Everything

di MimiRyuugu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything ***
Capitolo 2: *** Everything I Do... ***
Capitolo 3: *** ...I Do It For You ***
Capitolo 4: *** Bring Me To Life ***
Capitolo 5: *** All You Need is Love ***
Capitolo 6: *** You and Me ***
Capitolo 7: *** Like Old Times ***
Capitolo 8: *** I Believe I Can Fly ***
Capitolo 9: *** Are We The Waiting ***
Capitolo 10: *** The Way I Are ***
Capitolo 11: *** Only Yours ***
Capitolo 12: *** Extraordinary Girl ***
Capitolo 13: *** Keep Holding On ***
Capitolo 14: *** We'll Carry On ***
Capitolo 15: *** Nothing's gonna harm you, not while I'm around ***
Capitolo 16: *** I'm So Sick ***
Capitolo 17: *** Take It Easy ***
Capitolo 18: *** Innocence ***
Capitolo 19: *** She is... ***
Capitolo 20: *** I’m a rebel, I’m a saint, I’m a Wyspet, and I’m dangerous ***
Capitolo 21: *** They All Diserve to Die ***
Capitolo 22: *** Everything. ***



Capitolo 1
*** Everything ***


Salve a tutti *-*
ecco che finalmente la Mimi si è decisa a pubblicare anche il continuo da Ultimi Ricordi *-* anche stavolta l'intera fan fiction è raccontata dal punto di vista di Giulia (come in Strage Love).
L'ambientazione è al quinto anno, grazie alla mia memoria traballante però spazierà fra libro e film xD chiedo venia ><
Mi rendo conto che Giulia potrebbe essere considerata in pieno la solita Mary Sue, però io non posso fare a meno di volerle bene, quindi spero che intenerisca anche voi TwT (so che il mio parere non conta perchè 'ogni scarrafone è bello a mamma sua' ma che ci posso fare xD   ps. perdonate il mio pessimo tentativo di proverbio *^*")
Anyway, anche il titolo di questa ficcy è preso da una canzone, che è Everything dei Lifehouse *w* questa fic la scrissi all'inizio della mia "smania dei Tre Uragani", che non immaginavo mi avrebbe fatto produrre così tanto su di loro xD
Ho cercato di correggere eventuali errori grammaticali, mentre il mio stile di scrittura è ancora quello un pò in crescita di anni e anni fa >_< spero gradiate comunque la storia *^*

Avvertenze: l'OOC incombe dietro ad ogni angolo e io lo temo sempre più °A°

Ora scappo e vi lascio al first chapter u.u
Baci, Mimi : *



1° Capitolo

Sabato sera. Sospirai affranta. Anna sbuffava guardando fuori dalla finestra. Hermione guardava il soffitto della stanza, bisbigliando qualcosa. “Io ci provo…” esclamò la prima, dirigendosi verso la porta. “No Anna! Non tornerai viva! Ti manderanno nel suo ufficio…tutto rosa…” la pregò la seconda. Anna però la ignorò, anche se la vedemmo rabbrividire dal disgusto. “Giulia, dille qualcosa!” mi implorò Hermione, mettendosi a sedere sul letto. Io feci spallucce ed Anna uscì convinta. Passarono soltanto dieci minuti e venne catapultata nella stanza. “Ma dico io, non si può nemmeno uscire prima del coprifuoco?!” esclamò stizzita, massaggiandosi il sedere dolorante. “Sono tempi bui questi…in coprifuoco scatta alle 20.00 precise…” sospirò Hermione. “Almeno hai evitato la stanza degli orrori…” la consolai. L’ufficio della Umbridge, anche detta stanza degli orrori. Io ci ero finita almeno una quarantina di volte, se non peggio. Sulle mie mani i segni della tortura inflitta dal quel mostro travestito da confetto rosa. “Che cavolo, Draco è uno dei potenti, uno della Squadra d'Inquisizione! Dovrebbe poter vagare libero per i corridoi...con me!” rimbeccò la ragazza, sedendosi sul letto. “Non dimenticare che sei una dell’Esercito di Silente…” osservò Hermione. “Però intanto il mio Draco sta più con Pansy che con me!” rispose ancora scocciata l’altra. Io sospirai. Anna aveva provato mille volte ad incontrarsi con Draco, ma da quando la Umbridge era diventata preside c’era il divieto perfino di respirare, tranne che in casi davvero necessari. E in più le sue punizioni: Dio solo sa se fossero peggio quelle o il dover entrare nel suo ufficio. Ogni volta che qualcuno contraddiceva una delle sue regole, veniva punito con quella penna malefica. Io dovetti scrivere trenta volte “non devo uscire dopo il coprifuoco”, altre trenta volte “non devo rispondere sgarbatamente”, venti volte “devo comportarmi come si addice ad una signorina” ed infine “non devo andare a trovare gli insegnanti” altre venti volte. In tutto le mie mani erano ricordo di cento scritte. Le prime trenta volte furono quando Gazza mi beccò mentre tornavo su dai Sotterranei; le seconde me le diede perché le avevo risposto male durante una lezione; le successive venti volte furono quando Gazza trovò me ed Anna a suonarle a Millicent Bullstrode nei bagni della scuola; e le ultime venti volte, risalenti ad una settimana prima, mi sono state addebitate quando lo stesso rospo rosa mi ha trovata da Piton, con una tazza di tisana in mano. Comunque, cinquanta su cento erano per lui. Non volevo rinunciare ad andare ad aiutarlo, a stare in sua compagnia. E così ricevevo quello che secondo il confettone meritavo. Ovviamente quella perfida donna non sapeva di altre scappatelle, che devo al caro Draco. Mi ricordo quando, dopo la prima volta che la Umbridge mi chiamò in ufficio, io filai diritta da Piton. Tenevo le maniche della felpa lunghe fino a coprirmi le mani. Piton mi guardava dubbioso, fino a che non si fece avanti. “Signorina Wyspet, ha forse freddo? Non dovrebbe essere abituata al clima dei sotterranei oramai?” mi chiese. “Ne ho solo un po’…” dissi, cercando di essere convincente. Lui mi guardò negli occhi e scosse la testa. “Non sa mentire per nulla bene…” sospirò. Io sforzai un sorriso. “Mi faccia vedere…” mi ordinò. Io guardai in basso, timida. “Avanti…” insistette. Io mi scoprii le mani e lui le guardò accigliato. Lesse la scritta che ancora si leggeva sulla mia pelle. “Quella donna ne sa una più di Lei-sai-chi...” esclamò acido, poi si alzò e prese una boccetta dallo scaffale vicino. L’aprì e iniziò a spalmarmi il contenuto su una mano. Io sobbalzai. “Brucia!” mi lamentai. “Non faccia la bambina…oppure vuole che le ferite le rimangano aperte per almeno un mese?” rimbeccò Piton. “Un mese? Stanno così tanto ad andare via?” chiesi stupita. “Conoscendola signorina Wyspet, quella di oggi non sarà l’ultima volta che verrà convocata in quell’ufficio…” rispose, rabbrividendo nel pronunciare le ultime due parole. Mi mise la pomata anche sull’altra mano, poi rimise apposto la boccetta. “Grazie professore…” dissi, stavolta con un vero sorriso. Lui era ancora girato di schiena. “Stia più attenta la prossima volta…e se deve farsi trovare, almeno faccia in modo che sia Malfoy a sorprenderla…così la passerà liscia…” suggerì. Io risi. Rimasi per tutta la sera a parlare e ad aiutarlo nelle sue pozioni. Da quella sera, ogni volta che entravo nel suo ufficio c’era sempre quella boccetta azzurra sulla scrivania, che puntualmente veniva aperta. Piton mi rimproverò per ogni singolo fatto, ma lo faceva con dolcezza. E più andavo avanti, più mi convincevo che non mi sarei fatta fermare da un rospo rosa. Aimè, da quel fatale sabato sera, il coprifuoco era stato anticipato di un’ora. Anche Anna aveva dato il suo bel filo da torcere alla Umbridge. Draco gliele faceva passare tutte, ma Millicent, dopo la rissa nei bagni, andò diritta dalla rospa ad interpretare una scena strappalacrime in modo da mettere Anna in cattiva luce. Così, oltre che le trenta “devo comportarmi come si addice ad una signorina” che avevo anche io, quella serpe le aggiunse altre trenta “non devo infierire su delle povere creature”. Che, detto tra noi, se la Bulstrode era una povera creatura, io ero una Tassorosso! Comunque, l’unica che non è mai stata toccata dalla penna è Hermione. Si salvava sempre in corner quella ragazza, sputando insulti solo quando la Umbridge era a distanze considerevoli, tipo lei nella Sala Comune e il confetto nel suo ufficio. Non so come facesse Hermione a non insultarla appena la vedeva. Probabilmente merito dell’elevato autocontrollo. Però ora torniamo a noi. Io non andavo nell’ufficio di Piton da una settimana. Lo vedevo soltanto a lezione e non mi bastava. Alla sera le ore non passavano più, mi mancavano le mille boccette, i fumi dei calderoni e…ovviamente sto scherzando. Mi mancavano le chiacchierate, i dibattiti su libri letti, sulla musica, sulle novità. Qualcuno bussò alla porta, distraendomi dai miei pensieri. Hermione sobbalzò. “Avanti…” rispose tremante Anna. La porta si aprì e si richiuse così velocemente che vedemmo solo una cosa arancione che sfrecciava nella stanza. Passati dieci minuti, una ragazzina dai capelli castani e maglia arancione apparve; era la solita Mary Kate, sorella di Anna; frequentava lo stesso anno di Ginny. “Che fai qui?!” esclamò stupita Anna. “Vi prego ho bisogno di un rifugio!” pregò lei, sedendosi sul pavimento tra il mio letto e quello della sorella. “Che hai combinato ancora?” chiese Hermione, sospirando esasperata. “Ero in giro con Ginny e Pansy ci ha beccate…” sintetizzò. “E vi ha rincorso fino a qui?” chiesi stupita. “In verità ci siamo rifugiate nella Sala Comune, poi ci siamo precipitate nei dormitori…Ginny si è buttata in quello del primo anno…” raccontò. “Ora siete in guai grossi…vi aspetta la penna!” disse in tono grave Anna. Mary Kate rabbrividì. Bussarono alla porta e la ragazza si andò a nascondere sotto un letto. “Avanti…” rispose Hermione. Dei capelli rossi fecero capolino da fuori. “È qui Mary Kate?” chiese Ginny. La ragazza uscì da sotto il letto. “Lo sai vero che lunedì, appena metteremo un piede fuori dalla Sala Comune, verremmo uccise?” disse sconsolata la rossa. Mary Kate sospirò, poi un’ombra minacciosa apparve dietro di loro. “Bene…hem, hem….Haliwell e Weasley, venite con me…” le chiamò subito quella irritante voce che nessuno sopportava più. Le due uscirono a testa bassa dalla stanza, mentre il rospo ancora guardava noi. “Haliwell, anche tu!” ringhiò. Anna si alzò dal letto, ma lo sguardo del confettone rosa era ancora fisso, stavolta su di me. “Vedo signorina Wyspet che ha imparato la lezione…ho giusto avuto degli apprezzamenti da un mio collega oggi, per l’ottimo lavoro svolto…” sorrise maligna. “Chi era, un rospo di palude?” sussurrò Anna alla sorella. La Umbridge la fulminò con lo sguardo. “Vedo che la lingua lunga è una malattia contagiosa tra voi…e comunque è stato proprio il professor Piton a farmi i complimenti…non voleva assumersi la responsabilità delle sue malefatte signorina Wyspet…” ghignò ancora la donna. Io la guardai a occhi aperti. “Si spieghi meglio…” le chiesi. “Bhe, mi ha semplicemente detto che ora che lei non gli trotterella più intorno ha meno fastidi…” mi rispose lei. Mi venne un tuffo al cuore. “Non…non è vero! Sta mentendo!” rimbeccai. “Io non mento mai signorina Wyspet…forse una punizione le farebbe tenere a freno quella lingua una volta per tutte…” sbottò la Umbridge. “Il professor Piton non lo avrebbe mai detto!” ridissi. Lei scosse la testa. “Wyspet, venga a far compagnia alle sue amiche… penso che sessanta “non devo contraddire la professoressa Umbridge” le faranno bene…” mi ordinò. Io scesi dal letto e mi aggiunsi al gruppetto. Il confettone chiuse la porta del dormitorio e ci portò con se in un’aula. Ci mise in prima fila e ci consegnò le penne. Assegnò trenta frasi a Mary Kate e Ginny e quaranta ad Anna. A me, come promesso, sessanta. Iniziai a scrivere e sentii la pelle che si lacerava, infierendo ancora sui graffi già presenti. La pomata di solito aveva anche l’effetto di attutirmi il dolore. La Umbridge iniziò a passarci davanti. Io avevo già scritto tre farsi. Mi prese il foglio e lo incenerì con la bacchetta. “Aveva macchiato tutto il foglio di inchiostro…ricominci…” ghignò malefica. Mi passò un altro foglio e ricominciai. Arrivata a sei frasi si ripeté la scena. “Riscriva con una calligrafia leggibile…” sbottò stavolta. Mi passò un altro foglio però appena passò davanti ad Anna, questa, le fece cadere una boccetta d’inchiostro su una scarpa, imbrattando anche tutto il foglio. “Haliwell!” la richiamò. Anna sorrise beffarda. “Ops…dovrò ricominciare…” disse, poi mi fece l’occhiolino. Era arrivata a venti frasi. Quello fu davvero un bel gesto d’amicizia da parte sua. Alla fine, Ginny e Mary Kate finirono un’ora dopo. Arrivata a venti frasi, la mia mano sinistra era un cumulo di graffi e sangue. Non osavo nemmeno guardare in che stato fosse. Anna finì dopo un’ora. Rimasi solo io nella stanza con quella donna malefica. Ed ero soltanto a trenta frasi. Non ce la facevo più. Però non volevo implorare pietà. Non a quell’essere. La porta si aprì e vidi un mantello nero svolazzare. “Oh Severus, Gazza ti ha riferito il mio messaggio dunque?” esclamò contenta il confetto rosa. “Si…di cosa voleva parlarmi?” chiese. Poi si voltò e mi vide. Nascosi la mano sotto il banco e cercai di scrivere. “Andiamo Severus, siamo colleghi, dammi del tu!” disse civettante la donna. “Di cosa voleva parlarmi?” ripeté lui, senza modifiche. “Dunque…mi servirebbe una pozione…” iniziò a dire lei, mettendosi davanti a me. Io guardai Piton, e lei mi prese il foglio e lo squadrò, poi lo incenerì. Mi vennero le lacrime agli occhi. “Non ci siamo Wyspet! Non riesco a leggere nulla!” osservò, maligna. Mi passò un altro stramaledettissimo foglio. “Erano trenta frasi! Se continua a buttarmi via i fogli ci metterò una vita!” risposi, piena di rabbia. “Signorina Wyspet! Come osa rispondermi!” esclamò stizzita. “Scriva e non si lamenti, è quello che si merita!” continuò. Io poggiai la punta della penna sul foglio e sentii il bruciore sulla mia mano. “Questi alunni! Non c’è più rispetto! Dico bene Severus?” squittì la rospa. Lui annuì, così io crollai. “Professoressa…posso…continuare domani?” chiesi, stremata. Lei mi scrutò soddisfatta. “Domani alle 20.00 precise nel mio ufficio…” mi disse. Io mi alzai ed uscii di fretta dall’aula. Iniziai a correre per i corridoi, con gli occhi gonfi di lacrime e le parole di quella malefica donna. Vedevo Severus annuire. Ma era impossibile che le avesse detto quelle cose! Andai a sbattere contro qualcuno. Perfetto, uno della Squadra d’Inquisizione. “Giulia…tutto bene?” mi chiese. Riconobbi la voce e alzai la testa. “Rispondimi, stai bene?” mi chiese ancora Draco. Io annuii poco convinta. Lui si guardò in giro. “Draco, hai trovato qualcosa?” lo chiamò Pansy, dal fondo del corridoio. “No, tutto apposto!” mentì lui. “Andiamo…se sanno che ti copro sono cavoli amari…” disse. Andammo verso la torre di Grifondoro. “Sei arrivata dall’ufficio della Umbridge?” chiese. Io annuii. “Anna mi ha raccontato quello che ti ha detto…l’ho incrociata quando stava tornando in dormitorio…” mi spiegò. Poi notò la mia mano. “Credimi, conosco Piton come le mie tasche, non lo direbbe mai!” cercò di consolarmi. Io feci un debole sorriso. “Eccoci arrivati!” illustrò, indicando la Signora Grassa. “Grazie Draco…” lo salutai. “Dovere!” esclamò, poi tornò al giro. Io entrai ed andai in dormitorio. Hermione dormiva mentre Anna era sul letto a cercare di rimettersi in sesto la mano. “Come stai?” mi chiese. “Così così…tu piuttosto, hai scritto venti frasi in più…per me…” sorrisi. “Ecco a cosa servono le amiche! Nella gioia e nel dolore…” esordì lei. Io andai ad abbracciarla e lei mi tirò delle bende. “Le mie povere manine… maciullate da quell’essere dalle sembianze di rospo…” sospirò. Io sorrisi. Mi fasciai la mano, e mi infilai a letto. Fu una nottata piena di incubi e di agitazione.

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Capitolo 2
*** Everything I Do... ***


Salveh *^* ebbene si sono di nuovo qui xD
in realtà dovrei scappare a prepararmi per uscire, però non ho resistito e mi sono lanciata all'aggiornamento ** avendo già completato questa ff penso l'aggiornerò spesso xD oh, non c'è verso di fermare la Mimi >.<
Detto ciò in questa ficcy si ricomincia con le canzoni *-* qui in particolare ci sono alcune frasi di Everything I Do (I Do it for You) di Bryan Adams.

Avvertenze: OOCtudine da ogni angolo con eccessi di diabetanza u.u ah e lunghezza smisurata di fatti xD

Ora vi lascio alla lettura,
Baci, Mimi : *



2° Capitolo

Il giorno dopo mi svegliai con la mano dolorante. “Che male Herm! Fai piano!” sentii urlare. Mi girai e vidi Anna ed Hermione alle prese con delle bende. “Se non stai ferma è ovvio che ti faccio male” rimbeccò l’amica. “Che ora è?” chiesi. “È quasi ora di pranzo…ci stavamo giusto preparando per scendere…” rispose Herm, stringendo la benda ad Anna, che strillò ancora. “Se vuoi ti aspettiamo…” sorrise quest’ultima, dopo essere scappata dall’altra. “Non ho molta fame…” sospirai. Hermione aveva preso a rincorrere Anna per la stanza. “Ferma! Devo finire!” esclamava. “Piuttosto mi faccio bendare da un Ippogrifo!” rimbeccò l’altra. Dopo dieci minuti finalmente Herm raggiunse l’infortunata e finì l’opera. “Sicura che non vuoi scendere?” chiese ancora l’infermiera improvvisata. Io scossi la testa e mi girai dall’altra parte. Sentii chiudere la porta. Tirai fuori la mano e la osservai: le bende erano diventate rosse. Le tolsi piano e soffiai sui graffi. Mi alzai e presi le bende che Hermione aveva lasciato sul letto di Anna. Mi rifasciai, poi tornai sotto le coperte. Faceva ancora freddo. Mi girai su un fianco e guardai fuori dalla finestra. Il mio letto era quello più lontano dalla porta. Anna si era presa quello in mezzo, ed Herm l’ultimo che rimaneva. Allungai una mano e presi l’mp3. Iniziai a scorrere le tracce. Cercavo di non pensare a nulla, perché sapevo a dove sarebbe andata a parare la mia mente problematica. Poi si sarebbe fatto vivo il cinismo, e per completare il tutto, anche una buona dose di depressione. Invece, la musica mi metteva allegria. Anche se quel giorno non riuscivo a trovare una traccia che mi andasse bene. Anarchy in the UK, Sex Pistols. No, avanti. Lonely Day, System of a Down. Proprio no! Everything, Lifehouse. Ecco. L’avevo trovata. Premetti play e la canzone partì. Mi girai dando la schiena alla finestra. Guardavo Grattastinchi fare le fusa sul letto di Herm. Cercai in vano di non ascoltare le parole della canzone. You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything. Automaticamente pensai a quella persona. A quello che era tutto per me. La mia mente si mise in moto ed iniziai a pensare. Prima che Silente sparisse per lasciare posto alla Umbridge, potevo girare liberamente nei sotterranei, anzi, il preside mi sorrideva se mi vedeva in compagnia di Piton. Ed invece, quel confettone rosa voleva tenerselo tutto per se. Era gelosa. Non ci potevo credere! Anna mi aveva sempre preso in giro, dicendo che un giorno la McGranitt mi avrebbe sfidata per accaparrarsi Piton. E io le ridevo in faccia. La canzone finì senza che me accorgessi. Subito partì Everything I Do (I Do it for You) di Bryan Adams. Nemmeno a farlo apposta. Ficcai la testa sotto al cuscino, senza pensare che mi bastasse togliermi le cuffie, o più semplicemente cambiare canzone. I would fight for you. Sbuffai. I'd lie for you. Buttai via il cuscino. Walk the wire for you. Mi coprii con le coperte fino alla fronte. I'd die for you. Sospirai e mi sedetti sul letto. Ripresi il cuscino e spensi l’mp3. Piton non poteva aver detto quelle cose alla Umbridge. E io che stavo anche a pensarci! Mi detti una botta sulla fronte con il palmo della mano. “Stupida! Giulia sei una stupida!” mi rimproverai. Guardai l’orologio che avevo sul comodino: le 13.13. Chiusi gli occhi ed espressi un desiderio, come quando facevo da bambina. Nemmeno il tempo di riaprirli che la porta si spalancò ed entrarono le mie compagne. “Ancora a letto?!” trillò Hermione. Anna battè le mani e si tuffò sul suo letto. “Che mortorio che c’era il Sala Grande oggi!” esclamò, iniziando a saltare. “Anna smettila!” la richiamò Hermione. Anna per farla innervosire cominciò a saltare con più forza. “Se non la smetti ti si romperà il letto…e conoscendo il confettone rosa ti farà dormire sul pavimento…” scherzai. Anna si fermò e si alzò, poi si sedette a gambe incrociate sul mio letto. “Il tuo professore mi sembrava agitato oggi…” disse poi la ragazza. “Direi, era seduto vicino alla Umbridge!” sbottò Hermione. “Era inquieto…” continuò la castana. “Secondo me aveva voglia di finire il pranzo al più presto…” osservò ancora Herm. “Probabilmente non gli piacciono le zampe di rospo a pranzo…” scherzai. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. “A proposito di rospi!” squillò Anna. “Se volete reclutarmi per una ricerca del rospo di Neville, io non ci sto…chiedete a Luna…” risposi subito. “Ma no! Il rospo rosa mi ha fermata in corridoio…mi ha detto di ricordarti che stasera devi andare da lei…alle 20.00 precise!” riprese Anna. Io sbuffai. “Non è che da un giorno all’altro Giulia se lo dimentica eh…” rimbeccò Hermione. “Herm, per caso sei stata rapita dagli alieni?” esclamò Anna. La ragazza la guardò interrogativa. “Non eri tu quella che diceva sempre di non prendere in giro i professori e di non contestare?” le spiegai. “Si…ma la Umbridge non conta! È solo un pallone gonfiato!” rimbeccò. “In effetti ci somiglia…” rifletté Anna. Scoppiammo ancora a ridere. Io mi cambiai ed iniziai a fare i compiti. Purtroppo l’ora di cena non tardò ad arrivare e scesi con le ragazze. Mangiai in fretta e appena sparirono anche i dolci ci alzammo. Accompagnai Anna ed Hermione per un pezzo, poi mi toccò cambiare rotta. raggiunsi l’ufficio della Umbridge alle 20.00 precise. Bussai, e lei mi fece entrare, con un’occhiata di orrore rivolta ai miei vestiti. Mi passò un foglio e la penna e mi indico la sua scrivania. “Sessanta frasi Wyspet…non una in meno…” ricordò, iniziando a girare per lo studio. Decisi che avrei scritto con la sinistra, ma il rospo se ne accorse. “Sbaglio o lei scrive con la destra?” mi chiese. “So scrivere anche con la sinistra…” sorrisi. Lei sbuffò. “Scriva con la destra…” mi ordinò. Il mio sorriso tirato svanì. Sospirai per prendere coraggio ed iniziai a scrivere. Mi ripetei di non pensare al dolore, di ignorare quella cosa rosa che si aggirava come uno squalo. Mi dicevo di pensare a Severus. Poco a poco riempii il foglio, con tutte le sessanta frasi. Appena finito, mi alzai e le consegnai il foglio. Lei gli diede una letta. “Bene…vede signorina Wyspet che ci intendiamo qualche volta? Ora può andare…” mi rispose. Io annuii ed uscii dall’ufficio, poi iniziai a correre fino ai sotterranei. Corsi diretta all’ufficio di Piton. Bussai. “Avanti!” rispose. Entrai sorridendo. Lui alzò la testa e mi guardò, come per chiedermi cosa ci facessi li. “Sono venuta ad aiutarla…allora, da dove inizio?” chiesi, battendo le mani. Stupidamente tirai le bende che mi grattarono sui graffi appena riaperti, ma trattenei una smorfia di dolore. Piton mi squadrò, poi sospirando si alzò. “Venga con me…” mi rispose, acido. Mi condusse fino alla solita porta, poi l’aprì. “Si sieda sul letto…” disse ancora. Io obbedii. Prese qualcosa dallo scaffale e mi si posizionò davanti. Io lo guardai dubbiosa. “Volevo arrivare prima, ma dovevo passare dalla Umbridge…” spiegai, rammaricata. Lui scosse la testa. “Non le ha riferito nulla la professoressa?” mi chiese, iniziando a togliermi piano le bende. “Da parte sua?” chiesi. Poi capii. “Ieri…ha detto…che lei le ha raccontato che…insomma…” iniziai a dire. Non volevo ripetere quelle parole. Piton iniziò a spalmarmi la pomata e io strinsi la coperta nella mia mano destra, per non lamentarmi del dolore. “Allora…quello che ha detto…è vero?” chiesi, riprendendo fiato. Severus annuì e io mi rattristai, ma cercai di non darlo a vedere. “Signorina Wyspet, vuole stare ferma una buona volta?!” rimbeccò acido, tenendomi la mano ferma. “Ma brucia!” sbottai, con le lacrime agli occhi. “Ha sedici anni, non vale la pena piangere per un po’ di bruciore!” rimbeccò, arcigno. “Io non sto piangendo!” risposi, anche se sentivo le lacrime rigarmi le guance. Piton sbuffò scettico. “E comunque non piango per i graffi!” precisai. “Per quale motivo allora? E non gesticoli!” chiese lui, mettendo ancora pomata. “Perché non volevo essere un peso…pensavo…di esserle utile…ero convinta che le piacessero le nostre discussioni come piacevano a me…” confessai. Piton sbuffò e scosse la testa. Chiuse la boccetta e la appoggiò sul comodino. Poi aprì un cassetto e ne tirò fuori delle bende. “Ora tenga la mano ferma…devo farle una fasciatura stretta…” mi ordinò. Io annuii. “Lei è una ragazza impossibile signorina Wyspet…sapevo perfettamente che la professoressa Umbridge le avrebbe riferito qualunque cosa le avessi detto…” iniziò a dire Piton, mentre iniziava a girare intorno alla mia mano con la benda. “Anche se dovevo aspettarmelo che qualunque cosa avessi detto lei sarebbe venuta comunque nel mio ufficio ogni sera…” sospirò, continuando il lavoro. Io lo guardai dubbiosa. “Vedo che si è calmata e mi ha dato retta…” disse, soddisfatto. “Però se la stringe così non passa sangue al braccio!” mi lamentai. Piton sbuffò e io risi. Era chiaro: non voleva che la Umbridge continuasse a darmi punizioni, in modo da avere ancora le mani alla fine dell’anno. Infondo si preoccupava per me, ma si sapeva oramai: Giulia Wyspet è testarda. “Cosa devo fare per farla rimanere in camera ed evitare di gironzolare nei corridoi dopo il coprifuoco?” chiese Piton, oramai esasperato. Io gli sorrisi e trotterellai verso la sua libreria. Notai qualcosa su uno degli scaffali alti. Mi alzai in punta di piedi per vedere meglio, ma non servì a molto. Piton intanto ghignava divertito. Allungai un braccio per prendere il volume ma lo toccavo a malapena. “Vuole un aiuto?” chiese maligno. “No…ce la faccio…benissimo…da…sola!” esclamai, iniziando a saltellare. Lui intanto tratteneva una risata. Alla fine, per evitare che mi arrampicassi sulla libreria, con un gesto elegante mi porse il tanto agognato volume. Io allungai una mano per prenderlo, ma Piton lo alzò di nuovo, fuori dalla mia portata. Sbuffai. “Professore! Lei non dovrebbe farmi questi scherzi!” rimbeccai. “Signorina Wyspet, non è colpa mia se è di statura inferiore alla norma…” rimbeccò, cercando di mantenere un tono serio. “Io non sono bassa! È la sua libreria che è alta!” mi giustificai. Lo guardai e non seppi trattenere una risata. Lui mi diede un colpetto in testa con il libro e io sorrisi. Sentimmo la porta sbattere e dei passi. “Severus? Severus, sei qui?” trillò una voce. Piton ebbe un brivido d’orrore, mentre io sobbalzai. “Anche qui mi viene a cercare?!” esclamò, infastidito. Poi si girò e mi guardò. Sentimmo i passi sempre più vicini. Piton aprì una porticina e mi spinse dentro, giusto in tempo. Mi aveva spinta dentro al bagno. Io scivolai sul tappetino e caddi all’indietro, facendo un volo ed atterrando nella vasca da bagno. Per cercare di tirarmi su mi aggrappai alla cosa più vicina, che si rivelò essere il pomello dell’acqua calda. L’acqua mi investì in pieno. Cercai di girare il pomello dalla parte opposta, ma era tutto scivoloso. Dopo svariati tentativi ci riuscii, poi mi tirai su. Strizzai la gonna e la felpa. Iniziai a guardarmi in giro in cerca di uno specchio. Lo trovai sopra il lavandino, di una grigio marmoreo. Ero bagnata fradicia, ed avevo dimenticato la bacchetta di sopra. Non resistetti a dare un’occhiata in giro. Vicino alla vasca erano riposti, appesi ad un apposito appendino, degli asciugamani varianti dal verde chiaro, al verde scuro. Ne toccai uno. Era morbido e su un angolo aveva la doppia S ricamata a mo di serpente. Per poco svenni al pensiero che magari quello la stoffa che stavo toccando aveva asciugato la candida pelle di Severus. L’immagine di Hermione che mi sgridava per questi pensieri fermò il mio afflusso di bile. Stringevo ancora l’asciugamano. Lo tolsi dall’appendino e lo accarezzai meglio, poi lo avvicinai e ci appoggiai la guancia. Aveva il suo profumo. Tutto in quel bagno aveva il suo profumo. Quell’odore intenso ma rilassante, che adoravo e che faceva contrasto con il mio profumo allo zucchero filato. Rimisi apposto l’asciugamano e trotterellai alla vasca in cui ero caduta poco prima. Era una di quelle con le zampe di leone, e il bordo dorato. Aveva anche dei disegni dai toni serpeggianti che spiccavano dorati su sfondo nero. Anche se l’interno della vasca era bianco. Sembrava la stessa vasca che mi aveva mostrato Anna in un ritratto della contessa Bathory. Sopra alla vasca c’erano delle mensole in legno scuro. Sorreggevano delle boccette di vari colori, di cui una di un viola intenso. Rimasi incantata a guardarla che non mi accorsi nemmeno che la porta si aprì. “Che fa signorina Wyspet? E perché è bagnata fradicia?” chiese Piton, facendomi tornare alla realtà. “Sono inciampata e sono caduta nella vasca…e per tirarmi su mi sono appoggiata alla manopola dell’acqua calda…” spiegai, imbarazzata. Lui sospirò e, con un colpo di bacchetta, mi fece tornare asciutta, poi si avvicinò. “Cosa contengono tutte queste boccette?” gli chiesi. “Oli profumati, sali da bagno, e altre inutilità varie…” mi spiegò. Io lo guardai dubbiosa. “Silente porta sempre via un souvenir qualsiasi viaggio faccia, e compra a tutti i professori qualcosa che ha a che fare con il bagno…penso che la professoressa McGranitt abbia la mia stessa collezione…” raccontò, sbuffando. “È gentile Silente a portarvi qualcosa…” sorrisi, trattenendomi da allungare una mano su qualcuna di quelle boccette. Ero sicura che sarebbe finita in pezzi tra le mie mani. Non ho mai avuto un tocco molto leggero con le cose fragili. “Se magari ci portasse qualcosa di utile…non so che farmene di tutte queste cose!” rimbeccò, notando che continuavo a girare lo sguardo sulla boccetta dal contenuto viola. “Quella blu cos’è?” chiesi, indicandola. “Essenza di spuma di mare…quando Silente è andato in vacanza a Honolulu…” sospirò esasperato Piton. “E…quella rossa?” chiesi ancora. “Oli di petali di rosa…da Parigi…” rispose ancora lui. “E…quella viola?” chiesi, finalmente. Piton prese la boccetta e me la mine in una mano. “Lo scopra lei…” disse. Io aprii il tappo e un profumo di viole si sparse. “L’ennesimo olio da bagno…stavolta alle viole di campo…” esclamò, sbuffando. Io respirai il profumo a pieni polmoni. Richiusi la boccetta e gliela porsi. Lui la rifiutò. “Se proprio le piace la tenga pure…come le ho già detto, io non uso queste cose…” commentò. “Grazie…ma…non posso accettare! Tra le mie mani non durerebbe nemmeno un secondo questa boccetta…” rifiutai a malincuore. Piton scosse la testa. “Eppure ora la sta tenendo in mano, e non mi sembra che si sia rotta…e comunque, non è semplice vetro…non si rompe facilmente, quindi anche nelle sue mani sarà al sicuro…” disse. Io sorrisi e strinsi la boccetta. “Ora, vuole pulirmi il bagno oppure aiutarmi a finire del lavoro, così poi se ne andrà finalmente in dormitorio?” chiese Piton, acido. Io trotterellai nel suo ufficio e notai un calendario appeso vicino alla scrivania. Iniziai a sfogliare le date. Era oramai febbraio, ed il regime di terrore del confettone durava da un mese buono. Ma ovviamente io prendevo punizioni anche prima. Scorsi il mese prima. Gennaio. Notai un asterisco sul giorno 9. “Professore, cosa vuol dire quell’asterisco sul 9 gennaio?” chiesi, curiosa. Lui sbuffò e tornò alla scrivania, ma io continuai imperterrita. “Aveva una visita? Aveva una partita a Quiddich? Doveva prendere delle medicine?” iniziai a chiedere d’un fiato. Piton sbuffò. “Non si fa mai i fatti suoi signorina Wyspet?” rispose secco. Io abbassai lo sguardo. “Mi scusi…ero solo curiosa…” mi scusai in colpa. Lui sospirò esasperato. “Il 9 gennaio è il mio…compleanno…” disse seccato, pronunciando con orrore quest’ultima parola. Io mi illuminai. “Lei compie gli anni a gennaio? Come Anna! E quanti ne ha compiuti?” chiesi ancora. Lui mi fulminò con lo sguardo. “Però è un peccato…se lo avessi saputo le avrei fatto gli auguri…come ha festeggiato?” chiesi. Lui scrollò le spalle. “Non mi vorrà dire che non ha festeggiato vero?” dissi stupita. “Non era una mia priorità festeggiare…non che lo sia mai stata…” rispose. Io rimasi a bocca aperta. “Ma professore, il compleanno è un’importante data nella vita di ogni persona! Bisogna festeggiarlo!” rimbeccai, convinta. Lui mi guardò scettico. “E poi…i regali, la festa, il divertimento…non sarebbe bello?” sorrisi. Piton alzò in sopracciglio, poi mi passò dei fogli. “Mi aiuti a correggere questi compiti…i Tassorosso sono quelli più facili da correggere…deve solo mettere un segno sulle risposte giuste, confrontandole con il foglio delle soluzioni…date le enormi capacità di questa classe, deduco che l’inchiostro rosso stasera non andrà sprecato…” disse acido. Io lo guardai supplichevole. “Signorina Wyspet, no…” disse subito. “No? Ma se non le ho proposto nulla!” rimbeccai. Lui mi squadrò. “Io so cosa sta pensando in quella sua mente perversa…e la mia risposta è no!” ripeté. “Su professore! Non le andrebbe una bella festa?” chiesi. Piton scosse la testa irremovibile. “Non ci sarà tanta gente…Hermione, Anna, Draco…” iniziai ad elencare. “Ovviamente tutti studenti, più un membro della Squadra dell’Inquisizione…se dovesse vedervi la professoressa Umbridge, vi metterebbe in punizione…e come sa, vorrei vederla sempre meno in quell’ufficio signorina Wyspet…” mi rimproverò. Io abbassai lo sguardo. “Cercavo solo di fare qualcosa di carino…” mi difesi. “Io non gliel’ho chiesto…” sbottò, iniziando a correggere altri compiti. Io presi la pila di fogli ed iniziai a controllarli. “Il mio compleanno è in marzo…27 marzo…” dissi. Severus continuò a scrutare i fogli con un ghigno. “Compio sedici anni…anche se Anna dice che oramai abbiamo la stessa età…non riesco ancora a crederci che sono passati già cinque anni da quando sono entrata ad Hogwarts…” sorrisi, mettendo un segno ad una risposta. “Ero una bambina affascinata dalla magia…avevo tanti sogni, speranze…” sospirai. Piton alzò lo sguardo. “Ora non ne ha più?” mi chiese. “Sto crescendo…ho altri pensieri, e tra poco ci saranno i G.U.F.O., per cui dovrò impegnarmi, come dite voi professori…anche se non so cosa vorrò fare dopo scuola…” confessai. “Da piccola volevo fare l’Auror, anzi, quando ero piccola volevo diventare la proprietaria di Mielandia…” risi. Piton scosse la testa. “Da quello che dicono di lei i professori ha buone probabilità di intraprendere una buona carriera…di cosa si preoccupa?” rimbeccò. “Non mi interessa in particolare un lavoro…vorrei solo…vivere…” risposi. Piton mi guardò curioso. “Questo si che è un buon proposito…molto costruttivo…” mi prese in giro. Non potevo digli che mi sarebbe bastato trascorrere la mia vita con l’uomo che amavo. Anche perché questo era proprio lui. E Piton lo sapeva. Non risposi ma mi limitai a poggiare da una parte il compito corretto. “Prima di andare, si ricordi del libro e della boccetta…” mi ricordò, assegnando una T ad un malcapitato Tassorosso. “E se…non invitassi nessuno alla festa?” chiesi. Piton mi guardò dubbioso. “Una festa solo con me stesso…questa è una buona idea…” sbottò scettico. “Ma no! Intendevo…si, insomma…ecco…” iniziai a farfugliare, arrossendo. Lui mi guardò negli occhi. Non seppi resistere a quei due laghi neri e profondi, così abbassai lo sguardo ed iniziai a torturare l’orlo della gonna. “Ecco…io…penso…che…si…ehm…” tentai di nuovo. “Ha intenzione di finire la frase prima della fine di quest’anno?” chiese, alzando un sopracciglio. Strinsi i pugni. “Io avevo pensato di festeggiare solo noi due!” dissi d’un fiato, rossa in viso. Piton mi guardò ma non ricambiai, tenevo gli occhi bassi. Ci fu un silenzio che durò qualche minuto. “Signorina Wyspet...” iniziò a dire. “Vorrei solo che…passasse una bella serata…prometto niente musica chiassosa, niente festoni ne cappellini…solo cibo, bevande e…la mia compagnia…” spiegai. Piton ci pensò su. “Ovviamente anche la torta…che compleanno sarebbe senza?” sorrisi. Lui mi guardò. “Quando avrebbe intenzione di organizzarla?” chiese. “Domani sera…è già passato troppo tempo!” esclamai, con un luccichio negli occhi. Piton si guardò in giro. “Glielo concedo. Ma niente musica, niente decorazioni, niente cappellini…” disse esplicitamente. Io battei le mani ed annuii. “Le piacerà, vedrà!” sorrisi. Continuai a correggere i compiti, finché non vennero le 23.00. Piton mi ordinò di tornare nel dormitorio, essendoci il giorno dopo lezione, così senza contestare, presi il libro e la boccetta, lo salutai e corsi di sopra. Oramai il rospo rosa doveva essere a dormire da un pezzo. Arrivai in Sala Comune e feci le scale. Sentii delle voci, salii e trovai una scenetta piuttosto particolare. “Ora devo andare! Vieni tu nei sotterranei, dai!” pregò Draco. Anna scosse la testa convinta. “Non posso! Se mi becca la Umbridge stavolta mi uccide!” gli rispose. “Allora mi tocca andare…” sospirò il biondino. “Draco…mi ami?” iniziò lei. “Ma certo! Che domande mi fai?!” rimbeccò lui. “Ma quanto mi ami?” disse languida Anna. “Tanto…” rispose Draco. “Ma…tanto quanto?” chiese ancora. Draco stava per rispondere quando io arrivai dalle scale e entrambi arrossirono. “Sera piccioncini!” risi. Il biondo ci salutò veloce e corse giù per le scale, mentre Anna mi prese a braccetto. “Com’è che la Umbridge ti ha mollato ora?” chiese, squadrandomi. “Sono andata da Piton…” risposi. “Ma…gli hai detto che il confettone spara false dichiarazioni?” mi chiese. Io annuii. Le spiegai tutto e lei sorrise. Entrammo in camera e trovammo Hermione che leggeva. Quando ci vide alzò la testa, guardò l’orologio e si infilò sotto le coperte. “Ragazze…posso chiedervi una cosa?” chiesi, buttando gonna e felpa nel baule. Le due annuirono, chi sveglia e chi un po’ meno. “Vi ricordate al primo anno, quando Harry ci portò a vedere lo specchio delle Brame con Ron?” raccontai. Entrambe annuirono. “Voi…cosa avete visto nello specchio?” chiesi. Hermione arrossì. “Io vidi Draco…e la cosa mi mise abbastanza ansia…” disse Anna, rabbrividendo. Era vero: Draco e Anna in passato litigavano continuamente. Lui la insultava, e lei rispondeva. Per i corridoi, a lezione, poi finalmente al Ballo del Ceppo, si erano messi assieme. “E tu Herm?” chiesi. Lei scosse la testa mormorando qualcosa. Probabilmente aveva visto Ron. “Perché cel’hai chiesto? Sono passati cinque anni…” sorrise Anna. “Io…vidi Piton” risposi. Hermione sbarrò gli occhi. “Quanti anni avevi? Undici?” chiese. “Dodici…” precisò l’altra. Io arrossii. “Vidi…una ragazza…dai capelli castano chiaro quasi biondi…con un fermaglio a teschio, e Piton che la teneva abbracciata e che le copriva le spalle con il mantello…” spiegai. Anna ed Hermione mi guardarono. “Non capite? Quella ragazza ero io! Io desideravo avere Piton al mio fianco, ma essendo troppo piccola per capire, lo specchio mi aveva fatto vedere il futuro…” raccontai. “Questo è impossibile…” rimbeccò Hermione, rannicchiandosi sotto le coperte. Finii di sistemarmi la camicia da notte, poi mi infilai a letto. “Sapevate che Piton compie gli anni a gennaio?” chiesi. Herm fece un grugnito, mentre Anna scosse la testa. Abbracciai il cuscino e sbadigliai. “Notte ragazze! E non sognate troppi ragazzi eh!” scherzò Anna. Io sorrisi e sussurrai un buonanotte. Hermione oramai era nel mondo dei sogni. E poco dopo la raggiunsi anche io, sperando che arrivasse al più presto la sera.

