che ha provato lei. Morire per amore. Amare ciò che non si può avere. Sentire l’adrenalina salire ogni volta che scappava di casa per vedere il suo eterno amore”
“Tutto molto eccitante, ma morire per amore non così tanto”
“Invece si. Ogni persona, una volta nella vita, soffre per amore, ma lei ha sofferto alla perdita dell’amore e tra il vivere senza di lui stando con chi non amava e morire, ha scelto la morte”
“Questo ti fa capire che era pazza”
“No, non era pazza, era solo innamorata, forte e coraggiosa. Ha rinunciato al continuare una sua vita mortale per iniziarne una immortale nell’aldilà con la persona che amava. Ci vuole coraggio a rinunciare a tutto, ma in questo caso credo che l’amore non ti da il tempo di pensare a ciò che ti accade intorno; ami così tanto quella persona che fai la cosa più giusta per starle accanto tutta la vita”
Helen mi guardò con un leggero sorriso.
“Perché sorridi così?”
“Perché non ti ho mai sentito parlare di amore in questo modo”
“Sarà perché vedo l’amore in un modo diverso da come l’ho sempre immaginato”
“Che poetica, non mi dire che il principe azzurro ti ha fatto una serenata?!”
“No, anzi, Romeo è venuto a parlarmi e mi ha detto cose che sicuramente tu sai. Che non ama Abby e che per lui quei quasi baci non erano un errore. Mi ha aiutato a scrivere e in un certo senso gli devo tutto perché non avrei lo stage se lui non fosse venuto da me”
“Ha fatto altro?”
“No, mi ha abbracciato e poi nulla più. Ah, mi ha detto che sta per partire, ma non so dove”
“Io si, ma non posso dirlo”
“Lo presumevo”
“Tralasciando questo, la sorpresa di Jared? Ti è piaciuta?”
“Si, inizialmente si, ma adesso mi dispiace un po’ lasciarlo qui”
“Vi sentirete ogni giorno al telefono e poi stiamo via solo un mese, magari un fine settimana ci viene a trovare, chissà”
“Non è solo questo e che adesso non sono più sicura di niente” dissi io guardando le stelle che sbiadivano dietro i vetri offuscati della mia camera.
“Verona ti aiuterà, ti prometto che questo viaggio risponderà ad ogni domanda che c’è nella tua testa”
“Lo spero davvero tanto”

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 (secondo David) ***


Li avevo visti baciarsi e baciarsi e lei era felice. Avevo convinto Jared a chiederle di essere la sua ragazza. Allora perché continuavo a stare male sapendo che la persona che amavo era felice?
Arrivammo a casa, Jared inchiodò l’auto e in pochi secondi Helen si lanciò dall’auto sbattendo la portiera con rabbia, aprendo la mia e tirandomi per un braccio; non ebbi il tempo di capire nulla tranne Ginevra che mi guardava preoccupata.
 
“Lei fa domande e io non posso mentirle, è la mia migliore amica e non gli dirò ancora cavolate solo perché tu non hai il fegato di dirgli tutta la vostra storia” dissi Helen.
“Helen, lo sai che non posso farlo, ho già rischiato abbastanza” dissi io pacato.
“David tu non stai rischiando un bel nulla, lei si è innamorata di te, se volevi evitare tutto questo dovevi scomparire come mi avevi promesso prima di andartene. Tu la ami e non riuscirai a mentirle ancora, ti conosco”
“Cosa dovrei fare secondo te?! Dovrei dirgli tutta la storia, farmi odiare da lei e vederla andare via di nuovo per me. Sono andato via anche io, ma non sai quanto può far male vedere ciò che più ami morire per te”
“Ho visto lei morire; è la cosa più cara che ho, David e tengo alla sua felicità. So quanto l’amore per lei sia importante e credimi che anche adesso lei farebbe la stessa cosa per te. Non si è mai innamorata di nessun’altro in questa vita. Non l’ha mai fatto. E sai perché ? Perché il suo cuore aspettava te come ti ha promesso sul punto di morte”
“Io fra qualche giorno vado via, torno a Verona, lei starà bene con Jared, dopotutto è lui che doveva amare, io gli ho sempre portato problemi, se toglierò le tende saranno felici e lei non morirà”
“Non lo credi davvero; Romeo non mentire a te stesso e soprattutto non fare del male a lei”
“E’ quello che voglio evitare”
“L’amore fa più male di un coltello nel cuore”
“Non è vero, tu non puoi capire”
“Infatti, io non posso, ma non sono stata io a dirlo e stata lei”
La guardai scioccato.
“Lei ti ama, e nonostante i millenni lontana da te e la perdita di memoria, ha continuato a credere agli ideali che aveva un tempo. Se potesse rifarlo lei sceglierebbe di nuovo la morte invece di morire e vivere una vita senza la persona che ama”
“Io voglio solo che lei non vada via di nuovo. Non potrei sopportarlo e se l’unica cosa che posso fare e andare via e cederla a lui allora lo farò, ma non la farò morire ancora anche se questo comporta la nostra divisione. Si, è vero, il nostro sentimento non si è mai spento e forse mai si spegnerà, ma non morirà per amore. L’amore ti dona nuova vita. Il nostro amore la distrugge e per quanto non vorrei che fosse così non posso cambiare le cose. Ti prego, non complicare le cose. So bene che ormai non riesco più a trattenermi, è troppo dura. Al primo tentativo di bacio sono scappato via e ho dovuto ferirmi con un coltello per rinsanire, ma adesso questo non basta. Partire farà bene a tutti, credimi”
“Non farà bene a lei” disse Helen abbassando il viso e allontanandosi da me.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mi svegliai. Mancavano due giorni e sarei partita per Verona con la mia migliore amica. Ero molto felice, troppo felice, ma non riuscivo a togliermi dalla testa di dover lasciare qui l’unica persona che mi stava facendo uscire dalla testa David e la sua partenza chissà dove. Jared. Dovevo ancora avvertirlo di tutto quello che era successo, quindi lo invitai a casa per pranzo dato che oggi non c’era scuola. Oggi era  Pasqua.
Mia madre per le feste faceva grandi tavolate piene di cibo quindi fu subito d’accordo e poi, amava Jared soprattutto perché non mi faceva pensare a David. Helen si svegliò poco dopo di me.
 
“Che succede?”
“Oggi è Pasqua e mia madre è in fase preparativi”
“Io sono compresa nella grande tavolata?”
“Certo che si e verrà anche Jared”
“Devi parlargli lo sai questo?”
“E’ per questo che lo sto invitando” dissi facendole un lieve sorriso.
Mi andai a preparare; indossai un abito blu corto sopra le ginocchia e  delle scarpe col tacco nere. Tolsi gli occhiali da vista che di solito portavo e indossai le lentine. Per me era un grande cambiamento, non indossavo mai né vestiti né abiti, il mio guardaroba era fatto solo di pantaloni e scarpe basse, ma Helen aveva insistito tanto.

“Visto?! Stai benissimo e a Jared piacerai” disse lei sorridendomi.
Scendemmo giù ad aiutare mia madre che mi guardava stupefatta continuando a ringraziare Helen per il mio ‘cambiamento’  di stile.
Suonarono al campanello. Era lui.
 
“Ciao Ginevra” mi ritrovai davanti David che mi squadrava da capo a piedi; chiusi la porta dietro di me uscendo.
“Non dovevi partire?”
“Volevo venirti a salutare e sapere come era andato il concorso”
“Bene, parto fra due giorni. Ora se non ti dispiace sto aspettando una persona”
“Ah, si certo, Jared” abbassò lo sguardo infastidito.
“Comunque sei bellissima, stai meglio così senza occhiali e quell’aria da nerd”
“Grazie, ma a me la mia ‘aria da nerd’ piace molto” dissi infastidita aprendo la porta.
“Buon viaggio David” dissi chiudendola alle mie spalle.
Helen, che era seduta su un divano, mi guardò e io gli feci capire che stavo bene.
Passò un’oretta e arrivò Jared che dopo svariati complimenti entrò in casa. Lo portai in camera mia.
 
“Senti, devo parlarti”ero preoccupata, non volevo farlo stare male, dovevamo stare tre mesi lontano l’uno dall’altra. Era la prova più grande per il nostro rapporto.
“Ti ascolto” disse lui prendendomi tra le mani.
“Ho vinto il concorso, fra due giorni io e Helen partiamo” dissi sorridendogli.
“E’ fantastico, da come mi hai portata qui sembrava qualcosa di grave e…” lo interruppi.
“Non mi hai fatto finire, parto fra due giorni, ritorno fra tre mesi” mi guardò negli occhi e mi fece un leggero e tenero sorriso.
“Tre mesi lontano da te sarà duro, ma non è paragonabile all’eternità senza di te. Mi mancherai così tanto amore mio” mi abbracciò. Mi aveva chiamata ‘amore mio’ ma non mi aveva infastidito, mi aveva fatto solo tremare il cuore.
“Ci sentiremo tutti i giorni, promesso?” gli chiesi io.
“Certo, non riuscirei a non sentirti tesoro”
Tesoro suonava diversamente dall’amore mio di prima, si vedeva che stava male e anche io, con mia grande sorpresa, non ero felicissima.
“Non voglio che stai male per me”
“Come potrei evitarlo, mi mancherai tantissimo, ma se sei felice io lo sono con te. Ti amo Ginevra, ti amo tanto capito?”
“Anche io ti amo Jared, mi mancherai molto”
“Ti prometto che farò in modo che non ti mancherò; le nostre chiamate basteranno a tenerci tranquilli, la tua voce mi farà pensare che sei tra le mie braccia” mi strinse forte a sé e mi diede un bacio. Stava funzionando. Mi stavo innamorando di lui e ogni singola cosa che mi diceva me lo faceva capire ancora di più.
“Scendiamo dai, il pranzo sarà pronto e tua madre non mi sembra un tipo paziente” disse lui prendendomi per mano avviandosi verso la sala da pranzo.
La stanza era grandissima, le tende d’orate e rosse, la tavolata grande piena di portate su piatti bianchi di ceramica, i bicchieri di cristallo azzurri, ma la cosa più bella erano i fiori sparsi per la sala. Ginestre, margherite, rose, giacinti e tante altre tipologie. Un miscuglio floreale profumava la stanza e la luce che filtrava dalle finestre irradiava tutto.
Ci sedemmo a pranzare, tutto era delizioso e mia madre era davvero contenta che io stessi con Jared e anche io finalmente lo ero, ma il mio pensiero tornava a David che era appena partito per chissà dove. Era partito lontano da me.
Jared dopo pranzo se ne andò per festeggiare con i suoi genitori, io rimasi a casa con Helen. Mi mancava stare con lei e basta.
 
“Come è andata con Jared?” chiese lei lasciandosi cadere sul mio letto.
“Bene, l’ha presa bene ed è stato dolcissimo. Mi ha detto che mi amava”
Lei mi guardò sorridendo, poi disse seria “E tu sei contenta?”
“Si, sono contenta, ma ho quel vuoto dentro di me che lui non può colmare”
“Neanche io posso?” disse lei con un sorriso da cucciolo.
“Tu lo hai colmato per tanto tempo, ma nessuno lo ha mai chiuso completamente. A parte David” una lacrima mi rigò il viso, io la asciugai ridendo , lei mi guardò e si alzò.
“Faccio una chiamata, aspettami qui”
 
Ero in camera e non sapevo che fine avesse fatto Helen.
La vidi ritornare.
“Scusa, ma..”
“David, vero?”
“Si, ma lo sai..”
“Si, non puoi dirmelo lo so”
“Mi dispiace”
“Lo so, ma tranquilla, sto bene. Scendo un attimo a prendere un po’ d’aria”
“Vengo con te”
Ignorai quell’esclamazione e scesi in giardino, mi sedetti su un gradino della scala a chiocciola che faceva accedere al porticato di casa mia.
 
“Che c’è che non va?” mi chiese Helen.
“Sono stufa di non avere risposte, di non sapere che accade nella mia vita, non so nulla. Fra due giorni parto lasciando qui la persona che mi deve far scordare chi amo e ricordando che chi amo è partito”
“Basta, sono stanca di vederti così, tu saprai tutto promesso, al diavolo David. Arrivate a Verona ti racconterò tutto”
“Non lo farai, perché chissà perché io non devo sapere che cosa accade nella MIA vita”
“Invece tu devi sapere. Ti lo spiegherò lì, ti dirò ogni singola cosa tesoro” mi abbracciò. Sembrava sincera, ma io sapevo che se David voleva tenerlo segreto allora c’era qualcosa che comprometteva quel ‘Noi’ che non esisteva, ma io volevo sapere perché non esisteva. Io amavo lui e lui sembrava amarmi, ma invece di stare insieme lui si allontanava da me e mi faceva solo stare male e allo stesso tempo farmi innamorare di più.
 
Mi svegliai e il sole sembrava essersi intristito con me. Mancava un giorno al mio viaggio ed era passato un giorno dalla partenza di David.
Stavo sistemando le valigie quando entrò Helen.
 
“Dolcezza stai bene?” mi chiese.
“La sai già la risposta, non continuare a chiedermi come sto”
“Vorrei solo vederti felice”
“Scusami, davvero, ma non ci riesco a essere felice”
“Perché lui ti interessa così tanto quando continua a farti soffrire?”
Non lo sapevo il perché. Anch’io mi ero fatta quella domanda mille e mille volte, ma non riuscivo a capire perché dovevo avere quel ragazzo nella testa anche se mi faceva così tanto stare male.
 
“Non lo so, credo che sia semplicemente perché in tutto quello che mi ha fatto c’era sempre qualcosa che mi faceva stare bene. Che mi dava speranza. Mi faceva capire quanto lui tenesse a me anche se si comportava in quel modo. Io tengo tanto a Jared, davvero, non gli mentirei mai e poi mai, ma non potrò mai amarlo come amo David, non ci riuscirò mai. Nonostante tutto quello che fa per me io non potrò mai farlo perché avrà sempre qualcosa in meno di lui. Perché David mi da un senso di dejavu, come se io l’avessi già amato. Come se sotto sotto io e lui ci conoscessimo da tempo. Come se ci conoscessimo da millenni e per tutti questi millenni io non avessi mai smesso di amarlo. Sembra che io non mi sia mai innamorata perché stavo aspettando il suo arrivo” dissi con un lieve sorriso.
 Le suonò il telefono, io non sapevo chi fosse, ma lo immaginavo e mi intristì subito.
 
La vidi uscire dalla mia camera stando ore e ore al telefono con David.
La sentivo ridere, piangere e urlare, ma almeno lui con lei parlava. Non mi aveva più cercato dopo che era partito e io non sapevo se essere felice o no.
 
Mi sedetti sul mio letto e presi la mia agenda iniziando a scrivere :
 
Caro diario,
non ti ho mai scritto e credo che non ho neanche mai pensato di farlo, ma adesso mi sento talmente sola che ho bisogno di qualcuno che mi capisca e che ascolti ciò che dico. David è partito, Helen lo sente ogni singolo giorno, passano ore al telefono. A me non mi cerca mai. Possibile che lo ami nonostante mi stia facendo soffrire? Possibile che non riesco a odiarlo? Non credo che ci riuscirei neanche se mi uccidesse. Non ho la minima idea su cosa mi affascina di lui. Ho provato mille volte a paragonarlo con Jared e quest’ultimo è perfetto, ma nonostante tutto sceglierei sempre David. E’ un’ossessione. Domani partirò per Verona. Mi staccherò dalla mia città per andare in un luogo dove i ricordi non mi potranno attaccare, ma nel mio cuore penserò sempre a lui che è lontano, chissà dove, da me. Mi manca terribilmente. Mi manca tutto di lui e nulla riesce a togliermelo dalla testa o farmi pensare a qualcos’altro. Non ho mai capito cosa fosse l’amore. Non ho mai capito cosa provasse la gente a essere innamorata e donare il cuore ad un’altra persona. Non c’è nulla di così meraviglioso a essere innamorati in realtà, però c’è lui. Quando ti guarda riuscirebbe a distruggere ogni barriera che ti costruisci. Quando ti sorride il cuore sembra danzarti nel petto. Quando ti cerca di baciare ti rende la persona più importante del mondo, ma quando si tira indietro ti fa capire quanto la fantasia non esista. Esiste la realtà e nella mia realtà sembra che non c’è spazio per lui o per qualsiasi altra persona. Dopotutto io sono una ‘nerd’ non si potrebbe mai innamorare di me e me l’ha dimostrato mille e una volta. Lui è al di fuori della mia portata. Io non sono all’altezza di un ragazzo. Forse non sono neanche all’altezza di essere amata.
 
