Years of Hell, for a day of Heaven

di KowaretaTamashii
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Quarta parte ***
Capitolo 5: *** Quinta parte ***
Capitolo 6: *** Sesta parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Ogni riferimento a persone, cose e luoghi è puramente casuale. Non tutti i personaggi mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Nessuna delle situazioni descritte ha mai avuto luogo realmente, eccezione fatta per alcuni miei piccoli ed innocui fatti personali.
Non intendo diffamare né violare in alcun modo i diritti dei personaggi presenti durante la storia.
La trama è esclusivamente di mia proprietà e non può essere soggetta a trasposizioni e cambiamenti di alcun tipo, senza il permesso dell'autrice.

A/N: finalmente, dopo svariate storie che ho scritto e che sono sempre rimaste nascoste nel mio pc, ho deciso di pubblicarne una, giusto per vedere come andrà e conoscere i vostri pareri :)
Nata inizialmente come OS, ho deciso, per alcuni motivi, di pubblicarla in capitoli. La trama prende spunto da un sogno che feci qualche giorno fa e che mi rimase piacevolmente impresso nella memoria.
Ci tengo a precisare che, il concerto a cui farò riferimento, non ha mai avuto luogo realmente, così come i fatti che vedranno Andrew Biersack, cantante dei Black Veil Brides, come protagonista. Semplicemente, provate a vedere il tutto, come un piccolo desiderio irrealizzabile dell’autrice e di chissà quante altre fans della band.


***

 
Le transenne, che creavano un passaggio sicuro ai membri della band verso il loro tour bus, vennero spostate da un paio di forti uomini della sicurezza, nello stesso istante, in cui il grosso mezzo di trasporto venne messo in moto, allontanandosi poi senza fretta. Sebbene la serata e il concerto fossero stati incredibili, l’idea che tutto fosse giunto al termine, mi rattristava. D’altronde, non sapevo quanto tempo avrei dovuto aspettare per poterli rivedere di nuovo dal vivo.
Sospirai impercettibilmente, tenendo lo sguardo fisso sulla strada e lasciando che le mie labbra s’incurvassero verso il basso, non appena l’ultima luce dei fari posteriori dell’enorme pullman scomparve all’orizzonte, ponendo la parola fine a quella notte da sogno. I Black Veil Brides se n’erano andati, facendomi capire che, in momenti come quello, la vita di un fan fosse estremamente dura. Si trascorrevano mesi interi, o addirittura anni, con la speranza di poter incontrare i propri idoli e, quando ciò finalmente accadeva, ogni cosa era destinata a concludersi fin troppo presto.
Mi strinsi nelle spalle, lanciando un’occhiata fugace allo schermo del mio cellulare, per vedere che ore si fossero fatte, e riprendendo poi a sfregarmi vigorosamente le braccia con le mani. Essendo solo metà gennaio, il clima non era di certo dalla mia parte. Per non parlare del fatto che, il giorno precedente, aveva nevicato abbondantemente sull’intero nord Italia e ciò aveva causato un lampante calo delle temperature stagionali.
L’unico pensiero che riuscì a consolarmi, fu la certezza di avere una pesante e comoda giacca invernale nella mia macchina, a pochi metri da lì. Ovviamente, ero stata costretta ad abbandonarla a malincuore su uno dei sedili, così da non dovermela trascinare dietro per tutto il live. In fondo, una volta dentro quelle quattro mura, ammassati uno contro l’altro, il caldo si era formato pressoché subito, soprattutto in un edificio piccolo come quell’ex discoteca.
In quell’istante, due ragazze che avevo conosciuto durante la lunga fila d’attesa fuori dalle porte, s’accostarono a me, promettendomi che si sarebbero fatte sentire molto presto e salutandomi con ampi sorrisi soddisfatti, prima di avviarsi verso una vettura blu scuro, dove li attendeva una donna sulla quarantina. Solitamente, ai concerti passati, ero sempre andata con la mia migliore amica ma, quella volta, per lei non era stato possibile venire, così decisi di andarci comunque per conto mio.
Alla fine, avevo già superato la maggiore età di qualche anno. Quindi, potevo benissimo permettermi di rincasare tardi e d’inseguire le mie passioni da sola, senza che i miei genitori protestassero più di tanto.
Mi guardai intorno, notando che ormai non vi fosse più nessuno e decidendo di seguire tale esempio, se non volevo diventare una statuina di ghiaccio. Così, senza perdere altro tempo, attraversai velocemente la strada, raggiungendo il parcheggio e rifugiandomi prontamente all’interno della mia vettura. Mi sarebbe piaciuto poter restare fuori dal locale ancora un po’, nella speranza di dissipare alcuni dubbi che avevo, però non era consigliabile, visto il freddo che faceva.
Artigliai velocemente il giubbotto, indossandolo con un gesto fulmineo e beandomi di quel piacevole tepore che emanava, mentre la mia mente continuava a crucciarsi su paranoie infondate. Quando il concerto era finito e la band era salita sul tour bus, ero sicura di non aver visto il cantante fare lo stesso. Eppure, il grosso mezzo di trasporto se n’era andato, quindi, dubitavo che avessero lasciato il giovane a piedi, senza uno straccio di passaggio. Evidentemente, lui doveva essere montato a bordo, prima che i suoi fans si riversassero all’esterno dello stabile, senza che qualcuno se ne accorgesse.
Mi strinsi nelle spalle, scacciando via quei pensieri del mio cervello e recuperando la chiave, inserendola nel quadro d’accensione e maledicendo il fato, quando la macchina non s’avviò. Per non scoraggiarmi, feci svariati tentativi che, purtroppo, si rivelarono tutti vani. Dovevo trovare una soluzione alla svelta, se non volevo rimanere da sola al freddo, in quel posto deserto, per altre ore.
«Cazzo! Dannazione!». Imprecai con rabbia, battendo un debole pugno contro il volante e prendendomi successivamente la testa tra le mani. Quella situazione iniziava a non piacermi affatto e, non essendo esattamente di quella zona, la mia tranquillità cominciò a svanire velocemente.
Mi lasciai ricadere malamente contro lo schienale, facendo appello a quel poco di pazienza che mi restava ed abbandonando controvoglia l’abitacolo, con aria rassegnata. Siccome, non capivo nulla di motori e roba analoga, sarebbe stato meglio chiedere aiuto. Magari, con un briciolo di fortuna, avrei potuto trovare ancora qualcuno all’interno della vecchia discoteca, intento a sistemare le ultime cose.
Percorsi le strisce pedonali a passo svelto ma, non appena la suola delle mie scarpe toccò il marciapiede opposto, la porta dell’edificio venne spalancata lentamente, costringendomi ad arrestarmi improvvisamente e spalancando involontariamente la bocca, a ciò che vidi. Ad un paio di metri da me, Andy stava sgattaiolando fuori di nascosto, per chissà quale assurda ragione.
Si guardò intorno fugacemente, puntando successivamente gli occhi chiari sul mio viso ed avvicinandosi poi alla mia figura, piazzandosi davanti a me con naturalezza. Era la prima volta, che mi trovavo così vicina a lui e mi sembrava impossibile, credere che ciò stesse accadendo davvero.
Lo scrutai incredula, come se fossi di fronte ad una sorta di chimera, avvertendo un intenso calore concentrarsi sulle mie guance e rendendomi conto che la mia salivazione si fosse azzerata totalmente. Per quanto avessi sognato spesso un momento simile, adesso che stava realmente succedendo, ero completamente impreparata e soggiogata dalla sua bellezza, per riuscire anche solo a muovermi.
Grazie al cielo, fu la sua voce a spezzare l’imbarazzante silenzio che era calato tra noi, riportandomi subito sul pianeta Terra e lasciandomi ancor più sbigottita, quando formulò una richiesta talmente strana, che mi spinse a domandarmi se, per caso, non soffrissi d’allucinazioni.
«Hey, scusa, non è che potresti nascondermi da qualche parte?».