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Capitolo 3
*** ...I Do It For You ***


Ciaaaao e tutti *^*
eh si, avete indovinato. La Mimi non ha resistito nemmeno stavolta e vi spiaccica l'aggiornamento a pochi giorni dall'altro. Se fosse stato per la coscienza ve l'avrei postato anche solo il giorno dopo xD anyway, spero che la storia vi piaccia *-* per eventuali reclami o verdure da tirare alla sottoscritta, potete recarvi al banco 3 *indica banchetto alla destra* li ci sarà la caVa Ire che vi offrirà tutto ciò di cui avete bisogno u_u (si Ire caVa, ti ho assunta anche qui u.u la paga sarà raddoppiata promesso xD)
Di canzoni qui abbiamo solo Everything dei Lifehouse, che da il titolo all'intera ff *^*

Avvertenze: i capitoli si allungano sempre di più xD per la dose di insulina contro il diabete di Giulia, rivolgersi sempre al banco 3 <3 OCCtudine a manetta u.u

Ora vi lascio all'aggiornamento,
baci Mimi : *



3° Capitolo

La sveglia suonò puntuale. Scattai giù dal letto e corsi in bagno. “Hermione calmati, la sveglia è suonata da nemmeno due minuti!” rimbeccò Anna, nascondendosi da sotto le coperte. La ragazza, sentendosi chiamata, si alzò a sedere ancora a occhi chiusi. “Cosa? Che? Anna guarda che non sono io…” sbottò, poi si rituffò nel letto. Io intanto mi ero messa la divisa, spazzolata i capelli e messo fermagli. Anna si alzò assonnata, andando a sbattere contro il baule di Hermione. “Come mai così pimpante oggi?” chiese quest’ultima, stiracchiandosi e saltando giù dal letto. Io sorrisi. “Ho un sacco di cose da organizzare!” esclamai, preparando la borsa. Lei mi guardò interrogativa. “Stasera si festeggia eh!” intuì Anna. Io annuii. “Cosa?” chiese Herm. “Il compleanno di Piton…” sorrisi. “Ma…non hai detto che era a gennaio?” chiese Anna. Io annuii ancora. “Però ho pensato che una festa non ci sarebbe stata male…voglio farlo divertire…” spiegai. “Che bello! Allora stasera party!” battè le mani Anna. Hermione tossì. “Veramente…saremo solo noi due…” dissi, arrossendo. Anna mi guardò in modo malizioso. “Ti ricordo che è un tuo professore…mancano ancora due anni, non puoi cedere ora!” rimbeccò Herm. “Sarà solo una festa…” precisai. Anna ridacchiò sospettosa. “Dunque…mi serve la musica, il cibo e…ma certo!” esclamai. Mi era venuta un’idea. Però non sapevo come fare a trovate chi poteva compierla. Iniziai a pensare intensamente alla persona in questione, anzi, al soggetto. Subito sentii uno schiocco di dita. “Mi avete chiamato signorine?” chiese il folletto, in piedi davanti ad Anna. Questa sobbalzò, poi lo riconobbe. “Ciao Dobby…sono stata io a chiamarti…” risposi, sorridente. Lui fece un piccolo inchino. “Vorrei che facessi delle cose per me…” spiegai. Dobby annuì. “Mi servirebbero dei biscotti al cioccolato, una brocca di succo di zucca, una bottiglia di vino rosso, delle pizzette, un paio di stuzzichini e una torta panna e cioccolato, con sopra la doppia S” elencai. Dobby annuì. “Giulia! Non puoi maltrattare così un povero elfo domestico! Farlo lavorare per i tuoi scopi personali, che crudeltà!” protestò Hermione. “Non si preoccupi signorina…è il lavoro di Dobby, e Dobby è felice di aiutare l’amica di Harry Potter…” sorrise lui. Io corsi nel mio baule e tirai fuori una cosa. “Dobby…allunga le mani” ordinai. Lui mi obbedì. Gli misi un calzino azzurro e viola, di cui avevo perso il gemello. Gli occhioni dell’elfo si illuminarono. “Questo…è per Dobby?” chiese. Io annuii. “Per ringraziarti in anticipo” sorrisi. Lui fece un inchino e si soffiò il naso nella sporca tunica. “Lei è davvero gentile signorina…le porterò tutto entro la cena…quando arriverà dalle lezioni troverà tutto qui…serve altro?” chiese. Io scossi la testa e lui, con uno schiocco di dita scomparve. “E il cibo è apposto…mi servono la musica…e il regalo!” mi ricordai. “Ma…ti ricordo che non abbiamo una visita a Hogsmerade fino alla settimana prossima…come fai a comprarglielo?” osservò Anna. Io tirai fuori carta e penna. “Pronto intervento mamma!” sorrisi. “Ora andiamo! Arriveremo tardi a colazione…” ci avvertì Hermione. Prendemmo le borse e scendemmo, riunendoci ai nostri compagni Grifondoro. Vidi Piton già seduto al suo posto. “Prima ora, Trasfigurazione…poi…Difesa Contro le Arti Oscure…” sospirò sconfortato Ron. Io mi sedetti e tirai fuori un foglio, poi con una brioche stretta fra i denti, iniziai a scrivere la lettera. Dovevo spedirla subito. “Blocco di creatività?” chiese Ginny, guardando la mia penna ferma. Io annuii. “Deve trovare cosa regalare a Piton…” spifferò Anna. “Un cuore che non sia di pietra?” chiese Mary Kate. Io la fulminai. “Lasciala stare…l’ha beccata che pomiciava con Blaise Zabini nei sotterranei…” spiegò Ginny. “Stai con Blaise Zabini?!” esclamammo io, Anna ed Hermione. Mary Kate arrossì. “State zitte! Vorrete che vi senta tutta la sala?! E comunque non stiamo assieme! Pomiciamo e basta!” rimbeccò la ragazza. Anna ghignò, mentre io risi. “Meglio lui che la Umbridge…” osservò Hermione. Io guardai verso Piton. Cosa poteva volere un uomo come lui? Di libri ne aveva a centinaia. Scossi la testa. “Regalagli un paio di boxer con scritto “Potion Masters do it better”…” propose Anna. Io risi e Herm arrossì. Poi mi venne un’idea. Scrissi veloce, finii di mangiare veloce e corsi in Guferia. Corsi poi in aula di Trasfigurazioni. Tutto a tempo di record. L’ora passò veloce, seguita da una bella ora con il confettone rosa. Non risposi né combinai danni. Ero troppo felice. A pranzo mangiai e mi arrivò il gufo che aspettavo, con un pacco. Accompagnato da una lettera. La aprii. Mia madre mi aveva risposto. È una donna che non può fare a meno di scrivere una lettera di risposta anche quando non è necessaria. La lessi, poi andai in dormitorio a scartare il pacco. Era già in carta da regalo. Corsi alle lezioni successive, poi finalmente, alle 17.00 finii le lezioni non avendo più materie, al contrario di Hermione che era ad Antiche Rune. Andai nel dormitorio, in camera, accompagnata da Anna. Iniziammo a preparare la roba: casse, stereo (gentilmente offerto da Mary Kate) e cd di musica classica o misti lenti. Mancava solo il cibo, che Dobby mi avrebbe portato a momenti, e mi dovevo solo cambiare. “Mi volevo vestire normale…” sorrisi. Anna scosse la testa e si mise a frugare nel mio baule. “Potresti riciclare il vestito del Ballo del Ceppo…” suggerì lei. “Ma è troppo elegante…” risposi. “Dopotutto volevi invitare lui al ballo…quale occasione migliore per rifarti?” disse sorridente. “Non succederà nulla…parleremo…” ripetei. “Però scommetto che un ballo te lo concederà…è un gentiluomo…” sbottò lei. Io strinsi le spalle e mi diressi in bagno. Presi una boccetta vuota, ed iniziai a trafficare con essenze. Anna non osò sbirciare. Alla fine mi venne un liquido di colore verde brillante. Mancava solo la formula. La recitai con la bacchetta in mano e la tappai, sperando che funzionasse. “Hey Giulia, è arrivato il cibo!” esclamò Anna. Io la raggiunsi. Erano le 18.30. Mandai Dobby a portare un messaggio a Piton. Alle 19.30 sarebbe scattata la festa. Mi preparai e aspettai. Hermione arrivò carica di libri dalla biblioteca, poi mi guardò e le si illuminarono gli occhi. Mi augurò una buona serata e trascinò giù Anna. Aspettai le 19.15 in modo che tutti gli studenti fossero già in Sala Grande, poi scesi le scale. Le ballerine dal tacchetto fine che facevano rumore sugli scalini umidi dei sotterranei. Arrivai nel suo ufficio. Feci un respiro profondo e bussai. Erano le 19.30 precise. “Avanti…” rispose Piton. Ero agitata come se fosse un appuntamento. Ovviamente non lo era. “Professore, vada in camera! Subito!” esclamai, senza entrare. “Motivo?” chiese. “Devo preparare tutto!” sbottai. Sentii dei passi ed una porta che si chiudeva, così entrai. Con un colpo di bacchetta il cibo apparve sulla scrivania e dei fili d’argento si appesero alle pareti. Dobby mi aveva procurato qualcosa in più. Si era meritato un altro calzino! Il regalo apparve sulla sedia. L’ufficio era illuminato da candele. Infine, misi le casse attaccate allo stereo e la musica si diffuse. “Ora può entrare!”  lo chiamai, soddisfatta. Piton entrò. Aveva un mantello dai bordi verdi, che muovendosi lasciava intravedere una camicia nera e dei pantaloni eleganti. Non il solito completo. Sorrisi e mostrai il mio lavoro. “Buon compleanno professore!” dissi. Lui mi guardò per qualche minuto e poi si guardò in giro. “Lo so…aveva detto niente musica però era brutto il silenzio…” mi giustificai. Piton sferrò una colpo di bacchetta verso la porta, sussurrando qualcosa. Io lo guardai dubbioso. “Ho insonorizzato la stanza...non vorrei che qualcuno venisse attirato dalla musica…” spiegò. Io sorrisi. “Ah dimenticavo!” esclamai, andando a prendere il pacchetto. Glielo porsi. “Signorina Wyspet…non serviva…” esclamò, visibilmente stupito. Gli porsi la boccetta. “La apra…” sorrisi. Piton stappò la boccetta. Delle parole verdi iniziarono a scriversi nell’aria, con la mia calligrafia. Auguri professor Piton! Spero che il regalo le piaccia e che gradisca questa serata. Con amore, Giulia. Poi, un serpente scivolò tra le righe e le cancellò. Ci fu un silenzio di qualche minuto. “Notevole signorina Wyspet…” sorrise. Io arrossi. “Lo so che non usa essenze da bagno…però…è un bagnoschiuma…potrà aggiungerlo nella sua collezione di cose inutili” sorrisi. Poi Piton iniziò a scartare il pacchetto. Dopo aver tolto la carta argentata, si trovò in mano un quadernetto con la copertina nera. Vicino, della carta da lettere verde chiaro con delle buste abbinate. “Io…spero che le piaccia…” dissi, rossa in viso. Piton mi guardò. “È stata molto gentile signorina Wyspet…non doveva…” ripeté. Io sorrisi. “E ora, si mangia!” esclamai, buttandomi sul cibo. “Ha cucinato lei?” chiese Severus. Io scossi la testa. “Non avrei voluto farle avete una lavanda gastrica di compleanno…” scherzai. “Strano…eppure la signorina Haliwell mi ha sempre detto che cucina benissimo…anzi, divinamente…” osservò, iniziando a mangiare. Io arrossii. Mangiammo tranquilli, poi Piton si versò del vino. “Un brindisi?” proposi. “A…?” chiese. “Al suo compleanno!” risposi. Mi alzai in piedi. “Lei è un ottimo professore, e anche se lei sente gente che dice tutto il contrario per me sarà sempre il migliore…” iniziai. Piton mi guardava, così, rossa in viso, continuai. “La ringrazio per quello che mi ha insegnato finora e per quello che mi insegnerà…voglio che lei sappia che la stimo e credo fermamente in lei. So che un giorno otterrà la cattedra di Difesa, e spero che quel giorno non sia lontano…” proseguii, sentendo che le guance mi stavano tornando del mio colore normale. “Spero che si diverta durante questa serata, perché è dedicata a lei…e se il festeggiato non si diverte, allora che festa è?” scherzai. Piton si limitò a guardarmi. Sembrava che stesse per sorridere. “Detto questo…le auguro un felice compleanno, pieno di soddisfazioni, gioia e serenità…” recitai, come fossi la Cooman all’inverso. Brindammo facendo tintinnare i calici, poi mi risedetti. “Lo so…non sono molto brava con i discorsi…” mi scusai, per poi bere un sorso di succo di zucca. “Ho ascoltato discorsi peggiori…non si preoccupi…” disse gentile Piton. “Sa…ieri sera, appena tornata in dormitorio, io e le altre ci siamo messe a parlare del primo anno…” iniziai a raccontare. Lui annuì. “Quando pensavamo che fosse tutto un gioco, e che sarebbe stato divertente andare avanti e passare di anno in anno….quando Anna litigava con Malfoy ad ogni sguardo, mentre Hermione non faceva altro che studiare…” continuai. Piton mi ascoltava ed annuiva. “Poi, al secondo anno qualcosa è cambiato…non so se sia stato l’attacco del Basilisco contro Anna ed Hermione, ma in qualche modo qualcosa cambiò in ognuna di noi…” dissi. “Lei è una Purosangue giusto?” mi chiese. “Purtroppo si…certe volte i Purosangue commettono atti così spregevoli che mi vergogno di farne parte…” sospirai. “Al terzo anno le cose andarono meglio…scoprimmo molte cose, fu un anno di paura, con Black in libertà e la verità oscurata dalle bugie…” continuai, osservando il mio calice. Lo poggiai sul tavolo. Piton rabbrividì quando pronunciai il cognome di Sirius. “E l’anno scorso…fu un anno di adrenalina pura…il Torneo Tre Maghi, il Ballo del Ceppo…” raccontai. Ripensai alla Vigilia di Natale, passata a ballare con un ragazzo di Tassorosso di cui non mi ricordavo nemmeno il nome. Il miei ricordi erano rivolti tutti a quei fugaci sguardi che lanciavo al professore, certe volte ricambiate con freddezza, altre volte ignorati del tutto. Mi rattristai per qualche minuto. “Tutto bene?” chiese Piton, vedendomi con lo sguardo perso nel vuoto. Io rinsavii. “Comunque, ha visto? Sono vestita da vera signorina!” sorrisi, alzandomi e facendo una piroetta. Severus ghignò divertito. “Ho perfino lasciato in dormitorio le mie Converse!” esclamai, tirando su di poco il vestito per far notare le mie ballerine. “Ballerine viola a fantasia di teschi? È proprio nel suo stile signorina Wyspet…” osservò, ancora divertito. “Sono nuove! Si abbinavano con il vestito, allora le ho messe…” spiegai. “Mi sembra di averle già visto indosso questo vestito…” disse, guardandomi dubbioso. “È il vestito che indossai al Ballo del Ceppo, l’anno scorso…” risposi. Piton annuì. “A proposito di balli, che festa è se non ci si muove un po’?” dissi, battendo le mani. “Vedo che i graffi le fanno meno male…” sorrise stavolta. Io lo guardai persa in quell’espressione. Adoravo quando sorrideva. Purtroppo a lezione capitava raramente. Quando rideva poi, cosa rara come Hermione che prendeva T (cosa che penso non sia mai avvenuta). Lo adoravo. Adoravo quella scintilla nei suoi occhi scuri, profondi, che si univa a quello splendido sorriso. L’avrei guardato per ore. “Insomma, vedo che ha evitato di mettere quella sua musica così chiassosa…” osservò, riprendendo il cipiglio serio. “Mary Kate mi ha prestato uno dei suoi cd…” sorrisi. Piton annuì, sorseggiando un po’ di vino. Subito partì una canzone italiana, dance. “Come non detto…” sospirò lui. “Giulia, dammi il tuo amore…Giulia, ti prego salvami tu…tu che sei l’unica…” io iniziai a canticchiare. “Ora capisco…è molto modesta ad autodedicarsi una canzone…” disse divertito. “Se nessuno me la dedica faccio da me!” sorrisi. Lui scosse la testa sorridendo. “Me la cantava sempre Anna…anche se odiava questo genere, come me, diceva che ero fortunata ad avere una canzone con il mio nome…e che quindi era doveroso cantarla…” spiegai. Piton annuì. La canzone finì e io smisi di cantare. “Comunque non cambi argomento! Avanti, si alzi! Venga a ballare!” lo incitai. Severus scosse la testa. Io gli feci gli occhi dolci, ma lui si girò dalla parte opposta. Allora di scatto gli presi le mani e lo tirai verso di me. Riuscii a farlo alzare dalla sedia. Era un progresso almeno! “Signorina Wyspet, vorrei tanto toglierle una cinquantina di punti…” disse, serio. Io lo guardai delusa. “Facciamo una ventina, ma solo perchè mi è simpatica…” si corresse, per poi fare una specie di sorriso sghembo. Io risi. “Avanti! Non è difficile!” esclamai, perdendogli saldamente una mano. “Deve farmi solo piroettare…” spiegai. Lui alzò il braccio e mi fece fare una piroetta, poi si sedette di nuovo. Io lo guardai a braccia conserte. “Aveva detto solo un giro…” ghignò Piton. Io sbuffai, ma poi sorrisi. Gli avevo tenuto la mano! Non avrei più tolto la benda per il resto della mia vita. Sentii uscire dallo stereo le note della canzone che avevo ascoltato dal mio mp3 quella mattina. Everything. Mi venne un’idea, così mi posizionai davanti a lui. “Dunque…siccome non ero soddisfatta del regalo, e anche perché sono una ragazza imprevedibile quando angosciante, volevo dedicarle una canzone…” sorrisi. Lui mi guardò curioso. Speravo di non stonare e che non mi andasse via la voce. Non avevo mai cantato seriamente per una persona. “Find me here, speak to me. I want to feel you, I need to hear you…” iniziai. Ero nervosa. Piton mi guardava negli occhi, e ciò mi metteva non poca ansia. Ancora una strofa di agitazione. Le mie mani torturavano il tulle del vestito. Altra strofa. Poi iniziò quella che mi aveva colpito quella mattina. “You are the life, to my soul. You are my purpose, you are everything” cantai, stavolta con un sorriso. Mi resi finalmente conto di dover stare tranquilla. Dopotutto stavo cantando per la persona che amavo. Appoggiai le mani sul petto, in corrispondenza della posizione del mio cuore. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare. Appena li riaprivo per qualche secondo, vedevo Piton che mi osservava. Negli occhi quella scintilla che aveva quando sorrideva. “Would you tell me, how could it be, any better than this?” conclusi. Avevo ancora gli occhi chiusi quando sentii un battito di mani. Li riaprii e vidi Piton che sorrideva, battendo le mani. “Notevole signorina Wyspet…” disse. Io arrossi e andai a recuperare il calice. Mi era venuta la gola secca. “Se non troverà lavoro nel mondo magico potrà sempre fare la cantante…” esclamò, ghignando. “Non mi prenda in giro…lo so che non sono brava, però volevo dedicarle quella canzone…” lo pregai. Piton scosse la testa. “Non la stavo prendendo in giro…ha davvero una bella voce…intonata…piacevole da ascoltare…” esordì. Io mi sentii divampare. “Ci penserò su…” sorrisi, timida. Mi sedetti. “Questi anni però sono stati costruttivi! Con tutte le avventure che abbiamo passato!” esclamai. “Con tutti i disastri che avete combinato…” mi corresse Piton. Io risi. “Anna ha trovato qualcuno che la protegge…Hermione è più sicura di se e, anche se non lo ammette, ha una persona vicino che le vuole molto, molto bene…” dissi, alludendo a Ron. “E lei?” chiese Severus. Io abbassai lo sguardo. “Io ho una persona speciale…o almeno, lo è per me…” risposi. Lui rimase in silenzio. Presi coraggio e lo guardai in quei profondi occhi scuri. “Quella persona speciale è lei professor Piton…” dissi, sorridendo. Lui ricambiò il mio sguardo. Si alzò. Io lo guardai dubbiosa. “Dunque…dato che lei mi ha dedicato una canzone, non posso negarle un ballo…” disse. Io strabuzzai gli occhi stupita. “Signorina Wyspet, mi concede questo ballo?” mi chiese, porgendomi la mano da perfetto gentiluomo. Io la accettai e mi alzai. Casualmente Everything I Do di Bryan Addams, altra canzone che mi aveva fatto pensare a lui quella mattina, si diffondeva per la stanza. Piton mi mise le mani sui fianchi, e io appoggiai le mani alle sue spalle. Iniziammo a muoverci. Mi sembrava un sogno. Anzi, sembrava fosse stato il mio, di compleanno! “Non…era necessario…è il suo compleanno, la canzone era un regalo…” spiegai, imbarazzata. “Me ne ha fatti molti di regali, signorina Wyspet…volevo sdebitarmi…” rispose. Io sorrisi. Mi sembrava di essere tornata a quel tanto nominato ballo, di un anno prima. Avrei voluto ballare stretta a lui, non a quel ragazzino impacciato e dallo sguardo fisso sulla mia scollatura. Piton ballava divinamente. Aveva lo sguardo fisso davanti a se, oppure, mi guardava in viso. Io mi avvicinai e mi strinsi a lui, appoggiano la testa sul suo petto. Lui mi circondò i fianchi con le braccia, in una specie di abbraccio. Il mantello ondeggiava intorno a noi. Sentivo ancora il suo sguardo fisso su di me. Ero felicissima, così tanto che stavo per piangere. “Devo ammettere che pensavo ballasse peggio signorina Wyspet…” commentò. Io sospirai. “Mi chiami Giulia…intanto che balliamo…per favore…” dissi, alzando la testa. Severus scosse la testa divertito. “Mi ha fatto proprio una sorpresa…non pesavo che cantasse per me, Giulia…” disse ancora. Sentirgli pronunciare il mio nome era magnifico. Quella voce calda e sensuale. Mi venne un brivido alla schiena. Ballammo il resto della canzone in silenzio, con i cuori uniti in un solo battito. Appena la voce del cantante si spense, ci fermammo. Alzai lo sguardo e sorrisi. Severus ricambiò, poi facemmo un piccolo inchino come da copione dopo un ballo. “Ho una sete!” esclamai, andando a prendere il mio calice. Mi versai del succo di zucca e lo bevvi d’un fiato. “La sua eleganza è scomparsa vero?” disse ironicamente. “Quale eleganza? Non ne ho mai avuta!” risi. Poi mi accorsi che la stanza era diventata fredda. Probabilmente dovevano essere le dieci passate, se non le undici. Rabbrividii nel mio vestito primaverile. Piton mi guardò, poi si tolse il mantello e me lo mise. “Tenga…e veda di non riportarmelo, non vorrei che facesse brutti incontri come l’anno scorso…” precisò, riferendosi alla piccola disavventura con Josh. Io annuii e mi strinsi nel caldo mantello. “E ora, che ne dice di tagliare la torta?” propose, prendendo un coltello. “Non sapevo che gusti le piacessero, così ho optato per panna e cioccolato…” dissi. Piton annuì. “A proposito…quanti anni compie?” chiesi, curiosa, mentre tagliavo la torta. Lui bofonchiò qualcosa. Io risi, poi gli porsi una fetta. Iniziammo a mangiare. Piton mi guardò e un ghigno gli si formò sulla faccia. Io lo guardai dubbiosa. “Si è sporcata di cioccolato…” disse. Io arrossii. “Dove?” chiesi, imbarazzata. Lui mi indicò il naso. Cercai di pulirmi con un fazzoletto. “Non ci siamo…è ancora sporca…” disse divertito. Io riprovai. Lui scosse la testa, si piegò e con un gesto di tovagliolo mi tolse il cioccolato. “Grazie…” lo ringraziai. “Sembra una bambina…” mi prese in giro. “Ho quasi sedici anni!” rimbeccai, offesa. Severus rise. Si, proprio così. Rise. Anche se solo per qualche minuto lo vidi ridere. “Ho detto che sembra una bambina, non che lo è…” precisò lui. “È lo stesso un insulto…” sbottai. Poi lo guardai e risi. Non riuscivo a rimanere arrabbiata con lui. Finimmo di mangiare la torta, poi Piton guardò l’ora. “Sono le undici e mezza passate! Sarebbe ora che lei tornasse in dormitorio…” osservò. “Si annoia così tanto che vuole che me ne vada?” chiesi, triste. Lui si alzò e scosse la testa. “È mai possibile che ogni cosa che io dica per il suo bene lei la deve tramutare in un’offesa?” sbottò esasperato. Io abbassai lo sguardo, lui tese una mano e mi accarezzò sulla testa. “Mi sono divertito, contenta ora? Però sarebbe meglio che tornasse in dormitorio…ha lezione domani…” disse, come per parlare ad un bambino capriccioso. “Ecco vede! Mi parla come fossi una bambina!” rimbeccai. Piton scosse la testa esasperato. Io mi alzai e lo abbracciai. “Mi scusi…non volevo risponderle male…è che mi dispiace lasciarla…” dissi, d’impulso. Severus mi guardò con mezzo sorriso. “Cioè…io…ecco…” iniziai a dire. Lui sorrise ancora. “Se mi facesse respirare però sarebbe un progresso…” osservò. Lo stavo stringendo troppo forte. Mi allontanai, in imbarazzo. “Comunque, non vedo come potremmo fare…non vorrà mica dormire qui, vero?” chiese, divertito. Io diventai ancora più rossa in viso. Non che la prospettiva di una bella dormita tra le sue braccia mi dispiacesse. “Si sente bene? Sta diventando di un colore preoccupante…” osservò ancora. Io misi le mani davanti al viso e scossi la testa. “Ha ragione…è meglio che venga a dormire…cioè…che io vada a dormire!” esclamai. Lui mi accompagnò alla porta. “È sicura di poter andare fino in dormitorio senza farsi notare?” mi chiese. Io annuii. “Bene…allora…grazie della festa…se devo essere sincero…” iniziò a dire. Io lo guardai. “…mi sono divertito…un poco…” concluse. “Solo un poco?” chiesi, delusa. “E va bene…mi sono divertito più di quanto pensassi…è una buona organizzatrice signorina Wyspet…” si corresse. Io sorrisi. “Ancora buon compleanno…” dissi. Rimanemmo a guardarci negli occhi per qualche minuto. “Grazie ancora…” rispose Piton. Mi alzai in punta di piedi e gli diedi un bacio sulla guancia. Lui sorrise. “Buonanotte! Le voglio tanto bene!” dissi, poi filai verso le scale, con il suo mantello che svolazzava nella notte sulle mie spalle. Non sapevo ancora cosa mi aspettasse il giorno dopo.

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Capitolo 4
*** Bring Me To Life ***


Ciauuu *^* ho resistito ad aggiornareee ** sono stata brava? u.u forse però chi legge vuole che io aggiorni di più o.ò esprimetevi u_u
Scherzo ovviamente *-* per eventuali reclami il banco 3 è sempre aperto u_u *fa ciao al banco 3* solo per oggi troverete anche un piacevole rinfresco *O*
Di canzoni qui abbiamo Bring Me To Life degli Evanescence *-* troverete anche riferimenti alla ff precedente (non che "capitolo" iniziale della saga in cui è la cara Giulia) Strange Love.

