Il canto della sirena

di oOLeylaOo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 -Suicide note- ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 -The Kids Aren't Alright- ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -Night Calls- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 -School days- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 -Hello- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 -Here, there and evrywhere- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -Killing me, killing you- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 -Home tonight- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -Hide and Sink- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -Love is in the air- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -Remember- ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 -Together- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 -Girlfriend- ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 -e fuori è buio- ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 -My Friends- ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 -sister- ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 -Apertura- ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Trappole - ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 -True- ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 -Beautiful- ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 -Love song for a vampire- ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - In the end- ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 -Ready, set, go!- ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 -Per me è importante- ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 -Love in cold blood- ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 -Bad day- ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 -blu- ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 -Tell him - ***
Capitolo 29: *** -Lacrime di pioggia- ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 -I belive – ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 -I love you- ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 -Breath- ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - Together - ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34- To be born again - ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Missing link- ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 -My happy ending- ***
Capitolo 37: *** Epilogo - New Future- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 -Suicide note- ***


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Il canto della sirena

 

Capitolo 1

-Suicide Note-

 

Ci sono molte cose che ho dimenticato nell’arco della mia vita, ci sono cose che ormai non potrei ricordare nemmeno se mi sforzassi o se lo volessi, ma ce ne sono altre che invece non riesco a scordare per quanto mi sforzi. È un paradosso. Nei libri di psicologia ho letto che di solito le persone conservano un alto numero di ricordi piacevoli, un numero intermedio di ricordi neutri e un numero decisamente basso di ricordi spiacevoli. Eppure con me questa categorizzazione non funzionava, perché il numero di ricordi spiacevoli superava di gran lungo a qualunque altro.
Ricordo vagamente mia madre, aveva un sorriso dolce, gentile, tenero… un sorriso bellissimo, ricordo solo il suo sorriso… in realtà ricordo anche il suo odore, dolce, gentile, aveva qualcosa di profondamente calmante e rassicurante. Insieme a lei ero tranquilla, ero al sicuro da tutto… Poi è morta, non so né come né perché, non lo ricordo, penso di non averlo mai ricordato.. penso di averlo dimenticato. Non ricordo quanti anni avevo, ma so che è stato dopo di questo che mio padre ha iniziato a bere.. forse un po’ dopo tutto lo capivo.
Ricordo con chiarezza che mio padre beveva, è il ricordo credo più chiaro, aveva sempre un forte odore di alcol che mi dava la nausea… e ricordo anche che a volte mi picchiava… Di solito accadeva quando era totalmente sbronzo… non ricordo perché si comportava in quel modo, non penso ci fosse una ragione precisa… o forse ho dimenticata anche quella…tante cose si possono dimenticare. Di lui non ho ricordi se non quelli di quando perdeva la calma… non ho ricordi piacevoli o che trasmettano calore… non ho, insomma, ricordi positivi.
Su una parte però quell’insulso libro aveva ragione, i ricordi traumatici erano rimasti chiari: infatti ricordo con estrema chiarezza il giorno della mia morte.
Si, sono morta. E allora? Voi non avete un difetto? Tutti ce li hanno, c’è chi ha poca memoria, chi è egocentrico, chi eccessivamente possessivo, chi ha i brufoli, chi perde i capelli… e io sono morta. Che c’è di male? Prima o poi moriamo tutti. Però la mia situazione è un po’ più complicata di così, perché io non sono morta, morta. E non è che io sia un vampiro. È  un po’ più complicato di così.
Come ho detto ricordo la mia morte: ci fu un incidente, un terribile e molto letale incidente, la macchina guidata da mio padre, che tanto per cambiare  aveva bevuto molti bicchieri (per non dire bottiglie) di troppo, entrò nell’altra corsia nella quale veniva un camion e ricordo che poi mio padre per evitarlo sterzò… gesto inutile visto finì fuori strada. La macchina con noi dentro fece un volo di almeno cento metri prima di entrare diritta spedita nell’oceano. Ricordo che tutto divenne buio, poi sentii freddo e sopra di noi c’era tanta acqua…tutto era blu… e rosso perché nella macchina c’era tanto sangue. Il finestrino davanti era incrinato e mio… bé, “padre”, anche se in quel momento ho pensato che fosse un termine troppo al di sopra delle sue possibilità (e lo penso ancora adesso)… era morto. Che perdita, vero?
Ma il vetro non resse alla pressione e l’acqua invase la macchina, io riuscii in qualche modo ad uscire, ma non a risalire. Soffocavo, l’acqua aveva iniziato a riempirmi i polmoni, quanto ancora sarei rimasta in vita? Quanto lunga sarebbe stata a mia agonia? Mi dibattevo inutilmente tra le correnti sempre più forti, mentre mi sentivo sempre più debole. C’era così tanto dolore, è quello che ricordo meglio.
Poi una voce arrivò alle mie orecchie, una voce profonda, forse cupa, eppure bella… splendida…una voce che ricordava il mare nelle sue profondità. La voce mi sussurrò con dolcezza una proposta, un patto, una speranza di salvezza o forse ciò che porta a un’ancora più lenta agonia… Anche se in quel momento non avrei saputo dirlo, in seguito mi fu chiaro che quel patto recava solo marginali vantaggi per me, ma comunque era l’unico modo che avevo per restare viva.
La voce mi disse che mi aveva cercato a lungo, che per molto, moltissimo tempo, aveva avuto bisogno di qualcuno come me e che avrei potuto avere salva la vita ad una condizione: dovevo lavorare per lui, dovevo aiutarlo a fermarli e a salvare il mondo. A me suonava tutto molto melodrammatico, ma più di qualunque altra cosa volevo vivere e del melodramma non mi importava niente.
Lo gridai quasi. “Voglio vivere!” non desideravo altro e fu ciò che accadde. Una luce azzurra mi avvolse, era calda e fredda allo stesso tempo: dentro di me qualcosa cambiò indelebilmente e io rinacqui, diventai qualcosa di diverso…diventai una sirena… si una sirena! Anche se in quel momento non me ne accorsi.
Persi i sensi e quando riapri gli occhi ero stesa su una specie di altare e avevo la coda… non hai capelli, avevo un orribile coda di pesce... e a me nemmeno piaceva il pesce! Ero in un grande tempio azzurro, le pareti che mi circondavano erano blu, c’erano colonne di marmo bianco con capitelli elaborati che tenevano su un alto soffittò con sculture elaborate… non potevano disegnarci qualcosa? Non sarebbe stato più semplice? Certo, l’acqua che lo riempiva li avrebbe probabilmente sciolti o rovinati, ma nonostante il tempio fosse praticamente immerso nell’acqua io respiravo agevolmente, senza alcun problema.
Un essenza azzurra e incorporea apparve davanti i miei occhi e mi spiegò una strana situazione: disse di essere Nettuno, il signore dei mari e che suo fratello Ades, il signore dell’oltretomba, era in una situazione orribile. In una parte profonda degli inferi si era generata una forza oscura e fuori dal suo controllo, la parte “nera” degli esseri umani aveva dato vita alle loro paure più profonde.
Che diavolo voleva dire? Semplice che nel mondo giravano liberamente e indisturbati mostri e esseri malvagi di ogni sorta. E indovinate un po’ cosa toccava a me? Dovevo diventare la versione giovanile di Buffy! Bello è? Solo che al contrario di Sarah Michelle Galler io i vampiri dovevo combatterli sul serio. In realtà non è che dovessi combattere i vampiri soltanto, dovevo combattere un po’ tutte le specie, ma  specificatamente i vampiri perché ero ancora debole e non avevo abbastanza forza per uccidere altre specie di mostri. Quindi a me toccavano i vampiri, gli zombi e nel caso qualche mostro o demone inferiore… All’inizio solo gli zombi, quando migliorai toccò ai vampiri… perché le cose fanno sempre schifo?
Ovviamente non avrei mai potuto cavarmela da sola in tutto: come li trovavo? Dove li trovavo? Perché dovevo trovarli? (la vera domanda) E come facevo a sopravvivere senza soldi e una casa? E poi come avrei fatto con la coda? Mica potevo andare in giro indisturbata con una coda di pesce al posto dei piedi!
Bè, per la coda era semplice: niente acqua quando il tatuaggio azzurro che mi era apparso incorniciando il mio ombelico, un intricato groviglio di strani simboli che non capivo, diventava azzurro o caldo. Quando sarei uscita dall’acqua il tatuaggio sarebbe diventato bianco, con solo i contorni neri a sottolinearlo, ma mano a mano che i vampiri che sconfiggevo e il potere che quindi imprigionavo sarebbe cresciuto anche il tatuaggio sarebbe cambiato diventando lentamente blu, se il blu fosse diventato così scuro da sembrare nero allora probabilmente sarei morta perché quell’oscurità mi avrebbe uccisa. Prima che ciò accadesse dovevo andare nel tempio del mare a rilasciare le perle che entravano a far parte dell’elsa delle mie due armi…erano così strane. Sembravano due tridenti in miniatura, non sapevo nemmeno quale fosse il loro nome, ma da quel momento dovetti imparare a combattere e ad usarli alla perfezione: ne dipendeva la mia vita!
Avevo anche dei poteri ma quelli era meglio lasciarli stare, non ero brava a controllarli, quando ci avevo provato avevo creato un’onda anomala, fortunatamente nessuno si era fatto male.
Per quanto riguarda le altre cose a quanto pare era stata fondata una sorta di organizzazione, non so come ne da chi fosse stata fondata, che si sarebbe occupata di me. Chi conosceva Demetra? Io non sapevo assolutamente chi fosse ma a quanto pare era lei quella che dirigeva il tutto.
Quindi la mia vita da… bè.. non saprei definirmi, comunque iniziò a quel modo… Una morte, una rinascita e forse un suicidio, d’altronde non ero l’unica ad aver scelto quel patto… viva i Kamikaze!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 -The Kids Aren't Alright- ***


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Lo ammetto, sono stata travolta dalla corrente delle storie di vampiri -.-
Ormai il mio destino è deciso! Ma non importa, io andrò avanti con coraggio XD
Visto che la protagonista si innamorerà di un vampiro, la storia mi ricordava un pò troppo Twilight, ma spero che alla fine risulti diverso, anche perchè ci sono parecchie cose diverse da quella storia^^...
Bacioni e buona lettura.

 

Capitolo 2
-The Kids Aren't Alright-


-Andrai in Francia.-
Sembra una bella frase che apre la porta a mille opportunità, ma in realtà era proprio una fregatura. Sognavo di andare in Francia da quando avevo dieci anni, il che non sembra molto tempo visto che ero morta a quattordici, ma anche se il mio aspetto era quella di una quindicenne (in cento anni ero cresciuta solo di poco, ora ne dimostravo quindici o sedici e meno male, almeno mi era cresciuto un po’ di seno!) di anni ne avevo molto di più ormai. Erano passati cento anni … così tanto tempo… e avevo imparato a combattere più o meno, e ora mi spedivano in Francia. Gia sognavo di visitare Versaille, Parigi, Orlèans... i castelli della Loira… Visitare la Francia, credo che tutti lo vogliano almeno una volta nella vita, anche perché è così bella e splendida, con la sua arte, le sue architetture e i negozi. Avevo un limite di spese, ma almeno un tot di cose potevo comprarmele e in Francia… avevo la lista di cose che volevo comprare! Invece…
Invece mi hanno spedito in un posto che sembra essere…bè.,.. diciamo che al confronto la collina in cui stava Haidi era più popolata (e c’erano solo lei, suo nonno e il suo amico di cui non ricordo il nome che viveva con la nonna pure lui…forse.. non ricordo bene quel cartone, non ero una sua grande fan). Il tempo nei templi del mare scorre più rapidamente, in realtà sulla terra erano trascorsi solo 10 anni, Nettuno disse che mi aveva scelta per avere qualcuno che si integrasse facilmente nel mondo contemporaneo, quindi chi meglio di me? La storia che mi cercava da tanto tempo era una frottola colossale, lo diceva a tutte, era solo per fare spettacolo.
“Alvernia”, una regione in cui c’erano solo monti e pascoli… e un collegio cattolico. Non chiedetemi come, ma vicino (a meno di 600 km di distanza, quello in quel posto è “vicino”) all’unico paesino vagamente decente di quella regione c’era una sorta di gigantesco castello che in realtà era un collegio. Odio i collegi e anche se ero cattolica non entravo più in chiesa da molto, molto, molto tempo. Una sirena può essere cattolica? Mi suona strano in una maniera esagerata.
Stavo in un grande dormitorio con almeno altre seicento ragazze, nella mia stanza c’erano tre letti oltre il mio e non avevo idea di chi avrebbe dormito con me. La camera non era molto grande ed era decisamente sobria, avevo un armadio in cui buttai i miei pochi vestiti e le mie tre uniformi. Si, uniformi! In collegio ci sono sempre delle uniformi (posso gridare?). Io odio le uniformi! Camicetta, gonna corta e calze, un paio di stivaletti bassi e se fa freddo una giacca… e avevo dimenticato la cravatta! Un orribile cravatta blu con scacchi bianchi, intonata alla gonna (la odio!) che spiccava alquanto con l’inevitabile camicia bianca. Mi lasciai cadere sul letto rassegnata, aveva addosso una maglietta pelosa nera, con ricamato un orsacchiotto e un paio di jeans che si infilavano in un paio di stivali stile cowboy marrone scuro. Il soffitto bianco della stanza metteva tristezza, tutto trasmetteva un atmosfera come da prigione e io avevo una gran voglia di fuggire.
Le nostre scrivanie erano munite di computer e stampante, unico segno del fatto che ci trovassimo nel ventunesimo secolo, e sopra le scrivanie c’erano delle mensole in cui mettere i libri. Le finestra avevano delle tende bianche, tutto mi ricordava un ospedale, la luce della lampada era fredda: dovevo decisamente fare qualcosa per vivacizzare quella stanza, era un mortorio!
I rumori fuori dalla porta mi fecero capire che le lezioni erano finite e che le studentesse stavano tornando nei dormitori, rimasi sdraiata senza dire niente mentre delle ragazze entravano nella stanza chiacchierando.
-Si, quel professore è davvero antipatico.- fece una ragazza con una voce squillante, da ragazzina.
-Mi ha dato un voto orribile! Odio biologia!- disse un'altra, la cui voce era più bassa, quasi roca.
-A me sembra sexy!- disse un'altra con la voce sensuale.
-Ma che dici? Simon non …- si interruppe.
Sentti gli occhi untati addosso e alzai una mano in segno di saluto.
-Salve a tutte compagne di prigionia, sono Grace.- mi presentai voltandomi per guardarle con un sorriso sulla faccia. I capelli mi ricaddero sul viso nascondendolo in parte, forse era arrivato il momento di tagliarli.
Una ragazza con i capelli neri lunghi, scalati, tenuti indietro con delle forcine con le farfalle mi sorrise. Aveva gli occhi nocciola leggermente all’ingiù e le labbra sottili, un viso lievemente squadrato i cui tratti erano ammorbiditi dal taglio dei capelli. Aveva un trucco leggero ma perfetto, non era molto alta e aveva un corpo minuto esaltato dall’orribile divisa della scuola; quella che indossava era perfettamente stirata, non aveva nemmeno una piega…come era possibile?
-Ciao, io sono Chantal.- si presentò cortesemente lasciando cadere lo zaino accanto ad un letto, poi ci si mise seduta con eleganza… bè era francese! La sua voce roca mi rivelò che era la ragazza che aveva preso un brutto voto. -Loro sono Julie e Violette, da oggi dormiremo insieme, cerchiamo di andare d’accordo!- concluse cerimoniosa.
Mi misi a sedere sul letto incrociando le gambe e scostandomi i capelli dal viso, fissai le due ragazze che mi erano appena state presentate e sorrisi loro nel modo più naturale e spontaneo che riuscii a fare.
-Scusate, chi è Julie e chi Violette?- domandai un po’ impacciata.
La ragazza alta, con la camicia bianca legata sotto il seno e la gonna più corta di quella delle altre due si fece avanti, aveva i capelli marroni con le maches rosse raccolti in due codine basse che le ricadevano davanti al seno, gli occhi erano di un brillante blu scuro e le labbra carnose. Il volto ovale aveva un ossatura sottile ed era ben proporzionato, le labbra carnose sporgevano leggermente. -Io sono Violette.- disse con voce da baritono, era quella che aveva definito il professore sexy. Mi porse la mano e io la strinsi, aveva una stretta forte e un sorriso sveglio e acuto.
-Piacere.- dissi guardando prima lei e poi Julie, che era una ragazza alta più o meno quanto me, quindi all’incirca un metro e sessantasette, i capelli rossi raccolti in una treccia e gli occhi verdi, di un verde strano però, tipo quello usato per le macchine, un verde scuro metallizzato, e la carnagione chiara. Era un po’ robusta, ma aveva un viso simpatico, a cuore, che irradiava allegria. -Allora, chi è il professore sexy?- chiesi spostando nuovamente lo sguardo su Violette, che mi sorrise divertita e complice.
-Il professor Bachman, che fa biologia.- rispose Violette allegramente, Julie scoppiò a ridere.
-Non darle retta.- mi disse Julie sedendosi accanto a me -Lei trova sexy anche Matt Damon!-
-Matt Damon è sexy!- ribatté Violette.
-No, per niente!-
-Oh, quindi è meglio quel tizio, giusto? Quello di quel libro che ti piace tanto!-
-Oh, si! Hunter è sexy… ed è anche bellissimo e affascinante!- sottolineò Julie.
-Ma se nemmeno esiste.- rispose subito Violette.
Chantal sospirò scuotendo il capo. -Non farci caso Grace, loro fanno sempre così. Speravo che almeno all’inizio avresti potuto vederci come persone normali, invece mi sa che ti è chiaro che sei finito in camera con due matte.-
Sorrisi a tutte e tre molto divertita dalla discussione che era appena stata interrotta, ma prima che potessi dire loro che pensavo mi sarei divertita stando con loro, Julie tirò il cuscino sul mio letto in faccia a Chantal.
-Cosa vorrebbe dire due matte? Non ti sei contata o non hai contato me?- la prese in giro.
-Ovviamente io non sono come voi.- ribatté lanciandole il cuscino che finì in faccia a me. -Oh, scusa.-mi fece prontamente, ma io glielo rilanciai in faccia, e lei evitandolo le fece finire addosso a Violette.
Passammo un ora buona a prenderci a cucinate, a ridere e a scherzare e alla fine quel dormitorio non mi sembrava più tanto una prigione.

Mentre Chantal mi accompagnava alla mensa e mi faceva vedere le varie aule mi sorpresi della facilità con cui avevamo fatto amicizia. Anche con Julie e Chantal era lo stesso, solo che Violette era quella giudiziosa, le altre due invece erano un po’ meno responsabili e un po’ più adolescenti, infatti in quel momento stavano facendo una ricerca che gli era stata affidata due settimane fa e che dovevano consegnare l’indomani.
-Quella in fondo è la porta della sala mensa. Di solito pranziamo da mezzogiorno e mezzo fino alle due e ceniamo alle sette e mezzo alle nove, la colazione è dalle sette di mattina fino alla nove e mezzo. I corsi iniziano a ore diverse quindi anche agli studenti è permesso alzarsi a ore diverse. Il sabato e la domenica siamo liberi, ma non possiamo uscire solo fino alle undici di sera, dopo c’è il coprifuoco. Per andare in paese c’è un autobus della scuola, se lo manchi sono fatti tuoi, nel senso che ti abbandonano lì e fine.-
-Bello!- esclamai sconsolata, Chantal rispose con un sorriso alla mia battuta sarcastica.
-Tranquilla, alla prima uscita ti faremo vedere io e le ragazze.- disse strizzando l’occhio in un gesto di complicità.
Le risposi con un sorriso e uno sguardo interrogativo.
-Il dormitorio maschile è dall’altra parte del nostro.- ricominciò a spiegare in tono professionale. -È severamente vietato entrare nei dormitori dei membri dell’altro sesso senza un permesso dell’insegnante, nel caso qualcuno si introducesse e venisse trovato rischierebbe l’espulsione. La biblioteca è al terzo piano ed è aperta dalle dieci di mattina alle undici di sera, su questo piano oltre alle aule di chimica, biologia, il laboratorio di lingue e la sala conferenze che ti ho gia fatto vedere, ci sono anche quelle di trigonometria, matematica e astrologia. Ovviamente Astrologia è facoltativa, trigonometria e matematica invece no . Altre materie facoltative che puoi scegliere sono storia dell’arte, storia del cinema e teatro, introduzione alla psicologia, antropologia culturale, letteratura creativa, musica e scienze politiche.- elencò, contandole con i diti della mano.
-Wow, quante! E uno che dovrebbe farci con tutte quelle materie? C’è davvero qualcuno che le frequenta?- domandai sorpresa.
-Si, certo. Io frequento scienze politiche e faccio parte del club di dibattito. Ah gia, di pomeriggio è possibile iscriversi e poi frequentare i vari club. Le lezioni facoltative sono solitamente frequentate da membri degli specifici club. Per esempio i membri del club di arte frequentano le lezioni di storia dell’arte.-
-Ed è obbligatorio se fai parte di un club?- chiesi.
-No, ovviamente no… ma è preferibile. Teologia e religione sono obbligatorie.- rispose con un mezzo sorriso, aprendo la porta della mensa che avevamo appena raggiunto.
Davanti a me c’era una stanza immensa con cinque lunghe file di tavole, più una trasversale in fondo. Un gigantesco candelabro pendeva dal soffitto e dalle ampie finestre dietro il tavolo trasversale entrava una calda luce splendente. All’estrema sinistra della sala c’era un mobile dove di solito veniva servito il cibo.
-Wow! È immensa!- dissi entrando e guardandomi intorno.
Un urlo riempì la stanza, un urlo che veniva da una piccola porta a lato della sala, mi diressi precipitosamente verso la porta seguita da Chantal. La spalancai con un colpo, preoccupata e trovai una signora accucciata a terra, spaventata a morte da un corvo che era entrato nella stanza e che ora sembrava attaccarla.
-Mandatelo via! Mandatelo via!- gridava come un ossessa.
Sorrisi, lieta che non fosse successo niente, dopo di che io e Chantal tentammo di farlo uscire, cosa non troppo facile, ma alla fine riuscii a prenderlo in mano e a mandarlo fuori. Lui gracchio in protesta fino a che non lo liberai vicino a un albero nell’immenso giardino che circondava la scuola.
-Andiamo.- disse Chantal che mi aveva seguito. -Devo ancora farti vedere le aule al secondo piano dove si svolgono la maggior parte delle lezioni e la soffitta che di fatto è usata come biblioteca, ma visto che è gigantesca e molto accogliente nessuno protesta. Tra l’altro l’atmosfera lì è splendida, molti ragazzi ci vanno a fare qualcosa di diverso dallo studio - disse arrossendo leggermente e sorridendo in modo malizioso.
Io rimasi a guardarla un po’ interdetta, poi scossi la testa, preferivo non sapere cosa facevano i ragazzi in biblioteca oltre che a studiare o leggere. La seguii in silenzio oltre il grande portone sul retro della gigantesca villa che ospitava le lezioni e salimmo per la rampa di scale con il corrimano in legno che arrivata al secondo piano dava su due diversi corridoi, noi imboccammo quello di destra e Violette iniziò a indicarmi le varie aule. Improvvisamente mi fermai davanti a quella di letteratura rendendomi conto che non ero ancora passata in segreteria a prendere l’orario delle lezioni. Midny mi aveva lasciato al dormitorio con un sorriso divertito sulle labbra e con il numero della mia stanza.
-Che c’è?- chiese Chantal quando mi fermai.
-Mi stavo solo chiedendo dove fosse la segreteria.- spiegai, rivelando i miei pensieri.
-Bè, questo è l’edificio principale, la segreteria è lontana, nel giardino ad ovest, in una sorta di dependance. Se vuoi dopo ti ci accompagno, è aperta fino alle sei.- spiegò con calma. -Ma perché devi andarci?-
Guardai il mio orologio che segnava le cinque e un quarto. -Ce la facciamo ad arrivarci prima delle sei? Oppure è meglio che ci vada domattina?- chiesi.
Lei sbirciò il mio orologio. -Penso che tu possa andarci anche domattina.- disse scrollando le spalle.
-Va bene, andiamo… la prossima tappa è?- domandai curiosa, sorridendo. Quel posto iniziava a piacermi.
-La biblioteca! Sono sicura che ti piacerà molto, è un posto bellissimo!- esclamò entusiasta trascinandomi per un braccio vero le scale infondo al corridoio.
La seguii in silenzio, ma con un sorriso stampato in faccia, ero molto felice di essere lì anche se prima non lo avrei mai immaginato.
Arrivata alle scale iniziammo a salirle ma ci bloccammo a metà perché una folla di ragazzi in divisa riempivano tutto lo spazio. Quando arrivammo un ragazzo alto, con i capelli castani e gli occhi nocciola si voltò a vedere chi arrivava e si fermò a fissami un istante prima di salutare Chantal con un sorriso gentile e scese un paio di gradini per venirci incontro. Indossava la divisa della scuola: un paio di pantaloni blu, una giacchetta dello stesso colore e una camicia blu con una cravatta abbinata.
-Ciao Chantal.- disse poi si voltò verso di me.
Io allungai la mano e mi presentai con un sorriso gentile. -Ciao, io sono Grace Jakson e tu?- domandai mentre lui mi stringeva la mano, un stretta forte e al tempo stesso decisa.
-Io sono Jean-Christohpe Parmentier , piacere di conoscerti. Sei la nuova arrivata, giusto?- domandò con gentilezza, fissandomi negli occhi.
Feci cenno di si con la testa.
-Allora, che succede?- domandò Chantal incuriosita.
Lui ci guardò un attimo incerto. -Non è una bella cosa.- avvertì facendo cenno di sederci sui gradini.
Ci accomodammo lentamente fissandolo, lui sostenne il nostro sguardo incuriosito con un misto di comprensione e disgusto.
Fece un respiro profondo e poi disse -È morto un ragazzo. In biblioteca.- esordì con calma.
Chantal sbiancò e per un attimo pensai che sarebbe svenuta o che mi avrebbe vomitato… a volte la morte fa questo effetto.
-M… morto…?- farfuglio scioccata. -Chi? Come?- chiese ancora sconvolta.
-Un ragazzo e una ragazza… non so molto a parte che non sono in classe con me in nessuno dei corsi. La ragazza era Elizabeth Messing, inglese e l’altro Jhoswa Tompson, americano.- disse il ragazzo massaggiandole la schiena.
Lo fissai sorpresa. -Ci sono molti ragazzi che non sono francesi, qui?- chiesi incuriosita.
-Si, questa è una scuola prestigiosa, i ragazzi vengono mandati qui dalle loro famiglie dai vari angoli del mondo, inclusa la Cina e il Giappone.- mi spiegò lui.
-Ma… chi è stato?- domandò Chantal ignorando il completo cambio di direzione che avevo fatto prendere alla discussione.
-Non si sa, non ci sono segni di lotta… però…- si bloccò incerto.
Lo fissai incuriosita. -Che succede?- domandai.
-Loro… è davvero strano…- farfuglio in difficoltà.
-Cosa?- chiesi con dolcezza e impazienza, l’esperienza e una lunga predica da parte di una mia conoscente sirena. Nemmeno io lo pensavo ma in giro c’erano più si rene e creature magiche di quante se ne possono indovinare.
-Ecco… hanno degli strani segni… sembra quasi che sia stato un animale a morderli… però non c’è alcuna traccia di sangue in giro.- farfugliò orripilato.
-Oddio! Ma hanno preso l’assassino?- domandò Chantal molto spaventata e disgustata. -Voglio dire… non ci sarà un killer in giro per la scuola! Vero?- domandò incera e preoccupata.
Io le cinsi la vita con un braccio e appoggiai la testa alla sua spalla. -Va tutto bene.- le dissi in tono tranquillo. Ma dentro di me pensavo un'altra cosa: c’erano stati due morti e in circostanze poco chiare: era inevitabilmente arrivato il momento di indagare… e pensare che non avevo ancora finito il giro della scuola.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -Night Calls- ***


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Capitolo 3
-Night Calls-

Era notte fonda, forse l’una o magari le due, di certo la mezzanotte era passata. Chantal era sdraiata nel suo letto, di fronte al mio, il suo respiro si era finalmente fatto regolare: era rimasto in camera sconvolta, non aveva nemmeno toccato la cena, cosa strana, visto che non aveva nemmeno visto i corpi, e insensata, visto quanto era buona quella cena.
Violette era venuta con me mentre Julie era rimasta in camera con Chantal e dopo che eravamo tornate era andata a cena da sola. Chantal sembrava in una sorta di trans o in uno stato catatonico, fissava il vuoto , sembrava una bambola. Poi di punto in bianco si era messa a piangere e aveva continuato ininterrottamente per delle ore, si era fermata giusto il tempo di stendersi sul letto e dormire, ma invece di dormire aveva continuato a singhiozzare e nessuna di noi sapeva come fare. Julie era andata a letto con lei, così il letto accanto al mio era vuoto.
Avevo abilmente indossato un cortissimo top nero, che lasciava scoperta la pancia con in tatuaggio e un paio di pantaloni neri con scarpe da ginnastica: dovevo confondermi con l’oscurità e essere silenziosa, mi chiedo come facciano le ladre dei cartoni a non fare rumore con i tacchi a spillo…. Ma gli autori non ci pensano a fatto che i tacchi fanno rumore? Ah.. gli uomini!
Sgattaiolai nel più assoluto silenzio fuori dal letto, mi diressi verso la finestra, sempre molto attenta a non far rumore, poi l’aprii e saltai fuori. La mia stanza era al terzo piano, cero, ma io ero una sirena. In un istante trasformai il tatuaggio che avevo sullo stomaco in un paio di armi e poi lo trasformai in un mantello che usai per rallentare la caduta. Atterrai con leggerezza e tramutai all’istante il mantello nelle armi che si riformarono in un tatuaggio.
Camminai lentamente verso la “reggia” (impossibile definirla in modo diverso) che ospitava le lezioni. In giro non c’era nessuno, il silenzio era quasi snervante, l’unico rumore che era udibile era quello del vento che soffiava tra le foglie degli alberi, che comunque erano abbastanza lontani da essere udibile a stento. Arrivai davanti alla grande porta d’ingresso e mi bloccai scorgendo il sistema d’allarme che probabilmente era accesso, mi concentrai e percepii l’elettricità che circondava tutto il primo piano(l’acqua conduce l’elettricità e io in quanto sirena ero molto sensibile verso quest’ultima, riuscivo a percepirla con facilità), l’allarme era acceso e funzionante. Mi diressi verso il retro e camminai fino a che non raggiunsi più o meno le finestre sotto la biblioteca, poi feci un salto e richiamando una frusta, poi la usai facilmente per fare un salto ed arrivare alla finestra sotto la biblioteca, al secondo piano non avevano messo l’allarme, non sentivo la presenza di reti elettriche oltre a quelle della luce. Fortunatamente tra i pochi poteri che avevo c’era anche quello di spostare gli oggetti con la forza del pensiero, quindi non mi ci volle niente ad aprire e ad arrivare alla biblioteca.
Fortunatamente tra i pochi poteri che avevo c’era anche quello di spostare gli oggetti con la forza del pensiero, quindi non mi ci volle niente ad aprire e ad arrivare alla biblioteca.
Il luogo era stato sigillato con dei nastri, due ragazzi erano riversi a terra, privi di vita. Mi avvicinai con circospezione, stando attenta a dove mettevo i piedi, la polizia vera e propria non era ancora arrivata, l'unico poliziotto che abitava vicino a quel luogo era un sessantenne di nome Andrè che al massimo nella sua vita aveva arrestato una persona per guida in stato d'ebbrezza. Le informazioni sulla polizia venivano fornite quando ci mandavano in missione perché potevamo trovarci ad avere a che fare con loro.
Mi chinai sui cadaveri dei due ragazzi, accessi la torcia che mi ero portata dietro e esaminai con attenzione i corpi, le prime volte in cui lo facevo mi facevano molto senso, ma ora mi lasciavano indifferente. Notai che non avevano nessuna ferita da nessuna parte, non c'era sangue né sui vestiti, né per terra. Presi una mano della ragazza, che era stesa a terra accanto al ragazzo, per vedere se le unghie erano striate, magari avevano usato del veleno, ma nel farlo mi avvicinai al collo del ragazzo sul quale spiccavano un paio di buchi che sembravano fatti da un tritaghiaccio o da un altro oggetto acuminato e appuntito. Guardai il collo della ragazza, anche lei aveva dei segni simili, da entrambi i lati del collo.
-No!- mi lamentai a bassa voce. Che incubo! Vampiri! Perché proprio vampiri? A me non piacciono i vampiri. In realtà non mi piacciono nemmeno i francesi, ho sempre pensato che avessero la puzza sotto il naso. Quindi figuriamoci dei vampiri francesi!
Il silenzio aveva assunto tinte fosche e sinistre, dietro di me sentii uno strano fruscio e mi voltai di scatto spengendo la pila che avevo in mano, mi trovai davanti a una figura scura, abbastanza lontana da non essere ben visibile, illuminata appena dalla luce della luna. In quel momento nella mia mente si accese un allarme.
Avete presente quei giochi di ruolo in cui ad un certo punto il gioco ti da due opzioni: porta numero uno o porta numero due. Fuggire o restare. Ottima domanda. La figura avanzava lentamente e un raggio di luna gli illuminò per un istante il volto, non vidi molto a parte due brillanti occhi azzurri: bellissimi e quasi trasparenti. Scappai. Fu il mio primo istinto, il desiderio di sopravvivere può superare qualunque cosa. Spalancai la finestra che era dall'altra parte della stanza e mi fiondai fuori: eravamo al terzo piano, non avevo mai saltato da così in altro, feci tre giri su me stessa, come si vedeva nei cartoni, e riuscii ad atterrare senza rompermi niente: meno male che ero un sirena o sarei di sicuro morta!
Mentre mi alzavo sentii il suono di un cellulare, mi alzai e mi misi a correre con tutte le mie forze verso il dormitorio, non ero mai stata così veloce in vita mia. Improvvisamente un ombra oscura mi si presentò davanti, prima che me ne rendessi conto mi trovai scaraventata dalla parte opposta a quella in cui correvo, sentivo un dolore lancinante alla bocca dello stomaco. Mi raggomitolai preparandomi alla caduta e rotolai per terra, quando mi fermai schizzai in piedi armandomi e mettendomi in posizione di difesa, sentii un rumore dietro di me e capii di essere circondata. L'unico pensiero che mi veniva in mente in quel momento era: "Sono rovinata!"
Chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo, scacciando la paura e l’ansia, fin troppo presto sentii uno spostamento, qualcuno si muoveva verso di me. Riuscii a scansare il suo colpo che arrivava da destra e lo attaccai con la sinistra ferendolo al braccio e spostandomi dietro di lui. Immediatamente si girò verso di me per contrattaccare, ma non fu l’unico perché dalle mie spalle partì un altro attacco, probabilmente dall’altro vampiro. Aspettai fino all’ultimo secondo e feci un salto all’indietro evitando i colpi all’ultimo momento e con una ruota atterrai in piedi mentre loro venivano scaraventati lontano dai reciproci colpi. Aspettai, ma non li percepii più, quando aprii gli occhi ero di nuovo sola. Mi avvicinai all’edificio riparandomi alla sua ombra mentre la luna la illuminava, corsi velocemente verso il dormitorio ma fui fermata da qualcosa di scintillante: era come una corda, molto spessa, fatta di acqua, che riluceva a causa della luce della luna. Mi si avvolse attorno al corpo, lasciando uno spazio di almeno dieci centimetri tra me e lei, poi si riunì in una sorta di specchio da cui prese forma un uccellino, molto piccolo, interamente bianco, dagli occhi blu scuro e con una gemme sulla fronte azzurro chiaro. La gemma si illuminò e una voce riempì l’aria, profonda e insieme cristallina, splendida e bellissima.
-Penso possa servirti un mezzo di comunicazione, ti servirà anche come arma. Mi raccomando impegnati.- pronunciò la voce, che sembrava provenire dalla gemma sulla fronte. Detto ciò la luce si spense e la voce sparì.
Fissai quell’affare che si era poggiato sul mio braccio senza dire niente, quasi sconcertata da quello che stava accadendo.
Sospirai molto stanca e seccata.
-Senti piccola, puoi dirgli che il fantastico luogo in cui mi ha mandata pullula di simpatici succhiasangue?-
Come in risposta alle mie parole la gemma sulla fronte brillò, poi spiccò il volo mentre io risalivo e entravo nella mia stanza dalla finestra, mi svestii al buio e mi misi il pigiama, lentamente scivolai sotto le coperte e chiusi gli occhi: non avevo mai avuto così tanto sonno in vita mia.

fine capitolo 3

Una piccola curiosità : ogni capitolo ha il titolo di una canzone,putroppo non è facile trovare una canzone che riassuma con chiarezza di cosa parla il capitolo, quindi alla fin fine prende solo titoli di canzoni che non ho mai sentito e non so di cosa parlano -.-
Forse così non ha molto senso -.-
Il primo capitolo ha come titolo la canzone che ha fatto da colonna sonora al film Underwold, mentre le altre le ho trovate cercando in giro qualcosa che potesse servirmi, non so a che gruppo appartengono, quindi chiedo scusa -.-
Spero che questa storia vi piaccia, specialmente a chi ha letto L'ombra della luna, è un pò diversa come trama... alla fin fine però mi sembra quasi che la protagonista abbia lo stesso carattere... *gratt, gratt*
Speriamo bene -.-

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 -School days- ***


Documento senza titolo

Capitolo 4
-School days-

Qualcuno mi stava chiamando, ero immersa in un sonno dolcissimo, non volevo aprire gli occhi, ma qualcuno iniziò a scuotermi.
-Vuoi deciderti a svegliarti?!- domandò una voce, ero ancora troppo addormentata per capire a chi apparteneva.
-No.- biascicai ancora addormentata. Sfido chiunque a voler aprire gli occhi dopo poche ore di sonno.
-Sono le otto, arriverai in ritardo e se non ti sbrighi non potrai nemmeno fare colazione.- disse Julie, finalmente stavo uscendo dal torpore e iniziavo a svegliarmi.
Aprii gli occhi e scattai a sedere. -Che succede?- domandai guardandomi intorno. -È tardi, se continui così puoi dire addio alla colazione perché non ne avrai più il tempo: sono le otto.- mi spiegò Julie.
-Okay, okay, mi alzo.- dissi scendendo dal letto.
-Io devo andare a lezione, alle otto e mezzo ho la prima ora.- mi informò mentre mi lavavo i denti. -Ci vediamo dopo.-
Biascicai con difficoltà una risposta e continuai a prepararmi. Dopo essermi pettinata e infilata la camicia corsi a fare colazione. Sembrava che la mia vita fosse una corsa continua. Arrivai in mensa, afferrai un paio di panini e della marmellata, poi presi un tè e mi misi seduta a un tavolo a caso e feci colazione senza dire niente, sbrigandomi a mangiare:dovevo ancora passare in segreteria a vedere che corsi avevo. Finii di mangiare il panino con la marmellata e mentre masticavo tolsi velocemente la bustina di tè dall’infusione e ci aggiunsi dello zucchero. Mentre mescolavo con cucchiaino per farlo sciogliere nell’acqua del tè si formò un messaggio: era come vedere una scritta sul fondo di un lago, bisognava aspettare che le increspature sparissero prima di riuscire a capisci qualcosa. Attesi pazientemente.
-Cerca di non fare troppo tardi.-
Era uno scherzo? Per colpa di chi facevo tardi?!
Bevvi il tè ignorando il messaggio, al diavolo Nettuno e le sue diavolerie! Perché non rompeva le scatole a qualche altra sirena? Posai la tazza in modo quasi violento e corsi fuori dalla mensa, in direzione dalla segreteria. Feci praticamente irruzione spalancando la porta, da dietro il banco , accanto alle scale che portavano al piano superiore, una donna dall’aspetto severo alzò lo sguardo a incontrare il mio.
-Buon… buon… buongiorno.- riuscii a dire alla fine, reggendomi alla porta e tentando di riprendere fiato.
-Buongiorno.- disse quasi alzando in naso, palesemente disgustata da un simile comportamento. -La signorina Jefferson immagino.-
Respiravo a fatica perché avevo il fiatone, era un ottima scusa per non rispondere perché non sapevo se quello era il mio cognome, ne avevo cambiati troppi, ormai non li ricordavo più.
-Cosa?- domandai riprendendo fiato e alzandomi, ero piegata in due con le mani appoggiate alle ginocchia..
-Lei è la signorina Isabelle Jefferson?- domandò di nuovo la segretaria.
Feci segno di no con la testa, il mio nome non era mai cambiato anche se il cognome cambiava di continuo.
Lei guardò sui fogli sulla scrivania, cercando qualcosa -Allora deve essere la signorina Brine, Grace Brine.-
-Si, sono io.- risposi, ormai riuscivo a respirare normalmente e a stare tranquillamente in piedi.
-Il preside l’aspetta con il suo programma di studi.- >mi informò. -Il suo ufficio è al primo piano, porta davanti alle scale. Bussi due volte.- disse afferrando il telefono e premendo un tasto mentre io salivo le scale per avvertire il preside che ero arrivata.
Salii le scale di marmo bianco, appoggiando la mano alla corrimano di mogano ben levigato, arrivata al secondo piano bussai alla porta di legno scuro che era di fronte alle scale.
Un uomo con un completo elegante nero mi aprì la porta, aveva i capelli neri con delle striature grigie, ordinatamente sistemati all’indietro, così da lasciare scoperto il volto. L’uomo non dimostrava più di quaranta anni e aveva dei brillanti occhi grigi, svegli e intelligenti e delle sopracciglia sottili, era molto alto, almeno un metro e ottanta e un fisico robusto ma asciutto. Mi fece cenno di entrare con un gesto.
La stanza era ampia, piena di scaffali addossati alle pareti di destra e un ampia libreria che era sulla parete di sinistra, il pavimento era ricoperto dalla mochette beige e l’ampia scrivania di mogano era davanti alla finestra che dava sull’esterno.
L’uomo mi indicò la sedia di fronte alla scrivania.
-Benvenuta alla Sant Mary accamedy.- esordì con un sorriso. -Io sono il preside Jean-Clode DuPree. Puoi chiamarmi J., tutti i ragazzi possono chiamarmi J.- si presentò in tono amichevole.
-Si, signor preside.- risposi presa in contropiede, non mi aspettavo una persona tanto gentile. La mia faccia doveva esprimere la mia sorpresa perché il preside (o J che chiamar si voglia) mi chiese curioso -Sembra molto sorpresa. Come mai?-
-Ecco…- iniziai cercando le parole giuste. -Io… non pensavo che… insomma lei… che questo posto…- non sapevo come spiegarmi.
-Non si immaginava che fossi così… amichevole.- mi venne in aiuto il preside.
-Quando ho sentito le parole “collegio cattolico” ho immaginato un posto dalle regole molto rigide dove tutti gli insegnanti avevano un aspetto e un modo di fare austero, tipo medievale.- ho confessato con gli occhi bassi.
Lui rise divertito. -Si, lo pensano tutti. E ora dopo un giorno che pensa?-
-Non lo so, devo ancora farmi un opinione.- risposi sempre con sincerità.
-Bene.- bisbigliò con gentilezza. -Vedrai che ti piacerà. Comunque la finzione delle sei è obbligatoria, inclusa la lezione di religione che comunque si tiene solo una volta a settimana.-
-Va bene.- feci cenno di si con la testa soprappensiero. -E per le altre lezioni?-
Lui prese una scheda che era sulla scrivania, l’aprì e ci diede un occhiata veloce, poi si mise a scartabellare con il computer e alla fine mi diede un programma dicendo -Per letteratura l’ho messa nel programma avanzato, ha due corsi di cui uno è letteratura straniera, anche per quello ho scelto il programma avanzato. Per la lingua straniera ho scelto l’italiano, è molto difficile, ma nella sua scheda c’è scritto che il tedesco lo conosce gia e non serve chiederle dell’inglese. Oltre a quello ha matematica, fisica, chimica, biologia e storia, visto che è al terzo anno ha ancora educazione fisica, dal prossimo anno può scegliere se farla o meno. Se vuole ai suoi corsi puossono essere aggiunti arte e letteratura moderna.-
Sorrisi: arte? Letteratura moderna? Ma scherziamo.
-Io… preferirei qualcosa di più… fisico. Tipo ginnastica artistica, canto o danza.- dissi un po’ incerta.
-Abbiamo dei club scolastici per queste cose, se vuoi puoi iscriverti.- rispose con un sorriso cordiale.
-La ringrazio.- bisbigliai accennando un inchino con la testa.
-Ora puoi andare, ci vedremo alla messa delle sei.- disse con un sorriso.
Mi alzai senza più dire niente e lui si alzò con me come un perfetto gentiluomo, io me ne andai senza dire niente, aprendo la porta mi trovai davanti a una ragazza bionda e alta, bellissima, con la pelle chiarissima, e due splendidi occhi azzurri. Erano chiari, ma di una tonalità strana, come se fossero metallizzati, un po’ come quelli di Julie. Guardandola mi resi conto che al contrario di me, a lei l’uniforme stava da favola.
-Isabelle, ben venuta. Ti stavo aspettando.- il preside dietro di me la salutò con calore, mi voltai un attimo a fissarlo, distogliendo lo sguardo da lei. -Non conosci ancora la signorina Brine, vero?-
Mi voltai verso di lei e mi accorsi che mi fissava con interesse e freddezza, come di solito si guarda un animale raro, interessante e possibilmente pericoloso. Rimasi sorpresa e lei se ne accorse e si riscosse subito, riprendendo totalmente il controllo delle proprie espressioni, e mi tese la mano con un sorriso amichevole. Erano passati pochi minuti, ma a me sembrava fosse passato un infinità.
-Piacere di conoscerti, io sono Isabelle Jefferson, la presidentessa dell’associazione studentesca, piacer di conoscerti.- la sua mano sembrava sottile e delicata, ma quando la strinsi era forte e fredda.
-Piacere, io sono Grace Brine.- le sorrisi cordiale. Che fosse un vampiro? Impossibile, non in pieno giorno! E poi, infondo, era abbastanza freddo, la temperatura delle sue mani non era rilevante. Ritirai la mano e la misi in tasca, mentr un brivido gelido mi attraversava: quella ragazza non mi piaceva.
-Bene.- disse giovialmente il preside. -Sono felice che vi siate conosciute. Isabelle, ti affido Grace.-
Mi voltai a guardarlo, per niente felice: pessima, pessima idea! Non so perché ma quella ragazza, proprio quella ragazza, non mi piaceva per niente. Non so se fosse perché lei era l’incarnazione di tutti gli stereotipi di perfezione moderni, oppure perché dietro il suo sguardo apparentemente gentile si nascondevano oscure ombre, ma comunque non mi ispirava fiducia.
Gli sorrisi forzatamente, poi chiesi. -Come faccio a trovare le aule?- dubitavo di riuscire a ricordarmi dove erano quelle che ieri mi aveva fatto vedere Chantal e comunque non erano tutte.
-Oh, si certo!- rispose il preside, come ricordandosi all’improvviso di qualcosa. Andò alla scrivania e prese un foglio dove erano indicate le aule dei corsi e sul retro era disegnata una piccola mappa. Mi congedai dal preside e dalla presidentessa con un saluto veloce e corsi in aula per la prima ora di matematica.
Corsi più velocemente possibile verso l’edificio e mi diressi nell’aula di matematica al secondo piano. Feci le scale di corso e quando arrivai non mi reggevo in piedi, di nuovo: odio correre! Arrivai davanti alla porta chiusa e mi paralizzai un attimo, nella mia mente si stava formando l’analogia “porta chiusa = ritardo”. Nella mia testa riapparve come in un sogno la frase che Nettuno mi aveva inviato nella tazzina di tè: “Non fare troppi ritardi!”. Dannatamente predittivo.
Ero incerta se entrare o bussare e poi entrare. Optai per la prima idea ed aprii la porta facendo un paio di passi dentro, la professoressa: una donna con i capelli corti color caramello e gli occhi nocciola, con la stessa sfumatura di quelli di Isabelle e Julie: che cosa ci mettevano nel cibo francese per far venire un colore simile negli occhi?
Sentii gli occhi di tutta la classe fissi su di me, ma preferii tenere i miei fissi sulla professoressa che si alzò con eleganza dalla sedia dietro alla cattedra e venne verso di me con un sorriso gentile, il che mi rincuorò un po’.
-Cosa posso fare per lei signorina…?- chiese con voce melodiosa.
-Grace Brine. Questa è l’aula di matematica?- chiesi incerta, con il bruciante desiderio di sotterrarmi sotto terra o di sparire nelle profondità dell’oceano. La seconda era più facile della prima.
-Si, esatto. Lei è la nuova arrivata.- costato controllando il computer che era adagiato sulla cattedra. -La aggiungerò al registro. Bè, benvenuta nella mia classe. Può prendere posto…- iniziò alzando lo sguardo, mi voltai a guardare la classe: era composta da almeno una trentina di banchi messi come tessere del domino, cioè due attaccati, poi uno spazio, poi altri due. Le file in longitudinale erano composte da tre agglomerati di banchi e verticalmente erano almeno cinque file. -… all’incirca al centro della classe, accanto alla signorina De la Cur.- concluse con un sorriso. Mi avviai mentre la professoressa diceva -Signorina Brine non arrivi più in ritardo, stavolta passa solo perché era dal preside.-
Mi voltai. -Si, mi scusi.- il tono sottomesso e contrito, ero una sirena, ero brava a modulare la voce.
Sorrise con dolcezza. -Non si faccia distrarre da Violette.-
-Non la distrarrò.- promise una voce familiare, mi voltai e vidi che il mio banco era quello accanto a lei e i restanti due accanto a noi erano occupati da Julie e Chantal, che mi salutarono con un sorriso.
-Non mi fido molto. Sei a metà classe, è difficile vedervi.- fece pensierosa la professoressa, accompagnandomi al mio posto.
-Non si preoccupi, la terrò d’occhio io.- le promise Julie e lei sembrò rincuorata e tornò alla cattedra.
La fissai sorpresa, non mi aspettavo che Julie, che ieri era in ritardo con i compiti, avesse tanto credito presso la professoressa.
-È mia madre.- bisbigliò a voce bassissima. Julie, rispondendo alla domanda che mi lesse negli occhi.
La lezione iniziò e io riempii due fogli di appunti, senza però realmente capire il significato di ciò che diceva, quando andavo a scuola adoravo la matematica e mi piacevano molto le ore di lezione ma ormai era da troppo tempo che non la studiavo e non ricordavo quasi niente di tutto quello che avevo imparato. Alla fine della lezione decisi che avrei costretto Chantal a spiegarmi per bene tutta quella roba.
Quando la campanella suonò rimasi seduta mentre gli allievi si affrettavano ad uscire, rimisi nella mia cartella il blocco appunti e lessi l’orario delle lezioni: avevo chimica, due lunghe e deprimenti ore. L’orario delle lezioni sembrava infinito, mi sentivo male solo a guardarlo. Fortunatamente, anche se nella mia scheda non c’era scritto, sapevo anche l’italiano, non bene come le altre lingue, ma mi avevano obbligato a imparare anche quello.
-Ora cosa ti tocca?- chiese Violette incuriosita.
-Chimica.- risposi meccanicamente, con una punta di tristezza, alzandomi dalla sedia per raggiungere l’aula.
-Strano che ti abbia affibbiato tutti questi corsi.- disse Julie guardando il mio orario, la sua voce squillante era pensierosa.
-Che vuoi dire?- domandai.
-Bè, solitamente questi corsi si scelgono, sono facoltativi. Certo, alla fine della scuola devi averli fatti più o meno tutti, ma hai altri quattro anni, e chimica dura solo due. Non dovresti averla a meno di non averla scelta.- mi spiegò con voce neutra. -Comunque ne sono felice, ci sono anch’io in quel corso e mi manca giusto una compagna.- concluse con un sorriso.
-Mi prenoto!- esclamai allegra, alzando la mano.
-Sei accettata.- rispose lei prendendomi a braccetto e conducendomi al primo piano. Salutammo Chantal e Violette sulla scala perché le loro lezioni erano al secondo piano e continuammo a chiacchierare finché non arrivammo in classe. Il professore non fece obbiezioni sul fatto che diventassi la compagna di banco di Julie e lei sembrava felice.
Il professore era un uomo vecchiotto, sulla cinquantina, con i capelli bianchi, alto e mingherlino, che indossava un camice bianco e ti fissava con una strana espressione.
Mentre ascoltavo quello che diceva il prof mi venne mal di testa, non ci capivo un tubo! I miei appunti erano composti da un insieme di disegni, perché al contrario della professoressa di matematica, il prof di chimica era molto meno chiaro e spiegava molto peggio. Alla fine della lezione tutto quello che volevo era rinchiudermi in camera e fare finta che la chimica non esistesse.
Fortunatamente le due ore di letteratura furono molto migliori, la professoressa era una donna sulla cinquantina, vivace e sveglia, e spigava benissimo, senza contare che ero nuovamente finita in classe con Julie e Chantal. Quelle di fisica invece furono da suicidio, un suicidio che affrontai totalmente da sola, il che mi fece anche capire che in fisica avrei avuto seri problemi, perché nessuno mi avrebbe dato una mano spiegandomela, dato che il professore si limitava a dire cose incomprensibili, era un uomo anziano, con i capelli bianchi che secondo me avrebbero dovuto mandare in pensione gia da un pezzo.
Quando la sera tornammo in camera, dopo la fine delle lezioni, Chantal e Julie con molta pazienza mi spiegarono tutto quelle che non mi era chiaro, fortunatamente erano molto brave e pazienti e in poco tempo riuscii a finire tutti i compiti. Entrambe mi lasciarono i loro appunti, che però decisi di guardare il giorno dopo, con calma.
Alle sette e mezza andammo a cena, Violette non era ancora tornata, la trovammo in mensa, circondata da un gruppetto di persone, quasi tutti ragazzi. Le tirai un occhiata mentre passavo a metà tra l’incredulità e l’ammirazione, lei la intercettò e si limitò a farmi l’occhiolino prima di tornare alla conversazione con un ragazzo, piuttosto alto e bello, di almeno un paio di anni più grande.
Alla mensa presi una fetta di pizza e delle patatine, insieme a una sprite, poi mi misi a sedere con le ragazze. Julie guardò il mio piatto è bisbigliò qualcosa tipo -Americani!- tagliando con noncuranza un pezzo del suo arrosto prima di addentarlo. Chiacchierammo del più e del meno, Chantal non riusciva a sopportare il silenzio, probabilmente perché quando niente occupava la sua mente, i suoi pensieri correvano inevitabilmente agli omicidi del giorno prima.
-Violette fa sempre così?- domandai, addentando la mia pizza.
-Si, lei si diverte molto a stare con i ragazzi.. In realtà si diverte con i ragazzi in modi non appropriati a mio parere, ma ognuno è libero di fare ciò che vuole.-
-Di che parlate?- domandò il ragazzo che avevamo visto il giorno prima sedendosi accanto a Chantal.
-Niente di che .- disse con indifferenza Julie, che aveva gia smesso di mangiare la cena, nonostante avesse solo dato un paio di morsi alla carne.
-Non mangi altro?- domandai un po’ sorpresa.
-Non mi va niente…educazione fisica mi fa questo effetto.- scherzò con un sorriso.
-Come è andata la tua giornata Jean-Christohpe?>>domandò cortesemente Chantal.
-Abbastanza bene, grazie. E tu come stai?- chiese lui con un velo di preoccupazione negli occhi.
Chantal abbassò lo sguardo -Meglio.- bisbigliò guardando il tavolo.
Decisi di cambiare discorso. -Posso chiamarti Chris?- domandai al ragazzo -Jean-Christohpe è piuttosto lungo.-
Lui si voltò verso di me con un sorriso un po’ tirato. -Davvero americano.-
-Avete qualcosa contro gli americani?- domandai incorciando le braccia in un atteggiamento di sfida.
-No, no.- si affettò a rispondermi -Chris va bene.-
-Bè.. allora sabato usciamo giusto? Che facciamo?- chiesi con entusiasmo, qualunque cosa mi portasse lontano dalle lezioni in quel momento andava bene, anche se dovevo comunque investigare sui vampiri… Perché non potevo avere un po’ di pace in questa mia caotica esistenza?
-Gia stanca delle lezioni?- domandò Violette prendendo posto accanto a me.
-Si.- confessai -Non ho mai amato molto studiare.-
-Come ogni persona normale.- proseguì lei per me.
-Sabato andiamo in città e prendiamo un treno per Lione, i miei hanno una casa in città, possiamo stare lì.- disse Chantal -Al preside va bene, devi solo far chiamare i tuoi perché diano il permesso.-
Sospirai, una lunga chiacchierata con Nettuno aspettava solo me.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 -Hello- ***


Capitolo 5

Capitolo 5
-Hello-

 

Sabato arrivò velocemente e finalmente riuscii ad alzarmi alle nove (gli altri gironi avevo dovuto alzarmi alle otto), visto che la lezione di matematica era alle dieci. Quando mi alzai, dopo essere andata in bagno, mi recai stancamente a fare colazione dopo aver indossato la divisa. Le ragazze erano ancora a letto, nessuna di loro aveva voglia di alzarsi, ma erano tutte sveglie. Andai a fare colazione, la mensa era quasi deserta, mangia velocemente qualcosa prima di dirigermi in classe.
Durante la settimana non avevo fatto amicizia con molte persone, per lo più con qualche ragazza che mi aveva presentato Chantal. Julie se ne stava quasi sempre da sola o con dei ragazzi, un gruppetto di cui faceva parte anche la rappresentate degli studenti di cui non ricordo il nome, che io evitavo. Violette era perennemente in compagnia di un ragazzo, ma non sempre lo stesso e quindi non ero interessata a stringere amicizia con il mal capitato di turno.
Arrivai davanti l’aula con la voglia di essere fuori, sdraiata all’ombra di un albero, avvolta dal tepore del sole, invece che lì a fare matematica. Almeno, visto che ero in anticipo potevo sedermi a leggere un libro… La luce del sole entrava dalle finestre, luminosa e silenziosa, illuminando l’aula semi vuota. Infatti, anche se all'inizio non me ne ero accorta poi mi resi conto che c'era un ragazzo nascosto nell'ombra.
Appena entrai si voltò nella mia direzione e io mi pietrificai, anche se solo per un istante, perché era bellissimo, ma i suoi occhi erano freddi... incredibilmente freddi. Occhi azzurri intensi, sembravano metallici come quelli di Julie, capelli biondi come il grano, lunghi un pò più del normale, gli ricadevano scomposti sulla pelle chiarissima. I tratti del viso erano bellissimi e armoniosi, leggermente squadrati, e al contempo leggermente femminei. L'uniforme blu gli dava un'aria elegante e vagamente sofisticata, sottolineando il fisico asciutto e ben temprato, al contrario di me che faceva sembrare una mascot di una squadra di baseboll liceale.
Il suo sguardo mi percorse da capo a piedi, sembrava incredulo e scioccato. -Tu…tu che…ci fai qui?- la sua voce era un sussurro dolce e triste.
-Sono qui per la lezione.- risposi confusa, non riuscivo a comprendere il perché di quel comportamento.
Lui sgranò gli occhi per un istante, poi abbassò la testa. Mi avvicinai e gli sfiorai un braccio per attirare la sua attenzione: -Stai bene? Ti senti male?- chiesi un po’ preoccupata.
Lui mi afferrò la mano e sentii il suo pollice accarezzarne il dorso un'unica volta, poi la lasciò e si allontanò appoggiandosi ad un banco.
Continuava a evitare il mio sguardo, quando alzò il volto i nostri occhi si incrociarono e lui mi fissò in modo curioso e distaccato, era come se non fosse ancora sicuro di quello che vedeva e non volesse lasciar trapelare alcun emozione. Infine mi sorrise e lo sguardo si addolcì un poco, ma improvvisamente divenne anche arrogante e impenetrabile.
-Credo tu abbia sbagliato aula, matricola, ti sei persa?- domandò con la sua voce profonda, melodiosa e fredda.
Matricola? Persa? Però che cambio di direzione! Come era successo? Mi ero persa qualcosa? -Io non sono una matricola.- gli risposi ancora un pò confusa. Ma quello era in classe con me? E che cosa gli era preso d’improvviso?
Lui alzò le sopracciglia vagamente confuso. -Di che hanno sei?- chiese soprappensiero, valutando qualcosa, lo sguardo perso nel vuoto.
-Sono al terzo anno.- risposi con tranquillità, ancora sorpresa per il cambio repentino di comportamento.
Lo sguardo che mi rivolse era a dir poco scioccato. -Al terzo anno? Sul serio? Pensavo fossi al primo.- pronunciò le parole con un certo divertimento, quasi per prendermi in giro o per prendere le distanze.
Mi irrigidii. -Invece sono al terzo!- dissi con tono irritato.
Lui alzò un sopracciglio, poi scoppiò a ridere divertito dalla mia reazione, in quello non c’era niente di calcolato. -Ma come siamo permalose, ragazzina!- mi prese in giro.
-Senti un pò moccioso! Come ti permetti?!- scattai, la faccia rossa di rabbia. Ragazzina a me? Avevo un secolo, io!
Lui rise ancora di più, avevo voglia di prendere a pugni quel suo bel viso! Davvero e stavo per farlo, per la prima volta in vita mia avrei preso a pugni qualcuno e al diavolo il resto! Ma quando alzai il pugno lui mi fermò bloccandomi il polso in una presa ferrea.
-Scusa, davvero.- disse sorridendo. -Ma eri un amore, non sono riuscito a trattenermi.-
Lo fissai ancora più rossa, a causa dell'imbarazzo stavolta, totalmente senza parole.
Il suo sorriso si fece più ampio. Mi lasciò il polso, poi mi mise un dito sotto il mento facendomi alzare la faccia, mi baciò lievemente le labbra.
-Per scusarmi, principessa.- bisbigliò, poi si allontanò e uscì dall'aula mentre io me ne stavo impietrita a fissare il vuoto, il mio cervello assolutamente fermo a pochi istanti prima.
Que... que... quello era... era il mio... il mio... PRIMO BACIO!!!!
Avevo voglia di gridare, ma Julie entrò nell'aula sbadigliando e mi guardò con aria sorpresa dopo avermi visto. -Che succede?-
Aprii bocca un paio di volte, ma non riuscii a dire niente. Alla fine mi misi seduta e fissai la lavagna con la mente totalmente vuota, Julie continuava a guardarmi confusa.
Il ragazzo di prima rientrò con un libro, posai lo sguardo su di lui e lo fulminai, mi alzai dalla sedia battendo le mani sul banco.
-Tu!- iniziai, ma Julie mi afferro per una spalla, fermandomi.
-Che cosa le hai fatto Hanry?- domandò con aria di rimprovero.
Lui si finse offeso. -Io?- chiese con innocenza e incredulità.
-Si, esatto, TU!- sottolineò il "tu" in modo molto chiaro che mi fece sorridere.
-Io non ho fatto niente... di male alla piccola...?- chiese voltandosi verso di me.
-Grace! Grace Brine!- risposi tra i denti, avevo davvero voglia di picchiarlo.
Lui mi guardò con rinnovato interesse. -Sei nuova, giusto?- domandò con gentilezza. Dove diavolo era la sua gentilezza dieci minuti fa???
-Si, ma non è un buon motivo per...- non terminai la frase, arrossii violentemente e distolsi lo sguardo da lui imbarazzata.
La professoressa entrò e noi ci mettemmo seduti. Hanry si sedette dietro di me, sentivo il suo sguardo sulla schiena e mi innervosiva.
-Oh, continuate pure ragazzi. Mancano ancora 15 minuti prima della lezione.- disse con un sorriso, era una donna davvero gentile, la professoressa migliore dell'istituto. In quel momento però avrei preferito che fosse un po’ più severa.
Non mi mossi, pensavo fosse meglio restare dov'ero.
Hanry si avvicinò da dietro e mi disse. -Io sono Hanry Ororo, piacere principessa.- il suo tono di voce aveva un che di sarcastico.
-Mi chiamo Grace.- non avevo mai avuto un tono tanto velenoso in vita mia.
-E' un nome splendido.- continuò ignorando tutto il vetriolo presente nella mia voce. -Grece, vuol dire grazia. Dovresti tentare di essere all'altezza del tuo nome, principessa.- concluse con gentilezza, come se cercasse di farmi un complimento.
-Smettila di chiamarmi principessa!- sbuffai girandomi.
Lui mi guardò sorridendo. -A me sembra un soprannome carino.-
Volevo tirargli uno schiaffo, ma c'era la professoressa e non mi sembrava il caso.
-Smettila Henry.- l'avvisò Julie, sembrava molto seria, era come se qualcosa le desse profondamente fastidio.
Lui la guardò di sottecchi. -Stiamo solo scherzando.-
Uno schiaffo! Uno solo! Vi prego!
-A me sembra che tu la stia solo irritando!- ribatté prontamente Julie. Sembrava però che lo dicesse più per rabbia verso Hanry che per venire in mio aiuto.
-Che succede?- mi chiese Violette, non mi ero nemmeno accorta che era arrivata.
-Niente!- risposi a denti stretti, ancora irritata.
Violette guardò incuriosita Hanry, che la ignorò e la cosa mi sorprese, di solito i ragazzi sgomitavano per parlare con lei. Chantal prese posto accanto a Julie sbadigliando e tirò fuori il quaderno, poi si voltò a chiedermi -Sicura di non voler venire con noi?-
Scossi la testa sconsolata, reprimendo la rabbia verso il mio maleducato compagno di classe e risposi con il tono più calmo possibile -Devo rimettermi in pari.-
In realtà era una scusa, Nettuno mi aveva fatto notare che allentandomi non avrei potuto indagare sui vampiri e io avevo ceduto: il dovere prima di tutto, anche se con molto rammarico.
La professoressa iniziò la lezione e a me arrivò un bigliettino da parte di Violette.
*-Che voleva Ororo?-*
Fissai il foglietto interdetta, che gli rispondevo? Optai per la sincerità e scrissi:
*-Rompermi le scatole!-*
Lei lesse la risposta e mi fissò sorpresa.
-Lui non parla mai con nessuno!- bisbigliò.
Ora toccava a me essere sorpresa, anzi sbalordita. -Cosa?- chiesi incredula, tentando di tenere la voce bassa.
-Si lui...-
-Signorina De la Cur, signorina Brine, la mia lezione vi annoia?- ci riprese la prof.
-Ci scusi.- facemmo il coretto e ci concentrammo sulla lezione, o meglio io mi concentrai, mentre Violette continuava a guardare Hanry.
Quando la lezione fu finita io corsi fuori e mi fermai ad aspettare le altre, Julie e Chantal arrivarono quasi subito ma di Violette non c'era traccia e quando le guardai con aria interrogativa Chantal alzò gli occhi al cielo esasperata e Julie mi fissò seccata.
-Sta parlando con Hanry.- era la prima volta che Julie era irritata con Violette per via di un ragazzo.
-Una bella coppia.- assentii ancora seccata per il comportamento di quel tipo.
-Ti sbagli!- replicò con rabbia la mia amica, quel giorno i suoi capelli ricci erano sciolti e lei ricordava vagamente un leone. -Hanry non è il tipo di ragazzo frivolo che credi! Non è come Violette! Non è il tipo che pensi! Non lo è affatto!-
Rimasi scioccata, non tanto perché quello che "non" doveva essere un ragazzo frivolo mi aveva baciato meno di tre ore prima con assoluta indifferenza nonostante fossi un estranea, ma perché Julie non aveva mai prima di quel momento, perso le staffe. Era sempre stata calma e tranquilla, sembrava inoffensiva, ma in quel momento invece mi apparve almeno un po’ pericolosa, anche se non saprei bene dire il perché.
-Scusa... non volevo offenderti. Ma... - temevo di porre quella domanda. -... per caso lui è... il tuo ragazzo?- dì di no, non voglio dirti che tre ore fa ti ha tradito!
-No, ovviamente!- disse lei scuotendo la testa. -Ma è un mio amico di vecchia data, per così dire.-
-E hai un debole per lui?- azzardai, sempre cauta.
Julie mi fissò quasi disgustata -Assolutamente no!-
Feci cenno di si con la testa, lieta della notizia.
-Io mi avvio, Violette ci mette sempre una vita.- fece Chantal, per niente toccata dal comportamento della nostra amica. -Vieni Julie?-
Julie scoccò un occhiata preoccupata alla porta e io dissi. -Io non devo fare i bagagli quindi resto ad aspettare Violette, poi vi raggiungiamo.-
A quel punto fui io a guadagnarmi un occhiata preoccupata, e non capii sinceramente, ma sostenni il suo sguardo con serenità.
-Va bene.- bisbigliò, quasi con amarezza.
-Verremo appena esce.- tentai di rassicurarla.
Lei fece un cenno d'assenso e si girò avviandosi per le scale, Chantal e io ci scambiammo un occhiata confusa, del tipo:che accidenti sta succedendo? Poi seguì velocemente Julie giù per le scale.
Tirai fuori una bottiglia d'acqua dallo zaino e ne bevvi un sorso, appoggiandomi al muro, mentre aspettavo pazientemente Violette. Neanche cinque minuti dopo lei corse fuori dall'aula in lacrime e si precipitò al piano terra senza nemmeno notarmi. Io rimasi un attimo esterrefatta a guardarla prima di entrare in classe a scambiare due paroline con Ororo.
Lui era ancora al suo banco, il sole gli illuminava tenue la mano, i raggi entravano molto meno direttamente ora che era mezzogiorno. Mi avvicinai con passo tranquillo, anche se il mio cuore batteva un pò forte.
-Domanda.- esordii quando fui davanti al suo banco, lui alzò gli occhi che erano fissi sul suo zaino nel quale stava riponendo i libri -Un ragazza parla con te, è tranquilla, sorridente, e meno di venti minuti dopo la vedo uscire dalla classe piangendo...che cosa è successo?-
Serrò le mascelle. -Non sono affari tuoi Grace.-
-Oh, devo irritarti per farti usare il mio nome, lo terrò a mente!- dissi con fare pensieroso e provocatorio.
Lui scosse la testa, ma gli sfuggì un sorriso. -Io e la tua amica non andiamo d'accordo, dovrebbe starmi alla larga, a me non piacciono i tipi come lei.- mi fissò intensamente, ma io evitavo di guardarlo negli occhi, fissavo invece le sue mani: aveva le dita lunghe e affusolate, sarebbe stato un ottimo pianista.
-Questo è un tuo diritto.- assentii alzando lo sguardo, lui mi fissò sorpreso. -Tutta via hai esagerato.-
-La tua amica non capisce il significato della parola no.->riprese lui con decisione
-Ha un nome... "la mia amica"... è Violette!- gli feci notare con una certa dose di irritazione.
-Oh... Immagino lo conoscano molti ragazzi.-fu il suo commento.
Stappai la bottiglia e gli vuotai il contenuto addosso. -Sei un idiota!- detto ciò mi voltai e me ne andai, lasciandolo lì totalmente sbalordito.

Quando arrivai nella nostra stanza Julie e Chantal avevano gia fatto le valige e ora stavano preparando anche quella di Violette che si era rinchiusa in bagno. Bussai piano alla porta e lei l'aprì, si era appena rimessa il trucco, ma aveva gli occhi ancora lucidi.
L'abbracciai. -Lascia perdere quel cretino!- tentai di consolarla -Non merita che tu ci rimanga così male.- conclusi
Violette scoppiò a piangere tra le mie braccia e io la strinsi con dolcezza bisbigliandole nell’orecchio -Quell’idiota! Ho fatto bene a fargli la doccia!- in tono fiero.
-Cosa?- domandarono sbalordite Violette, le cui lacrime si fermarono per via dello sciock e Julie insieme. Mi chiesi come avesse potuto sentirmi Julie che era dall'altra parte della stanza.
-Gli ho tirato l'acqua della mia bottiglietta addosso.- spiegai con un sorriso, Violette mi abbracciò e mi bisbigliò nell'orecchio -Sei un amica!- mentre Julie continuò a fissarmi stralunata.
Dopo che le valige furono pronte le accompagnai all’uscita e le salutai con un abbraccio, poi corsi in camera e mi cambiai, finalmente potevo indossare un paio di jeans! Scelsi una maglietta azzurra da abbinarci perché sinceramente l’idea di indossare un'altra camicia mi faceva rabbrividire. Dopo di che gettai le scarpe in un angolo e mi misi i miei amati stivali, poi corsi in mensa, prima che il turno per pranzare finisse.
Irruppi nella stanza, senza tanti complimenti, non c’era quasi nessuno, solo qualche studente qua e la con ancora la divisa addosso, per lo più erano ragazzi più grandi di me. Andai spedita a tavolo per prendere un piatto e servirmi il pranzo, passando accanto a un tavolo, però, qualcuno mi bloccò afferrandomi il polso. Mi voltai di scatto e mi trovai davanti a Hanry, di nuovo. Non lo avevo nemmeno visto! Illuminato dai raggi del sole era bellissimo, mi incantava quasi, ma ero ancora troppo irritata con lui per poter essere gentile.
-Che vuoi? Lo sai che l’agguato è illegale in tutti gli stati del mondo?- la mia voce aveva una nota polemica, me ne accorsi solo in quel momento.
Lui sorrise, molto divertito. -Pensavo di offrirti il pranzo.- spiegò facendo cenno al vassoio davanti al suo, completamente intatto. Conteneva della pasta a forma di farfalle ai funghi, almeno quattro diversi tipi di formaggi e una bottiglietta di aranciata.
-Hai preso un vassoio per me?- ero più che sorpresa, ero sbalordita.
-Sono riuscito ad azzeccare i tuoi gusti?- domandò, il sorriso ancora più ampio, probabilmente a causa della mia espressione.
Rimasi in silenzio, pensando a come rispondere, non mi veniva in mente niente di tagliente o antipatico da dire. -Perché?- fu tutto quello che riuscii a farfugliare.
-Volevo chiederti scusa. Non avevo mai fatto arrabbiare così tanto qualcuno da farmi tirare dell’acqua addosso.>>spiegò, ma a me sembrò anche prendermi un po’ in giro.
-Julie ha molta pazienza.- constatai fissandolo.
-Che vuoi dire?- chiese preso in contropiede.
-Voglio dire che ti ha sempre sopportato senza tirarti niente addosso e per farlo occorre molta pazienza.- spiegai scrollando le spalle.
Sorrise nuovamente, un luccichio negli occhi azzurri, e mi invitò con un gesto a sedermi.
-Preferirei pranzare da sola.- risposi meccanicamente e sinceramente.
-Il cibo non è buono, se mangiato in solitudine.-replicò tranquillo lui.
-Meglio soli che male accompagnati.-fu la mia risposta, ma non potevo andarmene perché si ostinava a non lasciarmi il polso.
-Finché non pranzi con me non ti lascio.- ricattò.
Mi misi a sedere davanti a lui, che non mi lasciò il polso finche non presi in mano la forchetta. Iniziai a mangiare in silenzio, la pasta era deliziosa, mentre lui continuava a tenere le braccia stese sul tavolo, si era lasciato andare contro lo schienale della sedia, sembrava completamente rilassato e a proprio agio. Dopo un paio di forchettate, durante le quali lui se ne era stato in silenzio a fissarmi, lo avevo visto, allungai la mano per prendere la bottiglia di aranciata e intercettai il suo sguardo. Stavo iniziando seriamente a irritarmi.
-Puoi smetterla?- la richiesta fu proferita in tono assolutamente cortese.
-Ti da fastidio?- chiese con curiosità.
-A te darebbe fastidio se ti fissassero mentre mangi?- il mio tono di voce era misurato, neutro.
Lui scrollò le spalle e io presi un sorso d’aranciata, poi cercai il tovagliolo, che però non c’era. Mi alzai per andarlo a prendere, ma lui mi bloccò nuovamente il polso.
-Dove vai?- chiese preoccupato. Che accidenti voleva da me? Perché faceva così?
-A prendere un tovagliolo.- risposi con una certa sorpresa, non capivo per niente il suo modo di fare.
-Vado io.- disse lasciandomi il polso e alzandosi in piedi, mi tirò un occhiata tipo “non muoverti” e andò a prendermi un tovagliolo. Tornò porgendomelo e io lo presi senza dire niente, mi sentivo ancora scioccata.
-Tu hai bisogno di un bravo psichiatra.- bisbigliai ancora scioccata.
-Ma come? Io mi comporto da perfetto cameriere e tu mi offendi?- mi prese in giro, sorrisi.
-Tu… sei strano forte.-costatai a voce alta, con un sorriso di scusa.
-Me lo dicono anche i miei compagni di stanza.-assentì con un mezzo sorriso.
Abbassai gli occhi e fissai un piatto, poi infilzai un paio di farfalle e le mangiai ancora soprappensiero, mentre Hanry continuava a fissarmi.
Presi un sorso d’aranciata, mi era completamente passato l’appetito quindi posai la forchetta sul tavolo e lo guardai mentre lui mi restituiva lo sguardo, attento. Era decisamente uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto, ma grazie a una certa preparazione riuscivo a non subire troppo il suo fascino, credo c’entrasse il fatto di essere una sirena.
-Violette dice che non sei solito dare confidenza alle ragazza.- esordii, la mia voce esprimeva una certa curiosità.
-Non mi interessano molto.- confermò con un sorriso.
-Allora che c’è di diverso in me?- chiesi con tono ragionevole. Non è che volessi cacciarlo o allontanarlo… è solo che non lo volevo intorno.
Lui abbassò lo sguardo sul tavolo restando in silenzio, poi lo alzò a guardarmi e io mi pietrificai. Avevo uno sguardo dolce e nostalgico insieme, sorrideva in modo gentile, quasi tenero e allo stesso tempo triste, come se pensasse a qualcosa di doloroso e bello.
In quel momento provai qualcosa di irresistibile.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 -Here, there and evrywhere- ***


Documento senza titolo Eccovi a velocità warp il capitolo 6^^! Buona lettura!

 

 

Capitolo 6
-Here, there and evrywhere-

Non ci capivo niente! Anzi persino dire così era riduttivo: ci capivo meno di niente, a malapena capivo il significato delle parole. Non importava quante volte rileggessi quella roba, continuava a risultare incomprensibile. Chiusi il libro di fisica con un colpo e poi mi alzai, e mi diressi verso l’angolo della biblioteca in cui c’era stato l’assassinio. Non potevo continuare a fare così! Non avevo nemmeno iniziato a fare delle ricerche.
Intanto la prima cosa da fare era cercare di sapere se qualcuno abitava nei dintorni della scuola, perché se i vampiri avevano trovato un rifugio abbastanza vicino da poterlo sfruttare come base per non essere beccati quando veniamo a cibarsi allora non erano nella scuola, in caso contrario ero nei casini. Dovevo sbrigarmi a individuarli.
Il fatto è che non sapevo come fare, non avevo idea di come individuarli: non avevo un localizzatore GPS per vampiri!
Andai a una finestra e guardai fuori, il paesaggio si stendeva, illuminato dai raggi del sole che sembravano donare ancora più vita ai colori, tentando di pensare a qualcosa da fare, magari a un trappola.
Ci pensai attentamente: i vampiri si erano mostrati solo quella sera, quando ero andata a indagare sui corpi dei ragazzi… Ma perché? I ragazzi erano morti, che senso aveva stare lì? Non erano stati trasformati in vampiri, quindi che senso aveva andare lì? Quanti vampiri c’erano veramente in quel posto?
-Sembri soprapensiero.- un bisbigliò così dolce da sciogliermi, mi voltai lentamente e mi trovai come immaginavo davanti a Hanry.
In mensa ero fuggita, mi ero alzata e ero corsa via dicendo che avevo da fare, senza lasciargli il tempo di ribattere o di fermarmi. La verità è che in quel momento avrei voluto abbracciarlo, un sentimento simile non era da me e non volevo provarlo perché non potevo permettermelo, io ero lì in missione, non ci sarei rimasta a lungo e non potevo legarmi troppo a qualcuno o lo avrei messo in pericolo.
-Come mai da queste parti?- chiesi sentendomi fortemente a disagio.
-Studiavo ovviamente, e tu?- chiese con gentilezza e con un espressione particolare nel volto, avrei voluto abbracciarlo, di nuovo. Che mi stava succedendo?
Mi voltai sopprimendo quell’impulso -Anch’io, ma poi ho capito che era inutile.-
-Inutile?- domandò con un tono preoccupato.
-La fisica non fa per me.- confessai con tristezza e una punta di imbarazzo.
Scese un silenzio, ma fu solo per una decina di secondi, poi mi prese per un braccio.
-Andiamo!- disse trascinandomi a un tavolo.
-Che vuoi fare?- ero solo un po’ preoccupata.
-Insegnarti fisica.- suonò come una promessa solenne.
Lo guardai scettica e lui mi sorrise, un sorriso da diavoletto.
-Preparati, dopo saprai la fisica come mai prima d’ora!- l’avvertimento suonò serio e sarcastico insieme, mi chiesi come fosse possibile… probabilmente anche quello faceva parte del suo naturale fascino. Gli riusciva naturale qualunque cosa, anche la più strana, come se fosse abituato a farlo.
Rimasi molto sorpresa: non capivo niente di fisica, ma lui, invece di scherzare e prendermi in giro, come mi aspettavo, si dimostrò incredibilmente serio. Iniziò dalla base, mi spiegò tutto con calma e attenzione, era molto paziente quando non capivo, mi spigava qualunque cosa gli chiedessi e non se la prendeva quando gli dicevo che era poco chiaro. Praticamente mi spiegò tutto il programma con attenzione, nel dettaglio, alla fine perfino io avevo capito fisica alla perfezione. Era impossibile non capirla visto che ogni cinque teorie mi faceva un test e se lo sbagliavo ripartiva da capo, mi entrava in testa in tutti i modi.
Non mi accorsi che il tempo passava mentre studiavo, non amavo molto studiare ma ero brava a concentrarmi per ignorare il resto, lo avevo fatto spesso quando vivevo con mio padre. Quando finimmo e mi lasciai andare contro le schienale della sedia, mentre lui tutto tranquillo controllava le mie risposte al suo test, l’orologio sulla parete in fondo segnava le sette. Io non avevo un orologio, ero immortale, il tempo non aveva importanza per me.
-Buona prova.- commentò pensieroso abbassando il foglio dopo appena cinque minuti di lettura.
-Hai gai finito di leggere?- chiesi sorpresa, avevo scritto due fogli!
-Scrivi in modo chiaro, non mi ci vuole molo a leggere.- spiegò con un sorriso.
Scossi la testa, poco convinta.
-Dai vieni.- dissi alzandomi. -Ti invito a cena per ringraziarti.-
Lui mi fissò sorpreso e mi rivolse un sorriso dolcissimo che mi fece sciogliere, incrociai le braccia al petto tentando si sopprimere il desiderio di abbracciarlo. Sorrisi forzatamente e feci un cenno verso la porta chiedendo -Andiamo?-
Lui afferrò il mio zaino prima che potessi farlo io e se lo mise in spalla dopo averci infilato il libro, lo lasciai fare senza protestare e mi avviai appena se lo mise in spalla, il mio cuore aveva incredibilmente accelerato il battito. Volevo nuotare. Era strano da capire per chi non era una sirena ma nuotare nel mare ti dava un senso di libertà e completezza che cancellava tutto il resto, per questo non sono mai riuscita a capire la sirenetta da Hans Christian Andersen che ha rinunciato alla vita per un uomo.
-Cosa fai dopo cena?- domandò mentre scendevamo dalle scale della biblioteca.
Scrollai le spalle sentendomi a disagio. -Non saprei, andrò a letto.-
-Alle otto? Cosa sei, una vecchietta?- mi prese in giro lui, fissandomi incredulo.
Alzai le spalle. -Intanto ceno, dopo penserò a quello da fare.- lentamente stavo iniziando a sentirmi più tranquilla. Lasciai andare le mani lungo i fianchi sentendomi vagamente più tranquilla mentre ci dirigevamo verso la seconda rampa di scale.
-E per domani hai programmi?- continuò imperterrito.
Ci pensai su: volevo andare in città a cercare i vampiri, stavo prendendo la cosa troppo sottogamba, se continuava così mi avrebbero affiancato qualcuno, o nel caso peggiore sostituita nella missione.
-Si, domani ho da fare.- risposi con un mezzo sorriso. -Come mai così curioso dei miei programmi?-
-Perché sei ancora indietro con fisica, non siamo ancora arrivati dov’è la classe. Stasera è un po’ tardi, e per oggi hai studiato abbastanza, ma domani devi rimettertici se vuoi essere in pari.- la sua voce era seria, e ricordava quella di un professore che sgrida gli alunni.
-Mi basta capire di che parla il prof.- risposi tranquilla, non pensavo fosse una buona idea continuare a vederlo, mi agitavo troppo. Che fosse perché ero lontana dal mare? Le mie emozioni erano più forti e confuse.
-Non è un bel modo di pensare per passare l’anno.- mi fece notare.
-Non penso resterò tanto a lungo.- confidai, ero soprapensiero e misi male un piede su uno scalino, così scivolai e rischiai di rompermi la testa. Prima ancora che me ne rendessi conto Hanry mi afferrò per la vita impedendomi di cadere, senza sapere come era successo mi ritrovai premuta contro il suo petto. Sentii la schiena insolitamente calda, nonostante le sue dita a contatto con la pelle della mia pancia fossero fredde.
Rimasi paralizzata, non riuscivo a muovermi, poi sentii il suo respiro sul collo e fui percorsa da mille brividi.
-Hai un odore strano… come di mare.- bisbigliò, lasciandomi andare lentamente, attento a non farmi cadere. -In effetti il tuo cognome è Brine… per caso i tuoi sono originari delle coste?-
Non riuscivo a parlare quindi mi limitai a scuotere la testa, facendo profondi respiri, in silenzio mi precipitai alla fine delle scale e poi mi fermai, rendendomi conto che non potevo scappare visto che ero stata io a invitarlo a cenare insieme. Mi voltai e lui era due gradini dietro di me, la sua espressione era preoccupata e divertita.
-Ti senti bene?-
Feci cenno di si e mi avviai lentamente verso la sala mensa, lui camminava accanto a me, sentivo che ogni tanto mi lanciava un occhiata, era una sensazione, ma visto che non avevo controllato non ero sicura di niente.. Camminavo guardando fisso davanti a me, mi sentivo un po’ troppo nervosa, dovevo abituarmi ad avere a che fare con ragazzi normali e anche a quel nuovo ambiente, senza contare che in giro c’erano dei vampiri, probabilmente era per quello che avevo i nervi a fior di pelle.
Entrammo nella sala semi deserta, di sabato sera erano tutti in paese e la vuotezza di quella sala aveva qualcosa di soffocante. Mi incamminai in silenzio verso il buffet e mi fermai rigida: c’erano solo pietanze a base di pesce… Pesce! Sbiancai, non potevo impedirmelo.
-Che succede? Ti senti male?- domandò preoccupato Hanry, nell’ultima mezz’ora mi ero comportata in modo decisamente strano, ero la prima ad ammetterlo, non era strano che fosse preoccupato.
Scossi la testa, per me mangiare pesce sarebbe stato come mangiare un essere umano per un altro essere umano, non ce la facevo a rimanere lì davanti, avevo quasi le lacrime agli occhi e sentivo il forte desiderio di piangere.
-Io… credo che andrò in camera… non mi sento molto bene…- farfugliai con un filo di voce, continuando a guardare orripilata la pietanze a base di pesce. Mi voltai e corsi via alla velocità della luce.

