Ali nere

di Darksaurus 97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una bella mattinata... ***
Capitolo 3: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 4: *** Ti voglio bene, papà ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Ali nere


Prologo


 


Mi sveglio. Provo a guardarmi intorno ma non c’è nulla. Non c’è nulla che io possa vedere. C’è buio. Molto buio. Provo a muovere il braccio ma tutto ciò che riesco a fare è farmi male. Abbasso lo sguardo verso il braccio. Catene. Cerco di muoverlo con più forza ma tutto ciò che sento è dolore così forte da farmi urlare. Cerco di respirare, ma respiro a fatica. Ho paura. Non dove sono, cosa mi è successo, perché sono qui… Ma, aspetta un attimo, chi sono io? No, non può essere io so chi sono! Io… Io…


 No, io ho un passato. Ho una madre, un padre… un fratello? O forse una sorella? Oh Dio… Chi sono io? CHI SONO IO?


 - Non devi avere paura. Andrà tutto bene – dice una voce che sembra un sussurro.


 Mi guardo intorno. Cerco di cogliere qualcosa ma non vedo niente.


 - Chi sei? Fatti vedere! – urlo


 - Farmi vedere? – sibila l’uomo alitandomi in faccia – Non mi vedi?


 Chiudo e riapro gli occhi spaventato. No. Non posso essere cieco!


 - Oh non preoccuparti, non sei cieco – sussurra divertito.


 - E allora dove sei? – chiedo.


 - Qui… - dice e inizia a ridere come un matto. Ora però comincio ad averne abbastanza.


 - Allora se sei “qui”, dammi una mano. Aiutami!


 L’essere comincia a ridere ancora più forte di prima.


 - Aiutarti! Perché dovrei aiutarti?


 D’un tratto un’idea. Una possibilità ovvia, ma che non avevo considerato.


 - Sei stato tu a incatenarmi, non è vero?


 Quello riprende a ridere come se gli avessi raccontato la barzelletta più divertente del mondo.


 - Ci sei arrivato, eh?


 - Perché? Perché sono qui?


 - Oh, niente di personale. Semplice conflitto d’interessi. A proposito… Saresti così gentile da dirmi chi sei?


 Riesco quasi a immaginarlo. Quello stupido sorriso stampato sul suo volto. Sento il suo alito sbattermi in faccia. Metto forza sul piede e faccio per stamparglielo in faccia, ma tutto ciò che riesco a colpire è l’aria. Ma cosa?


 Da dietro di me sento ancora la risata di quel tizio. Ma come… Qualcosa mi colpisce, lasciandomi senza fiato. Sento qualcosa di vischioso uscirmi dalla bocca. Sangue, probabilmente. E pensare che era solo un pugno allo stomaco… Sento persino di non poter restare più alzato.


 - Patetico – mi sibila all’orecchio – Credi davvero di potermi far male?


 Cerco di riprendere fiato quando un altro colpo mi colpisce alla testa facendomi tuffare in avanti. Dopo un po’ sento qualcosa afferrarmi il collo e sollevarmi la testa.


 - Chi sei? – urla l’ombra davanti a me – Che cosa sei? Dimmelo!


 Sento altri colpi farmi male come se lì dentro ci fossero mille persone intenzionate a farmi del male. E poi lo sento. Qualcosa che va oltre il dolore. L’odio. Ma non è il mio odio. Quello era un odio immotivato, come l’odio di un razzista. Un odio che mai ho provato in vita mia. Aspetta, la mia vita. Sì, me la ricordo. Mio padre, mia madre mia sorella Debbie… sì, i miei amici Jeremy, Ted, Joshua… Sì Joshua, il mio migliore amico! E io… io sono… Alex…


 - IO SONO ALEX KANE! – urlo.


 E d’un tratto arriva la luce, una luce forte ma che non mi acceca. Sono io a emetterla. Beh, sono anche nudo se per questo… E d’un tratto sento qualcosa nella mia schiena, al livello delle scapole. Qualcosa si innalza squarciando la pelle, qualcosa che non avevo mai sentito prima ma che sapevo che prima o poi sarebbe arrivato: le ali. Ali nere, più nere delle tenebre che mi avvolgevano escono dalla mia schiena e si spalancano mostrando un’apertura alare di quasi 10 metri! Sento di poter fare qualsiasi cosa, di non avere alcun limite. I lividi che mi ricoprono il corpo d’un tratto svaniscono. Faccio un passo, poi un altro, e poi un altro ancora. E a ogni passo l’oscurità si allontana.