Avvertenze: OCCtudine, presenze moleste varie u.u

Detto ciò, spero che l'aggiornamento vi piaggia,
Baci Mimi : ***



4° Capitolo

Fui svegliata da una cuscinata. “Cinquanta punti?! Ma dico Anna, sei pazza!!!” sentii urlare. Mi tirai le coperte fino alla fronte. “Eddai Herm…sono solo cinquanta punti…almeno non ho incontrato la Umbridge…” rimbeccò l’altra. “Ci mancava solo quello! Te la do io la Umbridge, in testa però!” ringhiò Hermione. Buttai via le coperte e mi alzai sul letto. “La volete finire di fare casino di mattina presto?! Non abbiamo nemmeno fatto colazione e voi già vi maciullate a vicenda?!” strillai, irritata. Le due si fermarono e mi guardarono stupite. “Scusa Giulia…” mormorarono all’unisono. “E ora, che succede?” chiesi, togliendomi la camicia da notte e buttandola sul letto, per poi prendere l’uniforme e filare in bagno. “Anna ha bruciato cinquanta punti…” sospirò Herm. “Bruciato? Anna! Tel’ho detto mille volte di non alzare troppo la fiamma dei calderoni! Lo sapevo che prima o poi avresti mandato a fuoco qualcosa!” la rimproverai. La ragazza rise, mentre Hermione le tirò una violenta cuscinata, che la fece cadere a terra. “Vuoi rissa Granger?! Eh?” esclamò Anna, tirandosi su e minacciandola con un peluche. Io le fulminai con lo sguardo. “Si è fatta beccare dalla McGranitt mentre gironzolava per i corridoi…” finì di raccontare esasperata Hermione. “Che ci facevi in giro per i corridoi da sola?” le chiesi, tornando nella stanza. “Speravo di incontrare Draco…” si giustificò lei. Io sorrisi. “Piuttosto, come è andata la festa ieri sera?” chiese ancora Hermione. “Be…bene…” risposi, ripensando al ballo con Piton. Anna iniziò a darmi gomitate nel fianco. “Perché qui c’è il suo mantello? Eh?” chiese ancora, indicandolo, steso vicino al mio cuscino. Io arrossii. “Tel’ha dato lui? Vi siete baciati? Ti ha portata in camera? A quando il matrimonio?” chiese ancora a ripetizione la ragazza. Diventai di un colore variante tra il rosso vivo e il porpora. “Anna! Ma che domane fai?! È ovvio che non si sono baciati! Piton è un professore!” rimbeccò Hermione. “Tra rose e fior vedo arrivar, Giulia e Severus si voglion sposar!” iniziò a canticchiare Anna. Io le tirai un cuscino, ma lei si spostò e colpii in viso Hermione. “Ops… sbagliato mira…” mi scusai, trattenendomi dal ridere. Per risposta la ragazza mi tirò a sua volta un cuscino, che mi colpì. Anna scoppiò a ridere, così io ed Herm ci guardammo, e la bombardammo con tutti i cuscini rimasti. Le piume volavano leggere in aria, atterrando sul pavimento. “Ok ragazze, tregua!” cercava di contrattare lei. Io ed Herm non la mollammo finché la porta non si spalancò. “Ehm…ehm…” sentimmo tossire. Hermione rimase con il cuscino a mezz’aria. Il mio mi cadde di mano. Anna non osò muoversi anche se sommersa dalle piume. Sentimmo delle risate e ci girammo. Ginny e Mary Kate si stavano tenendo la pancia dal ridere. “Vel’abbiamo fatta! Vedeste le vostre facce!” esclamò la prima, tra le risa. “Ma sono scherzi da fare?!” disse Hermione, ricominciando a respirare regolarmente. Le due ridevano ancora, quando Anna andò a prendere per l’uniforme la sorella e la buttò tra le piume. Questa aveva preso Ginny per un braccio, trascinandola con se. “Non invidio gli elfi domestici che puliranno questo casino…” scherzò Mary Kate. Hermione la guardò indignata. “Che fate in giro a quest’ora? Perché non siete già in Sala Grande ad abbuffarvi?” chiese Anna, cercando di rimettere in sesto un cuscino. “Volevamo chiedervi se oggi venivate in marina con noi…” sorrise Ginny. Anna sbuffò. “Vorrei sapere come fai!!! Salti le lezioni e hai tutto O!” si lamentò. “Fortuna sorella, fortuna…ed impegno costante…” esordì Mary Kate. “Cioè, oltre che essere un bravo pomiciatore, Zabini ha anche dei voti alti…” tradusse Ginny. Anna tirò un pugno in testa alla sorellina. “Non è colpa mia se Draco non sa far nulla! O almeno dal punto di vista scolastico…quello privato, non so…” sorrise maligna quest’ultima. “E sarà meglio che tu non lo sappia!” rimbeccò Anna. Hermione scosse la testa. “In quanto a prefetto non posso permettervi di saltare le lezioni…” iniziò a dire, con le mani sui fianchi a mo di mamma Weasley. Ginny e l’amica la guardarono scettiche. “Ma almeno noi possiamo, vero Herm?” le chiese supplicante Anna. La ragazza scosse la testa. “Non abbiamo nemmeno Pozioni…chi ha voglia di fare due ore con il confettone gigante?” dissi, sbadigliando. “Poi con questo sole!” continuò Anna. Hermione indicò la finestra, che rivelava una giornata nuvolosa. “Ma non si può nemmeno…uffi! Ecco!” disse arrabbiata l’altra. Io, Ginny e Mary Kate scoppiammo a ridere. “Andiamo…altrimenti la colazione finisce…è il pasto più importante per la giornata!” dettò Hermione, trascinandoci fuori dalla stanza. “Il pasto più importante per la ciccia…con tutti i dolci che ci forniscono!” scherzò Ginny. Stavolta Herm sorrise. Arrivammo al tavolo e presi una brioche. Iniziai a intingerla nel cappuccino quando mi girai verso il tavolo insegnanti. Piton stava evitando accuratamente di farsi coinvolgere in qualche discorso dalla Umbridge, che lo aveva lasciato in pace per rivolgersi alla McGranitt. La bocca di Severus sillabava delle parole, mentre il suo sguardo era fisso sul piatto davanti a se. Poi alzò la testa. “Giulia! Che stai facendo?! Quello è il mio succo di zucca!” si lamentò Ron. Mi girai e mi accorsi di aver affogato la mia povera brioche nel suo succo. La misi in parte e presi una ciambella alla glassa e cioccolato. Tornai a girarmi verso il tavolo insegnanti. Piton stava guardando verso noi studenti. Percorreva ogni centimetro nella sala con occhi vigile. In effetti mancava un po’ la figura alta e snella di Silente che sorrideva a chi si girava vero di lui. Considerando che al suo posto c’era la Umbridge poi, che sembrava un rospo in tailleur rosa! Ingoiai il pezzo di ciambella che continuavo a masticare, poi mi girai verso il tavolo di Serpeverde. Draco salutava Anna da lontano, e questa lo ricambiava. Io mi rigirai verso Piton e, appena fui sicura che il suo sguardo fosse puntato verso di me, lo salutai facendo un cenno della mano, poi sorrisi. Lui alzò un angolo della bocca, che poteva anche passare come un tic facciale. Rimasi beata a guardare il mio bel professore, fino a quando una voce mi distrasse. “Salve belle fanciulle!” esclamò Keith, uno di Corvonero che ci provava con Anna dall’inizio dell’anno. “Anderson smamma…” lo liquidò la ragazza. “Ma…Anna…non sai nemmeno quello che ti voglio chiedere!” rimbeccò lui. Lei lo guardò con superiorità. “Ti va se stasera…” iniziò a dire. Anna lo zittì. “Non ti dicono nulla le parole “già impegnata”?” sbottò ancora lei. “Lo so…ma sai…io sono più grande di quel pivellino…” iniziò a dire lui, mettendole una mano sulla spalla. Si sentì uno scrocchiare di dita dietro di lui. “Togli quelle mani dalla mia ragazza Anderson…altrimenti te le stacco…e non solo quelle…” ringhiò Draco. Anna sorrise soddisfatta. “Per favore ragazzi, almeno una mattina, potremmo fare colazione come persone civili?” sospirò esasperata Hermione. “Io tifo Draco…” disse Ginny. “Scommesse!!” iniziò ad urlare Fred. “Finitela ora!” urlò ancora la ragazza prefetto, sbattendo un pugno sul tavolo. “E tu, tornatene al tuo tavolo!” ordinò poi a Draco. Questo fece spallucce, diede un bacio ad Anna, e se ne andò. “Pivello…” lo insultò Keith. Hermione lo fulminò con lo sguardo. “Quello che ho detto a Draco, vale anche per te!” rimbeccò. Keith non l’ascoltò e ricominciò a civettare con Anna, che lo minacciava con un cannolo alla crema. “Keith ti muovi?! Devi passarmi gli appunti di Storia della Magia, che altrimenti Ruf mi fucila stavolta!” sentii dire. Mi venne un brivido di terrore su tutta la schiena, e d’istinto abbassai lo sguardo. “Arrivo Josh…solo un attimo…” rispose l’amico. “Santo cielo…” sospirò stufa Hermione. Anna intanto aveva iniziato ad insultare a gesti il pretendente. “Ciao Giulia…” mi disse Josh. Io alzai lo sguardo. Il brivido tornò a farsi sentire e chiusi gli occhi. Mi apparvero nella mente i ricordi piuttosto nitidi dell’anno prima. Il muro. I banchi. L’incantesimo d’immobilità. La sua mano che mi accarezzava la guancia e lui che mormorava “sarà il nostro piccolo segreto”. “Giulia…stai bene?” mi chiese Hermione. Io non risposi subito. “Giulia?” mi chiamò ancora. Io alzai piano lo sguardo. Vidi Anna cacciare via a calci sia Keith che Josh. “Quell’Anderson…un giorno di questi lo uccido…” ringhiò. Io mi allentai il cravattino. “Hey Giulia…che cos’hai?” mi chiese anche lei. Io scossi la testa. “Ho solo…un po’ di mal di testa…sarà che non ho dormito molto…” inventai. Le due si guardarono preoccupate, poi Anna si girò verso il tavolo dei Corvonero. Rimasi a fissare la mia tazza di cappuccino per qualche minuto. Cosa mi era successo? Credevo di essermi liberata di quel brutto ricordo. Josh era stato sospeso fino alla fine dell’anno. Non lo vedevo mai in giro e tanto meno non ci parlavo. Poi arrivava al tavolo e mi salutava. E io diventavo paranoica e terrorizzata. Non era da me! Finii di bere il cappuccino e, senza accorgermene, feci cadere la mia borsa. Mi chinai a raccogliere libri e penne. Subito i dolci sparirono dal tavolo e la Umbridge battè le mani. Qualche ritardatario riuscì a rubare una brioche di sfuggita. La campanella suonò e Gazza iniziò a muoversi con la sua solita andatura inquietante per i tavoli. Mi alzai, seguita da Anna ed Hermione, ed iniziammo a dirigerci verso l’aula di Incantesimi. Stavo camminando quando mi sentii tirare per la manica della camicia. Mi girai e il brivido mi ripercorse la schiena. “Hey senti…prima, quando il prefetto ci ha mandati via…” iniziò a dire ancora. Io mi liberai dalla presa ed arretrai. “Aspetta Giulia…senti…” ricominciò Josh. Hermione ed Anna erano andate avanti, senza notare che ero rimasta indietro. Feci un passo indietro. “Senti…mi manchi ok?” disse d’improvviso lui, prendendomi la mano. La testa aveva iniziato a farmi male e quelle immagini mi scorrevano davanti come un film. Iniziai a respirare male. Allentai il cravattino. Non riuscivo a dire una parola. Volevo andare via. Volevo che mi lasciasse in pace. Una terza mano sciolse la mano di Josh dalla mia. “Credo che la signorina Wyspet ora debba andare a lezione…” suggerì Piton, con sguardo fisso sul ragazzo. “Si…ehm…senti…parliamo un’altra volta allora…” disse lui, poi corse dai suoi amici. Piton mi guardò. “Gra…grazie…” lo ringraziai. Avrei tanto voluto abbracciarlo. “Sarebbe meglio se non si fermasse a parlare con certi individui…” osservò Severus, guardando il ragazzo andare via. “Io…non so…non riesco a muovermi quando…” iniziai a spiegare. “Mi dia retta, cerchi di rivolgergli la parola il meno possibile…” commentò Piton. Anna ed Hermione arrivarono trafelate da noi. “Eccoti finalmente! Ci siamo girate, e non c’eri più!” disse preoccupata quest’ultima. “Vi consiglio di tenere d’occhio la vostra amica…” suggerì Piton, facendo un cenno verso il gruppetto di Corvonero vicino. Anna ed Hermione si guardarono interrogative, mentre Piton si congedò subito. “Cosa voleva dire Piton?” chiese Anna. Io iniziai a camminare. Scossi la testa. “Nulla…nulla…ora andiamo che siamo già in ritardo…” le liquidai, a passo svelto. Le due non dissero nulla e mi raggiunsero. Non ero tipo da mentire alle mie amiche, ma quella faccenda con Josh non mi piaceva, e se ne avessi parlato con loro si sarebbe scatenato un putiferio. Decisi di ignorare quel piccolo episodio ed offuscarlo con la festa della sera prima. Nell’ora di Difesa riuscii perfino a sorridere alla Umbridge. Intanto Hermione e Anna continuavano a guardarmi. A pranzo ci fu quasi una rissa tra Draco e Keith, poi delle lezioni leggere. Io ed Anna frequentavamo gli stessi corsi aggiuntivi, la metà di quelli a cui prendeva parte Hermione. Poi, finiti i corsi, la mia compagna filava dal suo amore, mentre io rimanevo in dormitorio a leggere o ascoltare musica. Oppure studiavo in biblioteca. Quel giorno ero particolarmente annoiata. Fuori le nuvole predicevano pioggia, ed io non volevo starmene tappata in dormitorio, né andare in biblioteca. Avevo un brivido negativo che mi scorreva giù dalla schiena ogni volta che pensavo di girare per i corridoi da sola. Non vedevo l’ora che arrivasse il dopo cena, così da poter sgattaiolare da Piton. Vicino a lui mi sentivo sicura. Protetta, da quella brutta sensazione che era arrivata a tormentarmi. E tutto per colpa di quel maledetto Corvonero. Perché Josh non mi lasciava in pace? Prima delle vacanze di Natale non si era mai fatto vivo e io ero felice e contenta vicino al mio Severus. Ma ora. Anche solo girare per i corridoi mi metteva timore. Odiavo essere paranoica. Odiavo dover avere paura di qualcuno. Soprattutto se maschio. Non li ho mai sopportati i prepotenti. Nonostante molti ragazzi avessero attaccato briga con me ed Anna, alla fine in quegli anni cel’eravamo sempre cavata. Ma se lei non era con me. Cosa potevo fare? L’anno prima avevo rischiato grosso. Se non fosse intervenuto Piton. Andai in dormitorio a poggiare la borsa. Come mi aspettavo era vuoto. Sbuffai e arraffai l’mp3, poi mi precipitai fuori. Decisi che sarei andata ad aspettare Hermione fuori dall’aula di Antiche Rune. Camminavo a passo svelto con i nervi pronti a saltare. “Giulia!” sentii chiamarmi. Deglutii pregando che non fosse chi pensavo. “Giulia hey fermati!” mi richiamò. Io non mi fermai ne rallentai. Sentii dei passi veloci, poi una figura mi si parò davanti. “Eppure non hai le cuffie…non mi hai sentito?” chiese affannato Josh. Io lo guardai con sguardo truce. “Devo parlarti…” disse, quando ebbe ripreso fiato. Io scossi la testa e feci un passo per sorpassarlo, ma lui mi prese ancora la mano. Sentivo la testa che pian piano cominciava a darmi segnali d’allarme. “Oggi Piton ci ha interrotti…però…senti…lo so che l’anno scorso non lo abbiamo concluso molto bene…” iniziò a spiegare. Io lo fulminai con lo sguardo. “Non guardarmi così Giuly…per favore…” mi supplicò. Giuly. Ecco il flash che tornava. “Ssst Giuly…io e te staremo assieme per sempre…”. Mi liberai dalla sua mano. “Ero un ragazzino con gli ormoni in casino…e mi piacevi…poi d’un tratto mi hai mollato…” continuò, cercando di sembrare dalla parte del giusto. Io strinsi i pugni. “Hai tentato di…di…cavolo, non riesco nemmeno a dirlo!” gli urlai contro. Josh sospirò e si avvicinò. Io arretrai. Lui mi prese per le spalle e mi abbracciò. La testa mi stava per scoppiare. Lo allontanai, iniziando a riempirlo di pugni nello stomaco. Josh rise. “Non ti dimenticare che ho un anno più di te Giuly…non mi fai nulla…” osservò, fermandomi i pugni e prendendomi i polsi per farmi stare ferma. Cercai di liberarmi. “La…lasciami…” gli ordinai, cercando di essere convincente. Lui mi fissò negli occhi. Mi vidi riflessa in quegli occhi scuri, che rivelavano tutto di quel ragazzo. Ecco un lampo nella mia testa. Il ghigno soddisfatto dipinto sul suo volto, mentre mi tastava il sedere un anno prima. La sua lingua sul mio collo. “No Giuly…non aver paura…” disse piano, avvicinando il suo viso al mio. Ero immobilizzata dalla paura. Fu un attimo e Josh unì le sue labbra alle mie. I miei occhi si riempirono di lacrime. Quando lui si staccò mi sorrise. Gli assestai un calcio e mi liberai, poi corsi via tra le lacrime. “Giulia! Aspetta!” lo sentii chiamare. Io corsi a più non posso. Percorsi corridoi su corridoi, scale, luci traballanti ed uscii. Quando arrivai vicino alla riva del lago, a pochi metri dall’albero che aveva fatto incontrare me e Piton, iniziò a piovere. Mi voltai e vidi il castello in lontananza. Corsi verso l’albero e mi ci riparai. E piansi. Piansi perché mi sentivo male. La testa mi doleva da matti. E il cuore. Era quello che faceva più male. Mi sentivo sporca. Volevo che la pioggia lavasse via quei ricordi. Quel bacio che Josh mi aveva appena strappato con la forza. Eppure ero riuscita solo a tirargli un calcio. Un tuono rimbombò e io cacciai un urlo. Mi tappai le orecchie e mi rannicchiai sotto l’albero, nascondendo la faccia tra le ginocchia. Tremando per il freddo accesi l’mp3 nascondendolo sotto il pullover smanicato dell’uniforme perché non si bagnasse. Amy Lee degli Evanescence iniziò a cantare. Bring Me To Life. Alzai al massimo volume per non sentire i tuoni, ma era inutile. Alzai lo sguardo e cercai di scacciare le immagini che andavano a ripetizione nella mia testa. La misi tra le mani per evitare che mi scoppiasse.Wake me up inside (I can’t wake up). Avevo veramente paura. Non ero riuscita a fronteggiare Josh. Non ero riuscita a proteggermi da sola. Non sopportavo che qualcuno fosse superiore a me, che riuscisse a mettermi paura. Wake me up inside (save me). Pregavo che tutto finisse. Pregavo perchè quel senso di ansia e paura che mi stava addosso scivolasse via, come dello sporco dalla mia pelle. Pregavo perché arrivasse Severus. Perché mi salvasse, come aveva già fatto un anno prima. “Ti prego Severus…salvami…” sussurrai. Poi un tonfo. Pioggia. Più nulla. Wake me up inside, call my name and save me from the dark.

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Capitolo 5
*** All You Need is Love ***


Salveeeh *-* siamo già al cinque nè ** oramai l'idea di aggiornare due volte a settimana mi sta prendendo bene u_u anyway, spero che la storia vi piaccia *^* tengo tanto alla mia piccola Giulia, siamo cresciute assieme TwT okkeee so che è alquanto patetico considerare i propri personaggi come figli (no, forse non lo è e.e) u.u per varie ed eventuali dosi di insulita gratuite rivolgersi oramai al banco 3 <3
In questo cap abbiamo...nemmeno una canzone D: *smemorata*

Avvertenze: OCCtudine (maybe o.ò), dolciume vario e chi più ne ha più ne metta u.u

Bien, vi lascio all'aggiornamento **
Buona lettura,
Mimi : ***



5° Capitolo

Quando mi svegliai ci misi un po’ per capire dov’ero. Dapprima pensai di trovarmi nella mia camera. Aprii gli occhi a fatica e misi piano a fuoco quello che mi stava intorno. Sentii lo scoppiettio di un fuoco in un caminetto e vidi qualcosa che si muoveva sfocato verso di me. “Ha ripreso conoscenza finalmente…” osservò una voce a me più che famigliare. Con uno sforzo mi tirai su e stropicciai gli occhi per riuscire a vedere meglio. Quando li riaprii vidi Piton, davanti a me, che mi osservava incerto. Io lo guardai sorpresa. “Non si sforzi…si sdrai, altrimenti le salirà la febbre…” mi ordinò, colpendomi leggermente con una mano sulla spalla, in modo da farmi ricadere con la schiena sul letto. Non avevo forza. Severus scosse la testa. Vidi il caminetto acceso in un angolo della stanza. Nel dormitorio noi non avevamo un caminetto. E non c’erano nemmeno i letti di Hermione e Anna. Feci scorrere una mano sulle coperte verdi scuro, così morbide e vellutate, ma che tenevano molto caldo. Guardavo la mia mano scorrere sul tessuto, poi mi tirai su di nuovo. Sul mio braccio scivolò una manica viola. Solo allora mi accorsi di essere in pigiama. Mi girai e vidi i vari componenti della mia uniforme appesi a scaldarsi vicino al fuoco del caminetto. Piton stava ancora davanti a me, a braccia conserte. “Apra la bocca…” mi ordinò. Io lo guardai stranita e obbedii. Allungò una mano e mi infilò il termometro. Richiusi la bocca guardandolo ancora più interrogativa. “Stia ferma mi raccomando…” disse ancora, osservando l’orologio appeso alla parete. Dopo cinque minuti si riprese il termometro. “Trentotto e mezzo…le è scesa la febbre, ma non ci siamo ancora…” sbuffò, poggiando l’oggetto sul comodino. “Si può sapere cosa ci faceva fuori sotto la pioggia?” esclamò, acido. Solo allora me ne ricordai. Ricordai di essere uscita dal dormitorio per andare a prendere Hermione. Poi il corridoio e…Josh. Il bacio. Mi venne una fitta al cuore e abbassai lo sguardo. Tremai di poco e Piton mi sistemò la coperta. “Perché…sono nella sua camera?” chiesi, con un filo di voce. Lui scosse la testa. “Ho notato che non era a cena, e che le sue amiche erano piuttosto agitate…così, sono andato a chiedere spiegazioni, e la signorina Granger mi ha detto che quando è tornata in dormitorio non l’ha trovata…” iniziò a spiegare. Io torturavo la coperta tra le mani. Sentivo le guance che scottavano. “Stavo dando un’occhiata nei dintorni del lago, quando ho sentito quell’aggeggio babbano che suonava. L’ho trovata svenuta sotto la pioggia…scottava, così l’ho portata qui…” continuò. Io strinsi la coperta. “Le ho misurato la febbre…aveva trentanove…” raccontò Piton, sbuffando. “Grazie…” sussurrai. “Non potevo lasciarla fuori con questa pioggia…anche lei però signorina, mi vuole cortesemente spiegare cosa diamine ci faceva fuori con questo tempo? Senza nemmeno un ombrello poi!” rimbeccò, a mo di predica. Io non risposi. “È stata una vera incosciente! Poteva capitarle qualcosa! Se non l’avessi trovata a quest’ora sarebbe ancora li fuori…ha rischiato una bella polmonite, se non di peggio!” continuò a rimproverarmi. Non avevo il coraggio di guardarlo in viso. Quella sensazione di sporco che avevo addosso c’era ancora. “Se ne rende conto almeno signorina Wyspet? Mi risponda!” disse infine, arrabbiato. Io sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Maledetto Josh. “Si…” risposi, con la voce tremante. Piton sbuffò. “Ho messo i suoi vestiti ad asciugare come vede…” continuò, freddo. Io arrossii. “Non si preoccupi…non ho visto un solo centimetro di pelle…” disse sbrigativo. Anche se non lo guardavo in viso sapevo che era in imbarazzo. “Però vorrei proprio sapere il motivo di questo suo nuovo gesto alquanto sconsiderato…” disse ancora. “Io…non…” iniziai a dire, ma poi mi bloccai. Non dovevo piangere. Non volevo piangere. “Dunque?” chiese Piton. “Non ci ho pensato…” sussurrai. “Ah davvero? Come al solito signorina Wyspet…” rimbeccò acido. “Avevo…paura…” dissi, ancora più sottovoce. “Di che cosa? Dei tuoni?” mi prese in giro. Io strinsi così tanto la coperta nelle mie mani che sentivo le dita farmi male. “Volevo andare a prendere Hermione fuori dall’aula di Antiche Rune…” iniziai a raccontare. Piton annuì. “Però sono stata bloccata in corridoio…” continuai. Iniziai a tremare. Sentivo ancora la stretta di Josh sui miei polsi. Mi fermai. “Da chi?” chiese Piton. Io rimasi zitta. “Signorina Wyspet, mi risponda!” esclamò Severus, spazientito. Silenzio. “Le sarei grato se mi rispondesse…magari guardandomi in faccia…” commentò, seccato. Alzai piano lo sguardo. Sillabai il nome del ragazzo, ma Piton non capì. “Josh…Roberts…di Corvonero” dissi, in un sussurro. Stavolta il professore capì e il suo viso si fece serio. “Le ha fatto qualcosa?” chiese ancora. “Mi ha…detto che…voleva parlare…poi però…l’ho respinto e…mi ha…” iniziai a dire. Piton tamburellava nervoso le dita sul comodino. Abbassai il viso. “Avanti, continui!” esclamò Piton spazientito. “Mi ha bloccata e mi ha baciata…” conclusi. Severus rimase zitto qualche minuto. “Ero immobilizzata dalla paura…appena ho potuto gli ho dato un calcio e sono corsa via…” finii. Le lacrime avevano iniziato a scendermi calde sulle guance. Severus mi guardò. “Perché…perché non mi lascia in pace…non voglio ricordarmi quelle brutte cose...” dissi, tra i singhiozzi. Piton si sedette sul letto accanto a me. “Non sono capace di far nulla contro Josh…la paura mi immobilizza ed ho il terrore che mi possa far qualcosa…da sola non valgo nulla…se non c’è qualcuno a proteggermi io…” dissi ancora, tra le lacrime. “Signorina Wyspet, non dica sciocchezze…è normale che abbia paura…la sua non è stata un’esperienza da poco…e quel ragazzo, non dovrebbe nemmeno azzardarsi a toccarla…” rispose Piton. Io scossi la testa. “Ogni volta che sento quella voce…lo sento pronunciare il mio nome…la testa mi fa male e rivedo quelle immagini…” spiegai. Severus sospirò e si avvicinò. “Signorina Wyspet, non deve far vincere la sua paura…in questo modo farà vincere Josh…e non è quello che vuole, vero?” mi disse. Io scossi la testa. “Io…non volevo…che mi baciasse…” precisai, nascondendo il viso fra le mani. “Mi sento come se mi avesse preso qualcosa d’importante…forse la mia sicurezza…” dissi. Piton scosse la testa. “Non si strappa mai un bacio ad una donna contro il suo volere…è da zoticoni…” osservò. “Mi sento…sporca…come se avessi tradito una persona…” singhiozzai. Non volevo dirgli direttamente che mi sentivo come se lo avessi tradito. Speravo che capisse. “Non dica così…lei non è affatto sporca…anzi, è una vittima…e sono sicuro che quella persona la perdonerà…dopotutto non ha fatto nulla di male…” disse Piton, togliendomi le mie mani dal viso. Vidi che stava sorridendo, così mi buttai tra le sue braccia singhiozzando. Lui non protestò. Mi accarezzò la testa con una mano. “Professore…mi…dispiace…” mi scusai. “Calma signorina Wyspet…non pianga…è tutto passato…ci sono io con lei ora…” mi sussurrò. Affondai il viso tra le sue braccia. “Non voglio tornare in dormitorio…ho paura di incontrarlo…non voglio vederlo più!” mi lamentai. “Ha ancora la febbre…finché non le passa è meglio non farla muovere…ora si sdrai e rimanga sotto le coperte…” mi ordinò. Io obbedii e lui mi rimboccò le coperte. “Anna ed Hermione sanno che sono qui?” chiesi. “Si…ora si riposi…” rispose. “Grazie per tutto professor Piton…io…le voglio…bene…” dissi, prima di chiudere gli occhi. Sentii il rumore degli scoppiettii del fuoco che si affievoliva. La febbre stava avendo la meglio. Mi addormentai, avvolta nel profumo intenso delle lenzuola e con quella sensazione di protezione, che sono Severus riusciva a trasmettermi.
Mi svegliai di soprassalto. Il respiro irregolare. Il cuore mi batteva a mille. Un incubo. Sospirai e mi sedetti cercando di appoggiarmi stabilmente sulle braccia. Non avevo ripreso le forze. Mi guardai in giro: la stanza era illuminata solo dal fuoco, che scoppiettava ancora nel caminetto. Il mio respiro si fece meno intenso. Odiavo avere incubi. Di solito non ne avevo, anzi, sognavo sempre. Cose strane, impossibili, ma sempre sogni. Vidi una luce traballante provenire dalla stanza vicina. La porta era aperta. Intravedevo un’ombra. Mi alzai piano, trattenendo un brivido nel sentire i piedi nudi a contatto con il pavimento freddo. Appoggiai una mano contro il muro per sostenermi. Piano andai verso la porta e mi appoggiai allo stipite. Piton era chino sulla scrivania, con una pila di compiti accanto. Rimasi a guardarlo incantata, ma dopo qualche minuto starnutii. Severus si girò di scatto e mi guardò. Io arrossii. “Cosa ci fa li? Prenderà freddo! Torni a letto immediatamente!” mi ordinò. “Ho…avuto un incubo…” risposi. Piton mi guardò alzando un sopracciglio. “Ho capito…” disse, alzandosi e fermandosi davanti a me a braccia conserte. “Avanti…le misuro la febbre…” disse, porgendomi una mano. Io mi staccai dallo stipite e la accettai. Mi condusse vero il letto, mi fece sedere e mi provò la febbre. “Trentotto…non vuole abbassarsi…se non si rinforza un po’ non guarirà facilmente…” sospirò. Io mi rimisi nel letto, ma non mi sdraiai. “Signorina Wyspet, ero convinto che sentirla in silenzio perenne fosse impossibile, quanto un piacere, ma ora mi preoccupa…è anche diventata pallida…” esordì. Io lo guardai. “Professore…?” lo chiamai. Lui annuì. “Secondo lei tornerò a sognare?” gli chiesi. Lui mi guardò stupito. “Lo so che era solo un incubo…ma…se non riuscissi più a sognare cose belle? Non basta dover rivedere quelle immagini ogni volta che lo vedo, ora anche quando dormo mi torturano…” spiegai, portandomi le mani alla testa. “Non è passato nemmeno un giorno dalla sua rimpatriata con i brutti ricordi…è normale che abbia degli incubi…però non per questo deve farne una tragedia…” sbottò. “Mi sento davvero una bambina…debole…e incapace…” sospirai, affranta. “Me lo ha detto lei stessa ieri sera…non è una bambina…e sinceramente credo che dopo un mese tornerà ad attaccar briga con ogni maschio che cerchi di importunare le sue amiche…” rispose, cercando qualcosa nel cassetto del comodino. “Però quando importunano me non riesco nemmeno a parlare…è ironico non trova? Finalmente Giulia Wyspet ha trovato qualcuno che le può tener testa, anzi, farle paura!” mi autocommiserai. Piton scosse la testa. “Lei è convinta che Josh sia più forte di lei…però io l’ho vista prendere a pugni ragazzi più robusti di lui, quando ancora lei aveva dodici anni…” rimbeccò. Io feci un debole sorriso. “Per esempio appunto in seconda, quando il signor Malfoy aveva insultato la signorina Haliwell…” ricordò, sfogliando un libricino trovato nel cassetto. “Vero…lui l’aveva chiamata Mezzosangue, e io l’ho picchiato…” continuai. “Solo quando venni io a dividervi lei la smise di tirare calci e pugni…sembrava una furia scatenata…” commentò divertito. Io arrossii. “Ero un maschiaccio quando ero piccola…” sorrisi ancora. “Vede, lo ammette anche lei che non è più una bambina!” osservò Piton soddisfatto. Sentii bussare alla porta dell’ufficio. Piton si affrettò ad andare ad aprire, chiudendo la porta della camera. Io mi alzai e sgattaiolai fino alla porta, poi l’aprii di poco. Vedevo Severus aprire la porta dell’ufficio. Uno scintillio mi fece venire in mente quale persona potesse essere. “Che ci fate qui?” chiese seccato Piton. “Vogliamo vedere Giulia! Sapere almeno come sta!” iniziò a strillare subito Anna, con le borchie del bracciale che scintillavano al buio, illuminate dalla luce flebile della candela sulla scrivania. “Per prima cosa, signorina Haliwell, la smetta di strillare…” ordinò Severus, acido. Anna ubbidì. “Vi ricordo che è mezzanotte passata, e che il coprifuoco è scattato da ben quattro ore…mi meraviglio di lei signorina Granger!” le rimproverò Piton. Vidi Hermione arrossire ed abbassare lo sguardo. “Ma noi vogliamo sapere come sta!” ripeté Anna, cercando di sbirciare oltre la porta. “Ha ancora la febbre, però vedo già un miglioramento. Deve stare tranquilla e riposare…domani non verrà a lezione, mi occuperò personalmente di avvertire la professoressa McGranitt…” spiegò, spazientito. Anna lo guardò dubbiosa. “Lei non me la racconta giusta prof….” iniziò a dire, scrutandolo. Piton sospirò esasperato. “Non è che se la sta spassando con Giulia…siete da soli dopotutto…” ipotizzò Anna. “Che cavolo dici?! Stai zitta!!” la pregò Hermione, tirandola per la manica dell’uniforme. “Non si preoccupi signorina Granger, farò finta di non aver sentito…e se volete proprio saperlo, la signorina Wyspet non ha ancora ripreso le forze, è debole, fa fatica ad alzarsi dal letto…” le informò Piton. “Seeee! E noi ci crediamo che non riesce a muoversi dal letto perché è malata!” rimbeccò per nulla convinta Anna. Hermione le diede un pugno in testa. “Grazie signorina Granger…mi ha letto nel pensiero…” si complimentò Piton. La ragazza sorrise. “Grazie a lei per quello che sta facendo…all’inizio non sapevamo cos’avesse Giulia…però a cena abbiamo sentito Josh raccontare a Keith di oggi pomeriggio, appena lei sen’è andato…” spiegò Hermione. Severus annuì. “Quel maledetto! Ma se tocca ancora solo con capello Giulia, lo uccido! Gli scateno contro un inferno!” ringhiò Anna. “Cioè? Rimarrà con lui tutto il giorno?” disse acido Piton. Hermione trattenne una risata. “Non si preoccupi professore, farò finta di non aver sentito…” lo imitò con fare superiore Anna. Io risi. Piton sbuffò, mentre Hermione le diede un altro pugno. “Herm, non mi trattare male!!” si lagnò Anna. Il professore ghignò compiaciuto. “Ora andate…domani dopo lezione vi darò altre notizie…” le congedò. Anna iniziò a sgattaiolare verso i dormitori di Serpeverde, ma Piton la prese per l’uniforme e la passò ad Hermione. “Grazie ancora professor Piton! Ci saluti Giulia e le dica che ci manca…” sorrise quest’ultima, per poi sparire dalla mia visuale. Severus chiuse la porta e io tornai di filato (per quanto la mia camminata da bradipo addormentato lo consentisse) a letto. “Erano le sue amiche…la salutano…anche se presumo che lo saprà, dato che ha origliato tutto…” mi riferì. Io arrossii. “A quanto pare il suo Josh si è accuratamente preoccupato di vantarsi delle sue imprese…” esordì Piton. “Non è il mio Josh…” precisai. Severus scosse la testa divertito e mi mise una mano sulla fronte. “Scotta ancora…questa febbre non vuole proprio andare giù!” disse poi. “È mezzanotte…non ha sonno?” gli chiesi. Piton sbuffò. “Sempre la stessa storia signorina Wyspet…quante volte le devo dire che…” iniziò a dire. “…deve correggere i compiti…lo so, ma mi dispiace usurparle il letto…” sospirai, in colpa. Severus non disse nulla. “Perché non mi ha portata in infermeria?” gli chiesi, curiosa. “Per il semplice fatto che ora la preside è la professoressa Umbridge…e che per come la penso io, la vedrebbe volentieri in un letto d’ospedale…” spiegò. Io sorrisi, mentre brividi di terrore mi percorsero la schiena, al pensiero della Umbridge che scambiava la mia medicina con del veleno. “E ora, se non le dispiace, dovrei andare a correggere i compiti…” si congedò, girandosi con un fruscio di mantello. Io mi sporsi e gli presi la manica della giacca. “Non se ne vada…mi faccia compagnia finché non mi addormento…” lo pregai. Lui sbuffò. “Per chi mi ha scambiato, per suo padre?!” rimbeccò, acido. “No...per il mio peluche!” scherzai. Piton scosse la testa, però non cercò di liberarsi della mia stretta. “Se vuole le metto della musica…” commentò, per nulla convinto. Io scossi la testa, decisa, poi mi ricordai del mio mp3. “Che fine ha fatto l’aggeggio babbano che avevo con me?” chiesi. “Da buttare…era finito sotto la pioggia…” rispose Piton. Lo guardai con occhi sbarrati dallo shock. “Non mi guardi così…se guarda nel cassetto del comodino lo troverà li, intatto e funzionante…è bastato un incantesimo di riparazione…” ghignò. Io mi tranquillizzai. “Ora crede che mi lascerà la manica prima della fine dell’anno?” mi chiese, acido. “La prego…solo per mezzora…” lo pregai ancora. Severus mi guardò, poi esasperato, prese una sedia dall’angolo della stanza e la portò vicino al letto. Io sorrisi. “Dunque, signorina Wyspet, cosa dobbiamo fare? Guardarci negli occhi finché non le verrà un attacco di sonno?” mi chiese poi, arcigno. Io ci sarei riuscita a guardalo negli occhi anche per tutta la notte. “Mi racconti qualcosa…” sorrisi. “Ora anche le favole della buonanotte?” mi prese in giro. “È che la sera nel nostro dormitorio c’è sempre caos…Anna ed Hermione fanno per cinque, e non sono abituata al silenzio…e poi…ho paura di avere ancora incubi se mi addormento…” confessai, rossa in viso. “In effetti già la Haliwell in sé fa per cinque…” commentò divertito Piton, poi si alzò dalla sedia. Non avevo ancora mollato la presa, però non stringevo forte la manica. Ero ancora un troppo debole per riuscire a tenerla stretta per molto, così, lui ne aveva approfittato e si era liberato facilmente. Con passo svelto, Severus era andato alla libreria, e ora stava scrutando gli scaffali. Io lo guardavo curiosa. Prese un libro, e tornò a sedersi. Non riuscii a vedere la copertina. Lui lo aprì e scorse le prime pagine. “Non ho libri di favole purtroppo…si dovrà accontentare di un horror…” spiegò. Io battei le mani entusiasta. “Il mio genere preferito!” esclamai, pensando che mi porgesse il libro per leggerlo. Invece, si schiarì la voce. “Parte prima. ‘Capisco…’ disse pensieroso il vampiro, poi attraversò lentamente la stanza fino alla…” iniziò a leggere, poi si fermò, notando il mio sguardo sbalordito. Voleva leggermi un libro? Cioè, avrebbe letto per me? “Qualcosa non va signorina Wyspet?” mi chiese, accavallando le gambe con eleganza e poggiandovi il libro. “No…è che…non pensavo che volesse leggermelo lei…” confessai, imbarazzata. “Se si sforza le salirà la febbre…e non è il caso…comunque, ha riconosciuto il libro da cui sto leggendo?” mi chiese. Io scossi la testa. “Intervista col Vampiro, di Anne Rice…” precisò. Io sorrisi. “Lo conosce?” disse ancora. “Si…l’ha letto Anna…me lo deve prestare da mesi, ma a quanto pare Draco è lento nella lettura, e ce l’ha ancora in prestito…” spiegai, allegra. “Bene… capita giusto di proposito…” esordì Piton, tornando ad abbassare gli occhi sul libro. Ricominciò da capo, mentre io lo guardavo incantata. Leggeva in modo divino, con la voce sensuale e scorrevole. Era un piacere sentirlo, e la sua aria concentrata, con i capelli che gli ricadevano ai lati del viso era uno spettacolo. La mia mente cercava di seguire le parole, ma il mio sguardo si perdeva su di lui. La postura perfetta, con una mano che teneva la copertina e le pagine già lette e l’altra che scorreva con un dito le pagine. Per un attimo mi immaginai come sarebbe stato avere ancora la sua mano nella mia, come un anno prima, quando ci eravamo addormentati vicini sotto l’albero. Sentii il suono della sua voce per tutta la notte. Non ci rendemmo conto del tempo che passava. Solo quando chiusi gli occhi per qualche secondo, Piton smise di leggere e si voltò verso l’orologio appeso sulla parete. “Sono le due e mezza passate…” osservò, alzandosi e spostando la sedia. “È presto! Continui a leggere la prego!” lo pregai. Lui appoggiò il libro sul comodino. “Solo un capitolo!” dissi ancora, stringendo le coperte tra le mani. Severus scosse la testa. “Un paragrafo!” continuai. “Signorina Wyspet, non insista!” mi sgridò. Io abbassai lo sguardo dispiaciuta. Lo senti sbuffare. Alzai la testa e lo vidi prendere il termometro. Aprii la bocca. Tenni il termometro per i soliti cinque minuti, poi Piton controllò la temperatura. “Ancora trentotto…eppure questa sua vitalità non è normale…” osservò, guardandomi. Pensai che la mia forza di volontà stesse controllando la febbre. Dopotutto, chi se ne voleva andare dal letto di Piton…io, no di certo! Essere coccolata da lui poi, era una pacchia! “Ora si metta sotto le coperte…” disse. Io obbedii e lui me le rimboccò. Gli sorrisi. “Professor Piton…” lo chiamai. Lui mi guardò con le braccia incrociate al petto. “La favola gliel’ho raccontata, le ho rimboccato le coperte, ora cosa vuole?” esclamò seccato. Tirai la coperta fino agli occhi, in modo che non si vedesse che ero rossa in viso. “Mi chiedevo…se…volesse…” cercai di dire. Piton mi guardò annoiato. “Volevo chiederle se…ecco…mi farebbe compagnia?” riuscii a dire. “Le ho fatto compagnia fino ad ora, cosa pretende ancora? Dovrò andare a finire quei compiti prima o poi!” rimbeccò. Poi mi guardò e capii che aveva realizzato cosa in realtà gli avevo chiesto. Si girò di scatto dandomi le spalle. “Professore?” lo chiamai ancora. Era in imbarazzo. Almeno quanto me. Tossì, ed evitò accuratamente di girarsi. Fece un passo in avanti. “Per favore… non voglio fare altri brutti sogni!” confessai, ancora più rossa in viso. Lui non rispose. “Se lei dorme accanto a me…sarò protetta da ogni incubo…” sorrisi, imbarazzata. Severus si girò senza guardarmi in viso. Le sue guance avevano preso colore. Si avvicinò a passo svelto e si sedette sul letto. “Solo finché non si addormenta…intesi?” esordì. Io annuii e gli feci spazio, spostando le coperte. Lui si tolse il mantello, poi mise accanto a me, con la schiena appoggiata contro la spalliera ed il cuscino e con le gambe allungate sul letto. Sorrisi e mi avvicinai piano, poi mi accoccolai vicino a lui. Adoravo il suo profumo. Mi sembrava un sogno potergli stare così vicino. Appoggiai la testa sul cuscino e allungai un braccio, stringendo piano un lembo della sua giacca nella mano. “Per favore…non mi lasci da sola…” sussurrai. Piton annuì. “Promesso?” sussurrai ancora, chiudendo gli occhi e stringendo il lembo di giacca. “Promesso…” rispose Severus. Sentii qualcosa che si posava sulla mia mano, poi presa dalla stanchezza e dalla febbre, mi addormentai

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Capitolo 6
*** You and Me ***


Ceeo a tutti *^* ho perso il conto dei giorni e mi son trovata ad aggiornare solo ora xD *si fustiga* infatti sono tentata di mettere anche il prossimo capitolo subito dopo questo...sempre se la connessione collabora eh ._.
Anyway, in questo capitolo troviamo delle frasi di You and Me dei Lifehouse e Pretty Boy delle M2M.