Mi feci una doccia e mi stesi sul letto con i capelli bagnati e l’asciugamano addosso, mi sentivo ancora nauseata. Chiusi gli occhi e rimasi sdraiata, non so bene quando successe, ma mi addormentai, sprofondando nell’oblio. Mi sentii molto meglio, sognai di essere nel mare e nuotare liberamente nelle profondità marine quando qualcuno mi riportò alla realtà con il suo bussare insistente alla porta. Aprii gli occhi seccata.
-Un attimo.- dissi rivolta alla porta, facendo smettere il continuo bussare: non avevo niente a parte un asciugamano addosso.
Afferrai le mutandine dal cassetto e le misi velocemente, poi presi un vestito azzurro e lo indossai senza pensarci: era corto e senza spalline ma non importava, dovevo solo aprire la porta. Mi trovai davanti a una ragazza alta con i capelli neri e gli occhi nocciola metallizato, era molto bella e aveva la pelle candida. La fissai sorpresa mentre mi porgeva il mio zaino, non l’avevo mai vista.
-Ah, grazie.- bisbigliai confusa.
-Io sono Francesca Holickill. Tu sei Grace, giusto?- feci un cenno d’assenso, domandandomi come mai conoscesse il mio nome -Io e alcuni ragazzi usciamo, ti va di unirti?- domandò con un sorriso, i suoi occhi metallici mi diedero i brividi e qualcosa mi disse che avrei fatto bene a non accettare, ma mi disse anche che forse stavo esagerando e che non avevo nessuna voglia di rimanere in stanza da sola quella sera. Ormai ero sveglia e svagarmi mi avrebbe fatto bene.
-Mi metto qualcosa di più adatto e arrivo.- accettai con tranquillità.
Lei rispose con un cenno d’assenso dicendo -Ci vediamo tra mezz’ora all’entrata.-
Chiusi la porta e buttai il mio zaino in un angolo, mi tolsi quel vestito e indossai una maglia di lana bianca a maniche lunghe, che però lasciava scoperte le spalle, e una gonna lunga beige in tinta unita, un paio di calzini e gli stivali che arrivavano poco sotto il ginocchio. Afferrai il cappotto e una borsa con tutto ciò che poteva servirmi, dopo di che aprii la finestra e chiamai Caddy –era il nome che avevo dato a quella specie di animaletto che mi aveva mandato Nettuno, era il nome di una creatura marina che era stata avvistata dagli esseri umani tempo addietro- perché mi seguisse in caso di problemi, lui dopo essersi posato un attimo sul davanzale della finestra, prese agilmente il volo. Io corsi il più velocemente possibile all’entrata, certa che Caddy mi seguisse dall’alto senza perdermi di visto.
Parcheggiata davanti al portone c’era una macchina metallizzata, odiando universalmente le auto non avevo idea di che modello fosse, Francesca era appoggiata alla macchina e mi salutò con un sorriso. C’era qualcosa che non andava in lei, i suoi occhi erano freddi, si sforzava di sembrare normale, tranquilla, eppure c’era qualcosa che stonava sia nel suo modo di comportarsi che di parlare.
Mi diressi verso di lei con passo tranquillo, non tradendo alcuna ansia, felice che i miei stivali fossero comodi e avessero un tacco basso: la libertà di movimento è tutto quando sei nei guai.
-Dove state andando?- domandò una voce, una voce che conoscevo sorprendentemente bene anche se da un solo giorno.
Non era possibile! Era ovunque! Era una persecuzione!
Mi voltai a fissarlo: indossava un dolcevita nero e un paio di jeans scuri che gli facevano risaltare in modo incredibile la carnagione chiara. Era bellissimo, i suoi occhi metallici si fissarono nei miei per un istante, mentre lo guardavo confusa e seccata.
-Ciao Hanry! Io e i ragazzi stavamo pensando di fare un salto in città e Grace si unisce a noi, vuoi venire anche tu?- domandò Francesca, con voce tranquilla, i suoi occhi sembravano accessi, non erano più freddi e distaccati.
-Grace non si sentiva bene, è meglio se non viene in città!- ribatté avvicinandosi e afferrandomi un braccio.
-Ora sto bene, lasciami.- il tono irremovibile che c’era nella mia voce lo stupì e lo spinse a lasciarmi il braccio.
-Non avevi affatto un bell’aspetto, è meglio se resti qui.- tentò di convincermi.
-Sto bene!- risposi con noncuranza, mi voltai verso Francesca e corsi nella sua direzione con leggerezza, aprii lo sportello. -Andiamo?- le chiesi ignorando Hanry, ma lei teneva gli occhi fissi su di lui: iniziavo a capire perché mi aveva invitato.
Hanry la fissò seccato. -E va bene. Vengo anch’io.- pronunciò la frase a denti stretti, poi salì sulla macchina accomodandosi accanto a me mentre il ragazzo alla guida accendeva il motore.
Francesca si sedette davanti senza più fare caso a me. Si, c’era qualcosa che non andava in lei e avevo la sensazione che quella serata sarebbe stata tutto tranne che tranquilla.
Mi voltai verso Hanry, non aveva nemmeno una giacca ma non sembrava preoccuparsene, lui mi lanciò un occhiata tutt’altro che gentile. Che accidenti voleva? Mica l’avevo costretto a venire! Poteva fare quello che voleva! Era lui che mi seguiva come un cagnolino!Mi sentii crudele per quel paragone e scossi la testa tentando di scacciare via anche il lieve senso di colpa che però non accennava a collaborare.
Nella macchina regnava il silenzio più assoluto, nemmeno l’autoradio era accesa, il motore era l’unico suono che si percepiva ed era lievissimo.
-Di preciso dove andiamo?- domandai fingendomi curiosa, quel silenzio mi dava i brividi, senza contare che l’atmosfera nel veicolo era orribile.
-In città c’è una discoteca, pensavamo di andare lì.- spiegò Francesca con un’alzata di spalle.
-Ah… ma io ho sedici anni.- gli feci notare. Ne avevo più o meno cento ma dubito che il buttafuori mi avrebbe comunque permesso di entrare in un locale in cui vendevano alcolici.
Prima che Francesca potesse dire una sola parola Hanry si intromise.
-Io e Grace faremo un giro in città!- lo disse come per chiudere l’argomento. Provai anch’io ad aprire bocca ma l’occhiata che mi lanciò fu così di ghiaccio da zittirmi.
-E come ci ritroviamo se ci dividiamo?- domandò Francesca. Dal suo tono intuii che non era molto contenta di quell’idea.
Mi chiesi chi fosse il ragazzo che stava guidando, spero per lui che non avesse un debole per lei visto che chiaramente a lei sembrava interessare Hanry. Il pensiero mi irritò per una ragione che nemmeno io compresi bene.
-Abbiamo i cellulari, no?- le fece notare Hanry.
-Ma siamo venuti insieme, non è bello dividerci. Che ne pensi Grace? A te va di venire in discoteca? Possiamo farti entrare, ne sono sicura!- chiese, una nota di speranza nella voce.
Non me ne fregava un bel niente della discoteca e dovevo scambiare quattro chiacchiere con mister onnipresente: stava iniziando a darmi sinceramente ai nervi.
-Veramente non amo molto le discoteche.- rivelai, e non era una bugia: io amavo contare e ballare, ma quei posti erano orribili! La musica era troppo alta, le luci fastidiose e le persone solitamente odiose.
Hanry sorrise, un sorriso freddo e calcolato. -Io e Grace andremo per conto nostro.- la sua voce era distaccata e decisa, sembrava impossibile ribattere.
Dopo quell’affermazione scese nuovamente il silenzio, ancora più pesate e denso di prima, e con lui venne un atmosfera gelida. Per la prima volta in vita mia pensai che facesse davvero molto freddo, troppo freddo perfino per me che ero una sirena ed ero abituata a temperature bassissime e quindi ero praticamente insensibile al gelo. Notai in quel momento che non avevano acceso il riscaldamento della macchina e mi sorprese sapere che nessuno di loro risentiva della temperatura bassa.
Mi afferrai le braccia lasciandomi andare contro lo schienale del sedile, riflettendo un attimo: io non sentivo freddo perché ero una sirena, ma la temperatura era bassa quindi loro come facevano a non avere freddo? Che fossero… che fossero vampiri? No, non poteva essere! In fondo anche se erano freddi, anche se erano bellissimi, non avevano i caratteristici occhi azzurro chiaro che li rendeva immediatamente riconoscibili. Quindi NON POTEVANO essere vampiri! Non potevano esserlo ASSOLUTAMENTE! Hanry non poteva esserlo!
-Dave accendi il riscaldamento! Si congela!- disse polemico Hanry, probabilmente aveva freddo.
Ecco, appunto, non poteva essere un vampiro!
Dave -finalmente conoscevo il nome dell’autista!- accese il riscaldamento al massimo, non ci volle più di tanto prima che l’interno dell’auto diventasse piacevolmente caldo.
Sorrisi contenta dell’accensione del riscaldamento mentre l’auto, fluida, percorreva la strada che ci separava dalla città.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -Killing me, killing you- ***


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Capitolo 7
-Killing me, killing you-


C’era qualcosa che mi irritava. Non era il fatto che Hanry continuasse insistentemente a guardarmi nonostante camminassi davanti a lui fermandomi a osservare le vetrine, non era nemmeno il freddo o le occhiate che ogni tanto mi tiravano i ragazzi. Era il fatto che Francesca, che camminava mano nella mano con Dave continuasse insistentemente a tentare di attirare l’attenzione di Hanry! Non mi sembrava il caso, anche considerando che il suo ragazzo era lì accanto a lei.
Ignoravo di cosa parlasse perché ero sempre davanti a loro che mi guardavo intorno, la città era grande e piena di vita. Mi guardavo intorno sorpresa che ci fosse un posto simile così vicino al nostro collegio, e totalmente presa dalla moltitudine di negozi. Non avevo idea di dove fossimo, ma non mi importava molto. Caddy sopra di me volava spensierato, io mi sentivo osservata, ma non mi dava fastidio visto che era lui che vegliava su di me. Mi fermai a una gelateria e entrai per prendermi un gelato. Mi guardai intorno decidendo che gusti scegliere, non ero sicura, ma la menta era il mio preferito da sempre, poi limone e forse fragola…
Hanry mi mise un braccio intono al collo da dietro attirandomi a se.
-Non sparire all’improvviso!- mi riprese in tono preoccupato.
Gli lanciai un occhiata un po’ infastidita, e lo allontanai con una spinta. -Non ho cinque anni, non ho bisogno di qualcuno che mi stia costantemente accanto!-
Lui mi sorrise divertito, poi domandò -Che gelato volevi?-
-Menta, fragola e limone.- risposi guardandomi intorno alla ricerca della cassa, c’era una discreta calca in un punto della stanza, pensai che fosse lì nascosta dalla gente.
-Aspettami fuori.- bisbigliò mentre si dirigeva verso la massa di persone. Non ebbi il tempo di fermarlo, decisi di fare come mi aveva chiesto e uscii ad aspettarlo.
Quando uscii fui accolta da una folata di vento freddo, Caddy fece un giro sopra la mia testa prima di posarsi lievemente sulla mia spalla e riprendere il volo verso la strada alla mia sinistra. Lo seguii correndo, dimentica del mio gelato, o meglio rimandandolo a dopo , non avevo nessuna intenzione di rinunciare al mio gelato.
Mi ritrovai a correre per un vicolo buio dopo una svolta a sinistra, non esattamente il mio genere, probabilmente se Hanry fosse stato presente mi avrebbe rimproverata. Mentre correvo più velocemente che potevo attraversai un ponte oltre che tre strade semi deserte e calmante illuminate, Caddy svoltò a destra e si adagiò su un tetto di pergolato, io svoltai ne vicolo seguendolo e mi trovai davanti a un immagine molto raccapricciante. Se fossi stata un comune essere umano l’immagine mi avrebbe sorpreso, sciocato o confuso, magari anche spaventato. In effetti non posso dire che non mi spaventò: mi sentii correre da capo a piedi da dei brividi tutt'altro chce piacevoli. C'erano tre vampiri con una famiglia di quattro persone, la superiorità numerica era inutile in quel caso.
La bambina con lunghi capelli neri stava piangendo mentre un vampiro, di cui non vedevo il volto, con dei capelli cortissimi stile militare e castani, la teneva ferma con una mano mentre con l'altra imprigionava una ragazzo di circa dodici anni, con i capelli corti e neri, mi fissava con le lacrime agli occhi mentre il vampiro lo dissanguava.
Un altro vampiro con i capelli verdi stava dissanguando una donna, probabilmente la madre dei bambini, a cui aveva strappato la maglia e anche una spallina del reggiseno. Un uomo dai capelli biondi era premuto contro il muro del vicolo da un altro vampiro con i capelli ramati che era attaccato al suo collo.
Il vampiro con i capelli corti neri lasciò il ragazzo e si voltò verso di me usando la bambina come scudo, il ragazzo cadde a terra senza fare rumore, respirava a fatica.
-Guarda chi c'è qui! Una bambolina bionda!- la sua voce era profonda e molto bella, ma mi dava i brividi. (odio scrivere questi dialoghi)
Gli altri due smisero di nutrirsi e si voltarono a guardarmi.
-Aiutaci!- supplicò la bambina.
Il vampiro la guardò un attimo e poi la lanciò indietro, verso quello con i capelli verdi che l'afferrò con una mano.
-Tienimela!- lo disse come se gli avesse tirato un panino: mi irritai.
Poi si voltò verso di me e con una velocità sovrumana mi venne davanti e mi afferrò il collo stringendo. -Ciao bambolina.- disse attirandomi verso di se -Sono curioso di sapere che sapore ...- non terminò la frase, avevo sfruttato la sua eccessiva sicurezza che gli aveva fatto abbassare la guardia e gli avevo piantato un tridente nel cuore. Lui mi lasciò andare e lo fissò confuso, come se ci fosse qualcosa di strano che non doveva esserci...beh, in effetti c'era. Sfruttai di nuovo la sua distrazione per trasformare l'altro tridente in una spada e con un colpo secco lo decapitai. Decapitare qualcuno è molto difficile, bisogna essere piuttosto forti, ma io non dovevo preoccuparmi di non esserlo perché era il potere stesso della spada a renderla affilatissima e letale. Con un suono sordo la testa cadde a terra, il corpo lo seguì subito dopo, ma io riuscii velocemente e riprendermi l'arma scansandomi perché non mi cadesse addosso.
Feci roteare i tridenti tra le mani, poi mi voltai verso i due vampiri rimasti guardandoli con aria di sfida. -Chi è il prossimo?-
Lo ammetto: era stata incredibilmente plateale, ma la situazione me lo permetteva, di essere plateale intendo. Gli altri due vampiri mi fissarono increduli, come se quello che avevo fatto fosse impossibile o incomprensibile per loro. Sorrisi, senza muovermi, con la guardia alzata e i sensi tesi, pronta a difendermi.
Il vampiro che stava dissanguando l'uomo lasciò cadere il malcapitato a terra e mi "apparve" davanti, nonostante fossi preparata non riuscii a evitare il suo calcio, era troppo veloce. Sbattei contro un muro, non so dire quale, ma mi rialzai subito, con la certezza di avere almeno un paio di costole fratturate. Il vampiro si avvicinò per colpirmi ancora con un pugno proveniente da destra, lo evitai abbassandomi e spostandomi velocemente a destra, poi allungando la mano sinistra gli conficcai con tutta la mia forza un tridente nello sterno prima che lui abbassasse il braccio scaraventandomi via e facendomi mollare la presa della mia arma che gli rimase ben piantata in corpo. Finii rovinosamente a terra e sperai di non essermi rovinata i vestiti, alzai immediatamente occhi: in un combattimento la cosa fondamentale è non perdere mai di vista l'avversario!
Vidi il vampiro guardare l'arma e imprecare, poi fece qualcosa di molto utile, almeno per me, tentò di toglierlo. Ora, tanto per chiarire le leggende riguardanti l'acqua santa sono tutte false, lo stesso vale per le croci e l'aglio, non ho mai provato i paletti di legno, quindi non so dire, ma credo che qualunque cosa distrugga il loro cuore, di legno o meno, vada bene. Ma le armi sacre o che hanno in se un potere di purificazione, come quelle appunto appartenenti alle Dee o alle sirene, giusto per fare un esempio, non lo possono tollerare quando ritornano nella loro forma "pura" di elemento.
Il pugnale divenne acqua che scendendo impregnò la maglietta del vampiro, che al suo contatto prese semplicemente fuoco, mentre il mio tridente riprendeva forma ai suoi piedi. Mi alzai mentre il vampiro si gettò a terra rotolando, per cercare di spengersi, cosa inutile, in pochi minuti si sarebbe ridotto in cenere. Sentii un movimento alla mia sinistra e mi voltai, l'altro vampiro si era alzato tendo ben stretta la bambina che singhiozzava, la madre della piccola sembrava morta. Avevo bisogno di un cellulare o di un telefono, dovevo chiamare soccorsi prima che fosse troppo tardi.
Il vampiro scattò in avanti, non ebbi tempo di difendermi o di mettermi in guardia, ma non servì, perché non cercò di colpirmi. Mi sfrecciò davanti invece, con una discreta velocità, Caddy lo seguì dall'alto e io, dopo aver velocemente recuperato la mia arma e averle fatte sparire entrambe, seguii lui con tutte le mie forze: non potevo perderlo o la piccola sarebbe morta. Quando arrivammo al ponte di prima mi bloccai:era salito su un corrimano.
-Prova a prendermi ora.- mi sfidò gettandosi. Povero idiota!
Il mio tatuaggio, che era lievemente scuro, iniziò a diventare caldo appena ci posai la mano desiderando di diventare una sirena (lo so, era un trucchetto meschino, ma la situazione richiedeva anche questo).Mi sfilai gli stivali e la giacca e mi gettai anch'io. Ci furono almeno quattro metri tra il ponte e l'acqua fredda, era lievemente dura, ma mi sentii subito come a casa.
Sentii immediatamente un forte formicolio alle gambe e prima che me ne rendessi del tutto conto i miei capelli corti erano diventati lunghissimi e avevo la coda. Localizzai in vampiro abbastanza in fretta e lo colpii a una velocità incredibile: come sirena era un lampo. Lui inghiottì una boccata d'acqua e risalì in superficie insieme alla bambina. Lo seguii a tutta velocità, poi feci un salto oltrepassandolo e ritornai in acqua con un tuffo di testa. Lui rimase fermo mentre io salivo, stavolta per prendere la bambina, più velocemente che potevo, quando l’afferrai portandola via lui rimase spiazzato e sorpreso. Mi truffai nell’acqua allontanandomi abbastanza da aver tempo di reagire nel caso mi avesse attaccato mentre tenevo la bambina. Lei mi stringeva forte le spalle con le sue piccole mani, il suo corpo tremava scosso dai singhiozzi e dal freddo, il volto era rigato di lacrime. La strinsi ancora più a me e le bisbigliai nell’orecchio -Tranquilla, andrà tutto bene.- mentre il vampiro si stava lentamente allontanando, forse sperando che non lo vedessi, pensando in questo modo di salvarsi.
-Trattieni il respiro.- bisbigliai e, dopo essermi assicurata che l’avesse fatto, mi immersi di nuovo. Il tatuaggio brillava, di un azzurro intenso e luminoso, lo sfiorai con una mano e una scia azzurra l’avvolse trasformandosi poi in una sfera blu luminosa, in pochi istanti si disperse nell’acqua e il fiume iniziò a brillare. In pochi istanti il vampiro prese a sciogliersi, come se fosse stato sommerso dall’acido, e di lui non rimase niente. Io intanto nuotavo verso riva con la bambina, non ci tenevo a vedere quello spettacolo. Sentii il mio tatuaggio tornare il suo posto, era come se un piccolo sciame di insetti mi pungesse, poi sentivo qualcosa di freddo acquistare una strana forma sulla mia pancia e alla fine il tatuaggio si formava.
Arrivai a riva e poggiai la bambina sulla terra ferma mentre uscivo dall’acqua, non riuscivo a stare in piedi quindi mi sdraiai accanto alla bambina che piangeva e respirai lentamente, tentando di riprendermi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 -Home tonight- ***


Il canto della sirena

Eccovi il capitolo 8, auguro a tutti buona lettura.

 

Capitolo 8
- Home tonight-


Ero fradicia, a parte gli stivali e la giacca che non mi avevano seguito nel fiume e che erano abbandonati per terra accanto a me, ma il fatto che io fossi completamente bagnata non mi dava fastidio, il fatto che invece Hanry continuasse a guardarmi come se fossi pazza si. I suoi bei occhi azzurri erano fissi su di me, increduli quasi, mentre mi stringevo addosso la coperta che mi aveva dato un poliziotto.
-A dare l'allarme è stata una donna che vive nel quartiere, ha trovato i genitori della piccola e sua fratello, purtroppo il padre del ragazzo è morto, gli altri sono in stato di schok.-spiegò un poliziotto a un signore alto, di colore, vestito in con giacca e cravatta, probabilmente un ispettore. L'uomo si volto verso di me che ero seduta su una barella nell'ambulanza e si avvicinò con calma. Hanry era accanto a me con le braccia incrociate e continuava a fissarmi, mentre io evitavo il suo sguardo e mi guardavo intorno, dei medici stavano visitando la bambina.
-Buonasera.- esordì con tono calmo -Lei è?-
-Grace...Grace Brine- riposi con voce roca, mi sentivo un pò intontita e il tatuaggio, lievemente più scuro, bruciava ancora: non avrei potuto più tuffarmi in acqua per le prossime settimane.
-Signorina Brine, esattamente come... è stata coinvolta nell'azione?- domandò cortesemente, scegliendo le parole con attenzione, troppa attenzione per i miei gusti.
Mi morsi il labbro, difficile rispondere.-Io... ho semplicemente sentito le urla della bambina e mi sono tuffata per salvarla.- buttai lì, sperando di essere credibile.
-Quindi non ha visto uno degli aggressori?-
Tenni gli occhi bassi.-No.-
-Non ha combattuto con lui per salvare la bambina?-
 Il "regalo" di Nettuno si era finalmente reso utile cancellando i ricordi di tutti, ma forse non quelli della bambina.
-Non ho fatto niente del genere.- la mia voce era bassa e vagamente sottomessa.
-In effetti è impensabile che una ragazzina come te riesca a fermare un uomo.- rifletté l'ispettore a voce alta.
Alzai gli occhi ad incontrare i suoi, discretamente arrabbiata per ciò che aveva detto: anche se era molto meglio che mi vedesse come una ragazzina indifesa, la cosa mi irritava non poco, era come dire che non ero all'altezza, mio pare me lo ripeteva di continuo.
-Hai corso un bel pericolo stasera, te ne rendi conto?-
No, sono stupida! -Ho solo tirato fuori una bambina dalle acque del torrente.- la mia faccia era una maschera, lo sguardo nuovamente fisso a terra, il mio tono era tranquillo, la voce vagamente roca, adoro il modo in cui riesco a controllarla.
-Sei sicura di non aver visto niente?- domandò di nuovo.
Certo che li ho visti, chi pensa li abbia uccisi? Cherz Bronz versione francese? -No, non ho visto niente.- accompagnai la risposta con un cenno di diniego, sempre tenendo la voce bassa.
-Capisco. E per caso hai sentito degli strani rumori?-
Tipo un risucchio? Se lo avessi sentito sarei morta, perché sarebbe significato che mi aveva morsa. -Che genere di strani rumori?- chiesi fingendomi confusa.
Lui fece per spiegarsi, ma fu interrotto da Hanry. -E' proprio necessario? Ne ha gia passate abbastanza per stasera, non crede?-
Guardai Hanry confusa, la sua galanteria e la sua gentilezza avrebbero potuto tirarmi fuori di un guaio, sarà per questo che mi sentii felice di quell'intervento e mi trovai a sorridere come una stupida.
Lui lo guardò un attimo, come valutando qualcosa, poi fece un cenno con la testa e se ne andò senza dire più niente.
Afferrai una manica della giacca di Hanry, sempre continuando a stringere la coperta, lui non mi guardò. -Scusa se sono sparita.- farfugliai, in tono di scusa, mi sentivo davvero dispiaciuta.
Lui si voltò a fissarmi, lo sguardo improvvisamente freddo e impenetrabile, i suoi occhi che mi ricordavano di solito un brillante cielo estivo, ora sembravano una lastra di ghiaccio e per di più metallizzata... la cosa suonava strana anche a me.
-Cavoli. Non ti avevo mai visto arrabbiato.- il commento, in tono lievemente sarcastico, mi uscì prima che potessi fermarlo, ma i miei occhi tornarono bassi, evitando i suoi.
Hanry non disse niente, rimase rigido, fermo, senza scostarsi ne avvicinarsi; alle mie spalle sentivo lo sguardo di qualcuno, uno sguardo che mi diede una sensazione molto spiacevole.
-Puoi spiegarmi una cosa?- la voce che udii era un sibilò, conteneva rabbia, sconcerto, odio e un altro sentimento che stranamente non riuscivo a individuare, ma che permeava anche gli altri. -Come sei finita in questa situazione?-
Abbassai lo sguardo incerta su cosa dire.
Hanry mi alzò il viso con un dito costringendomi a guardarlo, la sua pelle fredda mi sfiorava appena.
-Allora?- domandò la voce sibilante di prima. Mi ci volle un pò per capire che quella voce era di Hanry, fino a quel momento non mi ero accorta che fosse la sua perché era totalmente diversa dal tono che aveva di solito. Non era giocoso o irriverente, non assomigliava a qualcosa nascosto nell'ombra in una giornata di sole - che era l'immagine che mi trasmetteva di solito la sua voce- ma qualcosa di più oscuro, più profondo... più pericoloso.
-Io...- iniziai senza nemmeno uno straccio di idea di come continuare. -...io non...-
-Non lo sai?- domandò con il solito tono, mi fece rabbrividire per un istante, ma solo per uno.
Gli lasciai la manica della giacca e pesai a una risposta, sentendomi molto a disagio e imbarazzata:che scusa potevo inventare? Forse potevo dire di essere stata affascinata dal vampiro, certo, non in questi termini.
-Ecco... più che non saperlo...-mi sentivo davvero imbarazzata all'idea di fingere di confessare di essere stata "adescata" non so bene come da un tizio, o per meglio dire da un vampiro, anche se era una scusa. In condizioni normali non lo avrei mai confessato. Appunto, non lo avrei mai confessato, quindi perchè dirglielo?
-Cos'è? Ti hanno mangiato la lingua?-il suo sarcasmo era velenoso, non era da lui.
-Senti non so che ti sia preso...-iniziai alzandomi poggiando i piedi a terra. -Ahi!-
Senza rendermene conto avevo pestato un sassolino piuttosto tagliente: mi misi seduta di nuovo e mi guardai il piede, il sasso cadde a terra quando lo toccai con una mano e dal punto in cui era iniziò a uscire sangue che tanto per cambiare macchiò la calza..
-Vado a chiamarti un medico.-la voce di Hanry suonò angosciata, non riuscii nemmeno a vederlo allontanarsi.
Rimasi seduta in silenzio fino a quando un medico arrivò con un cerotto.


Dopo due ore ce ne eravamo finalmente andati, eravamo liberi come il vento, ma Hanry era di pessimo umore, non mi guardava nemmeno di sfuggita, stava sempre zitto e si limitava a farmi strada verso la nostra destinazione. Io camminavo in silenzio dietro di lui stringendomi addosso il cappotto asciutto, sopra i vestiti zuppi, e con gli stivali scomodi -soprattutto perché mi ero tolta le calze- ai piedi.
Hanry mi portò in una casa di città dove all’ingresso c’erano ad attenderci Deve e Francesca, lei gli sorrise, un sorriso freddo e calcolatore della serie “Te l’avevo detto”, e non mi considerò nemmeno.
-Ha bisogno di un bagno caldo e di vestiti asciutti.- si limitò a dire freddamente lui, quando sbirciai la sua faccia mi accorsi che era come quella di una statua, totalmente inespressiva. Rabbrividii incrociando le braccia al petto.
-Il bagno è da quella parte.- disse Dave allungando il braccio, facendomi segno di seguirlo, io non protestai e gli andai dietro in silenzio.
Il soggiorno era molto grande, un comodo divano, un camino e un megaschermo lo arredavano; davanti a noi c’era un corridoio e una porta che dava sul bagno. Dave mi guidò dentro il bagno e mi fece vedere dove erano gli asciugamani, l’accappatoio, sciampi, balsami e bagnoschiuma, poi usci con un sorriso.
Chiusi la porta a chiave e mi appoggiai al muro, poi mi lasciai scivolare a terra e mi misi a sedere restando in silenzio a fissare la doccia senza nessuna voglia di spogliarmi ed entrare. Il silenzio che riempiva la stanza era strano, nemmeno da fuori si sentivano delle voci, a mala pena si sentivano dei bisbigli, ma non ero certa che fossero delle voci, forse si trattava solo del rumore del vento.
Sospirai stancamente: avevo incontrato tre vampiri, quindi c’erano davvero molti vampiri in quel posto, anche perché , ne ero certa, nessuno di loro erano quelli che avevo visto alla mia scuola, ma quanti vampiri c’erano in quel posto? E quanto lontana ero dalla mia scuola? Non avevo fatto affatto caso a quanto la macchina si era allontanata.
D’improvviso qualcuno bussò alla porta distraendomi dai suoi pensieri, non avevo sentito nessuno avvicinarsi, non avevo sentito dei rumori di passi… come era possibile, come facevano ad essere così silenziosi? Che il mio udito si fosse ridotto? Eppure visto che mi ero da poco trasformata in sirena doveva essere più forte.
-Grace? Va tutto bene?- la voce di Hanry suonò vagamente più dolce di quanto non fosse prima, eppure c’era una forzatura in quel suono, ero una sirena, potevo capirlo.
-Si, tutto bene.- bisbigliai a voce abbastanza alta da essere appena udibile.
-Sei sicura di stare bene? Vuoi un medico?- domandò, con una punta di preoccupazione e speranza.
-No, sto bene. Ora mi faccio una doccia.- risposi aprendo l’acqua calda nella doccia, buttai in un angolo i miei vestiti, poi mi misi un accappatoio.
-Io… vado a prepararti un tè caldo.- annunciò Hanry, poi non sentii più niente e pensai si fosse allontanato. Presi una spugna, la inzuppai con acqua calda e me la strizzai sopra i capelli dopo aver messo la testa sopra il lavandino, quando avevo vagamente finito di lavarmi i capelli mi passai la spugna su tutto il corpo. Alla fine la mia temperatura corporea era ritornata ai normali trentasei e qualcosa gradi, tutta via rimasi in bagno senza sapere bene che fare, i vestiti erano ammucchiati in un angolo. Li afferrai ed andai nell’altra stanza, il corridoio era deserto, feci un paio di passi in direzione della luce che veniva dal soggiorno, Hanry mi venne in contro, l’espressione preoccupata.
-Va tutto bene?- domandò, nell’ultima mezz’ora me lo aveva chiesto spesso.
-Sto bene… ma … non è che avete una lavatrice? Va bene anche un’asciugatrice…- chiesi stringendomi al petto i vestiti bagnati e guardandolo negli occhi, avevo la sensazione che non fosse sincero, come se ci fosse stato qualcosa che non mi diceva, come se quello che mi stava mostrando fosse stata un illusione.
-Dammi, ci penso io.- disse afferrando i vestiti, poi fece un cenno verso il tavolo. -Ti ho fatto un tè caldo, bevilo.- detto ciò se ne andò.
Rimasi ferma dov’ero senza nemmeno guardarlo, non volevo nessun tè caldo! Non volevo niente aperte un letto comodo, un cuscino morbido e coperte calde! Andai in soggiorno e mi misi a sedere davanti al camino acceso dal quale proveniva un caldo tepore. Caddy bussò al vetro della portafinestra che dava sul balcone, io andai ad aprire per farlo entrare e lui si posò con delicatezza sul tavolo. Chiusi la porta e gli andai in contro, mi accucciai accanto al tavolo e accarezzai la sua testolina bianca con un dito mentre lui chiudeva gli occhi. Che dovevo fare con Hanry? E che fine avevano fatto Francesca e Dave?
Mi misi a sedere sull’ampio tappeto bianco e vagamente peloso, Caddy fece un piccolo balzo e mi si accoccolò su una gamba mentre io mi perdevo nei miei pensieri. Non avevo idea di dove fossi, nessuno sapeva dove mi trovavo con precisione e cosa ancora più importante in quella città c’erano dei vampiri! Avevo anche la sensazione che Hanry, Francesca e Dave fossero un po’ strani, c’era qualcosa di molto strano, qualcosa che stonava in loro, qualcosa che non sapevo definire con chiarezza. Scossi la testa ancora confusa, desideravo più che mai capirci qualcosa, o tornare in collegio.
Feci un balzo e scattai in piedi: il collegio! I dormitori chiudevano all’una nei weekend ma… ormai l’una era sicuramente passata! In giro non c’erano orologi…
Cercai il telecomando del televisore per vedere che ora segnava il televideo, dovevo essere uno spettacolo mentre correvo da una parte all’altra della stanza in cerca di quel maledetto telecomando…dove accidenti lo avevano ficcato?!
-Che stai facendo?- il tono di voce di Hanry era sorpreso e divertito, era sincero, non c’era montatura o falsità stavolta.
Mi bloccai con un cuscino in mano e lo fissai con preoccupazione e probabilmente un espressione idiota. <>
-Che ore…?- ripeté confuso, passandosi la mano tra i capelli. -Penso che ormai siano quasi le due. In effetti immagino tu sia…- si interruppe perché dopo che aveva detto che erano passate le due mi ero lasciata cadere sul divano nascondendomi il volto tra le mani. Mi si avvicinò con cautela, anche se percepii a mala pena i suoi movimenti.
-Che succede?- domandò sconcertato.
Scossi la testa sempre con la faccia nascosta, lui mi mise un braccio intorno alle spalle. -Che ti prende?-
Lo fissai abbassando le mani, dovevo essere sull’orlo del pianto e lui se ne accorse. -Verremo espulsi! Non sono qui da nemmeno una settimana e mi butteranno gia fori! Mio padre non la prenderà bene!- non mi ero mai sentita tanto sconfortata in vita mia. Nettuno sarebbe andato su tutte le furie se mi avessero buttata fuori e lui non era un bello spettacolo da vedere quando era arrabbiato.
Sentii Hanry ridacchiare.
-Lo trovi divertente?- domandai fuori di me.
Sorrise con aria birichina, quando assumeva quell’atteggiamento sembrava un ragazzino. -Non preoccuparti, rientreremo per colazione, nessuno saprà niente e non sarai espulsa.- mi assicurò
Non mi sentivo affatto più sicura, ma lui mi accarezzò una guancia dicendo -Per stasera dormirai qui, fai come se fossi a casa tua. La tua stanza è in fondo al corridoio, i tuoi vestiti saranno pronti per domattina, lo giuro!- disse posandosi una mano sul cuore in tono solenne.
-Ma Hanry, i professori….- ripresi angosciata.
-I professori non fanno caso se si passa fuori la notte del week end, l’importante è che ci si presenti a colazione la domenica mattina.- mi interruppe. -Per stasera staremo a casa, partiremo domattina presto. -concluse con un sorriso.
Lo fissai tutt’altro che felice. -Ma…- provai a obiettare, lui mi posò un dito sulle labbra.
-Ti giuro che non sarai espulsa.- promise fissandomi negli occhi.
Per un istante la mia mente si svuotò e non riuscii a pensare più a nulla, mi persi solo in quei bellissimi occhi azzurro scuro, che fissavano i miei con tenerezza quasi, eppure sembravano anche celare qualche oscuro segreto. Mi chiesi come fosse possibile che non riuscissi a distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo, era più forte di me. Ero paralizzata e il cuore mi batteva fortissimo, come mai era successo prima di quel momento…forse…forse mi stavo innamorando. Questo non doveva accadere.
Dopo un tempo che sembrò infinito Hanry voltò la faccia in direzione della porta, l’espressione pensierosa o afflitta, non ero sicura di riuscire a decifrarla, non mi sentivo più sicura di niente.
-Tra poco Francesca e Dave saranno di ritorno. È meglio sa vai a dormire, o domattina dovremo riportarti a scuola in braccio.- sussurrò sempre fissando la porta, il tono controllato, tranquillo…forzatamente tranquillo.
Mi costrinsi ad alzarmi dal divano, anche se tutti i muscoli di gambe e braccia erano intorpiditi, guardandomi per un attimo attorno mi accorsi che Caddy era sparito. Feci un cenno con la testa, per la prima volta nella mia seconda vita non ero sicura del mio tono di voce.
-Buonanotte Grace.- bisbigliò mentre mi dirigevo verso la mia stanza.
Chiusi la porta alle spalle e corsi al letto dove senza pensarci mi infilai sotto le coperte, per quella sera ne avevo decisamente avuto abbastanza.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 -Hide and Sink- ***


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Capitolo 9
-Hide and Sink-


Come promesso non fui espulsa, anzi riuscii a cavarmela senza alcun problema, anche se quando rientrai i miei abiti erano tutti stropicciati nessuno ci fece caso. La mia stanza non mi era mai sembrata tanto accogliente anche se c’ero solo io, mi buttai sul letto e dormii serenamente, compensando la notte in bianco che avevo trascorso.
Quando mi svegliai erano le quattro di pomeriggio, mi sentivo un po’ intontita, ma non avevo voglia di uscire di camera, rimasi sdraiata tutto il tempo a fissare il soffitto. Dopo poco mi addormentai di nuovo.
Fui svegliata da Violette che mi scuoteva. -Ehy, bella addormentata! Che ne dici di svegliati e andare a cena?!-
Saltai quasi sul letto mentre Violette si faceva indietro spaventata. -Come cena? Che ore sono?- Avevo ancora da fare fisica e delle indagini e non potevo aver passato l’intera domenica a dormire! Assolutamente!
-Sono le sette.- rispose lei con un sorriso.
La guardai con gli occhi sgranati, poi mi lasciai andare indietro sul letto, mettendomi il cuscino sulla faccia: che disastro! Ero un vero disastro! Avrei dovuto cercare i vampiri, degli altri vampiri perché dubitavo fortemente che quelli che avevo ucciso in città fossero gli stessi che avevano ucciso i ragazzi, e avrei dovuto anche studiare fisica… con Hanry. Chissà come l’avrebbe presa Violette? Ma a ben pensarci che c’era da prendere? Noi ci limitavamo a studiare insieme, non facevamo nient’altro. Però lui spiegava molto bene e studiare senza di lui sarebbe certamente stato difficile.
-Che ti prende?- domandò sorpresa. Non dissi niente e alla fine mi alzai buttando da parte il cuscino.
-Niente, andiamo a cena.- bisbigliai rassegnata: mica potevo far tornare indietro il tempo. Mi alzai quasi sbuffando e mi cambiai a velocità warp (vivere con Julie mi aveva influenzato).
Andammo a cena e Violette continuò per tutto il tempo a parlarmi di quello che aveva fatto e di chi aveva incontrato, dei negozi, dei vestiti che aveva comprato e degli accessori. Grazie al cielo quando arrivò al racconto del concerto rock a cui aveva preso parte con un ragazzo che aveva conosciuto sul posto, non so perché ma in quel momento pensai che forse, solo forse, quello che Hanry le aveva detto se lo era cercato.
Quando entrammo nella mensa , che si era incredibilmente ripopolata, iniziai a guardarmi intorno mentre ci dirigevamo a prendere da mangiare, solo quando Violette si accorse che non l’ascoltavo mi chiese chi cercassi mi resi conto che tra la folla stavo cercando Hanry. Che mi succedeva.
Scrollai le spalle e le dissi che cercavo Julie e Chantal, lei mi fece un cenno verso il tavolo in cui Cantale e Chris stavano chiacchierando amichevolmente, molto amichevolmente! Sorrisi senza volerlo mentre con il vassoio pieno mi dirigevo verso il tavolo, incerta se fosse o meno una buona idea. Quando siamo arrivati al tavolo mi sono fermata con in vassoio in mano, aspettando che alzassero lo sguardo, quando Chantal mi ha visto a sorriso e mi ha salutato con un : -Ehy! Grace!-
-Ciao ragazzi.- ho risposto -Vi secca se mi unisco a voi?- domandai un po’ incerta, non volevo disturbare e non volevo fare il reggi candela.
Violette si sedette al tavolo senza tanti complimenti ancora prima che finissi la frase, io mi misi a sedere solo quando Chantal mi fece segno di sedermi.
Mi misi a sedere scostando la sedia e domandai -Dov’è Julie?- non l’avevo ancora vista dal ritorno.
-E' andata via con Hanry Ororo e con Isabelle Jefferson.- raccontò Chantal -Prima sono venuti qui e poi sono andati tutti via insieme.-
-Oh… che stano…-bisbigliai un po’ confusa, senza saperne bene il motivo mi sembrava strano non aver visto Hanry, mi irritava l’idea che se ne fosse andato via con Julie e Isabelle, specialmente con Isabelle che era praticamente una modella francese, o per meglio dire la versione umana di Afrodite.
-Ti senti bene? Hai un espressione strana…-Chantal mi osservava preoccupata.
Scrollai le spalle e fissai il piatto: non avevo affatto fame. Avevo passato tutta la giornata senza mangiare niente ma ugualmente non avevo fame, mi era passata tutta in quell’istante: che mi stesse succedendo qualcosa di strano? Io… non potevo ammalarmi. Almeno mi pare.
-Io… penso sia meglio se torno in camera.-farfugliai, mi sentivo veramente male, era una sensazione strana, una stretta allo stomaco e una sensazione bruciante, mi sentivo anche arrabbiata senza che ne capissi con chiarezza il motivo.
Mi alzai senza dire niente e mi trascinai stancamente verso la mia camera, affacciato al piano di copra scorsi Hanry, si volto un attimo a guardarmi, ma si voltò di nuovo senza nemmeno salutarmi. Corsi in camera, discretamente depressa e mi buttai nuovamente sul letto, senza rendermene conto mi misi a piangere.
Quando le ragazze tornarono feci finta di dormire. Julie rientrò incredibilmente tardi ma io rimasi immobile, senza dire niente, non volevo parlare, preferivo che pensasse che fossi addormentata. Quando finalmente il sonno scese su di me era quasi l’alba.
Il mattino dopo Chantal mi svegliò scuotendomi, feci colazione con lei e Violette: di Julie nessuna traccia. Anche dopo non parlava quasi per niente con me, mi ignorava senza un motivo preciso e io non sapevo come comportarmi. Non provai a chiedere spiegazioni, la verità è che non ero sicura di voler conoscere la risposta che mi avrebbe dato.
Per tutta la settimana non vidi Hanry nemmeno una volta, lo cercavo praticamente ovunque senza riuscire però a incontrarlo mai. Mi sentivo come se stessi continuamente giocando a nascondino e i miei sentimenti non mi erano mai chiari, ero confusa e sempre di cattivo umore, Chantal e Violette non mi chiedevano mai cosa avevo, probabilmente si rendevano conto che non avevo voglia di parlarne.
Senza che ne avessi una chiara percezione passò una settimana in cui fui tutto tranne che tranquilla, grazie a quello che Hanry mi aveva spiegato riuscivo a seguire facilmente la lezione, almeno per il tempo in cui mi concentravo. Il più delle volte invece finivo per distrarmi pensando a un certo ragazzo dai capelli biondi e gli splendidi occhi azzurri. Il proff mi riprendeva spesso quando avevo la testa tra le nuvole, così mi trovai a dover fare anche dei compiti extra.
La cosa che più mi seccava è che parlare con Hanry o con Julie era impossibile, perchè non erano questi mai soli, e io non riuscivo a capire perchè ce l'avessero con me. Anche se ci pensavo attentamente non mi venivam in mente niente che avesse potuto ferirli o seccarli, non mi pareva di essermi comportata male con nessuno dei due, in special modo con Julie. Era tornata e senza una ragione chiara aveva iniziato a evitarmi.
Per di più questi problemi mi distoglievano dal mio compito fondamentale: la cattura e uccisione di vampiri che potevano da un momento all'altro attaccare nuovi innocenti. Mi sentivo un tantino in colpa, ma la mia testa era altrove e non potevo farci niente.
Più il tempo passava più iniziavo a pensare che le cose non sarebbero più tornate come prima, anche se dieci giorni non possono dirti con certezza che fine faranno le tue relazioni, di sicuro possono indicarti cosa potrebbe accadere. Ma forse le parche, ignorando il mio pessimismo o proprio per via di quello, non erano d'accordo con me e non so ancora con chiarezza se questo fosse un bene o un male, fatto sta che la ruota del destino, lenta, seguiva il suo inevitabile corso.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -Love is in the air- ***


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Capitolo 10
-Love is in the air-

-Signorina Brine! Ha intenzione di starmi a sentire oppure preferisce quello che succede fuori dalla finestra?!- chiese molto seccata la mia professoressa di letteratura, la signorina DeLafur. Anche se era giovane aveva i capelli corti e castani, gli occhi verdi e l’aria severa di una vecchia istitutrice.
-Mi scusi.- dissi con voce atona. Hanry e Julie erano seduti infondo all’aula e come al solito mi evitavano come se fossi un appestata. Mi sentivo davvero a terra, più per il comportamento di Hanry, che per quello di Julie, e questo mi sembrava molto strano.
Nella settimana appena trascorsa non avevo però perso tempo, avevo raccolto informazioni per tendere una trappola ai vampiri. Avevo un ottimo piano, mi ci sarebbero volute almeno due settimane per metterlo in atto ma ce l’avrei fatta, sicuramente, non avevo intenzione di arrendermi!
-Signorina Gordon, signor Ororo, vedo che anche voi come al solito fate tutto tranne che i compiti. Per punizione, TUTTI E TRE, parteciperete allo spettacolo teatrale di quest’anno!- ordinò con un punta di sadismo nella voce, ne sono certa, la professoressa. Io la fissai come se fosse impazzita, non so che sguardo assunsero Julie e Hanry, ma ho la sensazione che fosse simile al mio!
-Pro.. professoressa io… non sono… non sono…- non riuscivo a terminare la frase, tutto quello che pensavo era: “NON FATEMI SALIRE SUL PALCO!!!!!!!!!!!!!!” ho sempre odiato stare al centro dell’attenzione e più di qualunque cosa odiavo stare sopra un palco con delle persone che mi guardano, odiavo esibirmi, odiavo con tutto il cuore stare davanti a un pubblico!
-Signorina Brine: o questo o l’insufficienza!- minacciò e io rimasi congelata.
Ci pensai un attimo, una frazione minuscola di secondo. Insufficienza! Preferisco l’insufficienza! Mille volte! Anche mille insufficienze!
-Io…- iniziai sempre più terrorizzata.
-Va bene, lo facciamo!- la voce di Hanry sovrastò la mia che si spense, era vicina, quando mi voltai era proprio dietro di me: avevo dimenticato quanto fosse bello e attraente.
-Le prove se non sbagli iniziavano oggi, di mattina, quindi è meglio se andiamo.- continuò Julie che era dietro di lui, non l’avevo notata.
Li fissai un attimo sconcertata e terrorizzata, Julie mi ignorava totalmente, ma Hanry si voltò e mi guardò sorpreso e preoccupato.
-Io.. io non posso…-bisbigliai a voce bassissima, fissando il tavolo.
Hanry mi tirò su per un braccio e afferrò la borsa, poi mi trascinò fuori dall’aula, non riuscii a oppormi, non ci provai nemmeno. Hanry mi trascinò fino in fondo alla scala che portava al secondo piano, dopo l’ultimo gradino però mi lasciai cadere a terra.
-Grace…- mi chiamò Hanry, preoccupato: non riuscivo a muovermi, non ce la facevo, dovevo tornare indietro!
-Devo… devo…- avevo le lacrime agli occhi e farfugliavo frasi sconnesse, ero nel panico.
Lui si inginocchiò al mio fianco, io fissavo il pavimento. -Grace va tutto bene.- mi sussurrò nell’orecchio.
Sentii un brivido, in un attimo mi sentii vagamente meglio, abbastanza da riuscire a fissarlo -Non voglio farlo. Ti prego non farmelo fare…- lui mi fissò sorpreso.
-Tutto questo per uno spettacolo?- era incredulo, abbassai nuovamente lo sguardo. -Grace, non è niente, non è nemmeno detto che ti assegnino un ruolo.- tentò di tranquillizzarmi dopo aver capito che ero realmente nel pieno di un attacco di panico, mi sembrava che tutto il peso del mondo mi schiacciasse. (NdA:Ragazzi gli attacchi di panico sono una cosa molto seria, anche se questo è stato messo per rendere divertente la scena. Mi raccomando, non prendete mai in giro chi ha un attacco di panico!)
-Lo giuri?- lo pregai. Mi sorrise e mi aiutò ad alzarmi, circondandomi la vita con un braccio.
-Andiamo.-sussurrò Hanry con tono divertito mentre mi trascinava praticamente di peso.
Julie mi si affiancò senza dire niente e insieme ci dirigemmo in una struttura che non avevo mai notato lontano dall’edificio principale. Ci dirigemmo lì in silenzio, io ero scossa da leggeri tremiti, ma mi stavo lentamente cambiando, mi paralizzai davanti alla porta rossa dell'edificio.
Hanry mi strinse a se con maggiore dolcezza.
-Stai tranquilla.-bisbigliò, il suo respiro mi sfiorò l'orecchio.
Rabbrividii nuovamente, stavolta però non c'entrava l'ansia, mi sentii arrossire, e sperai solo leggermente.
Julie aprì la porta e si voltò a guardarci: -Vi date una mossa?- domandò in tono incalzante.
Annuii ma non mi mossi, istinto di sopravvivenza immagino.
-Grace, c'è un mucchio di lavoro da fare dietro le quinte, sono sicuro che ti permetteranno senza problemi di fare qualcosa di quel tipo. Stai tranquilla, non salirai sul palco!- mi rincuorò Hanry.
Feci un respiro profondo mentre mi allontanavo dalle sue braccia e mi dirigevo con tutto il mio coraggio verso l'interno : era un teatro piccolo ma spazioso, con sedie rosse e pavimento rivestito di parcqué rosso. Il palco era in fondo alla stanza, di mogano rosso, sembrava piuttosto solido. Varie persone erano sedute sulle poltroncine davanti il palco, un insegnante insieme a uno studente stava davanti a loro, seduta ad una scrivania, a osservare le audizioni o le prove o quello che erano.
Feci qualche passo avanti, ma mi fermai appena sentii la porta chiudersi alle mie spalle e mi voltai a guardarla. Sentii Julie ridere, era da tanto che non la sentivo ridere, era da tanto che non sentivo la sua voce.
-Sembra quasi che tu stia andando al patibolo.- mi prese in giro.
-Non è proprio una descrizione sbagliata.- assentii con un filo di voce fissando il palco con sopra una ragazza con i capelli neri che cantava.
Sentii il braccio di Hanry circondarmi le spalle. -Andiamo, cuore impavido!- mi prese in giro, trascinandomi però dalla professoressa MegGlaski in prima fila, seduta davanti alla cattedra. Era una donna sulla cinquantina, con i capelli ramati, corti, un vestito verde e una corporatura robusta. Ci sorrise in un modo che mi ricordò tantissimo un gatto che era appena stato destato dal suo sonno con una carezza.
-Bene, bene, bene! Cosa vedono i miei occhi! Hanry Ororo! Avevamo giusto bisogno del protagonista maschile!- disse con voce compiaciuta.
Mi voltai, nella sala c'erano almeno dieci ragazze, ma solo tre ragazzi. Uno era alto e dinoccolato, magrissimo, con i capelli tagliati alla militare che scoprivano in visto spigoloso e vagamente arcigno. Un altro ragazzo era alto su per giù quanto me, anche se forse la mia valutazione era approssimativa visto che era seduto, aveva i capelli castani lunghi, che gli coprivano il viso, almeno in parte, ciò che rimaneva scoperto rivelava un problema non indifferente di acne.
Non so che cosa mettevano in scena, ma non li avrei visti molto bene come prtoagonisti.
Il terzo ragazzo invece era carino, con i capelli castani e gli occhi verdi, ci sorrise in modo amichevole e venne a porgerci il copione.
--Que... que... questo e il co, il co, il copione.- riuscì a terminare in fine.
Mi sembrava quasi una barzelletta! Mi trattenni dal ridere mentre Hanry con un sorriso e senza lasciarmi -penso temesse che sarei fuggita e sinceramente non era un'idea sbagliata- lo ringraziò cortesemente.
-Immagino che voi ragazze siate qui per l'audizione. Chi vuole iniziare?- domandò con disinvoltura.
Mi voltai verso la porta: se riuscivo a liberarmi di Hanry forse sarei potuta fuggire durante l'esibizione di Julie; probabilmente lui se ne accorse perchè mi strinse a se ancora più forte, sentivo la pressione della sua mano che mi stringeva e mi teneva ferma. Mi voltai a guardarlo per dirgli di lasciarmi andare ma fui imprigionata dal suo sguardo di zaffiro, metallico e limpido, mi diede un brivido che mi attraversò la schiena.
Provai ad aprire bocca per dire qualcosa, ma la verità è che trovarmi lì, davanti a lui, in quel momento, era come un miracolo, era qualcosa in cui non riuscivo a credere del tutto, non dopo tutto quel tempo. Mi riscossi pensando al modo in cui mi aveva trattato: era il momento di chiarire le cose, intendevo dopo essere fuggita da quel posto e dal rischio di fare un audizione, o di esibirmi o di salire su un palco.
Hanry mi sorrise, del tutto ignaro dei miei pensieri, un sorriso vagamente divertito e canzonatorio: forse non era proprio del tutto ignaro.
-Non ti permetto di scappare.- il suo sorriso sembrava quello di chi ha in mente qualcosa, uno scherso divertente e non gradito.
Lo fulminai con uno sguardo.
-Prof, Grace potrebbe occuparsi di cantare alla fine della recita, nell'ultima scena.-propose Hanry, ignorandomi e guardando la professoressa.
Rimasi per un attimo paralizzata dall'orrore e dalla sorpresa. -COSA?- domandai voltandomi verso di lui e costringendolo a guardarmi. Come sapeva che alla fine qualcuno cantava? E come aveva potuto farmi una cosa simile?!
-Vuoi dire la parte dell'angelo? Ma quella parte era riservata a Seline, nessuno può battere la sua voce. - commentò pensierosa.
Tirai un sospiro di sollievo.
-Potrebbe almeno sentirla cantare...- insistette lui.
-NO!- lo bloccai subito, poi mi voltai verso al professoressa sentendomi osservata. -No, non è il caso! Non importa! Davvero non importa!- non avevo mai parlato così veloce in vita mia.
-In effetti sarebbe più giusto fare un audizione.-
NO! NO! NO! NO! NO!
- Non è necessario, io... mi accontenterei anche di farle solo da sostituta.- nella mia voce c'era una nota di panico.
-Mi sembra un buon compromesso.- assentì lei. -Potresti anche aiutare con le sceneggiature.-
Dio benedica quella donna! Se non la fanno entrare in paradiso ce la faccio entrare io a costo di buttare giù la porta!
Sentii il respiro di Hanry accarezzarmi l'orecchio -Peccato, avrei voluto sentirti cantare.- il suo tono dolce mi fece sciogliere.
Scossi la testa pregando di tornare lucida. -Di che parla la storia?- domandai allontanandomi da Hanry di solo qualche passo, speravo mi riprendesse e mi stringesse di nuovo a se, ma invee non lo fece, non lo sentii nemmeno muoversi.
-Parla di una ragazza...- iniziò la professoressa porgendomi il copione. -..Kate, una ragazza molto popolare che, un giorno, di ritorno da scuola, a causa della pioggia si ripara in una casa. Li incontra un ragazzo che le dice di essere un vampiro, lui la respinge, ma alla fine i due si innamorano e scappano insieme.-
La fissai sorpresa: quale idiota scapperebbe con un vampiro? Si rendeva conto la professoressa che sarebbe come se una lepre scappasse con un leone? E' chiaro che poi il leone la mangia.
-Che c'entra l'angelo?- domandai.
-In fondo alla storia l'angelo, fautore di quell'incontro intona una canzone per dire addio ai due innamorati.- spiegò Hanry, quando mi voltai vidi che si era seduto comodamente su una poltrona e mi fissava da sopra il copione aperto.
-E che canzone canta?-chiesi curiosa.
-The Power of Love.- rispose con un sorriso.
Mi guardai intorno, so che ero precipitosa e che stavo esagerando, ma volevo una spiegazione e visto che ero lì e che mi dava una scusa per fuggire. -Hanry puoi venire un momento con me? Ti vorrei parlare un attimo.-
Lui guardò dietro di me, sentì la professoressa sospirare, ero certa che avesse alzato gli occhi al cielo. Mi trattenni dal fare qualche commento acido e fissai Hanry negli occhi, se avessi continuato a lungo mi sarebbe venuto da sorridere ma pace. -Andiamo?-
-Va bene.- si alzò con agilità e eleganza.
Lo seguii in un angolo della sala in ombra, lontano da tutti, avrei preferito uscire.
-Perchè non usciamo? Sarebbe meglio... ci sarebbe meno gente intorno.- provai a convincerlo.
-Senza contare che potresti fuggire adducendo come scusa qualcosa che ti ho detto.- continuò lui da dove mi ero interrotta.
Arrossi, in effetti l'idea mi aveva sfiorato, lui mi scostò una ciocca di capelli e me la mise dietro l'orecchio con disinvoltura, fui percorsa da un brivido e mi sentii incredibilmente nervosa mentre lo guardavo con un misto di disagio e incertezza.
-Che volevi dirmi?- domandò con gentilezza, quasi accorgendosi che mi mancava il coraggio per porre quella domanda.
Respirai a fondo: e se poi avesse deciso di non parlarmi più di nuovo? Prefii non pensarci.
-Volevo sapere perchè...?- mi bloccai, forse in quel modo ero troppo diretta. Magari era meglio provare a "smussare" un pò la cosa. -Volevo sapere... tu e Julie... insomma... che è successo questa settimana?-evitai accuratamente di guardarlo in faccia.
Era il massimo di smussatura che potevo raggiungere.
-Non so di che parli.- rispose.
Alzai il viso e lo guardai in faccia, palesemente scioccata, poi mi arrabbiai. <>la mia voce lasciava trapelare tutta la rabbia.
-Non ti abbiamo evitato.-
-A no? Proviamo a chiedere a qualcuno? Sono sicura che chiunque tu prenda, dopo che gli avrai detto come vi siete comportati darà ragione a me sul fatto che mi avete evitato!-
-E perchè lo chiedi solo a me?-
-Non so se ho fatto qualcosa di male a te, ma di sicuro non mi sono comportata male verso Julie, non mi va di perdere un amica per colpa tua!- non era assolutamente vero, ma era il meglio che riuscivo a fare, come riposta forse si allontanava un pò dalla domanda, ma era uguale.
-Ah, quindi di me non ti importa niente.- la sua voce, prima priva di emozioni, ora suonava vagamente irritata.
-Non ho detto questo.- mi affrettai a smentire.
-A me sembra di si.- ribattè.
-Non sono qui per litigare! Io volevo una spiegazione.-
-Non so che dirti Grace.-
-Prova con la verità! -
-Non ti stavamo evitando.-
-Si invece! Chiamami antiquata, ma non mi piace quando le persone a cui tengo mi ignorano! -
-Quindi tu tieni a me...- la sua voce era sinceramente sorpresa.
Oh, cavolo! -Non rivoltare la frittata! Rispondimi!- tentai di restare ferma sulla mia posizione.
Hanry si avvicinò a me senza toccarmi, guardandomi negli occhi per tutto il tempo, non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo, così profondo.
-Quindi...- continuò alzando la mano e sfiorandomi il labbro con un dito. -Ti ha dato fastidio che non abbia parlato con te?-
Aprii le labbra senza però riuscire a proferire parola, sentii le sue dita che ne accarezzarono il contorno, ero certa di essere arrossita.
-Per te sono importante...? Dimmelo Grace.-
Non stavo respirando, non ricordavo come si faceva a respirare. -Hanry...- riuscii a bisibigliare il suo nome con voce impastata.
Mi accarezzò la testa, scostandomi i capelli dal visto, e si avvicinò come per baciarmi.
Bisbigliò -Sei così bella... come la luce dell'alba.-
A quelle parole lo allontanai con una spinta e scappai.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -Remember- ***


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Capitolo 11
-Remember-


Com'era limpido il cielo... lo vedevo così chiaro, tanto che mi chiedevo se fossimo veramente a novembre, solo il freddo pungente smascherava l'illusione della primavera.
Per quanto avevo corso?
"Sei bella come la luce dell'alba"
Quelle parole mi rimbombavano dentro come un eco lontano... ancora e ancora...
Per quanto ancora le avrei sentite nella mia memoria? Cosa ci potevo fare?
Mi coprii il viso con le mani pregando di non piangere. Feci un respiro profondo. Acqua.
Una goccia, poi due. Iniziò a piovere, prima lentamente, poi sempre più forte, sempre più fitta... Una pioggia soffocante. Avrei voluto svanire come un ombra nella foresta. Lentamente tutto divenne buio e io mi assopii. Sotto quella pioggia così intensa che sembrava non lasciare spazio ad altro provai un profondo senso di pace e allora capii che tutto sarebbe stato nuovamente portato via dall'acqua o almeno lo sperai, lo sperai con tutto il cuore.

-Qui! Da questa parte!- disse una voce profonda e roca, una voce che non avevo mai sentito, trasmetteva una sensazione che non avevo mai provato e che nonostante ciò era comunque famigliare.
Quando alzai le palpebre mi trovai davanti a un ragazzo dagli intensi occhi verdi. Non riuscivo a distinguere con chiarezza i lineamenti del suo viso o il suo fisico, non riuscivo a guardare altro che i suoi occhi che somigliavano a uno smeraldo grezzo.
-Ti senti bene?- domandò preoccupato prendendomi in braccio, il suo corpo era caldo, mi abbandonai tra quelle braccia appoggiando la testa alla sua spalla e persi di nuovo conoscenza.

Aprii gli occhi chiedendomi quante tempo fosse passato; una mano fredda stringeva la mia con gentilezza, mentre fissavo il soffitto bianco qualcuno mi allontanò una ciocca di capelli dal viso.
-Ben svegliata.- la voce di Hanry suonava così dolce, talmente tanto da farmi provare un forte senso di colpa per essere fuggita via in quel modo. Mi voltai verso di lui che mi sorrise con dolcezza, mi accarezzava il labbro inferiore con il pollice, lieve come una piuma.
-Posso baciarti, Grace? Posso? O scapperai di nuovo se lo faccio?-
il suo tono di voce era preoccupato, ansioso, insicuro. Non mi aspettavo che esordisse in quel modo, ma la sorpresa passò praticamente subito.
Allungai una mano per accarezzargli una guancia mentre lui si chinava a baciarmi. Quando le nostre labbra si toccarono sentii che tutta la tristezza che avevo dentro si stava sciogliendo con un cubetto di ghiaccio esposto al sole di agosto. Era come se quel bacio fosse stata la cosa più naturale e giusta del mondo, come se riequilibrasse ciò che c'era di sbagliato nella mia vita.
Quando Hanry si allontanò da me mi guardò con dolcezza e poi mi si stese accanto, io gli feci posto spostandomi tra le lenzuola bianche come il latte, poi appoggiai la testa alla sua spalla, sospirando. Chiusi nuovamente gli occhi mentre mi baciava la fronte.
-Dove sono?- domandai incuriosita, quella non era la mia stanza.
-In infermeria. Ti hanno trovata e ti hanno portata qui.- il tono della sua voce era dolce e contrito.
-Sei qui con me da molto?- domandai, ero veramente felice che fosse lì con me, mi faceva sentire bene e mi faceva anche sentire agitata.
Fece un cenno d'assenso. -Non ti ho lasciata un attimo, avevo paura che sparissi di nuovo. E' una tua brutta abitudine.- mi prese in giro.
In effetti era gia la seconda volta che sparivo quando ero con lui, non che lo facessi a posta, semplicemente capitava.
-Scusami...- sussurrai, seriamente dispiaciuta.
Lui scosse la testa -Non devi essere tu a scusarti.- mi disse con dolcezza.
Lo fissai in silenzio aspettando che parlasse.
-Mi dispiace per come mi sono comportato.- iniziò -Se provo a guardarmi con i tuoi occhi mi rendo conto che ogni mio modo di fare sembra insensato, forse avrai pensato che sono pazzo... Forse non è così sbagliato. Non ho mai voluto ferirti Grace , credimi.- la sua voce era piena di dispiacere.
Rimasi in silenzio a pensare, poi mi azzardai a chiedere -Perchè mi hai baciato, quella volta, nell'aula di matematica?-
Lui mi guardò negli occhi con un sorriso di scusa. -Mi dispiace. Io... ero sopreso.-
-Lo avevo notato.- assentii appoggiando la fronte al suo collo, era freddo. -Hai freddo?- domandai preoccupata.
Mi rispose con un sorriso, ma cambiò discorso -Tempo fa, diverso tempo fa, conoscevo una ragazza, ti assomigliava molto Grace. Lei era molto importante per me, avevamo un rapporto speciale... è un pò complicato da spiegare e non amo parlarne. Praticamente sei il suo ritratto. Il colore degli occhi e quello dei capelli sono diversi certo, ma i lineamenti del viso, il tuo fisico, la tua altezza sono identici ai suoi. Ma la somiglianza finisce lì, a parte il fisico sei molto diversa da lei, i vostri caratteri sono agli antipodi.-
Rimasi in silenzio assorbendo la notizia e il suono delle sue parole, era nervoso, preoccupato e enormemente dispiaciuto, lo sentivo nella sua voce.
-Quando ti ho vista quel giorno, in aula, ho pensato di avere di fronte un fantasma e per un attimo ho avuto paura, ho pensato di essere del tutto impazzito, poi ho pensato che finalmente era giunta la mia punizione. Ma era un idiozia. Volevo conoscerti, forse in qualche modo cercavo di espiare... e poi, lo confesso, mi incuriosivi. Poi mi sono accorto di comportarmi da stupido e mi sono allontanato da te perchè mi vergognavo. Ma quando ieri ti ho visto così spaventata non ho potuto fare a meno di fare qualcosa per sostenerti. Allora mi sono accorto che tu, in fin dei conti, mi piacevi esattamente come sei e non perchè mi ricordavi lei.- la sua voce era densa di preoccupazione.
-Quindi mi stai dicendo che tieni a me?- lo presi in giro usando le parole che lui aveva usato con me, volevo cancellare l'espressione afflitta che gli si era dipinta in volto.
Mi sorrise. -Ti sto dicendo che mi piaci molto.- rispose con una punta di imbarazzo. -Scusa se ti ho spaventato, ma te lo giuro, non volevo prenderti in giro quando ieri io ti...- gli posai un dito sulle labbra.
-Non dirlo più.- lo pregai con una punta di angoscia.
-Ti da fastidio?- domandò con preoccupazione.
-Non è colpa tua Hanry.- provai a rassicurarlo. -Se sono stata così male per questa settimana era perchè anche tu mi piaci molto, non riuscivo a capire perchè eri scomparso dalla mia vita così all'improvviso, proprio come eri apparso del resto.-confessai evitando accuratamente di guardarlo in faccia.
Lui mi alzò il volto e mi baciò dolcemente.
-Scusami per essermi comportato male. Sono sono stato pessimo. Avevo le mie ragioni però, te lo giuro. Julie mi ha sostenuto come la solito, nessuno dei due voleva ferirti però. Ti chiedo scusa anche da parte sua.- bisbigliò con dolcezza.
-Ho capito.- assentii con un sorriso, pensando però che c'era dell'altro. Ma non avevo il diritto di fargli troppe domande, nemmeno io gli avevo confessato tutto, non gli avevo detto tutto, non lo avrei mai fatto. -Quanto tempo sono stata via?-domandai cambiando argomento.
-Un giorno più o meno. Eravamo tutti molto preoccupati. Fortunatamente Adrian ti ha ritrovato, anche se eri bagnata fradicia. Non ti ho cambiato io, tranquilla.- disse quando gli tirai un occhiata obliqua.
-Adrian è il ragazzo con gli occhi verdi?- domandai, quando mi aveva presa in braccio avevo provato una strana snsazione.
-Si, Adrian du Loup. E' un mio vecchio amico, andiamo più o meno d'accordo. Lavora come giardiniere, abita qui con i suoi genitori che fanno gli insegnanti, ed è più grande di noi di quattro anni. Strano che tu non l'abbia incontrato...-
-Mi sembra... un tipo particolare...- farfugliai. -Dovrei ringraziarlo.-
-Si, anch'io... Non pensavo che il mio comportamento ti avrebbe fatto arrabbiare così tanto, ti chiedo scusa sinceramente.- non avevo mai visto qualcuno più mortificato.
-Non preoccuparti, non è colpa tua Hanry.- lo rassicurai: era vero, non era colpa sua, almeno non in quell'occasione.
-Non è solo colpa mia, vuoi dire?! Come ti è venuto in mente di startene fuori per un giorno intero sotto una pioggia tanto fitta. Come diavolo ti è venuta in mente l'idea di andare nella foresta?- ora sembrava arrabbiato, era da tanto che nessuno mi faceva più la ramanzina.
-Scusa.- bisbigliai -Il fatto è che... come dire... mi hai preso un pò alla sprovvista.. con quella frase.- provai a spiegarmi, ma non potevo andare oltre, le parole mi morirono in gola, sentii le lacrime salire agli occhi e mi sforzai di ricacciarle indietro.
-Era un complimento, quello che ti ho detto. L'ultima volta che ho controllato era ancora un complimento.- scherzò lui.
Sorrisi e nascosi la faccia nella sua spalla.
-Mio padre lo diceva spesso... a mia madre...- farfugliai con un filo di voce. -Da allora è passato molto tempo.-
Hanry mi strinse a se. -I tuoi genitori naturali... sono morti giusto? E' una voce che circola, anche se io non presto mai molta fede alle voci di corridoio.- la sua voce era un sussurro.
Feci un cenno di assenso con la testa, mentre lui mi accarezzava la schiena rimanendo in silenzio, probabilmente non sapeva bene che dire, preferiva aspettare che fossi io a continuare. Non sapevo se ce la facevo ad andare avanti.
-Io... non amo molto parlarne...- bisbigliai, non ero certa che mi sentisse, avevo un groppo in gola, mi sembrava di non poter parlare.
-Capisco.- mi rassicurò, ma nella sua voce colsi una domanda che non voleva fare, probabilmente per non farmi stare male.
-Io volevo molto bene a mia madre. Ho di lei un ricordo dolce, era bella come un angelo, così splendida, non ho mai capito perchè è successo, non l'ho mai accettato veramente. Quando morì mio padre cambiò in modo quasi radicale, credo fosse perchè aveva perso l'unica persona che aveva amato al mondo. Vivere con lui era un inferno... e pensare a quando eravamo felici mi fa stare ancora più male. Non mi piace ripensare a quei tempi, evito tutto quello che me lo fa ricordare...- mi bloccai perchè la voce mi tremava, senza contare che parlavo così piano che era quasi impossibile che mi sentisse.
-Ho capito.- bisbigliò baciandomi i capelli. -Sta tranquilla. Scusa piccola. Ho capito, non piangere più.- mi strinse ancora più forte.
In quel momento mi accorsi che stavo piangendo, le parole di Hanry però, invece di calmarmi mi fecero piangere di più, eppure nonostante le lacrime mi sentivo tranquilla. Quella sera, quando mi addormentai avevo dentro di me uno strano senso di pace e uno di rassegnazione: ormai avevo capito che mi ero innamorata di Hanry. Mi rendevo conto che c'erano molto cose che Hanry non mi aveva ancora detto, che c'erano cose che forse non avrei mai saputo, ma ero certa che. indipendentemente da ciò quello che provavo era un sentimento che non si poteva fermare.

Al mio risveglio ero sola. Pensai che fosse meglio così, prima di tutto perchè se Hanry fosse rimasto sarebbe stato nei guai e poi perchè dopo tutto quello che era successo il giorno prima non ero sicura che incontrarlo appena sveglia sarebbe stato positivo. Non avrei saputo come affrontarlo, anche se avevo affrontato almeno un pò parte dei miei ricordi che erano così dolorosi... ero stata un illusa a credere di aver superato tutto il dolore e la tristezza.
Anche se una parte di me era indubbiamente felice che Hanry non fosse lì, l'altra ne sentiva la mancanza in modo tanto intenso da essere doloroso.
Mi misi seduta sul letto, l'infermeria sembrava deserta, le pareti erano bianche come i lenzuoli dei letti e le tende che li separavano. Mi voltai verso la finestra e la aprii, l'aria fredda entrò nella stanza e mi svegliò del tutto. Alzando gli occhi al cielo mi accorsi che Caddy stava scendendo verso di me in picchiata con un messaggio: il cristallo blu sulla sua fronte brillava in modo esagerato, aveva uno strano riflesso turchese che non gli avevo mai visto, era diversa dalla luce che aveva la prima volta che era venuto da me. La prima volta il bagliore era blu scuro, come le profondità del mare, ora invece sembrava il colore dell'acqua limpida in una giornata di sole.
Si posò sul davanzale e dalla sua gemma uscì una luce azzurra seguita da una voce, bellissima e cristallina.
-Sto arrivando da te.-

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 -Together- ***


Documento senza titolo xSilvy49: la tua impazienza mi ha fatto venire voglia di darmi una mossa a postare^^! Spero che questo nuovo capitolo ti piaccia come i precedenti e ti ringrazio infinitamente per i complimenti^^!

Capitolo 12
-Together-

Terminai la terza pagina del tema che mi avevano affidato per punizione, poi gettai la penna da una parte e incrociai le braccia sul tavolo, nascondendo la faccia: non ne potevo più!
Avevo appena finito venti esercizi di matematica, una relazione di storia, una traduzione di cinque pagine di italiano e ora mi toccava un tema di letteratura. Mi mancavano ancora chimica e fisica, una relazione di biologia e una di letteratura straniera: NON NE POTEVO PIU'!!!
-Ti sei addormentata?- chiese Hanry accarezzandomi la testa.
-Se così fosse questo non sarebbe un brutto modo di svegliarsi.- risposi voltandomi a sorridergli.
-Non hai ancora finito immagino.- disse sedendosi accanto a me.
-Non dirlo! Non dirlo!- mi lamentai prendendomi la testa tra le mani.
-Scusa.- sorrise divertito accarezzandomi i capelli.
-Se sei realmente dispiaciuto potresti evitare di sorridere.- gli feci notare acida.
Come risposta scoppiò a ridere, io gli tirai un pugno, piano, poi ripresi in mano il tema sospirando: mi mancavano altre tre pagine per concluderlo.
-Dai, sei a buon punto.- provò ad incoraggiarmi.
-Come fa a sembrarti un buon punto? Mi mancano ancora chimica, fisica, biologia e letteratura straniera.-
-Bè, ma questo vuol dire che hai gai fatto matematica, storia e la traduzione per italiano.-proseguì lui.
-Si, ma resta il fatto che mi mancano da fare altre quattro materie.- mi lamentai.
-Se c'è qualcuno che può farcela, quella sei tu.- mi incoraggiò tirando fuori il copione dalla sua borsa.
Gli lanciai un occhiata tutt'altro che gentile. -Hai deciso di torturarmi?-
Sorrise divertito, poi mi accarezzò il viso, mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e trattenendomi il volto per baciarmi: un bacio dolce e veloce, che mi diede un brivido e fece mancare un battito al mio cuore.
-Non te la caverai sempre così...- bisbigliai, ma la mia voce non convinceva nemmeno me.
Lui sorrise come un gatto che osserva un pesce molto divertente e interessante, non mi piaceva l'idea di essere un pesce, specialmente per la fine che di solito fanno quando hanno a che fare con i gatti. Ma stavolta non mi dispiaceva l'idea di venir mangiata e forse era questo il vero problema.
Distolsi lo sguardo riportandolo sul compito e mi rimisi a scrivere controvoglia, finendo il mio tema sul romanticismo mentre Hanry leggeva un libro dopo aver messo da parte il copione, lanciandomi di tanto in tanto uno sguardo, come per accertarsi che fossi ancora lì e che stessi bene. In mezz'ora avevo finito il tema, con quattro pagine in più di quelle richieste e quindi sarebbe andata bene.
Afferrai con poco entusiasmo i compiti di chimica nella mia borsa e me li misi davanti. Hanry si avvicinò.
-Serve una mano?- domandò con gentilezza, forse si era stancato del libro.
-Non rifiuto mai un aiuto!- accettai mentre lui metteva la sedia accanto alla mia, iniziò a spiegarmi delle equazioni chimiche mentre io mi perdevo a guardarlo, non riuscivo a seguirlo troppo a lungo sia perchè ero stanca, sia perchè averlo così vicino mi distraeva non poco.
Verso le cinque di pomeriggio avevo terminato tutta chimica e fisica e mi apprestavo a fare biologia.
-E se ti fermassi e terminasi i compiti sabato? Anche l'infermiera ti ha detto di non sforzarti troppo.- mi fece notare Hanry, con tono preoccupato.
Scrollai le spalle. -Sto bene! E poi sabato abbiamo le prove tutto il giorno: o meglio tu hai le prove, io mi limito ad aiutare a montare le scenografie.-
-Anche tra un ora abbiamo le prove.- mi fece notare lui.
-Mi è stato proibito di svolgere qualunque attività possa essere definita fisicamente stancante almeno fino a sabato. Ho anche dovuto passare il mercoledì a letto e oggi niente educazione fisica.- il mio tono ero vagamente seccato.
-Tanto era noiosa.- mi assicurò lui.
-Almeno ho avuto più tempo per fare questi stupidi compiti.- dissi, felice che mi mancasse solo letteratura straniera e biologia.
-Per letteratura straniera devi fare la scheda di un libro giusto?- domandò.
Feci un cenno d'assenso con la testa di mala voglia, i libri di Georg Orwell non sono proprio il mio genere.
-Allora puoi venire alla prove e leggerti il libro.- propose con un sorriso.
Impossibile resistergli -Mi sembra una buona idea.- acconsentii con un sorriso prima di tirare fuori con poca voglia il libro di biologia. Sarebbe stato meglio usarne un altro per scrivere la relazione ma non avevo voglia nè di cercarlo ne di leggerlo.
Hanry mi attirò a se e mi abbracciò. -Dai rimettitici dopo.- bisbigliò tra i miei capelli. -Altrimenti finirai per sentirti male.-
Sprofondai nel suo abbraccio senza dire una parola, non avevo davvero voglia di fare biologia in quel momento. Hanry mi accarezzava la schiena in silenzio, quando una mano mi sfiorò il collo mi accorsi che era fredda, Hanry era quasi sempre freddo, non so bene come fosse possibile.
-Hai freddo?- chiesi alzando la testa.
Lui sorrise in modo enigmatico, poi il suo sguardo si fece triste e pensieroso.
-Va tutto bene?- domandai scostandomi da lui -Ti senti male?-
Lui si abbassò e appoggiò la fronte alla mia, il suo volto era freddo come le mani: come era possibile? Chiuse gli occhi e sussurrò: -No, sto bene... sto bene, non preoccuparti per me.-
La sua voce dolce limpida e profonda, come se celasse un segreto, gli sfiorai le labbra con le mie in un bacio lievissimo, poi mi misi a sedere sulle sue ginocchia e lo abbracciai forte, mentre ricambiava il mio abbraccio pensai che c'era una cosa che dovevo dirgli, ma che non avrei ami avuto il coraggio di farlo, non in un futuro prossimo e di certo non in quel momento. Ma la verità è che probabilmente non sarei mai riuscita a dirgli niente, perchè non sarei rimasta in quel luogo a lungo.
-Interrompo qualcosa?- domandò una voce.
Sciolsi l'abbraccio e mi voltai a guardare che fosse stato a parlare, una ragazza bellissima e binda, non il tipo di ragazza che vuoi incontrare quando sei con il tuo ragazzo perchè inevitabilmente sai che se ti mette a confronto con lei sei finita.
-Ciao Isabelle.- salutò Hanry, feci per alzarmi, ma lui mi trattenne stringendomi a se con gentilezza.
Non protestai, ne ero felice anche perchè il fatto che lui frequentasse tanto assiduamente Isabelle mi rendeva un pò ansiosa. Non avevamo ancora con certezza definito la nostra relazione, non sapevo bene cosa aspettarmi da lui, ma non mi piaceva che stesse troppo con le altre ragazze, sopratutto se si trattava di ragazze come Isabelle. Che fossi gelosa?
Era strano, non ero mai stata innamorata e quindi non ero mai stata gelosa... non era una bella sensazione. Fino ad allora la causa di qualunque malessere ero stata io, un "sano masochismo" come direbbe Grace di Joan of Arcadia, invece ora... E la cosa strana è che non mi dispiaceva affatto! Perchè tutte le volte che sembravo accennare anche solo minimamente a essere impensierita o preoccupata Hanry mi ricopriva di attenzioni, a volte sembrava anche anticipare i miei stati d'animo, come in quel momento. Eppure la sua stretta più che trasmettere amore o possessività, sembrava essere difensiva, come se ci fosse un pericolo da cui volesse difendermi.
-Non mi sembra l'atteggiamento giusto da tenere in pubblico.- ci fece notare lei.
Degno della presidentessa dell'associazione studentessa pensai, ma c'era dell'altro; ormai avevo imparato che con Isabelle c'era sempre dell'altro, lo avevo capito fin dal nostro primo incontro. Ma era amica di Hanry, lui me ne aveva parlato un pò il giorno prima, quindi io dovevo cercare di andarci d'accordo anche se non le piacevo molto.
-Non sembra disturbare nessuno tranne te.- ribatté Hanry. Rimasi un pò sorpresa ma non mi mossi, stavo bene in braccio a lui, anche se il fatto che qualcuno ci stesse guardando mi metteva un pò in imbarazzo.
Isabelle sospirò seccata. -Ti devo parlare in privato.- sottolineò la parola "in privato" in modo tutt'altro che incoraggiante. Improvvisamente non volevo più, per nessuna ragione al mondo, scendere dalle sue ginocchia. Non volevo andarmene, avevo paura di quello che gli avrebbe detto.
-Non c'è altro da dire, abbiamo gia detto tutto quello che potevo dire l'altro giorno!- tagliò corto lui, sembrava arrabbiato. Alzai la faccia per guardarlo, ma il suo volto impassibile sembrava non voler rivelare niente.
-Io non sono d'accordo. E' una pessima idea!- ribatté prontamente lei.
-Ormai è stato deciso: le cose stanno così, fattene una ragione.- la sua voce stava diventando canzonatoria.
Cercai di nascondere un sorriso voltandomi verso Hanry e nascondendo la faccia nel suo petto, in quel momento mi accorsi che aveva un odore particolare,non era cattivo, ma non riuscivo ad identificarlo. Però mi faceva venire in mente una notte d'inverno, con il cielo limpido e senza nuvole, e l'aria fredda e frizzante, il colore blu scuro della notte. Non avevo mai sentito un odore simile, anche se non avevo mai prestato particolare attenzione agli odori, ero più incline a capire le voci.
-Tutta la faccenda è ridicola! Non puoi fare così! E' troppo pericoloso.- il tono di Isabelle era preoccupato, ansioso.
Per un attimo mi preoccupai, poi decisi di arrischiarmi a chiedere, spinta anche dalla curiosità: -Che cosa stai facendo di pericoloso?-
Hanry mi guardò, il suo sguardo vacillò e rimase in silenzio, mi voltai verso Isabelle che sembrava congelata, come se si fosse accorta che aveva appena pugnalato in qualcuno.
-Niente.- bisbigliò Hanry, le sue labbra mi sfiorarono la fronte -Non preoccuparti, Isabelle è semplicemente una pessimista e un allarmista, se la conoscessi lo sapresti. Ma in effetti è meglio che tu non la conosca.- scherzò lui.
-Hanry!- lo riprese Isabelle, sembrava in imbarazzo ora, mi si ricompose subito. -Non è una faccenda su cui scherzare! Non mi piace questa situazione nè il tuo modo di comportarti! E' chiaro che non stai agendo in modo anche solo vagamente consapevole di ciò che potrebbe accadere in futuro. Ci sono cose con cui non dovresti scherzare.- il tono di Isabelle era deciso, preoccupato e fremo. Era un avvertimento sincero, si trattava di qualcosa di molto serio... ma di cosa? Che cosa stava facendo di pericoloso o di rischioso? Di che si trattava? Con cosa stava scherzando?
Allo sguardo inquisitorio che gli lanciai Hanry rispose con indifferenza, alzando gli occhi al cielo e fingendosi esasperato.
-Sembri mia madre Isabelle!- lo dissi con tono petulante, avrei voluto avere un orecchio peggiore così da non accorgermi di quanto forzato fosse quel tono petulante. Credo fosse perchè ero una sirena che riuscivo ad accorgermi di ogni forzatura o inflessione della voce, il che era utile per la maggior parte delle volte ma pessimo in queste occasioni: avrei preferito non rendermi conto che stava mentendo.
-Potrei esserlo!- e così dicendo si voltò e se ne andò, sembrava parecchio arrabbiata. Aspettai di vederla uscire dalla biblioteca prima di decidermi a dire qualcosa, non so perché ma pensavo che prima non fosse una buona idea.
-Hanry che sta succedendo?- era la prima volta che sentivo che non controllavo il mio tono di voce e anche la prima volta che lo sentivo così allarmato.
-Niente, te l'ho detto: Isabelle esagera!- rimarcò lui e nelle sue parole sentivo la sincerità e una punta di mistero, qualcosa che non voleva dirmi, qualcosa di importante però, lo sapevo, lo sentivo.
-Non è solo questo vero?- lo sguardo inquisitorio -Non mi stai dicendo la verità, non tutta!-
Sospirò, poi guardò l'orologio. -Dobbiamo decisamente andare alle prove.- cambiò discorso lui. -E' davvero tardi!-
-Hanry!- lo rimproverai io, era difficile farlo stando seduta tra le sue ginocchia, così vicina a lui, se lo guardavo negli occhi mi sentivo davvero a disagio.
-Dobbiamo andare e se non ti decidi al alzarti, ti porto nel teatro in braccio.- minacciò con un sorriso monello.
-Non tentare di rivoltare la frittata!- dissi con irritazione.
Lui alzò di nuovo gli occhi al cielo poi si alzò dalla sedia prendendomi in braccio senza fare una piega, come se fossi leggera come una piuma. Si chinò, stando attento a non farmi cadere, per prendere il mio zaino e i libri. Io lo fissavo sbalordita, tentando di farmi venire in mente qualcosa, ma alla fine riuscii solo a farfugliare uno sconnesso -Me... mettimi... mettimi giu. Giu!-
Rise piano. -Non stai comoda?- domandò uscendo dalla biblioteca con un ghigno divertito.
-Io... fammi scendere... ti prego fammi scendere!- farfugliai coprendomi il volto con le mani, mentre con assoluta indifferenza lui percorreva il corridoio che portava alle scale del piano terra.
-Ma non siamo ancora arrivati.- mi prese in giro lui, con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro.
-Perchè devi sempre fare così? Anche con la recita... sai quanto mi terrorizzava l'idea di salire sul palco.-
-Quel personaggio era l'unico che non aveva nessuna battuta e che appariva al massimo per un paio di scene, solo all'ultimo canta. Era per aiutarti, anche se ammetto che mi piaceva vederti così... così fragile e indifesa eri un amore, tanto che... avrei voluto stringerti a me senza lasciarti mai andare.- sussurrò nel mio orecchio con voce dolce.
Fui percorsa da un brivido che mi attraversò da capo a piedi, mi sforzai di continuare a respirare. Non riuscivo a pensare a nessuna frase adatta per rispondergli, anzi dubito fortemente che sarei perfino riuscita ad articolare delle parole, figuriamoci un'intera frase.
-E' imbarazzante! Non pensi a chi incontriamo sulla strada?- ero incredibilmente imbarazzata e per una volta avevo la certezza di essere rossa come un peperone... una cosa piuttosto rara, specialmente per una sirena.
-Non ti preoccupare, saprò evitare di andargli addosso.-continuò a scherzare lui con tranquillità e indifferenza.
-Ne sono convinta.- sussurrai con la faccia nascosta. -Ma ho una convinzione ancora più grande.-
Lo sentii sorridere. -E sarebbe?-
-Sono più che certa di poter camminare con le mie gambe.- dissi allontanando le mani dal viso e guardandolo in tralice.
Lui sorrise, stavolta in modo più dolce che divertito. -A me non da fastidio portarti in braccio.- il suo tono era come il miele.
-Ma... io preferirei evitare di dare spettacolo.- pregai con imbarazzo.
Sospirò. -Va bene.- acconsentì, a malincuore o almeno così mi sembrò.
Mi posò delicatamente a terra e, senza rendermi i libri che aveva portato fino a quel momento Dio solo sa come, mi prese per mano.
-Questo è il mio massimo.- bisbigliò avvicinando le labbra al mio orecchio.
Arrossi, ma sorrisi; mentre mano nella mano ci dirigevamo in teatro pensai che presto, in occasione della recita, sarebbero arrivate loro a trovarmi e che avrebbero conosciuto Hanry. Come si sarebbero comportate? Cosa avrebbero fatto? Forse era inutile preoccuparsene in quel momento, ma non potevo fare a meno di pensarci e di preoccuparmi.
-A cosa pensi?- domandò Hanry, forse accorgendosi che c'era qualcosa che non andava.
-A niente... solo...- come potevo spiegarmi? Come avrei dovuto presentare la cosa?
-Solo?- domandò un pò preoccupato, mentre attraversavamo lo spiazzo aperto tra il teatro e il palazzo con le aule. L'aria all'esterno era fresca, un pò troppo per marzo, ma non mi importava perché la mano di Hanry nella mia trasmetteva calore, benché fosse più fredda del leggero vento che ci accarezzava il corpo.
-Solo... verranno dei miei... parenti.- se così vogliamo dire....
-Per assistere allo spettacolo?- chiese incuriosito. -Ma non prenderai parte.- aggiunse sovrappensiero, arrivammo davanti alla porta del teatro e lui l'aprì con eleganza, poi mi fece spazio per farmi passare. -Ma come mai hai così tanta paura di salire sul palco?- domandò sempre più curioso.
Entrai passandogli davanti, per farlo dovetti lasciargli la mano e la cosa mi dispiacque più del dovuto. -Ecco... come dire. Non mi piace avere gli occhi addosso, non sopporto stare al centro dell'attenzione, mi innervosisce. Poi sul palco mi blocco, odio esibirmi in qualunque cosa e contesto! Non sopporto l'idea di essere valutata o continuamente osservata, mi innervosisce l'idea di salire su un palco anche solo per dire che inizieremo più tardi!- senza accorge mene avevo alzato la voce più del dovuto e mi ero fermata poco dopo la porta.
Lui arrivò le mie spalle e mi prese di nuovo la mano, mentre la stringeva con il pollice mi accarezzava la pelle con movimenti lenti. -Non è il caso di farsi prendere così tanto dal panico, mica ti mangiano.- disse avvicinando le labbra al mio orecchio -Anche se secondo me avresti un buon sapore.- aggiunse a bassa voce, baciandomi poi il lobo dell'orecchio, mi trascinò indietro e ci addossammo a una parete nascondendoci nell'ombra.
Rabbrividii per un istante, poi risposi tentando di avere un tono fermo. -Non ho detto che è razionale...- la mia voce si spense perchè aveva iniziato a baciarmi lungo il collo. -Hanry!-
-Non c'è ancora nessuno.- bisbigliò mentre le sue labbra risalivano dalla mia clavicola al mio orecchio.
-Non è comunque il caso.-nella mia voce non c'era un filo di convinzione. Sorrise mentre dall'altra parte della stanza, dall'altra entrata, giunsero un paio di persone. Hanry si allontanò fissandomi negli occhi con un mix di dolcezza e desiderio, i suoi occhi blu metallo sembravano ardere. Mi sorpresi di nuovo del cambio di sfumatura del colore delle sue pupille, a volte erano di un azzurro chiaro come il cielo a volte di uno scuro, simile al blu e quel giorno erano blu, di una sfumatura simile ai miei.
-Un peccato che in giro ci siano certi rompiscatole assurdamente fissati con l'arrivare in orario.- borbottò vagamente irritato, nonostante l'atteggiamento il suo modo di muoversi rimaneva elegante, come quello di un felino.
-Disse il ragazzo che mi ha preso in braccio per non arrivare tardi.-lo presi in giro allontanandomi e entrando nella luce della lampada. Lui mi afferrò il polso bloccandomi e si avvicinò fino a sfiorarmi quasi, mentre io rimanevo immobile lo sentii bisbigliare.-Non era per quello.-
Poi mi passò accanto ed andò con tranquillità verso il palco, lo inseguii dopo essermi ripresa. -Era per distrarmi?- lo pensavo razionalmente.
Hanry si voltò verso di me e prima che me ne rendessi conto si chinò a baciarmi. Mi persi in quel bacio, come in tutti i suoi baci, ma quando si allontanò arrossii violentemente perchè mi aveva baciato davanti a tutti. Si allontanò quel tanto che bastava per sussurrarmi , con le labbra che ancora sfioravano le mie -Non era solo per quello.- la sua voce era di miele.
Non dissi niente, limitandomi a fissarlo in imbarazzo mentre lui si sbrigava ad allontanarsi da me, sembrava quasi che qualcosa lo infastidisse.
Mi avvicinai a lui per prendergli la mano ma lui si allontanò da me per salire sul palco, mi chiesi perchè, pensai che forse lo avevo irritato in qualche modo, magari gli dava fastidio il fatto che non mi piacessero le effusioni in pubblico...
Mentre pensavo questo lui era salito sul palco e si era voltato a guardarmi, fissandomi negli occhi mi sorrise in modo misterioso, poi fece un inchino e mi buttò un bacio. Avrei voluto che scendesse a baciarmi, lo ammetto, anche davanti a tutti, anche se mi imbarazzava, ma mi accontentai visto che la co-protagonista era sul palco con il copione in mano e l'aria seccata.
-Se ha smesso di flirtare con la sua ragazza possiamo iniziare le prove signor Ororo.- fece la professoressa con tono fintamente severo.
Quando erano arrivati tutti? Non me ne ero accorta. A quanto pare mi bastava che fossimo insieme per far perdere d'importanza a tutto il resto del mondo. Speravo che anche per lui fosse lo stesso, perchè l'idea di provare un sentimento tanto forte mi spaventava un pò, specialmente l'idea di non sapere con certezza se quello che provavo era totalmente ricambiato. Alla fine delle prove, durante le quali non riuscii assolutamente a leggere il libro perchè ero troppo presa dalla recitazione di Hanry, lui mi accompagnò a cena e poi mi riaccompagnò fino al dormitorio, senza entrare ovviamente.
Era stata una bella giornata.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 -Girlfriend- ***