 - Non potrai allontanarci in eterno. Presto le Tenebre vinceranno te e tutti i tuoi simili – profetizza la Tenebra – La guerra riempirà il tuo mondo, i morti si ergeranno, fratelli si uccideranno tra loro, madri azzanneranno le gole dei figli… presto tutto questo arriverà e allora…. BIPBIPBIPBIPBIPBIPBIPBIPBIP!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


 


 


 - Ah – urlai spaventato.


 Mi misi a sedere e guardai la sveglia suonare come un ossesso e la spensi con un gesto. Mi toccai le spalle ma… niente… niente ali. Sbuffai e mi accasciai a letto nuovamente. Eppure avevo 14 anni, a quest’età le ali dovrebbero essere già arrivate! Mi strofinai la faccia con le mani e sbuffai ancora.


 - Ancora questo sogno – mi dissi scocciato – Possibile che possa solo sognare di avere le ali!

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Capitolo 2
*** Una bella mattinata... ***


Una bella mattinata…

 

 - Alex… Alex… Alex, svegliati… ALEX!

 Mi svegliai di soprassalto arrivando addirittura a urlare. Ma dura solo un secondo visto che poi mi rendo di chi avevo davanti: era una bambina, di dieci anni appena compiuti, dai capelli scuri che le arrivano alle spalle e due occhi azzurri come cristalli di ghiaccio.

 - Anna – sospirai – Si può sapere che diavolo ti è preso?

 - Mamma mi ha mandato a chiamarti – rispose sorridendo furbetta.

 - Beh, all… Mamma?

 Mi fa un cenno indicando l’orologio. Mi volto.

 - Oh cavolo… Fammi alzare, fammi alzare, sbrigati! – urlai fiondandomi giù dal letto e scappando in bagno.

 Cacchio, cacchio, cacchio, perché mandarmi a svegliare solo alle 7,30?! Mi lavai velocemente denti e faccia, contemporaneamente, e mi presi il primo paio di mutande pulite nel cassetto. Successivamente ritornai in bagno dove la mia sorellina mi stava ancora guardando divertita. Già… queste situazioni capitano molto più spesso di quanto non vorrei…

 - Non capisco perché tu dormi così tanto – prese a parlare – Non sai che poi arrivi in ritardo?

 La guardai storto mentre dall’armadio andavo a cercare una maglietta decente e un paio di pantaloni puliti.

 - Ma tu non ti devi andare a preparare per la suola? Sei ancora in pigiama!

 - No no – rispose contenta – Oggi la mia scuola è chiusa.

 Alla fine trovai delle cose decenti e le buttai sul letto con le mutande. Lei continuava a fissarmi come se aspettasse qualcosa.

 - Senti, anche se tu oggi non hai scuola, io ce l’ho e devo prepararmi, quindi andresti a dire alla mamma che mi sto vestendo? – domandai nella speranza di levarmela di torno.

 Lei scosse la testa decisa.

 - Voglio restare qui! – sentenziò.

 Sospirai irritato e presi a levarmi la maglia del pigiama mentre lei mi guardava come se stesse facendo una radiografia con gli occhi.

 - Si può sapere che hai? C’è qualcosa che non va? – chiesi irritato.

 - Voglio vedere le ali!

 Ecco e ti pareva… La cara sorellina sempre pronta a rigirare il coltello nella piaga…

 - Non ce le ho ancora le ali!

 - No, tu ce le hai. Dai fammele vedere. Fammele vedere! – gridava saltando sul letto.

 - Si può sapere che sta succedendo lì dentro? – urlò dalla cucina.

 Oh Dio, grazie. – Mamma, ti chiami Anna, vorrei prepararmi!

 - E ti sembra questa l’ora di prepararti?

 - Mamma! – ho insistito.

 - Anna, lascia in pace tuo fratello!

 - Ma mamma lui…

 - Scendi e basta se vuoi vederti la televisione oggi!

 Mia sorella calò la testa e scese dal letto trascinandosi tristemente.

 Avevo appena tirato un sospiro di sollievo quando :- E tu vedi di sbrigarti perché non ti accompagno, sappilo!

 - Mamma!

