Il Ripostiglio Delle Scope

di sososisu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Solitamente come si inizia un racconto?
Normalmente si parte descrivendo il protagonista. Beh il personaggio principale della mia storia è una Normalissima ragazza tedesca, che vive in un Normalissimo paesino, in una Normalissima famiglia protestante. Il suo nome? Fanny Krantz. Nata il 10 novembre del 1989. Frequenta un Normalissimo liceo, in una Normalissima classe, con Normalissimi professori e Normalissimi compagni.
E allora, vi chiederete voi, perché cavolo ti sei messa a scriverla questa storia se è tutto cosi dannatamente Normale?
La verità? Calcolando che i sei libri di letteratura e i venticinque esercizi di matematica mi aspettavano feroci sulla scrivania, le alternative erano due: Mal di testa e una secchiata di Aspirina per le prossime 47 ore oppure la Normalissima storia di Fanny. Beh, ho Decisamente scelto la seconda.

Bene, a che punto ero? Ah si…la mia ragazza.
Era un Normalissimo giorno di ottobre. Il 18 precisamente. Le sei e trenta del mattino. La sveglia suonò.
Un essere non identificabile fuoriuscì dall’ammasso di coperte blu. i capelli arruffati come un gomitolo di lana e gli occhi gonfi di sonno.
Cannella, un piccolo ed innocente micio arancione, spiccò un salto di quattro metri vedendo la padrona-zombie.
Bene, vi presento Fanny.
Con la stessa camminata di un cammello assetato si diresse in bagno e aprì il getto caldo della doccia. Il pigiamone taglia XXL (perché cosi è più stylish) nero con degli ‘adorabili’ teschietti bianchi, venne ‘gentilmente’ scaraventato per terra insieme alle mutandone da nonna.
Nonostante la goffaggine post-sveglia, la mia Fanny ha sempre il suo bel corpicino magro e sinuoso. Seno non troppo abbondante, sederino sodo e gambe non alte ma nemmeno corte.
Il getto d’acqua tiepida portò via con sé il sonno. Una sciacquata al viso e al collo ed uscì dalla doccia. E poi un’occhiata all’orologio…
-Scheiße-
…Come sempre, in ritardo.
Aprì l’armadio e infilò le prime cose che trovò. Un saluto Mamma, un bacio e poi giù in garage. Ma improvvisamente Cannella spuntò dal nulla e emise un tenero Mew
-MAMA!
Un urlo con la speranza che Georgina potesse sentirla, ma non fu cosi. Sbraitò contro il micio che, ancora una volta, era uscito dalla finestra e si era intrufolato dove non doveva. Lo prese in braccio e salì le scale cinque alla volta mentre il dolce animaletto piantò le sue ‘poco accuminate’ unghie nella schiena della ragazza.
-Mama, Cannella è uscita di nuovo! Chiudi le finestre per favore!
-Ok ok, tut mir Leid.
-Danke. Ci vediamo stasera!
Per la decima volta nell’arco di dieci minuti scese in garage e raccolse quel poco che rimaneva della sua mitica biciclettina modello tremila avanti Cristo.

Pedala pedala che la mamma ha fatto gli gnocchi, tanto sei comunque in ritardo. Altre scale da fare e poi eccola, la porta della sua classe. Bussò.
-Signorina Krantz…come mai questo ritardo?
-Mi…mi dispiace, la sveglia non ha suonato…e…
-Si sieda e non disturbi gli altri alunni.
Con passi decisi si avvicinò al banco. Poi cercò qualcuno con lo sguardo, e lo trovò. Due occhi castani si fissarono nei suoi neri. Un audace sorrisetto laterale colorò il volto di entrambi.
[Stavolta vinco io] (I Pensieri sono in parentesi quadre nda)
Soddisfatta si accomodò e seguì la lezione. Ma la voglia di combattere era troppo forte, occhi pieni di liquido velenoso…sfida, vittoria, piacere.
Si attorcigliò una ciocca nera fra le dita. Che belli i tuoi capelli Fanny, così neri e mossi…misteriosi come i tuoi occhi. Misteriosi come te.
Era persa nei suoi pensieri quando improvvisamente un nome catturò la sua attenzione.
-Kaulitz, alla cattedra.
Si alzò strafottente e camminò verso il professore di fisica. Interrogato. E chi se ne fotte. Tanto quello stronzo prende sempre dieci*.
Lo fulminò con lo sguardo e lui mostrò i suoi denti in un sorriso compiaciuto.
Fanny è una persona tollerante. Si si, assolutamente, ma se c’è una persona in grado di farle perdere in un secondo tutto il suo autocontrollo, beh, quello è Tom Kaulitz. Odioso moccioso, narcisista, viziato e anche bulletto. Un coglione che si è fatto il piercing al labbro quando ancora si faceva la pipì a letto, come il fratello gemello d’altronde.
Le venne in mente una delle loro tante litigate, quando avevano 14 anni:
-Sei una cacasotto, scommetto che non le hai le palle di farti bucare da un ago…
-E’ una sfida Kaulitz?
-Esattamente.
…E naturalmente Fanny non poteva rinunciare ad un ennesimo testa a testa con quel demente, era parte del suo dna…cosi il giorno dopo venne a scuola con una strana pallina argentea in bocca.

Istintivamente tirò fuori la lingua e strinse il piercing fra i denti, era un gesto che la rilassava.
…e che non passò inosservato agli occhi dell’interrogato, il quale, mentre rispondeva ad un’assurda domanda del prof, iniziò a fantasticare. Non se lo sapeva spiegare, ma ogni volta che vedeva Fanny fare quel gesto gli venivano in mente pensieri non proprio casti. Chissà, forse una volta sarebbe finito a letto con lei. Se lo sentiva, l’attrazione fra i due c’era, anche se litigavano sempre, anche se lei lo picchiava a sangue, anche se lui la sfotteva 24 ore su 24.
Peccato che Fanny non la pensasse esattamente cosi. Lei detestava Tom. La notte sognava di ammazzarlo. Si lo so, è un po’ strano per una Normalissima ragazza di 17 anni, però, insomma cercate di capirla, i sogni non si possono decidere!

-Bene, vada pure a posto Kaulitz. Il voto lo sa-
Non si era resa conto del tempo che passava. Era già finita la lezione. Era in astinenza di litigate.
-Allora, Secchia, cosa hai preso questa volta? 11?-
-Brutta cosa l’invidia, non ti si addice Scopino-
Colpita ed affondata. Lei detestava quell’assurdo soprannome che le aveva affibbiato. Chissà perché poi?
-Tu…razza di marmocchio demente! Non osare mai più chiamarmi con quel nome…-
La rabbia cresceva, sulla fronte una vena pulsava sangue, una gocciolina di sudore imperlava il collo…come una pentola a pressione, tra pochi secondi Fanny sarebbe scoppiata.
-…O che paura. E dimmi un po’, Scopino, cosa vorresti farmi?-
Adorava vederla arrabbiata, gli provocava un piacere immenso. Anche perché il loro era un odio a senso unico, in fondo Tom non aveva nulla contro di lei. Era la ragazza che non poteva sopportarlo, lui la stuzzicava solo per divertimento, niente di più, anzi, come vi ho già detto, ci sarebbe andato volentieri anche a letto.
I pensieri di lui vennero scacciati da un improvviso dolore al petto. Fanny lo aveva letteralmente scaraventato contro il muro. Il gomito premuto contro la gola. Nove anni di karate le erano serviti a qualcosa.
-Ti conviene…-
Stava per sputare in faccia a Tom una serie infinita di insulti quando senti una mano afferrarla.
[Cazzo]
Beccata in pieno dalla preside. Ma che bello! E la cosa che la irritava ancora di più era il fatto che il signorino Kaulitz continuasse a guardarla con occhi strafottenti e superiori.
-Vaffanculo-

Trascinata in presidenza sapeva già cosa l’aspettava: una settimana intera nella quale sarebbe rimasta a scuola anche nel pomeriggio per fare alcuni lavoretti.
-Buona fortuna Krantz!-
…Ma soprattutto una settimana intera di prese per il culo da parte di Tom.

Sfortunatamente però, la vera sfiga doveva ancora venire…
Era il primo di sette lunghissimi giorni. La bidella le aveva amorevolmente scaraventato in mano un orrendo mocho Vileda che puzzava di marcio e un secchio pieno di acqua putrida, dopo di che aveva detto solo tre parole:
-Pulisci il bagno-
A quel punto Fanny stava già per avere una crisi isterica, ma il peggio avvenne quando si trovò di fronte Tom Kaulitz in persona.
-CHE CAZZO CI FAI TU QUI?-
-Ciao anche a te Scopino-
-Vaffanculo rispondi alla mia domanda!-
-Devo darti questa bellissima notizia, saremo in due a passare i prossimi giorni rinchiusi qua dentro-
-NO. Ditemi che è un incubo. Per favore Mamma svegliami.-
A quel punto il ragazzo alzò gli occhi al cielo e se ne andò verso la palestra.
-Ehi? Dove vai?-
-Lontano da te…io me ne frego, non mi metto mica a pulire come te. Me ne sto sette pomeriggi a fare un beneamato cazzo-
-Ma sentilo! Guarda che se ti becca la preside ti sospende…e poi cos’hai fatto per finire anche tu qui?-
-Per prima cosa chi sene fotte se mi sospendono, meglio un po’ di vacanza. Comunque la Stronza mi ha beccato mentre picchiavo un nanetto del ’90 che mi aveva superato nella fila del bar-
-Che schifo-
Senza nemmeno ascoltare la risposta del ragazzo, Fanny se ne andò spedita verso il bagno col mitico mocho Vileda e il secchio di melma.
A quel punto anche lui si dileguò con un bel sorriso stampato in faccia. Aveva sentito da qualche parte che il Lunedì in palestra si allenavano certe tizie del club di danza. Bene, aveva trovato il modo di passare il suo pomeriggio…

[Non lo sopporto, non lo sopporto]
Sbatteva lo straccio sul pavimento con più forza che poteva, immaginando che le piastrelle fossero la faccia di Tom. Ci mise talmente tanta energia che finì in poco più di venti minuti. Guardò l’orologio, doveva raggiungere la bidella per renderle scopa e affini.
Girò la scuola in lungo e in largo ma della bidella neanche l’ombra. Effettivamente erano le sei di sera, probabilmente se n’era andata a casa. SIMPATICA! L’aveva mollata là senza nemmeno avvertirla!
Pazienza, a questo punto avrebbe mollato gli attrezzi nel ripostiglio vicino alla palestra e poi sarebbe tornata a casa. Che bello, non aveva incrociato Tom nemmeno una volta!
Velocemente raggiunse la stanza, aprì la porta ma si trovò davanti uno spettacolo a dir poco disgustoso (Almeno ai suoi occhi…).
Un insieme tra una vacca e una puttana di ultima categoria a gambe aperte, e fin qui, la scena era anche accettabile, la cosa veramente orripilante era che tra le cosce della tizia c’era Tom Kaulitz. Quel Tom Kaulitz. Il Tom Kaulitz che lei detestava.
Rimase un ‘attimo’ sconvolta. Immobile con la maglietta sporca e i pantaloni stropicciati, una rigaccia nera sulla guancia (Aveva impiegato 5 minuti buoni a mandare via quell’orrenda macchia scura dal pavimento), il mocho Vileda e il secchio in mano e la bocca mezza aperta.
Un ‘attimo’ esageratamente lungo, durante il quale lo sguardo di Fanny seguì la gocciolina di sudore che scendeva lungo il collo di Tom, fino al petto, per poi morire sull’elastico dei boxer, che, per fortuna, non aveva abbassato ma solamente aperto per permettere al suo ‘amico’ di andare a trovare l’’amica’ della vacca. L’idea di vederlo completamente nudo era al quando rivoltante per lei.
Dopo aver squadrato per bene il ragazzo, fece cadere per terra tutto ciò che aveva in mano e, in una frazione di secondo, si voltò e corse via.

Sesso.
Questa parola le era completamente estranea, aveva paura del sesso. Lei non era come Tom…Tom, Tom, Tom…tutto nella sua vita girava intorno a Tom. Anche il sesso, per l’appunto.
Fanny non era vergine. Per colpa di Tom.
No, no, non fraintendete. Non è lui il “fortunato”. Lui è solo colui che ha provocato tutto.
Altra litigata. Due anni prima. Quando avevano 15 anni.
-Scopino verginello-
-Cosa c’è di male ad essere vergine eh?-
-Sei una bamboccia, sei ancora cosi perché nessuno ti vuole!-
E si mise a ridere. Questo è il VERO motivo per cui Fanny detesta Tom. Lui ha un flusso negativo su di lei, la spinge a fare cose che non vorrebbe, colpa sua e dei LORO stupidi orgogli. Perché lei non può mai perdere contro di lui…e viceversa.
Fu cosi che la dolce bimba perse il suo dono più prezioso. La sera stessa con un certo Leuner che la trovava carina. Un bastardo che non ebbe il minimo rispetto e le fece un male porco. Fatto sta che il giorno dopo venne a scuola camminando come un pinguino. Al che Tom la prese come al solito in giro chiedendole il motivo di quella camminata ridicola. Lei rispose semplicemente: -Non sono più vergine-. Il ragazzo rimase tutto il giorno senza proferire parola.
Quella volta aveva veramente vinto lei. Ma non era di certo una Bella vittoria. Anzi…
Quella volta Tom Kaulitz si era sentito veramente uno stronzo.
Da quella volta aveva iniziato a vedere Fanny con occhi diversi…
…e da quella volta, il gesto che lei faceva con il piercing alla lingua era diventato un’ossessione…La Sua ossessione.
Ma non lo avrebbe mai ammesso.
Perché Tom Kaulitz rimane sempre e comunque Tom Kaulitz.

*****

Note Dell’Autrice: Eccomi qui, con questa fanfiction AU sui TH. Oltre che AU anche OOC. Beh comunque sia…è incentrata soprattutto su Tom, Bill non so nemmeno se comparirà.
In questa storia i Tokio Hotel non esistono…nessuno è famoso, ricco e impegnato. Sono tutti dei normalissimi ragazzi… :-D
Spero di avervi incuriosito!
Al prossimo capitolooo!

Le recensioni sono ben accette^^

Danke!
Giuls!

*Allora, preciso che non sono mai riuscita a capire i giudizi tedeschi, credo sia da 1 a 6 e che il migliore sia 1 tuttavia ho preferito usare quelli ‘italiani’. Inoltre, come avrete notato dagli ‘avvertimenti’ questa fanfic è anche un po’ OOC, quindi, considerando che nessuno dei due Kaulitz era un genio della scuola…ho preferito sottolineare questo aspetto della ff. Grazie per l’ascolto, scusate l’interruzione :D

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Guardava il soffitto, improvvisamente diventato così interessante. Strane ombre si muovevano sulla parete bianca, probabilmente il riflesso delle foglie degli alberi al di là della finestra.
Non sapeva perché ma l’espressione del suo viso l’aveva irritato, e parecchio anche.
Cosi, nell’oscurità della notte, con un paio di boxer a quadretti e un lenzuolo sulle gambe, Tom iniziò a sparare una lunga serie di cazzate, una più falsa dell’altra.

[Perché aveva quella fottutissima espressione ebete sul viso? Insomma, che ci sarà poi di strano a beccare una persona in atteggiamenti amorosi con una ragazza?]

Cazzata numero uno, lo sapeva benissimo cosa non andava…

[…E poi scusa, se l’avessi trovata IO in una situazione simile, avrei avuto le mie buone ragioni per arrabbiarmi…quello che la sogna di notte senza vestiti sono io…purtroppo]

Cazzata numero due, la cosa non gli dispiaceva per niente, anzi, gli dava un’immensa felicità sognare Fanny.

[…Ahhh, fanculo…non riesco nemmeno a prendere sonno]

Velocemente si alzò e si infilò un paio di pantaloni e una maglietta. Scese le scale senza fare rumore e uscì di casa. Alle 4 del mattino. I dread disordinatamente raccolti con un laccio nero. Detestava non mettersi il cappello, ma non ne aveva avuto tempo.
Le mani affondate maleducatamente nelle tasche, una camminata un po’ barcollante per non far crollare i jeans taglia XXL fino alle caviglie, sguardo fisso sull’asfalto umido e il piede sinistro che continuava imperterrito a prendere a calci un povero ed innocuo sassolino.
Non sapeva dove andare, anzi a dir la verità non sapeva nemmeno dove fosse finito. Si guardò un attimo intorno e riconobbe la chiesa nella piazza principale del paese. Si trovava vicino a casa di Fanny.
Senza nemmeno pensarci si mise a correre fino a che non si ritrovò sotto la finestra della ragazza.
…Scena molto simile a Romeo e Giulietta
[Che schifo!]
…E dopo questo romantico commento Tom sputò per terra come Cusco, o come cazzo si scrive, insomma come il Lama delle follie dell’Imperatore…
Il paragone lo fece sorridere, mordicchiò il piercing e si chinò per raccogliere un manciata di ghiaia dalla stradina che portava alla porta della casa di Fanny.
Rimase una buona mezzora a giocare con un sassolino. Una cosa molto triste e al quanto demente.
Lanciava la pietruzza in aria e la faceva ricadere sul palmo della mano. E poi di nuovo, e ancora…una, due, tre, cento, mille volte.
Non sapeva perché fosse lì.
Andiamo Tom, come sei caduto in basso…
[…Lo so]
Chiuse gli occhi e lanciò quel che rimaneva del sassolino contro la finestra della camera della ragazza.
Niente.
Ancora, un altro tentativo.
Niente.
Aprì la mano e fece ricadere per terra la manciata di ghiaia che aveva poco prima raccolto.
Voleva tornare a casa, ma i piedi avevano messo le radici nel giardino Krantz.
Crollò a sedere, esausto. Erano le 5 e mezzo del mattino.
Si sdraiò sull’erba soffice e fissò il cielo. Inquinamento del cazzo, paese del cazzo, lampioni del cazzo che con la loro luce offuscavano le stelle. Chiuse gli occhi, li riaprì, li richiuse…

-Kaulitz!
-Uhmm…
-Svegliati!
Una secchiata d’acqua gelata gli fece fare un salto di quindici metri. Record mondiale!
-MA CHE CAZZO…???
-Alleluja!
Aveva completamente perso l’orientamento, si guardò attorno. Era completamente fradicio, con i vestiti appiccicati al corpo a causa della ‘dolce’ cascata provocatagli dalla tizia che aveva osato svegliarlo. Che strano, quella non gli sembrava la sua stanza…
[Erba, verde, casa, alberi, cielo…MERDA]
-Mi sono…mi sono addormentato-
-L’avevo notato!-
Una voce familiare, alzò un sopracciglio e fissò quegli occhi neri che conosceva come le sue tasche.
-Scopino?-
…Si pentì presto di quello che aveva appena detto a causa di un forte dolore al cranio…
-Ma sei scema?-
-Chiamami ancora una volta cosi e la prossima volta te ne do duecento, e metto anche due anelli per dito…-
Detestava i pugni di Fanny…quella strega era meglio di Eddy Guerrero e Undertaker messi insieme! Però…ora che ci pensava, Eddy La Raza era morto di overdose…o di infarto…non se lo ricordava…insomma, avete capito!
-Dimmi un po’ Kaulitz…che ci fai qui?
Gli occhi della ragazza lo fissarono con sguardo inquisitore e sarcastico. Non sapeva cosa rispondere. Tentò di formare una frase di senso compiuto che contenesse anche una valida scusa…uhmm…il gatto era scappato di casa e lui lo stava cercando ma, preso da un improvviso attacco di sonno, si era addormentato in un giardino che, casualmente, era quello di Fanny.
No, direi proprio di no.
-Allora mi vuoi rispondere??-
-Niente!-
La ragazza inarcò il sopracciglio destro con aria sospettosa.
-Niente?-
-Niente! Ci vediamo a scuola Scopino…-
Era in procinto di prenderlo ancora a pugni ma si era resa conto di essere ancora in “pigiama” alle sette. Così senza nemmeno salutarlo, si mise a correre verso la porta di casa ma, in un nanosecondo, senti uno scatto provenire dal prato.

