In missione per conto di Dio.

di Anima97
(/viewuser.php?uid=136883)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grimmauld Place numero dodici - prima parte. ***
Capitolo 2: *** Grimmauld place numero dodici - seconda parte. ***
Capitolo 3: *** Orecchie Oblunghe - prima parte. ***



Capitolo 1
*** Grimmauld Place numero dodici - prima parte. ***


In missione per conto di Dio.


Grimmauld Place numero dodici.
Prima parte.

Gli abitanti di quel villaggio nella grande radura del castello non sembravano essersi accorti, quella sera di Giugno, di ciò che succedeva a pochi chilometri dalle loro apparentemente sicure abitazioni, su quella piccola collina di sassi e terra arida, abitata solo dalla figura illuminata dalla luce lunare di un faggio nodoso e spoglio che nascondeva tra le sue radici una cavità spaziosa, simile a una grotta.
Poco lontana dal quell'albero una catapecchia decadente, con le finestre sbarrate da assi in legno, circondata da una staccionata ormai integra solo per alcuni pali che facevano fatica a reggersi e un giardino che somigliava più a un cimitero abbandonato immerso nella giungla, tra carcasse di piccoli animaletti, piante morte, alberi abbattuti da quelli che sembravano enormi artigli. Era li che nessuno avrebbe voluto trovarsi, soprattutto in una notte come quella, perchè gli abitanti di quel villaggio, nonostante fossero passati anni, non si fidavano di quella che veniva chiamata "Stamberga Strillante" e chiunque altro non li avrebbe biasimati.
Eppure il luogo abbandonato quella notte godette di una vita. Ignara, addormentata, davanti la porta miracolosamente ancora appesa ai cardini, giaceva una ragazza.
Quando aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il cielo stellato oltre i rami senza vita di un albero e la luna che si nascondeva timida oltre una nuvola bassa. La ragazza si rese subito conto che certamente quella non era la sua camera da letto e, nonostante ricordasse di essersi messa il pigiama dopo aver letto come al solito un capitolo (e forse qualcosa in più) di un libro a suo parere poco interessante prima di dormire, ora si trovava addosso i vestiti che indossava più spesso, logori e sporchi di acrilici dall'uso eccessivo. Si guardò intorno confusa, le faceva male la testa e sentiva freddo, mentre l'ansia venne preceduta da uno sfuggente senso di sicurezza: stava sicuramente sognando, eppure sentiva la terra infertile sotto le sue mani e la brezza estiva sul viso. Quel panorama le era lontanamente familiare, ma quelle case poco lontane, vicine a quel castello abbandonato e decadente le provocavano solo timore. Non era la sua città, quella, non c'era traccia della presenza di qualcuno, ma non poteva esserci arrivata da sola.
Si volse alla sua sinistra, come a voler ritrovare il comodino dove solitamente poggiava l'orologio, ma al suo posto c'erano solo radici e pietre e poco più in la uno zaino piccolo e logoro come i suoi vestiti. Fulminea, si mise a quattro zampe e gattonando si avvicinò all'unico appiglio di speranza in quel luogo sconosciuto. Ansimando nel grande sforzo di rimanere calma e con le mani più ferme possibili cercando di aprire la cinta, frugando con morbosa curiosità nei meandri dello zaino e provando a non gemere dallo sconforto e dall'indignazione trovandovici soltanto una specie di tessuto.
Tutto qui?, si disse, chiunque l'aveva abbandonata li le aveva soltanto lasciato uno zaino pieno di stoffe? 
Si sedette, osservando delusa la sua unica speranza svanire: a primo impatto le sembrò lo straccio che solitamente usava per pulire i pennelli, ma improvvisamente lo vide brillare alla luce della luna appena sbucata dalle nuvole. Con un sussulto afferrò violentemente lo zaino, la vista leggermente appannata dallo stupore: guardando meglio l'oggetto all'interno era molto più ingombrante di un semplice pezzo di stoffa e al tatto era scivoloso, come acqua. 
Una sensazione nuova accompagnata da un brutto presentimento le strinse il cuore, facendole perdere qualche colpo. 
Lo tirò fuori con poca grazia e osservò il mantello allibita.
No, non poteva essere! Non poteva esistere nulla di simile, era solo frutto della sua immaginazione. Forse aveva perso fin troppo tempo dietro quei libri per bambini, non avrebbe mai dovuto cominciare a leggerli, sapeva che l'avrebbero fatta impazzire con tutte quelle storie di incantesimi e creature magiche.
Improvvisamente, come colpita in testa da una padella, volse lo sguardo alla luna sopra la sua testa e rabbrividì. 
Non era stupida: se aveva trovato un mantello, quel mantello, in uno zaino apparso da chissà dove, in quel luogo selvaggio ma lontanamente familiare... La luna piena poteva portare solo guai.
Istintivamente si tappo la bocca con una mano e rimase immobile per terra vicina allo zaino. 
Un tonfo proveniente dalla grotta sotto quell'albero sinistro aveva attirato la sua attenzione, attese a lungo ma non le giunsero altri suoni. Guardò il mantello sudando freddo e controvoglia decise di agire come aveva tante volte letto dentro quei libri per bambini, sicuramente causa in qualche modo di tutto ciò che stava succedendo, però d'un tratto diventati fondamentali con tutte le loro avventure: si accucciò sotto il mantello, facendo attenzione a coprire anche lo zaino e i piedi, e aspettò immobile, fissando il buco nero della grotta.
Come a voler rispondere a delle sue aspettative, dal suo interno echeggiarono grugniti e sbuffi, seguiti da passi soffocati.
Come a volersi preparare ad una vista spiacevole (perchè in fondo sapeva cosa sarebbe apparso di li a pochi minuti), si sistemò meglio sulla terra, poggiando la schiena alla porta leggermente aperta della Stamberga Strillante. Scartò immediatamente la possibilità di entrarvi: quella casa era pericolosa quanto l'essere dentro la grotta.
Perchè l'avevano abbandonata proprio li in quella notte di luna piena? Forse era stato proprio ciò che ansimava minaccioso e nascosto a catturarla per potersene cibare.
Immaginò il suo corpo fatto a brandelli, il sangue e la bestia che gustava la sua carne e si lasciò sfuggire un gemito. Chiuse gli occhi tremando in quella posizione fetale, mentre l'orrore e la paura si diffondevano in lei come veleno.
I rumori da dentro la grotta aumentavano sempre di più. Gli sbuffi erano diventati ringhi e i passi che prima potevano essere sicuramente di una persona sola, ora si affrettavano talmente veloci da poter esser diventati due paia possenti, attribuibili solo ad un...
Riuscì a stento a trattenere un urlo terrorizzato, evitando di far saltare l'unica difesa che in quel mondo aveva, e con il terrore che le mangiava l'anima, cercò di allontanarsi il più possibile dalla grotta senza fare rumori, osservando la figura mostruosa ora illuminata dai raggi lunari e lei non osava neanche sbattere le palpebre per assicurarsi di non essere attaccata: aveva una stazza più imponente rispetto a quella di un qualsiasi animale, le zanne erano ben visibili sotto il muso allungato e nero e, la ragazza notò con orrore, le zampe posteriori erano gambe umane leggermente storte e pelose, sicuramente non ancora trasformate completamente. Delle pupille nere iniettate di sangue fissavano nel punto in cui la povera, terrorizzata ragazza giaceva inerme. 
Sarebbe morta davvero in quel posto sconosciuto, sotto un Mantello dell'Invisibilità, uccisa da un lupo mannaro.
Mentre la bestia avanzava fiutando l'aria, lei potè sentire un odore inconfondibile di terra umida e sangue e per un attimo parve cedere alla di urlare per chiamare aiuto, ma si limitò ad osare distogliere lo sguardo per cercare qualche figura umana, tentò di sporgersi più a lato per osservare meglio il villaggio dietro il lupo e si rese conto che le luci spente delle case presagivano che ben presto avrebbe affrotato la morte sola.
Così giovane, si diceva, così piena di progetti, abilità da coltivare, sogni, speranze, vita!
Scappare, certo, l'unica soluzione, doveva farlo o sarebbe morta, o non avrebbe più respirato l'aria fresca del mattino, non avrebbe più goduto dei sapori, dei panorami, dei sentimenti, del semplice fatto che era anche lei viva in quel mondo di matti e... 
Si riprese, asciugandosi le guance con la mano che non intendeva scivolare via dalla sua bocca.
Scappare... No, si disse ansiosa, troppo pericoloso e stupido. Cosa fare, allora?! Se non l'avesse odorata prima, sarebbe sicuramente inciampato su di lei, assicurandogli una cenetta al chiaro di Luna. E la guardò, forse per l'ultima volta: la Luna. Era piena, bellissima, circondata da poche nuvole e un'infinità di stelle. Desiderò ardentemente poterla vedere ancora, le affidò tutti i suoi ricordi e ritornò di nuovo a guardare il lupo, ormai a pochi metri.
I pensieri le vorticavano velocemente in testa mentre il lupo si avvicinava.
Cercava di ricordare cosa avrebbe fatto una persona più competente e coraggiosa nei suoi panni sentendo il fiato dell'animale sul suo ventre.
Chiuse gli occhi, premette con più disperata forza sul naso e sulla bocca con la mano e pensò a tutto ciò che non avrebbe più rivisto, cercando di capire perchè.
Gli abitanti di quel villaggio nella grande radura del castello, quella notte sentirono solo un ululato, senza sapere che qualcuno, tra le colline, era in pericolo.
 