 Ci misi dieci minuti buoni ma alla fine fui pronto e uscii dalla mia camera. Andai in cucina e presi un pezzo di pane infilandomelo velocemente in bocca e prendendo lo zaino davanti alla porta d’ingresso me ne andai salutando con la mano i miei che intanto mi guardavano in cagnesco. La mia più che un’uscita fu una fuga. Una fuga mal riuscita tra l’altro visto che mio padre mi saltò letteralmente addosso mentre uscivo.

 - Alex – mi chiamò.

 Chiusi gli occhi e sospirai piano. – Papà scusa ma sono in ritardo.

 - Non arriverai in ritardo – la sua era una promessa.

 - Cosa c’è? – chiesi.

 - Ti sembra questa l’ora di alzarti?

 - Non avreste potuto chiamarmi?

 - L’abbiamo fatto, mi pare.

 - Alle sette e mezza – precisai – ma dovresti saperlo, sei un custode del tempo, no?

 - Già, e tu sei il figlio di un custode del tempo, no? – mi imitò.

 - E questo che vorrebbe dire? Non ho i tuoi poteri!

 - Ah scusa mi ero dimenticato che sei un “ipersensibile”. Il punto è che mi sembra una semplice scusa per non andare in chiesa. Non esistono angeli atei, Alex. Né tanto meno angeli neri atei.

 - Io non sono ateo. Mi rifiuto semplicemente di andare in un posto frequentato da ogni genere di immondizia umana. Tu non sai che cosa sento.

 - Beh allora ti auguro di non avere mai le ali, figliolo. Non sono solo degli ornamenti, sai?

 - E’ per questo che mi hai fermato? No, perché io dovrei andare a scuola.

 Sospirò furioso e tornò a casa.

 - Non arriverai in ritardo – ripeté – ma ti conviene sbrigarti, potrei ripensarci – disse e si ritirò.

 Idiota, pensai, tu non sai niente di me. E neanche lo vuoi. Io non vado matto per le scuole, ma in queste occasioni sono ben felice di andarci. Almeno non devo stare con quella sottospecie di angelo fondamentalista.

 E poi c’è un’altra cosa che mi rende piacevole andare a scuola. Un amico. Il mio migliore amico. L’unica persona al mondo con cui, quando ci vuoi parlare, per non sembrare pazzo, devo prendere il cellulare. Questo perché, effettivamente, solo in pochi riescono a vederlo. Si chiama Joshua ed è morto quando avevo 10 anni. Mi ricordo ancora la prima volta che lo incontrai. E’ stato il giorno in cui scoprii di essere un angelo, in cui i miei poteri si risvegliarono anche se non del tutto. Inizialmente avevo paura di lui. Era un quattordicenne di cui nessuno si accorgeva tranne me e che mi seguiva ovunque. Fu solo con l’aiuto di mio padre che alla fine riuscii a parlargli. Era figlio di drogati. Drogati che erano spesso anche ubriachi. Una notte, ubriachi e drogati, lo andarono a trovare nella sua stanza mentre dormiva e lo soffocarono con un cuscino. Non riuscì mai a perdonarli e non voleva neanche vederli. Forse è per questo che è ancora qui. Comunque sia, da allora è diventato il mio migliore amico. Se mi doveste vedere per la strada con il telefono in mano, per il 90% sto parlando con lui anche se è accanto a me, ma d’altronde sembrerei pazzo se ne lo facessi: solo le creature come me possono vedere i fantasmi. E non mi riferisco solo agli angeli...

 - Ciao – lo salutai, felice di vederlo.

 Mi sorrise e mi andò accanto.

 - Tutto bene? – mi chiese.

 - Non mi lamento… - sospirai.

 - Lasciami indovinare. Tuo padre ti ha fatto un’altra ramanzina sull’importanza della fede, vero?

 - Già.

 Lui sbuffò, facendo un segno che, se l’avesse visto mio padre, avrebbe dato un nuovo inizio all’Inquisizione. Però c’era qualcosa in lui che non mi convinceva.

 - Invece tu, tutto bene?

 - Bah sì – rispose ironico – solo leggermente morto.

 - Sai che intendo – rispondo serio.

 Mi lanciò uno sguardo veloce.

 - No. Non lo so.

 Mi fermai e mi piazzai di fronte a lui.

 - Che significa che non lo sai?

 - Che non lo so – disse e mi passò attraverso. Già, certe volte dimentico che Joshua è un fantasma…

 - Joshua! – urlai.

 - Che cosa vuoi, Alex? – chiese guardandomi.