-Merda.-
…fu l’unica parola che riuscì a pronunciare, prima di essere travolta da spruzzi di acqua gelata. Se l’era dimenticato, di nuovo. Ma dove aveva lasciato la testa?? Era la terza volta in una settimana che si scordava di quegli odiosissimi aggeggi per l’irrigazione.
In meno di un minuto si era ritrovata fradicia da capo a piedi, con la sua pseudo-camicia-da-notte-XXL completamente appiccicata al corpo. La schiena percorsa da mille brividi e i capelli, già bagnati per la doccia che aveva fatto prima, incollati al viso e al petto.
OK, quella era la volta buona che uccideva qualcuno. E, “accidentalmente”, quel qualcuno era Tom che si stava rotolando per terra dalle risate.
-Ti…Ti…ti conviene scappare, KAULITZ!-
Al che lui, nonostante i crampi agli addominali per le troppe risate, si mise a camminare velocemente verso casa sua…effettivamente lei non era l’unica ed essere in ritardo quella mattina…

-Etchù!-
[Maledetto spruzzino…maledetto Kaulitz…maledetto Ottobre…maledetto Kaulitz…maledetto freddo…maledetto Kaulitz…maledetto starnuto…maledetto Kaulitz…maledetta scuola…maledetto Kaulitz!]
Ok, Fanny stava per scoppiare. Aveva bisogno di sfogarsi ma dato che quella “adorabile” preside le aveva “gentilmente” ordinato di passare i pomeriggi a scuola, doveva saltare anche gli allenamenti di karate, unica maniera per sbollire la sua rabbia.
Alla stessa velocità della luce si vestì, uscì di casa e con la mitica biciclettina raggiunse la scuola.

Tom sorrise osservando con attenzione i volti di tutti i suoi compagni di classe. Ogni alunno, tranne lui ovviamente, aveva le dita incrociate e il capo chino verso il libro di letteratura aperto a pagina 247: Goethe.
La Steichten, adorabile professoressa, faceva scorrere l’indice sul registro. Per lui quello non era un problema, qualunque cosa lei gli avesse chiesto lui l’avrebbe saputa senza problemi, ma non perché era secchione. Grandissima cazzata, lui non era cosi, lui era solo molto più intelligente degli altri…e anche molto più modesto, certamente.
Il resto della classe però non la pensava così. Specialmente la nostra cara Fanny, che quella mattina, “stranamente”, era arrivata a scuola impreparata. Non era una ragazza particolarmente studiosa…anzi…
[Ti prego…ti prego…ti prego]
-Kranz-
[C…cosa?? Ok…respira…uno, due, tre…MERDA]
-Professoressa…io…ecco…-
-Prego, venga alla cattedra con il libro e la tesi per oggi-
-Veramente…vede…ieri mi sono sentita male…e…-
-Non ha i compiti?-
-Insomma non è che non ho i compiti…li ho solo dimenticati e…ecco…-
Lei la guardò molto, molto, molto, male…
-Venga al dunque, per cortesia-
-…No, non ho i compiti-
Abbassò la testa, lo sguardo cadde su una faccina sorridente che il giorno prima Korin le aveva disegnato sul libro. Quanto avrebbe volute essere quel disegnino in quel momento. Sempre allegro, occhi vispi, niente letteratura…niente Goethe…
-Signorina Krantz lei lo sa che rischia la bocciatura, vero?-
-I…io…si, lo so…ma…-
-Niente ma, l’unica cosa che può fare è mettersi a studiare seriamente, la scuola è iniziata da appena due mesi, ha tutto il tempo di cui ha bisogno…ma già l’anno scorso è passata con non poche difficoltà…se ha bisogno di una mano sono disposta a dargliela…-
-No…no grazie professoressa-
Afflitta come un cane abbandonato dal suo padrone, si sedette e iniziò a scrivere una serie infinita di grandi, brutti e antipatici 3 su un foglio. Tre, che voto del cazzo. Altro che numero perfetto…lei lo detestava.

Suonò la campanella della pausa pranzo. Velocemente affondò la mano nella sua borsa e raccolse i pochi spicci che le rimanevano della sua paghetta per andare a comprare un panino al bar della scuola.
Stava per uscire dalla classe quando si sentì afferrare per un braccio. Si voltò e si ritrovò davanti Tom.
Con uno strattone liberò il polso dalla presa del ragazzo.
-Che vuoi?-
Lui non rispose, semplicemente la fissò negli occhi.
-Senti non ho tempo da perdere, io. Ho fame, voglio andare a mangiare, se non ti dispiace-
-Lo sai che ti stanno per bocciare, vero?-
Spalancò la bocca stupita dalle sue parole. Dopo di che sul volto le si dipinse un sorriso compiaciuto.
-Grazie Mille Tesoro…me l’ero scordata come farò a ringraziarti!-
-Sono serio-
-Anche io sono seria…Razza di…di…Non ho bisogno che TU mi faccia la predica. Sono fatti miei se sarò o non sarò bocciata, tu vedi di strane fuor, capito?-
-Ti voglio solo aiutare deficiente-
Fanny scoppiò in una fragorosa risata, poi lo fissò negli occhi.
-Kaulitz come cadi in basso…mi fai pena.-
…Al che lui rispose “leggermente” alterato…
-Va bene Scopino del cazzo, scusami se per una volta ti volevo dare una mano al posto che sfotterti per il tuo ennesimo 3!-
Non sapeva cosa rispondere…da dove gli era venuto quell’attacco di gentilezza improvvisa! Eh??
-Vedi, è per questo che non ti sopporto! Perché sei un falso di merda! Lo so benissimo che lo fai apposta per farmi sentire un’idiota! E poi cosa vuoi da me? Eh? Tornatene dalla vacca di ieri ok? Ti odio Tom Kaulitz! Ti detesto…tu e il tuo culo del cazzo! Mi spieghi come cavolo fai a non aprire mai libro e sapere sempre tutto? Eh? Come fai ad avere in tutto 10? Io proprio non ti capisco…porca miseria! Non hai la faccia da secchione…hai 6 in condotta! Fai sesso con le mucche nel ripostiglio delle scope e sei sempre in punizione! Ti hanno sospeso 4 volte dall’inizio della scuola eppure…-
-…Eppure?-
-Eppure vai meglio di me, che passo le ore a studiare e non mi entra in testa un beneamato CAZZO! E con questo ho chiuso…buon pranzo-
-Aspetta!-
Ma lei era già scappata via.

Chiusa nel famoso ripostiglio mangiava un panino con maionese avariata e pollo marcio. Uno schifo assurdo. Immersa fra scope e stracci, pensava. Due lacrimoni le rigavano le guance. Il trucco pesante si era sciolto e colava. Tom aveva ragione, la Steichten aveva ragione…aveva bisogno di un aiuto. Non voleva essere bocciata. Era una cosa insopportabile perdere un anno. Il punto però era che lei non era capace di accettare consigli da qualcuno, lei doveva fare tutto da sola, con le sue uniche forze.
Senza rendersi conto del tempo che passava Fanny sentì la campanella che annunciava l’inizio delle lezioni pomeridiane che duravano fino alle 15. A quel punto lei doveva rimanere altre tre ore insieme a quel rompi palle di Kaulitz che tanto si sarebbe appartato con qualcuno…o meglio, qualcuna.

…Ed eccola qui, ore 15.30. In palestra, piegata con uno straccio in mano a pulire il pavimento. Le cuffie dell’Ipod nelle orecchie.
Ad un certo punto sentì qualcuno che la stava chiamando picchiettandole la spalla con due dita. Si girò e fece un salto di due metri.
-Ancora qui stai?? Ma oggi devi rompermi più del solito? Smamma Kaulitz, non ti voglio tra i piedi.-
-Che ascoltavi?-
-Ma mi hai sentito o cosa?-
Lui si sporse per leggere il titolo e l’autore della canzone sullo schermo dell’Ipod nero. Poi scoppiò a ridere.
-I Queen??-
-Qualcosa contro di loro? Sono la base della musica…-
-Oh!-
-Oh cosa?? E sentiamo…che musica ascolti tu?-
-Uhmm…Samy Deluxe!-
-Che schifo…sei peggio di tuo fratello che ascolta Nena!-
Lui le sorrise e aggiunse:
-No…lui è insuperabile…devi sentire poi, quando canta…-
-Immagino…ma dimmi un po’…a cosa devo l’onore di questa visita? Niente sveltina oggi?-
Lui aveva pronta una battutina niente male, ma decise di trattenersi…doveva parlarle. Ne aveva la necessita fisica e psicologica…se non l’avesse fatto non avrebbe preso sonno nemmeno quella notte.
Eppure non riusciva a dirglielo. Le parole gli rimanevano bloccate in fondo alla gola. Aprì la bocca ma quel che ne uscì fu un rumore sordo.
-Allora?-
Si leccò le labbra soffermandosi sulle due palline argentate sull’angolo sinistro.
-Mi passi la scopa?-

***

Note dell’Autrice: Eccomi qua. Vi ringrazio infinitamente per le recensioni! Ho aggiornato abbastanza presto! Spero di essere sempre cosi puntuale :-D
Commenti ben accetti!^^
Auf Wiedersehen!
Kuss

Giuls

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


L’immagine la fece sorridere. Anzi, più che altro le face venire un’immensa voglia di sfotterlo fino a dopodomani, ma si trattenne. Non era stupida, aveva notato che in lui in quel momento qualcosa non andava. Però doveva ammettere che la tentazione era molto forte…probabilmente quella sarebbe stata l’unica e ultima volta che avrebbe visto Tom Kaulitz con una scopa in mano a spazzare la palestra della scuola.
Ma come si dice…il lupo perde il pelo ma non il vizio. Cosi si mise a canticchiare la canzoncina di Cenerentola. Il ragazzo, che evidentemente aveva colto il “sottile” velo di ironia nascosto dietro quell’innocente musichetta, si girò verso di lei e le lanciò in pieno viso lo straccio imputridito abbandonato vicino ad un secchio. Lei cacciò un urlo e iniziò a rincorrerlo per tutta la palestra. Tom rideva ma nella sua testa troppi pensieri si ammassavano.
Voleva, doveva, parlarle. Il bello è che non sapeva di che cosa. Un po’ strano effettivamente avere la convinzione di dover dire qualcosa a qualcuno senza sapere cosa. Oddio, un giro di parole troppo complesso per lui, che era abituato ai Fatti, non a cose astratte e insignificanti.
Cosi di colpo smise di correre. Si fermò. Fanny ovviamente, che lo stava ancora inseguendo con in mano un pericolosissimo secchio d’acqua melmosa, non riuscì a frenare in tempo e piombò completamente addosso a Tom rovesciando su entrambi lo schifo.
-Ka…Ka…uli…tz…-
Deglutì rumorosamente. Il ragazzo era immobile. Sulla punta del naso una gocciolina minacciava di abbandonarsi nel vuoto, e cosi fece. Splut. Si era spiaccicata sul pavimento di gomma rossa della palestra formando una minuscola pozzanghera. Altre goccioline scendevano lungo il suo collo e poi si prosciugavano a contatto con la maglia fradicia. Un odore nauseante proveniva dai due ragazzi. Tanfo di detersivo e di marcio.
Tom, come al rallentatore, si voltò verso la ragazza. Un brivido gelato le percorse la schiena. E, benché fosse completamente bagnata, quello non era un brivido di freddo.
Gli occhi castani di lui le perforarono le pupille. Era forse uno degli sguardi più profondi, ma soprattutto incazzati che avesse mai visto. Lei tentò di sdrammatizzare sorridendogli…
-Hai…hai…un chewingum tra i capelli…aspetta che te lo levo…-
Dopo questa frase certamente rassicurante, Fanny emise una risatina isterica. Avvicinò la mano destra ai dread di Tom e lentamente cercò di sfilare la gomma che vi si era incastrata.
[Ma dico io, che cazzo c’era là dentro eh? Il secchio di Mary Poppins…come c’è finita lì questa schifezza?? Adesso mi ammazza…guai a toccare i preziosissimi rasta di Kaulitz…]
Mentre lei armeggiava con una ciocca, lui era ancora immobile con gli occhi fissi in quelli di lei, che, imbarazzata, cercava di distogliere lo sguardo dal suo. Era rimasto letteralmente shokkato, l’aveva colto all’improvviso. Si sentiva bagnato, sporco, puzzolente e, come se non bastasse, aveva perso completamente l’uso della parola.
-O…Ok, fatto! Ora è tutto come prima…eheh…basta asciugarsi e poi possiamo tornare a casa come se nulla fosse successo, perché effettivamente non è accaduto nulla. Cosa vuoi che sia un po’ d’acqua!-
-Smettila, sei logorroica-
Voleva rispondere ma le uscì un suono sordo. Lui, senza dire nulla, si voltò e iniziò a camminare verso il bagno. Fanny era pietrificata.
Dopo cinque minuti però si girò e raccolse uno straccio per asciugare il pavimento sporco. Stava per tranquillizzarsi, senza pensare più alla figura di merda fatta con Tom, quando il ragazzo sbucò dalla porta della palestra e tornò vicino a lei, sedendosi per terra a gambe incrociate.
La tensione era palpabile. Anzi, era addirittura visibile. Se si faceva attenzione si potevano notare dei piccoli fulmini brillare tra i due. Ma, nonostante l’altissimo tasso di incazzatura che circolava nelle sue vene, Tom era ancora convinto di doverle parlarle.
-Sai…
-Uhm?
Fanny si era voltata verso di lui, mentre, inginocchiata, strofinava per asciugare le ultime tracce di melma.
-…Sono stufo-
Non capiva dove voleva arrivare. E, d’altronde, nemmeno lui se lo sapeva spiegare.
-E…sentiamo un po’…di cosa saresti stufo?-
-Di te-
Lei si bloccò e aprì un po’ la bocca. Com’era stato gentile, eh? Veramente un signore con la s maiuscola. Balbettò…
-B…beh…grazie Kaulitz, sei molto cortese.-
-Non fraintendere…-
-Oh guarda…mi conosci benissimo, sai che io non fraintendo MAI-
-Beh c’è sempre una prima volta…-
-Ok, va bene, ammettiamo che tu, ovviamente è un’ipotesi, cioè lontanissima dalla realtà, sia chiaro…ammettiamo che tu abbia ragione, cos’è che avrei frainteso?-
Lui non rispose e sorrise compiaciuto.
-…Tiro ad indovinare?-
[…No, sarebbe inutile, non ci arriveresti mai]
-Krantz…stai zitta un secondo e mi fai parlare?-
Senza lasciarle il tempo di rispondergli iniziò a parlare talmente velocemente che sembrava avesse ingoiato una mitraglietta.
-Io non sopporto più te, non sopporto più me, non sopporto più Noi. Sono stufa di litigare per ogni singola cosa che facciamo, per ogni parola, ogni smorfia, ogni sospiro…ci siamo martoriati fin troppo…anzi…-
Abbassò il capo e si fissò le mani chiuse a pugno, poggiate sulle ginocchia.
-…ti ho martoriato fin troppo. Insomma tu per colpa mia hai…-
Lei stava dando fiato alle corde vocali per intervenire ma lui la fulminò con lo sguardo.
-Fammi finire, per favore. Dicevo…che tu per colpa mia hai fatto un sacco di cose che di sicuro non avresti voluto fare. Ti sei fatta il piercing, poi quella volta hai bigiato scuola…un giorno ti sei presa una nota sul registro solo per farmi vedere che non avevi paura di niente…hai perfino…- deglutì rumorosamente -…perfino, perso una delle cose, anzi, la cosa più importante della tua vita, per colpa mia-
Non sapeva più cosa aggiungere. Si sentiva cosi deficiente cazzo. Cosi stupido. Perché cavolo le aveva detto quelle cose? A cosa era servito? Dove voleva arrivare? Per quanto riguarda Fanny, lei era completamente spiazzata. Non sapeva che cosa dire.
-Io non…non capisco Kaulitz-
Eccola, la domanda che non avrebbe assolutamente voluto sentirsi dire.
-…Nemmeno io. So solo che è da una settimana che voglio dirti queste parole, senza nemmeno capirne il significato. E credimi se ti dico che ci ho riflettuto fino al mal di testa. Non ci dormo la notte…-
-…ecco cosa ci facevi nel mio giardino! Razza di delinquente senza cervello! Come ti salta in mente di venire sotto casa mia a quell’ora? Quando ti ho visto steso sul prato pensavo fossi un cadavere abbandonato lì da un pazzo killer, mi è venuto un colpo!-
-Sempre tragica tu eh?-
Lei sorrise e incrociò le braccia. Poi all’improvviso Tom capì, capì cosa realmente voleva. Il duo desiderio era semplicemente smettere di litigare, finirla con gli insulti.
-Sai Krantz, penso di essere venuto a capo di questa situazione-
-Sono tutta orecchie-
-E se provassimo a prenderci una pausa? Cioè, se provassimo a smettere di bisticciare per un po’, che ne so, una settimana, tanto per vedere come va?-
Lei rimase un attimo a pensarci e poi gli sorrise.
-Si potrebbe anche fare…solo che, è strano. Cioè, io vengo a scuola solo per litigare con te, altrimenti nemmeno farei la fatica di presentarmi in classe. Senza le nostre sane litigate quale sarà la ragione che mi spingerà a venire? Eh?-
-Beh…magari lo studio?- La rimproverò guardandola storto.
-Naturalmente…ma dopo di lui?-
-Prova a…uhm…pensare che io ci sarò comunque, solo non per litigare ma per essere…non so…amici?-
-Che schifo. No è fuori discussione. Se penso a te come persona normale e non come rivale mi vengono i brividi. Non ci riesco…e poi è da deficienti, è come pensare alla persona che ti piace…-
[…Infatti] Lui abbassò di nuovo il capo, concentrato nella contemplazione delle sue mani.
-…Vabbe, però se proprio ci tieni posso provarci. Ma sia chiaro, è la prima e l’ultima volta che lo faccio capito?!-
Tom si alzò e le tese la mano.
-Ce la faccio benissimo da sola sai?-
Lui la guardò storto, come per dire: “cos’ho appena detto?” Allora lei gli regalò uno dei più finti e squallidi sorrisi del mondo aggiungendo:
–Oh, scusami amico mio accetto volentieri questo tuo amorevole gesto di aiuto-
Il ragazzo l’aiutò ad alzarsi e poi se ne andò sbuffando. Fanny scoppiò a ridere.
-Stavo scherzando Kaulitz! Dai!-
-Si ok…ci vediamo domani Scopino-
-Scusa ma se dobbiamo andare d’accordo smettila di chiamarmi cosi no?!?-
Tom sorrise. Un sorriso strano…e lei se ne accorse. Forse non la stava prendendo molto seriamente quella specie di promessa che si erano fatti. Era assolutamente convinta che l’indomani il ragazzo sarebbe tornato quello di sempre e avrebbe dimenticato il patto. Lei sapeva che non riusciva a resistere nemmeno 10 minuti senza sfotterla su qualcosa. E la cosa era reciproca…figurati una settimana!
Ma da quel sorriso iniziò a pentirsi dei pensieri che avevano precedentemente occupato il suo cervello. Forse non era cosi…forse lui era serio. Che parola strana…di certo un vocabolo che non si addice in nessun modo a Tom Kaulitz. Tutte le parole del mondo gli si possono affiancare tranne che serietà.
Stava già prendendo una grande boccata d’aria per tranquillizzarsi ed auto-convincersi che le parole che si erano scambiati oggi erano tutte immense cazzate, quado senti la voce di lui.
-Ok…cercherò di non chiamarti più cosi, Fanny-
L’ossigeno le andò di traverso e lei incominciò a tossire. Come l’aveva chiamata? Col suo nome? Cioè, con il suo vero nome? Niente Scopino? Niente Krantz? Niente di niente? Solo Fanny? Avrebbe voluto perforargli la testa di domande ma lui si era già dileguato.
Ok. Questa volta era seriamente preoccupata.

Note dell’Autrice: Ragazzi scusate, questo non è un capitolo molto bello, anzi -.-‘ Vabbe, scusate, è che sono ancora emozionata per ieri. Infatti sono andata a radio 105 per vederli!!

Grazie per la lettura! Le recensioni sono ben accette!
Saluti

Giuls

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Era forse la prima volta in tutta la sua vita che trovava quel materasso cosi scomodo. Quella sera non riusciva proprio a prendere sonno. Nella testa le rimbombava la calda voce di Tom che pronunciava lentamente il suo nome. Era cosi strano fra le sue labbra. La F iniziale ben marcata e la y finale più dolce…oddio, ma che cazzo stava dicendo? Ok, era definitivamente delirata.
Si rigirava, destra, sinistra, pancia in su, pancia in giù, rannicchiata, spaparanzata…non ce la faceva proprio a rimanere semplicemente FERMA. Di colpo si alzò a sedere. Uno strano ticchettio le carezzò le orecchie, stava piovendo. Scese dal letto e scalza con i piedi congelati si avvicinò alla finestra. Scostò le tendine e guardò fuori. Detestava abbassare la tapparella di notte, lei adorava il delicato riverbero della luna. Le dava una strana sensazione di pace e tranquillità, come una ninnananna o un sonnifero, una camomilla. Se poi vi si aggiungeva anche la dolce voce della pioggia…
Le goccioline scendevano giù lentamente, col passare dei minuti però aumentavano. Picchiavano contro il vetro. Fanny poggiò le mani e il naso alla finestra. Velocemente si appannò e lei avvicinò l’indice destro alla superficie fredda. Lentamente mosse il dito…prima una T, dopo di che una tonda O e infine una M un po’ storta.
Era cosi strano, non se lo sapeva spiegare. La sua vita senza le loro litigate era come un muffin senza gocce di cioccolato, come una torta senza zucchero a velo…come…come…come una Fanny senza un Tom.
Si avvicinò alla sua scrivania in legno scuro, la sfiorò in cerca di qualcosa, poi un lampo illuminò il cielo. La aiutò a vedere meglio e subito trovò ciò che stava cercando. Schiacciò il pulsante rosso.