«Oh, no.» La voce profonda e stanca di un uomo le rimbombò nelle orecchie, in quel buio senza sogni.
Sembrava che fossero passati pochi secondi da quando aveva perso coscienza, ma quando si svegliò il sole la accecava, o forse era quel giramento di testa a farle credere di essere altrove, magari in paradiso o in un luogo simile. Era morta? Non ricordava.
«Svegliati, svegliati...» Nonostante venne cullata dolcemente da una mano, non aprì gli occhi. Si sentiva stanca, i sensi annebbiati, come se avesse corso per ore, con le membra infreddolite e assonnate e ora sentiva il dolore scivolarle addosso. Cercò di ricordare cosa le era successo, l'unica cosa di cui era sicura era che era impaurita da ciò che avrebbe potuto vedere: una grotta, o un albero (chissà perchè la spaventavano tanto), così cercò di illudersi che riaddormentandosi sarebbe tornata magicamente nella sua camera. Magia, perchè questa parola la innervosiva? Nulla le illuminò la memoria.
Quando provò a dormire, sentì solo un leggero formicolio ai fianchi.
La mano aveva smesso di cullarla e aveva sentito la presenza accanto a lei allontanarsi.
«E' viva, non può essere diversamente... non posso aver... devo svegliarla...»
Non ascoltava il borbottare e il gemere di quell'uomo, voleva solo riaddormentarsi e tornare a casa.
Improvvisamente sentì una frase che la turbò in modo eccessivo «Dov'è la mia bacchetta?»
Aprì gli occhi e terrorizzata si mise a sedere, sfiorando con la mano qualcosa di liscio e morbido, lo sguardo fisso sull'uomo con la bacchetta in mano. Era alto, magrissimo e pallido, dai vestiti consunti e in parte strappati, osservava un punto del suo corpo con espressione indefinibile, quasi terrorizzata e quando la vide muoversi, la sua bacchetta tremò.
Sentì una fitta al fianco destro e ben presto divenne un dolore insopportabile. Si portò una mano sul punto ricoperto di sangue e cominciò a boccheggiare con gli occhi sgranati, in un urlo senza suono. Qualcosa la stava mangiando viva, sicuramente, voleva morire e sembrava mancarci poco. Guardò il sangue sparso ovunque sul terreno, le mani che non riuscivano a bloccare la cascata che proveniva dalla ferita che non riusciva a vedere, ma percepiva come profonda e orribilmente grande.
Rivolse uno sguardo intorno a lei, sudando freddo, e vide il mago inginocchiarsi accanto e con aria febbrile e colpevole la sollevò e le borbottò qualcosa come un "andrà tutto bene". Infine vide solo un buio che le mozzò il fiato, sopprimendole i polmoni e per una frazione di secondo si disse morta, poi però poggiò i piedi su una strada circondate da case. Il mago la pose per terra e le porse con mano tremante un fogliettino «Leggilo, veloce, altrimenti non potrò portarti dentro!»
Ma lei sapeva già di cosa si trattava, non lesse il biglietto, cercò di parlare e portò la testa all'indietro stirando i muscoli del collo come se avesse qualcosa incastrato in gola, soffocando.
«Gr... mma... ma...» 
«Cosa stai blaterando? Leggi, ti prego, leggi...»
Anche se avesse avuto intenzione di farlo non ci sarebbe riuscita: il mondo intorno a lei stava svanendo in una nebbia di colori. Il dolore era talmente acuto, era sicura che da un momento all'altro il suo corpo avrebbe cominciato a farsi a pezzi da solo. Sentiva ogni muscolo irrigidirsi e fremere, persino gli occhi sembravano voler scivolare all'indietro, dentro la sua testa, ma doveva farcela, doveva parlare se voleva essere salva.
«Grimm... ace...»
«Cosa?!»
«Numero... Grimmauld Pla... numero dodici! Grimmaul Place numero... dodici!»
Non avvenne niente, nessuna casa apparve tra il numero undici e tredici, lei rimase li stesa insieme a quel mago allibito e confuso.
Vide il foglietto ancora nella mano tremante dell'uomo e lo afferrò con rabbia, passò di sfuggita uno sguardo sulla scrittura elegante, leggera e confusa e finalmente vide i colori sfocati davanti a lei cambiare. L'uomo la prese di nuovo in braccio e si catapultò dentro la casa, chiamando a gran voce qualcuno che la ragazza non sentì.
Sembrava che il fianco fosse un'entità esterna che la stava divorando, sentiva il sangue caldo scorrerle lungo la gamba rigida e qualcuno lo stava succhiando via.
La stesero su una piattaforma morbida, probabilmente un letto, e le sembrò che il cervello rimbalzasse dentro la sua testa, provocandole ancora più dolore.
Quando qualcuno le toccò la ferita con qualcosa di duro, seguito da un senso di freddo, come se fosse linquido, che sentì arrivare in ogni vena del suo corpo, irrigidì ancora di più i muscoli, sentendo le ossa stridere e schioccare tra loro come se avessero perso ogni distanza. 
Non riuscì più a trattenersi e urlò disperata.
«FATELO SMETTERE!»
Nessuno rispose ai suoi strilli, al suo dolore, sembrava abbandonata di nuovo alle grinfie di un lupo mannaro. Altri leggeri tocchi con qualcosa di duro la inondarono di altro freddo e si sentì presa in giro. Cosa diavolo stavano facendo?! Ad ogni ondata di quel liquido nelle vene si sforzava per urlare il più possibile e sfogare la rabbia e il dolore.
Urlò, urlò e urlò ancora, a lungo, troppo a lungo.
Dopo quella che parve un'eternità tutto cessò, veloce come era cominciato, il dolore abbandonò le sue membra ormai disubbidienti ad ogni richiamo del cervello.
Tenne gli occhi chiusi, sentendo il fianco bruciare ad ogni respiro. In quei minuti di pace che parvero secondi, seguì con la mente il percorso delle gocce di sudore freddo sulla sua fronte. Qualcuno cominciò a tastargliela con qualcosa di morbido.
Riuscì ad aprire gli occhi e mettere a fuoco la stanza intorno a lei: le pareti erano piene di ragnatele, con la carta da parati strappata ogni tanto tenuta su da qualche quadro vuoto o di gente che la fissava severa. I mobili in mogano erano antichi ed eleganti, si abbinavano perfettamente col legno scuro e consumato del pavimento, abitato da tantissimi ragnetti. Posò lo sguardo sul soffitto, stanca come non mai e respirò a fondo, nonostante il bruciore al fianco.
Davanti a lei due uomini slanciati e pallidi la osservavano, uno con disgusto, l'altro con orrore.
«Chi sei?»
«Non credo sia il caso...»
«Taci, Remus.»
Anzichè rispondere, lei abbassò lo sguardo alle mani dell'uomo sconosciuto, sporche del suo sangue ancora fresco: nella sinistra teneva una bacchetta. Non se ne stupì più di tanto, un senso di angoscia ormai si stava impossessando di lei. Non era possibile, eppure era li la verità, palese e dura: era davvero a Grimmauld Place numero dodici, davanti a lei c'erano veramente quei due maghi di cui conosceva già i nomi e il passato, e lei era stata sul serio morsa da un... il solo pensiero le creò un magone in gola.