Chiusi l’agenda e la misi dentro la valigia, poi presi il violino, non lo prendevo da tanto, e iniziai lentamente a suonare una melodia malinconica, come se tutto il mondo dovesse sentirmi e capire quanto dolore avessi nel mio corpo. Forse volevo solo che il mondo soffrisse con me. Volevo non essere la sola a soffrire.
Iniziai a piangere e nulla riusciva a farmi smettere. Il mio mondo sembrava distrutto e qualsiasi cosa facessi mi ricordava che lui se ne era andato via e che ero sola al mondo. Jared e Helen c’erano. No, non c’erano neanche loro. Ero sola e tutto questo mi distruggeva.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 (secondo David) ***


Ero seduto sotto il nostro balcone, guardando la sua statua. Era talmente bella e diversa da adesso, ma era sempre dannatamente attraente e meravigliosa.
I cinguetti degli usignoli rendevano quel momento magico, ma mancava lei e questo rendeva tutto terribilmente doloroso.
Il telefono suonò ed sapevo già chi fosse, ma non mi spiegavo perché volesse parlarmi, sapeva che soffrivo e non volevo di certo sapere quanto invece Ginevra fosse felice.
 
“Helen cosa vuoi? Sono partito e sono lontano da lei, sta sicuramente benissimo e non voglio che me lo dici”
“Vuoi la verità David?! Lei è in camera a piangere e io non posso dirle nulla. Mi odia perché parlo con te e tu continui a non chiamarla. Sta soffrendo perché non ci sei tu lo vuoi capire? Ieri Jared le ha detto che l’ama e lei è stata impassibile. Non si vedranno per tre mesi e non ha versato nessuna lacrima, ma voi due non vi sentite da un giorno e sembra una fontana”
“Vedrai che a Parigi starà bene e la lontananza con Jared le farà capire quanto lo ama”
“Non partiamo per Parigi, lo stage sarà a Verona e io gli farò capire tutto, che tu lo voglia o no”
“Non puoi farlo starà male e mi odierà”
“Ti odia già adesso perché sei partito senza dirgli niente. Ti odiava già quando gli hai detto che ami Abby. Ti odiava già quando provavi a baciarla e poi scappavi via. E in tutto questo tu non hai mai sofferto come soffre lei adesso. Come posso spiegargli che tu non puoi baciarla ?! come posso vederla stare male e non fare nulla ?!”
“Lei mi ha odiato?”
“Credi che fosse felice vedendoti comportare in quella maniera? Sei talmente idiota da non capirlo. Tu continui a ripetere che lei ama Jared e lo capirà presto definitivamente, ma più passa il tempo, più lei continua ad amare te. Non riuscirà mai a toglierti dalla testa lo vuoi capire?”
Dal telefono sentì una porta aprirsi e qualcuno scendere in cucina. Era Ginevra. Avrei riconosciuto la sua camminata anche oltre oceano.
“Ora ti faccio leggere una cosa e ti faccio capire con le sue parole come sta” sentì Helen frugare in qualcosa, penso una valigia, poi uscì dalla camera rientrando nel bagno dove di solito parlavamo al telefono per non far sentire a Ginevra.
“Helen, davvero, non voglio leggere quanto lei sia felice”
Caro diario,
non ti ho mai scritto e credo che non ho neanche mai pensato di farlo, ma adesso mi sento talmente sola che ho bisogno di qualcuno che mi capisca e che ascolti ciò che dico. David è partito, Helen lo sente ogni singolo giorno, passano ore al telefono. A me non mi cerca mai. Possibile che lo ami nonostante mi stia facendo soffrire? Possibile che non riesco a odiarlo? Non credo che ci riuscirei neanche se mi uccidesse. Non ho la minima idea su cosa mi affascina di lui. Ho provato mille volte a paragonarlo con Jared e quest’ultimo è perfetto, ma nonostante tutto sceglierei sempre David. E’ un’ossessione. Domani partirò per Verona. Mi staccherò dalla mia città per andare in un luogo dove i ricordi non mi potranno attaccare, ma nel mio cuore penserò sempre a lui che è lontano, chissà dove, da me. Mi manca terribilmente. Mi manca tutto di lui e nulla riesce a togliermelo dalla testa o farmi pensare a qualcos’altro. Non ho mai capito cosa fosse l’amore. Non ho mai capito cosa provasse la gente a essere innamorata e donare il cuore ad un’altra persona. Non c’è nulla di così meraviglioso a essere innamorati in realtà, però c’è lui. Quando ti guarda riuscirebbe a distruggere ogni barriera che ti costruisci. Quando ti sorride il cuore sembra danzarti nel petto. Quando ti cerca di baciare ti rende la persona più importante del mondo, ma quando si tira indietro ti fa capire quanto la fantasia non esista. Esiste la realtà e nella mia realtà sembra che non c’è spazio per lui o per qualsiasi altra persona. Dopotutto io sono una ‘nerd’ non si potrebbe mai innamorare di me e me l’ha dimostrato mille e una volta. Lui è al di fuori della mia portata. Io non sono all’altezza di un ragazzo. Forse non sono neanche all’altezza di essere amata
“L’ha scritta lei?” iniziai a tremare.
“Si David, l’ha scritta lei e adesso e in salotto a riposare sul divano dopo che a pianto incessantemente perché non ha né te né me vicino”
“Ha Jare..”non mi fece finire.
“Smettila David, per lei Jared non conta nulla. E’ inutile che tu cerchi di creare un sentimento tra loro due perché non esiste. Non è ricambiato l’amore di Jared. LEI AMA TE. Lo farà sempre e per sempre e continuerà a soffrire. Ci vediamo a Verona David”
Chiuse la telefonata e io rimasi lì ad ascoltare il mondo che sembrava essere triste con me.
Chiusi gli occhi e mi chiesi se anche lei, in questo momento, vedeva il mondo desolato come il suo cuore.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Quei due giorni erano volati; tra i litigi con David, le discussioni con Helen e la dolcezza di Jared, finalmente era arrivato il momento di salutare la mia vita per un po’ e partire per lo stage. Verona. La patria di Shakespeare, qualcosa di meraviglioso.
Svegliai Helen. Dopo la nostra ‘discussione’avevo cercato di non rivolgerle parola.
 
“Vuoi non parlarmi ancora per molto?” chiese lei mentre preparava la colazione.
“Sai avevo pensato di non parlarti fin quando non saremo arrivate a Verona, poi lì sarei andata a fare lo stage e tutto si sarebbe risolto senza parlarci” dissi con un sorriso finto sul viso.
“Almeno mi spieghi perché non mi parli?”
“C’è ne sono tanti motivi e tu li conosci tutti quindi perché dirteli”
“Perché sono la tua migliore amica”
“La mia migliore amica non starebbe ore al telefono con la persona che amo”
Mi guardò negli occhi e non disse nulla.
“Ora se vuoi scusarmi, vado a preparare la valigia”
Salì in camera e riempì la valigia definitivamente. Vestiti, taccuini, penne, fotocamera, portatile, libri; gli misi ogni singola cosa che mi sarebbe servita per quel lungo tempo lontano da casa.
Mi squillò il cellulare e un sorriso mi apparve sul viso. Sapevo che Jared mi avrebbe chiamata prima della partenza e non vedevo l’ora di sentirlo; presi il telefono, ma mi accorsi che non era chi pensavo che fosse.
 
“David”
“Ginevra”
Ero qui, in piedi davanti alla mia libreria quasi vuota, le gambe tremavano al ritmo del mio battito del cuore, le mani iniziarono a sudare e il respiro si fece affannoso. Soffrivo di asma da quando avevo quattro anni, ma quella non era asma.
“Oggi parti vero?”
“Si” dissi cercando di attenuare il tremolio della mia voce che divenne quasi un sussurrò.
“Ho parlato con Helen”
“Lo so bene”
“Non è come sembra Ginevra”
“David non mi devi dare mica spiegazioni” dissi ridendo.
“Invece te ne dovrei tante”
“Lo so che dovresti, ma io non le voglio, né da te, né da lei, né da nessun’altro”
“Ti ricordi quando ci siamo abbracciati da Jared?”
“Si e quindi?”
“Beh, è stato il momento più bello della mia vita”
“Non cambia le cose, mi menti ogni volta che apri bocca, dal primo momento che ci siamo visti hai mentito o direttamente non parli e adesso non voglio sapere nulla io, sto bene così, quindi smettetela tu e Helen e non vi immischiate nella mia vita”
“Ginevra,  noi..”
“No, non c’è nessun noi e non voglio che esista”
“Ci sentiamo presto”
“Si, certo”
Chiusi. La mia vita sembrava non avere più senso, non ero più io, ogni cosa che facevo, che dicevo, non era parte del mio essere. Lui mi aveva cambiato la vita, me l’aveva distrutta e ora cercava di aggiustarla. Impossibile.
 
Erano le undici e tutti, compresa io, correvano; eravamo già in aeroporto e il nostro aereo stava per partire. Salutai mia madre, mio padre e il mio fratellino Danny. I miei piangevano, soprattutto mamma; era così fiera di me e anche io lo ero. Finalmente avrei potuto dimostrare a tutti di cosa ero capace. Non ero più debole, non volevo esserlo più.
 
Io e Helen arrivammo giusto in tempo per dare i biglietti e salire sull’aereo; ci sedemmo ai posti assegnati. 14 e 15.
Decollammo dopo dieci secondi. Il cielo, totalmente azzurro e calmo mi dava un enorme senso di tristezza e vuoto. Qualcosa mancava dentro di me. Helen ogni tanto si girava a guardarmi, mi sorrideva, ma sapeva che non stavo bene.
Non parlava, finché non mi disse : “Hei”
“Che c’è?” le risposi, senza guardarla, continuando a fissare il cielo dal piccolo oblò vicino al mio sedile.
“Ti ho fatto una promessa da piccole e ancora adesso non ho intenzione di infrangerla. Non ti ruberei mai il ragazzo che ami”
“Non importa, tu vai più d’accordo con lui più di me. Lui mi detesta e io non ti darei mai una colpa se ti fidanzassi con lui”
“Non ti detesta, sta solo cercando di proteggere chi ama”
“Proteggere, ma da che cosa?”
“Ginevra, tu sai da che cosa sta cercando di proteggere”
 
Ripensai a David. A quante volte mi avesse detto che non poteva stare con Abby, ma voleva proteggerla. Proteggerla dalla morte. A quante volte io l’avessi preso in giro per questo, credendolo pazzo.
Rimasi in silenzio e ripensai a tutto ciò che mi aveva detto.
 
“Vorrei fosse davvero così, che potessi amarla senza rischiare la mia e soprattutto la sua vita che per me conta di più di tutto, ma non è semplice come sembra”
 
Ritornai alla realtà.
“Di chi è innamorato?”
“Come?”
“Di chi è innamorato David? Chi è la persona che protegge. Un giorno mi ha chiesto scusa. Mi ha chiesto scusa per essersi innamorato, ma non ha mai messo il soggetto in quella frase”
“Ginevra, lui protegge te, lui ama te”
Il mondo crollò definitivamente.
“Raccontami tutto, raccontami tutto ciò che devo sapere. Helen ho bisogno di sapere perché adesso non è con me. Ho bisogno di sapere perché ho aspettato così tanto tempo per innamorarmi di qualcuno. Ho bisogno di sapere perché il mio cuore ha aspettato proprio lui”
 La vista iniziò ad annebbiarsi, Helen mi abbracciò baciandomi la fronte.
“Ti dirò tutto dolcezza, volevo solo essere sicura che tu volessi saperlo” mi sorrise e io ricambiai quel sorriso senza neanche saperne il motivo, ma qualcosa mi diceva che quella verità mi avrebbe fatto stare bene.
Poi la mia felicità iniziò a vacillare. Mi proteggeva dalla morte. Mi amava, ma non poteva stare con me. Ogni tassello mi faceva capire sempre di più che l’unico grande problema ero io. Lui mi aveva avvertita di stargli alla larga, io mi ero ripromessa di non innamorarmi. Ogni cosa all’improvviso si era sbriciolata.
Presi la mia agenda :
Caro diario,
lentamente la verità sta iniziando ad affiorare nella mia vita. David mi ama e sta cercando di proteggermi dalla morte. Beh, detto così sembra suonar strano, ma è così e dopo tutti i suoi sforzi di starmi lontana io ho rovinato tutto. Si, è vero lo amavo, ma forse avrei dovuto davvero stargli lontano. Non so perché la mia vita è in pericolo. Non so perché dovrei morire e non so neanche perché lui mi protegge, ma indistintamente da tutto questo so che se devo morire voglio farlo per lui. Voglio morire per amore. Non so perché sono così sicura su questo, so solo che se proprio la mia ora è arrivata allora morirò per amore. Perché io lo amo terribilmente e qualsiasi cosa il nostro passato mi riservi io so che non smetterò mai di amarlo. Il mio cuore ha aspettato anni e anni prima di innamorarsi di qualcuno e se si è innamorato di lui da un semplice sguardo qualcosa è racchiuso nella nostra storia. Combatterò per scoprirla se necessario. Combatterò per avere lui. L’universo potrà opporsi quanto vuole al nostro amore, ma non permetterò che ci divida. Non adesso che finalmente sto iniziando a capire.
 
Arrivammo in poche ore a Verona, era qualcosa di magnifico, ma qualcosa mi diceva che io c’ero già stata. Improbabile. Non ero mai stata in Italia, né tanto meno lì, avevo solo letto di quel luogo, delle storie, delle canzoni, degli artisti che provenivano da lì.
Passammo per l’albergo e posammo le valigie; la nostra stanza era molto grande, un letto matrimoniale era posto al centro della stanza, le coperte erano rosa pastello con fantasia floreale di mille colori. Accanto al letto c’era una lampada in entrambi i lati, era in vetro con colori sulle tonalità del viola. Sulla parete destra c’era un grande armadio in legno d’acero e accanto c’era una porta bianca che conduceva allo spazioso bagno; era di colore verde e bianco con una piccola doccia alla parete, sopra il lavandino uno specchio con cornice, anche essa, bianca. Infine c’era un balconcino sulla parete sinistra che dava su un meraviglioso panorama da lasciare chiunque senza fiato.
 
“Allora, che facciamo?” chiesi io.
“Vieni con me” disse lei sorridendomi.
Mi prese per mano e, uscendo dalla stanza, iniziammo a camminare per le vie di Verona.
Attraversammo il Ponte Scaligero di Castelvecchio e Helen iniziò a parlare.
 
“Tu e David vi conoscete da tanto tempo”
“Non direi così tanto, sarà si e no un mese e mezzo”
“Posso parlare?” disse ridendo.
Io annuì ridendo anch’io.
“Dicevo, vi conoscete da tanto tempo. Vi siete incontrati ad un ballo in maschera ed, anche se non era programmato visto che tu eri promessa in sposa e lui era lì da imbucato perché si era innamorato di un’altra donna, vi innamoraste l’uno dell’altro e vi baciaste, ma appena io ti dissi il suo nome tu capisti subito che il vostro amore sarebbe stato impossibile, ma nonostante questo tu non volevi dirgli addio. Le vostre famiglie si odiavano e stare insieme per voi era..”
“Un sacrificio. Dirsi addio è una pena così dolce che vorrei dire addio fino a domani... gli innamorati fuggono l'amore come gli scolari scappano dai libri, ma andar via dall'amore è come ritornare a scuola
“Non ti sei mai chiesta perché ami tanto Romeo e Giulietta tesoro? voi siete la storia, voi ne siete i protagonisti”
“Vorresti dire che lui è Romeo
“E tu sei Giulietta. Il vostro amore è già nato e noi sapevamo che sarebbe rinato prima o poi, era già scritto. Infatti voi siete rinati e vi siete incontrati di nuovo. Odiavo David solo perché era ritornato da te, mi aveva promesso che non l’avrebbe fatto così tu e lui non vi sareste innamorati di nuovo e non sareste morti, ma so che tu lo ami, l’hai sempre fatto”
“Lui non mi ha mai baciata perché sa che stare insieme comporta la nostra morte”
“A lui non interessa la sua morte, è preoccupato per te, non ti vuole dire addio di nuovo”
“E per tutto questo tempo ha tentato di baciarmi e si è sempre fermato per me”
“E’ stata dura per lui, mi telefonava ogni giorno, era sempre frustato, la prima volta ha dovuto usare un coltello per tornare alla realtà. Prima era forte, ma adesso stava iniziando a cedere così e partito per starti lontano. E’ tornato nell’unico luogo dove voi due vi siete amati per pochi secondi senza che nessuno vi separasse”
“Lui è qui?”
“Si, lui è a Verona. Ora sai tutto e starai lontana tre mesi dalla persona che potrebbe dividervi quindi perché non essere felici insieme?!” sorrise.
“Chi è, nel presente, che non vuole il nostro amore?”
“Jared. Lui è il Paride di questa versione del vostro amore”
“Come farò a trovare David a Verona?! E’ così grande questa città”
“Lo troverai. L’hai sempre trovato e anche adesso c’è la farai. Il tuo cuore ha aspettato così tanto, adesso è tempo che si ricongiunga con lui” disse lei prendendomi la mano e porgendola verso l’orizzonte.
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Quella storia non mi quadrava per niente, ma molte cose, molte azioni di David nei miei confronti, molte parole che ci eravamo scambiati, solo adesso facevano trapelare il loro vero significato. Il nostro amore quindi era impossibile. Il nostro amore portava alla morte. Il nostro amore era fondato su cose che lui non mi aveva voluto far sapere. Il nostro amore era solo pieno di bugie.
 