 - I tuoi occhi.

 - I miei occhi? – rispose scettico – che hanno?

 - Sono diversi.

 - Diversi? Diversi come… morti? – sottolineò.

 Sospirai. Quando faceva così non era mai una buona cosa.

 - Senti – mi disse – So cosa starai pensando. E hai anche ragione – si guardò i piedi come se d’un tratto gli interessassero solo quelli – Hai già litigato con tuo padre oggi. Vuoi litigare anche con me?

 - Non vuoi proprio dirmi che hai?

 Sospirò e scosse la testa. Sentivo il suo dispiace e senso si colpa. Era questo il mio potere. La mia maledizione più che altro.

 - D’accordo – sospirai.

 Riprendemmo a camminare. Non potevo non notare il suo sguardo. Non mi piaceva per niente.

 - Che ti attende oggi? – mi chiese d’un tratto.

 - Oggi? – avevo totalmente dimenticato la scuola – Emm… oggi… Oh, cavolo.

 Rivolse gli occhi al cielo e sospirò.

 - Compito?

 - Già. Matematica.

 - D’accordo – sentenziò.

 - Cosa?

 - Ti aiuterò io a farlo. Non è la prima volta…

 - Sì, ma…

 - Niente ma, va bene? – rispose nervoso – A meno che tu non voglia tornare a casa con un tre…

 - Ok. Grazie – sorrisi.

 Lui diceva che era per evitarmi un brutto voto ma io sentivo che non era così. Quanto mi piacerebbe essermi sbagliato…

 

Angolo autore:

* con un fazzoletto in mano * mi sto commovendo… proprio. Bene vorrei approfittare di questo spazio per ringraziare tutti coloro che hanno preso a cuore questa storia. Beh, un saluto a tutti e buona Pasqua.

Darksaurus 97

 

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Capitolo 3
*** L'inizio della fine ***


 

L’inizio della fine

 

- Appena in tempo signor Kane, un altro minuto e conquistava un altro ritardo!

 

  Calai la testa e sospirai. La prof aveva ragione, ero proprio sul filo del rasoio. Beh, per lo meno, papà non aveva mentito.

 

  - Va’ a sederti forza, prima che ci ripensi! – sbraitò la prof di matematica.

 

  - Prima che ci ripensi! – le fece il verso Joshua.

 

  Mi avvicinai al mio banco e mi sedetti mentre il fantasma rimase alzato ad aspettare. Naturalmente nella mia classe sono l’unico a vederlo ed era un bene: avrei dovuto rendere conto di un po’ troppe cose. O almeno questo era ciò che pensavo.

 

  - Come stavo dicendo prima che il vostro compagno ci degnasse della sua presenza – attaccò la prof – Si è trasferita in questa classe una nuova compagna, Lucy Perceval. Se la signorina vuole alzarsi per farsi vedere…

 

  Fu solo allora che mi accorsi che questa compagna nuova era anche la mia vicina di banco. Era magra ma non troppo, i capelli erano scuri e gli occhi erano di un particolare marrone che sembrava ambra. Erano gli occhi più particolari che avessi mai visto in vita mia. In confronto i miei neri carbone non sembravano niente anche se molti dicevano di esserne impressionati visto che non si distinguevano le pupille dal resto.

 

  - Grazie signorina Perceval. Comunque sappiate che la signorina Perceval ha passato una settimana di preparazione proprio per il compito di oggi, quindi non credete di averla scampata, intesi? – chiese minacciosa. Certe volte nei suoi discorsi mi aspetto anche una risata malvagia da come si comporta.

 

  Il compito non si fece attendere, la prof fece velocemente l’appello e subito distribuì i fogli. Com’era? Arabo… Se avessi avuto un muro ci avrei sbattuto la testa volentieri…

 

  - Ce la fai ad aiutarmi? – chiesi disperato a sottovoce.

 

  - Tu eri presente alla spiegazione? – mi domandò concentrato.

 

  Annuii.

 

  - Allora sì – mi sorrise.