Il mago che non aveva mai visto, nonostante in fondo al cuore sapeva già di conoscere, si avvicinò a grandi passi, sovrastandola sul letto, facendola sentire infinitamente piccola.
Aveva un volto a primo impatto orrbile ed emaciato, ma da più vicino nascondeva un fascino lontano, come se gli fosse stato strappato via con pochi successi.
I capelli erano neri come pece e circondavano due occhi scuri e penetranti, iniettati di rosso, segnati da due pesanti occhiaie scure; la barba incolta nascondeva una bocca dai denti scuri e rari e il colore della sua pelle, insieme alle guance scavate e facevano pensare a terribili malattie. Era così diverso dal mago che l'aveva portata sin li, il quale, nonostante le cicatrici che sfiguravano il suo volto segnato, ora dava un senso di consolazione, anche se l'aveva conosciuto in circostanze poco amichevoli.
«Chi-sei.» la ragazza non si era dimenticata di quella domanda posta con veemenza, sapeva che sarebbe stato rischioso far conoscere troppo di se a un uomo instabile, fuggito dalla prigione più sorvegliata del mondo magico e pronto ad ucciderla da un momento all'altro.
Abbassò gli occhi da quel volto emaciato e in un sussurrò mentì col primo nome che le passò per la mente «Nadia.». Solo dopo si ricordò di essere in Inghilterra e quello sicuramente non era un nome inglese, quindi non rimase offesa all'espressione divertita dell'uomo quando gli rivolse di nuovo lo sguardo. Presto ritornò serio e minaccioso, con le nocche bianche dallo sforzo sul manico della bacchetta «Stai mentendo. Che razza di nome è?»
«Sempre meglio di "Sirius".»
Le parole si erano pronunciate da sole, non seppe mai dove aveva trovato quella faccia tosta, della quale se ne pentì subito, infatti vide Sirius Black dilatare le narici furioso, e in un istante l'aveva presa per i capelli e l'aveva quasi fatta vomitare puntando con poca gentilezza la bacchetta tra il mento e il collo.
Remus Lupin, dietro di lui, lo afferrò per un polso «Sirius!»
«Chi ti manda?» soffiò l'uomo.
Era impazzita, ne era certa. Fare la spiritosa in una situazione del genere, come se non si trovasse abbastanza nei guai. Adesso erano convinti che fosse una spia di Voldemort o del Ministero della Magia... Assurdo!
Lui lasciò e riprese i capelli per assicurarsi una presa talmente forte da farla lacrimare dal dolore. Quando sarebbe finito quel supplizio? Odiava quel posto, fino alla sera prima le aveva recato solo danni. Come c'era arrivata li? Perchè? Voleva tornare a casa. Magari era possibile con la Smaterializzazione...
«CHI TI MANDA?! SEI UNA SPIA! COME FAI A SAPERE IL MIO NOME? PARLA!»
Gemette, lanciò a Lupin un segnale di aiuto nonostante fosse evidente la sua intenzione di non aiutarla: arrendevole la guardava con ancora il polso di Black tra le dita. Probabilmente sapeva di non poter fare granchè per aiutarla ed era sicuramente indeciso sulla sua colpevolezza.
Si guardò intorno nella speranza di trovare un aiuto, mentre Black continuava ad urlare e imprecare contro il suo silenzio. Le sembrò di vedere una piccola figura grigiastra al di la della porta aperta, quando un insulto particolarmente offensivo e alcuni capelli che sentì strapparsi dalla nuca la fecero reagire e senza neanche rendersene conto aveva in pugno la bacchetta di Black e gliela puntava contro con entrambe le mani tremanti.
Era in piedi sul materasso, adesso, ed era poco più alta del mago rosso in volto e stupefatto, che con gli occhi storti osservava la punta della sua bacchetta e con le mani si massaggiava la pancia. Poteva aver paura di lei, adesso? Non si sentiva più piccola e inerme come pochi minuti prima o come davanti al lupo. 
Che sarebbe successo qualcosa o no con quella bacchetta, non aveva importanza, doveva riuscire a far credere di detenere lei il potere, adesso.
«Remus, se vuoi aspettare la prossima luna piena fai con comodo, ho tutto il tempo del mondo qui.» disse Black, per la prima volta con tono sarcastico e con un sorriso di scherno sul volto. 
Infatti Lupin appena l'aveva vista dare un pugno nel ventre dell'amico, fulmineo aveva puntato la bacchetta contro la ragazza, ma non sembrava convinto di volerla fatturare.
La fissava come perso in chissà quali pensieri, le gambe piegate come se dovessero cedere da un momento all'altro, le mani tremanti, i muscoli tesi, il volto pallido e gli occhi... La ragazza si perse in quegli occhi terrorizzati e le sembrò che la ferita al fianco bruciasse un po' di più.
«Black.» disse, interrompendo bruscamente quel contatto visivo «Come riesci a scherzare in una situazione del genere? Silente si arrabbierà molto quando saprà che avete permesso il mio ingresso nel quartier generale dell'Ordine e che...» deglutì, rabbrividendo alle sue stesse parole «Tu, Remus Lupin, mi hai morsa.»
Sirius Black non parlò, si limitò ad accennare un allontanamento impercettibile dal letto come se fosse infetto e puntare lo sguardo sulla sua bacchetta, avido.
Intanto, Lupin, la guardò con gli occhi acquosi e il viso sempre più pallido e disperato «Mi dispiace... non volevo... io... cos'ho fatto!» e si portò le mani sporche di sangue ai capelli grigiastri. A quella vista, il cuore della ragazza ebbe un sussulto e un istinto protettivo la tentò, proponendole di abbracciarlo.
Ma il pensiero di trasformarsi in lupo mannaro alla prossima luna le attanagliò le viscere, sentendo bruciare ancora la ferita fresca sul fianco.
«Cosa stai farneticando, Remus!» sentì dire Sirius, mentre l'amico bisbigliava tra se «Sta mentendo, quello è soltanto un graffio!»
«Ah si?» lo guardò accigliata lei, volgendo lo sgardo al fianco destro, abbassando suo malgrado la guardia.
Black le si buttò addosso cercando di afferrare la bacchetta tra gli strilli della ragazza, lottando contro le gambe di quest'ultima che nonostante fossero magre e stanche sembravano molto forti e calciavano pericolosamente. Cercò di darle un pugno sulla faccia, ma lo scanzò con uno strillo più forte, infine riuscì ad afferrarle la bacchetta con una risata simile ad un latrato e la puntò sul petto ansante della ragazza. 
La vide sgranare gli occhi, la bocca ancora aperta in un urlo ora soffocato dal terrore.
Stava per pronunciare le parole mortali, finchè partì un fiotto di luce rossa che gli colpì la schiena e si accasciò sulla ragazza ancora sconvolta.
Spinse con violenza il corpo privo di sensi di Black, esitò ad alzare lo sguardo per guardare il volto di colui che l'aveva salvata per due volte in poche ore.
Si sentiva immensamente stupida ad aver abbassato la guardia, faticò nel bisbigliare un «Grazie.» ma tacque all'espressione animalesca in risposta di Remus Lupin.