Documento senza titolo

Mi pareva di averlo gia messo, comunque:

Capitolo 13
-Girlfriend-

La settimana andava avanti in modo caotico, ma non ero mai stata così felice, le mie giornate si dividevano tra il tempo che trascorrevo con Hanry, le lezioni e le ore di studio, in questo ordine preciso. Anche con Julie le cose andavano meglio, parlavamo di più e mi aveva obbligato a iniziare a leggere alcuni manga: Fruits Backet, Clover e Mars. Devo dire che mi piacevano abbastanza.
Mancava una sola settimana alla recita e la cosa non mi piaceva nemmeno un pò, anche perchè il musicista aveva detto che usare una canzone famosa non gli piaceva e ne aveva scritta un altra: ora a me toccava impararla a memoria e saperla cantare. Le scenografie erano quasi pronte, dipingere la luna non era stato molto difficile, il problema erano le pareti e le finestre.
Mentre finivo il disegno della finestra dal quale si vedeva la luna sentii qualcuno poggiare a terra qualcosa, probabilmente un'altra anta della scenografia da dipingere, mentre finivo di dipingere un finto stipite della finestra stando attenta a fare l'ombra, quando qualcuno mi mise una mano sulla spalla per attirare la mia attenzione. Mi voltai con il pennello di vernice alzato e rimasi un pò sorpresa: mi trovai davanti a un ragazzo molto attraente, muscoloso, con una maglietta bianca aderente che sottolineava i muscoli del petto ampio, era alto una ventina di centimetri più di me. Aveva i capelli corti e castani, tutti spettinati, che incorniciavano il bel visto ovale, dai lineamenti morbidi, solo lievemente squadrati, e gli occhi dalle ciglia lunghe... occhi verdi come smeraldi grezzi... che fosse...?
-Come stai?- domandò con voce roca e profonda, era molto bella, calda. Quel ragazzo non aveva più di vent'anni.
-Lei è...la persona che mi ha salvato?- chiesi sorpresa.
Lui sorrise, il suo sorriso aveva un che di caldo e di rassicurante, era la prima votla che qualcuno mi appariva così.
-Gia. Sembri stare meglio.- constatò con gentilezza scompigliandomi i capelli con fare affettuoso, era piuttosto amichevole.
-Si, mi spiace per l'altra volta.- mi scusai. -Le chiedo scusa per il disturbo che le ho arrecato quel giorno.-
Lui inclinò la testa di lato e mi guardò come valutandomi, poi dopo alcuni istanti scrollò le spalle. -Non hai disturbato nessuno ragazzina, eravamo solo preoccupati per te.- disse poi mi accarezzo la testa con gentilezza. -Nonostante il tuo comportamento irresponsabile sei una brava ragazza.- concluse sorridendo.
Sorrisi di rimando un pò imbarazzata, poi gli porsi la mano libera.
-Io sono Grace Brine.- mi presentai porgendogli la mano, lui la strinse con un sorriso.
-Io sono Adrian du Loup, è bello sapere il tuo nome finalmente. Lascia perdere il lei e dammi del tu, chiamami Adrian , anch'io ti chiamerò Grace.- scherzò stringendomi la mano.
-Adrian, grazie per avermi trovato nella foresta.- assentii con un sorriso.
-Figurati, è stato un piacere.- rispose sorridendo a sua volta, poi appoggiò il gomito alla mia testa -Devo dire che sei piuttosto bassa, un ottimo poggiagomito!-
-Non sono un mobile!- protestai vagamente divertita.
-Hey! Mi stai colorando le scarpe!- fece facendo un salto indietro.
In effetti la vernice gli era gocciolata sulle nike bianche.
-E' la punizione per avermi usato come un mobile.- scherzai facendo un passo indietro e chinandomi a posare il pennello.
-E dovevano pagare le mie scarpe nuove per questo? Prenditela con qualcuno della tua taglia!-
-Volevi che ti colorassi il viso?- domandai alzandomi in piedi.
-Non ci saresti riuscita.- continuò a prendermi in giro.
-Vogliamo provare?- minacciai tirando un occhiata al secchio di vernice con il pennello. Non avevo mai fatto amicizia così in fretta, quel tipo era davvero unico, aveva qualcosa che mi metteva a mio agio.
Lui sorrise. -Attenta, io sono più forte e più veloce di te, non ti conviene sfidarmi.- mi avvertì.
Per tutta risposta presi il pennello, ma quando mi alzai di scatto lui mi afferrò i polsi.
-Come la mettiamo ora?- domandò con un sorriso molto divertito.
In risposta gli feci la linguaccia.
-Vedo che vi state divertendo!- la voce fredda -perdon, gelida- che veniva dalle mie spalle ci bloccò entrambi, mi voltai per incontrare lo sguardo molto seccato di Hanry che ci fissava. -Adrian tua sorella ti cercava!-
Adrian mi scompigliò di nuovo i capelli e mi disse -Scusa scriccolo! Ci vediamo.-
Lo guardai allontanarsi con passo elegante mentre salutava Hanry, che mi affiancava, con un cenno della mano.
-A quanto pare avete fatto amicizia.- commentò con freddezza quando Adrian se ne fu andato.
Lo fissai con sorpresa. -Più o meno. Perchè sei arrabbiato?- chiesi cautamente scrutandolo in volto.
Si voltò a fissarmi negli occhi. -Non sono arrabbiato.- era di ghiaccio.
-Che c'è che non va?- domandai ancora, sempre preoccupata. -Adrian...- iniziai, ma non riuscii a finire la frase.
Hanry mi attirò a se e mi baciò in modo impaziente, impetuoso, quasi violento. Il pennello mi cadde di mano ma non ci feci nemmeno caso, in quel momento la mia mente era altrove e il mio cuore aveva iniziato a battere a mille, confuso e felice al tempo stesso. Quando si allontanò mi fissò negli occhi con intensità, provai a dire qualcosa ma non riuscii a fare altro che aprire bocca per poi richiuderla senza che vi uscisse alcun suono. Hanry sorrise compiaciuto.
Mi abbandonai contro di lui, nascondendo il volto, certa di essere arrossita, anche perché non eravamo esattamente soli sul palco.
Sentii le sue braccia circondarmi e stringermi, e il suo respiro tra i miei capelli, lentamente avvertii che si stava calmando.
-Hanry, c'è qualcosa che non va?- mi azzardai di nuovo a chiedere.
Lo sentii sbuffare. -Niente.- il tono ancora seccato.
Tentai di allontanarmi ma lui non mi lasciò andare. -Non e niente- ripeté. -che tu e Adrian siate diventati amici.. - continuò con voce alterata, non riuscivo a capire con chiarezza quello che provava.
-Si. In fin dei conti è lui che mi ha trovato... è un tipo simpatico.- assentii con un pò di sorpresa.
-Ah, davvero?- la rabbia era tornata.
-Non ti piace Adrian? Credevo fosse un tuo amico...- farfugliai confusa.
Hanry non rispose e io lo spinsi per allontanarlo, stavolta lui mi lasciò andare, quando lo fissai negli occhi la rabbia e l'irritazione che ci leggevano mi sorpresero.
-Dimmi cosa ti da fastidio!- insistetti, in tono fermo. -Anche perché se non me lo dici non posso fare niente.-
-Te lo ho già detto, non è niente.- ripeté seccato.
Mi sentii un po’ delusa, che non si fidasse di me? In effetti stavamo insieme da poco ed anche se non eravamo ancora molto uniti, direi che comunque eravamo molto vicini.
Penso che la delusione mi si leggesse in faccia perché Hanry avvicinò il suo volto al mio finché le nostre fronti di sfiorarono e i nostri sguardi si incrociarono: mi sentii sprofondare in un mare azzurro, cristallino, ma era solo la superficie...
-Scusa, non è un segreto per farti star male. Non fare quella faccia dai!- bisbigliò con dolcezza.
Sorrisi, un po’ più confortata, e mi misi in punta di piedi per baciarlo, le sue labbra avevano un sapore unico, avrei voluto baciarlo per ore. Ovviamente non lo facevo perché, lo ammetto, non ero molto audace su quel versante. Quando mi allontanai lo guardai negli occhi e lui mi sorrise, poi prese il mio volto tra le mani e mi baciò di nuovo e quando ci separammo di nuovo lui continuò a tenere il mio volto tra le mani e mi fisso con intensità negli occhi, poi sospirò.
-Mi arrendo! Ma giuro che se mi prendi in giro per questo mi arrabbierò tantissimo!- avvertì con tono freddo.
Sorrisi e feci un cenno d’assenso, felice che finalmente si confidasse con me.
-Tu sei la mia ragazza e mi da fastidio che voi due … ecco che … facciate così …- tentò di spiegarmi con molti tentennamenti.
Ci pensai un attimo, poi sorrisi. -Sei geloso?- chiesi un po’ sorpresa, mi sembrava strano che questo ragazzo così bello fosse geloso di me.-Davvero?-
-Non ridere!- mi ordinò con imbarazzo.
Scossi la testa. -Non rido, mi limito a sorridere. Sono felice che tu sia geloso, anche se non ne hai davvero nessuna ragione. Sono la tua ragazza, no?- risposi con un sorriso felice e imbarazzato.
Lui rispose al sorriso e si chinò a baciarmi velocemente.
-Ororo, dobbiamo provare!- disse una voce petulante alle mie spalle, la sua co-protagonista, una ragazza avvenente, dai lunghi capelli biondi ossigenati. Era carina, ma non bella, non era come Isabelle che sembrava una super modella, e soprattutto lei al contrario di Isabelle gli faceva gli occhi dolci.
Afferrai il polso di Hanry, non mi andava di lasciarlo andare, lui si chinò fino a sfiorarmi l’orecchio con le labbra -Ora chi è geloso di chi?- sussurrò con voce dolce.
Arrossii e distolsi lo sguardo puntandolo sul pavimento, lo sentii ridacchiare ma non provò ad allontanarsi da me perché gli tenevo ancora il polso.
-Dammi un momento Ginger.- disse Hanry ad alta voce -Vorrei salutare come si deve la mia ragazza.- e così dicendo mi alzò di peso, io appoggiai i gomiti alle sue spalle mentre lui mi baciava le labbra ripetutamente, poi mi fissò negli occhi sorridendo. -Dopo pranziamo insieme?- chiese posandomi a terra.
Feci un cenno d’assenso con la testa, nel pomeriggio avevo biologia e chimica e fortunatamente almeno biologia l’avevamo insieme. In effetti io e Hanry avevamo varie lezioni insieme oltre a matematica, biologia e letteratura: c’erano anche fisica e letteratura straniera. Mi piaceva stare con lui a lezione, ora che stavamo insieme si sedeva sempre accanto a me e durante fisica mi bisbigliava le spiegazioni di quello che non capivo, era molto utile. Il problema è che sentirlo bisbigliare nel mio orecchio mi dava i brividi e mi distoglieva del tutto dalla lezione, così che lui doveva ripetere tutto quando studiavamo, ma non sembrava arrabbiato anzi la cosa la divertiva.
C’era qualcosa in Hanry che non riuscivo a capire o a spiegare, era qualcosa che lo rendeva diverso dal resto delle persone che avevo incontrato, ma visto che si trattava di un qualcosa di indefinito era difficile spiegarmelo.
Scossi la testa e tornai al mio lavoro, anche se non ne avevo molta voglia. Jessy, il musicista che aveva riscritto la canzone si avvicinò molto seccato. Era alto venti centimetri buoni più di me, ma era mingherlino quindi non faceva molta scena. Aveva i capelli castana e gli occhi nocciola, portava gli occhiale e aveva le dita lunghe, adatte a un pianista.
-Grace dobbiamo provare!- mi chiamò un po’ seccato.
Io mi ero sempre rifiutata di provare davanti agli altri e quindi fino a quel momento non avevo mai cantato la canzone.
-Ti ho detto che davanti a tutti io non provo!- ribadii per l’ennesima volta. Era una schermaglia che andava avanti da ormai quattro giorni.
-Infatti proviamo nell’aula di musica, così finalmente ti deciderai a cantare. Seline ci sta già aspettando.- replicò con le mani serrate a pugno, appoggiate sui fianchi e lo sguardo esasperato. -Allora, andiamo?! Farai meglio a essere intonata! Con tutte le storie che hai fatto!-
Sbuffai esasperata, poi buttai il pennello nella vernice e lo seguii, sebbene l’idea di farmi vedere in giro con una salopette di jeans e una maglietta rosa non mi piacesse molto, in fin dei conti avevo un immagine da mantenere. Non era una grande immagine, certo, e non me ne era mai importato molto, ma ora stavo con Hanry e anche se lui sembrava totalmente indifferente a qualunque vestito io indossassi ci tenevo a fare bella figura, anche perché lui la faceva sempre.
Entrammo a scuola e andammo nell’aula di musica al piano terra dove ci aspettava Seline. Quando entrammo lei stava suonando il pianoforte, una melodia che non conoscevo, dolce e antica, mi faceva venire in mente una notte di luna piena, non alzò gli occhi nemmeno per un istante. L’aula di musica aveva una finestra che dava ad ovest e la luce illuminava tutta la stanza, con banchi e sedie, accanto alla cattedra c’era il pianoforte. Quando la melodia finì Seline si alzò in piedi e io la osservai attentamente: era alta non più di un metro e sessanta, aveva i capelli neri e lisci, che gli scendevano fino a poco sotto le spalle per incorniciargli il viso ovale e bellissimo, aveva gli occhi neri dalla forma allungata, a mandorla, in giro si vociferava che fosse per metà giapponese, ma aveva la pelle rosata tipica delle occidentali. Era molto amica di Julie, o per meglio dire Julie la sfruttava per farsi tradurre i fumetti in giapponese che ordinava su internet . Conosceva tante lingue quante ne conoscevo io, il che era tutto dire. Era anche molto amica di Hanry, anche se lui non me l’aveva mai presentata, in effetti non mi aveva mai presentato i suoi amici.
-Iniziamo?- domandò alzandosi dalla sedia di fronte al pianoforte. La sua voce cristallina era splendida, mi ricordava un pezzo di ghiaccio trasparente e freddo, imponente e molto bello.
-Si, bene …- balbettò Jessy sedendosi, sembrava quasi incantato.
Lo capivo, incantava anche me. Aveva qualcosa di strano, quasi esotico, qualcosa che non riuscivo a capire con chiarezza, un po’ come la sensazione indefinita che mi trasmetteva Hanry, solo … diversa.
Seline si accostò a me e mi sorrise, i suoi occhi brillavano mentre mi squadravano attenti, come valutandomi, ma dalla sua espressione non avrei saputo dire a cosa pensasse.
-Piacere, io sono Seline Favre.- si presentò con un cenno del capo simile a un inchino.
Accennai un sorriso. -Piacere. Io sono …-
-Grace. La ragazza di Hanry. Parla spesso di te. Hanry intendo, e anche Julie. Anche se lei parla di te solo quando non parla di fumetti o di libri.- raccontò con un sorriso amichevole e gentile.
Il mio sorriso si allargò: Hanry parlava di me. Non me lo aspettavo, non pensavo che parlasse di me con i suoi amici, anche perché io non ci avevo mai parlato con loro. E in effetti non avevo mai parlato di lui con Chantal o Violette, questo perché a Chantal era diventato difficile parlare visto che si era praticamente buttata nello studio e sulle attività extra scolastiche, a volte Chris mi faceva un po’ pena perché anche se si vedeva che aveva un debole per lei, lei sembrava totalmente indifferente. Mentre con Violette era impossibile parlare di qualunque cosa che non riguardasse lei, poi non sopportava Hanry perché l’aveva respinta; un comportamento un po’ esagerato quello di Violette secondo me, visto che già le correvano dietro una decina di ragazzi e che per Hanry non aveva versato che qualche lacrima.
Hanry. Il mio ragazzo. Suonava così strano. Così … elettrizzante, eccitante, entusiasmante … così spaventoso a volte. Non mi ero mai innamorata, non avevo mai incontrato qualcuno da amare, forse non ne avevo mai nemmeno avuto il tempo. Non ne capivo molto, il più delle volte provavo un emozione così incredibile da sorprendermi, ma una cosa mi era chiara: era qualcosa più grande di me, un sentimento più grande di chiunque … di qualunque cosa. Abbastanza da spaventarmi insomma, abbastanza da farmi arretrare di qualche passo qualche volta. Mi sembrava così impossibile, eppure ora avevo Hanry accanto a me; non so perché ma avevo la certezza che se avessi allungato la mano sarei sempre riuscita ad afferrare la sua. Era una sensazione naturale e semplice eppure mi appariva come qualcosa di unico, come un sogno. Speravo non arrivasse nessuna alba a destarmi da questa visione.
-Grace, tocca a te.- mi disse Jessy attirando la mia attenzione, il tono un po’ sognante, in effetti Seline aveva appena smesso di cantare, anche se io non l’avevo ascoltata.
Presi lo spartito della canzone e iniziai a cantare seguendo la melodia e stringendo nel cuore quel sentimento così intenso.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 -e fuori è buio- ***


Documento senza titolo

Alior... eccovi qui il mio regaluccio di natale, spero faccia piacere ai più... Volevo postarlo il 25, ma poi ho pensato che tra il pranzo con i parenti e la serata al cinema con un'amica, avrei avuto solo il pomeriggio, che però avrei impiegato in altro modo. Quindi, per farla breve, ecco a voi il nuovo capitolo. Un bacione grande grande a tutte e auguri di Buon Natale e felice anno nuovo.
Sono molto felice di questo capitolo perchè è il primo titolo in italiano che uso, anche se non ha esattamente molto a che fare con il capitolo, è tutto ciò che mi è venuto in mente.

Capitolo 14
-E fuori è buio-

 

<< Grace vuoi darti una mossa? >> si lamentò Violette.
Ci mettevo un secolo a fare la doccia perché non potevo farla per intero: dovevo tornarmene a palazzo! Era una seccatura bella e buona!
<< Ho fatto! Ho fatto! >> dissi uscendo dalla doccia e tirandole un occhiataccia.
Sospirai un po’ seccata buttandomi sul letto con i capelli bagnati, una camiciola e un paio di pantaloni da ginnastica. Presi in mano una rosa rossa posata sul copriletto bianco del mio materasso e mi guardai intorno con una faccia a punto interrogativo.
Julie sorrise. << Te lo manda Henry. Romantico no? >>
<< Si, molto.  Sei stata tu il corriere? >>domandai con un sorriso.
<< Si. >> ammise con uno strano sorriso. << In realtà dovevo portarti anche qualcos’altro, ma mi sono rifiutata. Gli ha detto che era meglio se te lo dava di persona. >>
La fissai con interesse e la faccia a punto interrogativo, ma lei non rispose e mi rivolse solo un sorriso enigmatico.
<< Cosa? Devo proprio chiedertelo. >>
Lei si chinò e ricominciò a leggere il suo manga, mi alzai e mi buttai sul suo letto, togliendole il fumetto dalle mani.
<< O parli o non lo rivedi! >>minacciai.
Lei mi fissò un attimo attonita. << Non lo foresti mai! >>nella sua voce una nota di speranza.
Alzai un sopracciglio con aria cattiva, lei mi si buttò addosso, protendendo le mani per afferrare il volumetto che stringevo oltre la sua portata. Il corpo di Julie era gelato e mi fece sobbalzare un attimo, ma non accennai a cedere.
<< Oh andiamo! Ridammelo! >> si lamentò Julie cercando di sporgersi per riafferrarlo. Feci cadere il volumetto sul pavimento dietro di me e mi girai finendo a cavalcioni su Julie e bloccandole le mani.
<< Dimmelo! >>intimai.
<< Mai! >>rispose in tono di sfida.
Qualcuno bussò alla porta mentre Julie cercava di divincolarsi e io tentavo di tenerla buona, cosa non facile perché era più forte di quanto non sembrasse e continuava a muovermi e a divincolarsi.
<< Avanti! >> urlai mentre tentavo di tenere ferma Julie che era quasi riuscita a farmi cadere.
Ero concentrata su Julie e non alzai gli occhi per vedere chi era, perciò quasi caddi quando sentii la voce di Henry arrivarmi dall’altro lato della stanza.
<< Non sono sicuro che questa immagine mi dispiaccia. >> ci prese in giro in tono scherzoso.
Sentii che stavo arrossendo e lentamente alzai gli occhi per guardarlo, certa di avere le guance rosse. Lui era appoggiato allo stipite della porta, sembrava tranquillo e disinvolto, aveva le braccia incrociate e indossava una maglia nera con lo scollo a v e un paio di jeans scuri. Nonostante l’abbigliamento semplice era bellissimo, i colori scuri facevano risaltare la carnagione chiara e gli occhi azzurri, le sue labbra erano stese in un sorriso divertito.
Sorrisi anch’io, un po’ imbarazzata.
<< Ho interrotto qualcosa? >>domandò in tono scherzoso.
<< No! >>rispose Julie buttandomi di lato sul letto e liberandosi dalla mia presa. << Stavamo solo … giocando. >> concluse con indifferenza mentre io la fissavo, palesemente in imbarazzo.
Ma cosa diavolo ci faceva Henry in quel posto? L’ingresso non era vietato ai ragazzi??
<< Sarebbe stato molto più divertente se aveste avuto addosso meno vestiti e il letto fosse stato una piscina bassa con del fango. >> proseguì lui imperterrito.
<< Maniaco! >> ribatté subito Julie, mentre io me ne stavo in silenzio in un angolo, molto imbarazzata.
Una mano fresca, con delle dita lunghe e affusolate mi allontanò una ciocca di capelli dalla faccia, quando alzai gli occhi vidi che Henry si era avvicinato, e pensare che non me ne ero accorta.
<< Chè c’è? Hai perso l’uso della parola? >>mi domandò sempre scherzando, con molta dolcezza.
Mi alzai di scatto mentre lui faceva un passo indietro e mi misi seduta sul letto, incrociando le gambe.
<< Ciao. >> salutai finalmente cercando di non pensare che avevo addosso solo una camiciola bianca e che probabilmente mi si vedeva il reggiseno. << Grazie per la rosa. >> aggiunsi subito abbassando lo sguardo e poi rialzandolo. << È molto bella. >>
Lui mi accarezzò lentamente una guancia , con un dito, scendendo fin sotto la mascella e poi alzandomi il volto per farmi incrociare i suoi occhi. << Sei più bella tu. >>sussurrò con dolcezza.
Distolsi lo sguardo imbarazzata e mi mordicchiai il labbro.
<< Ah, vuoi due mi farete venire una carie! >>si lamentò Julie scendendo dal letto per riprendersi il suo fumetto.
Sorrisi alla battuta mentre Henry  le faceva la linguaccia: sembravano fratello e sorella quando stavano insieme, l’avevo già notato.
Violette entrò nella stanza con solo un asciugamano addosso e si fermò sulla soglia della porta del bagno. << COSA CI FA LUI QUI? >> chiese palesemente seccata.
<< Forse è meglio se usciamo. >>tagliai corto alzando gli occhi al cielo.
Scesi dal letto e afferrai Henry per un braccio, trascinandolo fuori dalla stanza e chiudendomi la porta alle spalle. Non avrei voluto essere in Julie! Violette sa essere molto seccante quando vuole.
Mi voltai verso il mio ragazzo che si stava guardando intorno un po’ preoccupato un po’ divertito.
<< Cosa c’è? >>domandai incuriosita.
<< Tecnicamente io sono qui illegalmente quindi non sarebbe decisamente il caso di rimanere qui in corridoio.>>spiegò, nella sua voce c’era una nota dispettosa, come un bambino che si divertiva a fare le marachelle.
Fissai la porta della stanza davanti a me pensando che tornare dentro era una pessima idea, quando Henry mi afferrò il braccio e mi trascinò fuori dal mio dormitorio. Il cielo era scuro e l’aria tiepida, stava finalmente iniziando a fare caldo.
<< Hai freddo? >>mi chiese percorrendomi con lo sguardo, in cerca di qualche segnale di disagio.
Feci cenno di no con la testa e domanda << Come mai sei venuto in dormitorio? >>
Lui sorrise << Per quale ragione un ragazzo dovrebbe entrare in un posto pieno di letti e di ragazze? >> scherzò.
Gli tirai un pugno su una spalla, per gioco. << Attento carino!>>avvertii con tono canzonatorio  << Potrei anche arrabbiarmi! >>
Lui sorrise e mi appoggiò un amano sulla guancia, immobilizzandomi il volto mentre mi baciava. Appoggiai le mani al suo petto muscoloso mentre assaporavo quel bacio e mi perdevo in un emozione fortissima, che pensavo essere senza fine. Tipico dei romantici vedere le cose in questo modo, ma bè, io sono una romantica, anche se non lo avrei mai detto! Quando si allontanò di un passo, interrompendo il bacio mi sentii quasi triste.
Lui teneva gli occhi chiusi e rimase immobile per qualche istante, quando li riaprì incrociò i miei e mi sorrise.
<< Ho una cosa per te. >>disse porgendomi il blocco di fogli rilegato che aveva in mano.
Fissai il titolo: Romeo e Giulietta, atto secondo, scena seconda.
<< Che vuol dire? >>chiesi confusa.
<< Bè, vedi, pensavo di alleggerire il carico di studi, anche perché non sembri avere molta voglia di studiare in questi giorni. >> mi fissò come per ottenere una risposta e io feci un cenno d’assenso, così lui riprese. << Quindi ho pensato di farti evitare l’esame orale di letteratura straniera, perché so quanto odi gli orali. >>
<< Ti ringrazio, ma non capisco che c'etra Shakespeare. >> la mia voce suona incerta e un ombra di dubbio si insinuò in me: non voleva mica …
<< Bè… sai che aveva proposto di recitare un atto al posto di dare l’esame. >>
Lo fissai scuotendo la testa << Oh, no! NO! No e ancora no! No >> ripetei scuotendo il capo sempre più energicamente per sottolineare le mie parole << Assolutamente no! >>
<< Non lo preferisci a un orale? >> domandò in tono neutro.
Mi bloccai: lo preferivo a un orale? In una recita ci sarebbero state decine di persone a fissarmi mentre ero sul palco. All’orale ci state centinaia di persone a fissarmi mentre la prof mi interrogava … tuttavia ... << Partecipo già a una recita Henry! E anche tu! >>
<< Vero! >> assentì lui con un cenno del capo << Ma in quella non hai battute. Nemmeno devi salire sul palco. >>
Incrociai le braccia al petto distogliendo lo sguardo: non mi piaceva per niente l’idea di esibirmi, la odiavo! Non ero cioè il tipo di persona che gli altri definirebbero “una in cerca di attenzioni”, le odiavo!
Mi voltai a fissare la scuola, tre ragazze uscirono e senza degnarci di uno sguardo raggiunsero due ragazzi che gli stavano andando in contro con in mano due confezioni di lattine di birra. Mi guardai attorno e notai che in effetti non eravamo poi tanto soli, altri ragazzi si stavano dirigendo sul retro dell’edificio. Mi voltai verso Henry sentendomi osservata, lui fisso con una smorfia qualcosa dietro le mie spalle poi si tolse di colpo la maglia e me la infilò in testa.
<< Mettila per bene! Subito! >>ordinò.
Infilai le mani nelle maniche e la stesi sul mio corpo, mi stava decisamente grande, ma aveva un odore dolce, “l’odore di Henry” pensai con un sorriso.
<< Non dovresti uscire con maglie così leggere! >> mi riproverò.
Alzai lo sguardo a fissarlo e rimasi un po’ intontita: aveva una cannottiera aderentissima e bianca sotto la maglia, sottolineava alla perfezione il suo fisico slanciato. Rimasi un attimo spiazzata, senza parole, in contemplazione, poi abbassai gli occhi.
<< Non fa freddo! >> dissi con una scrollata di spalle.
Lo sentii sospirare. << Non mi riferivo al freddo. >> il tono petulante. << Quella canottiera era praticamente trasparente! >>
Arrossi e distolsi lo sguardo. << Scusa, perché non me lo hai detto prima? >> domandai un po’ seccata e un po’ imbarazzata.
Non rispose, ma si avvicinò a me e mi baciò di nuovo, un bacio veloce e vorace insieme. Poi si allontanò le sue labbra dalle mie di pochi centimetri, trattenendomi il volto con le mani, e bisbigliò << Prova a indovinare, Grace. >>
Sentivo il mio cuore battere all’impazzata, ma non dissi niente, non ci riuscivo, non riuscivo nemmeno a pensare a come si articola una parola, non in quel momento.
Henry mi lasciò andare il volto e mi abbracciò, io mi abbandonai tra le sue braccia, sprofondando nel suo petto con gli occhi chiusi.
<< A proposito di scene da fare. >> fece Henry cambiando argomento. << Jessy era entusiasta del tuo modo di cantare e dice che se vuoi prendere il posto di Seline non ha niente in contrario, anche lei ha accettato di farsi da parte con un sorriso nel caso dovessi accettare. >> mi raccontò, massaggiandomi piano la schiena.
Sospirai seccata. << Non ho intenzione di accettare. >>
<< Allora accetterai di recitare Giulietta con me? >>domandò con calma, la rabbia di prima del tutto scomparsa.
Ci pensai un attimo: se mi evitava un esame orale allora avrei recitato, in fondo non poteva andare poi troppo male, no?
<< Sicuro che ce la caveremo con quella? >> domandai scostandomi ed alzando la testa.
Sorrise facendo un cenno d’assenso, mi lasciai di nuovo andare nel suo abraccio, non mi andava l’idea che lo sciogliesse.
<< Allora va bene. In fondo è solo una scena. >> acconsentii, pregando di non pentirmene amaramente e di non finire per dare di stomaco o svenire durante la recita.
<< Bene >>sorrise, lo avvertii più che vederlo. << E ora che ne dici di entrare a cambiarti e di venire con me alla festa? >> propose.
Mi allontani di nuovo. << Quale festa? >>domandai sorpresa.
<< La festa che ha dato Adrian a casa sua. Siamo invitati. Se non vuoi andare però a me sta bene, potremmo fare qualcos’altro. >>
<< E il coprifuoco? >>domandai sorpresa.
<< È venerdì sera, Grace! E comunque domani abbiamo solo matematica. >> disse stringendomi nuovamente. << Non sei mai calda. >>bisbigliò immerso in altri pensieri, era come se parlasse più a se stesso che con me. << Sei sempre tiepida. Non è che ti senti poco bene? >> domandò scostandomi da se.
Scossi la testa. << No, sto bene. Tu piuttosto che sei sempre gelido, non è che hai qualche malattia? >> domandai preoccupata.
Lui mi sorrise << No, sono così. Vengo dal nord, lì la gente a temperature basse. >> scherzò. << Allora, ci andiamo alla festa? >>
Ci pensai su. << Sicuro che i professori non si arrabbieranno? >> lo interrogai ancora indecisa.
<< Sicurissimo! >>disse con un sorriso, una folata di vento gli scompigliò i capelli biondi che gli ricaddero sul viso: com’era bello! Più stavo con lui più ai miei occhi appariva splendido, ora mi sembrava strano pensare che inizialmente la sua bellezza non mi avesse colpito più di tanto.
Sorrisi, allontanando quei pensieri.
<< Allora va bene! Vengo! >> accettai.
<< Bene. >> fece allegro, scostandosi una ciocca di capelli che gli era finita sul visto. << Allora va a cambiarti, ad asciugarti i capelli … e a salvare Julie. Ti aspetto! >>
Corsi dentro: non ero mai stata più felice di essere attesa da qualcuno in vita mia.

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 -My Friends- ***


Documento senza titolo

Saluto l'anno che viene e quello che va con questo capitolo che sepro incontrerà il vostro consenso. Tanti auguri di Buon anno a tutti^^!

Bacioni con affetto la vostra pazza scrittrice XD

 

Capitolo 15
-My friends-

 

Non ci misi molto a cambiarmi e ad asciugare i capelli che erano già quasi asciutti, indossai il più velocemente possibile un vestito bianco con disegnati dei piccoli fiori rossi e con la gonna che arrivava fino al ginocchio, e sopra un cardigan azzurro chiaro. Poi mi infilai un paio di calzini e le scarpe da tennis e uscii portando Julie con me: non mi andava di farla soffrire.
Violette, dopo che ero tornata dicendo di voler andare alla festa mi aveva chiaramente detto che visto che c’era Henry se ne sarebbe stata rinchiusa in camera, a me sembrava un atteggiamento molto infantile, ma non mi importava più di tanto. Corsi quasi per raggiungere la porta del dormitorio mentre Julie alzava gli occhi al cielo con finta esasperazione.
Henry ci aspettava lì, dove l’avevo lasciato, e ci accolse con un sorriso: era perfetto in canottiera. Mi battei un colpo sulla fronte con la mano per la mia disattenzione.
<< Oh, accidenti! Ho dimenticato la tua maglia! Vado a prenderla! >> dissi con rammarico, ma Henry mi fermò afferrandomi un polso prima che potessi fare retro front.
<< Non importa, non fa freddo. >> spiegò con una scrollata di spalle.
<< E poi ora Violette avrà raggiunto un grado di acidità talmente alto da essere equiparabile solo al vetriolo. >>aggiunse Julie con una smorfia.
<< Però… >> feci per protestare, ma Henry mi fermò posando un dito sulle mi labbra. Ero un po’ preoccupata, non  mi andava l’idea che lui se ne andasse in giro con solo una canottiera bianca e aderentissima addosso, ma ultimamente non ero brava a protestare.
<< Andiamo. >>mi invitò mentre la sua mano dal mio polso scendeva in una carezza a stringere la mia.
Gli sorrisi per niente felice all’idea di andare a una festa con lui così … svestito. Una cosa era se l’ammiravo io, un'altra se lo vedevano le altre. Improvvisamente capii la reazione di Henry prima, mentre attraversavo in silenzio la distesa erbosa, verso un sentiero nascosto tra gli alberi che non avevo mai notato, mi avvicinai di più a Henry continuando a stringergli una mano. Forse ero un po’ possessiva … potevo permettermelo?
Tirai finalmente un occhiata ad Henry e mi accorsi che lui mi stava fissando, sorrisi mestamente, un po’ preoccupata. Lui sospirò.
<< Non ti va di andare alla festa, vero? >> chiese con gentilezza, non era arrabbiato o triste, era solo un po’ preoccupato.
<< No, voglio andarci. >> assicurai. Era vero, volevo andarci, Adrian mi piaceva ed ero curiosa di scoprire se avevo visto almeno uno dei suoi famigliari in giro, poi volevo sapere dove viveva.
<< Allora cosa c’è che non va? >>domandò ancora con gentilezza.
Sorrisi e abbassai lo sguardo, guardando dove mettevo i piedi e evitando di rispondere all’imbarazzante domanda che mi aveva posto.
<< Grace. >> iniziò lasciando la mano per cingermi la vita e dandomi un bacio sulla tempia. << Che c’è? Avanti dimmelo! >>
Scossi la testa. << Niente. >>bisbigliai.
Dopo poco che camminavamo per il sentiero si iniziò a sentire una musica lieve, probabilmente ci stavamo avvicinando. Lentamente gli alberi si fecero più radi e ci trovammo davanti a un discreto chalet, a due piani, dal quale veniva della musica pop piuttosto forte, dei ragazzi erano seduti sul portico e bevevano da bicchieri di carta, non ero certa di voler sapere cosa.
Adrian si affacciò alla porta sorridendo, i capelli castani perennemente spettinati. E mi salutò con un cenno della mano prima di dirigersi da Isabelle che se ne stava appoggiata alla ringhiera in legno del portico e parlava con Francesca e Dave. Velocemente mi guardai in torno e mi accorsi che più o meno tutti i presenti erano persone che avevo già visto parlare con Henry, almeno quelli sul portico.
Entrammo dalla porta d’ingresso dopo aver salito tre scalini di legno e aver superato il portico, dove Julie si fermò per salutare alcuni amici. Dentro la casa la musica era molto più forte, il chiacchiericcio insieme al suono proveniente dallo stereo mi faceva venire mal di testa. I ragazzi dentro la casa erano tutti della scuola, solo pochi non li avevo incrociati almeno una volta nei corridoi o in mensa.
Notai che appena entrammo diverse ragazze si voltarono a guardare Henry, la cosa mi infastidì parecchio ma non potevo farci molto così tentai di non appiccicarmi ulteriormente a lui per far capire che stavamo insieme. Ci dirigemmo verso il tavolo con le bibite, io mi versai un aranciata lasciando andare la mano di Henry e ne bevvi un sorso, mentre lui mi guardava, sembrava indifferente agli occhi che (ne ero certa!) si erano fatti più numerosi e non si staccavano da lui.
<< Sembri nervosa. >> mi disse fissandomi negli occhi, indifferente a tutto.
<< Ah, davvero? >>feci bevendo un altro sorso di aranciata e tentando di calmarmi.
Una ragazza particolarmente attraente e con un top così corto che pensai che, visto che c’era, poteva direttamente venire in reggiseno e short, si avvicinò ancheggiando e mise una mano sulla spalla del mio ragazzo.
<< Ciao. >>salutò con tono seducente. Le tirai un occhiataccia ma non dissi niente. << Non ci conosciamo vero? Io sono Sherry. >> si presentò porgendogli la mano, lui la strinse con un sorriso.
Lanciai un occhiataccia anche a lui, ero certa di essere molto scura in volto.
<< Piacere. >> rispose sorridendo << Io sono Henry. >> poi allungò il braccio e mi circondò le spalle attirandomi a se. << E lei è Grace, la mia ragazza. E un piacere conoscerti Sherry. >>
Rimasi spiazzata perfino io e la guardai passare dalla sorpresa all’irritazione, Sherry si girò come un personaggio di un film e se ne andò praticamente sbattendo i piedi.
Henry mi abbracciò da dietro e mi circondò la vita con le braccia, baciandomi il collo.
<< Era questo che ti irritava? >>domandò divertito .
Ancora irritata lo spinsi via con un braccio, lui arretrò e mi fissò negli occhi. << Vatti a mettere una camicia! >> intimai molto seccata.
Lui trattenne a stento una risata e mi attirò a se baciandomi, fece aderire il suo corpo al mio stringendosi a se e per un attimo dimenticai tutto, perfino la rabbia, poi si allontanò da me lentamente, sempre con gli occhi chiusi , e appoggiò la sua fronte alla mia.
<< Vado a mettermi una camicia, la chiedo ad Adrian. Tu intanto perché non vai da Julie? Potresti farti presentare la sorella di Adrian, magari ti starà simpatica anche lei. Non mi va di lasciarti qui da sola, non sono l’unico che ha gli occhi puntati addosso. >> propose guardandomi negli occhi, le nostre ciglia si intersecavano.
Arrossi e feci un cenno d’assenso, poi mi lasciai trascinare fuori, sul portico, raggiungemmo Adrian che parlava spensieratamente con delle ragazze, tenendo il braccio sulle spalle di Isabelle. Lei indossava un aderente abito rosso, con la gonna più corta della mia, e aveva i capelli dorati sciolti, con i boccoli infondo. Non si voltò e continuò a chiacchierare con le ragazze, ignorandoci.
<< Scusate l’interruzione . >> esordì Henry. << Adrian, posso parlarti? >>
Adrian lasciò andare Isabelle per voltarsi a guardarlo e ci sorrise in modo amichevole.
<< Ehy, ragazzi! Certo non c’è problema. >> disse con la sua solita voce profonda, che però aveva sempre quella nota amichevole che ti faceva sorridere. Fece per allontanarsi quando si accorse che Henry si guardava ancora intorno alla ricerca di qualcosa.
<< Puoi prestarmi una maglia o una camicia? >>chiese sovrappensiero.
<< Non c’è problema, amico. >> rispose con un alzata di spalle. << Che c’è? Chi cerchi? >>gli domandò poi  passandosi una mano tra i capelli.
<< Julie non è qui intorno? >> domandò preoccupato.
<< No, è andata con mia sorella nel garage. Aveva trovato un libro che piaceva ad entrambe e se le conosco bene ora staranno insieme, sedute sull’auto a leggerlo, litigando per voltare pagina. >>raccontò con un sorriso divertito.
<< Oh… >>mormorò Henry, poi si fece pensieroso.
<< Vai, io ti aspetto qui. >> dissi incrociando le braccia al petto.
Lui mi lanciò un occhiata, poi il suo sguardo si posò su Isabelle che lo fissò seccata e scosse la testa.
<< Perché non le raggiungi in garage? >>mi propose << Io arrivo subito, non ti annoierai troppo. >>
Sorrisi: si preoccupava per me. << Henry, non importa, sto bene anche qui. >> asserii con un sorriso. Per niente convinto se ne andò via con Adrian mentre Isabelle mi fissava con un espressione indecifrabile.
Le ragazze con cui stava parlando si alzarono; non le avevo mai viste, ma erano molto attraenti: una indossava un paio di jeans che le fasciavano le gambe e una camicetta bianca alla cinese, che però lasciava completamente scoperta la pancia; l’altra aveva una minigonna di jeans e una maglia rossa, tutte e due aveva i capelli neri e si assomigliavano molto, forse erano sorelle. Se ne andarono lanciandomi occhiate di fuoco e io le fissai sorpresa, chiedendomi il perché di quell’atteggiamento.
<< Che succede? >>domandai a Isabelle, che guardandomi assunse un espressione indecisa, come se non sapesse che rispondere.
<< Forse è meglio che tu non lo sappia. >>disse in fine con un alzata di spalle, fece per andarsene, ma la bloccai afferrandole piano il polso.
<< Aspetta un attimo per favore. >>la pregai con gentilezza.
Lei si voltò, era calma e imperscrutabile.
<< Possiamo parlare? >> domandai con una punta di paura, visto che c’ero tanto valeva affrontarla.
Lei sospirò, poi si mise a sedere sul dondolo, stirandosi la gonna corta dell’abito rosso che indossava, mi fece cenno di raggiungerla. Mi accomodai accanto a lei e mi lasciai andare indietro sullo schienale.
<< Io non ti piaccio molto. >>esordii. In realtà nemmeno lei mi piaceva molto, ma era amica di Henry, una cara amica, solo un amica, e volevo andarci d’accordo.
Lei non disse niente, si limitò a fissarmi, forse aspettando che continuassi.
<< Vorrei sapere perché. >> azzardai.
Lei si alzò e, dopo aver fatto alcuni passi in direzione dalla ringhiera in legno sul portico, si voltò verso di me appogiandocisi.
<< Tu non sei … ciò che sembri. Io lo so, me ne rendo conto, so che lo ferirai Grace. So che lui ferirà te. Non voglio immaginare quello che succederà dopo. >>
Detto ciò se ne andò e io mi ritrovai a fissare il punto, ormai vuoto, dover era prima. Dentro di  me l’unico pensiero che avevo formulato è che gli ermetici erano più chiari, ma pensai anche che avrei dovuto chiedere spiegazioni ad Henry al più presto.
Il vento mi accarezzò il viso, scostandomi i capelli dal corpo, mi sentii improvvisamente molto stanca e chiusi gli occhi.
<< Sembri pensierosa. >> bisbigliò una voce dolce, lieve, come le onde del mare quando è calmo.
Senza aprire gli occhi appoggiai la testa sulla spalla della persona dalla quale proveniva quella voce, poi sentii il suo braccio avvolgermi le spalle e la mano riavviarmi indietro i capelli, accarezzandomi.
<< Sapevo che ti avrei visto entro breve. >>bisbigliai.
<< Il messaggio non era mio. >> rispose << Lo sai che amo le improvvisate. >>
Sorrisi sempre con gli occhi chiusi. << Manca ancora qualcuno. >> sospirai non sapendo se prenderla bene o male.
<< Non per molto. >> assicurò con voce tranquilla.
<< Credo di essermi innamorata. >> farfugliai cambiando argomento.
Silenzio, almeno da parte sua perché qualcuno aveva alzato il volume della musica dentro: che baraonda!
<< Lui è un ragazzo della mia scuola. >>continuai, un po’ incerta, un po’ insicura.
<< Non è quella che si può dire un ottima idea. >>disse la voce, dolce, dopo un attimo, poi rimase zitta di nuovo e alla fine sospirò. << Almeno è un bravo ragazzo? >> mi chiese, la sentii sorridere.
<< Si, è un bravo ragazzo. >>assentii con il sorriso che, ne ero certa, mi arrivava da un orecchio all’altro.
<< Come si chiama? >>domandò ancora.
<< Henry. Henry Ororo. >> risposi. La sentii irrigidirsi e aprii gli occhi, mi allontanai da lei per guardarla. Aveva i capelli corti, di un biondo così chiaro da essere praticamente bianchi, gli occhi blu di una tonalità talmente scura da ricordarmi le profondità del mare, dove non arriva la luce, il volto, incorniciato dai capelli, era quasi fanciullesco e incredibilmente bello. Sul corpo minuto ma tonico portava un ampia maglia a maniche lunghe, blu con sfumature azzurre, dei jeans chiari dall’aria consumata e delle scarpe da ginnastica.
Si appoggiò allo schienale e mi fissò pensierosa.
<< Henry Ororo. >> ripeté con la sua bellissima voce, come riflettendoci su. << Questo potrebbe essere un problema. >>
<< Perché? >> domandai sorpresa.
<< Grace! >>la voce che mi chiamò da dietro vibrava di rabbia. Voltandomi vidi Henry infuriato, la sua furia però non era rivolta a me e ne fui felice e un po’ rammaricata perché era rivolta verso la persona accanto a me.
<< Henry! >> sorrisi voltandomi a guardarlo.
<< Interrompo qualcosa? >> domandò socchiudendo gli occhi.
<< No, stavamo solo chiacchierando. >> risposi con un altro sorriso.
Lui si avvicinò a noi con un passo decisamente sinuoso che mi ricordava un predatore che si prepara ad affrontare un nemico mortale, aveva addosso una camicia a quadri e sembrava un po’ uno dei village people, ma non era il caso di dirglielo, almeno non in quel momento.
<< Quindi tu sei… Hanry Ororo… >> lo splendido tono di voce proveniente dalle mie spalle era pensieroso, distratto, valutativo. Sapevo che se mi fossi voltata avrei incrociato due occhi freddi che fissavano Henry con distacco e calcolo, in modo analitico.
Lui si limitò ad annuire con un cenno secco e si accostò al dondolo, mettendomi una mano sulla spalla con fare possessivo. Non riuscii a trattenere un sorriso che mi si disegnò sulle labbra, non so perché ma non riuscivo a impedirmi di sorridere a Henry. Sentii che gli occhi della persona accanto a me passavano da lui a me più e più volte, poi la sentii sospirare.
<< Capisco. >> si limitò a dire, rimanendo poi in silenzio per un po’. << Dovremmo parlarne poi con calma, suppongo. >> aggiunse come valutando qualcosa. Non si presentò e non strinse la mano ad Henry, era come se non gli parlasse o non lo considerasse, il che era strano in un certo senso.
Mi volai a fissarla quando si alzò agilmente dal dondolo. I suoi capelli chiari alla luce della luna sembravano d’argento. << Torno in camera, ci vediamo dopo. >> e così dicendo saltò oltre la ringhiera e sparì nell’oscurità.
Henry mi guardò con fare indagatore. << Chi era quello? >> domandò, sempre con una vena di rabbia.
Gli feci posto sul dondolo, invitandolo a sedersi, poi appoggiai la testa alla sua spalla fissando il punto dove prima era scomparso nel nulla “quello”.
<< Era un familiare. >> mi limitai a rispondere. Ma dietro a quella risposta c’erano  cento altre domande che ancora non aveva posto.
<< Vuoi dire che quello… era tuo fratello? >> domandò incredulo Henry.
Sorrisi divertita, conscia dell’errore che veniva sempre fatto, ma senza dir nulla, sapevo che Crystal aveva i suoi tempi.
<< Si chiama Crystal. >> mi limitai a dire con un alzata di spalle. << E si, siamo imparentate. >>
<< Davvero? >> indagò alzando un sopracciglio. Sorrisi e mi decisi ad aprire gli occhi per guardarlo: era così bello, mi persi nei lineamenti del suo viso e nei suoi occhi.
Gli accarezzai una guancia senza quasi accorgermene, lui sorrise afferrandomi la mano e portandosela alla labbra, baciò il dorso della mano sfiorandolo appena con le labbra.
Sospirai fissandolo negli occhi.
<< Stai bene con quella camicia. >>farfugliai, non esattamente il massimo, ma meglio di niente. La mia mente si era un po’ persa.
<< Ah-a. >> assentì lui avvicinandosi per baciarmi.
<< Grace! >>mi chiamò Julie.
Mi allontanai da Henry con un salto e lo vidi fare una smorfia mentre Julie mi raggiungeva dal corridoio a lato del dondolo.
<< Oh, ho interrotto qualcosa? >> domandò dopo aver guardato Henry poi sorrise divertita << Va bene, pace! La sedurrai un'altra volta. >> fece scrollando le spalle. Henry le tirò un’occhiataccia che avrebbe congelato anche uno spirito di fuoco. << Mi avevano detto che mi cercavate. >>aggiunse con indifferenza
<< Ormai non servi a niente! Vattene! >>le disse Henry con malo garbo, sbuffando.
Scoppiai a ridere.
Una ragazza raggiunse Julie da dietro e si appoggiò alla ringhiera, fissandoci a distanza, forse aspettando che qualcuno la presentasse. Era alta un po’ più di me, aveva i capelli castano scuro e lunghi, ondulati, che le ricadevano lungo il corpo, arrivandole alla vita. Gli occhi erano grigi e brillanti, la carnagione abbronzata, il corpo attraente e slanciato, indossava un semplice paio di jeans e una camicetta.
Intercettai il suo sguardo e le sorrisi, lei lo ricambiò e si fece avanti un po’ timidamente.
<< Io sono Elle du Loup , la sorella di Adrian, piacere di conoscerti. >>si presentò allungando la mano.
La strinsi incrociando di nuovo i suoi occhi che avevano un che di caldo, come quelli di suo fratello.
<< Piacere, sono Grace Brine. >> mi presentai.
<< Oh, la ragazza che Adrian ha trovato nella foresta priva di sensi. Ora come stai? >> si informò preoccupata.
Henry mi accarezzò la schiena con fare protettivo, mi voltai a sorridergli prima di risponderle. << Sto bene grazie. >>
<< Mi fa piacere. >> disse in tono gentile, tirando un occhiata a Henry << Sembra che non ci si debba più preoccupare per te. >> commentò poi con tono scherzoso.
<< Non ce ne è più ragione. >> assentì Henry abbracciandomi. << Non permetterò a nessuno di toccarla. >>
Arrossii e nascosi la faccia nel suo petto mentre lui mi accarezzava la schiena.
<< Mi sa che siamo di troppo. >>fece Julie spazientita. << Potremmo tornare al nostro romanzo. >>
<< Al mio romanzo vorrai dire.>>la corresse Elle con una smorfia. << E non pensare di leggertelo da sola! >>l’ammonì con tono seccato.
Mi voltai in tempo per vedere Julie sospirare seccata.
<< Mica lo leggevo da sola! È che tu eri lenta! >>si lamentò.
<< Non ero lenta! Sei tu che leggi come Reed di Crimnal Minds. >> rispose seccamente Elle, facendole la linguaccia.
Sorrisi, decisamente mi stava simpatica!
<< Era su una pagina dal tempo in cui Maometto scrisse il corano! >> ribatté lei.
<< Non ero neanche nata e nemmeno tu! >> rispose offesa.
Scoppiai a ridere. << Siete piuttosto buffe voi due! >> dissi per scusarmi quando mi guardarono sorprese.
Elle si buttò sul dondolo e con uno strattone mi tirò via dalle braccia di Henry e iniziò a farmi il solletico. Julie si unì subito a lei mentre Henry sgattaiolava via dicendo che non si voleva mettere in mezzo a queste “cosa da ragazze”. Mentre ridevo a crepapelle compresi una cosa: avevo trovato una nuova amica.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 -sister- ***


Documento senza titolo
Ciao! Sono gia sommersa dagli esami, ma per ora riesco ancora a respirare, quindi colgo l'occasione per mettere questo nuovo capitolo prima di sparire probabilmente fino alla fine di Gennaio. Un bacio a tutti

 

Capitolo 16

-Sisters-

 

<< Alla buon ora! >> ci accolse Crystal con la sua voce delicata e profonda, che se ne stava seduta a gambe incrociate davanti alla porta della nostra stanza. Osservò per un attimo attentamente Julie, inclinando lievemente la testa, i capelli dal taglio asimmetrico le ricaddero sulla maglia azzurra come fili d’argento liquido. << Salve. >> salutò con un sorriso che fece tendere le labbra delicate.
<< Lei è Julie, una mia compagna di stanza .>>la presentai facendomi da parte.
Crystal si limitò ad annuire, poi si alzò agilmente in piedi. << Andiamo a dormire? >>
Feci un cenno d’assenso e aprii la porta: Chantal era sul letto che leggeva un libro, di Violette non c’era taraccia.
<< Lei è Crystal. >>mi limitai ad annunciare.
Crystal entrò con delicatezza e si sedette sul mio letto. << Puoi prestarmi qualcosa con cui dormire? >> chiese con gentilezza.
<< Cosa? >>sentii bisbigliare Chantal spaesata, mentre gli occhi di Julie rimanevano fissi sulla sua schiena.
<< Si, va bene. >> tirai fuori un paio di pantaloncini e una maglietta e li lanciai sul letto.
Lei si tolse la maglia e, ne ero certa anche senza voltarmi, le ragazze sgranarono gli occhi. Sotto la maglia indossava una camiciola bianca, semplice, senza fronzoli, che le sottolineava il seno non molto ampio ma ben fatto. Era molto bella, il corpo minuto sembrava sempre androgino per via delle maglie larghe che indossava, ma era slanciato e atletico, e celava più muscoli di quanto potesse sembrare.
<< Mia sorella dormirà con noi stasera. Va bene, vero? >>domandai non preoccupandomi della risposta, anche perché Crystal si era già infilata sotto le coperte.
<< C..certo. >>la voce di Chantal suonava incerta.
<< Si, non c’è problema. >>assentì Julie, che si era ripresa più velocemente. << Grace, prima di tornare Henry mi ha chiesto di dirti che domani ti aspetta nell’aula di letteratura per studiare Romeo e Giulietta. >>
Mi voltai di scatto mentre mettevo il vestito a cavallo della poggia schiena della sedia.
<< Perché non l’ha detto quando ci ha riaccompagnato? >> domandai sorpresa.
<< Non voleva litigare. Dopo avete anche le prove con la prof di teatro. >> spiegò lei mettendosi il pigiama.
Sbuffai. << Ho accettato, no? >>
<< Molto contro voglia. >>mi fece notare Julie.
<< Si vede che non ti va di farlo. >>aggiunse Chantal facendo un cenno d’assenso con la testa. << Quindi farai il progetto di teatro di Shakespeare invece dell’esame orale? >>
<< Si. >>risposi controvoglia, infilandomi la maglia e i pantaloni che avevo addosso prima di uscire. << Lui l’ha proposto e io ho accettato. Non sarà così male … forse. Tu lo farai con Chris? >> le domandai.
Chantal arrossì. << Io … ecco … Si, ci stavamo pensando … >> farfugliò fissando la copertina del suo libro.
Io e Julie ci scambiammo un occhiata esasperata: quanto ancora avrebbero finto di non stare insieme? Oppure davvero non se ne rendeva conto?
<< Tu reciterai? >>domandò incredula Crystal. Mi voltai a guardarla e mi accorsi che mi fissava con i suoi profondi occhi blu, forse le altre non se ne accorgevano, ma era sorpresa.
<< Ci proverò. >> sospirai con una punta di tristezza. << Meglio quello che un orale. >> dissi massaggiandomi le braccia.
Crystal si fece da parte e alzò la coperta invitandomi ad entrare, io scivolai al calduccio rannichiandomi accanto a lei, mentre mi rimboccava le coperte.
<< Ma voi …? >>iniziò Chantal, che si bloccò quasi subito, incerta su come proseguire la domanda.
<< Sono sua sorella. >> si limitò a dire Crystal, mentre io le ascoltavo, guardandole di soppiatto. << Sua sorella maggiore. >>

<< Okay, riproviamo? >> chiese Hanry. Aveva una pazienza incredibile, dovevo ammetterlo.
Eravamo in aula di letteratura, Hanry tentava di farmi imparare la parte e di farmela recitare, ma io non era molto brava come attrice. Crystal se ne stava in un angolo ad osservarci, a me ricordava uno squalo bianco che fissa un altro predatore potenzialmente pericoloso per qualcuno della sua razza. Tuttavia appariva tranquilla, le sue pupille blu nascondevano l’incertezza come le oscure profondità del mare nascondono ciò che li finisce.
<< Dai, è una scena semplice. Non ci sono poi tante battute. >> mi incoraggiò lui, irritato dal fatto che Crystal ci stesse osservando. Non aveva ancora capito che era una ragazza.
<< E ci sarà solo la professoressa a vederla. >> ricordai io.
Lui distolse lo sguardo.
<< Ci sarà solo la professoressa, non è vero? >> domandai messa all’erta dal suo modo di comportarsi.
<< Teoricamente si. >>
<< Teoricamente? >>domandai sentendomi preda di un attacco di panico. Crystal mi fu istantaneamente accanto per sorreggermi.
<< Calmati. Non è niente. Calmati . >>mi ripeté un paio di volte con la sua voce vellutata, mi sentii lentamente meglio.
<< Non ci saranno molte persone, ma visto che è un compito ci sarà una sorta di giuria, composta dai docenti. >>spiegò.
<< Giuria? >> iniziai a sentirmi seriamente male. Crystal mi prese in braccio e mi depositò su una sedia, poi si voltò ad affrontare Hanry.
<< Non lo sia che ha problemi con le apparizioni pubbliche e le valutazioni? >>domandò alzando un sopracciglio con fare critico.
Hanry fece un cenno con la testa. << Ma con un pubblico più ridotto pensavo non ci sarebbero stati grossi problemi >>spiegò inginocchiandosi accanto a me e fissandomi preoccupato, mi prese la mano e se l’avvicinò alle labbra. << Non c’è d’aver paura Grace. Ci sono io con te. >>promise guardandomi con i suoi occhi magnetici.
Scossi la testa cercando di non pensarci.
<< Ha problemi seri con queste cose. >>spiegò Crystal ad Hanry,
<< Non c’è niente di cui avere paura. >>rispose Henry fissandola seccato.
<< Ma lei ha paura. È irrazionale ma è così. E tu non puoi farci niente. >>
<< Se è con me non ha niente da temere. >> disse prontamente Hanry.
<< Se pensi che questo basti è perché non capisci niente. >>ribatté Crystal con una punta di rabbia a incrinare la sua voce. Era come una crespa sull’acqua del mare tranquillo.
<< Qual è il problema? >> domandò stavolta a me.
<< Brutto ricordo. >>mi limitai a dire. Non volevo pensarci, preferivo non pensarci.
<< Grace. >>chiamò Hanry prendendomi gentilmente le mani. << Ti fidi di me? >> domandò fissandomi intensamente negli occhi.
Sorrisi << Mi sembri Aladin, quello del cartone animato della Disney. Stai per chiedermi di saltare? >> scherzai.
<< Qualcosa di simile. >>assentì con un sorriso.
Crystal alzò gli occhi al cielo e mimò con le labbra: “I ragazzi sono tutti degli idioti!”
Sorrisi scuotendo la testa, Hanry era solo molto dolce.
<< Ci sarò io con te , fidati. Se ti bloccherai allora ti porterò via dal palco in braccio, faremo le valige e inizieremo a viaggiare per il mondo. Che ne dici se la prima tappa è Tokyo? Così potrai mandare dei regali a Julie e poi ignorarla per il resto del tempo. >> propose con un luccichio particolare negli occhi azzurri. << Potremmo dedicarci a qualcos’altro. >>
Crystal gli tirò uno scappellotto piuttosto forte.
<< Giù le tue zampe da mia sorella! >> il tono di voce suonava come un avvertimento.
Lui le lanciò un occhiata un po’ seccata. << Che fratello iperprotettivo. >>
Stavo per correggerlo, e per evitare che Crystal lo aggredisse di nuovo a prole, quando nell’aula entrò il preside della scuola. Non lo vedevo dalla mia venuta in quella scuola, il primo giorno di lezione.
Indossava un completo gessato molto elegante, aveva i capelli ordinatamente messi all’indietro, ma un ciuffo gli ricadeva sul volto spigoloso, i suoi occhi grigi erano come sempre vivaci e brillanti. Ci sorrise facendosi da parte e lasciando entrare una persona.
Nella stanza fece il suo ingresso una ragazza di circa vent’anni, o almeno così sembrava, aveva i capelli biondi scuri, come l’oro, e gli occhi azzurri, di un azzurro particolare, tendevano al verde, erano quasi turchesi e sembravano trasparenti come cristalli. Era alta più o meno quanto Crystal, ma aveva un viso bellissimo e delicato, ricordava quello di una statua delle grazie o di una Maria, tanto era espressivo e splendido. Un vestito bianco le fasciava il corpo rivelandone la perfezione. In effetti lei era ciò che di più vicino alla perfezione avessi mai visto.
<< Ciao ragazzi, scusate l’interruzione. >>disse educatamente. La sua voce era come me la ricordavo, un po’ bassa, ma cristallina, aveva un ritmo ipnotizzante.
<< Lucy. >> bisbigliai osservandola. Solo dopo averla conosciuta mi resi conto che le sirene esistevano davvero e che, per quanto improbabile sembrasse anch’io ero una di loro.
Lei piegò la testa in un cenno di saluto che fece ondeggiare i suoi capelli biondi in avanti, come oro liquido. Eravamo noi tre le “pupille di nettuno”. Potevo facilmente capire il perché della scelta di Crystal e Lucy: la prima, sebbene odiasse vestirsi da ragazza aveva un fascino particolare che le faceva sembrare irreale e senza tempo; la seconda invece era così bella e delicata da sembrare una principessa delle favole. Io invece … bè, io ero il brutto anatroccolo della situazione, sguazzavo in un lago pieno di cigni cercando di non farmi notare troppo, purtroppo non sarei mai diventata un cigno, io non sarei mai cresciuta, ma anche se così non fosse stato non penso che sarei mai arrivata ad essere come loro.
Lanciai un occhiata ad Hanry, che mi immaginavo stesse fissando Lucy con la bocca spalancata e lo trovai invece a fissare me. I suoi occhi fissi nei miei erano intensi, sembravano scrutarmi dentro, gli sfiorai il volto con la punta delle dita, la sua pelle era liscia come la seta o il marmo, e molto fredda. Sorrise con dolcezza, ma sembrava stesse pensando a qualcosa, era come se ci fosse stato qualcosa che doveva valutare con accuratezza, qualcosa di incredibile importanza.
<< Ciao tesoro. >>mi salutò Lucy avvicinandosi a me e scostandomi i capelli dal volto. Alzai gli occhi per sorriderle ed ebbi una strana sensazione, come una vertigine.
<< Grace? Tutto bene? >>domandò con dolcezza Hanry. Sentii lo sguardo di Lucy posarsi su di lui.
Guardai Crystal che si limitò a sostenere il mio sguardo senza dire niente, il suo volto era impassibile.
<< Ragazze, posso parlarvi fuori? >> ci domandò con la sua solita gentilezza Lucy, il suo tono era come la carezza dell’acqua tiepida, ti dava una sensazione di benessere.
<< Grace deve provare. >>la bloccò Crystal, fermando anche la mia risposta. << Puoi parlargliene dopo. >>
<< Dopo? >>il suo tono ora era lievemente incredulo.
Crystal si avvicinò e tese la mano, invitandola a prenderla << Dopo. >>confermò.
Uscirono senza dire altro, che questo fosse un bene o un male io non avrei saputo dirlo, ma stranamente la risposta che mi aspettava mi spaventava, era il mio istinto a dirmi che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di semplice che continuava a sfuggirmi.
<< Continuiamo a provare? >>propose Hanry dopo che se ne furono andate.
Abbassai le palpebre e lo fissai da sotto le ciglia con un uno sguardo preoccupato, lui sorrise con gentilezza, mi prese il volto tra le mano e poi premette le sue labbra sulle mie piano, poi si allontanò un po’ da me fissandomi negli occhi.
<< Ti prometto che ti proteggerò da qualunque cosa possa accadere sul palco, andrà tutto bene, te lo assicuro. >>aggiunse con un sorriso.
Gli regalai un sorriso, scuotendo però la testa.
<< Come mai hai così paura di salire su un palco? >> domandò incuriosito.
Ci pensai su. << Non lo so. Ansia da prestazione credo. >> risposi alzando le spalle.
Mi prese le mani nelle sue e mi fece alzare, bisbigliando poi contro le mie labbra. << Ci sono prestazioni più interessanti per cui essere ansiosi . >> Poi mi baciò e sentii che lentamente tutto il nervosismo se ne andava. Mentre le sue labbra si muovevano sulle mie con impeto e gentilezza sentii l’eccitazione prendere il posto dell’ansia. Quando smise di baciarmi si allontanò per accarezzarmi le labbra con la lingua, non riuscii a resistere e prendendo il suo volto tra le mani ricominciai a baciarlo. Dopo un tempo che a me sembrò decisamente breve mi afferrò le mani e si allontanò un po’ da me tenendo gli occhi chiusi. Lo guardavo con una punta di incertezza, forse avevo esagerato e mi ero dimostrata troppo audace…
<< Hanry … io … >> farfugliai incerta se fosse o meno il caso di fargli le mie scuse.
Lui aprì gli occhi e li fissò nei miei, il loro colore azzurro mi ricordava la trasparenza dell’acqua del mare a riva, sembravano risucchiarmi, quasi volesse mangiarmi.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso luminoso, incredibilmente brillante, che mi fece perdere la testa. Lo abbracciai forte e lui mi strinse delicatamente mentre appoggiavo la testa al suo petto, chiusi gli occhi per ascoltare il battito del suo cuore. Ma non sentii niente.
<< Henry il tuo cuore non batte. >>dissi senza pensare.
Lo sentii irrigidirsi per una frazione di secondo, poi scoppiò a ridere. << E come farei a essere vivo se il mio cuore non battesse? >>domandò con sarcasmo, allontanandosi un poco per fissarmi negli occhi.  
Rimasi un attimo assorta, era strano che io non riuscissi a cogliere un suono, ma in effetti il mio orecchio non è poi così eccezionale.
<< Potresti essere uno zombi >>lo presi in giro, nascondendo il fatto di non essere proprio convinta della cosa.
Lui sorrise prima di baciarmi la fronte. << Continuiamo a provare, dai. >> mi incoraggiò, poi mi lasciò andare per andare a prendere il copione.
<< Posso chiederti perché hai scelto quella scena? >>domandai incuriosita.
<< Non lo  indovini? >>domandò con uno strano luccichio negli occhi.
Scossi la testa un po’ confusa.
Lui si avvicinò e alzandomi il mento con una mano mi diede un bacio veloce.
<< Era l’unica scena con solo due persone … >> iniziò con un sorriso che si allargava a ogni parola << … e l’unica in cui potessi baciarti quanto mi pare! >>
<< Julie ha ragione! Sei un maniaco! >> dissi con imbarazzo.
Lui scoppiò a ridere.<< Ma zitta! >> disse facendosi serio. << Qual luce entra da questa finestra? Quello è l’oriente, e Giulietta è il sole! Sorgi, bel sole, e scaccia l’invidiosa luna, che già inferma e impallidisce di dolore perché tu che sei soltanto una sua ancella sei tanto più bella di lei. >> recitò accarezzandomi una guancia.
<< Giulietta non c’è in questo momento. >>gli feci notare leggendo il copione che avevo preso dalle sue mani.
<< Licenziati dal suo servizio. Dal momento ch’ella ti invidia tanto: la sua livrea di vestale è di un verde color malato, e non l’indossano più altro che i dissennati. Gettala via! È la mia signora. Oh, è il mio amore! Oh, se ella sapesse d’esser l’amore mio! >> continuò a recitare mentre io seguivo il testo sul copione. << Ella parla eppur non dice nulla. Come può accadere? Sono gli occhi suoi a parlare, ed è allora che io risponderò. >> sussurrò le ultime due frasi con dolcezza, tanto che alzai gli occhi dal copione, lui si avvicinò e alzando una mano mi sfiorò le labbra con la punta delle dita. << Ma io presumo troppo: non è a me ch’ella parla. Due fra le più belle stelle del cielo, avendo che fare altrove, supplicano gli occhi suoi di brillare nelle proprie sfere fino al loro ritorno. E se i suoi occhi fossero laggiù, e le stelle fossero sul viso di lei? >> disse accarezzandomi il volto e mettendomi i capelli indietro. << Lo splendore delle sue gote svergognerebbe quelle stelle, al modo che la luce del giorno fa onta a quella d’una lampada. Gli occhi di lei in cielo lustrerebbero d’un tal splendore per le regioni dell’aria che gli uccelli si darebbero a cantare credendo che non fosse più notte … >>
<< Stai tentando di sedurmi con Shakespeare? >> domandai con un sorriso divertito.
<< Giulietta in questa scena non parla. >>mi fece notare, smettendo di recitare.
<< Allora fammi dire qualche battuta. >>improvvisai.
Lucy entrò in quel momento seguita da Crystal.
<< Interrompiamo qualcosa? >>domandò Lucy con la sua solita voce cristallina.
“Si.” avrei voluto dirle, ma rimasi in silenzio: in fondo era sempre mia sorella.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 -Apertura- ***


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Capitolo 17

- Apertura -

 

<< Potrebbe essere molto pericoloso. >> mi fece notare Lucy dopo che le ebbi esposto il mio piano.
Eravamo nella mia camera ed era ora di pranzo, non c’era nessuno nell’edificio, eravamo solo noi tre. Lucy si era seduta alla sedia della mia scrivania, le splendide gambe affusolate erano accavallate, invidiavo la sua bellezza e ne ero anche ammirata. Crystal invece era seduta a gambe incrociate sul mio letto, di fronte a me, la sua bellezza era di tutt’altro tipo di quella di Lucy, ma era comunque incredibile. Provai un moto di rabbia: perché solo io ero il brutto anatroccolo?
<< Sei arrabbiata per qualcosa? >>domandò Crystal inclinando la testa mentre mi osservava.
Scossi la testa. << Con voi due accanto mi sento sempre il brutto anatroccolo. Sono la più piccola, la più brutta e la più lenta del gruppo, ma stando con le persone normali lo avevo dimenticato. Voi però me lo ricordate in modo snervante. >> confessai con parecchia vergogna.
<< Non essere ridicola. >> disse Lucy alzandosi dalla sedia e sedendosi accanto a me, poi mi mise un braccio attorno alle spalle e mi diede un bacio sulla tempia. << Tu sei splendida Grace. >> mi rassicurò con gentilezza.
<< Io invece non riesco a capire cosa ci trovi di bello in me. >>fece Crystal guardando la sua felpa decisamente troppo grande per lei. << Non sembro nemmeno una ragazza. >>
<< No. >> concordai. << In effetti la tua più che bellezza è fascino. >>
Ci pensò un po’  su poi, scrollò le spalle. << Non mi interessa molto. >>
<< Allora, seguiamo il mio piano? >> domandai.
Crystal e Lucy si fissarono negli occhi per un momento, uno scambio di sguardi abbastanza lungo che aveva in se qualcosa di profondamente antico, d’altronde loro si conoscevano da molto tempo prima che io nascessi.
Rimasi in silenzio, fissandole, finché loro non annuirono accettando di seguire il mio piano.
<< Va bene, faremo come vuoi tu. >> acconsentì Lucy.
<< E se va male diremo che è stato uno scherzo di pessimo gusto. >>concluse Crystal.
<< Una per tutte e tutte per una come i moschettieri? >> scherzai con un sorriso.
<< Si. >> assentì Lucy << Ma in modo più elegante. >>

Crystal se ne stava imbronciata a guardarmi, ogni tanto sorrideva divertita per qualche errore che facevo, ma per la maggior parte del tempo si annoiava a morte mentre io e Hanry provavamo Romeo e Giulietta.
Era giovedì pomeriggio e io ed Hanry avevamo saltato educazione fisica per provare, la recita si sarebbe tenuta la settimana prossima, quella dopo ancora ci sarebbe stato l’esame e questo fine settimana invece c’era la rappresentazione della professoressa MegGlaski e Jeff non la smetteva di tallonarmi: lo odiavo!
<< Madamigella, per quella sacra luna che inargenta la cima di quegli alberi, giuro … >> recitò Hanry.
<< Oh, non giurar per la luna che si trasforma ogni mese nella sua sfera, per tema che l’amore tua sua al par di lei mutevole. >> recitai io.
<< E per che cosa dovrei giurare? >>
Ci pensai. Non mi veniva in mente la battuta. << Per … >> iniziai, poi mi ricordai << Non giurare affatto. O, se proprio vuoi giurare, giura per la tua persona benedetta, ch’è il dio della mia idolatria e potrò fare a meno di crederti. >>
<< Se il caro amore del cuore mio… >> recitò prendendomi per mano.
<< Non giurare, di grazia. Pur se tutta la mia felicità è riposta in te non provo alcuna gioia per il contratto d’amore stipulato stanotte. È troppo frettoloso, troppo immediato e irriflessivo, e mi somiglia troppo al lampo che scopare prima che si possa dire “lampeggia”. Buona notte dolce amore! >>recitai, fermandomi lì.
Scese il silenzio.
<< Grace, non è ancora finito il dialogo. >> disse Hanry quando rimasi zitta.
<< Si, tocca a te. >> dissi un po’ incerta. Forse toccava ancora a me.
<< Tocca ancora a te. >> ci infermò Crystal che stava guardando il copione.
Appoggiai la fronte sulla testa di Hanry.
<< Non sono portata per recitare. >> mi lamentai.
Lui rise baciandomi i capelli. << Devi solo imparare a memoria le battute. >>
<< Ho una pessima memoria! >> continuai scuotendo la testa.
<< Ora ti stai deprimendo senza una ragione. >> mi riprese lui. << Non ti preoccupare, in casi estremi ti suggerisco io le battute. >>
Sospirai scuotendo la testa: avevo accettato, dovevo andare fino in fondo.
<< Le imparerò, lo giuro. >> promisi con un bisbiglio.
<< Brava piccola. >> sussurrò allontana dosi da me per baciarmi.
Un bacio veloce, troppo veloce per i miei gusti.
<< Io me ne vado. >> disse Crystal. << Non amo assistere a queste effusioni. >>
Mi voltai per dirle di restare, ma Hanry mi precedette. << Vai pure, noi continuiamo a provare. >> disse con un sorriso e una voce piena di soddisfazione, ne ero certa.
Crystal alzò gli occhi al cielo seccata, poi lo fissò in cagnesco. << Non ti azzardare ad andare troppo oltre! >> avvertì.
Hanry la guardò con fermezza << Non farei mai niente che Grace non vorrebbe. >> la sincerità nella sua voce mi fece sorridere. Abbracciai Henry prima ancora che Crystal uscisse dalla stanza, chiusi gli occhi mentre lui mi accarezzava i capelli.
Alzai la faccia e gli diedi un bacio sul collo, lui mi prese il viso tra le mani e iniziò a depositare delicatamente dei baci sul mio viso, prima sulla fronte, poi sulle palpebre, poi sul naso, sulla guancia, fino ad arrivare alle mie labbra. Mi baciò sulle labbra, all’inizio lievemente, poi in modo più intenso e vorace. Quando ci separammo ansimavo leggermente, mentre Hanry mi teneva stretta a se con delicatezza.
<< Dobbiamo rimetterci a provare. >> disse infine.
Sospirai e annui, sprofondando ancora di più in quell’abbraccio.
Ci rimettemmo a provare fino che le prove dell’altro spettacolo non reclamarono la nostra attenzione.
Alle sei ci dirigemmo nell’anfiteatro mano nella mano, dove la prof di teatro ci aspettava. Le scenografie erano completate e io mi ero rifiutata di cantare quindi me ne stavo seduta su una poltrona accanto a Lucy che fissava la scena con interesse.
Jeff si unì a noi e tentò di nuovo di convincermi a cantare nella recita, Lucy alla fine gli disse cortesemente di lasciarci in pace, ma nella voce c’era un lieve tono di minaccia. E se l’avessi sentita me la sarei data a gambe, e a quanto pare anche Jeff pensò la stessa cosa perché se ne andò e ci lasciò in pace.
All’ora di cena mangiai con Hanry, Julie e Lucy, di Crystal non c’era traccia da quel pomeriggio, sperai che ci fosse tempo per rivedersi prima della sera successiva. La cena fu divertente, Hanry ci riaccompagnò al dormitorio e mi salutò con un bacio prima di andarsene. Poi salutai Lucy, lei e Crystal avevano una stanza separata dalla mia. Io sorrisi mentre ci dirigevamo in camera, decisa a ripassare tutte le battute fino a che non le avessi imparate a memoria. La cosa strana di quella giornata è che ero felice, molto felice, tutto era tranquillo, era tutto come doveva essere, come se fossi una persona normale, una normale ragazza di 16 anni che sta con il suo ragazzo e che non ha problemi con quel tipo di creature che si pensa esistano solo nelle favole o nei racconti dell’orrore.

La sveglia suonava in modo snervante da almeno due minuti: la odiavo! Allungai la mano e la spensi con un colpo, rannichiandomi poi di nuovo sotto le coperte. La luce del sole era imprigionata dalle tende davanti alla finestra, feci un sospiro rigirandomi per fissare il soffitto: era venerdì e quindi avevo lezione alle undici, ma avevo promesso ad Hanry che ci saremmo comunque visti di mattina per provare.
Mi alzai di malavoglia e mi diressi verso il bagno, Violette stava dormendo nel suo letto mentre Chantal e Julie se ne erano già andate. Mi sciacquai il viso e mi vestii, poi uscii per andare a fare colazione.
L’aria della mattina era frizzante, ma abbastanza calda, sembrava che finalmente che il caldo avesse deciso di farsi sentire. Camminai per i semi deserti corridoi della scuola e andai alla mensa, appoggiato allo stipite della porta stava Hanry, con un sorriso stampato in faccia che era impossibile non ricambiare. Era davvero bellissimo, l’uniforme gli dava un tono elegante e sofisticato, io ormai avevo smesso di guardarmi allo specchio quando me la mettevo perché sapevo già che aspetto avevo: sembravo la mascotte di una squadra di basket, nessuno poteva togliermi quella deprimente certezza.
Hanry mi venne incontro con un succo di frutta e una brioche in mano, me li porse con un sorriso.
<< La mensa ha chiuso dieci minuti fa. >> mi disse lui con un sorriso.
Erano quasi le dieci in effetti. Mi allungai per dargli un bacio veloce sulle labbra.
<< Buon giorno. >> bisbigliai con un sorriso.
<< Buon giorno a te. >> mi rispose porgendomi la brioche.
La presi e iniziai a sbocconcellarla mentre camminavamo verso l’aula di letteratura, avremmo provato lì quella mattina, anche se solo per un oretta e senza fare troppo clamore. Dopo aver finito la brioche Hanry mi passò il succo di frutta, mi viziava decisamente troppo e la cosa non mi dispiaceva affatto.
Ci mettemmo a sedere e iniziammo a recitare la parte che ormai sapevo quasi a memoria. Non sbagliai nessuna battuta, miracolosamente.
<< Bene. >>fece alla fine.<< Direi che ci siamo. >>
Sorrisi. << Si, le ho imparate. A suon di ripeterle … >>
<< Bene, ora dobbiamo solo recitarla come si deve, aggiungendo ciò che manca. >> sentenziò con un sorriso birichino e uno strano luccichio negli occhi.
Fu quasi con terrore che chiesi << Cosa manca? >>
<< Non è ovvio? >>domandò inarcando un sopracciglio con aria giocosa.
Lo fissai con aria confusa.
Lui si avvicinò prendendomi il viso tra le mani e allontanando in quel modo i capelli che, sfuggiti all’esastico con cui mi ero fatta la cosa, mi ricadevano sul volto. Avvicinò il suo viso come per baciarmi, poi sussurrò con malizia.
<< Romeo e Giulietta sono innamorati e questa scena è quella in cui … >> si interruppe per baciarmi le labbra. Il cuore iniziò a battermi fortissimo mentre le mie guance diventavano rosse. << … ci sono … >> riprese interrompendosi di nuovo per baciarmi, il mio cuore ormai andava a singhiozzi. << … più baci. >> concluse avvicinandosi di nuovo per baciarmi.
In quel momento sentii un tonfo e mi girai in tempo per vedere la porta spalancata e Elle sulla porta che mi fissava con sguardo afflitto, Julie era dietro di lei e mi rivolse uno sguardo preoccupato.
Hanry mi circondò la vita con un braccio e mi attirò a se, mi trovai con la schiena premuta contro il suo petto, mentre guardavo Elle avvicinarsi lentamente a me, con passo incerto. Aprì la bocca per parlare ma si bloccò palesemente afflitta, senza sapere come proseguire, rimasi a fissarla preoccupata e allungai una mano per appoggiarla al suo braccio.
<< Che succede? >> domandai in ansia, era strano che Elle fosse cosi preoccupata.
Lei mi fissò, gli occhi le divennero lucidi, come se stesse per piangere, si voltò lentamente verso Julie allontanandosi da me, mentre la mia compagna di stanza si avvicinò a noi lentamente, come se a ogni passo rischiasse qualcosa. Sentii Henry stringermi ancora più forte e appoggiare il mento alla mia testa, si era irrigidito e qualcosa lo turbava. Che stava succedendo?
<< Grace … è  successo una cosa un po’ brutta  ... >> farfugliò con ansia
La guardai senza capire, rendendomi conto che quella negli ultimi venti minuti quella era stata la mia espressione tipo.
<< Cosa? >> la incoraggiai mestamente.
<< Mi dispiace tanto Grace, ma sembra che tua sorella sia… >> iniziò mangiandosi le parole e fermandosi poi bruscamente senza terminare la frase.
<< Mia sorella? >> domandai senza capire.
Chantal entrò nella stanza in lacrime e corse ad abbracciarmi, mentre Henry faceva un passo indietro lasciandomi andare. Mi sentivo spaesata ogni istante di più, la stanza era diventata affollata e per una ragione che non comprendevo con chiarezza mi sentivo soffocare.
Il silenzio nell’ambiente circostante era pesante e palpabile, mi dava i brividi, nemmeno nei corridoi si sentiva niente, mi chiesi quanto mancasse all’inizio della lezione.
<< Crystal è morta. >> farfugliò infine Julie fissando il pavimento.
Per un istante sentii il mio mondo vacillare, poi tutto divenne nero. Prima di perdere i sensi sentii delle braccia che mi avvolgevano e in quel momento fui certa che a prendermi fosse stato Hanry.

 

 

Se non sbaglio i concerti sono divisi in varie parti: apertura, intermezzo e chiusura. Non sono una grande appassionata di musica, quindi posso benissimo sbagliarmi, comunque il titolo è stato scelto in quest'ottica.
Ho scelto quel titolo per una ragione particolare: questo capitolo è l'inizio del precipitare delle cose, non so come spiegarlo meglio. E' da qui che tutto inizia ad andare a rotoli.
Quandi buona lettura a tutte e un grazie a Silvy49 che commenta sempre i miei capitoli.