 

  Quello che dovevamo fare non era difficile, solo un po’ disgustoso. Tutto ciò che doveva fare era possedermi e guidarmi. Com’è essere vittima di una possessione? Orribile. Immaginate di avere qualcosa addosso che cerchi di entrate letteralmente nella vostra mente e che cerchi di leggervi dentro e di usarlo. E tutto questo mentre tu sei ancora cosciente! E’ orribile… quello stato di impotenza… è orribile essere effettivamente rinchiusi in una parte del cervello mentre un altro ti manipola a suo piacimento. Però tornare a casa con un brutto voto sarebbe ancora peggio quindi…

 

  Tirai un profondo respiro e chiusi gli occhi mentre mi preparavo spiritualmente a quel supplizio. Uno… due… tre… Potevo già sentirlo... solo che… riaprì gli occhi e vidi Joshua lottare contro una sorta di barriera invisibile che si illuminava quando la toccava. Era sconcertato e confuso quasi quanto me.

 

  - Signor Kane, guardi che il compito è sul banco non sul muro! – mi riprese la strega.

 

  Ma che diavolo è successo? Perché Joshua non riesce ad aiutarmi? L’avevamo già fatto prima eppure non è mai successo niente! D’un tratto però sentii un risolino. Con la testa rivolta al banco guardai con la coda dell’occhio la mia vicina che sorrideva e che faceva no con il dito. Non riuscivo a crederci. La mia unica speranza di salvezza bloccata dalla nuova arrivata. Ora sì che avrei sbattuto la testa volentieri su qualche muro.

 

  - D’accordo – mi dissi – ora calmati e concentrati. Non è così difficile dopotutto…

 

 

 

 

 

Un vero e proprio massacro. Il semplice riuscire a prendere 3 sarebbe stato un miracolo. Ormai la scuola era finita e io e Joshua eravamo rimasti davanti a un muretto ad aspettare i miei amici. Meglio rallentare l’inevitabile. Potevo già sentire la rabbia e la delusione a casa…

 

  Però se io ero arrabbiato, Joshua era proprio furioso. Non solo non aveva potuto aiutarmi come aveva promesso, ma si era anche sentito impotente cosa che non gli andava a genio nemmeno da vivo. E d’un tratto, ecco che ci viene incontro seguita dai miei amici Jeremy e Ted che ci guardavano straniti.

 

  - Ciao – ci salutò – Che fate?

 

  Io rimasi senza parole mentre sentivo che Joshua si stava scaldando.

 

  - Devi rompere ancora? Non ti basta quello che hai già fatto? – sbraitò.

 

  - Ehi, io ho fatto solo la cosa giusta. Non è giusto che tutti quanti debbano farsi un mazzo tanto per prepararsi al compito mentre tu usi il tuo fantasmino personale!

 

  - Ehi ehi ehi – si intromise Jeremy, che nel frattempo aveva ascoltato tutto – Time out! Si può sapere che è successo?

 

  Né Jeremy né Ted frequentavano la mia classe. Jeremy aveva 14 anni come me ma frequentava la terza C,  mentre io frequentavo la terza B, e Ted invece ne aveva 12. Nessuno di loro però era propriamente umano. Jeremy era un lupo mannaro e come tale era schizofrenico. Aveva i capelli rossi e gli occhi blu che gli rimanevano anche sottoforma di lupo. Ted aveva i capelli neri e gli occhi grigi e un aspetto trasandato che certe volte lo faceva assomigliare al dottor House. Lui era il più piccolo di una famiglia di vampiri che si divertivano a fare i bulli con cui, qualche volta, lottavamo pure.

 

  - Ho solo fatto la cosa giusta – rispose per noi Lucy.

 

  - Due cose – cominciò Joshua – Primo, io non sono il fantasmino personale di Alex, gli dovevo solo un favore. Secondo, anche se hai fatto la cosa giusta, nessuno te l’ha chiesto!

 

  - Joshua… – iniziai.

 

  - Che vuoi?

 

  - Calmati!

 

  Se c’è una cosa che Joshua non sopporta è sentirsi impotente e essere intrappolato in una sorta di barriera elettromagnetica non aiuta di certo.

 

  - Ma invece – presi parola – Cosa sei tu?

 

  Lei sorrise e rivolse gli occhi al fantasma.

 

  - Tu lo sai non è vero?

 

  Lui annuì ancora furioso e disse: - Un elementale.

 

  - Co.. cosa significa un elementale? Ma… ma gli elementali non sono evocazioni?

 

  - I miei genitori erano entrambi sterili – raccontò Lucy – Ma volevano avere un figlio. Le provarono tutte ma senza risultati, allora provarono a rivolgersi a una strega che gli disse che l’unico che avevano per concepire un figlio era tramite un’evocazione.