 
Mondo Nutopiano:
Salve,
sono contenta di avere ancora la vostra attenzione,
nonostante siamo a fine pagina.
Lo so, lo so, questa prima parte è assolutamente veloce e assurda,
ma deve essere così.
Non giudicate la storia solo dalle prime righe,
potreste perdervi qualcosa che tutto sommato non è malaccio.
Credo.
Spero.
Oibò, io vò.

E grazie!

Pace, Amore e Poc'anzi.
MelinAnima.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Grimmauld place numero dodici - seconda parte. ***


Grimmaul Place numero dodici.
Seconda parte.
 
Era steso sul letto, ancora svenuto, quando Lupin era uscito dalla stanza dopo averla pietrificata. Adesso era sola, seduta per terra impotente, in un angolo della stanza fissava il corpo schiantato di Sirius Black, (il fuggitivo, l'innocente, il padrino di Harry, quello mentalmente instabile perchè aveva passato dodici anni della sua vita nelle grinfie dei Dissennatori) aspettando di svegliarsi da quello che sapeva bene non essere un incubo frutto del suo inconscio. In quegli attimi di solitudine un ronzio fastidioso si era sostituito alle urla di poco prima e le aveva invaso la mente, provocandole un gran mal di testa dall'eccesso di pensieri: si era svegliata davanti la Stamberga Strillante, con un lupo mannaro che l'aveva ferita, e sicuramente le aveva provocato un trauma non indifferente, poi era stata salvata da Remus Lupin, quel lupo ora uomo, portandola nella casa di un reietto della società, un uomo definito pericoloso da tutti e soprattutto, come tutto il resto degli elementi che la circondavano in quell'avventura assurda, faceva parte di un libro!
Un libro per bambini! Uno di quelli che si leggono solo quando non si ha veramente nulla da fare, poco interessante, troppo fantasioso per i suoi gusti.
Perchè era successo? Non proveniva da negozi strani dove il cassiere era un mago e quindi lo erano anche gli scrittori dei libri che vendeva... una teoria impossibile, dato che quello stesso libro era stato letto da tantissime persone prima di lei, ma nessuna di loro ha mai raccontato di esserci finita dentro! L'aveva semplicemente trovato a casa sua, tra i vecchi libri di suo fratello più piccolo e si era buttata nella lettura di pancia, poco gradendo il contenuto del libro e comunque divorandolo come una degna, accanita lettrice saprebbe fare.
Se avesse saputo quello che sarebbe successo non l'avrebbe di certo fatto!
Ora si trovava davanti l'uomo che l'aveva minacciata con la sua bacchetta, schiantato certo, ma sempre sinistro con quel volto segnato da una bellezza scomparsa e dodici anni di prigionia. Se si fosse svegliato e l'avrebbe trovata li avrebbe potuto farle del male anche senza la bacchetta, che in quel momento aveva preso Lupin.
Cercò di portarsi le mani alla gola, come se si aspettasse di trovare le mani di Black a stringerla e respirò profondamente, non potendo muoversi continuò semplicemente a squadrarlo.
Intanto la verità dura e sconvolgente cominciava a pesarle e l'unica domanda che riusciva a leggere chiaramente nella marea di dubbi affollati nella mente era: Come poteva tornare a casa? Si era appena ricordata che la Smaterializzazione non era possibile all'interno di casa Black e molto probabilmente, se non l'avessero uccisa (e rabbrividì al pensiero), la sua memoria sarebbe stata cancellata, modificata in chissà quale modo! Se credevano davvero di poter giocare con la sua vita si sbagliavano di grosso e le venne un'idea.
Prima di tutto serviva una chiacchierata con Silente.
Lupin tornò con un pacco di biscotti dal nome impronunciabile per lei, si sedette sul letto vicino all'amico e dopo avergli rivolto uno sguardo indefinibile la liberò dall'incantesimo con un impercettibile gesto della bacchetta, accennandole ad avvicinarsi. Si chiese se era giusto fidarsi di lui, ma poi pensò a quanto fosse buono l'animo dell'uomo, nonostante fosse un lupo mannaro e adesso probabilmente pensasse che lei fosse una spia, perciò obbedì, tenendosi comunque ad una certa distanza da Black.
«Dove sei andato? Perchè mi hai lasciata sola con lui?»
«Dovevo parlare con una persona.»
Fece il gesto puntare la sua bacchetta sull'amico, lei lo fermò.
«Non svegliarlo, ti prego!» disse in un sibilo, mentre il fianco le bruciava.
«Non ti farebbe nulla di male, tranquilla.» ribattè Lupin con una strana dolcezza, simile a rassegnazione.
Sbuffò, incrociando le braccia «Certo, sarebbe comprensivo come quando mi ha puntato la bacchetta alla gola.»
L'uomo trattenne un sorriso, abbassando il capo «Lo facciamo con chiunque sia sospettato...»
«Di cosa?» lo interruppe «Non sono una Mangiamorte, non sono una del Ministero, non sono una strega! Non avrei potuto fare niente contro due maghi!»
Vide Lupin impallidire e a voce troppo alta esclamò «Sei una maganò allora!»
«No, no, no...» borbottò lei con un po' di rabbia, le dava fastidio il dover appartenere a quel libro per bambini venendo etichettata come una "babbana", ma non potette far altro.
«Non appartengo al mondo che conosci.»
«Che intendi dire?»
«Sono una babbana, ma...»
«Una babbana!»
«Si, ma...» perplessa lo guardò a lungo.
Cominciava a preoccuparsi: si era sempre immaginato Lupin come un uomo capace di affrontare immediatamente le situazioni che gli si presentavano, invece ora impallidiva davanti ad un'evidenza banale. Poi si ricordò di aver lasciato la frase sospesa e non la continuò, l'uomo non sembrava interessato ad ascoltarla.
Aspettò che fosse lui a parlare e dopo essersi scrutato per bene le mani incapaci di stare ferme, si rivolse a lei disperato.
«Che ci fai qui? Come fai a sapere di questo posto? Di me, di Sirius, dei Mangiamorte? Di Silente!»
«Appunto con Silente volevo parlare, immagino stia arrivando.» e si affrettò ad aggiungere «Avrai le risposte alle tue domande, credo... dipende da lui.»
Lupin era in crisi. Il suo sguardo vagava dalle sue mani al volto della ragazza, al suo fianco insanguinato e poi di nuovo al suo volto.
Vedendolo sempre più pallido, si avvicinò (non senza tener d'occhio Black ancora addormentato) e allungò la mano con l'intenzione di poggiarla sulla sua spalla per confortarlo, però ben presto la ritirò in un sussulto.
Il mago si era alzato e le volgeva le spalle. In mano aveva ancora il pacco di biscotti e lo poggiò sul letto, poi si girò e la guardò sorridendo mestamente.
Si perse nel suo sguardo profondo, stanco, malinconico e in qualche modo familiare e incoraggiante. Per un attimo pensò di essersi sbagliata, era proprio così che Remus Lupin doveva essere, non come se l'era immaginato lei leggendo con poca attenzione i libri, poi rivolse il suo pensiero alle persone care che aveva lasciato a casa e stranamente non ne sentì la mancanza.
«So che sei innocua, Nadia» si era dimenticata di aver usato quel nome, perciò si stupì della memoria del mago «Almeno, non per ora.»
«Che intendi dire? Come fai a sapere della mia innocenza?»
«Non ho detto che sei innocente, hai un potenziale di pericolo nelle tue mani, perciò ti terrò d'occhio d'ora in poi.»
Abbassò lo sguardo sul fianco di lei, dove la maglia era strappata e macchiata di sangue. Come provocato dal contatto, il bruciore divenne più forte e lei vi appoggiò una mano istintivamente. Una leggera ansia le attanagliò le viscere, non riusciva a pensare ad altro già da un po', ma non voleva ammetterlo neanche a se stessa ciò che era successo: quella che ora le bruciava non era una normale ferita inflitta da un cagnolino un po' vivace.
«Sono un... un lupo mannaro?»
«Forse: non è un morso, il graffio non è eccessivamente profondo... però...» vide nuove rughe apparire sulla sua fronte, mentre gli tremava leggermente la mano che, notava solo adesso, reggeva la bacchetta puntata contro lei «Mi dispiace.»
Una nota speranzosa fece capolino nel suo animo tormentato e riuscì a contenersi, a non urlare o fare qualcosa di rumoroso (Black si sarebbe svegliato, probabilmente), respirò a fondo e accennò ad un sorriso di incoraggiamento.
«Non è stata colpa tua, non eri cosciente di ciò che facevi...»
«Invece lo è, in qualsiasi caso. E' stato un incidente troppo grave per poter rimanere senza colpevole.»
Strinse i pugni, non voleva che Lupin parlasse così dell'accaduto. Era solo un graffio, non erano sicuri che si sarebbe trasformata in lupo, voleva essere ottimista.
Nonostante la sua grande volontà, sia di reprimere il gemito di dolore ad una leggera fitta della ferita (non era il caso rimanere tanto a lungo in piedi), sia di essere forte e cercare di mantenere la calma almeno fin quando non si sarebbe fatta due chiacchiere con Silente, provò di nuovo quell'angoscia che nell'angolo della stanza l'aveva afflitta: Black, ancora steso, le puntava un dito contro, gli occhi infuocati dalla rabbia agganciati a quelli terrorizzati di lei «Tu!»
Si mise a sedere ma poi successe qualcosa di strano: come pietrificato ricadde sul letto. Era un Pietrificus Totalus? Perchè allora era così diverso da quello che aveva provato poco prima? Black si dimenava e sambrava volersi liberare da corde invisibili.
Nulla le ricordò l'Incantesimo Incarceramus usato con grande velocità da Lupin, a cui ora si rivolgeva Black.
«Pensavo fossi dalla nostra parte! E' una Mangiamorte, mi ha dato un pugno e ha cercato di uccide...» il suo sguardo si perse nel vuoto e si riebbe poco dopo, fissando la bacchetta di Lupin «Sei stato tu... tu mi hai... Remus!»
«Non è come sembra.»
«Mi hai schiantato!»
«Stavi per ucciderla.»
«E' una spia!»
Ormai Black urlava senza ritegno e le sue parole sembravano essere latrati furiosi. Lupin manteneva la calma e lo lasciò gridare per un po' in attesa che si calmasse.
Lei si allontanò lentamente dai due, fissando il volto del mago imprigionato sempre più rosso, e le vene pulsanti sulla sua fronte farsi sempre più evidenti. Era uno spettacolo terrificante, per quella ragazza ormai distrutta da quegli eventi che si succedevano troppo velocemente, e lo stava detestando per aver interrotto il dialogo riposante con Lupin. Rivolse uno sguardo a quest'ultimo, anche lui immobile, ma non per un incantesimo bensì per l'evidenza di quello che stava facendo. 
Lo vide portare la mano libera alla fronte e urlare «Sta arrivando Silente!»
Black tacque di colpo.
«Si occuperà lui della faccenda. Adesso dobbiamo pensare a quello che è successo al Torneo e alla protezione di Harry.»
Finalmente ebbe più o meno chiaro in che libro si trovasse: "quello che è successo al Torneo" era sicuramente la morte di Cedric Diggory, il ritrovamento di Malocchio Moody e il ritorno di Voldemort. Harry Potter era in pericolo costante, adesso, perciò l'Ordine della Fenice avrebbe dovuto proteggerlo insieme al potente Incatesimo di Lily Potter, la madre del ragazzo. Dopo essersi velocemente fatta un resoconto della situazione tornò al volto di Sirius, ora rilassato e serio. 
Le sembrava strano vederlo così tranquillo: fino a quel momento non aveva fatto altro che urlarle contro. Liberato dall'Incantesimo Incarceramus si alzò e, senza rivolgere un solo sguardo ai presenti, se ne andò.
 