PIN eingeben, bitte

Digitò cinque tasti, 10902. Dieci settembre 2002. Il suo pin era quella data. Cioè? Semplice, il giorno in cui aveva conosciuto Tom. Sorrise ricordandosi la prima litigata che avevano avuto. Il primo giorno di scuola, avevano bisticciato perché volevano lo stesso banco. La professoressa aveva concesso il posto migliore a lei, e a lui questo non andava assolutamente giù. Da lì era iniziato tutto.
Fanny sei una sciocca. Possibile che tu non ci arrivi? Tu vuoi bene a Tom, come lui ne vuole a te. Ma, dopo anni di discussioni, chiedere la pace è un passo troppo grande. Un grosso boccone impossibile da mandare giù da sola.
Troppi pensieri le circolavano nella mente. Senza pensarci clccò sul tasto in alto a destra e cercò la K. Pigiò.

***

Era strano. Non dormiva cosi bene da ormai cinque anni. Le aveva parlato e, benché all’inizio si fosse sentito molto stupido, ora invece una strana sensazione di felicità gli riempiva il corpo. E a renderlo ancora più entusiasta c’era anche il fantastico sogno che stava facendo.
Ad occupare il suo sonno in questo momento c’era la nostra cara Fanny, con addosso, stranamente, solo un’adorabile paio di culottes nere.
Sul volto di Tom si dipinse un sorrisetto audace, un sospiro gli sfuggì. La mano destra andò a poggiarsi istintivamente sul torace nudo. Ok, era il momento che preferiva. La ragazza si stava lentamente abbassando l’intimo quando l’immagine svanì. Uno strano rumore giunse alle sue orecchie ancora addormentate.
Una smorfia gli colorò il viso. Aprì velocemente gli occhi. I timpani vibravano, qualcosa stava emettendo un fastidioso beeep.
Sbattè forse un po’ troppo forte la mano sul comodino. Cazzo non potevano essere già le sei e mezzo! E poi scusa…fuori era buio! Ah, ora che se n’era accorto, pioveva, e anche forte.
Afferrò la sveglia e notò che non era lei l’artefice del fastidioso beeep, bensì il suo cellulare abbandonato sulla scrivania. Si alzò velocemente e scostò le coperte. Raggiunse il tavolo ma inciampò sul piumino. Prese il telefonino e pigiò il tasto verde senza nemmeno leggere chi fosse.
Le parole gli uscirono a trecento all’ora, seguendo un ordine non proprio logico.
La prima cosa che disse fu una bestemmia contro la soffice coperta nella quale era inciampato battendo il ginocchio. La seconda fu una gentile ed educata frase dedicata al tizio al di là del cellulare.
-Che cazzo vuoi a quest’ora bastardo?-
Non ricevette una risposta, anzi, sentì solamente una piccola risata provenire dal telefono.
-Ciao Kaulitz-
-Krantz???-
-No, il lupo mangiafrutta-
-Che vuoi alle quattro del mattino??-
-Niente…volevo solo dirti ciao-
-C…cosa?-
-Notte-
E buttò giù.
Non si sapeva spiegare per quale motivo, ma rimase fermo immobile in boxer col cellulare attaccato alle orecchie fino alle sei e mezzo, quando la sveglia suonò e lo destò dal suo stato di trance-vegetale.

***

Era la prima volta che passava un’intera giornata senza parlare con Tom. La prima volta. Ed effettivamente senza di lui le giornate erano parecchio vuote. Quando incrociava il suo sguardo accadeva qualcosa di strano. Lui cercava di attirarla a sé, non capiva in che modo. Era come se lei fosse il ferro e lui la calamita. I suoi occhi acquisivano una strana espressione. Mentre lei non sapeva cosa fare, e sembrava quasi spaesata. Voltava la testa altrove.
Era al quanto imbarazzante effettivamente. Ecco, era la prima volta anche che si sentiva a disagio con Tom.
Troppe prime volte tutte insieme.
Per fortuna a salvarla da quella situazione sicuramente strana intervenne la campanella. Pausa pranzo. Bene, l’avrebbe usata per pensare, visto che aveva lo stomaco chiuso.
Lui però non la pensava cosi…

***

Fanny aprì velocemente la porta del ripostiglio delle scope vicino alla palestra. Una volta entrata tirò la cordicella che serviva per accendere la luce. Una striminzita lampadina che pendeva dal soffitto pieno di ragnatele emanò squallidi raggi biancastri.
Nello stanzino quasi si soffocava dal caldo. Vi era una sola, minuscola finestrella, posizionata molto in alto. Era aperta ma non permetteva l’entrata di molta aria fresca. Tuttavia la ragazza riuscì a sentire il boato di un tuono. Aveva ricominciato a piovere, come la notte precedente.
Che figura di merda aveva fatto con Tom. L’ennesima, aggiungerei. Ormai ci era abituata. Scosse con forza la testa, ci stava pensando di nuovo. Basta! Doveva finirla di basare ogni suo secondo di vita su quel ragazzo. Era diventata un’ossessione.
Un altro tuono la distrasse dai suoi pensieri. Poi uno strano rumore catturò la sua attenzione.
Si alzò in piedi. Un cigolio le raggiunse le orecchie. Un brivido. Stava tremando. Andiamo Fanny…
-Chi c’è?-
Nessuna risposta. Sentiva dei passi farsi sempre più vicini, ma non riusciva a capire da dove venissero. Benché fosse esageratamente piccolo, quel ripostiglio era veramente labirintico. Si stava per voltare quando improvvisamente la luce svanì.
Il buio l’avvolse. Stava per cacciare un urlo ma, grazie a Dio, si trattenne. Voleva correre verso la porta, anche se non sapeva dove essa fosse, ma fu afferrata da qualcosa, o meglio, da qualcuno.
Con forza venne sbattuta contro il muro.
Ok, se la stava per fare sotto dalla paura. Due mani le stavano stringendo con forza i fianchi. Voleva ribellarsi ma la presa era troppo salda, non riusciva a muoversi. Il corpo, probabilmente maschile, le si avvicinò. Il respiro le si era fatto più affannoso. Il labbro inferiore tremava. Avrebbe voluto parlare ma le uscivano solo stupidi sospiri.
Ad un tratto sentì il volto di qualcuno sfiorarle la guancia sinistra. Il respiro caldo dell’intruso le solleticava il collo. Come risvegliata da un periodo di ipnosi, cercò di allontanarlo spingendo contro le sue spalle, ma lui non si muoveva, anzi, se possibile le si avvicinava ancora di più.
Poi, come dal nulla, uno strano profumo le solleticò i sensi. Quell’odore…quello…
-…Kaulitz?-
Le era uscito uno strano sospiro, un misto fra un gemito e una richiesta. Difficile da spiegare. Lui non rispose, semplicemente avvicinò maggiormente la bocca all’incavo del suo collo e lo baciò piano. Delicato.
Fanny ebbe conferma dei suoi pensieri quando sentì un brivido gelato percorrerle la schiena. Ferro. Piercing.
Dalle labbra le sfuggì un sospiro stupito.
-Cosa diavolo stai facendo?-
Aveva mille domande da porgli che le vorticavano nella testa. Ma tutte, e ripeto, Tutte, svanirono quando sentì la sua voce entrarle nelle viscere.
-Zitta. Lasciami fare.-
Non aggiunse altro. Lei chiuse gli occhi, li riaprì. La gola era secca. Il respiro affannato. Le mani sudate. E una strana sensazione riempiva il suo basso ventre.
Era tutto cosi dannatamente strano. Lei non era assolutamente innamorata di Tom. Questa era vero. Eppure…in quel momento stava crescendo in lei una grande voglia. Voglia si capire che sapore avesse quella lingua che lui aveva sempre usato solo per stuzzicarla. Voglia di conoscere il suo corpo al di sotto dei vestiti taglia XXL. Voglia di sapere che cavolo gli frullava nella testa. Voglia di lasciarsi andare benché sapesse che quello che stava per fare era stupido ed inutile.
E per lui era lo stesso. Non capiva se quello era desiderio fisico o altro. Ma non gli interessava.
Con forza strinse il corpo di Fanny al suo. Voleva che combaciassero come le due metà di una mela. Nonostante i tessuti degli abiti, voleva che lei sentisse ogni forma della sua persona. Ogni sporgenza, ogni morbidezza…
Le uscì un sospiro un po’ più pesante dei precedenti. Lo sentiva. Sentiva la sua carne, la sua pelle calda. Cercò con gli occhi il suo sguardo…era buio. Non lo trovò, ma scoprì qualcos’altro. Qualcosa di soffice e allo stesso tempo di ghiacciato che le sfiorava la bocca. Erano le labbra di Tom. Che piano piano si incastrarono con le sue, perfettamente.
Un miscuglio di sapori …il cocco del burrocacao, il muschio del dopobarba, il ferro dei piercing…
Lentamente Tom afferrò le cosce di Fanny e la sollevò da terra. I due toraci si alzavano e abbassavano ad un ritmo talmente veloce che sembrava avessero corso per quaranta chilometri in un minuto. Lui spinse il bacino verso il suo. Affondò le mani nei suoi capelli arruffati. Dopo di che scese verso la camicia nera. Slacciò pian piano ogni bottone…ma non c’era tempo…non c’era tempo…doveva sbrigarsi…la campanella, i vari ripensamenti…non c’era tempo…in fretta…il tempo corre…
Appoggiò il palmo sul seno sinistro. Era proprio come se lo era immaginato. Sorrise sarcastico mordendo goloso il labbro inferiore della ragazza. Poi ci ripensò…non c’era tempo doveva sbrigarsi…
Portò le mani sotto la sua gonna, che vennero a diretto contatto con gli slip di lei. Già, è vero, quel giorno portava le parigine. Lei detestava le collant.
Abbassò l’intimo, fino alle ginocchia, lei, nel frattempo, aveva allacciato con forza le gambe dietro la sua schiena.
Avvicinò la mano destra a quella che, negli ultimi cinque anni, era diventata la sua ossessione. Che razza di porco maniaco.
Lei portò indietro la testa e lui ne approfittò per attaccare le labbra al suo collo. Riempiendolo di piccole macchiette rosse.
Ora capiva perché era così richiesto nella scuola. Oh, eccome se lo capiva…
-T..o..m-
Lui si bloccò. Sorrise bastardo. Alla fine ce l’aveva fatta a chiamarlo per nome. Era la prima volta da quando si conoscevano.
Fece scorrere la mano destra lungo la sua coscia e risalì fino all’ombelico, lasciandosi dietro una scia umida. Se non fosse stato buio avrebbe notato l’evidente rossore colorare le guance della ragazza. Si vergognava. Si vergognava perché provava piacere.
Stava quasi per fermarlo quando sentì ‘qualcosa’ farsi spazio in lei. Si irrigidì. Tom sospirò.
Fanny strinse la maglia di lui. Poggiò la fronte imperlata di sudore alla sua spalla. Il ragazzo la strinse più forte e la schiacciò al muro. Le uscì un gemito…non sapeva se per il dolore o se per il piacere. Cercava di auto-convincersi che il motivo di quella reazione fosse il primo, ma sapeva benissimo che era una grande cazzata.
La sua mano sinistra si inoltrò sotto la maglietta XXL. Accarezzò delicatamente la schiena leggermente umida di Tom. Era un tocco molto delicato, ma quando lui diede una forte spinta, le unghie si conficcarono nella sua pelle.
Era cosi diverso dalla sua prima volta. Lui era cosi diverso. Ma non perché fosse gentile…no…era proprio qualcosa di differente. Forse il fatto che questa volta provava solo puro piacere, e niente dolore. O forse, più semplicemente, il fatto che Tom era molto più bravo dell’altro tizio.
Comunque…ora non le interessava. Ora voleva solo godersi il suo momento di follia.
Sollevò la testa e portò la mano destra sul volto del ragazzo. Improvvisamente un lampo illumino un po’ il ripostiglio. E Fanny lo vide. Non molto chiaramente, ma lo vide. Vide il volto di Tom. Per una frazione di secondo che sembrò durare un’ora intera. Bollenti goccioline di sudore scendevano sulla fronte, gli occhi erano lucidi ed appannati, una smorfia sulle labbra…non avrebbe mai dimenticato quell’immagine, mai.
Lui invece aveva completamente perso la cognizione del tempo, dello spazio, di tutto insomma. Cristo, dal vivo era molto meglio che nei suoi sogni. Ogni centimetro della sua pelle era duemila volte più morbido e profumato di quanto avesse immaginato. Lei era cosi…vera. Istintivamente la strinse ancora di più a se. Stava per scoppiare…voleva scoppiare…ma, nello stesso momento, non lo desiderava. Arrivare all’apice significava arrivare alla fine. E lui non voleva. Ma il suo corpo ormai agiva da solo. Non poteva impedirgli di raggiungere il tanto sognato piacere. Non riusciva a fermarlo…i muscoli si contraevano da soli, spingevano da soli…
Chiusero gli occhi contemporaneamente, li serrarono.
Qualcosa di troppo forte li stava avvolgendo…li catturava in un turbine di sensazioni.
La campanella suonò.
Strano, Tom non la sentì. E nemmeno Fanny.
La prof di chimica segnò le assenze.
Ma loro rimasero fermi in quel ripostiglio fino alle sei di sera. Immobili. A guardarsi nel buio.

***

Note dell’Autrice: Ok. Questo è un capitolo molto particolare. Starete pensando: ma noo! L’hanno fatto troppo presto. Bene, questo era il mio scopo. Io VOLEVO che Fanny si facesse coinvolgere in qualcosa di troppo grande per lei, senza quindi avere ancora le idee chiare. Perché è vero che lei non lo ama [almeno per adesso], è vero che prima di adesso non ha mai pensato a lui come ragazzo. Per questo ho voluto far accadere una cosa come il sesso in un momento di confusione. Apposta per metterla in difficoltà…per farle pensare: “Oddio cosa ho fatto?”
Bene, spero voi abbiate capito cosa intendo xD
Un saluto!
Le recensioni sono ben accette!^^

Giuls
Kuss

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Qualcosa le vibrava nella tasca. Il fastidioso tremolio la svegliò dallo stato di trance in cui si trovava da ben tre ore. Scosse la testa più volte prima di riacquistare un minimo di sanità mentale e capire che il suo cellulare squillava.
-Hallo?-
-Fanny dove diavolo ti sei cacciata?-
-Oh Mama, tut mir Leid-
Senza nemmeno lasciarle il tempo di chiederle dove fosse, con chi fosse, cosa stesse facendo e soprattutto quando si sarebbe degnata di tornare a casa, Fanny pigiò il tasto rosso e rimise il telefono in tasca. Alzò il capo per vedere se Tom fosse vivo o morto. Era semplicemente immobile con la testa china e gli occhi fissi nei suoi.
-Io…-
Si piegò leggermente e posò le labbra fredde sulle sue, gliele aprì leggermente e insinuò lentamente la lingua, accarezzando la sua con dolcezza. Dopo di che si staccò, le braccia, che prima le circondavano i fianchi, tornarono rigide lungo il corpo. Si piegò e raccolse la maglietta, abbandonata morta sul pavimento gelato. Se la infilò e uscì dal ripostiglio, senza proferire parola.
E lei non sapeva che fare…voleva rincorrerlo, voleva baciarlo, voleva urlargli contro, voleva strozzarlo, voleva spogliarlo, voleva picchiarlo, voleva piangere, voleva ridere, voleva imparare ad essere un po’ più coerente…richiesta inutile, ma soprattutto impossibile.
Cosi senza pensarci uscì dallo stanzino e salì le scale, una per una, lentamente, senza più forze, e arrivò in classe, raccattò la sua borsa firmata “Nightmare before Christmas” e il suo giubbotto di pelle da motocross costato un occhio della testa. Fuori pioveva ancora, si avvicinò alla finestra e vi si poggiò incollando le mani al vetro appannato. Lo vide. Camminava senza fretta. Che incosciente, rischiava di prendersi una bronco-polmonite. Le goccioline ottobrine scendevano lungo il viso, poi il collo, poi inzuppavano la felpa e si trasformavano in un brivido fatale che correva lungo la sua schiena…la schiena dove rimanevano vivi i segni del suo errore…errore? Era davvero stato un errore? Beh anche se lo fosse stato…era di sicuro l’errore più bello della sua vita.
Si fermò un attimo, si voltò…le mani affondate nelle tasche dei jeans fradici. Si sentiva osservato. Alzò lo sguardo in cerca di qualcuno fino a che non lo trovò…le sorrise, era troppo lontana, di sicuro non aveva notato le sue labbra piegate ma a lui non importava. Si girò e tornò a casa.
Fanny sospirò. Scese le scale e uscì dall’edificio, montò sulla sua inseparabile biciclettina e iniziò a pedalare sotto il diluvio universale. In men che non si dica arrivò alla sua dimora…sapeva che ben presto Georgina le avrebbe sbraitato dietro per le prossime due ore ma a lei bastava annuire e dire –‘Tschuldigung Mama, non lo farò più-.
Ora l’unica cosa di cui aveva bisogno era un bel bagno caldo. Lo stomaco era chiuso, saltò la cena. Raggiunse il secondo piano ed entrò in camera sua. Chiuse la porta a chiave, detestava essere disturbata. Con una lentezza quasi ridicola si spogliò. Si avvicinò al suo scaffale dove custodiva da anni la sua collezione di musica di ogni genere. Frugò per un minuto buono prima di trovare il Mitico. Chopin. Si faceva ridere da sola, certo che era proprio una ragazza strana.
Entrò nel bagno personale, la cui porta si trovava proprio vicino al suo armadio. Con forza girò la manopola del rubinetto e spruzzò nella vasca metà boccetta di bagnoschiuma alla vaniglia pagato 1 euro e 50 in super sconto. Non gliene fregava un beneamatissimo cazzo dei cosmetici, preferiva comprare i più economici, e chi se ne fotte se non rendevano la pelle liscia come quella del culo di un bambino. I suoi soldi li spendeva in ben altre cose.
Pigiò play e le articolate note del Mitico le addolcirono i timpani. Slacciò l’asciugamano che teneva stretto sotto il seno.