“Ti senti confusa lo so” disse Helen poggiandomi una mano sulla spalla “Ma tranquilla, si risolverà tutto”
“Si, sono confusa. Ma principalmente sono delusa”
“L’ha fatto solo per proteggere te, non voleva che morissi di nuovo, non dopo aver conosciuto la nuova Giulietta
“Helen, lui non mi ha mai chiesto se io fossi d’accordo. Non mi ha mai dato spiegazioni quando mi faceva stare male. Non mi ha mai dato queste due scelte”
“Perché dici così?”
“Perché lui non può sapere se io volessi continuare a vivere se lui non era qui con me. Non può saperlo e non me l’ha mai neanche chiesto”
“Va da lui. Vallo a cercare e parlargli. Avete tre mesi per stare insieme prima di decidere; non sciuparli” Helen mi sorrise come non aveva mai fatto.
 
Iniziai a correre; non sapevo dove stavo andando, non avevo nessuna idea di come trovarlo, ma qualcosa, una voce dentro la testa, mi diceva dove andare. Volevo trovarlo, volevo finalmente saperlo mio. Volevo che la mia vita, per tre lunghi mesi, fosse veramente vera.
 
 
“David, sono Helen” disse Helen dal telefono a David.
“Helen non gli avrai detto tutto vero? “ lei rimase in silenzio “Vero?”
“Gli ho raccontato tutto perché doveva saperlo. E’ la sua vita e solo lei sa cos’è meglio per se stessa. Sta venendo a cercarti”
“Era arrabbiata?”
“Più che altro era molto confusa, ma era delusa da te. Come io avevo detto, lei non voleva che tu decidessi per lei”
“Ma lei così morirà”
“Non vuole passare una vita senza di te, lo capisci? Te l’ho ripetuto mille volte. Non gli interessa morire. L’unica cosa che vuole è te e tu l’hai solo fatta stare male perché hai pensato solo a ciò che volevi tu”
“Io ho pensato a tenerla in vita”
“Lo so” dissi io arrivando alle spalle di David.
 
David era al telefono  con Helen che gli aveva raccontato tutto.
 
“Helen lei è qui, ci sentiamo più tardi” disse David chiudendo la conversazione e liquidando velocemente Helen.
“Abbiamo molto da parlare io e te”
“Lo so piccola” disse lui avvicinandosi e cingendomi in un abbraccio.
“Non dovevi andartene da me, non dovevi partire e andare via”
“Volevo solo che tu non morissi di nuovo solo perché ami me “
“Mi hai mai chiesto se io lo volevo? Mi hai mai domandato cosa volevo scegliere io? No, non l’hai mai fatto, hai lasciato solo domande nella mia testa e ti sei allontanato dalla mia vita”
Ci sedemmo e solo dopo mi accorsi che sopra di noi si innalzava il mio balcone. ‘Mio’ era un aggettivo che mi era venuto spontaneo, ma quello era esattamente il mio balcone, uguale a come l’avevo lasciato anni e anni prima.
“Allora, Helen ti ha raccontato tutto anche se non c’e ne era bisogno. La storia la conosci benissimo” mi sorrise e per un momento arrossì.
 “Quando sono arrivato in Inghilterra sapevo che c’eri tu, ma non sapevo né che aspetto avevi né come ti avrei trovata. Volevo trovarti. Volevo vedere quanto bella fossi diventata nel tempo. Il mio istinto mi portò all’Empedocle e lì mi sedetti a leggere; sapevo che la ragazza che cercavo era lì e infatti eccoti, bella come ti ricordavo, un sorriso da riuscire ad far fermare ogni ciclone esistente. Sapevo che non avrei mai dovuto essere lì così avvertì Jared che lì c’era la sua amata e anche lui ti riconobbe. E’ stato un errore. Volevo che quando io me ne sarei andato per sempre, tu saresti stata felice con lui” mi strinse la mano fra la sua.
“Io non sono mai riuscita ad amare Jared nel modo in cui sono riuscita ad amare te e neanche il tempo avrebbe potuto fare qualcosa”
“Me ne rendo conto solo ora” disse rivolgendomi un lieve e soave sorriso.
“E’ vero, io non voglio morire, ma se me l’avessi chiesto io ti avrei detto, sinceramente, che preferivo morire che dire addio a te un’altra volta” dissi guardandolo negli occhi.
“Ho cercato per anni, prima di cercarti, una clausola che potesse farci stare insieme e non ne ho trovata nessuna. Se fra tre mesi io non l’avrò ancora trovata avremo solo due scelte, morire insieme o vivere separati”
“La troveremo, conosco ogni biblioteca, ogni libro, ogni singola strada nascosta di questa città. Stanne certo, la troveremo”
Alzò lo sguardo e mi guardò, sarei rimasta lì a fissarlo per ore e ore, la voglia di baciarlo diventava sempre più grande e quando stavo per farlo, lui mi precedette. Si avvicinò a me lentamente, scostandomi una ciocca di capelli e sorridendomi come se gli venisse così naturale, come se conosce di me ogni singola sfumatura, si avvicinò lentamente al mio orecchio sussurrandomi :
 “Sei molto più bella di come ti ricordavo” poi si avvicinò al mio viso. Lo bloccai.
“David, se lo fai nessuno dei due riuscirà a fermarsi” lo guardai preoccupata.
“Non mi importa” e lentamente poggiò le sue labbra sulle mie; avrei voluto che quel momento non finisse mai, ma fummo interrotti bruscamente.
 
“Capisco che dobbiate riprendere il tempo perduto, ma potete anche farlo stasera mentre non ci sono io a guardarvi, che ne dite?” disse Helen in piedi di fronte a noi sorridendoci.
Io risi imbarazzata, David mi guardò e mi fece l’occhiolino, poi mi prese per mano e ci alzammo.
“Novità?” chiese lui a Helen.
“Jared non sa che siete insieme, ci penso io tranquillo” rispose lei volgendomi un dolce sorrisetto che la distingueva da tutti.
“Ora siccome so che sono di troppo, me ne vado in biblioteca a fare qualche ricerca, voi intanto continuate pure” disse Helen ridendo e incamminandosi.
 
Io e David passeggiamo per la città mano nella mano, avvolte mi chiedevo che avrebbe fatto se io l’avessi staccate. Si sarebbe ripreso la mano della ragazza che gli apparteneva da millenni?
“Quando sono ‘rinato’ ti ho incontrata, anche tu mi hai visto e ti sei innamorata di me, allora mi facevo chiamare Ray, ma entrambi non sapevamo chi eravamo. Era stupido, avevo davanti a me la ragazza che amavo, anche se avevi si e no quattro anni, e non la riconoscevo neanche” disse ridendo.
“Quindi mi sono sempre innamorata di te e non ti ho mai riconosciuto, forse perché ero troppo concentrata ad odiarti” dissi spingendolo.
“Ero così antipatico?”
“Direi proprio di si, ci provavi con me, tentavi di baciarmi e poi te ne uscivi con inutili scuse che mi facevano solo odiarti di più”
“Avrei voluto tanto baciarti, ma sapevo che dopo averlo fatto non sarei riuscito a smettere” disse lui tirandomi a sé e baciandomi sorridendo.
“E chi voleva che smettessi” dissi ricambiandogli il sorriso.
“Avrei preferito bruciare all’inferno insieme a Dante Alighieri che abbandonarti amore mio”
“Lo so, anch’io avrei fatto lo stesso e se stare insieme comporta la morte allora..” non mi fece finire.
“Allora niente, noi non moriremo, tu non morirai, non adesso che ti ho ritrovato, né ora né mai” mi guardò negli occhi con tale insistenza che pensai a quanto avesse faticato per ritrovarmi e in un attimo ricordai ogni momento passato con lui, i litigi, il modo in cui mi aveva guardato il primo giorno e mi venne in mente una cosa.
 
“Quando tu e Jared ci siete venuti a prendere, a me e Helen, a casa mia eri geloso di me e lui?”
“Si è notato tanto?”
“Si e anche il modo in cui mi hai guardata; sembrava che stessi guardando la cosa più bella dell’universo” dissi ridendo.
“Perché tu sei la cosa più bella dell’universo. Del mio universo” disse sorridendomi.
“Se questo è un sogno io non vorrei mai svegliarmi”
“Non è un sogno, ma un incubo. Avrei dovuto sposarti quel giorno”
“Forse è questa la risposta alle nostre domande”
“Può darsi, ma abbiamo così tante cose da dover sistemare, la tua famiglia mi odia, e la mia odia te e poi c’è Jared che, grazie a me sa che sei rinata, si è riinnamorato di te”
“Troveremo qualcosa. Ti fidi di me?”
“Di te mi fido e del destino che non mi fido. Ci ha già diviso una volta e non voglio che ricapiti di nuovo”
“Non capiterà, adesso non sei solo a cercare una via d’uscita, siamo in tre e la troveremo, qualsiasi cosa accada io non ti dirò addio di nuovo”
Il mio cuore aveva mai amato? Occhi rinnegatelo, perché non ha mai conosciuto la bellezza fino ad ora.
“Sei smielato come allora lo sai?” dissi ridendo.
“Sei tu a farmi questo effetto Giulietta. Ti amo amore mio e ti amerò fin quando la nostra ora non verrà di nuovo, fino alla fine dei tempi”
In quel momento mi accorsi che non mi aveva mai detto che mi amava e arrossì a quel pensiero.
“Anche io ti amo e il mio amore finirà solo quando non sarò più in grado di amarti, fino alla fine dei tempi”
In quel momento finalmente capì cosa mi era mancato per tutto quel tempo; qual’era la cosa che mi creava un enorme vuoto: era il suo amore. E finalmente dopo secoli e secoli era tornato da me, era di nuovo mio. Avevamo tre mesi. Tre mesi per trovare una scappatoia, tre mesi per far in mondo che tutto quello non finisse, tre mesi per nascondere tutto a Jared, tre mesi per amarci come non avevamo mai fatto.
 
“Sei la fine del mio mondo e se morire mi porterà da te allora significa che morirò amore mio”

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Ero seduta; fuori nel balcone una lenta e fresca aria mi accarezzava le guance. Eravamo a metà primavera. Quasi fine aprile. Poche ore prima mi aveva chiamato Jared, avevo dovuto fingere e faceva male farlo. Io non fingevo mai. Adesso ero sola. Helen era in biblioteca a fare ricerche e David era sceso un attimo dicendomi che sarebbe tornato dopo pochi minuti. Infatti eccolo. Aprì la porta e mi vide, ricambiando il sorriso che avevo sul viso. Si avvicinò lentamente a me facendomi sedere sulle sue ginocchia e tenendomi stretta a sé.
 
“Va tutto bene raggio di sole?” mi chiese lui spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Si, ma lo sai. Odio mentire alle persone, soprattutto se si tratta di una persona che tiene davvero a me”
 
David abbassò il viso e poi disse :

“Lui ti piace?”
“Cosa?” dissi io sorpresa.
“E’ semplice Ginevra. Lui ti piace?”
“Si, lui mi piace, lui c’è stato ogni singola volta che tu mi facevi del male; mi ha dimostrato mille e mille volte quanto mi ama” dissi sollevandogli il viso e facendo incontrare i miei occhi con i suoi.
“Con lui potresti essere felice lo sai questo? Non ci sarebbe nessuna maledizione, nulla di nulla”
“Si, lo so, ma vivrei tutta la vita con una persona che non amo e che non potrò mai amare. Vivrò per sempre amando un’altra persona”
 
David mi sorrise e mi baciò una guancia con un sorriso.
 
“Hai così tanti ricordi da far riaffiorare” disse accarezzandomi la mano intrecciata alla sua.
“Molti sono già ritornati e io non me ne sono mai resa conto”
“Vieni, il viaggio è stato lungo e hai bisogno di riposo”
 
Mi prese per mano, facendomi adagiare sul letto e distendendosi accanto a me.
Mi girai verso di lui e lo vidi sorridere, scoppiai a ridere.
 
“So che hai in mente. Scordatelo”
“Mi credi così prevedibile e meschino?”
“Eh..Si” dissi ridendo.
“Si, è vero lo sono” disse scattando in piedi e rincorrendomi per il letto.
“David smettila”
“Neanche per sogno Giulietta
“Invece si amore mio” dissi bloccandolo a pochi centimetri dalle mie labbra.
La porta si aprì e Helen fece irruzione in camera.
 
“Interrompo qualcosa?” disse guardando me maliziosamente.
“No” dissi io.
“Si” disse David.
“Okaay, vi lascio soli. Passo più tardi” stava per andarsene, ma disse “Continuate pure”
Appena la porta si chiuse scoppiammo entrambi a ridere e io lanciai un cuscino a David.
 
“Sei un enorme idiota lo sai?”
“Si lo so, ma almeno sono il tuo idiota”
“Questo è vero” dissi sorridendogli.
 
Mi voltai dal lato opposto al suo viso e chiusi gli occhi, lentamente sentì delle braccia stringermi i fianchi e girarmi.
 
“Sono così brutto da non poter essere guardato in faccia?”
“No, sei così bello che non riesco a dormire sapendo che mi guardi”
“Sai quante notti ho passato a sentirti dormire nel tuo palazzo aspettando che ti svegliassi e venissi a parlarmi dal balcone?”
“Sai quante notti non ho dormito per quanto stavo male?”
“Mi dispiace tanto” disse lui voltandosi.
Lo bloccai.
“Non mi hai fatto finire. Si, ho passato un sacco di notti a soffrire per te, ma ne ho passate altrettante senza di te nella mia vita e questo faceva più male anche inconsapevolmente”
Mi strinsi alle sue braccia poggiando la testa sul suo petto e il mondo lentamente si incupì fino a diventare nero.

“Amore mio, non dirmi addio, non dirmi addio adesso che finalmente sei mia. Non andare via di nuovo”
 
Mi svegliai di soprassalto, ero sudata e nervosa. La camera era vuota. Il respiro iniziò a farsi sempre più affannoso e la paura si impossesso del mio corpo. Scesi dal letto di corsa uscendo dalla stanza; correvo senza neanche sapere dove andare, sapevo solo che David non poteva essere sparito, non poteva. Non ora. Guardavo in ogni direzione. Osservavo tutti i cunicoli e le stanze del corridoio, ma in nessuna di queste c’era il mio Romeo.
Ero così distratta dai miei pensieri che sbattei contro qualcuno cadendo a terra. Alzai il viso e lo vidi.

“David” mi alzai abbracciandolo.
“Ginevra va tutto bene sono qui” mi prese per mano e rientrammo in camera.
Feci due passi poi le gambe cedettero e caddi a terra sbattendo violentemente la testa contro uno spigolo, poi non capì più nulla. Mille voci attorno a me si intrecciavano, non capivo ciò che dicessero, ma ero più che certa che una di queste era quella di David. Cercai invano di chiamarlo, ma la bocca era intorpidita. Cercai di alzare la testa, ma sentivo solo il sangue sotto di essa.
Un urlo.
Qualcuno aveva urlato.
Qualcuno era appena entrato in camera.
Non riuscivo a riconoscere la voce o la camminata, ma era una donna. Helen.
Ero lì, distesa a terra senza avere le forze per alzarmi o per chiamare David e Helen. Avevo bisogno di sapere che ero viva in qualche modo.
Un tocco mi fece tornare alla realtà.
Lentamente aprì gli occhi; ero sul letto con una benda che mi avvolgeva la testa e una mano, quella di David, che stringeva la mia nonostante tremasse.
 