La prima cosa che notò in lui era la barba. Lunga fino alle ginocchia solo perchè era infilata nella cinta del completo da mago color lilla, argentea e splendente in quel tugurio sporco e marcio che era la stanza dove era stata rinchiusa sin da quando era arrivata. Forse era li da ore, prima che arrivasse contava i colori mangiando dei biscotti rosa ricoperti di una glassa bianca, forse al cocco, buonissimi ma che ad ogni boccone le cambiavano il colore del volto. Dato che non se ne accorgerva e non c'erano specchi o persone a farglielo notare, mangiava e contava abbastanza tranquillamente. Ogni tanto smetteva di masticare e puntava lo sguardo sulla porta, sospettando che qualcuno la aprisse e, senza vederla aprirsi, dopo qualche minuto tornava alla sua occupazione, senza stancarsi mai. Era sua abitudine occupare i pomeriggi estivi, durante le pause da un dipinto ad un altro, oppure la sua distrazione in qualsiasi momento della giornata scolastica. La rilassava molto, le svuotava la mente e la riempiva di numeri e colori, le cose che probabilmente amava di più
Riusciva ormai a riflettere pacamente, cosa che le bastava dato che era abituata a passare molto tempo da sola. Avrebbe voluto soltanto un passatempo più interessante...
«Se solo avessi dei pennelli...» sospirò contando per la trentacinquesima volta un Pantone verde e interrompendosi di nuovo con un biscotto tra i denti.
Un tonfo, come una porta che sbatte e strilli acuti di donna. All'orecchio le giunsero alcune parole come "feccia", "ibridi" e "padri": non poteva essere nient'altro che la madre di Sirius Black che urlava dal suo quadro. Pensò a come dovesse essere il volto della signora, però nessuna curiosità la fece uscire dalla stanza, non voleva avere niente a che fare con quel mondo che non le apparteneva. Comunque qualcuno era entrato in Grimmauld Place numero dodici e lei nascose sotto il letto i biscotti, ingoiandone l'ultimo e pulendosi di dosso le briciole, non voleva che Silente la vedesse tranquilla a mangiare sul un letto non suo in una situazione critica del genere.
Allora, mentre sentiva dei passi fuori dalla porta un dubbio le balenò alla mente: e se Silente, il grande Silente, si fosse arrabbiato con lei per averlo disturbato? Se le avesse definitivamente deciso di modificarle la memoria? Non lo avrebbe mai permesso.
La porta si spalancò.
Eccola li, la barba lunga e candida volteggiare sul corpo lungo e magro del preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non ricordava di essersi mai sentita più insignificante di così in presenza di qualcuno, anche se era già piccolina di suo con il suo corpo esile e la sua testa leggermente squadrata.
Quando l'uomo parlo sentì un peso sullo stomaco e sapeva che non era causato dai dolcetti.
«Buonasera.»
Non rispose nè si mosse, ricambiò semplicemente il suo sguardo e le girò leggermente la testa. Doveva sedersi: la ferita cominciava a farsi risentire.
Silente non osò entrare nella camera, rimase sull'uscio a scrutarla con aria incuriosita, provocando in lei una certa ansia tipica di chi si trova sotto osservazione per troppo tempo da un uomo ammirabile.
«Suppongo che debba invitarmi ad entrare e presentarsi, ma lasciamo queste formalità a situazioni meno urgenti.» detto ciò entrò e chiuse la porta dietro di se. 
«Albus Silente.» era sicura che sapesse già di quanto lei sapeva su di lui e sul mondo magico, nonostante ciò ricambiò la presentazione senza protestare.
«Beatri... Nadia. Nadia e basta.»
«Prego?»
«Ho detto N-Nadia.» non poteva continuare a fingere, era inutile dato che Silente era un Legiliments.
«Mi sembra di capire che "Nadia e basta" è un nome che non le appartiene. Come si chiama?»
«Beatrice Leroy.»
«Francese! Non ho mai incontrato una babbana francese con la faccia blu che conoscesse alcuni segreti del mondo magico, interessante.»
«Non sono frances... Aspetti, cosa? Blu!?» si portò entrambe le mani al viso e si guardò intorno alla ricerca di uno specchio.
«Cerchi questo?» da dietro la schiena del preside apparve uno zaino piccolo e logoro che riconobbe subito. Era lo zaino che aveva trovato vicino a lei quella notte e nel quale aveva trovato il Mantello dell'Invisibilità. Ricordava benissimo che non c'era nient'altro all'interno.
«No, si sbaglia.»
«Credo di non essere io a sbagliarmi.» e sorridendo ci infilò un braccio dentro e dopo aver tastato il fondo cercando qualcosa che, Beatrice ne era sicura, non avrebbe trovato. Invece poco dopo il braccio si fermò, il sorriso di Silente si allargò e guardò compiaciuto il volto perplesso della ragazza. Con eleganza tirò fuori dallo zaino uno specchio ottagonale grande quanto la sua testa, con una cornice dorata decorata da piccoli fiorellini rossi dipinti abilmente lungo lo stretto bordino verde sul lato. Lo specchio era abbastanza sporco ma riusciva a vedere il suo riflesso, o meglio, quello che credeva essere il suo riflesso:
Una ragazza di bassa statura, esile, quasi pelleossa, con in testa una massa riccia di capelli castani, e dal viso di una pesante sfumatura di ciano la fissava inorridita.
Di nuovo si portò entrambe le mani al viso, sentendo l'ansia crescere. L'unica cosa a cui penso fu di trattenere uno strillo di terrore.
«Che diavolo è successo alla mia faccia?! E' questo posto, vero? E' QUESTO POSTO CHE MI STA FACENDO DIVENTARE MATTA. Lo odio! Voglio andare via!»
Mentre continuava a disperarsi, fissandosi nello specchio che aveva strappato dalle mani di Silente, quest'ultimo si avvicinava tranquillamente al letto, nascondendo un leggero sorriso nella barba.
«Aiutatemi, aiuto! Voglio tornare normale! Rimarrò così per tutta la vita... tutta la vita blu...»
«Peccato, non me ne avete lasciato neanche uno.» le disse Silente, ignorando la sua disperazione.
Si volse verso di lui, scapigliata più che mai, con lo specchio in mano.
Reggeva la busta dei biscotti che poco prima stava mangiando «Avrei tanto voluto vedere se sul viso il giallo mi donava.»