Avvertenze: OCCtudine, diabetanza (insulina al banco 3 u.u)

Spero che il capitolo vi piaccia,
per qualsiasi domanda io sono qui *^*
Buona lettura <3



6° Capitolo

Sentii dei rumori. Aprii di poco gli occhi e strinsi la mano. Al posto della giacca di Piton, c’era il cucino. Avevo freddo alla schiena. La coperta doveva essermi scivolata via. Scorsi una figura nera attraversare veloce la camera. Aprii ancora gli occhi e notai che era Severus. Si sistemò la camicia e la giacca, poi sfrecciò nell’ufficio. “Per Merlino, sono in ritardo!” esclamò, sottovoce, tornando nella stanza. Io feci finta di dormire richiudendo gli occhi, ma lo sentivo chiaramente muoversi agitato. “Se solo non mi fossi addormentato! Non ho nemmeno corretto i compiti! Severus, che diamine ti è preso?!” si rimproverò. Riaprii gli occhi per la curiosità e lo vidi avvicinarsi. C’era ancora il mantello che si era tolto prima di venire a dormire con me, sul pavimento. Lo raccolse e io socchiusi gli occhi quel tanto che bastava per intravederlo. Piton si rimise il mantello, poi si fermò e mi guardò. Avevo ancora la mano che stringeva il cuscino. Mi toccò la fronte e scosse la testa. “Proprio una brutta febbre…” sospirò, poi, mi tirò su la coperta fino al mento. Sentii la sua mano accarezzarmi una guancia. Una ciocca di capelli mi finì sugli occhi e Piton la risistemò in modo che non mi desse fastidio. Allungai il braccio che avevo sul cuscino e lo protesi verso il mantello. Lo tirai verso di me. “Professore…” sussurrai, fingendomi addormentata. Sentii la mano di Severus staccare la mia dal mantello e poggiarla sotto la coperta. “Sogni d’oro…Giulia…” mi sussurrò, schioccandomi un bacetto sulla guancia. Lo vidi sfrecciare verso la porta, per poi uscire. Lo sentii pronunciare qualcosa, che probabilmente era un incantesimo di blocco per la porta, e poi non udii più nulla. Rimasi da sola, nella stanza. Nonostante fosse giorno, non entrava un filo di luce dalle piccole finestre. Dopotutto, ero nei sotterranei. Sbadigliai e allungai una mano verso il comodino. C’era il termometro appoggiato vicino al libro. Presi il primo oggetto e lo tenni in bocca per cinque minuti. Incredibilmente la febbre non si era abbassata, anzi, era stabile a trentotto. In effetti ogni talvolta io avessi avuto la febbre, ero rimasta a letto per almeno due giorni. Quando ero piccola mia madre mi diceva sempre che ero talmente dolce che i virus mi adoravano così tanto da non voler andare più via. Era una cosa da bambini appunto, ma era anche carina da pensare, tutti quei piccoli virus (che io immaginavo come peluche) che mi facevano compagnia nel letto. Rimisi apposto il termometro e mi girai a pancia in su. Non ero completamente sveglia, ma nemmeno dormivo. Ero nella veglia più totale, e di solito, qualcosa che mi faceva addormentare in quello stato era la musica. Aprii il cassetto della scrivania e presi il mio mp3. Lo accesi. Per fortuna non era rimasto sintonizzato sull’ultima canzone che avevo sentito quando ero svenuta. O almeno, le canzoni erano andate avanti, ma io non le avevo sentite. Il Tango De Roxanne si propagava nella mia testa. Mandai avanti. Avevo voglia di qualcosa di tranquillo. Mi capitò She’s a Rebel dei Green Day. Essendo il mio gruppo preferito, come potevo mandare avanti una loro canzone? Purtroppo, quando comparirono i primi segni di mal di testa, fui costretta a cambiare. Teenagers, My Chemical Romance. Avanti. Finger Eleven, One Thing. Si, poteva andare. Mi misi a pancia in su, ripensando a Piton, alle sue lamentele. Voleva dire che era rimasto davvero al mio fianco tutta la notte? Però, a ripensarci, quella notte non ebbi degli incubi, ma sognai. Non mi ricordavo cosa, ma sapevo che non erano incubi. Severus era riuscito a salvarmi anche questa volta, o almeno, per ora. Quando sarei tornata a frequentare le lezioni, la mia paura sarebbe tornata. Non potevo portarmi Piton in giro per la scuola come un peluche. Senza che me ne accorgessi la canzone cambiò e divenne Because of You, di Kelly Clarkson. Probabilmente Anna ed Hermione non mi avrebbero più lasciato da sola. O almeno, era quello che speravo. Possibile che Josh non si rendesse conto di quanto male mi facesse? Se davvero mi amava ancora, avrebbe dovuto rispettare le mie scelte, ma già dall’anno prima. Senza aule chiuse e incantesimi immobilizzanti. Senza prepotenza e baci rubati. Mi girai su un fianco e appoggiai l’mp3 sul cuscino. Dovevo trovare il coraggio di farla pagare a Josh. Non poteva continuare a mettermi paura! Come diceva Piton, io avevo fatto a botte con ragazzi più grandi di lui. In terza, per esempio, quando Hermione era stata maltrattata da dei Serpeverde del sesto anno, e io ero arrabbiatissima. Così, appena li vidi per i corridoi, li riempii di pugni e calci. Certo, ne presi anche io di botte, però a loro andò peggio. Poi iniziai a pensare a quanto fosse strana quella situazione. Due anni prima, non avrei mai immaginato di essere accudita da Piton in persona. Mi alzai a sedere d’improvviso a causa di un colpo di tosse. L’mp3 cadde a terra, staccandosi dalle cuffie. Mi sporsi per prenderlo, ma mi sbilanciai e caddi dal letto. Mi rialzai e ricomposi l’oggetto, lo spensi e poi lo rimisi dov’era prima. Guardai in giro sbadigliando e stiracchiandomi. Con una mano appoggiata al muro, condussi le mie ossa deboli fino al bagno ed aprii la porta. Per terra giaceva un asciugamano, spiegazzato. Lo presi con la mano libera. Era ancora umido. Poi mi accorsi che nella vasca da bagno c’erano ancora delle goccioline d’acqua, e, lo spruzzino da doccia (che non avevo notato due giorni prima) fermo in mezzo alla vasca, come se fosse stato messo nell’apposito posto, talmente in fretta che poi era scivolato nella posizione in cui l’avevo trovato. Lo specchio era ancora appannato. Il mio cervello collegò tutti gli indizi e sobbalzai, mentre la bile mi saliva al pensiero che l’asciugamano che avevo tra le mani era stato utilizzato da Severus nemmeno un’ora prima. Mi lasciai trasportare qualche minuto dalle mie fantasie di ragazza adolescente, poi lo rimisi sul pavimento. Pulii lo specchio con una manica del pigiama in modo da poterci vedere. Avevo un viso pallido da far concorrenza a Draco ed Anna messi assieme; avevo i capelli più a posto del normale, però il mio fermaglio non c’era. Lo tenevo come portafortuna insieme al bracciale con i teschi viola. Tutti e due comprati ad Hogsmerade con Anna ed Hermione. Il bracciale, era stato l’oggetto che mi aveva fatta avvicinare a Piton, mentre il fermaglio era un ricordo della giornata passata con le amiche. Lo vidi in una negozietto di bigiotteria e me ne innamorai (lo stesso del bracciale tra l’altro!). Era un semplice fermaglio a clip fucsia, con sopra applicato un cerchietto di stoffa viola e sopra ancora un teschietto in rilevo ancora fucsia. Mi ricordo che Anna comprò un paio di orecchini pieni di croci, di cui ora ne metteva solo uno, all’orecchio sinistro, ed Hermione, per non essere da meno, aveva comprato un cerchietto per capelli azzurro a pois. Lo metteva sempre quando ha particolarmente paura per un compito. Si, anche lei aveva paura qualche volta! Persa com’ero nei miei pensieri, lasciai a penzoloni vicino al mio fianco la mano che mi sorreggeva appoggiata al muro, così barcollai. Mi aggrappai al lavandino e mi tirai su. Sospirai e decisi di tornare nella camera da letto. Uscii dal bagno chiudendo la porta, poi mi trascinai fino al letto. Mi sedetti e sbuffai affaticata. Aprii il cassetto e vidi il mio fermaglio. Il bracciale invece cel’avevo ancora al polso. Sospirai rassicurata e mi misi sotto le coperte. Appena chiusi gli occhi caddi in un sonno profondo.
Mi risvegliai quando sentii un buon profumo. Aprii piano gli occhi e vidi Piton sulla sedia accanto al mio letto. “Stavo giusto per svegliarla…” disse. Io sorrisi e mi alzai a sedere. Mi provò la febbre. Stabile a trentotto. Scosse la testa. Mi girai verso il comodino e vi trovai un piatto fumante di minestra. “È ora di pranzo?” chiesi. Piton annuì, passandomi un tovagliolo. “Non ha cenato ieri sera, così le ho portato qualcosa…è già abbastanza debole, se poi non mangia rischia di svenire appena si alza in piedi…” spiegò. Io annuii. Severus immerse il cucchiaio nella minestra, poi lo avvicinò al mio viso. Rimasi abbastanza stupita. “Apra la bocca avanti!” rimbeccò. Io obbedii e lui mi imboccò. “Se la lasciassi fare, sarebbe capace di versare tutto sulle lenzuola…” spiegò acido, al mio sguardo interrogativo. Dopo qualche altro cucchiaio iniziai a protestare. Non avevo fame, ma avevo mangiato solo per non fare arrabbiare Piton. “Avanti, non faccia i capricci!” sbottò. Io scossi la testa. “Non ho più fame!” mi giustificai. Lui sbuffò. “Ancora un cucchiaio…” cercò di negoziare Severus. Io scossi ancora la testa. Lui mi guardò truce. “Non ho tutto il giorno!” rimbeccò ancora. Io sospirai. “Uno…solo uno…” cercò ancora di convincermi. Io sorrisi ed aprii la bocca. Decisi di farmi imboccare ancora con qualche cucchiaio. Finito il pranzo, Piton fece sparire tutto. “La prossima volta voglio il bavaglino con un bell’orso disegnato eh! Ci conto!” scherzai. Severus sorrise divertito. “Ho lezione fino alle quattro, ce la farà senza di me?” esclamò. “Certo che si!” risposi convinta. Mi guardò scettico. “Le portano i loro saluti le signorine Haliwell, Granger e Weasley…” mi riferì. Io annuii. “Ho sete…potrebbe darmi un bicchiere d’acqua per favore?” chiesi. Piton fece apparire un bicchiere tra le mie mani. Ne bevvi un sorso e lo appoggiai sul comodino. “Appena finirà l’acqua, il bicchiere si riempirà…” spiegò. Io sorrisi. “Grazie professore…le voglio tanto bene!” dissi. Lui tossì e andò a passo svelto verso l’ufficio, poi si diresse in bagno. Tornò carico di fogli, che appoggiò alla sedia. Io lo guardai curiosa. “Ho avvertito la professoressa McGranitt della sua assenza…” disse, esaminando il primo foglio. “E la Umbridge? Cos’ha detto? Avevamo due ore oggi con lei…” chiesi. “La professoressa McGranitt ha provveduto ad avvertirla…non ha fatto storie…” mi rispose. Io annuii. “Ora, è meglio se si riposa…” disse infine, mettendomi una mano sulla fronte. “Ma ho dormito tutta la mattina…” mi lagnai. “Che disperazione voi studenti…vi lamentate sempre che non potete dormire, eppure, quando vi è concesso vi lamentate comunque!” esclamò Piton, seccato. Io tossii. “Ora si metta a letto signorina Wyspet…tornerò tra qualche ora, nel frattempo, si riposi…” disse ancora, rimboccandomi le coperte. Adoravo stare al calduccio sotto quelle coperte. Severus si era girato e stava per prendere i fogli, quando lo presi per il mantello. “Professore…” lo chiamai. Lui si girò seccato. “Non voglio guarire…” confessai. Piton mi guardò con un sopracciglio alzato. “Con questo spirito stia sicura che non guarirà!” rimbeccò. “Non voglio dover affrontare Josh…” continuai. “Non si può fuggire per sempre dai problemi…si devono affrontare prima o poi…” rispose, saggio. Io tirai su la coperta fino a coprirmi la testa. “Se però sono più grandi di te, come li puoi affrontare?” sussurrai. Piton mi scoprì il viso e mi sistemò il cuscino. “Buon riposo…” si congedò, prendendo i fogli ed uscendo dalla stanza. Io sorrisi. Mi guardai in giro. Anche se era giorno la camera era buia, con il fuoco del camino ancora acceso che faceva un po’ di luce. Chiusi gli occhi. Lo scoppiettio del fuoco era l’unico rumore oltre al mio respiro. Cercai di auto convincermi di avere sonno, e a quanto pare funzionò, dato che mi addormentai poco dopo. Stavolta fu un sonno più agitato, dovuto forse alla febbre. Ricordo che mi rigirai nel letto un paio di volte, poi bevvi un sorso d’acqua e ricominciai a dormire. Mi svegliai con una sorpresa. Sentivo delle voci nella stanza, intorno a me. “Anna, non starle appiccicata! Lasciala dormire!” rimbeccò una voce. “Ma io voglio che si svegli!! Siamo venite a trovarla apposta!” sbottò l’altra. Aprii gli occhi e trovai Anna che si sporgeva verso di me. Sobbalzai dallo spavento. “Ti sei svegliata!!!” esclamò questa, abbracciandomi. “Anna lasciala respirare! L’hai anche fatta spaventare!” rimbeccò Hermione, staccandola da me. Io mi misi a sedere. “Non ti preoccupare Herm…comunque…cosa ci fate qui? Chi vi ha fatte entrare?” chiesi, un po’ rintontita. “Volevamo vederti…abbiamo supplicato Piton di poterti venire a visitare e lui ci ha accompagnate…” sorrise Hermione. Io sorrisi felice. “In effetti sei pallida…” osservò Anna, guardandomi. Le feci la linguaccia. “Che si racconta dal mondo reale ragazze?” chiesi, curiosa. Hermione si alzò e mi sistemò il cuscino dietro la schiena. “La Umbridge oggi è stata una vera piaga…forse perché non c’eri tu a contraddirla…” spiegò Anna. “Piton invece stranamente ci ha fatto fare solo un breve ripasso dell’ultima lezione…certo, interrogando, però non ha spiegato nulla di nuovo…” disse Hermione sottovoce. “Sappi solo che Pansy si è beccata una S!!!” raccontò entusiasta Anna. “Non è giusto!! E io non c’ero!” esclamai dispiaciuta. Hermione sorrise. “E ti sei persa la rissa del secolo!” trillò d’improvviso Anna. Io la guardai dubbiosa. “A pranzo, Keith continuava ad infastidirmi, così Draco lo ha spinto e l’altro gli ha risposto…” ghignò compiaciuta la ragazza. Hermione scosse la testa. “E poi?” chiesi, curiosa. “E poi? E poi hanno iniziato a prendersi a pugni…la McGranitt li ha fermati prima che si facessero veramente male…” rispose seccata quest’ultima. “Cavolo…mai una volta che queste cose succedano quando ci sono anche io…” sospirai demoralizzata. Anna rise. “Dimenticavo, ti salutano Luna, Neville, Mary Kate e Ginny…” riferì Hermione. Io sorrisi. “Insomma principessina, quando torni in dormitorio? Fare casino da sola in Sala Comune non è divertente!” mi chiese Anna. “Principessina?” ripetei, dubbiosa. “Sei coccolata e riverita come una principessa…più lusso di così!” spiegò, indicando le coperte. Io arrossii. “L’orario delle visite è finito…” esordì Piton, entrando nella stanza. “Ma siamo qui da nemmeno mezzora!” rimbeccò Anna. Severus scosse la testa. “La signorina Wyspet deve stare tranquilla, e se le lasciassi vicino un’esagitata come lei, la febbre non le scenderebbe più…” sbottò seccato. “Scommetto che a Giulia non dispiacerebbe stare qui ancora…” sussurrò la ragazza ad Hermione. “Avanti, salutatela…” ordinò il professore. Anna mi si buttò addosso abbracciandomi stretta. “Anna, non sto per morire!” precisai. “Chissà…oggi siamo vivi, ma un domani…” esordì la ragazza. Hermione e io facemmo le corna. “Hai avuto Divinazione vero oggi?” le chiesi. Anna annuì. “Non parlare più con la Cooman dopo l’ora di lezione…altrimenti vedrai la morte ad ogni angolo…” le suggerii. Lei rise. Hermione si avvicinò e mi abbracciò. “Guarisci presto…ci manchi…” disse, con gli occhi lucidi. Io la accarezzai sulla testa. “Vi ricordo che è solo febbre…” precisò Piton. Le due mi abbracciarono ancora, poi Severus le accompagnò alla porta. Tornò da me e mi misurò la febbre. “Trentasette e mezzo…almeno si è abbassata di poco…” sospirò. Io sorrisi. Guardai l’orologio. Era quasi ora di cena. “Non va in Sala Grande?” chiesi. Piton scosse la testa. “Ho dato ordine agli elfi domestici di farci portare la cena qui…” spiegò. Io battei le mani entusiasta. “A quanto pare la vicinanza della signorina Haliwell sta facendo l’effetto temuto…” disse acido. “Che ne dice di mettere un po’ di musica?” proposi. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. “Non mi piace cenare in silenzio…mi intristisce…” sorrisi. Sentii uno schiocco di dita, e due piatti su un vassoio, comparvero sul comodino: un piatto di minestra per me, ed una bistecca per Piton. Quest’ultimo prese il vassoio e lo poggiò sulle mie gambe. Era uno di quei vassoi che avevo visto nei film, quando il marito portava alla moglie la colazione in camera. Piton fece apparire un piccolo stereo, e ci mise un cd, poi premette play. Mi illuminai a sentire la prima canzone, Amazing Kiss, di Ayumi Hamasaki. “È il cd che le ho dato io l’anno scorso!” sorrisi, entusiasta. Lui annuì. Iniziai a mangiare, buttando qualche volta l’occhio a suo piatto. Piton se ne accorse, e tagliò un pezzetto di bistecca. “Avanti, apra la bocca…” mi ordinò. Io obbedii e mangiai. Adoravo le bistecche che facevano gli elfi domestici ad Hogwarts. Erano così buone che si scioglievano in bocca. “Grazie…” sorrisi. “Ho visto che la stava mangiando con gli occhi…le farà bene mangiare qualcosa di solido…” spiegò. Appena i piatti furono vuoti, svanirono. Al loro posto comparve un piattino con una fetta di tiramisù. Aspettai qualche minuto per il mio piatto, ma non comparì nulla. “E per me il dolce?” chiesi, delusa. “Non dovrebbe mangiare dolci…è malata…le servono cose sostanziose…” rimbeccò Severus, iniziando a mangiare il tiramisù. Io lo guardai con occhi supplichevoli. “Un pezzettino…” pregai. Piton scosse la testa. “Una briciola…” insistetti. Severus scosse ancora la testa. “Un atomo…per favore…” chiesi ancora. Lui sbuffò e mi imboccò. Mi sembrava di essere tornata davvero bambina, quando pregavo mia madre di darmi il dolce mentre ero malata nel letto, e lei me lo negava, ma poi, appena andava in cucina mio padre sgattaiolava in camera mia e me ne portava un po’. “Grazie ancora…” sorrisi. Finito anche il dolce, il piatto sparì. “Come si sente? Un po’ più in forze?” mi chiese. Io annuii. “Bene, allora credo che potrà iniziare a fare i compiti…” propose. Io lo guardai stupita. “La stavo prendendo in giro signorina Wyspet…” ghignò divertito. Io sbuffai arrabbiata. Passarono dei minuti. “Non ha compiti da correggere?” chiesi, curiosa. Lui scosse la testa. “Nemmeno altre cose da fare?” chiesi, felice. Piton scosse la testa. Io battei le mani. “Che bello!! Mi farà compagnia tutta la sera?” esclamai. Lui sorrise. “La ringrazio molto per quello che sta facendo…” dissi. “Non posso di certo lasciarla nelle mani della preside Umbridge…” esordì. Dallo stereo iniziò Mi Hermanita, degli Aventura. Iniziai a cantare. Piton mi guardò e mi fermai, imbarazzata. “Ha una buona pronuncia…sa lo spagnolo?” sorrise. “Non proprio…ho una lontana parente che abita a Madrid e qualche volta nelle vacanze la vado a trovare con i miei…l’anno scorso ha iniziato ad insegnarmi lo spagnolo…so solo le cose essenziali…” spiegai. Piton annuì. Prese il libro dal comodino e andò a dove era fermo il segnalibro. Io mi sistemai in modo da star comoda. Severus si schiarì la voce e rese a leggere. In effetti Anna aveva ragione. Sembravo una principessina, coccolata, viziata...forse anche amata? “Professore…?” lo fermai. Lui alzò la testa. “Si signorina Wyspet?” rispose. Io abbassai lo sguardo. “Lei…mi vuole bene?” chiesi. “Le pare che l’accudirei se la odiassi?” rimbeccò. Mi sporsi e lo abbracciai. “Non so come fare senza di lei…è perfino riuscito a scacciare gli incubi…” dissi. Il libro cadde a terra nell’istante in cui Piton ricambiò l’abbraccio. “Sono felice di esserle stato utile…” rispose. Mi staccai e tornai a sedermi sotto le coperte. Lui me le sistemò. Riconobbi subito la voce del cantante dei Lifehouse uscire dallo stereo. You and Me. Piton mi guardò, come sapesse quello che volevo fare. “Cause it's you and me and all of the people, with nothing to do, nothing to lose…” iniziai a cantare. “Signorina Wyspet, non si deve affaticare…” mi rimproverò. Io scossi la testa. “And it's you and me and all of the people, and I don't know why,  I can't keep my eyes off of you” continuai. “Per quanto adori la sua voce, è meglio se non si sforza…” commentò, sorridendo. Non lo disse con sarcasmo. Aveva detto che adorava la mia voce? “Gliel’ho già detto che secondo me è una brava cantante, quindi non faccia quell’espressione…” commentò, girando lo sguardo. Sorrisi. “Se non fossi un covo di germi le darei un bacio sulla guancia…” dissi, felice. Lui evitò il mio sguardo. Scorsi un rossore sulle sue guance. “Però se legge tutto il tempo, le andrà via la voce…” osservai. Severus scosse la testa e riprese il libro. Only Hope, di Mandy Moore. Iniziai a sussurrare le parole. Vidi Piton guardarmi in viso. Chiusi gli occhi e continuai a cantare. E cantare. E ancora a cantare. Solo per lui. Appena finito mi applaudì. “Comincio davvero a credere che lei diventerà una cantante famosa…” esordì Piton. “Non credo riuscirei a cantare davanti a tanta gente…” sospirai. “Però davanti a me ci riesce…” rimbeccò ancora. “Perché le canzoni che le canto mi vengono dal cuore…sono felice di poter cantare per lei…” dissi, rossa in viso e poggiando una mano sul petto. Severus sorrise. “Lei è troppo gentile per questo mondo…” osservò. “Sa…me lo dice sempre anche mia madre…anzi, lei dice che sono troppo ingenua…” raccontai. “No, io credo che lei sia spontanea…non è una persona che indossa una maschera per farsi voler bene dalla gente…” mi corresse Piton. “Come dice sempre Anna, come si può non volermi bene?” sorrisi, modesta. Lui scosse la testa divertito. “Senta…le va…di stare un po’ con me?” chiesi. Pretty Boy, delle M2M, iniziò a invadere l’aria. Lui mi guardò dubbioso. “Sono già qui con lei…” rispose. Io mi spostai e feci spazio nel letto. “Forse sarebbe stato meglio fermi portare anche il suo peluche oltre che il pigiama…” sbottò seccato. Io abbassai lo sguardo. Oh my pretty pretty boy I love you. Piton sbuffò e si tolse il mantello, poi si mise come la sera prima accanto a me. Io mi avvicinai piano e strinsi a me il suo braccio destro. Like I never ever loved no one before you. Severus mi guardò e io mi strinsi ancora di più vicino a lui. Pretty pretty boy of mine, just tell me you love me too. Piano si sdraiò con la testa sul cuscino, e io, appoggiai la testa sul suo petto. Ero imbarazzata, ma felice. Oh my pretty pretty boy, I need you. Lo sentii tremare di poco. “Le peso?” gli chiesi, tirandomi su da lui. Piton scosse la testa. Oh my pretty pretty boy I do. Tornai ad appoggiarmi a lui, stringendo un pezzo di camicia nella mano, vicino al mio viso. Severus liberò il braccio che prima stringevo a me e mi circondò le spalle. Let me inside. “Buonanotte professor Piton…io le voglio…tanto…bene…” dissi, sussurrando le parole sempre di più e chiudendo gli occhi.. Lo sentii sospirare e sporgersi per darmi un bacio sulla fronte.Make me stay right beside you. “Buonanotte signorina Wyspet…” disse. Poi, mi addormentai. E lo feci sorridendo, perchè finalmente ero tra le braccia dell’uomo che amavo.

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Capitolo 7
*** Like Old Times ***


Ceeeeeeo *-* okke sono stata brava non ho aggiornato subito u.u però oggi non ce l'ho fatta xD volevo stabilire due giorni in cui aggiornare fisso a settimana, però sono troppo imprevedibile anche per me quindi avrei fallito miseramente xD anyway, finalmente un capitolo in pieno stile Tre Uragani **

Avvertenze: OCCtudine (ma nemmeno tanta u.u), fatti improponibili con contorno di persone moleste <3

