20 times I met you.

di suunshine
(/viewuser.php?uid=240417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one. ***
Capitolo 2: *** 2. The second time. ***



Capitolo 1
*** Chapter one. ***



banner by @Eggs___

20 times I met you.


Chapter one.

 


Dedico questa storia ad Harry Styles, che in questo periodo mi sta tormentando il cervello.
E forse anche un po' il cuore.


Sospirai rumorosamente guardando la pagina giallastra del libro che tenevo in mano. Era da una mezz'ora che la guardavo insistente, sperando di poter prendere la giusta concentrazione. Quando leggo un libro non mi piace sentire rumori, preferisco essere nel silenzio più assoluto. Di certo il signore che era russava pesantemente di fronte a me non era gradito dalla mia concentrazione. Emisi l'ennesimo respiro e portando con me la valigia uscii dal vagone, sbattendo la porta e in qualche modo sperando che il signore di svegliasse. Guardai il mio biglietto, il quale aveva scritto chiaramente in grassetto nero le due cifre del mio precedente vagone ed entrai nel numero '56'. Il mio vicino di vagone era evidentemente sorpreso dalla mia entrata, e si sistemò subito sul sedile, aggiustandosi i capelli arruffati. Alzò poi un sopracciglio, chiaramente confuso. 
«Lo so, scusami. E' solo che non sopportavo più il signore che era nel mio vagone..se vuoi posso anche andarmene.» alzai una mano di fronte alla mia faccia, per fargli capire di lasciar stare.
«Non ti preoccupare, scegli il sedile. Io sono Styles, Harry Styles.» portò la mano destra avanti, volendosi presentare. Io sorrisi e annuii, afferandola.
«Un nuovo film, Bond?» scherzai sistemando il mio cappotto sul sedile al mio fianco. Lui rise, mostrando i suoi denti bianchi e facendo spuntare dei buchetti al centro delle guance.
«Due ragazzi si incontrano sul treno, per puro caso. Si innamoreranno follemente l'uno dell'altra, ma lei non sa quanto è pericoloso James Bond. Il nuovo 007 signori e signore, prossimamente al cinema.» risi all'idea, mentre lui si univa a me.
«Sai, non saresti male nella parte di 007: riccio, moro, occhi verdi. Saresti un Bond del tutto nuovo.» ammisi appoggiando la testa al sedile, lasciandomi cullare dal rumore del treno.
«Per non parlare della sua bellissima ragazza.» disse guardandomi negli occhi, ammiccando. Io scossi la testa arrossendo, puntando il mio sguardo su una parola qualsiasi della pagina aperta del mio libro. Lo sentii sospirare e curiosa alzai lo sguardo: fissava il panorama al di fuori dei finestrini, steso sul sedile, le braccia lungo le gambe. Lo osservai per bene, soffermandomi sul suo viso: la mascella era rilassata, gli occhi stanchi, solcati da profonde occhiaie. Quando mi accorsi che all'occhio altrui sarei potuta sembrare una ficcanaso distolsi lo sguardo, concentrandomi sul libro che avevo tra le mani.
«Non mi hai detto il tuo nome però.» una voce roca mi portò alcuni minuti dopo nel mondo reale, facendomi lasciare alle spalle Shakespeare.
Storsi il naso alla sua affermazione: odiavo il mio nome.
«Giusto. Bhè, mi chiamo Valerie.» lui sorrise alla mia affermazione, sorprendendomi. Scosse la testa e si stese di nuovo sul sedile, sena però smettere di guardarmi. Ero sicura che stesse studiando i miei movimenti, cercando di capire cosa volessi trovare nella mia borsa.
«Se cerchi il tuo telefonino, sta vibrando lì da circa mezz'ora.» sorrise indicandomi il mio cappotto. Sospirai pensando di essere una completa stupida e lo afferrai.
Mia madre era sempre stata una tipa un po' ossessiva, con la paura che sua figlia potesse perdersi persino in casa sua. Allontanai il telefono dall'orecchio appena aprii la chiamata, aspettandomi urla che non tardarono ad arrivare.
«Ho diciotto anni mamma, non sono morta. Sto andando a casa di zio o sbaglio? Ora calmati.» la rassicurai. Sorrisi appena mi ricordai di aver appena rivelato ad Harry la mia età. Lui sorrise a sua volta, alzando le sopracciglia. Con mio grande dispiacere però si era alzato e stava afferrando la sua valigia in alto al sedile. Mentre io cercavo di mettere fine alle lamentele assurde di mia madre lui fece un cenno con la mano, sussurrando un "ci si vede in giro signorina Bond".