 
Mondo Nutopiano:
Anche stavolta sono contenta e stupita che voi stiate leggendo queste righe
dopo questo papiro infinito.
La situazione si è tranquillizzata... più o meno.
Insomma, compatite Beatrice,
dopotutto non capita tutti i giorni di finire in un libro
o di avere la faccia di una bellissima sfumatura di ciano!
Per il resto: 
SO che sei li.
Perchè non ti fai sentire?
Non mordo, lo giuro!

Grazie, in qualsiasi caso.

Pace, Amore e Poc'anzi.
MelinAnima.


P.s.: Ringrazio di cuore  liamspowah per aver messo la storia nelle seguite e ToujoursPurBlack nelle preferite :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Orecchie Oblunghe - prima parte. ***


Orecchie Oblunge.
Prima parte.
 
«Date le circostanze è opportuno che lei rimanga qui finchè non troverò un modo per farvi tornare a casa.»
Guardò il profilo dell'uomo studiare le forme della scrivania in mogano al suo fianco allibita. Cercò le parole giuste, producendo solo suoni confusi. 
Dopo avergli raccontato tutto quello che era successo, la confusione e infine il dolore provato, Silente sembrava più interessato a porle domande come "Hai sentito strappi all'ombelico mentre dormivi nella tua stanza?" a cui rispondeva con grande imbarazzo. Era delusa: semplicemente si aspettava una via d'uscita, la luce in fondo al tunnel, un'idea geniale a cui aggrapparsi.
L'amarezza la fece arrendere: era li, non poteva continuare a sperare, neanche le venne in mente di chiedere un incantesimo qualsiasi all'uomo il quale adesso aspettava una sua risposta, perchè sapeva che se fosse esistito non avrebbe esitato ad evocarlo e (lo ammise con una facilità impressionante) fidarsi per lei era impossibile.
Riuscì a formulare qualche parola, senza ascoltare ciò che diceva.
«Questo non è il luogo più sicuro... Potrei rimanere qui per molto tempo e... e... Voglio solo tornare a casa... »
La risposta fu immediata.
«Al momento è impossibile: ciò che l'ha portata qui va oltre le mie conoscenze e mi impegnerò per aiutarla.»
Il più grande e potente conoscente della magia vivente non sapeva neanche lui cosa fosse successo, nè tantomeno come farla tornare a casa... Aveva il morale a pezzi, niente aveva senso, ormai. Poi sentì altre dolorose parole: «Questo è l'unico luogo sicuro in tutto il mondo magico.»
Rimanere in casa Black con l'uomo più pericoloso che avesse mai conosciuto? Rinchiusa in quella trappola assurda! Il suo prossimo futuro si prospettava terribile. 
Si chiese ancora una volta perchè non si fosse svegliata da quell'incubo ma ritornò subito alla realtà. Doveva esserci un modo per evitarlo, un modo per vivere in tranquillità quel momento così difficile, lontana dalla sua famiglia e dalla sua quotidianità. 
Cominciò a vagare con lo sguardo su ogni centimetro della stanza, fissando infine il volto di Silente, ora rivolto verso lei.
L'illuminazione non tardò, sentì i muscoli del viso rilassarsi e aprirsi in un sorriso.
«C'è Hogwarts! Li sarò con lei e...»
«Hogwarts sta affrontando uno dei periodi più bui della sua storia. Quando il potere e la paura si impongono come superiori alla sincerità e all'amore nulla è giusto, altrettanto sicuro.» ed ecco che vedeva di nuovo crollare l'ultima speranza. Dalla delusione sentì le gambe cedere, si avvicinò lentamente al letto e si sedette, intrecciando le mani nei capelli e fissando il pavimento senza respirare.
Quando si sarebbe svegliata da quell'incubo? Quando?
«Signorina Leroy, mi fido di Sirius Black.»
«Ha cercato di uccidermi qualche ora fa.» non riconosceva più la sua voce: sembrava quella di un mostro che aveva taciuto per lungo tempo. Era rauca, grave e per un attimo le ricordo la sua quotidianità tranquilla e rassicurante di casa sua e lei che vagava per quelle stanze trasportando pennelli e tele cantando allegra e sorridendo.
Allora non sapeva di poter arrivare a odiare un luogo, un tempo, una persona tanto quanto faceva in quel momento e sembrava che quell'odio la stesse trasformando.
La farfalla diventava bruco e verme.
Silente per lei stava solo farfugliando parole a caso, ma carpì alcune frasi del suo ragionamento complesso:
«Non capita tutti i giorni di trovarsi una babbana ferita e straordinariamente informata sul mondo magico nel nostro segretissimo Quartier Generale. Sono tempi duri, essere superficiali può essere pericoloso.»
Alzò la testa e si voltò, dietro di lei vide un uomo sereno e rassicurante, un uomo saggio e brillante capace di capire i più intricati misteri e di crearne altrettanti. Per un attimo si chiese se non fosse stato lui l'artefice della sua sventura, ma quell'ipotesi non aveva alcun senso: Hogwarts era nelle mani del Ministero e della Umbridge che, per quanto le riguardava, erano alla pari di Voldemort, quest'ultimo era appena tornato, Harry Potter era in pericolo, insomma: in una situazione del genere un dilemma in più per Silente gli avrebbe solo recato fastidi; poi non sembrava aver l'intenzione di modificarle la memoria, schiantarla o rimandarla nel mondo dei babbani: Silente era uno di quegli uomini che, nonostante l'età e l'esperienza, era abbastanza umile dal saper ammettere di non conoscere tutto e quindi era ancora curioso degli aspetti sconosciuti della vita. Quella faccenda per lui non era solo una matassa da sciogliere, bensì una degna distrazione dalla guerra che incombeva e un'occasione per imparare qualcosa in più. Perciò, al fine di questo ragionamento, Beatrice (e anche lo zaino che aveva con se) risultava l'unico punto da cui partire per risolvere il mistero.
Dopo un paio di attimi di silenzio capirono entrambi che il dialogo era ormai terminato, ma qualcosa ancora premeva nell'animo della ragazza e mentre Silente si accingeva a congedarsi, lo fermò.
«Signore, un'ultima cosa.» l'uomo aspettò ciò che aveva intenzione di dirgli e lei non emise suono.
Non respirava più, da quando si era seduta non sentiva più il leggero bruciore al quale si era ormai abituata, però ogni volta che posava la mano sul suo fianco martoriato rabbrividiva nel sentire la carne squarciata sotto le piccole dita.
Silente aveva ormai capito, vedendo il gesto istintivo della ragazza, nonostante ciò continuò a tacere ed aspettare serenamente.
Infine quella terribile domanda venne pronunciata da una gola talmente tesa dall'ansia che avrebbe potuto strozzarsi da sola «Sono un lupo mannaro?»
«Il signor Remus Lupin non le ha detto niente a riguardo?» chiese di rimando il preside molto seriamente.
«Mi ha detto che non è sicuro che lo sia, che la ferità è leggera...»
«Esattamente. Tuttavia...» e qui Beatrice ebbe uno spiacevole sussulto «Potrebbe causare alcune caratteristiche tipiche dei lupi mannari dipese dalla gravità del danno. La trasformazione è improbabile, ma con la Luna piena potreste essere inquieta e forse provare dolore e non è un problema, finchè esisteranno le pozioni anti-lupo. Per il momento l'unica cosa che dovrebbe preoccuparla è l'improvvisa preferenza della carne al sangue.»
Dopo un attimo di silenzio, in cui Beatrice sentì il cuore divenire più leggero, disse:
«Signor Silente.»
«Si?»
«Io sono vegetariana.»
 