Aveva proprio la necessità fisica, psichica, morale e spirituale di farsi una doccia. Salì in fretta le scale e entrò nel bagno cacciando fuori a calci Bill che si stava accuratamente struccando.
-Ehi?-
-Fuori dalle palle, Kaulitz-
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondergli, lo lanciò fuori dalla stanza e chiuse la porta a chiave. Che bamboccio.
Si spogliò alla velocità della luce e si catapultò nel box completo di spruzzi per massaggi, aroma-terapia, termo-terapia, cromo-terapia, sauna e chi più ne ha più ne metta. All’inizio provò un forte bruciore sulla schiena, probabilmente il contatto del sapone con le dolci artigliate che Fanny gli aveva regalato aveva provocato quella reazione.
L’acqua scendeva bollente sulle spalle non troppo muscolose, donandogli quella piacevole sensazione di piacere. I muscoli si rilassarono…la mente era vuota…forse…

…il ricordo dei suoi occhi era impresso nella sua testa cocciuta. Non riusciva a cacciare via quell’immagine. Chiuse con forza gli occhi, ma la situazione peggiorava solamente…appena abbassava le palpebre poteva percepire il profumo della pelle di Tom, poteva sentire il suo sudore caldo scendere lungo i tendini tirati del collo. Li riaprì velocemente. Si portò le dita alle tempie.
[Cosi non va…]

Si abbandonò esausto sul letto. I dread sciolti cadevano lunghi dietro la schiena, il torace ancora umido, addosso solo un paio di boxer forse un po’ troppo larghi. Aveva bisogno di vederla. Non sapeva a quale scopo, forse parlarle, forse semplicemente salutarla, forse sorriderle, forse urlarle dietro, forse litigare, forse baciarla, forse ri-farci l’amore, forse…non…non lo sapeva. Possibile fosse cosi complicato?
Si sentiva anche così debole…aveva preso parecchio freddo quel pomeriggio sotto il diluvio. Probabilmente aveva qualche linea di febbre, ma non gli importava, ora l’unica cosa che contava era andare da lei.
-Bill io esco dillo tu a mamma-
-Ma…-
-Niente ma-
-Tu…-
-Zitto-
-Però…-
-Ciao-
-Fuori…-
Le sue parole furono interrotte dal rumore sordo della porta d’ingresso sbattuta con violenza da Tom.
-…Piove-
Terminò la frase in un sussurro. Suo fratello era strano…

Ok, doveva ammetterlo, forse, e sottolineo, FORSE, la febbre gli era leggermente aumentata. Giusto di qualche grado…avrà avuto 37 scarso. Già, figuriamoci se il grande Kaulitz possa essere ammalato! Ma che scherziamo? E poi cosa vuoi che sia un po’ d’acqua? Fa solo bene…
Camminava barcollante con gli occhi semichiusi e le mani affondate nelle tasche della felpa per riscaldarle un pochino. I piedi, infilati nelle enormi scarpe, rese ancora più giganti dall’acqua che le aveva gonfiate, strisciavano per terra, finendo ogni due per tre in una pozzanghera profonda come il mar Caspio. Cazzo pioveva da 24 ore ininterrottamente.
Aumentò il passo…era stravolto, stava per crollare disteso sull’asfalto.
Alzò il capo, una luce accesa. Grazie a Dio.
Raccolse le ultime forze che gli restavano. Se avesse lanciato ancora sassolini di certo non lo avrebbe sentito, quella maledetta ragazza era più sorda di un mulo. Entrò nel giardinetto, quasi andò a sbattere contro la casettina delle lettere, un piccolo mancamento. Si appoggiò ad essa e prese una bella boccata d’aria. I vestiti erano letteralmente fradici…l’acqua gli era entrata persino nelle ossa.
Mosse qualche altro passo verso la parete ricoperta di edera della casa. Afferrò un ramo della povera pianta e vi si attaccò. Non sapeva da dove, ma trovò la forza di sollevarsi. Lentamente si arrampicò fra i rami e le foglie che grondavano acqua. Era vicino, mancava poco. Si aggrappò alla colonnina di cemento del balcone e si sollevò distruggendo i suoi poveri addominali doloranti. Scavalcò la ringhiera e crollò disteso a terra emettendo un gemito strozzato. Drizzò le orecchie e captò dolci note…Chopin. Sorrise, quanto era strana quella ragazza. Si alzò in piedi e barcollando poggiò i palmi delle mani e la fronte al vetro della finestra, forse un po’ troppo forte. Chiuse la destra a pugno e battè forte contro la superficie fredda.
Fanny all’inizio non capì…si spaventò…un ladro…un maniaco…un pedofilo…un assassino…un pazzo! Agguantò un morbido cuscino con sopra stampata la candida faccia di un vampiro. Si avvicinò alla finestra a piedi nudi con addosso solamente un paio di slip neri e un top del medesimo colore. In casa sua il riscaldamento era a mille gradi centigradi…quasi soffocava.
Con piccoli e delicati passi si avvicinò al vetro, scosto veloce la tenda e aprì la finestra alla velocità della luce…senza nemmeno pensarci lanciò il cuscino contro la faccia del mal capitato emettendo un urlo di vittoria.
Ma quando si accorse che il poveretto era in realtà Tom, rimase qualche secondo impalata, insicura sul da farsi.
Lui nel frattempo si era alzato in piedi con il cuscino in una mano e l’altra che copriva il naso dolorante. Stava per saltarle addosso e iniziare a prenderla a schiaffi dalla rabbia, quando all’improvviso iniziò a vedere tutto sfocato…doppio…era forse in paradiso? Probabilmente si dato che davanti a lui si ergevano due Fanny in mutande e reggiseno. Sul suo volto comparve un sorriso al quanto ebete…allungò la mano verso di lei, che indietreggiò sconvolta. Si sentiva la testa scoppiare…dopo aver proteso il braccio nella sua direzione perse l’equilibrio e crollò lungo disteso sul pavimento di parquet caldo.
Fu allora che lei si svegliò dal suo stato vegetale e accorse in suo aiuto. Gli sollevò la testa e portò la mano destra alla sua fronte…ovviamente bollente. Lo portò di peso sul suo letto e lo spogliò ficcandolo sotto il piumino.

Una lunga serie di domane le affollavano la mente…che cavolo ci faceva Tom lì a quell’ora? Perché era caldo come una pentola a pressione? Come mai era venuto?
Nessun quesito ebbe una risposta…lui dormiva beato fra le lenzuola della ragazza. Mentre lei era seduta con una tazza rovente in mano, a fissarlo mentre respirava. Certo…bello era bello, eccome. E di certo era anche intelligente, forse troppo…le voleva bene? Probabilmente…insomma, forse era stato solo sesso…tuttavia il loro era un legame tutto sommato d’affetto…nonostante litigassero sempre, in fondo si volevano bene. Però…il suo più grande timore era che il tutto si fermasse lì. Lei non amava Tom. E lui?
[Non credo ne sia capace…]
Tutto al condizionale comunque…niente di chiaro, preciso.
-Merda-
Guardò l’orologio, erano le due del mattino. Esageratamente tardi…tra l’altro non aveva aperto libro. Domani si sarebbe finta malata, come lui. Non aveva la benché minima voglia di andare a scuola…anche perchè poi, ad un certo punto, avrebbe dovuto riportare il ragazzo a casa sua, o almeno telefonare per avvertire che era da lei.
Ma ora non le interessava…senza nemmeno mettersi la camicia da notte si infilò sotto le lenzuola insieme a lui e con un leggero clik spense la luce. Gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, incrociando le dita con le sue, poggiate all’altezza dello stomaco. Inspirò a fondo il suo profumo…si rilassò e chiuse gli occhi. Il battito del suo cuore, leggermente più veloce del normale per via della febbre, la cullò fino a che non si abbandonò delicatamente fra le braccia di Morfeo.
Ne era certa…per lei era solo un amico…niente più.

***

Note Dell’Autrice: Ragazzi…scusate per il ritardo. Mancanza di inspirazione [Ehm…]. Questa fanfiction sta prendendo una piega che non mi piace per niente…sta diventando cosi banale…ufff che nervoso…!
Non so…non mi ispira molto [!]
Vabbe lasciatemi qualche recensione e scusate se il capitolo non era il massimo ^_^’
Un saluto!
Kuss

Giuls

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Sudava, sudava troppo. Le pulsazioni del suo cuore erano pericolosamente aumentate. Alzò ed abbassò lentamente le palpebre…Cristo puzzava più di un uomo di Cromagnon e un mammut messi insieme.
Non si ricordava niente…non capiva dove fosse, poi all’improvviso due mani bollenti gli cinsero con forza il bacino. Dalle labbra gli uscì un lieve “Oh” sussurrato a malapena.
Il torace della ragazza si alzava ed abbassava dolcemente, e lui poteva sentire il morbido seno di lei pigiato contro la sua schiena.
Il respiro si fece più veloce. Lei si mosse, una smorfia, un gemito, lo strinse ancora più stretto. Le gambe nude si incastrarono fra le sue.
Come diavolo erano finiti in quella posizione?
Con delicatezza la scansò, di certo non le sarebbe dispiaciuto se si fosse appropriato del suo bagno per un po’. Tentò di alzarsi, ma la vista gli si appannò, la testa minacciava di scoppiare e sporcare le pareti della camera con sangue e brandelli di cervello. Possibile che anche solo tentare di mettersi in posizione eretta gli provocasse tutte quelle reazioni?
Barcollante si diresse verso la parete. Si rese conto solo a quel punto di essere completamente nudo con addosso solo un paio di boxer, tra l’altro non suoi. Un enorme punto interrogativo gli si formò sulla testa. Appoggiando le mani al muro color porpora per non stramazzare a terra, camminava lentamente verso la porta del bagno.
Improvvisamente però, sui suoi padiglioni auricolari rimbalzò un suono stridulo.
-TOM KAULITZ, FILA A LETTO-
Come un macigno di due tonnellate, l’urlo di Fanny gli perforò i timpani fragilissimi.
-Ma sei rincoglionita?-
Già la testa gli doleva assai, se in più si aggiungeva uno strillo firmato Kranz-incazzata-e-per-di-più-appena-sveglia, le sue povere meningi potevano andare dolcemente a farsi friggere.
-Sei intelligente come uno gnu tibetano Kaulitz. Hai la febbre altissima e te ne vai in giro nudo per casa? Torna subito a letto.-
Lui non sapeva come rispondere. Era rimasto incantato. Se in quel momento la signora Georgina fosse entrata in camera avrebbe sicuramente frainteso la situazione dato che Fanny era “vestita” come la sera precedente, ovvero un misero completino nero. Mentre lui, beh, quegli adorabili boxer con le barchettine gialle gli donavano particolarmente.
Senza nemmeno proferire parola indicò il suo intimo con l’indice della mano destra. Lei abbassò il capo e puntò gli occhi verso il suo “amico” scoppiando in una fragorosa risata.
-Che hai da ridere?- Disse lui mettendo su un adorabile broncio e arrossendo visibilmente.
-Nulla, nulla…solo, ieri sera ho affondato la mano nel cassetto di biancheria intima di mio fratello e ho pescato i primi boxer che ho trovato…non pensavo ne avesse di simili!-
-…Scusa tanto, ma le mie mutande cosa avevano che non andava?-
-Erano fradice…-
Lui sgranò gli occhi e arrossì ancora di più. Lei lo guardò con aria intenerita ed interrogativa
-Che c’è?-
-Tu mi hai spogliato!-
Lei lo fissò con sguardo ingenuo, -E allora? Eri bagnato come un povero pulcino, svenuto sul mio parquet, cosa potevo fare? Abbandonarti al crudele fato o salvarti da morte certa?- Lo disse portando le mani giunte sul petto e assumendo una posa teatrale.
Lui balbettò qualcosa di incomprensibile, lei allora puntellò i palmi sui fianchi, colorando il viso vispo con un sorrisetto malizioso per niente rassicurante.
-…Oh, non preoccuparti, niente che non abbia già visto-
Tom era sconvolto, da dove tutta quella scioltezza? Dimenticandosi della questione Boxer-con-barchette-gialle, le si avvicinò barcollante.
-Ti dispiace se mi faccio una doccia?-
-Si, non devi prendere freddo, torna sotto le lenzuola, fa niente se puzzi come una bertuccia, per una volta chiuderò un occhio-
Lui scazzato come non mai la raggiunse e cercò di minacciarla con scarsi risultati.
-Kranz, sembri mia madre, la smetti di scartavetrarmi i maroni?-
-…Per il tuo bene, Kaulitz, faccio finta di non aver sentito-
Si stava voltando per afferrare una magliettona extra large quando sentì due mani afferrarle i fianchi da dietro. Si irrigidì, le tornò in mente ciò che aveva pensato la sera precedente prima di addormentarsi.
Il petto bollente di Tom le bruciava la schiena. Le sue labbra le infiammavano il collo.
-Cosa fai?-
-Non è giusto…- Iniziò a salire con la bocca, su…più su…
Lei deglutì.
-Cosa non è giusto?-
-Tu…- Ancora più su, l’orecchio, la guancia…
-…Mi hai visto senza veli due volte…io solo una…non è giusto-
La voltò, cercò le sua labbra, ma non le trovò. Fanny aveva scansato il capo.
-Che…?-
-…Dimentica, Kaulitz. Non può funzionare-
-Ma…-
-Niente ma, tu mi hai chiesto di provare ad essere amici, ed è ciò che sto facendo. Ma ora pretendi troppo. Non…-
Si bloccò. Non sapeva come terminare la frase. Si staccò da lui e si infilò la maglietta.
-Chiamo i tuoi, dico che sei qui e che torni a casa per l’ora di pranzo-

Lo sguardo era perso nel vuoto di una goccia, ormai morta sul finestrino ghiacciato della macchina. Pioveva, ancora. Non lo sopportava più quel dannato temporale. La testa pulsava, sentiva il cuore rimbombargli nelle tempie. Chiuse con forza gli occhi. Poteva ancora percepire il forte profumo di vaniglia del suo corpo.
Vicino a lui, il fratello lo riempiva di domande. Sui sedili davanti i genitori erano zitti, un silenzio assordante.
-Cosa avete fatto?-
-Niente.-
-Dai raccontami!-
-Porca puzzola Bill, sei logorroico forte, eh? Sto male, puoi evitare di perforarmi i timpani con i tuoi stupidi quesiti?-
-Accidenti…-
-Accidenti cosa?- Ringhiò Tom
-Niente, lascia perdere…-
Che discorso squallido. Era da un po’ effettivamente che lui e il suo gemellino non si buttavano in una bella discussione, una di quelle che li impegnava per ore e ore, senza mai annoiarsi. Ma d’altronde la sua vita stava andando tutta a puttane. Fanny lo aveva letteralmente scaricato, parola che non gli si addiceva AFFATTO. E il bello era che il bidone glielo aveva lanciato dopo che lui aveva fatto una fatica porca per sfondare la sua barriera di orgoglio maschile misto a testardaggine, per riuscire a parlarle, a dirle che voleva essere suo amico, a chiamarla per nome e, infine, a farci l’amore nel ripostiglio.
Cristo, ma non poteva dirgli direttamente che non lo cagava di striscio, al posto che fare la preziosa per poi lasciarlo con un bel niente fra i denti?
Incazzato più che mai, Tom si mangiava le unghie osservando il paesaggio dalla macchina.
In pochi minuti si ritrovò nel suo letto sommerso di piumini e lenzuola fino alla punta dei dread. Cazzarola, non si era ancora lavato, e stava continuando a sudare sempre di più. Che schifo.
Contrariamente a ciò che sua madre Simone gli aveva severamente imposto, si alzò dal letto e si diresse verso il bagno. Era a casa sua, diamine, se aveva voglia di una doccia nessuno poteva impedirgli di farla. Chiaro?
Si tolse i boxer con le barchettine. A questo punto iniziò una scena al quanto ridicola. Tom Kaulitz, più inviperito di una vipera inviperita, completamente nudo, nella sua stanza, si mise a strappare con quanta forza possedeva i poveri boxer, che, innocenti vittime, finirono in brandelli sul tappeto.
Ancora più scazzato aprì violentemente il box doccia. Fortunatamente non lo sfondò, ma ci andò vicino.
Staccò quasi dal muro il rubinetto e cercò di rilassare i muscoli sotto il getto bollente, ma il risultato fu scarso.
Sul suo corpo poteva ancora sentire il profumo di Fanny, delle sue lenzuola, del suo cuscino…
Con una potenza inaudita scagliò un pugno contro le piastrelle eteree della doccia, sbucciandosi le nocche, che lentamente iniziarono a sanguinare. Due goccioline purpuree scendevano sulla parete bianca…facevano a gara…chi sarebbe arrivata vincitrice alla morte? Chi si sarebbe mischiata per prima con il sapone e l’acqua nelle tubature di casa Kaulitz?
Non gliene fregava un beneamato cazzo. Velocemente uscì dalla doccia e si fiondò sul letto.
[Che minchia mi succede?] Fine, come al solito…
Lo so io cosa ti succede, nanerottolo. Ti rode, eccome se ti rode. La vuoi vero? Con tutto te stesso…eh?
Strinse le mani a pugno, le nocche della destra gli bruciavano terribilmente…si dice che per non sentire dolore, il metodo migliore sia provocarne altro…io non ci credo, e tu Tom? Evidentemente non la pensava come me, dato che con forza si mordicchiò il labbro inferiore, facendolo sanguinare. Il sapore ferroso e forte gli riempì la bocca.
Chiuse con forza gli occhi.
Sei in un brodo di giuggiole, mio caro ragazzo. Non ce la fai più…
Vorrebbe chiamarla, o meglio, andare da lei…vorrebbe ma non può.
Lui e lei non sono compatibili. E il signorino Kaulitz se ne sta rendendo conto.
Ma come al solito…arriva in ritardo.
[Perché cazzo devo essere sempre cosi stupido?]
Ancora…un altro…un altro pugno…sempre la stessa mano…sempre lo stesso dolore, alla seconda…al cubo…la radice quadrata di centoventuno…ecco, stava anche impazzendo…
Un dolore più forte degli altri…
Torace
In mezzo…
…Anzi no, un po’ a sinistra…

****

Note dell’Autrice: TADAAAAN, signori e signore, bambini e bambine, ecco a voi, Mr Kaulitz Innamoratoooo!
Mi rendo conto delle seguenti cose:
-Ritardo sovraumano…ma, ahimè…cercate di capire una povera ed innocente scrittrice da quattro soldi come me :D
-La storia che cade sempre più in basso…sempre più scontata e banale…ma non ci posso fare nullaaa, sto cercando di spremermi le meningine e tirarne fuori qualcosa di un po’ original!!

A codesto punto non posso dirvi altro se non…le recensioni sono ben accette! Vi ringrazio tutti!

Un abbraccio stretto

Giuls

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Un rumore sordo. Il legno di quercia della porta che vibra, il pugno serrato di Bill che batte forte.
-Che vuoi?-
-…Parlarti due minuti-
-Vattene-
-Dai cazzo, che ti costa?-
Tom sapeva che se non avesse spalancato quella dannata porta suo fratello la avrebbe distrutta a suon di pugni. Strano fosse capace di colpi tanto forti, normalmente non alzava nemmeno un dito per paura di rovinare la sua preziosissima e curatissima french.
L’emisfero sinistro del suo encefalo gridava: “Apri quella cazzo di tavola di legno o giuro che mi autodistruggo in dieci secondi”
L’altra metà di cervello invece strillava: “Fottitene, tanto prima o poi si spezzerà un’unghia…” Al che Parte Sinistra (Che d’ora in poi chiamerò Gerardo) rispondeva: “…Se si dovesse anche solo lontanamente scheggiare un minuscolo pezzettino di cartilagine pesantemente smaltato, per un totale di quarantasei strati di catrame nero, allora si che sarebbe una tragedia…” Detto ciò, Arturo (Alias Parte-Destra) sospirò e bisbigliò qualche borbottio incomprensibile.
Tom, resosi conto di essere leggermente rincoglionito, visto che stava allegramente chiacchierando con i due emisferi del suo cranio, si svegliò da quella posizione inebetita e si diresse verso l’entrata della sua stanza.
Con un altissimo (…issimo) tasso di incazzatura nelle vene spalancò la porta e si ritrovò il truccatissimo viso del gemello a un centimetro di distanza. Quasi fece un salto di diciotto metri per lo spavento. Di fronte a lui Mr Kaulitz Jr si presentava a voi, care lettrici, con la testa completamente ricoperta di bigodini e il viso spalmato di una melma non identificabile di color verdino stile caccola di orco.
-Cristo santissimo Bill…come cazzo ti sei conciato?-
-Ah…tu intendi…questa?- Disse indicandosi le gote verdognole.
Tom annuì.
-Niente, solo una maschera ristrutturante, emolliente, sgrassante, anti-imperfezioni, con scrub incorporato agli oli essenziali di cetriolo e di acido secco di sidro di mele-
Battuta copiata direttamente alla DMC grazie al loro “favoloso” AmericanDietSistem…
Il rasta assunse uno sguardo al quanto raggelante e fulminò il fratello, il quale, intuendo i pensieri omicidi del gemello, indietreggiò di un passo e sfoggiò un adorabile sorriso da Bambi che ha appena scoperto che la madre è stata uccisa a bastonate dal cacciatore.
Tom scosse il capo sconfitto. Di nuovo Gerardo e Arturo si intromisero nei suoi pensieri: “Io lo sbatterei via a calci nel culo” diceva il primo. “Io invece lo farei entrare, può aiutarci!” escalmava il secondo.
Il ragazzo sospirò e decise di dar retta ad Arturo.
-Vieni deficiente-