Spero quindi che il capitolo vi piaccia,
vi lascio alla lettura **



7° Capitolo

Quella notte dormii tranquilla. E sognai. Sognai di essere una principessa. Una principessa punk, dai modi tutto fuorché gentili. O almeno, il sogno iniziò così, poi terminò con un flashback. Il confine tra sogno e passato si ruppe quando un misterioso principe su un cavallo nero bussò alla porta. Poi, il passato. Rivissi quella volta in cui mi azzuffai con una coetanea al parco giochi, e mia madre mi sgridò perché voleva che mi comportassi più come una bambina che come un maschiaccio. E la sera, davanti alla televisione, mentre lei mi medicava i graffi, parlava con mio padre. “Non è possibile che Giulia faccia a botte sempre con qualcuno…” aveva detto, esasperata, passandomi il disinfettante su una sbucciatura al ginocchio. “Si vede che ha lo spirito degli Wyspet…” aveva risposto lui orgoglioso. Lei mi rimproverò ancora, poi uscì dalla stanza. Io guardavo in basso rattristata per averla delusa, e mio padre lo notò. Si avvicinò e mi abbracciò. “Non darle ascolto…è bene essere combattive…e poi non sei un maschiaccio!” mi aveva consolata. Non ne ero molto convinta. “Purtroppo non ci sarò sempre io a proteggerti Giulia…ricorda, non permettere a nessuno di metterti paura…se credi in te stessa, nessuno ti potrà mai mettere i piedi in testa…” aveva detto lui. Io allora non capii. Mi svegliai aprendo gli occhi piano, nella penombra della stanza. Strinsi a me le coperte rendendomi conto di essere da sola nel letto. sforzai di aprire ancora gli occhi per mettere a fuoco l’orologio sulla parete. Erano le 12.00 passate. Avevo dormito per tutta la mattina. Mi spostai su un fianco e, respirando, mi entrò nelle narici il solito profumo. Stavolta più intenso, come quando ero abbracciata a lui. Ricordai di aver effettivamente dormito con Piton quella notte. Tra le braccia del mio misterioso principe. Sprofondai nelle coperte e nel cuscino, in modo di essere avvolta dal profumo. Sentii dei rumori, poi dei passi vicini. Lo vidi entrare nella camera ed avvicinarsi. Io richiusi gli occhi d’impulso, ma poi, li riaprii piano. Piton era in piedi davanti a me. “Mi scusi…non volevo svegliarla…” si scusò. Io sorrisi. “Ero già sveglia…non si preoccupi…” risposi. “Ero venuto a vedere come stava…” spiegò, guardandomi. Io gli feci un altro sorriso. Prese il termometro e misurò la febbre. “Trentasette! Bene, molto bene…vedo che le sue guance hanno ripreso colore…” osservò. “Merito delle sue cure…piuttosto, è meglio se si sbriga, altrimenti arriverà tardi a pranzo…” gli ricordai. Severus scosse la testa. Prese la sedia e la mise vicino al letto. Il vassoio della sera prima apparve sul comodino. Stavolta con una buona bistecca anche per me. Iniziammo a mangiare. “Sa…ho sognato stanotte…” raccontai. Piton mi guardò soddisfatto. “È davvero un buon scaccia incubi…” sorrisi. Lui abbassò lo sguardo, anche se notai benissimo che anche le sue guance avevano preso colore. “Se continuerà così entro domani sarà guarita…” disse subito. Lo guardai triste. “Come le ho detto ieri, i problemi vanno affrontati prima o poi…” ripeté, convinto che la mia tristezza fosse causata da Josh. “Questo lo so...però…non è per questo che sono triste…” spiegai, giocando con la forchetta. Appena ripuliti i piatti, questi sparirono con uno schiocco di dita. Severus mi guardò dubbioso. “Mi piace stare in sua compagnia…è stato davvero gentile a prendersi cura di me…mi sento davvero al sicuro quando c’è lei…” confessai, rossa in viso. Piton rimase stupito per qualche minuto. “Sono lieto che lei mi consideri una persona così affidabile signorina Wyspet…” sorrise. “Perchè so che mi vuole bene…” risposi, felice. Lui mi guardò scettico. “Sicura che io gliene voglia?” disse, acido. Lo guardai con occhi rattristati. “La stavo prendendo in giro…come al solito…” ghignò malefico. Io sbuffai. “Non faccia l’antipatico! Non si può prendere in giro una persona su certi argomenti!” sbottai arrabbiata. Lui scosse la testa divertito. “Comunque mi fido di lei…mi ha sempre protetto…e salvato nei momenti peggiori…” conclusi. Severus si alzò e controllò l’orologio. “Ora riposi… questo potrebbe essere il suo ultimo giorno di pacchia a letto…” disse. Io obbedii senza obbiettare e mi feci rimboccare le coperte. “Buon riposo…” mi augurò Piton, scompigliandomi i capelli. Io gli feci la linguaccia, poi lo seguii con lo sguardo uscire dalla stanza e sentirlo chiudere la porta dell’ufficio. Chiusi gli occhi, e, con nella mente stampato il sorriso di Severus, mi riaddormentai. Stavolta non sognai nulla purtroppo. Riposai tranquilla fino a che, il mio corpo, stufo di stare ore e ore a poltrire nel letto, decise di darmi un bel colpo di tosse per avvisarmi che mi dovevo muovere, o almeno, fare qualcosa che mi facesse distinguere da un vegetale. Mi alzai a sedere e mi stiracchiai. Vidi che la porta dell’ufficio era aperta, e un bagliore si rifletteva sul pavimento della camera. Mi sporsi per cercare di vedere qualcosa, ma persi l’equilibrio e caddi a sedere in giù sul freddo pavimento. Il tonfo attirò il mio interessato, che accorse nella stanza. Appena mi vide per terra, con un’espressione tra lo stupito e l’imbarazzato, Piton trattenne una risata e mi aiutò a rialzarmi. “Ma…che ora è?” chiesi, stranita. “Esattamente le 17.00 signorina Wyspet…” mi rispose, sistemandomi il cuscino. Io strabuzzai gli occhi. Lui sbuffò e prese il termometro. “Devo farle le mia congratulazioni…siamo scesi a trentasei!” esclamò soddisfatto Piton. Io lo guardai come se mi avesse predetto morte certa. “A quanto pare ora posso liberarmi di lei…” ghignò perfido. Abbassai lo sguardo triste. “La sua uniforme è qui…vada pure in bagno…il suo pigiama lo darò agli elfi domestici…così lo laveranno per bene e non rimarrà nemmeno un virus…” spiegò, dandomi i miei vestiti. “I miei virus…” sussurrai tristemente, trascinandomi in bagno. Mi cambiai, sistemai i capelli con il fermaglio. Uscii e piegai il pigiama sul letto, poi mi ripresi l’mp3. Mi diressi verso l’ufficio di Piton. Era già alla porta che mi aspettava. “Sono contenta di vedere che non vedeva l’ora di avermi fuori dai piedi…” sbottai, delusa. Severus poggiò una mano sulla maniglia della porta e mi guardò. Ci guardammo negli occhi per dieci minuti. “Professor Piton ho paura…” confessai. Lui scosse la testa. “Non può farsi condizionare la vita da un ragazzo prepotente…lei non deve…” disse. Abbassai lo sguardo. “Le voglio bene signorina Wyspet, e non posso tollerare che una ragazza forte come lei possa essere spaventata da un individuo dal così infimo livello morale…” rimbeccò. Alzai di scatto lo sguardo. Avevo sentito bene? “Penso che qualcuno troverà il modo per punire quel Josh in qualche modo…magari l’ha già fatto…” continuò Piton. Io sorrisi. D’impulso lo abbracciai e gli diedi un bacio sulla guancia. “Senza di lei non saprei come fare in questi momenti…prometto che la verrò a trovare anche stasera!” dissi, sorridendo. “Non si azzardi a mettere piede fuori dal dormitorio! Ora che è appena guarita non vorrei che venisse sorpresa ancora dalla Umbridge…se la mandasse nel suo ufficio credo che tutto quel rosa le farebbe tornare la febbre…” esordì Piton. Io risi. “Ci ho ripensato…senza di lei non saprei proprio come fare…tutti i giorni però!” mi corressi. Severus aprì la porta e lo salutai, poi corsi alla torre di Grifondoro. Entrai e trovai la Sala Comune vuota. Feci le scale ed arrivai in dormitorio. Per fortuna Anna ed Hermione erano sedute sui loro letti. Appena mi videro mi saltarono al collo felici. Mi sedetti sul mio letto. “Dove sono tutti?” chiesi, curiosa. “Biblioteca…a quanto pare nei corsi facoltativi ci hanno dato giù pesante con i compiti…” spiegò Anna. Mi stiracchiai. “Allora vieni giù a cena vero?” chiese Hermione. Io annuii, mentre Anna aveva preso a sfogliare un catalogo annoiata. D’improvviso scattò saltando sul letto. “Giusto!! Ti devo raccontare!!” esclamò, entusiasta. Hermione sbuffò mentre io la guardai dubbiosa. “Oggi a pranzo, Fred e George mi hanno detto che hanno scoperto una cosa bella quanto inquietante!” continuò Anna. “Silente se la fa con la McGranitt!” tirai ad indovinare, rabbrividendo. Hermione trattenne una risata, facendo cadere il libro che stava sfogliando. L’altra scosse la testa e la castana dai capelli crespi tornò seria. “Ieri sera stavano girando per i sotterranei quando hanno trovato un passaggio segreto…” iniziò a raccontare, con una stana luce negli occhi. “Che c’è di strano? Ce ne sono tantissimi ad Hogwarts…” rimbeccai, poco convinta. “Se mi lasciassi finire!!!” protestò contrariata Anna. Io la guardai facendole segno di continuare a raccontare. “Hanno percorso tutto il passaggio e sono sbucati in un corridoio nuovo, che non avevano mai visto! Allora l’hanno percorso fino infondo, dove c’era una porta…” spiegò Anna. Vidi Hermione rabbrividire. “Dunque?” chiesi, annoiata. La ragazza si buttò sul mio letto, investendo quasi Grattastinchi, che riposava per terra. “Sono entrati e hanno scoperto catene ai muri, macchie di sangue alle pareti e graffi per terra…” concluse. Io la guardai stupita. “Non mi dire che…” iniziai a ipotizzare. “Ebbene si! Fred e George hanno trovato la stanza delle torture di Hogwarts, quella famosa in cui Gazza vorrebbe puntualmente rinchiuderci...” annuì lei. Io la fissai sbalordita. “Potremmo chiedere in prestito la Mappa del Malandrino ad Harry e andare a darle un’occhiata…” propose agitata. “Anna per l’amor del cielo!” esclamò Hermione. La ragazza la ignorò e mi guardò speranzosa. “Non ci andare Giulia…sei appena guarita…” mi pregò Herm, accorrendo da me e stringendomi con affetto un braccio. “Non so Anna…e poi devo andare da Piton…” cercai di dire. In effetti l’idea di girare al buio con un Josh incombente e vicino ad una stanza delle torture non mi allettava affatto. “Per favore! Ti prego! Ti imploro! Voglio vedere le catene! Il sangue!” cercò di convincermi Anna. “Tu non sei normale…” sospirò esasperata Hermione. L’altra le fece la linguaccia. “Ci andiamo solo a fare un giretto…niente di più…poi tu vai da Piton e io da Draco…” illustrò ancora. “Non so…ci devo pensare…” dissi. Di solito non mi tiravo mai indietro dalle spedizioni di scoperta con Anna, ma avevo un brutto presentimento. “Come puoi pretendere che Giulia esca di notte nel bel mezzo dei sotterranei solo con te come scorta? E se vi succedesse qualcosa?” iniziò a rimproverarla Hermione. Anna le fece il verso. “E non prendermi in giro sai! Mi preoccupo solo della vostra sorte…e poi…se incontraste brutta gente?” spiegò ancora. “Sappiamo cavarcela da sole…non è vero Giulia?” sorrise l’altra, scrocchiandosi le dita. “Stupida! Lo so anche io che voi due siete peggio di venti maschi messi assieme, ma se aveste la sfortuna di trovare proprio…” rimbeccò ancora Hermione, facendo un cenno verso di me. Anna sobbalzò. “Potete anche dire che state parlando di Josh, non sono mica scema…” dissi infastidita. “Lo sappiamo…è solo che…” cercò di dire la prima. “Herm sta cercando solo di dire che…ogni volta in cui hai avuto bisogno di aiuto noi non c’eravamo…insomma…ti chiediamo…scusa…” sussurrò la seconda, abbassando lo sguardo. Io tirai un cuscino ad ognuna. “Siete davvero gentili…e lo so che vi state preoccupando per me, ma non dovete…sto bene…” sorrisi. Le due si scambiarono uno sguardo, poi Hermione mi abbracciò, seguita da Anna. “E ora, a cena…penso che tutti saranno contenti di sapere che stai meglio…” mi disse Hermione. Ci sistemammo e scendemmo in Sala Grande. In effetti più di metà tavolo di Grifondoro mi chiese come stavo. Mi sedetti come al solito vicino ad Anna, vicina a sua volta ad Harry. Hermione davanti a noi, vicino a Ron. Tutto sembrò filare tranquillamente, fino a che l’ombra funesta apparve anche quella sera. “Ciao mon amour!” esclamò Keith, abbracciando da dietro Anna. Questa, vuotò il suo calice e lo diede in testa al ragazzo. “Giulia! Ben tornata! Stai meglio?” chiese ancora, senza staccarsi dalla ragazza. Non gli risposi. “Hey Josh! È tornata Giulia!!” iniziò ad urlare verso il tavolo di Corvonero. Il diretto interessato alzò la testa e mi vide, poi si alzò. “Razza di ameba allo stato embrionale, ma che ti passa per quella zucca?! Hai un criceto sulla ruota che gira al posto del cervello?!” gli urlò contro Anna. “Darling, che ho fatto? Perché mi tratti male?” chiese stupito Keith. “Cos’è, il criceto è caduto dalla ruota ora?” rimbeccò esasperata la ragazza. Vidi Josh avvicinarsi. D’improvviso un caldo innaturale iniziò a divorarmi. Allentai il cravattino e bevvi un sorso d’acqua. Anna intanto cercava di liberarsi del suo spasimante. “Mi hai chiamato?” chiese Josh. Quella voce. La testa iniziava a farmi male. “La tua bella è tornata…abbi la cortesia di salutarla almeno!” rispose Keith, indicandomi. Josh si fece spazio allontanando Anna e si sedette vicino a me. “Mi hai fatto preoccupare…mi hanno detto che avevi la febbre…ora stai meglio?” mi chiese, prendendomi una mano. Volevo liberarmi dalla sua stretta, ma ero pietrificata. “Lasciala strare!” ringhiò Anna, ancora nell’abbraccio forzato di Keith. “Giuly? Hey stai bene?” chiese ancora Josh. Giuly. Un altro mal di testa, più forte. Chiusi gli occhi, ma le immagini mi scorrevano davanti comunque. L’ultimo bacio. La pioggia. Bring Me To Life. “Ora basta!” urlò alzandosi in piedi Hermione. Metà tavolata si girò. Riaprii gli occhi e la guardai. Aveva le guance rosse dall’imbarazzo, ma nonostante questo, era ancora in piedi. “Tornatevene al vostro tavolo!” ordinò. “Ah davvero? E chi sei tu per dirci quello che dobbiamo fare?” la prese in giro Keith. “Un prefetto!” ringhiò ancora Hermione, indicando la spilla che splendeva sulla divisa. “Oh che paura!!!” la canzonò il ragazzo. “Non ti permetto di parlarmi così!” rimbeccò lei. Keith scoppiò a ridere. Ci fu un lampo, e d’improvviso rinvenni. “Non osare…prendere in giro…Hermione!” rimbeccai, alzando lo sguardo e stringendo i denti. Il ragazzo mi guardò scettico. “Josh, chiudi la bocca alla tua ragazza prima che sputi altro veleno…” disse poi, facendogli l’occhiolino. “Lei non è la sua ragazza!” esclamò furente Anna, liberandosi dall’abbraccio. “Dai Giuly…non stava parlando con te…” mi sussurrò Josh, avvicinandosi così tanto da poter sentire il suo fiato sul collo. Rabbrividii di disgusto. “Non avvicinarti a lei!” urlò ancora Anna, sporgendosi in modo da allontanarlo da me. Keith la fermò. Mi accorsi che la mia mano era libera e che quella di Josh era finita sul mio braccio. Non era esattamente quella che si diceva una stretta amorevole. Iniziava a farmi male. Hermione era andata nel panico più totale, non sapendo che altro fare per farli andare via. “Smettetela di infastidirci!” gridò ancora. I due Corvonero si guardarono e scoppiarono a ridere. “Vi diverte così tanto disturbare gli altri studenti a cena, vero?” chiese una voce seccata. Anna approfittò e mollò un pugno nello stomaco a Keith, che la lasciò andare. Hermione si portò le mani davanti alla bocca. “Noi…non stavamo…” iniziò a dire Josh. Piton non lo fece nemmeno finire che gli prese il braccio e lo allontanò da me, liberandomi così dalla stretta. “Non ammetto che ci si prenda gioco delle autorità…” iniziò a dire, guardando Josh. Anna si avvicinò a me. Il ragazzo lanciò uno sguardo di odio al professore, che lo teneva ancora per il braccio. “Penso che la professoressa Umbridge sarà d’accordo con me…” ghignò Piton, voltandosi verso il confettone, che osservava la scena dal tavolo insegnanti al suo posto di preside. Josh e Keith sbiancarono. “Professore…sono sicuro…che non sarà necessario…” disse il secondo, già con i sudori freddi. Piton lo squadrò con superiorità, poi una luce si fece spazio tra quegli occhi scuri. Mi guardò di sfuggita, così velocemente che penso di essermene accorta solo io. “Venite tutti e due stasera nel mio ufficio…alle 20.30 precise…” disse. I due annuirono. “Ehm…professore, mi lascerebbe andare?” chiese Josh. Piton sbuffò e mollò la presa, poi si girò verso di noi. “A quanto vedo signorina Granger, i suoi metodi non danno molti frutti…” osservò acido. Hermione rimase zitta, così rossa in viso che sembrava dover scoppiare da un momento all’altro. “Considerando che il suo compare non le da molto aiuto…” continuò, lanciando un’occhiata a Ron, che non prestava la minima attenzione al discorso. “Grazie per averli mandati via…” disse subito Anna, interrompendolo. “Dovere signorina Haliwell…” rispose solo Severus. Si chinò di poco verso di me. “Si ricordi signorina Wyspet…non deve farsi condizionare…lei è più forte…ne sono sicuro” mi sussurrò. Poi, diede una rapida occhiata ai due Corvonero tornati al loro tavolo, e se ne andò con un fruscio di mantello. “Che voleva il vecchio gufo?” chiese Ron, con la bocca piena. “Ci ha solo salvate in extremis…” spiegò sinteticamente Anna. Lui la guardò dubbiosa. “Ma dove vivi?! C’era un putiferio qui fino a due minuti fa!” rimbeccò arrabbiata Hermione. “Ah davvero? E chi ha vinto?” chiese ancora il rosso. La ragazza tirò un urletto esasperato e tornò al cibo, affogando la sua disperazione nel succo di zucca. Anna si avvicinò a me. “Stai bene?” mi chiese. Io annuii e mi voltai verso Piton, che stava lasciando la Sala Grande con lenti passi. “Stai migliorando però…” osservò la castana. “Si certo…immobilizzarmi dalla paura ogni volta che sento la sua voce è un passo avanti…” rispose sarcastica, versando un po’ di succo nel mio calice. Anna scosse la testa. “Quando Keith ha iniziato a prendere in giro Hermione, tu sei scattata…gli hai risposto! Non te ne sei accorta?” spiegò lei. “Vero! Gli hai urlato contro…” concordò la ragazza. Io ci pensai. Avevano ragione. Avevo sentito qualcosa dentro di me smuoversi vedendo Hermione in difficoltà. Era la stessa sensazione che provavo prima di andare all’attacco contro qualcuno con Anna. Come una scarica di adrenalina. “Si vede che quando ci siete di mezzo voi non riesco a controllarmi…” ipotizzai. Hermione annuì e sorrise. “Comunque è un passo avanti! Quindi…ci vieni a cercare la stanza delle torture con me?” mi chiese ancora Anna. Io scossi la testa divertita. “Chiedi a Draco…pensa che romantico, voi due soli nel corridoio alla ricerca di una stanza macabra…” suggerii io. In verità l’idea della ricerca della stanza non mi lasciava indifferente. Mi attraeva più di quando Anna me ne aveva parlato prima in dormitorio. Però non ne ero del tutto convinta. “Ha il turno con la Squadrad'Inquisizione…” sospirò rattristata. “Quindi sarei solo un rimpiazzo, dico bene?” rimbeccai acida. “No! Non dire così…” esclamò subito dispiaciuta. Io ghignai. “Maledetta Giulia! Tu e le tue false arrabbiature!” rispose, accortasi del mio scherzo. Io le sorrisi e lei mi fece la linguaccia. La cena passò con la scomparsa dei dolci. Anna intanto insisteva ancora perché andassi con lei. “Per favore! Ci divertiremo! E comunque Piton è impegnato con Keith e Josh, quindi non potrai andare a trovarlo…” continuò ad insistere, superando gli ultimi due scalini del dormitorio con un salto. “Anna lasciala stare! È stanca, ed è appena guarita dopo tutto! E poi deve ancora riprendersi dagli ultimi giorni…prima la Umbridge, poi Josh…” la rimproverò Hermione. “Secondo me quei due si sono messi d’accordo per rompermi l’anima…” sbuffai, entrando nella nostra stanza e buttandomi sul letto. Anna mi seguì come un cagnolino, salendo sul letto e guardandomi con gli occhi da cane bastonato. Hermione aveva iniziato a tirare fuori libri dal baule. Mi stiracchiai e, dopo l’ennesimo guaito della castana, le tirai un cuscino. “Ok…verrò con te!” risposi. Hermione mi guardò stupita. “Lo sapevo che avresti detto così!” sorrise Anna, abbracciandomi. “Lo sai che quando adotti la tua politica dello sfinimento non riesco a dirti di no…” la presi in giro, spettinandola. Mi tirò il cuscino per risposta, poi, tirò fuori una pergamena. Io ed Hermione la guardammo dubbiose. “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!” esordì Anna. La pergamena di aprì rivelando la sua vera identità. “Ma come…chi…chi te l’ha data?” chiese sbalordita Hermione. “L’ho chiesta ad Harry a cena, prima che venisse a rompere Keith…” spiegò Anna. Io mi avvicinai e la osservai. C’erano parecchi cartellini con nomi che giravano. “La Umbridge è nel suo ufficio…” notò Anna. “E anche la McGranitt…e Piton…” continuai io. “Lo sapete che in quanto a prefetto dovrei sequestrarvela?” rimbeccò Hermione. Anna prese la mappa e la portò lontano da lei. “Ho promesso ad Harry di riportagliela sana e salva! Dopotutto è un ricordo di suo padre…” disse saggia. “È l’unica cosa che James Potter abbia fatto di buono quando era ad Hogwarts…” precisai. Anna sghignazzò e il prefetto sbuffò. “Fate quello che volete…non vedo, non sento e non parlo!” si arrese Herm. Appena la marea di cartellini scomparve, uscimmo dal dormitorio. Arrivammo ai sotterranei, seguendo la strada che la mappa ci indicava. Non che mi fidassi molto di un oggetto creato dai Malandrini, ma tra quello e il senso d’orientamento della mia compagna, diciamo che era la scelta più sicura. Trovammo il passaggio e lo seguimmo, con le bacchette che illuminavano la via. Sbucammo in un corridoio, come avevano descritto Fred e George. Non c’erano porte e nemmeno torce alle pareti. Faceva molto freddo, peggio dell’aula di Pozioni. Io ed Anna ci stringemmo per non perderci. “Se sapevo che faceva così freddo portavo l’attrezzatura da Polo Nord!” esclamò tremante la mia compare. Qualcosa di peloso mi passò vicino. “Cos’era?” chiese ancora lei. “Mah…magari era un gatto delle nevi!” scherzai. Anna sorrise. “In effetti Herm manca…si sarebbe già messa a tremare di paura…” commentò poi. Io annuii. Da quando era stata creata la Squadra d’Inquisizione, Hermione era un prefetto disoccupato, dato che i giri li facevano loro, e la Umbridge approvava solo il loro operato. I prefetti erano diventati solo delle autorità inferiori, sotto quelli dell’Inquisizione. Comunque, il bello di fare spedizioni notturne con lei, era la sua continua paura di ogni cosa che si muovesse nell’ombra. Al minimo segno di vita all’infuori di noi tre, si aggrappava a me e ad Anna e non si staccava più. Ci faceva tanta tenerezza. “Aspetta…vedo qualcosa la infondo!” esclamò la portatrice della mappa, allungando il braccio per far luce con la bacchetta. “Allora?” chiesi, curiosa. Anna si staccò da me ed iniziò a correre verso la fine del corridoio. Io la seguii subito. Ci trovammo davanti una porta di ferro. “Ora, entra in gioco la magia!” esordì lei, sfregandosi le mani. Io scossi la testa. “Ehm…Anna…e se…” iniziai a dire. “Un bell’incantesimo di apertura porte…” continuò lei, sollevando la bacchetta. Io tossii e, mentre la ragazza stava per pronunciare l’incantesimo, aprii la porta come se nulla fosse. “…se fosse aperta?” finii di dire. Anna mi guardò truce e io la spinsi dentro la stanza. C’erano delle catene fissate su una parete, niente luce e umido a non finire. “Tutto qui?!” esclamò lei delusa. Scossi la testa. “Bhe, le macchie di sangue ci sono…” notai, scorrendo la luce sui muri. “Si però…pensavo a qualcosa di meglio…” sospirò. Io risi. “Se c’è qualche teschio lo portiamo come souvenir ad Hermione…” scherzai. “Macché teschi! Ci sono solo delle macchie rosse e due catene in croce…” rimbeccò Anna. Mi avvicinai al fondo della stanza. “Anna…penso che questo ti piacerà…” sorrisi, illuminando un’enorme armadio di metallo. Gli occhi dell’interessata si illuminarono di meraviglia e di gioia. “Non ci credo…non può essere…una Vergine di Norimberga!!” esclamò, avvicinandosi. “E così questa è la famosa macchina di morte della Bathory? Non mi sembra così pericolosa…” dissi, spavalda. Anna mi guardò ghignando. Un’anta era socchiusa, quindi non fu difficile per lei aprirla e rivelarmi gli aculei che celava quel mostro di metallo. “Sono messi in modo tale che non colpiscano organi vitali…” spiegò, osservando gli spuntoni. “Così le vittime stanno rinchiuse in questa specie di sarcofago e rimangono ad agonizzare per giorni?” chiesi, stupita. Anna annuì, mentre apriva anche l’altra anta. “Che figata! Ci sono ancora le punte rosse…” sorrise soddisfatta. Io scossi la testa divertita. “Chissà come mai c’è uno strumento così in una scuola…magari lo ha portato la Umbridge e ci fa finire chi la fa arrabbiare veramente…” ipotizzai ridendo. “Può essere…e se non è stato il confettone comunque dovremmo farle fare un giro su questa bellezza…” sorrise Anna, accarezzando il metallo. “Se ci fosse Hermione sarebbe già svenuta…” dissi, facendo scorrere il dito sulle punte degli aculei, stando attenta. “Scommetto quaranta Galeoni che hai paura ad entrare…” propose seria Anna, indicando l’interno dello strumento di tortura. La guardai scuotendo la testa. Feci un passo verso l’interno, poi, guardai la ragazza. Scoppiammo a ridere all’unisono. “Non credi che sarei così pazza da farti entrare in questa trappola mortale!” disse, ancora tra le risate. “Mah…con te non si sa mai!” risposi, sorridendo. Lei mi guardò e poi guardò la Vergine. “Però…quasi quasi…” disse interessata. “Ma dai! Meglio che torniamo in dormitorio!” le presi in giro, spingendola verso la porta. Lei rise ancora, poi richiuse le ante. “Addio, Lady Bathory...” esordì ancora, facendo un inchino. Io la imitai, poi uscimmo. “Contenta?” chiesi. Anna annuì agitata. Ripercorremmo il corridoio, sempre seguendo la mappa, poi il passaggio segreto. Arrivammo nei soliti cari sotterranei. Sentimmo dei passi. Avvicinai la bacchetta alla mappa. Due targhette si stavano dirigendo verso di noi. Anna si piegò per cercare di leggere i nomi. “Che palle Piton! Quelle boccette non finivano più!” esclamò una voce. “Di che ti lamenti?! Io ne ho dovute pulire almeno il doppio delle tue!” rimbeccò una seconda voce. Mi venne la pelle d’oca. “Ma…sono…” iniziò a dire Anna. Io la zittii. “Spegniamo le bacchette…” suggerii. “Fatto il misfatto!” disse piano lei. Poi, con un “Nox” all’unisono, la luce delle bacchette si spense. “Allora, hai intenzione di continuare ad infastidire la Haliwell?” chiese la seconda voce. “Ovvio! E poi io non la infastidisco…” rimbeccò l’altro. “Ah no? E perché ogni volta che ti avvicini lei ti respinge?” rispose la seconda voce. “Vai a quel paese Josh…e poi la mia darling mi ama…solo che ancora non lo sa!” sbottò Keith. “Non sono la sua darling…” sussurrò arrabbiata Anna. “E tu? Che pensi di fare con la Wyspet?” chiese ancora il ragazzo. “Le parlerò…” rispose Josh. “Arrenditi all’evidenza amico…l’hai traumatizzata l’anno scorso, poi l’hai baciata contro la sua volontà l’altro giorno…rinunciaci!” consigliò Keith. “Non dirlo nemmeno! Vedrai che torneremo assieme…a costo di usare le maniere forti!” esordì convinto l’altro. “Cioè?” chiese curioso l’amico. “La inchioderò a qualche muro e le parlerò…” rispose Josh. “Ah! Ora ho capito…stai attento a non farti beccare da Piton però…si sa che le sue protette sono Giulia e Anna…” disse Keith, per poi scoppiare a ridere. Anna mi tirò la manica della camicia. “Andiamocene!” sussurrò. “Ma come?! Devono passare di qui!” chiesi, in panico. “Forse…ho un’idea…” sorrise. Si schiarì la voce. “Lumos!” esclamò, facendo illuminare la bacchetta. “Ma che fai?!” sbottai, stupita. “Tu stai al gioco!” rispose vaga Anna. “C’è una luce infondo…” commentò Josh. “Bene Millicent, anche per stasera, il giro è finito!” disse la mia compagna, cercando di imitare Pansy. Io annuii ed accesi la bacchetta. “Eh si…anche se da quando la Wyspet e la Haliwell hanno smesso di farsi beccare non c’è più divertimento…” commentai, imitando Millicent. “Cavolo! Sono quelle due dell’Inquisizione! Se ci beccano ci aspetta la Umbridge di sicuro!” esclamò in panico Keith. Io ed Anna ci sorridemmo e iniziammo a camminare sul posto. “Ho sentito delle voci…” disse lei. Io trattenei una risata. “Fermiamoci qui e speriamo che cambino direzione…” sentii dire a Josh. “Hai visto? C’è qualcuno laggiù!” continuò Anna, indicandomi lo spiraglio di luce che era l’uscita dai sotterranei. Io annuii. Sapevamo entrambe che i due Corvonero pensavano di essere i soggetti del nostro avvistamento. “Andiamo a vedere!” dissi, iniziando a correre. Anna mi seguì. Corremmo come due forsennate fino ad essere abbastanza lontane dai sotterranei. Ci guardammo ancora con il fiatone, poi scoppiammo a ridere. “Dammi un cinque sorella!” esclamò Anna, levando una mano. Io battei contro la mia. Riprendemmo a camminare in modo da arrivare il più in fretta possibile al dormitorio. “Prego Pansy…” dissi, aprendo la porta della stanza. Anna entrò. “Grazie Millicent!” sorrise, chiudendo appena fui entrata. Notammo che Hermione ci guardava con sguardo interrogativo. “Allora, com’è andata?” chiese. “Bene!” sorrisi, buttandomi sul letto. “Anzi, benissimo! C’era perfino una Vergine di Norimberga autentica…” completò Anna. Vidi Hermione sobbalzare dai brividi. Prese i libri e cercò di aprire il baule, cosa non facile, avendo le mani occupate. “Abbiamo anche incontrato Keith e Josh per i sotterranei…” disse tranquilla Anna. “Cosa?!” esclamò Herm, lasciando cadere i libri, che le centrarono un piede. “Tornavano dalla punizione con Piton…ma non ti preoccupare! Non hanno scoperto che siamo state noi…” spiegò a grandi linee la castana. “Abbiamo finto di essere Pansy e Millicent…” precisai. Hermione tirò un sospiro di sollievo, poi risistemò i libri mentre noi ci cambiavamo. “Che stanchezza!” esclamò Anna, tuffandosi nel letto. “E già…è stata una visita costruttiva…” sorrisi, andando sotto le coperte. “Non è che ti sei stancata troppo?” chiese Hermione, avvicinandosi e mettendomi una mano sulla fronte. Io scossi la testa. “Sto bene…ora, a dormire!” dissi. Lei tornò scettica al suo letto, poi, dopo esserci date la buonanotte, spegnemmo la luce. Anna iniziò a parlarci, ma Herm si addormentò quasi subito. Io invece, ci misi di più. Non so quanto Anna abbia continuato a parlare, senza accorgersi di avere come unico ascoltatore Grattastinchi.

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Capitolo 8
*** I Believe I Can Fly ***


Buonsalve *-* sto morendo di freddo, avvolta dalla mia copertina di pile ed intanto penso alle mille cose da fare senza farne nemmeno una. Così ho deciso nell'ultimo secondo di aggiornare *-*
In questo capitolo c'è I Believe I Can Fly di R. Kelly, Love Hurts degli Incubus e Sweet Sacrifice degli Evanescence u.u