“Tranquilla Ginevra, rilassati. E’ stato un duro colpo devi riposare amore”
“Che è successo?” dissi toccandomi la testa, ma levando subito la mano.
Il dolore era lancinante.
“Ti è salita la febbre, sono uscito a prendere le medicine, ma tu ti sei svegliata mi sei venuta a cercare. Quando mi hai trovato e siamo tornati in camera sei svenuta e hai sbattuto la testa nello spigolo del muro”
“Ecco chiarito il dolore alla testa”
“Mi hai fatto preoccupare”
“E tu hai fatto preoccupare me. Credevo fossi morto” una lacrima mi rigò il viso, lui la raccolse.
“Vorrei tanto morire e lasciare viva te, ma se prima o poi morirò, moriremo insieme”
“David sono serissima. E’ già la terza volta che mi capita. Mentre dormo iniziò a ricordare frasi e questa volta la frase che ho ricordato non era molto positiva. Credevo davvero che te ne fossi andato via senza di me”
“Non era un ricordo la frase che ti è venuta in sogno”
“E allora cos’era?”
“Come ‘nuova’ reincarnazione di Giuliettamentre dormi riesci a fare ciò che riusciva a fare lei. Puoi vedere il futuro ancor prima che esso avvenga”
“Nei libri non dicono niente su questa ‘dote’ di Giulietta”
“Perché lei la mantenne segreta. Solo alcune leggende la raccontano e adesso sappiamo che non era una semplice leggenda”
“Quindi ciò che ho sentito è vero. Accadrà davvero”
“Credo proprio di si. La prima a morire sei tu, ma se mi hai sentito morire significa che nel nostro futuro abbiamo trovato un modo per far morire solo uno di noi”
“No, non può essere. Tu non puoi morire. Tu non puoi morire senza di me. Non puoi farlo. Siamo una squadra. Non te ne vai senza di me. Non mi lascerai un’altra volta”
“Amore mio..”
“No, niente amore mio. Non permetto a me stessa di predire un futuro che non mi sta bene. Il futuro cambia a seconda delle nostre azioni. Non permetterò che tu muoia ancora. Ho bisogno di te”
 
David mi sorrise e mi accarezzò il viso, poi mi diede un bacio sulla fronte e si alzò incamminandosi verso la porta.

“Il destino non cambia a tuo piacimento anche se lo vorrei tanto. Ti amo Giuliettaricordalo sempre”
 
Uscì dalla stanza lasciandomi sola. Ed ecco che un senso di solitudine mi avvolse e mi travolse come un’onda con una nave.
Presi la mia agenda dal cassetto accanto al letto e iniziai a scrivere :
Caro diario,
ormai riesco a essere DAVVERO sincera solo con un paio di fogli e una penna. Che tristezza!
Ho incontrato di nuovo David, ma molti eventi che non sto qua a raccontare gli hanno fatto cambiare idea. Credo che non saremo mai felici e credo che dopo millenni e millenni lui abbia perso interesse per me. E’ andato via. Almeno credo che sia andato via. Non so se per qualche ora o per sempre. Non so nulla. Come sempre la mia vita si muove e io resto indietro nonostante cerchi di correre e raggiungerla. Come posso spiegare a una persona che conosco da un mese e di cui non ricordo il nostro passato che il mio amore per lui è più forte di qualsiasi altra cosa al mondo. Se lui se ne va non riuscirò mai ad amare nessuno come amo lui. Sembra un po’ banale, ma è così. Amo lui come non ho mai amato nessun’altro e nessun’altro riuscirà mai a far parte del mio cuore come riesce lui. E’ la mia eterna speranza. Non mi importa della maledizione, non mi interessa, voglio solo avere il mio Romeo. Sono disposta a rinunciare alla mia vita terrena per averne una celestiale, ma di cui lui fa parte. Voglio averlo nella mia vita con il suo giusto ruolo.
 
Chiusi l’agenda e la poggiai sul comodino, poi mi accovacciai tra le gambe e chiudendo gli occhi mi addormentai sperando che ciò che il futuro mi riservasse per quel sonno fosse più positivo dell’ultima volta.
 
“Passerò l’eternità con te, anche se quest’eternità non sarà su questo mondo io la passerò con te. La passerò con il mio unico amore”
 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 (secondo David) ***


Ero appena uscito da quella stanza e mi pentivo terribilmente di averlo fatto. Amavo Ginevra con tutto il mio cuore, e anche di più, ma la paura di perderla era più forte di qualsiasi cosa.
Mi incamminai fuori dall’albergo, fuori pioveva a dirotto e io non avevo ombrello; mi misi il cappuccio della giacca sulla testa e mi incamminai. Un po’ d’acqua non fa male a nessuno, anzi, magari mi avrebbe riassestato le idee.
Da lontano scorsi una donna, lunghi capelli rossi dello stesso colore del rossetto sulle labbra, indossava un abito viola con alti tacchi neri. Si avvicinò a me e io scorsi il suo viso. Capì subito chi era quella donna e che voleva da me.
 
“Amelia, posso sapere che ci fai qui?” dissi totalmente disinvolto, ma dentro avrei voluto ucciderla.
“David, il mio bel Romeo si fa vivo di nuovo in patria” mi appoggiò una mano sulla spalla, ma la spinsi via.
Rosalina non provarci neanche”
“Non dirmi che mi porti ancora rancore. Dopotutto tu amavi me. Te lo sei meritato”
“Mi sono meritato di morire perché ho amato un persona che non sei tu?!”
“David, il destino riserva tante cose. So che sei qua con la discendente della principessa Capuleti. Hai due scelte : O la lasci andare oppure la troverò io e sai che cosa farò. Se la trovo insieme a te, come la prima volta, chiamerò i Montechi e non credo che la tua famiglia sarà contenta di vederti di nuovo con lei. Se la trovo sola allora avrò l’immenso piacere, quello che non ho avuto la prima volta, di ucciderla io stessa amore mio”
“Non oseresti Amelia”
“Sai che lo farei, soprattutto se il premio in palio sei tu”
“Io non sono il premio in palio. Io sono di Ginevra”
“Come vuoi, ma non dire che non ti avevo avvertito” stava per andarsene, ma mi sussurrò all’orecchio.
“Dopo quest’incontro avrò ancora più piacere ad ucciderla” poi se ne andò.
 
Rimasi lì immobile. Amelia era la discendente di Rosalina la donna che mi ammaliò prima di incontrare Giulietta. Lei aveva dato la nostra posizione alle guardie. Lei ci aveva condotti alla morte. Lei aveva ucciso la mia Ginevra la prima volta.

Corsi subito in albergo, attraversai i corridoi in fretta e entrai in camera preoccupato, ma appena la vidi dormire mi rassicurai con un lieve sorriso. Mi avvicinai al letto e presi una sedia sedendomi accanto a lei e ammirando la sua innata bellezza che mi fece innamorare e che ogni giorno rendeva tutto più difficile, ma me la faceva amare ancora di più e avrei ringraziato il mondo mille e mille volte per aver creato una cosa tanto bella.
Poi, però, il mio sguardo cadde su un’agenda posta sopra il comodino. La presi e aprendola capì che era il suo diario. Conoscevo alcune di quelle pagine perché Helen me le aveva lette, ma c’è ne era una appena scritta.
Caro diario,
ormai riesco a essere DAVVERO sincera solo con un paio di fogli e una penna. Che tristezza!
Ho incontrato di nuovo David, ma molti eventi che non sto qua a raccontare gli hanno fatto cambiare idea. Credo che non saremo mai felici e credo che dopo millenni e millenni lui abbia perso interesse per me. E’ andato via. Almeno credo che sia andato via. Non so se per qualche ora o per sempre. Non so nulla. Come sempre la mia vita si muove e io resto indietro nonostante cerchi di correre e raggiungerla. Come posso spiegare a una persona che conosco da un mese e di cui non ricordo il nostro passato che il mio amore per lui è più forte di qualsiasi altra cosa al mondo. Se lui se ne va non riuscirò mai ad amare nessuno come amo lui. Sembra un po’ banale, ma è così. Amo lui come non ho mai amato nessun’altro e nessun’altro riuscirà mai a far parte del mio cuore come riesce lui. E’ la mia eterna speranza. Non mi importa della maledizione, non mi interessa, voglio solo avere il mio Romeo. Sono disposta a rinunciare alla mia vita terrena per averne una celestiale, ma di cui lui fa parte. Voglio averlo nella mia vita con il suo giusto ruolo.
 
Sorrisi a leggere quelle pagine e finalmente capì cosa dovevo scegliere e mi diedi dello stupido per averlo dimenticato.
Dovevo scegliere lei mille e mille volte. L’avrei protetta da Amelia, Jared e entrambe le nostre famiglie. L’avrei amata come sempre avevo fatto. Avrei fatto in modo che quel destino orribile non si realizzasse. Avremmo passato l’eternità insieme come i nostri cuori desideravano.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Mi svegliai, gli occhi ancora bagnati dalle lacrime. Sentivo dietro le mie spalle un respiro lontano; speravo con tutto il cuore di girarmi e ritrovarmi davanti David, ma solamente pensarlo era assurdo.
Mi voltai lentamente e lo vidi. Dormiva accucciato su una sedia con la mia agenda poggiata sulle gambe. Presi l’agenda sorridendo e la posai dentro il cassetto del comò. Mi alzai dal letto e lentamente, avvicinandomi a lui, lo baciai sulla fronte.
 
“Già sveglia?” disse sbadigliando e aprendo quei due cristalli castani.
“Si” dissi distogliendo lo sguardo dai suoi occhi.
“Stai bene?”
“Perché sei tornato?”
“Perché il mio posto è qui, con te”
“E l’hai scoperto solo adesso? Meraviglioso” stavo per andarmene, ma mi afferrò per il polso e mi fece sedere sulle sue gambe.
“No, l’ho sempre saputo, solo che l’ho dimenticato per un attimo”
“Non dovresti dimenticartelo”
“Lo so amore..”
“Non mi chiamare amore adesso”
“Invece si. Lo sai cosa sento per te, perché arrabbiarti?!”
“Proprio perché so che cosa senti per me mi arrabbio. Dici di amarmi e poi mi abbandoni per poi ritornare Ora che farai? Dirai di amarmi e riinizierà tutto da capo?” non volevo farmi vedere ancora in lacrime. Odiavo fare vedere agli altri quanto potevo essere debole.
Io NON ero debole.
“ No, sono venuto per restare. Sono venuto per fare il mio dovere, proteggerti, e se per farlo avvolte dovrò farti stare male, anche se non vorrei, lo farò. Non ti vedrò morire davanti ai miei occhi un’altra volta”
“Io non ti farò andare via da me ancora”
“Non lo farò e non perché devo, ma perché voglio farlo. Ricordati sempre che ti amo, ti amo Ginevra e lo farò per sempre”
“Anch’io ti amo David”
“Promettimi che mi ascolterai, qualsiasi cosa io ti dirò di fare, tu la farai”
“Promesso” mi strinsi fra le sue braccia e lui mi abbracciò dandomi un bacio tra i capelli.
“Ho incontrato Amelia..” disse lui all’improvviso.
Lo guardai in modo interrogativo.
“E’ la discendente di Rosalina , la donna di cui ero innamorato prima di conoscere te”
“Ah si, me la ricordo benissimo” dissi io alzandomi dalle gambe di David e avvicinandomi allo specchio.
“Ho ancora la cicatrice del nostro primo incontro nel mio castello” dissi facendo scivolare giù la spallina della maglietta. Un taglio. A prima vista poteva sembrare una voglia, ma essendo la discendente di Giulietta questa ‘voglia’ era il segno di uno sfregamento di un pugnale d’argento.
Restai lì a fissare quel taglio; ci aveva messo un attimo a bloccarmi sotto le sue braccia e a puntarmi un coltello alla gola solo perché l’uomo che l’aveva amata stava amando me.
“Ginevra..” disse David venendomi ad abbracciare.
“Continua”dissi io girandomi verso di lui e staccando la presa.
“Abbiamo due possibilità : o ti lascio andare da lei e ti ucciderà o lei verrà da noi e ti consegnerà ai Montechi
“Quanto amo le vecchie rimpatriate, soprattutto con la mia grande amica Rosalina
“Ginevra ti vuole morta, lo capisci?”
“Si che lo capisco, ma adesso la conosciamo. Sappiamo che mosse farebbe e quali no. E comunque mi farebbe tanto piacere ricambiare il regalo che mi ha fatto lei e che non ho potuto dargli quel giorno” dissi guardando ancora il mio riflesso.
“David, mi ha rovinato la vita. Ha rovinato la nostra vita insieme. Ci ha fatto scoprire e ci ha fatti ammazzare. Credimi, sono io la prima che vorrei vederla morta e se ne avrò la possibilità non me lo farò dire due volte”
“Anche io voglio vendicarmi, ma mi interessa di più stare con te, da VIVI” disse stringendomi a sé. Sentivo il suo cuore. Ogni palpito, ogni mossa, ogni respiro e in quel momento pensavo che fosse mio.
“La nostra maledizione ci ha rovinato tutto, ci ha fatto innamorare e poi ci ha divisi, ma non accadrà di nuovo” quelle parole, anche se d’amore, erano una lama affilata. Io mi tagliai.
Il nostro amore era frutto di una maledizione. E se tutto quello che provavamo l’un l’altro era solo condizionato da questo? Se non fossimo innamorati davvero? Se provassimo qualcosa solo perché eravamo costretti?
Poteva davvero essere così. Poteva davvero essere tutta una finzione del destino.
Mi staccai da David.
“Vado da Helen in biblioteca, ho.. ho bisogno di parlarle” dissi indietreggiando balbettante.

Corsi e corsi, non ero mai stata a Verona in quella vita ed era sicuramente cambiata dalla mia prima vita, ma ero sicura di trovare la vecchia biblioteca nello stesso identico punto.
Infatti, eccola lì. Fra delle case c’era una piccola porta con su scritto ‘Biblioteca Wilfer ‘ .
Entrai nella biblioteca e la campanella appesa sopra la porta tintinnò. C’erano una miriade di scaffali e libri e corridoi, non avrei trovato facilmente Helen; mi addentrai in molti corridoi senza nessun risultato, poi la trovai seduta su un divano con stile regale color blu elettrico e le decorazioni d’orate. Lo riconobbi all’istante, era il divano della mia camera da letto, conservato intatto.
Helen alzò il viso dal libro che aveva poggiato sulle gambe e mi sorrise invitandomi a sedere accanto a lei.

“Come mai qui? Sei già stanca del tuo bel Romeo?” disse in tono sarcastico, ma io non riuscivo a ridere.
Mi guardò “Va tutto bene?”
“Il nostro amore è solo vittima di una maledizione vero?”
“Si, lo sai”
“No, non mi hai capito. Il nostro amore è nato perché è stato deciso che doveva nascere o è un vero amore colpito da una maledizione?”
Helen esitò.
“Avevo ragione..” mi alzai.
“Ginevra, aspetta”
“Il nostro amore non esiste davvero. Lui mi ama perché DEVE amarmi e io lo ricambio perché DEVO farlo, ma non ci amiamo davvero”
“Non è così, ascoltami”
“Dimostramelo, perché non credo a nessuna delle tue o delle sue parole che neghino il contrario”
“Vieni con me”
Iniziammo a camminare e arrivammo ad una parte ‘segreta’ della biblioteca. Helen infilò una chiave d’orata, con delle ali incise sopra, nella serratura di un muro e entrammo dentro una piccola stanza. Mi fece sedere su una sedia in legno molto impolverata, poi ne prese una identica e si sedette di fronte a me con una sedia identica poggiandomi davanti un libro molto antico.

“Il vostro amore si, è frutto di una maledizione, ma non è controllato da essa, per questo è rinato, perché entrambi volevate che esso rinascesse. Il vostro amore è nato dai vostri cuori, il vostro è l’amore più puro dell’universo anche se tormentato. La maledizione può ostacolarlo e farvi morire, ma non ha deciso che voi vi innamoraste quando eravate Romeo e Giulietta e lo stesso in questa vita. La maledizione può decidere di ostacolare e farvi dimenticare di esservi innamorati, ma il vostro amore nascerà sempre, perché voi volete che esso rinasca. Perché voi vi amate davvero”

Sfogliai le pagine del libro osservandone le parole che spiegavano quello che Helen mi aveva appena detto.
 
“Ginevra, nel tuo cuore sai che ciò che ti dico è vero. E’ passata una settimana, rimangono due mesi e tre settimane. Vuoi continuare a cercare un modo per stare con lui o vuoi bloccare tutto e tornare da Jared come se nulla fosse?”
Rimasi per un istante immobile, indecisa su una cosa per cui non dovevo essere indecisa, io lo amavo, lui amava da me, io DOVEVO tornare da lui e nessuno doveva ostacolarmi.
“Ci vediamo dopo Helen, vado dalla persona che amo” dissi con un lieve sorriso sul viso.
 
Iniziai a camminare, la sicurezza che pochi minuti prima inondava il mio corpo era sparita. David aveva sicuramente capito perché ero andata via e se io fossi entrata in camera vedendolo in lacrime come avrei potuto non sentirmi in colpa? Come avrebbe potuto perdonarmi?
Lentamente entrai in camera mia e la scena che mi ritrovai di fronte fu del tutto diversa da quella che mi aspettavo di trovare.
David spalle contro il muro che stava baciando una ragazza dai lunghi capelli rossi.
Mi ci volle un attimo a collegare tutto e un attimo, quando la donna si girò, a capire che quella che stava baciando David era Rosalina o, in questa vita, Amelia.
David staccò le labbra da Amelia, il suo viso sembrava teso, ma appena si girò verso la porta e mi vide la tensione si trasformò in imbarazzo.