Bill si stava lentamente sciogliendo i bigodini dalla testa, mostrando degli orrendi boccoli neri come la pece.
-Ma perché cazzo ti fai i ricci se poi tanto li piastri?-
-Cosi…non ho niente da fare. Allora torturo i miei adorati capelli. Tanto sono assicurati!-
La mascella del rasta raggiunse Lucifero, nella bocca dell’inferno. Era pazzesco come suo fratello potesse essere cosi rincretinito. Non lo avrebbe mai compreso. Ma non gli interessava…l’importante ora era che Mister-Boccoli-D’Oro-Morta capisse lui. E non viceversa.
-Sai Bill…E’ strano…-
Il volto del gemello si fece serio improvvisamente.
-Cosa è strano?-
Tom starnutì e incominciò a tossire. Era ancora malato. Con aria svogliata raggiunse la tazza di tè ormai non più tanto bollente, che era poggiata sul comodino. La afferrò e si risedette sul materasso morbido, di fianco al gemello. Sorseggiò la bevanda tiepida.
-…Tutto, tutto è strano…-
-Fanny?-
Lo sguardo del biondino si sollevò dal pavimento e raggiunse quello vellutato di Bill. Sospirò…certo che a lui non poteva nascondere proprio niente!
Sorrise sarcastico.
-Complimenti Herr Kaulitz, ha vinto due milioni di euro-
Abbassò nuovamente gli occhi, confuso.
-Quali sono i sintomi, signore?-
Tom inizialmente non capì dove il fratello volesse andare a parare, ma poi intuì. Sorrise tristemente.
-Mi fa male qui…-
Prese la mano fredda di Bill e la avvicinò al petto. Kaulitz Junior sussultò. Il palmo destro del gemello era dolcemente posato sulle sue dita. Una pulsazione sfiorò i nervi del ragazzo.
Tu-Tum
Tu-Tum
Tu-Tum
-…Batte, è buono-
-Certo che è buono deficiente, se non battesse sarei morto-
Il volto di Bill si colorò leggermente di rosa.
-E allora qual è il problema?-
Tom sorrise sarcastico. Pigiò più forte la mano del fratello contro il suo petto.
-Senti?-
Il moretto lo guardò con aria interrogativa.
-Fai attenzione…-
Tu-Tum...
…Tu-Tum-Tu-Tum-Tu-Tum
-…Più…forte…come mai?-
-Non lo so…-
Bill sorrise. In modo dolce, fraterno, semplice, amorevole…
-…Dimmi Tomi…quando batte più veloce, a chi pensi?-
Con l’ingenuità di un bambino, il ragazzo si portò l’indice sinistro sotto il mento, ammorbidito da qualche accenno di barbetta. riflettè per qualche istante…meditò bene sulla risposta da dare.
E di colpo, come un tredicenne immaturo e sciocco, cosa che effettivamente lui era, non letteralmente, certo…ma di sicuro metaforicamente si, di colpo arrossì. Violentemente.
-A…A nessuno!-
Bill sfoggiò un sorriso a quattromiladuecentosei denti. Si alzò e raccolse tutti i suoi bigodini.
-D…Dove vai?-
-La maschera si secca, mi rovino la pelle!!-
Tom lo guardò storto.
-…Ho finito il mio lavoro, paziente-
-Ma…Io…E la diagnosi qual è?-
Il moretto scoppiò in una fragorosa risata, che riecheggiò nelle orecchie del rasta, incontrò la sua staffa, il martello…la chiocciola…il timpano…
-…Si chiama amore, Kaulitz-
Detto questo se ne andò veloce come era venuto. Chiudendo la porta in legno di quercia.
Tom, sorpreso dal nome della sua Malattia, non calibrò la quantità di tè da ingoiare. Fatto sta che in pochi secondi si trovò a tossire. Probabilmente l'epiglottide non aveva funzionato nella giusta maniera, dato che la bevanda tiepidina viaggiava ora fra i suoi alveoli polmonari. Tossì per due ore come un gatto che sta per vomitare una palla di pelo grande come la muraglia Cinese.
E, in un secondo momento, sentì Arturo e Gerardo esclamare un forte, disperato, rassegnato, colorato e fine “Porca Puttana”.

__

Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò a pensare a lui. Certo che era proprio strano. Come diavolo ci era finita in quel dannato ripostiglio? Doveva semplicemente pensare un po’…forse la confusione l’aveva portata a compiere azioni talmente stupide da essere irrimediabili.
Sorrise.
Improvvisamente il suo telefonino iniziò a vibrare. Un pezzo degli HIM riempì la stanza. Canticchiò un po’ le note del gruppo e poi afferrò l’aggeggio.
Un messaggio.

Hallo Fanny, stasera a casa mia. 21 precise. E’ tornato.

Sbiancò.
E’ tornato.
E’ tornato.
E’ tornato.
Quelle due parole…le rimbombavano contro le pareti della testa. Come un eco infinito.
E’ tonrato…ato…ato…to…
Un unico pensiero.

Merda.

*******

Note Dell’Autrice: Eccomi qua! ‘Sta volta puntuale! [Più o meno dai!] Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo! La parte di Tom che parla con le due metà del suo cervello mi ha fatto troppo ridere! [Si lo so, sono un caso perso xD RINCHIUDETEMII]
…Chi sarà mai il misterioso nuovo personaggio?? Muahaha lo scoprirete presto! [Forse…LoL]

Ringrazio infinitamente chi sta commentando e anche chi solamente legge^^ Ma ricordate che le recensioni sono sempre ben accette, quindi, RECENSITE miei lettori!^^

Un grande Kuss a tutti!

Vostra Giuls

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Il cuore le batteva a mille, il ferretto del reggiseno era conficcato nelle costole, le facevano male i piedi, il trucco nero era colato fino alle labbra, i capelli sembravano un groviglio ingrovigliato di rovi.
…E la porta della villetta numero tredici in Harmund Straße si aprì velocemente.
-Alla buon ora!-
Gli occhi scuri di Fanny assunsero un aspetto al quanto patetico, come se stessero per prendere vita e urlare contro alla malcapitata: “Ti prego, imploro perdono in ginocchio leccandoti i calzini puzzolenti di gorgonzola, ma quella buona donna di mia madre non ne voleva sapere di farmi uscire!”
Korin le sorrise intenerita e si scansò dall’entrata per permettere alla mora di entrate e poggiare le sue doloranti chiappe su una poltrona.
-Come mai questo ritardo?-
-Le solite cose…-
-Guardami negli occhi-
No, non se la sentiva proprio. Cribbio era tornato, tornato. Lui. Lui era tornato. Non un altro, lui.
-E’ inutile che cerchi di deviare il discorso, so benissimo a cosa stai pensando-
Sollevò il capo, non era per nulla stupita dall’affermazione dell’amica. Lei era fatta cosi, capiva sempre tutto. O almeno, quasi tutto. Effettivamente non aveva mai nemmeno lontanamente sospettato che ci fosse stato qualcosa tra lei e Kaulitz. Un po’ si era insospettita, ma non più di tanto.
Le sorrise, più falsa e finta che potè. E ci riuscì. Ciò che aveva fatto con Tom era riuscita a nasconderglielo. Grazie a Dio. Forse per la paura, forse per la vergogna, forse per…non sapeva spiegarselo. Fatto sta che nel preciso istante in cui sentì il campanello di casa Teulnehm squillare arzillo, il volto del rasta svanì immediatamente dai suoi pensieri, senza lasciare nessuna traccia dietro di sé.

Chiuse gli occhi, una, due, tre volte. Ma ogni volta che le palpebre oscuravano la sua visuale sul mondo, un’immagine dai contorni ben definiti occupava la sua mente. La riempiva in ogni suo angolo. Capelli morbidi e folti, castani scurissimi. Occhi di un verde quasi anormale, alieno, assurdo. Un sorriso nemmeno cosi bello, eppure la mandava in palla. Le scollegava tutti i cavi del cervello, i cavi in cui scorreva come energia vitale un poco del suo buonsenso, che andava decisamente a farsi fottere appena incrociava lo sguardo del ragazzo.
Con un nodo nello stomaco grande come quelli delle cime del Titanic, Fanny scese lentamente le scale per raggiungere l’ospite e salutarlo. Il viso faceva una grande concorrenza ai peperoni che aveva comprato il giorno prima al supermercato in mega-sconto, prendi quindici paghi uno.
Le mani le sudavano come se stesse per andare incontro alla morte.
[Speriamo non voglia stringermele…] Fu l’unico, ed idiota aggiungerei, pensiero che la sua mente bacata potè formulare in un momento come quello.
Svoltò l’angolo e si ritrovò faccia a faccia con l’essere più strepitosamente, maledettamente, assurdamente e fottutamente bono dell’intero Universo…ovviamente mano nella mano con un altrettanto sovrannaturale creatura appena uscita dalla copertina di Playboy. Per citare nuovamente la famelica battuta ispirata al grande Dante, la mascella di Fanny andò a far compagnia al caro Lucifero.
Ok, si stava auto-imponendo di ripetere gli esercizi di Joga imparati una decina di anni prima guardando la televendita del tappetino di gomma blu.
Respirare…lentamente…contare fino a dieci…possibilmente senza sudare come una marmotta nel deserto…sorridere senza sembrare una Barbie di quintultima categoria e poi…parlare…

-Alexander…ma che piacere rivederti…-

Promemoria: se mai ti dovessero chiedere: “Piccola fanciulla cosa vorresti fare da grande?” Non rispondere ASSOLUTAMENTE l’Attrice.

Gli occhi forse eccessivamente lucidi di Fanny si incastrarono con quelli del ragazzo, il quale senza la minima emozione rispose con un semplice e incolore Ciao biascicato fra le labbra perfette, e carnose al punto giusto.

-Ma come? Non mi presenti la tua…amica?-

In poco tempo la piccola Krantz scoprì che la vacca si faceva chiamare Kim e che era una compagna di università del ragazzo; un giorno si erano incontrati ed era stato subito amore e bla bla bla…
Ah già…quasi mi dimenticavo di lui!

Nome: Alexander Teulnehm
Età: Vent’anni
Stato Civile: Incognito [?]
Professione: Ameba
Professione nr.2: Gigolò
Professione nr.3: Studente al secondo anno di medicina
Familiari: Fratello di Korin
Abitazione: Vicino alla sua Università a Monaco
Segni Particolari: Bastardaggine

Ed ecco a voi il nuovo personaggio! Un tipino niente male vero?

Dove sarà mai il problema? Semplicissimo, la nostra innocente e dolcissima Fanny ha sempre avuto uno stramaledettissimo debole per il suddetto maschio. Classico, tipico di qualunque Harmony scadente: lei è innamorata del fratello della migliore amica…
…e lui sta con la sosia di Pamela Anderson.

Lo stomaco le si era chiuso. Seduta a tavola spappolava la povera bistecchina insieme al purè creando un’orrenda poltiglia. Continuava a mandare occhiate ben poco caste ad Alexander. Alle undici la situazione si era fatta insostenibile. Si alzò di scatto e guardò con occhi supplicanti Korin.
-Scu…scusate ma io devo andare-
Correndo su per le scale afferrò la sua giacca di pelle e la sua borsa. E poi uscì di casa. Sul volto di Herr Teulnehm si formò un ghigno malizioso ben poco rassicurante.
Fanny si infilò le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie bucate ben sette volte da diverse palline nere ed argentee. La veloce musica dei Nirvana le riempì ogni fibra del corpo, no non era serata. Ci voleva qualcosa che tirasse su, qualcosa come “Radio Ga Ga” oppure “Don’t Stop Me Now” dei Queen. Ci provò, ma i risultati furono molto, ma molto scarsi.
Una lacrima minacciava di rovinarle ancora di più il già malandato make-up extra-dark. Era sempre stata convinta di essere innamorata follemente di Alexander. Sempre. E quella sera il suo cuore era spezzato in miliardi di pezzettini, sempre più piccoli, sempre più numerosi. Ogni volta che lo vedeva i frammenti aumentavano.
Era strano, perché in tutta la serata non aveva Mai pensato, nemmeno lontanamente, a Tom. Mai. Nemmeno si ricordava della sua esistenza. Ma a riportarlo nei suoi pensieri fu un’improvvisa vibrazione provenire dalla tasca destra dei pantaloni neri.
Afferrò l’aggeggio e lesse il messaggio inviatole da Herr Kaulitz in persona. Quattro parole in croce. Quattro fottutissime parole, inutili e insignificanti.

Ho bisogno di vederti

In un primo momento pensò di ignorare la sua richiesta, ma cambiò subito idea appena il cellulare vibrò nuovamente. Quello era l’inizio di una Lunghissima ed Infinita serie di squilli con i quali Tom l’avrebbe massacrata se non si fosse presentata entro tre secondi a casa sua.
Con le lacrime agli occhi muoveva lentamente i piedi alternando il destro e il sinistro, raggiungendo piano piano la dimora della famiglia Kaulitz.
Svogliatamente spiaccicò il palmo della mano contro il povero campanello che iniziò a emettere un suono al quanto irritante. Senza spostare le dita continuò a tenere premuto il pulsantino, anche quando Tom le si presentò davanti con addosso un adorabile pigiamone a quadretti.
-Hai finito?-
-NO-
Secca e decisa risposta, accompagnata dall’assordante Driiiin. Preso da un attacco isterico lui le afferrò il polso con forza e lo spostò dal campanello che, finalmente, smise di scassare i maroni.
-Ce l’hai fatta ad arrivare finalmente!-
-Senti Kaulitz non è serata, dimmi che cazzo vuoi e poi dissolviti!-
Lui la guardò storto, senza capire. Ma fissandola dritta nelle palle degli occhi potè notare che qualcosa non andava.
Senza proferire parola alzò leggermente il braccio per permettere alla ragazza di passarci sotto, dopo di che sbattè con forza la porta di legno massiccio.
-Il resto della combriccola dov’è?-
-Dai nonni-
-A Megdenburg??-
-Già-
-E come mai il nipotino caro e buono non è andato a far visita ai poveri vecchini?-
Lui la gelò con lo sguardo. Ma lei anzi che sorridere sarcastica come era solita fare, abbassò il capo.
Si sentiva strana, non ne aveva il coraggio. Non aveva la forza di guardarlo negli occhi vellutati.
Tom chinò la testa leggermente verso sinistra. [Oddio, sbaaavv…ok scusate ndA]
-Noto che…qualcosa non va…-
-Minchia sei un genio Kaulitz-
Lui emise un ringhio molto simile a quello del Bulldog dei looney-tunes grigio, grande come la mia camera da letto.
-Non provocarmi…Scopino-
Fanny lo guardo indispettita. Aveva promesso che non l’avrebbe mai più chiamata cosi. Ma doveva ammettere che quando infrangeva il giuramento, la rabbia le ribolliva nelle vene e la distraeva un po’ dai suoi vecchi pensieri.
-Grazie, Tom-
Gli sorrise, come forse non aveva mai fatto. Gli si avvicinò e gli posò un leggero bacio sulla guancia destra. Lui indietreggiò spaventato e si portò velocemente la mano sul viso leggermente arrossato. Lei si fece sfuggire una risatina divertita. Era pazzesco come quel ragazzo non si imbarazzasse per nulla a parlare di sesso, ma soprattutto a fare sesso. Eppure una cosa semplice e genuina come un bacetto sulla guancia, lo faceva diventare come i famosi peperoni prendi quindici paghi uno.
-Grazie…di cosa?-
-Di…Uhm…- Si portò l’indice al mento, cosa che effettivamente lui trovò estremamente sexy provocandogli un improvviso ed inaspettato contorcimento di budella e intestino.
-…Te lo spiegherò un altro giorno!-
-Eh? Come?-
Colto alla sprovvista, non aveva afferrato a pieno il concetto. Se c’era una cosa che non sopportava era che gli si tenessero nascoste le cose. Cosi senza nemmeno pensarci si mise ad inseguire Fanny con due cuscini per mano. Lei rideva come una forsennata mentre saltava da un divano all’altro. Ad un tratto però, Mr Kaulitz non notò una rivista, probabilmente di sua madre, e ci camminò sopra. La plastica del giornale scivolò a contatto con la zampata del ragazzo che finì a terra facendo tremare il pavimento con il suo dolce peso.
La moretta scoppiò in una sonora risata che riecheggiò in tutta la villetta. E iniziò a sfotterlo per un’ora di fila mentre lui si massaggiava il sedere imbronciato.
-Non è divertente-
-Oh…si che lo è invece!-

Passati diversi minuti a ridicolizzarsi a vicenda Tom si decise finalmente a tornare alla serietà. Il vero motivo per cui aveva chiamato Fanny sarebbe di sicuro morto con lui. Non lo avrebbe detto a nessuno, nemmeno sotto tortura.
Tuttavia nell’arco di quelle poche ore passate insieme aveva ben capito che era successo qualcosa alla ragazza. Qualcosa di grave, ma che non sarebbe stato facile cavarle di bocca. Cosi optò per la classica tattica del: “Accenniamo…Lentamente”
-Senti un po’…ma prima di venire qui…dov’eri?-
Lei lo guardò storto, parecchio storto.
-Non ci provare Kaulitz, con me non attacca-
Lo sguardo le si rabbuiò nuovamente.
[…Merda]
Sarebbe stato più difficile del previsto, molto più difficile.

****

Note dell’Autrice: Ok, sono veramente incazzata a morte con me stessa, per i seguenti motivi:
-Il ritardo subnorme. Mi scuso infinitamente con voi lettori! ^_^’
-Il capitolo. Cristo fa veramente cagare, ma veramente troppooo! Oddeo come ha fatto ad uscirmi una cosa del genere?? Mi dispiace molto, ma capita qualche volta di tirare fuori qualcosa di scandaloso. Mea culpa. Tut mir Leid.

Vi ho presentato anche il nuovo personaggio, che porta il nome maschile di una mia cara amica! In tuo onore Bu! LoL
Lui, Alexander, è praticamente scopiazzato brutalmente ad un personaggio di un libro che si chiama “Cercasi amore disperatamente” di Federica Bosco. Romanzo molto molto carino, di piacevole lettura, scorrevole. Mi è piaciuto parecchio! Ve lo consiglio…
Per chi l’avesse già letto, il mio Alexander sarebbe un sosia di Tommaso. Il tipico figone modello della D&G e stronzo che più di cosi non si può. Egoista. Meschino e chi più ne ha più ne metta.

Vabbe a codesto punto mi dileguo perché sono già abbastanza incazzata di mio per questo capitolo della fava! :D
Ricordate che le recensioni sono sempre ben accette!