Bacioni e a presto a tutte le mie lettrici ^^!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Trappole - ***


Documento senza titolo

Per festeggiare il superamente dell'esame di Dinamica (in cui siamo finiti a parlare di vampiri, tra l'altro. Quei prof sonno geniali! Sono gli unici che sono riusciti a farmi calmare durante un esame orale!) ecco un nuovo capitolo^^!

x Silvy: non in questo capitolo, ma ti assicuro che presto avrai la tua risposta^^! Grazie per i commenti che mi lasci sempre, li apprezzo molto^^!

 

Capitolo 18

- Trappole -

 

Qualcuno mi stava accarezzando la testa con tocco gentile, una mano fresca e delicata, sentivo attorno a me la calca delle persone. Non riuscivo ad aprire gli occhi, le mie palpebre non avevano alcun desiderio di alzarsi, la sola idea le faceva inorridire.
In lontananza sentivo il rumore della pioggia, eppure l’ultima volta che avevo visto il cielo mi era sembrato sereno, senza nemmeno una nuvola, neanche in lontananza.
-Grace.- bisbigliò nel mio orecchio Hanry, la sua voce era gentile e colma di preoccupazione. Sentii la sua mano accarezzarmi di nuovo la testa, spostandomi alcune ciocche di capelli. -Grace, ti prego rispondimi.- ad ogni parola la sua voce sembrava più ansiosa.
Provai a sollevare le palpebre e con tutte le mie forze riuscii ad aprire gli occhi, sorrisi ad Hanry che mi guardava con preoccupazione, ma sentii le lacrime scivolarmi giù dagli occhi. Alzai le mani e me li posai sugli occhi per tapparli, mentre le labbra di Henry mi sfioravano la guancia con un bacio gentile.
-Crystal …- bisbigliai piangendo.
-Ssh …- bisbigliò Hanry stringendomi, era sdraiato sul letto accanto a me -Va tutto bene.- disse accarezzandomi il braccio e stringendomi a se con dolcezza. Sentivo le sue braccia circondarmi  e le sue mani accarezzarmi con infinita gentilezza, mentre la sua voce continuava a rassicurarmi.
Smisi di piangere quando ormai la sua camicia era bagnata dalle mie lacrime e mi sentii priva di forze. Hanry mi abbracciava ancora, pensavo o speravo che non mi avrebbe più lasciata andare. Lo abbracciai anch’io, lasciando andare i punti della sua camicia  che avevo stretto fino ad un istante prima e facendo scivolare le sue mani fino ad arrivare alla sua schiena; appoggiai lentamente la guancia al suo petto e chiusi gli occhi mentre lo sentivo respirare.
-Hanry.- lo chiamai con un filo di voce.
-Dimmi, piccola.- sussurrò nei miei capelli.
Rimasi in silenzio un istante prima di trovare il coraggio di bisbigliare -Dov’è Crystal?-
Lo sentii irrigidirsi e il silenzio in un attimo mi sembrò pesante. Alzai il viso per guardarlo in faccia ma non ci riuscii molto, mi guardai allora intorno e in un attimo realizzai di essere in infermeria. Cercai di scostarmi da Hanry per mettermi seduta, ma quando mi mossi lui mi strinse ancora più forte.
-Il corpo è ancora dove …. - non terminò la frase e io rimasi in silenzio aspettando di sentire il dolore trasformarsi in lacrime, ma non successe. Era passato troppo poco tempo da quando avevo pianto.
Serrai gli occhi però e strinsi le labbra per impedirmi di gridare quando il dolore, forte come una pugnalata al cuore, mi colpì. Mi irrigidii e ispirai sonoramente, poi Hanry riprese ad accarezzarmi lentamente la schiena e io iniziai a sentirmi meglio, almeno un po’.
-Da quanto sono qui?- domandai ancora.
Hanry rimase in silenzio, poi si guardò intorno come cercando una risposta. -Non lo so.- disse alzando un braccio per guardarsi l’orologio da polso. -Sono le cinque e trenta … Circa sette ore, direi.- concluse con indifferenza.
Mi discostai un attimo da lui per guardarlo negli occhi -E mi sei stato accanto per tutto il tempo?-
-Certo! Dove volevi che andassi?! Non ti avrei mai lasciato da sola in questo stato!- rispose in tono offeso.
-Ma ti sei almeno allontanato per mangiare?- chiesi in tono di rimprovero. Stavo già abbastanza male di mio, non volevo che stesse male anche lui per colpa mia.
-Non ho fame! Non ho bisogno di niente! E poi in questo momento non ti lascerei sola nemmeno se venisse Dio stesso a chiamarmi!-
-Ma Hanry …!- iniziai, ma lui mi zittì con un bacio.
Mi prese il viso tra le mani e strinse delicatamente -Tu sei più importante Grace!-
Non gli negai un sorriso, sebbene appena accennato.
-Non hai idea di quanto fossi preoccupato.- riprese. -Quando Julie ti ha detto quello che era successo …- a quella parole serrai gli occhi e lui mi baciò la fronte poi proseguì. -Mi sei praticamente svenuta tra le braccia. Ti ho portato qui di corsa e l’infermiera ha iniziato a blaterare ipotesi fino a quando non ha sentito quello che era successo e poi ha detto che il tuo svenimento era dovuto al forte choc. Dio! Ti giuro che avrei voluto prenderla a calci. Ma Julie me lo ha impedito.-
-Meno male.- commentai a mezza voce.
Lui sorrise. -Si, bè … se la stava cercando. Comunque mi sono rifiutato categoricamente di muovermi di qui finché non avessi perlomeno ripreso conoscenza e avresti detto che stavi bene.-
Lo abbracciai e mi strinsi a lui con più forza, non volevo che se ne andasse! Non doveva allontanarsi nemmeno di un centimetro! ... O avrebbero potuto uccidere anche lui.  Poi però la mia parte razionale ebbe il sopravvento: era improbabile che attaccassero un altro essere umano così presto, e Hanry non solo aveva saltato tutte le ore di lezione, ma era anche digiuno e questo solo perché mi era voluto restare accanto.
Sciolsi l’abbraccio e lo allontanai.
-Vai a mangiare qualcosa.- lo pregai incrociando il suo sguardo. -Io sto bene.-
-Non ho fame.- rispose attirandomi nuovamente a se.
Chiusi gli occhi, volevo sprofondare in quell’abbraccio e non pensare più a niente, ma non era giusto e non volevo farlo preoccupare così tanto, quindi mi costrinsi ad allontanarlo.
-Hanry, io davvero sto bene.- lo rassicurai. -Non preoccuparti! Vai pure! Devi mangiare qualcosa e poi hai le prove … Non puoi mancare.-
-Non ho intenzione di muovermi da qui!- chiarì serio.
Scossi la testa -Non puoi restare qui per sempre - anche se lo avrei voluto e tanto. -Non ti preoccupare e vai. Io mi sento un po’ stanca, penso che dormirò un po’.-
-Hai dormito fino ad ora.- mi fece notare.
-Ho voglia di stare da sola.- provai a cambiare approccio.
Lui mi fissò negli occhi, poi sospirò stancamente e mi rivolse uno sguardo dubbioso.
-Va bene.- acconsentì alla fine. -Andrò a prendere gli appunti da Julie, passerò in mensa e poi andrò ai primi cinque minuti delle prove.-
-Hanry, la recita è domani!- gli feci notare.
-So le battute e so recitare!- mi fermò prima che iniziassi la predica. -Al contrario di te.- aggiunse scendendo dal letto. -Sei una pessima bugiarda. Non mi hai convinto nemmeno per un istante.-
Gli lanciai uno sguardo mortificato e lui si chinò a baciarmi le lebbra, un bacio leggerissimo e dolcissimo. Poi mi guardò negli occhi prima di bisbigliare -Prometto di tornare presto, tu fa la brava e riposa, d’accordo.-
Mi sforzai di sorridergli e feci un cenno d’assenso con la testa.
-Brava piccola.- disse chinandosi a baciarmi di nuovo.
Se ne andò via senza voltarsi indietro, anche se a ogni passo sembrava averne voglia, o forse ero io a volere che lo facesse perché temevo che se lo avesse fatto gli avrei detto di tornare sul letto con me.
Rimasi stesa a fissare il soffitto: come era successo? Come era potuto succedere? Crystal non era debole, al contrario credo fosse la più forte e combattiva con le tre, era così in gamba e non potevo credere che fosse morta! Mi sembrava così strano … Il mio piano era andato in fumo, ma in quel momento non me ne importava niente.
I passi di Lucy mi distrassero dai miei pensieri, mi voltai a guardarla mentre camminava con passo elegante e leggero, aveva un lieve sorriso sulle labbra e sembrava molto tranquilla. In effetti era raro che Lucy si lasciasse andare, ma accidenti! Crystal era stata uccisa da un vampiro.
Lucy si sedette sul mio letto e mi accarezzo con una mano la guancia. -Stai bene, Grace?- domandò con preoccupazione.
La fissai un attimo incredula. -No.- risposi sconcertata.
-Capisco ….- bisbigliò con un sorriso dolce.
-Capisci? Crystal è morta! Cosa c’è da capire?- l’attaccai furiosa.
Stavolta mi rivolse un sorriso comprensivo. -Crystal non è morta tesoro.-
Rimasi a fissarla senza capire. La frase mi apparve nella mente come se fosse stata scritta su un foglio bianco in una lingua che conoscevo ma che non riuscivo a comprendere con chiarezza e più tempo continuavo a fissarlo più diventava chiaro eppure il significato continuava non arrivare.
-Che cosa?- chiesi confusa.
Lucy mi strinse con dolcezza la mano -Crystal sta bene. Era il tuo piano, con una piccola variazione.- aggiunse
-Cosa?- ripetei infiammandomi.
-Grace, ora non prendertela, ma tu non sei esattamente una brava attrice. Abbiamo introdotto questa variante per questa ragione. Dovevo essere io a fingere di morire e abbiamo anticipato i tempi, ma era l’unico modo per ingannare tutti e rendere la cosa credibile.-
Feci tre respiri profondi mente pensavo che stavo per svenire non so se per la rabbia o per il sollievo.
-Mi spiace.- si scusò abbracciandomi -Lo so che era un po’ estremo, ma Crystal ha pensato che fosse meglio così e io ho pensato che andasse comunque bene.-
Scoppiai a ridere e non riuscivo più a smettere.
-Giuro che la strozzo!- promisi tra una risata e l’altra.
Quando smisi di ridere mi asciugai le lacrime agli occhi e domandai. -Allora sta bene?-
Lei inclinò la testa con un sorriso dolce, i suoi capelli come oro liquido scivolarono dalla spalla sulla schiena, sorrise con un guizzo malizioso negli occhi.
-Sta soffrendo, se ti rincuora. Ha usato quell’incantesimo che si scioglierà verso mezzanotte e fino ad allora sarà una bella e scomoda statuina senza né respiro né battito cardiaco.- spiegò.
Sorrisi divertita. -Se l’è meritata.-
-Stasera devi essere pronta, quindi ora dormi un po’, vedi di procurarti qualcosa per cena.- mi ordinò dolcemente.
Scossi la testa.
-Sto bene, non ho sonno.-
-A questo si può rimediare.- bisbigliò e i suoi occhi divennero liquidi come l’acqua del mare e la sua voce si fece profonda e musicale. -Stenditi per bene sul letto e chiudi gli occhi, rilassati.-
Lo feci, scivolai lentamente da seduta sotto le coperte, stendendomi sul letto e chiusi gli occhi, pochi istanti dopo sentii la voce di Lucy riempire la stanza. Era come ascoltare un angelo … o una sirena; il suo canto riempiva la stanza come l’acqua cristallina riempie il mare, iniziai a sentirmi meglio, più leggera, più tranquilla e lentamente mi addormentai senza quasi accorgermene.

Quando aprii gli occhi Hanry mi stava abbracciando. Mi alzai a sedere, stiracchiandomi.
-Ho dormito molto?- ho domandato sentendomi ancora intontita.
Lui scosse la testa. -Sono solo le otto. Ti senti meglio?-
Ci pensai su, facendomi scura in volto: dovevo mentirgli e non volevo farlo. Volevo dirgli tutto ma non potevo, era snervante!
-Si, sto meglio.- assicurai con voce cupa.
-Non sembra … o forse si … Non saprei dirlo con certezza. Sembri meno distrutta e più amareggiata.- disse pensieroso.
Mi rannichiai accanto a lui incrociando i suoi occhi chiari. -Come sono andate le prove?- domandai cambiando discorso. -Hai mangiato qualcosa?-
Fece un cenno d’assenso. -Si, sta tranquilla.- disse appoggiando la fronte alla mia. -Non dovresti preoccuparti per me.-
Mi strinsi a lui respirando il suo profumo senza dire niente.
-Hai fame?- domandò baciandomi i capelli.
Non risposi subito: in effetti avevo un po’ fame, ma non troppa, e mi sentivo un po’ più leggera, soprattutto per aver saputo che Crystal era viva. Ma non dovevo far trasparire quell’informazione dal mio comportamento o dal mio modo di fare, dovevo fingere e io facevo schifo a recitare.
Mi allontanai per guardarlo negli occhi: il suo sguardo era gentile e preoccupato, mi sorrise con fare incoraggiante.
-Non tocchi cibo da stamattina.- bisbigliò in tono serio. -Dovresti mangiare qualcosa.-
-Ho fame.- accettai con un sorriso tirato.
Si mise a sedere sul letto con un gesto fluido ed elegante insieme, poi si voltò verso di me guardandomi con un velo di preoccupazione negli occhi.
-Cosa ti va di mangiare?- domandò dolcemente, la sua voce alle mie orecchie sembrava più dolce di qualunque suono avessi mai sentito. -Stasera c’è dell’ottimo salmone …- iniziò.
Chiusi gli occhi nascondendomi sotto la coperta -Niente pesce!-
-Va bene.- acconsentì tirandomi la coperta per scoprirmi. Si chinò a baciarmi dolcemente sulle labbra: quel giorno era uno zuccherino. Lo abbracciai trattenendolo dov’era e lo sentii sorridere sulle mie labbra prima di baciarmi di nuovo, ma si allontanò da me prima che il bacio si facesse troppo profondo.
Mi accarezzò il labbro inferiore con il pollice. -Torno subito.-
Lo lasciai andare a malincuore, mi consolava il fatto che nemmeno lui sembrasse felice di andarsene.
Lucy apparve di lì a poco con un vassoio su cui erano posati piatto di verdure lesse, spezzatino e una bottiglia d’acqua naturale, oltre al tovagliolo e le posate. Sorrise gentilmente.
-Pensavo avessi fame.- disse.
-Hanry è andato a prendermi da mangiare.- la informai adocchiando sconcertata il piatto. A volte odiavo la sua eccessiva  attenzione ai cibi e al vivere sano e soprattutto odiavo le carote lesse!
-Allora questo è meglio se lo faccio sparire?-
Scrollai le spalle. -Hai fame?- chiesi invitandola con un gesto a servirsi.
Lucy lo appoggiò sul letto tirando fuori le levette che erano incastonate sotto il retro del vassoio sulle lenzuola, poi prese una forchetta e infilzò una carota.
-Sicura che non ne vuoi?- controllò -Ti farebbe bene sai?-
Trattenni la smorfia e mi limitai a fare un cenno d’assenso in risposta. Lei iniziò a mangiare le verdure senza dire niente, sembrava pensierosa, era preoccupata per qualcosa.
-A che ora ci vediamo stasera?- domandai
Lucy alzò il volto per guardarmi negli occhi. -Forse non dovresti venire.- disse.
Scossi la testa. -Era il mio incarico, non ho intenzione di farmi da parte.-
-Ma non sei stata troppo bene.- mi fece notare, ma sembrava stesse mentendo.
-Per questo prenderò a calci Crystal!- risposi con un sorriso cattivo.
Lei scosse la testa.
-C’è qualche motivo per cui non vuoi che venga?- domandai incuriosita.
Lei ci pensò su mentre mangiava un'altra carota e il silenzio scese nella stanza.
Hanry arrivò con un vassoio carico di cibo proprio in quel momento e si bloccò quando vide l’altro vassoio e Lucy. Gli sorrisi.
-Evviva! Cibo!- esclamai adocchiando il vassoio: aveva portato lasagne, patatine fritte e un dolce, oltre a una lattina di coca cola.
Lui trascinò una sedia accanto al letto e mi porse il vassoio senza fare commenti.
-Non dovresti mangiare quella roba: è un po’ troppo pesante.- mi fece notare Lucy, rivolgendo al vassoio un occhiata sprezzante.
-Cibo vero.- ribattei, infilzando un pezzo di lasagna e ficcandomela in bocca.
Lucy sbuffò e sentii Hanry ridacchiare.
Li ignorai e iniziai a mangiare tranquillamente pensando ad altro: non riuscii a finire le lasagne, la porzione che aveva preso era gigantesca e ne lasciai metà nel piatto, mangiai qualche patatina e finii soltanto il dolce. Quando presi il tovagliolo per pulirmi la bocca lui lanciò un occhiata al mio piatto.
-Non hai finito le lasagne.- mi fece notare. -Hai mangiato un po’ poco.-
-Il mio stomaco ha un fondo.- mi limitai a rispondere con un sorriso. Mi sporsi per baciargli la guancia. -Grazie per avermi salvato da “quella roba”.-  aggiunsi facendo il cenno verso il vassoio vuoto che Lucy aveva elegantemente posato sulle gambe. Mi chiesi come fosse possibile che tutto ciò che facesse risultasse sempre elegante o impeccabile.
Hanry mi rivolse un sorriso divertito, ma non disse niente. Lucy prese il vassoio e lo mise sopra il suo.
-Non stancarti troppo.- raccomandò e mi diede un bacio sulla guancia. Sentii la sua voce più leggera, quella che era come il propagarsi di un onda magnetica e che solo le altre sirene e i pesci possono percepire. “Ci vediamo a mezzanotte, non tardare e liberati di lui”.
Feci un cenno d’assenso. -Va bene.-
Quando se ne fu andata Hanry si spostò sul letto. -Sei stanca?- domandò stringendomi a se.
Alzai gli occhi al cielo -Hanry … sono triste non malata!- gli feci notare.
Sorrise, ne sono sicura anche se non lo vidi, baciandomi la fronte. -Sono solo preoccupato per te.-
Lo ho abbracciato ancora più forte.
-Stasera resto con te. Non mi interessa se l’infermiera si arrabbia.-
Mi irrigidii: “Oh no!” Non poteva restare! Non solo perché sarei dovuta andare con Lucy a tendere un imboscata ai vampiri, ma anche perché non volevo che si ficcasse nei guai per colpa mia, probabilmente lo era già per aver saltato le lezioni.
-No!- esclamai spingendolo per allontanarmi. -Non devi metterti nei guai per colpa mia!- dissi fissandolo negli occhi.
Il suo sguardo era fermo e deciso. -Non mi metterò nei guai.- assicurò.
-Litigare con l’infermiera è mettersi nei guai!- gli feci notare seccamente.
Scrollò le spalle e mi rivolse un sorriso da monello, al che mi arrabbiai.
-I professori se la saranno già presa con te perché hai saltato le lezioni! Non voglio che la tua situazione divenga peggiore di quella che già è! Non è necessario! IO STO BENE!- sottolineai per bene ogni parola.
Lui mi fissò in cerca di una risposta, senza però porre alcuna domanda. -In effetti stai molto meglio.- assentii distante, continuando a fissami.
Sostenevo il suo sguardo con preoccupazione: a scuola erano molto severi riguardo alla partecipazione alle lezioni e Hanry l’aveva saltate tutte senza un buon motivo.
-Sei già nei guai vero? I professori sono arrabbiati?-chiesi preoccupata.
Lui sospirò stancamente, cambiano di nuovo espressione. -Chi se ne importa di loro, Grace! Eri uno straccio! Mi sei svenuta davanti! Non ti avrei lasciato sola nemmeno se mi avessero minacciato di morte!-
Arrossi, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per il senso di colpa. -Ti hanno sommerso di compiti? Ti hanno sospeso?- domandai ancora.
Scosse la testa. -Non devi preoccuparti di questo.-
Gli rivolsi uno sguardo parecchio ansioso, tanto che lui alla fine cedette e disse. -Okay, mi hanno sospeso da lunedì fino a giovedì. E mi hanno caricato di compiti. Fine.-
Serrai gli occhi di scatto. Era strano: stavo per tendere un imboscata a dei vampiri sanguinari e quello che mi preoccupava maggiormente era la sospensione di Hanry.
-E’ una cosa seria.- bisbigliai.
-No invece.-
-Non pensi che avrà serie ripercussioni? Potresti avere dei problemi ad accedere all’università che avevi scelto, i tuoi potrebbero arrabbiarsi e…-
Mi posò gentilmente un dito sulle labbra, impedendomi di continuare. -Non ci saranno problemi.- assicurò. -Stai tranquilla. Non devi preoccuparti per me.- mi assicurò stringendomi a se.
Cosa impossibile! Come facevo a non preoccuparmi per lui? Gli stavo causando parecchi grattacapi.
<<Qualcuno dovrà pur farlo, visto che tu sembri totalmente indifferente alla tua carriera scolastica!>> ribattei lasciandomi però avvolgere dal suo abbraccio. -Che ore sono?- domandai controvoglia. -Stasera davi rispettare il coprifuoco al minuto!-
-No!- si rifiutò subito.
Mi allontanai da lui per guardarlo negli occhi.
-Si, invece!- ribattei io con veemenza. -Vuoi essere espulso? È questo che vuoi? Perché se è questo allora sei sulla buona strada!- lo rimproverai.
-Non verrò espulso.- mi rassicurò.
Lo guardai con scetticismo.
-Invece di parlare di questo perché non parliamo di tua…- serrai gli occhi e nascosi la faccia nell’incavo della sua spalla. Lui si bloccò, smise di parlare, forse anche di respirare. Le sue braccia mi avvolsero di nuovo gentili e protettive. Scese il silenzio.
Mi sentivo male all’idea di mentirgli, cosa che comunque facevo, ma in quel caso non avevo detto niente quindi forse non poteva considerarsi una bugia la mia.
Sospirai: che tentativo debole di giustificarsi, in tribunale non avrebbe retto.
-Hai mangiato qualcosa per cena?- domandai cambiando argomento.
Rimase in silenzio, poi mi rispose: -Si, qualcosa. Ma non chiedermi cosa, non lo ricordo per niente.-
Sospirai -Che ore sono?- domandai ancora.
-Le nove.- rispose sbuffando.
-Il coprifuoco è alle nove e mezzo.- feci notare, nella mia voce c’era un certo malcontento.
-Giuro che arriverò in tempo. Ma se vuoi che resti …-
-Voglio che resti.- dissi subito, non riuscii a trattenermi. -Ma non voglio che tu finisca nei guai.- aggiunsi sospirando di nuovo. -Prometti però di venirmi a trovare domani mattina dopo colazione?- lo pregai.
Mi prese il volto tra le mani e iniziò a baciarmi prima dolcemente, poi in modo più intenso e vorace, quando si staccò da me ansimavo.
-Anche prima se vuoi.- sussurrò contro le mie labbra.
Non riuscivo a rispondere, a mala pena riuscivo a pensare.
Lui sorrise soddisfatto.
-Ci vediamo domani mattina.- disse con un ombra di tristezza nella voce.
Non risposi e lui sorrise di nuovo.
-Forse dovrei stare più attento a come ti bacio.- ghignò divertito.
Arrossi e farfugliai un incongruente -A domani.-

Le ore passavano noiose, mi alzai e mi sgranchii le gambe girando per la stanza. Non c’era nessuno, l’infermiera probabilmente stava dormendo. Presi dei vestiti puliti che qualcuno aveva lasciato in un sacchetto accanto al letto e mi cambiai, indossando una maglietta, un paio di jeans e delle comode scarpe da ginnastica. La maglietta era un po’ troppo lunga: avevo bisogno di avere la pancia scoperta così ne tagliai un pezzo in fondo con un colto, facendola finire con un bordo asimmetrico e frastagliato.
Dopo averla indossata me ne andai dall’infermeria e scivolai in corridoio, salii fino ad arrivare alla biblioteca e mi fermai all’ingresso addossandomi alla parete scivolai in silenzio fino ad arrivare al primo scaffale. Mi acquattai dirigendomi velocemente dietro la reception della biblioteca, Lucy apparve al mio fianco come una visione.
-Scusa il ritardo.- bisbigliai.
Lei sorrise. Mi accorsi che indossava i suoi soliti abiti da battaglia : un paio di stivali che arrivavano sotto il ginocchio, una gonna lunga con uno spacco altissimo che arrivava all’attaccatura della coscia e una maglia a colo alto senza maniche che mostrava il tatuaggio che gli scendeva dalla spalla lungo tutto il braccio in intricati disegni azzurri.
Rimanemmo lì in attesa, il silenzio era inquietante e il mio respiro leggero.
Un rumore lievissimo attirò la mia attenzione. Mi voltai verso Lucy che era già in posizione di difesa, il tatuaggio divenne più scuro e vagamente luminoso, poi come una scia liquida sembrò scivolarle dal braccio prendendo una forma solida nella sua mano. Diventò un bastone lungo e azzurro che in cima terminava in un tridente affilato, tra le lame e il tridente c’era una sfera azzurra che sfavillava.
Si posò un dito sulle labbra per farmi cenno di stare in silenzio, feci un cenno d’assenso e mi preparai a uscire allo scoperto.
Una luce azzurra riempì la stanza. Saltai fuori con i miei mini tridenti sguainati, pronta a combattere: mi trovai davanti ad otto figure non bene distinte. Dietro di loro Crystal se ne stava con una faccia un po’ seccata e la sua spada sguainata, sembrava piuttosto rigida, stava decisamente male: ben gli stava! Se l’era cercata!
Qualcuno accese la luce e io sentii male agli occhi, anche se non avrei dovuto li chiusi strusciandoli. Fu solo una frazione di secondo, ma sentii il rumore di un vetro rotto, riaprii gli occhi e vidi che la stanza era vuota. Mi voltai verso la finestra, Crystal si voltò verso di me, era accucciata sulla finestra e stava per saltare a inseguire i vampiri che erano usciti di lì.
-Sei sicura di voler venire?- domandò in tono preoccupato -Non sarà una cosa piacevole, potresti non uscirne molto bene.-
La guardai senza capire, ma con una smorfia seccata disegnata in faccia. -Sempre meglio che pensare che tu sia morta!- ribattei seccata.
Lo sguardo che mi rivolse era carico di preoccupazione e dolcezza. La verità è che tra Lucy e Crystal, per quanto all’apparenza non sembrasse, la più dolce era indubbiamente Crystal e se era così preoccupata per me una ragione c’era di sicuro.
Saltò dalla finestra e io la seguii subito con una decisa nota di preoccupazione.
Quella sera, molto più tardi mi sarei chiesta perché le parche c’e l’avessero avuta così tanto con me e avrei rimpianto amaramente di non essere rimasta stesa sul letto, stretta ad Hanry per tutta la notte.

 

Continua nel capitolo 19...

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 -True- ***


Documento senza titolo

Ciao a tutti! Finalmente eccoci con questo capitolo, quello che molti hanno atteso, il punto in cui la maggior parte dei misteri viene svelata. Che difficle rendere al meglio questo momento! Spero con tutto il cuore di essere riuscita a farlo al meglio. Aspetterò le vostre opinioni e i commenti, sperando che siano positivi. Comunque a me è piaciuto! XD Essendo l'autrice però sono di parte XD

Buona lettura^^!

Capitolo 19

- True -

 

L’aria della notte era piacevole mentre correvo più veloce che potevo per acciuffarli, Lucy e Crystal erano avanti a me ma non riuscivo a vederle. Quando entrai nel bosco percepii il potere di Lucy che si radunava in un punto, aveva creato una sorta di gabbia, ma non avrebbe resistito a lungo, quando la raggiunsi infatti si stava sgretolando.
Non riuscivo a vedere con chiarezza le figure all’interno del cerchio, ma quando una mi si scaraventò contro io indietreggiai e mi feci da parte, evitandola per un soffio. Scattai a sinistra, certa che mi avrebbe seguito nel folto del bosco e infatti non mi sbagliavo.
Quando mi fermai, dopo appena due minuti di corsa, mi trovai davanti quel vampiro, nascosto nell’ombra della foresta. Un raggio di luce penetrò tra i rami e illuminò la vampira che venne verso di me con eleganza: i suoi occhi erano diventati di un azzurro chiaro, chiarissimo, quasi bianco, ma per la prima volta non furono quelli a colpirmi. I capelli biondi scompigliati, l’abbigliamento alla moda e lo sguardo infuriato che stravolgeva la sua espressione niente toglieva alla sua solita bellezza. Isabelle mi fissava come se volesse uccidermi. Isabelle che aveva detto che avrei spezzato il cuore a Henry, che faceva parte del consiglio studentesco, che andava a scuola con me. Isabelle che era un vampiro.
Si lanciò verso di me, ma io ero troppo scioccata per difendermi e mi limitai a evitare il suo colpo addossandomi a un albero. Lei si bloccò dove ero io poco prima e mi assalì, al che mi abbassai per evitare il colpo che centrò l’albero e lo ridusse in pezzi. Schegge di legno mi volarono addosso mentre mi buttavo da una parte, cosa difficile da fare da accucciati.
Scattai verso una zona più illuminata, ma lei continuava ad attaccarmi e io iniziavo a stancarmi di muovermi a quella velocità. Non me la sentivo di ucciderla, era pur sempre Isabelle, e questo mi suonò male e mi fece sentire molto strana. Scossi la testa e presi velocemente una decisione mentre un suo colpo mi sfiorava il braccio.
C’era una sola cosa che potessi fare.
Lanciai un pugnale che si conficco nel terreno alle sue spalle e mentre schivavo i suoi colpi stetti attenta a girarle attorno, poi mi buttai in ginocchio a terra e lei si bloccò sorpresa mentre conficcavo l’altro pugnale nel terreno.
-Cosa…??- bisbigliò fissandomi negli occhi confusa.
Sorrisi mentre una spessa catena azzurra si formava intorno a lei avvolgendola e immobilizzandola.
Le mi guardò con rabbia mentre dalle labbra le usciva quasi un ringhio.
Alzai le mani come per arrendermi -Hey! Non prendertela con me! Sei tu che mi hai attaccato.- le feci notare.
Lei si bloccò guardandomi, poi un gigantesco affare peloso entrò si fece avanti dagli alberi e si mise tra me e Isabelle. Aveva un muso appuntito e una dentatura non proprio rassicurante, le unghie di quelle che dovevano essere le zampe sembravano un po’… bèh, diciamo che non mi sarei mai fatta accarezzare da un coso così, figuriamoci colpire!
-VA VIA!- gridò lei, il tono di voce era allarmato.
Per un istante pensai che si fossero invertite le parti e trovai il pensiero stranamente buffo, però tornai seria praticamente subito.
Il coso peloso – non so come definirlo, non era un animale, o almeno non era un animale normale. – emise un ringhio soffocato non proprio rincuorante, ma non provò ad attaccarmi quindi io rimasi ferma se pure sulla difensiva, per quanto potessi esserlo. Il silenzio ci avvolse nuovamente in mezzo a quella situazione di stallo. Che dovevo fare?
Un urlo ruppe i miei inconclusivi pensieri e mi fece fermare il cuore. Un urlo di una voce incredibilmente famigliare. Mi misi a correre senza pensare nella direzione da cui proveniva senza fare caso alla palla di pelo o alla vampira, perché di loro non mi importava niente, ma della persona a cui apparteneva quella voce mi importava eccome! Le volevo bene, era importante per me, era un amica!
Feci irruzione mentre Lucy stava per lanciare il suo fendente, mi buttai in mezzo senza riflettere e mentre venivo investita dal colpo, mi sentii come se fossi fatta di acqua, un simbolo blu mi si materializzò davanti agli occhi formandosi poi nella realtà e deviando il colpo. Non ho idea di come feci ma ne uscii illesa.
Sentii qualcosa di liquido, come la corrente del mare, avvolgermi per un istante lo stomaco, poi qualcosa di caldo, abbassai lo sguardo e mi accorsi che il tatuaggio era riapparso, le armi erano tornate al loro posto.
-Grace, togliti di mezzo!- ordinò Lucy. Alle mie spalle sentii dei passi ma non mi mossi.
-No.- risposi con calma, avevo il fiatone e mi sentivo male, mi girava la testa e mi sembrava tutto assurdo.
-Cosa?- Lucy sembra infuriata e sentivo il cielo riempirsi di nuvole e una tempesta avvicinarsi, mentre il suo scettro brillava di un azzurra luce sinistra.
-Grace…- sentii bisbigliare Julie dietro alle mie spalle, le lanciai un occhiata: aveva i vestiti a brandelli e una ferita che le arrivava in diagonale dalla spalla destra alla gamba sinistra, ma si stava già rimarginando a una velocità sorprendente.
-Dobbiamo parlarne.- ripetei mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e tornando a fissare il suolo, mi sentivo come se si stesse sgretolando sotto i miei piedi, ma a quando pare era lì fermo e tranquillo.
-Non c’è niente di cui palare. Sono vampiri. Devono essere eliminati.- la sua voce era ferma.
Scossi la testa. -No. C’è un errore! Sono sicura che c’è un errore.-
Sentii delle braccia avvolgermi in un abbraccio gentile. -Non c’è nessun errore Grace. Mi spiace tanto.- bisbigliò Crystal mentre una sua mano mi tappava gli occhi.
Sentii la forza di Blast, il bastone di Lucy, vibrare nell’aria e mi liberai dall’abbraccio di Crystal, fissandola negli occhi, lei sostenne il mio sguardo, sfoderando la spada.
Tirai fuori le mie armi.
-Ci deve essere una spiegazione.- insistetti.
Crystal abbassò l’arma e si voltò verso di loro, poi fissò un punto lontano, al di là di Julie che era a pochi metri da noi e si sorreggeva a Isabelle, accanto a lei c’erano Dave e Francesca, un altro affare peloso aveva fatto la sua comparsa in scena e io iniziavo a essere preoccupata: non amo le cose pelose a meno che non siano gattini o peluche.
-La tua è stata una pessima idea.- disse seccata a qualcuno che non vedevo.
-Se dici a me sappi che devi ancora pagarmela per avermi fatto credere che eri morta.- minacciai scherzosa, cercando di superare il vuoto nello stomaco che sentivo e ignorando i presenti.
-Oh! Fantastico!- sbuffò Lucy ignorandomi, era parecchio arrabbiata per parlare in quel modo poco educato. -Che cosa combini Grace?- mi accusò con rabbia.
La fissai sconcertata -Stavolta non ho fatto niente!- protestai.
-Hai risparmiato un vampiro!- replicò scuotendo la testa come una madre che fa la ramanzina alla figlia. Iniziavo a irritarmi.
-Julie è un amica!- ribattei prontamente con una rabbia dettata più che altro dalla forte frustrazione -DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE!- urlai quasi.
Come faceva a non capirlo? C’era sicuramente una spiegazione! Non poteva essere che fosse … si insomma … un vampiro. E anche se lo fosse stato non avrebbe mai ucciso una persona! Non Julie! Non era il tipo! Lei leggeva fumetti e storie d’amore e sognava il principe azzurro. Lei aveva un debole per il personaggio di un libro, aveva il cellulare pieno di adesivi della Pukka e di Hello Kitty! Andava in crisi se si dimenticava di fare qualche compito e odiava studiare spagnolo! Appena due giorni fa era entrata in camera tutta contenta per l’uscita del nuovo volume di una serie che le piaceva, come una bambina di sei anni! Insomma … era Julie, cavolo! Non era un mostro!
Lucy chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, poi domandò: -Che spiegazione vuoi, tesoro? Sono vampiri. Lo sono sempre stati, fin da quando li hai conosciuti. Crystal non ha voluto dirtelo perché non voleva ferirti. Ma sono vampiri Grace. Non scambiarli per amici. A loro non importa niente di te. Al massimo possono volere il tuo sangue, niente di più.- il suo tono era freddo e ragionevole.
Il mio cuore aveva iniziato a saltare dei battiti, non potevo dimostrarlo, ma ero certa che fosse così. Però non mi mossi, non feci niente, non guardai nemmeno Julie, non volevo farlo perché la verità era che temevo che quello che aveva appena detto Lucy fosse in parte vero. Mi sentivo un po’ una traditrice e anche una banderuola, visto che pochi istanti prima pensavo che Julie non fosse un mostro. Però era un vampiro, non mi aveva detto niente, e se si era accorta che io ero una sirena allora forse si era avvicinata a me solo per…
-Non avrei mai fatto del male a Grace!- ringhiò Julie e il suo ringhio scacciò via il mio brutto pensiero. Forse stava mentendo ma io volevo crederle e tanto bastava. Almeno a me!
-Mi chiedo se affermeresti lo stesso in una situazione diversa …- la falsa cortesia di quelle parole e il tono freddo come una lama con cui le pronunciò non mi sorpresero ma mi diedero i brividi. Lucy era tremenda quando era arrabbiata.
Crystal continuava a fissare un punto alle spalle del gruppetto con sguardo preoccupato.
-E quello.- continuò Lucy. -Ti avevo detto di liberartene.-
-Di chi …?- le sue parole mi suonavano insensate.
Crystal la fulminò con uno sguardo.
-Non te ne sei ancora accorta! Ma certo, perché dovevi?- scosse la testa come se fosse esasperata. -Non eri pronta!- Disse fissando il cielo come per incolpare qualcuno -Io l’ho detto! L’ho ripetuto mille volte! Ma tutto dicevano che non era vero! Che mi sbagliavo! Ma tu non eri pronta Grace! Non lo sei nemmeno ora!-
-Ma che cavolo vai blaterano? Va bene, non so riconoscere i vampiri, questo non vuol dire che non sappia combatterli!- ribattei irritata. Mi stava facendo arrabbiare. -Non so perché hai la luna storta e non me ne frega niente, ma smettila di comportati come una bastarda e torna in te!- lo sguardo che gli rivolsi era ostinato.
-Io sono in me! Sei tu che sei andata fuori di testa.- mi fece notare lei.
-Perché? Perché considero Julie un’amica? Perché non voglio che tu la uccida?- domandai seccata. Forse se fossi stata al suo posto anch’io avrei pensato che una persona nella mia posizione era fuori di testa.
-No. Perché ti sei innamorata di quel mostro!- mi aggredì.
-Ma di che accidenti stai parlando?- ormai stavo quasi urlando.
-Sto parlando di…- iniziò.
-Chiudi il becco Lucy!- la voce imperiosa e profonda veniva dalle mie spalle. Era bellissima e ispirava soggezione, persino io smisi di parlare, voltandomi però a fissare Crystal sbigottita: da quando aveva una voce simile?
Lei sostenne il mio sguardo con fermezza, nei suoi occhi c’era ancora l’ansia.
-Da quello che so loro vivono senza nutrirsi di esseri umani. Così mi hanno detto e a quanto pare c’è anche chi può confermarlo. Adesso voglio che voi due state buone. Noi siamo state inviate per fermare degli assassini, se davvero loro non uccidono non c’è motivo di fargli del male.-
-Stai scherzando?- Lucy aveva ritrovato al voce. -Sei impazzita anche tu adesso? Sono vampiri!-
Crystal si voltò lentamente a guardarla, io feci un passo indietro spaventata, era la prima volta che lei mi faceva così tanta paura, non sembrava più lei era come … come se celasse un lato oscuro incredibilmente potente e spaventoso e ora fosse venuto fuori. Una sorta di dottor Jekil e mr Hide. Naturalmente nessuno dei due lati avrebbe mai fatto niente per fare del male a qualcuno se non ci fosse propriamente stata costretta. A Crystal piaceva combattere, ma odiava uccidere, lo odiava con tutto il cuore.
-Non possiamo farlo. Punto. Anche Nettuno è d’accordo con me.- la informò con voce gelida.
-Non capisco.- bisbigliai.
-Dai, vieni fuori grand’uomo. Vediamo che succede.- lo invitò seccamente Crystal, il tono sempre imperioso e freddo, mentre Lucy era congelata per la partaccia che aveva appena subita.
 Lentamente una figura iniziò a muoversi nell’ombra fino a fare con passo incerto la sua entrata in scena.
Hanry.
Aveva dei semplici jeans e una maglietta, i suoi bracci erano lasciati lungo i fianchi, mi guardai intorno pensando che inventare una scusa sarebbe stato difficile, ma quel pensiero era solo uno scudo dietro al quale mi nascondevo per non vedere quello che pensavo davvero.
Alzai lo sguardo che avevo abbassato per incrociare i suoi occhi nascosti dall’ombra e dai capelli biondi spettinati che gli ricadevano in modo disordinato in faccia. Si era fermato davanti a Julie e anche se non potevo vedere dove andava il suo sguardo ero certa che mi stesse fissando.
-Togliti i capelli dal visto.- gli ordinò Crystal avvicinandosi a me -Deve vederlo con i suoi occhi o non ci crederà mai.-
Iniziavo a sentirmi male, ero certa di essere diventata più bianca del marmo nell’istante in cui lui si era fatto avanti.
Hanry si tolse i capelli dal volto e incrociò il mio sguardo, incatenandolo. I suoi occhi azzurri erano chiarissimi, praticamente la pupilla era bianca con un solo cerchio azzurro introno.
Barcollai e sentii le braccia di Crystal avvolgermi per sorreggermi, Lucy si avvicinò e l’acqua ci avvolse mentre davanti ai miei occhi tutto diventava nero.
In quel momento avevo un'unica certezza: il mio cuore si era fermato.

Quando riaprii gli occhi mi trovai davanti a un soffitto di mogano, chiusi di nuovo gli occhi e feci un respiro profondo.
-Stai bene?- domandò una voce preoccupata accanto a me, mi voltai per incrociare lo sguardo di Henry, i suoi occhi erano di nuovo azzurri metallici.
In un attimo fui assalita dai ricordi di quello che era successo, desiderai di aver fatto un orribile incubo senza crederlo davvero. La mano di Henry mi scostò una ciocca di capelli dagli occhi, quando mi sfiorò la pelle mi accorsi che tremava leggermente e si muoveva in modo esitante.
Mi alzai appoggiando i gomiti al divano e mi guardai intorno intontita.
-Dove sono? E Crystal e Lucy? Dove si trovano?- domandai evitando accuratamente di guardare Hanry.
-Sono andate a parlare con Nettuno insieme a Seline.-
-Cosa?- domandai sorpresa.
-Seline è una sacerdotessa di Diana e i licantropi sono devoti a lei.- spiegò con voce calma e decisa. -Noi …-
Mi lasciai cadere di nuovo sul divano e fissai il soffitto. “Quindi quei cosi pelosi erano licantropi” pensai, un pensiero frivolo e inutile, che però in quel momento aveva qualcosa di rincuorante.
-Grace …- mi chiamò Hanry, ma non ce la facevo a voltarmi per guardarlo.
-Grace, guardami!- mi ordinò con un ombra di irritazione nella voce.
Non risposi e continuai a fissare il soffitto.
In un battito di ciglia Hanry fu sopra di me, i suoi occhi fissi nei miei … i suoi occhi di vampiro. Tentai di voltare la testa in un gesto istintivo, ma lui mi afferrò subito il mento e mi impedì di muovermi.
-Non mi piace essere ignorato.- disse con rabbia.
Non risposi, chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, poi li riaprii. Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime. La stretta di Hanry si allentò e iniziò ad accarezzarmi le guancie e a baciarle, raccogliendo le mie lacrime con le sue labbra.
-Hanry sei un vampiro?- domandai con un filo di voce, a mala pena udibile da me.
-Si.- bisbigliò continuando a baciarmi.
-No.- mi sfuggì come un lamento dalla labbra mentre chiudevo gli occhi.
-Si, invece. Sono un vampiro Grace.- ripeté Hanry smettendola di baciarmi e iniziando ad accarezzarmi le labbra con in pollice.
-No, non puoi.- sbottai aprendo gli occhi. Era un idea che rifiutavo con tutta me stessa, anche se mi rendevo conto di agire come una bambina viziata di cinque anni.
Hanry sorrise sconcertato, i suoi occhi erano tornati normali.
-Non è una cosa che posso o non posso fare, è più che altro ciò che sono.- mi fece notare con un certo sarcasmo.
Gli lanciai un occhiata seccata. -No, mi rifiuto di crederlo!- ribattei seccata, come se questo potesse cambiare qualcosa!
-Tesoro.- sussurrò divertito. -Che tu ti rifiuti o no di crederlo non cambia molto il fatto che sono un vampiro.-
Scossi la testa con ostinazione, ma il vederlo sorridere, aveva qualcosa di profondamente rincuorante. Mi sfuggì un sorriso, sebbene velato da un certa tristezza. Quando i nostri sguardi si incrociarono i suoi occhi iniziarono a diventare sempre più chiari fino ad essere quasi bianchi.
Soppressi un brivido, mentre lui con un sorriso mi mostrava i canini di poco più lunghi del normale, ma terribilmente affilati. Chiuse le labbra sfiorandomi la guancia con un bacio.
Distolsi lo sguardo fissandolo sulle scale che davano al piano superiore. Dovevo porre una domanda molto più importante di quella, ma la risposta mi avrebbe fatto anche più male di qualunque altra.
-Grace.- mi chiamò di nuovo, mentre sentivo il mio cuore battere a mille.
-Hanry tu … tu sapevi che io …- non riuscii a terminare la frase.
-Che cosa?-domandò sottovoce.
Serrai gli occhi di scatto. -Sapevi chi ero? Sapevi che io ero una sirena? Quando mi hai conosciuto tu…- mi si spense la voce, sentivo il mio cuore battere così veloce che pensai mi stesse per uscire dal petto. L’ansia mi serrava lo stomaco e mi accelerava il respiro.
Hanry si mise seduto sul divano prendendomi in braccio, mi ritrovai seduta sulle sue ginocchia e stretta al suo petto con tenerezza e sinceramente non ci stavo affatto male.
Hanry era freddo, le sue mani erano gelide, ma non mi davano alcun fastidio mentre mi accarezzavano la schiena. Sentii che mi dava un bacio tra i capelli.
-Ha davvero importanza?-domandò, percepii una certa tensione nella sua voce.
Feci un cenno d’assenso, non me la sentivo ancora di parlare.
-Non lo sapevo … all’inizio. Quando ti ho incontrato ero di ritorno da una settimana di caccia, ero andato in cerca del gruppo di vampiri che aveva ucciso quei ragazzi per eliminarli. Noi non uccidiamo gli esseri umani, ci nutriamo di sangue sintetico, che è indubbiamente più disgustoso del sangue umano e che fa apparire il colore delle pupille di una sfumatura metallica , ma almeno non uccidiamo nessuno. Diana, a cui si sono consacrati i lupi, ci ha dato l’immunità a patto che il nostro territorio fosse protetto, ma non è sempre possibile tenere tutto d’occhio.-
Hanry smise di accarezzarmi e mi strinse più forte a se.
-Io non avevo idea di chi fossi, quella sera affrontasti Francesca e Isabelle, ma a me non dissero niente. Quando ti vidi mi ricordasti una persona, te ne ho già parlato. Mi incuriosivi … Più parlavamo più mi piacevi. Poi però andammo con Francesca e Dave e non mi ci volle niente per capire che eri una sirena quel giorno. Ti vidi trasformarti … Ero nascosto e vidi che ti trasformavi per salvare quella bambina. Eri una sirena … Che dovevo fare? Julie ti era affezionata e anche se Isabelle diceva che portavi solo guai nessuno ti avrebbe mai fatto del male per non scatenare le ire di Diana o di Nettuno. Decidemmo di essere prudenti e di allontanarci da te, era palese che non sapevi che eravamo vampiri e noi non ci nutrivamo di esseri umani, se ti fossimo stati lontani non ti saresti accorta di niente e alla fine te ne saresti andata rinunciando.- rimase un attimo in silenzio, alzai gli occhi per guardarlo e vidi che sembrava pensieroso, forse stava radunando le idee.
-Quindi mi hai mentito quando hai detto che ti eri allontanato da me perché ti vergognavi?- mi azzardai a domandare con un filo di voce. Cercavo di elaborare tutto quello che mi diceva per vedere le cose dal suo punto di vista. Non era facile ma ci stavo riuscendo, così come riuscii a porre quella domanda senza che sembrasse un’accusa.
Hanry si riscosse dai suoi pensieri e mi fissò, i suoi occhi ancora chiarissimi, tentai di sostenere il suo sguardo ma capitolai praticamente subito.
-No, mi sentivo davvero in imbarazzo per come mi ero comportato, soprattutto quando pensavo che eri venuta lì per uccidermi. E poi mi rendevo conto che ai tuoi occhi dovevo sembrare totalmente folle, questo mi metteva a disagio. Ma nonostante tutto non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso, la mia mente non riusciva a formulare un pensiero che non ti includesse.- sorrise in modo malizioso. -Se tu avessi saputo leggere nel pensiero mi avresti creduto un maniaco.- scherzò.
Gli tirai una pacca leggera sul petto e lo sentii ridacchiare prima che continuasse con tono serio.
-Ero attratto da te ma non potevo avvicinarmi, poi quando la professoressa di letteratura ci obbligò a fare teatro ti vidi così spaventata. Eri così fragile che non potevo restare fermo da parte a guardare. Tuttavia non hai avuto molti problemi ad affrontarmi e io non sapevo come giustificarmi senza ammettere di provare qualcosa per te, senza contare che non avevo idea di cosa pensassi di me. Credevo mi considerassi solo un tipo strano che era molto amico di Julie, una sorta di sua appendice insomma…-
Mi allontanai per rivolgergli uno sguardo sconcertato.
Lui mi fece la linguaccia. -Bè, davi quell’impressione.-si difese
Alzai gli occhi al cielo senza commentare, iniziavo lentamente a sentirmi meno angosciata e più tranquilla, come se fossi al sicuro... tra le braccia di un vampiro. Forse ero davvero impazzita!
-Poi capii di essere davvero stato un idiota quando sparisti.- riprese a raccontare, ignaro dei miei pensieri. -Ero talmente preoccupato che ignorai totalmente il buon senso e chiesi aiuto praticamente a tutti per cercarti. Isy … Isabelle … si infuriò e mi disse che ero pazzo. Lei reagisce sempre così quando si arrabbia. Ovviamente non riuscimmo a trovarti, tu hai un odore che ricorda l’acqua e che si confonde molto bene quando c’è la pioggia, non c’era nessuna scia da seguire e dovevo andare a casaccio. Comunque gli altri mi aiutarono a cercarti per le prime ore, poi quando non riuscimmo a trovarti fummo costretti ad avvisare il preside. Ero preoccupato talmente tanto da essere intrattabile, mi scagliavo contro chiunque, per colpa tua ho passato le otto ore più lunghe di tutta la mia esistenza! Quando ti trovammo … quando Adrian ti trovò, sembravi a pezzi, ma incolume. In quel momento iniziai a farmi un accurato esame di coscienza e facendolo capii che non avrei mai più potuto starti lontano a meno che non volessi impazzire. Convinsi gli altri a lasciarmi fare adducendo come scusa che lo facevo per tenerti d’occhio, ma non ero minimamente credibile.-
Mi allontanò da se per fissarmi negli occhi con un intensità tale da togliermi il fiato, non avrei mai pensato che gli occhi di un vampiro potessero comunicare un emozione così grande.
-Ero perso. Perso in degli occhi del colore del mare, perso nel sapore delle tue labbra, nella morbidezza dei tuoi capelli, nella fragranza della tua pelle. Me ne rendevo conto perfino io. Ma non me ne importava niente-.
-Non ti importa che io sia una sirena?-domandai sorpresa. Io ero sconvolta del fatto che lui fosse un vampiro, mi sembrava strano che invece lui fosse indifferente.
Per tutta risposta mi prese il volto tra le mani e mi baciò con forza, tanto che sentii i suoi canini attraverso la pelle. Si allontanò da me di poco per incatenare di nuovo il suo sguardo al mio -Tutte le volte che ti cerco, che ti sfioro, che ti respiro, tutte le volte che sento il tuo calore, tutte le volte in cui so che mi sei accanto, Dio, mi sembra di impazzire se non ti tocco, se non ti stringo, se non ti bacio. Non mi importa cosa sei, se sei mia.- bisbigliò prima di tornare a baciarmi. Ricambiai il bacio che stavolta fu dolce e quasi esitante. Quando mi lasciò andare appoggiai la testa alla sua spalla.
-Sono perduto …- ripeté con voce roca -E non sono mai stato più felice di esserlo!-
Gli sfiorai il collo con le labbra senza quasi accorgermene, era come baciare un ghiacciolo, ma non altrettanto scivoloso. -Continua il racconto.- bisbigliai.
Lo sentii respirare a fondo e in quel momento mi resi conto che ero totalmente tranquilla: non provavo più ne paura né angoscia. Era Hanry. Il mio Hanry. Mio e basta, mio e di nessun’altro. Era una bella sensazione, una sensazione di profonda pace e al contempo elettrizzante. Certo, era un vampiro … avrei dovuto abituarmi, ma era sempre e comunque Hanry e questa era la cosa più importante.
-Non c’è molto altro da dire.- riprese Hanry interrompendo questo mio pensiero. -Isabelle non ne era felice. Era certa che ci avresti scoperto e ucciso, che non mi avresti mai perdonato di averti mentito. Lei è sempre pessimista e esageratamente tragica, dopo un po’ ci fai l’abitudine e te ne freghi.-
-Che gentile.- lo presi in giro.
-Bè, non hai ancora cercato di uccidermi.- mi fece notare. -Anzi a sapere la notizia sei svenuta per la seconda volta in un giorno, anzi in due. Mi hai fatto prendere un colpo. Le tue sorelle ti hanno portato qui perché glielo ha chiesto Seline. Quella con il tridente era intenzionata a riportarti nel tempio mentre Crystal le ha detto che farlo era come ucciderti. Non c’ho capito molto sinceramente.-
Rimasi in silenzio, meglio non dire niente.
-Comunque questo è tutto. Tutta la verità, dal primo all’ultimo momento. Niente più bugie ora. Niente più misteri. Non da parte mia almeno.- concluse con un sospiro, guardandomi negli occhi.
Sorrisi e abbassai gli occhi: di segreti ne avevo ancora tanti, come tutte le sirene, e un giorno forse glieli avrei confidati tutti perché per la prima volta la verità mi sembrava un dono davvero molto prezioso, ma non quella notte. Per quella notte c’erano state abbastanza rivelazioni, tanto che se non ce ne fossero state altre mi sarebbero state sufficienti per i prossimi cento anni.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 -Beautiful- ***


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Mi piacciono le sfide! No, non è vero, ma era inevitabile che ci fosse questo capitolo. Devo dire che dopo il capitolo 19 ( apoposito grazie per i commenti, sono contenta che vi sia piaciuto, ero un pò incerta su come rendere il momento... molto incerta. Non ero affatto sicura di essere riuscita a farlo bene. -.- ) avrei preferito qualcosa di meno complicato, invece non potevo che fare così... Come spiegare il canto di una sirena? Di certo non dal suo punto di vista! Così eccomi a scrivere il capitolo da un altra prospettiva, sperando che tutto vada bene e che Hanry non sembri effemminato.(Chiedo perdono se sembra effemminato ç_ç)
Io sono una scrittirce, non dovrei avere incertezze!!!!!!!!!!!!!
Ma quando mai? -.-;

 

Capitolo 20

- Beautiful-

 

-Da parte di Hanry-

-Non è possibile!- la sentii esclamare, la sua voce musicale e delicata era piena di panico. Camminava avanti e indietro per la stanza addetta al cambio d’abito, dietro le quinte, aveva gli occhi chiusi e continuava a torcersi le dita. Sentii un moto di tenerezza, avrei voluto abbracciarla … adoravo abbracciarla.
-Stai esagerando. Infondo compari solo alla fine e solo per una canzone.- tentò di rassicurarla Julie.
Grace non l’ascoltò e continuò a girare in tondo per la stanza, eravamo tornati da poco e le avevano appena detto che, visto che Seline si era dovuta assentare per problemi famigliari, toccava a lei cantare ed era entrata nel panico. Aveva addosso ancora i vestiti della sera prima, le avevo portato qualcosa da mangiare visto che era praticamente stata digiuna, ma lei non aveva toccato niente dopo che eravamo stati trascinati in teatro da Elle e Julie le aveva dato la notizia.
-Non posso farlo! Non so nemmeno la canzone!-si lamentò con agitazione.
L’abbracciai e tra le mie braccia la sentii piuttosto rigida, ma poi si lasciò andare abbandonando la testa alla mia spalla e circondandomi la vita con le sue braccia. Il suo respiro era ancora irregolare ma si stava calmando. Respirai il profumo dei suoi capelli, mi ricordava un po’ l’odore del mare e del vento, e le accarezzai piano la schiena. Mi piaceva averla così vicina e stringerla.
-Calmati, andrà tutto bene.- la rassicurai, devo ammettere però che anche così nel panico era carina.
-No, non andrà bene per niente!- ribatté tornando a irrigidirsi.
-Davvero non sai le parole della canzone?- chiesi un po’ divertito, provando a distrarla. Mi sembrava strano che una sirena non sapesse le parole di una canzone o avesse paura di cantare, in fondo il loro canto era leggendario.
-No…- bisbigliò. Quando parlava così piano la sua voce aveva un che di sensuale, chissà se se ne rendeva conto?
-Allora qual è il problema?- domandai stringendola ancora più forte. Un ragazzo aprì la porta del camerino, io lo fulminai con un occhiata facendo cenno di andarsene e tornai a concentrarmi su Grace. Sentii la porta richiudersi ma ci feci caso a mala pena: Grace sembrava così piccola e indifesa in quel momento. Avrei voluto stringerla ancora più forte e ricoprirla di baci fino a farle dimenticare ogni affanno.
-Non voglio salire sul palco.- si lamentò a voce bassissima. Avrei voluto prenderla in giro, ma sentivo il battito accelerato del suo cuore e mi rendevo conto che era davvero molto nervosa.
La allontanai di poco da me per guardarla negli occhi e non resistetti all’impulso di baciarla. Aveva le labbra sottili ma piene e adoravo baciarle. Quando rispose al bacio persi quasi la testa, il suo corpo aderì al mio mentre le sue labbra accarezzavano le mie. Era difficile resistere a un richiamo tanto invitante, le presi il volto tra le mani intensificando il bacio, ma fui costretto ad allontanarmi prima di perdere totalmente la testa.
Quando mi allontanai la sentii sospirare, lei si lasciò nuovamente andare nel mio abbraccio, il suo respiro tiepido mi accarezza la pelle del collo. Se solo fossimo stati soli … Avevo una mezza idea di buttare fuori Julie.
Mi baciò con dolcezza il collo e mi sentii percorrere da un brivido. Accidenti a lei! Avevo più di novant’anni io! Come faceva a farmi un effetto simile?
Le sfiorai il volto con le dita, la sua pelle era liscia come seta e tiepida al tatto. Chissà se si rendeva conto che la sua temperatura corporea era sempre al di sotto di quella di un comune essere umano? Non è che fosse fredda, non era come noi. Ma era comunque meno calda di un essere umano.
-Ororo datti una mossa, tra poco dobbiamo essere in scena.- mi chiamò Ginger con la sua voce petulante. Sentii Grace stringermi più forte. Sorrisi, adoravo che fosse un po’ gelosa, anche se non mi diceva mai niente, penso perché non le piaceva mostrarlo troppo.
-Arrivo, arrivo.- le gridai allontanando Grace per poi tracciarle una scia di baci dalla tempia al collo, poi risalii di nuovo e le baciai le labbra. Aveva un sapore così buono!
-Guardami mentre recito, penserò a te.- le bisbigliai. Lei arrossì tantissimo, ma mi fece un cenno d’assenso. Perché? Perché dovevo lasciarla? In quel momento l’idea di allontanarmi da lei era quasi insopportabile!
Andai a cambiarmi controvoglia, avrei preferito rimanere con lei ma dovevo prepararmi per la recita. Odiavo questa cosa! Quella stupida recita, quella stupida parte! Volevo solo stringerla in quel momento, non avevamo ancora parlato di cosa avrebbe fatto dopo quello che era successo. E se se ne fosse andata?
Entrai in scena e iniziai a recitare la mia parte, ignorando totalmente gli sguardi che si posavano su di me, i miei pensieri si concentravano altrove.
Verso la fine dello spettacolo, che durò anche troppo, iniziai a sentire dei mormorii venire da dietro le quinte. Era impossibile per le persone normali sentirle, ma essere un vampiro aveva i suoi vantaggi!
La sentivo. La voce di Grace era bassa, appena sussurrata, sentivo il battito del suo cuore accelerato e  la scia del suo odore che era rimasto nell’aria. Si affacciò per un istante per vedere il palco, ma si ritrasse subito, tanto che riuscii solo a vedere  il movimento dei suoi capelli lisci, che in fondo erano acconciati in morbidi boccoli. I suoi capelli avevano il colore della sabbia, ma stranamente quando la luce li colpiva in un determinato modo rilucevano come oro, erano impressionanti.
La luce del riflettore era snervante, recitai le ultime battute del copione con aspettativa crescente fino a quando il palco fu sommerso dall’oscurità.
 I miei sensi si acuirono all’istante, vidi la figura delicata di Grace dirigersi verso un punto del palco, i suoi passi per quanto leggeri, erano indecisi e esitanti, sentivo la sua paura profumare l’aria e per quanto la cosa eccitasse i miei sensi di vampiro, mi sentivo in ansia per lei.
La luce si accese e la investì con violenza rivelando a tutti la sua bellezza. Penso di non aver mai desiderato così tanto uccidere qualcuno in vita mia come in quel momento! Sarei stato più che felice di sterminare tutti i ragazzi presenti nella sala, i cui occhi, ne ero più che certo, erano posati su di lei.
Le sue guance erano lievemente più rosse del normale, probabilmente per l’imbarazzo, le palpebre erano abbassate e le lunghe ciglia nere creavano un ombra che contrastava ancora di più con il rosa tenue della sua pelle e il rosso dovuto all’imbarazzo. Le labbra rosse e sottili, ma piene, erano stese in un espressione tesa. I lunghi capelli erano lisci, ma finivano in boccoli proprio come avevo visto prima, che le ricadevano sulle spalle nude e le incorniciavano lo splendido viso. Aveva un trucco leggero che la rendeva ancora più bella del solito e che immaginai le avesse fatto Julie.
Il vestito era bianco e le scendeva da sotto lo spalle fino al ginocchio fasciandola fino alla vita dove  si apriva in una gonna ampia dal quale di vedeva a tratti una sottogonna di tulle. Le maniche le fasciavano i bracci fino al gomito dove si aprivano diventando ampie. Le sue mani delicate, dalle dita sottili, erano intrecciate strette e tremavano leggermente.
In quel momento pensai che se avesse alzato gli occhi per chiedermi aiuto, anche a costo di scioccare tutti l’avrei presa e portata via. Mi stavo già trattenendo dal farlo ora, senza una valida ragione, era troppo bella. Non mi era chiaro perché si considerasse meno bella delle sue sorelle quando era chiaro che era così splendida da sembrare una visione.
Il silenzio nella sala era snervante, per di più ero più che certo che i ragazzi la stessero fissando come dei pesci lessi e questo mi faceva irritare, quasi volevo che  mi guardasse così avrei potuto portarla via anche se sarebbe stata solo una scusa. Dio! Volevo rinchiuderla in una stanza e non farla mai uscire, così che nessuno potesse vederla, così da poterla avere tutta per me.
Ripensai a ciò che mi ero chiesto prima “Se se ne fosse andata io che avrei fatto?”. Che domanda stupida! Era impossibile! Semplicemente impossibile! Non l’avrei mai lasciata andare! Mai! Non avrei potuto, era più forte di me, ormai lo avevo capito: il desiderio di averla accanto era più forte di qualunque cosa, di qualunque istinto, bisogno o sogno. Non potevo lasciarla andare! Dio, come la volevo! Come era diventata così importante per me? Come era diventata tutta la mia vita? Non avrei mai saputo dirlo ma era come il sole, il centro di tutto il mio universo, non potevo che ruotarle attorno spinto da una forza mille volte più grande e potente di me!
D’improvviso alzò il volto aprendo gli occhi, il loro colore acqua marina era splendido e luminoso. La musica del pianoforte era lieve e riempiva la sala. Improvvisamente iniziò la canzone. Dolce, lenta, tenera quasi, non riuscivo a capire le parole tanto era bello il suono della sua voce. Più di quella di qualunque altra persona esistente a questo mondo.  Più del suono di uno strumento musicale.
Mi sentivo strano, era come se il mio cuore si sciogliesse, un calore che non sentivo da quanto ero stato veramente vivo mi avvolgeva con dolcezza togliendomi il fiato, tanto era intensa e splendida la sensazione che mi trasmetteva. Avrei voluto piangere e ridere insieme, mi sentivo come pieno di gioia e commozione, ma anche tristezza e insicurezza. Non venivano da me, ne ero certo, eppure arrivavano fin dentro al mio cuore.
Non sentivo più neint’altro che quella voce così bella, avrei voluto che continuasse per sempre. Avrei potuto vivere anche solo di quella voce, era una certezza stranissima eppure vera, quasi tangibile, come se fosse un dato di fatto.
-Hanry …- mi chiamò la voce di Crystal. Fino ad allora mi era sembrata bella ma in quel momento l’avrei uccisa pur di farla stare zitta!
-Solo una sirena innamorata può cantare in questo modo. Il suo canto è il più bello in assoluto, superiore a qualunque altro a questo mondo, ma questo vuol dire anche che il suo cuore appartiene a te. Quando una sirena ama qualcuno dal più profondo del cuore la sua vita dipende da lui. Ricordi la storia della sirenetta? Se i tuoi sentimenti dovessero cambiare Grace morirebbe. Noi siamo creature in gran parte composte di spirito, ciò che ci tiene fortemente legate a questo mondo è anche il nostro desiderio di vivere.-
Mi irrigidii voltandomi verso la voce di Crystal che stava appoggiata al muro e mi fissava con preoccupazione. Tornai a guardare Grace, attirato dal suono della sua voce come una falena è attirata dalla fiamma.
La voce di Crystal attirò nuovamente la mia attenzione.
-Ora Grace non può vivere senza di te.- bisbigliò con angoscia. -Ma se mai lei dovesse morire, allora sappilo Hanry, non esiterò ad ucciderti!-
Sbuffai, in quel momento tutto quello che volevo era correre da Grace per stringerla e baciarla e non lasciarla andare mai più.
Alla fine della canzone il sipario calò e mi ci volle tutta la mia forza di volontà per non scattare verso di lei con la mia vera velocità. Appena la raggiunsi la strinsi forte.
-Ahi! Ahi! Le ali!- si lamentò.
Allentai di poco la presa, non mi ero accorto che aveva attaccate sulla schiena un paio di candide ali e che stringendola le avevo premute molto forte contro la sua schiena.
-Scusa.- le bisbigliai baciandole il lobo dell’orecchio. Lei arrossì probabilmente imbarazzata: era così deliziosa, l’avrei volentieri mangiata in un sol boccone, metaforicamente parlando. Forse però sarebbe stato più divertente assaporarla piano, con lentezza e dolcezza.
-Ci sono i saluti!- ci interruppe la professoressa.
Mi paralizzai e sentii anche Grace irrigidirsi, io non volevo che gli altri la vedessero di nuovo, vestita in quel modo era ancora più bella del solito. Lei invece, probabilmente, si sentivo solo a disagio davanti alla prospettiva di riapparire in scena.
Grace mi lanciò uno sguardo timido e imbarazzato: era tutto quello di cui avevo bisogno! Con una mossa la presi in braccio e corsi verso l’uscita limitandomi a gridare -Buoni saluti!-
Grace si aggrappò alle mie spalle guardandomi sconcertata, ma non disse niente, si limitò ad abbandonare la testa sulla mia spalla. Era così piccola e morbida, era splendido stringerla in quel modo. Avrei voluto accarezzarla, baciarla, coccolarla costantemente, mi era diventata così cara, così importante per me. Un’ incantatrice bellissima e dolce, una vera e propria sirena in tutti i sensi.
In quel momento mi tornarono in mente le parole di Crystal: Grace non poteva vivere senza di me … era vero? Che l’avesse detto solo per farmi preoccupare o per farmi abbassare la guardia?
Aveva importanza?
No. Decisamente no. Io non sarei mai riuscito a lasciarla andare perché io non volevo vivere senza di lei.

 

Nota dell'autrice: dal prossimo capitolo si torna al punto di vista di Grace. Grazie della pazienza.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 -Love song for a vampire- ***


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A Natsumi Takaya, di cui è da poco uscito in Italia l'ultimo volume del suo manga "Fruits Basket", perchè sarà sempre, sempre, sempre il mio ideale di scrittrice!

Capitolo 21

- Love song for a vampire-

 

Avevo cantato con tutto il mio cuore, quella canzone era solo per il mio vampiro, lo stesso che mi stava tenendo stretta e mi portava in braccio attraverso la scuola. Da notare che avevo usato al parola “vampiro” e non ragazzo. “Vampiro”. Dovevo abituarmi!
-Dove mi stai trascinando?- domandai a mezza voce.
Lui rallentò fino a fermarsi e mi mise delicatamente a terra, anche se io stavo bene dove stavo, ma non mi sembrava il caso di protestare.
Eravamo vicini a un edificio piuttosto malridotto, ma non avevo idea di che funzione svolgesse, comunque c’eravamo allontanati parecchio dal teatro e dalla calca di gente. Hanry mi sfiorò le ali con un dito, accarezzandone i bordi. Rabbrividii anche se non mi aveva toccata.
-Non mi ero accorto delle ali.- disse pensieroso.
-Dove siamo?- domandai ancora, guardandomi intorno. Eravamo nel bel mezzo del nulla, circondati da alberi di ogni genere.
-Questo è … una sorta di mio rifugio segreto. Vengo qui quando ho voglia di starmene in pace.- spiegò.
Entrammo nell’edificio mezzo diroccato e Hanry mi guidò con attenzione fino a una stanza al secondo piano. La cosa strana fu che salite le scale l’aspetto diroccato scomparve: le pareti erano dipinte in un tenue colore panna e il mobile e le porte di legno erano come nuovi. La stanza in cui mi condusse aveva le pareti azzurre, in mezzo alla stanza c’era un semplice materasso con una coperta e un cuscino appoggiati sopra, mentre il pavimento era rivestito di moquette. Un mobile conteneva una piccola collezione di CD e vari libri, altri erano sparsi per la stanza, sul pavimento. Appoggiato al letto c’era un walkman e la custodia di un CD, mi misi seduta sul letto e lo presi in mano: scopri che si trattava dai un vecchio CD dei Linkin parck.
-Stenditi.- suggerì la voce di Hanry al mio orecchio, mentre non lo guardavo era arrivato alle mie spalle.
Seguii il suo suggerimento e mi lasciai andare sul letto, trovandomi a fissare un soffitto … o meglio quello che ne rimaneva. Infatti dall’enorme quadrato dove ci doveva essere del cemento ora si trovava un vetro dal quale si scorgeva il cielo notturno. Le stelle erano molto luminose e belle, le ali però mi davano fastidio.
Mi rimisi seduta quasi subito.
-E’ molto bello.- dissi.
-Perché ti sei alzata?- domandò lui con la sua voce dolce e l’aria interrogativa, si era sdraiato accanto a me e ora mi fissava con uno sguardo limpido.
-Sto scomoda per via delle ali.- spiegai, tirandomi un occhiata alle spalle: come facevo a toglierle?
-Serve una mano?- domandò di nuovo, quando alzai gli occhi la sua faccia era a pochi centimetri dalla mia.
Come faceva a muoversi così veloce? Non riuscivo nemmeno a percepirlo.
-Sei flash.- scherzai sorpresa.
Lui scrollò le spalle. -E’ la mia naturale velocità.- disse trafficando con l’attaccatura delle ali, le sue mani fredde mi sfiorarono la schiena facendomi rabbrividire. -Se vuoi posso muovermi più piano.- aggiunse riuscendo dopo un po’ a staccarne una. -Ti ho fatto male?-
Scossi la testa, il suo tocco era così gentile che non avevo sentito niente.
-Quegli affari sono snervanti.-cambiai argomento.
 Julie, che mi aveva aiutato a prepararmi, li aveva fissati con attenzione alla schiena con della specie di colla.
-Sei molto bella vestita così.- commentò lui mentre si dava da fare con l’altra.
Arrossi, felice però del complimento. -Sei gentile.- bisbigliai
Scosse la testa -Sono sincero.-
Mi stesi nuovamente sul letto e lui si stese accanto a me, appoggiandosi su un gomito, iniziò a giocare con una ciocca di capelli, arrotolandosi il boccolo tra le dita.
-E’ stata Julie, vero?- domandò con un sorriso divertito.
-Si. Voleva farmi un look alla “Full moon”, qualunque cosa volesse dire. Ma a quanto pare i miei capelli erano troppo corti e così ha dovuto ispirarsi al look di “Oluha”, chiunque sia. Immagino si tratti di fumetti.- raccontai fissando il cielo limpido.
-C’era da aspettarselo.- assentì lui con un tono divertito.
Sorrisi incontrando i suoi occhi. -Se ci pensi bene è dolce nella sua psicopatologia.- citai, sapendo che non l’avrebbe mai capito.
-Gilmor Girls.- disse sorprendendomi, il sorriso che gli attraversava la faccia.
-Come lo sai?- domandai sconcertata.
Lui si avvicinò fin quando le sue labbra non sfiorarono le mie -Questo è un segreto.- bisbigliò prima di baciarmi. Lo abbracciai stringendolo forte a me, sentii il suo braccio scivolare dietro la mia schiena, poi sollevarmi leggermente per far aderire i nostri corpi.
Dopo poco si allontanò da me con un sospiro e si rimise in piedi. Per un attimo mi fissò intensamente negli occhi, i suoi occhi azzurri erano metallici e stavolta sapevo il perché e mi piacevano un mondo.
-Crystal mi ha detto una cosa …- iniziò un po’ incerto rimanendo in piedi.
-Perché lo fai?- domandai inclinando la testa di lato e fissandolo incuriosita. Mi ero resa conto che a volte si allontanava da me di colpo.
-Cosa?- chiese sorpreso.
-A volte ti allontani di botto.- spiegai appoggiando le gambe al petto e abbracciandole.
Lui abbassò un attimo gli occhi, poi incrociò il mio sguardo -Se vuoi proseguire dove mi ero interrotto sono a tua disposizione.-rispose con un sorriso malizioso.
Scossi la testa sospirando, stava di nuovo cambiando argomento.
Appoggiai il mento ai ginocchi fissandolo -Se ti dicessi che voglio continuare cosa faresti?-
Il suo sguardo si accese per un attimo, poi sembrò oscurarsi. Sospirò con quella che mi sembrò rassegnazione -Non mi nutro da un po’.- bisbigliò -E’ un po’ difficile avere il pieno controllo se siamo così vicini.-
Lo fissai con indifferenza: a quello proprio non avevo pensato ma immagino fosse una cosa normale.
-Grace, dì qualcosa.-mi chiese con preoccupazione.
Lo fissai un attimo, poi appoggiai le braccia sul materasso e stesi le gambe.
-Che peccato! Un letto libero e nessun modo di sfruttarlo.- scherzai, pensando di potermelo permettere. Ammetto che in parte era una provocazione, ma visto che non poteva succedere niente e che lui mi inchiodava sempre con queste battute, per una volta volevo invertire i ruoli.
Lui mi fissò sorpreso, poi scoppiò a ridere e scosse la testa. -Pensandoci potrei farcela a resistere, non ho poi così tanto bisogno di sangue.-
Gli feci la linguaccia -Scordatelo!-
-Sapevo che lo avresti detto.-fece con finto tono affranto.
Abbassai gli occhi, ogni tanto avevo la sensazione che Hanry dicesse sul serio quando parlava di queste cose, ma io preferivo non approfondire.
-Hanry, so che ti diverti a mettermi in imbarazzo …-
-Sei così carina quando arrossisci.- disse con dolcezza, togliendomi i capelli dal visto con una carezza.
Trasalii perché non mi ero accorta che si era avvicinato: era seduto proprio accanto a me, forse Lucy aveva ragione quando aveva detto che non ero pronta.
-Scusa, non volevo spaventarti.- disse con un sorriso contrito.
-Non importa.- mi affrettai a rispondere.
Lui mi attirò a se e mi strinse forte.
-Sai vorrei ascoltarti cantare ancora.- disse improvvisamente cambiando discorso.
Nascosi la testa nella sua spalla senza parlare.
-Non vuoi?- domandò rompendo il mio silenzio.
-E’ che… è imbarazzante. Non ho una bella voce. Cioè, aspetta.-lo bloccai prima che ribattesse. -Non è proprio che non ho una bella voce, so che a te non sembra. Ma se avessi sentito cantare Crystal o Lucy… soprattutto Lucy, ha una voce splendida.-
-Non mi piace molto quella ragazza.- mugugnò soprapensiero.
-So che con te non è stata esattamente gentile, ma è una ragazza molto dolce.- la difesi, era praticamente mia sorella.
Lui mi fissò incredulo.
-Non le piacciono i vampiri, ha le sue ragioni. Però è una persona molto dolce quando non perde totalmente la testa. E poi è davvero bella ed elegante, a volte penso che sia perfetta … a parte quando perde totalmente la calma.-
Lo sentii scuotere la testa. -Non capirò mai i tuoi complessi verso quelle due!-
-Siamo sorelle.-mi limitai a rispondere.
-Gia, bè. Non so perché pensi di essere da meno di loro, ma tieni presente che a incantare la sala questa sera non sono state loro, sei stata tu!-
-Davvero?-domandai sorpresa. Ero così nervosa che mi sentivo svenire quando ero sul palco. Temevo di sbagliare i tempi, di dimenticare la parole, di sembrare ridicola conciata in quel modo.
-Certo! Eri così bella che ero tentato di accecare tutti i presenti. E meglio che tu sappia fin da subito che sono abbastanza possessivo.- disse polemico.
-Ma perché volevi accecare i presenti?-chiesi ancora confusa.
-Perché eri bellissima! Più bella del solito, incantevole! E tutti ti stavano guardando. Era irritante sapere che qualcun altro ti avrebbe osservato mentre apparivi così fragile e affascinante; avrei voluto portarti via all’istante.-il tono deciso e serio mi fece sorridere.
-Stai esagerando.-gli feci notare.
-Per niente! Ma sono contento di non averlo fatto, solo perché ho potuto ascoltarti cantare. Avevi una voce bellissima. Immagino sia normale per una sirena…-
-Veramente quella era la prima volta che riuscivo a cantare così bene.-ammisi -Non sono mai stata molto portata per il canto.-
Lui si allontanò da me per guardarmi. -Sei incredibile.- disse con dolcezza.
Mi allungai per baciarlo, quando mi allontanai lui si chinò a sfiorarmi la spalla con le labbra, il volto seppellito nei miei capelli.
-Ti è assolutamente vietato andare in giro con questo vestito.- ordinò in tono serio.
Scoppiai a ridere. -Stai esagerando.- ripetei.
-So che non ti rendi conto di quanto tu sia incredibilmente attraente con questo addosso, ma sono serio, non voglio vedere ragazzi che ti girano attorno, potrei decidere di ucciderli.-
-Non penso che sarò mai assediata dai ragazzi.- dissi tranquilla, mi sembrava strano che dicesse sul serio ma il suo tono sincero e deciso non lasciava spazio ai dubbi.
-Fammi contento e non metterlo!- ripeté risoluto.
Scrollai le spalle. -Non potrei comunque, è un costume non un vestito.-
Lui mi baciò il collo. -Benissimo. Domani canterà Seline.-
-Su questo non c’è dubbio. Pensavo di svenire sul palco, sarebbe stato alquanto imbarazzante.- confessai.
Alzò la faccia e i nostri occhi si incatenarono -Sei stata splendida.-
Arrossi. -Grazie.-farfugliai.
-Grace, canta per me.. per favore.- chiese dolcemente, con un sorriso tenero sulle labbra.
Abbassai lo sguardo sul suo torace, continuava a cambiare argomento ogni due minuti.
-Non sono brava nelle esibizioni, è stata pura fortuna. Potrei essere pessima stavolta.- lo avvertii.
-Non penso sia possibile.- mi rassicurò baciandomi la fronte, alzai di nuovo lo sguardo mentre lui appoggiava la sua fronte alla mia. -Non vuoi cantare per me, mia bella sirena?- chiese ancora con dolcezza.
Sorrisi. “Mia bella sirena”, ecco un modo in cui mai pensavo mi avrebbe chiamata, ma sembrava davvero indifferente al fatto che fossi una sirena.
-Che canzone?-domandai cedendo alla sua richiesta.
I suoi occhi sembrarono illuminarsi, era incredibilmente bello. Come avevo fatto all’inizio a considerarlo normale? La sua bellezza non mi aveva incantata allora eppure ora ero totalmente rapita dal suo fascino e dal suo modo di comportarsi. Come era successo? A che punto lui era diventato così caro per me?
All’inizio non lo sopportavo, poi non sopportavo la sua assenza …
-Quella che vuoi, non ha importanza quale. Voglio solo sentirti cantare.- disse stringendomi.
Mi allontanai lentamente, anche se a malincuore, da lui e mi misi seduta. Lentamente iniziai a cantare, stando attenta a non sbagliare i tempi e lasciandomi trasportare dalla canzone. Quando arrivai alla fine il silenzio riempì la stanza come un liquido denso e dolce, mi volai a guardare Hanry con una punta di incertezza.
Lui si era steso sul letto, la testa appoggiata sul cuscino, le braccia incrociate sulla pancia e gli occhi chiusi, sembrava quasi addormentato. Era come guardare il principe delle favole, le sue ciglia creavano un ombra sottile sulle sue guance.
Non so come accadde, ma improvvisamente mi ritrovai premuta contro il suo torace, le sue braccia che mi circondavano con gentilezza e insieme con forza.
-Sei stata eccezionale.- bisbigliò baciandomi i capelli, la sua voce era… assonnata, in assenza di un aggettivo migliore.
-Sono contenta che ti sia piaciuta.- bisbigliai sorpresa.
-Che canzone era?- domandò con un pizzico di curiosità.
Tentai inutilmente di soffocare la risata che mi saliva alla labbra, scoppiai a ridere contro il suo petto, lui mi sollevo con gentilezza stringendomi le mani intorno ai bracci, ma la sua espressione confusa non fece che accrescere la mia risata.
-Che c’è?- domandò, mentre io non riuscivo a smettere di ridere. Lui mi osservava sempre più sconcertato.-Hai intenzione di dirmelo?- chiese.
Smisi di ridere il tempo di prendere una boccata d’aria e mi limitai a scuotere la testa in risposta.
-Che canzone era?-domandò sempre più incuriosito.
Mi misi le mani davanti alla faccia tentando di smettere di ridere senza riuscirci.
Lui mi fece scivolare accanto a se e si appoggiò su un gomito mentre io continuavo a ridere.
-Ti ricordi di riprendere fiato, vero?- chiese ironicamente.
Mi raggomitolai su me stessa, il mio corpo scosso dalle risa più di prima, tenendomi la pancia e guardandolo con gli occhi velati di lacrime. Non riuscivo a vedere bene il suo volto ma ero certa che vi fosse dipinto un sorriso.
-Quando hai finito avvertimi.- disse con tono vagamente offeso.
Mentre tentavo di riprendere fiato, ridendo ininterrottamente, guardavo il suo volto e lentamente riuscii a calmarmi. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, respirando a pieni polmoni. Le sue braccia mi avvolsero subito, gentili e protettive.
-Una canzone d’amore per il mio vampiro preferito.-bisbigliai affondando le labbra nel suo collo freddo.
Lui mi baciò i capelli.
Allora non lo sapevo ma quella era l’ultima notte tranquilla che avremmo passato insieme, perché presto si sarebbe scatenata una tempesta.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - In the end- ***


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Ciao! L'attesa non è stata molta lunga, vero? (o forse si?) Comunque l'ultima volta ho dedicato il capitolo a Natsumi Takaya, che è in assoluto la mia mangaka preferita, Fruits Basket è stato un fumetto molto importante per me, e lo resterà sempre.

Stavolta vorrei dedicare il capitolo a qualcun altro (lo so, "quante dediche!" direte, sempre che leggiate quello che scribacchio. ehehe).

Questo capitolo lo dedico alla mia miagliore amica, Alexia, che odia leggere qualunque cosa, incluso quello che scrivo (infatti non lo legge!XD), ma che in un modo o nell'altro mi è sempre accanto quando sono giù.
Lo dedico a Yoko, l'altra mia migliore amica, che è totalmente folle, ma chi mi spinge sempre a scrivere e che mi trascina in discussioni assurde e divertenti, che è capace di ascoltarmi anche per ore, senza mai lamentarsi, ti voglio bene bimbola.
Lo dedico a Silvia49, che anche se non la conosco bene mi manda sempre un email dopo ogni capitolo: mi fa davvero piacere sapere che mi leggi sempre.
Lo dedico a horus che a quanto pare ha letto tutte le mie storie,sarei curiosa di sapere quale ti è piaciuta di più, anche perchè Yoko continua a snobbarmi Hanry a favore di Asher... povero!
E infine lo dedico a tutti voi che avete la pazienza e la prontezza di leggere sempre quello che scrivo.

Sono stata un pò lagnosa? ...forse. Stasera gira così XD
Buona lettura a tutti!