Mentre in quella piccola stanza si svolgeva quel dialogo destinato a rimanere taciuto a lungo, in casa Black c'era un ansioso tumulto, tipico delle situazioni cariche di insicurezze e turbamenti: come venne a sapere più tardi Beatrice, in quello stesso momento si stava riunendo l'Ordine della Fenice nella sala da pranzo più grande, collegata direttamente con l'ingresso della casa tramite un grande arco a sesto acuto in pietra a cui era stata aggiunta una porta incantata affinchè nessun "orecchio indiscreto" potesse penetrarla. Più di dieci persone attendevano in quella stanza, addobbata da quadri, vetrine piene di oggetti a cui tutti preferivano non avvicinarsi e antichi mobili decorati da ragnatele, muffe e piccoli esseri magici che si nascondevano a tutte quelle persone agitate riunite in piccoli gruppi in zone diverse della stanza.
Ogni tanto, tra il vocio concitato, si sentivano rumori simili a ringhi provenienti da una sedia posta a capo-tavola, in fronte alla porta d'accesso della stanza. Su quella era seduto un uomo che dava l'impressione d'essere in costante ombra, nonostante dalle finestre sudice dall'altro lato della stanza filtrasse una leggera luce giallognola, probabilmente di qualche lampione di Grimmauld Place, ed arrivasse a illuminare buona metà della stanza, assieme al grande lampadario acceso solo da poche flebili luci di lampadine a gas a forma di candela sulla sua testa. 
Quell'ombra è tipica della consapevolezza e del rancore e Sirius Black ne serbava molto, dimostrandolo con qualche parola irripetibile contro quella ragazza dall'aria sospetta e soprattutto contro il suo amico Remus, che aveva osato schiantarlo per difendere quella spia e che ora discuteva animatamente con Molly Weasley poco lontano, più pallido e invecchiato che mai, le mani contrite e i piedi incapaci di fermarsi. La signora Weasley, dal canto suo, non era più tranquilla: cercava in tutti i modi di consolare il povero uomo, solo un ragazzo ai suoi occhi, e insieme a Tonks, silenziosa, sedeva al suo fianco con una mano sulla sua spalla.
Intanto un Mundungus Fletcher leggermente brillo, trafficava oggetti di natura babbana con Arthur Weasley (ovviamente tutto all'oscuro della moglie di quest'ultimo), e un gruppo formato da Dedalus Lux, Alastor Moody, Bill Weasley e infine Amelia Bones discuteva in toni indignati, probabilmente dovuti a qualche nuovo decreto del Ministero. A completare il quadro, i rimanenti componenti, tra cui un'agitatissima Minerva McGranitt che ogni tanto scambiava due parole spazientite come "Quando arriva?" o "E' tardi!" con un pacato Severus Piton, erano sparsi per la stanza. Kingsley Shacklebolt, infine, preparava delle carte sul tavolo, apparentemente tranquillo.
Bruscamente Sirius Black si alzò ,volgendosi alla porta, lasciando cadere all'indietro la sedia, e un attimo dopo entrò Silente, accompagnato da una bellissima luce prodotta dalle lampadine e candele della stanza, che sembravano riflettersi sulla sua barba fluente.
A quella visione tutti tacquero in espressioni serie.
«Buonasera, signori, perdonatemi se non posso dire che è un piacere incontrarvi: le circostanze influenzano fin troppo i legami e i rapporti tra amici e colleghi.» detto ciò volse uno sguardo a Sirius e sedette, seguito poi da tutti gli altri membri.
«Silente, io...»
«Tempo al tempo, Remus, prima vorrei conoscere le nuove. Prego, Alastor.»
L'interpellato si sistemò meglio sulla sua sedia, tossicchiò e parlò austero e burbero, come se avesse davanti un bambino da rimproverare.
«Come ben sapete la campagna del Ministero procede: sulla Gazzetta del Profeta continuano ad apparire i soliti titoli, chiunque confermi la rinascita di Voldemort viene trattenuto dal Wizegamot intero come un criminale; non mi stupirei se da un giorno all'altro non ci trovassimo Voldemort in persona come ministro.»
«Sappiamo già che questo non può accadere, dato che Shacklebolt qui presente protegge il ministro come può.» intervenne McGranitt, provocando in Moody un leggero senso di stizza.
«Non si è mai abbastanza previdenti! Per quanto ne so Shacklebolt al momento non è col ministro e questo è male.»
La McGranitt, indignata, cominciò a riscaldarsi, e non poco. A quanto pare ci teneva molto a difendere gli sforzi fatti che ora Moody reputava superficiali.
«Cosa vai ciarlando, Alastor?! Ti sei dimenticato di tutte le precauzioni che per ogni minimo dettaglio capace di aumentare il potere di Voldemort abbiamo accuratamente progettato, sotto la tua stessa supervisione?»
«Minerva, ti dico che anche con uno come me non si è mai troppo previdenti!»
«E questo cosa dovrebbe significare?!»
Con un certo imbarazzo Shacklebolt taceva e si passava una mano sulla fronte, mentre un leggero vociare indignato o preoccupato si era levato tra i membri dell'Ordine. 
«Questo non è il modo migliore per affrontare la situazione, signori!» tutti tacquero solo con l'intervento di Silente, ad eccezione di un Moody ormai intento più a difendere le sue ragioni, anzichè discutere garbatamente. Con uno sbuffo, sembrò dare inizio ad un'altra frase che sarebbe potuta apparire una tranquilla proprosta a chi non l'avesse conosciuto, ma che in realtà era una previsione certa alle orecchie di chi era abituato ai suoi modi di fare:
«Dico solo di intervenire sulle difese: aumentarle, rinforzarle, tutto il necessario.»
Silente sorrise con una certa umile mestezza e con ostinata serenità disse «Mio caro Alastor, non nego l'importanza di ciò che affermi e sicuramente attueremo la tua proposta.» detto ciò ridiventò serio «Adesso, passerei alle novità da Azkaban: immagino che il potere del Ministero sui Dissennatori diventi sempre più flebile e inutili i tentativi di controllarli, dico bene?»
In risposta, molti dei presenti annuirono impercettibilmente e Moody ringhiò un «Dannati Dissennatori!»
Sirius Black, fino a quel momento immerso nei suoi pensieri, si ridestò e guardò Silente con un velo di preoccupazione sul volto e l'unica cosa che riuscì a pronunciare, nonostante la gola gli si fosse improvvisamente seccata fu «Harry.» e Silente gli rivolse uno sguardo rassicurante, che però nascondeva la grande preoccupazione presente anche nell'animo del grande mago.
«Esatto: Harry. Per lui i pericoli aumentano giorno dopo giorno.» alle sue parole Moody si mosse leggermente sulla sua sedia: era evidente che stesse pensando a quanto Minerva McGranitt fosse esagerata nel dire che c'erano abbastanza protezioni.