 

  - E così ha evocato un elementale? – domandò Ted che era stato in silenzio fino ad allora.

 

  - Già. Del fulmine.   

 

  Per un istante restammo tutti in silenzio.

 

  - Comunque sia – ruppe il silenzio Lucy – Tu che cosa sei invece? – chiese, riferendosi a me.

 

  Devo dire che rimasi un po’ sorpreso, visto che credevo fosse in grado di riconoscerci.

 

  - Io sono un angelo – risposi normalmente.

 

  - Un angelo? – domandò stranita.

 

  - Sì, e allora?

 

  - Beh, sei il primo che vedo. Vampiri e licantropi sono più comuni ma… gli angeli…

 

  - Lui non è un angelo completo – si affrettò a precisare il licantropo – Lo è solo a metà.

 

  - Ah… sei un nephilim! – esclamò.

 

  - Sì, ufficialmente sì, ma preferisco angelo nero.

 

  Sicuramente avrebbe chiesto perché se non fosse successo. Fu come essere investito da un treno in miniatura. In meno di un attimo mi ritrovai schiacciato al muro da una mano che sembrava il doppio della mia stretta in intorno al collo e da un ghigno che non prometteva niente di buono.

 

  - Che succede tacchino? Non riesci a respirare? – rise quello di fronte a me, Claude.

 

  Claude è il fratello maggiore di Ted, nonché uno dei bulli più temuti insieme alle gemelle. Tutti e tre sono vampiri e non hanno niente a che fare con il più piccolo e timido Ted. Claude aveva 16 anni ed era enorme, alto 1,90 m  non si sa se fosse più grande di altezza o di pancia mentre le gemelle avevano 15 anni e i capelli tinti rosso fuoco portati corti e portavano sempre gli stessi vestiti.

 

  - Lascialo andare, Claude – lo minacciò Joshua.

 

  - Altrimenti? – risposero in coro le gemelle.

 

  Non fu necessario rispondere. La spinta che diede Jeremy a Claude, permettendomi così di allontanarmi dal muro, fu sufficiente. Claude nel frattempo stava perdendo l’equilibrio ma poi, anche con l’aiuto delle gemelle, riuscì a stabilizzarsi.

 

  - Ehi cagnolino – urlò il vampiro – Che diavolo credevi di fare?

 

  Jeremy ringhiò mostrando una dentatura degna del miglior predatore.

 

  - Non siamo qui per combattere – rispose Emma, la gemella a destra.

 

  - Mamma ci ha chiesto di accompagnarlo noi a casa – proseguì Liz, la gemella a sinistra.

 

  - Non serve – ringhiò Jeremy – Lo accompagno io a casa!

 

  Il trio si mise a ridere mentre Lucy mi guardava confusa. Era la prima volta che assisteva a una di queste scene.

 

  - Forse non hai capito – sottolineò il maggiore – Lui viene con noi!

 

  - E se non volesse? – ribatté.

 

  - Non è una risposta ammissibile. Mamma ha detto che ci avrebbe pagato se lo avessimo accompagnato e quindi lo faremo.

 

  Lo sentivo chiaramente. Di lì a poco ci sarebbe stato un bello scontro. Jeremy è sempre stato molto protettivo nei confronti di Ted, che per lui era un sorta di fratello minore. Ma questa volta non ci fu alcuna rissa visto che il giovane vampiro si intromise tra i litiganti dicendo che sarebbe andato con i suoi fratelli maggiori.

 

  - Ma.. Teddy? – cercò di replicare Jerry.

 

  Lui scosse la testa, abbattuto. Non era una novità il fatto che a lui non fosse mai piaciuto stare con i suoi fratelli. Era il più piccolo e quindi il più tormentato.

 

  - Andiamo – esortò il maggiore spingendo il fratellino – Ho perso fin troppo tempo oggi. Ragazze!

 

  Tutti e quattro si allontanarono, attraversando la strada, mentre Ted ci guardava triste con la coda dell’occhio. Potevo sentire benissimo la sua tristezza, così come sentivo anche la rabbia di Jerry. Se avesse avuto qualcosa in mano lo avrebbe rotto di certo. D’un tratto sospirò e ci guardò.

 

  - Mi dispiace ragazzi, ma credo sia meglio che me ne vada – sentenziò Jeremy.

 

  - Già anche noi – rispose anche per me il fantasma, che nel frattempo aveva ancora mantenuto tutta la sua ostilità verso Lucy.