Un abbraccio

Giuls

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Se ne stava lì. Davanti a lui, con le braccia conserte e un adorabile smorfia da bambina sul volto. Tom sentiva il cuore pompare sangue nelle vene, forse un po’ troppo velocemente. E il battito accelerato gli rimbombava nelle tempie, ricoprendolo di un’ansia che non gli si addiceva.
Una gocciolina di sudore ghiacciato scese lungo la sua guancia. Aveva paura di sapere la verità, forse per il brutto presentimento che gli aggrovigliava lo stomaco con dodici annodamenti marinari fra i quali anche la Gassa D’Amante. Sorrise spaventato. Controsenso, ma si sa che il signorino Kaulitz non è contento se non infrange le regole della ragione.
Deglutendo rumorosamente, rischiando di venir soffocato dalla sua stessa saliva, prese fiato e mandò una bella ventata di aria fresca alle sue corde vocali.
-Krantz…-
Lei, che nel frattempo si era incantata sulla carta da parati del salotto di casa Kaulitz, contando gli agghiaccianti fiorellini rosa che la decoravano, alzò lo sguardo, scuotendo la testa velocemente.
-Come?-
Non aveva ascoltato una sola parola del discorso di Tom, sempre che ci fosse stato un discorso.
-Hai detto qualcosa?-
Era immersa nella sua conta. Accidenti era arrivata addirittura a centotre fiorellini osceni, fanculo a lui che l’aveva interrotta!
-…No veramente devo ancora iniziare a parlare…ma sembra che a te non interessi più di tanto-
Lui la guardò molto molto molto storto, e lei sgranò gli occhioni neri portandosi una mano sul petto e assumendo un’espressione sbigottita.
-Io?? Come potrei IO non interessarmi a qualcosa che dici TU! Non sia mai!-
Tom stava lentamente perdendo la pazienza, ma era troppo curioso per mandare tutto a quel paese in pochi secondi, rovinando l’unica chance che aveva di poterle tirare fuori qualcosa. O ora o mai più.
-…Dicevo…- Lei sorrise strafottente -…Dicevo che, ai miei umili e modesti occhi, la qui presente fanciulla, più comunemente nota come Fanny Krantz, appare leggermente allibita. Constatando che mi sono ignare le cause di questo allibimento…- Venne interrotto dallo sguardo congelatore di lei, che, sospettosa, alzò il sopracciglio destro. -…ritengo che il metodo migliore per poter aiutare la povera puellam in difficoltà, sia domandarle cortesemente in quale arcano modo possa io aiutarla- Lei si trattenne per qualche secondo, ma, rischiando il soffocamento, non resistette più e scoppiò in una fragorosa risata.
-Kaulitz…posso dirtelo?- Lui aprì leggermente la bocca -…Fai pena!-
A quel punto però, tutta la sua buona volontà andò amabilmente a farsi fottere. Una vena, pericolosamente sporgente, pulsava sulla sua fronte.
-Io…-
-…Tu?-
-Io…-
-…Tu?
-Io sono profondamente offeso!-
Ok, finalmente posso dire apertamente ed esplicitamente che Tom Kaulitz è l’essere più stupido sulla faccia della Terra.
Dopo aver aperto il suo cuoricino ferito alla piccola Fanny, il povero rastaman incrociò le braccia e, indispettito, si voltò, dandole le spalle.
Lei per poco non si rotolava per terra dalle risate, ma, imponendosi un certo autocontrollo, si limitò a emettere versi non identificabili simili a bofonchi.
-Che hai da ridere?-
-Tu…sei ridicolo! Ti ringrazio…mi stai facendo tornare il buon umore!-
Lui si girò nuovamente verso la ragazza. Questa volta con un’espressione esageratamente seria, che stonava sul suo viso da adolescente arrapato.
-Bene, era il mio scopo.-
Lei smise di ridere e lo guardò vispa. –Ho afferrato il concetto…riacquisto la mia sanità mentale…scusa…- Si schiarì la voce, tornò a fissarlo negli occhi, dopo di che inspirò ed espirò profondamente.
-…Dimmi un po’, Kaulitz…sono tutta orecchie-
Lui la osservò attentamente. Seguì la linea decisa degli zigomi e del naso, per poi scendere a quella più dolce del collo e del seno. Sbuffò.
-Ti ricordi, no? Abbiamo promesso di non essere più rivali…-
-…Ti correggo, di provare a non essere più rivali…-
-…Si è la stessa cosa. E non interrompermi continuamente. Dicevo: essendo noi due AMICI- Calcò molto sulla parola, sottolineandola quaranta volte ed evidenziandola col suo Stabilo Boss giallo shocking –…Quindi, come tali, dobbiamo imparare ad aiutarci a vicenda, anzi, in realtà dovrebbe venirci proprio naturale. Ma dato che questa sarebbe una cosa esageratamente normale, e noi NON siamo persone normali, almeno sforziamoci. Indi per cui…- Lei lo fulminò –Ok ok scusa…è che mi gaso a fare discorsi filosofici…-
-…Che non ti vengono- Continuò la ragazza.
-Vabbe, tralasciamo. Mi vuoi far finire si o no? Indi, mi sorge un certo dubbio, e ritengo che il modo migliore per colmare la mia lacuna sia domandarti il motivo della tua angoscia!-
Sorrise soddisfatto. Si, era proprio un genio…un genio e per di più maledettamente figo! Fanny scosse la testa abbattuta, sapendo già che la sua mente ora era piena di auto-complimenti. Ma si poteva essere più stupidi di lui? No, non credo proprio.
-Bla bla bla bla…discorso senza né capo né coda. Tu speri anche che io venga da te a braccia aperte a confessarti i miei più intimi pensieri?-
-CertoCheSi- Disse lui tutto d’un fiato.
-…Ciao Kaulitz, ci vediamo domani a scuola…-
Detto questo si alzò e uscì di casa. Lasciando il povero Tom con la bocca aperta a mo’ di pesce palla. La simpatica venuzza tornò a pulsare sulla sua fronte. Mentre i due immancabili Arturo e Gerardo incominciarono a discutere provocandogli un dolorosissimo mal di capoccia. “Povero me…come mi tratta malee…come CI tratta maleee…Bambina cattiva” diceva il primo. “ma guarda te questa femmina isterica! Noi la aiutiamo e lei cosa fa? Ci da un bel calcio nelle palle e se ne va!” Sbraitava invece il secondo.
Tom scacciò i due emisferi del suo encefalo e si imbottì di Aspirìììn [Detto alla teteska]. Dopo di che raccolse la sua felpa, copia di quella di Diego Armando Maradona quando pesava quattrocento chili, che quindi gli andava leggermente grande, e uscì di casa, sbattendo la porta.

Si mise a correre mentre si infilava la giacchetta di pelle. Certo che era proprio un deficiente. Gli si addiceva davvero come parola, lui mancava, mancava di intelligenza. Ridendo della stupidità del ragazzo tornò a casa.
Entrò, non sapeva se era più alterata o più divertita. Era stata proprio una serata del cazzo. Fra tutto quanto…
Una cosa positiva però c’era. La casa era tutta per lei. Tutta. Ogni singolo oggetto, mobile, tazza, cucchiaio, cuscino, dentifricio e spazzolone del cesso. Tutto era suo quella notte.
I signori Krantz erano andati dalla zia incinta al settimo mese, insieme al fratello.
Sospirò e si spogliò alla velocità della luce, rimanendo in una comoda divisa da serata-tutta-per-me-evvai, che consisteva in lunghi calzettoni che arrivavano a metà coscia e un’adorabile magliettona-camicia-da-notte, lunga anch’essa fino a sotto i glutei.
Ficcò la pizza congelata nel forno e portò la monopolina del timer al numero 10. Stava per poggiare le dolci chiappe al morbido cuscino del divano quando un fastidiosissimo driiin le perforò i timpani, rovinando la magica atmosfera.
Con una fetta biscottata firmata Mulino Bianco in bocca e il telecomando in mano, aprì la porta.
Tu-Tum
Tu-Tum
Tu-Tum
-Che… ?-
Non riuscì a terminare la frase. Troppe cose insieme. Tutte ammassate, frettolosamente, scritte da qualcuno. Qualcuno che alcuni chiamano Dio, altri Fato, altri Destino. Un misto di avvenimenti che si susseguirono ad una velocità indecifrabile. La fetta biscottata cadde per terra, frantumandosi, riempiendo di briciole il pavimento spazzato diligentemente dalla mamma. Il telecomando andò a fare compagnia ai puntini di pane, sul parquet.
Qualcosa di soffice sulle labbra. Gli occhi spalancati per la sorpresa. Due mani un po’ troppo impetuose sotto la maglietta. E un brivido lungo la schiena.
Le mancava l’aria ma, stranamente, non riusciva a respirare. Voleva parlare ma non poteva spiccicare parola.
Si sentì comprimere contro la parete da qualcuno.
Non le era nuova quella sensazione. Non era la prima volta che veniva schiacciata da un corpo maschile contro un muro. Non era la prima volta che qualcuno la baciava cosi inaspettatamente. E non era la prima volta che non riusciva a fermare quel qualcuno.
Il ragazzo la sollevò da terra e le strinse i fianchi. Stava scomodo. Molto scomodo. Senza dolcezza,, quasi con rabbia, la afferrò e la fece sedere sul tavolino, nell’ingresso della villetta. Le alzò con forza la maglietta e con la medesima indelicatezza cercò i suoi slip rossi. Lei perse quasi l’equilibrio e si attaccò al primo appiglio che trovò…una cornice, che cadde a terra.
Il vetro si ruppe. In miliardi di pezzi, come qualcos’altro.
Un sussurro, flebile, flebile…ma non invisibile.
-Smettila!-
E lui che non esegue il volere della fanciulla. Lui che tocca ciò che non può.
-Smettila!-
Questa volta più forte.
Una lacrima le riga la guancia.
-Smettila ti ho detto!-
Quasi un urlo. Spaventato. Tremante. Come un fiocco di neve in balìa della tormenta. Ma lui continua…lui se ne frega.
Due mani gli afferrano le spalle da dietro.
Pochi attimi.
Un cuore spezzato, o forse due. Tanta rabbia, troppa, infinita. Gli riempie ogni centimetro del corpo. Ogni millimetro.
Accecato dall’ira. Volta il ragazzo e alza il pungo destro pronto a fare centro.
Lei che grida. Lui che sanguina. L’altro che non ci vede più dal dolore. E la porta di casa Krantz spalancata.

***

Note Dell’Autrice: Tadaaaan, eccomi qui finalmente! Scusate ancora il ritardo! Ma la scuola in questi giorni mi sta ammazzando!! ç_ç
Perdonatemi anche se ultimamente i capitoli non sono proprio lunghissimi!
Comprendo che forse l’ultima scena non è proprio chiarissima a tutti! Ma era questo il mio scopo! Muahaha [Risata sadica]
Mi raccomando commentate in tanti!

Rispondo alla mia cara amica Hime, la quale mi aveva domandato se io parlassi il tedesco, EBBENE SI! Mi diletto nello studio di questa fantastica lingua che amo tantissimo!^-^
Tesoro aspetto impaziente il seguito della tua strepitosa fanfiction!! Me è curiosissimaaa! *-*

Ringrazio infinitamente quelli che hanno recensito fino ad ora e spero che continueranno a farlo!^^

Vi abbraccio tutti!!

Kuss

Giuls

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Fissava il marciapiede leggermente umidiccio. Il freddo pungente gli riempiva ogni fibra del corpo. Detestava l’inverno, anche se poi, non è che fosse proprio nel pieno di quella stagione. Era appena iniziato novembre…il mese del suo compleanno. Sbuffò. Una strana sensazione di formicolio su per l’intestino. Brividi, probabilmente una piccola ricaduta. Sorrise malinconico, al ricordo di quella mattina, con quaranta di febbre, loro due nella sua stanza dalle pareti color sangue, lui con le mutande con le barchette gialle e lei con il completino nero. Soli. Ancora nessun problema.
Diede un calcio ad un sassolino che andò a sbattere contro un lampione creando un fastidiosissimo rumorino che echeggiò nel silenzio della strada.
Ficcò la mano destra nella tasca dei Levi’s per poi tirarne fuori il Motorola mezzo rotto, tutto skotchato [sempre che esista, questo verbo, inventato da me in questo istante…ndA]. Guardò l’ora sullo schermo.

00.01

Toh che precisione.
All’improvviso da dietro una curva vide spuntare una Kawasaki Ninja, di quelle che lui nemmeno se le sognava la notte. Quasi smise di respirare, tanto era concentrato a fissare la moto, che gli passò accanto a centotrenta chilometri orari, fregandosene delle strisce pedonali sulle quali lui stava per attraversare la strada. Balzò indietro spaventato.
[E che cazzo, che c’hai il pepe fra le chiappe?]
Dopo questa raffinata e signorile esclamazione, che per fortuna rimase imprigionata nella sua mente, dove solo lui, Gerardo e Arturo poterono sentirla, Tom udì il sordo rumore di una sgommata.
Incuriosito aguzzò le orecchie. Strano, il tizio aveva mollato il suo gioiellino proprio di fronte al giardino di casa Krantz. Sarà stato lo zio che andava a trovare la famigliola felice…un po’ improbabile a mezzanotte.
[Non è propriamente educato origliare…]
…Ma si sa che Mr Kaulitz non è decisamente il tipo di ragazzo che si può definire garbato, indi in pochi nanosecondi divenne un tutt’uno con la siepe che circondava l’aiuola vicino alla villetta.
Aspettò…uno, due, tre secondi…minuti…si stufò. La situazione rimaneva sempre la stessa. Lo strano tipo restava immobile di fronte all’ingresso, con le nocche a un millimetro dal legno massiccio.
Si tirò fuori dal suo nascondiglio, degno di Willy Il Coyote quando cerca di acchiappare Beep Beep.
Sbuffando si allontanò. Improvvisamente però il rumore di un vetro rotto attirò la sua attenzione. Senza voltarsi, fissò le iridi taglienti sull’entrata della casa.
La porta era spalancata e sbatteva contro la parete.
La situazione non gli piaceva per nulla. Iniziò a camminare più lentamente, fino a che non si fermò del tutto, tenendo lo sguardo immobile sulla villa, in cerca di un qualunque movimento.
Stava per andarsene, ma qualcosa non andava. Alzò la testa al cielo, c’erano tante stelle quella sera.
Un urlo.
Nell’arco di un millesimo di secondo tornò con gli occhi fissi sulla porta.
Un brivido gelato lo trafisse da parte a parte; si mise a correre. Aveva paura di vedere cosa stesse succedendo nell’ingresso di casa Krantz. Sentiva come il timore che la cosa non gli sarebbe piaciuta per nulla.
Fece capolino da dietro l’entrata e rimase pietrificato dalla scena che gli si presentava davanti.
Fanny piangeva, aveva delle calze di lana lunghe fino a metà coscia e la maglietta rossa era alzata sopra il ventre, mettendo in bella vista le mutandine del medesimo colore.
Il tizio con una mano le teneva ferma la gamba destra e con l’altra si intrufolava dove non doveva, sotto la t-shirt.
Il suo sguardo fu attirato dalla cornice rotta, abbandonata sul parquet. Un’immagine circondata da pezzi di vetro. La loro foto del primo anno di liceo.
Perse il controllo.
Afferrò il ragazzo per la spalla e lo voltò. Gli sferrò un cazzotto sul naso, facendolo sanguinare parecchio. Le nocche gli si erano sbucciate e una fitta fortissima gli pervase tutto il corpo.
Lei cacciò un grido, uno di quelli capaci di spaccarti in due. Terrorizzato.
Il ragazzo si alzò in piedi e si strofinò le narici con la mano, rendendola purpurea. Inalberato come non mai saltò letteralmente addosso al rastaro, urlandogli contro un al quanto incavolato –Ma chi cazzo sei?-
Lui cercando di ripararsi come meglio poteva, lo fissò serrando gli occhi come due sottilissime fessure e iniettandoli di rabbia. –Piacere, Tom Kaulitz-
Il tizio lo afferrò per la felpa enorme e gli mollò un pugno sullo zigomo, talmente forte che lasciò un taglio non solo sulla guancia ma anche sul labbro.

Subito un sapore ferroso e caldo gli riempì ogni singola parte del corpo, solleticandogli le papille gustative. Storse il naso, in una smorfia schifata.

-Piacere Mio- Rispose l’altro.
Perdevano tutti e due sangue. Fanny sembrava pietrificata ma, quando Tom alzò il pungo per colpire di nuovo il ragazzo, gli saltò letteralmente addosso.
-SMETTILA-
-C…Come?-
-TI HO DETTO DI SMETTERLA-
Lui si era paralizzato. La ragazza si alzò e ansimando raggiunse Alexander.
-Tutto a posto?-
-…-
Non le rispose. Semplicemente puntò lo sguardo atroce in quello di Tom. Lei tornò a guardarlo, con rabbia.

Non ci capiva più niente. Perché lo osservava con quella faccia? L’aveva salvata da quel maledetto porco e lei come lo ringraziava?
Emise uno strano verso simile ad un grugnito. Si alzò e, zoppicando, si avvicinò alla porta e uscì.
Un dolore atroce allo zigomo destro e al labbro inferiore, nel punto opposto al suo amato piercing.
Camminava lentamente con il volto contratto dalla rabbia. Non sapeva a cosa pensare…nella sua testa per la prima volta da quando era nato Gerardo e Arturo la pensavano nello stesso identico modo: “Quella è una stronza con i controfiocchi”.
Improvvisamente però, si sentì afferrare per il gomito. Si ritrovò la fantomatica stronza davanti agli occhi. Con uno strattone si liberò dalla presa della ragazza. Si voltò e tornò a zoppicare, senza prenderla nemmeno lontanamente in considerazione.
-Fermati Kaulitz-
-Stammi lontana…-
-…Ma…-
-Niente Ma…non voglio più né vederti, né parlarti, né sentirti…Vattene, subito-
Lei si bloccò, all’istante. Boccheggiò, le mancò il respiro…le fece male, quello che le disse le fece molto male.
Sussurrò –Perché…non capisci?-
Si fermò anche lui, voltandosi verso di lei.
-COSA, CAZZO?…COSA NON CAPISCO, EH?- Prese fiato, non era normale mettersi ad urlare per strada a mezzanotte e mezzo –Dimmelo, avanti! Forse non comprendo il fatto che sei l’unica persona sulla faccia della terra che desidera essere violentata da un pazzo maniaco, Cristo Krantz, se non fossi intervenuto io lo sai dove saresti ora?-
Lei serrò gli occhi e scoppiò a piangere –NON MI INTERESSA!-
Lui spalancò la bocca, non sapendo cosa aggiungere. Era davvero impazzita. Era fuori di testa…cioè lui si fracassa la faccia e le mani per cercare di aiutarla e lei gli dice che non gliene importa un cazzo.
Bene, complimenti Herr Kaulitz. Ottimo lavoro.
-Me ne vado…-
-No…Ti prego…Aspetta-
Voleva scappare via, lontano. Voleva solo correre a casa e abbracciare Bill. Voleva, ma le sue lacrime lo fermarono. Si diede del coglione in venti lingue diverse…lei non si merita la tua compassione, Tom.
-No-
Non se la merita. Per niente.
-Per favore…-
Strinse i denti, con forza. Non se ne andò, come avrebbe desiderato fare. Si fermò, con i pungi serrati. Pronto ad ascoltarla per qualche secondo. Solo qualche secondo…qualche misero attimo, qualche fottutissimo attimo.
-Ti devo una spiegazione…-
-Non ho bisogno delle tue giustificazioni…non sono tuo padre cazzo-
-No…infatti…ma sei mio amico…-
Lui si contrasse in una smorfia disgustata. Gli faceva pena. Lei gli faceva pena. Lei e le sue lacrime amare, lei e le sue frasi fatte della fava. Si voltò con rabbia, per trovarsela di nuovo di fronte. Un’immagine che gli mozzò le parole, in fondo alla gola.
-Eppure…- Non aveva la forza di continuare. Gli mancò il respiro. Le corde vocali sembravano ghiacciate. Immobili.
-…Eppure?-
Sapeva cosa avrebbe dovuto aggiungere…”eppure mentre facevamo sesso nel ripostiglio delle scope io non ero l’amichetto squallido, vero?”
Lo sapeva, benissimo, ma non aveva il coraggio di dirglielo.
-Niente…-
-Ti prego, fammi parlare…-
-MA PERCHE’? Mi sembra di essere diventato improvvisamente il marito che trova la moglie a letto col migliore amico…cazzo Fanny non ho bisogno delle tue spiegazioni, perché me le vuoi dare ad ogni costo?-
Si stupì, l’aveva di nuovo chiamata per nome. Non era sua intenzione farlo, ma gli era uscito spontaneamente.
-Io…ci tengo a dirtelo…-
-MA A DIRMI COSA, DANNAZIONE?-
-Che lo amo-

Dolore

****

Note Dell’Autrice: Soob Poor Tom. Mi fa un po’ pena, cippi. Come sono crudele. Ahhh…!
Vabbe dai…se non fossi cosi sadica non sarebbe una storia abbastanza travagliata! X°°°D
Huhuhu No, seriamente, spero vi sia piaciuto…anche se, come al solito, io non ne sono molto soddisfatta. Mah…
Recensioni ben accette!^^

Saluti a tutti!

Giuls

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Come gli faceva male la mano…tantissimo. Gli si era formata una crosticina color porpora…i segni della scazzottata con Alexander erano impressi nel suo corpo, nella sua mente, nel suo cuore. E non va dimenticato nemmeno lo stupido pugno che aveva tirato qualche giorno prima alla povera ed innocente parete del suo box doccia.
A tutto ciò si aggiungevano i fastidiosi tagli, uno sullo zigomo destro e uno sul labbro inferiore…e poi, come dimenticare la zoppicata da vecchio ubriacone. Si, era proprio quello che sembrava, un barbone che non sapeva più chi era, non sapeva più dove andare, non trovava più la sua strada.
Gli occhi bruciavano…sentiva le iridi infuocate, così come le palpebre, la cornea, il cristallino, le pupille…il…il…
…Si sentiva talmente stanco, quasi gli mancavano le forze. Ma non si sarebbe arreso, no, non avrebbe pianto. Non era il tipo.
Tirò fuori le chiavi dalla tasca mezza bucata dei jeans. Barcollando aprì la porta di casa e salì ad uno ad uno gli scalini che l’avrebbero portato al suo letto. Un miraggio, un miraggio lontanissimo…sapeva che comunque non sarebbe riuscito a dormire.
Si aggrappò alla maniglia in ottone, quasi come fosse un appiglio, per salvarsi, per non cadere nel vuoto, nero e profondo. Un vuoto che lo spaventava terribilmente.
Ma ben presto, una piccola luce, in fondo a quel pozzo scuro. Due occhi simili a quelli di Bambie. Grandi, immensi, luccicosi e zuccherosi. Due occhi sorridenti, un po’ arrossati…due occhi che ti rimproverano con amore, che ti sussurrano all’orecchio: “Cretino, sono le due del mattino, dove sei stato?”