Capitolo 22

- In the end-

Hanry mi aveva accompagnato fino all’edifico scolastico, poi lo avevo rimandato indietro dicendogli che non poteva permettersi di accompagnarmi fino al dormitorio e di fare tardi visto che già era stato sospeso.
L’aria della sera era fresca e il cielo limpido mentre in silenzio mi dirigevo verso il dormitorio, non c’era nessuno in giro anche se era sabato sera, probabilmente per via della recita o forse perché era mezzanotte passata.
Mi bloccai davanti al mio dormitorio, dove mi attendeva un immagine molto particolare, una scena che non mi sarei proprio aspettata. Gli scalini erano illuminati da un raggio di luna, Lucy era seduta sulla pietra con le gambe accavallate, il volto seminascosto, i lunghi capelli dorati sciolti sulle spalle. I suoi occhi chiari erano calmi, non gelidi, ma indifferenti, le mani erano incrociate e appoggiate sul ginocchio, una folta di vento le scompigliò i capelli, rivelando lo splendido viso sul quale era dipinta un espressione indifferente.
Feci un respiro profondo quasi senza accorgermene e mi rimisi a camminare verso di lei con passo fermo. Non so perché la vederla seduta lì, su quei gradini, aveva qualcosa di strano, di sbagliato quasi: lei era sempre così elegante che anche se era seduta in modo elegante, l’essere su dei gradini gli dava un che di casual che non le si adattava. A volte mi chiedevo se i suoi genitori fossero state delle persone altolocate, forse era per questo che qualunque cosa facesse sembrava sempre elegante.
Ero a meno di un metro da lei quando mi fermai fissandola negli occhi: che avrei dovuto fare? Che accidentaccio potevo dire? Per un attimo pensai di esordire con un “Salve!” alla Lorelay Gilmore, ma mi trattenni.
-Ciao.- salutai con un sorriso accennato.
Lei non rispose, si limitò a fissarmi, nonostante il caldo della sera, sentivo il gelo avvolgermi.
-Lucy … - bisbigliai con tono sommesso, non ero abituata alla sua freddezza o alla sua indifferenza.
-Dov’eri?- domandò con voce ferma e vellutata.
La fissai con un mezzo sorriso. -Con il mio ragazzo.-mi limitai a rispondere.
-Immagino tu stia parlando di quel vampiro …-
Sospirai abbassando lo sguardo.
Lei si alzò con agilità e un incredibile grazia, ho sempre invidiato il suo modo di muoversi. Mi venne incontro e mi appoggiò le mani sulle spalle con delicatezza, il suo sguardo era fermo.
-Lo ami?-domandò con distacco.
-Io …-iniziai fermandomi.
Lo amavo? Domanda da un milione di dollari! Non ne ho idea. Era qualcosa di cui avevo letto o visto, o ascoltato canzoni … “l’amore” intendo. Non era qualcosa che avevo provato, non l’amore romantico almeno.
Hanry era importante per me. Quando non c’era mi mancava, quando mi era accanto mi sentivo felice e agitata contemporaneamente. Non sopportavo che le altre ragazze gli posassero gli occhi addosso, lo volevo solo per me e non sopportavo l’idea che qualcuno me lo portasse via. In alcun modo. Nessuno doveva prendermi Hanry, nessuno doveva toccarlo.
Nemmeno a Lucy lo avrei perdonato. Se avesse fatto del male ad Hanry l’avrei uccisa, anche se era come una sorella, anche se eravamo state insieme per circa un secolo, anche se lei era stata come una madre e come una sorella. Anche se mi aveva insegnato a combattere, a cantare, a sperare, a non arrendermi e a credere in me stessa, anche se mi aveva fatto ricordare cos’era una famiglia …
Hanry era … lui era … per me, lui era … era unico. Era incredibile. Intelligente, simpatico, divertente, in gamba. A volte era possessivo e un po’ geloso, a volte nemmeno capivo perché si arrabbiava, ma c’era sempre per me quando ne avevo bisogno o quando lo volevo accanto. C’era ed era fondamentale come l’aria.
All’inizio era solo un ragazzo seccante che mi aveva rubato il mio primo bacio, era arrogante e insopportabile. Poi invece si era dimostrato un tipo strano ma gentile, a volte si comportava in modo assurdo, ma dopo averlo conosciuto sempre di più… non so, l’idea di non averlo accanto era strana e mi faceva stare male, tanto male. Era amore.
Questa sensazione terrorizzante ed eccitante al tempo stesso, questa sensazione che a volte mi commuoveva e che sapeva togliermi il fiato, una sensazione che sembrava non smettere mai di travolgermi … era questa sensazione che mi avvolgeva e mi piaceva da impazzire!
Era questo l’amore? Questa sensazione che mi faceva esplodere il cuore era amore?
-Io … - tentai di dire, ma mi ero portate le mani alla bocca senza nemmeno accorgermene. -io … - ripetei allontanando le mani e fissandole -Io lo …- amo.
Io lo amo.
Non potevo dirlo a voce alta, qualcosa mi bloccava, un sentimento che trascendeva il tempo, una sensazione profonda. Ma accettarlo … era inevitabile come la verità, anche se era pericoloso, anche se poteva costarmi la vita, perché infondo non c’era ragione migliore per farlo!
E poi dirlo a Lucy. Lo avrebbe ucciso! No, peggio lo avrebbe fatto a pezzi e poi ucciso. E io forse non sarei stata abbastanza forte da fermarla. L’avrebbe ucciso anche se questo significava la mia morte? Probabilmente si. Non potevo sopportare questa idea ma … Cosa avrebbe fatto se avessi detto che lo amavo? Come avrebbe reagito? Mi avrebbe attaccato? Sarebbe corsa da lui per affrontarlo? Eravamo vissute come sorelle per un lungo, lungo tempo, ormai mi sembrava strano non considerarla mia sorella, non volerle bene. Non averla accanto.
Lucy era strana , era bellissima, affascinante, elegante, una sirena perfetta, eppure a volte intravedevo la sua persa umanità nella sua rabbia, che spezzava l’accurata freddezza e la mitezza che accompagnava ogni suo comportamento. Non volevo averla contro, ne avrei sofferto; ma non potevo perdere Hanry, non potevo farlo! Era più forte di me, era qualcosa che non riuscivo a comprendere o ad accettare, quasi un blocco mentale.
-Lo ami, vero? È per questo che Crystal non ha voluto farlo, è per questo che non ha voluto ucciderlo.- disse soprapensiero, interrompendo le mie riflessioni, i suoi occhi erano delle lastre di ghiaccio dal quale non filtrava nessuna emozione.
Feci un respiro profondo: e se invece dirle che amavo Hanry lo avesse salvato? Se il suo affetto nei miei confronti avesse vinto sul suo odio pressoché connaturato e smisurato per i vampiri?
-Lo amo Lucy.- lo bisbigliai con un filo di voce, era così bassa che nessuno sarebbe riuscita a sentirlo e colma di incertezza e di insicurezza per il passo che avevo appena compiuto.
Le sue mani scivolarono dalle mie spalle e lo sguardo che mi rivolse era più che cupo.
-Quello è un vampiro Grace. Un vampiro. Un mostro.- il suo sguardo era duro quanto il suo tono.
La fulminai con uno occhiata fredda quanto lo zero assoluto. -Te l’ho già detto. Io lo amo!- ripetei stavolta con più sicurezza, facendomi in qualche modo forza. -Non ti permetterò di fargli del male!-
Ci fissammo negli occhi, in quel momento mi sentivo veramente fragile, ma non dovevo cedere nemmeno per un momento sotto quello sguardo di ghiaccio che mi congelava fin nelle ossa. 
-Io non posso lasciar correre.- la sua voce mi trafisse come una lastra di ghiaccio.
La fissai con rabbia, una rabbia totalmente ricambiata, e ferma decisione. -Non ha ucciso nessuno Lucy! Non fa del male a nessuno! E io non ti permetterò di fargli del male!- esclamai.
-Non puoi battermi e lo sai.- ribatté in tono freddo.
Feci un respiro profondo cercando di calmarmi e poi scrollai le spalle come se non mi importasse, nel vano tentativo di scrollarmi di dosso il freddo che mi attanagliava. -Tanto se lo uccidi morirò comunque.- le dissi con il tono più noncurante che riuscii a trovare.
Lei trasalì e per un attimo vidi la sua decisione vacillare, poi però i suoi occhi divennero di nuovo di ghiaccio. Il silenzio riempì l’aria e mi avvolse come dell’acqua gelida.
-Una soluzione c’è …- bisbigliò.
La fissai un attimo senza capire. -Illuminami ti prego.- la sfidai seccata, anche se sentivo il cuore pesante.
-Se tu tornassi umana …-iniziò in tono calmo, riacquistando la compostezza che era consona avere.
-Morirei.- tagliai corto. In fondo stavo morendo quando nettuno mi aveva salvato.
-No, ti salveresti.- mi corresse con sguardo limpido. -Se tornassi un essere umano potresti uscire da tutta questa situazione. Potremmo provare a chiedere a Nettuno, potresti tornare nel tempio.-
-E tu lasceresti stare Hanry?- domandai soprapensiero, se serviva a farla desistere  l’avrei seguita anche all’inferno, anche se mi si spezzava il cuore.
-E’ un vampiro, Grace.- rimarcò con voce tranquilla, senza rispondere veramente alla mia domanda.
-Immagino il tuo sia un no. Il nostro compito non è uccidere chiunque ci capiti a tiro.- le feci notare sforzandomi di usare un tono pacato e ragionevole.
-Non è chiunque, è un vampiro.- ripeté ostinatamente.
-Non fanno niente di male. Non puoi incolparli di niente, non è stata una loro scelta.- argomentai seccata.
-Te lo ha detto lui?- domandò con calma, la sua voce però vibrava di rabbia fredda e mi spaventò.
-No.-  risposi cauta.
-Allora come sai che non l’ha voluto?- domandò con fredda soddisfazione, come se avesse messo alle strette un sospettato.
Mi irritai e parecchio, era ipocrita e in fondo lo sapeva anche lei. -Se anche lo avesse voluto avrebbe avuto importanza? Lucy, tu volevi diventare una sirena?- domandai sarcastica. -Dai, qual è la risposta?- la incalzai -No. Non lo volevi. Come non lo volevo io. Non abbiamo avuto scelta, quando l’alternativa era  la morte. Non c’è niente di male nel voler vivere.-
-Non è la stessa cosa! Noi non uccidiamo nessuno!- rispose con foga.
Feci un passo indietro, ma non distolsi lo sguardo. -Tranne zombi, vampiri, demoni, licantropi a volte e non so che altro. Personalmente mi sono sempre limitata a zombi, e ho ucciso solo qualche vampiro, anche perché come hai detto tu, “non ero pronta”- dissi imitando la sua voce.
-E’ diverso!- esclamò furente.
-In cosa?-chiesi seccata.
-Noi non uccidiamo esseri umani.-
-Quelli che uccidiamo una volta erano esseri umani.- le feci prontamente notare -E comunque neanche Hanry e gli altri uccidono esseri umani. Qual è la verità? Perché vuoi ucciderli a tutti i costi? Perché è così importante per te?-
Il suo sguardo vacillò, poi tornò fermo e serio, mi fissò con un misto di rabbia ed indifferenza.
-Come vuoi tu. Questa è la fine del legame tra noi.-sentenziò.
-Non ti ho mai sofferto quanto ti comportavi in modo tanto estremo.- nel mio tono una discreta dose di sarcasmo. -Proprio come ti stai comportando adesso, neanche avessimo cinque anni!-
Mi lanciò uno sguardo freddo, poi spostò il suo sguardo alle mie spalle. -Sembra che il tuo principe sia accorso, sirenetta.- bisbigliò con freddezza.
Mi voltai giusto in tempo per vedere una sagoma atterrare con grazia a diversi metri da me, i suoi occhi erano chiarissimi e freddi come quelli di un predatore, dalle labbra pallide e socchiuse si intravedevano i canini allungati e il suo modo di camminare era diverso dal solito, non solo elegante, ma anche aggressivo, come un leone che ha avvistato una gazzella: mi sentii percorrere da un brivido.
-Visto com’è il tuo principe? È  solo un mostro.- bisbigliò nel mio orecchio con disprezzo, mentre Hanry si avvicinava con calma a noi due, i suoi occhi cercavano i miei ma il mio sguardo era fisso sul cielo, nei miei occhi i ricordi della serata che avevamo trascorso insieme. Stava accadendo tutto troppo in fretta, troppo velocemente, avrei voluto che qualcuno fermasse il tempo.
Era assurdo! La sera prima avevo scoperto che Hanry era un vampiro e ora, neanche un giorno dopo, mentre cercavo ancora di accettare totalmente questo fatto, mi ritrovavo strattonata da due parti. Stavo litigando con Lucy, cosa che non avevo mai fatto, a proposito dell’uccisione del mio ragazzo e anche se adoravo stare vicino a Hanry dovevo ammettere che la cosa mi preoccupava e non poco. Le sirene solitamente combattono i vampiri, non li baciano, non escono con loro, non ci scambiano quattro chiacchiere, non pensano a loro in ogni minuto della giornata. D’accordo forse l’ultima si, ma non nel modo in cui io pensavo ad Hanry.
-Grace.- mi chiamò Hanry con un tono incerto e preoccupato, mentre Lucy mi aveva messo le mani sulle spalle.
Gli sorrisi incontrando il suo sguardo, reprimendo un piccolo brivido.
-Finirai per venire espulso se continui così.- dissi sbuffando, evitando argomenti troppo seri, con un sorriso scherzoso sulle labbra. Lui alzò gli occhi al cielo fingendo un esasperazione che non era totalmente certa non provasse, tuttavia notai che i suoi occhi brillavano di allegria e gentilezza.
Il mio principe. Lucy lo aveva definito così e io dovevo ammettere che mi piaceva un mondo come definizione! Credo fosse anche calzante, per quanto dovessi concedere che mi faceva almeno un po’ rabbrividire il fatto che lui fosse un vampiro, Hanry era il mio principe, lo sarebbe stato per sempre.
-Lasciala andare!- la voce di Hanry divenne profonda e oscura, fredda, malvagia quasi, mi spaventò seriamente, cosa che non credo potesse fare. Non me lo sarei mai aspettata: faceva più paura di Lucy e Crystal! Era una voce che veniva da lontano, la voce di qualcosa di tenebroso, qualcosa aprivo di una vita, di movimento, di luce … un paesaggio morto, privo di qualunque luce, di qualunque vita, arido e immobile nel tempo; un immagine che prima di quel momento non avrei mai associato a Hanry. Lui infatti era sempre allegro, mi prendeva in giro, andava d’accordo con tutti a parte Violette e odiava starsene da solo. In quel momento però era così e lo sentivo, come un brivido gelido che mi percorse da capo a piedi.
-Vedi? Ora lo percepisci?-domandò Lucy allontanandosi e richiamando a se la sua arma. Mi spostai e mi misi lateralmente tra Hanry e Lucy, in quel momento non me la sentivo di dare le spalle a Hanry.
-Calma ragazzi!- dissi stendendo le mani per mantenere le distanze. -Niente scontri, ricordate?-
Il silenzio che scese mi fece letteralmente accapponare la pelle, incontrai lo sguardo di Hanry che sembrava contenere un eccitamento represso. Meglio non indagare.
-Parlerò con nettuno, questo è un addio.- si limitò a dire Lucy con tono freddo prima di sparire nel nulla, in una scia d’acqua che scomparve assorbita dal terreno.
La guardai sparire con un senso di ansia. Hanry mi afferrò la mano, mi voltai verso di lui mentre posava le labbra gelide sul mio polso e, lo ammetto, ebbi incredibilmente paura. Era Hanry, ma non era umano, in quel momento mi appariva incredibilmente chiaro che lui era un vampiro e io forse avrei dovuto proteggermi. Volevo avere fiducia in lui, volevo fidarmi, ma al contempo mi spaventava e non riuscivo a sentirmi del tutto sicura.
Hanry alzò gli occhi dalle pupille bianche cerchiate di azzurro dal mio polso, con le labbra ancora posate sulla mia pelle, il sorriso fece intravedere i denti. Non mi mossi perché sarebbe stato inutile, non potevo sfuggire alla presa di un vampiro, ed Hanry era un vampiro. Così umano da non sembrarlo, era stato insieme a me per molto tempo, ma era un vampiro. Un vampiro! Non dovevo dimenticarlo, non potevo ignorarlo, mi resi conto che lo avevo fatto fino a quel momento, che avevo ignorato ciò che era senza rendermene conto, solo perché così era più semplice.
-Non avere paura.-disse con voce dolce più del miele e incredibilmente seducente, il suo sguardo era tornato gentile e caldo. -Non negherò di volerti mangiare, ma non in quel senso.-
Arrossi e distolsi lo sguardo, le sue labbra risalirono fino al mio gomito con lentezza mentre io venivo percorsa dai brividi. Lo sentii ridacchiare e mi voltai a tirargli un occhiata veloce, me lo ritrovai davanti e sussultai per la sorpresa.
La sua mano risalì dal mio polso fino alla  mia guancia, in una carezza dolce.
-Ero preoccupato.- bisbigliò baciandomi la fronte.-Non volevo spaventarti, scusa.-
Scossi la testa e lo abbracciai forte nascondendo il volto nella sua spalla mentre le sue braccia mi circondavano, sentivo il tocco freddo della sua mano sfiorarmi il collo. Dovevo accettare il fatto che era un vampiro, dovevo! In qualche modo. Non volevo perdere Hanry e potevo limitarmi a ignorare ciò che era per sempre, anche perché prima o poi, a forza di voltare la testa, mi sarebbe venuto un discreto torcicollo. Si, dovevo trovare il modo di accettarlo, ma non quella notte.
-Perché eri preoccupato?- domandai dopo un attimo allontanandomi. Mi ci volle davvero molto coraggio per incrociare i suoi occhi.
-Qualcuno ha dato fuoco al laboratorio con il sangue sintetico, non è molto lontano da qui, ho pensato che forse poteva essere quella sociopatica di tua sorella e ho pensato che potevi essere nei guai.- spiegò con un sorriso tirato, nei suoi occhi, solo per un istante, lampeggiò l’odio.
-Mia sorella non è una sociopatica.-protestai, ogni famiglia ha il suo Fredo.
-Non le piacciamo per niente.- replicò tranquillo.
-Le sirene non amano molto i vampiri.- assentii con un sospiro.
-Nemmeno tu.-bisbigliò con una nota di tristezza.
Difficile ribattere. Mi limitai a baciarlo con lentezza dalla base del collo alla mandibola. Lui si chinò per incontrare le mie labbra in un bacio gentile.
-Non mi piacciono molto i vampiri.- ammisi quando si allontanò un poco da me. -Ma per me tu sei importante Hanry, e non voglio perderti.- non era proprio un “ti  amo”, ma ci andava abbastanza vicino, no?
I suoi occhi brillavano mentre le sue labbra erano stese in un sorriso che non riuscivo bene a decifrare, ma che mi riscaldò il cuore. Mi accarezzò le guance, baciandomi la fronte.
-Anche per me tu sei importante, Grace.- disse con dolcezza.
Chiusi gli occhi assaporando quell’istante, poi però li riaprii perché non c’era molto tempo: mia sorella lo volva morto, voleva tutti morti, ed era meglio non farsi trovare impreparati quando sarebbe tornata. In realtà era meglio non farsi proprio trovare.
-Dobbiamo andarcene.- bisbigliai all’improvviso.
-Un cambio netto di argomento.- disse inarcando un sopracciglio e fissandomi confuso.
Sorrisi a mo di scusa, ma poi ripresi a parlare. -Non possiamo restare qui ora che Lucy vi vuole morti, sarebbe meglio andare in un posto sicuro.-
-In effetti, ora che ha dato fuoco al laboratorio forse è il caso di ritirarsi in un luogo più sicuro.- assentì lui.
-Togli il forse.- dissi voltandomi per dirigermi verso il dormitorio. -Faccio le valige e avverto Julie.-
-Julie è con Isy e Francesca. Sono al laboratorio, penso che ormai le abbiano raggiunte anche gli altri.- spiegò afferrandomi un braccio e strattonandomi gentilmente.
Finii con la schiena contro il suo petto e alzai la testa per incontrare i suoi occhi che erano tornati umani, gli sorrisi con dolcezza mentre le sue labbra scendevano a incontrare le mie.
-Sei sicura di voler venire con me? Con un gruppo di vampiri?- domandò con un pizzico di sarcasmo  e una discreta dose di preoccupazione.
-Non ho nessuna intenzione di allontanarmi da te.- chiarii decisa, provando comunque un certo imbarazzo: la timidezza non scompare in un paio di giorni.
-Ti do una mano a fare i bagagli?-domandò con un tono malizioso.
Scossi la testa. -Faccio da me.-
-Devi stare attenta, potresti svegliare le altre. Io sono molto più silenzioso.- disse sorridendo.
Ci pensai su un attimo, in effetti aveva ragione e poi preferivo che mi stesse intorno dove potevo controllarlo e proteggerlo, più o meno.
-Va bene, vieni.- acconsentii allontanandomi da lui e dirigendomi alla porta, Hanry mi seguì in silenzio fin nella mia camera, c’era solo Chantal che dormiva, probabilmente Violette era da qualche altra parte, in fondo era sabato sera.
-Violette era con uno dei ragazzi del mio dormitorio.- mi informò leggendomi nel pensiero.
-A quest’ora?- chiesi sorpresa. Proprio a nessuno importava del coprifuoco in quella scuola?
Hanry sorrise divertito. -Non penso tu sia pronta a sapere quello che stavano facendo.- scherzò.
Alzai gli occhi al cielo, seccata. -Non mi sembra di avertelo chiesto.-
-Volevo prevenirti.- rispose divertito.
-Smetti di prendermi in giro e aiutami invece.- bisbigliai, andando però a tentoni alla ricerca dell’armadio. Hanry mi circondò la vita con un braccio e mi guidò senza troppi problemi all’armadio e lo aprì.
-Qual è la tua borsa?-domandò a bassa voce.
-Quella verde.-risposi a bassa voce, accorgendomi solo dopo che era alquanto difficile vedere i colori con l’oscurità. -Cioè… è quella…- iniziai sempre bisbigliando. Era snervante parlare a bassa voce.
Si chinò a prendere qualcosa lasciandomi andare, poi posò la borsa sul letto e si voltò verso l’armadio iniziando a tirare fuori le alcuni vestiti.
-Io ci vedo senza problemi anche al buio.- mi informò con un sorriso che precepii, più che vederlo.
-Come fai a sapere quali sono i miei vestiti?- domandai sorpresa.
-Io ti guardo.- rispose con un filo di voce, poi si voltò e aprì un paio di cassetti iniziando a tirare fuori altra roba. Poi afferrò i miei stivali e li mise dentro un sacchetto prima di metterli dentro alla borsa, insieme ad un paio di scarpe da ginnastica.
-Manca altro?-domandò prima di chiudere la borsa.
-Non lo so, non vedo niente.-dissi abbassando la testa sconfortata. Mi attirò a se con dolcezza baciandomi la tempia, arrossii.
-Vorrei poterti prestare i miei occhi.- bisbigliò con un sorriso. -Sei arrossita. Sei incantevole.-
Distolsi lo sguardo, fissando l’armadio con le guance rosse per l’imbarazzo, sentendomi enormemente a disagio. Cavoli! Così non era giusto però!
-Andiamocene, mi arrangerò con quello che c’è.- farfugliai con voce incrinata dall’imbarazzo.
-Si, però …-
-Cosa?-domandai in tono perentorio.
-Non ho preso la tua biancheria, anche perché non ti ho mai vista …- iniziò in tono malizioso.
-Taci!- alzai la voce a un livello normale.
Lui sorrise , appoggiando però un dito alle labbra e facendo segno di stare zitto. Lo fissai piccata e mi diressi a tentoni verso i cassetti in fondo all’armadio, aprii l’ultimo infondo.
-Passami la borsa.-sussurrai seccata tendendo la mano nell’oscurità, senza nemmeno guardarlo, tanto anche se i miei occhi si erano abituati all’oscurità non ci vede comunque così bene!
-Ti auto?- si propose con voce divertita.
-Provaci e ti taglio la mano.- minacciai.
Ridacchiò piano. -Come vuoi.-
Misi tutto nella borsa e uscii piano da lì insieme a Hanry, facendo incredibilmente attenzione a non fare rumore, forse vista da fuori sembravo un po’ ridicola. Aprii appena la porta e sgusciai fuori con passo felpato, subito seguita da Hanry che portava la mia borsa al posto mio e che camminava in modo più elegante.
Mi si affiancò con un sorriso divertito che andava da un orecchio all’altro e mi afferrò la mano, stingendola con gentilezza, come se fosse di cristallo. Mentre camminavo per i corridoi del dormitorio non riuscivo a non pensare a ciò che mi ero lasciata alle spalle, a contro cosa mi mettevo per poter continuare a stringere quella mano.
La fine del mio legame con Lucy… ma in questa fine io vedevo il mio futuro con Hanry e non riuscivo ad avere rimpianti.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 -Ready, set, go!- ***


Documento senza titolo Per una volta posso solo dire: Buona lettura.

Capitolo 23

-Ready, set, go!-

 

Era tutto totalmente bruciato e la cosa triste è che dai resti delle macerie sembrava anche essere stato un bel posto, molto fornito, pieno di attrezzature e altra roba, ora però era solo una stanza molto annerita, grande quanto  tre stanze da letto del dormitorio, ma il mobilio era completamente bruciato. Mi guardavo attorno un po’ confusa, Hanry era appoggiato sullo stipite di legno bruciacchiato della porta e mi osservava mentre mi guardavo attorno, attenta a non pestare le macerie o ciò che rimaneva di qualche strano macchinario.
-Non sembra sia rimasto molto.- commentai senza guardarlo.
-Quello che è sopravvissuto è stato prontamente spostato. L’incendio è stato subito fermato, ma alcune attrezzature, più tutto il sangue che era stato creato, sono ormai  totalmente inutilizzabili.-
-Mi dispiace.- mi scusai, anche se non ero stata io a fare quel disastro.
-Non è colpa tua. Dovremmo prendercela con Lucy.-> mi fece notare Hanry, pronunciando con un certo astio il nome di Lucy.
Diedi un calcio a un pezzo di legno che mi sporcò di cenere la scarpa. -Lei è fatta così.-
-Smetterai mai di giustificarla?- domandò un po’ seccato.
-La vera domanda è “smetterai mai di volerle bene?”- dissi soprapensiero a voce bassa.
-Ogni tanto mi faccio una domanda diversa.- bisbigliò al mio orecchio Hanry, abbracciandomi.
Gli lanciai un occhiata confusa, ma non replicai.
-Ora come farete?- domandai incuriosita.
-Tranquilla, abbiamo delle scorte, in casi estremi comunque posso sempre mangiare te!- mi prese in giro baciandomi il collo. Mi sentii percorrere da un brivido.
-Dobbiamo andarcene.- gli feci notare riprendendo il controllo di me.
-Allora è il caso che le portiamo via.- si limitò a dire.
-Dove?- chiesi. Era un ottima domanda. Dovevamo andarcene, ma dove?
-Pensavamo di spostarci verso l’Inghilterra. C’è una casa … proprio sulla costa, vicino a Norwich.-
-Sulla costa? Inghilterra? Vuoi attraversare il mare? Sei totalmente impazzito?- domandai scioccata. -Non possiamo andare in un luogo circondato dall’acqua, ci ucciderebbe in pochissimi secondi!-
-Okay, possiamo prendere un aereo. Così è più ragionevole.- propose stringendomi ancora più forte  e impedendomi di muovermi.
-Non è una buona idea. Blast scatena i temporali, sarebbe più pericoloso che in mare.. forse… Meglio evitare.- tentai di spiegare mentre le sue labbra mi accarezzavano il collo. Parlavo un po’ a fatica. -Hanry.. dovresti…-
-Trovare una camera da letto?- propose.
Mi allontanai da lui con una spinta. -Restare serio.- dissi respirando piano e tentando di calmare il battito accelerato del mio cuore. -Hanry siamo in pericolo. Tu, io, Julie e anche gli altri. Siamo in pericolo, non c’è tempo di scherzare.- bisbigliai.
-Non scherzo quando dico che ti voglio.- il suo tono dolce era serio.
Scossi la testa. Non era il momento, non era proprio il momento, ma capivo anche il suo punto di vista. Sospirai.
-Io non sono pratica di queste cose.- mi scusai quasi.
Lui scoppiò a ridere. -Non è questione di essere pratici, non si tratta di un lavoro, Grace!-
Mi coprii la faccia con le mani, rossisissima. Lui tornò ad abbracciarmi con dolcezza, baciandomi la fronte. -Non volevo metterti a disagio.-
-Non importa.- bisbigliai.
-Non ti sei mai innamorata?- domandò con gentilezza. -Non c’è mai stato qualcuno a cui volevi essere vicina come io voglio esserlo con te? Io scherzo perché sei adorabile quando ti imbarazzi, ma ti voglio, ti voglio davvero.-
Nascosi la testa nella sua spalla.
-Davvero non ti sei mai innamorata di nessuno?- chiese divertito.
-Una sirena può amare una sola persona per tutta la vita.- risposi seria.
-E quella persona sono io?- chiesi con leggerezza e un pizzico di incertezza.
-No, Bred Pitt.- scherzai a voce bassa.
-Vorrei che lo dicessi.- bisbigliò con voce dolce più del miele, e così persuasiva. Avrei fatta qualunque cosa se mi fosse stata chiesta con un tono di voce tanto dolce.
-Ti amo.- dissi fissandolo negli occhi. Lui si chinò a baciarmi e io mi persi totalmente in quel bacio. Perché era Hanry, solo perché era Hanry, riuscivo a lasciarmi trasportare dai suo baci, cosa che non riuscivo assolutamente a fare quando il suo aspetto meno umano veniva fuori.
-Ti amo anch’io, piccola.- bisbigliò con dolcezza a pochi centimetri dalle mie labbra.
Un esplosione ci fece trasalire spezzando il momento.
-Che succede?-chiesi spaesata, guardando la porta. In un istante davanti a me si materializzò Francesca.
-Ci stanno attaccando.- disse sbrigativa.
-”Stanno”? Chi?- domandai confusa.
-Tua sorella con altre cinque persone.- rispose sparendo poi nel nulla.
-Altre cinque?- ripetei. Non mi veniva in mente nessuno che poteva aiutare Lucy ad attaccarci, anche se indubbiamente parecchie sirene sarebbero corse in suo aiuto in situazioni normali, visto che Nettuno aveva rinunciato a dare battaglia le altre sirene avrebbero rifiutato di inalberarsi in questa battaglia per rispetto verso di lui, o forse, semplicemente, perché lo temevano. Ma allora chi? Chi poteva essere?
Stavo per incamminarmi verso la porta quando  sentii Hanry bisbigliare -Rimani qui.-
Mi voltai per guardarlo ma vidi che era svanito, quando andai verso la porta la trovai bloccata da un mobile. Accidenti a lui! Ero una sirena, io non avevo bisogno di essere protetta!Il mio problema principale era che non sapevo come uscire da quella stanza, né chi avrei dovuto affrontare. Mi guardai intorno in cerca di una finestra, ma non c’era niente a parte tre pareti molto nere.
Un'altra esplosione riempì l’aria. Chissà se Hanry stava bene. Se ne era andato da pochissimo tempo e ero già preoccupatissima. Perché accidenti mi aveva lasciato lì? Davvero era solo per proteggermi? Basta pensarci! Un uscita! Avevo bisogno di un uscita! Era il momento di sfruttare i miei poteri per abbattere una parete, gli stessi poteri che non ero mai riuscita a controllare, gli stessi che avrebbero potuto distruggermi, quei poteri, dovevo usare quei poteri.
E se invece avessi provato a prendere a mazzate la parete? Magari sarei riuscita a buttare giù la parete comunque …
Scossi la testa sconfitta e rassegnata: potevo solo usare i miei poteri e sperare che tutto andasse bene. Certe le ultime volte avevo scatenata una tempesta, rotto una diga, creato un’onda di maremoto e non avevo provato a fare nessuna di queste cose. Ma forse, solo forse, stavolta sarebbe andata bene.
Chiusi gli occhi respirando regolarmente, tentando ci calmarmi, di concentrarmi, paradossalmente come mi aveva insegnato Lucy. Inizialmente ero troppo tesa, quando poi un altro rumore molto forte, una sorta di schianto, come qualcosa che viene scagliato contro un mobile fracassandolo, mi sorprese trasalii.
Sospirai rumorosamente, così non andava! Chiusi di nuovo gli occhi e provai ricordare la pace che c’era nel mare profondo, i suoni attenuati, la luce fioca, la dolcezza di un blu infinito che si stendeva dappertutto intorno a me. Lentamente i miei sensi iniziarono a percepire l’acqua nel sottosuolo, le tubature in cui scorreva e l’energia dello stesso tipo fuori da quella stanza. Provai ad analizzarla più attentamente, la chiamai a me fino a percepirla, a sentirla, quasi fosse palpabile. Poi fu come essere attraversata dall’acqua, mi sentii sciogliere lentamente, prima la carne, poi le ossa, fino alla mia anima, tutto di me diventava liquido. Non era doloroso, solo freddo e un po’ viscido.
Sentii l’acqua scivolarmi dal corpo, quando riaprii gli occhi mi trovai davanti a una strana scena: Francesca, Dave e Julie erano vicino alla parete e stavano sulla difensiva, Isabelle era accanto ad Adrian e a la professoressa Gordon, dietro di loro c’era Elle, dalla cui camicia strappata si vedevano dei tagli che si rimarginavano molto velocemente. Hanry era … bèh, accanto a me, dove fosse prima non lo so, ma in quel momento era alla mia sinistra e mi stringeva un polso con uno sguardo preoccupato. Guardai gli altri: niente di positivo! Oltre a Lucy che mi fissava incredula c’erano Aletto, Tisifone e Megera, le tre figlie di Ade. Ed ecco la risposta a chi aveva appoggiato Lucy: Ade.
Aletto mi sorrise divertita, le sue mani erano macchiate di sangue come il suo flagello, indossava un vestito nero senza maniche che esaltava la pelle chiara, gli occhi ambrati avevano un bagliore sinistro e divertito, mentre i suoi capelli verdi e ricci erano legati in una coda, alcune ciocche però le ricadevano scompostamente sul visto aquilino, incorniciandolo e dandole un effetto quasi grazioso.
Tisifone invece si mosse con cautela verso la sorella Megera, entrambe indossavano jeans e maglietta nera, e la loro pelle era chiara come quella della sorella. Tisifone aveva in mano una spada e portava i lunghi capelli rossi e gialli lisci raccolti in una coda, gli occhi rossi brillavano sinistri, aveva le labbra sottili stese in una smorfia seccata, come se non le andasse particolarmente di essere lì, il volto aveva dei lineamenti spigolosi e squadrati. Megera invece aveva i capelli mossi, rossi e neri, e gli occhi verdi come quelli dei serpenti e aveva in mano dei coltelli da lancio, le sue dita erano sottili così come il corpo agile, ma aveva un viso un po’ schiacciato, dalla fronte ampia e l’espressione era disgustata. Tutte e tre erano alte più o meno un metro e sessanta, e indossavano abiti che lasciavano scoperta la schiena.
Feci una smorfia. Sarei dovuta essere sorpresa, vero? Be, meglio loro che le arpie, quelle tre erano tremende. Non che le erinni fossero da meno! Anzi erano peggio, ma non avendoci legato riuscivo ad andargli contro più facilmente.
-Tu! Mocciosa indegna ….- disse una voce tonante e baritonale alla mia sinistra, mi voltai in tempo per vedere Thanatos puntarmi contro un dito. Nell’altra mano stringeva in modo spasmodico la grande lancia che aveva due lame: una lunga e ampia all’estremità maggiore e una piccola e molto più corta a quella minore, si poteva impugnare solo al centro e aveva un aspetto tutt’altro che rassicurante. I capelli nerissimi come la notte gli ricadevano sulle ampie spalle muscolose, il suo sguardo era freddo e nerissimo tanto che mi diede i brividi. Era alto almeno un metro e novanta e aveva un corpo muscoloso e imponente, un espressione furiosa e fredda.
-Calmati fratello.- gli disse la sua gemella Hypnos, che con eleganza gli posò un amano sottile sul braccio muscoloso, i sui lunghi capelli argentei sfiorarono il braccio del fratello, i suoi occhi erano di giallo dorato, come quello dei gatti. Nell’altra mano stringeva un alabarda che in qualche modo sembrava inappropriata associata a lei. Il suo sguardo era crucciato e un po’ seccato e deformava il suo volto splendido e delicato. Era alta poco meno del fratello, ma al contrario di lui era calma e aveva una spetto delicato.
Non la invidiavo con un fratello simile!
Tirai fuori le mie armi, che si trasformare in una scia d’acqua che si solidificò nelle mie mani, preparandomi a combattere i caso fosse necessario. Sentii che dietro di me Hanry si stava irrigidendo, pronto anch’egli a combattere e, ne ero certa, a proteggermi da qualunque aggressione.
-Che sta succedendo?- domandai con una certa calma, ignorando Hanry dietro di me e concentrandomi unicamente sui due gemelli Hypnos e Thanatos, che però non si assomigliavano poi così tanto. La ragazza sembrava molto più dolce di suo fratello … In fondo nella mitologia greca Hypnos rappresentava il sonno e Thanatos la morte. -Perché siete qui? Nettuno a rinunciato alla missione, loro non sono nemici.- chiesi ancora fissandoli.
-Nettuno avrà anche rinunciato, ma Ade no!- rispose con freddezza Thanatos. -E noi avremo la vita di quei mostri e se ti ostinerai a metterti in mezzo anche la tua!-
-Non mi fai paura, sbruffone!- Esclamai ruotando le armi che avevo in mano. L’esperienza aiuta a volte.
-Pensi di potermi sfidare con i tuoi sai? Pensi di farmi paura, sirena?- chiese con aria di sfida, era il solito sbruffone.
Lo fissai confusa. -Con che?- chiesi senza capire.
Lui mi guardò seccato, poi scosse la testa stancamente. -I “sai”! I tuoi pugnali!-
-Ah…!- esclamai, guardandoli. Finalmente conoscevo i nomi di quei cosi!
-Ecco perché le donne non dovrebbero combattere.- mormorò seccato.
Aletto gli saltò addosso mentre Megera gli tirava un coltello che si andò a conficcasi nel suo avambraccio.
-Come osi?- domandò in tono velenoso Aletto, mentre Tisifone teneva sotto controllo i vampiri e quelli che avevo creduto due umani presenti nella sala.
-Togliti razza di inutile pipistrello!- disse colpendola al braccio con la lancia, lei schizzò indietro con una mossa veloce, dalla sua schiena spuntarono delle cupe ali nere e sottili, come quelle dei pipistrelli.
-Perché Lucy?- mi voltai a chiederle ignorando quelli idioti: far arrabbiare le dee della vendetta, come si può essere così incredibilmente stupidi? -Perché vuoi così tanto la loro morte?-
Lei mi fissò senza rispondere, il suo sguardo era tornato freddissimo e indifferente.
-Qual è il tuo problema?- domandai ancora. -Perché devi sempre fare così? Cosa ti hanno fatto i vampiri, si può sapere?-
A quella domanda Blast si materializzò nella sua mano, lei la puntò verso di me con mano ferma, in un istante Hanry mi si materializzò davanti.
-Accidenti! Stupido!- imprecai tentando si spostarlo; forse Lucy non avrebbe colpito me, ma di certo avrebbe ucciso lui!
Quando il colpo si sprigionò dalla punta del tridente un simbolo mi si materializzò nella testa, era come vedere una diapositiva che appare all’improvviso, poi inizia a bruciare come un marchio a fuoco, emanando potere e luce. Senza che me ne rendessi conto i miei poteri si unirono a quel simbolo, formandolo davanti ai miei occhi in forma liquida. Vidi il potere di Lucy scagliarsi su di noi e scivolare addosso allo scudo che avevo evocato come un l’acqua del mare scivola sugli scogli. Sperai che lo scudo avesse avvolto anche gli altri così nessuno si sarebbe fatto male.
Tisifone si scagliò verso di noi mentre lo scudo si dissolveva, io evitai il colpo della sua spada, che mi sfiorò il braccio sinistro, parai un altro colpo con il sai che stringevo nella mano destra e usai quello a nella sinistra per trapassarle il braccio con cui stringeva la spada. Lanciò un urlo e la spada le cadde di mano, mentre riprendevo l’arma e facevo un passo indietro le dita della sua mano e le unghie si trasformarono in artigli. Con un movimento veloce mi graffiò la faccia colpendomi in pieno viso. Barcollai e caddi sul pavimento, ma mi rialzai con un salto agile mettendomi in posizione di difesa. Thanatos puntò la sua gigantesca lancia verso di me.
-Non sei così male ragazzina, penso sia un peccato che tu debba morire.- disse con un discreto sorriso, la sua lama che vibrava di una cupa luce nera.
Hanry mi affiancò con il suo solito fare protettivo, mi voltai a guardarlo e vidi che era incredibilmente teso, i muscoli pronti allo scatto, ricordava una tigre che se ne stava sdraiata a terra, sembrava tranquilla, ma era sempre all’erta, pronta a muoversi al minimo movimento.
-Se fossi in te non farei un altro passo.- minacciò Hanry con un ringhio, la sua voce nonostante tutto suonava ugualmente bellissima alle mie orecchie.
Scossi la testa per riacquistare la lucidità: dovevo trovare un modo per andarcene di lì e in fretta. Proprio come avevo fatto prima, ci doveva essere un modo per scappare tutti insieme usando l’acqua.
Hanry mi strattonò violentemente, evitando così che il colpo di Tisifone mi prendesse in pieno.
-Ma che accidenti---?- farfugliai quando mi si formò un taglio sul braccio, a quanto pare non avevo nemmeno il tempo di riflettere per trovare una soluzione.
Lei ghignò. -Hai appena iniziato a soffrire.-
Sbuffai. -Se pensi di farmi paura bella mia, vuol dire che non mi conosci.-
Lei mi si avventò contro ma io riuscii a evitare tutti i colpi arretrando e scansandomi, alla fine ne parai uno con una mano e girando sul me stessa lungo il suo braccio le ficcai uno dei miei tridenti nella schiena. Lei lanciò un urlo e si inginocchiò a terra, poi si voltò fissandomi con odio sibilò con rabbia il mio nome.
Mossi la mano per richiamare il pugnale che come una scia liquida si materializzò nuovamente nella mia mano, quando Tisifone si alzò dalla sua schiena uscirono cupe ali nere che, come quelle della sorella, ricordavano le ali di un gigantesco pipistrello. Dovevamo trovare il modo di andarcene e in fretta, la situazione stava diventando sempre più confusa e sempre più pericolosa.
Feci tre passi indietro e provai nuovamente a concentrarmi, percepii l’acqua attorno a me, probabilmente ci riuscii facilmente anche perché stavo combattendo, poi percepii qualcosa di oscuro e di rosso, come le fiamme, ma al tempo stesso era freddo come il ghiaccio, qualcosa che aveva l’essenza dello zolfo e del mercurio e che stava tentando di colpirmi. Usai l’acqua, la chiamai a me e la plasmai per fermare i suoi colpi e per avvolgerla, per imprigionarla. Funzionò. L’acqua rispose al mio volere come fosse parte della mia anima o della mia essenza. Un potere che forse avrebbe potuto essere definito magico... Non avrei saputo dirlo con certezza.
Visto che l’acqua sembra rispondermi quando avevo bisogno d’aiuto, chiesi a lei come fare per fuggire via da lì, il più lontano possibile. Nell’acqua, in un angolo della mia mente, si formò l’immagine di una luce azzurra di cui l’acqua stessa era pervasa. La chiamai a me chiedendo di avvolgerci tutti e di portarci lontano da lì. Poi sentii che mi avvolgeva una coltre blu intenso, riuscivo a vederla con gli occhi della mente mentre avvolgeva anche Hanry e Julie e tutti gli altri. Quel blu divenne sempre più scure, poi d’improvviso percepii un colore più tenue, come se fosse illuminato da della luce, e trascinai tutto verso di lui.
Quando riaprii gli occhi avevo i piedi in una fontana, sentii su di me lo sguardo di tutti i vampiri che mi ero portata dietro, più quello di Elle e Adrian. Il mio sguardo era rivolto in alto, al cielo limpido che si stava lentamente rischiarando. Fui assalita da una tremenda stanchezza e mentre guardavo le stelle che sembravano scomparire all’orizzonte mentre la luce avanzava, davanti ai miei occhi tutto divenne nero.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 -Per me è importante- ***


Documento senza titolo

Dunque, volevo chiarire alcune informazioni anche se non mi è stato chiesto niente^^! Sono una rompiscatole mi sa! =P

Allora: Aletto, Tisifone e Megera sono le Erinni. Nella mitologia greca vengono indicate come figlie di Ade e di Persefone, ma in altri miti dicono che siano figlie dell'Acheronte e della notte, altri miti ancora dicevano che erano nate dal sangue di Urano mutilato dei genitali da Cronos (poveretto! Deve aver fatto male!) . Io ho scelto la prima versione per comodità.
Nei miti hanno il ruolo di persecutrici e vendicatrici, ciò è comprensibile anche dai loro nomi: Aletto significa "colei che non riposa", Tisifone "rappresaglia" e aveva il ruolo di perseguitare colore che commettevano un delitto(patricidio, fratricidio, matricidio, omicidio), infine
Megera che
singifica "l'invidiosa" e induceva le persone a comettere delitti come l'infedeltà matrimoniale.Perseguitavano le persone anche nella vita terrena, non solo dopo la morte. Vengono rappresentate come donne dai capelli di serpi aggrovigliate, munite di fiaccole e frusta; ovviamente metterle nel capitolo precedente con questo aspetto non mi piaceva quindi le ho cambiate, anche perchè i capelli di serpi aggrovigliate non mi piacevano. Sono riuscita comunque a renderle spaventose vero? Speriamo ...

Hypnos e Thanatos sono due gemelli, tecnicamente tutti e due maschi, ma non mi piaceva l'idea di due maschi e quindi ho resto Hypnos una ragazza, anche per rendere più evidente il contrasto tra i due. infatti Thanatos, la morte, è spietato e malvagio, mentre Hypnos è dolce e benevolo. Come personaggi mi piaccono molto e ritenevo che facendo diventare Hypnos una femmina li avrei resi ancora più interessanti.

Un altra cosa: grace e le sue sorelle sono tre sirene, ma non hanno niente a che fare con el arpie(che sono comunque tre), sebbene quest'ultime fossero sempre divinità marine associate alle sirene. Tra l'altro ho da poco scoperto che ho innavvertitamente trasferito i poteri delle arpie alle mie sirene. Ma va bè, le licenze poetiche servono anche a questo,vero? XD

Oaky, dopo questa lunghissima disquisizione che probabilmete avete letto in pochi(se qualcuno l'ha letta, me lo scriva XD) eccovi il nuovo capitolo^^! Tanto per chiarire non ci sarà nessuno di quei personaggi,ma viste le "pressioni" della vampira (forse anche di Hanry) affronterò con Grace un tema un pò diverso^^! Baci!

BUONA LETTURA

 

Capitolo 24

-Per me è importante-

 

Sognai.
Ne ero certa. Ero certa che quello fosse un sogno, confuso e limpido e insieme, come tutti i sogni del resto. Sognai quel primo incontro …
Una volta vivevo in un mondo completamente azzurro: la terra … il cielo …! Tutto! Tutto quanto! Era un blu sconfinato che ti avvolgeva totalmente. E in quel colore così onnipresente incontrai una ragazza dai lunghi capelli biondi, di un colore così intenso da sembrare oro liquido, e dagli occhi azzurri chiari, come il mare limpido e cristallino.
Hai miei occhi appariva irreale, i suoi contorni si confondevano con l’azzurro che ci circondava. Lei mi guardò e mi sorrise con gentilezza, mi disse “Benvenuta in questo mondo”. La sua voce aveva una tonalità bellissima e brillante . Pensai che fosse il suono più simile al canto di un angelo che avessi mai sentito. Il suo sguardo era dolce, totalmente diverso dall’occhiata fredda che mi aveva rivolto prima.

Mi svegliai, ero stesa su un letto. Con lentezza provai a mettermi a sedere, ma mi girava un po’ la testa e non riuscii a mantenere l’equilibrio e finii per cadere nuovamente sul materasso. La porta della stanza si aprì di botto, la sentii sbattere con violenza contro il muro, avevo una mano sugli occhi.
-Stai bene?- domandò la voce preoccupata di Hanry.
-Mi gira la testa.- bisbigliai, non volevo che se la prendesse perché non lo guardavo in faccia. Non è che non volessi farlo è solo che avevo paura di sentirmi nuovamente male.
-Rimani sdraiata.- bisbigliò in un orecchio, mi aiutò a stendermi meglio sul letto con dolcezza. -Apri gli occhi lentamente.- ordinò con gentilezza.
Schiusi gli occhi molto lentamente fino a trovarmi a fissare la sua splendida faccia che era a pochi centimetri dalla mia.
-Ciao.- bisbiglia con un sorriso sicuramente stupido che mi si disegnava in faccia.
-Ciao.- rispose sorridendomi dolcemente.
-Dove siamo?- chiesi aggrappandomi alla sua maglia.
-Non lo sai?- domandò sorpreso -Ci hai portato tu qui.-
-Io mi sono solo diretta dove ho percepito luce, non ho fatto caso a dove fosse con esattezza.- spiegai con una punta di imbarazzo. -In realtà non sono molto pratica.- confessai. -Ho sempre avuto scarso controllo sui miei poteri perciò ho sempre evitato di utilizzarlo, quando lo facevo commettevo solo disastri.-
Lui si mise a ridere.
-Che c’è di divertente?- chiesi sorpresa.
-C’è che potevamo fare tutti una brutta fine e quindi è meglio prenderla sul ridere!- rispose con un sorriso bonario.
-Scusa.- dissi a mezza voce.
Mi diede un buffetto sul naso. -Non importa piccola, ci hai salvato. Quel tipo era piuttosto forte …- fece pensieroso.
-Quel tipo?- chiesi curiosa.
-Quello con la lancia.- spiegò pensieroso. -Era piuttosto forte. Combattere con lui sarebbe stato interessante.-
-Meglio se stai alla larga da Thanatos! Lui è la morte … letteralmente.- lo avvertii con tono di rimprovero.
-Non sarai un po’ tragica?!-
-Thanatos è una delle divinità infernali . È intrattabile e molto potente, rappresenta la morte. Hypnos, la sua gemella invece, rappresenta il sonno.-
-Hypnos sarebbe quella ragazza bionda?-domandò togliendomi una ciocca di capelli dal viso.
Chiusi gli occhi beandomi di quel contatto gentile, la sua mano fresca mi fece sentire un po’ meglio.-Si.-
-Come gemelli non si somigliano molto.- bisbigliò sfiorandomi con le labbra la fronte. -Sei piuttosto calda.- mormorò.
-Forse ho esagerato un po’ e mi è venuta la febbre.-  Bisbigliai appoggiando la fronte al suo collo freddo.
-Non pensavo che le sirene potessero ammalarsi.-il suo tono era colmo di preoccupazione.
-Non possono infatti. Non si tratta di una malattia vera e propria. È un po’ difficile da spiegare …- farfugliai con gli occhi chiusi. I meccanismi di sopravvivenza di noi sirene sono un po’ particolari, chissà che avrebbe pensato. -Ricordi quando mi hai visto trasformarmi?-domandai.
-Si.- rispose accarezzandomi la schiena.
-Non è esattamente il mio corpo quello che è mutato. Le sirene, o almeno quelle come me e Crystal, erano esseri umani una volta. Il potere di Nettuno ci ha rese delle sirene, ma quel potere non era lo stesso che ci ha dato la vita, era diverso, per questo le sirene non hanno più il loro corpo umano.- spiegai, poi rimasi in silenzio aspettando la sua reazione.
-Non capisco …-si limitò a dire.
-Essenzialmente Nettuno preleva un anima da un corpo ormai morto, prima che questa lo lasci, e la permea con il suo potere, che entra a far parte dell’anima stessa dandole consistenza. Questo è possibile solo se la suddetta persona muore in mare, ovviamente, Nettuno ha un potere molto debole al di fuori delle acque. Quindi in un certo senso il nostro corpo è fatto di anima e potere. Questo potere ovviamente ha dei limiti, e dipende da persona a persona. Per esempio Lucy ha chiamato il suo tridente Balst anche perché il suo potere, collegato anche a quell’arma, le permetti di scatenare delle tempeste molto violente. Crystal invece, con la sua spada Seaquake è in grado di scatenare delle onde immense e di rendere il mare burrascoso. Io … non so con chiarezza cosa posso fare-
-Quindi tu sei … una sorta di fantasma?- la sua voce era divertita.
-No. I fantasmi sono puro spirito, io sono una sorta di guscio di potere con all’interno uno spirito. È un po’ più complicato. Tecnicamente ho questa forma perché è stato il mio spirito, la mia memoria ha dare questa forma al “guscio” di potere, che si è solidificato dandomi questo aspetto. Di fatto è come se fossi una persona normale in carne e ossa, ho il sangue come qualunque altro essere umano, i miei organi sono gli stessi e i muscoli anche. Insomma, biologicamente parlando sono come un normale essere umano anche se questo corpo non è stato creato come quello di un essere umano, perché è fatto di potere …- provai nuovamente a spiegare -Poiché questo potere è solido sono in grado di manipolarlo in un qualche modo, ma la mia trasformazione in sirena non dipende solo da me e dal potere che ho, ma anche dall’acqua e anche grazie al tatuaggio.- mi misi a elencare. -Insomma è tutto un gran casino.- sbuffai seccata. -Sostanzialmente quello che devi sapere è che se ho un po’ di febbre è perché avendo usato troppo i miei poteri il mio corpo ne ha risentito. È come se avessi agitato in un contenitore delle molecole per farle disgregare e poi riaggregare a catena, il risultato è il calore. Certo, anche la forza distruttiva, ma quella è stata scaricata nel trasportare tutti quanti qui, il calore invece no.-
-Ho capito.- la sua voce era divertita. -Allora cerca di riposare un po’ , piccola Casper.- mi prese in giro.
-Non sono un fantasma!-
Rise divertito del mio tono piccato.
Mi misi lentamente a sedere sul letto, appoggiandomi al cuscino alle mie spalle.
-Non possiamo fermarci troppo e comunque dove siamo?- cambiai argomento.
-Siamo vicino a Metz, i genitori di Elle hanno una casa qui intorno.- spiegò, mettendomi una mano dietro la schiena e un'altra sotto le gambe, mi prese delicatamente in braccio e mi riadagiò sul materasso, poi si alzò dal letto in cerca di qualcosa.
-Hanry non c’è tempo …- protestai mentre mi metteva addosso una coperta.
-Non ci troveranno tanto presto, devi riposare.- mi riprese lui.
-Non è il caso …- tentai nuovamente di protestare.
-Si, invece! Prova a dormire, dai!- disse sdraiandosi accanto a me e circondandomi la vita con un braccio.
-Non ho molto sonno.-protestai nuovamente, lui si limitò a darmi un bacio e a tenermi stretta per un po’, un tempo che non riuscii a quantificare.
Fissavo la parete bianca imbronciata, accanto al letto c’era un comodino e alla parete era appoggiata una cassettiera.
-Non riesci ancora a dormire?- domandò Hanry con un filo di voce, il suo corpo aderì lentamente al mio.
-Difficile dormire con te accanto.-commentai pianissimo.
-Se preferisci fare altro sono a tua completa disposizione.- propose in tono scherzoso e vagamente sexy.
-E se ti dicessi che voglio davvero fare altro?- domandai sarcastica.
-Bè, ti porterei in un luogo più appartato, dove non ci sarebbero persone indiscrete attorno e poi …- fece con tono fintamente sognante.
-Voglio dormire, quindi stai zitto!- lo bloccai.
Ridacchiò. -Va bene. Ma sei tu che non stai dormendo. Vuoi che ti racconti una storia, così dormi meglio?-
-Perché invece non mi canti una canzone?- risposi acida, non ero una bambina!
Sogghignò. -No, non sono al tuo livello come cantante. Preferisco la storia.- si limitò a rispondere, un po’ divertito dal mio tono seccato.
-Spero sia bella.- dissi con rassegnazione.
Mi abbracciò forte. -Dunque … vediamo … C’era una volta un vampiro molto in gamba. Era affascinante, molto forte, intelligente e viveva in un collegio con alcuni suoi amici ...- iniziò a raccontare.
-E com’è che io non l’ho incontrato?- commentai interrompendolo.
-Simpatica!- disse acido.
Sorrisi.-Ti sta bene.-
-Un giorno questo vampiro incontrò una ragazza piuttosto pestifera.- continuò con tono molto divertito.
-Ehy!- protestai.
-E se ne innamorò perdutamente. Decise che non l’avrebbe lasciata mai, che l’avrebbe tenuta con se a costo di rapirla.- continuò a raccontare con tono serio.
-Ti amo.- bisbigliai voltandomi a guardarlo. Gli baciai la gola e salii lentamente fino alle sue labbra che ricambiarono il bacio, fameliche.
Si allontanò da me per guardarmi, nei suoi occhi una scintilla di tristezza. -Un giorno non starai male, non staremo scappando, io non sarò affamato, gli unici esseri viventi saranno a distanza di almeno un kilometro da noi e avremo un letto a disposizione, lo giuro!-
Scoppiai a ridere. -E’ a quello che pensi?-
-Ho te, tra le mie braccia, su un letto: a che altro dovrei pensare?- domandò serio, inarcando un sopracciglio.
-Capisco.- assentii con una punta di imbarazzo. -Almeno penso.-
-Perché ti suona strano che sia attratto da te da quel punto di vista?-
-Non lo so. Non sono pratica di questo genere di situazioni.- confessai. -Io non ho mai … diciamo che non sono mai stata con nessuno, né prima né dopo.- tentai di spiegarmi. Doveva essere il giorno delle spiegazioni.
-Quindi l’idea ti spaventa?- domandò con curiosità.
Ero calda, in quel momento però oltre ad essere calda ero anche viola! Avevo superato il rosso da la parola “idea”!
-Io … io … io …- farfugliai in modo incoerente.
-Tu cosa?- chiese con un pizzico di malizia nella voce.
-Non lo so … non sono … “portata” … per queste cose!- farfugliai molto a disagio, avevo la voce in falsetto. -Non so parlarne.-
-Non occorre per forza parlare.- mi fece notare lui, prendendomi in giro.
-Okay, adesso finiremo questa conversazione!- il mio tono doveva essere irremovibile, invece era solo molto, molto imbarazzato.
-Voglio solo capire se hai paura o no, anche se mi sembra chiaro che la cosa ti imbarazza.- si spiegò.
-Forse. Okay? Contento? Ora vorrei dormire. Possibilmente da sola.-
-Dai, non fare l’offesa. Lo sai che per me sei importante! È solo per questo che ti metto in imbarazzo. In realtà è anche perché così sei un amore. - aggiunse alla fine pensieroso. -Mi viene quasi voglia di mangiarti.-
La sua lingua accarezzò piano il mio collo, rabbrividii.
-Smettila.- bisbigliai.
-Hai paura che ti morda?- domandò, con voce che sottintendeva altro.
-No- risposi con un tono tutt’altro che calmo.
-Ti ho fatto male?- chiese ancora.
-No.- dissi a voce un po’ bassa.
-Ti ha dato fastidio?-
-No.- risposi a voce bassissima.
-Bene- bisbigliò nel mio orecchio, poi mi accarezzò il lobo dell’orecchio con le labbra mentre la sua mano saliva dalla mia alla spalla, lentamente, fermandosi alla base del collo. Le sue labbra si posarono accanto alla mano baciandomi lì mentre la mano scendeva di nuovo seguendo il profilo del mio braccio. Mi baciò lungo tutto il collo, fin dietro l’orecchio. Rabbrividii leggermente tentando di respirare normalmente.
 -Questo ti ha dato fastidio?- domandò, bisbigliando nel mio orecchio.
-No.- risposi ansante.
-Ti dispiacerebbe se continuassi?- domandò nuovamente baciandomi i capelli.
Deglutii tentando di calmarmi e di pensare chiaramente, mentre con il pollice mi accarezzava la mano. Mi limitai a respirare, ero certa che se avessi aperto bocca la mia voce sarebbe sembrata tutt’altro che stabile.
-Non rispondi?-chiese con un sorriso divertito e ironico.
Aspettai che il mio cuore rallentasse. -No…-
-No, non rispondi o no, non ti dispiacerebbe se continuassi?- chiese malizioso.
-No, non mi dispiacerebbe che continuassi, ma non è il caso. Non volevi farmi risposare?- rilanciai, un po’ a malincuore.
-Si, hai ragione, hai bisogno di riposare.- sospirò in tono serio un po’ triste. Riprese ad accarezzarmi il collo con le labbra. -Adoro sentire il calore del tuo corpo e il battito del tuo cuore, attraverso le mie labbra.-
-Degno di un vampiro.- commentai con ironia, girandomi tra le sue braccia per guardarlo. Lo abbracciai nascondendo la faccia nella sua spalla, lui mi baciò tra i capelli.
-Dormi tranquilla, mia piccola, importantissima sirena, veglierò io sui tuoi sogni. Mi aggirerò tra le ombre dei tuoi incubi proteggendoti dalla paura e dal dolore.- bisbigliò nel mio orecchio con voce carezzevole, massaggiandomi la schiena, la sua mano si infilò lentamente sotto la maglietta, posandosi sul mio fianco e massaggiandomi la pelle nuda con le dita fredde.
-Hanry …- lo chiamai con voce strozzata.
Lui fece scivolare la mano sopra la maglietta, sulla mia schiena, e mi attirò a se con dolcezza. -Lo so, lo so. Faccio il bravo, lo prometto. Ma adoro il contatto con la tua pelle.- bisbigliò con dolcezza.
Gli diedi un bacio sul collo e lo spinsi sotto, appoggiando poi la testa vicino al suo cuore e mettendo la gamba di traverso sulle sue mentre lui continuava a stingermi.
-Forse dovrei farlo più spesso ...- scherzò.
-Non mi dispiacerebbe penso.- confessai.
-Pensavo ti imbarazzasse …- mi prese in giro.
-Si, anche. E mi spaventa anche, mi spaventa parecchio.- bisbigliai, non so se facevo bene a dirglielo, ma lo confessai con assoluta sincerità.
-Ci sono io qui con te.- mi rispose con dolcezza.
Feci un respiro profondo. - È questo che mi spaventa maggiormente.- Si irrigidì quasi istantaneamente, scossi la testa. -Non hai capito. Fammi spiegare per favore.-
-Ti ascolto.- mi assicurò, rilassandosi un po’ e infilando nuovamente la mano sotto la maglietta per attirarmi più fortemente a se.
-Ti amo, ma questo mi spaventa. Le uniche persone che ho amato e che non mi hanno mai lasciato, o tradito, o deluso sono state Crystal e Lucy. E con Lucy le cose non vanno un gran che bene ultimamente. Io non ho paura tanto del sesso in se, quanto di ciò che comporterebbe. È  come approfondire in modo estremo un rapporto, non sono sicura di volerlo fare … o di essere pronta a farlo … o entrambe le cose.- mi spiegai con una punta di rassegnazione.
-E sei riuscita a dirlo senza diventare rossa.- mi prese in giro.
-Non riesci a guardarmi in viso, ammettilo!- ribattei, ma ero felice che avesse tenuto la situazione sulla leggera.
-In effetti non ci riesco.- assentì attirandomi verso la sua faccia, alzai gli occhi a incontrare i suoi e lui mi sorrise. -Sei un po’ rossa in effetti.-
-Non parliamone più okay?- chiesi con tono dolce e speranzoso.
-Perché no?- domandò con una punta di divertimento.
-Perché il rosso non mi dona.- risposi facendo la linguaccia.
-Sei bellissima.- bisbigliò dandomi un bacio lievissimo sulle labbra. -Sei perfetta così come sei, per me sei unica, sei incredibile, sei dolce e così tenera che vorrei stringerti per sempre. Per me sei importante. È per questo che penso sia giusto parlare di certi argomenti.-
-Potrei dirti che ti amo, ma dopo tutte le volte che te l’ho detto, credo che alla fine suonerebbe vuota come dichiarazione.-dissi soprappensiero -Te l’ho detto la prima volta solo ieri …-
-Veramente due gironi fa. Sei rimasta incosciente un po’ a lungo.- rispose con dolcezza.
-Accidenti.- bisbigliai sorpresa.-Dobbiamo davvero andarcene di qui!- dissi alzandomi con un balzo e mi misi in piedi. -Andiamo via e in fretta.-
-Non starai esagerando?- rispose mettendosi seduto sul letto.
-Andiamo.- lo incitai tendendo la mano.
Si alzò di malavoglia. Non era più il tempo di parlare, era quello di correre!

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 -Love in cold blood- ***


Documento senza titolo

Personalmente ho da poco imparato ad apprezzare gli HIM, anche se non è proprio per questo che ho quel titolo a questo capitolo^^! Comunque, ho atteso molto questo capitolo (forse più di voi XD)e mi sono davvero impegata per renderlo al meglio, eppure continuo ad avere la sensazione che non sia il capolavoro che volevo.

x E91Y : Neppure io so dove tiro fuori tutte le mie idee. XD Comunque se mai vuolessi leggere qualche altra mia storia che ho gia iniziato puoi madarmi un email per chiedermi di spedirti il file, così fai prima. Anche percfhè leggere insieme la bellezza di 24 capitoli non è poco. Complimenti per il coraggio^^!

x Horus: allora forse nelle preferenze sorpassa Asher? *_* (<- occhi speransosi)

Buona lettura^^!

 

Capitolo 25

-Love in cold blood-

 

-Torna a letto!- Fu la pronta risposta di Julie quando le dissi che dovevamo andarcene subito.
-No! Non c’è tempo per questo! Quanto pensi ci metteranno a trovarci?- ribattei parecchio seccata.
-Come fanno a sapere che siamo qui?- domandò testardamente Isabelle, mentre Adrian le accarezzava le braccia, baciandole il collo.
-Non ci vuole molto a rintracciare lo spostamento che ho fatto usando l’acqua …- spiegai pazientemente. -Non ho coperto le mie tracce! Diavolo! Non so nemmeno se c’era un modo per coprirle!-
-Ma ci siamo allontanati dalla fontana.- mi fece notare Julie con un mezzo sorriso.
Scossi la testa. -Non è sufficiente.-
-Perché?- domandò Isabelle.
-Loro posso trovarmi piuttosto facilmente, hanno secoli più di me, quindi un infinità di esperienza in più, e possono anche percepire i vampiri. Si, lo so.- aggiunsi subito guardando Hanry -Sono stata stupida a non chiedere il loro aiuto subito quando ho incontrato due vampiri, poteva essere pericoloso, lo so. Non metterti a farmi la predica anche per questo.-
-Non lo avrei mai fatto.- mi assicurò prendendomi la mano e portandosela alle labbra.
-Ma per favore!- fece Isabelle seccata. -Torniamo all’argomento principale, perché pensi che ci troveranno? È un assurdità.- recriminò mentre qualcuno entrava dalla porta.
La mia ex professoressa di matematica entrò in salotto con una busta della spessa in mano. -Ci hanno trovato.- annunciò un po’ seccata.
Dopo di lei fece il suo ingresso Crystal, indossava un top corto azzurro, che rivelava che era decisamente una ragazza, jeans sbiaditi le fasciavano i fianchi, aveva i capelli umidi e scompigliati, ma mi regalò un sorriso che mi scaldò il cuore. Corsi ad abbracciarla, ma mentre la stringevo mi accorsi che mancava qualcosa … o per meglio dire qualcuno. Erano sempre state due le sirene che abbracciavo e che chiamavo “sorella”, per questo ora era così strano avere solo Crystal accanto a me, avere solo lei dalla mia parte.
Mi sciolsi dall’abbraccio guardandola negli occhi.
-Dobbiamo andarcene in fretta. - disse dolcemente.
Mi voltai a guardare Julie e Isabelle. -Visto, lo dice anche lei?- feci in tono infantile, per alleggerire la tensione che era diventata palpabile.
Hanry sorrise e mi si avvicinò, mettendomi un braccio intorno alla vita mi attirò a se con una mossa decisa e gentile.
-Ciao Crystal.- la salutò con un tono forzatamente cortese. -Ti ringrazio per essere venuta ad aiutarci.-
Crystal lo fissò inarcando un sopracciglio, poi scosse la testa. -Non so quale sia il tuo problema ma fattelo passare!-
Lui la fissò in cagnesco e io gli diedi una gomitata allo stomaco. -Smettila!-
-Dobbiamo andarcene prima che vi raggiungano, quindi fate subito i bagagli. Avete un furgone da qualche parte? O una macchina per portare tutti?- disse mia sorella prendendo le redini della situazione.
-No, abbiamo due famigliari però, dovrebbero bastare!- disse la prof, forse avrei dovuto iniziare ad identificarla con un nome.
-Si, basteranno.-
-Bene, Julie, Elle, io e Grace prendiamo la Ford. Tu poi prendere la Volkswagen con gli altri.- annunciò prendendomi in braccio e portandomi praticamente di corsa alla macchina, ci sistemammo sul sedile posteriore. Elle e Julie arrivarono quasi subito e Julie si mise alla guida, mentre Hanry mi stringeva a se con più forza, appoggiai la testa alla sua spalla e lo guardai furtivamente mentre lui fissava davanti a se con aria indifferente.
La macchina partì lentamente mentre la strada scorreva. Tanto per dire esattamente dove stavamo andando? Non ne avevo idea! Penso nemmeno loro.
-Dove stiamo andando?- domandai a Julie sfiorandole la spalla con una mano per farle capire che parlavo con lei.
-Verso l’Inghilterra.- rispose tirandomi un occhiata dallo specchietto retrovisore, mi sembrò che guardasse più Hanry che me.
Mi allontanai da Hanry per guardarlo e lui si voltò automaticamente verso di me e mi sorrise con un luccichio negli occhi un po’ birichino.
-Cos’hai contro Crystal?-domandai inclinando un po’ la testa.
D’improvviso si irrigidì.
-Niente di niente.- disse seccamente con un carta irritazione.  
-Hanry andiamo! Dimmi la verità!- lo incitai con un occhiata perforatrice, o con quella che voleva essere un occhiata perforatrice.
-E’ solo geloso!- rispose Elle al posto suo, con un tono molto divertito.
-Geloso?- domandai confusa. -Ma Crystal è una ragazza! È mia sorella!- aggiunsi guardando incredula il mio ragazzo che fulminò con gli occhi Elle dal sedile posteriore. Elle si era girata dal sedile anteriore e ci guardava, all’occhiata che gli aveva rivolto si mise a ridere e fece la linguaccia. -Qualcuno dovrà pur dirglielo.
-Elle è un licantropo! So che ti stavi chiedendo che fosse quel lupo enorme che c’era nella foresta due o tre giorni fa! Bèh, era un licantropo ed era Elle.- spiegò incrociando le braccia come un bambino che protesta.
Elle mi fissò di sottecchi un po’ preoccupata, io la guardai sorpresa, poi scrollai le spalle con fare  noncurante: era un licantropo , e allora? Io ero una sirena.
-Capisco, ma questo che c’entra con il fatto che sei geloso?- domandai guardando Hanry negli occhi.
-Non sono geloso!- si difese seccato, tirandomi un occhiataccia e allontanandosi da me, lo guardai sconcertata e gli afferrai una manica. Lui si chinò per darmi un bacio veloce e mi attirò di nuovo a se.
Appoggiai la testa alla spalla di Hanry e gli sfiorai il collo freddo con le labbra. -Perché sei geloso di Crystal?- domandai stringendogli la mano.
Lui sospirò rumorosamente -Non sono geloso.-
-Perché tu ti appoggi sempre a lei, mai ad Hanry.- mi rispose Elle incrociando il mio sguardo, le sorrisi con gentilezza.
-Davvero è per questo?- domandai girandomi verso Hanry che stava guardando Elle con un luccichio assassino negli occhi. -Hanry…- chiamai strattonandolo.
Lui si voltò a guardarmi, senza incrociare il mio sguardo: com’era carino! Forse era strano considerare un ragazzo “carino”, ma Hanry in quel momento mi appariva così, mi faceva tenerezza, tanto che avrei voluto abbracciarlo e coccolarlo.
-Ti ho già spiegato come stanno le cose, no? Non sono abituata ad appoggiarmi troppo agli altri io. A parte Lucy e Crystal non mi sono mai appoggiata a nessuno.- spiegai con gentilezza mentre lui mi lanciava un occhiata per niente felice.
-Lo sai che ti amo! Che bisogno hai di lei? Perché non puoi fidarti di me?- domandò indispettito.
Non resistetti, mi allungai a baciarlo sulla guancia , poi sul mento, tracciando una scia fino alle sue labbra. Lui non disse niente e mi lasciò fare, poi senza preavviso mi sollevò abbastanza da mettermi a cavalcioni sopra di se, sentii la mia testa sfiorare il tettuccio della macchina per un attimo. Arrossi incrociando il suo sguardo e mi allontanai da lui appoggiando le mani alle sue spalle per stare in equilibrio e balbettando un incoerente -Ma.. ma.. ma…-.
-Grace se davvero ti fidi di me, perché non mi permetti mai di proteggerti?- domandò guardandomi negli occhi, io continuavo a sentirmi a disagio.
-Hanry posso tornare a posto?- lo pregai tentando di muovermi, ma le sue mani mi imprigionavano con fermezza e dolcezza.
-No, prima rispondimi.- rispose in tono deciso, sembrava un po’ un bambino che fa i capricci.
-Mi sento osservata.- bisbigliai fissando lo sguardo sulla mia mano destra appoggiata alla sua spalle, i suoi capelli biondi mi sfioravano appena la pelle.
-Elle, vorremmo un po’ di privacy.- disse in tono perentorio, lo guardai in viso notando che guardava oltre la mia spalla.
-Non ne dubito!- rispose Elle, il solito tono scherzoso ed entusiasta di chi si sta divertendo un mondo.
Sentii Julie ridacchiare dietro di me.
-Elle, voltati!- scandì Hanry che stava iniziando ad arrabbiarsi. Accennò un movimento e io gli finii praticamente addosso, le mie guance che stavano tornando normali ritornarono rossissime, appoggiai una mano sul suo torace per tirarmi indietro, ma non feci nemmeno in tempo ad aprire la bocca per scusarmi che lui mi circondò la schiena con il braccio destro.
-Oh, per favore!- pregò lei con voce da ragazzina. -Siete meglio dei romanzetti rosa che leggo!-
Sentii un rumore strano e quando guardai vidi che Hanry aveva allungato un braccio oltre al mia spalla.
-Mi stai facendo male, smettila! Se continui così mi spezzerai l’osso del collo.- protesto Elle.
-Promettimelo!- ribatté scherzoso Hanry.
-D’accordo, d’accordo, mi giro!>> acconsentì alla fine, anche se con un certo malcontento nella voce.
-Bene.- disse compiaciuto. Il suo braccio tornò a circondarmi la vita, mentre sprofondavo con la testa sulla sua spalla sentii Hanry bisbigliare al mio orecchio -Torniamo a noi: stavamo parlando di fiducia.-
-Io so badare a me stessa, Hanry.- dissi a voce bassissima.
-Non mi sembra proprio.- ribatté prontamente, allontanandomi per fronteggiarlo.
-E cosa te lo fa credere?- domandai.
-Tanto per dirne una il fatto che hai dormito nella stessa stanza con un vampiro per un mese senza rendertene conto.- iniziò Hanry
-Non tirarmi in mezzo alle tue paranoie!- protestò Julie
Hanry le tirò un occhiataccia, poi si concentrò di nuovo su di me. -Non mi permetti mai di prendermi cura di te.-
-C’è un doppio senso?- domandò maliziosamente Elle.
-Io sto cercando di chiarirmi con la mia ragazza!- protestò Hanry seccato.
Ridacchiai rilassandomi almeno un po’, mi lasciai scivolare addosso a lui, appoggiando piano la testa sulla spalla. Lo sentii sospirare mentre la sua mano mi scorreva sulla schiena.
-Se stai cercando di distrarmi, funziona.- bisbigliò con una nota di depressione nella voce.
Inclinai la testa guardandolo confusa, poi la sua faccia sprofondò nell’incavo della mia spalla, sentii il naso scorrere lungo il mio collo, subito sostituito dalla lingua. Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, trovavo difficile respirare. Che diavolo stava facendo? Eravamo in macchina con Julie e Elle! Che gli prendeva?! Era impazzito?
Un istante dopo sentii i suoi denti tracciare una linea leggera sul mio collo. Mi irrigidii mentre i suoi canini mi sfioravano la pelle. Rimasi immobile, tesa e un po’ spaventata: che accidenti stava succedendo?
-Hanry?- lo chiamai ansiosa.
Si fermò con i denti alla base del collo, il suo respiro tiepido mi sfiorava la pelle, non ebbi bisogno di voltarmi per vedere che sia Julie che Elle ci stavano osservando.
-Ti fidi di me?- chiese in un bisbiglio.
Feci un respiro profondo e mi rilassai, appoggiando la fonte al suo petto chiusi gli occhi, senza dire niente, senza muovermi. I suoi denti erano proprio sopra una vena, sentivo il mio cuore battere forte e non solo di paura, ero anche certa di non essere l’unica a sentirlo. Il fatto è che era così vicino, il mio cuore era impazzito e il mio respiro accelerato. Trovavo confortanti le sue braccia che mi stringevano con forza, immobilizzandomi; il suo respiro sulla mia pelle mi elettrizzava e anche se la graffiante pressione dei suoi denti mi spaventava, questo sentimento era perso in mille altri e si perdeva come un tubetto di colore nell’acqua …
-Ti fidi di me?- ripeté Hanry
-Sempre.- risposi con una voce che , giuro, non mi sembrava la mia: strozzata, roca, quasi eccitata. Sentii le sue labbra posarsi sulla mia vena, poi più niente. Con “poi più niente” non intendo dire che persi i sensi o che lui mi morse, intendo dire che non fece niente a parte allontanarsi da me. Mi depositò con dolcezza sul sedile accanto a lui, poi si inclinò per appoggiare la testa alla mia spalla mentre io rimanevo immobile per riprendere il controllo di me stessa.
-Come? Neanche un bacio?- domandò Elle con una nota di delusione nella voce.
-Fatti gli affaracci  …- iniziai a dirgli seccata. Cavoli! Per chi ci aveva preso? Per i personaggi i una soap-opera? Ma non riuscii a terminare la mia brillante frase perché Hanry mi catturò le labbra con un bacio che si fece ogni istante più profondo. Le sue labbra si muovevano sulle mi con forza mentre mi stringeva il volto tra le mani quando dischiusi le labbra per respirare sentii la sua lingua scivolare dentro la mia bocca. Aprii gli occhi di scatto afferrando con le mani le maniche della felpa, mentre la sua lingua esplorava la mia bocca: non me l’aspettavo! Non mi aveva mia baciato così!
Hanry si allontanò piano interrompendo il bacio, il lo fissavo imbarazzata con la bocca semi spalancata, tentando di farfugliare qualcosa. Lui sorrise molto divertito.
-Era la prima volta che qualcuno ti baciava così?- chiese divertito.
Richiusi la bocca e iniziai a farfugliare qualcosa, non ho idea nemmeno io di che cosa, frasi inarticolate e insensate
-Posso baciarti di nuovo?- domandò divertito dalla mia reazione, nei suoi occhi una scintilla che prima non avevo visto.
Non mi diede il tempo di rispondere, mi prese il volto tra le mani e ricominciò a baciarmi, stavolta con lentezza, una lentezza quasi studiata, la sua lingua mi accarezzò il labbro inferiore prima di scivolare nella mia bocca. Mi stinsi a lui cercando di ricambiare il bacio anche se in modo maldestro, la mia lingua sfiorò i suoi canini mentre tentavo di baciarlo nel modo giusto, ma forse ero troppo tesa e lui se ne accorse . Si allontanò da me piano mentre io lo fissavo di sottecchi. Lui si allungò a depositarmi un bacio sulla fronte prima di stringermi forte.
Il silenzio nell’auto non durò che pochi istanti, poi sentii Julie gridare “Fuori!” e prima che me ne rendessi conto mi ritrovai sdraiata sull’asfalto, con Hanry sopra di me che mi proteggeva con il suo corpo da un esplosione.
L’esplosione dell’auto per l’appunto.
Alzai gli occhi quel tanto che mi permise di vedere Thanatos stagliarsi sulla luce incandescente dell’esplosione, come un ombra davanti al sole, una nuvola, un eclissi che fa sparire la luce.
Mi alzai lentamente appoggiando i palmi delle mani sull’asfalto, mentre i miei occhi erano incollati sull’alta figura che ci fissava con la fredda indifferenza dei suoi occhi scuri.
-Thanatos, come hai fatto a trovarci?-domandai. Hanry mi si affiancò all’istante, penso non avesse distolto lo sguardo da me nemmeno per un secondo: iperprotettivo! Avrebbe fatto meglio a preoccuparsi per se stesso!
Thanatos si voltò e dietro di lui apparve come dal nulla Lucy, atterrò con eleganza, non so da dove fosse scesa, si voltò verso di noi. Hanry fece un passo avanti e mise un braccio davanti a me, come per proteggermi: cosa dovevo fare con lui?!
-Piacere di rivederti Lucy.- disse Hanry con tono velenoso. Perché non gli piacevano le mie sorelle? Bè, per Lucy in fondo era pure comprensibile, ma alla fine avremmo dovuto parlarne perché così non andava bene, certo sempre se ne avessimo avuto modo, cosa difficile visto il susseguirsi dei vari ostacoli.
Lucy puntò il bastone verso di noi, una sfavillante luce azzurra brillava sulla punta, non mi ci vollero che pochi istanti per richiamare le mie armi, lo feci senza nemmeno pensarci, una cosa assolutamente automatica ormai. Hypnos si avvicinò al fratello con eleganza, i capelli argentei raccolti in una cado bassa.
C’era una strana quiete, un silenzio assoluto, solo il vento e il rumore della macchina che bruciava sembrava alterare questa quiete. In quel momento mi accorsi che eravamo in un posto isolato, sperduto nel nulla, dove non c’era nemmeno una casa, eravamo circondati dagli alberi, sentivo da lontano lo scorrere di un fiume. La strada asfaltata attraversava i boschi serpeggiando tra le montagne, le fiamme arrivarono agli alberi iniziando a incendiarli.
Mi sentivo tesa, più il tempo passava più sentivo un rumore riempirmi la testa, le parole delle persone cominciarono ad arrivarmi attutite, la loro discussone era come uno sfondo sullo scrosciare dell’acqua che mi rimbombava nella testa. Le immagini iniziarono a svanire davanti ai miei occhi, era come se mi facessero vedere una macchia blu che si espandeva.
Sentii qualcuno gridare il mio nome, poi una luce azzurra ci avvolse sommergendoci, una forza che non sapevo da dove arrivasse mi scaraventò contro il tronco di un albero. Gli scivolai addosso come se fossi acqua, improvvisamente mi accorsi che era proprio così, ero diventata “acqua”.
Crystal mi afferrò, o afferrò la mia essenza, sentii il mio corpo ricomporsi, riprendere consistenza, una lama fendette l’aria e un albero cadde a poca distanza da me.
-Co … cosa è …?- provai a chiedere, la mia voce era alterata, suona roca e innaturale, mentre prima tutto di me era limpido, come l’acqua che scorre. Mi sentivo cristallina e libera, incontenibile.
-Sei ancora troppo sensibile per restare vicino a delle forme di potere  contenute nell’acqua, è molto pericoloso, rischi di disgregarti come è appena successo.- spiegò mentre mi attirava a se circondandomi le spalle con un braccio e appoggiandomi una mano sul volto.
Un sibilo strano riempì l’aria, seguito dal rumore di qualcosa di grosso che finiva a terra. Non mi ci volle molto per rendermi conto che parte degli alberi erano stati tranciati.
-Dov’è Hanry?- domandai preoccupata, mentre Crystal mi aiutava ad alzarmi e a camminare. Prima che potesse rispondere mi trovai davanti a uno spettacolo raccapricciante: Hanry era inginocchiato, varie ferite erano impresse sul suo corpo, dalle quali usciva del denso liquido nerastro.
Mi misi a correre dimenticando il resto, i sai stretti nelle mie mani, evitai all’ultimo momento il fendente di Thanatos e con un colpo veloce gli conficcai il sai nella spalla, poi lo estrassi velocemente e scivolai alle sue spalle mentre lui grugniva per il dolore. Corsi da Hanry, mi inginocchiai accanto a lui orripilata e preoccupata per tutte quelle ferite, dopo pochi istanti Julie era lì accanto a me.
-Va tutto bene …- bisbigliò Hanry, che esausto era crollato a terra.
Mi voltai infuriata verso Thanatos che stava combattendo con Crystal, non avrei saputo dire chi dei due stava vincendo, il loro viso era a pochi centimetri l’uno dell’altro, le armi incrociate. In un lampo, con uno stridore di spade, si allontanarono. Crystal scivolò all’indietro con agilità, appoggiando la mano a terrà per fermare l’arretramento, si fermò accucciata, con la schiena rivolta verso la foresta e gli occhi fissi su Thanatos. Mi voltai a guardarlo, lui era in piedi e la fissava con uno sguardo divertito e brillante, affascinato probabilmente dal modo di combattere di Crystal.
Mi voltai di scatto verso la mia sinistra, avevo sentito dei passi avvicinarsi, mi trovai davanti a Lucy che si avvicinava con eleganza, i capelli biondi raccolti in una treccia che si muoveva con il vento. Indossava dei semplici jeans e questo mi sorprese perché lei non indossava mai i jeans! Il suo sorriso era freddo.
-Credo te la dovresti prendere con me per lo stato del tuo ragazzo.- disse calma. -Anche se visto il tuo grado di disgregazione dovuto alla tua incapacità di controllare il tuo potere non ti converrebbe provare ad attacc…-
Non fece in tempo a terminare la frase, non le diedi modo di terminare quello che aveva da dire, mi scagliai contro di lei che parò i miei colpi. Le nostra armi si incrociarono, le lame esterne dei sai e quelle medie erano a cavallo del bastone. La punta del bastone si illuminò di energia pura, che la percorse. Feci un balzo all’indietro e lanciai un sai che le parò con agilità mentre lame azzurre partirono dal tridente, ferendomi i bracci e lo stomaco. Sentii un dolore acuto e finii per terra, ma mi rialzai subito facendomi forza.
L’arma che era finita a terra si trasformò in una scia d’acqua che si diresse verso di me solidificandosi e trasformandosi in una sorta di pugnale di ghiaccio. Mentre si dirigeva verso di me trapassò a Lucy la spalla da dietro. Lei, colta di sorpresa, rantolò per il dolore e per lo choc , si mosse impercettibilmente per voltarsi, il pezzo di ghiacciò uscì dalla spalla con uno schizzo di sangue e si diresse verso di me riprendendo la forma di un arma.
La afferrai guardandola, era sempre la solita: liscia, fredda al tatto, le lame di un metallo trasparente e infrangibile, macchie del colore del sangue. Era strano, ma le trovavo in qualche modo dissonanti su quell’arma, come se non c’entrassero. Ricordavo con chiarezza il primo giorno in cui toccai quelle armi, tra i molti ricordi, quello era il più vivido. La sensazione di quell’arma tra le mie mani, il suo peso, l’equilibratura, la lama non troppo spessa e affilata, il materiale che ricordava un cristallo che da un bianco opaco diventava trasparente.
Un molo d’acqua mi sommerse, ma io non mi …  “disgregai” … stavolta., quindi non ero stata io farlo. Almeno penso. Ci ritrovammo lungo una strada lastricata di pietre sconnesse. Ho detto “ci” perché non c’ero solo io, e meno male! Corsi da Hanry che era ancora a terra, Julie era accanto a lui e si guardava intorno, nemmeno lei sembrava sapere che fine avevamo fatta. Tempo pochi istanti e il posto fu “riempito”. Con una scia d’acqua apparvero tutti quanti, Crystal aveva fatto un ottimo lavoro, ci aveva portato qui grazie all’acqua delle pozzanghere. Devo dire che la cosa aveva un che di disgustoso, ma era anche geniale!
Dopo la loro apparizione sembrò quasi che l’acqua fosse evaporata, che non ce ne fosse più. Forse era così che si chiudeva un passaggio, era molto probabile, ma non avevo idea di come fare, io non ci sarei mai riuscita. Senza contare che visto quello che era successo poco prima farlo era anche pericoloso, avrei potuto non tornare più come prima, perdermi nell’acqua per sempre. Non mi sembrava una brutta cosa, non era doloroso, non era brutto, era come se tutto si disperdesse, come se ci fosse solo il vuoto.
-Dobbiamo ripararci da qualche parte.- disse Isabelle guardandosi attorno, aveva delle brutte ferite.-Se qualcuno ci vedesse sarebbe un problema.-
In effetti quasi tutti erano feriti e le ferite si stavano rimarginando molto velocemente, ma gli abiti restavano macchiati di sangue o di sostanze strane, nere e appiccicose.
-Andiamo lì.- propose Julie puntando il dito su quella che sembrava una chiesa abbandonata.
Adrian si caricò Hanry, praticamente privo di sensi, in spalla e andammo tutti verso quella chiesa che sembrava totalmente abbandonata. Le porte erano sigillate come delle assi di legno inchiodate, la porta principale era di legno, i vetri delle finestre erano rotte.
-Potremmo entrare da lì.-propose Elle facendo un cenno con la testa.
-Io non arrivo così in alto.- la informai, guardandola con sorpresa.
La prof fece un salto, un salto praticamente impossibile per un comune essere umano, e distrusse totalmente quello che rimaneva della finestra. Dopo di che Adrian fece un balzo e la seguì oltre la finestra, pregai con tutte le mie forze Hanry non si facesse male. Isabelle la seguì, insieme a Francesca, Dave e poi Julie mi prese in braccio e insieme “scavalcammo” la finestra. Fu un attimo, non me ne accorsi nemmeno, poi Julie mi mise a terra, sul pavimento lastricato di pietre, dietro di me sentii il rumore di Elle che atterrava.
Sentii tuonare e ringraziai il cielo che ci fossimo riparati, sentivo che quel temporale non era naturale, che c’era di mezzo Lucy, percepivo nell’aria la sua energia. Probabilmente dalla prima volta che avevo usato in modo vagamente coretto i miei poteri ero diventata più ricettiva, più sensibile. Mi allontanai da Julie per guardare meglio il cielo attraverso il vetro rotto della finestra: grandi nuvoloni grigi si stavano addensando. Scossi la testa e mi voltai: io e Lucy dovevamo fare quattro chiacchiere prima o poi, la sua ossessione nata dal niente era preoccupante.
Mi guardai intorno: la chiesa era semi distrutta, il soffitto vicino alla guglia era rotto, raggi di luna e gocce di pioggia entravano a tratti passando tra le poche tegole rimaste. Le panche di legno per sedersi erano buttate a terra, alcune erano a pezzi, le pareti un tempo bianche avevano ora un colore scuro e in alcuni punti mancava l'intonaco. I candelabri erano stati capovolti e le statue intaccate e distrutte. C'era qualcosa di agghiacciante in quello spettacolo, qualcosa che non riuscivo ad accettare. Mi voltai verso la porta di legno che Julie aveva chiuso con il chiavistello. Mi ricordai che era inchiodata, ma pensai che non sarebbe certo bastato questo a fermare Thanatos e Lucy.
-Credo sia meglio barricare al porta con ciò che resta delle panche.- le proposi.
Dave ne sollevò subito una e la portò davanti alla porta appoggiandola a quello scuro legno consumato. Isabelle seguì il suo esempio mentre Francesca cercava di curare Elle meglio che poteva: la maggior parte delle ferite però si erano richiuse, degno di un licantropo! Quelle più profonde si stavano rimarginando, ma lei stava perdendo parecchio sangue. Mi chiesi contro chi avesse combattuto, persa in quel marasma non l’avevo proprio vista, il mio unico pensiero era Hanry.
Adrian mi mise una mano sulla spalla. -Stai bene?- stai bene domandò gentilmente.
Feci un cenno d'assenso, lasciando che il mio sguardo vagasse.
-Sei sicura?- domandò di nuovo. -Stai sanguinano-
Abbassai lo sguardo sul mio corpo: avevo diversi taglia ai braci e alle gambe e una ferita un pò profonda allo stomaco, ma niente di irreparabile. Posai le mani sulla ferita usando quel potere che solo di recente avevo scoperto di possedere in quantità e di essere in grado di controllare almeno in minima parte. In un attimo la ferita scomparve.
Adrian mi lasciò per andare ad aiutare sua sorella, lanciandomi però uno sguardo preoccupato. Fissai le mie mani che erano momentaneamente diventate blu e che stavano lentamente riprendendo il loro colore “umano”. Almeno stavolta non mi ero disgregata!
Mi feci coraggio e mi voltai verso Hanry che continuava a sanguinare copiosamente dalla ferita infertagli da Lucy.
-Come sta?- domandai alla mia ex professoressa.
Lei sorrise con gentilezza. -Non troppo bene. Se la caverà, ma ha bisogno di sangue e subito.-
Mi avvicinai piano e mi inginocchiai cautamente accanto a lui, le sue pupille erano chiarissime. Gli sfiorai la guancia con le dita della mano, la sua pelle era così chiara che quasi pensavo di riuscire a vederci attraverso. Lui emise un ringhio o un gemito, non avrei saputo dirlo.
-Può prendere il mio.- proposi senza distogliere lo sguardo da lui: guardarlo mi faceva sentire ancora più in ansia, ma non riuscivo comunque a distogliere gli occhi.
La sentii irrigidirsi e intorno a noi scese uno strano silenzio irreale, avevo la sensazione che tutti mi stessero fissando e non mi piaceva.
-Il sangue di una sirena è velenoso, Grace. Potresti ucciderlo.- mi informò Julie posandomi con delicatezza una mano sulla spalla. -Non preoccuparti troveremo un altro modo.-
-Il sangue di una sirena non è velenoso.- la informai a mezza voce. Era una leggenda, ideata soprattutto per proteggerci, perché se sapessero che assorbire in qualche modo anche una sola parte della nostra essenza rendeva immortali dubito fortemente che ci avrebbero felicemente lasciate stare.
Mi avvicinai ancora di più e presi in volto di Hanry tra le mani, i suoi occhi erano socchiusi, mi fissava con sguardo spento e interrogativo. -Hanry, mi senti?-chiamai.
Lui chiuse gli occhi in quella che speravo fosse una risposa. Mi avvicinai al suo volto e gli baciai con leggerezza le labbra, quando mi allontanai notai che aveva dischiuso e lebbra e mostrava i canini affilati.
-Hanry non vorrebbe, Grace. - tentò ancora di fermarmi Julie.
Scossi la testa. Non c’era altro da fare. Mi voltai un attimo per lanciarle quello che speravo fosse un sorriso rassicurante, era comunque il più rassicurante che riuscii a racimolare.
-Andrà tutto bene.- promisi ancora sorridendo, sperando di non sbagliarmi. Julie mi mise una mano sulla spalla e io la allontanai. -Andrà tutto bene.- ripetei. Avvicinai il volto di Hanry al mio collo e chiusi gli occhi. Le sue labbra si appoggiarono sulla pelle, con dolcezza, ma fu tutto ciò che fece. -Hanry, ti prego, bevi il mio sangue. TI prego.- bisbigliai con voce disperata.
Le sue braccia mi circondarono, inizialmente con gentilezza, poi con forza, mi premette contro di se. Mi sentii imprigionata da una prigione bellissima e indistruttibile. Rimasi ferma mentre i suoi canini affondavano nella pelle, sentii un dolore acuto,  poi un rumore strano. Lentamente iniziai a sentirmi più debole, e al contempo ero entusiasta, avevo la certezza che nessuno avrebbe più fatto del male a Hanry. Ora, mentre beveva il mio sangue, freddo come l’acqua del mare, avevo la certezza che Hanry sarebbe diventato immortale in tutti i sensi del termine. Avrebbe avuto quell’immortalità che solo il sangue di una sirena poteva dare.
Il mio sangue non era caldo come quello di un essere umano, mi era sempre sembrato freddo, ma forse a lui sembrava tiepido. Immagino avesse un buon sapore o forse lo speravo. Speravo che Hanry mi amasse incondizionatamente qualunque cosa fosse successa, speravo di piacergli sempre, di stare con lui sempre. Forse la verità era che avevo paura perché se lui si fosse allontanato, se mi avesse lasciato io sarei morta. Non perché ero una sirena. E non era la morte a spaventarmi. Era un sollievo, io sarei morta. Senza di lui sarei morta e questo mi consolava, perché quel dolore mi avrebbe logorato e sarebbe stato peggio della morte.
Lentamente i miei pensieri si fecero incoerenti e alla fine tutto divenne buio, l’ultima cosa che sentii era la mano di Hanry che mi accarezzava con dolcezza a testa. Io ero felice.