 

  Jeremy ci salutò e si avvicinò alla strada che stava per attraversare quando una jeep nera passò in tutta furia ad una velocità incredibile. Se Jeremy avesse fatto un solo passo in più, probabilmente avrebbe perso una gamba. Tutti insieme guardammo la jeep fare la curva che Ted e i suoi fratelli stavano facendo a piedi. Avvenne tutto così velocemente che quando si sentirono gli spari era già tutto finito. I quattro fratelli giacevano in modo scomposto lungo il marciapiedi grondanti di sangue. Jeremy fu il più veloce. In meno di un secondo si trasformò in lupo e corse verso di loro mentre io e Lucy lo seguimmo con qualche secondo di ritardo. Lo spettacolo era orribile: c’era sangue ovunque ed erano pieni di ferite, molte delle quali in testa. L’unico che si era un po’ salvato era Ted che, probabilmente, a causa della sua altezza, aveva subito meno ferite. Jeremy nel frattempo era tornato nella forma umana e aveva messo il braccio scoperto di fronte all’amico esortandolo a bere scuotendogli la spalla. Il vampiro però non dava segni di vita.

 

  - Se la caverà – mi sussurrò all’orecchio Johua.

 

  Jeremy aveva le lacrime agli occhi e urlava mentre Lucy era rimasta immobile sconvolta.

 

  - E gli altri? – chiesi.

 

  - Morti – rispose freddo.

 

  Improvvisamente Ted aprì un occhio. Velocemente schizzò verso il braccio di Jeremy e lo morse.

 

  - Alex – disse Joshua – Devo parlarti.

 

  Mi voltai verso di lui e vidi che non stava guardando me. Guardava un punto alla sua sinistra ed era molto più nervoso di quanto non lo avessi mai visto.

 

  - Che succede?

 

  Mi guardò con la coda dell’occhio e sospirò abbattuto. Se un fantasma potesse piangere credo che in quel momento l’avrebbe fatto.

 

  - Riguarda stamattina vero? – domandai, con in bocca già la sua risposta.

 

  Annuì.

 

 

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Capitolo 4
*** Ti voglio bene, papà ***


Ti voglio bene, papà 

- Non potete farlo! Non potete lasciarci qui! – urlò mio padre disperato

  - Mi dispiace Carl ma sapevi già a cosa stavi rinunciando il giorno in cui abbandonasti il tuo posto in Paradiso per vivere sulla Terra – rispose una voce distorta, quasi metallica.

  - So bene di aver rinunciato ai miei diritti sposando una donna umana, ma almeno i bambini! Vi prego salvate almeno loro!

  Eravamo ormai da un’ora seduti sul divano in salotto a parlare con un tipo che potevamo solo sentire dal televisore insieme ai ronzii dovuti dall’assenza di segnale con cui si camuffava la voce.

  - Non possiamo farlo! Loro sono figli del peccato e non è il loro posto questo!

  - Ma sono pur sempre angeli! – gridò mio padre paonazzo in viso.

  - Mi dispiace, gli ordini sono questi. Andate in pace – concluse e in un lampo la televisione si spense.

  Per un tempo che parve interminabile, mio padre rimase a osservare fisso lo schermo, come se si aspettasse una sua qualche reazione. Ma quando si rese conto che quella reazione non sarebbe mai arrivata, si morse il labbro nervoso e con gli occhi infiammati, non solo per modo di dire, prese il telecomando e lo scagliò contro il televisore, imprecando così ferocemente da far paura. Sentii Anna aggrapparsi al mio braccio spaventata, anche se, sicuramente, non era a causa di papà.

  - Mi dispiace ragazzi – sussurrò mio padre e mia madre gli mise un braccio intorno al collo affettuosa – Non potevo immaginare una cosa del genere quando… sono sceso.

    Sentivo tutta la sua tristezza come se fosse mia, e, insieme a quella, un odio che andava crescendo con l’aumentare della tristezza di mio padre e della paura di Anna.

  - Non è colpa tua, papà – dissi d’un tratto, cercando di contenermi.

  Mio padre mi guardò con la coda dell’occhio e poi sospirò affranto. Non perché ma questo mi fece arrabbiare ancora di più.

  - E’ tutta colpa di quegli schifosi bastardi ai piani alti! – urlai, ritrovandomi sotto gli occhi di tutti.