Girai lo zucchero nel mio thè con il cucchiaino, mentre mi sedevo su una comoda poltrona rossa del bar 'Three or Five?'. Sidney sarebbe arrivata da un momento all'altro e io abbassai la testa nella speranza di vedere delle scarpe tacco 12 di Gucci in mezzo a quella folla.
«Ah dannati gruppi rockettari che devono suonare in posti come questi! Un altro posto no, Valerie cara?» una figura con capelli biondi tinti e un chiuaua in mano mi si presentò davanti, e io non potei trattenere un sorriso.
«Ciao anche a te Sid.» ironizzai, spostando la mia borsa per farla sedere.
«Devo proprio ammettere che le tue adorate converse mi erano mancate!» ammise, abbracciandomi calorosamente. Ricambiai l'abbraccio, pronta a ricevere un resoconto su tutte le sue uscite e party vari a casa sua durante la sua mancanza.
Sidney era una bellissima ragazza ventenne, americana e successivamente trasferita nell'immensa Londra. Ovviamente era abbastanza piena di soldi, e non mancava giorno in cui non lo facesse notare. Sinceramente, non capivo proprio come fossimo diventate amiche quattro anni fa. Lei prese un sorso dal suo thè, accarezzando il suo amato cagnolino Chanel. Io la imitai, scuotendo poi la testa quando la vidi girarsi e lanciare un bacio al volo al cane, schioccando le labbra.
«Allora Brown, che si dice?» i suoi occhi blu perforarono i miei, aspettando una risposta. Io emisi una leggera risatina, abbassando la testa. Perché mai mi era venuto in mente Harry Styles? Il suo stupido discorso su James Bond mi stava tormentando la mente da quel pomeriggio.
Sidney mi guardò con aria interrogativa, evidentemente confusa.
«Scusami, solo un ricordo di un ragazzo.» le sorrisi, sperando di abbandonare l'argomento, almeno per quel giorno. 
«Sono curiosa -disse alzando le sopracciglia- ma me lo racconterai alla festa a casa mia di sabato, ora devo scappare ad un appuntamento di lavoro. Scusami.» mi stampò un bacio sulla guancia, lasciandoci una scia di lucidalabbra e corse all'uscita del locale.
Si fermò prima di scomparire dalla mia visuale.
«E dimentica le tue amate converse per un giorno, fallo per me Valerie.»



Buon San Valentino a tutte voi!
Okay, è stato ieri ma in qualche modo dovevo pur cominciare. Buon festa dei single lol.
Incominciamo dicendo che questa storia fa cagare, ma diventerà più intrigante, lo prometto. Recensioni? Almeno dieci per il primo capitolo, vi supplico.
Un bacio, Diletta xx


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. The second time. ***


                                                                                                Chapter two


                                                                              
   
Questo capitolo è dedicato a me stessa,
                                                e al bene che vorrei regalarmi ma non ci riesco.



Guardai il mio riflesso allo specchio e sbuffai per l'ennesima volta.
Non andava bene, decisamente. Mi voltai verso l'armadio e dopo una ricerca molto scrupolosa riuscii a trovare l'abito che cercavo. Mentre cercavo di infilarlo da sopra la testa sentii il cellulare vibrare da sotto il piumone. Facendo attenzione a non inciampare nei miei stessi vestiti, arrivai al letto e alzando la coperta notai che la chiamata proveniva dal telefono di Sidney.
Premetti il tasto verde, pronta ad una serie di lunghe urla contro il mio povero orecchio.
"Si può sapere dove sei finita, razza di una.." ridacchiai sentendo la sua voce, interrotta dal potermi insultare per un'informazione sul dove mettere le casse di alcool. Era in evidente vivavoce.
"Sto arrivando, non preoccuparti." la rassicurai con tono sarcastico. "Molto divertente Val, ma ricordati che avevi promesso di aiutarmi!" era infuriata. "Certo, certo, due minuti e sono lì" chiusi il telefono catapultandomi verso lo specchio per un'ultima occhiata. Non ero eccentrica, nè sciatta. Poteva andare.
Presi la mia borsa Luis Vitton -regalo della mia ricchissima migliore amica- e mi avviai verso l'uscita, sapendo che con
quei tacchi sarebbe stata dura guidare.