Avvertenze: Occtudine, lunghezza di capitolo medio, di tutto e di più u.u

Spero che vi piaccia,
buona lettura <3



8° Capitolo

Il giorno dopo la sveglia non suonò. Era sabato, per cui le lezioni non c’erano. Altra scusa dei professori per darci il doppio di lavoro da fare nel week end. Mi svegliai per colpa di un rumore. Qualcosa che cadeva, poi un verso. Aprii piano gli occhi e vidi Grattastinchi arruffare il pelo ed andarsene a coda alta verso un angolo della stanza. Mi alzai piano a sedere e vidi Hermione allungata nel letto. Dedussi che spostandosi aveva fatto cadere il suo povero gatto, che, indignato, aveva deciso di spostarsi in un posto più sicuro. Mi ributtai sul letto e mi girai verso la finestra. Sentii delle fusa provenire dal fondo del mio letto. Sentii qualcosa che si muoveva sulle coperte per poi arrivare al mio viso e strusciarsi contro la mia guancia in un mare di versi. “Non fare casino Billy!” lo richiamai, facendogli segno di mettersi vicino a me. Lui obbedì e si sdraiò con la testolina bianca a righe marroni sul cuscino, accanto alla mia. Iniziai ad accarezzarlo e lui mi leccò la mano. Sorrisi. Billy Joe è il mio animale da compagnia. Un gatto mezzo soriano e mezzo siamese, bianco con alcune righe marroni sulla testa, la coda nera e due bellissimi occhi nocciola. Iniziò a giocare con la coperta, poi mi guardò e mi diede una leccatina sulla guancia. Saltò giù dal letto e raggiunse Grattastinchi. Si rannicchiò li vicino ed iniziò a dormire. Il gatto di Anna invece, James, stava con la sua padrona che lo abbracciava, sotto le coperte. Mi girai verso il comodino e allungai la mano per prendere l’mp3. Lo accesi ed abbassai il volume per evitare di dar fastidio alle altre. Prima canzone. Pain, Three Days Grace. No, non volevo che la tristezza mi assalisse. In quel momento in cui mi sentivo stranamente bene. R. Kelly, I Believe I Can Fly. Perfetto. Sulle note di quella canzone, decisi di lasciarmi trasportare dai pensieri. I used to think that I could not go wrong. Quarto anno, Ballo del Ceppo. And life was nothing but that an awful song. Abbracciata ad un ragazzo di cui non mi ricordo nemmeno il nome, mentre pensavo a qualcun altro. But now I know the meaning of true love. Un braccialetto, dei libri ed un albero. Tutto è iniziato da qui, un anno prima. La mia vera felicità. I'm leaning on the everlasting arms. Un ragazzo mi ha strappato un bacio. Mi ha fatta sentire sporca e debole. Però. If I can see it, then I can do it. Forse. If I just believe it, there's nothing to it. Se avessi dato ascolto a Piton cel’avrei potuta fare. I believe I can fly. Avrei davvero potuto eliminare Josh dalla mia vita? I believe I can touch the sky. Avrei potuto provarci.I think about it every night and day. Mi tornarono in mente le parole di mio padre nel flashback del sogno. Io ero una Wyspet. Ero il suo orgoglio. Spread my wings and fly away. Se non avessi reagito avrei deluso non solo lui, ma anche Severus, che credeva in me. I believe I can soar. Volevo crederci. Potevo crederci. Dovevo crederci. Liberarmi da quel peso che mi opprimeva. I see me running through that open door. Dovevo farlo per riavere la mia sicurezza che Josh mi aveva tolto. I believe I can fly. Si, ce la dovevo fare. Parlargli e dirgli di starmi lontano, di non salutarmi nemmeno. Perché oramai per me era un capitolo chiuso. E mi dispiaceva se lo avevo fatto soffrire, ma preferivo così che continuare a prenderlo in giro facendogli credere che mi interessasse davvero. Ecco cosa dovevo dirgli. Mi stiracchiai e sentii dei rumori. Hermione era sgusciata fuori dal letto ed era andata in bagno. Spensi l’mp3 e mi alzai, raggiungendola. Bussai alla porta. “Avanti!” rispose lei. Entrai e la trovai con i capelli raccolti in una coda e una fascia che le teneva su la frangia. La raggiunsi davanti allo specchio. “Come stai?” mi chiese, mentre apriva l’acqua. “Bene…non ho mai avuto così tante energie!” risposi, sorridendo. “Sei di buon umore eh?” disse ancora Herm, per poi lavarsi la faccia con una buona dose di acqua gelata. Annuii e le passai l’asciugamano. “Immagino che passerai la giornata da Piton…” commentò, lasciandomi spazio. Tirai su la frangia con delle forcine e sbadigliai. “Si…lo aiuterò a sistemare le provette, come al solito…” sorrisi. Hermione scosse la testa. “Sei stata assente per tre giorni, non ti converrebbe di più recuperare le materie di cui hai saltato le lezioni? Io vado in biblioteca, se vuoi posso aiutarti…” propose. Io scossi la testa e lei sbuffò. “Se vuoi mi puoi dire che compiti ci hanno dato…poi mi arrangerò…” dissi, sorridendo. Mi dispiaceva declinare l’invito di Hermione, ma almeno quel sabato, volevo stare un po’ con Piton, senza virus e Josh di mezzo. Lei alzò le spalle, poi cercò di sistemarsi i capelli. Presi la spazzola ed iniziai a districarli. “Allora signorina Granger, oggi come vuole che la sistemi? Coda oppure sciolti?” scherzai, imitando un parrucchiere. Hermione rise. “Li lascio sciolti…” sorrise. Vidi in un angolo la piastra per capelli di Anna. “Ti va se ti faccio dei bei boccoli?” le chiesi. “Se proprio ci tieni…però non mi dureranno nemmeno fino a stasera…” sbottò. Scaldai la piastra ed iniziai ad arricciare le varie ciocche. “Non so se ti conviene andare in biblioteca…” osservai. “Perché?” chiese Hermione. “Ci saranno sicuramente Mary Kate e Blaise Zabini che pomiciano invece di fare i compiti…” sospirai. Lei scosse la testa. “Questi giovani d’oggi, non rispettano più nemmeno l’ambiente scolastico…se almeno la mia autorità di prefetto valesse qualcosa…” disse affranta. “Ai nostri tempi non era così! Se ti azzardavi anche solo a fiatare in prima, arrivava Percy a sgridarti…ti ricordi?” raccontai. “Si…e mi ricordo anche di tutto il casino che facevate tu, Anna ed i gemelli…” rise. “Non è che ora siamo cambiati di molto…” precisai, quasi offesa. Poggiai la piastra vicino al lavandino. “Ecco fatto signorina Granger! E, per una buona resistenza, un po’ di lacca…” esordii, spruzzandole metà boccetta sui capelli. Le sistemai la frangia e la lasciai guadare nello specchio. Hermione strabuzzò gli occhi. “È da tanto che non mi faccio aiutare a domare questi capelli…mi ero dimenticata di quanto fossi brava…” sorrise. “Ti ricordi al Ballo del Ceppo? Che impresa farteli stare lisci!” scherzai. Lei annuì. “Spero che non ti capiti più nulla di brutto Giulia… non te lo meriti…sei una ragazza gentile e dolce…” mi lodò Hermione. Io risi. “Ti ho solo messo apposto i capelli Herm…” sorrisi. La porta del bagno si aprì. “Ah siete qui! Pensavo che foste già scese, sono le undici passate…” disse sbadigliando Anna. Si stiracchiò e guardò Hermione. “Che bene che stai! Ti sei fatta i boccoli!” esclamò entusiasta. “Merito di Giulia…” disse arrossendo la ragazza. Iniziai a pettinarmi i capelli. “Vi aspetto o vado a fare colazione?” chiese poi Hermione, tirando fuori dal baule dei vestiti. “Io ho finito…devo solo vestirmi…” dissi, andando verso il mio letto. “Aspettatemi!!!!” protestò Anna. “Ok…però sbrigati!” la richiamò l’altra. “Tu che fai oggi Anna?” chiese poi. “Starò tutto il giorno con Draco…” sorrise la ragazza, entrando e buttando all’aria il suo baule. “Perchè glielo chiedi Herm? Tanto la risposta è sempre quella…” risi, mentre mi infilavo la maglia viola. “Per il semplice fatto che una volta spero di sentire la risposta “faccio i compiti”…” rispose Hermione, sbuffando. Appena Anna fu pronta, scendemmo in Sala Grande. Erano le 11.45. Ci sedemmo al tavolo di Grifondoro aspettando la comparsa del cibo. Hermione aveva tirato fuori una pergamena e una penna ed aveva preso a scrivere veloce come suo solito. Anna faceva disegni su un foglio malandato. C’erano pochi studenti in giro, molti di cui ancora mezzi addormentati, probabilmente per essersi svegliati presto per i compiti anche in quel giorno di vacanza. “Ecco qua! I compiti che ci hanno dato in questi giorni…” sorrise la prima, passandomi il foglio. Gli diedi un’occhiata. Erano più del solito. “Grazie Herm…però, levami una curiosità, come mai non ti sei svegliata presto come tuo solito?” le chiesi. “Si sarà rotta la sveglia…” tirò ad indovinare Anna. Hermione scosse la testa. “Volevo dormire un po’…tutto qui…” disse poi. Io la abbracciai. “Vedrai che il regno di terrore della Umbridge tra poco cadrà, e tu tornerai ad essere un prefetto in piena regola…” la consolai. Lei sorrise. Sapevo quanto la mia amica tenesse ad essere un prefetto. Adorava poter stabilire l’ordine tra gli studenti. Poco dopo, la tavola si riempì di cibo, per la maggior parte dolci. Oramai gli Elfi domestici sapevano che il sabato e la domenica gli studenti si svegliano verso l’ora di pranzo, così, oltre che la solita colazione alla solita ora, c’era una specie di bis a pranzo. Un misto di dolci e cibo vero e proprio. Un gruppetto di ragazzi entrò nella Sala grande. Draco parlava con Blaise, che aveva al suo seguito Mary Kate. A quanto pare era una cosa seria. Il primo venne al nostro tavolo a salutare Anna. La sorellina, si sedette con noi. “Dov’è Ginny? Ti ha lasciata da sola?” chiesi divertita. Mary Kate scosse la testa. “Sapeva che dovevo vedermi con Blaise…e comunque sta ancora dormendo…” spiegò la ragazza, prendendo una ciambella. Draco ci salutò e andò al suo tavolo, dato che Blaise lo aspettava. “Sapete che ho visto Keith e Josh ieri sera in giro?” esclamò d’improvviso Mary Kate. Io ed Anna ci guardammo e sorridemmo ripensando alla fuga improvvisata della sera prima. “Josh non stava molto bene…continuava a lamentarsi che Piton lo schiavizza…” raccontò. “Davvero?” chiese curiosa Anna. “Si…ha detto che gli ha fatto mettere apposto il doppio delle boccette che credeva esistessero in quell’aula…ed i calderoni…glieli ha fatti sollevare uno per uno, senza magia! Ha detto che aveva un mal di schiena tremendo…” continuò Mary Kate. Anna sorrise compiaciuta. “Ben gli sta a quello li! Così impara a venire a rompere a delle fanciulle mentre cenano!” esclamò poi. In effetti la sera prima Josh si era lamentato delle boccette con Keith. D’improvviso mi vennero in mente le parole che Piton mi aveva detto, poco prima che andassi via dal suo ufficio. “Penso che qualcuno troverà il modo per punire quel Josh in qualche modo…magari l’ha già fatto…”. Voleva dire che Severus aveva trattato male Josh…per vendicarmi? “Così almeno quell’idiota se ne starà nel dormitorio fino a stasera e non verrà a infastidire Giulia…” disse soddisfatta Hermione, addentando un pezzo di brioche alla marmellata. Rimanemmo a parlare con Mary Kate fino a che i tavoli furono vuoti. Draco e Blaise vennero a prendere lei ed Anna, per poi portarle in giardino. Era una bella giornata di sole, anche se si vedeva che c’era un vento gelido. Feci un pezzo di strada con Hermione, poi lei si diresse in biblioteca, mentre io svoltai per i sotterranei. Mentre camminavo tranquilla, riconobbi venire verso di me qualcuno di molto famigliare. “Oh, signorina Wyspet!” esclamò mielosa la Umbridge, avvicinandosi. “Buongiorno professoressa Umbridge…” dissi, con un sorriso. Lei mi squadrò. “Vedo che si è ripresa dalla febbre…ne sono lieta!” esclamò. “Si…la febbre mi è passata e ieri sera sono potuta uscire dal dormitorio…” mentii. Non doveva sapere che ero stata accudita da Piton. “Ora però dovrà rimettersi in pari con i suoi compagni…” sospirò, mettendomi una mano sulla spalla. “Ho già provveduto a farmi dare i compiti da Hermione...prometto che per lunedì avrò recuperato tutto…” promisi. Il confettone sorrise compiaciuta. “Molto bene signorina Wyspet…allora buon lavoro! E si tenga in salute!” esclamò, allargando il sorriso. Mi venne la pelle d’oca. Sapevo che, anche se mi sorrideva, avrebbe preferito vedermi a letto con una febbre galoppante e mortale. “Lo farò…buona giornata…” le augurai, poi ripresi la mia strada. Almeno non aveva indagato su dove stessi andando. Se le avessi risposto male, allora si che mi avrebbe fatto un mucchio di domande. Camminai tranquilla per i sotterranei, fino ad arrivare al suo ufficio. Bussai. Si sentiva una musica invadere l’aria. L’avevo già sentita. Non era la solita musica classica. Qualcosa di più moderno. Forse era una canzone di uno dei cd che gli avevo dato io. Iniziai a canticchiareper cercaredi identificarla. Love hurts, but sometimes it’s a good hurt & it feels like I’m alive. Senza dubbio era una canzone di uno dei miei cd. Forse. Love sings, when it transcendsthe bad things. Certo! Love Hurts, degli Incubus. Non era una canzone tristissima, come diceva il titolo. Bussai di nuovo. “Avanti!” mi invitò Piton. Io aprii la porta e la richiusi alle mie spalle. Il professore era chino sulla scrivania, con gli occhi che scrutavano severamente un foglio che doveva essere il compito di qualche malcapitato. Mi avvicinai piano, mi sporsi e gli diedi un bacio sulla guancia. Lui si girò stupito e mi guardò. Sorrisi. “Per quello che ha fatto per me…” spiegai. Severus mi guardò facendo finta di nulla. “Comunque buongiorno! Ha visto, sono guarita del tutto!” esclamai, facendo una piroetta. “Quindi…?” chiese. “Sono venuta a trovarla come al solito! Dica la verità che le sono mancata ieri sera!” scherzai. Lui sbuffò. “Per nulla…” rimbeccò. Io lo guardai truce. “Non sarebbe meglio se si mettesse a recuperare le lezioni che ha perso in questi giorni?” sbottò, tornando ai compiti. Io scossi la testa. “Vedo con piacere che ascolta i miei cd…” sorrisi. “Solo perché oramai lei mi è intorno giorno e notte…mi ha tolto il piacere del silenzio e non ci sono più abituato…” commentò. Mi sedetti sulla sedia davanti alla scrivania. Iniziai a dondolare le gambe, cercando di non far toccare i piedi a terra. “Non ha proprio nulla da fare che venire a interrompere me?” disse acido Piton. “Pensavo che mi avrebbe dato lei qualcosa da fare…” spiegai. “Non ho nulla da assegnarle, quindi, evapori…” mi ordinò, facendomi segno con una mano come fossi una mosca. Io lo guardai fermando il movimento delle gambe. “Dunque?” chiese, spazientito. Io gli sorrisi e lui sbuffò. “Accio libri…” sospirò esasperato. La mia borsa apparve vicino a me, con tutti i libri che mi occorrevano per i compiti. “Divideremo la scrivania…così io potrò continuare a lavorare e lei si avvantaggerà…” spiegò. Io sbuffai ed iniziai a guardare la lista dei compiti. Avrei iniziato dal tema sulle stelle di Divinazione. Scrissi le prime righe, poi alzai lo sguardo al soffitto, picchiettandomi sul naso la penna. Piton alzò la testa. “Già finito?” mi chiese. “Calo d’ispirazione…” sospirai. Lui scosse la testa divertito. “Lo sapeva che ad Hogwarts c’è una stanza delle torture?” dissi, annoiata. Severus mi guardò alzando un sopracciglio. “Fred e George l’hanno scoperta…ci si va attraverso un passaggio segreto nei sotterranei…” spiegai. “Signorina Wyspet, cos’ha fatto ieri sera?” mi chiese sospettoso Piton. Io abbassai lo sguardo. “Lo sapevo…” commentò, seccato. “Lo sa benissimo che oltre il coprifuoco è vietato uscire! E se vi avesse sorpreso qualcuno della Squadra dell’Inquisizione? Quante volte devo ripeterle che non voglio che lei rischi di capitare dalla Umbridge!” mi rimproverò, arrabbiato. Io non dissi nulla. “Ma a quanto pare vuole sempre fare di testa sua signorina Wyspet…” continuò, incrociando le mani. Continuai a fissare la pergamena, ancora vuota. “Ma la prossima volta se la caverà da sola…mi rifiuto di medicarle ancora i graffi di quella penna e mentire agli altri insegnanti…è ora che se la cavi da sola…le cose se le deve guadagnare!” concluse, severo. Era da tanto che non mi faceva una ramanzina così. Anzi, ad essere sincera non mi aveva mai rivolto parole così. “Mi…mi scusi…io… prometto che non succederà più…” dissi, dispiaciuta. Piton sbuffò. “Non mi servono a nulla le sue scuse signorina Wyspet…tanto so che poi farà come vuole…” rimbeccò acido. “No…per favore…non mi dica così…prometto che starò più attenta alle mie azioni…” ripetei, con voce tremante. “Avanti, continui il tema…altrimenti non lo finirà più…” sbottò, freddo. Alzai lo sguardo. “Professore…non mi odi…” lo pregai. Severus alzò gli occhi verso di me. “Non voglio che la smetta di volermi bene…prometto che rimarrò nel dormitorio…e che uscirò solo per venire da lei…” dissi, triste. Piton scosse la testa e si alzò. “Non sia sciocca signorina Wyspet…non la odio…e non smetterò certo di volerle bene perché ha infranto una regola…” sbottò, avvicinandosi. Si sporse sul mio foglio per dare un’occhiata al mio compito. “Tutto qui? Solo due misere righe?” esclamò, acido. Io tornai ad abbassare lo sguardo. “Scusi…mi dispiace…” mi scusai ancora. Non so se per il tema, oppure per l’escursione della sera prima. Probabilmente per la seconda. “Mi preoccupo per lei…vorrei solo che evitasse di cacciarsi nei guai…” spiegò. Poi sorrise. “Ora, non crede sarebbe meglio iniziare con le materie più difficili?” mi propose, scorrendo con lo sguardo il foglio dei compiti. “Di solito faccio prima quelli più facili…oppure le materie che meritano meno impegno…” mi lasciai sfuggire. Piton scosse la testa. “Ogni materia va trattata con lo stesso riguardo signorina Wyspet…sentiamo, quale materia svolge più volentieri?” mi chiese. Io arrossii. “Pozioni…” risposi. Lui sorrise compiaciuto. “E poi?” continuò, prendendo il foglio dei compiti. “Trasfigurazione e Divinazione…per ultimo Difesa…” spiegai, guardandolo. “Io non ho assegnato temi nuovi…quindi direi di passare a Trasfigurazione…” commentò. “Hermione e Anna mi hanno detto che ha interrogato…” precisai, continuando a guardare i suoi occhi. Lui si girò. “Giusta osservazione…signorina Wyspet, sa dirmi in quale pozione si usano le radici di zenzero e la bile di Armadillo?” mi chiese. Ci pensai qualche minuto. “Nella pozione per aguzzare l’intelletto…” sorrisi, sicura. Piton annuì. “Nella pozione polisucco, quale ingrediente va raccolto durante la luna piena?” continuò, guardandomi negli occhi. “Il Fluxweed…” risposi subito. Severus annuì ancora. “Infine, qual è l’ingrediente principale della Bevanda della Pace?” chiese. Indugiai qualche minuto. “L'essenza di elleboro?” risposi, incerta. Lui ghignò compiaciuto. “Tre su tre…sbalorditivo signorina Wyspet…se i suoi compagni studiassero quanto lei…” commentò. Io sorrisi. “Studio meno di quando lei crede…” dissi beffarda. “Se ne vanti, mi raccomando…” sbottò. Io feci il gesto a due dita tipico della vittoria. “Allora presumo che se martedì la interrogassi lei raggiungerebbe un voto decente?” propose. Io annuii. “Bene…ora passiamo a Trasfigurazione…dunque…un foglio di pergamena sul significato del termine principale e un elenco dettagliato delle trasfigurazioni compiute quest’anno…” lesse Piton. Io annuii. Preso un nuovo foglio e scrissi il mio nome, casa e titolo. “Un passo avanti signorina Wyspet…” ghignò lui. “Secondo lei il termine principale di cui devo dare la definizione è ‘Trasfigurazione’?” chiesi, in dubbio. “Eviterò di rispondere a domande così ovvie…” rimbeccò. Io sbuffai e mi misi al lavoro. Piton si chinava sul foglio, ad ogni mia minima pausa. Appena ebbi finito, mi prese il foglio e lo lesse. “Discreto…penso però che potrebbe fare di meglio…” osservò, ridandomi il tema. Io sorrisi. Un suo discreto sarebbe stato sicuramente un ottimo per la professoressa McGranitt. Passai a Divinazione, poi, finii anche Difesa, sempre con Piton che mi controllava. Appena finito, si sedette e ricominciò a correggere i compiti di prima. Guardai l’orologio. Erano le 17.00. Mi misi a braccia incrociate sulla scrivania e ci appoggiai la testa. Lo sguardo rivolto verso il professore. Lui alzò la testa e io gli sorrisi, poi tornò a concentrarsi sui compiti. “Professore?” lo chiamai. “Cosa c’è signorina Wyspet?” rispose. “Niente…volevo controllare una cosa…” spiegai. Severus mi guardò dubbioso. “Lei…ha bei ricordi di quando era bambino?” chiesi. Lui si raddrizzò sulla sedia senza rispondermi. “Io ero una peste…se qualcuno mi prendeva in giro oppure mi faceva arrabbiare tiravo calci e pugni…” iniziai a raccontare, sorridendo. “Non che ora sia cambiata molto…” sbottò. Io risi. “Mia madre mi rimproverava sempre, però mio padre era fiero di me…diceva sempre che avevo lo spirito dei Wyspet…” continuai. Piton sorrise divertito, poi tornò ai fogli. Sospirai. “Può tranquillamente tornare in dormitorio…” commentò. Io scossi la testa. “Non si annoia a non far nulla?” mi chiese. Io sorrisi ancora. “No…non mi annoio a starla a guardare…” risposi. L’avrei guardato per ore. Per giorni. “Ecco, mi aiuti a correggere questi…” disse, porgendomi metà compiti. Annuii ed iniziai a scorrerli. Finimmo giusto per l’ora di cena. Uscii prima io dall’ufficio per portare i libri in dormitorio. Incontrai Luna per il corridoio ed andammo assieme in Sala Grande. Luna era una ragazza abbastanza simpatica, un po’ svampita, ma che faceva tenerezza, almeno a me. Anna ed Hermione erano già al tavolo. Salutai Luna e le raggiunsi. “Allora, com’è andata la giornata?” chiesi. La prima sospirò con occhi ebeti, mentre la seconda scosse la spalle. “Ho fatto tutti i compiti…” sorrisi, rivolta ad Hermione. Lei strabuzzò gli occhi. “Piton mi ha aiutato…mi ha anche detto che mi interrogherà martedì…si aspetta delle rispose perfette…” spiegai, fiera. Le pietanze comparirono sul tavolo. Mi buttai a capofitto su un buon pasticcio di carne, mentre Anna puntò una bistecca. Hermione prese una coscia di pollo. Avevo appena finito di ingoiare il primo boccone, che sentii qualcuno darmi una pacca sulla spalla. Mi girai e vidi Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode in piedi davanti a me ed Anna. Io e lei ci guardammo. “Scusate…ci lascereste mangiare in pace?” chiese Hermione. Pansy sbuffò. “Sentite…vorremmo mangiare senza avvoltoi intorno, quindi, tornatevene al vostro tavolo…”  rimbeccò Anna. Stavolta fu Millicent a sbuffare. “Se non l’aveste capito, vi stiamo chiedendo di andarvene…” dissi gentilmente. Loro non diedero segno di vita celebrale. “Siete a dieta? Ma che brave! Però, siccome noi avremmo un po’ fame, vi dispiace lasciarci mangiare in pace?” ripeté Anna. Millicent si scrocchiò le dita. “Volete giocare? Bene! Non ora però…” rimbeccò ancora la castana, spazientita. Pansy la guardò con gli occhi chiusi in due fessure. “Insomma, che volete?!” esclamai, irritata. Millicent mi prese per il colletto della camicia e mi tirò su di peso, lasciandomi poi andare in modo da essere faccia a faccia, io in piedi davanti a lei. “Senti Bulstrode, non rompere le scatole…se stai cercando il tuo cervello, io non l’ho preso…” dissi, sistemandomi l’uniforme. Per risposta mi mollò un pugno nello stomaco, che mi fece piegare in due. Anna si alzò di scatto e metà studenti della sala si girarono. Mi aggrappai al tavolo per evitare di cedere al dolore. “Si può sapere che volete?!” ringhiò Anna. Pansy digrignò i denti e alzò un pugno. “Credi di farmi paura Parkinson? Ma va! Vai a giocare vicino ai tombini aperti, che è meglio!” ghignò la ragazza. Io mi tirai su. Approfittando di un momento di distrazione di Millicent, le restituii il pugno allo stomaco. Pansy si girò pronta per colpirmi, ma Anna la prese per il cravattino. “Parkinson, non ti azzardare a mettere quelle sporche manacce sulla mia amica…” disse. Ci guardammo negli occhi, e fu un attimo. La mia avversaria mi spintonò con forza tale da farmi cadere con la schiena contro il tavolo. Io tornai all’attacco e le diedi un destro sul naso. Pansy intanto aveva afferrato per le spalle Anna e l’aveva immobilizzata, mettendole un braccio davanti al collo. La ragazza glielo morse, poi le diede un calcio. Schivai l’ennesimo pugno della Bulstrode, che, non riuscì a frenare e andò addosso a due bambini di Grifondoro del primo anno. “Insomma, cosa volete?” ripetei. Sentivo gli sguardi degli studenti puntati addosso. “Ve la faremo pagare! Abbiamo un conto in sospeso con voi!” rispose Pansy. Mi distrassi per qualche minuto e mi fu fatale. Millicent mi piombò addosso, mordendo, graffiando e scalciando, come un animale. Anna cercò di avvicinarsi, ma la sua avversaria la spinse addosso al tavolo dei Grifondoro. Vidi Hermione fissare la scena allibita, con le mani sulla bocca. Qualcuno aveva iniziato a gridare “si accettano scommesse!”, mentre quelli del primo anno si allontanavano impauriti. La Bulstrode non accennava a smettere di attaccarmi, non lasciandomi nemmeno il tempo per respirare. Anche Anna era in difficoltà. Nella mia mente si fecero spazio le parole d’orgoglio di mio padre. Azzardai un calcio senza una direzione precisa. Colpii Millicent alla gamba. Mi alzai. Anna si era liberata con un sinistro al mento. Poi, veloce, aveva dato gli occhiali a Ginny e mi aveva raggiunta. Schiena contro schiena, come le eroine di ogni film d’azione chi rispetti. “L’hanno voluta loro!” esclamò, ghignando. “Ora gliela facciamo vedere noi!” risposi, con lo stesso sorriso. Le due ripartirono alla carica. Millicent sfoderò un calcio, che evitai. Sentii qualcuno tifare per me ed Anna. Probabilmente Fred e George. Toccò a me con un pugno diretto ancora allo stomaco, poi uno schiaffo in pieno viso. Qualcuno dal nostro tavolo iniziò a cantare la sigla di Rocky. Vidi Millicent respirare affannosamente, poi girarsi verso Pansy. La mia avversaria bloccò Anna e la compare iniziò a riempirla di pugni. “Non vale così!” sbottai, accorrendo in suo aiuto. Vidi la mia amica crollare in ginocchio, mentre Pansy ancora la prendeva a calci. La rabbia iniziò a salirmi. “Piantala razza di elefante obeso!” ringhiai. Lei alzò la testa. “Come mi hai chiamata?!” esclamò. Anche Millicent si girò. Gli studenti trattennero il respiro. “Oltre che stupida sei anche sorda Parkinson?” dissi, spavalda. Pansy lasciò stare Anna e con passo pesante arrivò da me, con l’amica al seguito. “Giulia no!” sentii gemere terrorizzata Hermione. “Fatevi sotto…” le invitai. La prima mi si avventò addosso, iniziando a dare pugni. Millicent si preparò a darmi un cacio, ma Anna, le fece lo sgambetto e lei cadde come un sacco di patate a terra. Iniziai a scalciare a destra e manca, cercando di evitare i colpi di Pansy. “Maledetta! Ripetilo sei hai il coraggio!” ringhiò ancora la ragazza, senza smettere di dimenarsi. “Molto volentieri!” rimbeccai. Sentii delle braccia avvolgermi le spalle e trascinarmi via. Continuavo a scalciare come una furia. “Si calmi signorina Wyspet! Ora basta!” mi ordinò Piton. Avevo lo guance in fiamme dalla rabbia. Vidi la Parkinson trascinata via da Hagrid. Vicino, Anna e Millicent divise da qualcun’altro. “Lasciami! La voglio polverizzare!” gridò Pansy. Il custode la tenne stretta lontano da me. Pian piano mi calmai, come anche lei. Però appena Hagrid la lasciò andare, si avventò su di me, buttandomi a terra. La spinsi via con un calcio. Hagrid la riprese. Piton mi aiutò a tirarmi su. Avevo la schiena che mi faceva male. Sentii dei piccoli passi avvicinarsi a noi. “Sono inorridita dopo aver assistito ad uno spettacolo così riprovevole per delle signorine…” esordì la Umbridge, osservandoci. Anna riprese gli occhiali e se li inforcò. “Dovrò prendere dei provvedimenti…Haliwell e Wyspet, nel mio ufficio alle 20.30 precise!” trillò, quasi soddisfatta. “Ma professoressa, hanno iniziato loro!” rimbeccò Anna. “Parkinson e Bulstrode, il vostro Capocasata penserà a voi…” enunciò ancora il confettone. Le due si guardarono sorridendo. Piton aprì la bocca, ma la McGranitt fu più veloce di lui. “Pretendo di avere la scelta delle punizioni delle mie studentesse…non si dimentichi, che le signorine Haliwell e Wyspet sono della mia Casa…” rimbeccò la donna. La Umbridge la squadrò. “Però la preside sono io…” sbottò il rospo rosa. Il mio sguardo passò dalla McGranitt a lei, poi a Piton. Si girò e abbassai lo sguardo. Mi ero cacciata nell’ennesimo guaio, ed in più rischiavo di finire ancora nell’ufficio della Umbridge. Avevo deluso Severus. “Dato che le signorine Bulstrode e Parkinson sono sotto la mia tutela, propongo uno scambio…” disse quest’ultimo, interrompendo l’atmosfera di odio tra le due donne. Le due interessate si guardarono stupite. “Cioè?” chiese il confettone. “Le do il permesso di punire come meglio crede le mie studentesse…” iniziò a spiegare. La Umbridge annuì, mentre Pansy e Millicent sbiancarono. “…in cambio sarò io a punire le due Grifondoro…” concluse Piton, scoccando uno sguardo alla McGranitt, che annuì. Il rospo rosa ci pensò qualche minuto. Si era creato un mormorio inquieto tra gli studenti. Com’era possibile che Piton desse in pasto alla Umbridge delle sue allieve per salvarne delle altre, di Grifondoro? Tutti se lo stavano chiedendo, in attesa del giudizio finale. “Non posso che darti libero arbitrio Severus…” disse infine il confettone. Dal tavolo di Grifondoro si levò un boato di approvazione, zittito poco dopo dalla McGranitt. “Bulstrode e Parkinson nel mio ufficio, alle 20.30…” si corresse la Umbridge. “Voi due verrete nel mio ufficio appena finita la cena…” ci disse Piton. Io ed Anna annuimmo. Le nostre avversarie, affrante, tornarono al loro tavolo, mentre noi ci sedemmo. “Siete state grandi!” si complimentò Ginny. “Superbe!” la corresse Fred. “Magnifiche!” commentò Ron. “E poi Piton…chissà cos’ha in mente per voi…” disse rabbrividendo George. Hermione ci fece una sgridata con i fiocchi, impedendoci di finire la cena in pace. Appena anche i dolci scomparvero, Piton ci venne a prendere. Lo seguimmo fino ai sotterranei e al suo ufficio. Era la prima volta che ci entravo non da sola. “Lo sapete che siete state fortunate vero?” esclamò, acido. Io ed Anna annuimmo. “Per punizione, signorina Haliwell, martedì la interrogherò…” iniziò a spiegare. La ragazza lo guardò stupita. “Tutto qui?” chiese. “Se vuole le do anche un tema di quattro fogli di pergamena su due pozioni a scelta…” commentò, secco. Anna scosse la testa. “Ora, lei può andare…passi in infermeria, senza deviazioni nel dormitorio Serpeverde, intesi?” le ordinò. “Certo prof.! Grazie ancora!” disse allegra, uscendo di corsa dall’aula per paura che lui potesse cambiare idea. Rimanemmo soli. Abbassai lo sguardo. La schiena mi faceva un male tremendo. Colpa dell’attacco bomba della Parkinson. Cento chili a spiaccicarti non è che giovino molto alle ossa. Piton iniziò a girarmi intorno. Quell’attesa mi sfiancava. Decisi di rompere quel silenzio. “Mi scusi professor Piton…non so cosa mi sia preso…è che Millicent…” iniziai a scusarmi. “Lo so…” rispose, senza farmi finire. Io alzai lo sguardo. Si era fermato davanti a me. “Cosa?” chiesi, stupita. “Mi costa ammetterlo ma, avendo visto la scena dal principio non posso dire che sia stata lei ad iniziare…ho visto la signorina Bulstrode tirarle quel pugno…” spiegò. Io sorrisi. “Prometto che non assisterà più a scene così…” dissi, rammaricata. Lui scosse la testa. “Non prometta cose che non riuscirà a mantenere…” rimbeccò. “Quindi…non è arrabbiato?” chiesi, con un pizzico si speranza. “Le pare che se fossi arrabbiato l’avrei salvata dalle grinfie della professoressa Umbridge?” esclamò, acido. Di scatto lo abbracciai, aggiungendo un gemito di dolore dovuto alla schiena. “È tutta intera?” mi chiese, guardandomi. “A quanto pare la mia schiena non ha apprezzato l‘ultimo attacco di Pansy…” spiegai, cercando di sorridere. Piton scosse la testa. “Mi aspetti in camera…arriverò subito…” mi ordinò, staccandosi da me. Io obbedii, ripetendomi mentalmente quella frase, ed arrossendo pensandola in un altro contesto. Severus arrivò poco dopo. “Si sieda sul letto…” disse ancora. Mi sedetti sul bordo. “Alzi la maglietta…” continuò. Mi sentii divampare. “Allora?” chiese, seccato. Poi mi guardò in viso. “Signorina Wyspet, intendevo di rivolgermi la schiena e solo allora, di alzarsi la maglietta…” commentò, acido. Mi accorsi solo allora che in mano aveva una delle sue boccette. Piano, mi voltai e alzai la maglia fino a scoprirmi la schiena. “C’è un livido viola che risalta sulla sua pelle chiara sa?” esclamò, quasi compiaciuto. Arrossii. La mano di Severus iniziò a percorrermi la schiena, spalmando qualcosa di freddo. Rabbrividii. Mi accorsi che Piton aveva smesso di scorrermi sulla schiena la mano. Girai il viso e lo vidi con la testa voltata verso la parete dietro di lui, le guance colorate di rosso. La sua mano ferma a mezz’aria. Cercai di girarmi ancora di più in modo da vedere, ma, essendo io dotata di spina dorsale e non avendo le attitudini della bambina del film L’Esorcista, ci rinunciai. “Professore…tutto bene?” gli chiesi. Piton tossì e ricominciò a passarmi la crema. Poi si fermò ancora. Un’ipotesi si avvicinò nella mia mente, facendomi arrossire ancora di più. “Signorina Wyspet… le dispiacerebbe…” iniziò a dire, con voce insicura. L’ipotesi avanzava. Con la mano più vicina presi la fascia di pizzo con al centro la chiusura del reggiseno e la tirai su insieme alla maglia. “Grazie…” disse, ricominciando a spalmare la crema. Senza accorgermene sorrisi. Adoravo quella sua timidezza. Avendo a che fare con ragazzi come Josh, che al primo appuntamento pretendevano di appartarsi in qualche angolino a soddisfare i loro ormoni, quella era una caratteristica ben voluta. Severus era sensibile, e si imbarazzava facilmente. “Ora può tirarla giù…” mi avvertì. Io mi sistemai la maglia e mi girai. Piton era andato a mettere apposto la boccetta. Mi guardai in giro, come se fossi in quella camera per la prima volta. “Cosa intende fare?” mi chiese Severus, tornando nella stanza. Io feci spallucce. “Le faccio compagnia…” sorrisi. “Immaginavo…” disse, ancora senza guardarmi in viso. “Lei cosa fa?” chiesi. “Rivedo alcuni appunti per le prossime lezioni…” spiegò. Rimase a guardarmi vicino allo stipite della porta. “Posso stare qui?” chiesi, iniziando a slacciarmi i lacci delle Converse. Piton mi guardò dubbioso. “La scrivania è piccola…le serve spazio per i suoi appunti…prometto che non combinerò nulla...” dissi. Severus sorrise divertito. Tirai fuori dalla tasca della maglia l’mp3. “Oh no!” esclamai, vedendo il vetrino spezzato da tante crepe. Piton si avvicinò curioso. “Quando Millicent mi ha dato il primo pugno deve averlo preso in pieno…” ipotizzai, dispiaciuta. “Mel’avevano regalato l’anno scorso i miei per Natale…” spiegai, sbuffando ed accendendolo. “Almeno funziona ancora…che spavento!” dissi poi, sospirando di sollievo. “Se vuole posso risistemarlo…” propose Severus. Io scossi la testa. “Non importa…devo accettare le cause dei miei comportamenti poco femminili…come dice mia madre…” risposi, sorridendo amaramente. Piton scosse la testa. “Davvero responsabile da parte sua…sta crescendo…” mi prese in giro lui. “Ho quasi sedici anni oramai…tra un anno sarò maggiorenne, devo iniziare a pensare da adulta…” sorrisi. Severus annuì concorde, poi si avviò vero la porta. “Professore?” lo chiamai. Lui si girò. “Secondo lei lo Specchio delle Brame è ancora qui ad Hogwarts?” gli chiesi. “Non saprei…penso che l’unico che sa dove si trova ora sia Silente… anche se prima dovremmo sapere dove si trova lui stesso…” ragionò Piton. Io sorrisi e rimisi via l’mp3. Severus mi guardò interrogativo. “Ha poca batteria…” risposi. Lui entrò nel suo ufficio. Lo sentii trafficare, poi delle note famigliari iniziarono a riempire le stanze. Riconobbi subito la prima canzone. Era il secondo nella hit parade dei miei cd preferiti, dopo American Idiot dei Green Day. The Open Door, Evanescence. “Penso che possa sostituire il suo aggeggio Babbano…” propose Severus, affacciandosi dalla porta. Io annuii. “Giusto quello che volevo sentire…” sorrisi. Ghignò compiaciuto. Misi le gambe sul letto sistemando la gonna. Sweet Sacrifice. Quante volte mi aveva accompagnato questa canzone. Fear is only in our minds, taking over all the time. Nei miei momenti più incerti. Fear is only in our minds, but its taking over all the time. Scossi la testa e tornai alla realtà. Mi accorsi che Josh non si era fatto vivo per tutto il giorno. Però c’era stato il casino con le due serpi. Ogni giorno ne capitava una. Quell’anno non era stato molto gioioso. Già dopo aver messo piede a alla sede dell’Ordine, era scattata un’accesa guerra tra Molly Weasley ed Anna. Elemento di discordia: Draco Malfoy. Le due non la smettevano di litigare, e la situazione si affievolì quando arrivò Bill. Anna dava ascolto solo a lui. Io poi, dopo aver saputo dei tempi dei Malandrini, vedevo con occhio diverso Sirius. Lupin stranamente no. L’unica cosa positiva era che vedevo Piton qualche volta. Dopo le riunioni dell’Ordine ed il processo ad Harry, ci fu la scuola. Quando conoscemmo la Umbridge, con i suoi completini rosa e le bugie sul ritorno di Voldemort. Poi formammo l’ES, l’Esercito di Silente, che si sciolse appena venne scoperto dalla Squadra d’Inquisizione. Quanti litigi per colpa di quel fatto. Anna contro Draco, il Ministero contro Silente. Poi quest’ultimo sparì, facendo diventare il confettone preside. Sospirai, mentre la canzone cambiava. Mi stiracchiai, ripensando alle riunioni dell’ES. Harry ci ha insegnato tante cose, ma quella che mi era rimasta più impressa fu la lezione sui Patronus. Avevo già sentito parlare da Harry dell’Incanto Patronus al terzo anno, quando erano comparsi i Dissennatori, e Lupin gli dava lezioni. Mel’aveva spiegato a grandi linee, però la curiosità di mettere in pratica l’incantesimo era tanta, così, quando annunciò che ci avrebbe insegnato il Patronus ero fuori di me dalla gioia. “Dovete pensare ad una cosa bella, ad un ricordo felice…” aveva detto Harry. La prima che ci riuscì fu Luna, dalla cui bacchetta, uscì una lepre. Poi Hermione, con una lontra. Successivamente, Anna, con un gatto. Quando venne il mio turno, pensai al ricordo di quando entrai nel pensatoio di Piton e ci fu il bacio. Mi focalizzai su quell’istante, dicendo “Expecto Patronum!”. Dalla mia bacchetta fuoriuscì una magnifica cerva argentea che fece un giro intorno a me, lasciando una scia. Allungai la mano per accarezzarla ma sparì nel nulla. Da quel giorno evocai solo una volta la cerva, la mia protettrice. “Signorina Wyspet, è viva?” mi chiamò Piton, risvegliandomi da quel ricordo. Aprii gli occhi di scatto. Non mi ero nemmeno accorta di averli chiusi. Mi venne quasi nostalgia di quella forma argentea. Avrei voluto chiamarla a me in quel momento stesso. “Signorina? Mi risponda!” continuò Severus. Io balzai giù dal letto e misi le Converse senza allacciarle. Andai fino alla porta e mi appoggiai allo stipite. “Professore?” chiesi, con voce flebile. Lui alzò lo sguardo. “Finalmente mi risponde! Pensavo si fosse addormentata...” sbottò acido. Lo guardai incerta se fargli o no quella domanda che mi balenava in testa. “Ebbene?” rimbeccò, ricambiando il mio sguardo. “Lei…ha mai usato l’Incanto Patronus?” gli chiesi. Piton mi guardò sollevando un sopracciglio. “Cioè…lei la sa fare?” riformulai la domanda. Lui continuò a guardarmi. “Ovvio…” rispose solamente. “Davvero? E qual è il suo animale?” chiesi ancora curiosa. Piton rimase in silenzio. “Perché tutte queste domande? Desidera forse imparare il Patronus?” rimbeccò. Io sorrisi timida. “Veramente…lo so già fare…” sorrisi. Vidi Severus guardarmi scettico. “Non ci crede?” sbottai, offesa. “No…si figuri…” disse, con un tono ancora meno convinto. Io mi allontanai dalla porta. “Richiami la mia bacchetta… avanti…” lo pregai. “Signorina Wyspet, penso che sia pericoloso cercare di…” iniziò a dire. Io lo guardai decisa e lui richiamò la bacchetta, che atterrò tra le mie mani. Sorrisi. Mi schiarii la voce. “Io l’ho avvertita…” disse, incrociando le braccia al petto, pronto per gustarsi la scena. Chiusi gli occhi e pensai al bacio. Ci pensai così tanto da farmi venire mal di testa. “Expecto Patronum!” esclamai. La luce argentea iniziò ad uscire dalla mia bacchetta. Riaprii gli occhi, e trovai la cerva davanti a me. Mi voltai e vidi Piton con un’espressione incredula dipinta sul viso. “Visto?” sorrisi. L’animale argenteo mi guardò, poi si avvicinò a lui. Severus si alzò. Guardai il Patronus con aria soddisfatta. Subito l’animale sparì. “Devo ancora imparare a farlo rimanere per più tempo…” spiegai, abbassando la bacchetta. Piton mi guardò. “Quell’animale era…” iniziò a dire. Io annuii. “….una cerva” completai. Passarono dei minuti. “Allora, non dice nulla? Lo so, non sono molto pratica e sinceramente spero che non mi attacchino dei Dissennatori…” dissi, modesta. Severus non disse nulla. “Tutto bene? Ho capito che non ho grandi capacità, però rimanere sbalorditi per così tanto tempo…” rimbeccai, pensando ad una presa in giro. Lui scosse la testa poi mi fissò negli occhi. “Chi gliel’ha insegnato?” mi chiese. Io sollevai le spalle. “Segreto!” dissi, appoggiandomi il dito indice sulle labbra. “A quanto pare mi devo ricredere…” osservò, sedendosi. Io gli trotterellai vicino. “Ora tocca a lei!” lo incitai. “No…” disse subito. “La prego! Sono curiosa!” rimbeccai, congiungendo le mani a mo di preghiera. “No…” ripeté. Io mi sporsi. “Per favore!” continuai. “Categoricamente no!” rimbeccò severo. Io mi allontanai e rimasi in piedi vicino a lui. Sguardo basso. Riuscivo davvero ad essere snervante a volte. Quanto Anna, se non peggio. Ci fu un silenzio di qualche minuto. “Mi scusi…” sussurrai, in colpa. Piton sospirò. “Dovevo immaginarlo…” commentò. Altro silenzio. “Secondo lei…perché il mio Patronus è una cerva?” chiesi. Severus alzò lo sguardo. “La cerva è un animale di carattere timido…forse è per questo…” ipotizzò. Sorrisi. Avrei voluto riprovare a chiedergli quale fosse il suo animale. Forse un serpente. Oppure un drago. O comunque un animale fiero o che centri con Serpeverde. “Forse è il caso che torni al suo dormitorio…” osservò, guardando l’orologio sulla parete. Erano le 23.00 passate. “Domani non c’è lezione, le posso fare compagnia ancora se vuole…” dissi, speranzosa. Piton sbuffò. “E va bene…però se ne torni nella mia camera…” rispose. Io sorrisi e trotterellai nella stanza a fianco. Tolsi le Converse e mi sdraiai a pancia in giù sul letto. Le lenzuola erano morbide e, come al solito, intrise di quel profumo che adoravo. La voce di Amy Lee mi cullava come una ninna nanna. Mary had a lamb. Le mie gambe si fecero pesanti e smisero di dondolare. His eyes black as coals. I miei occhi si chiusero per istinto. If we play very quiet, my lamb. Lasciai andare la testa sul cuscino. Mary never has to know. E mi addormentai, mentre la voce si affievoliva.

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Capitolo 9
*** Are We The Waiting ***


Buonsalve *-* anzi, buon giorno xD sisi ho appena aggiornato ma non ho resistito. Anche perchè volevo rinnovare gli auguri alla cara Skelanimal <3 so che aspettava un altro aggiornamento e avverrà anche quello, ma intanto ti dedico anche questo *^* qui troviamo She's Always a Woman to Me di Billy Joel, Boulevard of Broken Dreams e Are We The Waiting dei Green Day (essendoci Giulia di mezzo era ovvio xD),

Avvertenze: OCCtudine a manettaaa proprio.