  - Gli angeli seguono le loro regole – puntualizzò papà – Sarebbe assurdo cercare di cambiarle!

  - E pure ci stavi provando, papà!

  - Credevo che per voi avrebbero fatto un’eccezione. Voi non avete colpe per le mie scelte – cercò di giustificarsi, come se parlasse ancora con la televisione.

  - Non saremmo andati comunque. Non vi avremmo mai lasciati qui a morire! – esclamò Anna, sorprendendomi.

  - Anna… - cercò di dire ma non riuscì perché d’un tratto arrivò Joshua spaventato.

  - Sono qui! Stanno arrivando! – urlò.

  - Maledizione! – imprecò mio padre mentre Anna e la mamma lo guardavano interrogativi.

   - Che significa che stanno arrivando? – chiesi, sforzandomi di restare calmo.

  - Che sono quasi arrivati e che dovete sbrigarvi a scappare se non volete fare la mia fine! – sbottò spazientito.

  - Alex che sta succedendo? – chiese mia madre

  - Che dobbiamo andarcene, ecco che succede! – rispose mio padre alzandosi.

  Mamma non se le fece ripetere due volte. Prese per mano mia sorella e insieme andarono a prendere le valigie già pronte da tempo.

  Io e papà restammo invece in salotto a farci dare informazioni da Joshua.

  - Sono una volante – ci rivelò il fantasma – Quattro o cinque al massimo. Vi conviene uscire dalla porta sul retro, e da lì vi guiderò io. Conosco…

  Ma un rumore lo bloccò. Qualcuno stava bussando alla porta.

  - Aprite! Polizia! – urlavano da dietro la porta.

  Proprio in quel momento Anna e la mamma tornarono con i bagagli.

  - Sono loro – sussurrò Joshua.

  Continuarono a bussare ininterrottamente per altre cinque volte, finché poi non si misero a spingere con più insistenza.

  - Andate – ordinò mio padre – la porta non li tratterrà a lungo. Sono un angelo, mio occuperò io di loro.

  - Sei impazzito? – urlai – Io non ti lascio qui!

  Lui rivolse uno sguardo alla mamma, che si morse il labbro piena di amarezza. Alla fine annuì e portò via Anna che urlava incessantemente “papà”.

  - Alex, vattene. Non hai ancora le ali, non hai ancora tutti i tuoi poteri – disse con una calma innaturale e totalmente fuori luogo.

  - Io non ho alcuna intenzione di lasciarti qui! – urlai sempre più furioso e con la lacrime agli occhi.

  - Figliolo – disse e mi toccò la guancia.

  D’un tratto non sentii più nulla. Nessun bussare, nessun urlo. Buttai un occhio all’orologio appeso alla parete e vidi che la lancetta dei secondi si era bloccata. Mio padre, un angelo ex appartenente al coro angelico dei custodi del tempo ma ancora con i suoi poteri, aveva fermato il tempo.

  - Io ho fatto la mia vita, Alex. Ho fatto le mie scelte abbandonando il Paradiso e scegliendo di vivere sulla Terra. Le mie scelte vi hanno condannato, ma ora ho intenzione di rimediare. Occupati di tua sorella e di tua madre. So che ce la farai.

  D’un tratto mi misi a piangere sommessamente. Lacrime calde di dolore e di rabbia cominciarono a rigarmi le guance, mentre mi stavo rendendo conto di ciò che questo significava.

  - Tu sei un angelo, figlio mio, e ti assicuro che tu sei molto più forte di quanto tu non pensi.

  - Papà… - non riuscivo a trovare le parole.

  - Vai – disse e mi diede un bacio sulla fronte – Vi voglio bene.

  Corsi via mentre sentivo il tempo riprendere brutalmente possesso di sé. Subito dopo sentii un botto molto forte di qualcosa che sbatte e capì che doveva essere la porta, ormai aperta. Arrivai alla porta sul retro dove vidi una strana luce. Mio padre aveva uscito le ali.

  - Ti voglio bene, papà – sussurrai e scappai via mentre l’aria si riempiva del rumore degli spari.

 

Angolo autore:

So che mi odierete, ma ho pensato che questa come fine capitolo ci stava proprio bene. Vi prometto che aggiornerò il prima possibile e che nel prossimo capitolo spiegherò tutto. Ricordate, se volete commentare, recensire, ingaggiare The Saw per uccidermi… è tutto accettato.

  Un saluto,

Darksaurus 97!

 

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