A/N: Che dire? Ecco qui il primo paragrafo, che spero vi piacerà.
Sono graditissime le recensioni e anche le critiche, purchè costruttive. E se riceverà almeno qualche piccolo apprezzamento, andrò avanti a postare il seguito :)
Grazie mille a tutti, in anticipo <3

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Sgranai gli occhi quasi innaturalmente, tentando disperatamente di riprendere il controllo del mio cervello e cercando di apparire il più a mio agio possibile, sebbene fossi pronta a scommettere, che il moro potesse immaginare quanto fossi agitata. Tuttavia, non potevo permettermi di gettare al vento l’incredibile occasione che mi era capitata. Al contrario, avrei colto l’attimo con estrema maestria e sicurezza.
«S-se vuoi … c’è la mia macchina …». Risposi con un filo di voce, ruotando il busto di qualche grado e indicandogli la vettura solitaria di colore grigio scuro, poco distante da noi, aprendola da lontano con il telecomando. Forse, non era il rifugio migliore, però era l’unico che potessi offrirgli e che mi venisse in mente. «E’ quella là in fondo.».
«Direi che è perfetta! Grazie!». Allargò le labbra in un sorriso sincero, fiondandosi velocemente in direzione del parcheggio ed entrando nell’abitacolo, sparendo oltre i sedili posteriori. Non capivo cosa stesse accadendo e da cosa stesse scappando e, in un’altra circostanza, non avrei mai dato protezione ad uno sconosciuto, ma quello non era un vero e proprio estraneo. Lui era Andrew Biersack, uno dei miei idoli e il mio sogno proibito.
Restai immobile a fissare il punto in cui, poco prima, era scomparso il cantante, decidendo, infine, di raggiungerlo con estrema calma, per non attirare alcun tipo d’attenzione. Se avessi assunto atteggiamenti sospetti, chiunque avrebbe subito compreso che stessi nascondendo qualcosa.
Dopo aver attraversato nuovamente la strada per l’ennesima volta, una voce a me sconosciuta mi chiamò con tono impaziente, obbligandomi a voltarmi nella sua direzione e facendomi salire il livello d’ansia alle stelle. A giudicare dall’espressione adirata e preoccupata, la persona che avevo davanti, doveva far parte dello staff dei Black Veil Brides. Infatti, non mi sbagliai.
«Signorina, mi scusi. Per caso, ha visto un ragazzo molto alto e magro, dai lunghi capelli neri, passare di qui?».
«Mmh … se non ricordo male, sì, certo!». Proferii con decisione, annuendo alle mie stesse parole ed allungando un braccio verso la strada opposta a quella che avrei dovuto imboccare per tornare a casa. Se fosse andato tutto secondo i piani, nessuno si sarebbe mai accorto che stessi mentendo e recitando, come la migliore delle attrici. «Sono quasi sicura, di averlo visto correre da quella parte.».
«La ringrazio! Mi è stata davvero d’aiuto!». Esalò l’uomo dai corti capelli brizzolati, congedandosi con un gesto fugace del capo e precipitandosi verso il retro dell’edificio, lasciandomi sola. Con ogni probabilità, stava andando a recuperare un mezzo di trasporto, per poter raggiungere il moro in fretta.
Mi strinsi nelle spalle, varcando l’ingresso del posteggio ed entrando nella mia macchina, allacciandomi la cintura di sicurezza ed aprendo la bocca per parlare. Peccato che, Andy fu più veloce di me e rispose alla mia tacita domanda, prima ancora che riuscissi a formularla.
«Metti in moto. È meglio allontanarsi alla svelta, non si sa mai.».
Annuii lentamente, prendendo un bel respiro profondo ed augurandomi vivamente che la vettura non mi facesse brutti scherzi, non ora che uno dei miei sogni si stava realizzando. Fortunatamente, l’auto s’accese al primo tentativo e, dopo che il motore si riscaldò a sufficienza, potei finalmente partire, abbandonando quella via secondaria ed immettendomi in mezzo al traffico notturno. Sembrava incredibile, eppure, le cose cominciavano a girare per il verso giusto, anche per me.
All’improvviso, quando arrivammo ad una certa distanza dal luogo del concerto, il giovane face capolino dai sedili posteriori, alzandosi dalla scomoda posizione che era stato costretto ad assumere e venendo a sedersi accanto a me, scivolando al posto del passeggero, senza alcuna fatica. Sebbene non desse affatto l’idea di essere un tipo atletico, il suo fisico magro e asciutto non potevano che facilitarlo in certi movimenti.
«Bene, direi che sia giunta l’ora di presentarsi. Io sono Andy, ma sono certo che tu mi conosca già.». Esordì allegramente, scoppiando a ridere e puntando le due profonde distese d’oceano su di me, scrutandomi compiaciuto. Dovevo ammettere che, in fondo, non pareva darsi chissà quali arie e ciò era decisamente un bene. Altrimenti, non sarei mai riuscita a sentirmi a mio agio, neppure volendo. «Il tuo nome, invece, qual è? Quanti anni hai?».
«Chiamami direttamente Rory. Suppongo che ti sarà più semplice. Comunque, ho la tua età. Sebbene, sia di qualche mese più grande di te.». Ammisi sinceramente, allargando le labbra in un ghigno divertito e lanciandogli un’occhiata furtiva, tornando poi a concentrarmi sulla strada.
Il moro ridacchiò, scostandosi una ciocca di capelli corvini dal viso e rilassandosi completamente contro il sedile, prima di riprendere con il discorso. Se non altro, potevo dire che sapesse stare alle battute e che non fosse permaloso.
«Ne sono stupito. Cioè, si vede che non sei una quindicenne, come la maggior parte delle nostre fans. Oddio, non che abbia qualcosa contro di loro, s’intende … però, beh, ogni tanto è bello incontrare qualcuno più grande, con cui scambiare due chiacchiere.». Spiegò pacatamente, venendo successivamente interrotto dalla suoneria del suo cellulare, che lo costrinse a rispondere, nonostante la scarsa voglia che gli si palesava sul volto. Evidentemente, il mittente non doveva essergli poi molto simpatico. «Rob, che vuoi? Se ti stai domandando dove mi trovo, tranquillo, sono in un posto sicuro. Domenica vi raggiungerò con il primo volo del mattino. Passo e chiudo.». Annunciò pacatamente, senza dare tempo al suo interlocutore di pronunciare una sola sillaba, staccando poi la chiamata, mentre l’uomo all’altro capo della linea sbraitava qualcosa d’indefinito. Non sapevo se fosse il caso di chiedergli spiegazioni però, a rischio di passare per un’impicciona, mi sembrava corretto essere messa al corrente delle sue intenzioni, dato che gli stavo facendo praticamente d’autista.
«Senti … scusa la franchezza, ma che è successo? Hai litigato col resto della band? Se posso.».
«Nah, solo una discussione col nostro manager. Da quando siamo partiti col tour europeo, non abbiamo avuto un attimo di tregua e la stanchezza inizia a farsi sentire. Domani è uno dei pochi giorni liberi che abbiamo e lui ha pensato bene di organizzarci una fottuta intervista.». Proferì senza giri di parole, scrollando le spalle e spegnendo il proprio telefonino, prima di ricacciarselo in tasca. Adesso, cominciavo a capire. Voleva staccarsi dal suo mondo per almeno ventiquattr’ore e tirare un po’ il fiato. «Così, ovviamente, mi sono incazzato ed ho rifiutato di parteciparvi, decidendo di mettere su una bella fuga. Ed eccomi qui.».
«Sei stato coraggioso. In pochi avrebbero fatto lo stesso. D’altronde sei pur sempre famoso. Non rischi grosso, ad andare in giro senza uno straccio di bodyguard?».
«Nel tuo Paese, i Black Veil Brides non sono molto famosi. La maggior parte della gente non mi riconoscerebbe nemmeno. Diciamo, che questo è uno dei piccoli vantaggi di non essere ancora artisti di fama mondiale.». Esalò appena, sfoderando un ampio sorriso e voltandosi a fissare il paesaggio che scorreva oltre il finestrino. Non doveva essere semplice trascorrere mesi interi lontano da casa, però, quello era uno dei prezzi da pagare per chi voleva condurre quel tipo di vita.
Sospirai impercettibilmente, permettendo alla mia attenzione di cadere brevemente sul cruscotto e di venire attirata dai numeri che campeggiavano su di esso, indicandomi l’orario. Fu allora che mi resi conto che, in circa una ventina di minuti, sarei giunta a casa e che, ancora, non avevo chiesto al ragazzo dove fosse diretto.
«A proposito … dove devo accompagnarti?».
«Non so, fai tu. Portami in un hotel a caso. Qualunque posto andrà bene.». Rispose gentilmente, tornando a scrutarmi con il suo sguardo profondo e stringendosi nel pesante cappotto. Per essere un vip, non pareva curarsi molto della propria incolumità. Anzi, sembrava trovare un certo gusto nel correre rischi e nel prendere la vita così come gli veniva data.
Serrai leggermente le mani sul volante, mordendomi nervosamente il labbro inferiore e torturando il piercing che ne abbelliva il lato sinistro. Ecco che sorgeva il primo problema.
«Ehm, in realtà, non posso. Non sono esattamente di queste zone. Io vivo fuori provincia. Quindi, purtroppo, non saprei davvero dove trovare un albergo. Mi spiace.». Sussurrai in tono mortificato, cercando di trovare una soluzione e stupendomi, quando mi accorsi che un rimedio c’era e che stava proprio sotto al mio naso. Ero consapevole che, con la proposta che stavo per lanciargli, mi sarei giocata la mia unica chance però, diamine, quella era situazione che capitava una volta su un miliardo e, di certo, che non mi si sarebbe ripresentata in futuro. «Senti … al massimo, se per te non ci sono problemi, potrei ospitarti a casa mia. Che ne pensi?».
«Direi che è una splendida idea! Tanto, starò solo per un giorno. Non creerò alcun disturbo, promesso.». Annuì a se stesso, ridacchiando con aria divertita e facendomi l’occhiolino con naturalezza, come se la sua decisione fosse una cosa normale, che capitasse a tutti. Eppure, nonostante non mi conoscesse affatto, lui aveva scelto di credere in me ed io avrei fatto del mio meglio, per non farlo pentire amaramente della fiducia che mi aveva appena concesso.
 