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 -Bad day- ***


Documento senza titolo

Riguardandolo e rileggendolo, alla fine mi sono decisa postarlo. Questo capitolo è stato un pò strano da scrivere e da riscrivere...Un pezzo è stata ripreso da una conversazione avvenuta con una mia amica (che ne pensi vampira? XD) Penso che sia un bel capitolo alla fine, ma ero indecisa su come articolarlo. Detto ciò spero che piaccia a tutti^^! Buona lettura^^!

 

Capitolo 26

-Bad day-

 

Il letto era morbido e vuoto, sentivo la stanza deserta e fredda intorno a me, il rumore confortante della pioggia al di là delle pareti riempiva le mie orecchie, nei miei ricordi udivo l’eco lontano del rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.
Mi mossi lentamente verso la direzione in cui sentivo provenire dei passi e aprii lentamente gli occhi, Elle mi fissava dalla soglia della porta con aria preoccupata, aveva in mano una bottiglia d’acqua.
-Come ti senti?- domandò entrando nella stanza totalmente sfoglia.
Non riuscivo a mettere a fuoco niente, la vista era annebbiata e confusa. Chiusi gli occhi respirando lentamente.
-Dov’è Hanry? Come sta?- domandai, stranamente la mia voce era normale, mi aspettavo che fosse in qualche modo alterata.
-Hanry sta bene, non preoccuparti. Si è ripreso quasi subito dopo che hai perso i sensi. È uscito per cercare qualcosa da mangiare per te. Ti va un po’ d’acqua?- chiese con gentilezza sedendosi  accanto a me sul letto.
Riaprii gli occhi lentamente e tentai di mettermi seduta mentre lei mi porgeva un picchiere pieno d’acqua. Mi appoggiai al cuscino del letto e presi il bicchiere, l’acqua evaporò all’istante prima ancora che potessi berla, ma io mi sentii molto meglio.
-Ma cosa …?- farfugliò Elle confusa. Mi prese il bicchiere dalle mani e ci versò dell’acqua, poi me lo porse di nuovo e l’acqua sparì di nuovo. Allungai la mano per toccare la bottiglia, la vedevo doppia. Tempo pochi istanti e l’acqua sparì di lì velocemente, più velocemente di quanto fosse possibile. Sembrava quasi che la bottiglia fosse sempre stata vuota. Mi sentii molto meglio e misi per bene seduta sul letto.
-Non è che ne hai un'altra bottiglia?- domandai sentendomi meglio, Elle mi posò la mano sulla fronte.
-La febbre è scesa.- bisbigliò. -Ti porto altra acqua.- si alzò ma io gli afferrai il polso e la fermai.
-Aspetta. Dov’è Hanry? Perché non è qui?- domandai di nuovo.
-Te l’ho detto, è uscito.- rispose con gentilezza rimettendosi seduta.-Tornerà presto, lo giuro.- aggiunse vedendomi ansiosa. -Tu intanto riposati, okay?-
Feci un cenno d’assenso con la testa e mi distesi nuovamente sul letto e chiusi gli occhi, non avevo idea di dove mi trovavo, non sapevo nemmeno quanto avevo dormito. Rimasi sdraiata con gli occhi chiusi per tutto il tempo, senza muovermi, senza fare assolutamente niente, ascoltando solo il rumore della pioggia, non so quanto tempo era passato da quando Elle se ne era andata. Il ”tempo” per me non aveva importanza, non aveva forma, non aveva significato in quel momento. Nella mia mente riecheggiava il nome e l?immagine di Hanry e non riuscivo  a pensare ad altro.
Elle entrò nuovamente dalla porta e si mise seduta sul letto, ma io non mi mossi, rimasi ferma.
-Ti ho portato altra acqua- disse Elle -E qualcosa da leggere.-
Aprii gli occhi e incrociai il suo sguardo, sorrisi afferrando la bottiglia che mi porgeva, la stappai, l’acqua svanì nel nulla di nuovo, ma ne rimase un po’ sul fondo.
-Due litri, devo dire pensavo ti ci volesse di più.- bisbigliò soprapensiero. -Ecco.- disse poi gettandomi un libricino. -Leggi quello, è carino. Ti distrarrà.-
Lo fissai inarcando un sopracciglio: l’immagine del libro già la diceva tutta sulla trama. -No, grazie.- dissi posandolo sul comodino.
-Non ti piacciono?-chiese inclinando la testa -Non dovresti avere pregiudizi.-
-Ho gai letto.-
-Quel libro?-
-Quel genere. È sempre la solita storia: c’è una ragazza … pura, innocente, comunque una che non ha fatto niente di male, a cui brilla l’aureola di santa e martire in testa. La suddetta ragazza è o un indifesa che viene salvata e si innamorare del suo salvatore, o un indifesa che viene rapita e si innamora del suo rapitore. La trama non varia.-
-Beh, veramente …-
-E nel caso in cui la suddetta ragazza non venga rapita o salvata, si tratta solitamente di una ragazza forte che si innamora di un tipo ancora più forte, che non vuole innamorarsi di lei, e crede non provare niente per lei tranne attrazione. Ma poi, verso la fine, ecco il colpo di scena: è innamorato anche lui! E che sorpresa, visto che si era comportato come un allocco tutto il tempo!-
-Ecco … in effetti … è vero.- assentì facendo una smorfia un po’ buffa.
-Ma sai cosa mi irrita veramente? In ogni libro c'è un punto, non so dove, all'inizio, al centro, verso la fine … durante tutta la storia anche … in cui il bello di turno fa una stronzata, si comporta da bastardo o simile. Ovviamente lei si arrabbia e poi che fa? Lo manda al diavolo? No! Gli dice che è un cretino e gli tira un calcio nelle parti basse? Macché! Gli dice "guarda : amici come prima, e considerando che prima non eravamo amici, addio!” No! Assolutamente! Lei di solito dice “Non importa amore, è stata anche colpa mia”. Colpa tua? Come colpa tua? Dove colpa tua? Ma eri veramente presente a quegli avvenimenti o avevi mandato una sosia decerebrata, perché allora mi viene il dubbio. Spiegami perché? Come fa a essere colpa tua?-
Elle ridacchiava, ma io ormai avevo iniziato e non riuscivo a fermarmi.
-La maggior parte delle volte l’equivoco è dovuto al fatto che lei non gli aveva detto qualcosa. Ma perché lei non glielo aveva detto? Perché lui non la faceva parlare! E come faceva a dirlo allora? Con un messaggio subconscio? Con l’alfabeto mors? Le lettere non sono da prendere in considerazione perché, si sa, in questi romanzi le lettere fanno tutti i giri del mondo, ma al destinatario non arrivano mai. È più probabile che la lettera la veda il papa che  il vero destinatario!- conclusi incrociando le braccia la petto.
-Oh, wow! Siamo davvero nervosi oggi è?- scherzò Elle guardandomi. -Cosa è successo?-
-Niente! Assolutamente niente!- assicurai sempre in tono aggressivo.
-Oh, andiamo! Non hai la faccia da niente, non hai nemmeno la voce da niente, che cosa è successo? Sono stata via solo una mezz’oretta.-
-Non è niente. Davvero. Non è colpa tua … - le assicurai con tono un po’ affranto. Non era davvero lei il problema, il problema era un altro - … è solo una brutta giornata .-
-Cosa? Una brutta giornata? Perché?- chiese confusa inarcando un sopracciglio.
-Ecco, forse Hanry mi ha un po’ … viziato … ma mi sembra strano che non sia qui accanto a me dopo che  … ho perso i sensi. Di solito è fin troppo protettivo.- spiegai con un po’ di incertezza. -Mi sembra strano … e mi fa sentire nervosa.-
Elle rimase in silenzio fissando il vuoto.
-Elle! Di qualcosa- la chiamai dopo poco, seccata da quel silenzio continuo.
Le si voltò a guardarmi rivolgendomi uno sguardo abbastanza incerto, si grattò la testa fissando il vuoto. -Che casino! Che faccio ora?- domandò al nulla -Parlo o non parlo? Se parlo rischio di venire uccisa …- proseguì, poi abbassò lo sguardo su di me emettendo un sonoro uhm.
-Elle se sai qualcosa …- iniziai a mezza voce.
-Bèh, una soluzione c’è. Tu potresti dormire. O meglio fingere di dormire. E tendere le orecchie. In fondo io come potrei sapere se stai davvero dormendo o fai finta?- disse in tono cospiratorio, alzandosi. -Si, penso che farò così! Che dici? Ti senti stanca?-
La guardai per un attimo confusa, poi feci un cenno d’assenso e mi raggomitolai sul letto chiudendo gli occhi. Non capivo bene che aveva in mente, ma se mi fidavo tanto valeva farlo fino in fondo.
Sentii Elle andarsene e accostare la porta senza chiuderla, poi dei passi avvicinarsi e un bisbiglio lievissimo.
-Si, Hanry, sta dormendo.- disse Elle a voce alta. Al solo sentire pronunciare il suo nome il mio cuore iniziò a battere più forte. -Smettila di bisbigliare, mi dai i brividi!-
-Non voglio svegliarla se sta riposando.- disse una voce bellissima, la voce di Hanry. Quanto mi era mancata quella voce! Più di quanto immaginassi!
-E non vuoi che ti senta se è sveglia. Non credi di comportarti da stupido? Lei ha di nuovo chiesto di te.- lo informò con fare accusatorio Elle.
-Davvero?- lo sentii chiedere con tono incerto … e speranzoso credo e preoccupato anche.
-Si, davvero! Quanto andrà avanti questa storia? Quanto ancora pensi di evitarla? Non ti stai affatto comportando bene nei suoi confronti, sai?- lo rimproverò con voce arrabbiata.
Hanry mi stava evitando? Ma perché? Che avevo fatto? Perché ce l’aveva con me?
-Non la sto evitando.- lo sentii ribattere, nervoso e sulla difensiva.
-Stai scappando. E quello che è peggio è che così la ferisci solo di più!- lo rimproverò ancora Elle e in quel momento avrei voluto baciarla per ringraziarla e tirarle un ceffone per come stava trattando Hanry. In fondo le emozioni più forti sono sempre contraddittorie.
-Lo sai perché lo faccio.- rispose lui mesto.
-No, non lo so Hanry! Sei rimasto accanto al suo letto ogni singolo momento finché non ti è sembrato che stesse per svegliarsi e poi sei corso a chiamarmi. Non hai nemmeno voluto che Julie entrasse nella sua stanza. Mi sembri del tutto impazzito!- rispose con foga.
Hanry era rimasto con me allora! Mi sentii pervadere dalla gioia, poi sopravvenne la depressione, alla fine se ne era andato senza dirmi niente.
-Ho solo agito come ritenevo giusto per proteggerla.- spiegò con un tono irritato dopo un istante.
-Non ti capisco affatto.- ribatté lei.
-Certo che non mi capisci! Sei un licantropo! Cosa puoi capire?-disse stavolta con voce infuriata. -IO STAVO PER UCCIDERLA!- urlò. Scese il silenzio in cui sentivo un respiro affannato, poi la sua voce riprese in un tono più basso ma sempre colmo di rabbia … e di dolore. -Ero vicino a ucciderla del tutto, lo sentivo, se fossi andato avanti avrei preso la sua vita. Ero così … assorto, così estasiato dal suo sapore da non fare caso alla sua vita che scivolava via dalle mie mani come un manciata di sabbia.-
-Ma ti sei fermato.- gli ricordò Elle con gentilezza e le fui grata perché il tono di voce di Hanry era così angosciato da rasentare la disperazione.
-Se davvero eri così preso, perché ti sei fermato?- domandò un'altra voce; era  Isabelle, ne ero certa. Eppure non l’avevo sentita arrivare ... beh infondo era un vampiro, sarebbe stato strano il contrario.
-Perché era Grace, la mia Grace. Quando nella mia mente l’ho realizzato mi sono sentito ghiacciare. Era come se qualcuno mi avesse tirato una secchiata di acqua gelata. Il sangue che mi scorreva nelle vene, lo stesso che le avevo rubato, mi dava alla testa.- la sua voce era più affannata e disperata di prima -Sapevo che era lei eppure non mi sono fermato. Non subito.- terminò con un voce appena udibile, colma di senso di colpa. La sua sembrava una confessione, se adesso lo avessi guardato negli occhi ero certa che vi avrei letto la disperazione più totale.
-Era così buono … il sangue di quella sirena?- domandò con esitazione e una certa curiosità la vampira.
Scese di nuovo il silenzio, ma fu solo breve. Sentii un ruggito lieve e fui certa che fosse Hanry.
-Era solo curiosità.- assicurò Isabelle.
Di nuovo silenzio, poi Hanry le rispose -Era un sapore dolce e salato insieme, mentre scivolava sulla mia lingua rimaneva una sensazione di estasi nella mia bocca.- lo sentii quasi rabbrividire, non potevo vederlo, ma ero certa che fosse così. -Ma dentro la testa e nel cuore sentivo come se stessi commettendo un peccato imperdonabile è per questo che io mi sono fermato.-
-Un peccato imperdonabile?- ripeté Isabelle.
-Ed è per questo che non vuoi vederla?- chiese Elle con voce sommessa.
-Si, esattamente per questo.- sentii rispondere Hanry.
-Si è offerta lei Hanry, nessuno l’ha costretta. Neppure tu.- gli disse Isabelle.
-Beh, allora qualcuno avrebbe dovuto fermarla! Perché nessuno l’ha fatto? Si può sapere che avevate in testa?- le rimproverò lui.
Scivolai giù dal letto lentamente, attenta a non fare il minimo rumore, e mi diressi verso la porta socchiusa. La luce nella stanza era sempre accesa, ma si trattava di una piccola lampadina appoggiata sul comodino, non di una luce forte. Mi avvicinai con cautela alla porta, non volevo che mi vedesse, chissà come avrebbe reagito se l’avessi aperta di botto … ?
Abbassai gli occhi per guardare come ero conciata: bèh, i jeans erano sempre gli stessi e un po’ sporchi, la maglia notai era macchiata di sangue e aveva dei brutti tagli dove erano presenti le miei ferite che erano state bendate. A parte quella sulla pancia che avevo fatto scomparire.
Spalancai la porta con un po’ di esitazione, tre paia di occhi mi fissarono, ma solo due di loro erano sorpresi. Scambiai con Elle un occhiata complice prima di voltarmi verso Hanry. Mi fissava inchiodato alla porta, lo sguardo fisso sulla mia maglietta, alla base del collo, dove c’erano macchie di sangue.
Mi appoggiai allo  stipite delle porta, mi sentivo stanca e non riuscivo a staccare gli occhi da Hanry: era bellissimo, i capelli biondi gli finivano in faccia, gli occhi blu erano brillanti, più scuri del solito, e la pelle candida era perfetta, senza nemmeno l’accenno di una ferita. Sorrisi felice che stesse bene.
-Ciao straniero.- salutai con un sorriso felice, non riuscii a reprimerlo: era bello vederlo lì, in piedi davanti a me, intero, stava bene.
-Ciao Grace.- bisbigliò, allungò una mano come per toccarmi il viso, ma la ritirò quasi subito.
-Noi ce ne andiamo.- disse Elle prendendo Isabelle sotto braccio e trascinandola via, verso la fine del corridoio. La vampira la seguì senza dire niente e le fui grata per questo.
Allungai una mano e gli afferrai la maglietta attirandolo verso di me, Hanry mi venne incontro senza dire niente, senza protestare o opporsi, sembrava spaventato da ogni mai mossa, o ogni mia possibile mossa. Quando fu a pochi centimetri da me, mi abbandonai contro di lui e appoggiai la testa alla sua spalla. Le sue braccia mi circondarono con una certa esitazione e con gentilezza, non mi strinse a se, le sue mani rimasero lente intorno al mio corpo.
-Sono contenta che tu stai bene.- bisbigliai contro la sua maglietta.
Mi strinse forte solo per un attimo, poi mi allontanò con gentilezza da se. -Non farlo mai più! Mai! Per nessuna ragione al mondo! Non importa quello che succede, tu non farlo e basta!- disse con rabbia, stringendomi forte le spalle, i suoi occhi erano pieni di angoscia.. -Avrei potuto ucciderti. C’è mancato poco che lo facessi.-
-Lo so, ti ho sentito prima.- bisbigliai.
-Come hai potuto farlo? Come…- il tono ancora infuriato.
-Avrei fatto qualunque cosa per salvarti. Io non esisto senza di te.- gli dissi con sincerità, sentendomi però anche in colpa. Ora capivo perché mi aveva evitato.
Chiuse gli occhi e abbassò la testa, ma non mi lasciò le spalle. Respirava lentamente. Allungai le mani e gli presi il volto costringendolo ad alzare la faccia per incrociare il suo sguardo.
-Va tutto bene sai?- gli assicurai con dolcezza. -E’ tutto a posto, davvero.-
-Grace, come può essere tutto a posto? Ti ho quasi ucciso.- disse con tristezza, poi sussultò. -Non dovresti essere in piedi.- rifletté prendendomi in braccio.
-Sto benissimo! Posami a terra!- protestai, reggendomi alle sue spalle.
Hanry entrò nella stanza e mi depositò sul letto con dolcezza, mi guardai intorno per la prima volta: la stanza non aveva un bell’aspetto, le pareti erano stuccate di bianco, ma lo stucco si era rovinato con il tempo e aveva aloni grigi e neri, in alcuni punti era andato via. Non ‘erano decorazioni tranne una piccolissima finestra in alto, un semplice armadio era appoggiato alla parete e al pavimento perché a quanto pare era rotto. Anche il letto era composto da un semplice materasso e delle coperte di tessuto spesso e ruvido, il comodino di legno era rovinato, sembrava quasi la cella di un convento.
-Come ti senti?- mi domandò con aria preoccupata.
-Bene.- gli assicurai, di nuovo. -Cioè, ho avuto indubbiamente giorni migliori, molto migliori.-
-Immagino.- bisbigliò cupamente, abbassando lo sguardo per non incontrare il mio.
-Erano i giorni in cui il mio ragazzo non mi evitava.- dissi prendendogli la mano ed accarezzandogli delicatamente le nocche. -In cui di solito se stavo male mi stava accanto …- continuai abbassando lo sguardo -In cui ogni tanto mi baciava.- dissi a bassa voce fissando le nostre mani unite, certa di essere davvero arrossita.
Hanry mi mise un dito sotto il mento e mi fece alzare la faccia, si avvicinò per baciarmi, un bacio a fior di labbra. Quando si allontano lo bloccai prendendogli il volto tra le mani e ripresi a baciarlo. Lui ricambiò il bacio, le sue labbra si muovevano sulle mia con forza, non provò ad andare oltre quello e a me andava bene perché non volevo forzarlo troppo. 
Hanry strofinò il naso contro il mio prima di baciarmi ancora, poi si allontanò bisbigliando -Ora è meglio se riposi.- mi accarezzò il volto con gentilezza.
-Non ho molto sonno.- assicurai, allungai la mano e presi la bottiglia d’acqua dal comodino accanto al letto. -Ho sete però … forse è strano.-
-E lo dici parlando al ragazzo che ti ha dissanguato.- mi ricordò con uno sguardo un po’ triste, passandomi il bicchiere.
-Grazie.- bisbigliai prendendolo, ci versai dell’acqua  e ne bevvi un sorso, sentendomi subito meglio.
Hanry sospirò. -Mi dispiace per quello che è successo …-
-Sono stata io a volerlo, non preoccuparti.- lo rassicurai -Lascia perdere, non ci pensare. È solo un brutto ricordo...-
Sorrise, un sorriso un po’ ironico che raggiunse appena gli occhi, un sorriso che amavo. -Un brutto ricordo?- ripeté divertito -Non sai cosa dici?-
-Che vuoi dire?-
-Pensavo tu capissi cosa sono, la mia essenza. Grace quello che è successo è il ricordo più … eccitante, estasiante che io abbia. È  questo che mi fa infuriare!-
Ci pensai su un attimo a mente lucida. -Non capisco.- dissi infine.
Lui mi guardò un attimo, esitante. -Va bene.- bisbigliò infine. -Sappi che sono molto, molto, molto arrabbiato con te. Hai messo in pericolo la tua vita. Avrei potuto non fermarmi, avrei potuto ucciderti, in quel momento quasi lo desideravo. La ragione per cui i vampiri sono così pericolosi è che molti di loro, una volta trasformati perdono del tutto il loro lato umano perdendosi nell’estasi del sangue. Il sapore del sangue, pochi istanti prima che una vita si spenga, è il migliore, come un vino incredibilmente pregiato.- rabbrividì chiudendo gli occhi, quando lì ripari li fissò nei miei, furiosi. Si avvicinò e mi riprese il volto tra le mani mentre io rimanevo inerme, confusa dalla miriade di sentimenti che mi si agitavano dentro senza prendere una forma chiara: paura, eccitazione, senso di colpa e, irrazionalmente, gioia. -Non farlo mai più, capito? Devi giurarlo! Se no io…- la sua voce si spense di colpo.
-Non mi perdonerai?- domandai preoccupata.
Scosse la testa, il volto contratto dal dolore. -Non avrà importanza che ti predoni o no, non ci sarà un dopo la prossima volta. Sicuramente ti ucciderò.-
Mi lasciò andare e si voltò dall’altra parte, dandomi le spalle.
Rimasi in silenzio per un momento, riflettendo: mi aveva appena detto che se avesse di nuovo bevuto il mio sangue mi avrebbe uccisa; sapevo di dover avere paura, ma il fatto che comunque senza di lui sarei morta la frenava molto. Tra il morire per mano di Hanry e il lasciarlo morire preferivo la prima opzione. Preferivo ancora di più che nessuno morisse e che ci fosse un lieto fine. Sapevo che lui aveva voluto mettermi in guardia, ma che non voleva che avessi paura di lui, sentivo che era preoccupato della mia reazione e non sapevo come comportarmi.
Troppi pensieri per una che al massimo ne riusciva a formulare uno solo coerente in quel momento. Alla fine allungai la mano e gli afferrai la maglia tirando verso di me. -Mi spiace.- bisbigliai, non sapevo che altro dire.
Lui chiuse gli occhi e scosse di nuovo la testa. -Non dovresti scusarti.- mi fece notare, con la voce colma di tristezza.
-Potremmo solo … dimenticare tutta questa storia e stare semplicemente insieme?- lo pregai, lui aprì gli occhi per incrociare i miei. -Ora voglio solo … stare con te.-
Lui sospirò, poi sorrise. Si avvicinò per darmi un bacio sulla fronte. -Va bene. Ora dormi però.- bisbigliò con preoccupazione. -Dovresti riposare.-
Sospirando scivolai sotto le coperte, volevo disperatamente farmi una bella doccia e indossare dei vestiti puliti.
-Resti con me?- domandai stringendomi al petto la coperta.
-Sicura di volermi accanto?- domandò con una punta di incertezza.
-Non vorrei nessun altro.- assicurai subito. -Non vorrei nessun altro per sempre.-
Hanry si sdraio accanto a me , reggendosi su un gomito appoggiò la guancia alla mano e mi guardò con dolcezza. Prese a giocare distrattamente con i miei capelli. -Potrebbe essere una pessima idea.-
-Ne ho avute molte di cattive idee, ma da quando ti ho incontrato ho sempre avuto la certezza di fare la cosa giusta. Io voglio stare con te.- dissi senza però trovare il coraggio di guardarlo. -Voglio solo te. - continuai -Voglio solamente te.- ripetei, stavolta guardandolo.
Mi osservò, il suo sguardo così intenso da togliere il fiato.-Allora non mi muovo. Non mi muoverò mai.- mi assicurò, sembrava quasi una promessa.
Chiusi gli occhi e sprofondai in un sogno tranquillo, mi sentivo al sicuro, forse non lo ero, però mi ci sentivo. Mi bastava Hanry per questo, mi basta Hanry …

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 -blu- ***


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Ciao a tutti! Come va la vita^^? Io sono soprafatta dalle cose da fare e ultimamente ho scritto veramente poco (chiedo perdono), in compenso mi sono iscritta in un forum di grafica nella speranza di imparare ad usare meglio photoshop, non so ancora dire se la speranza sia stata o meno vana XD
Dunque, ci stiamo avvicinando alla fine. (evviva, evviva, evviva!)
Stavolta non mi sono messa a dire: finirò entro il capitolo 30 (anche se l'ho pensato) perchè tanto sapevo che entro il capitolo 30 non avrei finito, comunque resta il fatto che finalmente, lentamente, ci stiamo avvicinando alla fine! Così un altra avventura si concluderà... ç_ç (<- persona profondamente incoerente)

Buona lettura

Capitolo 27

-Blu -

 

Qualcuno mi stava accarezzando con gentilezza, lo sentivo, lo percepivo, mi sentivo così bene, così coccolata. Non mi andava di aprire gli occhi, stavo così bene. Delle labbra mi sfiorarono dolcemente la fronte, una pioggia di baci delicati mi accarezzò il volto, carezze delicate fatte con leggerezza.
Aprii lentamente gli occhi, il naso di Hanry sfiorava il mio, le sue labbra sfioravano le mie con leggerezza, in baci lievi. Sorrisi quando si allontanò da me appoggiando la fronte alla mia bisbigliò -Buongiorno amore.-
-Devo dire che questo è un bel modo per svegliarsi.- bisbigliai con un filo di voce e un po’ di imbarazzo.
-Sono contento che ti sia piaciuto.- bisbigliò con un sorriso molto soddisfatto. -Scusa se ti sono saltato addosso, non ho resistito.-
Sorrisi, per niente seccata.-Quindi ora non sei più … arrabbiato con te stesso o con me?- domandai un po’ cautamente Il suo sguardo si incupì un istante, ma tornò sereno quando gli accarezzai la guancia, i suoi occhi si incatenarono ai miei. -Posso alzarmi?- domandai.
Hanry si mise a sedere sul letto e mi trascinò con se, mettendomi seduta sulla sue ginocchia, lo guardai negli occhi sorridendo.
-Come ti senti?-domandò con preoccupazione.
-Benissimo.- gli assicurai. -Però vorrei farmi un bagno e cambiarmi, certo mancano la vasca, l’acqua, il sapone e i vestiti. Ma…- mi bloccai: dietro ad Hanry c’era una finestra che dava su un bosco, una finestra che prima non c’era. Mi guardai intorno spaesata: eravamo in una stanza con carta da parati rosa chiaro con una fantasia a fiori, i letto era matrimoniale, con due comodini di legno scuro ai lati e infondo alla stanza c’era un cassettone dello stesso legno dei comodini, con sopra un grande specchio rettangolare, con cornice dorata. -Ma dove siamo?- domandai scioccata.
-Indovina? Siamo in una casa. Più specificamente nella vecchia casa dei genitori di Crystal. A quanto pare dopo la morte dei genitori l’ha ereditata lei, in modo indiretto, tramite una sorta di strana organizzazione.- raccontò.
-Ma … ma quando …?- farfugliai confusa. Lui mi attirò più vicino a se e mi strinse forte.
-Mentre dormivi ce ne siamo andati, Crystal ha detto che era più prudente muoverci frequentemente per evitare di essere ritrovati. Dobbiamo stare all’erta, quell’invasata di tua sorella ci vuole veramente morti. A proposito, cos’è quella strana organizzazione?- bisbigliò tra i miei capelli.
Sospirai con tristezza. -Demetra, dea della terra e le sue figlie si occupano dei nostri collegamenti sulla terra e anche delle vecchie proprietà. Probabilmente è stata la sua piccola ma ricca organizzazione a occuparsi di tutto.- spiegai sbrigativamente -Crystal ha detto perché?- chiesi poi cambiando argomento.
-Perché cosa?- domandò Hanry baciandomi i capelli.
-Perché Lucy agisce così. L’ho vista combattere a volte.- raccontai. -Lei era sempre … molto aggressiva quando c’erano di mezzo i vampiri. Sempre. Si impunta. Una volta non riuscimmo ad acchiappare un demone e lei non se la prese tanto, invece stavolta si è impuntata in maniera assurda!-
-Già. Forse è solamente …- iniziò.
-Non è pazza!- specificai con irritazione.
Lo sentii sospirare mentre le sue labbra mi sfioravano la tempia. -Che devo fare con te?- domandò un po’ esasperato.
-Amarmi.- risposi senza riflettere, un secondo dopo avrei voluto che qualcuno mi avesse chiuso la bocca con il nastro adesivo.
Hanry si scostò da me per guardarmi, i suoi occhi cercavano costantemente i miei senza risultato, sentivo di aver raggiunto una tonalità di rosso tanto accesa da ricordare il viola. -Che hai detto?- bisbigliò nel mio orecchio per prendermi in giro.
Mi voltai a guardarlo, timidamente, sempre evitando il suo sguardo, scivolando con la fronte sulla sua guancia  mi appoggiai contro di lui e chiusi gli occhi. -Ho bisogno che mi ami, che mi ami davvero. Voglio che tu mi stia accanto, voglio sapere che ci sarai sempre qualunque cosa accada. È molto importante.-
-Lo so.- bisbigliò. -Io non ti lascerò. Non aver paura. Non me ne andrò mai.-
Mi allontanai da lui per guardarlo negli occhi, in quel momento ero certa di stare sorridendo.  I nostri occhi rimasero incatenati a lungo, mi accorsi della sfumatura blu delle sue pupille.
-Ho bisogno di una doccia.- dissi infine.
Hanry sorrise, poi mi prese il volto tra le mani e mi baciò dolcemente, intensamente,  febbrilmente, a lungo. Alla fine mi lasciò andare e io mi sentii stordita e disorientata, mi ci volle un po’ per alzarmi in piedi e lo feci così velocemente solo perché pensavo che se no Hanry mi avrebbe preso in giro.
Mi diressi verso il bagno, una volta dentro chiusi la porta, ma non a chiave, e mi tolsi la maglietta e il reggiseno, fu un po’ difficile perché il sangue secco li aveva fatti appiccicare alla pelle, ma alla fine riuscii a levarli. Mi tolsi i jeans con un po’ di difficoltà e poi li allontanai con un calcio e mi sfilai i calzini con attenzione perché anche lì c’era finito del sangue, Grazie al cielo gli slip erano più o meno immacolati.
Quando entrai sotto la doccia  l’acqua tiepida mi accarezzò la pelle e mi fece sentire meglio, con attenzione mi pulii il sangue di dosso. Era bello stare così a contatto con l’acqua, mi sentivo meglio, più tranquilla, più serena e molto più forte. Con gli occhi chiusi mi perdevo in quelle sensazioni quando sentii qualcosa. Era una sensazione famigliare e fredda, la sensazione di un blu scuro, in cui la luce non arrivava … una distesa scura senza fine. L’acqua mi avvolse, la sentivo danzare introno a me e quando aprii gli occhi mi accorsi che di fatto era così, mi circondava con dei cerchi spezzati che danzavano a spirale continua intorno al mio corpo. Una sensazione fredda e limpida che conoscevo, che avevo gia sentito in precedenza. Sapevo che cosa erano, il loro significato, perché erano lì e sapevo anche quello che sarebbe successo. Senza pensarci gridai il nome di Hanry, ma era già troppo tardi.
Dinnanzi a me c’erano le statue, ricavate da un unico blocco di marmo bianco, di tre ragazze che sembravano degli angeli per la loro bellezza e l’aria eterea, erano appoggiate su una sorta di piccolo altare fatto di marmo, con colonne gotiche in bassorilievo agli angoli. Erano tutte e tre in posa, l’una accanto all’altra.
La prima era seduta per terra con le gambe, le cui forme si intravedevano dal vestito scolpito, appoggiate di lato; la lunga gonna le ricopriva lasciando intravedere con chiarezza soli i piedi e le caviglie incrociate. Nelle mani appoggiate sulle ginocchia, teneva un libro che guardava con le palpebre vagamente abbassate, così da avere un aria misteriosa. Al polso, al collo e alle orecchie aveva dei gioielli che avevano un che di mistico, i capelli le arrivavano alle spalle e sul corpo aveva della sorta di bassorilievi che assomigliavano a dei tatuaggi.
L’altra accanto a lei era inginocchiata, un ginocchio era posato a terra, all’altro aveva appoggiato un gomito, con entrambe le mani reggeva una spada che aveva un impugnatura incredibilmente elaborata, la sua faccia era rivolta verso il basso e al contrario dell’altra era stata scolpita con un abito corto e senza alcun tatuaggio. La faccia era rivolta verso il basso, i capelli corti coprivano solo in minima parte i volto. Lo sguardo era rivolto verso l’alto, come se guardasse qualcuno da cui non voleva farsi scoprire.
L’ultima era in piedi, aveva le mani allungate in avanti, in cui spiccava un lungo bastone simile al tridente di Lucy, solo che l’estremità non era a forma di “forca”, al contrario in cima era incastonata una grande pietra tonda. La ragazza teneva il bastone con entrambe le mani e guardava davanti a se con quello che a me era sembre sembrato uno sguardo sicuro, aveva i capelli lunghi che le scendevano per tutto il corpo e anche il suo abito era molto lungo.
Le statue erano così belle da sembrare vere, mi ero chiesta più volte in passato chi fosse stato a scolpirle.
Già, in passato, perché io l’ c’ero già stata e anche a lungo: ci avevo passato parecchio tempo quando ero diventata una sirena e durante tutto l’addestramento.
Mi c’era voluto un attimo per capire dov’ero.
Mi trovavo nella sala principale del tempio sottomarino di Nettuno.
Non c’era nessuno nella sala e c’erano alte probabilità che nessuno a parte chi mi aveva portato lì, probabilmente Nettuno stesso, sapesse dov’ero.
Nemmeno Crystal sarebbe riuscita a ritracciarmi o a raggiungermi.
In aggiunta a ciò ero completamente nuda.
Accidenti!
-Bentornata.-disse una voce gentile, come un canto. Mi voltai molto imbarazzata verso Leslie, una delle sacerdotesse del tempio. Anche lei era una sirena, ma la sua indole gentile l’aveva fatta diventare una sacerdotessa, non un combattente. Aveva gli occhi e i capelli blu, la pelle chiara, indossava un semplice vestito bianco un po’ scollato, senza maniche, i bracci erano avvolti da tatuaggi blu che apparivano anche sulla fronte e al centro del petto. Indossava un ciondolo con una pietra acquamarina incastonato in una catenina argentata. Tra le mani aveva un panno bianco, me lo porse e mi accorsi che era un asciugamano. Lo presi e mi ci avvolsi, asciugandomi, i capelli gocciolavano ma io gli ignorai e fissai Leslie.
-Perché sono qui?- domandai un po’ intimorita.
-Nettuno desiderava parlarti.- rispose con la voce calma. -Seguiti, ti accompagno a cambiarti.-
-Cosa è successo?- domandai seguendola per il tempio, attraversando stanze ornate da  affreschi e murali. -Perché mi ha convocato ora? Centra Lucy? Oppure Hanry?-
-Non lo so, per ora è meglio se vai a cambiarti, poi potrai chiedere direttamente a lui. Ha già scelto i tuoi abiti.- mi informò con voce piatta, priva di inflessioni.
Sospirai, per niente sorpresa, Nettuno stabiliva sempre come ci si vestiva nel suo tempio, solitamente erano abiti che ricordavano quelli delle sacerdotesse greche, fermati con nastri e strania fili, e sandali alla schiava. Sempre sandali alla schiava. Alla fine avresti fatto qualunque cosa per indossare un altro paia di scarpe, anche quelle con il tacco a spillo alto dieci centimetri e scomode da morire.
In silenzio attraversammo il cortile esterno al tempio che portava in un'altra ampia struttura, incorniciata da colonne corinzie come quelle dell’edificio che ci eravamo lasciate alle spalle. Entrammo in silenzio, lì solo le stanze interne avevano porte, ci dirigemmo verso la parte sud dell’edificio dove c’erano le camere da letto. Era strano essere di nuovo lì, dove ero vissuta per la maggior parte della mia vita, dove avevo imparato a combattere, dove avevo iniziato a vedere il mondo con occhi diversi. Ricordavo il mio arrivo lì, come era all’inizio. Sentivo dolore, tanto, non riuscivo a muovermi. Non era un dolore reale, non era fisico, non poteva essere guarito. In me non c’era niente di fisico a quel tempo, anche la mia coscienza era confusa. Finché non mi trasformavo in sirena non riuscivo a muovermi, era come se sentissi un dolore immenso anche solo a cercare di alzare le palpebre.
Lentamente tutto era cambiato, era diventato più facile o forse io ero diventata più forte, ma ricordavo il canto che mi accompagnava sempre, la voce di Lucy che dolce intonava una melodia. È uno dei ricordi più vividi e chiari di quel periodo. Non avevo ancora incontrato Crystal, sembra che molte sirene non riescano a trasformarsi perfettamente perché lo shock che subiscono è troppo grande, l’anima viene permeata di energia mentre il corpo muore, c’è il rischio che non riesca ad integrarsi con il nuovo corpo. In realtà non ne capivo molto di tutta quella faccenda ma quello che capivo è che io in un qualche modo ero stata molto fortunata.
Entrai nella mia vecchia stanza, tendaggi bianchi con ricami blu scendevano dal soffitto lungo le pareti, un cassettone era abbandonato da una parte della stanza, in un altro luogo c’era una specchiera, sul grande letto a due piazze era ripiegato un vestito azzurrò piuttosto ampio.
-Ti aspetto fuori.- mi informò Leslie rimanendo sulla porta.
Le sorrisi e mi diressi verso il letto, poi mi asciugai i capelli con l’asciugamano con cui mi ero avvolta fino a quel momento, dopo che furono strizzati e solo umidi lo gettai da una parte, sopra il tappeto. Mi diressi al cassettone mi indossai la biancheria intima, grazie al cielo lasciavo sempre dei vestiti lì. Poi presi l’abito azzurro e lo indossai, presi il nastro e lo avvolsi in vita con tre giri, poi legai il nastro dietro e ci feci un fiocco, infilai i sandali alla schiava e li legai sotto il ginocchio. Andai alla specchiera e osservai un attimo il mio riflesso: non stavo male con quel vestito, anche se sembrava un po’ retrò, un bel po’ retrò. Lanciai un occhiata al cofanetto di lato allo specchio, conteneva i gioielli cerimoniali, lo aprii e presi una coroncina bassa, in stile diadema fatta di un delicato intreccio di fili d’argento rigidi che si incrociavano al centro della fronte, con una pietra blu notte incastonata al centro. Mi osservai di nuovo: la mettevo o no? Meglio di no, era un po’ esagerato.
Lo posai sopra il cofanetto e mi alzai, mi diressi verso la porta, poi arretrai di un paio di passi sentendomi incerta. Mi voltai a fissare il muro lasciando che la domanda che mi tormentava ma che avevo cercato di scacciare dalla mia mente mi arrivasse nella mente in modo limpido: perché ero lì? Perché io? Che voleva da me? E se fosse stato per Hanry? Se non volesse che stessi con lui? Se avesse voluto fargli del male?
Qualcuno bussò alla porta interrompendo le incessanti e angosciose domande che continuamente mi giravano nella testa. Sospirai tristemente e con rassegnazione aprii la porta trovandomi davanti Leslie che mi guardava con lo sguardo paziente e le mani giunte rivolte verso il basso, inclinò dolcemente la testa e i capelli blu come l’acqua le scivolarono sul collo scoprendo la pelle bianca della spalla che contrastava con il colore dei capelli. Mi guardò con gentilezza piegando le labbra in un sorriso tranquillo che esprimeva calma più che felicità, un sorriso di cortesia.
-Sei pronta?- domandò.
Mi passai le mani tra i capelli ancora umidi e feci un cenno d’assenso con la testa. Leslie si voltò lentamente e mi fece strada, la seguii con il cuore che batteva a mille e lo stomaco in subbuglio, mi sembrava di camminare nella gelatina perché ogni passo era difficile, pesante, stressante. Avevo voglia di gridare, mi sentivo nervosa e ansiosa, perché non riuscivo a capire perché ero lì e non riuscivo nemmeno a immaginare il perché mi avessero allontanato da Hanry. Chissà come stava ora? Il tempo lì nel mare scorreva diversamente. Quanto tempo stava passando?  Dovevo sbrigarmi a tornare.
-Com’è tornare qui dopo essere andati nel mondo normale?- domandò con una voce tranquilla e curiosa. -Ti è mancato … questo posto?-
Per un attimo mi fermai e mi guardai intorno: mi era mancato quel posto, dovevo ammetterlo. Magari trascinata dagli eventi non ci avevo mai fatto troppo caso, ma la verità è che ne sentivo nostalgia. Le alte colonne e le pareti bianche di marmo, le stanze ampie dai soffitti alti, quasi sempre vuote, le statue abilmente scolpite, l’azzurro che si estendeva ovunque in modo infinito, i pesci che circondavano quel luogo, come una miniatura in una bolla di vetro. Era splendido, tutto era bellissimo e donava una sensazione di pace che ti spingeva quasi sempre a riflettere e a fare autoanalisi.
I ricordi di quel luogo in cui ero vissuta, il dolore che avevo superato, la tristezza, e anche l’ansia e la paura. E poi le cose che avevo scoperto di saper fare, la forza che non credevo di avere ma che avevo scoperto essere mia, tutto ciò che mi apparteneva, tutto era diventato chiaro in quel luogo, come acqua limpida. Poi i ricordi della mia vita che lentamente sbiadivano, anche quelli più dolorosi riuscivano a non distruggermi più, in quel luogo tutto sembrava colmarsi di una sorta di strano sentimento neutro. La rabbia o il dolore non rimanevano forti così a lungo. Tutta via c’era sempre una sorta di malinconia che non svaniva, ispirata soprattutto dai ricordi passati.
-Si, credo si …- risposi guardandomi attorno.
Lei si voltò a sorridermi, i capelli sfrusciarono leggermente. Glieli avevo sempre invidiati, i capelli azzurri, ma in quel momento non mi piacevano molto, li trovavo un po’ infantili, d’altronde l’aspetto di Leslie era quello di una tredicenne, sebbene il suo sorriso e il suo modo di fare fossero quelli di una persona molto più adulta. Mi chiesi come fosse possibile che questi aspetti del suo carattere non riflettessero sul suo aspetto.
Entrammo di nuovo nel tempio e ci dirigemmo verso la sala in cui di solito appariva Nettuno. Dico “appariva” perché lui non stava sempre lì, non so dove andasse, a volte pensavo che lui fosse ovunque c’era acqua, quasi fosse una sorta di spirito dell’acqua o simile, invece in realtà era il dio greco del mare... Quando arrivammo mi ritrovai davanti a due gigantesche porte bianche finemente decorate, sembravano fatto di qualche materiale particolare che sembrava incredibilmente delicato come la porcellana, ma che era più resistente del marmo. Leslie si fermò e rimase immobile, senza dire niente, improvvisamente le porte si aprirono con uno scricchiolio rivelando ciò che c’era al di la di esse.
Entrammo in una grande sala per metà bianca e per metà azzurra, con una parete che sembrava trasparente, si vedevano i pesci che nuotavano e un basso fondale, la luce arrivava alla sabbia del fondale in modo più chiaro, dove eravamo ora invece i luoghi erano illuminati da spruzzi di luci piccole, come un insieme di lucciole.
 -Grace.- chiamò una voce, fu un bisbiglio che mi fece sentire  nel luogo più profondo e scuro del mare, una voce dolce e crudele al tempo stesso. La voce del mio signore, della persona a cui di fatto apparteneva la mia vita, ma non il mio cuore. Mi voltai in silenzio verso il luogo da cui proveniva quella voce cercando inutilmente di scorgere qualcosa.
-Lasciaci.- bisbigliò ancora, fu come se dell’acqua fredda mi scivolasse addosso.
Leslie fece un breve ed elegante inchino e si voltò uscendo a passo leggero dalla sala. Non fece alcun rumore, non ero mai riuscita a capire come facesse.
Le porte si chiusero dietro di lei con uno scatto, non so perché ma in quel momento mi sembravano una sorta di condanna.
-Bentornata, mia sirena.- disse Nettuno richiamando la mia attenzione, la sua voce sempre magnetica e profonda -Abbiamo molte cose di cui parlare.-
“Si!” pensai tra me e me “Una vera condanna!”

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 -Tell him - ***


Documento senza titolo

Non aggiorno da un mese... mi spiace ero impegnatissima. Non ho potuto aggiornare prima, quindi eccomi qui dopo un mese con un nuovo capitolo. La storia sta prendendo una strana piega e la fine che avevo preannunciato mi è scivolata tra le mani, speriamo bene -.-;
Buona lettura a tutti!

 

Capitolo 28

-Tell him -

 

<< Che genere di cose? >>domandai sulla difensiva. Una sfera di luce azzurra fece il sui ingresso nella stanza irradiando deboli raggi.
<< Potremmo iniziare dalla tua missione. >> mentre pronunciava queste parole la sfera ebbe un fremito, come se i raggi di luce si espandessero per poi ritirarsi.
<< Se vuoi parlare almeno abbi la decenza di mostrarti in carne e ossa, non come una … sfera fluttuante!  Come … qualcosa di tangibile. Cos’è? Non vorrai farmi credere di non saperlo fare?! >> protestai cercando di prendere tempo. Mi sentivo un po’ in trappola, non sapevo se avevo una buona ragione per sentirmi così, ma non potevo fare a meno di irrigidirmi e stare sulla difensiva.
La sfera si illuminò di una luce intensa, tanto che divenne impossibile guardarla, mi riparai gli occhi con una mano cercando di vedere qualcosa senza riuscirci. Lentamente la luce si attenuò e io abbassai la mano, davanti ai miei occhi c’era un uomo dall’età indecifrabile, alto e molto bello. Aveva dei lunghi capelli neri dai riflessi blu, gli occhi blu scuri e la belle candida risalta in contrasto con quei colori tanto che sembrava quasi luminescente. Il volto aveva dei lineamenti forti, la mascella squadrata e alta gli dava un aria severa, che era addolcita dai capelli che gli incorniciavano almeno un poco il volto. Indossava un attillato vestito blu e nero che gli fasciava completamente il corpo tonico e muscoloso, esaltandone i dettagli. Incrociò le braccia al petto e mi fissò con sguardo rilassato.
<< Questo aspetto ti soddisfa? >> domandò inarcando un sopracciglio con aria impassibile. La sua voce bellissima e profonda mi stupì immensamente, non importava in quale involucro, la sua voce era splendida come era sempre stata, non subiva alterazioni. Lo guardai con gli occhi sgranati, tanto che le sue labbra sottili si stesero in un sorriso appena accennato.
<< Ah … beh … si … >> farfugliai confusa. Mi voltai e feci un paio di passi verso la porta, poi mi girai nuovamente sentendomi più calma. << Perché sono qui? >> domandai con uno sguardo e un tono di voce preoccupato, ero troppo nervosa per stare attenta anche a quello.
<< Questa è una domanda interessante. >> disse Nettuno, che dal niente, con un semplice gesto, fece apparire due comodi sofà che comparvero con una scia azzurra. << Sediamoci. >> propose facendo un gesto con la mano per indicare i mobili.
Lo fissai negli occhi, ma non riuscii a reggere a lungo quello sguardo scuro e profondo che mi faceva sentire come se affondassi nel mare. Infine mi misi lentamente a sedere, senza però distogliere lo sguardo da lui per un solo istante, un po’ come se fossimo dei lottatori di karate durante un torneo. Questa ovviamente era solo la mia sensazione, lui sembra molto rilassato e a proprio agio. Lui si mise a sedere davanti a me con un gesto fluido.
<< È  la prima volta che ti vedo così. >> dissi più a me stessa che a lui. Mi sentivo davvero nervosa.
<< Gli esseri umani danno molta importanza all’apparenza. Le forme, le sembianze, come le cose appaiono, come le vediamo, questo rende quelle cose “belle”. Ma la vera bellezza … il più delle volte sfugge alla loro comprensione, così come ciò che rende te bella sei tu stessa Grace. È la tua essenza, la tua anima che affascina. >> parlò con voce calma e sguardo profondo.
<< Un discorso molto filosofico. Come “Ho bisogno di te, ti cercavo da tanto tempo disperatamente.” Già, molto realista, solo per gli idioti che ci credono. >> risposi sarcastica, incrociando le braccia al petto.
Lui sorrise, poi scoppiò a ridere in modo incontrollato. << Non posso più passare per un tipo assennato, presumo. È uno … come dicono gli umani …? “Divertimento”? È un vero divertimento prenderti in giro! >> dissi con un ghigno.
<< Il solito strafottente. >> assentii lasciandomi andare contro lo schienale.
<< Non è un termine molto educato Grace. >> mi fece notare con il solito ghigno sulla faccia.
Mi limitai a guardarlo senza dire niente, lui alzò un sopracciglio e poi scosse la testa.
<< Immagino che io debba essere serio in questo momento. >> disse congiungendo le mani e guardandomi diritto negli occhi.
<< Non guasterebbe. >>acconsentii.
<< Sei partita per una missione all’incirca un mese fa e dall’ultimo rapporto che ho ricevuto, rapporto non fatto da te tra l’altro, mi è parso chiaro che la tua missione è stata un fallimento completo. La tua prima missione. Direi che come combattente non hai un grande avvenire … >>
<< Ho affrontato tre vampiri e ho vinto. >> lo informai.
<< Ma … hai dormite per la bellezza di un mese nella stessa stanza con uno di loro senza accorgerti di niente. E ti sei perfino messa con un vampiro, almeno questo è ciò che mi ha riferito Lucy. >> raccontò.
<< Loro non hanno fatto niente di male. Non fanno male a nessuno e … >> iniziai a spiegare.
<< Lo so. >> mi assicurò, fermandomi << Crystal me lo ha detto e io non ho nessuna voglia di mettermi contro la piccola e caparbia Diana. Ma questa è solo una ragione Grace. Ci sono molte cose che non sai. Tu sei la mia piccola sirena, la più giovane, la più inesperta. Il tuo potere è ancora puro e incontrollato, ma può scatenare una forza immensa, una forza superiore a quella di quelle che sono diventate “le tue sorelle”. >> la sua voce calma aveva qualcosa di ipnotico.
<< Superiore a quella di Crystal? E di Lucy? Io? >> domandai sconvolta, interrompendolo. Si stava sicuramente sbagliando, eppure le sue non sembravano solo belle parole.
<< Si Grace, sei molto potente. È per questo che non riesci a controllare bene i tuoi poteri. Per ciò che speravo di te, per ciò che desideravo realizzare preferivo che tu non conoscessi mai l’amore. Sembra che sia troppo tardi …>> abbassai lo sguardo per non incrociare il suo. Non c’era una ragione precisa, ma mi sentivo in colpa, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, come se lo avessi tradito. << Non diventerai più il mio punto di forza, ma ho sempre le altre due. >> proseguì tranquillo << Sei stata come un figlia, come loro. >> disse, gli sorrisi un po’ confusa. << Lucy è contro il mio ordine di lasciarli andare, Crystal vuole proteggerti. E tu cosa vuoi, Grace? >>concluse con tranquillità.
Rimasi in silenzio, sorpresa da quella domanda. Lui non disse niente e alla fine io alzai gli occhi per guardarlo, era tranquillo, aspettava una risposta.
Feci un respiro profondo. << Io voglio stare con Hanry. Voglio … solo questo. >>
<< E lo ami, immagino. >> disse lui pensieroso. << Ma io non ho intenzione di fermare Lucy, non ho intenzione di farle del male. Le mie sacerdotesse azzurre … non verranno toccate, non verranno contaminate, è così che deve essere. E stato deciso che voi sareste state i miei domini sulla terra. Non mi metterò contro di lei per te, ma non l’appoggerò mai. Questa insensata e precipitosa battaglia finirà solo in modo sanguinario, a meno che qualcuno on faccia un passo verso la riappacificazione. >>
<< Lucy non ci pensa nemmeno. >>
<< Ma tu si >> disse guardandomi negli occhi.
Mi sporsi in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e nascondendo il volto tra entrambe le mani. Che cavolo! Perché io? Sempre io?
<< Grace, è più importante che tu segua il tuo cuore. Ci sono molte cose che puoi conoscere facendolo, anche la vera forza dei tuoi poteri, fin dove puoi spingerti, io posso mostrati la verità. Posso solo mostratela però. >>
<< Non capisco. >> dissi sinceramente << Mi sembra solo che tu parli solo in modo filosofico e per darti un tono tra l’altro. >>
Sorrise benevolmente, non mi aspettavo un sorriso simile da lui.
<< Stai facendo il misterioso apposta. >> lo accusai.
<< Tu sei l’unica a cui permetto di parlarmi così Grace, mi sei cara più di altre. Non ho mentito quando ho detto che ti ho cercato e scelto. Io ho scelto te … e tu hai scelto Hanry. >> bisbigliò soprapensiero.
Trattenni il fiato preoccupata, le sue parole sembravano quasi una dichiarazione d’amore ma io sapevo che non lo erano, che c’era qualcosa dietro. << Dove vuoi arrivare? >>
<< Non cambierai rotta vero? >>domandò, con lo sguardo abbassato, poi alzò gli occhi. << No, non lo farai. >> rispose dopo aver visto la mia espressione torva. << Ma mi chiedo quanto tu lo conosca. Quanto tu sappia di lui. Quanto lui ti abbia detto … >>
<< Che vuoi dire? >> domandai lanciandogli un occhiata ansiosa. Hanry non mi aveva detto qualcosa ? Di certo allora non era una cosa importante. Non avevamo avuto molto tempo, soprattutto per via di Lucy, ma prima o poi … prima o poi mi avrebbe detto tutto ciò che fino ad ora non ero riuscito a dirmi. Eppure quando Nettuno pronunciò quelle parole mi sentii in ansia, fu inevitabile, mi sentii come se avessi un ascia che pendeva sulla mia testa.
<< Stai dubitando … ? >> non prosegui la domanda perché lo fulminai con uno sguardo.
<< Non potresti limitarti a rispondere? >> domandai seccata.
Lui mi guardò con irritazione e freddezza. << Grace, stai esagerando! >> disse con tono cupo e profondo, il suo sguardo aveva qualcosa di … regale.
Abbassai lo sguardo remissiva.<< Chiedo scusa. >> mi scusai.
Lui rimase in silenzio, fissandomi con uno sguardo penetrante e freddo, i suoi occhi sembravano due pietre blu fredde e
<< Ti mostrerò quello che vuoi sapere, la verità e poi ciò che non sai. Poi potrai dire che vorrai stare con lui per sempre e che lo ami, o potrai dirgli addio. Solo dopo. >>
<< Mi hai portato qui per questo? >>domandai con una punta di preoccupazione.
<< Si, solo per questo. >> assentì con un sorriso appena accennato.
<< E Lucy? >> domandai.
<< Ti ho già detto che non interferirò tra voi due. >> ripeté con calma.
<< Ma perché si comporta così? >> domandai raccogliendo coraggio. << Perché non ci lascia in pace? Perché continua a tentare di ucciderci? Per quale ragione non può lasciar perdere? Cosa c’è che non va? Cos’è che la spinge a comportarsi così? >>
Nettuno sospirò, non lo avevo mai visto sospirare, poi rimase in silenzio a fissarmi come valutando qualcosa, abbassò la mano e la fissò sorpreso. << Fa un effetto molto strano avere un aspetto umano. >> bisbigliò soprapensiero, sempre osservandosi le mani
<< Scusa, ma non è che potremmo tornare alle mie domande. >> proposi con voce bassa e calma.
<< Certo. Tu vuoi sapere di Lucy … e io voglio parlarti di Hanry… >> bisbigliò pensieroso. << Una decisa incongruenza di interessi. >>
<< Il passato di Hanry è una questione tra lui e me. >> risposi guardando la sua espressione, lui mi ignorava e continuava a osservarsi.
Alzò lo sguardo improvvisamente e mi osservò per un attimo. << Non vale lo stesso per Lucy? >> domandò con interesse.
Rimasi un attimo in silenzio a pensarci, ma solo un attimo. << Lucy sta tentando di uccidermi, Hanry no. >> risposi con un una discreta nota di rammarico. Lucy stava tentando di uccidermi, la mia Lucy, la ragazza che mi aveva fatto da sorella e che mi aveva aiutato a diventare una sirena in grado di combattere.
<< Capisco. >> bisbigliò osservando le sue dita mentre le incrociava. << Tuttavia non sono interessato alla tua questione con Lucy, sappiamo entrambi che non cercherà mai davvero di ucciderti. >>
<< Vuoi allontanarmi da Hanry ? >> domandai dubbiosa, pensando che l’unica distanza tra noi poteva essere fisica e stavo sinceramente pensando di accorciare anche quella.
<< Voglio mostrarti la verità. >> rispose con calma, la sua aria serafica aveva qualcosa di inappropriato .
<< Lo ripeti dall’inizio ma continua a sembrarmi un modo per mascherare qualcos’altro. >> dissi incrociando le braccia al petto.
<< Tutta via se fosse una mia scelta non potresti opporti, lo sai. >>mi fece notare con pacatezza.
Non risposi, aveva ragione e qualunque cosa avessi detto questa verità non sarebbe mai cambiata. Non mi mossi, non feci niente, rimasi lì, rigida, in attesa della sua mossa successiva. Non avevo intenzione di incoraggiarlo o di arrendermi  quindi tanto valeva stare zitta.
<< Che ne dici di un compromesso? >> domando infine con gli occhi fissi sul mio volto inespressivo.
Dentro di me avevo una gran voglia di urlare, ma mi rendevo conto benissimo da sola che anche mettendomi a urlare non mi sarei comunque sentita meglio. Mantenni la mia espressione attaccandomici con le unghie e con i denti e fissai Nettuno in un modo quasi impassibile. Un compromesso … poteva essere una buona o una cattiva idea, non sapevo quale delle due era più probabile. All’inizio scherzavamo, ora eravamo seri, Nettuno cercava sempre di trascinarmi dove voleva, e il più delle volte ci riusciva, senza che io me ne rendessi pienamente conto. Come faceva non avrei mai saputo dirlo con certezza, ma so che ci riusciva e che io non potevo farci niente.
<< Che tipo di compromesso? >> domandai con preoccupazione e sospetto.
Il silenzio scese nuovamente, lui mi studiò in cerca di qualcosa, non riuscivo a capire che cosa cercasse o vedesse.
<< Acconsenti alla mia richiesta e io acconsentirò alla tua. >> propose senza girarci troppo intorno.
<< Qual è la fregatura? >> domandai senza preamboli, ero diventata brava ad adattarmi a lui e hai suoi cambiamenti continui di umore.
<< Nessuna fregatura. >> assicurò, guardandomi male. << Non amo queste parole poco educate. >>
Lo guardai soppesando le opportunità: accettare o non accettare è questo il problema! Forse la verità è che Amleto non era pazzo in quel punto, era solo stanco e sopraffatto dalle situazioni della sua vita, come me. Certo, io non arriverei mai a fare un monologo così lungo, già a metà mi stancherei di sentire la mia inutile voce riecheggiare in una sala vuota.
<< Ti conosco abbastanza da sapere che in un modo o nell’altro con te c’è sempre una fregatura. >> risposi guardando di sottecchi.
<< Non sei molto gentile e nemmeno molto sottile.>> valutò con una nota di divertimento, mi osservò incuriosito. << Sebbene il tuo aspetto sia molto femminile, le tue maniere denotano ancora un po’ di aggressività. Non mi piace molto. >>
<< Cosa? >> domandai irritata, poi mi riscossi: come eravamo passati da una tentata contrattazione sulla conoscenza del passato di due persone per me importantissime a una strana disquisizione sul mio aspetto e il mio modo di fare?
<< Non credi che dovresti essere più femminile? Sei una sirena. La tua apparenza dovrebbe essere delicata e gentile, la tua forza e il tuo potere dovrebbero perciò apparire incontrastati e dirompenti. Al contrario il tuo linguaggio poco femminile contrasta con l’aria fredda e distaccata che ho sempre ritenuto che dovessi assumere. >>
Lo fissai piccata << Non credi di esagerare un po’? Non puoi decidere come devo comportarmi o quello che devo dire! >>
<< Non lo sto decidendo, ti sto solo spiegando quale sarebbe il comportamento più consono alla tua immagine. >> rispose con aria calma e composta.
<< L’immagine non è tutto, soprattutto considerando che la mia immagine è il riflesso della mia anima. Non ho intenzione di manipolarla per renderla qualcosa che non è, sarebbe sbagliato e contorto. >> mi spiegai gesticolando con le mani in modo compulsivo e disgustato.
<< Tornando all’argomento di prima, cos’hai deciso? >> domandò increspando leggermente le labbra in un lievissimo sorriso.
<< Potresti restare fermo su un concetto per cinque minuti così da non confondermi? >> chiesi con tono ironico, poi sussultai << Lo hai fatto per questo! Hai agito di proposito! E io ci sono caduta come un idiota! >> conclusi nascondendo il volto tra le mani.
<< La risposta Grace, è quella la cosa più importante. >> mi incalzò con tono dolce e cupo Nettuno, la sua voce sembrava arrivarmi direttamente nell’anima e mi confondeva, eppure prima riuscivo a rimanere più lucida.
Forse la verità è che volevo sapere quello che Nettuno aveva da dirmi su Hanry, quello che non sapevo su di lui, che lui non mi aveva ancora detto. Eppure mi sembrava ingiusto che non fosse lui a parlarmene, non era quello il modo in cui dovevo saperlo, in quel modo era un po’ come tradirlo.
<< Non lo so. >> bisbigliai. << Così non è molto corretto. >>
<< No, non lo è. >> assentì Nettuno. << Né nei confronti di Lucy, ne in quelli del tuo vampiro. E il tuo comportamento non lo era nei miei. >>
<< Cosa? >> domandai confusa.
<< Grace io ti ho fatto diventare una sirena, ti ho dato dei poteri, una nuova vita e  una nuova famiglia. Ti ho mandato a combattere i vampiri, eri in missione e ti messa con uno di loro. Hai tradito la mia fiducia, la mia causa …>>
<< Hanry non fa … >> lo interruppi con la maggior prontezza possibile.
<< NON È QUESTO IL PUNTO!! >> mi interruppe lui in tono infuriato. Trasalii e rimasi in silenzio a fissarlo, scioccata e spaventata, la sua voce mi rimbombava dentro come una miriade di lame di vento. Strinse in una mano il pugno, respirando lentamente, mi fisso con sguardo freddo. << Non ti lascerò morire, Grace. Non potrei mai farlo. Eri così piccola e indifesa, così importante. Proprio per questo voglio che tu conosca tutta la verità. Se mai deciderai di tornare qui in mare … da me … sarai sempre la benvenuta. Sei molto cresciuta. Sei perfino riuscita a purificare le tenebre che avevi imprigionato. Non posso davvero perderti. Io non credo che sia troppo tardi per tornare indietro. Ti darò le risposte che cerchi e se poi vorrai restare con me sarai accolta a braccia aperte Grace, sempre. >>
Avevo le lacrime agli occhi, mi sentivo commossa e stordita, feci un respiro profondo prima di chiedere: << E se invece decidessi di restare con Hanry? >>
<< Allora sarà una scelta consapevole e credo anche priva di un certo rischio. >> rispose con calma, la voce densa di convinzione.
Mi lasciai cadere di lato sul divano e iniziai a fissarlo intensamente. << Farai del male ad Hanry se rifiuto? >> domandai preoccupata.
<< No. Non ti ho portato qui per minacciarti. >> assicurò con gentilezza, la voce suadente e profonda.
Chiusi gli occhi e provai a pensare a fondo cosa fare: la verità è che io volevo sapere di Hanry e di Lucy, e questo mi faceva sentire in colpa. Poi avevo paura di come l’avrebbe presa Hanry quando fosse venuto a saperlo. Cosa dovevo fare? Perché la mia vita non poteva essere come quella di qualunque altra persona? Solo perché ero una sirena? Una sirena innamorata di un vampiro… ma perché non mi sono innamorata di qualcun altro? Sarebbe stato più semplice, ma non sarebbe stato Hanry.
Sospirai con una certa tristezza << Sono … molto restia … a considerare un opportunità quello che mi hai proposto, ma … ma, anche se so che sicuramente me ne pentirò … >> mi interruppi. Non lo stavo dicendo! Non lo stavo per dire! No! Non lo stavo proprio per dire! Non volevo sentire. << Accetto! >>dissi quasi urlando, tappandomi le orecchie.
Lentamente Nettuno si alzò e mi porse una mano. Mi alzai in piedi anch’io e appoggiai lentamente la mano sulla sua, mentre lui mi guardava con occhi limpidi.
<< Che succede adesso? >> domandai preoccupata.
<< Stai tranquilla, niente di brutto. Dormirai per un po’ immersa in un sogno che definirei “magico”. Sarà come guardare un film, le scene ti appariranno in modo nitido e le conversazioni saranno chiare … un ottimo blu-ray. >> assicurò scherzando con quello che doveva essere un sorriso rassicurante dipinto in faccia.
<< Sarà doloroso? >>domandai ansiosa.
<< Non fisicamente, te lo assicuro. >> rispose con tranquillità. << Sei pronta? >> domandò.
Feci un respiro profondo e poi un cenno d’assenso. Ricordo il sorriso gentile di Nettuno in quel momento, poi l’acqua mi avvolse totalmente formando una sfera intorno al mio corpo. Mi sentii soffocare, ma fu solo un attimo, persi i sensi così in fretta da non accorgermi nemmeno di quello che stava succedendo.

 

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Capitolo 29
*** -Lacrime di pioggia- ***


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Capitolo 29

-Lacrime di pioggia –

 

 

Non avevo mai visto mai visto quel luogo, non ricordavo come ero arrivata lì. Mi sembrava di essere in mezzo al mare, le mie gambe sparivano nell’acqua, i piedi affondati nella sabbia. Avevo un vestito bianco e lievemente trasparente, l’orlo finiva nella acqua mentre io guardavo verso l’orizzonte, intorno a me c’era solamente acqua. Ovunque mi voltassi c’era sempre acqua, era come se fossi in mezzo all’oceano.
Iniziai a sprofondare lentamente, iniziai quasi immediatamente a dimenarmi, ma sprofondai sempre più velocemente e senza che riuscissi a fare niente sprofondai del tutto. Chiusi gli occhi e mi ritrovai sommersa dall’acqua, stavo sprofondando in un cunicolo circolare e ampio, non potevo attaccarmi. Non riuscivo a risalire, la corrente mi trascinava verso il basso, la cosa strana però è che riuscivo facilmente a respirare nonostante tutto. Cosa stava succedendo?
Improvvisamente mi tornò tutto alla mente: Nettuno, il patto, il sogno, il passato di due delle persone più importanti che facevano parte della mia vita. Fu come essere travolta da una valanga. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo per rilassarmi, quando li riaprii ero circondata dalle tenebre, toccai terra, una sorta di specchio d’acqua nero solido, quando ci appoggiai la punta del piede si formarono dei cerchi. Quando appoggiai entrambi i piedi a terra dei cerchi si propagarono tutto intorno. Dalla mia destra e dalla mia sinistra una sorta di sfera d’acqua si alzò lentamente salendo fino all’altezza delle mie spalle, allungandosi e prendendo una sorta di strana forma romboidale, un po’ sbilenca. La superficie era piatta e lucida, si riflettevano le immagini di luoghi strani che non avevo mai visto.
Che dovevo fare?
Quella sorta di strani specchi iniziarono a girare intorno a me in modo concentrico e lento, vedevo le immagini susseguirsi e mi sentivo confusa. Cosa dovevo fare, afferrarli? Allungai una mano per toccarlo, ma mi scivolò attorno alle dita come so fosse fatta d’acqua.
“Scegli” bisbigliò la voce di Nettuno.
Dovevo scegliere che passato vedere per primo, prima l’uno poi l’altro, come se fosse davvero un film. Chi sceglievo? Hanry o Lucy? Chi prima? Chi dopo?
Sospirai con tristezza.
“Lucy” pensai. “Lucy”
Uno di quei cosi si fermò danti a me e si ingrandì fino ad arrivare all’altezza di tre centimetri dalla mia testa. Dentro quell’affare si rifletteva una piccola casa che sembrava appartenere ad un tempo passato. Qualcosa di indefinibile usci da quell’affare, erano come dei lazzi o delle fruste che mi si avvolsero attorno trascinandomi dentro. Ero terrorizzata, ma non riuscii ad emettere nemmeno un suono.  Che diavolo avevo fatto?

Mi sentii come se stessi precipitando nel vuoto.  Quando riaprii gli occhi ero seduta su una panca in un grande giardino,  accanto a me c’erano delle gardenie e della lavanda, davanti a me stavano in un groviglio indistinto alberi di rose di tutti i colori. In un angolo una statua di granito spuntava tra varie specie di piante tra cui riconobbi solo gli anemoni rossi e gialli e le campanule. Tra le altre piante ne spuntavano alcune dai colori bianchi e gialli, una varietà incredibilmente florida, un infinità di colori diversi. Sospirai guardandomi intorno alla ricerca di qualcuno: dove ero finita?
Un forte vento mi scompigliò i capelli, avvertii l’odore dell’acqua salmastra e mi diressi verso il luogo da cui veniva, correndo tra le piante. Arrivai a una cancellata di cui si vedeva il mare che si infrangeva sugli scogli, mi fermai ad osservarlo in silenzio, chiedendomi per l’ennesima volta dove fossi finita.
Il canto di una persona alla mia sinistra mi fece sussultare, erano parole appena sussurrate e dolci che riempivano l’aria, la voce che stava cantando la conoscevo bene e quindi non mi sorpresi quando voltandomi mi trovai davanti a Lucy. Ciò che mi sorprese era che indossava degli abiti strani, in stile settecentesco: aveva un vestito lunghissimo, dalla gonna ampia, di un caldo colore giallo. Ma questo era niente! Indossava un corsetto! Un corsetto! Ma dove accidenti ero finita? Era uno scherzo?
-Lucy.- chiamai avvicinandomi, lei mi ignorò. Quando allungai una mano per toccargli la spalla la oltrepassai. Feci un passo indietro barcollando e mi fissai la mano preoccupata, non è che stavo diventando un fantasma? Ora si che Hanry mi avrebbe chiamata Casper!
-Sorellina!- gridò la voce di una bambina, Lucy si voltò in tempo per accogliere tra le braccia un batuffolo marrone e rosso. Quando lei le avvolse tra le braccia mi accorsi che era una bambina, non alta più di un metro, aveva i capelli castani lunghi  tutti boccoli e un vestitino rosso. -Edmond mi fa i dispetti.- disse con una vocina tenera alzando il volto, aveva gli occhi nocciola e un visino d’angelo.
-Non è affatto vero!- disse un ragazzino di circa otto o nove anni. Lucy gli lanciò un occhiata di rimproverò. -Non troppo comunque.- confessò con un sorriso birichino, aveva i capelli biondi come quelli di Lucy e gli occhi nocciola.
Lucy sospirò, ma regalò ai suoi fratelli un sorriso, accarezzando la testa alla bambina. -Dov’è Josephine?- domandò guardandosi attorno.
-Quel damerino è di nuovo venuto a trovarla.- rispose Edmond storcendo il naso, poi le fece la linguaccia.
-Non essere scortese, Edmond.- lo rimproverò gentilmente Lucy.
Lui sbuffò, poi si voltò verso casa con uno scatto e si mise a correre; Lucy si chinò su Shanna e la prese in braccio. -Andiamo anche noi, tesoro?- domandò con dolcezza, appoggiando la sua testa a quella della bambina.
Lei sorrise felice e fece un cenno d’assenso con la testa, depositò con dolcezza la bambina a terra e le prese la mano, dirigendosi con lei verso il centro del giardino. La seguii un po’ confusa, passandomi una mano tra i capelli e chiedendomi che cosa fossi e come mai non riuscisse a vedermi.
Camminai tra fiori e piante del giardino fino ad arrivare a un grande spazio erboso semicircolare davanti a una piccola villa, c’erano un tavolo e delle sedie adagiate davanti alla porta e due persone sedute a prendere il te: una ragazza bellissima dai capelli color mogano, che portava raccolti in un semplice chignon, e dagli occhi acqua marina incorniciate da ciglia lunghe. Gli zigomi delicati e un po’ bassi erano incorniciati da qualche ciuffo ribelle,  le labbra piene e rosse risaltavano sulla pelle chiara, si voltò e sorrise a Lucy e hai due bambini.
Edmond fece una smorfia fissando il ragazzo che era seduto con lei e che non riuscivo a vedere. -”Quello” è ancora qui.- bisbigliò disgustato.
-Non essere scortese!- rispose con calma Lucy. Il suo era il solito tono dolce e calmo.
Il ragazzo si voltò, i capelli neri si mossero gentilmente scostandosi dal viso, un viso bianchissimo, i suoi caldi occhi nocciola incontrarono quelli di Lucy e lui sorrise in modo cortese, le labbra sottili, ma carnose, chiuse e piegate lievemente verso l’alto.
-Benvenuti.- disse con voce bassa ma squillante. -Vi unite a noi per il tè?- 
-Con piacere.- rispose lei avvicinandosi al tavolo, Edmund rimase dov’era fissandolo di sottecchi con sguardo truce.
Lucy si accomodò con eleganza sulla sedia accanto al ragazzo dopo aver aiutato la piccola ad accomodarsi accanto a lei.
-Piccolo Marin, perché non ti usci a noi?- domandò il ragazzo, il suo tono cortese, ma duro, avrebbe spinto chiunque ad eseguire gli ordini.
Edmond lo fisso con freddezza e sospetto, poi con esitazione si avvicinò al tavolo, facendo il giro si mise a sedere accanto alla ragazza dai capelli mogano con un broncio evidente.
L’altro ragazzo rise divertito.
-Signor Norton le chiedo scusa per l’atteggiamento scontroso di mio fratello.- si scusò garbatamente Lucy versando una tazza di tè a sua sorella.
BLEAH! Ma dove ero finita?! Che roba era? Sembrava un dramma storico! Io volevo solo sapere perché Lucy odiava tanto i vampiri … ma quello! Quello … era forse il suo passato? Se era così quanti anni aveva Lucy? Quello era il mondo in cui era cresciuta? Mi appariva un mondo solo superficialmente ampio, ma assolutamente claustrofobico, così come mi era sempre apparso quando studiavo storia.
-Non ti ho forse già chiesto di chiamarmi Christopher, mia incantevole Lucy.- chiese lui con un sorriso accattivante.
Oh mio Dio!
Lucy arrossì … lei arrossì! Ma… ma quella era davvero Lucy? La mia Lucy? Mia sorella? Era quella? Ma stiamo scherzando?!
-Christopher stasera ci sarai alla festa, vero?- domandò la ragazza con i capelli di Mogano.
-Ma certo Josephine, non potrei mai mancare.- assentì con un cenno del capo. -Spero che mi concederete un ballo, mia splendida e affascinante signorina.-
Rabbrividii di disgusto mentre Lucy abbassava gli occhi triste, quel tipo untuoso mi sembrava incredibilmente falso e non mi piaceva per niente.
-Con piacere.- bisbigliò sorridendo la ragazza.
Un uomo alto sulla quarantina, con i capelli biondi e bianchi fece il suo ingresso nello spiazzo. Aveva un aria autorevole e imperiosa, si avvicinò con passo elegante e fermo al tavolo.
-Buongiorno ragazze, conte Norton benvenuto.- salutò con voce cordiale e distaccata.
Il ragazzo si alzò dalla sedia e si avvicinò all’uomo per stringergli la mano. -Buon giorno a voi signore. Vi ringrazio per la cortese ospitalità e per la gentile e piacevole compagnia delle vostre figlie.-
Quindi quello … era il padre di Lucy. Il vero padre di Lucy. Il solo e unico. L’uomo che l’aveva cresciuta. Lo fissai attentamente e incerta mi avvicinai per guardarlo ancora più da vicino: mi sembrava una persona comune. Non so, forse perché era Lucy, ma in qualche modo mi ero immaginata che suo padre fosse … non so … diverso .. più … più! Semplicemente più! Qualcosa di straordinario insomma. Invece era un banale uomo sulla cinquantina dalla voce profonda.
Guardai Lucy che fissava il ragazzo alla sua destra e notai qualcosa. C’era nel suo sguardo qualcosa di dolce e di doloroso … e poi un'altra cosa, una sorta di .. “innocenza” .. un innocenza che prima non le avevo mai visto negli occhi, un innocenza che non avevo mai conosciuto. C’aera qualcosa di unico in lei, qualcosa di speciale che non avevo mai notato, in quel momento però non riuscivo a capire con chiarezza cosa fosse.
-Per la festa di stasera, non so davvero come ringraziarvi per l’invito.- disse ancora garbatamente il ragazzo.
-Per noi sarà un piacere avervi a questo ballo.-rispose l’uomo. -Ora se volte scusare me e Lucy.-
-Padre?-domandò timidamente e interrogativamente Lucy.
-Cara, c’è una visita per te nel salone.- spiegò il padre con tono tranquillo. -Un giovanotto … mi sfugge il nome ... Uno dei figli del mio vecchio amico Andrè. Il più giovane se non sbaglio.- disse inarcando un sopracciglio con fare complice.
Lucy fissò un attimo suo padre, poi sorrise. -Vincent.-bisbigliò e si alzò domandando frettolosamente scusa, si mise poi a correre verso la grande casa.
Mi ritrovai dietro di lei senza riuscire a vedere con chiarezza intorno a me, era come se venissi trascinata da un lazzo, come se per terra ci fosse dell’olio e qualcosa mi trascinasse facendomici scivolare. Mi ritrovai in un salone ad osservare Lucy che abbracciava un ragazzo sai capelli castani chiari di cui non vedevo il volto, ma che ricambiava l’abbraccio. Il suo braccio destro l’avvolgeva circondandole la vita, la mano sinistra era affondata nei suoi capelli, il volto nascosto nell’incavo del suo collo.
-Bentornato.- bisbigliò Lucy con tono dolce.
-Grazie. Mi sei mancata.- rispose lui con dolcezza.
-Anche tu.-  disse subito.
Lui si allontanò lentamente sciogliendo l’abbraccio, in quel momento lo notai, notai una cosa a cui prima non avevo fatto caso. Una pelle chiarissima e bianca, occhi azzurri, così chiari da sembrare bianchi, come quelli degli aschi. Un vampiro. Accarezzò la guancia di Lucy con una mano.
-Sei freddo.- notò lei preoccupata.
Lui si limitò a sorriderle e a condurla per mano, con gentilezza, sul divano. Si misero a sedere l’una accanto all’altro fissandosi. Lui alzò una mano e con delicatezza iniziò ad accarezzarle tutto il volto: partì dalla fronte, scendendo poi sulle palpebre con leggerezza e arrivando alle guance, si diresse verso le labbra sfiorandole con la punta delle dita prima di avvicinarsi a baciarle una guancia.
-Non dovresti comportarti così.- bisbigliò mia sorella con voce calda e affannosa, il volto rosso. -E’ sconveniente.-
-Se non posso comportarmi così con la mia fidanzata con chi altri dovrei farlo?- chiese in tono scherzoso.
Lucy arrossì ancora di più e possibile, poi Josephine fece il suo ingresso in sala e sorrise seguita dagli altri.
-Mio caro Eric, che piacere rivederti.- lo salutò andando verso di lui, gli occhi che brillavano.
Eric si alzò e le fece un elegantissimo baciamano, poi i loro occhi si incrociarono, fu solo una frazione di secondo, ma vidi come una scintilla tra loro.
-Ehy, tu! Giù le grinfie dal ragazzo di mia sorella!- dissi alla rossa tentando di afferrarla. La trapassai interamente, il mio corpo non aveva consistenza.
-Stasera spero mi farete l’onore di concedermi un ballo.- disse con voce suadente Eric.
-Con piacere.-
-Certo, sempre che Lucy non mi sfinisca prima.- aggiunse scherzoso voltandosi vero Lucy, le rivolse uno sguardo gentile. In quel momento però mi parve incredibilmente falso.
Lucy gli sorrise con la sua solita gentilezza e compostezza, poi abbassò lo sguardo. Eric si sedette e le prese la mano nella sua con gentilezza, guardandola e quando lei alzò gli occhi per incrociare i suoi le sorrise.
Strano. Un comportamento decisamente strano. Che mi fossi immaginata la scintilla che avevo visto tra quei due?
Una donna bellissima dai capelli scuri fece il suo ingresso nella sala. Aveva più o meno trent’anni, dall’aspetto sembrava fragile e delicata, ma i suoi occhi rivelavano una grande forza interiore. Entrò nella sala con eleganza.
-Signora Marin.- esclamarono insieme i ragazzi che la salutarono con un elegante baciamano.
-Scusa l’interruzione, vorrei parlare un attimo con Lucy.- disse con tono gentile e calmo.
-Si madre.- rispose Lucy alzandosi.
Uscirono insieme e vedendole camminare mi fu più che chiaro che erano parenti, il loro modo di muoversi, elegante e vagamente sinuoso, era identico, senza considerare che molti tratti del visto erano simili.
-Cara.- disse la donna richiamando l’attenzione di Lucy -Finalmente è arrivato il vestito che avevamo ordinato per il tuo ballo, devi provarlo subito.- dalla sua voce trapelava l’entusiasmo
-Oh, madre.- rispose con gioia Lucy. -Non vedo l’ora. È davvero un giorno splendido.- continuò con un sospiro felice. -Sono sicura che la festa di stasera sarà bellissima.- concluse mentre saliva le scale accanto a sua madre.
-Speriamo solo che la servitù riesca a finire prima del tramonto. Dirigerli è più stancante di quanto ricordassi.- raccontò con un sospiro. -Sarà l’età forse.-
-Ma madre, voi non siete affatto vecchia!- la corresse subito Lucy arrivando prima di lei in cima alle scale.
-Ma tu piccola mia sei alquanto impaziente vedo.- rispose lei con un sorriso amorevole raggiungendola. -Sono nella tua stanza.- la informò dirigendosi verso una porta e aprendola.
Sbirciai dentro curiosa prima di entrare: c’erano due donne dentro che stavano sistemando delle stoffe, vestite in modo molto meno elegante di chiunque avessi visto fino a quel momento. Quando Lucy e sua madre entrarono si voltarono e le salutarono con reverenza, poi porsero a Lucy un abito che perfino a me parve bello, di taffetà azzurro, con dei nastri ai bordi che lo rifinivano.
Lucy entrò in una seconda stanza per cambiarsi e io non potei evitare di seguirla, anche se contro la mia volontà. Mentre si cambiava osservai la sua stanza da letto: era grandissima, con un ampio letto a baldacchino, e lenzuola e trapunte ricamate. Sul comodino oltre a una candela era posato un libro, c’era da un parte una toletta con un portagioie e un armadio che definirei immenso era a un lato della parete.
-Madre avrei bisogno d’aiuto con il corsetto …- chiamò Lucy un po’ imbarazzata.
La donna entrò con un sospiro. -Se solo avessi avuto la pazienza di aspettare le cameriere … - disse aiutandola a toglierlo  e a indossarne un altro.
Mentre guardavo fuori dalla finestra lo splendido giardino e il mare in lontananza mi sentii come se tutto quello fosse irreale. Io ero finita attraverso un sogno in un tempo passato e stavo rivivendo il passato di Lucy per sapere perché odiava i vampiri. Non ero sicura che se avessi dato voce a quel pensiero sarei riuscita a terminarlo senza riprendere fiato.
Quella non era Lucy! Non era la Lucy che conoscevo. Lei era sempre stata educata e gentile, ma non ce la vedevo ad amoreggiare con un ragazzo. La sua esistenza mi era sempre apparsa come qualcosa di “asessuato”, come se non potesse innamorarsi o avere una storia d’amore. Una cosa simile insomma. Anche perché lei non ne parlava mai dell’amore o dei ragazzi, non se ne era mai interessata. Ma questo suo non parlarne era diverso dalla freddezza di Crystal, era più indifferenza.
-Bene. Direi che è perfetto.- esclamò con gioia Lucy, facendomi girare.
La guardai per niente sorpresa: era bellissima, così tanto da sembrare un angelo … o una sirena incantatrice. La bellezza e l’eleganza che la contraddistinguevano sempre sembravano risaltare ancora di più grazie allo splendido abito.
Aprì le porte e entrò nella l’altra stanza con passo affrettato, arrivata al centro le sarte la osservarono e fecero un breve cenno d’assenso.
-Non ci sono ritocchi da fare.- annunciarono con aria fiera.
-Devo andare a controllare i preparativi.- annunciò la madre. -Se volete seguirmi…- aggiunse rivolta alle sarte.
Uscirono tutte e tre dalla stanza mentre Lucy rientrava nella sua camera e si guardava allo specchio..
-Devo fare qualcosa hai capelli- bisbigliò sciogliendoli. Le ricaddero sulle spalle con un fruscio, lunghissimi e molto belli.
-Tienili sciolti e sarai perfetta.- dissi, certa che non mi avrebbe sentito.
Lucy prese una spazzola e inizio a spazzolarli lentamente guardandosi allo specchio, i suoi occhi azzurri si riflettevano, brillanti, nello specchio.
-Forse dovrei tirarli su.- bisbigliò tirando in alto i capelli  con le mani, la spazzola ancora in mano. Li lasciò ricadere stancamente e tirò fuori da un cofanetto una collana con un ciondolo con incastonata una pietra azzurra. Si osservò un attimo, poi scosse la testa e la rimise nella scatola e tirò fuori una collana di perle.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio …

La sera arrivò mentre Lucy continuava a farsi bella. Alla fine aveva raccolto i capelli in una elaborata pettinatura alta, indossato degli orecchini argentati con pietre acquamarina e un nastro blu di seta attorno al collo come collana.
Non sapevo che mia sorella fosse stata tanto narcisista. 
Quando finalmente fu pronta il cielo si era già oscurato e le cameriere erano arrivate ad aiutarla a fare l’acconciatura e ad accendere le candele nella stanza. Probabilmente le sei erano passate e pesanti nuvole grigie cariche di pioggia si scorgevano in lontananza. Presto sarebbe scoppiato un temporale.
-Sorellina, sorellina!- strillò la piccola Shanna fiondandosi dentro come una furia. -Sorellina, eri sparita di nuovo.-
Lucy sorrise alzandosi dalla sedia e andando incontro alla piccola Shanna che indossava un vestitino rosa molto carino e le prese il volto tra le mani baciandole la fronte con delicatezza.
-Che ne dici di scendere?- propose Lucy prendendola per mano. La bambina iniziò a tirarla verso la porta.
Lucy si lasciò trascinare fin giù dalle scale, fino ad arrivare in una grande sala già piena di persone, molte delle quali si voltarono dopo il duo ingresso.
Lucy fece il suo ingresso in modo per metà trionfale, per metà buffo, trascinata da un entusiasta Shanna che sembrava voler travolgere tutti con la sua incredibile allegria.
-Sei una visione.- l’accolse il ragazzo di prima con un sorriso caloroso -Spero mi concederai il primo ballo.-
-Sono appena arrivata, dammi il tempo di ambientarmi Christopher.- pregò con educazione.
-Ma questa è casa tua.- ribatté prontamente lui.
Shanna gli tirò una mano lasciando quella della sorella. -Puoi ballare con me.- propose con la sua vocina allegra.
Il ragazzo sorrise, trattenendo una risata, poi si inginocchiò e fece un elegante baciamano alla piccola Shanna -Sarà un piacere, mia splendida ospite.-
La bambina sorrise allegra mentre Chris la guidava sulla pista prendendola in braccio, iniziò a ballare lentamente seguendo il ritmo della musica. Musica che, mi accorsi in quel momento, era suonata da una piccola orchestra di dieci elementi. Cavoli! I genitori di Lucy dovevano essere schifosamente ricchi!
Girai per la stanza perdendo di vista Lucy, le persone mi apparivano con volti indistinti e confusi, l’unica cosa chiara era la musica. Intravidi, cercandola, Lucy che si dirigeva verso una saletta, scostando una tenda entrò in una saletta, una saletta in cui io fui “risucchiata”, in assenza di un termine descrittivo migliore, da quella parte in tempo per vedere Eric che accarezzava le labbra di Josephine, sul divanetto una ragazza era stesa, sembrava addormentata.
-Eric?- chiamò Lucy, sembrava preoccupata … anch’io lo sarei stata al suo posto. Eric si voltò a guardarla diritto negli occhi, le sue pupille sempre azzurro chiaro come fossero di ghiaccio. Sgranò gli occhi per un istante, sorpreso.
-Lucy…- bisbigliò - Sei una visione.- la sua voce suonò così dolce e carezzevole da sorprendermi.
Lucy arrossì, ma si riprese subito. -Che ci fate vuoi due qui da soli?-
Sua sorella si voltò verso il divanetto, i lunghi capelli rossi, un po’ mossi, erano lasciati sciolti sulle spalle e risaltavano sull’abito vede, si avvicinò al divanetto toccando con una mano la spalla della ragazza che era lì sopra accasciata. L’accarezzò piano, ma lei non si mosse, i capelli le coprivano il collo e il volto era celato dalle ombre. Trovavo quell’immobilità strana e incomprensibile, a meno che ovviamente non fosse morta. Cosa probabile visto che, anche se cercavo di evitare di ammetterlo, il ragazzo di mia sorella mi sembrava sempre di più un vampiro. Solo che non mi sembrava possibile che un vampiro fosse entrato nella sua vita così presto.
-La signorina Heartwood non si sentiva molto bene. Siamo venuti qui ad accompagnarla.-spiegò Eric prendendo con una mossa molto fluida e stranamente aggraziata, che non avrei facilmente attribuito a un ragazzo.
-Andate pure, resto io con lei.- propose Josephine senza voltarsi.
Lucy si voltò verso di lei, molto stupita -Sorel…-iniziò facendo un passo nella sua direzione, ma Eric fu più veloce: le prese la mano e la portò verso la tenda. -Mi raccomando allora.- si limitò a dire senza nemmeno voltare le spalle. Trascinò Lucy al di là della sala, in mezzo alla pista da ballo.
-Eric che sta succedendo?- domandò preoccupata Lucy.
Eric sorrise. -Ti faccio da cavaliere ovviamente. Come ogni ragazzo con un paio di occhi in questa sala vorrebbe fare. Però visto che io sono il tuo fidanzato ho la precedenza.-
Lucy scosse la testa, anche se era ovviamente felice, si era resa conto che c’era qualcosa che non andava. Mia sorella era sempre stata un grande. -Sai che non mi riferivo a questo.-
-E a cosa allora?- domandò facendo il finto tonto, mentre le prendeva la mano e posizionava il braccio destro dietro la sua schiena per ballare.
-Che cosa stava succedendo di là prima che arrivassi?- domandò, seguendolo in un passo di … credo fosse valzer. Non era proprio la domanda che mi aspettavo, ma di certo non poteva chiedergli: “Per caso hai mangiato la signorina Heartwood per cena?”
-Niente. Ero con tua sorella, cosa vuoi che succedesse? O stai forse dicendo che tua sorella è una poco di buono?- quella domanda sembrava essere buttata lì per caso, ma alle mie orecchie parve chiaramente calcolata. Non puoi ingannare una sirena, amico!
Tuttavia Lucy trasalì sorpresa.-No, certo che no.- si affrettò a rispondere -Lei non è… però… non capisco perché non sia con Christopher.-
-Bèh, non possono certo stare sempre attaccati come due siamesi.- ribatté tranquillo, continuando a guidare: erano molto bravi a ballare.
Lucy rimase in silenzio un attimo.-Hai ragione.- assentì alla fine.
La guardai con la faccia più sconvolta che ci potesse essere: non gli aveva spiegato un tubo! Non gli aveva detto perché era li, che aveva quella ragazza e come mai sua sorella era con lui! Ma perché non faceva altre domande? Non era da Lucy… O almeno non era dalla mia Lucy.
Continuarono a ballare tutta la sera, a parte un piccolo intervallo per cenare. Io li fissavo appoggiata al muro, con la faccia seccata. Che cavolo! Che accidenti stava facendo? Insomma! E poi come diavolo faceva a ballare così a lungo? Non si stancava mai? Dopo un ora buona mi stesi a terra, stanca di stare in piedi, tanto nessuno poteva vedermi e a parte un paio di persone che mi camminarono dentro lo stomaco senza che io sentissi niente, non successo nulla. Loro continuarono a ballare e a parlare spensieratamente.
Alla fine la musica cessò. Non so se fu perché a uno dei musicisti avevano iniziato a sanguinare le mani per via di tutto il tempo in cui aveva continuato a suonare, o perché uno strumento si era rotto o perché semplicemente nessuno ce la faceva più; ma sta di fatto che la musica cessò. Non ero mai stata così felice della fine di qualcosa. La musica cessò. Lo ripeterei altre mille volte!
In quel momento mi alzai e smisi di fissare il soffitto guardandomi invece attorno: molte persone se ne erano già andate, nella stanza rimaneva solo poca gente. Lucy si avvicinò con passo leggero alla madre chiedendole qualcosa. Non sentii perché non ero vicina, ma Nettuno aveva ragione: era davvero un ottimo blu-ray, suoni fin troppo chiari, immagini nitide e a tutto tondo. Solo che quello che guardavo non era un film, era la vita di mia sorella.
Mostrarmela … mostrarmi la vita di mia sorella, mostrarmi quel giorno, quel momento, che senso aveva? Che c’entrava? D’accordo il ragazzo di Lucy era un vampiro, ma di per se la cosa non mi diceva niente. C’era la possibilità che la tradisse con la sorella e si, io mi sarei incavolata, ma il comportamento di Lucy era molto più … patologico.
Seguii Lucy senza muovermi, ormai mi ero abituata a quel modo di spostarmi e lasciai che il mio corpo venisse trascinato mentre lei saliva in camera, sulle scale salutò con un bacio Eric, un bacio sulla guancia. Beh, erano altri tempi.
Mia sorella tornò in camera, si cambiò con l’aiuto delle cameriere, io mentre la guardavo presi la decisione di prenderla in giro appena l’avessi incontrata, poi si mise a letto con una camicia da notte così lunga da sembrare un vestito da sera. Sbuffai appoggiandomi sul davanzale della finestra e guardando fuori: a quanto pare dovevo anche vederla dormire.
Mi diressi al suo letto e mi stesi accanto a lei: a quanto pare potevo sedermi o stendermi sugli oggetti anche se non potevo toccarli, come un fantasma. No, Hanry non l’avrebbe mai saputo o avrebbe continuato a chiamarmi Casper per sempre.
Non so quanto tempo passò, da quando iniziai a sentire dei rumori, come un brusio di sottofondo, all’inizio non era chiaro. Le percezioni che avevo del mondo circostante, le persone e i suoni, erano quelli che vedeva Lucy, quindi anche quei suoni mi giungevano dai suoi ricordi. Quando si dorme la mente crea i sogni anche in base a ciò che i sensi percepiscono dal mondo circostante, dunque i rumori attutiti come un brusio di sottofondo mi arrivavano dai ricordi di Lucy. Mi chiesi quasi perché non ero rinchiusa in un suo sogno.
Lentamente i suoni si fecero più chiari e nitidi, più trasparenti, fino a diventare chiari e preoccupanti rumori. Lucy aprì gli occhi e si alzò lentamente a sedere sul letto, solo la luce della luna illuminava la stanza attraverso le finestre aperte. Lucy si guardò intorno confusa, i suoi occhi non ancora abituati all’oscurità. Un altro rumore di qualcosa che si rompe in lontananza e un urlo soffocato interrompevano la quiete della notte.
Lucy si alzò a sedere sul letto, intimorita, e si diresse lentamente alla porta che dava sul salottino, prese una candela e l’acese con per poi dirigersi con un po’ di riluttanza verso il corridoio. Si appoggiò alla porta sentendo una voce maschile urlare al di là di essa. Fece un respiro profondo ed entrò in corridoio sgusciando alla porta appena aperta.
Il corridoio era buio e nemmeno i raggi chiari della luna riuscivano a illuminarlo, la luce della candela sembrava essere risucchiata dalle tenebre. Un altro suono soffocato, poi un tonfo, come un corpo che cade. La porta della stanza dei genitori di Lucy si aprì e sua madre gridò di terrore.
Dopo alcuni istanti anche la porta delle altre stanze dei bambini si aprirono mentre alle spalle della donna apparve una figura elegante e spaventosa, dai capelli rossi. Josephine sembrava quasi un leone con i capelli mossi sparpagliati che le circondavano il viso, la labbra socchiuse in un sorriso mentre afferrava la donna per i capelli e la strattonava indietro. -Josephine che vuoi fare?- chiese mia sorella spaventata, mi voltai a guardarla in tempo per vedere che le tremavano le mani.
Sua sorella alzò il viso rivelando occhi chiarissimi e macchie di sangue, sorrise e i suoi canini leggermente più lunghi brillarono di un a luce fredda e letale. Lucy fece un passo indietro mentre Josephine abbassava la testa verso il collo della loro madre, tenendola ferma.
-No!- gridò Lucy in preda all’orrore, mentre i suoi fratelli più piccoli le si radunarono introno terrorizzati. La piccola Shanna continuava a piangere e a gridare spaventata.
Da dietro di Josephine comparse la figura alta di Eric che la prese tra le braccia fermandola.
-Eric…- bisbigliò Lucy sconvolta.
Lui le sorrise. -Mia piccola Lucy, pensavo che il giorno in cui ti avrei visto così non sarebbe mai arrivato.- bisbigliò con voce suadente, chinandosi a leccare il mento di Josephine macchiato di sangue.
-Mia piccola Lucy, mia piccola Lucy.- ripeté lei in una cantilena, come per prenderla in giro, abbassando il volto per rubare un bacio a Eric.
Lucy era impietrita. -Sorella…-bisbigliò.
-Non sono tua sorella!- scattò lei, mentre la loro madre si divincolava tra la sua stretta. -Mia madre è morta dopo il mio primo anno di vita e mio padre ti a sposato questa donna …-disse con disgusto guardando la madre di Lucy - …perché mi facesse da madre. Ma non era così! Era sempre Lucy qua, Lucy là .. com’è brava Lucy.- raccontò con rabbia, poi strattonò la donna verso di se  e le tirò i capelli indietro costringendola a inclinare la testa e a mostrare il colo. -Si, è davvero brava Lucy- bisbigliò  al suo orecchio.
-Scappa!- gridò la donna prima che Josephine le affondasse i denti nel collo.
Lucy lasciò andare la candela, afferrò le mani dei bambini e si precipitò giù dalle scale, terrorizzata, correndo più veloce che poteva. Arrivata al portone prese la chiave, lo spalancò e poi lo richiuse a chiave dall’esterno.  Dopo di che si diresse alla stalla per prendere i cavalli e una volta entrata sbarrò la porta con una trave. Ne sellò due velocemente, mentre suo fratello e sua sorella la osservavano tremanti.
Si avvicinò velocemente ad Edmound e gli mise le mani sulle spalle, tremava ma i suoi occhi erano decisi quando incontrarono quelli del fratello. -Ascoltami. Devi prendere il cavallo e andare con Shanna dai Parcker.-
-Cosa?- bisbigliò il fratello tremando come una foglia, mentre la bambina gli si stringeva alla vestaglia terrorizzata.
-Devi andare lì a chiedere aiuto. Io prenderò l’altro cavallo e mi dirigerò nella direzione opposta. Loro seguiranno me...-
-Ma…- la interruppe lui preoccupato.
-Me la caverò, vedrai.- lo rassicurò, ma era chiaro che nemmeno lei credesse a quelle parola. Aiutò il fratello a montare in sella e lo condusse all’altra uscita sul retro, meno usata perché più scomoda.
-Vai.- bisbigliò e il cavallo partì al galoppo. Tornò dentro a prendere l’altro mentre le lacrime le rigavano le guance e un tremito continuo le scuoteva il corpo. Salì a cavallo e partì più velocemente che poteva, ma arrivata all’altra porta sentì un colpo. Spronò il cavallo con tutta la forza e la determinazione che riuscì a trovare,glielo leggevo negli occhi, si diresse verso l’unica strada che era alternativa a quella dei fratelli, una strada che avevo già capito dove portava. Era una strada senza uscita, verso la scogliera.
Mi tappai il volto con le mani e mi accorsi che stavo piangendo, la ragione per cui Lucy odiava tanto i vampiri mi appariva ogni istante più chiara e nitida, più limpida.
Il cavallo galoppava a tutta velocità per una strada buia, la luna coperta dalle nuvole, ma al vampiro non ci volle molto per raggiungerlo e pararglisi davanti. L’animale impennò, alzandosi su due zampe, ma Lucy riuscì a non farsi disarcionare. Fissò ammutolita il ragazzo che aveva davanti, gli occhi sgranati per la sorpresa: era Christopher. Devo dire che anche lui mi aveva insospettito un po’, ma non immaginavo fosse un vampiro. Mi chiesi se fosse stato un anziano a trasformarli tutti. In fondo i vampiri come loro, cioè quelli che una volta erano esseri umani, venivano più facilmente avvicinati dagli anziani che dagli altri vampiri, perché loro aveva molto più controllo dei vampiri trasformati.
Il cavallo arretrò di alcuni passi prima di poggiare nuovamente gli zoccoli davanti a terra. Lucy tentò di fallo girare, ma si trovò bloccata da Eric. Il cavallo di impenno di nuovo scalciando in aria. Stavolta Lucy non riuscì a mantenersi in sella e cadde rovinosamente a terra. Per un attimo rimase stesa raggomitolandosi su se stessa, incapace di muoversi, sentivo la rabbia crescere in me e la mia impotenza (sai che mi sento così quando fai qualche sciocchezza? Il carattere te l’ho creato io però. -.-) mi faceva infuriare, sentivo l’angoscia crescere e soffocarmi. Era come guardare a rallentatore la scena clou di un thriller, l’angoscia era come una gabbia, una stanza dalle pareti alte e vicine che ti soffocava. Ero impietrita, infuriata, angosciata e triste … immensamente triste.
Il cavallo continuò a scalciare in aria fino a quando Christopher non lo atterrò, mordendolo, nutrendosi di lui. Eric si avvicinò a Lucy nel momento esatto in cui la luna spuntò dalle nuvole.
-Oh mio Dio.- bisbigliai quasi senza rendermene conto.
Tra le baraccia di Eric giaceva inerme il corpo di Shanna, i capelli scusi spinti di lato, il collo dilaniato e il pigiama macchiato di sangue. Mi voltai a guardare Lucy che fissava Eric sconvolta, con gli occhi colmi di orrore. Si alzò d’impeto e gli si scagliò contro, lui lasciò cadere il corpo della piccola con indifferenza, come se fosse un sacco non il corpo di una bambina e afferrò il polso di Lucy.La strattonò, facendola voltare, poi la girò immobilizzandola. Si chinò a leccarle il corpo.
Rimasi immobile, non potevo farci niente, questa consapevolezza mi faceva male più di una ferita.
<> lo bloccò Josephine. -Lei è mia. Non morirà così facilmente.-
Iniziò a piovere, precipitosamente e violentemente. Eric strinse Lucy con un braccio e fissò Josephine senza scomporsi. -Lei è mia. È sempre stata mia, come tu sei sempre stata il mio trastullo.- disse fissandola negli occhi -Non lo sapevi vero? Che la tua cara sorellastra andava a letto con chi le capitava senza farsi troppo problemi. Devo dire però che ci sa fare.- bisbigliò rivolto a Lucy, la quale stava piangendo, le sue lacrime si mischiavano con le gocce di pioggia che cadevano dal cielo. -Certo, tu…- continuò annusandole i capelli. -… saresti tata altro. Forse ho ancora il tempo di “assaggiarti”-
Josephine ringhiò. -Io non sono il trastullo di nessuno!- e si avventò contro Eric. Christopher le fu addosso con un movimento velocissimo, la bloccò da dietro e le trapassò il petto con la mano spappolandole il cuore. -Scusami piccola.- bisbigliò -La verità è che saresti stata solo un intralcio.-
-Possiamo ancora divertirci con lei.- propose Eric, accarezzando con le labbra il collo di Lucy e strappandole il vestito.
Mi voltai, stavo per sentirmi male e mi veniva da vomitare. Caddi a terra gridando.
Sentivo Lucy piangere mentre Chritopehr le si avvicinava piano. Qualcuno gridò loro di fermarsi, più e più volte, mentre sentivo urla e rumori che non avevo problemi a identificare. La voce che gridava di smetterla non era di Lucy e mi ci volle un po’ per capire che era la mia.
Non so quanto tempo passò prima che scendesse il silenzio, non ebbi il coraggio di voltarmi nemmeno allora. Sentivo il desiderio di vomitare ma non ci riuscivo.
-Sembra morta.- disse Eric dopo un tempo che mi sembrò infinito.
-Il battito è debolissimo, tra poco lo sarà. Che ne facciamo del corpo?- domandò Christopher.
Continuavo a non avere coraggio di voltarmi, mi accorsi di tremare e piangere convulsamente; rabbia e dolore mi accecavano, mi sembrava di impazzire.
-Buttiamolo in mare, in fondo a lei piaceva.- rispose Eric.
Improvvisamente mi ritrovai precipitata nella realtà, in una stanza fredda e azzurra. L’ultimo ricordo che avevo era che stavo cadendo dalla scogliera nel mare, guardai le onde nere che risucchiavano tutto sentendo che il mio cuore aveva lo stesso colore del mare. Piangevo a voce alta come una bambina piccola, le lacrime mi rigavano la faccia, ero stesa per terra, letteralmente piegata  in due dal dolore, un dolore molto più profondo di quello fisico.
- È la prima volta che la sfera d’acqua si rompe prima di aver esaurito il suo compito.- sentii bisbigliare Nettuno mentre piangevo. Poi le braccia di qualcuno mi avvolsero e mi premettero forte contro il proprio petto, sentii nuovamente la voce di Nettuno sussurrare. -Va tutto bene Grace.- e capii che era lui. Mi rifiutavo di aprire gli occhi, mentre lui mi abbracciava cercando in qualche modo di consolarmi e sostenermi come un padre gentile, un unico doloroso pensiero mi si affacciò alla mente.
Io quanto male avevo fatto a Lucy …?

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 -I belive – ***


Documento senza titolo

Lo stato post depressivo da rinizio studio non mi ha fatto notare che era una vita che non aggiornavo. Perciò ecco qui il nuovo capitolo.
Un grande bacio e buona lettura a tutti^^!

 

Capitolo 30

-I belive –

 

Osservavo il soffitto senza muovermi e senza vederlo realmente, accanto a me sentivo la voce di Nettuno che continuava a parlarmi di cose senza importanza. Non aveva più un aspetto, una sostanza, era tornato ad essere una voce dopo la crisi quasi isterica che avevo avuto perché non volevo che mi si avvicinasse.
Ero sdraiata su un divanetto, il vestito bagnato mi aderiva al corpo, ma la mia mante sembra rivivere continuamente quello che era successo quasi non fossi affatto qui. La voce di Nettuno mi arrivava da lontano, come se fossi circondata da uno strato di nebbia. Non vedevo con chiarezza le immagini e non riuscivo nemmeno a sentire molto bene le voci. Forse stavo diventando ceca e sorda, poteva essere perché in quel momento non volevo assolutamente sentire niente e non volevo vedere nessuno. Volevo chiudermi in un guscio e sparire dal mondo.
Nella testa mi rimbombavano le urla di Lucy, si sentivo veramente a pezzi.
Cosa avrà provato? Quando mi avrà visto insieme ad Hanry, cosa avrà provato Lucy? Io che mi sono allontanata da lei … che difendevo Hanry ... guardandomi in quei momenti cosa avrà provato? Lucy, cosa avrà pensato? Quando ho preso le parti dei vampiri, quando li ho protetti … quando ho scelto Hanry e non lei … In quel momento lei come si sarà sentita?
Se avessi potuto avrei voluto sparire.
Il mondo si dissolse davanti ai miei occhi, lentamente. Capii di essere tornata in uno stato di incoscienza poco prima di sprofondare in un sonno vuoto, senza sogni.

Riaprii gli occhi, ero in un luogo che non conoscevo. Il soffitto ad arcate era affrescato magistralmente, così bello … una bellezza delicata e lontana che non poteva in alcun modo venir toccata, una bellezza che nascondeva tenebre profonde. La sensazione era quella di perdersi, di sciogliersi lentamente nel nulla: sentivo che questa sensazione non era mia, non mi apparteneva, non la possedevo, non mi riguardava.
<< Dove sono? >> sentii domandare la mia voce, sentivo dolore in tutto il corpo, come la prima volta che mi ero risvegliata come sirena.
<< Benvenuta. >> bisbigliò una voce, seguita da un eco. << Benvenuta. >> ripeté. La voce era dolce, aveva una nota gentile. L’aria profumava di ardesie e di salsedine, non sapevo dove mi trovavo.
<< Riesci a muoverti? >> domandò dolcemente qualcuno, il timbro sembrava femminile. Sentii la quella voce che mi dava il benvenuto rimbombare nuovamente.
Muovermi, mi sembrava un concetto difficile, complesso, troppo complicato per essere metto materialmente in atto. Respiravo. Il mio copro si alzava e si abbassava seguendo il mio respiro. Era tutto ciò che potevo fare , tutto ciò che sentivo.
Un tocco fresco e leggero, una mano fresca che con delicatezza mi scostava i capelli dal viso mi fece aprire gli occhi, poi un volto apparve nel mio campo visivo. Due occhi blu incontrarono i miei e un sorriso gentile si dipinse sul volto della ragazza, i capelli chiari, quasi bianchi, raccolti in una coda bassa dietro alle spalle.
<< Sono lieta di vedere che sei tornata in te. >>
<< Benvenuta. >> risuonò ancora una voce nella mia mente, come un eco lontano che si ripeteva << Benvenuta. >>
<< Di chi è …? >>iniziai a domandare, interrompendomi. “Di chi è la voce che sento nella testa?” non era una domanda da porre a qualcuno a meno che non si desiderasse ardentemente essere rinchiusi in un istituto di sanità mentale.
<< Di chi è cosa? >> domandò la ragazza, con un sorriso cortese.
<< Questa casa …. >> improvvisai. << Di chi è questo posto? Dove sono? >> Indubbiamente era un luogo che non avevo mai visto, almeno il soffitto.
<< Questa è casa mia. Sei la benvenuta. >> assicurò con un sorriso. Poi si allontanò e sparì dalla mia vita, provai a voltarmi e scoprii di riuscirci se non facevo troppo caso al fatto che il dolore era a mala pena sopportabile.
<< Chi sei? >> domandai, rendendomi conto però di comportarmi da maleducata: io non le aveva affatto detto il mio nome.
Lei si voltò, il solito sorriso dipinto sul volto. << Mi chiamo Telete, piacere di conoscerti. >> disse in tono cordiale.
Non feci commenti sul nome che mi suonava strano e antiquato. << Io sono Grace. >> mi presentai sforzandomi di sorridere.
<< Grace … >> ripeté lei. << Significa “grazia”, una qualità rara che implica benevolenza, il suo significato richiama anche la un aspetto superficiale determinato da bellezza, postura e comportamento. È un nome molto bello … e molto impegnativo. La “grazia” è bellezza e la bellezza è verità. Quale verità porti in te Grace? >> domandò con un sorriso dolce e un sguardo brillante, acceso, uno sguardo che era in grado di trapassarti e leggerti dentro. Sembrava di vedere l’acqua cristallina del mare che tentava di risucchiarti nelle sue profondità.
<< Anche tu sei una sirena … >> bisbigliai, un suono appena udibile, ma che per lei era chiaro.
Fece un cenno d’assenso. Indossava un vestito simile a quello delle sacerdotesse e dei sandali alla schiava, era accucciata a terra e stava trafficando con qualcosa dentro un baule. Si voltò nuovamente, ignorandomi.
<< Che stai facendo? >> domandai preoccupata.
<< Sto cercando una cosa. Una pietra … dello stesso colore dei tuoi occhi. Dovrebbe essere qui da qualche parte. >> spiegò continuando la sua ricerca.
La fissai senza dire niente, confusa, chiedendomi cosa accidenti ci facessi con una sirena che non avevo mai visto in un posto che non conoscevo. Di nuovo tornò una voce, la voce che mi aveva dato il benvenuto. << La pietra. >> rimbombò nella mia testa << La pietra. >> ripeté. << Segui la pietra. Segui la sirena. >>
Chiusi gli occhi chiedendomi se per caso non stessi impazzendo. Insomma cos’era? Una sorta di “salva la cheerleader, salva il mondo?”
Qualcosa mi sfiorò la guancia e io spalancai gli occhi di scatto, girandomi rapidamente. Telete teneva in mano un ciondolo d’argento con una pietra acquamarina e sorrideva felice: << L’ho trovata finalmente. >>disse con un guizzo di vittoria negli occhi. Me la mise al collo senza dire niente.
Allungai una mano a toccare la pietra e mi accorsi di non sentire più dolore. Mi misi a sedere lentamente, cauta, stando attenta a ogni movimento, ma il corpo non mi faceva più male.
<< Ma cos’è questa pietra? >>chiesi sorpresa sfiorandola con un dito.
Lei mi fissò con un sorriso rilassato e iniziò a parlare come una maestra che parla  a una bambina.<< Quella pietra è berillio. Il berillio simboleggia la purezza, è la pietra sacra a Nettuno; si dice influenzi le correnti del mare e porti stabilità e chiarezza alla persona che la possiede. >>
Presi la pietra tra le dita  e la guardai affascinata, poi alzai lo sguardo a  incontrare il suo e con aria interrogativa chiesi: << A me sembra sia acqua marina. Ma come mai ha un effetto simile su di me? >>
<< Te l’ho detto, quella pietra è sacra a Nettuno. Dentro il tuo corpo, nelle tue vene e come un eco nella tua testa rimbomba il suo potere inarrestabile  e volubile come l’acqua. Il tuo stesso corpo, la tua essenza sono fatte di esse. È come mettere due calamite l’una davanti all’altra, l’effetto che ottieni è lo stesso. >>
Tornai a fissare la pietra che tra le mie mani aveva una sfumatura più verde che azzurra, mi chiesi quali segreti fossero chiusi in essa. Telete sembrava conoscere molte cose, eppure i suoi discorsi non portavano a niente. Non sapevo ancora dov’ero finita, lei non aveva ancora risposto alle domande più semplici e sembrava parlare per enigmi.
Con la coda  dell’occhio mi accorsi che si era alzata e che si era allontanata da me, i lunghi capelli di un biondo tanto chiaro da sembrare bianco le arrivavano ai fianchi, era più alata di quanto pensassi, almeno un metro e settanta, ma minuta.
<< Dove sono? >> domandai ancora.
<< Questa è una domanda molto importante. Dove sei adesso? >> ripetè con voce dolce.<< In che direzione devi muoverti? Questa è una domanda ancora più importante. >> concluse con tono tranquillo.
Rimasi in silenzio per un po’, riflettendo. Un quesito filosofico: proprio quello di cui avevo bisogno, soprattutto quando non avevo idea di cosa fare. Odio i quesiti filosofici perché le risposte sono più ingarbugliate delle domande e non sempre esistono. Sospirai.
<< Quindi non mi dirai dove sono? >>  disse rassegnata e molto seccata.
<< Lo sai già. >> rispose semplicemente.
Mi guardai intorno, le pareti della casa erano di un materiale che non riuscivo a identificare, c’era una sola finestra, ma non riuscivo a identificare il paesaggio fuori da essa. Il mobilio era minimo, c’erano una cassapanca e un tavolo con un paio di sedie, oltre al letto su cui ero stesa. Il pavimento era bianco e sembrava fatto di stucco.
<< Ti sbagli. A parte che sono un una strana stanza bianca non so niente. >> mi limitai a rispondere.
Lei si guardò intorno tranquilla. << Ti piace? >> domandò con gentilezza, lo sguardo perso nel vuoto. << Questo luogo è un ologramma della mia mente, un ricordo del luogo in cui vivevamo insieme. Sei venuta qui da sola, attraversando molto più che il mero spazio,  ma per una ragione molto importante. È per il luogo in cui ti trovi. >>
<< So di essere ripetitiva, ma … dov’è che mi troverei?>> domandai inarcando un sopracciglio. << Intendo letteralmente. >>
<< In un mondo artificiale, una sorta di dimensione parallela. >> ripose Telete, sedendosi su una sedia.
La osservavo seduta sul letto, mi stropicciai gli occhi tentando di fare chiarezza, ma nella mia mente regnava la confusione.
<< Perché sono qui? >> domandai di nuovo.
Telete sospirò stancamente. << Lo sai già, smettila di continuare a pormi le stesse domande. >>
<< E tu smettila di evitare le risposte. >> ribattei a mezza voce. Rimasi in silenzio a riflettere, se avevo già la risposta allora … << Sono nel tempio di Nettuno? >> domandai.
Lei sorrise in modo comprensivo. << Si, ma io non mi riferivo a una collocazione fisica. >> spigò con  dolcezza.
Rimasi in silenzio riflettendoci, di nuovo: ma cos’era? Il giorno degli indovinelli? Mai che ci fosse qualcosa di facile! Mai! Ma perché? Dove mi trovavo? Dove? << Davanti a un bivio. >> Un dannatissimo, esasperante bivio! Mi sentivo in colpa con Lucy e non ero più sicura che stare con Hanry e seguire il mio cuore fosse la cosa giusta.
<< Esatto. >> rispose tranquilla Telete.
La fissai sconcertata. << E con ciò? Sono davanti a un bivio, devo scegliere tra la persona che amo e mia sorella, ma anche se lo cose stanno così questo non spiega affatto perché sono qui. >>
<< Invece si. >> rispose lei. << Tu stai soffrendo, sei come dilaniata in due. La tua anima è collegata al tuo corpo, se essa soffre questo si ripercuote inevitabilmente sul tuo corpo. Avviene anche negli esseri umani, ma non in modo così diretto e forte. Non riuscivi più nemmeno a muoverti senza provare dolore. >>
<< Ma che c’entra con il fatto che sono qui? >>
<< C’entra. Tu sei qui perché se no rischieresti di morire. Sei qui per fare una scelta, per comprendere qualcosa. >> spiegò con gentilezza. Tutto in lei esprimeva grazia, bellezza e eleganza, molto più di Lucy, i suoi occhi mi ricordavano il mare come sua calma. La sua voce era come il rumore delle onde: dolce e rassicurante. << Io sono qui per guidarti nella tua scelta. Per fornirti aiuto. >>
<< Come? >> domandai, non era mica un compito, era un scelta puramente personale, una scelta che riguardava solo me, Hanry e Lucy.
<< Raccontandoti la mia storia. Aiutandoti a comprendere. >> rispose con calma, l’espressione seria. Si alzò e si mise a sedere accanto a me, i suoi occhi incontrarono i miei.
<< Ti eri innamorata di un vampiro? >> domandai incredula.
<< No, ma mi ero innamorata. Mia sorella, non era davvero mia sorella ovviamente ma era come se lo fosse, la piccola Telsiope non ne era felice. Lo viveva come un tradimento, odiava il mio amore e lo uccise. Così morii anch’io. Non l’ho mai odiata. Per un breve periodo tornai da loro, lasciandolo, ma il mio cuore mi riportava da lui. Non potevo vivere tradendo me stessa... per questo le sirene non dovrebbero amare. Il nostro cuore è profondo quanto gli abbissi del mare e altrettanto difficile da raggiungere, ma quando ci innamoriamo di qualcuno, per quanto raro sia l'evento, noi apparteniamo a questo qualcuno. Per quanto le onde ci chiamino, c'è un richiamo più forte. Per questo non potevo lasciarlo. Per questo nemmeno tu puoi farlo. >>
<< Quindi dovrei abbandonare Lucy? >> domandai.
<< Tu non stai abbandonando Lucy, è lei che ha abbandonato te. Tu pensi di averla tradita, ma hai sempre fatto di tutto per farle cambiare idea, dico bene? >>
<< Lucy ha sofferto molto. >>mi limitai a rispondere.
<< Tu le vuoi bene. >>disse lei.
<< Non cambia niente. >>
<< Non è vero, è importante. >>rispose con dolcezza, prendendomi per mano. << Devi farle capire questo, devi farle capire che è importante per te. Devi spiegarti. >>
<< C’ho provato, non mi ascolta. >>
<< E tu continua a provarci. Ancora e ancora. >>
Scossi la testa.<< Non servirà niente. >> scese il silenzio per un istante. << Io l’ho ferita. Non ho sbagliato a seguire il mio cuore, questo lo so ma. .. non posso cambiare il fatto che l’ho ferita. >>
<< Sentirsi solamente in colpa non porta a niente. Ora non è più così ma, sicuramente c’è stato un tempo in cui eravate unite. Se semplicemente non te la senti di andare avanti escludendola allora porgile la mano. Continua a farlo fino a che non l’afferrerà. >>
<< Detto così sembra molto semplice. >> notai pensierosa.
<< Lo è, se vuoi che lo sia. Devi solo crederlo e fare in modo che sia così. >> spiegò con tono deciso, ma tranquillo.
Scossi la testa << Ci credo poco. >>
<< Perchè ragioni come un essere umano, ma non lo sei più, ora sei qualcosa di diverso, qualcosa di più forte, come una marea. Come un maremoto. E un maremoto può abbattere perfino un grattacilo, se saprai volerlo saprai abbatere i muri del suo cuore perchè il legame che vi univa esiste ancora. Parlale, trasforma quelle parole in canto.>> rispose con semplicità.
<< Quindi il tuo consiglio è la via diplomatica, del tipo “porgi l’altra guancia”? Certo, potrebbe essere un idea teoricamente e teologicamente buona, almeno dal punto di vista di un cattolico, ma materialmente impraticabile se si tiene alla vita. >>
<< Pensi che lei ti ucciderebbe? >>
<< Ci ha già provato. >>sospirai stanca di quella conversazione che non mi portava da punte parti.
<< Ha provato ad uccidere te? >>
<< Ha provato ad uccidere Hanry, è più o meno la stessa cosa. >>
Rimase in silenzio e per un attimo il suo sguardo si perse nel vuoto.
<< Se penso ad Hanry, a quello che ci è successo, a quando l’ho incontrato e a cosa ho provato, a cosa sento quando mi è vicino, quando mi tocca o anche solo quando mi sorride. Se penso a quello che sento quando i nostri occhi si incrociano io so che senza di lui non potrei vivere, mai. Così importante e prezioso, così grande è questo sentimento che devo dire a volte mi spaventa. Però io… se dovessi chiudere gli occhi ed esprimere un desiderio sarebbe quello di stare insieme ad Hanry per sempre. Ma Lucy … il suo dolore e la sua rabbia non sono qualcosa che posso ignorare. Adesso mi sento quasi in colpa per come mi sono comportata … eppure non sono pentita. Ma se mi si chiede di scegliere… >> Non terminai la frase, il discorso mi sembrava già abbastanza lungo così com’era.
<< Devi scegliere solo come comportarti. Devi ritrovare la fiducia in te stessa e la tua forza di volontà. Segui il ciondolo. Hai lasciato a metà la tua strada che avevi iniziato a intraprendere, ora puoi portarla a termine. >> disse alzandosi.
<< Che cosa farà il ciondolo? >>
<< Ti proteggerà. La sua luce ti guiderà a ciò che desideri davvero. >>
<< E se ciò che desiderò non fosse la cosa migliore per me? >>
<< Siamo sirene, viviamo essenzialmente per noi stesse. Ogni nostra emozione, ogni nostro dolore si manifesta in modo fisico, perché la nostra essenza è spirituale. Non abbiamo scelta se non seguire noi stesse. Questo è il mio consiglio.>>
<< Riassunto in due righe sarebbe? >>
<< Scopri chi sei e segui te stessa, fino in fondo, senza esitazioni. >>
Rimasi in silenzio a riflettere. Afferrai il ciondolo e alzai gli occhi per guardarla, lei era in piedi davanti a me e mi tendeva la mano.
L’afferrai senza pensarci e una luce azzurra si sprigionò dal ciondolo avvolgendomi. Chiusi gli occhi e per un istante pensai che mi stavo dissolvendo, poi sentii la terra sotto i miei piedi e il canto degli uccellini. Aprii gli occhi trovandomi davanti a un prato sconfinato pieno di fiori gialli, mi guardai intorno e vidi solo una ragazza che non conoscevo.
Terapia d’urto: nell’immobilità ti scagliano in una situazione così da farti riprendere, o almeno speravo che l’idea fosse quella perché se no ero nei guai: non sapevo né dove ero né come ci ero finita.
MAI FIDARSI DELLE SIRENE.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 -I love you- ***


Documento senza titolo

So che i miei aggioranmeni sono diventati sporadici, ma almeno c'è parecchio da leggere XD

 

Capitolo 31

-I love you –

 

 

Sbattei le palpebre un paio di volte chiedendomi come fosse possibile che tutto andasse così velocemente. Il calore del sole e il canto degli uccelli, insieme al profumo dei fiori riempivano l’aria. L’erba era poco alta e in lontananza si vedevano degli  alberi che non saprei identificare. Mi grattai la testa sconcertata: un attimo prima ero seduta su un letto in una stanza che non avevo mai visto, con una ragazza che non conoscevo, a parlare del mio senso di colpa e della mia totale incapacità di prendere una decisione chiara e ora invece mi trovavo in una sorta di luminosa radura. Come accidenti era successo?
La ragazza inginocchiata nel prato stava raccogliendo i fiori, non mi vedeva come era già successo nella visione di Lucy. Aveva dei lunghi capelli castani chiari, mossi in fondo, indossava un vestito rosa con i merletti in stile primi del novecento e aveva un corpo sottile e minuto, o almeno era questa impressione che mi dava. Si alzò lentamente, era alta quasi quanto me, quindi dire che era all’incirca uno e sessantacinque, aveva delle spalle sottili e una vita piccola, sembrava delicata come un giunco. Provai un po’ di invidia perché io non avevo mai avuto un aspetto simile, nonostante tutto non ero mai sembrata delicata.
Lei si voltò lentamente: aveva i capelli che le ricadevano sul viso in modo scomposto, la pelle candida e gli occhi, incorniciati da ciglia lunghe, erano del colore del lapislazzulo. Gli zigomi erano bassi e sottili, il naso diritto, ma un po’ all’insù, le sopracciglia sottili e lievemente più chiare del castano dei capelli. Le sue labbra erano piene, ma non troppo grandi, il mento lievemente a punta; nella mani dalle dita lunghe stringeva un mazzo di fiori gialli. Aveva all’incirca sedici anni, o almeno li dimostrava, ed era vestita come una bambola, ora che era davanti a me la vedevo chiaramente.
La fissai attentamente: il suo viso mi ricordava quello di qualcuno, non mi ci volle molto per rendermi conto che quel qualcuno ero io. Mi assomigliava in modo disarmante. Era come guardare il proprio riflesso allo specchio, con i capelli di un colore diverso e un vestito che non avrei mai messo nemmeno sotto minaccia. Si avvicinò e mi oltrepasso con passo tranquillo. Mi voltai per seguirla con lo sguardo e la vidi un ragazzo al limite della radura, appoggiato al tronco di un albero, riparato alla sua ombra, che leggeva. Prima non lo avevo davvero visto! Ma c’era anche prima?
La ragazza si mise a sedere sull’erba accanto a lui, io la seguii per guardarlo meglio, da dove ero vedevo solo che era vestito con una giacca scura blu e una camicia bianca sotto e un paio di pantaloni blu. Aveva i capelli biondi spettinati, sembravano dei fili di grano, alzò gli occhi e capii all’istante che quello che avevo davanti era Hanry. Era più giovane però, solo di qualche anno o almeno era questa l’idea che dava. La sua pelle era rosa chiaro non quel bianco estremo che avevo visto la prima volta che l’avevo incontrato, non era alabastro era più un marmo rosa, una sfumatura sempre chiara, ma più accesa. Gli occhi però erano sempre gli stessi: azzurro chiaro, brillante e acceso, ma non più metallico. Mi inginocchiai e allungai la mano per toccarlo, gli sfiorai i capelli, le guance, le labbra, senza mai toccarlo davvero perché non potevo farlo. Sentii una fitta al cuore.
-Hanry.- lo chiamai. -Hanry!- “Guardami! Guardami ti prego, alza il viso e guardami negli occhi come fai sempre.” In quel momento il mio cuore batteva così forte che sembrava stesse per scoppiare.
Hanry si voltò verso la ragazza seduta accanto a lui e sorridendo dolcemente chiese -Hai finito di raccogliere fiori?-
-Si, mi piace stare qui quando c’è il sole. È un posto bellissimo non credi?- rispose con la voce pervasa dalla gioia, una voce diversa dalla mia, più profonda.
Lui allungò una mano per toglierle una ciocca di capelli dal viso e lei gli sorrise. -Torniamo a casa ora?-
La ragazza si guardò intorno con aria rapita -Restiamo qui un altro po’? È così bello questo posto.-
Lui le appoggiò con delicatezza la mano al volto e lasciò sprofondare le dita nei suoi capelli -Il dottore ha detto che non devi affaticarti, ricordi?-
-Non mi sto affaticando.- assicurò allegramente -Come faccio a stancarmi raccogliendo fiori? Com’è quel libro?-
Hanry abbassò la mano e fissò il libro. -Noioso, piuttosto deprimente e abbastanza ripetitivo. Per di più in francese.- rispose con una smorfia.
-Mi piacerebbe tanto andare in Francia! Vedere Parigi … dev’essere così bella!- raccontò con aria sognante.
Hanry la guardò con dolcezza e io provai una fortissima fitta di gelosia per il fatto che rivolgeva quello sguardo a un'altra.
-Un giorno ci andremo. Visiteremo tutta la Francia, non solo Parigi. Non ci fermeremo mai a lungo nello stesso posto, esploreremo ogni luogo cogliendone la bellezza.- suonò alle mie orecchie come una promessa.
Mi sentivo così male, tanto che se avessi potuto avrei ucciso con le mie stesse mani la ragazza che stava davanti a me e che lo guardava con gli occhi sognanti, mentre lui ricambiava lo sguardo. Gli occhi di Hanry sembravano voler dire “Ti amo”, mi si stringeva il cuore al pensiero che provasse quel sentimento per un'altra.
Non guardarla in quel modo! Ti prego … ti prego non guardarla in quel modo!
Distolsi lo sguardo, fu un riflesso involontario, lo fissai a terra.
-Passeggeremo insieme, tenendoci per mano, di sera, sotto il cielo notturno, guarderemo la Senna …- la voce sognante della ragazza mi arrivò e mi dette il voltastomaco. Mano nella mano con il MIO Hanry? Se lo può scordare!
-Credo che sarebbe abbastanza pericoloso.- replicò lui con un tono ironico.
-Ma ci saresti tu a proteggermi, no?- domandò, alzai lo sguardo in tempo per vedere uno strano luccichio nel suo sguardo.
-SCORDATELO!- gridai, sapevo che non mi avrebbero sentito.
Hanry però sorrise e fece un cenno d’assenso, i suoi occhi erano incredibilmente dolci, tanto che non potei fare a meno di piangere. Mi sentivo arrabbiata e confusa e non sopportavo che lui guardasse in quel modo qualcuno che non ero io. Scossi la testa tentando di ragionare lucidamente, senza però riuscirci del tutto. Hanry, il mio Hanry. Mio e basta. Ora era seduto davanti a me e faceva gli occhi dolci a un'altra ragazza, che aveva un aspetto molto simile al mio. Questa considerazione portò un lampo di lucidità: me ne aveva parlato. Mi aveva detto, quando ci eravamo conosciuti, che io gli ricordavo qualcuno a cui teneva molto, una persona appartenente al tuo passato: che fosse quella? Era quella la ragazza che gli ricordavo?
Ero nel passato di Hanry, di quello mi ero già resa conto, ma non avevo paura perché sapevo che Hanry era diventato un vampiro e che quindi al massimo lo avrei visto morire per poi tornare in vita. Ed è così che sarebbe arrivato da me. Incontrarlo, oltre lo spazio e il tempo, come in una bella favola. Ma la domanda resta la stessa: chi accidenti era quella ragazza? E perché stava così vicina ad Hanry?
Calma! Calma! Calma!
Quello era il suo passato e il passato non si poteva cambiare, ora lui stava con me e era a me che regalava quegli sguardi colmi di dolcezza. Hanry era mio, io avevo il suo presente e se lo volevo credo anche il suo futuro. Questo era quello che contava. Ora dovevo concentrarmi. Era importante che capissi perché ero lì altrimenti non sarei mai potuto tornare da Hanry.
-Parlami ancora di quando andremo in Francia.- lo pregò la ragazza.
Hanry fece un cenno d’assenso con la testa. -Con piacere.- rispose, il tono divertito. -Vediamo, potremmo fare un giro lungo la costa, vedere il mare.-
Lei scosse la testa. -Non amo il mare.-
Le tirai un occhiata obliqua: come sarebbe a dire che non ama il mare? Chi è che lo odia?
-Allora che ne dici delle montagne? Potremmo andare verso il centro della Francia, guardare le praterie, i monti, i fiumi e i laghi.- raccontò.
-Mi piacerebbe moltissimo.- esclamò con voce sognante.
Hanry alzò gli occhi a guardare il cielo, il sole nascosto dietro una nuvola, il vento gli scompigliò i bellissimi capelli biondi, più a lungo lo guardavo più sentivo una stretta al cuore. Amavo i suoi capelli, gli occhi di un blu limpido e chiaro come il cielo, ma troppo scuri per essere semplicemente azzurro, la linea decisa e delicata della mascella, i tratti del suo viso fanciulleschi, quasi femminei, ma con una nota mascolina, le ciglia lunghe … com’era bello, così perfetto. Anche in quel momento in cui era ancora umano hai miei occhi appariva bellissimo, un monumento vivente all’avvenenza.
Si alzò con un balzo, a quanto pare la sua agilità era qualcosa di innato, che non aveva niente a che fare con la sua trasformazione in vampiro. Si voltò a guardare la ragazza e le porse la mano con un sorriso. -Dobbiamo rientrare.- si limitò a dire.
La ragazza prese la sua mano ricambiando il sorriso e si alzò con il suo aiuto, insieme si diressero versi due cavalli le cui briglie erano legate a un ramo basso di un albero e che brucavano tranquillamente. Hanry slegò le briglie e aiutò la ragazza a salire.
-Mi raccomando Annabelle non tentare di mandare il cavallo al galoppo.- la avvertì Hanry -Lo sai che non ci riesci e finisci solo col farlo irritare.-
Lei fece un cenno d’assenso e quando Hanry fu salito in sella lo seguì a un andatura a metà tra la corsa e la passeggiata, forse il trotto. Io fui trascinata dietro, come al solito fu come scivolare incredibilmente veloce su una lastra di ghiaccio, solo che non c’era il vento che mi scompigliava i capelli o il freddo della pista. Non avevo nessuna percezione fisica se non quella che aveva il protagonista di quella storia, perciò percepivo la brezza e il calore senza provarli veramente. Il paesaggio mi scorreva attorno in modo confuso e io non riuscivo a metterlo a fuoco in alcun modo, mentre mi spostavo suoni confusi mi avvolgevano. Lo scalpiccio degli zoccoli, il canto degli uccellini e un chiacchiericcio lieve, i respiri affannosi e il nitrire del cavallo si mescolavano nelle mie orecchie. Quando ci fermammo mi misi subito a sedere sul prato, mi rannicchiai mettendo la testa appoggiata alle ginocchia e respirai lentamente. Accidentaccio a loro! Ma si rendevano conto di quanto fosse snervante fare una cosa del genere? Perché non se ne stavano buoni? O non tornavano camminando? Camminare fa bene! Non lo sanno?!
-Eccovi finalmente!- gridò una voce ansiosa.
-Madre calmatevi. Mi state stritolando.- rispose la ragazza, la sua voce sembrava smorzata.
-Ero molto in pensiero- 
-Ci spiace di averla fatta preoccupare.- si scusò Hanry, la sua voce bellissima mi fece alzare la testa nonostante la sentissi girare. Incrociai i suoi occhi che erano persi nel vuoto.
-Hanry, sono tua madre, quando la smetterai con tutte queste cerimonie?- domandò la donna dai capelli scuri raccolti in una crocchia e gli occhi verdi, aveva la massimo una trenta cinquina d’anni ed era monto bella.
Lui si limitò a mostrarle un sorriso gentile, ai miei occhi appariva dolcissimo, un sorriso che mi sciolse il cuore come ogni suo sorriso. Mi mancava Hanry, anche se era lì davanti a me, non mi vedeva, non potevo toccarlo, i nostri occhi non si incrociavano. Mi mancava, era come se qualcuno mi avesse tolto il respiro. Volevo sentire la sua voce che mi bisbigliava nell’orecchio, volevo sentire il tocco delle sue mani, la dolcezza del suo respiro, la delicatezza delle sue labbra quando si posavano sulle mie con dolcezza. Come avevo fatto anche solo a pensare di allontanarmi da lui? Ora era lì e io sentivo che sarei impazzita se non avessi allungato una mano per sfiorarlo, ma sapevo che se anche l’avessi fatto non sarei riuscita a toccarlo.
Hanry entrò in casa senza dire niente, mentre la donna e la ragazza dimanevano lì a fissarlo con un sorriso. Poi la donna si voltò verso la ragazza e sorrise.
-Beh, è migliorato.- disse in modo incoraggiante, un sorriso sulle labbra carnose.
La ragazza le sorrise. -Con me è sempre molto dolce e gentile.- il tono di voce era conciliante, lo sguardo però sembrava brillare.
Entrai in casa lasciandole lì, non ci fu nemmeno bisogno di bussare, semplicemente attraversai la porta e entrai in un ingresso sfarzoso, un tavolo di legno lucido era in un angolo, il soffitto era ad archi finemente lavorati, le colonne delle pareti erano lavorati come le colonne dei templi greci, in stile corinzio, che avevo sempre trovato belli anche se sfarzosi. Il salone era ampio e dava su una lunga scala con i manici ai lati di legno intagliato e finemente lavorato, il muro e bianco candido, ma il soffitto era affrescato.
Hanry era all’inizio della scala, la mano poggiata al corrimano di legno scuro che contrastava con il bianco del pavimento e delle pareti. Sembrava un principe che è rientrato alla sua dimora, bellissimo e affascinante, perfetto. Eppure era diverso dall’Hanry che avevo conosciuto, era sempre bellissimo, ma aveva un tocco di innocenza in più, i suoi occhi erano più luminosi, era più giovane. Forse era solo un impressione che avevo io, forse si trattava di qualcosa che non aveva niente a che fare con l’aspetto fisico. L’Henry di un tempo, quello che avrei amato alla follia comunque, quello che non era mio, quello che guarda qualcuno che non ero io con lo sguardo che riservava a me. Che fastidio!
Impazzivo se ci pensavo, ero lì da poco eppure mi sembrava che ci stessi già da troppo. Eppure non pensavo di poter essere tanto gelosa! Ma non potevo farci niente, era colpa sua. Sua che mi aveva viziato all’inverosimile, sua che mi era sempre stato accanto guardandomi che incredibile dolcezza, sua che mi aveva fatto sentire amata, sua e basta.
Scossi la testa tornando alla realtà e seguii Hanry che stava entrando in una gigantesca stanza con un letto a baldacchino, un tavolo, uno scrittoio munito di sedia e un caminetto. Hanry si lasciò cadere sul letto all’indietro e fissò in silenzio il soffitto, mi avvicinai lentamente, allungando una mano per toccargli la testa. La trapassai, non potevo toccarlo ovviamente.
-Accidenti!-lo sentii bisbigliare. Si mise a sedere di scatto e si guardò intorno, alla fine si alzò e andò alla finestra, spalancandola. Il vento entrò scostando le tende e sparpagliandogli i capelli, Hanry guardando in basso sorrise, mi ci volle un attimo per rendermi conto che il suo sorriso era rivolto a quella ragazza.
Incrociai le braccia al petto, seccata, e continua a fissarlo senza dire niente mentre  lui guardava quella ragazza.
-Cavoli! Ho bisogno di un bagno freddo.-  aveva la voce un po’ rauca.
D’accordo era attratto da sua sorella, forse la sua sorellastra, che era identica a me … Freud avrebbe amato questa situazione! Però, non è che Hanry stava con me solo perché gli ricordavo sua sorella? Forse la verità era che a lui non importava davvero niente di me. Forse ciò che vedeva quando mi guardava era lei. I baci, le carezze, tutta la sua dolcezza era davvero per me? Quanti dubbi può avere una persona? Non lo so davvero ma la mia testa stava per esplodere come il mio cuore.
Hanry usci dalla stanza a io lo seguii in silenzio chiedendomi dove stesse andando. Non ero affatto sicura di volerlo sapere però, se fossi di nuovo andato da lei avrei urlato.
Dei suoni provenienti dal piano inferiore attirarono la mia attenzione, mi avvicinai al corrimano che si affacciava di sotto e Hanry fece lo stesso, c’era un gran viavai . La donna di prima si voltò verso l’alto e guardò Hanry.
-Tesoro va a cambiarti, tra qualche ora inizieranno ad arrivare gli ospiti.- lo ammonì con un sorriso gentile, quasi non volesse essere severa.
-Sarò pronto per l’inizio della festa.- assentì lui con un sorriso, prima di voltarsi e proseguire per il corridoio.
Non un'altra festa per favore! Ma non avevano altro da fare i ricchi nel passato? Che cosa seccante! E io sarei dovuta restare lì ad assistere a quello spettacolo tutto il tempo? Ditemi che è uno scherzo!
-Hanry!- chiamò una voce alle nostre spalle. Che ragazza seccante!
Lui si voltò sorridendole, lei aveva in mano un mazzo di primule gialle che teneva strette contro il petto con un sorriso gentile dipinto in volto.
-Eri uscita a raccogliere fiori?- domandò.
-Si. Guarda, non sono splendidi?- chiese porgendogli i fiori.
Lui gli lanciò un occhiata. -Non è esattamente ciò che i ragazzi apprezzano, sai?-
-E cosa apprezzano allora?- domandò inclinando la testa, i lunghi capelli raccolti in una treccia.
Lui la guardò negli occhi, il suo sguardo bruciava e di nuovo provai una gelosia folgorante che mi consumò come la fiamma consuma la candela. Rimasi a fissarli desiderando di fare a pezzi la ragazza davanti a me senza però dire nemmeno una parola.
-Ora va a cambiarti, è tardi.- ordinò Hanry, poi la oltrepasso e tornò nella sua stanza. Ma perché accidenti era uscito? Per vederla forse? Era per questo?
Aprì un baule e tirò fuori un abito che sembrava elegante, in realtà anche quello che indossava in quel momento mi sembrava elegante, gli abiti del novecento erano tutti strani. Mi chiesi se avrei mai visto l’epoca dei figli dei fiori. Dopo aver depositato con delicatezza gli abiti sul cassetto Hanry si buttò sul letto fissando il soffitto della sua stanza. Incrociò le braccia dietro la testa e sorrise con gli occhi chiusi. Mi chiesi a che stesse pensando.
Lentamente, con attenzione, mi misi a sedere accanto a lui sul letto. Sapevo che non potevo toccarlo, così mi limitai a stendermi accanto a lui e a fissarlo in silenzio. Rimasi lì ferma per molto tempo, incantata dal suo viso. Non potevo toccarlo, ne parlargli, ma almeno potevo guardarlo, ammirare le ciglia lunghe che disegnavano ombre sul suo viso, i capelli biondi arruffati che gli finivano sul cuscino. Rimasi a fissarlo incantata per diverso tempo, fino a quando qualche seccatore non bussò alla porta.
-Avanti.- si limitò a dire Hanry, mettendosi però a sedere sul letto. Una donna sulla quarantina, con i capelli castani raccolti dietro la testa e un vestito blu con il grembiule entrò nella stanza e con lieve inchino salutò Henry.
-Signorino, la signora mi ha mandato a controllare che si stesse preparando.- disse cortesemente.
Hanry sbuffò. -Devo solamente cambiarmi.-
-La prego signorino, non inizi a fare storie. Ormai è grande.- lo rimproverò dolcemente.
Sorrisi e mi stesi sul letto, rigirandomi a pancia in giù per guardarli battibeccare comodamente. Hanry si alzò in piedi sbuffando.
-Va bene. Va bene. Mi cambio. Ma chi sia chiaro: odio queste inutili e noiosissime feste in cui non si fa altro che ballare.-
La signora rise uscì dalla stanza con un sorriso dipinto in volto. Mi ero aspettata uno scontro un po’ più agguerrito, ma a quanto pare qui era molto più accondiscendente di quanto non fosse nel futuro.
Hanry gettò la giacca sul letto, rimanendo con la camicia, i pantaloni e le scarpe. Ovviamente iniziò a sbottonarsi la camicia e io rimasi lì, impietrita, a fissarlo. Che dovevo fare? Da una parte mi rendevo conto che non era affatto bello che me ne stessi l’ a fissarlo, dall’altra non avevo nessuna intenzione di distogliere lo sguardo. Mentre lo osservavo slacciare i bottoni della camicia mi toccai il volto e come mi aspettavo lo trovai bollente. Se in quella stanza ci fosse stato uno specchio in grado di ritrarmi sono sicura che sarei apparsa rossa come i semafori agli incroci. Feci vari respiri profondi, ma quando si tolse la camici per buttarla sul letto e si mise ad armeggiare con la cintura dei pantaloni mi voltai. Anche se adoravo guardarlo, anch’io avevo dei limiti. I pantaloni finirono sul letto insieme a tutto il resto mentre io nascondevo il volto tra le mani, lieta che Hanry non potesse vedermi, perché a quel punto avrebbe già iniziato a prendermi in giro spietatamente.
Rimasi ferma e immobili finché non si mise a sedere sul letto per allacciarsi le scarpe; solo allora mi voltai a guardarlo e mi accorsi che era davvero molto attraente. Nonostante fossimo in un'altra epoca, Hanry riusciva comunque ad apparire bello e affascinante. Indossava dei pantaloni scuri, eleganti, di un blu notte che faceva risaltare la carnagione chiara. La giacca ovviamente era abbinata ai pantaloni, come la cravatta, mentre la camicia, di un semplice bianco ,si vedeva appena attraverso la giacca abbottonata.
Hanry andò al tavolo dove era posata una brocca d’acqua e ne verso un po’ sulle dita di una mano, per poi passarsela sui capelli nel tentativo di tenerli indietro. Si osservò un attimo in uno specchio prima di uscire dalla stanza scuotendo lievemente la testa e sbuffando sonoramente.
Scendemmo in sala, Hanry camminava con passo elegante, le spalle bel diritti e lo sguardo annoiato, era sempre affascinante. Mentre guardava le poche persone che erano arrivate nella sala sembrava che per lui quello spettacolo fosse qualcosa di abituale, volgendo lo sguardo a un divanetto su cui era seduto un ragazzo con i capelli rossi e la pelle leggermente abbronzata sorrise. Si diresse verso di lui con passo tranquillo e sicuro, arrivato al divanetto si lasciò cadere con eleganza nel posto vuoto accanto al ragazzo.
-Ehy, Derek!-salutò con tono piatto.
-Ehy, Hanry!- rispose l’altro con lo stesso tono.
-Ti hanno minacciato?- domandò. Inarcai un sopracciglio, leggermente confusa: minacciato?
-Quasi.- assentì lui con un sospiro. -Comunque eccomi qui. Non sei lieto di vedermi?-
Hanry sbuffo guardandosi attorno, poi scosse vigorosamente la testa -Sarà una delle serate più noiose della storia.- commentò guardandosi attorno.
Mi accorsi in quel momento che stava arrivando gente, un mucchio di persone vestite tutte in modo strano, sembrava di essere in uno di quegli insipidi romanzo novecenteschi. Mi voltai verso Hanry, che anche vestito come in un insipido romanzo novecentesco era bello come un dio e sentii il cuore sobbalzare, andando a singhiozzi. Come sempre. Lui aveva un espressione annoiata mentre parlava con il ragazzo accanto a lui. Improvvisamente si irrigidì, il suo volto parve illuminarsi e incupirsi al tempo stesso. Fissava un punto al di là della mia spalla, per metà irritato per metà estasiato. Quando mi voltai per vedere di che si trattasse rimasi scioccata: era la ragazza di prima, quella che mi assomigliava e che in quel momento più che me ricordava una principessa, tanto era elegante. Il vestito che indossava era di seta rosa, che faceva risaltare i suoi capelli e le fasciava con eleganza il corpo. A proposito dei capelli, niente elaborate acconciatura per lei, ma un semplice cerchietto in testa, un cerchietto adorno di perle e diamanti. Era sconcertante … incredibilmente bella e sconcertante. Lo era perché non sembrava assolutamente apprezzare gli sguardi di ammirazione che si era giustamente guadagnata conciandosi in quel modo. Abbassava le palpebre, come a volersi nascondere e si guardava attorno spaesata, a disagio. Poi adocchiò il mio ragazzo e con un sorriso radioso si diresse verso di noi.
-Hanry, meno male.- disse con affanno. -Odio queste feste.-
Lui le sorrise. -Sei bellissima.- la sua voce era dolce emntre le prendeva la mano e la invitava ad accomodarsi.
Lei arrossì leggermente, a disagio, ma gli sorrise con aria complice. -Grazie.- bisbigliò sedendosi, mentre Hanry la guardava rimanendo in piedi accanto al sofà.
Che nervoso!
-Spero che non ve ne starete da una parte tutta la sera come fate di solito alle feste!- disse una voce alle mie spalle, mi voltai, appena finito di fulminare con lo sguardo la ragazza, e mi trovai davanti la donna di prima. Era vestita elegante ed era molto bella, sorrideva con aria cortese, ma nei suoi occhi si scorgeva la preoccupazione.
-Cara, vieni a salutare il figlio dei Feshbin.- parlò allungando le mani alla ragazza che si era appena seduta, guadagnandosi un occhiata un po’ seccata.
Ah, ah! Ben le sta! Fuori dai piedi bambolina!
Sua madre la trascinò a conoscere un ragazzo alto, con i capelli rossi ordinati all’indietro , le spalle ampie e l’espressione gentile. Aveva l’aria da bravo ragazzo e le fece un sorriso colmo di gentilezza quando lei lo raggiunse, erano carini insieme … anzi direi che erano perfetti!
-Idiota!- bisbigliò Hanry con voce rabbiosa, mi voltai e vidi che lanciava occhiate  a dir poco velenose verso il ragazzo che era dall’altra parte della sala con sua sorella.
Per tutta la sera stetti insieme a Hanry, che continuava a non perdere di vista sua sorella un attimo, incenerendo ogni ragazzo che le chiedeva di ballare o che si avvicinava per parlarle.
Io continuavo a essere travolta da insicurezze e ondate di gelosia alternata a pura disperazione, mi sentivo sempre peggio e mi chiedevo perché dovessi assistere a delle scene simili. Alla fine mi allontanai, non facendocela più a rimanere lì ferma ad osservare Hanry che fissava sua sorella come se volesse uccidere ogni ragazzo che le si avvicinasse.
-Hanry, datti una calmata.- gli disse il suo amico alla fine, io mi ero seduta sul divanetto a neanche un metro da loro e li sentivo benissimo.
-Se la smettessero di ronzarle attorno la smetterei.- rispose inviperito.
-Hanry, è tua sorella!-lo riprese lui.
-Non abbiamo nessun legame di sangue!-ribatté lui freddamente.
Il ragazzo sopirò stancamente e scosse la testa.-Allora chiedi semplicemente a tuo padre di fartela sposare.-
Lui aprì bocca, come per dire qualcosa, ma si congelo. -Bastardo! - ringhio, attraversando la stanza e facendosi spazio tra le persone.
Gli andai dietro con rassegnazione, io non dovevo farmi spazio, niente mi toccava, era come attraversare delle proiezioni. Attraversai tutta la sala arrivando alla porta di una stanza adiacente.
-Smettila!- sentii gridare, con voce appena udibile tra il frastuono della sala.
Hanry quasi buttò giù la porta per entrare, la scena che trovammo era strana: lui la stava abbracciando, solo abbracciando, nient’altro. Hanry però emise un suono simile a un ringhio.
-LASCIALA SUBITO!- gridò inviperito.
Il ragazzo che stava abbracciando sua sorella la lasciò di scatto, voltandosi a fissare Hanry con aria scioccata e anche discretamente spaventata. In effetti la stanza era scarsamente illuminata e a causa della festa i rumori che uscivano da essa erano molto attutiti, sarebbe stato incredibilmente strano che di sentisse qualcosa nella stanza accanto.
Respirando a fatica, il mio vampiro sembrava lottare per mantenere il controllo di se e non fare sciocchezze -Vattene prima che decida di strapparti il cuore a mani nude.- ringhiò sommessamente.
Il ragazzo poverino uscì di lì di corsa, cosa che sinceramente se fossi stata al suo posto avrei fatto anch’io.
Hanry coprì la distanza che lo separava da Annabelle con un paio di falcate e la strinse dolcemente.
-Stai bene?- domandò preoccupato.
Lei lo abbracciò e appoggiò la testa sul suo petto, all’altezza del cuore. -Si, non mi ha fatto niente.-
-Se non ti ha fatto niente perché hai gridato?- domandò furioso, allentando la presa del suo abbraccio.
-Perché mi ha sorpreso …- farfugliò imbarazzata.
Lui la guardò interrogativo, lasciandola andare per incrociare i suoi occhi.
-Ha tentato di baciarmi.- spiegò arrossendo.
-E vai! S’è trovata il ragazzo!- esultai.
-LO AMMAZZO!- ruggì Hnary furioso, il che spense la mia gioia.
-No.- lo bloccò lei con gentilezza. -Hanry non puoi comportarti così… non puoi proteggermi per sempre. Sei mio fratello … non il mio fidanzato!-
Lui emise un suono rabbioso e inarticolato, non l’avevo mai visto così fuori di se; poi lentamente riprese il controllo e la guardò.
-Annabelle.- pronunciò il suo nome con dolcezza e serietà, la guardò diritto negli occhi, se io fossi stata al suo posto mi sarei sciolta. -Io… cavolo- imprecò passandosi una mano nei capelli. Si voltò a guardarla, lei lo fissava incantata e spaesata, Hanry si avvicinò di nuovo a lei e le afferrò i bracci attirandola a se. -Ti amo- bisbigliò. -Sposa me.-
Mi sentii mancare, quasi svenni. Cosa aveva detto? Non lo aveva detto davvero, vero? Non stava accadendo. Vi prego ditemi che non era vero. Mi sembrava che il mondo mi si sbriciolasse sotto i piedi e io non sapevo cosa fare.
-Hanry… io… - la sentii farfugliare.
-Non vuoi? - domandò lui, il cuore mi faceva così male che pensavo qualcuno mi ci avesse versato sopra dell’acido nitrico.
Il silenzio nella stanza durò alcuni istanti, poi lei rispose: -Anch’io ti amo.-
L’ultima immagine che ricordo era Hanry che si chinava a baciarla …. Poi la pietra azzurra brillò di una luce accecante e io non riuscii a tenere le palpebre aperte tanto era forte. La luce mi avvolse e io non vidi più niente. Fu come svegliarsi dopo un lungo sonno, sentivo tutti gli arti intorpiditi e le palpebre pesanti, mentre una voce che ancora non riuscivo a identificare mi riportava alla realtà. Lentamente ripresi il contatto con la realtà, iniziai a identificare i suoni, gli odori, le sensazioni. Qualcuno mi teneva tra le braccia, la sua voce mi chiamava costantemente, avevo freddo, tanto, ovunque. Spalancai di colpo gli occhi quando mi resi conto che ero praticamente nuda. Ma come c’ero finita in quello stato?
-Grace. Grazie al cielo!- Hanry mi strinse a se con  forza mentre io cercavo in qualche modo di coprirmi, nella mia mente si affollavano immagini confuse. L’unica cosa chiara era la voce di Hanry che riecheggiava nelle mie orecchie.
-Grace, stai bene?- domandò preoccupato, scostandomi i capelli dal viso. Smisi di muovermi e mi limitai a fissarlo. -Cos’hai?- domandò inquieto -Hai freddo?- chiese ancora togliendosi il giacchetto, tenendomi con un solo braccio. Me lo avvolse intorno, ma mi resi conto che stavo tremando in modo convulso. Hanry mi strinse nuovamente a se accarezzandomi la schiena con dolcezza, come tentando di rassicurarmi. Lo allontanai con una spinta e lui mi guardò negli occhi preoccupato, non me ne preoccupai. Gli afferrai la maglia attirandolo verso di me, poi lo baciai...

 

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 -Breath- ***


Documento senza titolo

Dopo aver superato la crisi da "fine-BreakingDawn" e passato gli ultimi due giorni a tormentarmi per il film (finchè non ho comprato i biglietti per andare a vedere Twilight non mi sono sentita tranquilla) eccomi qui ad aggiornare, finalmente (fine della panoramica sulla mia vita, del tutto noiosa comunque).
Ecco il nuovo capitolo: è stato un pò ritoccato dalla versione originale e anche tagluzzato, la scena era molto più ... ehm... hot... ehm... ma non mi sembrava il caso (anche se una certa creatura della notte l'ha molto apprezzata, a parte l'ultimo pezzo XP). Perciò eccovi il capitolo con qualche aggiunta e qualche punto tolto. Buona lettura ^^!

:*

 

Capitolo 32

- Breath -

 

Le labbra di Hanry erano fredde e morbide, dolci in qualche modo, e il loro contatto con le mie mi faceva attraversare da un brivido. All’inizio lui non ricambiò il mio bacio, sembrava in qualche modo sorpreso di quel mio comportamento, ma poi quando la mia lingua scivolò tra le sue labbra mi restituì il bacio con passione, stringendomi sempre più forte. Mi mise una mano tra i capelli, fermandomi la testa, mentre con un braccio mi circondava la vita, avvolta dal giacchetto di pelle.
Volevo cancellare dalla mia mente e dalle sue labbra il ricordo della scena che avevo visto nel suo passato, quel pensiero mi fece sentire in parte colpevole ed egoista. Dentro di me sentivo che le domande che avrei dovuto porre ad Hanry erano molte, tuttavia in quel momento volevo solo che mi baciasse, ancora e ancora, fino a che non avessi più fiato.
Hanry si allontanò da me lentamente interrompendo il bacio e mi fissò negli occhi con uno sguardo incredibilmente dolce e colmo di desiderio, uno sguardo che trasmetteva amore. Di solito uno sguardo simile mi avrebbe rassicurato, ma in quel momento mi faceva solo venir voglia di piangere perché mi chiedevo se quello sguardo fosse realmente per me o fosse …  per qualcun altro.
La sua espressione divenne allarmata.
-Grace, cos’hai?- domandò preoccupato.
Mi coprii il volto con le mani senza rispondere, scoppiando a piangere convulsamente, mentre Hanry mi stringeva a se. Mi sentivo ancora triste e a pezzi, e non avevo assolutamente idea di cosa dovessi fare, di qual’era il modo giusto di comportarsi. Hanry continuava a stringermi mentre io piangevo, alla fine sentii una voce chiamarmi e mi scostai da lui.
Nettuno fluttuava davanti a noi, senza più una forma materiale, era tornato a essere una sorta di sfera blu parlante. Abbassai le mani solo per guardarlo, spiarlo attraverso le dita era troppo infantile anche per me.
-Stai bene, Grace?- domandò con la sua voce profonda e bellissima.
Feci un cenno d’assenso, incapace di rispondere, sentendolo provai uno strano senso di sollievo, come se fossi entrata in acqua dopo aver preso una scottatura.
-Vampiro, come sei entrato in queste mio tempio?- domandò poi rivolto ad Hanry, il tono di voce improvvisamente freddo e distante.
-Sono stata io.- rispose la voce di Crystal con tono reverenziale e limpido, si avvicinò a noi, inginocchiandosi poi in segno di rispetto a Nettuno. -Padre, sono stata io a condurre questo vampiro qui. So che è contro le nostre leggi e accetterò qualunque punizione tu ritenga necessaria.- concluse chinando il capo in segno di sottomissione.
Crystal odiava le cerimonie, però era incredibilmente brava nel comportarsi in quel modo, sapeva incantare chiunque, ma sapevo che la sua sottomissione a Nettuno era sincera come il suo amore per lui.
-Capisco.- rispose, la sua voce sempre autoritaria era dolce, come quella di un padre che parla alla figlia.
-Padre.- bisbigliai rendendomi conto per la prima volta che lui lo era davvero in un modo o nell’altro. 
La sfera azzurra sembrò risplendere ancora più di prima, i suoi raggi si allargarono espandendosi. -Va bene.- assentì dopo alcuni istanti di silenzio - So chi è questo vampiro. Ora uscite di qui tutti quanti. E tu ..- disse rivolto ad Hanry -… accompagna Grace nella sua stanza, ha bisogno di riposo. Crystal fa loro strada.- ordinò.
Hanry mi prese in braccio, stringendomi forte a se, penso anche per coprirmi visto che tutto ciò che impediva a chiunque di vedermi completamente nuda era il giacchetto di Hanry. Crystal si faceva strada mentre uscivamo di li, sentivo gli occhi degli altri addosso, ma avevo il volto nascosto nella spalla di Hanry e quindi non li vedevo.
Arrivammo nella mia stanza in pochi istanti, sentivo Crystal armeggiare in cerca di qualcosa, quando mi voltai vidi che aveva in mano un vestito e guardava me ed Hanry.
-Mettila giù.- ordinò.
Sentii Hanry irrigidirsi e stringermi a se con forza, i lineamenti del suo viso erano lievemente contratti in una smorfia seccata, a quanto pare odiava prendere ordini da Crystal.
-Mettimi a terra.- bisbigliai, tentando di sciogliere la tensione che si era creata nella stanza. Hanry mi mise lentamente a terra, dalla sua espressione si capiva chiaramente che agiva controvoglia. Anche se mi fece scendere, continuò a tenermi abbracciata, una guancia appoggiata ai miei capelli.
Crystal mi pose un asciugamano e andò nel bagno adiacente alla stanza con il vestito bianco in mano. Mi allontanai da Hanry per togliermi il giacchetto e lo gettai con delicatezza sul materasso, poi mi avvolsi nell’asciugamano senza nemmeno provare ad asciugarmi, mi lasciai cadere con noncuranza sul letto. Mi sentivo tutta appicicaticcia, non sapevo come Hanry avesse fatto a tenermi in braccio in quello stato. Lui si avvicinò subito, sedendosi accanto a me sul letto, la sua mano mi sfiorò con gentilezza la guancia. Non mi voltai, non ci riuscivo, ma rimasi ferma mentre lui mi sfiorava il viso con dolcezza.
Crystal rientrò con passo deciso. -Il bagno è pronto. Ho fatto scaldare l’acqua.-
Mi alzai automaticamente e andai in bagno, lasciai cadere l’asciugamano e entrai nell’acqua calda dell’immensa vasca, sembrava quasi una piccola piscina, molto piccola in realtà, ma abbastanza spaziosa da stendere tranquillamente le braccia e le gambe. Scivolai dentro la vasca, chiusi gli occhi e mi immersi totalmente. Sentivo la testa leggera mentre i capelli si aprivano a ventaglio dietro di me e fluttuavano. Mi sentivo ancora male, veramente male, ma la sensazione dell’acqua sul corpo mi faceva stare meglio, mi sentivo più leggera. Rimasi lì, ferma, mentre l’acqua mi ricopriva il corpo come una carezza tiepida, era così confortante e gentile, mi ricordai in quel momento che avevo ancora il ciondolo al collo e quando aprii gli occhi vidi che emetteva un bagliore tenue che colorava l’acqua. Forse era quella che mi faceva sentire meglio.  Li richiusi perdendomi in quella sensazione: non sentivo niente, niente suoni, niente sensazioni spiacevoli, anche i pensieri dolorosi mi scivolavano sul corpo come faceva l’acqua.
Qualcuno a un certo punto mi tirò fuori a forza, spalancai gli occhi sorpresa.
-Stai bene?- domandò Hanry con aria preoccupata. -Da quanto eri immersa nell’acqua? Ho bussato per un po’ e non rispondevi … ero preoccupato.-
Allungai la mano per sfiorarli il viso: gli toccai la tempia scendendo con una carezza sulla guancia, fino ad arrivare alle labbra, le sfiorai con la pinta delle dita.
-Grace?- chiamò preoccupato, è normale che lo fosse visto che non gli avevo praticamente parlato da quanto avevo riaperto gli occhi nella sala di Nettuno.
-Hanry.- bisbigliai il suo nome, volevo chiedergli “Mi ami?” ma avevo paura della risposta. Lo attirai a me per baciarlo, lui fece scivolare il braccio per circondarmi la schiena e attirarmi con gentilezza a se, incontrando le mie labbra a metà strada. Lo baciai con dolcezza e con insistenza, mentre lui ricambiava il bacio sentii che mi attirava a se e che il suo corpo aderiva al mio bagnato.
Faticavo a respirare, quando le sue labbra si staccavano dalle mie bisbigliava il mio nome. Le mie braccia gli circondavano il collo, stringendolo forte, mentre le sue braccia mi stringevano la vita. Quando smise di baciarmi le sue labbra si spostarono sulla mandibola arrivando al collo e ricoprendolo di baci leggeri. Arrivò alla fine alla clavicola, il suo respiro leggero mi sfiorava la pelle, si fermò e alzò gli occhi incrociando i miei, le iridi azzurre sembravano ardere di un emozione incredibilmente profonda.
-Amore, sto perdendo il controllo e prima che sia troppo tardi è meglio che vada di là. Non mi piace l’idea di lasciarti da sola, quindi per favore appena sono uscito tu …-
Gli posai un dito sulle labbra e mi chinai verso di lui. -Perdi il controllo.- bisbigliai. Sii solo mio, ama solo me, guarda solamente me ... dimenticala. Ti prego dimenticala!
I suoi occhi scrutarono i miei in cerca di qualcosa. -Non sembri tu.-  bisbigliò alla fine -Che ti succede? Che cosa ti è successo?-
Mi chinai a baciarlo con leggerezza, lui ricambiò il bacio stringendomi più forte. Abbassai le braccia lentamente, accarezzando i suoi avambracci e tentando di allontanarmi, lui allentò  la presa e io risalii lentamente con le mani fino alle sue spalle, poi scesi ad accarezzargli il petto.
-Grace … se vuoi distrarmi ci stai riuscendo. - bisbigliò con voce roca -Ma vorrei sapere cosa …- si bloccò, incespicando nella frase mentre facevo scivolare le mani sotto alla maglia toccandogli la pelle. La tirai piano tentando di levargliela: non poteva mettersi una camicia per una volta? Lui me la tolse dalle mani e se la levò da solo, buttandola a terra. Poi mi sollevò e mi fece uscire dalla vasca prendendomi in braccio, non posai i piedi a terra perché si spostò nella mia stanza mentre io mi reggevo alle sue spalle. Ero completamente nuda eppure non ci facevo caso, non avrei saputo dire perché.
Hanry mi stese sul letto, appoggiai i gomiti al letto alzandomi. -Ho tutti i capelli bagnati.- bisbigliai mentre lui mi guardava.  Mi osservava da capo a piedi, i suoi occhi mi scrutavano facendomi arrossire, mi sembrava che la mia pelle stesse bruciando. Era ancora in piedi e aveva  il ginocchio sinistro appoggiato  a materasso, accanto alla mia gamba.
-Come sei bella- la sua voce era un sussurro roco e stranamente commosso -Così bella da non sembrare vera.- Si chinò su di me, poggiando l’altro ginocchio al lato dell’altra gamba e la mano  alla destra della mia testa, mi baciò con dolcezza. Gli sfiorai il petto nudo con la punta delle dita, poi appoggiai tutto il palmo accarezzandogli il petto. Sentivo i muscoli scolpiti sotto le mie dita, esplorai il suo petto con le mani, fino ad arrivare ai pantaloni, poi risalii facendo scivolare le mani dietro alla sua schiena. Sentii i suoi muscoli contrarsi, quando lasciò le mie labbra ansimava leggermente.
-Sei sicura di volere …?- domandò con voce incredibilmente roca, sembrava quasi che gli costasse fatica chiederlo.
-Dimmi che mi ami.- bisbigliai, non avevo il coraggio di chiedergli se mi amava.
Lui mi baciò di nuovo, in modo insistente , quasi violento, questa volta. Scese di nuovo a baciarmi il collo, risalì poi verso il mio viso tracciando una scia lieve con la lingua. Posò di nuovo le labbra sulle mie, baciandomi nuovamente con intensità, la sua lingua scivolò nella mia bocca esplorandola. Smise di baciarmi per scivolare al mio fianco e mi attirò a se per baciarmi di nuovo, mentre le sue mani iniziarono a esplorare il mio corpo piano, accarezzandolo lentamente.
-Ti amo.- bisbigliò nel mio orecchio, tracciandone il contorno con la lingua. -Ti amo da impazzire.- ripeté con voce dolce e rauca.
Ansimavo leggermente, ma riuscii comunque a chiedere -Più di chiunque altro?-
Le sue mani risalirono lentamente dai miei fianchi, sfiorandomi il seno, fino ad arrivare la mio viso, lo strinse con dolcezza: il mio cuore batteva all’impazzata. Mi fissò negli occhi, il suo sguardo trasmetteva forza, amore, passione … desiderio.
-Ne dubiti per caso?- domandò, la sua voce mi diede un brivido.
Tentai di baciarlo, ma mi trattenne. Si avvicinò a me fin quasi a baciarmi, le sue labbra erano a un millimetro dalle mie. -Rispondimi.-
Avevo il respiro affannoso, non riuscivo a calmarmi, in quel momento non ero affatto certa di riuscire a rispondere. Avevo poca, pochissima voce, o forse più semplicemente non riuscivo a parlare. Tentai di fare un cenno di diniego, ma la sua stretta mi impediva di muovermi. Aprii la bocca e mossi le labbra, ma non uscì nessun suono.
-Cosa?- domandò con un sorriso e il tono compiaciuto, si stava divertendo a prendermi in giro.
Arrossi e farfugliai uno sconnesso –No-
Mi sfiorò le labbra con le sue, lievemente. -No, cosa?- domandò ancora allontanandosi di nuovo.
Deglutii cercando di calmarmi e dissi un traballante -Non ne dubito.- bisbigliai mentre lui mi baciava.
Si scostò da me per guardarmi e i nostri occhi si incrociarono: il suo sguardo era dolce, languido, pieno di amore e desiderio, il tipo di sguardo con cui aveva guardato Annabelle. Mi congelai e rabbrividii, nella mia mente risuonava la domanda che già mi ero posta senza però avere il coraggio di ammettere: lui guardava davvero me oppure …
Mi coprii la faccia con le mani. Hanry era lì, era me che accarezzava, me che baciava, ero io quella che lui aveva detto di amare, dovevo crederlo. Doveva essere così!
-Grace, che c’è?- domandò con dolcezza. Rifiutai di abbassare le mani e di rispondergli. Lui si avvicinò a me lentamente, sfiorandomi la tempia con le labbra.  -Cos’hai? Così all’improvviso …- bisbigliò. Mi ritrassi quando cercò di abbracciarmi e mi raggomitolai su me stessa.
-Grace io … sono decisamente al limite … - la sua voce era roca, sentivo i suoi capelli sfiorarmi la testa. -Dimmi cosa c’è che non va e rimedieremo.-
Continuai a rimanere in silenzio.
-Dimmi che accidenti sta succedendo. - disse alla fine con voce più irritata.
Scossi la testa.
-Grace.- la sua voce si fece minacciosa. -Parla.-
Visto che continuavo a stare zitta mi stappò le mani da volto, si bloccò un attimo, poi mi sfiorò la guancia con le labbra -Perché piangi?- chiese stavolta cono tono più preoccupato.
Scossi la testa. Mi prese per le spalle e mi scosse. Io distolsi lo sguardo ma non riuscii a smettere di piangere. Fece un respiro profondo, poi mi prese il mento con una mano e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
-Lo sai vero che fermarmi adesso è la cosa più difficile che abbia mai fatto?- domandò fissandomi intensamente. -Nemmeno quando ero appena diventato vampiro e la sete di sangue era insopportabile desideravo così tanto qualcosa. -
-Mi spiace.- bisbigliai. Mi accarezzò il volto, scostandomi i capelli e asciugandomi le lacrime.
-Vado a farmi un bagno … freddo …- nella sua voce c’era una nota di sofferenza -quando torno voglio una spiegazione. E dovrà essere dannatamente chiara o mi arrabbierò davvero. Hai capito?- disse infuriato, feci un cenno d’assenso con la testa, respiravo in modo affannoso. -Non sono arrabbiato per il fatto di essermi dovuto fermare; anche se … ammetto che … mi brucia. Non voglio segreti e non sopporterò i tuoi comportamenti ambigui. Voglio la verità. Niente più segreti. - concluse con fermezza.  Non reagii in alcun modo. Mi accarezzò una guancia, i suoi occhi si erano fatti gentili -Chiaro, mia bella sirena?- domandò baciandomi sulle labbra con tenerezza, la sua voce si era fatta dolce.
Feci un cenno d’assenso, mentre lui spariva in bagno io mi rimisi a piangere.