“Ginevra non è come pensi” disse subito spostando Amelia e raggiungendomi, ma io non gli prestavo attenzione, guardavo solo Amelia che mi fissava con un ghigno divertito sul viso.
“Ginevra Stander, la nuova Giulietta, è un piacere conoscerti in questa vita”
“Il piacere è tutto tuo allora Amelia”
“David sicuramente ti ha detto i miei piani, ma tranquilla, non voglio ucciderti adesso, prima voglio gustarmi la tua pazzia che lentamente accrescerà con il tempo e poi dopo il bacio di David credo che un coltello nel cuore non ti farebbe assolutamente nulla, non ti ucciderebbe nemmeno” mi accennò un sorriso e poi saltò fuori dal balcone atterrando tra le braccia di un giovane sulla ventina e poi scomparvero tra le migliaia di persone.
 
Indietreggiai lentamente e caddi in ginocchio, anche volendo non riuscivo a piangere, ero immobile dopo aver assistito a qualcosa che non avrei mai voluto vedere. La persona che odiavo di più che veniva baciata dalla persona che amavo di più.
 
“Ginevra” David mi sfiorò con la mano la spalla.
“Sparisci” dissi alzandomi. Non volevo vederlo, non volevo sentirlo, non volevo che lui esistesse in quell’istante.
“Ginevra non è come pensi e lo sai”
“No, David, non lo so. Perché vedi, sono corsa da Helen per sapere se il nostro amore è solo qualcosa che viene comandato a bacchetta dalla maledizione e mi sono convinta di no, ma poi torno qui e ti ritrovo con Amelia. Se proprio mi vuoi morta dimmelo, almeno mi uccido da sola senza provare dolore”
“E’ venuta a cercarti ha sentito che stavi per entrare e mi ha baciato, io ero bloccato al muro e ,anche se non l’hai visto, con un coltello puntato al cuore. Credimi. Avrei preferito che infilasse la lama invece che tu vedessi questa scena”
Alzai il viso e vidi una lacrima rigare il suo.
“Sei andata da Helen per questo? Per sapere se ti amo davvero essendone cosciente?”
“Si..”
“Perché non l’hai chiesto a me? Te lo potrei dimostrare ogni secondo della mia esistenza che ti amo davvero. Nessuno sa se il nostro amore è vero tranne noi due”
“E allora dimmi. Tu mi ami perché vuoi farlo o perché devi farlo?”
“Ti amo perché l'ho sempre sentito. Ti amo perché  non esisto io se non esisti tu. Ti amo perché mi sono innamorato non perché il destino mi costringe. Il destino non mi può costringere a fare qualcosa che voglio già fare da solo”
Lo guardai e gli sorrisi, lui mi guardò e ricambiò il sorriso.
“Anche io ho una domanda per te adesso?” mi disse lui.
“Dimmi”
“Quando mi hai visto la prima volta, quando ti ho guardato e ti ho sorriso che hai pensato davvero?” disse con un sorrisino sul viso.
“Ho pensato che in quell’istante stavo guardando l’amore della mia vita, un angelo, solo che non lo sapevo e litigavo con i miei pensieri perché non volevo che un ragazzo come te mi piacesse”
“Io quando ti ho visto in biblioteca ti ho riconosciuto subito da quel meraviglioso sorriso che avevi stampato in faccia ogni volta che giravi una pagina. Hai un sorriso contagioso lo sai?” disse prendendomi il mento e avvicinando le sue labbra alle mie fino ad unirle in un perfetto incastro.
“David, non ce la faccio” dissi staccando le nostre labbra l’un dalle altre “E’ come se una parte di me fosse stata violata. Come se con un bacio lei si fosse presa tutto il mio mondo”
“Hei hei, lei vuole questo, vuole che tu ti distrugga in questo modo, ma non devi dargliela vinta. Se lei avesse preso il tuo mondo, io non sarei qui adesso, invece sono qui amore mio e non andrò mai via. Non farti convincere da Amelia, lei non ha niente, tu invece hai me”
Per un attimo tentennai, ma ogni singola parte del mio corpo urlava di ascoltarlo, ogni parte di me lo desiderava immensamente.
Posai una mano sulla sua guancia e lo baciai e per un attimo fu come se una barriera, costruita dentro di me da Amelia in pochi secondi, si fosse sgretolata lasciando spazio al desiderio di averlo con me.
Nulla poteva dividerci, neanche il destino stesso.
 
“ Baciala. Per farmi vivere tu devi baciare Amelia, David. Fidati di me e fallo “

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Ero seduta sul divano, il telefono tra le mani. Dovevo chiamare Jared, ma non ne avevo il coraggio. Dovevo mentirgli, e anche se sapevo che se non l’avessi fatto lui mi avrebbe separato da David, non riuscivo a mentire a una persona come lui. Era contro me stessa. Passarono i minuti e, come se mi avesse preceduto nel pensiero, il telefono squillò.
 
“Pronto” dissi cercando di calmarmi.
“Pronto amore” lo stomaco mi si chiuse al suono di quelle parole. “Come sta andando lo stage?”
Lo stage. Ero venuta a Verona per uno stage, ma in quella settimana avevo già saltato sette incontri.
“Benissimo” dissi cercando di fingere un sorriso ed essere convincente.
“Sono contento di sapere che vi divertite tu e Helen” disse sorridendo. “Mi raccomando dolcezza, ci sentiamo domani mattina, voglio il buongiorno dalla ragazza più bella della mia vita. Ti amo, a domani”
“A domani, anch’io..” sforzai un sorriso.
 
Lo stomaco si bloccò. Mi aveva detto che mi amava e io gli avevo mentito. Come sarei tornata fra tre mesi a Londra? Come avrei potuto spiegargli che il mio cuore non è mai appartenuto del tutto a lui? Non volevo farlo soffrire. Non se lo meritava dopotutto. Alzai il viso e vidi David sulla porta; sicuramente aveva assistito alla mia chiamata.

“Che ti ha detto?” disse serio lui.
“Mi ha chiesto come va lo stage”
“Eeeee?”
“E che vuole che lo chiamo domani mattina. Ah si, mi ha detto che mi ama” dissi sapendo cosa voleva sentirsi dire da me.
“E tu?”
“Gli ho detto che lo stage va bene, che domani l’avrei chiamato e che lo amavo anch’io”
Abbassò il viso e si girò di spalle sistemando i miei vestiti negli armadi. Era passata una settimana, ma non avevo ancora avuto il tempo di disfarle.
Mi avvicinai a lui e gli sollevai il mento.
“Hei” feci incrociare i nostri sguardi. “Sai che non è vero”
“Io lo so, anche se so che con lui saresti più felice, ma lui non lo sa. Lui crede che tu sia sua e io non lo sopporto”
“David, che succede?”
“Io ho bisogno di avere la certezza che tu sia mia. Solo mia. Io voglio che tu sia solo mia. Io voglio farti stare bene. Io vorrei che tu ricordassi tutti quei momenti insieme. Prima tu eri MIA”
“Io sono tua, lo sono sempre stata. Non capisci quanto sia stata male nel momento che mi hai detto che ti piaceva Abby? Anche io in quell’istante avrei voluto saperti solo mio, ma tu mi facevi credere che tu non lo fossi. Io sono tua e lo sarò sempre. Fidati di me” i suoi occhi castani incrociarono i miei e il suo sorriso mi fece arrossire.
“Vieni andiamo, Helen ci uccide se non arriviamo in orario in biblioteca” disse facendomi ridere.
 “Smettila di farlo”
“Di fare cosa?” chiesi io.
“Di ridere. Mi uccidi così”
“Io la smetto di ridere se tu la smetti di fare il poeta”
“No, quello lo faccio solo con te quindi non posso smettere” disse rubandomi un bacio prima di uscire dalla porta.
 
Camminammo allungo. Ogni singola strada di Verona mi era conoscente, ogni singolo luogo era parte di me. Una parte che, aimè, non ricordavo ancora.  Avevo mille domande per la testa. Domande di cui volevo una risposta da David e quella sera stessa volevo averle. Volevo sapere ciò che non ricordavo più. Dal nostro primo incontro al secondo.
Arrivammo in biblioteca, Helen era seduta su una sedia con mille libri di fronte. Non l’avevo mai vista ‘studiare’ così tanto in tutta la mia vita, di solito ero io quella che viveva sui libri. Si preoccupava tanto per me e la adoravo per questo, ma se non avrebbe trovato nulla sapeva che non mi sarei divisa da David. Sarei morta davanti a lei di nuovo, ma non l’avrei vissuto una vita senza di lui.

“Ben arrivati” disse rivolgendoci un sorriso.
“Trovato nulla?” chiese David.
“Si, ma ho bisogno di un aiutino da Ginevra” disse fissandomi con un sorriso.
“Io?” domandai sconvolta.                          
“Ho trovato un testo, ma sfortunatamente per me è in greco e io non ci ho mai capito nulla e lo sai” disse ridendo lei.
“Okay, dammi il testo”
Mi porse un enorme libro, guardai le parole, e anche se ero molto brava in greco quello era greco antico, non riuscì a capire moltissimo. Mi sforzai il più possibile, David mi diede un aiuto ‘fisico’ stringendomi la mano da sotto il tavolo. Sorrisi quando prese la mia e la strinse.
“Allora, sono riuscita a capire qualcosa” affermai io.
“Dicci” dissero entrambi fissandomi interessati.
“Qui dice che Romeo e Giulietta morirono dopo un paio di settimane dal loro primo incontro, quando si innamorarono, in questo caso, noi che siamo i discendenti, dovremmo morire ogni volta che ci innamoriamo dopo esattamente lo stesso tempo. Qui dice che la maledizione si può spezzare, ma non riesco a capire come, le parole sono confuse”
“Cosa capisci?” mi chiese Helen.
“Dice che serve una donna dal cuore nero, due giovani innamorati da poco, le lacrime della principessa e l’infedeltà del non principe. Le lacrime della principessa scorreranno dentro un calice con il sangue del non principe e entrambi ne berranno”
“Bene, praticamente non abbiamo nulla” disse David alzandosi furioso e uscendo dalla biblioteca.
Mi alzai per seguirlo, ma Helen mi bloccò.
“Lascialo stare, ha bisogno di stare solo”
Fissai la porta d’uscita sperando di vederlo rientrare, ma lui non lo fece.
“Allora, la principessa dovresti essere tu e il non principe David” disse Helen scrivendo su un foglio con un vecchio calamaio.
“La donna dal cuore nero e i due giovani innamorati potrebbero essere chiunque” continuò lei.
“Il problema è che il libro è chiaro. Abbiamo bisogno di persone specifiche e questo non ci aiuta” dissi abbassando lo sguardo abbattuta.
“Tranquilla, andrà bene. Voi vi salverete te lo prometto e se non dovesse accadere troveremo un modo per..”
“No” la interruppi. “Se non accade non c’è nulla da fare. Moriremo di nuovo. Dobbiamo accettarlo”
“Non ti vedrò morire di fronte a me un’altra volta”
“Io non passerò un altro secondo senza lui nella mia vita da viva”
“E se fosse questa la chiave” disse Helen alzandosi e prendendo  un libro mostrandomi un’immagine di un calice d’orato. “In questo calice tu hai bevuto il veleno. Se le tue lacrime verranno versate al suo interno immischiate col sangue di David che lui ha perso per te sarebbe come se entrambi vi scambiaste il sangue. Smettereste di essere immortale perché le tue lacrime con il suo sangue dimostrerebbero un infuso di mortalità per il destino. Abbiamo solo bisogno del calice d’oro e dei due giovani innamorati da poco e della donna dal cuore nero e voi..”
“E noi potremmo vivere insieme da mortali. Nessuno odierebbe il nostro amore, nessuno ci vorrebbe uccidere. Noi non moriremo stando insieme” dissi sorridendo comprendendo cosa aveva appena scoperto Helen. Mi alzai e l’abbracciai stretta. “Grazie mille. Corro da David”
“Vai, vorrà vederti adesso” disse sorridendomi.
 
Corsi in fretta e furia, sapevo dove era e avevo bisogno di lui. Volevo dargli la buona notizia. Volevo che rispondesse alle mie domande. Volevo averlo con me. Arrivai a destinazione e sorrisi quando lo vidi, seduto sotto il mio balcone a osservare la mia statua. Mi avvicinai a lui e mi misi a osservarla.  Era una donna con un viso semplice, ma estremamente attraente. I capelli raccolti in un chignon con un nastro. Un lungo abito con corpetto a cuore le scendeva intorno ad ogni curva.
 
“E’ bellissima” affermai attirando l’attenzione di David.
“Eri stupenda a quei tempi, la bellezza più celestiale dell’interno regno. Chiunque rimaneva incantato dalla tua bellezza” disse sorridendomi.
“A volte mi sembra che tutto questo non sia vero”
“Perché?”
“Io e lei” dissi indicando la statua “Non siamo uguali. Lei era meravigliosa, io sono… io. Sono la sua reincarnazione, ma non credo che la scelta del destino sia stata giusta. Ci sono altre mille donne al mondo, perché scegliere proprio me?”
“Perché il destino, per quanto orribile sia con noi, sa che mi sarei innamorato di te anche se non fossi stata la discendente di lei. Tu sei come lei e anche di più” disse stringendo la sua mano nella mia e baciandola.
“Raccontamelo” dissi.
“Che cosa?” chiese senza capire.
“Raccontami il nostro primo incontro”
“Un giorno lo farò, ma non adesso amore mio” disse dandomi un bacio sulla guancia.
“Perché non adesso?”
“Perché ci sono cose nel nostro primo incontro che sappiamo solo noi due e per il momento è meglio che tu non sappia”
 
Cos’è che non dovevo sapere? Cosa mi stava nascondendo ancora? Quel ragazzo era un continuo mistero. Il nostro amore era un continuo mistero. Cosa c’era di così oscuro nel nostro primo incontro da non doverlo sapere. Non riuscivo a capire. Da quando avevo conosciuto David la mia vita era solo stata piena di perché, la mia vita era sempre stata sotto il controllo degli altri. Non la riuscivo a governare io. Mi ostinavo a reprimere un pensiero da un paio di giorni, ma in quel momento decisi di uscirlo fuori.
 
“Perché sei così?”
“Così come?” chiese David fissandomi. Era spaventato e se fossi stato in lui lo sarei stata anch’io.
“Così. Fai della mia vita un’eterna domanda. Ogni giorno che passa sembri sempre più oscuro. E come se una parte di te non appartenesse a questo mondo. Come se fossi ‘diverso’ dagli umani”
“Noi non siamo umani, siamo immortali. Siamo morti e rinati. Noi due siamo diversi”
“Io non sono così. Io non faccio della vita di chi amo solo un cumolo di confusione. Non lo permetterei. Io non sono diversa, sono solo innamorata di una persona che lo è. Non so perché non vuoi raccontarmi il nostro primo incontro, non so perché continui a mettermi domande per la testa, ma sappi che qualsiasi cosa si nasconda nel nostro amore non farà mai tanto paura da farmi scappare da te”
“Ti prometto che te lo dirò, te lo dirò molto presto, ma non adesso, adesso non servirebbe a nulla dirti tutto ciò, ma se vogliamo diventare mortali e vivere insieme adesso devi fidarti tu di me” mi porse una mano. Nei suoi occhi regnava il vuoto e il terrore di vedermi andare via rifiutando di credergli.
Distrussi quel suo pensiero quando afferrai la sua mano alzandomi e avvicinandomi a lui gli sussurrai a pochi centimetri di distanza “Mi fido di te. Hai il mio cuore da tanto tempo, continualo a tenere al sicuro” lo baciai e la terra sembrò tremare a quel contatto, come se non fosse d’accordo neanche lui del nostro amore.
“Te l’ho prometto” mi strinse a sé e in quel momento mi sentì al sicuro.
David era la mia unica debolezza,  ma anche la mia più grande forza. Avrei sfidato il Paradiso e l’Inferno, ma non me lo sarei fatto portare via.
 
Tornammo a casa e ci distendemmo nel letto abbracciati sotto le coperte, sentivo il mio corpo tremare accanto al suo. Sapevo che David stando così attaccato voleva tentarmi, ma non ero un tipo che cedeva facilmente. I nostri corpi si cercavano, desiderosi l’uno dell’altro. Le nostre mani erano unite in un indistruttibile tutt’uno. Tutto quello mi portò a una domanda.