A/N: Ed eccomi qui, come promesso, con la seconda parte. Spero che, come la precedente, anche questa sia di vostro gradimento :)
Ora che le cose iniziano a farsi decisamente più interessanti, sono curiosa di sapere cosa, secondo voi, succederà nel prossimo capitolo. Lasciate spazio all'immaginazione e recensite, se volete, che mi farebbe solo tantissimo piacere <3

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Allargai le labbra in un sorriso radioso, trattenendomi a stento dall’esultare come se avessi vinto il premio più prestigioso al mondo e ricordandomi, solo in quell’istante, che dovessi chiamare a casa. In quel modo, avrei potuto già anticipare l’arrivo del cantante, sperando che nessuno protestasse per quell’ospitata improvvisa.
«Andy, mi faresti un favore, per piacere?».
«Certo! Spara!».
«Mi prenderesti il mio cellulare? È nella borsa, sul sedile dietro di me.». Esalai educatamente, facendogli un breve cenno con il capo, senza distrarmi dalla guida. Non mi era mai piaciuto particolarmente mettermi al volante ma, se c’era una cosa di cui potevo vantarmi, era il fatto che fossi sempre prudente quando si trattava di viaggiare su un qualsiasi mezzo di trasporto.
Il giovane annuì vigorosamente, allungandosi verso le mie spalle e riprendendo successivamente posto, appoggiandosi la mia tracolla sulle gambe. L’aprì cautamente, frugandovi al suo interno con le dita affusolate ed estraendone il telefono di ultima generazione, mostrandomelo con aria vittoriosa. Se avessi raccontato a qualcuno di ciò che mi stava accadendo, mi avrebbero presa per una pazza, o per una bugiarda in cerca del suo momento di gloria. Insomma, un’inguaribile sognatrice, che non era più in grado di distinguere la realtà delle proprie fantasie.
Senza perdere altro tempo prezioso, chiesi al ragazzo di comporre il numero che gli dettai prontamente e di mettere il vivavoce, cosa che si premurò di fare subito. Feci giusto in tempo a ringraziarlo che, dall’altro capo della linea, la voce di mio padre irruppe nell’abitacolo, seguita da un sommesso sbadiglio. Come avevo immaginato, era stanco e mi auguravo che riuscissi a convincerlo ad andare a letto, senza il bisogno di attendere il mio arrivo.
«Pronto?».
«Pa’, sono io. Ascolta … sono partita poco fa. Tra una quindicina di minuti, dovrei essere lì. Comunque, sto portando una persona, con me. Non aveva un posto dove passare la notte, così ho pensato d’invitarla. È una storia lunga. Ti spiegherò meglio, domattina. Va bene?». Dissi tutto d’un fiato, incrociando mentalmente le dita e sperando che non si opponesse in alcun modo. Capivo che, per un genitore, non sarebbe stato facile accettare di buon grado una simile proposta, soprattutto se comprendeva un perfetto sconosciuto, però, l’uomo sapeva di potersi fidare delle mie decisioni. Infatti, dopo svariati secondi di silenzio, la risposta che giunse alle mie orecchie, non poté che far ribaltare di gioia il mio cuore nella cassa toracica.
«Mh … ok, ma non voglio casini. Intesi?».
«Promesso. Grazie mille! E, ora, tu vai pure a dormire. Appena arrivo, penso io al resto. Non preoccuparti.». Esalai allegramente, ricevendo in cambio un’affermazione e scambiandoci, infine, la buonanotte. Chissà, come avrebbe reagito il giorno seguente, alla vista del cantante dei Black Veil Brides nel nostro salotto.
Ridacchiai a quel pensiero, traducendo brevemente al moro la chiacchierata che avevo avuto con mio padre ed anticipandogli a grandi linee, ciò che avrebbe trovato una volta giunti a destinazione. Non che vi fosse nulla di esorbitante nella mia abitazione, però, volevo assicurarmi che anche lui fosse felice, all’idea di ciò che lo attendeva.
Il resto del viaggio andò decisamente alla grande. Andy aveva spulciato in mezzo a tutti i CD che tenevo in macchina, facendo diversi apprezzamenti sulla musica che ascoltavo e finendo per esaudire un mio altro desiderio. Quello di cantare per me, una delle sue canzoni.
Non a caso, il tempo sembrò volare in sua compagnia e, quando parcheggiai nel cortile, fui un po’ dispiaciuta, che quel momento solo nostro si fosse già concluso. Eppure, mi auguravo di avere persino istanti migliori con lui, nelle ventiquattr’ore a venire. Degli attimi che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.
Scesi lentamente dalla vettura, aspettando che pure lui imitasse il mio gesto e facendogli strada verso il portoncino principale del condominio. Lo aprii pacatamente, cominciando a salire la scala in completo silenzio e venendo seguita a ruota dal giovane che, come una sorta di bravo bambino, non fiatò nemmeno, fin quando non varcammo la soglia del mio appartamento. Grazie al cielo, aveva avuto il buon senso di non fare rumore sull’androne. Altrimenti, avrebbe svegliato tutti i vicini.
Dopo un giro veloce delle varie stanze, lasciai che il mio ospite occupasse il bagno, approfittandone per preparargli il posto in cui avrebbe passato la notte. Così, senza indugiare oltre, andai in soggiorno e aprii il grande divanoletto, sistemandolo con cuscini e coperte puliti e rendendolo il più presentabile possibile. Avendo già avuto l’occasione di dormirci duo o tre volte, potevo dire con certezza che fosse molto comodo e, per una sola persona, anche fin troppo spazioso.
All’improvviso, l’esile e alta figura di Andy apparve sulla soglia, richiamando immediatamente la mia attenzione. Il pesante trucco che gli cerchiava gli occhi era scomparso e gli eccentrici abiti di scena, che aveva indossato durante il concerto, avevano dato spazio ad un paio di pantaloni pesanti di una vecchia tuta invernale e ad un’ampia maglia, con il logo di Batman al centro.
«Non immaginavo, che Mr. Biersack usasse una simile tenuta notturna.».
«Un supereroe non smette mai di esserlo, nemmeno agli orari più insoliti ed improbabili!». Esalò con espressione fiera, picchiettandosi un pugno leggero contro il petto e scoppiando poi a ridere, cercando però di trattenersi. Non avrei mai immaginato, che un tipo come lui fosse così, nella sua vita privata. Sembrava un bambino mai cresciuto, sotto certi aspetti, e ciò non mi dispiaceva affatto. D’altronde, anch’io conservavo un lato ancora fanciullesco dentro di me.
Ridacchiai, scuotendo il capo con fare divertito e portandomi successivamente le mani sui fianchi, assumendo un’aria soddisfatta. Ora che tutto era sistemato, potevo finalmente andare a riposare, dopo un’intera giornata passata in piedi, fuori al gelo.
«Bene … signor Batman, il suo letto è pronto. Faccia pure come se fosse a casa sua.».
Senza farselo ripete due volte, si gettò sul materasso, lasciando ricadere le scarpe al suolo ed immergendosi poi sotto le coperte, facendo sbucare solo la testa corvina e gli occhi cerulei. Sembrava trovarsi a proprio agio e quella era la cosa più importante.
«Grazie mille. Ti stai sbattendo tanto per me. Sono in debito.».
«E’ il minimo che possa fare, no? Che razza di fan sarei stata, se non ti avessi aiutato in un momento di difficoltà?».
«Ma io mi sto riferendo a te come persona, non come fan. E, credimi, nel mio mondo, di gente così ce n’è davvero pochissima. Direi pure che sia inesistente.». Esalò con voce bassa, accentuando maggiormente il suo tono roco e sensuale ed abbozzando un sorriso nella mia direzione, attirandosi lo stesso gesto da parte mia. Magari, stavo impazzendo, tuttavia, percepii quel complimento, come se fosse stato un normale ragazzo a farmelo e non uno dei miei idoli. In fondo, prima di essere un cantante famoso, lui era molto di più. Era Andy. Andy e basta.
«Beh … direi che, adesso, sia meglio andare a dormire. Buonanotte.».
«E buonanotte sia, Rory.». Sussurrò piano, allungando un braccio per spegnere la luce, mentre abbandonavo la stanza, chiudendo la porta alle mie spalle. Sebbene fosse stato costretto ad accamparsi nel nostro salotto, volevo garantirgli il massimo della privacy.
Mi stiracchiai pigramente, andando subito in bagno a cambiarmi e fiondandomi poi nella mia camera, permettendo al letto di risucchiarmi completamente. Mi tirai il piumone fino al mento, volgendo lo sguardo sul soffitto ed avvertendo il mio cuore battere all’impazzata. Nonostante l’evidente stanchezza, al pensiero che il giovane stesse trascorrendo la notte sotto il mio stesso tetto e a pochi metri da me, mi metteva una certa agitazione addosso. Però, se non volevo ritrovarmi con due enormi occhiaie, il mattino dopo, avrei dovuto fare uno sforzo e assecondare Morfeo.
Così, seppur riluttante, calai lentamente le palpebre sulle iridi nocciola, tentando in ogni modo di calmarmi, con scarsi risultati. Avevo paura. Temevo che, se avessi ceduto al sonno, al mio risveglio, avrei scoperto che si fosse trattato solamente di un sogno. Certo, un sogno bellissimo ma, almeno per una volta, volevo che fosse realtà.