Spero che vi piaccia <3
Buona lettura :3



9° Capitolo

Strinsi una mano e sentii qualcosa di morbido contro le mie dita. All’inizio pensai fosse un sogno, e mi rifiutai di aprire gli occhi. Poi però, mi arresi. Davanti a me c’era il viso di Severus, solo a qualche centimetro dal mio. Dapprima non reagii, ma quando mi resi veramente conto della poca distanza che ci separava, aprii gli occhi di scatto. Era sdraiato su un fianco verso di me. Il viso sul cucino. La mia mano cadeva leggera tra i suoi capelli e ne stringeva dolcemente una ciocca. Sentivo il suo respiro. Il mio cuore aveva preso a battere forte dall’emozione. Anche una sua mano teneva una ciocca dei miei capelli. L’altro braccio era appoggiato sul mio fianco, lasciando la mano a penzoloni. Magari Piton si era sdraiato un minuto e poi si era addormentato. E nel sonno si era mosso. Cercai di districarmi da quella posizione. Liberai i miei capelli e spostai piano il braccio. Vidi l’orologio appeso alla parete e sobbalzai. Erano le tre passate. Era tardi. Tardissimo. Non me la sentivo di vagare da sola per i corridoi a quell’ora, così, mi ributtai sul letto. Faceva freddo. La coperta era caduta per metà sul pavimento. Si vede che tutti e due c’eravamo mossi molto. Ripercorsi con la mente quella frase ed arrossii. Poi picchiai la fronte con una mano. Tirai piano la coperta e coprii Severus, poi mi allontanai e mi misi sul fianco destro, in modo da dargli la schiena. Sospirai e chiusi gli occhi. La coperta si mosse e sentii il materasso muoversi. Fu un attimo e mi sentii tirare all’indietro, per poi essere chiusa in un abbraccio. Divampai così tanto da voler liberarmi dalla coperta. Severus mi circondava i fianchi con le braccia, la mia schiena contro il suo torace. Sentii un rumore. Il mio mp3 era caduto per terra. Mi spostai piano, lo raccolsi e lo misi sul comodino. Nemmeno il tempo di ritrarre il braccio che Piton mi trascinò a se. Sorrisi. Mi guardai in giro alla ricerca di qualche peluche e ridacchiai fra me e me. Posai le mie mani sulle sue. Sentivo il suo respiro sul mio collo. Era una cosa piacevole. Anzi, era un sogno. Era questo che provava Anna quando dormiva con Draco? Se era così, valeva davvero la pena rischiare una punizione della Umbridge. L’ennesimo respiro mi provocò dei brividi lungo la schiena. Mi lasciai scappare un gemito, poi arrossii ancora. Calma, dovevo stare calma. La mia temperatura corporea non era normale. Sembrava avessi la febbre! Però c’era un problema. Non sarei riuscita a dormire in quelle condizioni. Chiusi gli occhi e cercai di vedere tutto dal lato dolce. Severus mi stava abbracciando. Voleva dire che stava sognando qualcuno a cui voleva bene. Aprii di scatto gli occhi. Un pensiero si librò nella mia mente. No, non lei. Lily. Non poteva sognare Lily e abbracciare me. Scacciai questo pensiero. Non potevo e non dovevo essere gelosa di una donna, che, oltre che essere morta, era stata anche sposata. Mi rattristai di aver pensato che, essendo appunto non più in vita, non potesse rubarmi Piton. Dopotutto, l’amore vive anche dopo che quel qualcuno non c’è più. Sentii Severus mormorare qualcosa. Aguzzai le orecchie. “Giulia…” lo sentii sussurrare. I miei occhi si illuminarono. Aveva pronunciato il mio nome. Aveva proprio invocato il mio nome nel sonno! Ora si che potevo dormire in pace. Mi girai piano, avvolta nel suo abbraccio dal profumo suadente, ed appoggiai la mia fronte alle sue labbra socchiuse. Tenni stretta la sua camicia tra le mie mani e lui mi strinse ancor di più a se. Chiusi ancora gli occhi, stavolta sorridente. E allora, sentendo il rumore del suo respiro, mi addormentai.
Fu un sonno tranquillo, vellutato. Aprii gli occhi piano, impaurita di aver soltanto sognato gli ultimi istanti prima di dormire. Per mia gioia, trovai Severus ancora davanti a me, nella stessa posizione di quando avevo chiusi gli occhi l’ultima volta. Chissà che ora era. Non si intravedeva nemmeno un filo di luce. Sospirai ed allungai una mano per accarezzare i morbidi capelli corvini del professore. Alzai di poco la testa per riuscire a guardarlo in viso. Aveva uno sguardo sollevato. Sorrideva. D’istinto anche io sorrisi. Mi sembrava di essere tornata all’anno prima, quando immaginavo come sarebbe stata la nostra vita dopo il settimo anno. Il matrimonio. Dormire ogni sera con lui. Arrossii. Sentii Piton muoversi. Tornai ad abbassare lo sguardo mentre scorrevo le dita tra i capelli. Sentii le sue mani, che fino a quel momento erano incrociate dietro la mia schiena, sciogliersi. Fermai la mia mano. Sentii Piton sussultare, poi un calore sulla mia guancia. Aprii gli occhi e vidi la sua mano. Alzai lo sguardo e sorrisi. Severus ritrasse la mano, imbarazzato. “Buongiorno professore…” sussurrai. Lui si allontanò e si sedette sul bordo del letto. Mi stiracchiai e sbadigliai. “Non so come sia potuto succedere…” commentò, imbarazzato. Io scossi la testa. Lo raggiunsi sedendomi accanto a lui con le gambe ancora sul letto. Gli diedi un bacio sulla guancia e lui si girò e mi guardò dubbioso. “Anche stanotte niente incubi…la ringrazio…” sorrisi. Piton si alzò e andò in bagno. Mi ributtai sul letto di peso a gambe e braccia distese. Mi stiracchiai ancora, poi saltai giù dal letto. Le lenzuola erano tutte scombinate. Tolsi tutto ed iniziai a rifare il letto. Prima il copriletto verde scuro. Nemmeno una piega. Intanto iniziai a canticchiare She’s Always A Woman, di Billy Joel. Ogni volta che mio padre trova mia madre a fare il loro letto, le canta sempre questa canzone. Lei usa sempre la magia per tutto, tranne per rifare i letti. Dice che vengono meglio alla maniera Babbana. She can kill with a smile. Una volta papà l’ha cantata anche a me. Mamma ha detto che non vuole che io cresca, per questo non me la canta mai. She can wound with her eyes. La prima coperta sistemata. She can ruin your faith with her casual lies. Sentii la porta del bagno aprirsi di poco. Con la coda dell’occhio, senza smettere di cantare, guardai. Severus era affacciato di poco verso la stanza e mi osservava. Mi girai e lo salutai, però lui richiuse subito la porta. And she only reveals what she wants you to see. Il lenzuolo era apposto. Mi mancava solo il copriletto, sempre di un verde scuro.. She hides like a child. Prima sprimacciai i cuscini, poi li coprii con il copriletto. Mi allontanai per vedere bene il mio lavoro. But she's always a woman to me. Smisi di cantare e sorrisi compiaciuta battendo le mani. Presi il mio mp3 dal comodino, poi trotterellai fino al bagno. Bussai. “Professore?” lo chiamai. “Cosa c’è?” rispose lui. “Potrebbe uscire? Devo farle vedere una cosa…” sorrisi, fiera di me stessa. Lo sentii sbuffare. “La prego!” insistetti. Vidi la porta aprirsi e Piton uscire. “Ebbene?” chiese, guardandomi. Indicai il letto. Lui alzò un sopracciglio. “Tutto qui? Eppure dovrebbe sapere che con un semplice colpo di bacchetta si sarebbe sistemato da solo in pochi minuti…” sbottò, acido. Io lo guardai un po’ delusa. “Però…alla maniera Babbana viene meglio…” mi giustificai. “Se lo dice lei…” commentò seccato. Io annuii e lui tornò in bagno richiudendo la porta. Mi trascinai fino al letto e mi sedetti arrabbiata. Il mio voleva essere in gesto gentile. Ci avevo messo l’amore. Oppure mi volevo semplicemente divertire a fare la casalinga. Piton uscì veloce dal bagno e mi raggiunse. “Dunque? Non aveva appena rifatto il letto?” chiese. Io alzai le spalle. “Tanto con un colpo di bacchetta si rimette apposto…” sbottai. Lui sorrise divertito. “Si offende solo perché le ho detto come stavano le cose?” disse, incredulo. Io sbuffai. “Volevo solo farle un favore…” rimbeccai. Severus sorrise e mi accarezzò la testa. “Ho apprezzato il suo gesto signorina Wyspet…” spiegò. Io sorrisi. “Davvero?” chiesi. Lui annuì. Mi alzai e sistemai le pieghe che avevo creato. “Sono le undici passate…è meglio se torna in dormitorio…” commentò, avvicinandosi alla cassettiera alla parte destra del letto. “Prima vado un attimo in bagno…posso?” chiesi. “Vada…però si sbrighi!” mi ordinò. Corsi in bagno. Mi tolsi il fermaglio. Vidi un pettine poggiato vicino al lavandino e lo usai, poi intrappolai una ciocca della frangia nel oggettino che si chiuse con un clic. Sbadigliai e tornai nella camera. Piton mi passò la bacchetta e mi accompagnò alla porta nel suo ufficio. “Si ricordi che voglio vedere il suo Patronus eh…” sorrisi. Piton tossì poco convinto. “Per stanotte signorina Wyspet…” iniziò a dire, chiaramente imbarazzato. Il scossi la testa. “Sono felice…di aver dormito con lei…” mi lasciai sfuggire, per poi arrossire. Lui tossì ancora. Lo salutai con una mano, poi corsi via. Per i corridoi non c’era quasi nessuno, a parte i soliti studenti mattinieri. Arrivai alla torre e salutai la Signora Grassa, che mi squadrò. Passai in Sala Comune, ancora vuota, ed arrivai al dormitorio. Entrai nella stanza. Hermione era sul suo letto a girare pagine di un libro, mentre Anna stava cercando di distrarla. “Buongiorno!” esclamai, prendendo in braccio Billy. Le due alzarono la testa ed Hermione si alluminò. “Dove cavolo sei finita?! Pensavamo che Piton ti avesse ucciso!” disse Anna, sorridendo. L’altra lasciò il libro e venne ad abbracciarmi, mentre il mio povero gatto cercava di liberarsi. Mi sedetti sul mio letto, lasciando Billy. Saltò giù con la coda all’insù offeso, ed andò a rotolarsi in un angolo della stanza. “Allora?” chiese Anna, guardandomi curiosa. Io sorrisi. “Se hai gli stessi vestiti di ieri deduco che non sei tornata in dormitorio stanotte…” ghignò ancora. Scossi la testa. “Gli ho fatto vedere il mio Patronus…” dissi. “E questo che c’entra? Voglio i particolari scottanti!” rimbeccò. Hermione si portò le mani alla bocca. “Giulia! Non dovevi!” esclamò preoccupata. “Tranquilla…non gli ho detto nulla dell’ES…” spiegai. La ragazza tirò un sospiro di sollievo. “E poi? Come mai sei rimasta li tutta la notte?” chiese con tono malizioso Anna. Io arrossii. Lei si alluminò. “Avete dormito assieme? Com’è stato?” disse ancora. Hermione rimase a bocca aperta. “Non era programmato…però…ecco…è stato…dolce…” raccontai. Anna battè le mani. “E ti ha fatto male? Allora vi siete messi assieme?” continuò. Guardai la ragazza dubbiosa. Hermione intanto stava per svenire per un eccesso di bile. “Anna…stiamo parlando della stessa cosa?” le chiesi. “Certo! Della tua notte di fuoco con Piton!” disse subito. Per poco caddi dal letto. “Ma come ti viene in mente?! Abbiamo solo dormito! Ci siamo addormentati nel suo letto!” commentai, con le guance rosso vivo. Hermione tirò un sospiro di sollievo. “Solo? Ma che delusione…” esclamò delusa l’altra. Io ridacchiai. “Tra poco comunque è ora di pranzo…scendiamo?” chiese Herm. Io ed Anna annuimmo. Incontrammo Ginny e Mary Kate in Sala Comune e ci dirigemmo verso la Sala Grande. Ci sedemmo al nostro tavolo. Vedemmo un gruppetto di ragazzi con l’uniforme verde argento passarci vicino. Draco mandò un bacio ad Anna, mentre Blaise fece l’occhiolino a Mary Kate. Millicent e Pansy non c’erano tra loro. Il biondo prese l’amico per il braccio e lo trascinò al nostro tavolo. Anna, seduta vicino a me, fece spazio per il suo amato, che si sedette tra noi due. “Hey Malfoy urti il mio spazio vitale!” rimbeccai, dopo l’ennesima spinta per sporgersi verso Anna. “Non è colpa mia se sei così grossa che il tuo spazio vitale occupa metà tavola…” rimbeccò lui. Gli tirai una gomitata nelle costole. “No! Pietà, terrore!” mi prese in giro. “Sei patetico…” sbuffai. “Aiuto! Ora la Wyspet mi picchierà! Salvatemi!” continuò, facendo la voce finta spaventata. Hermione scosse la testa spazientita. “Draco?” lo chiamò Anna. “Si amore?” rispose lui. “Piantala per favore…” lo pregò lei, esasperata. “Va bene amore…” disse subito il biondo, per poi farmi una linguaccia. Io gli diedi la panoramica del mio dito medio. “Comunque siete state forti ieri sera! Vi vedevo già spiaccicate sotto Pansy e Millicent…” commentò. “Modestamente…” rispondemmo in coro io ed Anna. Ripensai al mio povero mp3. “Comunque ho un contro in sospeso con la Bulstrode…” precisai. Hermione e la coppietta mi guardarono dubbiosi. “Il mio amato oggettino ha un’insieme di crepe al posto del vetrino…lo devo vendicare…” spiegai. Anna mi guardò a bocca aperta. “Ma…funziona ancora?” mi chiese. Io annuii e lei fece un sospiro di sollievo. “A proposito dei due pachidermi, le hai viste oggi?” chiese ancora curiosa a Draco. “Ieri sera in Sala Comune…si tenevano entrambe la mano destra…venti frasi ciascuna…” spiegò ghignando. “Non è giusto! A me ed Anna ne aveva date trenta quando avevamo fatto rissa!” rimbeccai. Draco si girò verso il tavolo insegnanti, poi si alzò. “Blaise!” lo chiamò. Il ragazzo lasciò Mary Kate e lo raggiunse. “Andiamo va…che Piton ci sta guardando male…” spiegò in sintesi. L’amico salutò me, Anna ed Hermione, poi seguì il biondo al suo tavolo. “Che bel sedere…mamma mia…” sentimmo dire a Mary Kate. “A chi lo dici…” concordò la sorella. Hermione scosse la testa. Le pietanze apparvero, e, prima di iniziare a gustarci il pranzo, io ed Anna ci guardammo intorno. Verificata l’assenza di elefanti famigliari, attaccammo i rispettivi cibi. “Che fate dopo?” ci chiese Ginny. “Draco…mi aiuta a fare i compiti…” sorrise Anna. “Io idem…” disse Mary Kate. Io ed Hermione evitammo di rispondere. Appena finito il cibo sgattaiolai da Piton. “Ma lei non ha qualcosa di diverso da fare che venire ad infastidirmi pomeriggio, sera e mattina?!” rimbeccò, vedendomi entrare nel suo ufficio. Io scossi la testa. “Professore?” lo chiamai. Severus mi guardò. “Le va di uscire stasera?” gli chiesi. Lui alzò un sopracciglio. “Stiamo sempre rinchiusi nel suo ufficio…è da tanto che non andiamo dal nostro albero…” spiegai. Piton mi guardò scettico. “Forse perché siamo ancora in inverno?” disse, sarcastico. “La prego!” lo pregai. Lui non rispose. “Prometto che sarò così brava nell’interrogazione che mi metterà il massimo! Sarò preparatissima!” proposi. “Studiare è un dovere signorina Wyspet…” sbottò. Lo guardai con occhi dolci. “È lunedì domani…c’è lezione…” disse ancora. “Se accetta me ne vado e mi vedrà solo stasera…la lascio in pace per questo pomeriggio…” proposi. Piton ci pensò su. “Alle 20.30 davanti all’albero…intesi?” accettò. Io battei le mani felice. “Ora, evapori!” mi ordinò. Io annuii e corsia via. Andai in dormitorio, e presi il libro che avevo preso in prestito dal professore una settimana prima. Mi misi davanti sulla sedia vicino al camino con le gambe incrociate, e iniziai a sfogliare le pagine. Era un libro sugli assassini, per lo più Babbani. “Che palle oggi!” esclamò una voce. “Già, non c’è nulla da fare…” rispose l’altra. Alzai la testa giusto in tempo per vedere due fulmini rossi venire a sedersi vicino a me. “Salve Giulia!” mi salutò Fred. Io gli feci un cenno con una mano. “Cosa fa qui da sola, madmoiselle?” mi chiese George. “Leggo…non c’è nulla da fare oggi…” spiegai. I due si guardarono. “È strano…di solito esci sempre…non stai mai in Sala Comune…” disse sospettoso Fred. Io alzai le spalle. “Se esco ed incontro la Bulstrode non credo che mi tratterrò dallo spedirla in infermeria…” sospirai. “Non gliene hai date abbastanza ieri sera?” ghignò George. Io scossi la testa. “Mi ha rotto il vetrino dell’mp3…me la deve pagare…” raccontai, scrocchiando le dita. I gemelli annuirono. “Non ti dispiace se ti facciamo compagnia vero?” chiese Fred. Io sorrisi. “Fate pure…” risposi. Tornai alla lettura, mentre i due iniziarono a giocare agli scacchi dei maghi. Qualche volta alzavo lo sguardo per vedere chi stava vincendo. Verso le cinque la Sala Comune iniziò a riempirsi, producendo così molto chiasso. Per fortuna che Hermione era in biblioteca! Passai le ore prima della cena a leggere, con le cuffie nelle orecchie per attutire il rumore. La cena fu tranquilla, senza interventi spiacevoli o risse. Parlai tranquillamente con Anna ed Herm, poi, le accompagnai in dormitorio. La prima aveva l’ennesimo appuntamento con l’amato, da cui sarebbe rimasta a dormire. La seconda, sarebbe rimasta in dormitorio. Mi cambiai e buttai tra i panni sporchi per gli elfi i miei vestiti. Presi un’altra gonna, calze pesanti, solite Converse e tirai fuori il mio cappotto lungo fino alle ginocchia. Lo mettevo quando andavamo in gita ad Hogsmerade. Presi la mia morbida sciarpa viola (regalo di Natale della cara nonna Clotilde) e misi in tasca l’mp3, con le cuffie nelle orecchie. Salutai le ragazze e sgattaiolai fuori. Non dovevo farmi vedere con il cappotto, e nemmeno mentre uscivo. Percorsi trotterellando la strada fino all’albero. Mi appoggiai sul tronco. Iniziai a dondolare la testa a ritmo della canzone. Senza Parole, di un noto cantante italiano, Vasco Rossi. Era Mary Kate che mi passava le canzoni straniere. La piccola Haliwell, oltre che conosciuta come sorella di Anna, era anche la pusher di canzoni. Prestava una ventina di cd al mese, scrivendo la data di prestito e quella di ritorno su un foglio. Un porta cd ambulante insomma. Metà delle canzoni me le passava lei, oppure, usufruendo del fatto di avere una mamma modernizzata, me le facevo scaricare, lei le metteva su cd e me le spediva via gufo. D’un tratto vidi un cespuglio muoversi. Con la calma di un bradipo feci scivolare la mano nella tasca interna del giubbotto, dove tenevo la bacchetta. Vidi qualcosa uscire dai cespugli, ma appena vidi i primi ciuffi biondi apparire tra il verde, tolsi la mano. Luna Lovegood si guardò in giro con aria ebete, poi si girò e mi vide. “Ciao Luna!” le sorrisi. “Oh…Giulia…salve…” mi rispose, sorpresa. Si avvicinò a me, con la bacchetta dietro l’orecchio come suo solito. Indossava una sciarpa a pois rossi su sfondo verde, ed un cappotto leggero azzurro a rombi. “Cosa fai qui?” le chiesi. “Una passeggiata…” disse, guardandosi ancora in giro. “Ma non hai paura che la Umbridge ti scopra?” continuai. “Sono invisibile…” rispose convinta. Le sorrisi divertita. “Ma Luna…io ti vedo…” precisai. La ragazza mi guardò stupita. “Oh…questo è un bel problema…” disse, ancora con voce tranquilla. Mi faceva troppa tenerezza. “Forse faresti meglio a tornare al castello prima che ti trovino…” le suggerii. “Forse…saranno stati i Nargilli…” continuò, guardandosi in giro con aria persa. Io la guardai curiosa. “Mi hanno rubato il mantello…” spiegò. “Possibile…prova a cercare verso il lago...” proposi. Infondo anche io credevo all’esistenza di quelle creaturine pestifere. “Penso che torneranno qui domani sera…” rispose pacata Luna. “Se vuoi posso aiutarti a cercare il tuo mantello domani…” sorrisi. Lei ricambiò. “Non ti preoccupare…grazie lo stesso Giulia…” rifiutò, ancora con quel tono sereno. Io annuii. “Ora è meglio che vada al castello…i Nargilli potrebbero prendermi di nuovo le scarpe se non torno subito…” spiegò. “Quanti paia di scarpe ti hanno rubato fino ad ora?” chiesi. Lei alzò le spalle. “Sempre quel paio…” sorrise poi. Io annuii e sistemai una cuffia. “Allora…ciao…sono contenta che tu e il professor Piton siate felici…” disse, alzando una mano in segno di saluto. Io trasalii. “Cosa? Chi tel’ha…” iniziai a dire, stupita e rossa in viso. Luna si limitò a sorridermi. “Allora ciao…attenta ai Nargilli…” la salutai. Non m’importava che lei lo sapesse. Quella ragazza era un po’ svampita, però era affezionata alle amicizie. Lei mi rispose ancora al saluto, inciampando e cadendo a terra. “Tutto bene Luna?” le urlai. “Si! Ho trovato il mantello!” mi rispose. Poi si tirò su e si avviò correndo verso il castello. Sorrisi e tornai alle canzoni. Guardai l’orologio. Mancavano cinque minuti alla mezza. Sentii ancora dei rumori verso il limitare della foresta. “Saranno dei Nargilli…” sussurrai tra me e me divertita. Vidi una luce avvicinarsi, sempre dagli alberi. Misi mano alla bacchetta pronta a tirarla fuori. Rimasi stupita nel vedere una creatura argentea uscire dalla Foresta Proibita e venire da me. Tolsi la mano dalla bacchetta e guardai esterrefatta la cerva. Eppure io non avevo evocato il mio Patronus. L’animale di luce si avvicinò e fece un giro intorno a me. Allungai una mano e lei non si ritrasse, né sparì. Passai la mia mano vicino a quella creatura argentea, stupita. “Hey…da dove vieni?” le chiesi, incantata. La cerva indicò un punto impreciso della foresta con un cenno della testa. Cercai di scorgere oltre il verde, ma non vidi nulla. L’animale trotterellò ancora intorno a me, poi, d’improvviso, sparì. Sentii altri rumori e vidi una figura apparire dal buio. “Signorina Wyspet…cosa sta facendo?” mi chiese Piton. Mi accorsi di avere la mano sospesa nel vuoto. La ritrassi e spensi l’mp3. “Ha…ha per caso visto qualcuno?” gli chiesi, ancora stupita. Lui scosse la testa. “Prima…c’era…un Patronus…” sussurrai, incredula. “Si stava esercitando?” chiese Severus. “No…non era il mio...però era una cerva…” spiegai. Lui scosse la testa divertito. “Sarà stata un’allucinazione…” suggerì. “L’ho…accarezzata…io…giuro che c’era!” dissi, convinta. “Ho visto la signorina Lovegood…” precisò Piton. Io scossi la testa. “Il suo Patronus è una lepre…” risposi. Guardai Severus, poi sorrisi e mi avvicinai. Alzai gli occhi al cielo. “Ha visto che ne è valsa la pena di uscire?” dissi, indicando il cielo stellato. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Il lago era oramai una distesa nera, su cui si rifletteva la luna. Qualcosa mi cadde sul naso. Era minuscolo, e gelato. Mi portai una mano sul naso, ma il fiocco di sciolse. Pian piano, dei fiocchi di neve avevano iniziato a scendere. Battei le mani entusiasta. “Magnifico…anche la neve ora…” sbottò seccato Piton. “Andiamo professore!” lo rimproverai, iniziando a saltare di gioia e a piroettare sotto i fiocchi. Lui si spostò al riparo sotto l’albero. “Adoro la neve!” esclamai, cercando di prendere dei fiocchi prima che cadessero a terra. Sentii Piton ridere. “Sembra una bambina…” commentò. Io gli feci la linguaccia e continuai a piroettare sotto la neve, finché non mi stancai. Raggiunsi il professore sotto l’albero, le cui foglie oramai non riparavano più. Scossi i capelli per far andare via qualche fiocco, poi mi sedetti accanto a lui. Piton si slegò il laccio del mantello, se lo tolse e lo allargò sulle nostre teste per evitare di venir coperti di neve. Mi avvicinai. Eravamo braccio contro braccio. “Ora dovremmo stare qui finché non smette di nevicare…” osservai, sorridendo. “Non so cosa sia peggio…lei, o la neve…” sbuffò Piton. Io risi e presi la bacchetta. Iniziai a disegnare figure colorate nell’aria. La neve intanto aveva iniziato a cadere fitta, ed ad attaccarsi al terreno. Se continuava così, l’indomani, ci saremmo trovati con neve da sprofondarci fino al ginocchio. “Professore?” lo chiamai. Severus si girò. Teneva un braccio sopra la mia testa, in modo che il mantello cadesse giusto. Guardavo i fiocchi che cadevano lenti. Una moltitudine di batuffoli bianchi che cadeva. Non adoravo questo colore in generale, ma la neve era una sorta di tranquillante per me. “Sa...quando ero piccola rimanevo ore a guardare la neve cadere dalla finestra della mia camera…” raccontai, sorridendo. Piton mi guardò. “Mia madre diceva sempre di aspettare che smettesse di nevicare per uscire, così mi sistemavo sul piccolo davanzale interno della mia finestra e, con la schiena contro il muro e una scorta di Cioccorane, rimanevo ore ad osservare i fiocchi cadere…” continuai, alzando lo sguardo. “Molto istruttivo…” sbottò lui, ma senza il tono acido. Risi. “Quest’estate i miei non volevano andare in vacanza…credevano che avessi subito uno shock psicologico tale da non permettermi di muovermi di casa…” spiegai. “Dati gli ultimi fatti pare che sia così…” commentò Piton. Io alzai le spalle. “Non capisco perché queste cose capitino solo alle ragazze…” riflettei. “Saranno le gonne delle divise troppo corte…i maschi in fase adolescenziale sono un agglomerato di ormoni…” sbottò Severus. Io sorrisi. “Scommetto che alla mia età lei era un ragazzo studioso e responsabile…” dissi. Non avevo avuto occasione di conoscere molto bene il Severus giovane, quando ero stata nel pensatoio. “Se ce ne fossero di più di maschi come lei al mondo…” sospirai. Lui scosse la testa divertito. Alzai un braccio e gli presi il polso con dolcezza. “Così non si stanca…lei tiene il mantello, e io tengo lei…” sorrisi. Rimanemmo così per una buona mezzora. Stufa di aspettare che smettesse di nevicare, mi alzai. Rimasi qualche minuto a guardare il cielo a naso insù, poi mi stiracchiai. Il cappotto mi teneva caldo. La neve si era attaccata bene al terreno, c’era già uno strato. Le mie povere Converse di tela non avrebbero resistito senza bagnarsi per tutta la sera, però rimasi lo stesso in piedi, davanti a Piton, che mi guardava curioso. Nella mia testa una musica iniziò a suonare. I miei adorati Green Day. “I walk a lonely road, the only one that I have ever known…” iniziai a cantare. Feci qualche passo saltellando. “Don't know where it goes, but it's home to me and I walk alone…” continuai. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo. L’odore della neve. Non che la neve avesse un odore preciso. Ho sempre pensato che dipendesse dal nostro stato d’animo. “Signorina Wyspet, si prenderà un raffreddore!” mi richiamò Piton. Aprii gli occhi e corsi da lui. Scivolai e gli caddi letteralmente ai piedi. Alzai la faccia e sorrisi imbarazzata. Severus sorrideva. “Si è fatta male?” mi chiese, cercando di non ridere. “No…” risposi. Mi avvicinai. “Venga anche lei sotto la neve!” lo incitai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Gli presi una mano e cercai di alzarlo di peso. Ottenni solo di scivolare di nuovo, stavolta atterrandogli addosso. Mi tirai su rossa in viso. “Mi…mi scusi…” sussurrai. Piton questa volta non riuscì a trattenersi e rise. Sembrava un sogno. Oppure era la magia della neve che tirava fuori il bene da ogni persona. “Ora si alzi!” esclamai, alzandomi e tirandolo per la mano. Lui tornò serio e scosse la testa. Tirai ancora più forte e, a sorpresa, il professore si alzò di sua volontà, facendomi perdere l’equilibrio. Scivolai all’indietro, ma Severus mi tenne stretta la mano e mi tirò verso di lui. Finii ancora tra le sue braccia. “Signorina Wyspet, lei è un disastro…” sospirò seccato. Io sorrisi e mi staccai. Eravamo ancora mano nella mano. La mia era gelida, e pian piano risucchiava il calore della sua. Accortosi della situazione, Piton mi lasciò, con un rossore sulle guance. Lo guardai. Era davvero un uomo sensibile. Alzai le braccia al cielo e piroettai. “Se cade io non la raccolgo…” mi avvertii. “Su professore! Si liberi!” risposi, euforica. “Starry nights city lights coming down over me…” ricominciai a cantare.Severus mi guardò scettico. Mi avvicinai, stando attenta a dove mettevo i piedi. “Skyscrapers and stargazers in my head…” canticchiai, iniziando a piroettargli intorno. Lui mi seguiva curioso con lo sguardo. “Are we we are, are we we are the waiting unknown…” continuai, alzandomi in punta di piedi e appoggiando la testa sulla sua spalla da dietro. “Mi sta facendo venire mal di testa…” rimbeccò Piton divertito. Mi staccai e ricominciai il giro. “This dirty town was burning down in my dreams…” continuai, fino ad arrivargli davanti. Lo guardai e sorrisi. “Lost and found city bound in my dreams…” dissi, avvicinandomi. Gli presi la mano tra le mie. E sorrisi ancora. Sorrisi perché mi piaceva il suo calore. I ricordi di quella notte non si fecero attendere. Nitidi come marchiati a fuoco. Dei bei ricordi. Vidi gli occhi del professore scrutarmi. Poi soffermarsi sui miei. Con un gesto del braccio Severus mi tirò più vicino a lui. Feci un ulteriore passo. Volevo farlo. Speravo che lui leggesse nei miei occhi quel mio piccolo capriccio. Un fiocco gli si posò sul naso e lui tentò di mandarlo via. Risi e lo liberai dal batuffolo gelato. Rimasi qualche minuto ferma in punta di piedi. Senza accorgermene le mie dita si intersecarono alle sue. Fu un attimo. Lo guardai e mi sporsi in avanti. Ero all’altezza giusta. Severus però non si ritrasse. Chiusi gli occhi, mentre le nostre labbra si univano. Il mio cuore batteva a mille. Non ci potevo credere. Non avevo mai baciato Piton. O almeno, non al nostro tempo. Però era esattamente come lo ricordavo. Un bacio passionale e dolce, di quelli che fanno tremare le gambe. Ci staccammo che avevo ancora gli occhi chiusi. Li riaprii piano. Sentii le guance bollenti. Guardai il professore, poi un sorriso prese forma sul mio volto. Severus mi guardava sperduto. Ci fu un breve silenzio. La neve cadeva ancora, lenta. Tutto tranquillo intorno a noi. Le mani ancora unite dalle dita intersecate. Portai piano la sua mano alla mia guancia. “Signorina Wyspet…non avrei dovuto…” disse piano. Io scossi la testa. “La ringrazio…” sussurrai. Lui mi guardò stupito. “Mi ha ridato quello che Josh mi aveva tolto…” spiegai. Severus sorrise. “Le voglio un mondo di bene…lei è la mia luce in mezzo al buio…” continuai. Il sorriso sulle sue labbra non accennava a sparire. “La ringrazio di esistere professore…perché senza di lei…io come farei?” conclusi. La sua mano sulla mia guancia mi fece una carezza, poi si staccò. Ci guardammo negli occhi per qualche minuto, poi si avvicinò e alzò il mantello sulle nostre teste. “Ora andiamo…sta venendo freddo…e domani ha lezione…” mi ricordò. Io annuii, ed insieme, stretti uno accanto all’altra sotto al mantello, ci dirigemmo verso il castello. Rischiai di scivolare parecchie volte, ma Piton mi prese in tempo. Arrivammo all’entrata dei sotterranei. Il mantello era fradicio, e le mie mani arrossate dal freddo. Volevo seguirlo. Dormire abbracciata ancora a lui. “Bene…è sicura di riuscire ad arrivare fino in dormitorio senza combinare danni?” mi chiese. Io annuii. “Allora…buonanotte…” disse. Gli diedi il solito bacio sulla guancia. “Notte…” risposi, poi corsi via. Arrivai in dormitorio sana e salva. Hermione riposava già, rannicchiata nel suo letto. Anna non c’era. Mi ricordai che stava a dormire da Draco. Mi avvicinai alla finestra. Il giardino era immerso nel bianco. Sorrisi e sentii muovere la ragazza. “Giulia…ma…che ore sono?” mi chiese. “Non lo so…però è tardi…” risposi. La vidi stropicciarsi gli occhi e guardare stupita fuori. “Ma…nevica?” chiese ancora. Io annuii. Lei sorrise e tornò a sprofondare nel cuscino. Mi cambiai e mi infilai sotto le coperte. Billy Joe mi raggiunse con le sue fusa. Anche se ero da sola nel letto, quella sera, sentivo ancora la sua mano, sulla mia guancia. Le sue labbra, sulle mie. Il suo cuore, al ritmo del mio, in un unico battito. E fu con nella testa quel battito, che mi addormentai, sorridendo.

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Capitolo 10
*** The Way I Are ***


Seeera u.u dopo aver litigato mezzora con la connessione perchè è saltata solo quando ho deciso di aggiornare (infausto presagio D:), eccomi qui finalmente u.u so che è tardi e sono una degenerata ad aggiornare di notte ma mi è venuto l'impulso, quindi eccomiii *^* dopo aver blabberato a vanvera posso anche continuare xD in questo cap non ci sono canzoni ç_ç però è dedicato ad una persona speciale che ha ritrovato l'ispirazione *^*

Avvertenze: OCC ma neanche tanto, diabetanza che con Giulia si sa e esagitudine post neve dei Tre Uragani xD

Vi lascio alla lettura, anche se è un cap pittosto corto >.< (secondo i miei standard xD)
Buona lettura bimbe <3



10° Capitolo

Mi svegliai di buon umore, senza nemmeno protestare quando Hermione mi buttò giù dal letto con i suoi urli. Quando i miei neuroni furono svegli, dedussi che Anna doveva essere appena tornata in dormitorio. Senza badare ai cuscini che volavano, completi di insulti, andai in bagno a sistemarmi. Da quanto urlava Herm, sembrava fosse una Strillettera. Il mio cervello però era fisso sui bei ricordi di ieri sera. Sentii silenzio provenire dalla camera. Mi affacciai dalla porta per accertarmi che Hermione non avesse soffocato Anna. Le trovai tutte e due con il naso incollato alla finestra. “Che succede?” chiesi, divertita. “La neve!!!” esclamò Anna, con la voce da bambina. “Allora non era un sogno! Ha nevicato davvero stanotte!” disse stupita Hermione. “Marina! Marina! Facciamo marina!” iniziò a dire subito la prima. Il prefetto la guardò truce. “Eh si…la neve…” sospirai, andando al mio letto. Mi ci buttai di peso, schiacciando per poco Billy Joe. Anna mi guardò curiosa e si tuffò accanto a me. “Cosa è successo ieri sera?” chiese. Io arrossii. Anche Hermione si avvicinò e mi guardò. “Ma niente…siamo usciti…e…ma niente!” rimbeccai. “Se fai così vuol dire che qualcosa è successo! Dai racconta!” cercò di convincermi Anna. Io presi in braccio il gatto, che si lamentò. “La neve…i Green Day…una cosa tira l’altra…” iniziai a raccontare. “Green Day?” chiese stupita la seconda. “Ma si…la magia della neve!” risposi, ovvia. Lei mi guardò scettica. “Su Herm, tutte le ragazze pensano che ci sia qualcosa di magico nella neve…” commentò Anna. Hermione la guardò scuotendo la testa. “Insomma, continua!” tornò a dire Anna, euforica. Io strinsi ancora di più a me Billy. “Eravamo vicini…e…ma niente…ci…siamo baciati…” conclusi, rossa in viso. Hermione strabuzzò gli occhi ed Anna si aggrappò alle coperte per evitare di cadere dal letto. “Co…come?! Ripeti!!!” squittì la prima. “Hai capito bene…” sorrisi. La seconda mi gettò le braccia al collo felice. “Evvai!! Hai fatto breccia nel cuore del nostro arcigno professore! Brava Giulia!” si complimentò. Hermione si appoggiò a una delle colonnine di legno del baldacchino. “Non…non stiamo assieme però! La promessa era che io mi diplomassi…quindi…così sarà!” dissi subito, a scanso di equivoci. Herm sospirò di sollievo, poi mi guardò con gli occhi lucidi. “Oh no...incomincia…” sospirò esasperata Anna, porgendole già i fazzoletti. “Com’è stato?” chiese a fil di voce il prefetto, rifiutando i fazzoletti. “Avete presente quei baci così travolgenti da far tremare le gambe?” chiesi. Anna annuì, mentre Hermione sbuffò. “Ecco…così…” sorrisi. La prima mi abbracciò ancora. Il prefetto mi guardò languida, poi scoccò un’occhiata alla sveglia. “Ragazze muoviamoci! Arriveremo in ritardo a colazione…” esclamò. Mi infilai di volata l’uniforme e presi la borsa, buttandoci dentro i libri man mano che Herm declamava le materie. Andammo in Sala Comune, dove notammo subito Fred e George, impegnati nella distribuzione di volantini. “Salve belle fanciulle!” esclamò il primo. “Che state facendo?” chiese Hermione, già con cipiglio severo. “Calma signorina Granger, nulla di non conforme al regolamento!” disse subito George. Io sorrisi e Fred ci diede un volantino a testa. “C’è una festa stasera, sono inventate tutte le Case, e tutti gli anni, a parte i primini ovvio!” iniziò a spiegare George. “Ma dove…” iniziò a chiedere Anna. “Stanza delle Necessità, 21.00 in punto!” rispose Fred, facendoci l’occhiolino. Noi tre ci guardammo. “Ovviamente i professori non sanno nulla, però, abbiamo dalla nostra quegli infidi…” iniziò a dire George. Fred tossì. “…giusto…quei beneamati della squadra d’Inquisizione, che non diranno nulla alla Umbridge. Vogliono divertirsi un po’ anche loro!” continuò il gemello. “Può darsi che ci verremo…” sorrise Anna. I due si guardarono compiaciuti. “Allora a stasera, signorine!” esclamarono in coro. Hermione appallottolò il volantino e lo buttò in borsa appena uscite dalla Sala Comune. “Ci andiamo?” chiese Anna, senza entusiasmo. “Musica dance e un branco di ragazzi scalmanati che ballano…che divertimento…” commentai, gioiosa. “Però se notate ragazze…” iniziò a dire Herm. Io ed Anna la guardammo. “…è da tanto che non facciamo qualcosa assieme…” continuò. “Hai ragione…” disse illuminata Anna. “Quindi vuoi dire che dovremmo andare alla festa?” chiesi al prefetto. Lei alzò le spalle. “Magari ci facciamo solo un salto…e poi Draco sarà li, quindi…” propose Anna. Hermione annuì. Magari stava pensando che ci fosse anche Ron. Però Piton non poteva esserci. Le mie amiche lessero questo pensiero nei miei occhi. “Solo un salto…poi se ti annoi te ne vai…” mi incitò Anna. Io annuii. Andammo a colazione. L’argomento principale era la festa. A quanto pare tutti avrebbero partecipato. Dopo aver parlato con Ginny e Mary Kate per tutto il pasto, ci dirigemmo in aula. Le lezioni non furono così pesanti, e nell’aria c’era un’atmosfera euforica. Appena finite le ore del pomeriggio, mi fiondai in dormitorio a studiare Pozioni. Trascinando con me anche Anna, ovviamente. Avremmo dovuto sostenere due buone, anzi, ottime interrogazioni l’indomani. Mettemmo giù i libri quando Hermione tornò in camera. Infatti, la mia compagna di studi, non riuscì a resistere alla tentazione di stuzzicare il prefetto mentre cercava di concentrarsi. Poi scendemmo a cena. Anche quella sera niente botte o risse. La mia schiena ne fu felice. Appena anche i dolci furono spariti, gli studenti si diressero senza dare nell’occhio ai propri dormitori, per prepararsi. Decisi di vestirmi come al solito, avendo così tempo per aiutare Hermione a sistemare i capelli. Le piacevano proprio i boccoli. Ci sistemammo, e, alle 21.15 scendemmo. La Stanza apparve subito, rivelandoci una sala con pista da ballo (già colma di studenti), musica a tutto volume ed un tavolo con bibite e stuzzichini infondo. Senza dimenticare i divanetti sparsi intorno qua e la alla pista. Ci guardammo intorno e notammo un sacco di persone famigliari. Luna che beveva qualcosa al tavolo. Neville in un angolo con sguardo perso. Harry e Ron vicino a lui. Fred con Angelina nella pista, e vicino a loro, Mary Kate e Blaise. Draco arrivò subito e prese per mano Anna. Andammo al tavolo e prendemmo qualcosa da bere. Purtroppo non erano riusciti a procurarsi alcolici. Mi stiracchiai, notando un sacco di gente nuova. Tutti dell’ultimo anno, a quanto pareva. Un ragazzo si avvicinò ed urtò Hermione. Poi le sorrise. Lei lo guardò imbarazzata. “Ti stava mangiando con gli occhi…” le sussurrai. Lei mi spinse piano. Musica hip hop imperversava nelle casse. The Way I Are, di Timbaland. “Facciamo una pazzia?” propose Anna, guardando me ed Hermione. Diede un bacio a Draco, poi ci prese per mano e ci trascinò in mezzo alla pista. Iniziò a muoversi. Il biondo la guardava dal bordo pista sbavando. Iniziai a muovermi anche io, trascinando anche Herm. Vedemmo qualche coppietta appiccicarsi. Hermione cercò di non farci caso. Non mi piaceva come musica, però il ritmo mi venne spontaneo. Iniziai a ballare attaccata ad Anna, lanciando sguardi intorno. Herm diede uno sguardo verso Harry e Ron. Guardavano sbalorditi verso di noi. Lei rimase indecisa sul da farsi, ma poi, si attaccò anche lei. Ballammo con un movimento di fianchi continuo. Peccato che l’unica persona che volevo mi vedesse non si trovasse li. Chissà cosa stava facendo Piton. Non ce lo vedevo in mezzo a tutto quel caos. Un ragazzo mi si avvicinò. Gli lanciai uno sguardo di ghiaccio, e lui si allontanò. Ero li con le mie amiche, ed intendevo ballare con loro. Continuammo a muoverci finché non finì il pezzo, poi corremmo al tavolo a bere. Anna scoccò un altro bacio al suo innamorato, poi tornammo in pista. Hermione si era sciolta e voleva a tutti i costi attirare l’attenzione di quel bietolone di Ron, che non faceva altro che guardarla con la bava alla bocca senza la minima intenzione di muoversi. Odiavo la canzone che c’era, ma non volevo stare seduta sulle poltrone ad annoiarmi. Mentre Britney Spears mi gracchiava nelle orecchie Gimme More, notai un ragazzo iniziare ad appiccicarsi ad Anna. Lei lo guardò malissimo e si allontanò, ma Keith insistette. Draco si gettò nella mischia e liberò la ragazza dalla presenza poco gradita. Mi girai e notai un altro brutto elemento. Josh. E stava venendo verso di me. Feci finta di nulla e continuai a ballare. Pochi minuti e me lo ritrovai addosso. “Non pensavo saresti venuta…mi hai sempre detto che queste feste non ti piacciono…” disse. Io lo ignorai. “Eddai Giuly! Parlami!” mi chiamò, prendendomi per mano e portandomi a se. Il contatto. Flash. No. Non doveva succedere. Dovevo pensare a Piton. Ai suoi occhi. Alle sue labbra. “Vai a quel paese…contento?” gli dissi. Lui ci rimase male. Mi allontanai dalla pista per andare a prendermi un bicchiere di succo di zucca. “Qualcosa non va?” chiese Anna, raggiungendomi. “Ci sono troppe persone qui…penso che tornerò su…” dissi, dando un’occhiata alla pista. “Se è per Josh te lo tengo lontano io…” si offrì Draco. Io scossi la testa. “Non ti preoccupare…considerando la musica poi, penso che tornerò in dormitorio…devo ripassare Pozioni…” risposi. I due si scambiarono uno sguardo. Io sorrisi e salutai Hermione. Lei mi raggiunse. “Te ne vai?” mi chiese. Io annuii. “Vengo anch’io…questa festa non mi entusiasma molto…” commentò. Anna ci guardò delusa, ma poi, sorrise. “Mi sa che anche noi ce ne andiamo tra poco…il dormitorio di Serpeverde è vuoto, meglio approfittare!” ci sussurrò. Io ed Herm la salutammo, ed uscimmo. “Finalmente un po’ di pace! Quella musica è letale per i timpani!” osservò Hermione. Io annuii. “Vai da Piton?” mi chiese. “Perché no? Forse si starà chiedendo che fine ho fatto…” ipotizzai, speranzosa. Lei mi spinse nella direzione dei sotterranei. Le diedi un bacio sulla guancia e corsi via. Scesi le scale di corsa inciampando. Mi tirai su e ripresi la mia via. Arrivai al suo ufficio e bussai. Non sentii risposta. Bussai ancora. Niente. Forse si era arrabbiato perché non ero passata a salutarlo. Spinsi la porta e questa si aprì piano. Mi riproverai per non averci provato prima, poi, scivolai nella stanza, chiudendomi dietro la porta. Alla scrivania non c’era nessuno. Detti un’occhiata, poi entrai nella camera. Un sorriso apparve sul mio viso, quando, vidi Severus sdraiato sul letto. Mi avvicinai piano. Stava dormendo. Un pensiero si fece largo nella mia testa. Avrei potuto sdraiarmi dall’altra parte. Però gli sarebbe venuto un colpo vedendomi così d’improvviso vicino a lui. Mi sedetti sul letto ed iniziai ad accarezzargli la guancia. Non volevo svegliarlo. Mi dispiaceva. Aveva un’espressione così serena. Sospirai. Quanto mi sarebbe piaciuto dormire con lui tutte le notti. Svegliarmi con il suo viso accanto al mio. Sussurrargli dolci parole per svegliarlo. Anche perché Severus era la prima cosa a cui pensavo quando mi svegliavo. E l’ultima quando andavo a dormire. Ero indecisa sul da farsi. Da un lato avrei voluto svegliarlo, ma dall’altro volevo lasciarlo riposare. Non vedevo l’ora passassero i due anni rimanenti. Mi sembrava un sogno quello di potermi sposare con lui. Saremmo stati una famiglia. Avremmo anche avuto dei bambini magari. Arrossii. Certo che ne avremmo avuti! Piton si mosse nel sonno e io, che ero seduta a filo sul bordo del letto scivolai e caddi a sedere in giù, producendo un botto. “Che male!!!” sussurrai. “Signorina Wyspet, che ci fa li sotto?!” esclamò Piton. Mi alzai imbarazzata. “Scusi…non volevo svegliarla…” mi scusai. Lui fece per alzarsi ma io scossi la testa. “Non si preoccupi…se è stanco può anche riposare…anzi, se vuole le faccio un massaggio alle spalle…” proposi. Lui mi guardò scettico. Feci il giro del letto, mi tolsi le Converse e ci salii, avvicinandomi a Piton, che mi guardò contrariato. “Se solo a noi studenti dessero letti così comodi…” sospirai. Severus scosse la testa. “Non la mangio mica! Possiamo parlare anche qui…” sbottai, sdraiandomi su un fianco. Lui si girò verso di me. Le sue guance avevano preso colore. Sbadigliai. “Belle tonsille…la sua eleganza non ha rivali signorina Wyspet…” mi rimproverò. Mi ero dimenticata di mettere la mano davanti alla bocca. “Professore?” lo chiamai. “Si?” rispose lui. Adoravo la calma di quella camera. “Mi spiega perché i ragazzi d’oggi sono così…così…così rozzi? Si attaccano a noi come cozze allo scoglio, con i loro ormoni che impazzano…” dissi. Piton parve un po’ sconcertato. “Insomma…quando sono bambini schifano le ragazze, ma poi le vogliono avere più vicine possibile…come mai?” completai. Severus si schiarì la voce. “Bhe signorina Wyspet, tutto inizia da un’ape e un fiore…” iniziò a dire. Io lo guardai e scoppiai a ridere. Lui sorrise. “Ora non partiamo proprio dal principio! Ho quasi sedici anni, certe cose le so anche io!” precisai. Anche perché a me avevano raccontato la storia della cicogna. Con le api ed i fiori non ci avevo capito un granché. Non ero molto sveglia da bambina. “Ecco il problema di voi giovani…vi insegnano queste cose troppo presto!” sbottò. Io appoggiai la testa sul cuscino, sempre rivolta verso di lui. “Però…noi ragazze non siamo così…cioè…come posso dirlo…così ossessionate…” commentai. “I maschi d’oggi sono precoci…per loro le donne sono dei semplici passatempi, finché, arrivati all’età adulta, capiscono che soddisfare le loro voglie non è l’unica cosa che conta nella vita…” spiegò Piton. Io annuii. “Ammettendo che sia vero, io non voglio essere usata e basta!” sbottai, irritata. “Infatti a questa conclusione arrivano anche loro, così iniziano a dire un sacco di frottole alla ragazza in questione…” rispose Severus. “Per questo non mi fido di nessun ragazzo della mia età…tutti montati che voglio sono una cosa…” sbuffai, pensando a Josh. Lui scosse la testa. “Io voglio un uomo sensibile, che si preoccupi dei miei sentimenti, che non mi usi e che mi ami davvero…” precisai, usando apposta il termine ‘uomo’. Piton rimase in silenzio. “Anche i suoi coetanei erano così?” chiesi. Lui ci rifletté. “Non tutti…la maggior parte…” rispose. “Scommetto che lei era sensibile e timido…” sorrisi. Piton non rispose. “Mi ricordo quando ero piccola…un giorno mia madre mi prese da parte e mi raccontò di come sono nata…ovviamente la storia della cicogna…” spiegai. Lui sorrise. “Quando compii i dieci anni, mi disse come stavano realmente le cose…rimasi scioccata per un bel mesetto…” continuai. “E ora?” chiese Piton. “Me ne sono fatta una ragione…” risposi, divertita. Mi misi a pancia in giù, con il mento appoggiato sulle braccia conserte sul cuscino. Iniziai a dondolare le gambe. “Le ricordo che domani ha un’interrogazione da sostenere…” mi ricordò Piton. Io sorrisi. “Non si preoccupi, ho già studiato…” lo rassicurai. “Sa…mia madre mi ha scritto un po’ di giorni fa…mi ha riferito che quest’estate i Green Day faranno tappa a Londra…e io voglio andare a vederli…” sorrisi. Lui mi guardò dubbioso. “Magari riuscirò anche ad avere l’autografo di Billy Joe Amstrong! Sarebbe un sogno…” sospirai. “Le piacciono così tanto questi…Green…Day?” mi chiese, cercando di pronunciare il nome come si deve. Io annuii. “È la mia band preferita…il loro ultimo cd è al primo posto della mia hit parade…” spiegai. Piton mi guardò curioso. “Eppure c’era anche American Idiot, tra i cd che le avevo dato…” ragionai, dubbiosa. Severus tossì. “È per caso quello che ha nella copertina una cuore che sembra una bomba a mano?” chiese. Io annuii. “Ho ascoltato le prime canzoni, ma non è il mio genere….ho gradito di più il secondo cd…” spiegò. Io lo guardai allibita. “Non le piacciono i Green?!” esclamai, come se mi avessero detto che Voldemort aveva cambiato carriera e si era dato al giardinaggio. Severus mi guardò alzando un sopracciglio. “Troppo chiassosi…” rimbeccò, annoiato. Io mi alzai a mi diressi verso il piccolo stereo, che giaceva nell’angolo delle stanza. “Dove sono i cd?” chiesi, decisa. Piton mi indicò il primo cassetto del comodino. Presi American Idiot e lo misi nello stereo, poi premetti play. La canzone che aveva dato il nome al cd iniziò a suonare, con la stupenda voce di Billy Joe. “Ripeto, troppo chiasso…” commentò. Io sbuffai. Mandai avanti. Jesus of Suburbia. Piton scosse la testa. Mandai ancora avanti. Lui rise divertito. “È testarda eh?” disse. Io annuii. “Vedrà che troverò una canzone per lei…” risposi. Poi un ritmo mi balenò in testa. Andai alla quinta traccia. Piton rimase zitto, con le orecchie tese. “Questa è la canzone che cantava ieri sera giusto?” mi chiese. Io annuii sorridendo. “Allora?” chiesi. “Non male, però le ripeto, non è il mio genere…” commentò. Sospirai delusa. Settima traccia. Give Me Novacaine. Ancora una risposta negativa. Sbuffai affranta. Arrivai a She’s a Rebel, e mi arresi. “Voi giovani d’oggi, più una cosa è chiassosa, più vi piace…ma questa non è musica! È solo rumore…” commentò, severo. Lo fulminai con lo sguardo. “Non è vero!” rimbeccai, offesa. Piton rise. “A dire il vero la ragazza di questa canzone le somiglia…” osservò, sorridendo. Io sbuffai. “Comunque dei suoi cd ho gradito di più The Open Door e Enchant…” precisò. Era ancora steso sul letto. Lasciai il cd e lo raggiunsi, tornando a sdraiarmi come prima. “Che poi…noi giovani d’oggi ha detto…però lei non è mica vecchio!” rimbeccai, divertita. “Lei è una bambina al mio confronto…” sbottò Piton. Io scossi la testa. “Ora non esageriamo…quanti anni ha? Venti? Venticinque?” chiesi. “Non menta signorina Wyspet, sa benissimo quanti anni ho…e abbassarmi l’età non l’aiuterà ad avere una E nell’interrogazione di domani…” mi riproverò. Io gli feci la linguaccia. “E comunque mica sono una bambina! Ho sedici anni!” ribadii. “Ancora quindici le ricordo…e per favore, spenga questo strazio…” mi pregò lui. Io sbuffai e andai a spegnere, poi tornai sul letto, avvicinandomi a Piton. “Professore…le voglio tanto bene…” sussurrai. “Davvero? È per questo che mi sfinisce così? Figuriamoci cosa mi faceva se mi odiava!” rimbeccò acido. Io gli feci la linguaccia. “Guardi che dico sul serio!” sbottai. Lui sorrise. “Sono quasi le undici, le conviene tornare in dormitorio…” sbottò poi. Io scossi la testa. “Avanti, non faccia i capricci…” sospirò esasperato Piton. Io non mi mossi. Passarono dei minuti. “Dunque?” mi chiamò. “Non posso rimanere qui?” chiesi. “Domani ha lezione, compresa un’interrogazione che dovrà essere perfetta…si sta già facendo tardi…” precisò, arcigno. Io sbuffai e abbassai lo sguardo. “Voglio…dormire con lei…ancora stanotte…” sussurrai. Piton mi guardò dubbioso. “Cosa? Non l’ho sentita, può ripetere?” disse. Io tossii. “Vorrei…dormire…con lei…” ripetei, imbarazzata. Severus mi guardò ancora dubbioso. “Vorrei dormire con lei!” urlai. Lui mi guardò allibito. “Bene…ora penso lo sappiano in tutti i sotterranei…” osservò. Io lo guardai speranzosa, ma lui si alzò. “Niente storie, voglio vederla fuori di qui entro il cinque…” mi ordinò, impassibile. “Ma…” iniziai a dire. “Uno…” cominciò. “Però…” cercai di dire. “Due…” continuò. “Io…” tentai. “Tre…” proseguì, con le braccia incrociate al petto. Sbuffai. “Quattro…” disse, avvicinandosi. Io non mi mossi. “Cinque” concluse. Lo guardai negli occhi. “Come vuole, sarò costretto ad usare le maniere forti…” sospirò, seccato. Maniere forti? “Tanto lo so che lei non mi farebbe del male…” sorrisi, sicura. Piton mi guardò scettico. “Cosa glielo fa credere?” sbottò lui. Non sarebbe stato capace di buttarmi fuori a calci dall’ufficio…vero? “Lei...mi vuole bene…” provai a dire, sottovoce. Piton arrivò da me a passo svelto e mi tirò su di peso dal letto per un braccio. La sua era una stretta dolce e decisa. Nulla a che vedere con quella di Josh, che era solo rude e maleducata. Lo assecondai e mi accompagnò fino alla porta dell’ufficio. “Vede che collaborando si evitano situazioni spiacevoli?” esclamò soddisfatto, lasciandomi il braccio. Lo abbracciai. “Lei non mi farebbe mai del male… “ sussurrai. Severus mi accarezzò sulla testa. “Se ne vada ora, altrimenti sarò costretto…” commentò, divertito. Lo salutai e corsi fino alla Torre. Vidi un arazzo spostarsi, e subito uscire dalla parete Anna, che mi guardò stupita. “Potevamo fare la strada principale assieme…miss ragnatela…” la presi in giro, aiutandola a scrollarsi la polvere di dosso. “Che ne sapevo io che eri nei sotterranei…” commentò, seccata. Poi scoppiammo a ridere. “Sai…ho trovato Piton che dormiva nel suo letto quando sono entrata…” iniziai a raccontare. “Fantastico…” rispose sarcastica. La spinsi e lei andò a finire contro la Signora Grassa, che si lamentò. Dopo parecchie scuse, ci fece entrare. “Comunque, non è successo ancora nulla tra te e il bel professore?” chiese Anna, mentre salivamo le scale. “A parte il bacio no…” risposi, tranquilla. “Secondo me è ancora vergine…” sbottò lei. Io la guardai allibita. “Che discorsi fai?!” la rimproverai, dandole un pugno in testa. “Ma che modi! Dicevo solo che, avendoti avuta bella e addormentata nel suo letto l’altra notte, è strano che non ti sia saltato  addosso…” spiegò. Sospirai esasperata. “Guarda che non sono mica tutti come Draco…” rimbeccai, infastidita. “Per tua informazione Draco è ancora puro e innocente…” rispose. Io risi. “Giusto a titolo informativo, era un’informazione che potevi anche evitare di farmi sapere…” commentai, annoiata. “Giusto, non cambiamo argomento…stavamo parlando del tuo Pitonchio…” ghignò maligna Anna. La spinsi ancora. “Scusa, vergine tu, vergine lui, coppia perfetta!” osservò. Cercai di zittirla. “Severus è un uomo maturo…avrà avuto delle esperienze in vita sua no?” ribattei. “Certo…però non era molto popolare ai tempi di Hogwarts…” replicò ancora Anna. Sbuffai. “E con questo? Comunque essere vergini non è un difetto…” lo difesi. Anna sorrise. Entrammo in dormitorio. Hermione era ancora sveglia, stesa sul letto che sfogliava un libro. “Sera! Di cosa parlate?” chiese, chiudendo il librone. “Nulla…della verginità di Piton…” rispose Anna, alzando le spalle. “Ma perché non faccio a meno di fare certe domande…” sospirò affranta Herm. Io risi e mi buttai sul letto. “Ritornando all’argomento, essere vergini alla nostra età, non è un difetto, ma dopo aver passato i trenta c’è da spararsi…” concluse la ragazza. Io la fulminai con lo sguardo e le tirai il cuscino. Lei mi diede una panoramica del suo dito medio laccato di smalto nero. “Io penso che, seppur Piton sia ancora vergine, qualcosa avrà imparato negli anni a scuola no? Quindi diciamo che fisicamente è ancora puro, ma mentalmente è bello che andato…” si introdusse Hermione. Io ed Anna la guardammo allibite. “Che c’è? Era solo per chiudere il discorso…” si giustificò, in imbarazzo. Risi e filai in bagno. Sentii dei tonfi, poi silenzio. Ed infine delle risa. Mi lavai i denti e tornai nella camera. Anna stava facendo delle boccacce seduta sul mio letto, ed Hermione rideva tenendosi le mani sullo stomaco. Io scossi la testa divertita. “A letto bambine!” dissi, spingendo giù dal mio letto Anna. “Hey!” rimbeccò lei, alzandosi. Hermione si infilò sotto le coperte, sbadigliando sonoramente. Sentimmo dei miagolii. James e Billy Joe stavano litigando per un gomitolo di lana. Anna non ci fece caso e si tuffò tra le coperte. “Billy! Muoviti o dormi sul tappeto stanotte!” lo richiamai. Il gatto lasciò il gioco al suo nemico e corse da me, balzando elegante sul letto. Mi misi sotto le coperte e lui mi si accoccolò con la testa sul cuscino. “Nox!” esclamai, e la luce si spense. Billy Joe iniziò a fare le fusa. Chiusi gli occhi e ripensai al bacio della sera prima. Sorrisi portando a me il batuffolo peloso che ancora faceva le fusa. Mi addormentai con l’immagine di noi due, fermi sotto la neve, uniti in quel bacio inaspettato.