“David”
“Si?” disse voltandosi verso di me.
“In… questa vita, quante ragazze..” mi interruppe.
“Quali ragazze mi sono portato a letto?” disse con un sorrisetto compiaciuto.
Annuì.
“Nessuna. Non ne ho mai visto il motivo di passare la notte tra le braccia di una donna che non eri tu. Non mi sarei mai donato a qualcuno che non fossi tu e tutt’ora sono di questa opinione” disse con un sorriso che ricordò quanto fosse dannatamente attraente quel ragazzo quando mi sorrideva guardandomi in quella maniera.
“E se io volessi aspettare?”
“Ti aspetterò”
“E se io non fossi pronta?”
“Ti renderò pronta”
“E se io volessi farlo con qualcuno che non sia tu?” dissi trattenendo un sorriso di sfida.
“Ucciderei quel qualcuno solo se ti sfiorasse con una mano. Tu sei mia, non lo dimenticare mai” disse sollevandosi sulle braccia, bloccandomi a letto e baciandomi il collo.
“Non l’ho mai dimenticato” dissi guardandolo. In quel momento mi sembrò di vedere una scintilla nei suoi occhi. Una scintilla che sembrava dare ragione alla mia affermazione.
Nonostante gli anni passati non avevo mai dimenticato di essere di David e non l’avrei mai fatto, anche se sarei morta e rinata altre mille volte.
 
“Rinunceresti a tutto per me davvero?”
“Si, lo farei”

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Erano le sette e, sfortunatamente, avevo promesso a Jared che gli avrei chiamato quella mattina.
Presi il telefono, digitai il numero e mi preparai a fingere; ormai mi ero abituata a farlo, dopotutto lo facevo per amore. Lo facevo per David e per lui avrei potuto fare qualsiasi cosa.
 
“Buongiorno meraviglia” disse lui gioioso dall’altro capo del telefono.
“Hei” dissi io sorridendo.
“Che hai fatto ieri allo stage?”
“Emh.. siamo andati al balcone di Giulietta per essere ispirati dalla statua, il balcone ecc”
“Lo dici come se fossi una persona qualunque” disse ridendo.
“Sai, venendo a Verona mi sono resa conto di com’era veramente la storia tra Giulietta e Romeo ed non è come mi ero sempre immaginata”
“Certo, ti capisco. Se l’avessi scritta io gli avrei dato un altro finale, più a buon fine che tragico”
“E cioè?” dissi io aspettandomi cosa mi avrebbe risposto.
Giulietta con Paride, Romeo sarebbe rimasto esiliato, lontano da lei e un giorno sarebbe morto con il ricordo di un suo bacio. Avrebbero vissuto entrambi molto meglio”
“Si, certo” dissi cercando di essere il più convincente possibile “Adesso devo andare, ci sentiamo domattina”
“Promesso?”
“Promesso” dissi staccando velocemente quell’insopportabile chiamata.
 
“Hei” disse David entrando in camera.
Era uscito alle sei e non l’avevo più visto. Non sapevo dove fosse andato, ma mi fidavo di lui e l’avevo lasciato fare.
“Hei” dissi sorridendogli, mentre mi asciugavo una lacrima che mi era scappata senza neanche me ne accorgessi.
“Tutto bene?” disse venendomi ad abbracciare.
“Si, tranquillo” mi strinsi fra le sue braccia.
“Che ti ha detto?” vidi stringere le sue mani in due pugni.
“Per ora non mi va di parlarne” dissi dandogli un bacio sulla guancia.
“Non hai scelte, parla avanti”
“Parlavamo che ieri sono andata con ‘lo stage’ al balcone di Giulietta e lui diceva che se avesse scritto quel libro avrebbe fatto morire Romeo e lei sarebbe andata a Paride
“Fortunatamente Shakespeare è stato più carino di lui”
“Certo, dopotutto siamo morti entrambi, molto meglio” dissi sarcastica.
“Avresti preferito qualcos’altro?”
“Si, restare viva, ma insieme a te” dissi stringendogli le mani al petto.
Mi sorrise e mi diede un bacio sulla fronte.
 
Uscimmo di casa e andammo da Helen, ma niente di nuovo. Nessuna notizia, nessun modo per amarci, niente di niente.
“Io sto facendo il possibile, ma i libri antichi sono pochi e molti sono andati distrutti con il tempo”disse lei.
“Tranquilla, abbiamo ancora due mesi, possiamo farcela” dissi io rassicurandola.
Era strano. Io rischiavo la vita, ma lei era più preoccupata di me. Forse perché avevo sempre saputo che Shakespeare era una parte di me troppo grande per rimanere indisturbata.
Il mio destino era quello di scegliere e qualsiasi cosa fosse accaduta, io avrei scelto sempre David. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
“Grazie di tutto lo stesso” le diedi un bacio sulla guancia e poi, insieme a David, uscì dalla biblioteca.
Il mio telefono squillò.

“Bellissima”
‘Mio dio’ pensai, ma dissi “Jaaared. Dimmi”
“Doveva essere una sorpresa, ma non resisto”
“A cosa?”
“Sono all’aeroporto di Londra, fra tre ore, massimo quattro, sono a Verona amore”
“Ohhh” dissi io cercando di essere felice.
“Adesso devo salire sull’aereo, a dopo bellezza, non vedo l’ora di vederti”
 
Ero immobile. Scioccata. Lui NON poteva venire da me. Io NON volevo vederlo.
“Cosa ha detto?” disse David facendomi tornare alla triste, ma vera realtà.
“Sta salendo sull’aereo per venire qua”
“Bene. Mhh.. Cosa?” disse rendendosi conto della situazione.
“Non voglio che venga. Non voglio vederlo. Non voglio fingere ancora”
“Gli parleremo. Gli farò levare te dalla testa a suon di mazzate se necessario”
“Il tuo umorismo non mi fa stare meglio”
“Il bello è che non è umorismo”
 
Corremmo da Helen spiegandole la situazione, ci accordammo per portarlo all’albergo e spiegargli tutto sperando nella sua comprensione, eventualmente David sapeva ciò che fare per mandarlo via.

“Mi ha inviato un messaggio. Devo andarlo a prendere all’aeroporto” dissi io.
“No, io non ti lascio sola con quello là” disse David.
“Non è la prima volta che lo fai e non mi sembra che le volte precedenti ti sia interessato di me, quindi lo vado a prendere e ci vediamo all’albergo”
“Stai attenta” disse Helen.
“Tranquilla, tornerò sana e salva. Non mi farebbe mai del male”
Guardai David che distolse lo sguardo; da geloso era ancora più dannatamente affascinante.
“Ti amo ricordalo sempre” gli sussurrai all’orecchio.
 
Entrai in un taxi.
“Aeroporto, grazie” dissi al conducente che in quindici minuti mi portò alla destinazione.
Scesi dall’auto pagando il taxista e dirigendomi allo sbarco passeggeri.
Feci un respiro profondo cercando di calmarmi, ma l’unica cosa che riuscivo a fare era tremare.
Cercavo tra la folla Jared, ma nulla, ad un tratto mi sentì abbracciata e girandomi lo vidi.
Era uguale a come l’avevo lasciato un mese prima. Sempre di una straordinaria bellezza e un meraviglioso sorriso che niente e nessuno avrebbe potuto rovinare, a parte un pugno da parte di David se avesse visto la scena di quel momento.
Io e Jared abbracciati e lui che lentamente mi si avvicinava fino a che le sue labbra si appoggiarono alle mie. Non ebbi neanche il tempo di fermarlo, David si sarebbe arrabbiato parecchio per questo.

“Sei meravigliosa, anzi ancora di più. Verona ti sta facendo davvero bene”
‘Veramente è stare con David che mi sta facendo davvero bene’ pensai “Oh grazie, si credo che questa città mi stia cambiando molto” dissi sorridendogli.
“Andiamo dai. Ho affittato una casetta per me e te vicino all’università”
“Prima devo portarti in un posto”
Lui sembrava perplesso, ma fortunatamente si fidava di me.

Salimmo su un altro taxi e arrivati al mio albergo, Jared pagò il conducente.
“Bell’albergo. Ci sta Helen?”
“Diciamo di si” dissi una mezza verità dopotutto.
Prendemmo l’ascensore e arrivati in camera mia aprì la porta.
“Ma come mai hai le chiavi?”
Ero stanca di sentire quelle domande. Lo spinsi dentro e lì seduto su una sedia con i piedi sopra la scrivania lo aspettava David.
“Ciao Jared, bella Verona vero?” disse ammiccandogli, poi mi vide e mi sorrise.
“Posso sapere che ci fa lui qui?” disse Jared iniziando a perdere la pazienza.
“Questa è la nostra camera”ammisi io.
“Nostra? Tu e lui?”
Annuì.
“Siediti Jared, abbiamo tanto di cui parlare io e te” disse David indicandogli la sedia alle sue spalle.
“Perché dovrei Romeo? Accettare la generosità di un umile cittadino. Di un Montechi soprattutto” disse Jared, ma si ricordò della mia presenza e mi disse :
“E’ un nostro particolare gioco” rise.
“Un gioco stupido per uno che vorrebbe avermi in moglie con l’inganno”dissi io.
“Quale inganno?”
“Quello di abbindolare la mia famiglia e anche me stessa con sporche bugie”
Sorrise “Hai il suo carattere, la sua bellezza e perfino la sua tenacia, ma hai anche il suo orribile gusto nel scegliere un marito”
“Ricordati che sono una Capuleti, sono una principessa. Io non sbaglio mai”
“Ho sbagliato io infatti altezza. Dovevo uccidere Romeo alla festa. Oppure avrei potuto cercare di sposarla prima di un lontanissimo giovedì mattina”
“Ti servirà come raccomandazione per una prossima vita, se mai la vivrai” dissi fulminandolo con lo sguardo.
“Ginevra, siediti. Adesso dobbiamo parlare io e lui” mi disse David.
“Si, Ginevra, siediti. Le belle donzelle non si dovrebbero far male” disse ridendo Jared.
“Stronzo”
“Lo stesso penso io di te amore”
 
Mi sedetti e ad un tratto mi sentì guardata. In questo gioco, io ero la contesa, loro due i giocatori. Nessun arbitro. Vinceva chi rimaneva vivo.
“Jared, per me sei come un fratello in questa vita. Sai quanto la amo, lascia che io la ami. Lascia che troviamo un modo per vivere da mortali amandoci” incominciò David.
“David, per me non è così. Perché dovrei lasciarti fare una cosa che tu non hai lasciato fare a me?” rispose Jared.
“Perché non avresti mai potuto farlo” mi intromisi io.
“E perché mai? Io amo te, tu ami me. Se il terzo in comodo non ci fosse vivremmo felici e contenti” staccò dal muro una spada puntandola contro David “Quindi leviamolo di mezzo”
Presi velocemente l’altra spada. Non sapevo neanche muovere un’arma, come potevo proteggere David?
Mi misi davanti lui “Tu non lo toccherai senza passare su di me”
“Okay” disse sorridendo. Iniziò a armeggiare con la spada.
Aveva fatto scherma e si vedeva molto bene. Io non avevo mai preso una spada in mano nella mia vita, ma nella vita di Giulietta si.
Iniziai a proteggermi dai colpi cercando, contemporaneamente, di proteggere David.
Sarei morta io, ma lui no.
Ad un tratto riuscì a tirar via la lama dalle mani di Jared e lo inchiodai al muro con il fioretto.
“Io non ti ho mai amato e tu questo l’hai sempre saputo. Il mio cuore finché batterà, da mortale o immortale apparterrà a David” dissi allontanandomi da lui, vedendolo accasciare svenuto a terra, mentre mi asciugai del sangue, che colava sulle labbra, con la manica della camicia rosa che indossavo.
“Stai bene?” mi chiese David venendomi vicino.
“Una meraviglia. Smettila di proteggermi, posso farlo anche da sola. L’ho sempre fatto”
“Adesso ci sono io, non devi più farlo” disse appoggiandomi sulle labbra un po’ di ghiaccio.
“Grazie”
“Niente grazie” disse baciandomi.
E per un attimo mi sentì come se quel bacio fosse per sempre.
Un bacio eterno. Io e lui eravamo l’eternità insieme.
“Si sveglierà fra qualche minuto ed è meglio che tu non ti faccia trovare qui quando si sveglierà”
“Lo credo anch’io” dissi ridendo, avviandomi alla porta.
“Andrai da Helen?”
“No, vado a casa mia. Ho bisogno di riflettere un po’ da sola”
“Appena ho finito vengo a farti compagnia”
“Non fargli troppo male”
“Sei diventata gentile?”
“No, ma non se lo merita, anche se ha provato ad ammazzarmi. E poi perché? Ti dispiace il mio lato gentile?” dissi sistemandogli il colletto della camicia nera che cadeva alla perfezione su ogni parte del suo corpo.
“No, ma il tuo lato cattivo è molto più allettante” disse facendomi l’occhiolino.
Mi morsi il labbro sorridendogli.
“Adesso è meglio che vado” dissi indietreggiando e sbattendo contro ogni cosa sul mio percorso.
“Il lato cattivo di Ginevra è ufficialmente concluso. E’ tornata la noiosa e sbadata nerd di sempre”
“Vieni qua e vediamo se non ti distruggo” dissi sfoderando il fioretto.
“Non provocarmi” disse lui con quel suo sguardo di chi vuole essere provocato.
“Finiamo il discorso stasera” dissi dandogli un bacio sulla guancia.
“Non vedo l’ora” disse lui sorridendo.
Risi, buttando gli occhi al cielo.
Lo amavo e ogni istante si notava sempre di più.
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ero seduta su un’enorme masso posto nel giardino del palazzo Capuleti, o meglio ciò che restava di quel palazzo. Avevo percorso il tragitto dall’albergo a lì solo a pensare, ma in realtà neanche io sapevo a dove vagavano i miei pensieri.
Lì tutto era in completo silenzio, ogni singolo essere vivente al mio arrivo si zittì.
Tutti sapevano come stavo dentro.
Tutti tranne me.
Erano passate ormai due ore e nessuna traccia di David. Stavo iniziando a preoccuparmi. Presi il fioretto che, stupidamente, mi ero portata dietro; ancora era sporco di sangue. Lo pulì sui miei jeans e iniziai a camminare per tornare in albergo quando all’improvviso un’ombra si andò ingrandendo davanti a me.
All’inizio non riconobbi il viso della persona che avevo di fronte, ma sentendo il suono che i suoi tacchi facevano sul pavimento mi resi conto che ero fregata.
Amelia mi guardava con un sorriso beffardo, rimase in silenzio finché non aprì le labbra e io avrei preferito che non lo facesse.
 
“Sei morta”
Con uno slancio, talmente veloce che neanche lo vidi, si lanciò su di me sbattendomi contro la parete.
“La principessa è tornata al palazzo. Che peccato che non ci tornerà mai”
Poggiò la sua mano sul mio collo e lo strinse sempre di più.
“Nessuno saprà mai che ti ho uccisa io e ovviamente David sarà mio” disse sorridendomi.
“Scordatelo” dissi ansimando e spingendola con tutte le forze che ancora mi rimanevano.
Presi il fioretto e lo puntai verso di lei pronta ad ucciderla se necessario.
“Principessa principessa” disse iniziando a camminare intorno a me “Non sai che le ragazze inesperte con te potrebbero farsi male con uno di quelli” rise e corse fino a un enorme guerriero di metallo sfilandogli la spada.
“A noi due Giulietta
Iniziò a sferrare colpi sempre più veloci e abili. Si vedeva che era esperta di combattimento e si poteva notare che, invece, io non lo ero affatto.
Potevo bloccare i suoi attacchi, ma non attaccarla, era troppo veloce per me, e lei questo lo sapeva. Sapeva anche che prima o poi mi sarei stancata e non sarei più riuscita a proteggermi dai suoi colpi ed era quello che lei aspettava.
“Ancora non ti sei stancata di giocare principessa?” Rise.
Ero stufa di vederla ridere di me. Spinsi con tutta la forza il fioretto verso di lei disarmandola. Gli puntai la lama alla gola.
“Hai due scelte: morire adesso o vivere ancora per un po’?”
Sorrise e poi disse “Ci vediamo presto principessa” e in un attimo scomparve nel nulla.
 