A/N: Eccomi qui, con il nuovo aggiornamento. Sebbene abbia solo ricevuto una recensione, riguardo a quello scorso, spero che, almeno per questo, possa sapere cosa ne pensiate. E, chissà, magari i vostri commenti mi aiuteranno a migliorare, dove possibile :)
Detto ciò, mi auguro che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e sono curiosa di sapere come, secondo voi, potrebbe proseguire la storia. Pareri, critiche e pensieri sono sempre tutti ben accetti.
Alla prossima e grazie di cuore a chi dedicherà qualche minuto del suo tempo per me e la mia storia, lasciandomi magari un piccolo segno del suo passaggio <3

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Capitolo 4
*** Quarta parte ***


Il giorno seguente, mi alzai presto e mi precipitai immediatamente in bagno, portando con me dei vestiti puliti e fissandomi successivamente allo specchio, con aria critica. A causa delle scarse ore di riposo, si vedeva lontano chilometri che non fossi in perfetta forma però, con l’aiuto di un buon correttore e di un velo di fondotinta, sarei tornata come nuova. Alla fine, sarebbe stato stupido, nascondere l’evidenza. Volevo fare bella figura e non mi biasimavo per quello, sapendo che molte ragazze avrebbero fatto lo stesso, al mio posto.
Dopo una calda doccia rigenerante, mi preparai al meglio, abbandonando poi la stanza e andando a controllare se qualcuno fosse già sveglio. Per mia fortuna, dormivano ancora tutti ed, essendo sabato, mio padre avrebbe trascorso il weekend a casa, così da poter fare la conoscenza di Andy. Sebbene non avesse una buona opinione del suo stile, mi auguravo che potesse apprezzarlo come persona, se non altro.
Senza perdere ulteriore tempo, mi rifugiai in cucina, adoperandomi subito a preparare un ottimo pasto mattutino e chiedendomi come dovessi comportarmi, una volta finito. Non volevo andare a svegliare il mio ospite di proposito, però, servirgli del cibo freddo sarebbe stato poco carino, soprattutto dopo la fatica che avevo fatto per cucinare qualcosa che potesse piacergli.
Ci riflettei su per svariati istanti, decidendo, infine, di provare a chiamarlo. Così, seppur titubante, appoggiai ogni pietanza su un pratico vassoio, avviandomi successivamente in salotto ed aprendo lentamente la porta, dopo aver bussato un paio di volte, non ottenendo alcuna risposta. Avendo fatto le ore piccole, la sera precedente, non osavo immaginare quanto potesse essere stanco, soprattutto al pensiero che un intenso tour dovesse essere molto più che spossante.
Adagiai tutto sul tavolo, spostandomi poi di fronte al divanoletto e restando immobile a fissare la figura del moro, completamente assorta nel mondo dei sogni. Avendo la certezza che, un simile momento non mi si sarebbe più ripresentato, sarebbe stato sciocco non approfittarne. E, in ogni caso, le mie non erano di sicuro brutte intenzioni.
Mi sedetti sul bordo del materasso, mordendomi nervosamente il labbro inferiore e tenendo lo sguardo fisso sul viso del giovane che, grazie alla luce che filtrava dai fori delle tapparelle, pareva quasi risplendere. Era incredibilmente bello, anche mentre dormiva, che sembrava una sorta di angelo caduto. Sarebbe stato un vero peccato, strapparlo dalle braccia di Morfeo però, seppur egoisticamente, avevo il bisogno di perdermi nei suoi occhi. Desideravo che, almeno un solo giorno nella sua vita, fossi io la prima cosa che avrebbe visto al suo risveglio.
«Andy …». Sussurrai dolcemente, picchiettando delicatamente le dita sulla sua spalla ed avvertendo il suo corpo muoversi sotto di essa, rigirandosi pigramente tra le coperte e costringendomi ad allontanare velocemente la mano ed a scattare in piedi. Non volevo che si facesse strane idee, o che si arrabbiasse perché, in qualche modo, avevo invaso il suo spazio.
Il cantante si grattò la nuca fiaccamente, emettendo un sonoro sbadiglio e schiudendo lentamente le palpebre, lasciando che le profonde pozze d’oceano s’affacciassero sul mondo e si soffermassero su di me, togliendomi il respiro. Mi sentivo tremendamente stupida, a reagire in quel modo, come se fossi ancora una ragazzina.
«Oh, buongiorno! Come stai? Io ho dormito da re! Non riposavo così bene, da mesi!».
«Buongiorno … ecco, scusami se ti ho svegliato, però … ehm … la colazione è pronta ed io …».
«Non devi mica giustificarti. Anzi, hai fatto bene. Se avessi aspettato che mi alzassi spontaneamente, sarebbero passati anni.». Esalò tranquillamente, accennando una risata e tirandosi su a sedere, stiracchiandosi energicamente. Per fortuna, aveva compreso le mie buone intenzioni. «Comunque, grazie mille. Non avresti dovuto darti così tanto da fare, per me. Mi sarei accontentato, pure di una semplice tazza di caffè.». Sorrise allegramente, passandosi una mano tra i capelli corvini ed alzandosi con uno scatto, mentre sollevavo le persiane, permettendo alla luce d’invadere la stanza. Sebbene la notte fosse stata serena, la neve di due giorni addietro era ben lontana dallo sciogliersi e riscoprire i verdi prati e i numerosi tetti delle case.
Presi posto su una sedia, facendo segno al giovane di sedersi e scrutandolo seguire il mio esempio, accomodandosi di fronte a me. Nonostante mi si fosse chiuso lo stomaco per l’agitazione, avevo deciso lo stesso di sgranocchiare qualcosa in sua compagnia. D’altronde, lasciarlo mangiare da solo, non sarebbe stato per niente carino. Senza contare il fatto che volessi trascorrere più tempo possibile con lui, dato che mi sembrava fosse una certezza, che avrei avuto a disposizione solamente una giornata.
«Ci mancherebbe, l’ho fatto volentieri. Quando tornerai alla tua vita, non voglio che tu abbia un brutto ricordo di me.».
«Sarebbe impossibile, non dopo la gentilezza e l’accoglienza che hai dimostrato nei miei confronti.». Rispose semplicemente, cominciando a divorare tutto quello che avevo preparato ed assumendo un’espressione sempre più soddisfatta ad ogni boccone che ingoiava. Perlomeno, sembrava appezzare parecchio le mie doti culinarie e ciò mi mise maggiormente di buonumore.
Il resto della mattina bruciò fin troppo in fretta e, dopo che il moro si fece una doccia calda e conobbe mio padre, l’ora di pranzo arrivò in un battibaleno. Sotto richiesta del nostro ospite, ordinammo delle pizze, che si premurò lui stesso di offrirci, per sdebitarsi in qualche modo e che, a detta sua, fossero davvero la fine del mondo. In fondo, non mi era difficile credergli, poiché ero fermamente convinta che, per avere il piacere di gustare dell’ottimo cibo italiano, bisognasse farlo cucinare a qualcuno nato e cresciuto nel Bel Paese.
