Nothing but the rain

di ferao
(/viewuser.php?uid=33257)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coi piedi scalzi ***
Capitolo 2: *** Ferisce più la lingua della spada ***
Capitolo 3: *** Tutti i nodi vengono al pettine ***
Capitolo 4: *** Schegge di vetro ***



Capitolo 1
*** Coi piedi scalzi ***


Salve a tutti!
Questa raccolta di drabble/flashfic ha origine da un'iniziativa "privata": le Drabble Night. Ci si riunisce in compagnia, si scelgono dei prompt e si scrivono delle drabble tutti assieme.
Qui sono raccolte le ff che la sottoscritta ha prodotto durante una serata dedicata a Battlestar Galactica. Spero vi piacciano. ^^









Gaius Baltar, "coi piedi scalzi"



Se gliel’avessero detto, non ci avrebbe creduto.
Se gli avessero detto che un giorno sarebbe stato di nuovo amato, ascoltato, accudito, avrebbe scosso la testa e con un sorriso amaro avrebbe commentato: “Ma chi, io? No, vi sbagliate. Ormai sanno tutti chi sono, non può esistere un uomo tanto stupido da dar retta a Gaius Baltar”.
No, una cosa del genere non sarebbe mai accaduta.
Eppure era lì, seduto in terra, i piedi scalzi solleticati dalla lana di un qualche tappeto rimediato chissà dove, circondato da donne che pendevano dalle sue labbra. Eccolo lì, il traditore, il venduto, a insegnare l’amore dell’Unico Dio.
 
Se gliel’avessero detto, non ci avrebbe creduto.
Ma le vie di Dio sono infinite ed imperscrutabili.




Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ferisce più la lingua della spada ***


Apollo/Starbuck, "Ferisce più la lingua della spada"


Ci sono solo parole, tra loro. Si sono ridotti a questo.
Eppure sembrano fatti apposta per toccarsi; non dovrebbe esserci tutto quello spazio tra i loro corpi, né tutta quella freddezza nei loro sguardi.
Invece.
Lee si distende completamente nel suo posto letto e chiude gli occhi. Cerca di non pensare a nulla, ma nella sua mente si alternano i ricordi delle occhiate ironiche di Starbuck e delle sue parole taglienti, velenose.
Possibile che ormai si limitino a quello?
Inspira ed espira, in un vago tentativo di calmarsi. Cerca di consolarsi pensando che le ha risposto per le rime, oh, altroché: Kara ha una linguaccia, ma lui sa come trattarla.
Peccato che sia sempre più difficile. E che ogni sarcasmo – da parte sua o di lei – gli costi solo sofferenza.
Dèi, datemi un migliaio di caccia cylons, ma non un’altra discussione con quella donna.
Sbuffa e si rigira su un fianco, infastidito dai suoi stessi pensieri.
Non fare l’idiota e dormi. Il tuo turno ricomincia tra sei ore esatte.
Chiude gli occhi e finalmente si addormenta, cullato dalla risata ironica e schernitrice di Starbuck.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tutti i nodi vengono al pettine ***


Felix Gaeta, "Tutti i nodi vengono al pettine" + immagine


Tutte le mattine, quando si sveglia, Felix Gaeta indossa una maschera per prepararsi ad affrontare il resto della giornata.
Assume un aspetto composto ed ufficiale, pettina i suoi capelli alla perfezione, sistema ogni piega della sua uniforme e controlla di essere del tutto in ordine, almeno esteriormente. Modula la propria voce in modo che sia adatta a rispondere formalmente agli ordini e alle direttive dei suoi superiori.
Tutte le mattine, Felix Gaeta entra nei panni di qualcuno che non è.
E lo fa con un fremito di agitazione.
Perché in fondo lo sa, che prima o poi tutti i nodi vengono al pettine; basta un niente per far cadere una maschera, per far emergere la parte sommersa di noi.
La parte che non ci piace.
 
Tutte le mattine, Felix Gaeta indossa una maschera sperando di non essere scoperto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Schegge di vetro ***


Starbuck, "Schegge di vetro"


La prima volta lo aveva fatto con una scheggia di vetro, un pezzo di finestra che era riuscita a rompere con una gomitata. Gliel’aveva ficcata nella gola senza tanti complimenti, ignorando il sangue che schizzava a fiotti da tutte le parti. Lo aveva guardato negli occhi mentre annaspava in cerca d’aria, lo aveva tenuto fermo mentre lo colpiva ancora e ancora. E ancora.
Quando era tornato, poche ore dopo, il cuore di Kara si era fermato per due secondi. “Ma come” pensava, “è morto, cazzo, è morto, è lì a terra morto…”
E poi si era data della scema. “È un maledetto cylon, porca puttana, non può morire.”
Leoben doveva aver intuito il corso dei suoi pensieri, perché le aveva rivolto un sorriso tra il beffardo e il malinconico prima di chiederle com’era andata la sua giornata.
Vaffanculo, tostapane di merda.
 
Ogni tentativo di farlo fuori era vano, Kara lo sapeva benissimo, eppure continuava a provarci – con coltelli, schegge di vetro, unghie, sedie. Era come cercare di fermare la marea, per ogni Leoben morto ce n’erano chissà quanti altri pronti a tornare per tormentarla, ma a lei non importava.
Perché era un soldato, e un soldato combatteva sempre. Un soldato non considerava le sconfitte né le possibilità di vittoria, uccideva e basta.
Un soldato si considerava vinto solamente quando si arrendeva. E Starbuck non l’avrebbe mai fatto.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1606841