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 - Together - ***


Documento senza titolo

Ciao a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Come ve la passate^^? Era da un pò che non aggiornavo (silvy49 me lo ha fatto presente) e così ecco il capitolo 33, alla fine anche questo è arrivato :P
E con il capitolo 33 ci avviciniamo ufficialmente alla fine, ormai manca poco!!!!!!!(Evviva!Evviva!Evviva!)
Detto ciò non so che altro dirvi se non buona lettura^^! Ci rivediamo al capitolo 34! XD

Capitolo 33

- Together -

 

Molte tempo prima di diventare una sirena, quando ancora ero un essere umano, quando mia madre era viva, ricordo che piangevo spesso: sapevo che lei mi avrebbe consolato, che avrebbe ascoltato i miei lamenti. Dopo non c’era nessuno che avrebbe asciugato le mie lacrime, per questo piangevo solo la notte, nascosta dalle tenebre agli occhi di tutti. Il ricordo di mia madre bruciava nella mia mente come se fosse impresso a fuoco, desideravo la sua forza e il suo coraggio. Sebbene non fosse fisicamente forte, mia madre era una persona forte e decisa, aveva quel tipo di forza che ti permette di affrontare ogni situazione senza tirarsi indietro, riuscendo sempre a comportarsi nel modo migliore, quasi per lei quel comportamento fosse naturale. Desideravo anch’io quel tipo di forza, desideravo essere il tipo di persona che non scoppia a piangere quando c’è qualcosa che non va, che scappa dalle situazioni difficili.
Erano passati cento anni eppure ancora non riuscivo assolutamente ad affrontare le situazioni che mi facevano soffrire, scappavo semplicemente. Come una stupida, dimostrano la mia totale mancanza di forza interiore continuavo a fuggire, non ero riuscita minimamente a raggiungere il tipo di forza e di maturità che volevo. Potevo avercela solo con me stessa per questo.
Mentre mi facevo scivolare un vestito bianco addosso, osservai la mia immagine riflessa nello specchio e provai un incredibile sconforto. Hanry era ancora nel bagno, probabilmente nella vasca visto che lì non c’era una doccia. Abbattuta mi lasciai cadere sul letto, i capelli ormai umidi e quasi asciutti. Avevo combinato un bel guaio, tentando di scappare da quella situazione, come se fossi un adolescente e non una sirena centenaria. Così non andata. No, così proprio non andava.
Hanry fece il suo ingresso nella stanza dopo almeno un ora, quando ormai mi ero calmata del tutto e ero sprofondata nell’autocommiserazione. A torso nudo, con un asciugamano appoggiato sulle spalle e i jeans ancora aperti, mi rivolse uno sguardo neutro, i sentimenti accuratamente celati dietro un espressione illeggibile. Rimase davanti a me, senza avvicinarsi, semplicemente fissandomi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Non disse niente, rimase semplicemente immobile a guardarmi.
-Mi dispiace.- bisbigliai abbassando lo sguardo affranta. Lo sentii sospirare.
-Parla.- disse semplicemente, la voce sempre accuratamente inespressiva.
Mi feci indietro sul letto e mi rannicchiai appoggiando il mento alle ginocchia, continuai a guardare Hanry, i miei occhi scorrevano sul suo petto levigato e muscoloso. Scossi appena la testa e tornai ad incrociare il suo sguardo. Era attento e distaccato.
-Io…-  mi interruppi subito. Io cosa? Sono andata nel tuo passato? Ti ho visto con una identica a me?
Hanry sospirò e si avvicinò sedendosi sul letto. -Cosa è successo da quando sei scomparsa dalla casa in cui ci eravamo rifugiati?- domandò con voce calma.
-Mi sono ritrovata qui.- iniziai a raccontare. -Beh, in realtà non proprio qui. Ero nella sala principale. E per di più completamente nuda.-
-Ti ha visto qualcuno?- domandò seccato, gli lanciai un occhiata per vedere cosa c’era che non andava, la sua espressione arrabbiata mi sorprese.
-Solo Laslie.- risposi confusa, restandomene nel mio angolo.
-E chi è Leslie?- domandò sempre irritato.
-Una sacerdotessa maggiore.-
-Una ragazza allora.-
-Già. Perché?-
Mi lanciò un occhiata rovente in risposta, non riuscii a decifrarla, ma non mi inoltrai oltre.
-Sono stata convocata da Nettuno che… diciamo che ho capito molte cose. Hanry, Lucy odia i vampiri perché le hanno massacrato la famiglia. È stato … atroce.- repressi un brivido. -Veramente orribile.- Sentii le dita di Hanry giocare con una ciocca dei miei capelli, prima di accarezzarmi leggermente la schiena, come per consolarmi. -Io, non sapevo cosa fare, come comportarmi … ero confusa, spaventata … - mi interruppi ripensandoci, feci un respiro profondo prima di riprendermi e parlare. -Io conoscevo soltanto una parte di lei. Hai miei occhi Lucy è sempre stata dolce, eterea, quasi non fosse un persona con le proprie debolezze, con il proprio passato colmo di dolore. Non mi ero mai soffermata a pensare al suo passato, al fatto che poteva aver sofferto. Continuavo a chiedere “perché”, come una bambina piccola, senza pensare al “cosa”. Sono stata stupida ed egoista. In effetti lo sono ancora. -
Se ero lì con Hanry nonostante fosse a conoscenza del dolore di Lucy e della sua sofferenza era perché quel dolore e quella sofferenza non mi aveva provocato qualcosa di così profondo e grande come quello che avevo provato quando avevo visto Hanry con Annabelle. Non avevo mai provato un odio così grande e feroce, ne un dolore tanto lancinante. Cosa c’era di sbagliato in me? Come facevo a essere tanto egoista?
-Quindi Nettuno ti ha parlato di tua sorella?- domandò Hanry, trasalii tornando alla realtà.
-No.- bisbigliai. -Me l’ha mostrata.-
-Come?- domandò confuso
-Come in un sogno credo. Era come essere dentro una storia, la osservavo ma non potevo interferire. Potevo vedere le immagini, sentire le parole, il vento, il profumo dei fiori, ma non potevo toccare niente, ne gli oggetti ne le persone. E adesso non chiamarmi Casper!-
Lo sentii ridacchiare e mi voltai per osservarlo, il sorriso che si era dipinto sul viso di Hanry, che mi guardava con aria divertita, era bellissimo.
Mi voltai nuovamente a fissare la parte davanti a me, stava per arrivare la parte difficile, avrei voluto tacere e continuare a godermi il sorriso di Hanry.
-Vai avanti fantsmino.- disse quando smise di ridere, tirandomi una ciocca di capelli.
-Antipatico.- feci per scherzo.
Lui sorrise senza dire niente, negli occhi aveva di nuovo quello sguardo. Mi voltai per non guardarlo sentendo una fitta al petto.
-Comunque era un accordo con Nettuno.- dissi con voce rotta, me la schiarii tentando di riprendere il controllo sul mio tono di voce. -Ecco lui voleva che facessi una cosa .- rimasi in silenzio mentre  -Io ho accettato, a patto però che mi mostrasse cosa era successo a Lucy.-
-Che cosa ti ha chiesto?- il tono preoccupato nella sua voce non mi stupì minimamente.
Feci un respiro profondo. -Mi ha chiesto di … vedere … una cosa.- mi fermai lì e il silenzio scese, pesante come gelatina.
-Che genere di cosa?- domandò alla fine Hanry, non sopportando più il mio mutismo.
-Il passato. Io ho visto il passato.- risposi forzatamente.
-Il passato di chi?-
Gli lanciai un’occhiata eloquente.
-Il mio …- bisbigliò. Il silenzio scese di nuovo, più pesante di prima, pensavo che niente sarebbe stato peggio di quel silenzio. Lo pensavo finché non sentii la voce di Hanry bisbigliare il nome -Annabelle.-
In quel momento avrei voluto perdere l’udito per sempre.
Hanry pronunciò il nome di quella ragazza con un infinita dolcezza, tanto che la odiai ancor più di prima, mi chiesi come potevo essere arrivata a provare un rancore tanto profondo verso qualcuno che nemmeno conoscevo.
-Mi hai visto con lei, vero? Cosa hai visto Grace?- domandò afferrandomi le spalle e scuotendomi. Distolsi lo sguardo e Hanry mi strattonò verso di se stringendomi forte. -Dimmi cosa hai visto.- sembrava disperato, sconvolto.
-Io ho visto una festa … te, prima di essere un vampiro. E poi tua sorella … la tua sorellastra. Ho visto che la baciavi .- bisigliai, immobile contro il suo petto.
-Solo questo?- domandò ancora teso.
-Si, solo questo.-
Si rilassò e le braccia che prima mi stringevano con forza si allentarono, fino a tenermi dolcemente, senza più soffocarmi.
-Bene.- mormorò più tranquillo.
-Cosa avrei dovuto vedere?- chiesi inquieta.
Lui si irrigidì nuovamente, ma non rispose.
-Non vuoi dirmelo?- domandai dopo un attimo.
Con delicatezza mi strinse forte per un istante, prima di iniziare a parlare. -E’ solo che non ne vado molto fiero.-
-Di che cosa …?-
La sua mano iniziò ad accarezzarmi la schiena lentamente, in modo distratto -Ci sono cose che preferirei non sapessi di me … - iniziò, ma si interruppe, rimase in silenzio un istante prima di chiedere -Non sono molto corretto vero?-
Cercai di soffocare un brivido, senza riuscissi.
-Grace, che c’è?-
Mi allontanai da lui per guardarlo negli occhi, avevo il terrore di quello che ci avrei letto, delle parole che avrebbe detto, ma decisi di farmi forza.
-Hanry, tu … stai con me perché somiglio a tua sorella?- domandai stringendogli i bracci, mi accorsi di tremare leggermente.
Hanry mi fissò scioccato.
-Questa idiozia chi accidenti te l’ha messa in testa?- sbottò fissandomi stralunato, tanto che mi venne da ridere.
La mia risata però si trasformò subito in un pianto tranquillo, mi lasciai andare contro di lui, che mi strinse dolcemente, cullandomi finché non mi calmai. Poi iniziò a parlare lentamente, con voce dolce.
-Grace, è vero che assomigli in modo sconcertante a Annabelle, e mentirei se dicessi che non l’ho notato o che non mi hai incuriosito per questo. È vero che mi sono avvicinato a te perché le somigliavi. - sentii un tuffo al cuore a queste parole -La vostra similarità fisica mi ha sorpreso e sconcertato. Ho quasi perso la testa e ti ho rubato un bacio appena ci siamo incontrati. Ma quello in cui tu mi ricordi Annabelle inizia e termina con l’aspetto fisico. Non c’è nient’altro di uguale a tra voi.- disse allontanandomi da se per guardarmi negli occhi. -Non mi sono innamorato di te perché le assomigli, mi sono innamorato di te perché sei diversa da lei.- spiegò tranquillo.
Lo guardai, non sapendo se credergli o no. -Ma … l’amavi.-
Hanry mi attirò nuovamente a se stringendomi dolcemente. -Oh, si. L’amavo tantissimo. L’amavo immensamente, senza curarmi di altro, come uno sciocco. Ero solo un bambino. Finivo per ferirla in tanti modi diversi e non avrei mai voluto.-
Mi veniva da piangere. Accidenti a me, ma proprio quello gli dovevo chiedere? Non era la domanda giusta, ma non ero sicura di quale fosse la domanda da porre.
-La amo ancora e c’è una parte di me che l’amerà sempre.- bisbigliò contro i miei capelli. -Ma questo non c’entra con quello che provo per te. Indipendentemente da quanto l’ho amata, o forse proprio per questo, non ho mai, nemmeno una volta, soprapposto la sua immagine alla tua. Mai! Ho sovrapposto immagine di angeli, di guerriere, di dee anche, oltre alla classica idea di sirena, a come mi apparivi, ma mai la sua.-
Immagini di dee? -E come le hai trovate?-
Rimase un attimo in silenzio meditando. -Piuttosto dissonanti.- ammise in fine. -Tu sei tu e basta. Cambi volto tutte le volte che ti vedo. A volte mi sembra che in te ci siano cento persone diverse. Eppure sei unica in un modo che a volte non capisco.-
Rimasi in silenzio, a riflettere. Non sapevo se credergli o no, ma una parte di me era più che sicura che ciò che mi aveva detto era vero, l’altra desiderava disperatamente credergli quindi direi che non avevo molta scelta.
-Non mi credi ancora vero?- domandò preoccupato.
Mi leggeva nel pensiero? -Non lo so.- bisbigliai.
-E’ per questo che prima non sei voluta andare avanti?-
-Si.- sussurrai arrossendo.
-Ed è sempre per questo che prima ancora ti sei voluta spingere tanto in là?- ora la sua voce suonava arrabbiata.
-Forse.- farfugliai.
Sospirò sconsolato. -Non hai proprio nessuna fiducia in me, eh?>>
-Questo non è vero.- protestai
-Non è nemmeno falso.- bisbigliò con tristezza.
-Non puoi capire quello che ho provato quanto ti ho visto comportarti in quel modo con un'altra ragazza, per di più una con il mio stesso viso! Mi è crollato il mondo addosso.- ribattei arrabbiata.
-Non ti facevo così gelosa.- disse divertito.
Mi allontani per guardarlo veramente male, ma avevo gli occhi lucidi e sentivo che stavo per piangere.
Hanry mi prese il viso tra le mani e mi dette un bacio leggere. -Non piangere amore mio, ti prego.- bisbigliò sulle mie labbra
-Non sto piangendo.- dissi, allontanandolo.
-Grace io amo te perché sei tu. Sei totalmente diversa da Annabelle. Sei più forte, più decisa. Molto più scatenata. A volte sei totalmente folle.-
-Ehy!-
-Mi hai stravolto la vita, mi hai fatto vedere il modo in modo nuovo. Tu lo guardi come un insieme di luci e di ombre infinite e dai così tanta importanza agli altri … mi aiuti a ricordare quello che avevo dimenticato, come l’importanza che dai al legame con le tue sorelle, come la fiducia che hai nelle persone a cui tieni. Agisci sempre di testa tua, ma ascolti sempre quello che gli altri hanno da dire anche se a volte fai i capricci. Non ti dai delle arie. Non ti accorgi della tua incredibile bellezza. E non mi riferisco solo alla bellezza fisica, Grace, tu sei bella dentro. Perché ti è così difficile credere in me come negli altri? Come credi a Crystal e Lucy?- la sua voce era dolcissima.
Rimasi in silenzio, il mio cuore batteva a singhiozzo, tentavo di calmare il mio respiro e di riacquistare un colorito normale, cosa difficile dopo quelle parole.
-Perché tu sei diverso.- riuscii  a dire infine.
-Non ami forse anche me, sebbene in modo diverso?-
-Molto  più di quanto ami loro, molto più di quanto non abbia mai amato nessuno in vita mia. Hanry, io sono una sirena e ti amo. Non c’è niente di più puro e disinteressato dell’amore di una sirena. Io vivo per te.- dissi guardandolo negli occhi -Esisto solo per te. Se questo sentimento non venisse corrisposto, io semplicemente smetterei di esistere. Non è così per dire. È un dato di fatto. Senza il tuo amore io morirei, perché è così che sono le sirene ed è così che sono io. Se una sirena non viene ricambiata muore e la morte è quasi un sollievo perché il nostro dolore interiore si manifesta anche in modo fisico. Spero di non averti spaventato.-
-Non mi spaventi, sono un vampiro.- mi assicurò, ma il tono di voce era preoccupato.
-È proprio perché questo amore è così totale, non riesco a fidarmi a pieno di te e vengo presa dall’ansia.- proseguii.
-Non ne hai ragione.- mi assicurò
-Non basta dirlo.- risposi con un mezzo sorriso. -Ci sono tante cose che non sai di me.-
-Allora dimmele.-
-Anche tu dovresti dirmi diverse cose.-
Si irrigidì. -Che tipo di cose?-
-Quelle che ti fanno irrigidire quando le accenno.- risposi semplicemente.
Sorrise, contrito. -Hai ragione.- ammise. -Prima o poi te ne parlerò. Ma ora parliamo di te, di te e basta.-
-Lo fai solo per evitare l’argomento.- lo accusai.
-In parte.- ammise. -In parte perché sono preoccupato per te. Non voglio che tu stia male, meno che mai voglio che tu muoia.-
-Sto abbastanza bene ora.- assicurai.
-Il che è una buna cosa.-
-È perché sono tra le tue braccia.-
-Allora ti ci terrò spesso.- scherzò, ma il suo sguardo era dolce.
-Io non mi lamento di certo.-assicurai.
Sentii le sue labbra sfiorarmi i capelli -C’è qualcos’altro che ti angoscia che riguarda il mio passato?- domandò.
Scossi la testa. -C’è qualcos’altro che non mi hai detto che potrebbe sconvolgermi?-
Lo sentii ridere contro i miei capelli. -Un mucchio di cose. Una in particolare, ma temo tu la sappia già.-
-E sarebbe?- domandai confusa.
Lui mi allontanò per guardarmi in faccia e sorrise, un sorriso che era tutto un programma.
Scossi la testa. -Scusa, ma nonostante il sorriso da stregatto non l’ho capita.-
-Ti do un indizio.- disse chinandosi a baciarmi, allora si che riuscii a capire cosa intendeva.
-Per te è importante vero?- domandai quando smise di baciarmi, mi sentivo un po’ inebetita.
-Come per ogni ragazzo.-asserì con un sorriso.
Risi nervosamente.
-Non volevo metterti ansia. Non ti forzerei mai, lo sai.(e immagino la vampira che qui sta dicendo “forzala! Forzala!”)-
-Anche solo il fatto che tu sia qui mi mette ansia … Venire nel tempio di nettuno …- bisbigliai preoccupata. -Come hai potuto essere così stupido?-
-Ero preoccupato per te!- ribatté irritato. -Non sei gentile a darmi dello stupido.-
Scossi la testa -Nettuno non farebbe mai del male alle sue sirene- “Credo” , ma non lo aggiunsi -Non c’era bisogno. Ti sei messo in pericolo! Non posso credere che Crystal ti abbia volontariamente portato qui.-
Lui sorrise, un sorriso da canaglia. -Non proprio volontariamente.-
-Che cosa hai fatto?- domandai preoccupata.
Lui si limitò a sorridere e si chinò a baciarmi per zittirmi.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34- To be born again - ***


Documento senza titolo Buon natale! Oggi, per augurarvi buon natale vi regalo il nuovo capitolo^^!

Buone feste a tutti!

Capitolo 34

- To be born again -

 

-Disturbo?- domandò la voce ironica di Nettuno, non avrei saputo dire da quanto era arrivato, stretta tra le braccia di Hanry riuscivo solo a pensare a lui.
-Giusto un po’.- bisbigliai in risposta, con la faccia contro il petto del mio bel vampiro.
-Grace.- mi ammonì con la sua voce profonda e imponente.
Mi voltai appoggiando la schiena al petto di Hanry e guardai la fluttuante sfera azzurra che splendeva davanti a me.
-Se avete finito lo scambio di effusioni vorrei che ve ne andaste.- disse Nettuno con tono severo.
-Ci stai buttando fuori?-
-Lui non può restare qui. I vampiri, che siano o meno amanti delle mie sirene, non sono i benvenuti nella mia casa.- chiarì.-Immagino tu voglia seguirlo… come Telete.-
Se fosse stato umano lo avrei guardato negli occhi, così invece non era possibile e mi limitavo a fissare la sfera azzurra con aria persa.
-L’ho incontrata. Telete intendo.-
-Lo so.-
-Sei stato tu a farci incontrare?- domandai curiosa.
-Telete si è praticamente uccisa, non riusciva a conciliare due dei suoi sentimenti contrastanti. Erano così intensi che ha finito per autodistruggersi. E io, che ero suo padre, non potevo far altro che restare fermo a guardare.-
-Ma allora perché mi hai mostrato il passato di Hanry?-
-Perché la tua scelta fosse sicura e ragionata, perché non ti tormentassi tanto da fare la stessa fine di Telete. Le mie sirene …- la luce si fece cupa, triste. -Non desidero vedere il vostro dolore, non voglio che vi autodistruggiate. Vi ho scelte io e io farò quello che posso per proteggere il vostro futuro.-
-Come un “padre”?- ho domandato con un sorriso, allungando le mani verso quella sfera azzurra che si posò dolcemente sui miei palmi, mi sentii pervadere dal calore, come quando entravo nell’acqua tiepida e poco profonda del mare in un pomeriggio d’estate.
-Se è questo il modo in cui scegli di vedermi.-
-Come un padre che non approva il fidanzato della figlia.- disse Hanry sottolineando le parole “padre”, “fidanzato” e “figlia”.
-Si, esattamente.-assentì Nettuno con voce severa.
Sorrisi.
-Crystal e Leslie vi accompagneranno nuovamente sulla terra ferma.-disse alzandosi dalle mie mani.
Lo fissai confusa -Leslie?-
-Avrai bisogno di lei per tornare indietro, non puoi farlo nel solito modo con lui appresso. Leslie può riportarvi  facilmente lì.-
Feci un cenno d’assenso con la testa. -Ce ne andremo appena Crystal e Hanry saranno pronti.-
-Mi metto la maglia.- disse subito Hanry scendendo velocemente dal letto e tornando in bagno.
Sorrisi guardando Nettuno. -Non posso fare niente per Lucy?- domandai
-Vuoi dire perché vi accetti?- domandò suadentemente Nettuno.
-Esattamente.-
-Pensavo l’avessi capito che non esiste un eventualità simile. È per questo che ho fatto in modo che incontrassi Telete, perché capissi che non è una buona idea lasciare le cose a metà. Se hai scelto quel … vampiro …>> sembrò che gli ci volesse tutto la sua forza per pronunciare quella parola, non andava giù nemmeno a lui il fatto che mi fossi innamorata di un vampiro. << … non devi fare le cose a metà, devi andare fino in fondo.-
Feci un cenno d’assenso, riflettendo. In un certo senso non me la sentivo ancora di abbandonare Lucy, soprattutto dopo quello che avevo visto. Inoltre avevo la sensazione che tra noi le cose fosse state lasciate a metà, che non avessi mai affrontato veramente Lucy, forse perché non l’avevo mai vista veramente: per me lei era una sorta di creatura incredibile, l’avevo messa su un bel piedistallo per ammirarla e prendere esempio da lei, ma non mi ero fermata a riflettere sul divario che in questo modo si era creato tra di noi.
-Ho solo una domanda da porre.- dissi infine dopo alcuni istanti di silenzio.
-Sarebbe?-chiese Nettuno.
-Sei dalla mia parte o dalla sua?- domandai.
-Che vuoi dire?-
-Voglio sapere se, quando Lucy si presenterà con Hypnos e Thanatos io potrò dire loro che se mi fanno del male se la vedranno con te o no.-
Scese il silenzio per alcuni istanti.
-Si.- acconsentì alla fine. -Puoi dirglielo.-
-Bene,mi sarà utile. E Nettuno…-
-Cos’altro vuoi?- domandò di pessimo umore, con tono lamentoso. -Dovrò già litigare con quel musone di Ade, che altro vuoi da me?-
Sorrisi -Grazie per avermi fatto incontrare Telete.-
La luce della sfera brillo in modo accecante per un instate, e fu come se si dilatasse, per poi tornare normale.
-Di niente.- La sua voce era diventata dolce, come il rumore delle onde.
Hanry mi avvolse la vita con un braccio, tirandomi a se. -Noi andiamo.- disse più a me che a Nettuno.
Una risata riempì la stanza, come lo scroscio dell’acqua, poi come era arrivata scomparve. -Sei audace vampiro, non c’è che dire. Ma vai adagio, hai tra le mani uno dei tesori più preziosi del mare, e una parte di lei apparterrà sempre a me.-
Visto che era vero non dissi niente, mi limitai a trascinare Hanry alla mia porta, quando l’aprii trovai sedute davanti ad aspettarmi Crystal e Leslie che conversavano amabilmente. Quando aprii la porta mi fecero un cenno di saluto e continuarono a parlare in latino, non capivo un tubo e mi voltai verso Hanry che alzò le spalle con un sorriso.
-Vampiro.- chiamò la voce di Nettuno.
Il silenzio calò al suono della sua voce, mi ricordava  la mia classe delle medie, dove il silenzio scendeva per il tempo in cui la professoressa dice “oggi interroghiamo” e riprendeva un attimo dopo che erano stati pronunciati i nomi.
Hanry tornò indietro lanciandomi un occhiata, come per dirmi di non muovermi, quando riapparve la mio fianco aveva un espressione indignata.
-Che raccomandazione inutile!-borbottò irritato.
Lo guardai con aria interrogativa, ma lui si limitò a scrollare le spalle. -Andiamo.- bisbigliò
-Fate attenzione.- si raccomandò Nettuno prima di sparire.
Leslie ci sorrise con sguardo apparentemente gentile. -Sei pronta?-
Feci un respiro profondo. -Si.- risposi infine. -Sono pronta.-
-Bene, andiamo.- e senza più una parola ci guidò nella sala principale del tempio e poi di nuovo sulla terra.

Hanry stava seduto su una sedia a guardarmi mentre in silenzio e con le guance rosse mi vestivo.
-Insomma! Potresti anche lasciarmi sola.- sbottai alla fine.
Eravamo arrivati il giorno prima in una grande villa sul mare, sulle coste dell’Inghilterra. Non c’era spiaggia e il tempo era cupo, l’aria piuttosto umida, ma si stava abbastanza bene. Da quando eravamo arrivati, però, Hanry non mi toglieva gli occhi di dosso un solo istante, mi stava sempre appiccicato ed era costantemente nervoso, come se temesse che potessi sparire da un momento all’altro … di nuovo. Okay, aveva indubbiamente ragione, in fin dei conti ero già sparita nel nulla un paio di volte, ma la cosa era imbarazzante! Potevo starmene in pace soltanto al bagno!
-Non ne vedo la ragione.- ribatté tranquillamente.
-La ragione è che mi sto vestendo!- risposi con voce incrinata dal disagio, mi stavo abbottonando la camicetta e quindi gli stavo dando le spalle.
-Ti ricordo che ti ho già vista nuda.-
-Chiudi il becco!- urlai sempre più imbarazzata.
Lo sentii ridacchiare. -Hai raggiunto una tonalità di rosso che sinceramente non pensavo potesse esistere.-
< Le sue braccia mi avvolsero, impedendomi di muovermi, mi accarezzò distrattamente la pancia con le dita fredde. -Non volevo offenderti.- mi assicurò con voce dolce. -Sei molto carina quando sei in imbarazzo.-
-Sarebbe a dire che ti diverti?- dissi tentando di sembrare offesa, ma non ci riuscivo proprio.
Le sue labbra sfiorarono i miei capelli. -Si, molto.-
Sbuffai. -Non hai bisogno di seguirmi con un ombra, Nettuno non mi porterà più da nessuna parte.-
-Non è solo Nettuno a preoccuparmi.-bisbigliò.
-Cosa vuoi dire?- domandai voltandomi. Hanry mi sorrise baciandomi la fronte, il suo sguardo preoccupato mi accarezzò per un attimo il viso.
-Non sono solo loro a cercarti e ho la sensazione …- si interruppe, il suo sguardo si perse nel vuoto.
-Quale sensazione?-chiesi preoccupata. I suoi occhi si fissarono nei miei con un intensità tale da spaventarmi quasi.
-Ho la sensazione che darai retta a tua sorella. Quello che è successo nel tempio di Nettuno, quello che ti è stato mostrato, ha cambiato qualcosa in te, me ne sono accorto. Tu adesso non vuoi più combattere Lucy, non è vero?-
Scossi la testa -Non ho mai voluto mettermi contro di lei. Ora penso di capirla abbastanza, so che lo scontro sarà inevitabile e che è inutile tentare di farla ragionare. Io non posso cambiare la mia posizione.-
-Combatterai contro di lei?-domandò preoccupato.
Feci un cenno d’assenso con la testa. -Hanry, ho bisogno di sapere che cosa è successo con Annabelle. So che non è giusto chiederti del tuo passato, tu non sai niente del mio, ma se non sarai tu a raccontarmelo finirò per saperlo da Nettuno o magari addirittura da Lucy. Devi dirmi che cosa è successo, voglio sentirlo dalle tue labbra, non da qualcun altro.-
Lui rimase in silenzio, lasciando vagare lo sguardo per la stanza come se potesse trovarci una qualche risposta nascosta da qualche parte, alla fine sospirò con rassegnazione.
-Avrei preferito non doverti dire niente.- bisbigliò prendendomi in braccio, mi aggrappai alle sue spalle per non cadere. <<-Sarà meglio sedersi, sarà una storia lunga.-
Lentamente si mise a sedere sul grande letto a baldacchino, con le colonne di legno intagliato, tenendomi in braccio appoggiò la schiena alla testiera del letto e allentò di poco la prese su di me, senza stringermi e senza lasciarmi andare. Rimase in silenzio, con lo sguardo perso altrove, meditando, probabilmente, su come iniziare il discorso. Alla fine sospirò e iniziò ad accarezzarmi distrattamente i capelli.
-Ti è già detto che è qualcosa di cui non vado affatto fiero?- disse all’improvviso, senza guardarmi.
-Si- risposi in un bisbiglio.
Scese di nuovo il silenzio per alcuni istanti, non dissi niente perché non volevo mettergli fretta , ma stavo iniziando a innervosirmi. Mi allontanai da lui un poco, scivolando in basso per stendermi sul letto, appoggiai la testa sul cuscino e rimasi ferma a fissarlo.
Rimase ancora un po’ in silenzio, poi alla fine bisbigliò -Io ero molto innamorato  di mia sorella. Ma ero un ragazzino, non me ne rendevo conto, non avevo mai nemmeno pensato che avrei potuto ferirla con il mio comportamento. Ero egoista, pensavo a ciò che desideravo e ingenuamente ero convinto che ciò coincidesse con i suoi desideri.-
-Lei  non era … cioè … innamorata di te?-domandai con un bisbiglio.
Hanry sorrise, guardando lontano con gli occhi nostalgici. -Era innamorata, eravamo innamorati. Ma non sempre l’amore è sufficiente, specialmente se c’è di mezzo la stupidità giovanile.- sospirò e si sdraiò accanto a me, incrociando le mani dietro alla testa -Quando divenni un vampiro avevo diciotto anni e non avevo idea di cosa fossi con chiarezza, all’inizio. Non fu piacevole quello che mi successe, non ero esattamente cosciente. Vedi, è vero che chiesi a mio padre il permesso di sposare Annabella ma lui era contrario, mi disse di no, che era folle. Disse che tutti avrebbero parlato, che era sconveniente, anche se non avevamo nemmeno una goccia di sangue in comune! Ero furioso, ma non dissi niente, non potevo farci niente, solo andarmene! E così feci. Me ne andai. Mi trasferii a Londra, iniziai a comportarmi in modo dissoluto e aggressivo, mi sentivo ardere dalla rabbia. Feci pessime amicizie e mi ritrovai in un vicolo, totalmente sbronzo,  fui attaccato da qualcosa. Non ricordo cosa fosse, ricordo solo un dolore, lacerante, intenso e poi freddo. Quando riaprii gli occhi ero un vampiro.- rimase un attimo in silenzio, riflettendo, si voltò a guardarmi e i nostri occhi si incatenarono: i suoi erano pieni di tristezza e amarezza, ma mi accarezzarono il volto con un emozione davvero intensa. Si voltò verso il soffitto prima di rimettersi a parlare. -Allora non sapevo che cosa era un vampiro, ma imparai presto … piccole cose divennero semplicemente impossibili. Non potevo stare al sole.-
-Cosa? Ma ora non hai problemi a stare al sole! Come è possibile?- domandai confusa.
-Vedi i vampiri appena nati non possono esporsi da subito alla luce del sole, non so il perché, credo perché in quel momento in noi c’è ancora troppo del demone che ci ha creati. Ma poi le cose cambiano. Ovviamente questo vale solo per i vampiri che sono stati trasformati. I vampiri purosangue, cioè coloro che vampiri sono nati, per quanto siano più potenti di quanto non potremmo mai esserlo noi, non potranno mai esporsi alla luce del sole a meno di non voler essere inceneriti.-
Ci pensai su, ero davvero andata allo sbaraglio quando mi avevano mandato a combattere i vampiri.
-Tutto bene?- domandò preoccupato Hanry.
Sorrisi e feci un cenno d’assenso. -Vai avanti.-
Sospirò, e prese una ciocca dei miei capelli, giocandoci, non incrociò il mio sguardo. -Dicevo … all’inizio non riuscivo a stare alla luce del sole e né il cibo né il vino mi saziavano. Provavo un desiderio bruciante per qualcosa … ancora non avevo capito che quando vedevo il collo di una donna non volevo baciarlo, volevo morderlo. Non dimenticherò mai la prima volta che bevvi sangue, la sensazione di estasi, la liberazione e le mie iridi di una sfumatura arancione, quasi rossa. Allora capii cos’ero e cosa avrei dovuto fare.-
-Che vuoi dire?- chiesi ancora.
Alzò gli occhi per incontrare i miei. -Mi rendevo conto di non poter fare niente per vivere senza sangue, ma almeno potevo evitare di uccidere per nutrirmi o meglio di questo mi convinsi. Mi allontanai dalla città e mi trasferii in campagna. Mi nutrii degli animali che erano nel bosco, non avevo più bisogno di armi per cacciare.- si voltò lasciando andare i miei capelli, i suoi occhi di nuovo lontani, irraggiungibili.-Ero più veloce e più forte di prima, avevo una vista e un udito migliori di qualunque cosa esistente al mondo. Invincibile. Mi esaltava questa prospettiva, mi sentivo superiore, più forte, più potente. Dormivo solo un paio di ore a notte e per me erano sufficienti. Il giorno mi sentivo stanco, ma non era il genere di stanchezza dovuta al sonno. Incontrai un mio simile, Jean Clode , un vampiro molto più antico di me, che viveva senza nutrirsi di esseri umani, senza fare del male a nessuno. Ne rimasi affascinato. Lo invitai a stare da me e trascorremmo molte tempo insieme. Mentre il mio corpo iniziava ad andare di nuovo d’accordo con la luce del sole, scoperta che feci solo grazie a lui, la mia sete si calmava. Lui mi raccontò molte cose su di noi e su ciò che eravamo. Partì dopo appena due mesi, dicendo che non poteva restare, che il nostro tempo per ora era finito.- rise ricordando -Era un ottimo poeta. Lo liquidai dicendo “Non dirmi frasi da donna, non sono la tua amante”- La sua faccia tornò di nuovo seria e dopo un secondo di silenzio riprese il racconto -Quando alla fine mi adattai perfettamente a vivere alla luce del sole era trascorso un anno da quando ero stato trasformato ed erano due anni che non vedevo Annabella. Tornai a casa dai nostri genitori. Mio padre mi accolse a braccia aperte, ero il suo unico figlio maschio, la madre di Annabella era risentita perché ero mancata alla nascita di Lucinda, mia sorella e Annabella … ricordo di averla guardata mentre prendeva il tè, ricordo di aver pensato che non c’era niente al mondo di altrettanto bello, di altrettanto valore. Come il sole, come il cielo al tramonto, così bella da togliere il fiato. Arabella mi sorrise quando mi rivide, mi si avvicinò con naturalezza. Oh, Grace. Non ho resistito, come con te, ho perso la testa. La volevo per me e per me soltanto, sapevo che mio padre non l’avrebbe permesso e allora l’ho portata via. -
-Sei scappato con lei?-domandai incredula.
-Non sono semplicemente scappato con lei Grace.- la sua voce era densa di rimpianto. -Io le chiesi se mi amava e quando lei disse di si ..- la sua voce si incrinò, rompendosi, non disse più niente, il silenzio scese denso.
-Cosa hai fatto, Hanry?- domandai con tono neutro, calmo, lievemente gentile, quasi rassicurante.
-La volevo per me. Un volta sola a questo mondo volevo che esistesse qualcosa che fosse mio soltanto. E l’ho presa, anche se forse lei non lo voleva, non mi è importato di niente. Sapevo che prima o poi sarebbe stata di qualcun altro se non poteva essere mia, ma io non potevo accettarlo. Le chiesi se mi amava, poi le dissi cos’ero e la trasformai in un vampiro. Non aspettai una risposta, non mi importava cosa volesse o il resto, pensai semplicemente che se mi amava davvero per lei sarebbe contato solo stare insieme. Non avevo dato importanza ad altro. Eppure in un angolo della mia mente mi appariva chiaro quando egoistico fosse quel gesto, quanto dolore avrebbe portato. Mentre bevevo il suo sangue sentivo il sapore della sua paura e della tristezza. Una parte di me si sentiva in colpa, ma scacciai quella sensazione, pensai solo ad averla per me. Quando Annabelle riaprì gli occhi era una vampira.- Hanry chiuse gli occhi, come per evitare di guardare qualcosa, serrò le labbra tanto che sembrava stesse trattenendo un urlo.
Mi avvicinai piano e appoggiai una mano sul suo petto, prima ancora che potessi vederla sentii la sua mano prendere la mia gentilmente, la strinse portandosela alle labbra e depositò un bacio veloce sul palmo prima di appoggiarci la guancia.
-Va tutto bene Hanry?-domandai preoccupata.
-Si, sto bene.- rispose dopo un attimo. Mi sorrise dolcemente, poi si voltò a fissare il soffitto. -Sono passati molti anni, ma si tratta sempre di troppo poco tempo.-
Per un attimo pensai di non farlo continuare, ma poi mi ricordai di cosa mi aveva fatto vedere Nettuno e invece di dirgli che non importava bisbigliai: -Vai avanti.-
Lui chiuse di nuovo gli occhi e fece un respiro profondo. -Annabelle si svegliò come un vampiro. Era così bella, la pelle ancora più chiara, sembrava una delicatissima bambola di porcellana, ero incantato. Eravamo in carrozza quando aprì gli occhi, mi guardò, i suoi occhi erano vacui. Disse di avere fame, di sentire dolore, come se non riuscisse a muoversi. Quando arrivammo nella casa in montagna era quasi l’alba, la portai in camera e le dissi di non muoversi e di evitare per ora la luce del sole. Lei crollò addormentata a letto. Quando le portai un animale, lei rifiutò, continuava a bere e mangiare come un essere umano, diventava sempre più debole. Un giorno un cameriera si tagliò un dito e lei quasi la aggredì. La dovetti rinchiudere nella stanza e tenerla ferma per alcune ore finché non si fu calmata. Quando si rese conto di ciò che stava per fare si mise a piangere a dirotto, era sconvolta. Le insegnai come nutrirsi, le portavo gli animali che catturavo, ma ne soffriva. Era sempre triste, sembrava un fiore che stava appassendo nell’ombra. Come per me lentamente diventò immune alla luce del sole e la feci uscire, in realtà la luce diretta le dava ancora qualche problema, la faceva sentire stanca. Il poter uscire alla luce del giorno la fece riprendere, un po’.- si voltò a guardarmi, gli occhi colmi di dolore, tristezza e rimpianto. -Per un po’ di tempo sembrò stare bene, per un po’ tra noi fu come doveva essere, eravamo felici. La casa in cui vivevamo era di mio zio, l’aveva lasciata a me e in pochi la conoscevano. Per quattro anni siamo rimasti lì, vivendo insieme come due innamorati. Lei mi amava quanto io amavo lei, tutto era come doveva essere, ne ero convinto. Non ti descriverò quelle giornate nei dettagli.- disse con un mezzo sorriso, probabilmente si era accorto della gelosia che avevo tentato di nascondere in fondo ai miei occhi.-Iniziammo a viaggiare, volevo che non fosse triste, volevo che sorridesse. Andammo in Francia, in Germania e in Italia, finimmo con l’incontrare altri nostri simili, alcuni come noi non si nutrivano di esseri umani. Ci sposammo in una piccola chiesa sul mediterraneo, nel florido porto veneziano, lei sembrava felice quel giorno, felice davvero. Fu un periodo strano e frenetico, come un ballo in maschera. Giravamo come trottole impazzite, io nel tentativo di non farla essere triste, lei nel tentativo di dimenticare ciò che era. Ogni notte tra le mie braccia sentivo il suo corpo tiepido che si stringeva al mio come per cercare qualcosa a cui sostenersi. Sempre di più riprese a dormire di giorno per svegliarsi di notte, alla fine tornammo a casa, poco prima dello scoppio della guerra.-
-Quale delle tante?- domandai.
-La prima guerra mondiale.- rispose  accarezzandomi distrattamente i capelli -Tornai a casa nel marzo del millenovecentoquattordici, Lucinda aveva appena compiuto undici anni. Mio padre viveva in città, a quanto pare Lucinda non era sua figlia, la madre di Annabelle aveva un amate, entrambi erano morti a causa di un incidente in carrozza. La bambina era stata lasciata a casa ed era quindi rimasta viva, ora viveva con degli zii. L’andammo a trovare, non ci aveva mai visto. Proprio come Annabelle una volta, Lucinda era fragile, delicata, cagionevole di salute, ma non l’avresti detto perché sembrava emanare energia e coraggio, voglia di vivere e libertà. Non andava molto d’accordo con gli zii. Ricordo con chiarezza quel giorno, lei allungò la mano e prese la mia… era così piccola. Annabelle non voleva lasciarla, credo fosse perché era l’unica parente che le era rimasta. Alla fine la portammo via con noi, comprai un casa tra le colline della scozia, un vecchio castello disabitato, lontano da tutto e da tutti. Presi dei domestici e mi trasferii lì insieme a loro, iniziammo a vivere tutte e tre insieme.
Annabelle era molto felice in quel periodo, totalmente presa da Lucinda, erano molto unite, stavano sempre insieme. Stando in quell’ambiente più puro, vivendo a ritmi più lenti sua sorella iniziò a stare meglio. Lei cresceva, mentre noi rimanevamo uguali, indifferenti allo scorrere del tempo. Quando compì sedici anni divenne chiaro che non potevamo continuare così e perciò di comune accordo decidemmo di dirle la verità. Lei ci sorrise scrollando le spalle con grazia e indifferenza, come faceva a volte Annabelle,  ci disse che ci voleva bene, che eravamo la sua famiglia e che questo non sarebbe mai cambiato.- sulle sue labbra si disegnò un sorriso dolce, dolcissimo, che non sarei mai riuscita a descrivere senza togliergli la bellezza che illuminava il suo viso in quel momento.
Si portò una ciocca dei miei capelli alle labbra e la baciò, poi li lasciò andare e mi prese la mano, iniziando poi a giocherellarci distrattamente. -Alla fine arrivò l’inverno.- proseguì senza guardarmi. -Lucinda non stava tanto bene in quel periodo, l’inverno era molto rigido e c’era in giro una brutta influenza. Quando si ammalò ci chiese di trasformarla. Io non volevo farlo, avevo visto Annabelle, era diventata come … spenta; uno specchio opaco che rifletteva un raggio di sole smorzandone in modo insopportabile il calore e la brillantezza. Non volevo che anche Lucinda diventasse così, non volevo che soffrisse, che fosse infelice. Mi  rifiutai con tutte le forze, finché non peggiorò e Annabelle arrivò a implorarmi di aiutarla.-
-Tu hai …?- domandai con voce rotta.
Sorrise mesto. -L’hai conosciuta. È Julie.-
-Julie?- ripetei scioccata. -Come siamo arrivati da Lucinda a Julie.-
-Odiava il nome Lucinda.- rispose con un sorriso -Lo cambiò appena riuscì a farlo. Come hai visto Julie non si è mai incupita, non ha mai perso la sua brillantezza, al contrario è fiorita. Si divertiva, non appena riuscì ad a uscire alla luce del sole iniziò ad andare in giro come una trottola, non stava mai ferma e non voleva stare in casa. Tornammo in città e iniziammo a partecipare a feste e balli, lei si divertiva un mondo e riusciva a trascinare nella sua allegria anche Annabelle. Tutta via la situazione non migliorava, lei stava sempre peggio…- la sua voce carica di tristezza sfumò nel silenzio.
Rimasi in silenzio per alcuni istanti, poi chiesi-Che è successo?-
Lui non rispose subito, per un po’ si limitò a fissare il vuoto per un po’. Gli accarezzai distrattamente il petto, cercando di non insistere troppo, il suo respiro regolare inizio ad accelerare progressivamente mentre la mia mano scendeva per la seconda volta verso il basso, la fermai sul suo ombelico iniziando a tracciare con il pollice il contorno del suo ombelico.
-Non vuoi proprio dirmelo?- domandai distrattamente. Hanry mi afferrò la mano respirando lentamente, come per riprendere il controllo, mentre io lo fissavo confusa. -Ti senti poco bene?- domandai confusa.
Non rispose, poi sorrise in modo malizioso, si avvicinò a me lentamente bisbigliandomi all’orecchio: -No, sto benissimo, ma sarebbe bene che non mi provocassi, amore.-
Lo guardai confusa, il suo sguardo si incupì e improvvisamente mi attirò a se stringendomi con forza, stando attenta però a farmi male. Sentii il suo respiro tra i miei capelli. -Ho fatto qualcosa che non dovevo?- domandai confusa.
-Non la metterei così.- la sua voce usciva attutita.
-Allora come?-
Scoppiò a ridere.
-Non starai solo cercando di cambiare discorso?-domandai confusa, me ne pentii all’istante: la sua espressione si fece triste e distante, si allontanò da me impercettibilmente, rimase in silenzio a fissarmi.
Incrociai i suoi occhi tristi, avevo la sensazione che non avesse mai cambiato espressione così tante volte da quando lo conoscevo.
-Lei… Annabelle è morta. Si è tolta la vita.- la voce di Hanry era un bisbiglio appena udibile, rotto dal dolore. -Non ce la faceva più, semplicemente. In un momento in cui era totalmente sola si rinchiuse nella casa che avevamo presto in  città e le diede fuoco dall’interno, restando chiusa dentro.-
Allungai la mano e gli accarezzai la guancia, ma non dissi che mi dispiaceva perché sarebbe stata una bugia. Per quanto odiassi ammetterlo mi sentivo sollevata dal fatto che Annabelle fosse morta, che se ne fosse andata e che non sarebbe tornata mai più.
-Scusa.- bisbigliai invece, fissandolo negli occhi.
-Non hai ragione di scusarti.- rispose stringendomi a se, il mio corpo aderiva al suo tiepido. Chiusi gli occhi e respirai il suo odore dolce e salato insieme, un odore che mi ricordava il colore azzurro, alzai la testa e gli diedi un bacio sul collo, sfiorandolo appena con le labbra mentre lui continuava a premermi contro di se.
-Ho un ottima ragione per chiedere scusa.- bisbigliai contro la sua pelle. Di certo non gli avrei mai detto che nonostante il dolore che gli leggevo negli occhi tutto quello che riuscivo a pensare era che nessuno l’avrebbe portato via da me.
-Non riesco a immaginare quale sia.- bisbigliò, poi improvvisamente si girò di lato, facendomi nuovamente finire con la schiena contro il materasso. Hanry si mise sopra di me e mi scostò una ciocca di capelli dal viso con una carezza. -Per che cosa ti scusi esattamente?- domandò con un sorriso malizioso.
Avevo la sensazione di essere saltata da un argomento all’altro ogni cinque minuti nell’ultima ora, ma stranamente non mi sentivo confusa e tutto mi appariva chiaro. -Sai Hanry, non so cos’accadrà in futuro, ma in questo preciso momento io sono contenta di averti incontrato.- bisbigliai, poi chiusi gli occhi quando scese a rubarmi un bacio.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 - Missing link- ***


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Lo so, è trascorsa una discreta quantità di tempo, ma tentando disperatamente di dare gli esami (che non vanno troppo bene) il tempo per scrivere si era ridotto, così ora vi lascio questo capitolo (che spero vada meglio dei miei esami) come annesse le mie scuse per il ritardo. Saluti a tutti e buona lettura (<-persona in crollo da stress)

 

Capitolo 35
- missing link-

Non stava piovendo o per meglio dire quella che scendeva dal cielo non era pioggia normale. La sentivo, rintanata nel letto, tra le braccia di Hanry … sentivo che si stava avvinando con passi leggeri, che la fine di questa storia stava arrivando e mi chiedevo per chi sarebbe stata una vera fine. Aprii lentamente gli occhi mentre le labbra di Hanry mi sfioravano il petto, dove batteva il mio cuore. Avevamo fatto l’amore… oddio! Suonava così strano, non avevo mai pensato che avrei provato per qualcuno quello che provavo per lui. Sentivo ancora dentro di me un emozione così forte da spezza il fiato e travolgerti come un onda.
Hanry alzò gli occhi a incrociare i miei in uno sguardo malizioso, sorrisi mentre si allungava a baciarmi sulle labbra. La sua pelle era lievemente fredda, ma non mi dava fastidio, al contrario, era piacevole a contatto diretto con la mia. Le sue mani scesero a ricalcarle forme del mio corpo con attenzione e delicatezza, ansimai sulle sue labbra mentre sentivo il mio corpo andare a fuco nei punti in cui mi aveva toccato. Il pensiero di quello che era successo mi fece arrossire.
-Hanry…-farfugliai con il fiato corto, mentre lui tracciava una scia di baci lungo il mio collo.
-Ti voglio ancora.- bisbigliò contro la mia pelle, il mio cuore raddoppiò i battiti. Lo sentii ridacchiare contro la mia pelle -Il tuo cuore ha accelerato, batte veloce come le ali di un colibrì.-
-Po.. potresti evitare di prendermi …-mi bloccai quando mi delicatamente la base del collo.
-Di prenderti?- domandò con finta non curanza, passando la lingua sopra la parte offesa.
Deglutii tentando di riprendermi. -In … in giro.- farfugliai, e la mia voce suonò interrogativa.
Lo sentii ridere divertito, il suono della sua voce accompagnava l’incessante ticchettio delle gocce. Un fulmine attraversò il cielo mentre un tuono lacerava il silenzio. Sussultai: quel temporale non era normale, riuscivo a cogliere la sua natura calcolata e piegata a uno scopo. Mi voltai di colpo sfuggendo a Hanry e mi misi a fissare fuori della finestra con aria preoccupata, recuperando il controllo di me che avevo perso.
-Sta arrivando- bisbigliai preoccupata, percepivo che Lucy si stava avvicinando, come le nubi cariche di pioggia portate dal vento.
Le braccia di Hanry mi avvolsero con dolcezza -Vedrai che finirà bene.- bisbigliò vicino al mio orecchio.
-Dipende da quello che intendi per “bene”.- risposi pacatamente.
-Intendo che staremo sempre insieme.- rispose baciandomi il collo.
Sorrisi mio malgrado, sapendo che in qualche modo quello che avremmo affrontato sarebbe stato una sorta di resa dei conti: da un parte sentivo il desiderio di non fare del male a Lucy, dall’altra il mio bisogno, quasi fisico, di proteggere Hanry da lei. Era come avere il cuore spaccato in due, se qualcuno avesse legato due lacci intorno al mio corpo e ora lo stesse tirando in due direzioni opposte avrei provato la stessa cosa, lo stesso dolore.
Mi misi a giocare con una ciocca di capelli, pensierosa, continuando a fissare fuori dalla finestra, un lampo lontano lampeggiò nel cielo così veloce che quasi pensai di essermelo immaginato. Sospirai e mi voltai verso Hanry fissandolo stanca e preoccupata, lui mi sorrise abbracciandomi, mi strinse forte bisbigliandomi parole di consolazione. Chiusi gli occhi ascoltando la sua voce, la testa appoggiata alla sua spalla e lentamente l’oscurità scese su di me.

Quando riaprii gli occhi la luce nella stanza era accesa, Hanry mi stava accarezzando una guancia.
-Buon giorno piccola.- bisbigliò teneramente, chinandosi a baciarmi. -Mi spiace averti svegliata, ma tua sorella dice che dobbiamo muoverci.- spiegò poi guardandomi negli occhi.
Mi tirai a sedere, trascina domi dietro il lenzuolo per coprirmi, e mi guardai intorno: fuori dalla finestra il cielo era scurissimo.
-Dove sono i miei vestiti?- domandai ancora insonnolita, l’orologio sulla parete segnava le quattro e ventidue, se di mattina o di pomeriggio non avrei saputo dirlo.
Hanry mi porse un sacchetto di carta e quando lo presi si alzò dal letto -Vado a prepararti qualcosa da mangiare, fai con comodo- cisse sfiorandomi la fronte ocn le labbra, uscì dalla stanza velocemente mentre io vuotavo il contenuto della busta sul letto: jeans, maglietta verde a righe bianche, calzini e … oddio! Intimo di pizzo? Qualcuno mi dica che non l’ha scelto Hanry! Vi prego! Vi prego! Vi prego!
Sgusciai in bagno il più velocemente possibile, mi sentivo a disagio ad andare in giro senza vestiti, e mi fiondai sotto la doccia. Ci stetti poco, Crystal era sempre stata un tipo impaziente, e quando uscii mi asciugai velocemente prima di vestirmi. Andai nella stanza a mettermi le scarpe e presi una giacchetta di jeans prima di aprire la porta e scendere al pianterreno. Una volta nell’atrio mi diressi in cucina, o per meglio dire verso il luogo da cui arrivava un delizioso odore di caffè, attraversai una grande sala con un tavolo di legno immenso che la arrivava da un lato all’altro della stanza e entrai in un corridoio stretto che dava su una stanza dove c’era la cucina.
La cucina era un ampia stanza rettangolare, con un tavolo piccolo, un enorme acquaio, tre forni, una cella frigorifero e un frigorifero più piccolo, un'altra porta aperta dava su uno spazio ristretto stipato di cibo che pensai essere la dispensa. Hanry era ai fornelli e girava qualcosa sulla padella, dall’odore sembrava essere… oh, no!
-Ti prego, dimmi che non è pesce!- esordii con tono inorridito.
Hanry si voltò a guardami, i capelli biondi si scostarono dagli occhi nel movimento, le sue pupille erano nuovamente azzurro metallizzato, mi fissò intensamente.
-Ho pensato che potessi avere fame…- spiegò, girando sulla padella il cadavere di un povere pesce che era stato scuoiato.
-No, preferirei digiunare!- dissi con orrore scuotendo la testa.
Crystal era seduta su una sedia a un angolo del bancone sul quale erano state posate delle verdure, e mangiava una mela guardando altrove, anche a lei dava fastidio la vista del pesce cotto. Mi misi a sedere accanto a lei, che mi rivolse un occhiata disgustata e poi tornò a fissare fuori dalla finestra.
-Che cos’ha il pesce che non va?- domandò lui sorpreso, senza capire.
Sospirai e mi venne la nausea. -Passami il caffè!- ordinai, sperando che il suo aroma intenso mi distraesse.
Hanry afferrò una caffettiera e mi versò il caffè in una tazzina.
-Ci vuoi il latte?- domandò dandomi le spalle e allungando una mano per aprire lo sportello dello scaffale sopra la sua testa, nel quale era riposto lo zucchero.
-Si, grazie.- risposi, alzandomi per aprire la finestra: se la pioggia entrava pace.
-Non funziona.- mi fermò Crystal prima che la raggiungessi -Ci ho già provato io.- spiegò lanciando un occhiata circospetta alla padella sul fuoco e tappandosi il naso con il pollice e l’indice.
-Che cos’ha il mio pesce che non va?- domandò ancora, imbronciato, posando il caffè sul bancone, davanti alla mia sedia.
Incrociai lo sguardo di Crystal ed entrambe alzammo gli occhi al cielo, poi tornai a sedermi e afferrai la tazza di caffè bevendola piano sotto lo sguardo attento di Hanry.
-Mi rispondi?- riprese quando posai la tazza.
Incrociai i suoi occhi azzurri e sorrisi mestamente. -È pesce. Io sono una sirena, sono anche un po’ un pesce.- spiegai.
-Come reagiresti se qualcuno ti servisse una … coscia di vampiro arrosto?- domandò sdegnosamente e sarcasticamente Crystal, guadagnandosi un occhiata disgustata. -Appunto.- si limitò a dire.
Hanry si voltò a guardare la padella -Mi toccherà buttarlo.- disse avvicinandosi lentamente e afferrando il manico della attrezzo da cucina, per poi far cadere il contenuto dentro la spazzatura. -Che cosa ti va di mangiare? - domandò voltandosi nuovamente.
Ci pensai su. -Panckake.- sentenziai.
Hanry si diresse verso la dispensa e guardò all’interno. -Riprova.- disse a voce alta.
Ci pensai su di nuovo, senza sapere esattamente cosa mi andava: volevo qualcosa di buono, di dolce, di pesante. -Che ore sono?- domandai improvvisamente.
-Le cinque e trenta di pomeriggio.- mi informò Crystal guardando la parete alla mia sinistra, dove era appeso un orologio.
Sgranai gli occhi -Così tardi?- domandai scioccata.
Lei si limitò a fare un cenno d’assenso.
-Pasta ai funghi.-
-Non ci sono funghi.- la voce di Hanry mi arrivò attutita, apparve di nuovo davanti alla porta.
-Hamburger con patatine.- riprovai.
-Mancano il pane e le patate.- disse ironico. -Non hai proprio fortuna.-
Sospirai. -Cosa c’è allora?-
Lui rientrò nella dispensa, poi uscì di nuovo. -Marmellata, pane di segale, prosciutto, miele, formaggio, pancetta, uova, cereali, acqua, cioccolato in polvere, panna, coca cola, succhi di frutta, frutta sciroppata, frutta normale e, non ridere e non fare battute per favore, dell’aglio.-
Risi e anche Cystal ridacchiò piano, voltandosi dall’altra parte per non farsi vedere, quando i nostri sguardi si incrociarono ci scambiammo un occhiata complice, da sorelle.
-Dov’è Leslie?- domandai quando smisi di ridere, guardandomi in torno.
Cystal sorrise -Non ce la faceva a restare qui, è andata in acqua- spiegò.
-Allora, cosa vuoi mangiare?- domandò Hanry con le mani sui fianchi, fissandomi impaziente.
Scrollai le spalle -Pane tostato e uova, non dovrebbero esserci problemi di mancanza di materiale, stavolta.-
Hanry scomparve di nuovo nella dispensa e riapparve pochi istanti dopo con tutto l’occorrente, in silenzio si mise a cucinare tranquillamente e quando tutto fu pronto e finalmente assaltai il piatto dovetti ammettere che Hanry era davvero un bravissimo cuoco.
Intanto Crystal andava avanti e indietro per la stanza, palesemente preoccupata perché Leslie non era ancora rientrata, si rifiutava di uscire a cercarla perché sapeva che se Lucy ci avesse trovato, non avrebbe fatto del male a Les, ma non si sarebbe fatta grossi problemi con Hanry e forse neanche con me. Al decimo giro della stanza Hanry smise di guardarmi e afferrò Crystal per un braccio.
-Siediti per favori.- disse infastidito.
Crystal si divincolò dalla stretta e mentre io bevevo un sorso d’acqua si mise a sedere sbuffando.
-Forse è solo curiosa, non tornava in superficie da tanto.- azzardai, mentre lei scrutava fuori dalla finestra con aria preoccupata.
Crystal scosse la testa, i capelli chiari e liscissimi le finirono sul volto. -È via da troppo tempo.-
Guardai l’orologio che segnava le cinque e cinquanta. -A che ora è uscita?- domandai, sgranocchiando l’ultimo pezzo di pancetta.
-Alle cinque.- rispose, tamburellando impaziente con la punta delle dita sul bancone.
-Ma è quasi un ora! È meglio uscire a cercarla!- esclamai preoccupata, scattando in piedi.
-Andiamo a cercarla?- domandò Hanry, mentre asciugava la pentola. -Ho quasi finito.-
-Sei un ottima casalinga.- commentai in un bisbigliò, Crystal ridacchiò e Hanry si voltò a fulminarmi con lo sguardo.
-Come prego?- disse togliendosi i guanti, inarcò un sopracciglio con uno sguardo di sfida.
Sorrisi dispettosa. -Scusa, mi è scappato.-
Hanry si avvicinò a me lentamente, con passo sinuoso, mentre i suoi occhi erano incatenati ai miei e mi impedivano di fuggire, il suo sorriso mi ricordava quello di un cacciatore che fissava la preda. Sentii a malapena Cystal dire che usciva mentre Hanry mi attirava a se circondandomi la vita con un braccio, abbassò la testa a sfiorare le labbra con le mie e io chiusi gli occhi persa. Interruppe il bacio e a un centimetro delle mie labbra bisbigliò -Ti sembro una casalinga ora?- prima di tornare a baciarmi.
Il fragore del tuono mi riportò alla realtà di colpo, mi separai da Hanry con un balzo spaventata: stava succedendo qualcosa, lo sentivo.
Hanry mi prese la mano con gentilezza. -Che c’è?- domandò.
Incrociai il suo sguardo, poi fissai nuovamente la finestra, fuori pioveva copiosamente. -Questa pioggia non è normale.-
-Siamo in Inghilterra, la pioggia è più che normale.- rispose sconcertato.
Sorrisi senza girarmi a guardarlo. -Intendevo dire che non è naturale, è provocata da qualcuno.- mi voltai di nuovo a incrociare i suoi occhi -Credo sia meglio raggiungere Crystal e Leslie.-
Hanry strinse più forte la mia mano e quando mi voltai a guardarlo incontrai il suo sguardo che era preoccupato. Feci un cenno verso la porta e ci avviammo insieme in silenzio. Uscimmo sotto la pioggia battente, senza ombrelli ne cappotti e quando alzai la faccia al cielo le gocce di pioggia mi accarezzarono il viso.
Hanry mi prese in braccio saltando sopra il bancone al secondo piano mentre una scia dorata creava una fenditura nella parete, il tutto avvenne così velocemente che quasi non me ne accorsi.
-Cavolo!- bisbigliai mentre Hanry mi stringeva ancora di più a se.
Hypnos aveva i lunghi capelli argentei attaccati al corpo per via dell’acqua e ci fissava con sguardo vuoto, il volto sempre dolce nascosto parzialmente dai capelli.
-Perché sei qui?- gridai per farmi sentire sopra la pioggia. -Insomma!- feci seccata -Mi sembra di essere uno di quei libri da quattro soldi dove tutti vogliono che i protagonisti si lascino! È assurdo!-
-Noi vogliamo solo i vampiri.- disse la voce imperiosa di Thanatos , era dietro di me, quando mi voltai vidi che era accucciato sul tetto: mi sembrava davvero di essere il personaggio di un libro. -Togliti di mezzo sirena.-
Mi voltai a guardare Hanry -Mettimi a terra.- bisbigliai, certa che mi avrebbe sentito.
Lui mi lanciò un occhiata preoccupata, ma fece come avevo chiesto, senza però permettermi di allontanarmi. Appoggiai la schiena al petto di Hanry e fissai Thanatos.
-Andatevene!- ordinai -Se ci farete del male Nettuno non vi perdonerà. In questa faccenda voi non c’entrate, perciò andatevene … subito.-
-Nettuno non ha autorità su di noi.- ribatté rabbiosamente lui.
Un rumore di passi attirò la mia attenzione e io mi allontani per sporgermi dal balcone: Crystal era tornata insieme a Leslie, stavano entrambe bene anche se erano zuppe. Mi voltai nuovamente verso Thanatos. -Ma Ade si e Nettuno non lascerà correre. Lo scoppio di una guerra tra il regno dell’oltretomba e quello del mare non è auspicabile, se tuttavia volete andare avanti nell’inseguirci sarà inevitabile.-
-Nettuno non approva i vampiri, Ade si è affidato a lui per eliminarli e lui ha accettato, non può tirsi indietro quando gli conviene.- replicò con calma Hypnos.
-Ma Nettuno sa bene che le circostanze sono imprevedibili.- replicò calma Crystal -Perciò ha posto una condizione, e cioè che nessuno della sue sirene venisse uccisa, è un punto sostanziale. Se voi uccidete quel vampiro, ucciderete anche la sirena che si è legata a lui. È una violazione del patto.-
-Quello era stato stabilito nel caso una sirena fosse rapita. Non mi sembra che tua sorella sia stata sequestrata, a meno che non abbia sviluppato la sindrome di stoccolma.- rispose Thanatos.
-Se anche fosse non cambierebbe niente, non si può uccidere chi è oggetto d’amore di una sirene perché si ucciderebbe la sirena stessa.- ribadì Crystal.
Thanatos aprì bocca per ribattere, ma io lo bloccai -Facciamola più semplice: ho chiesto a Nettuno se ci avrebbe aiutato e lui ha detto di si. Qui siamo anche vicini al mare. Quindi se non volete che vi faccia il culo toglietevi di torno!- un brillante ritorno del mio carattere giovanile, ormai non ero più tanto aggressiva.
L’arma nelle mani di Hypnos scomparve e lei sospirò. -D’accordo.- bisbigliò semplicemente.
-Cosa?- chiese sorpreso Thanatos, lanciandomi un occhiata seccata. Scivolò giù dal balcone e atterrò con una certa eleganza sulla balaustra bianca del terrazzo.
-Non possiamo metterci contro Nettuno. Non essere irragionevole, ti prego.- tentò di calmarlo la sorella.
Lui mi fulminò con un occhiata e imprecando scese per raggiungerla; Crystal gli rivolse un sorriso divertito -Su, non prendertela ragazzone!- lo prese in giro.
Thanatos scattò con una velocità impressionante, attaccandola, e altrettanto velocemente Crystal parò il colpo con la spada, spostando indietro il piede destro per bilanciarsi meglio. Alzai gli occhi al cielo, a Crystal piaceva combattere ma era raro che provocasse qualcuno e prendere in giro Thanatos era come invitarlo allo scontro. Un fulmine lacerò il cielo e per un attimo fummo avvolti da una luce accecante, quando mi voltai trovai a fissarmi, in bilico sul tetto con sguardo gelido , Lucy.
È strano come i sentimenti trasformano i lineamenti delle persone, mentre fissavo il volto di quella che era stata mia sorella provai paura per quell’odio che me la faceva apparire come un mostro non più come la persona che avevo amato. Le sue pupille erano totalmente blu, senza più nemmeno un po’ di bianco, un blu che invadeva tutto l’occhio mentre la pelle bianca e delicata adesso appariva bagnata e traslucida, sopra le vene azzurre che spiccavano il contrasto. I capelli erano sciolti e disordinati, bianchi come la spuma del mare, le scivolavano addosso come se non assorbissero l’acqua; a tratti sembravano trasparenti.
-Lucy.- quasi non mi sembrava lei.
Lei distolse lo sguardo fissandolo in basso, guardò Thanatos e Hypnos e poi scosse la testa; allungò una mano e improvvisamente in una scia d’acqua si materializzò la sua arma. -Devo fare tutto da sola a quanto pare.- disse con voce melodiosa, come un canto, trasparente, come una sirena che tesse un incantesimo. Lucy era satura di potere, aveva ecceduto così tanto che ormai in lei era rimasto solo quello: potere. Sì vedeva dallo sguardo, dalla sua pelle, dai suoi movimenti incredibilmente aggraziati, troppo aggraziati; si sentiva dalla sua voce da sirena.
Hanry mi strinse forte un braccio con la mano, quando mi voltai a guardarlo vidi che fissava Lucy come se cercasse di resistere a qualcosa, una cosa che lo attirava e lo spaventava al tempo stesso: il canto di una sirena incanta chiunque lo sente e la voce di Lucy era come un canto.
Mi liberai della presa di Hanry e saltai fino alla grondai del tetto, la afferrai e mi dondolai per darmi lo slancio, quando la lasciai feci un salto arrotato all’indietro e finii sul tetto, afferrai le tegole umide per ritrovare l’equilibrio e non scivolare. Lucy mi guardava dall’altro, aliena e indifferente. Scossi la testa senza sapere bene che fare.
-Lucy.- chiamai incerta.
-Vuoi parlare?- disse con tono melodioso che suonava sarcastico. -Come se servisse … come una folle…-
-Se non c’è soluzione, se la violenza è l’unico modo per risolvere le cose…- disse con calma, cercando di non pensare che stavo per dare battaglia a Lucy. Fino a quel momento ero sempre fuggita, portando gli altri con me ero fuggita da qualunque confronto ma… non si può fuggire per sempre.
-Mi stai minacciando?- domandò inclinando la testa, i capelli lunghi le scivolarono dalle spalle come acqua che scivola su qualcosa di impermeabile, e sorrise come se anche solo quell’idea fosse ridicola e lo era, ma…
-Qualunque legame c’era tra noi ormai è perduto, perciò Lucy, stavolta non scapperò, non eviterò di vedere e non rinuncerò a proteggere Hanry o allo scontro con te.- mentre parlavo nelle mie mani apparvero gli ice balde, era il momento di dare battaglia.

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 -My happy ending- ***


Documento senza titolo

Eccoci, siamo alla fine dei giochi, domani posterò l'epilogo, questo quindi è il penultimo capitolo... Ci sono molte cose da dire sul canto (come lo chiamiamo io e la vampira): scriverlo mi ha divertito, mi ha fatto sentire un pò incerta e mi ha fatto capire che sono in grado di creare una storia che davvero ruoti solo intorno alla protagonista (mentre l'ombra mi sembrava molto più dispersiva) .Devo dire però che come Ester, Grace mi mancherà tanto! Ma aspettiamo domani per dirci addio ...

Tornando al presente devo dire che forse questo caiptolo deluderà alcune persone, può essere e nel caso vi pongo le mie scuse, ma à l'unica fine che riesca a immaginare: i vincitori sono sopravvalutati XD

Buona lettura

Capitolo 36

- My happy ending -

 

Scattai di lato all’ultimo momento per evitare un fendente che colpì le tegole creando una crepa che attraversò la metà sinistra del tetto rompendolo. Mi afferrai a una tegola per non cadere e lanciai un ice balde che attraversò l’aria con un sibilo e si conficcò nel braccio di Lucy mentre lei si tirava indietro per evitarlo. Dall’arma inizio a crearsi in uno strato di ghiaccio che ricoprì lentamente il suo braccio, quando provò a toglierlo il pugnale la respinse. Io rimasi a fissarlo scioccata: che novità era questa?
Mi avventai con uno scatto verso di lei, finendole a dosso e facendole lasciare l’arma mentre cadevamo dal tetto, rotolando insieme fino a finire nel vuoto. L’acqua si convogliò in un turbine che ci travolse, mi sentii sballotata da una parte all’altra e mentre il turbine si affievoliva finii per essere scaraventata contro il muro della casa e scivolare a terra. A quel punto ero messa troppo male per muovermi, ogni piccola parte del mio copro era dolorante, ma mi sforzai di localizzare Lucy: strizzai gli occhi, aprendoli e richiudendoli finché non riuscii in qualche modo a mettere a fuoco l’ambiente.
Non mi mossi perché non ci tenevo a star male, ma inclinai appena il collo per perlustrare la zona: il terreno era fangoso, l’erba cresceva qua e là, c’era una sorta di rotondo scavato al centro del quale vorticava ancora un piccolo mulinello d’acqua. Lucy era inginocchiata lì di fonte, il mio pugnale ancora evidente nel braccio, il ghiaccio che ricopriva  il punto dive si era conficcato era diminuito formando solo un leggero stato che contribuiva a rendere ancor più chiara la sua pelle.
Provai a muovermi appoggiando per bene il braccio destro a terra e facendo forza sul gomito per alzarmi quanto meno a sedere, ma  il gesto mi strappò un gemito di dolore, senza contare quanto male mi faceva il resto del corpo, se avessi potuto avrei disattivato tutti i miei centri nervosi. Acqua … avevo bisogno di acqua. Se solo ci fosse stata l’acqua non avrei avuto problemi a muovermi.
Lucy si alzò barcollando, sembrava comunque più in forma di me cosa che in quel momento non era proprio impossibile.
Mi alzai a fatica e barcollando mi appoggiai con la schiena al muro della casa, stringendo convulsamente nelle mani uno dei miei ice blade. Lucy impugnò Blast reggendosi a lui come a trovare un equilibrio che non aveva, era così bianca che quasi non mi sembrava viva. Sentivo in lontananza il rumore delle onde, avanzai stancamente verso quel suono.
-Ti arrendi?- domandò lei.
Sorrisi, poi scossi la testa -C’è un solo vero modo per combattere.-  dissi, allungando la mano verso la scogliera incredibilmente lontana, sentii le onde alzarsi ancora di più prima di infrangersi sugli scogli.
-Che stai facendo?- domandò Lucy, la voce melodiosa era pervasa dalla confusione.
Acqua. Pensai intensamente. Ho bisogno d’acqua, ho bisogni del mare. Nettuno.
-Nettuno.- bisbigliai, come se lui potesse sentirmi, come se potesse venirmi in aiuto. L’Acqua saliva, sempre di più, mentre io lentamente avanzavo verso di lei, ogni passo era una sforzo notevole. Sentii alle mie spalle un fruscio leggero, mi voltai in tempo per essere colpita da Lucy, la cui mossa mi scaraventò a terra ad almeno un metro di distanza.
Un dolore lanciante si unì agli altri, in quel momento non riuscii a ritenere il metro guadagnato qualcosa di positivo. Per un istante tutto divenne nero e in quel momento mi tornò in mente quando ero morta, l’istante esatto in cui capii con chiarezza che non sarei sopravissuta, in cui tutto divenne nero come ora. Allora pregai Dio, ma a rispondermi fu Nettuno, e ora non mi restava che pregare che lo facesse di nuovo.
Poi d’improvviso sentii sollievo, come se tutto il dolore fosse spazzato via, mentre ritornavo pienamente cosciente mi accorsi che ero finita in acqua, aprii gli occhi sorpresa e sentii attorno a me il potere di Nettuno come una coperta lieve e calda. Lucy aveva assunto come a me il suo aspetto da sirena, ma la lunga coda a squame non era di un verde brillante come al solito, ma di un verdino pallido traslucido, l’aspetto rimaneva sempre il solito, sembrava non subire più alterazioni. Si guardava intorno con sguardo fermo.
-Non riesci ad affrontarmi da sola, sorellina?- domandò con voce aspra ma stupenda.
Scossi la testa e i miei capelli fluttuarono nell’acqua come scie. -Non ho mai voluto combattere, ma so che c’è una solo modo per porre fine alla questione…- dissi tristemente.
I sai si materializzarono nelle mie mani mentre Lucy stringeva con forza la sua arma: eravamo in acqua, i suoi poteri erano quasi nulli perché il poter scatenare maree  o mulinelli era inutile visto che eravamo in acqua e che io ero una sirena.  Al contrario la mia nuova padronanza del ghiaccio, padronanza in realtà del tutto istintiva, era molto utile. Le andai addosso più velocemente che potevo, lei schivò il colpo spostandosi di lato, più vicino alla scogliera, lo feci di nuovo: mi era venuta un idea.
La attaccai di nuovo e lei parò il colpo e il manico dello scettro rimase incastrato tra le lame dei sai che lentamente iniziarono a creare uno strato di ghiaccio sempre più solido sull’arma, tanto che alla fine mi bastò un movimento per mandarla in mille pezzi. Lucy si spostò indietro senza sapere bene che fare, lentamente riuscii a spingerla con la schiena alla parete di roccia, allora le puntai contro la punta delle armi da cui scaturì una scia azzurra diretta al suo stomaco, che formò velocemente uno strato di ghiaccio sempre più ampio che la vincolò alla parete. Non importava quanto lei si dimenasse, quanto gridasse, il ghiaccio non la lasciava e continuava ad aumentare, avvolgendola in modo sempre più completo.
Mi fermai quando ormai era totalmente avvolta nel ghiaccio , come una zanzara in un pezzo d’ambra, come un corpo in un sarcofago.
Allungai una mano per toccare il ghiaccio, era ancora viva al suo interno, lo percepivo con chiarezza. Sospirando appoggiai anche la fronte alla lastra gelida che avevo creato, chiusi gli occhi per concentrarmi: dovevo portarla al tempio del mare, dovevo condurla da Nettuno.
Per un attimo mi sembrò che l’acqua attorno a me diventasse incandescente, pervasa dall’energia come da una potente scarica elettrica, poi improvvisamente non la percepii più e finii per terra, sulle lastre di marmo bianco del mare: era impossibile restare in piedi quando si ha la coda e non le gambe. Appoggiai una mano a terra e  mi tirai su mentre l’altra restava ancora attaccata al pezzo di ghiaccio in cui era rinchiusa Lucy.
Nettuno, una sfera azzurra di luce, mi si avvicinò piano mentre tentavo con poco successo di mettermi a sedere; alla fine rotolai lontana dal ghiaccio e mi tirai su a sedere, appoggiando le mani a terra per non perdere l’equilibrio.
-Non mi aspettavo il tuo ritorno.- bisbigliò con un raggio azzurro che si espandeva come un onda.
-Ho pensato che magari potevi aiutarci…- dissi guardando Lucy
La sfera vibrò, ma rimase in silenzio. Sbuffai -Perché non riassumi un aspetto umano, non riesco a capire quello che pensi.-
-Siamo in due allora!- disse furioso.
La luce divenne accecante e io, nel tentativo di coprirmi gli occhi, persi l’equilibrio e finii a terra. Almeno con le mani davanti agli occhi evitai di finire accecata. Improvvisamente mi sentii sollevare di peso e quando aprii gli occhi un uomo dai capelli blu scuro e gli occhi blu mi stringeva a se con gentilezza con un unico braccio. -Allora? Che diavolo hai in mente?-
Mi voltai a guardare Lucy, rinchiusa nel ghiaccio.
-Se vuoi propormi di tenerla qui così scordatelo!-disse subito, la voce profonda e tonante.
-No, io vorrei che tu la lasciassi libera.- bisbigliai. Come avrebbe reagito?
Nettuno mi rivolse uno sguardo penetrante e confuso -Che cosa vuoi dire?- domandò tornando a fissare Lucy.
-Devi lasciarla andare, devi farla rinascere-mi spiegai.
-È già rinata, è una sirena.- mi fece notare.
-Ma non è rinata davvero. Lei sa tutto! Sa chi era prima di essere una sirena, ricorda il suo passato e non l’ha superato, se lo è trascinato. Ora deve rinascere … per davvero. Deve andare oltre, diventare una persona nuova. In senso letterale.- sottolineai le ultime parole più che potei.
-Morirà.- disse fissandomi.
-Ma l’anima è immortale no? Rinascerà, no?- domandai incerta.
Lui rimase in silenzio.
-Non può rinascere?- domandai preoccupata, era un idea che mi era venuta e speravo che funzionasse perché anche se avrei preso Lucy, lei avrebbe continuato a vivere e sarebbe stata felice.
-No. Finirà da Ade, la sua anima è pervasa dal mio potere. A meno che non sia io stesso a farla rinascere, non rinascerà.-disse pensieroso, come se cercasse qualcosa.
La mia speranza si infranse, uccidere Lucy l’avrebbe uccisa in modo letterale e definitivo … ma non avevo scelta. Sentii che mi stavo mettendo a piangere, ma non riuscii a evitare che le lacrime mi uscissero dagli occhi.
-Io posso farla rinascere.- mi disse Nettuno asciugandomi una lacrima che mi era scesa sulla guancia con l’altra mano.
Scossi la testa, non sarebbe servito proprio a niente, anche se l’avesse trasformata in qualche altra creatura dell’oceano non avrebbe dimenticato il suo passato, non avrebbe mai trovato la pace.
-Intendo la vera rinascita che volevi.- lo fissai con sguardo inquisitore: no, questo non lo poteva fare, così come non poteva creare un anima non poteva creare una vita. -Con il tuoi aiuto non ci saranno problemi.- mi assicurò con un sorriso misterioso.
Lo fissai sospettosa. -Il mio aiuto?-
Assentì con un luccichio divertito negli occhi -Ma devi accettare.-
-Cosa?- domandai sempre più sospettosa, gli occhi ridotti a delle fessure che lo fissavano indagatrici.
Il sorriso si allargò -Devi accettare senza sapere di cosa si tratta.-
Mi allontanai da lui per guardarlo bene in faccia, la faccia che aveva scelto per puro caso, una faccia che non era veramente sua. Era divertito, come se sapesse qualcosa che io non avrei mai indovinato, ma nei suoi occhi c’era anche serietà, come a testimoniare che sapeva quello che faceva e che stava dicendo la verità.  I suoi occhi sembravano un alternarsi di luci e ombre, come il mare limpido e profondo.
-Devo accettare a “scatola chiusa”?- domandai preoccupata.
Se fosse stato possibile, il suo sorriso si sarebbe allargato ancora di più. -Si esatto, e un'altra cosa.-
-Cosa?- orami la mia voce suona talmente sospettosa e preoccupata che era impossibile non accorgermi di quanto non mi piacesse l’idea di fare quello che voleva senza sapere niente. Ma se c’era un’opportunità per Lucy volevo coglierla quale che fosse.
-Non dovrai trasformarti in sirena per almeno un anno.-
Lo guardai allarmato, gli occhi spalancati stavolta  -Perché?- domandai presa dal panico, aggrappandomi alle sue spalle spasmodicamente.
-Perché sarebbe pericoloso.- spiegò con calma, la voce profonda e divertita, adorava avere segreti. -Allora accetti?- mi pungolò entusiasta.
Chiusi gli occhi, dovevo trovare il coraggio di dire di si, da qualche parte dentro di me c’era, solo che non lo trovavo. In assenza di coraggio mi restava solo la rassegnazione totale. -Si - acconsentii, con un tono così lugubre che sembrava mi avesse chiesto di usarmi come sacrificio umano. Forse lo aveva fatto, non lo sapevo, non sapevo di che cosa si trattava.
Nettuno mi coprì gli occhi con la mano, con gentilezza, e in un attimo sprofondai nell’oscurità più profonda.

 

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Capitolo 37
*** Epilogo - New Future- ***


Documento senza titolo

E' finalmente giunto il momento di salutarci. Questo è l'ultimo capitolo e voglio dedicarlo (si può fare? io lo faccio XP) a Yoko, che ha sopportato tutte le mie paranoie per la storia; a mia madre, che continua a dirmi "Perchè non lo mandi da un editore?" invece che "Perchè non lasci perdere?", a Silvia49 che si è letteralmente fatta ossessionare dalla storia (è la prima volta che qualcuno mi scrive mensilmente per ricordarmi di aggiornare XD) e a voi lettrici che avete seguito tutta la storia. Non so se questa è una fine scontata o se invece vi sorprenderà. Grazie per avermi seguito fin qui e per aver seguito Grace e Hanry.

Un ultima nota prima dell'addio (T_T) Il titolo del capitolo "New future" è il titolo di una canzone di full moon, del manga di Arina Tanemura "Full moon wo sagashite", nonostante non sia una vera e propria canzone l'ho trovata appropriata ^^

Buona lettura (per l'ultima volta....)

 

Epilogo

- New future -

 

-Io lo odio con tutte le mie forze!- esclamai seccata. -Giuro che gliela farò pagare in qualche modo, quale che sia!-
Ero seduta sul divano, nel salotto della grande villa a due piani in Grecia, con un comodissimo cuscino dietro la schiena e l’aria condizionata che mitigava il caldo dell’estate. Julie era seduta a terra su un grande cuscino sopra un tappeto azzurro che risaltava a causa delle mattonelle e della pareti bianche, sfogliava distrattamente un manga dandomi di tanto in tanto un occhiata e ascoltando le mie lamentele.
-Non ci pensare, ci sono cose molto peggiori dell’essere…- iniziò a dire.
-NON DIRE QUELLA PAROLA!- esplosi.
Hanry rise, spuntando dalla porta che dava sul corridoio del’ingresso, passandomi un bicchiere con della spremuta d’arancia. -Bevila che ti fa bene e non pensarci troppo.- disse dolcemente mettendosi a sedere accanto a me e appoggiandomi una mano sulla pancia, mentre la bambina si muoveva.-Accidenti.- bisbigliò Hanry con il suo solito sorriso al settimo cielo.
Sbuffai. -Nettuno- sibilai seccata.
Hanry sorrise. -Beh, vedila così: hai ottenuto ciò che volevi.- disse lui conciliante.
Lo fulminai con un occhiata -Non ho mai voluto rimanere incinta.- ribattei aspra.
-Almeno Lucy è rinata.- disse consolatoria Crystal, mettendomi un braccio intorno alle spalle e stringendomi con delicatezza.
-Oh, che gioia.- dissi sarcastica.
Hanry mi lanciò un occhiata preoccupata. -Siete sicure al cento per cento che non ricorderà niente vero? Non vorrei che mia figlia cercasse di uccidermi.- commentò ansioso.
-Si, siamo sicure.- lo rassicurò Crys, ultimamente lei e Hanry avevano iniziato ad andare molto d’accordo.
Mi alzai di scatto e mi diressi a passo spedito verso il gigantesco parco che tutti continuavano a chiamare “giardino”.  Erano passati cinque mesi e la pancia stava diventando davvero evidente, la toccai e sentii mia figlia /sorella muoversi. La brillante soluzione di Nettuno, stupidissime scatole chiuse!
Sbuffai incamminandomi tranquillamente verso una panchina accanto a un aiuola di rododendri e mi lasciai cadere a sedere guardando fissa l’orizzonte: non è che potessi davvero lamentarmi, me ne rendevo conto, ma… avevo l’aspetto di una sedicenne ed ero incinta! Insomma! Era davvero troppo presto per diventare mamma!
-Sei arrabbiata?- domandò preoccupato Hanry.
Lo guardai, aveva una camicia bianca e dei pantaloni in tinta di lino, indossava dei sandali e i capelli biondi erano scompigliati e gli davano un aria spensierata.
-No, ma…- risposi abbassando lo sguardo.
-Ma?- domandò sedendosi accanto a me e prendendomi una mano tra le sue, quando mi voltai incrociai i suoi occhi che mi fissavano concentrati.
-Ho come la sensazione di essere stata presa in giro da Nettuno.- dissi seccata, sapendo di apparire infantile.
Hanry scoppiò a ridere divertito e mi abbracciò forte, baciandomi dolcemente la testa. -Ti amo.- bisbigliò piano.
Sorrisi. -D’accordo,questo basta abbastanza per tirarmi su.-ammisi controvoglia, facendolo ridere di nuovo. -Mi fa piacere sapere di essere così divertente.-
Improvvisamente si fece serio e mi fissò con intensità, lentamente mi scostò una ciocca di capelli dal viso. -Sai, ho sempre pensato che avrei trascorso l’eternità da solo, nel rimpianto. Tu invece hai cambiato tutto, hai creato un nuovo futuro pieno di risate, di gioia e di vita.-
Sorrisi mesta. -Si… e anche Nettuno- ribattei lugubre.
Hanry scoppiò a ridere di nuovo stringendomi gentilmente a se, sorrisi con la sensazione di stringere nelle mani tutta la felicità del mondo.
Ma continuavo ad avercela con Nettuno, in fondo i figli, ce l’hanno sempre con i padri, no?

 

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