Una volta finito di consumare il nostro pasto, il cantante mi propose di uscire un po’ all’aria aperta, così da poter fare qualcosa di rilassante. Fortunatamente, risiedendo fuori città, il posto dove abitavo era abbastanza tranquillo e, per una qualsiasi star, era sicuramente un vantaggio.
Così, indossammo le nostre giacche e, dopo esserci coperti abbastanza, abbandonammo l’edificio, incamminandoci lungo la via e chiacchierando allegramente, come se fossimo amici di vecchia data. Se me l’avessero domandato anche solo una settimana prima, non avrei mai scommesso un centesimo su ciò che stava accadendo. Eppure, stava succedendo sul serio. Quindi, forse, i sogni potevano davvero avverarsi per qualcuno.
Una volta fatto un giro in centro, decisi di mostrare al ragazzo un luogo a me caro, spiegandogli brevemente dove si trovasse e venendo seguita a ruota da lui, che sembrava parecchio curioso. Non era nulla di speciale, però, era pieno di bei ricordi, che mi avrebbe fatto piacere condividere con lui.
Imboccammo una stradina asfaltata da poco, percorrendola quasi completamente ed oltrepassando alcune abitazioni, compresa quella dove, molti anni addietro, vivevo con la mia famiglia. Ma non era quella la destinazione che avevo in mente.
Dopo l’ultima casa della via, aveva inizio un sentiero sterrato, che conduceva ad una sorta di bosco, dove si ergeva un immenso prato, accanto ad un piccolo corso d’acqua. E fu lì, che ci ritrovammo io e il giovane, una manciata di minuti più tardi.
«Wow! Quindi, qui è dove trascorrevi le tue giornate? Bel posticino appartato, direi.». Ridacchiò, guardandosi intorno stupito ed allargando le braccia come se, con quel gesto, potesse catturare l’intera zona che lo circondava.
«Sì, da bambina mi piaceva andare all’avanscoperta. Prendevo la bicicletta e sfrecciavo lungo la strada che abbiamo fatto noi, nascondendomi, infine, in mezzo alle piante. Lontana dagli altri. Solo in compagnia di me stessa. Non so, mi piaceva …».
«A quell’età, anch’io ero solito fare cose del genere. Non riuscivo mai a sentirmi compreso da nessuno, così, scappavo e mi rifugiavo nel mio posto segreto, dove le cose erano migliori.». Esalò pacatamente, allargando le labbra in un sorriso ed appoggiandosi contro il muretto del ponticello. Sebbene sapessi che, durante la sua adolescenza, avesse avuto diversi problemi da superare, non credevo che persino la sua infanzia fosse stata difficile. Oltre ogni mia aspettativa, si stava rivelando talmente simile a me che, nelle sue parole, mi riconobbi immediatamente.
Mi strinsi nella calda giacca, volgendo la mia attenzione al piccolo fiumiciattolo e scrutando il mio riflesso sulla lastra gelata. Evidentemente, se il destino aveva deciso di portare Andy nella mia esistenza, anche se solo per un giorno, doveva pur significare qualcosa. Forse, ogni cicatrice che segnava le mie battaglie perse, ma affrontate sempre a testa alta, mi stava ripagando in qualche modo. Interi anni d’Inferno, per ventiquattr’ore di Paradiso.
All’improvviso, la voce profonda del moro mi riportò alla realtà, chiamandomi gentilmente e costringendomi a voltarmi nella sua direzione.
«Non voglio vedere musi lunghi, oggi. Coraggio!». Esordì allegramente e, non appena i miei occhi si posarono su di lui, una soffice sfera di neve mi sfiorò il braccio, andando a frantumarsi al suolo, a pochi metri di distanza da me.
Spalancai la bocca incredula, scoppiando successivamente a ridere e preparandomi a contrattaccare, mentre il cantante sghignazzava divertito. Se quello era ciò che voleva, sarebbe stata guerra.
«Biersack, hai una pessima mira! Ora ti faccio vedere io come centrare un bersaglio!». Urlai appena, dandogli qualche secondo di vantaggio per scappare e lanciando poi la palla, colpendolo perfettamente sulla schiena e dando il via ad una vera e propria battaglia. Era incredibile come, con un semplice gesto, fosse stato in grado di ribaltare il mio umore, facendomi dimenticare i brutti pensieri e il resto del mondo.
Dopo svariati minuti di cui persi praticamente il conto, ci ritrovammo stesi a terra, in mezzo alla neve, con lo sguardo rivolto verso il cielo chiaro ed un leggero fiatone. A quanto pareva, nessuno dei due era più abituato a fare certi giochi, tipici dell’infanzia.
Ripresi lentamente il respiro, girandomi verso di lui e venendo catturata da un lieve bagliore, proveniente dal gioiello che portava al polso. Non miravo ad essere indiscreta, però, avevo il disperato bisogno d’intavolare una nuova conversazione con lui. Volevo lasciarmi cullare dal suono della sua voce.
«E’ davvero bellissimo, il tuo bracciale. Hai buon gusto.».
«Oh, in realtà, mi è stato regalato da una persona a me molto cara, prima che morisse. È una delle poche cose materiali, che mi è rimasta di lei …». Sussurrò appena, abbozzando un sorriso ed assumendo un’espressione triste, che non gli si addiceva troppo. Mi sentivo in colpa per aver beccato proprio un simile argomento e, quando il ragazzo propose di cambiare discorso, gliene fui molto più che grata. Odiavo vederlo infelice. «Ma, piuttosto, raccontami qualcosa di te. Tu conosci molte cose della mia vita ma io, di te, non so quasi nulla.».
«Se proprio ci tieni, ok. Però, ti avviso che, con tutta probabilità, ti annoierai.».
«Scommettiamo di no?». Incrociò le braccia al petto, accennando una risata divertita e lasciando che i suoi occhi cristallini s’incrociassero coi miei, in un gesto naturale, che mi spinse ad iniziare il riassunto della mia esistenza. Gli narrai dei rapporti che avevo con la mia famiglia, del palese distacco dei miei genitori, delle torture che ero stata obbligata a sopportare quando andavo a scuola e dei problemi che ciò che mi aveva causato. Gli rivelai alcuni dei miei pensieri più intimi, i miei segreti e gli scheletri che giacevano nel mio armadio. Non tralasciai niente, o quasi.
Lui mi ascoltò attentamente, senza interrompermi una sola volta e, quando conclusi finalmente il mio monologo, quello che disse mi spiazzò, facendomi perdere un battito e spingendomi a chiedermi se avessi sentito davvero bene, o stessi fantasticando un po’ troppo.
«Mi dai il permesso di scriverci una canzone?».
 