-Bill…

…Poi si aggiunse un sorriso, un sorriso maledettamente insostenibile, almeno per Tom. Un sorriso che sprizzava dolcezza da ogni parte, con i due canini leggermente storti. Lì, fermo, per lui, pronto a sostenerlo, ad aiutarlo, a confortarlo…pronto, e basta.
-Che diamine hai combinato, deficiente?-
Si fece sfuggire una risatina, divertita.
-Perché dev’essere per forza essere successo qualcosa?-
-Perché ti conosco…-
Fortuna…quella era solo fortuna. Le luci erano spente, le uniche cose che brillavano in quell’oscurità erano lo sguardo e il sorriso di suo fratello. Tutto il resto era immerso nel più totale buio…di conseguenza anche le sue lacrime, intrappolate negli angoli interni degli occhi, ferme lì a punzecchiargli il cuore, come degli spilli maledettamente appuntiti. E anche quelle goccioline di sangue ormai seccato sulla sua guancia e sul labbro.
-Non è successo niente…-
Zoppicò, e superò il gemello. Improvvisamente una dolce stretta al gomito.
-Non mentire con me Tom…è inutile-
Si bloccò, all’istante. Si, lo sapeva, non era assolutamente necessario, tanto se ne sarebbe accorto comunque dopo due minuti scarsi.
-Ti prego…dimmi che cosa è successo…-
Lui non rispose, prese per mano il fratello e barcollando lo portò in cucina, aprì il frigorifero e ne tirò fuori un barattolone da due litri di latte, ne tracannò metà e poi accese la piccola lucina che si trovava sopra i fornelli.
Si voltò semplicemente verso Bill, che nel frattempo si era seduto su uno sgabello.
-Ecco…cos’è successo-
Non sapeva perché, ma provò vergogna. Abbassò il capo, imbarazzato. Il moretto smise di respirare per qualche secondo.
-Come…?-
-Lei-
Bastarono tre lettere…e subito capì. Capì tutto, tutto quello che era accaduto. Una tristezza enorme gli penetrò nel profondo, dentro, nell’anima. Non lo aveva mai visto così, suo fratello era forte. Non era lui il più debole dei due…no.
-Ma…-
-…Mi ha detto che lo ama-
-Tom…-
-NO ZITTO, NON DIRLO!-
Bill subito si fiondò addosso al gemello, rimproverandolo. I loro genitori dormivano, se si fossero svegliati non sarebbe stata una cosa positiva, anzi…
-Cosa non devo dire, cretino?-
-…Che ti dispiace e quelle altre cagate là…sono tutte palle!-
-Ma è vero che mi dis…-
-Zitto ho detto. Non voglio pensarci, è solo una maledetta puttana, non…non merita…-
-Cosa non merita, sentiamo? Forse il tuo amore?-
-…No, non quello…-
-E allora cosa?-
-Non lo so…-
Gli sorrise, amorevole, afferrandogli un braccio e mettendoselo dietro al collo, portandolo in bagno. Lo fece sedere sulla tazza e dolcemente gli sciolse i dread, prendendo del cotone dalla sua trousse multi funzione della Maybelline completa di matita, mascara, eye-liner, cipria, fondotinta, smalto e kit per la french. Ghignando iniziò a premere il batuffolo bagnato sulle ferite. Come un bamboccio che ha paura delle punture, Tom emetteva teatrali gemiti.
-Br…Brucia!-
Il neoinfermiere non diede nemmeno aria alle sue preziosissime corde vocali per rispondergli.
Il gemellino tenero e dolorante teneva gli occhietti chiusi, mentre Bill gli rinfrescava il volto stanco, tamponandolo.
Silenzio…si stava quasi per addormentare sotto le dolci attenzioni del fratello, quando ecco che la sua voce colorata dalla leggera zeppola ruppe il momento di dormiveglia.
-Ci tieni davvero tanto a lei…-
-No-
Sorrise intenerito.
-Ma posso sapere una cosa?-
-Uhm…-
-Cosa le hai detto quando ti ha praticamente urlato in faccia che ama l’altro?-
Tom quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò facendo colorare leggermente le guance di un rosa scuro.
-…Perché…perché lo vuoi sapere?-
-…Uhm, così, curiosità…- Rispose lui, continuando a premere con dolcezza il batuffolo fresco contro il taglio sullo zigomo.
-Se te lo dico ti metti a ridere…e io ho ancora un orgoglio da difendere…-
Bill smise di tamponare e lo fissò dritto negli occhi, prima di scoppiare a ridere. Tom arrossì violentemente…
-Ok ok scusa…le ho detto…che…- Portò le braccia al petto, le mise conserte e assunse un’aria da superiore -…che non mi interessava.-
-Tu cosa??-
-Io cosa cosa??-
-Tu cosa!?-
-Cosa cosa io cosa?!-
-Cos’hai fatto?-
-Cos’ho fatto?-
Il moretto si portò una mano alla fronte e, chiudendo gli occhi, si mise a scuotere la testa, per autoconvincersi che quel rincoglionito che gli stava davanti non poteva essere il suo gemello omozigote.
-Cioè, spiegami bene…lei ti confessa che è innamorata di qualcuno che NON sei tu, e le rispondi dicendo “Non mi interessa”?-
-Precisamente.-
-Non ho parole-
Bill, ormai depresso, buttò nel water i pezzetti di cotone e si ammirò per qualche istante allo specchio, emettendo un gridolino, che però morì nei meandri della sua gola prima ancora di nascere, bloccato in tempo per evitare che raggiungesse i finissimi timpani della loro mammina.
-Sono pieno di brufoli e guarda queste occhiaie, se domani sarò uguale ad una buccia di banana calpestata dai 300 Spartiati pronti a partire per le Termopili, sarà tutta colpa tua.-
-…Va bene, ciao Bill, buona notte-
Sorridendo zoppicò verso la sua stanza, in fondo suo fratello riusciva sempre a tirarlo su di morale.
-…Fossi in te mi chiuderei a chiave, in questa casa potrebbe avvenire un fratricidio questa notte…-
Trattenne una risata e si chiuse la porta alle spalle.
Letto.
Finalmente Cristo.
Si spogliò lentamente, fissandosi per bene il cerotto che il gemello gli aveva diligentemente spiaccicato sullo zigomo.
Pian piano si accucciò sotto le lenzuola, quelle morbide che la mamma aveva cambiato la mattina stessa, quelle che profumavano di bucato ma che in fondo conservavano sempre il suo profumo.
Inspirò a fondo e rilassò i muscoli, troppo stress, troppi pensieri tutti insieme. Una voglia infinita di quaranta Aspirine, ma la pigrizia è più forte.
Abbassò le palpebre, con calma. Ma subito nella mente gli balenò l’immagine di Fanny a gambe aperte con quello stronzo in mezzo.
Una smorfia di dolore, ripensando al pungo di Alexader.
Doveva fare solo una cosa…dimenticare.

*

-Ehi, tutto a posto?-
Nemmeno le rispose.
-Vieni, ti aiuto ad andare in bagno…-
Lo afferrò per la vita e lo trascinò nello stanzino facendolo accomodare sulla morbida tazza del cesso.
Una scena al quanto patetica, molto simile a quella che vi ho descritto pochi minuti fa…solo che questa volta i due protagonisti non erano due fratelli…no, questa volta sul palco c’erano una donna ferita e un uomo bastardo…anzi, per essere più precisi, una donna ferita innamorata di un uomo bastardo, una donna ferita e ceca, innamorata di un bastardo.
-Perdonalo…è un ragazzo molto impulsivo…-
-No. E’ solo un pivello…la prossima volta che lo vedo gli spezzo le costole, guarda cosa mi ha fatto al naso-
-No, per favore…cerca di dimenticare, lascialo perdere, è solo un bambino…-
Le sorrise.
-…E poi ci ha interrotti…-
Il cuore le fece una capriola, degna del migliore acrobata ingaggiato in tutta la [lunga, lunghissima…] carriera della signora Moira Orfei!
Le si arrossarono le guance, e, imbarazzata, abbassò lo sguardo.
-Perché piangevi prima…mi dicevi di smettere, per caso non ti piaceva?-
Voce maledettamente seducente, quella di Kaulitz in confronto era il suono stridulo di due campane.
No, Alexander era diverso da Tom.
Alexander era un uomo, Tom era un bamboccio.
Alexander era un esperto, Tom era un nanetto che sapeva solo vantarsi.
Alexander era affascinante, Tom era semplicemente sexy, nulla più.
Deglutì rumorosamente –No, figurati…non era quello…-
-E allora cos’era?-
Si avvicinò, comprimendola contro il lavandino.
-Che…che…volevo chiarire…-
-Chiarire? Chiarire cosa?- Le posò le mani sui fianchi scoperti, baciandole il collo provocatore.
-Tu…alla cena…eri con quella…-
-Mi sono già dimenticato il suo nome…-
-…Però…-
-E’ te che voglio-
Il cuore le si fermò per un attimo, prima di riprendere la sua corsa velocissima. Sentiva il rimbombo delle pulsazioni nelle tempie, nel bassoventre, nei polsi, nelle ginocchia. Si stava per sciogliere.
-D…Davvero?- Un sussurro, a fior di labbra.
-Certo, altrimenti perché sarei qui, col setto nasale mezzo rotto?-
Sorrise, prima di baciarlo.
Era felice, tanto.

Tom era finalmente riuscito ad addormentasi, ma il suo, non era un sonno tranquillo. Per la prima volta dopo tanto tempo, Fanny non veniva a fargli compagnia nei suoi sogni…
Lei non c’era. Era impegnata.
Era impegnata nella sua camera da letto, con qualcuno che, evidentemente, non era lui.

****

Note dell’Autrice: Eccomi qua, ritardissimooo! Imploro perdono! Sarò più puntuale la prossima volta!
Ragazzi/e, il mio sogno si è realizzato:
30 ottobre 2007 ---> Datch Forum ---> Concerto TH ---> IO ERO IN PRIMA FILA.

Ce l’ho fattaaaaaaaa! Ero in prima fila, ma vi rendete conto?? Dio se ci penso mi commuovo ç_ç
Voglio tornare indietrooo! Mi mancano terribilmente…mi manca GEORG con i suoi sguardi e i suoi sorrisi, mi manca l’emozione di quando mi è passato davanti e mi ha stretto la mano…mi manca TOM, con le sue occhiate che ti sciolgono, ti spoglia con gli occhi…mi manca BILL con i suoi denti un po’ storti, che mi saluta…mi manca GUSTAV che lancia le sue bacchette a fine concerto e la mia migliore amica ne prende una! ç_ç
OMGGG Mi mancano tutti loro! VI ASPETTO, AL PROSSIMO CONCERTO, SEMPRE IN PRIMA FILA <3

Bene, tralasciando la parte nostalgica, vi avviso che la fine della ff si avvicina sempre più rapidamenteee!!^^

Sono lusingata dalle vostre recensioni! Me commossaa!

Vi saluto e vi bacio tutti!
Grazie mille, al prossimo capitolo!

Giuls!

Ps_Recensioni sempre ben accette! :]

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Si scottò le labbra, il latte era troppo caldo. Dannazione, come al solito in ritardo.
Afferrò di corsa la busta con dentro una lunghissima pila di fogli A4 posata sul tavolino all’ingresso e si infilò la borsa a tracolla.
Dopo essersi specchiata un attimo, per controllare di non avere pezzetti di biscotti fra i denti candidi, spalancò la porta e la richiuse alle sue spalle.
Sorrise radiosa vedendolo correre verso di lei, con una rosa bianca fra le mani.
-Pronta?-
Annuì semplicemente, un po’ spaventata. Intrecciò le dita della mano destra alle sue e, lentamente, iniziò a camminare verso la sua meta.
Si sentiva il cuore in cima alla gola e l’intestino aggrovigliato insieme allo stomaco intorno allo sterno. Decine di ragazzi intorno a lei, tutti con i suoi stessi pensieri, tutti con i suoi stessi timori…
-Ho paura…-
Lui le sorrise e le afferrò le spalle, voltandola in modo da rimanere occhi negli occhi, a due centimetri di distanza.
-Ascoltami bene, io ora vado…tra quattro ore ci ritroviamo qui. Capito? E quando sarai fuori, vedrai che sarà tutto più leggero…sono sicuro che andrai bene…-
Il nodo allo stomaco si faceva sempre più stretto, rischiava di polverizzare il suo povero sterno, vittima di aggrovigliamenti alquanto ingarbugliati!
[Ok Fanny, respira…Sali questi fottutissimi scalini dove hai passato cinque odiosissimi e lunghissimi anni di liceo…tra quattro ore manderai tutto a fare in culo, per essere fini. Fai questo maledetto esame e poi dileguati…sparisci…scompari…volatilizzati…il più lontano possibile]
Varcò la soglia dell’aula dove si teneva l’ultima decisiva prova della maturità. Che parola assurda, mai avrebbe creduto che ci sarebbe arrivata. Pareva cosi lontana, cosi irraggiungibile…ma alla fine, come tutte le cose, era arrivata. Insieme alla fine delle sue sofferenze…niente più banchi scarabocchiati, niente più lavagne e mani sporche di gesso, niente più libro di chimica aperto a pagina seicentoventitre, aveva finito con il foglio a protocollo scarabocchiato e con la penna rosicchiata.
Sorrise malinconica, vedendo Korin entrare nella classe, con i suoi jeans attillati e le ballerine a quadretti.
Poi vide le ragazze del corso C mentre si scambiavano un augurio di buona fortuna. Poi ancora i maschi della squadra di basket che si stavano amichevolmente prendendo a coppinate.
Si voltò verso di lui, gli mandò un bacio.
-A dopo, Al-
Abbracciò il dizionario di tedesco, come fosse un bimbo appena nato. Premendolo contro il seno, varcò la soglia dell’aula. Le finestre erano spalancate e un micidiale raggio di sole capace di fondere anche i sassi illuminava la stanza.
Si raddrizzò la salopette di jeans, sistemando la maglietta a maniche corte a righe nere e rosse che aveva indossato sotto di essa. E poi, si abbandonò sulla sedia di legno. Penultimo banco a sinistra. Sudava, sia per il caldo asfissiante di fine luglio, sia per la vista dei professori che ridevano tranquilli seduti di fronte all’imponente cattedra.
Deglutì rumorosamente.
Poi all’improvviso sentì la stridula voce della Steichten chiamarla. Doveva firmare un foglio, prima di cominciare l’esame. Mancavano cinque minuti, dopo di che la tortura sarebbe iniziata.

Iens
Himberg
Hans
Kaffer
Kaulitz
Krantz

Scrisse il suo nome, lentamente, con precisione, sotto allo scarabocchio che aveva fatto Tom.
Una grande malinconia, dentro. Quanto tempo era passato? Eh?
Tanto, troppo. Giorni, settimane, mesi. Non si parlavano dagli inizi di novembre. Ed era fine luglio.
Tornò a posto e lo vide, alla finestra. Stava dando l’ultimo tiro alla sua sigaretta, si voltò e camminò tutto tranquillo verso il suo banco, con i suoi soliti passi svogliati e barcollanti. Si sfregò le mani profumate di tabacco e di schiuma da barba e afferrò la sua penna blu.

…Si sentiva osservato, alzò la testa e si trovò immerso nei suoi occhi. Lei subito distolse lo sguardo, triste. Tornò al suo posto e si sedette.
Erano uno di fianco all’altro.
Il silenzio era quasi insostenibile, veniva voglia di alzarsi e mettersi a gridare per distruggere quel clima di tensione. Ognuno poteva sentire ogni singola cellula dei compagni, contratta in un tremolio quasi morboso.
La professoressa passò fra i banchi, distribuendo le tracce del tema.

Afferrò la fotocopia, abbassando le palpebre. La sollevò fra le mani e piano piano aprì un occhio, terrorizzata.

Kafka

Lesse solo quella parola, e le bastò. In culo alla Steichten, in culo a tutti. Sorrise radiosa. Aveva passato TUTTA la notte a studiare quel dannatissimo autore da strapazzo, sapeva TUTTO di lui, anche quante volte aveva pisciato in tutta la sua vita. Qualunque cose le avessero chiesto, lei l’avrebbe saputa.
Non prese nemmeno lontanamente in considerazione le altre due tracce, aveva già deciso.
Vita di Franz Kafka e Die Verwandlung*.

*

Le faceva male la mano, erano due ore di fila che stava scrivendo, senza interruzione. Si fermò un attimo, posando con forza la penna sul banco. Prese una profonda boccata d’aria, bollente. Le bruciò la gola. Stava morendo di sete, ma mancavano ancora centoventi lunghissimi minuti, alla fine dell’esame.
Si voltò verso Tom. Lo vide intento a scrivere, ad una velocità impressionante. Per quanto assurdo possa sembrare, la sua scrittura era perfetta, ordinata. Sembrava quasi che la mano si muovesse da sola, con una tale eleganza, da sembrare quasi finta.
Le lancette dell’orologio appeso sopra la lavagna continuavano la loro corsa contro il tempo. E lei era incantata, ferma a osservare le sue dita un po’ umide, che circondavano in un abbraccio stretto la penna.
Lui smise per un secondo di scrivere, rileggendo la frase, controllando di non aver fatto errori. Sbuffò e si asciugò una gocciolina di sudore che colava dalla fronte.
Si stiracchiò e chinò la testa all’indietro. Fanny era ancora incantata. Stava perdendo un sacco di tempo prezioso…per un attimo, uno solamente, le tornò in mente quel lontano, lontanissimo, pomeriggio di novembre. Quel ripostiglio, vicino alla palestra…quel tuono, che lo aveva illuminato…
…Seguì il profilo del suo naso, perfetto. Scese più giù, lungo la linea del collo, con la leggera curva disegnata dal pomo d’Adamo pronunciato.
La Steichten lo guardò male. Come al solito era letteralmente stravaccato sulla sedia, come fosse una poltrona…eh porca miseria! Nemmeno alla Maturità riusciva a stare composto.
Mantenendo la stessa identica posizione, senza curarsi dell’occhiataccia della professoressa, reclinò leggermente il capo verso destra, trovandosi di fronte una Fanny imbambolata a fissare le sue mani. Lei si accorse dei suoi occhi puntati sul suo corpo e scrollò la testa muovendo la sua cascata di capelli. Arrossì come una bambina mentre Tom le sorrise. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, come non facevano da mesi ormai.
Lei tornò a fissare il suo tema. Lo rilesse tutto, da capo.
Che schifo.
Mancava un’ora [Cazzarola era rimasta sessanta minuti a fissare le mani di Tom], e faceva letteralmente cagare. Era in preda al panico. Stropicciò il foglio e ricominciò a scrivere. Ma man mano che andava avanti, la paura svaniva. Ora si che era fatto bene. Non le importava dell’orologio, non lo fissava più con il cuore a mille.
La campanella suonò, con la Bic blu scrisse le ultime due parole: …genere umano. Punto. Ce l’aveva fatta dannazione.
Si alzò, fiera di se stessa, e con passo deciso andò alla cattedra. Poggiò, quasi con violenza, i quattro [!] fogli a protocollo, sorridendo.
Prese il suo dizionario. Zitta. Senza aprire bocca. Scese le scale, muta. Aprì la porta con la maniglia antipanico e si fermò, immobile. Tom, che le camminava dietro, la guardò preoccupato.
Stava per chiederle se fosse tutto ok…ma improvvisamente un urlo gli sfondò i timpani, facendogli fare un salto di diciotto metri, e fermandogli il cuore per qualche secondo.
La dolce e silenziosa Fanny, apparentemente distrutta dall’esame complicatissimo, aveva cacciato un acuto degno della migliore cantante di lirica esistente, e, precisamente, aveva gridato due paroline, ovvero, DIO ESISTE.
Dopo di che si era voltata verso di lui, e lo aveva salutato, con la mano, sussurrandogli un lieve: “Ciao, Kaulitz”
Il poveretto era ancora profondamente traumatizzato dall’urlo, cosi non rispose al saluto, semplicemente la guardò con la stessa faccia di suo fratello, quando scopriva di avere un punto nero in mezzo agli occhi, o, ancora peggio, quando si accorgeva della ricrescita bionda che lo rendeva molto simile ad una nonna ultranovantenne, che si scordava di andare dal parrucchiere.
Corse verso il bar dove quattro ore prima si era data appuntamento con Alexander, saltellando con un sorriso che faceva invidia al sole in persona, stampato sulla faccia.

Ordinò un bicchiere di spremuta d’arancia da un litro e mezzo, pieno zeppo di cubetti di ghiaccio e lo tracannò tutto in due sorsi.
-Quando avrai i risultati?-
-Presto! Penso questo sabato-
Si chinò verso di lei e le diede un bacio sulla fronte, per poi abbassarsi sulle labbra profumate di agrumi.
-Brava la mia bambina-

*

Sbatté la porta d’ingresso. Le tapparelle erano abbassate e tutto era avvolto nel buio. Che diavolo succedeva? Fece qualche passo verso l’interruttore del salotto, quando, in un secondo, le luci si accesero e si ritrovò davanti sua madre, suo padre, Bill, nonni, zii, cugini…a sorridergli e a battere le mani. Ai suoi occhi sembrava tutto talmente patetico e squallido che, senza aprire bocca, salì le scale e si chiuse in camera sua.
Simone era sconvolta, così come il resto dell’allegra compagnia di parenti e affini. Bill sorrise amaramente e raggiunse il gemello nella sua stanza.