"Ehi stronzo, attento a dove metti i piedi!" urlò Sidney contro un signore, terrorizzato per i suoi modi bruschi di fare. Era ricca e di classe, si, ma
quando voleva sapeva intimidire chiunque. 
La salutai afferrandola in un abbraccio alle spalle, consapevole che avrebbe capito ben presto chi ero.
"Se non sei Robert Pattinson puoi anche tornare da dove sei venuta." la voce fredda e incazzata che mi fece prevedere la sua ramanzina sul ritardo. Ero una ritardataria d'ordine. Mi staccai e presi posto al suo fianco, seduta sulla sedia, riponendo giacca e borsa al mio fianco. "
quindi quando dicevi 'aiutarti', intendevi dettare ordini a poveri uomini che fanno il loro lavoro?" enfatizzai, sghignazzando. Girò la testa verso di me, con gli occhi stralunati.
"Appunto, il loro lavoro. Il mio è dettare loro cosa fare. Io li pago, cosa credi." spostò i capelli dalla spalla con fare teatrale, mentre io ruotavo gli occhi. "E poi io ho bisogno di supporto morale."
"Ovvio, perché ti hanno costretta a comprare una casa così enorme per una sola persona.." mi fulminò con lo sguardo mentre io imitavo il suo stesso gesto precedente con i miei capelli. Mi alzai incamminandomi verso il corridoio. "Ho voglia di cioccolata calda, ne preparo un po' anche per te?" in effetti
quel tempaccio londinese mi aveva stordita come fosse la prima volta che subissi un'acquazzone. Le sentii urlare una bestemmia e la intesi come un'affermazione, già pronta con le tazze in mano.