 
 
 
A/N: Come promesso, sono tornata con la quarta parte. Come potrete notare, i due giovani iniziano ad entrare un po’ più in confidenza e, chissà, che questo non possa gettare le basi per una buona amicizia futura. Voi cosa ne pensate? Cosa potrebbe accadere nel prossimo capitolo?
Mi piacerebbe molto leggere qualche vostra recensione, per conoscere le vostre idee e capire se la storia è di vostro gradimento, così da vedere se sia il caso di continuare a postare :)
Grazie comunque a chi sta seguendo questo mio scritto sin dall’inizio <3

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Capitolo 5
*** Quinta parte ***


Sgranai gli occhi quasi innaturalmente, scuotendo leggermente il capo allibita e torturandomi successivamente il piercing che portavo al labbro inferiore. Se quello era un sogno, pregavo che nessuno mi svegliasse mai.
«No, frena … è uno scherzo, vero?».
«Perché dovrebbe? Sono serio, lo giuro. È che la tua storia mi ha colpito molto, assomiglia alla mia per certi versi, e non merita di restare taciuta. Chissà, magari, potrebbe aiutare qualcuno nella tua stessa situazione, a continuare a lottare.». Spiegò semplicemente, allargando le labbra in un sorriso e tirandosi su a sedere pigramente. In effetti, non mi sarebbe dispiaciuto poter dare una mano a chi, come me, stava tentando di uscire vivo dall’Inferno. Forse, non sarebbe cambiato niente, tuttavia, fare un tentativo non costava nulla.
«Ok, accetto! Sono sicura che sarà bellissima, come le altre, d’altronde. Non vedo già l’ora di ascoltarla!». Ridacchiai divertita, imitando la sua posizione ed annuendo con decisione alle mie stesse parole. Così facendo, quella canzone avrebbe sempre ricordato al giovane della mia esistenza e della giornata passata insieme. «Senti … ma non è che, per caso, a Juliet darà fastidio?». Chiesi senza preavviso, aggrottando appena le sopracciglia e rendendomi conto di aver rimosso completamente la figura della bionda dal mio cervello, fino a quel momento. Eppure, a menzionare il suo nome, mi accorsi che qualcosa non quadrasse. Da quando avevo accolto Andy in casa mia, non l’avevo visto mandare sms e chiamare nessuno.
Il moro si sbatté una mano sulla fronte, sbuffando sonoramente e recuperando subito il proprio cellulare, attivandolo prontamente e venendo tempestato da numerosi messaggi, che potei notare grazie all’incessante vibrazione, che pareva non avere fine.
«Cazzo! Dopo che, ieri, ho parlato col mio manager, ho spento il telefono e mi sono dimenticato di riaccenderlo! E, adesso, chi la sentirà Juliet? Maledizione!».
Non fece in tempo a concludere la frase che, come se avesse origliato i nostri discorsi, la suoneria iniziò a squillare insistentemente, costringendo il cantante a rispondere. Avevo un’idea precisa su chi si celasse all’altro capo della linea e la voce che udii confermò i miei dubbi. Ovviamente, si trattava proprio della ragazza e sembrava anche piuttosto arrabbiata.
Per non disturbare, mi alzai silenziosamente, facendo cenno ad Andy che mi sarei allontanata e raggiungendo nuovamente il piccolo ponticello, sedendomi sul bordo del muretto. Nonostante un normale pizzico di curiosità, non volevo immischiarmi nei suoi affari privati e passare per un’impicciona. Lui aveva la sua privacy ed io non ero nessuno per infrangere tale soglia.
Affondai il viso nella kefiah che mi circondava il collo, al posto di una classica sciarpa, sospirando impercettibilmente e torturandomi inconsciamente le unghie, finendo per rovinare lo smalto nero che le ricopriva perfettamente. Per quanto sapessi bene che il giovane fosse già impegnato, ogni volta che pensavo alla fortuna che avesse la sua fidanzata nel stargli accanto, una punta di gelosia, mista ad invidia, colpiva il mio cuore dritto al centro. Eppure, la cosa che più desideravo era che il mio idolo fosse felice.
Io avevo avuto un regalo già troppo grande, potendolo ospitare a casa mia, che chiedere altro sarebbe stato solamente da ingrati. Il fato mi aveva donato quegli istanti indelebili e, quando sarebbero giunti al termine, avrei dovuto farmi da parte e riprendere con la mia solita vita.
Mentre mi crucciavo su quel tipo di pensieri, il cantante apparve davanti a me, facendomi sussultare e fissandomi con espressione seria.
«Perché te ne sei andata?».
«Perché non è carino origliare le conversazioni private altrui. Era giusto che ti lasciassi in pace, almeno durante una telefonata così importante.». Spiegai brevemente, limitandomi a fare spallucce ed attirandomi un sorriso da parte sua. Magari, aveva capito il mio punto di vista.
«Ti ringrazio, ma non ce n’era bisogno. Mi sono solo preso una bella sfuriata e giustamente, direi. Però, mi era davvero passato di mente di riaccendere il cellulare. Beh … pazienza. Tempo un paio di giorni, che Juliet sbollisca, e faremo di nuovo pace.».
«A-avete litigato pesantemente? Non so, avrebbe potuto provare a comprenderti. In fondo, non l’avevi mica fatto di proposito.». Mormorai appena, scattando in piedi ed avviandomi verso la mia abitazione, venendo seguita prontamente dal ragazzo, che sembrava piuttosto sereno e tranquillo, nonostante la discussione che l’aveva visto protagonista. Evidentemente, era realmente sicuro che tutto si sarebbe sistemato.
Dopo diversi minuti di silenzio, la voce roca del giovane americano infranse l’aria, cogliendomi di sorpresa con la sua domanda. A quanto pareva, la sua curiosità non aveva limiti o, forse, desiderava soltanto parlare con me di qualcosa.
«E tu, invece? Non hai una persona speciale accanto?».
«La mia ultima ex si era rivelata una stronza, quindi, sono single. Tuttavia, credo di essermi innamorata di qualcuno che, però, indovina? Non ricambia. Mi sa che Cupido si diverta un mondo a sbagliare mira, quando si tratti di me.». Esalai sinceramente, accennando una risata e stringendomi nelle spalle. Non ero mai stata fortunata nelle relazioni. Avevo l’incredibile capacità d’immischiarmi con gente che, col tempo, si stancava di me o, peggio ancora, finivo col soffrire d’amore non corrisposto.
Il cantante si voltò nella mia direzione meravigliato, accendendosi successivamente una sigaretta e portandosela alle labbra. Dovevo averlo lasciato incredulo, con la mia dichiarazione.
«Oh, wow! Non fraintendermi, ma non pensavo ti piacessero l’esponenti del gentil sesso. Cioè, non so perché, avevo dato per scontato che …».
«Infatti, non è proprio così. Uomini o donne, non c’è differenza, quando a parlare è il cuore. Diciamo che sono di larghe vedute.». Proferii allegramente, attirandomi un sorriso ed un cenno d’assenso da parte sua e percorrendo gli ultimi metri che ci separavano dalla via dove vivevo. D’altronde, ero certa che lui avrebbe compreso e non mi avrebbe giudicata.
Quando giungemmo finalmente a destinazione, si era già fatto buio, sebbene fossero passate da poco le diciannove. Però, non c’era da stupirsene. In inverno, la luce del Sole andava via troppo presto, impedendo così, alla gente, di godersi pienamente la giornata.
Senza perdere altro tempo, ci adoperammo a preparare la cena, nonostante le mie continue insistenze nel voler fare tutto da sola. Non volevo che il mio ospite si facesse in quattro quando, invece, avrebbe dovuto riposare e rilassarsi. Ma, alla fine, cedetti alle sue richieste. Aveva così tanta voglia di darmi una mano e di rendersi utile, che mi fu impossibile dirgli di no. Di quel passo, le sue maledette iridi d’oceano mi avrebbero convinta a compiere qualsiasi cosa, mandandomi alla rovina.
In compenso, dovetti ammettere che, cucinando in due, si era decisamente più veloci e il giovane si rivelò anche parecchio bravo. Così facendo, riuscimmo a mangiare nel giro di una quarantina di minuti e, dopo aver consumato l’ottimo pasto che avevamo creato con le nostre mani, ci appostammo di fronte alla tv. Sebbene, per me, quello fosse una sorta di rito abituale, in quel caso non sarebbe stata esattamente la stessa cosa. Con me c’era Andy e, dopo quella sera, dubitavo che sarei stata di nuovo in grado di vedere quella stanza con gli stessi occhi.
Afferrai il telecomando, passandolo successivamente al moro e lasciando che fosse lui a scegliere cosa guardare. In alternativa, avrei potuto proporgli uno dei miei film in DVD, cosa di cui ce ne fu bisogno. Per mia fortuna, di tutti i titoli che gli esposi, la sua attenzione venne richiamata da un lungometraggio horror, che fui pure io ben lieta di seguire, siccome ero un’amante incallita di quel genere.
Le ore trascorsero fin troppo in fretta e, quando me ne accorsi, si era già fatto tardi. Non riuscivo a crederci eppure, tra commenti agli attori, risate e battute di ogni tipo, il tempo era praticamente volato. Quindi, anche se a malincuore, mi vidi costretta a porre fine a quella piacevole compagnia. Avrei voluto poter restare ancora un po’ con lui, ma sapevo che, prima o poi, avrei dovuto lasciarlo andare comunque.
Mi alzai dal divanoletto, stiracchiandomi pigramente e puntando successivamente il mio sguardo sulla figura del cantante. Non pareva aver molta voglia di andare a riposare, però gli conveniva farlo, data l’intensa giornata che l’attendeva al suo risveglio.
«Andy, mi spiace dover fare la guastafeste, ma credo sia meglio andare a dormire. Domani, dobbiamo alzarci presto, se non vuoi perdere l’aereo.».
«Cavolo, hai ragione. Mi stavo abituando a questa “vacanza” che, al pensiero che dovrò riprendere il tour così presto, mi sento già distrutto.». Esalò scherzosamente, ridacchiando divertito e spegnendo il televisore, appoggiando poi il telecomando sul tavolino poco distante. Se, per lui, sarebbe stata dura riprendere le sue abitudini da rockstar, dal canto mio, sarebbe stato un Inferno, tornare alla mia solita vita. D’altronde, una volta assaggiato il Paradiso, non se ne aveva mai abbastanza. Si diventava insaziabili, come se si fosse schiavi di una sorta di dipendenza.
«Buonanotte, Andy, mh?». Sussurrai dolcemente, allargando le labbra in un sorriso e dirigendomi poi verso la porta, venendo però bloccata sulla soglia dalla sua voce, che mi richiamò quasi in un bisbiglio. Evidentemente, aveva ancora qualcosa da aggiungere, prima di permettermi di congedarmi.
«Sai, mi piacerebbe molto poter vivere in un posto così tranquillo. Los Angeles è meravigliosa ma, se si è alla ricerca della calma, non è per niente adatta.».
«Beh … potresti sempre acquistare una casa da queste parti, in modo da poterci venire quando ne hai voglia.». Risposi semplicemente, voltandomi nella sua direzione ed appoggiandomi con la schiena contro lo stipite ligneo, attendendo che proseguisse. Dubitavo che mi avesse trattenuta per quel motivo.
Il giovane annuì fugacemente, puntando gli occhi su di me ed assumendo un’espressione seria. Avevo indovinato. Stava per tirare fuori il vero discorso, che avrebbe voluto menzionare sin da subito.
«Senti Rory … cosa posso fare per sdebitarmi? Tu sei stata davvero gentilissima, ospitandomi senza rifletterci nemmeno un paio di volte.».
«Non rendendotene conto, hai già fatto molto, credimi. Hai esaudito uno dei miei due più grandi desideri, andando persino ben oltre alle mie aspettative. Sei qui, ti ho conosciuto e ho trascorso un’intera giornata con te. Questo mi basta.». Esalai con una dolcezza che difficilmente mostravo agli altri, ammettendo candidamente ciò che pensavo a riguardo e stringendomi successivamente nelle spalle. L’ultima cosa che volevo, era che lui si sentisse in obbligo nei miei confronti. In fondo, non ne aveva motivo. Mi aveva già donato dei ricordi indelebili e meravigliosi, in sua compagnia.
«E quale sarebbe il tuo secondo desiderio?».
«Come, scusa?».
«Hai detto che, con questa vicenda, si è avverato uno dei tuoi sogni. L’altro qual è? Magari, potrò aiutarti in qualche modo.». Proferì pacatamente, arrivando dritto al punto e facendomi sentire leggermente in imbarazzo. Per quanto, una parte di me volesse rivelargli quel piccolo segreto, la mia razionalità ebbe fortunatamente la meglio.
«Dubito possa servire a qualcosa, parlarne. Sappi solo, che si tratta di una cosa che non potrò mai avere. Ma va bene così. Ho già avuto più di ciò che mi spettasse.». Mormorai con un filo di voce, facendo spallucce ed impedendogli di aggiungere altro, chiudendo lì quella conversazione. Non potevo rischiare che capisse più del dovuto. «E, adesso, nanna. Buonanotte.». Sussurrai per l’ultima volta, spegnendo la luce e sbrigandomi ad abbandonare la stanza. In quelle ventiquattr’ore trascorse con lui, mi ero confessata come mai in vita mia. Però, almeno un piccolo scheletro nell’armadio volevo conservarlo.
 