Bussò con calma, la voce profonda di Tom lo raggiunse, chiedendogli chi fosse e lui rispose.
-…Entra-
Aprì lentamente la porta e la richiuse, garbatamente. Vide il gemello disteso sul letto, a torso nudo, intento a fissare il soffitto.
-Spiegami che hai-
-Non ho niente-
-…Ah andiamo cazzo…potevi almeno sforzarti di fare finta che ti facesse piacere, è da giugno che mamma organizza questa festa per noi e per la nostra fottutissima maturità-
-Vaffanculo Bill, se sei qui per rompere vattene.-
-Ma mi vuoi dire che diamine hai?-
Sbuffò scocciato, certe volte era veramente impiccione. Erano o no fattacci suoi? Lo fissò per qualche secondo. Come al solito era vestito di nero, anche con quel caldo asfissiante.
Ai piedi un paio di scarpe da ginnastica e i capelli legati in un codino, sulla nuca. Gli occhi erano leggermente meno truccati del solito, ma comunque sempre bistrati.
-Non ce la faccio più, ecco cos’ho-
-Di cosa, non ce la fai più??-
-Di…di noi, dannazione…di lui, di lei!-
Il moretto lo guardò interrogativo. Gli stava quasi per dire: “Non ci credo, ancora non l’hai dimenticata?” Ma sapeva che sarebbe stata una domanda retorica.
Sospirò chiudendo gli occhi, come per riordinare le idee nella sua testa.
-Senti…Tom…non puoi andare avanti così, sono nove mesi che hai questo carattere di merda, rivoglio il fratello di prima…vai da questa qua e parlale Cristo!-
-LA FAI FACILE TU!-
Stava perdendo la pazienza, odiava le persone che sdrammatizzavano le questioni.
-Non la faccio facile demente! Dico solo le cose come stanno!-
Non sapeva più come ribattere. Aveva ragione, ovvio, come sempre, come ogni maledettissima volta.
Mugugnò parole incomprensibili, tra le quali si poté distinguere un grazie sbiascicato. Non era per nulla convinto, ma già il fatto che ci stesse pensando fece nascere un barlume di speranza nella mente di Bill.
-…Dai, scendiamo e andiamo dai Kaulitz…cazzo Tom, abbiamo finito il liceo e tu, diversamente da quanto TUTTO L’UNIVERSO si era aspettato, non esulti come un pazzo saltando sui divani e organizzando una mega-orgia, di quelle che fanno invidia al dio Bacco in persona!?-
Sorrise.
-…Ha ha ha, come sei divertente-
-Lo so! È per questo che tutti mi amano…-
-Bill, è per caso un brufolo quell’ammasso di pus giallastro gigante che vedo in cima al tuo naso?-
Al poveretto quasi venne un infarto, il cuore gli si fermò per un minuto buono. Corse verso il bagno lanciando gridolini simili a quelli di un pollo pronto per essere mandato alla fabbrica di MacDonald’s. Ma quando, dopo essersi fissato allo specchio con una lente d’ingrandimento, si rese conto che Tom lo stava solo sfottendo, tornò indietro, sfoggiando urletti ancora più isterici.
-Sei uno stronzo-

*****

Note Dell’Autrice: Rullo di tamburi…ECCOMI! Questa volta puntuale, no?! Ehehe ^_____^’’
Grazie mille per tutte le recensioni che mi state lasciando, sono commossa!!
Volevo ringraziare anche la mia cara RubyChubb perché grazie alle sue fanfiction ho scoperto molte canzoni che mi aiutano sempre mentre scrivo x’’D
E poi ovviamente perché ha scritto il sequel da me tanto atteso! Gesù sono esagitata! Quando aggiorniii?!
Huhuhu ok mi dileguo!
Grazie ancora per i commenti!

Vi abbraccio!

Giuls

Ps: Recensioni sempre gradite! ^-^

___________

*Una delle opere più famose di Kafka. In italiano: La Metamorfosi.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


-Ah, non ho mai mangiato cosi tanto in tutta la mia vita-
Bill si stava caldamente strofinando le mani contro il pancino pieno zeppo di vivande di ogni genere.
-Già, si è data proprio da fare-
Lo stesso valeva per Tom, che smaltiva le calorie accumulate dilettandosi nella lettura della più rara copia di Playboy mai esistita, comprata su ebey alla modica cifra di tremiladuecentocinquantuno euro e novantanove centesimi, risparmiati in anni e anni di fatiche degne di Ercole in persona.
Sembrava tutto normale, due fratelli sdraiati su un letto matrimoniale, semplicissimi adolescenti intenti a discutere di qualche stupidata da diciottenni arrapati e fissati con il basket. Ma si sa che l’apparenza inganna.
Nella mente di uno erano ancora evidenti i segni di un trauma psicologico molto profondo dovuto allo shock causato da un “presunto” brufolo in cima al naso.
In quella dell’altro invece tutti i poveri neuroncini si contorcevano fra di loro, senza trovare una soluzione a quelli che sono sempre stati i più grandi dilemmi del genere umano: ovvero i problemi di cuore!
Fin dall’antichità si può notare come l’amore causi la disperazione e addirittura la morte di molti fanciulli e fanciulle. Dolci donzelle che si suicidano e finiscono nella parte più triste dell’Ade Virgiliano, rimanendo sole, per l’eternità.
E questo era quello che stava accadendo a Tom Kaulitz, benché egli non lo ammettesse. Certo, il suo destino non era cosi tragico come quello della povera Didone, abbandonata dal suo Enea, tuttavia, anche il giovane rastaman aveva un cuoricino, sotto tutti quei vestiti, e la mancanza della propria amata gli causava un profondo dolore, al petto.
-Ok…la festa è finita. Ora parliamo seriamente di quella là…-
-…Ha un nome-
-Non me ne frega niente, io la chiamerò x. Intesi?-
Tom guardò il gemello in modo non proprio amichevole, dopo di che sbuffò, sfogliando svogliatamente il suo rarissimo Playboy.
-Bill, non sei per niente d’aiuto, l’unica cosa che posso fare è parlarle…ma non ho né la voglia né il giusto umore per farlo…-
Il ragazzo sospirò, fissando gli occhi bistrati sul soffitto candido. Doveva trovare una soluzione, doveva impegnarsi per aiutarlo. Detestava vederlo in quelle condizioni, gli faceva male, gli dava fastidio, lo irritava, lo turbava, lo intristiva, lo straziava, lo distruggeva…si insomma, si sa che Bill Kaulitz è melodrammatico, indi deve fare della più piccola cosa una tragedia. [Vedi capitolo precedente, sezione “Brufolo”]
Sul suo viso vispo comparve un sorriso non molto rassicurante, che, grazie a Dio, Tom non riuscì a cogliere. Saltellando come il coniglio di Bambie si mise a correre verso la sua stanza. Nella sua mente si andava formando un’idea maledettamente diabolica, come la definiva lui. Il ghigno si faceva sempre più terrificante, mentre scendeva le scale per andare in cucina.
Entrò e aprì la dispensa tirandone fuori una merendina grondante di cioccolato e zucchero a velo, capace di farti ingrassare di una tonnellata solo guardandola. Ma ovviamente il nostro caro struzzo non mette su un etto, nemmeno a pagarlo.
Richiuse l’armadietto e si sedette sul ripiano vicino ai fornelli, dove Simone si stava preparando una tazza di tè.
-Mama, dov’è l’elenco telefonico della classe di Tomi?-
La biondina sorrise al figlio, sospettosa.
-E’ appeso al frigorifero…perché?-
Bill non le rispose, staccò la calamita che teneva il foglio fisso sull’elettrodomestico e corse verso la sua stanza.
Aveva sentito dire da Tom che una delle più care amiche di x era una certa Korin, che d’ora in poi sarà y.
La cercò e sollevando il cordless fra le dita affusolate digitò i numeri, facendo attenzione a non rovinarsi la manicure fresca di quella mattina.
Con una voce esageratamente falsa chiese alla signora Teulnehm se poteva gentilmente chiamare la figlia, la quale rispose con voce titubante.
-Ehm…ciao, sono Bill, il fratello di Tom…-
-…Immaginavo, dimmi, cosa posso fare per te?-
Il moretto spiegò tutto il suo diabolico piano alla poveretta, che non poteva fare altro che ascoltarlo e ridere. In fondo era un ragazzo simpatico, un po’ rincitrullito, ma divertente.
Dopo due lunghissime ore passate al telefono i due si congedarono, con un sorrisetto malefico spiattellato sulla faccia.
X sarebbe caduta nella loro trappola.
Bill era molto orgoglioso di se stesso, si era trovato una buona compagna di malefatte, e il suo progetto era degno dell’FBI.
Esausto [Aveva parlato ininterrottamente per centoventi minuti] si spogliò e si ficcò sotto le lenzuola.
Non era un piano cosi particolare, di certo non peccava di originalità, però avrebbe funzionato. Quei due si dovevano parlare, ad ogni costo.
Chiuse gli occhi, ricordandosi che non si era struccato, ma se ne fregò. Era stanchissimo…aveva appena finito la maturità, Cristo!
Si addormentò, cullato dalla voce del gemello, che nella stanza accanto, stava sbraitando contro la Playstation.

Un raggio bollente di sole gli solleticava lo zigomo, dove si poteva notare il leggero segno di una cicatrice. Mugugnò lentamente, prima di alzare le palpebre e venir investito dalla luce accecante. Si era addormentato vestito, con Playoboy appoggiato sulla pancia. Si alzò e si diresse verso il bagno, grattandosi il fondoschiena. Si spogliò e lanciò i vestiti direttamente in lavatrice prima di farsi una doccia.
La voce di Bill era forte e allegra e giungeva dalla cucina, dove stava ridendo con Simone.
Si legò un asciugamano in vita e i dread con un elastico, dopo di che scese anche lui per mangiarsi le sue salsicce mattutine. [OMG nda]

-Ti va di uscire oggi?-
Con una fetta biscottata fra le labbra reclinò leggermente la testa, pensando ai suoi impegni quotidiani…no, era libero.
-Si…perché no-
Mise il piatto e le posate nel lavello.
-Dove andiamo?-
Bill si portò l’indice smaltato al mento, e assunse un’aria pensierosa. Dentro di se però era scoppiata la bomba atomica. Sorrise e gli occhi gli si illuminarono, come se qualcuno avesse premuto un interruttore.
-Che ne dici del parco?-

*

Un fastidioso rumore, come una vibrazione, le raggiunse i timpani, solleticando il suo sonno. Borbottando qualcosa di incomprensibile allungò il braccio verso il comodino, con la stessa vitalità di uno zombie appena maciullato da un pazzo e sanguinario mangiatore di mummie.
Pigiò il tasto verde e mugugno un allegro “Pronto”, che ammazzò tutti gli esseri viventi nell’arco di due miglia per il suo dolce e pestilenziale alito mattutino. Fortunatamente uno di quegli esseri aveva l’olfatto di una talpa morta, e quindi ebbe la fortuna di non percepire il gradevole profumino di rose di bosco emanato dalla boccuccia di Fanny.
-Ciao cara, sono Korin-
-Cosa vuoi?-
Altre povere ed innocenti creature venivano decimate dall’alitata. Perché la realtà è diversa dai film sdolcinati con Julia Roberts e Georg Clooney, dove i due amanti appena svegli sono perfettamente truccati e hanno le labbra che profumano di menta…
-Usciamo oggi, vero?-
-Stavo dormendo…DOR-MEN-DO-
Scandì bene le sillabe del gerundio, svegliando l’essere non identificabile al suo fianco, insomma, il tipo con l’olfatto della talpa morta per intenderci, oppure Alexander…chiamatelo come volete.
-Si vabbe…ci vediamo da me alle tre, ok?-
Senza nemmeno lasciarle il tempo di ribattere, Korin terminò la chiamata, tutta esaltata, pronta per comporre il numero del suo amico struzzo, alias Bill Kaulitz.
La povera Fanny lanciò letteralmente il cellulare contro la parete, ficcando la testa sotto il cuscino caldo.
-Scusa…-
-…Non c’è problema…dormito bene?-
-Meravigliosamente-
Scaraventò il lenzuolo bollente giù dal letto e saltellò verso il bagno slacciandosi il reggiseno.
-Che fai?-
-Doccia-
-Mi è sembrato di capire che oggi hai da fare…-
-Già, esco con tua sorella-
-Va bene, ci vediamo stasera, io vado a casa-
Si alzò anche lui, barcollante, infilandosi i jeans e la maglia a mezze maniche. Le si avvicinò e le diede un leggero bacio a stampo, al che lei gli sorrise e si spogliò definitivamente, ficcandosi nel box-doccia e aprendo solo l’acqua fredda.

*

Camminavano a pochi centimetri di distanza, uno svogliato e ondeggiante, l’altro elegante e sicuro di sé. Senza proferire parola, guardandosi ogni tanto, lanciando un calcio a qualche sassolino.
Arrivarono al parco, Tom si appoggiò ad un’altalena, incominciando a dondolarsi e accendendosi una sigaretta.
Bill gli sorrideva, tremante, un po’ falso…come se volesse nascondergli qualcosa, ma lui fece finta di non accorgersene.
Lo stesso valeva per Fanny, che si stava sistemando i capelli mentre passeggiava tranquilla con Korin verso il parco. Qualcosa non quadrava, se n’erano accorti entrambi.
-Vado al bar…vuoi…?-
-Una birra, grazie-
Il piano diabolico stava funzionando alla perfezione, ma Tom non era deficiente, e nemmeno Bill, che si era accorto da un bel pezzo che il fratello aveva ormai intuito tutto.
Sbuffando si diresse verso il piccolo chiosco, dove si era dato appuntamento con Korin.
Successe tutto quello che doveva accadere.
I due si dileguarono misteriosamente, facendo ritrovare Mr Kaulitz e Miss Krantz da soli. Che cosa squallida, eppure era l’unico modo per permettere ai due di parlare, dopo tanto tempo che la situazione rimaneva congelata.

Gli si avvicinò, porgendoli con gentilezza la bottiglia di birra stappata. Lui la afferrò e ne bevve diversi sorsi.
-Vuoi?-
-Si grazie-
Avvicinò le labbra dove poco prima c’erano state le sue. Sentì il suo sapore, buono, amaro…con lentezza mandò giù un po’ di quel liquido frizzantino che la faceva impazzire. Si leccò con la lingua la schiumina che le era rimasta sulla bocca e gli ripassò la bottiglia.
-Come va?-
-…Tutto ok, tu?-
-Si tira avanti…-
Dio non avevano mai avuto una conversazione cosi patetica.
Si riportò la birra alle labbra, trattenendola un po’ in bocca, senza mandarla giù.
-…Siamo patetici- Glielo disse guardandolo fisso negli occhi. L’alcool gli andò di traverso facendolo tossire come un cretino. Lei rise, e gli si avvicinò, mettendosi in ginocchio davanti a lui, che era ancora seduto sull’altalena come un bambino.
Allungò una mano verso il suo mento, per asciugare quella gocciolina fastidiosa, profumata di lui, che gli era rimasta sotto il piercing. Tom le sorrise, come solo lui sapeva fare, sapete no com’è? Si, quando ti punta le pupille nelle palle degli occhi e alza leggermente le labbra verso sinistra.
-Non voglio mandare tutto a puttane Krantz-
Diretto, come sempre.
-E, sentiamo…cosa staremmo mandando a puttane?-
-Tutto, tutto quello che abbiamo creato in cinque anni…-
-Che cosa?? Non farmi ridere…cosa abbiamo creato? Cosa?-
Lui abbassò un attimo lo sguardo, intimorito. Non doveva perdere. Doveva vincere. Tom Kaulitz vince sempre.
-Vuoi sapere cosa abbiamo creato? Semplice…questo…-
Si abbassò, di qualche centimetro, a sfiorarle le labbra. Un qualcosa di leggero, profumato di Deutsche Bier e di tabacco. Lei immobile, con gli occhi sbarrati. Lui morbido, rilassato. Non gliene fregava nulla se non rispondeva al bacio, se ne sbatteva…
Tirò fuori un po’ la lingua e le sfiorò gli angoli della bocca, delicato, per raccogliere quel residuo di schiumina che sapeva di alcool. Poi si staccò, e tornò a dondolarsi sull’altalena. Tranquillo, come se nulla fosse.
-…Questo è ciò che ho creato in cinque fottutissimi anni, Fanny. Questo-
Lei tirò su la testa, incrociando il suo sguardo, triste.
-Non va bene, Tom. Per niente-
Si alzò, facendo cadere la bottiglia per terra. Le afferrò le spalle, la abbracciò, forte, fortissimo, affondò la fronte e il naso nell’incavo del suo collo, inspirando a pieni polmoni il suo profumo, l’odore della sua pelle, dei suoi capelli neri. Si sentiva distrutto, voleva piangere, urlare.
-Non puoi…farmi questo-
Portò le braccia intorno al suo collo, per stringerlo stretto al suo petto. Una lacrima le rigò la guancia sudata. Affondò le mani nei dread legati disordinatamente in un laccio nero.
-…Non ti sto facendo niente, Tom-
Una scossa di rabbia lo pervase, aumentò la stretta sui fianchi.
-Come puoi dire questo? Come? Mi stai uccidendo Krantz…Non lo capisci?-
Singhiozzò, trattenendo le parole in fondo alla gola.
Si staccò dal suo corpo caldo e gli sorrise, malinconica. Lui era smarrito, si vedeva benissimo. Non sapeva cosa dire. Ma lei non era la persona giusta, non lo amava, gli voleva bene e basta, stava con Alexander, voleva stare con Alexander.
-Ehi, Kaulitz…-
Sollevò lo sguardo che si era improvvisamente incollato con la terra secca del parco giochi. –Uhm?-
-Devo andare-
-Dove?-
-Svanisco...-
Cosi la vide uscire dalla sua vita, per sempre. Dopo aver chiarito, certo, dopo aver dimenticato un pomeriggio a fare l'amore, dopo aver capito che era solo LUI che era rimasto intrappolato in quella fottutissima trappola, nota come amore. Lei non ne faceva parte, lei era estranea, lei non c'entrava, lei era fuggita, via, lontano. Non l'avrebbe mai più vista...ne era certo. Però, non avrebbe mai smesso di amarla.

Fanny Krantz passò l’esame di maturità con ottimi risultati, contro ogni aspettativa. Ora è una ventitreenne e vive in un appartamento di Monaco insieme al fidanzato, Alexander Teulnehm, da circa cinque anni.
…Anche Tom Kaulitz ha superato la prova, con il massimo dei voti, com’era prevedibile. Trascorse mesi e mesi della sua vita a fare il depresso, ma alla fine capì che non ne valeva la pena e riuscì a dimenticarsi della dolce moretta, che fu il suo primo, vero, grande amore. Ogni tanto si imbosca nel suo vecchio liceo, e va a fumarsi una sigaretta in un certo Ripostiglio delle Scope, tanto per tornare uno po’ bambino, qualche volta.
Bill Kaulitz riuscì per un pelo a prendere 60, ma se ne fregò altamente e continuò la sua vita. Dopo un anno di tira e molla si decise finalmente a chiedere alla dolce Korin di uscire, e ora sono felicemente fidanzati e condividono un monolocale nel centro di Berlino.
Arturo e Gerardo decisero di smetterla di litigare e si dichiararono entrambi dell'altra sponda, sposandosi e mettendo al mondo diversi neuroni, che aiutarono l'encefalo di Tom Kaulitz a migliorare le sue prestazioni intellettuali, oltre che quelle sessuali.
E io? Io sono qui, ho finito di raccontarvi le peripezie di due normalissimi ragazzi, e tra poco torno alla tragedia greca, pronta a tuffarmi nella Medea di Euripide.
Qualcuno di voi è sicuramente convinto che in fondo la cara Fanny sia stata innamorata del misterioso Kaulitz. Forse si, forse no…questo è un segreto che rimarrà custodito nei suoi ricordi, per sempre.

FINE

Note Dell’Autrice: Tadaaan! Fine! Sono commossa, un ringraziamento speciale a tutti quelli che mi hanno seguita, che mi hanno commentata, che hanno aggiunto questa storiella fra i preferiti!
Spero di rivederci presto, continuate a seguirmi, mi raccomando!
Non è detto che le avventure di Tom&Fanny siano finite! Ma non garantisco niente!
A prestissimo!

Un bacio grandissimo!

Lasciatemi qualche commentuccio! ^-^

Vostra Giuls

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