La festa era cominciata da un po' e io guardavo divertita Sidney, ormai ubriaca da tempo, che ballava sul cubo da lei stessa comprato, al ritmo di musica. Uno schiocco di lingua mi fece girare la testa, notando gli occhi del mio migliore amico fin troppo rossi a due centimetri dai miei. "Cos'avete tutti con l'alcool oggi?" gli sorrisi, alzando la voce per contrastare il volume della musica. "Oggi, domani, sempre baby!" e scoppiò in una di
quelle sue risate da ubriaco  contagiose, prima di portare una canna alla bocca ed espirare tutto il fumo sulla mia faccia. Portai la mano alla bocca, per diminuire l'atto di vomito, spingendo Niall sul divanetto più vicino. Appena fu seduto sulla sua faccia si creò un'espressione contrariata, poiché gli presi la canna dalle dita e con un rapido gesto la buttai nell'angolo più vicino. Cercò di alzarsi, urlandomi di essere una pazza e che gli dovevo dei soldi, ma non gli diedi retta. Mi interessavo della sua salute, io. Scossi la testa mettendomi al sua fianco, abbassando un po' il vestito. Avevo scelto uno dei più corti e sedermi non era poi così comodo di quanto lo sarebbe stato con dei jeans o dei leggins che mi coprivano le gambe. Presi la birra che avevo posteggiato sul tavolino al fianco del divano e ne sorseggiai un po', guardando con la coda dell'occhio Niall, che, sotto effetto di alcool e droga aveva iniziato a fare il bambino della situazione. Sospirai e appoggiai la mia testa al suo petto, che mi accolse come fosse casa. Chiusi gli occhi per un momento, stanca nonostante quel giorno non avessi lavorato nè seguito i corsi serali di giurisprudenza e fu in quell'attimo che mi accorsi di quanto tempo era passato da quando non sentivo mia madre. Il New Hampshire era troppo lontano per vederci così ci accontentavamo di qualche telefonata a settimana, per poi vederci durante le vacanze di Natale o quelle pasuali. Niall scosse la mia testa, divertito dal mio broncio, facendomi capire di scostarmi. Mi urlò nell'orecchio sinistro che sarebbe andato a ballare e io lo lasciai a patto che non avesse toccato o ingerito droghe o altro alcool. Mi chiese di andare con lui ma le mie gambe si rifiutavano di alzarsi, così girò i tacchi e con una scrollata di spalle lo vidi man mano entrare nella mischia.
Quella sera c'erano davvero tante persone, la notizia della festa si era diffusa facilmente nel centro di Londra e tutti erano ben stati ospitati -con mio grande stupore- da Sid, la quale mi disse che l'aveva organizzata appunto per conoscere nuova gente e che non c'erano problemi.
Mi incamminai verso la cucina, pronta a dissetare la mia gola ormai secca con della semplice ac
qua. Sentii un rumore alle mie spalle e, sorpresa, mi girai a guardare la lingua penzolante di Flash, il cane di Sidney. Gli sorrisi, accarezzandolo un po' sulla testa e tastando quanto fosse morbida la sua pelliccia. Improvvisamente il sonno si fece sentire e, girandomi, pronta a svignare via dalla mia migliore amica, certa che non si sarebbe accorta della mia assenza, sbattei contro un corpo abbastanza duro, che mi fece cadere con il sedere sul pavimento, proprio vicino alle zampe di Flash.
"Oh mio dio, scusami!" urlò una voce stranamente familiare. Alzai lo sguardo e sorrisi, riconoscendo l'artefice della mia improvvisa caduta. Mi aggrappai alla sua mano sinistra che, senza difficoltà, mi portò ad essere di nuovo in piedi in un batter d'occhio. Appena potè vedere meglio la mia faccia, mi sorrise di rimando.
"Come mai quì a quest'ora, Bond? Non è un po' troppo tardi per i fanciulli della sua età?" sghignazzai, prendendolo in giro e concedendomi una confidenza che ben presto ricambiò. "Bhè, signorina, si da il caso che io abbia vent'anni e lei diciotto, non credo che quello che non dovrebbe essere in giro a quest'ora sia proprio io." Si unì alla mia risata, scuotendo i ricci come la prima volta che l'avevo visto.
"Oh caro, si da il caso -enfatizzai le ultime parole, imitandolo- che questa sia la festa della mia migliore amica, quindi sono ben accetta nonostante la mia giovinezza." Lo guardai negli occhi, per la prima volta rendendomi conto del loro colore così accentuato. "Intendi quella ragazza ubriaca dall'inizio della festa?" rise nuovamente, indicando alle mie spalle Sidney. Imbarazzata per lei e per i suoi atteggiamenti rigirai la testa verso il moro, scoprendolo più vicino. "No, sul serio, come mai sei quì, proprio tu?" cambiai discorso, accusandolo con l'indice verso il suo petto. Lui capì il gioco e fece una finta faccia delusa, con tanto di "muso", poi ricambiò il sorriso che gli porgevo e si affrettò a rispondermi "Amici, di amici, di amici.." Mimai un 'aah' con la bocca e pensai ad un argomento di cui parlare. Non volevo lasciarlo stare, anzi.
Lui mi precedette e mi chiese di sedermi sugli sgabelli dell'isola in cucina, cominciando a farmi domande sui corsi che frequentavo, i generi musicali che preferivo ed io ricambiavo in tutto e per tutto le domande, alcune volte soffermandomi su dei particolari, altre volte no.
"Ehi signorina Bond, ti va di uscire fuori?" mi chiese ad un certo punto. Gli sorrisi, annuendo. L'aria fuori era umida ma non freddissima, si stava bene. Harry prese il pacchetto di Marlboro dalla tasca della sua camicia azzurro chiaro e ne estrasse una, accendendosela. Mentre io lo guardavo inspirare ed espirare il tabacco, non potendogliela estrarre dalle mani come avevo fatto con Niall poiché Harry non era altro per me che un semplice conoscente, lui mi chiese se fumassi. 
"No. Considero tutte queste sigarette, canne, dannose per l'umanità. Sono assolutamente contro." Lui mi fece segno di andare avanti, come se volesse capire qual era il mio modo di pensare al riguardo. "Cioè, Harry, le persone non si rendono conto. Portano malattie, danni al cervello irreparabili, tumori. La gente ha solamente bisogno di qualcosa alla quale aggrapparsi, con la quale sentirsi sicuri, di avere una dipendenza capisci? La gente ne ha bisogno per avere una scusante. Per sentirsi okay, per sentirsi sicuri di quello che fanno. Sono contro perché non è questa la soluzione alle mancanze, alla solitudine. " Dopo il mio breve ma conciso sfogo del mio pensiero, Harry sembrava ancora più incuriosito. "E quale pensi sia la soluzione?" chiese, sincero. "Sappi che non sono una che risponde con 'ovvio, l'amore' perché, in tutta onestà, non lo so." Finii ridendo della mia affermazione. Lui si aggiunse a me prima che venissi richiamata da Niall e Sidney, ancora dentro la grande casa. Lo guardai, porgendogli delle scuse con lo sguardo ed un timido sorriso prima di raggiungere dentro i miei amici.
Le sue ultime parole furono: "oh non preoccuparti, il primo incontro può essere un caso, ma il secondo è segno del destino."

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1615204