 
 
 
A/N:Come promesso, sono tornata con il seguito. Purtroppo, mi spiace annunciarvi che questo sarà il penultimo capitolo, se così vogliamo chiamarlo. Però, come avevo anticipato all’inizio della storia, questa ff è nata come OS e, di conseguenza, è normale che si concluda così presto. Tuttavia, prometto che, appena mi sarà possibile, scriverò un sequel. E, se riceverò abbastanza consensi da voi, potrei anche decidere di pubblicarlo :)
Detto ciò, spero comunque di ricevere qualche altra piccola recensione anche a questa quinta parte, giusto per sapere, secondo voi, cosa succederà nella prossima.
Come sempre, ringrazio nuovamente tutti quelli che mi stanno seguendo silenziosamente e non <3

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Capitolo 6
*** Sesta parte ***


A/N: Prima di lasciarvi alla sesta parte, volevo annunciare che, purtroppo, si tratta dell’ultimo capitolo di questa OS. Come anticipato la volta scorsa, con ogni probabilità, penso che scriverò un sequel. Tuttavia, non sarà una cosa immediata, come potrete ben immaginare. Però, se vi farebbe piacere leggerlo in un futuro non molto lontano, sarei ben lieta di postarlo, sotto vostra richiesta :)
Detto ciò, credo sia meglio non dilungarmi troppo. Ringraziamenti e saluti li troverete alla fine.
Ed, ora, buona lettura!
 