Mi sedetti stremata a terra, il respiro era ancora affannoso per la stretta al collo di Amelia.
Ero stanca, anzi stremata.
Sentì dei passi avvicinarsi a me e raccogliendo le ultime mie forze mi alzai in piedi e puntai l’arma pronta ad attaccare chiunque mi si fosse avvicinato portandolo alla morte.
“Non faresti paura nemmeno a un coniglietto sappilo” disse David ridendo.
“Smettila di ridere. Dove diavolo ti eri cacciato?” dissi abbassando il fioretto.
“E’ stato complicato far capire a Jared chi comanda”
“Gli hai fatto male?”
“Un po’” disse sorridendomi.
“Per gelosia o per convincerlo?”
“Un po’ per tutte e due, ma di più la prima” disse ridendo “A te che ti è successo?”
“Una visita dalla tua amica Amelia” dissi fingendo un sorriso.
“Ti ha distrutta” disse guardandomi.
“Direi di si”
“E adesso dove è?”
“Appena gli ho puntato la spada alla gola è scappata via e io non avevo la forza di inseguirla”
“Vieni qui” disse stringendomi tra le sue braccia.
Mi scostò i capelli dal collo e sussultò.
“Che ti ha fatto?”
“Ah, dimenticavo, mi stava per strozzare, ma niente di grave tranquillo” dissi sarcastica.
“Ci sono i segni delle dita, vieni torniamo in albergo, devi riposare” mi avvolse il fianco con un braccio, io lo fermai.
“Riesco a camminare”
“Lo so, ma per una volta smettila di fare la scontrosa e fammi occupare di te” disse serio.
La sua decisione mi colpì. Nessuno era mai stato tanto fermo sulle proprie decisioni con me. Forse perché alla maggior parte della gente io mettevo paura. Forse perché nessuno mi si avvicinava a parte Helen, ma David era l’unico che aveva preso controllo della mia vita.
“D’accordo” dissi guardandolo.
Lui mi osservò per un momento, poi rise “La ragazza con il cuore di ghiaccio si è sciolta”
Scoppiai a ridere e lo spinsi via, ma lui mi afferrò la mano e mi trasse a sé con forza.
“Ti amo”
“Anche io mi amo”
Scoppiò a ridere “Sei una..una..una”
“Una? Te lo sei meritato amore” dissi ridendo.
Mi prese per il fianco e iniziammo a camminare verso l’albergo.
 
La strada sembrò molto più lunga di quando l’avevo percorsa da sola. Forse perché adesso ero attaccata a David e zoppicavo. Arrivati all’albergo mi aiutò a salire fino alla nostra camera, Jared era incatenato al letto.
Guardai David sconvolta e poi corsi da Jared.
“Ma sei pazzo?! Io ti dico non fargli del male e tu lo incateni al letto” mi rivolsi a David mentre slegavo Jared.
“Lui non voleva stare fermo. Qualcosa dovevo pur fare no?”
“Si, ma non bloccarlo per un’ora al letto”
“Grazie” disse Jared toccandosi i polsi.
“Ti consiglio di fare il bravo o ti incateno io stessa al letto questa volta” dissi a Jared.
“La gentilezza di questa ragazza è molto evidente” disse Jared.
“Lo so, ecco perché la amo” disse David ridendo vedendo la scena che aveva davanti.
“Allora, hai parlato con David e credo che lui sappia convincere molto meglio di me, ma io so ucciderti molto più velocemente di lui se necessario” dissi spingendolo sopra il cuscino.
“Cosa volete da me?”
“Io un’idea c’è l’ho” dissi sferrandogli un pugno nello stomaco. Mi avvicinai al suo orecchio e mentre lui soffriva gli sussurrai “Prova un’altra volta a cercare di uccidermi e sarà l’ultima cosa che farai in vita tua. Chiaro il concetto?”
“Cristallino” disse gemendo.
“Bene. Ora, abbiamo bisogno di te”
“Ferma ferma ferma. Di lui?” disse David.
“Si, di lui”
“Che volete?” disse Jared.
“Stiamo cercando di poter stare insieme senza morire. Abbiamo bisogno di qualcuno che lavori con Helen in biblioteca”
“Ve lo scordate”
“O questo o muori, semplice”
Mi fulminò con lo sguardo, ma disse “D’accordo, accetto”
“Bene” andai verso la porta e l’aprì “Helen, è tutto tuo”
Helen entrò in camera, prese per le mani Jared e entrambi uscirono dalla camera.
“Sei sicura che sia un bene lasciarlo con Helen?”
“Si, vedrai che andrà tutto come dovrà andare”
“Cioè?”
“Helen mi ha insegnato a ‘giocare’ con il futuro se possiamo chiamarlo così. Riesco a vedere il futuro della gente mortale e in quello di Jared c’è Helen. Non so bene che significa però è positivo, nel futuro di Helen c’è Jared e lei è felice e soprattutto lui non cerca di uccidermi”
“Basta parlare di Jared e di tentati omicidi per oggi. Sono stanco”
“Ti ricordo che io stavo per morire amore” dissi ridendo.
“Lo so, ma io e te abbiamo un discorso in sospeso ricordi?”
“Si, ma il mio fioretto l’ho lasciato al palazzo, continuiamo un’altra volta tesoro” mi spinsi sulla punta dei piedi e lo baciai sulla guancia.
“Sei sorprendente”
“E tu sei l’amore della mia vita”
“Non mi hai lasciato finire. Sei sorprendentemente insopportabile”
“E tu sei lo stesso l’amore della mia vita” dissi sorridendogli.
“Vieni qui” mi abbracciò da dietro e poggiò la testa nell’incavo tra il mio collo e la spalla.
Ci mettemmo a letto stretti l’uno all’altro, mentre lentamente il mondo cadeva nel sonno più dolce che potesse percepire.
 
Io e David camminavamo rapidi per le vie di Verona. Nessuno ci notava anche se erano le sei e mezzo del mattino e la città ancora dormiva.
Helen ci aveva chiamato ordinando di correre subito lì. Ero tremendamente preoccupata, se Jared le aveva fatto del male sarei stata l’ultima persona che lui avrebbe mai visto in vita sua.
Arrivammo in biblioteca e la scena che mi trovai davanti non era quella che mi ero immaginata di trovare.
Jared e Helen erano seduti in un enorme tavola di legno con più di mille libri aperti davanti a loro a scherzare e ridere.
Una scena a dir poco raccapricciante.
 
“Eccovi finalmente. Io e Jared abbiamo trovato una cosa” disse Helen sorridendomi.
Mi avvicinai al tavolo e Jared mi fece segno di venire da lui.
“Qui abbiamo trovato una specie di profezia che dice che ai tempi del vostro primo incontro il luogo dove si scambiavano le promesse non era una chiesa, era una specie di santuario” disse Jared.
“Oggi quel santuario si trova sul colle San. Pietro e a quell’epoca era chiamato il colle degli immortali” continuò Helen.
“Da come dice questo libro, lì i mortali potevano diventare mortali e..”
David interruppe Jared “Gli immortali, mortali”
“Esatto” disse Helen.
“Quindi, basta trovare le tre persone che ci mancano e salire sul colle degli immortali e eseguire il procedimento”
“In pratica, si” disse Jared.
“Ci mancano i due giovani innamorati e la donna dal cuore nero” disse David pensando ad alta voce.
“La donna dal cuore nero potrebbe essere Amelia” riflettei io “I due innamorati però non so chi possano essere”
“Abbiamo ancora a disposizione un mese” disse Helen.
“Così poco?” chiesi io sconvolta.
“Il tempo per gli immortali è diverso da quello dei mortali” disse David.
“Un mese a quanto equivale nel mondo mortale?” chiesi io spaventata della risposta che avrei ricevuto.
“Due settimane e mezzo” rispose Jared.
“Siamo fregati” dissi io uscendo dalla biblioteca.
Era come se qualcuno mi avesse appena attaccato un cappio alla gola e adesso stesse tirando più che poteva.
In due settimane e mezzo dovevamo riuscire a radunare altre tre persone sul colle degli immortali.
Ero più che certa, non c’è l’avremmo fatta.
 
“Hei”
Mi voltai ritrovandomi davanti Jared.
“Perché non entri dentro prima di congelare”
“Sto bene qui, grazie”
Mi sedetti su un piccolo balconcino e lui prese posto accanto a me.
“Stai davvero bene?”
“Neanche un po’. Si nota molto?”
“Direi” disse rivolgendomi un tenero sorriso.
Gli sorrisi.
“Se ti abbatti non riusciremo a fare nulla”
“Non riusciremo a fare nulla comunque. Pensi che Amelia verrà con noi sul colle degli immortali? Io non credo proprio. Abbiamo due settimane e mezzo, non c’è la faremo”
“Tu vuoi farcela?”
“Certo”
“Allora smettila di buttarti giù. Sei venuta qua, mi hai mentito per più di un mese e hai giurato amore a David. Vuoi rinunciare a lui così velocemente?”
“Lo sai che non voglio”
“Allora basta con il pessimismo. Fatti coraggio. Hai finto con me, puoi fingere anche con lui che stai bene. Entriamo dentro dai, qui si muore di freddo”
Scese dal balconcino e mi offrì una mano, io l’accettai.
“Jared”
“Si?”
“Sei diverso”
“Diverso in che senso?”
“Non lo so, ma qualsiasi cosa sia è in senso buono” gli sorrise e lui mi strinse fra le sue braccia.
“Ti ho amata veramente”
“Lo so e anch’io l’ho fatto, ma il mio cuore è sempre appartenuto a lui. Mi dispiace di averti preso in giro e di averti quasi ucciso ieri”
“La cosa è reciproca” disse ridendo.
 
Rientrammo in biblioteca ridendo ancora abbracciati, Helen e David erano lì a fissarci. David mi fulminò con lo sguardo. Mi accorsi troppo tardi di essere ancora attaccata a Jared; mi staccai da lui e poi cercando di richiamare a me la calma dissi:

“Non mi sento molto bene, torno in albergo”
Incrociai lo sguardo di Helen mentre mi voltavo “Sii forte” mi sussurro, ma ormai era troppo tardi.
La forza se ne era andata tempo fa.
 
David non mi aveva seguito e ormai chiusa in camera mia il dolore si faceva lancinante.
Lo amavo in un modo inspiegabile e pensare che lui potesse soffrire vedendomi con Jared faceva stare male anche me.
Mi distesi sul letto e chiusi gli occhi.
Per un millesimo di secondo mi sembrò di essermi già addormentata, ma il bussare di qualcuno alla porta mi fece capire che ero ancora sveglia.
Mi alzai sperando che fosse David, volevo che fosse lui con tutta l’anima.
Aprì la porta e indietreggiai di impulso.
Un coltello si conficco nel mio stomaco, io caddi a terra e il mondo si spense. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Non sentivo nulla.
Il mondo in quel momento sembrava…spento.
Mi aveva colpito. Mi aveva pugnalata. Si era vendicata davvero.
Amelia era in piedi di fronte a me con un sorrisetto compiaciuto. C’è l’aveva fatta.
“Mi dispiace tanto che tu e David abbiate litigato, ma vedila così, almeno il dolore del colpo non fa così tanto male”disse ridendo “Ci vediamo all’inferno principessa”
Se ne andò.
Ero sola, chiusa fra quattro mura.
Non avevo le forze per urlare; nessuno mi avrebbe sentito. David e Jared non sarebbero tornati prima di quattro o cinque ore e per quel momento io sarei stata già morta.
Amelia aveva ragione però. Avere litigato con David faceva più male del colpo appena ricevuto. Sarei morta sapendo di aver fatto star male la persona più importante della mia vita. Sarei morta senza dirgli un sacco di cose su di me. Sarei morta e avrei lasciato vivo lui. Forse quella era la visione più positiva che si poteva fare della morte; morivo per far vivere chi amavo.
 
Qualcuno bussò alla porta.
Uno. Due. Tre. Non riuscivo a far capire di aver bisogno d’aiuto, il colpo allo stomaco mi aveva bloccata in due.
La porta si spalancò con un calcio e  vidi David correre verso di me, le lacrime che gli rigavano le guance alla mia vista.
“Sta tranquilla, andrà tutto bene” disse stringendomi a sé.
“Ti amo” questa fu l’unica cosa che riuscì a dire, poi il buio si fece strada tra la mia anima.
 
Mi sentivo bene e questo era abbastanza bizzarro, dopotutto avevo appena ricevuto un colpo di lama in pieno stomaco. Invece mi sentivo bene. Mi sentivo rinata.
Mi guardai in torno, ma non c’era traccia di David. Tutto era bianco. Un bianco candido e angelico.
Che fossi in paradiso? Può darsi.
L’unica cosa che in quel luogo non era bianco ero io. Indossavo un lungo abito nero che stonava in tutta quella pace e tranquillità.
“Ma che?!”
Vidi sbucare in mezzo a tutto quel paesaggio irreale un uomo che mi vide e sorrise, poi mi fece segno di avvicinarmi e io, con cautela, mi ci avvicinai.
“Tu devi essere Ginevra, l’antenata di Giulietta. E’ da tanto tempo che ti aspetto” disse l’uomo con un leggero sorriso sul viso “Vieni, abbiamo così tante cose da dirci”
“Ma chi è lei?”
“Tutto a suo tempo splendore. Saprai tutto a tempo debito. Allora, che ti è successo?”
“Sono stata pugnata da Amelia” dissi pensando allo sguardo di lei mentre infilava sempre più a fondo il coltello nel mio ventre.
“Amelia. Quella ragazza non l’ho mai sopportata, ti da filo da torcere da un bel po’ vero?” chiese l’uomo gentilmente. Io annuì. “E dimmi, David sta bene?”
“E’ vivo e resterà vivo adesso che non ci sono più io, la maledizione adesso non può compiersi” dissi convincendomi che la mia morte era stato un dono.
“Non esserne così sicura tesoro” disse l’uomo accelerando il passo. Era un uomo ben distinto e si vedeva, dava l’aria di uno che fosse lì da così tanto tempo.
 “Posso chiederti una cosa?” mi domandò all’improvviso.
“Certo” risposi io, anche se disorientata da quella improvvisa domanda.
“Perché sei qui?”
“Non lo so, volevo chiederlo io a lei. Perché sono qui?”
“La risposta, mia cara, la sai benissimo. Sei immortale, tu non puoi morire, ma sei qui. Come te lo spieghi?”
“Davvero, non lo so”
“Tu fingi di non saperlo” mi rivolse un sorrisetto e poi continuò dicendo “Qui, ci vengono solo le anime tormentate, oppure le anime che sono pronte ad andare in paradiso. Questo è come un Purgatorio per gli immortali, le anime possono confessare tutti i loro peccati o cercare di rispondere alle loro domande più grandi. Tu non puoi andare nel paradiso terreste, quindi dimmi, che ti turba?”
“Per cominciare questo vestito. Il nero non è nei miei colori preferiti” dissi osservando l’abito che indossavo. Non era brutto, anzi tutt’altro, era mozzafiato, ma il nero mi sopprimeva.
“Il nero ti identifica. Tu qui sei un’estranea. Un’esterna a tutta questa pace. Tu sei un’immortale, ma sei qui perché molte cose non ti sono chiare” mi spiegò l’uomo.
“Ad esempio?”
“Dimmelo tu Ginevra. Cosa non ti è chiaro? Cosa ti ha portata qui?”
“Io…io non lo so. L’unica cosa che so per certezza è che mi hanno pugnalata e sono stata catapultata qui, in questa terra di mezzo tra il tutto e il niente”
“Ti ha fatto un favore no? Non volevi che David rimanesse vivo?”
Mi bloccai “Si, ma stavo iniziando a pensare che avremmo trovato un modo per distruggere la maledizione”
“E cosa ti dava tutta questa sicurezza? Perché pensavi di potercela fare? Tu sei sempre stata insicura, chi ti ha dato questa speranza?”
Mi posi quella domanda e mi venne in mente un'unica cosa.
“David”
“Tombola. Se sei qui è a causa sua, o per meglio dire, per merito suo. Hai delle domande da fare. Tutto il corpo celeste sa che hai delle domande e io sono qui per rispondere ai tuoi quesiti. Sono Vincent e sono il tuo angelo custode” si presento l’uomo porgendomi una mano.
“Okaay, sono diventata pazza. Devo aver sbattuto la testa molto forte, ne sono certa. Gli angeli non esistono”
“Neanche gli immortali esistono, ma tu esisti quindi avanti, chiedimi ciò che vuoi” disse sedendosi su una sedia interamente bianca.
Mi venne un’idea “Chi sono i due giovani innamorati che dovrebbero servirmi per diventare mortale?”
“Lo scoprirai fra qualche giorno. Prossima domanda”
“Io e David staremo insieme?”
“Non posso saperlo, nemmeno gli arcangeli possono dirtelo. Il vostro amore non è sotto la giurisdizione. L’amore varia e il vostro in particolare muta continuamente. Il destino e il tempo ve lo diranno. C’è una domanda che ti gira in testa da quando sei qui, lo sento”
Aveva ragione “Perché è tutto bianco? Perché non poteva essere tutto giallo o rosso e io di viola o arancione?” dissi massacrandomi le dita una a una.
“Perché un angelo sa quale è il punto debole di ogni suo protetto. Tu hai dentro di te una tale confusione su quale cosa sia bene e quale male, facendoti vedere bianco e nero il tuo cervello va in confusione ecco perché continui a giocherellare impaziente con le dita” disse facendomi l’occhiolino.
“No. Io non sono così. Io non nervosa”
“Tu lo sei. Tu sei sempre nervosa, debole direi. Tutti pensano che sei forte, ma io so che non è così e anche David lo sa, per questo ti protegge”
“Io…io non sono debole” dissi pensando a David.
“Anche Giulietta, lo era, ma ha sacrificato la sua vita per l’amore della sua vita. Essere deboli non è un difetto, significa che hai così tanta forza dentro di te che riesci a camuffare la tua debolezze. Significa che pensi più agli altri che a te stessa” capì cosa voleva farmi capire.
“Io voglio solo che non gli capiti nulla di brutto. Lo amo troppo per perderlo un’altra volta e se dovessi scegliere tra lui e me, io sceglierei sempre e comunque lui. Deve vivere, voglio che continui a vivere”
“Il tuo problema è che sbagli come fa lui, ti preoccupi per lui, ma allo stesso tempo non pensi se lui sia d’accordo e così lo fai soffrire come lui ha fatto con te. Pensa, lui che cosa vuole?”
“Lui vuole che entrambi viviamo come lo voglio anch’io, solo che, se dovesse scegliere, sceglierebbe me”
“Ecco, cerca di combattere adesso, hai forza da vendere, cerca di vincere, cerca di sopravvivere e vivere felice con lui. Il paradiso non vuole ricevervi così presto e io non voglio rivederti qui così presto, chiaro?” disse sorridendomi.
“Chiaro, riuscirò a raggiungere i miei obbiettivi. Combatterò per il mio amore” dissi ricambiando il sorriso.
Lentamente venni sollevata da una immensa luce, salutai Vincent e chiusi gli occhi pronta a tornare nel mio mondo. Adesso sapevo qual’era il mio compito. Adesso sapevo che niente avrebbe potuto fermarmi.
 