Silente proseguì «La presenza della maganò Arabella Figg non è sufficiente: il suo gatto, Mr. Tibbles, può soltanto avvertirla della presenza di pericolo in Privet Drive.»
«Da stasera» esordì Moody in toni inappellabili «Cominceranno i turni: Remus e io ci apposteremo ai due lati della strada, a mezzanotte Arthur e Amelia ci daranno il cambio.»
Sul volto di Remus Lupin si dipinse una sfumatura verdognola e la sua aria malaticcia e invecchiata si aggravò improvvisamente. 
Tonks notò subito il malumore del suo vicino e prendendogli la mano dolcemente, si rivolse a Moody «Malocchio, ascolta...»
L'uomo continuò imperterrito i suoi progetti «Bisognerà anche proteggere la casa..»
«Alastor!»
«Per evitare che qualcuno di poco gradito usi la Metropolvere!»
«Fermatelo!» supplicò infine i maghi presenti.
Ma neanche a un gesto di Silente l'ex Auror riuscì a non sbottare una conclusione a quel battibecco «Sarebbe fantastico se mi lasciassi finire una frase.»
«Ma se tu...»
Un inaspettato Severus Piton mise a tacere la ragazza che, innervosita, stava per ribattere in modo molto poco cortese «La tua voglia di porti a capo di ogni missione è ammirevole, ma credo che il tuo magnifico piano pecchi in un dettaglio.» 
Nonostante Moody cominciasse ad essere visibilmente irritato, cercò di trattenersi abbaiando «Allora illuminami, Severus!»
Con una distaccata freddezza Piton agganciò il suo sguardo in quello di Lupin. «Credo che qualche elemento dell'Ordine sia... indisposto, per oggi.»
Quest'ultimo gli era quasi grato per aver fatto notare a tutti il suo disagio. Moody era silenzioso, ora: come tutti i presenti, scrutava Lupin con il suo occhio magico, cercando di capire dove avesse la grave ferita che gli impedisse di compiere i suoi doveri. Controllò ovunque fuorchè nel luogo in cui, invece, non era un semplice graffio a ferire l'uomo, bensì una profonda consapevolezza e responsabilità: il cuore. Remus Lupin sapeva che non avrebbe potuto mai concentrarsi nel difendere Harry, e questo andava a discapito della sicurezza del ragazzo. Si sentiva così inutile e stupido, sin da quella mattina non faceva che pensare ad una sola cosa e ne voleva assolutamente parlare con Silente. Perchè, invece, il preside non lo degnava di attenzione? Forse non gli sembrava il caso di discuterne davanti a tutti, forse la questione che lo assillava non era abbastanza importante per essere un punto di discussione in una riunione... o forse Silente non sapeva cosa dirgli.
Fu questo che ruppe l'improvviso silenzio creatosi nella stanza «Grazie per aver introdotto la questione, Severus.» e si rivolse a tutti i presenti «Ieri notte è apparsa ad Hogsmeade, più precisamente nella zona in cui il nostro Remus Lupin si rifugia ad ogni luna piena, altresì detta Stamberga Strillante, la babbana Beatrice Leroy. Costei ha incontrato Lupin ormai totalmente trasformato ed è stata ferita involontariamente.»
E qui Molly si sentì in dovere di passare una mano sulla spalla dell'uomo, perchè scosso da violenti brividi.
«Quando il signor Lupin, la mattina dopo, è tornato alla forma umana, ha trovato e trasportato la ragazza nell'unico luogo che ritenesse, giustamente, sicuro.»
«E mai dove?!» sbottò Amelia Bones.
Una voce profonda le rispose da capotavola «Nella stanza da letto di mio fratello, al secondo piano.»
Molti dei presenti, sconvolti si rivolsero chi a Lupin, chi a Silente. Del primo non si vedeva il volto, nascosto dalle mani su cui pulsavano frenetiche le vene, il secondo cercava di riprendere in mano la situazione.
Dopo poco, ristabilito il silenzio, Silente proseguì e raccontò la fine della storia, delle condizioni della ragazza e della necessità della sua permanenza a tempo indeterminato in casa Black.
«QUELLA FECCIA NON RIMARRA' NELLA CASA DELLA PADRONA!»
«Ci mancava solo quell'idiota.» Sirius si portò una mano alla fronte mentre tutti cercavano di mettere a tacere l'elfo.
Era apparso da dietro una poltrona, aveva origliato tutto e ora non poteva fare a meno di indignarsi. Aveva sentito un moto d'ira soprattutto nei confronti di Sirius Black, il figlio della sua adorata padrona, il traditore del suo sangue che permetteva quello scempio. Lo odiava e doveva obbedirgli, voleva sputargli in faccia ma sapeva che poteva dare solo falso rispetto. Nonostante questo, no, non avrebbe permesso che anche una babbana mezzo-lupo avrebbe vissuto nella camera del "padron" Regulus.
Ora, l'unica cosa che riusciva a dire il suo padrone attuale era:
«Kreacher, sparisci.»
Ma Kreacher, dopo un attimo di esitazione, cercò di disobbedire e rimase li dov'era «Se lei fosse qui, se la padrona fosse qui vi caccerebbe tutti, uno ad uno, traditori, mezzosangue e ora feccia babbana nella casa della padrona! Kreacher non permetterà che lei rimanga, Kreacher non lo permetterà!»
Sirius si alzò, attraversò la stanza furioso, «Ho detto...» prese per la veste l'elfo domestico che continuava a sbraitare «Sparisci!» e lo buttò fuori dalla stanza.
Prima che Sirius potesse rimettersi a sedere con tutta l'intenzione di opporsi anche lui alla decisione presa da Silente, Moody si alzò e, senza troppi giri di parole brandì la sua bacchetta e lanciò un incantesimo sul soffitto, distruggendo una lampadina ad olio del lampadario ed una delle tre Orecchie Oblunghe che sovrastavano proprio il capo di Molly Weasley.
«Orecchie Oblunghe, che invenzione straordinaria!» esclamò Silente tra l'incuriosito e l'amareggiato.
Molly Weasley, che alla vista degli oggetti divenne un pomodoro con i capelli rossi dalla rabbia, attirò le due rimanenti con la bacchetta e le avvicinò alla sua bocca.
«FRED E GEORGE WEASLEY SIETE IN GROSSI GUAI.»
E tutti furono in grado di giurare che nell'istante dopo delle voci maschili ululavano di dolore al piano superiore.

 
Mondo Nutopiano:
E fu così che i capitoli diventarono seeempre più lunghi!
Ebbene si, la frequenza è leggermente cambiata
(un mese che non pubblico, praticamente),
ma potete ben notare che capitolazzo che vi presento:
un capitolo di passaggio, certo,
ma più importante di quel che può sembrare!
Spero di aver reso bene ogni personaggio
e soprattutto di non essere sfociata nell'odiato OTP.
Grazie a Fujiko, liamspowah e OnlyTheGoodDieYoung per aver recensito!

Pace, Amore e Poc'anzi.
MelinAnima.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1614423