 
 
 
Il mattino seguente, ci alzammo tutti presto, siccome il cantante era stato costretto a prenotare il primo volo della giornata, se voleva arrivare in tempo in Inghilterra. Se non altro, quando i suoi compagni della band e lo staff lo avrebbero rivisto, si sarebbero subito resi conto di quanto apparisse riposato. Evidentemente, quella breve vacanza aveva sortito degli effetti positivi su di lui.
«Andy, hai controllato di non aver dimenticato niente?».
«Sì, ho preso tutto. Per fortuna, che le altre valige sono già a Londra.». Esalò allegramente, accennando una risata ed uscendo sul pianerottolo, aspettando che lo raggiungessi. Chissà, come il suo manager lo avrebbe alzato di peso, quando si sarebbero rincontrati. D’altronde, il moro era praticamente scappato senza dirgli nulla, lasciandogli il resto dei bagagli e portando con sé solo lo stretto necessario. Ovvero, un borsone con un paio di vestiti di ricambio e degli oggetti essenziali.
Chiusi a chiave la porta d’entrata, scendendo velocemente le scale e venendo seguita a ruota da lui. Una volta fuori dal condominio, salii in macchina su uno dei sedili posteriori e vedendo il giovane fare lo stesso, accomodandosi al mio fianco. Siccome non ero molto pratica di Milano, mio padre si era offerto di guidare al mio posto e non potevo che essergliene grata. In quel modo, avrei avuto ancora alcuni minuti da poter trascorrere insieme al mio ospite.
Durante il viaggio, il ragazzo mi chiese che canzoni conservassi nel cellulare, mostrandomi successivamente le proprie e lasciandoci andare a svariati commenti su quelle che non rispecchiavano i gusti di entrambi. In parte, mi dispiaceva dover escludere l’uomo dalla conversazione, ma la voglia di dover tradurre ogni frase pronunciata da Andy era pressoché nulla. Senza contare il fatto che, comunque, mio padre non fosse affatto un appassionato di musica. Quindi, sarebbe stato inutile.
All’improvviso, il cantante interruppe bruscamente le note di “Father and Son”, collegandosi ad internet e smanettando velocemente con il touchscreen, prima di voltarsi nella mia direzione, con un sorriso stampato sul volto. Ero pronta a scommettere, che gli fosse venuto in mente qualcosa.
«Senti, Rory … non è che, per caso, avresti Twitter? Così, potremo sentirci ogni tanto. Anche perché, se dovrò scrivere un testo sulla tua storia, avrò bisogno di mantenermi in contatto con te.».
Annuii lentamente, dandogli il nominativo che usavo sul famoso social network e scrutandolo attentamente, mentre mi aggiungeva tra i suoi following. Sebbene glielo avessi visto fare con i miei stessi occhi, non riuscivo ancora a crederci davvero. Sembrava impossibile, eppure, Andrew Biersack pareva realmente intenzionato a mantenere attivo il nostro rapporto.
Dopo una quarantina di minuti, giungemmo a destinazione ed io decisi di accompagnare il giovane, così da potergli tenere compagnia, fin quando non sarebbe dovuto salire sull’aereo. Se mi fosse stato possibile, avrei voluto poter solcare i cieli con lui, però, sapevo che anche quello sarebbe rimasto un desiderio irrealizzabile.
Così, senza perdere altro tempo, entrammo nell’immenso edificio, permettendo alle guardie della sicurezza di controllarci con il metal detector e lasciando che il moro eseguisse le solite istruzioni, come il classico check-in. Era incredibile, come fosse più lunga la durata delle svariate procedure, rispetto all’attesa stessa di per sè.
Quando, finalmente, fummo in grado di raggiungere l’immensa sala d’attesa, riuscimmo solamente a prendere qualcosa da bere ad uno dei bar che si trovava all’interno della struttura, che l’aereo del cantante giunse in perfetto orario, ponendo ufficialmente fine al nostro incontro casuale. Nonostante fossi stata egoista, dovevo ammetterlo, avevo pregato che il suo volo venisse cancellato improvvisamente e posticipato di almeno una settimana.
«Merda … è già arrivato. Purtroppo, mi tocca andare.». Esordì il ragazzo, sospirando impercettibilmente ed adocchiando successivamente il numero del suo gate. Lui doveva partire ed io non avevo nulla che potesse trattenerlo. «Grazie mille per ciò che hai fatto per me. Mi sono divertito molto in tua compagnia e beh … ci sentiamo presto, quindi.».
«Grazie a te. Mi sembra ancora tutto quanto un sogno.». Esalai sinceramente, accennando una risata, che speravo mascherasse la mia evidente tristezza, e stampandomi poi un’espressione felice sul volto. Volevo che l’ultima immagine che avesse di me fosse allegra o, almeno, che lo sembrasse. «Dai, allora fai buon viaggio ed in bocca al lupo per stasera. Sono certa che sarà un concerto magnifico, come sempre, del resto.».
Annuì alle mie parole, allargando le labbra in un sorriso e stringendomi in un abbraccio spontaneo, che mi premurai di ricambiare immediatamente, salutandomi ed avviandosi, infine, in direzione dell’entrata che corrispondeva a quella segnata sul suo biglietto. Ci mise poco a sparire dalla mia vista, lasciandomi con un enorme vuoto tra le braccia ed un profondo buco al centro del petto. Non c’erano più soffici nuvole bianche e cieli azzurri intorno a me. Al loro posto, le fiamme ardenti e l’oscurità di un precipizio si ergevano nuovamente nella mia vita.
Mi strinsi nella giacca, mordendomi il labbro inferiore per trattenere a stento le lacrime ed abbassando lo sguardo con rassegnazione. Però, in quell’istante, qualcosa attirò la mia attenzione, costringendomi a raccogliere il piccolo oggetto che giaceva sul pavimento ed arrestando inconsciamente il mio respiro, non appena compresi l’entità di ciò che tenevo tra le dita. Andy aveva perso la cosa a lui più cara. Il bracciale regalatogli dalla persona che aveva perso tragicamente.
Forse, si trattava di uno strano scherzo del destino ma, comunque, pareva che la sorte volesse girare ancora un po’ dalla mia parte. Con quel cimelio tra le mani, la mia speranza si riaccese di colpo. Per riprenderselo, il cantante sarebbe dovuto tornare da me e, fino a quel momento, avrei custodito io quel dono prezioso. Finalmente, dopo anni, riuscivo a vedere uno spiraglio di luce in fondo al tunnel.
 
 

The End

 
 
 
 
A/N:Adesso, che siete giunti davvero alla conclusione, penso sia mio dovere ringraziare un po’ di persone, perché ci tengo molto a far sapere loro, quanto abbia apprezzato la loro partecipazione, nonostante non sia affatto brava in questo tipo di cose xD
Il mio primo grazie in assoluto, va’ alla mia migliore amica, senza la quale, per me, scrivere non avrebbe lo stesso significato. Sebbene non sia iscritta al sito, legge da una vita ogni mio pessimo racconto, anche quelli che non ho pubblicato, e corregge persino i miei errori e le mie sviste xD quindi, che dire, dovrebbero farla santa, come minimo *-* xD
Nonostante i miei scleri, i pasticci che combino e tutto il resto, lei continua a sopportare le mie semplici storie e a supportarmi, sempre e comunque, spingendomi ad andare avanti anche quando non riesco a buttare giù neppure una misera riga. E, credetemi, potrei andare avanti per ore a dirvi quanto sia fantastica, ma credo che mi uccidereste xD per cui, la chiudo qui, che tanto lei sa già quanto le sia grata per ogni cosa che fa e, soprattutto, per la meravigliosa persona/amica/sorella che è con me <3
Poi, i miei ringraziamenti vanno a tutti quelli che hanno recensito, (in particolare a BloodlyJane, il mio tessssoro *w*) che hanno solo lasciato commenti carini e questo mi ha riempita di gioia. Grazie di cuore, siete fantastici <3
Per ultimi, però non meno importanti, i miei cari lettori silenziosi che hanno avuto il coraggio di seguire questo scempio fino alla fine, le persone che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/da ricordare e tutti quelli che ancora non l’hanno letta, ma che lo faranno in futuro. Non siete in molti però, come si dice in certi casi, meglio pochi ma buoni u.ù
Grazie infinite a tutti voi <3
Love you, guys! xxx

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