Aprì gli occhi svegliandomi da quel sogno che sembrò durare un’eternità, ma in realtà ero svenuta solo per pochi minuti.
“Ginevra” disse David guardandomi negli occhi, le lacrime che gli rigavano i dolci lineamenti del viso.
“David” dissi lentamente cercando di alzarmi, ma lui non me lo permise.
“Sta ferma, non vorrai morire dissanguata” disse lui cercando di farmi ridere, ma la sua tristezza era troppa per cercare di non farla vedere.
“Sono stata in un posto bellissimo. Una terra di mezzo tra qui e il Paradiso” dissi cercando di ricordare “Lì ho incontrato il mio angelo e mi ha ricordato che ho un compito qui e che devo portarlo a termine. Devo combattere per l’unica bellezza che c’è nella mia vita” incrociai i suoi occhi e per un attimo mi chiesi se avessi mai visto qualcosa di più bello.
“Non provare mai più ad andartene, resta qua con me, qualsiasi cosa accada” mi disse David stringendomi la mano.
“Non ti lascerò mai più, il nostro destino è insieme, nel bene o nel male” dissi io, finalmente sicura di una cosa che avevo sempre saputo.
Lentamente si avvicinò a me e mi baciò.
“Ora ti aiuto ad alzarti, devi riposare per stare meglio, poi penseremo a Amelia” disse lui mettendomi un braccio sul fianco e uno dietro il collo facendo pressione. Era la mia roccia.
“No. Lei ci serve. La vendetta dopo. Ti prometto che la pagherà. Nessuno tenta di ammazzarmi e la passa liscia”
 
Dopo qualche ora qualcuno bussa alla porta, Helen e Jared mi vengono a trovare riempiendomi di domande.
“Allora come era il purgatorio? Come era l’angelo?Come ti sentivi?” chiesero a ruota entrambi.
“Ragazzi, stava per morire, dategli tregua” disse David ridendo, io lo guardai scoppiando a ridere a mia volta.
“Allora era tutto bianco. L’angelo era simpatico e mi ha aiutato davvero moltissimo. Io stavo bene per essere stata appena accoltellata” dissi ridendo “Voi avete trovato qualcosa?”
“Nulla di nuovo o che possa servire. Stiamo andando a cenare in un ristorante qui vicino, riposati tesoro” disse Helen baciandomi la fronte, mentre Jared mi salutò con un cenno della mano per poi uscire entrambi sorridendosi.
“Mi sono persa qualcosa?” dissi guardando David perplessa.
“Non lo so, ma se la risposta è si, allora me lo sono perso pure io” disse ridendo.
Si avvicino al letto venendomi a stringere fra le sue braccia. Amavo stare tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro.
“Mi hai fatto venire un colpo al cuore, non riprovarci” disse lui.
“E tu allora dì alla tua ex di stare lontano da te” dissi sorridendogli.
“La cosa più dolorosa e che se fossi morta per davvero avresti avuto i sensi di colpa a causa mia”
“Mi dispiace davvero. Io non volevo pensassi che tra me e Jared ci fosse qualcosa. E’ venuto solo a parlarmi, avvolte un amico fa bene”
“Mi dispiace di non averlo capito prima e di averti lasciata tornare da sola. Se non l’avessi fatto tutto questo non sarebbe accaduto”
“Mi avrebbe accoltellata un’altra volta fidati. Sta tranquillo, questo piccolo viaggio in purgatorio mi ha fatto molto bene. Avevo bisogno di ricordare chi ero per capire cosa volevo” dissi avvicinandomi a lui fino a baciarlo.
In quel momento non pensavo al giorno dopo, o a quello ancora dopo, o alle due settimane che ci rimanevano, lui era la mia unica gioia e dovevo iniziare a pensare che qualunque cosa fosse accaduta in futuro io e lui ci saremmo sempre rincontrati. Quello era il nostro destino. Io e lui eravamo destinati a stare insieme. Maledizione o no io avrei dato la vita per lui e lui l’avrebbe data per me, questo significa che se io me ne fossi andata avevo la certezza che l’avrei rincontrato in paradiso o sulla terra, ma l’avrei visto di nuovo e quella era l’unica cosa che a me importava davvero, il resto non era così importante. Morte o vita, Terra o Cielo, lui sarebbe rimasto nella mia vita e io sarei rimasta nella sua.
Avvolte si dovrebbe smettere di ripensare al passato, o di provare a immaginare il futuro e provare a vivere il presente, così come viene presentato agli uomini.
 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


La mia ‘discesa’ nel paradiso mi aveva aperto gli occhi più di quanto avrei mai immaginato.
Io, David, Jared e Helen lavoravamo notte e giorni per cercare più informazioni possibili; il nostro tempo stava finendo e ogni nostra forza era concentrata sui granelli di una clessidra che stava per finire il suo compito.
Intanto tra Helen e Jared stava nascendo qualcosa anche se, ovviamente, entrambi negavano fino all’ultimo.
David si avvicinò a me che, immersa nella lettura latina di un testo di più di mille anni, non l’avevo neanche sentito arrivare. Mi strinse le braccia attorno il collo baciandomi una tempia.
“Amore non vuoi prenderti una pausa? E’ da ore che traduci questo coso” disse lui con tono preoccupato.
“Non posso, mancano tre giorni. TRE GIORNI. Tre giorni e potrei perdere la cosa migliore che mi sia capitata” risposi.
“Hei..”mi prese per le spalle girandomi “Anch’io ho paura, da morire, ma siamo insieme adesso e non puoi caricarti di così tante responsabilità tutte insieme. Vieni con me” mi prese per mano e mi trascinò fuori dalla biblioteca.
 
“Alloraaa dove mi stai portando?” chiesi curiosa.
“Ora vedrai shh” disse sorridendomi.
Camminammo allungo fino ad arrivare ad un grande giardino fiorito. Lo riconobbi subito.
“E’ il mio giardino” dissi con voce commossa.
“Speravo lo riconoscessi”
“E’ tutto come era allora, i fiori, il sole, i frutteti, la gente che passeggia felice tra le aiuole. E’ tutto spettacolare” dissi senza riuscire a smettere di sorridere.
“Nulla cambia se la principessa continuerà a vivere. Questo giardino è parte di te. Morirà solo se tu morirai”
“Non accadrà” dissi decisa.
“Sapevo che questo posto ti avrebbe fatto bene. Ti conosco ancora come una volta”
Mi voltai e vidi il suo sorriso. Così radioso e pieno di vita, un sorriso che, sapevo bene, era merito mio.
Lo strinsi forte mentre scoppiavo in lacrime. Avrei dato tutta me stessa per quel ragazzo, avrei fatto tutto quello che era in mio potere per fare in modo che lui facesse parte di me.
Ed ecco, mentre stavamo lì, abbracciati, mille immagini mi passarono per la mente, mille scene già viste, mille ricordi soppressi. Un lampo. Una visione. Il futuro.
“David”
“Ginevra tutto bene?”
“Si, adesso so cosa devo fare. Dobbiamo andare da Helen e Jared. Ora. Ma promettimi che torneremo qui un giorno”
“Te lo prometto amore mio” disse baciandomi.
 
“Ginevra ha avuto una visione” disse David aprendo le porte della biblioteca che, come sempre, era occupata solo da noi quattro e dal guardiano sordo.
Mi fece passare e io mi sedetti a capo della tavola su una grande poltrona con rivestimenti rossi e dorati.
“Questa è stata mia. Io sono già stata seduta qui” pensai.
“Cosa hai visto?” chiese Helen seduta alla mia destra con accanto Jared e davanti David.
“La mia battaglia. La mia vita. La mia famiglia”
“So cosa dobbiamo portare sul colle degli immortali. Anzi, so CHI dobbiamo portare sul colle degli immortali” dissi.
“Dicci tutto” disse Jared.
“Ho visto il passato e il futuro. Insieme. So dove è il calice che cerchiamo. E’ un antico manufatto che la mia famiglia ha custodito per anni e io so dove è nascosto”
“Lo andiamo a prendere” dissero Jared e David alzandosi.
“No” la mia voce  riecheggio nella stanza come un canto “Devo prenderlo io. Così è stato scritto da tempo”
“Poi che altro hai visto?” chiede Jared ancora scosso dalle mie parole.
“I due innamorati. So chi sono, ma non lo dovrò dire fino a quel giorno”
“E come faremo a portarli là su?” chiese Helen.
“Verranno loro a noi” dissi sorridendo.
“E Amelia? Verrà anche lei spinta da chissà quale istinto?” chiese David.
“Lei verrà perché la porterai tu” dissi sorrisi “Non mi importa come, ma sarai tu a doverla portare sul colle”
“Dici..dici sul serio?” disse David sotto shock.
“Si, devi farlo tu. Adesso dobbiamo dividerci. David pensa a come attirare Amelia dopodomani. Jared e Helen voi avete la giornata libera. Io vado a prendere il calice. Tutto chiaro?”
“Si, tutto chiaro” dissero in coro tutti e tre.
 
Uscì dalla biblioteca un po’ titubante, sapevo cosa doveva accadere nel futuro e questo mi spaventava, sapevo che il futuro sarebbe stato duro, molto duro, per me, ma avevo un ruolo molto importante nella profezia. E dovevo fare in modo che tutto andasse per il verso giusto.
Il calice d’oro era rinchiuso tra due pannelli nella mia camera, nel castello dei Capuleti. L’unico problema era riuscire a disincastrarlo da lì. Il destino era stato chiaro, per riuscire a staccarlo da lì doveva prenderlo la principessa in persona o il calice sarebbe andato in mille pezzi al sol sfiorare di qualcun altro che non fosse lei.
“A noi due calice dei miei stivali” mi arrampicai dal balcone fino alla mia camera, lì, nel letto a baldacchino c’era una piccola fessura impercettibile; scostai il letto e vidi il calice bloccato da due pannelli di marmo.
Come diavolo l’avrei staccato da lì?
Poi ripensai alla profezia, forse poteva funzionare anche per staccarlo da lì.
Presi il coltello, che ormai tenevo sempre dentro gli stivali neri alti fino al ginocchio, e mi sfregiai il dito facendo uscire delle gocce di sangue che adagiai sui bordi del calice; questo come per magia, lentamente si stacco dai due pannelli e cadde sulle mie mani.
Sorrisi dalla gioia. Strappai un pezzo della mia maglietta e lo strinsi intorno al dito per fermare la fuori uscita di sangue e saltai giù dal balcone, poi iniziai a correre fino all’albergo.
 
“Ce l’hai fatta?” mi chiese David appena entrai in camera.
Sollevai il calice “Che dici tu?” dissi sorridendo.
“Come hai fatto?” disse abbracciandomi.
“Era nel mio castello, nella mia camera fra due pannelli di marmo dietro il letto”
“Non mi dirai che hai distrutto il muro?!” disse lui sorpreso.
“Ma ché. E’ bastato un po’ di gocce del mio sangue per farlo cadere sulle mie mani” dissi sorridendogli.
“Mi dispiace che cada tutto sulle tue spalle amore” mi strinse a sé.
“Non puoi farci nulla, il destino ha scelto me e io dovrò fare quello che il destino mi chiederà, almeno se voglio sopravvivere”
“Quali sono i piani? A me devi dire tutto” disse lui facendomi sedere davanti a lui sul letto.
“Ti ricordi il nostro primo incontro? Quello di cui i dettagli non volevi raccontarmi?”
“Si..”
“Il destino mi ha mostrato quella notte. So cosa è successo. Quella sera scappammo nel bosco e io ti confessai che sapevo il nostro futuro, sapevo che saremmo morti e sapevo che per poter sopravvivere e rincontrarci in un’altra vita dovevamo diventare immortali. Io ti diedi un po’ del mio sangue e tu il tuo. Scambio di sangue uguale immortali”
“Si, è così..”
“Per sconfiggere la maledizione io devo morire”
David mi guardò spaventato e stava per ribattere, ma lo fermai.
“Devo morire, ma rinascerò. I due innamorati sono Jared e Helen, Amelia verrà sotto tuo invito, arrivati lì noi avremo già tutto pronto. Dentro questo calice verserai le tue lacrime, quando saremo tutti lì tu bacerai Amelia, io dovrò soffrire, mi ucciderò, Helen e Jared verseranno il mio sangue nel calice e tu ne berrai, poi saprai tu cosa devi fare, ma ricorda, io non dovrò mai bere da quel calice. Quel calice conserva ancora il veleno che bevvi allora, a te non farà nessun effetto, ma per me potrebbe essere letale per sempre”
“Questo è il piano? Semplice davvero..”
“Lo so amore, ma il destino è stato chiaro sul dà farsi. Fidati di me”
“Mi fido di te, ma non voglio che tu soffra”
“Devo. Sono morta soffrendo allora e dovrà capitare anche questa volta e Amelia è l’unico modo per ferirmi”
“Ma non voglio baciarla. Non voglio baciare nessuno che non sia tu”
“Baciala. Per farmi vivere devi baciare Amelia. David. Fidati di me e fallo”
“Lo farò. Te lo prometto. Vivremo insieme amore mio”
Lo baciai cercando di rassicurarlo “Ti amo, ricordalo ogni istante e non sbaglierai mai il tuo dovere”
“Ti amo anch’io, ricordalo sempre e non dimenticherai di tornare qui da me”
“Non lo farò mai. Tornerò da te. Il mio cuore sa quale è il mio posto. Ed è accanto al tuo”
In quel momento, cuore contro cuore, potevamo soltanto sentire i nostri battiti all’unisono, battere per far battere l’altro. Vivere uno per l’altro.
Quello era uno dei momenti che sapevo, anche se sarei morta, avrei ricordato per sempre. Mi avrebbero dato la forza necessaria per tornare dall’aldilà come mortale. Mi avrebbero dato la forza necessaria per vivere l’amore che ho sempre sognato un’ultima volta. Quella perfetta.
“Aspetta,  Jared e Helen saranno i due innamorati?” disse scoppiando a ridere.
“Non mi vorrai dire che non hai visto come si guardano?” dissi ridendo.
“Si, ma non credevo che lui e lei finissero insieme”
“Neanche io, ma succederà”
“Almeno ho la consapevolezza che non dovrò più aver paura che cerchi di rimorchiare la mia ragazza”
“Tranquillo non sarebbe accaduto comunque” dissi sporgendomi sul letto e baciandolo.
“Che ne dici di riprendere un vecchio argomento amore?” chiese lui con una luce negli occhi che conoscevo bene.
“Quando saremo mortali si, adesso no” dissi facendogli l’occhiolino e tenendolo lontano con una mano.
“D’accordo allora buonanotte amore mio” disse baciandomi e poi togliendosi la maglietta mettendosi di spalle.
Mi misi a ridere e rimasi appoggiata al cuscino ad osservarlo. Tutto di lui era perfetto. Anche con i capelli spettinati e le borse sotto gli occhi dalla stanchezza era perfetto. Non avrei mai creduto che esistesse un qualcosa di così perfetto finché non avevo incontrato lui. Ripensai a quel giorno, a scuola, qualcuno l’avrebbe chiamato ‘ amore a prima vista’ ma non era quello. Noi eravamo destinati a stare insieme e lo saremmo sempre stati.  Mi strinsi a lui e l’abbracciai, lo sentivo ridere e questo faceva ridere anche me, ma alla fine ci addormentammo l’uno stretto all’altro.
 

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