 

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Capitolo 11
*** Only Yours ***


Buonsaaalve *-* si lo so, è presto per aggiornare però sono esagitata u.u ho messo dei titoli seri ai capitoli anche se non mi convince del tutto >.< fatemi sapere cosa ne pensate ç_ç anyway volevo precisare che le battute che Piton dice per chiamare alla lavagna e in ogni sua lezione sono quelle che diceva la mia ex prof di matematica xD (questa fan fiction la scrissi anni fa, quando dovevo ancora finire la scuola ^^") Nel capitolo troviamo l'inizio di She Will Be Loved dei Maroon 5, un pezzo di Lonely Day dei System of a Down, Only Yours di Mandy Moore, ancora She's Always a Woman to Me di Billy Joel e My Skin di Natalie Merchant. Non spaventatevi, Giulia le canticchia solo a random a fine capitolo però mi è sembrato giusto citarle xD

Avvertenze: OCCtudine, storie sentimentali famigliari strappalacrime e...ciao banco 3 *-*

Spero che l'aggiornamento vi piaccia <3
Buona letture *^*



11° Capitolo

La mattina iniziò come ogni giorno. La luce del sole entrava dalla finestra, illuminandomi il viso. Era un sole pallido, senza calore. Mi rigirai nel letto e sentii dell’acqua scorrere. Hermione doveva essersi precipitata in bagno, mentre Anna ancora dormiva beatamente. Avrei tanto voluto rimanere a sonnecchiare senza pensieri nel mio letto, con la testa affondata nel cuscino. Non osavo aprire gli occhi, per paura di vedere che ora fosse. Era capitato che, più di una volta, mi svegliassi alle tre senza motivo. Guardavo l’orologio, e, risami conto di poter tornare a dormire, ripiombavo in un sonno profondo. Quando sentii l’ennesimo rumore, mi arresi all’idea di dovermi alzare e allungai una mano per prendere l’orologio sul comodino. Aprii gli occhi piano, per abituarmi alla luce. Le 7.00 precise. Mi stiracchiai, sbadigliando. Non dovevo aver uno sguardo molto intelligente. Il pigiama mi era scivolato fino a scoprirmi una spalla. Un brivido di freddo mi percorse la schiena. Mi alzai, mettendo i piedi sul freddo pavimento. Cercai a tentoni le mie ciabatte morbide e calde, per trovarle sotto al letto. Le infilai e raggiunsi in bagno Hermione. Era tutta indaffarata a passarsi il filo interdentale, con una fascetta che le teneva la frangia per evitare che le andasse negli occhi. “Giorno Herm…” la salutai, sbadigliando. “Giorno Giulia! Belle tonsille!” rise. Dovetti lavarmi la faccia un paio di volte, prima che l’acqua fredda facesse l’effetto sveglia. “Giuro che è l’ultima sera che sto sveglia fino a tardi a leggere…” disse decisa il prefetto. Io sorrisi. “Di la verità che lo fai solo per aspettare me ed Anna…” la presi in giro. Herm si preoccupava molto per noi, per quello non andava mai a dormire presto. In ogni caso, anche se si addormentava, Anna con la sua andatura da elefante aggraziato andava a sbattere da qualche parte, iniziando ad imprecare ad alta voce. “Come potrei dormire sapendo che Anna rischia di farsi trovare da quelli dell’Inquisizione…” commentò. “E io?” chiesi, facendo la finta offesa. “Tu sei con Piton…al massimo ti addormenti e rimani a dormire la…e comunque, mi fido di più di lui che di quell’adolescente ormonale di Draco…” sbottò, passandomi il dentifricio. “Parli come una mamma…” la presi in giro, spremendo il tubetto sul mio spazzolino. “È normale…vi voglio bene e mi preoccupo…che c’è di male…” disse, imbarazzata. Mi sfregai i denti, poi presi il bicchiere e lo riempii d’acqua. Ne bevvi un sorso e sputai nel lavandino. “E comunque so che Piton non è uno sprovveduto…di sicuro non rischierete di farvi beccare in qualche angolino di Hogwarts dalla Umbridge…a meno che non entri in camera…” spiegò lei, passandomi un asciugamano. Le diedi un pugno in testa. “Herm, basta farti influenzare da Anna tu eh!” la rimproverai, rossa in viso. Il prefetto rise. “Sinceramente però non vedo l’ora che passino questi due anni…contando poi che tra un anno e un mese sarò maggiorenne…” sorrisi, ansiosa. “Non ti mancherà nemmeno un po’ la scuola?” mi chiese, togliendosi la fascetta. “Per nulla…la sera prima dei diplomi andrò diretta da Severus e gli ricorderò della promessa…magari nel giro di un mese ci sposeremo…poi finalmente potrò dormire fino a tardi ogni mattina, in un comodo lettone matrimoniale…” iniziai a fantasticare. Lei mi diede una gomitata. “Però se Piton continua ad insegnare non lo vedrai per metà anno…” osservò. Io la guardai stupita. Era vero! Non avevo calcolato la possibilità che Piton se ne dovesse andare per tornare ad insegnare. Un tonfo mi distrasse dai miei pensieri. “Anna si è svegliata…” commentò Hermione, iniziando a pettinarsi i crespi capelli. Due minuti dopo, come previsto, la ragazza entrò in bagno, trascinandosi con aria funerea. “Saalve! Di che parlate?” ci chiese, aggrappandosi al lavandino. “Futuri progetti di matrimonio…” sorrisi. Anna annuì, ed iniziò a trafficare con l’acqua. Sistemai i capelli ed uscii dal bagno. Misi l’uniforme lentamente, litigando con il cravattino. Presi l’orario delle lezioni dal comodino e lo scorsi annoiata. Ci doveva essere Trasfigurazione, ma avevo tagliato la scritta con un pennarello blu. “Herm, cos’abbiamo la prima ora?” le chiesi, in dubbio. “Ci hanno spostato Trasfigurazione…abbiamo Erbologia!” mi rispose. Dunque, prima ora Erbologia. Presi il mantello, in modo da non dover soffrire il freddo nel tragitto sulla neve dall’atrio alla serra numero cinque. Anche la terza ora era tagliata da una riga. Difesa Contro le Arti Oscure, doppia ora. Sopra avevo scritto Pozioni. In un momento di noia, avevo colorato con il pastello viola tutte le ore di Piton. il mio povero foglio era abbastanza sgualcito, piegato mille volte per metterlo in mezzo ai libri. Hermione ed Anna tornarono in camera, si cambiarono e prepararono la borsa. Scendemmo in Sala Grande prima che la colazione finisse lasciandoci a stomaco vuoto. Ci abbuffammo di dolci, poi ci avviammo verso la serra. Anna si fermava ogni due secondi per fare palle di neve, dirette a me o ad Hermione, che, con fare superiore, la ignorava. Io le rispondevo. Arrivammo alla serra con le mani congelate. Mancava ancora qualcuno del nostro anno, ma la professoressa Sprite non ci fece caso ed iniziò la lezione. Probabilmente si erano dimenticati del cambio d’ora. Non era male come prima ora del lunedì, al posto di Trasfigurazione. Per non parlare delle seguenti due ore, in cui, al posto della faccia da rospo della Umbridge, potevo guardarmi il mio Severus. La Sprite ci fece uscire cinque minuti prima, dandoci così il tempo di attraversare con calma il giardino. Aveva ripreso a nevicare. Sorrisi, ripensando a domenica sera. Guardai in direzione del lago. Arrivammo nei sotterranei per prime. Nemmeno i Serpeverde erano arrivati. Hermione entrò andando diretta al banco. “Salve prof.! Vede che puntuali!” esclamò Anna, rivolta a Piton. “Data la sua vena sadica unita alla sua simpatia per me dovevo immaginare che sarebbe arrivata prima del solito…” commentò lui, acido. Anna rise e andò al posto. “Buon giorno professore…” lo salutai, sorridendo. Severus mi fece un cenno completo di un minuscolo sorriso. Andai a sedermi tra le mie due amiche, in attesa dell’inizio della lezione. Appena la campanella suonò, Piton andò a chiudere la porta, poi tornò alla cattedra. “Sono lieto di vedere che i soliti ritardatari hanno puntato la sveglia ad un orario decente…presumo che il merito sia della distribuzione di ciambelle zuccherate a colazione…” iniziò a dire, sarcastico. Neville iniziò a sbavare a mo di Homer Simpson alla parola ‘ciambelle’. “Comunque, volevo dirvi che, per vostro piacere, ora continuerò le interrogazioni che avevo iniziato settimana scorsa…” spiegò Piton, aprendo il registro. La classe trattenne il respiro, mentre scorreva il registro. “Dunque…Paciock…” chiamò. Il ragazzo si alzò e, tremante, andò a posizionarsi in piedi, accanto alla cattedra. “Ora, cerchi di non inventare ingredienti…” cominciò a dire il professore. Neville lo guardava terrorizzato. Piton iniziò a girargli intorno, sparando domande a raffica. Anna, accanto a me, scorreva gli appunti di Hermione freneticamente. Dopo venti lunghi minuti, il povero Paciok andò al posto con una D, mentre Piton tornò al registro. Scorse ancora i nomi, poi si fermò. “Massì, ascoltiamo la mia vena masochista…Haliwell!” la chiamò, alzando lo sguardo. Anna si alzò e trotterellò fino alla cattedra. “Devo dire che in quanto a fortuna sono piuttosto carente!” sorrise. Piton la guardò alzando un sopracciglio. “Signorina Haliwell, la vittima dei due non è certo lei…sono io qui, che ha la sfortuna come amica…” rimbeccò lui. “Se vuole vado al posto!” propose Anna. “Si, se vuole…con una T sul registro però…” sbottò. La ragazza scosse la testa. “Credo che rimarrò qui…” rispose sicura. “Saggia decisione…” commentò il professore. Anche lei venne sottoposta ad un interrogazione senza tregua, con domande a raffica e commenti velenosi. Solo che, a differenza di Neville, Anna tornò al posto con una A. “Paciock e Haliwell nella stessa mattinata…le mie cellule celebrali stanno facendo i salti di gioia…” disse sarcastico Piton, tornando al registro. Io mi preparai per alzarmi. “Perché non completare l’opera? Signorina Wyspet, venga ad esibirsi…” mi chiamò. Scattai in piedi e andai vicino alla cattedra. Iniziò a farmi domande, a cui rispondevo quasi subito. Vidi Anna sventolare dal posto un cartello, con su scritto a caratteri cubitali “Giulia spacca!”. Continuai a rispondere fino all’ultima domanda. Non mi accorsi nemmeno del suono della campanella. “Finalmente qualche soddisfazione…devo ricredermi, forse non siete irrecuperabili…lo sembrate, ma non lo siete!” esclamò, facendomi segno di andare al posto. Camminai tranquilla fino al mio banco. Anna aveva abbassato il cartello, ad un’occhiataccia di Piton. Lo osservai per avere il voto, ma non disse nulla. “Sono andata così male che non mi da nemmeno voto?!” sussurrai preoccupata ad Hermione. Lei scosse la testa. “Si vede che è indeciso se darti E oppure O…secondo me meriti una E…” commentò poi. “Secondo me una E con lode!” esclamò Anna. Il professore non mi disse nulla, ma continuò con le interrogazioni. Vittime furono anche Blaise, Ron e Millicent. Alla fine dell’ora, quando la stanza si era quasi svuotata, mi avvicinai alla cattedra. “Ehm…professore?” lo chiamai. “Si…?” rispose Piton. “Io…volevo sapere il voto…” spiegai, timida. Lui mi guardò. “Glielo riferirò stasera…ora vada a pranzo…” mi liquidò. Io annuii e mi diressi in Sala Grande con le altre due. Ero preoccupata. Forse non avevo fatto un’interrogazione così brillante come si aspettava. Forse l’avevo deluso. Passai il pomeriggio con questo dubbio, sperando che il tempo scorresse veloce. Finite le lezioni pomeridiane, andai in dormitorio con Anna. Rimanemmo a chiacchierare ed osservare la neve che cadeva, da dietro il vetro appannato della finestra. Aspettammo Hermione, poi ci recammo a cena in Sala Grande, dove trovammo due ragazze con un diavolo per capello. “Non è giusto! Dovevo vedere Blaise stasera!” ringhiò afflitta Mary Kate. “Che palle…” sospirò Ginny, accasciandosi sul tavolo. Noi le guardammo interrogative. “La Umbridge ci ha beccate mentre copiavamo Trasfigurazione nella sua ora…” sintetizzò la prima. “E vi tocca andare da lei dopo cena…” concluse per loro Anna. Le due annuirono. Passammo la cena a sentire le ragazze maledire il confettone rosa, poi, andammo in dormitorio. Anna aveva iniziato a cantare e a saccheggiare il suo baule in cerca di vestiti, mentre Hermione si stava già preparando alla lettura. “Non voglio stare in pena per voi tutta la notte, quindi, alle undici dovete essere già nei vostri letti!” ci ordinò. Io ed Anna la guardammo stupite. “Peccato che io rimanga a dormire da Draco…” sorrise la seconda, rimpicciolendo con un colpo di bacchetta la camicia da notte e mettendosela in tasca. “Ancora?! È già la seconda volta!” rimbeccò il prefetto. “Oh guarda, nevica ancora!” esclamò Anna, ignorandola. Hermione iniziò a strepitare, così per evitare di prendere cuscinate non dirette a me, andai alla finestra. Aveva ragione Anna, nevicava ancora. Vidi il giardino coperto di neve, con le stelle alte nel cielo, e la luna, grande e splendente. “Quando andiamo a Hogsmerade?” chiesi, senza accorgermene. “Questo sabato…” rispose Hermione, cercando di non inciampare su Grattastinchi. “Bene! Un giretto da Madama Piediburro ci starà bene…” commentò Anna. “Non odiavi quel posto?” chiesi stupita. “Si, troppe cose fru fru, ma è l’unico posto in cui posso stare tranquilla con Draco…” spiegò affranta. “Io penso che andrò a Mielandia…mi accompagni?” mi chiese Hermione. Io annuii pensando già alle prelibatezze di quel negozio. Appena le due tornarono a tirarsi cuscini a vicenda, mi rivoltai verso la finestra. Sobbalzai. “Ma…che ora è?” chiesi. Hermione guardò l’orologio. “Le 20.30 passate…” rispose. Corsi al mio baule, mi tolsi il maglione, il cravattino, e misi sopra la camicia bianca la mia solita felpa viola con l’immancabile stella blu vicino al bordo. Buttai veloce la gonna e ne misi una a pieghe blu, completando il tutto con le solite sgangherate Converse viola. “Scappo ragazze! Devo sapere che voto ho preso, altrimenti scoppio!” le avvertii, coprendomi la testa con il cappuccio e correndo verso la porta. Le due mi salutarono e uscii, scesi le scale e corsi fino ai sotterranei. Prima di entrare ripresi fiato, e trovai la porta socchiusa. Entrai e trovai l’ufficio vuoto. Mi diressi alla camera ed aprii la porta. Anche quella era vuota. Per sbaglio spinsi troppo forte la porta, che sbattè. Sentii dei rumori e sobbalzai. “Chi va la?!” esclamò una voce, accompagnata alla chiusura di una porta. Mi girai e rimasi ad occhi aperti. “Dovevo immaginarmelo che fosse lei…” commentò seccato Piton. Rimasi imbambolata a fissarlo, probabilmente anche a bocca aperta. Spostai lo sguardo dal bagno al professore, mentre arrossivo sempre di più. Severus era in piedi con la bacchetta in mano, a torso nudo. Mi venne un caldo innaturale. “Ha intenzione di guardarmi in maniera ebete ancora per molto signorina Wyspet?” disse acido. Io scossi la testa, anche se il mio sguardo era ancora quello di una che aveva appena visto l’ottava meraviglia. “Mi…mi scusi…” sussurrai con la poca voce che riuscivo a tirare fuori. Senza aspettare risposta mi portai le mani davanti agli occhi, ancora in imbarazzo. “Era troppo bello che si fosse dimenticata di venire a trovarmi…” rispose arcigno. Spostai di poco le dita in modo da sbirciare. Piton era andato al letto. Non l’avevo notato, ma sopra c’era ripiegata una camicia nera leggera. La prese e se la infilò con la sua solita eleganza. Il cuore mi batteva a mille. Severus aveva davvero la pelle di un pallido quasi bianco. Il petto aveva qualche pelo qua e la ed i pettorali non esageratamente scolpiti, ma pur sempre attraenti. Mi stava salendo la bile al cervello e sentivo che avrei avuto di li a poco un flusso di sangue dal naso. Lui aveva iniziato ad abbottonarsi la camicia. Notai che al collo portava una catenina d’argento, con una piccola placca, come quelle dei militari babbani, ma più piccola. Appena si girò, richiusi le dita. “Può guardare ora…” disse Severus. Io abbassai le mani, però ero ancora rossa in viso. Piton prese la bacchetta che aveva appoggiato sul letto, andò in bagno e tornò poco dopo. “Mi scusi ancora…non volevo disturbarla…” ripetei. “Oramai è un’abitudine…” sbottò lui. Vidi infondo al letto dei vestiti buttati alla rinfusa. “Come vede non mi ha lasciato nemmeno il tempo per riordinare…” spiegò, infastidito. Trotterellai fino al letto e radunai i vestiti in una massa unica. Presi un capo ed iniziai a piegarlo. Un paio di pantaloni neri, eleganti. Poi un maglione verde scuro, che finì vicino ai pantaloni. “Non serve piegarli…sono panni sporchi…” commentò Piton, raggiungendomi. “Almeno occupano meno spazio…” sorrisi, continuando il mio lavoro. Lui rimase ad osservarmi, finché non piegai anche l’ultima manica. Il professore schioccò le dita, ed i panni sparirono. Mi sedetti sul letto, mentre lui andava a chiudere il cassetto della cassettiera alla destra del letto. Dondolai le gambe, indecisa se fargli la domanda che si agitava nella mia testa. Presi coraggio e parlai. “Non pensavo che lei portasse collane…” sorrisi, sincera. “Menomale che aveva chiuso gli occhi…” sbottò infastidito. Io fischiettai in maniera innocente. “E comunque, in genere odio portare collane, o anelli, ma quella che mi ha visto indosso è un’eccezione…” rispose poi. Ora che il discorso era iniziato, la mia domanda fremeva sulla punta della lingua. “Davvero? È un regalo? Da chi?” chiesi subito, a raffica. “Non sono affari suoi…” rispose brusco. Possibile che…no, non poteva essere stato un suo dono. Ero troppo paranoica nei suoi confronti. Dovevo smetterla di vedere Lily in ogni sfumatura della vita di Severus! Rimasi in silenzio, ancora con la curiosità che premeva. Piton mi guardò, poi sbuffò e mi raggiunse, sedendosi accanto a me. Iniziai a guardami le Converse, imbarazzata. “Signorina Wyspet, la sua curiosità invadente certe volte è proprio insopportabile…” sbottò Severus. Avrei voluto sprofondare. Cercai di fare un sorriso convincente, ma non funzionò. “Avanti, la stavo prendendo in giro!” disse subito Piton, in risposta al mio malinconico sorriso. Io rimasi con lo sguardo basso. “Alzi la testa e mi guardi…” ordinò. Obbedii, incrociando il suo sguardo con il mio. “Lei mi prende troppo sul serio…e comunque si, è un regalo…” rispose. Avrei voluto fargli altre domande. Molte altre domande. “Non è come pensa, Lily non centra nulla…” continuò subito Piton. Mi aveva letto nella mente, oppure il mio sguardo era così spaventato? Aprii la bocca per ribattere, ma lui mi zittì con lo sguardo. “Allora chi…” osai dire. Severus sospirò e scosse la testa. “Ha ragione…sono la solita impicciona…se non me lo vuole dire è libero di non rispondere…” mi scusai subito, alzandomi. Lui mi prese piano per il braccio e mi fece sedere. “Dei miei fatti privati non ne parlo volentieri, tanto meno con i miei studenti…” iniziò a spiegare. Io annuii. “…però, come credo si ricorda, già l’anno scorso le ho rivelato dei particolari importanti della mia vita privata…” continuò. Annuii ancora. “…e ciò è avvenuto perché mi fido di lei signorina Wyspet…trovo che la sua ostinazione nel venirmi a trovare ogni sera rischiando una punizione severa, sia un motivo più che valido per rispondere alla sua domanda…quindi…” proseguì. Io aguzzai le orecchie, lieta nel sentirmi dire che alla fin fine era felice delle mie visite. “Come ho detto prima, non uso portare collane o anelli, ma questa catenina mi è stata donata da una persona…” disse, prendendo poi un profondo sospiro. Lo guardai curiosa. “…mia madre” disse infine. Rimasi piacevolmente stupita. Era la prima volta che Piton nominava un membro della sua famiglia davanti a me. “Me l’ha dato quando ero ancora un bambino…non la annoierò con i dettegli…” spiegò. Io mi avvicinai. “Non mi annoia affatto!” risposi. Severus parve stupito dal mio entusiasmo. Per quanto diplomatico fosse il tono della sua voce, nei suoi occhi c’era un velo di tristezza. “Penso che non le interessino i particolari della vita di un suo professore, dico bene?” cercò di liquidarmi. Mi avvicinai ancora, tolsi le Converse e misi le gambe sul letto. “Ha ragione…i particolari della vita della Umbridge non mi importano, ma quelli del mio professore di Pozioni, un certo Severus Piton, mi interessano!” rimbeccai, decisa. Lui mi guardò indeciso. “E poi se si tengono dentro delle emozioni troppo a lungo, si rischia di scoppiare…” continuai, con tono saggio. “Dove l’ha letto, in un bigliettino dei biscotti della fortuna distribuiti a cena?” sbottò sarcastico. Io scossi la testa. “Me lo ripete sempre mia madre…e io ci credo! Comunque mi dicono tutti che sono una buona ascoltatrice…e le posso giurare, su Billie Joe Amstrong, che non rivelerò a nessuno la sua vita privata…” promisi, portando una mano sul petto in segno di fedeltà. Piton sorrise divertito. “Signorina Wyspet, lei è una ragazza impossibile…” commentò poi. Sorrisi. “Se ci tiene proprio allora…” ricominciò a dire. Io battei le mani entusiasta. “Stavo dicendo…mia madre…ero abbastanza piccolo quando mi diede questa catenina. Me la mise al collo e mi disse che era un oggetto importante…crescendo, imparai ad odiare questo regalo…o almeno, lo buttai in un angolo della mia stanza finché non arrivò il momento di venire ad Hogwarts…” iniziò a raccontare. Io ascoltavo rapita. “Non che io odiassi mia madre…o almeno, ora non più…” sospirò Severus. “E suo padre? Le ha fatto qualcosa? Cioè…vi ha mai…” iniziai a dire, preoccupata. “Picchiato? Probabilmente su mia madre l’avrà fatto…devo dire che delle loro liti ho cercato di eliminare il ricordo…” rispose, portandosi una mano alla testa. “Liti? Perché mai avrebbero dovuto litigare?” chiesi, senza contenermi. “Origini diverse…altro motivo per cui fui contento di venire qui ad Hogwarts…le mie origini babbane non sono una cosa di cui mi volessi vantare…” commentò. Origini babbane? Quindi in realtà, Severus era un Mezzosangue? “Mia madre era una strega, mentre mio padre un babbano…si, sono un Mezzosangue…” rispose, come se avesse capito ciò che mi chiedevo. “Alla fine portai la catenina con me, senza sapere un perché…forse, anche se odiavo ammetterlo, mia madre mi sarebbe mancata…” concluse. Ci fu un breve silenzio. Allungai una mano verso il ciondolo e mi avvicinai per leggere ciò che c’era inciso. “9 Gennaio 1960. A Severus, mio unico tesoro. Eileen Prince” lessi piano. Lasciai il ciondolo e Severus lo mise sotto la camicia. Lo guardai. “Esattamente per quello non volevo dirle nulla…” sbottò, acido. Lo guardai dubbiosa. “Lo sguardo di prima…le faccio pena…” rispose, irritato. Io scossi la testa e sorrisi. Gli presi una mano e lo tirai a me. La sua fronte sulla mia spalla. “Sono felice che mi abbia raccontato queste cose…e non provo pietà per lei…anzi, l’ammiro ancora di più, perché ha saputo cavarsela da solo…” sussurrai al suo orecchio, in un respiro. Gli accarezzai la testa. “Sono qui per lei…soltanto per starle accanto…e sarà sempre così…non l’abbandonerò, perché ho fatto la mia scelta…” conclusi. Piton rimase in silenzio. “Per cui…le voglio bene professore!” esclamai, sorridendo. Lui si liberò dalla mia stretta, rosso in viso. “Me lo ripete in continuazione...” commentò, però sorridendo. Mi lasciai andare distesa sul letto. Trascinai le mie stanche ossa di studente fino a che ebbi la testa sul cuscino, e mi girai verso di lui. Severus mi guardò divertito. “L’avverto che non mi farò scrupoli a svegliarla se si addormenterà…” mi avvertii. Io gli feci segno di mettersi vicino a me. Lui indugiò qualche minuto, osservandomi. Chiusi gli occhi e sospirai. “Solo cinque minuti…” lo pregai. Silenzio. “Ecco fatto, passati!” rimbeccò poco dopo. Io risi. “Era in senso metaforico!” precisai. Riaprii gli occhi. In effetti la stanchezza stava iniziando ad avere la meglio. “Professore?” lo chiamai. Lui mi guardò. “Venga a farmi compagnia…” gli chiesi. Severus scosse la testa. “Poco…dieci minuti…” proposi. Piton si sedette, me io lo tirai per la manica della camicia. “Che pretese signorina Wyspet!” commentò, divertito. Io allungai le mani come un neonato che cerca di prendere un giocattolo troppo lontano. “Solo dieci minuti…” si arrese Piton, sdraiandosi. Mi avvicinai fino ad essergli quasi attaccata. “Secondo lei nevica ancora?” chiesi. “Può darsi…” rispose vago. Poi, mi tornò in mente uno dei miei scopi di quella sera. “Cos’ho preso stamattina, nell’interrogazione?” chiesi subito. Piton mi guardò vago. “Ora ho capito perché è venuta a trovarmi stasera!” rimbeccò, offeso. Gli feci la linguaccia. “Non dica sciocchezze! Il voto era in secondo piano…” risposi. Lui sorrise. “La informo che una stupefacente E è stata scritta sul registro…” disse. Io rimasi stupita. “Una…E?” chiesi, sicura di aver sentito male. Piton annuì. Battei le mani entusiasta. “Usciamo?” proposi. “Troppo tardi…” rispose lui. Risi. Sembravamo una coppia di fidanzatini che programmavano la serata. “Avanti!” cercai di convincerlo. Severus scosse la testa. “Ma io voglio andare a vedere la neve!” rimbeccai, guardandolo. Lui sorrise. “Nevicherà fino a lunedì…c’è tutto il tempo…” commentò poi. Mi illuminai dalla gioia. “Vuol dire che usciremo domani sera?” chiesi. Piton scosse la testa. “Giovedì?” riprovai. “No…” ripose ancora. “Giovedì…o venerdì?” proposi. “No…e…no!” rispose subito. “E sabato?” dissi, mentre il mio entusiasmo si spegneva. “Secondo il principio d’esclusione, si, sabato sera potremmo anche uscire…” sbottò. Io sorrisi. “Non capisco perché non si porta in giro la Haliwell o la Granger…” sbuffò. “Anna è sempre con Draco ed Herm non vuole uscire dopo il coprifuoco…e poi…con lei mi diverto!” spiegai. Piton mi guardò scettico. Lo guardai. Avrei tanto voluto buttarmi fra le sue braccia. E baciarlo. Come qualche sera prima. Però sapevo che quella era stata solo un’eccezione. Severus a sua volta posò gli occhi su di me. Arrossii di poco, e chiusi gli occhi. Lui non diceva nulla. Si era creato un silenzio magico, che valeva più di mille parole. Aprii un paio di volte la bocca, incerta se dire qualcosa. Poi d’improvviso la risposta mi venne spontanea. “Beauty queen of only eighteen…” iniziai a cantare, piano. Vidi Piton sussultare di sorpresa. “She had some trouble with herself…” continuai. Non so perché scelsi She Will Be Loved. Forse perchè era la canzone che mi passava per la testa in quel momento. Canticchiai ancora qualche frase, poi smisi. “Non le ho detto di smettere…” commentò sorridendo Severus. Io lo guardai soddisfatta. “Such a lonely day, shouldn’t exist…” ricominciai, cambiando canzone. Lui mi guardò curioso. Forse cercava di indovinare la canzone. “It’s a day that ill never miss, such a lonely day, and it’s mine…the most loneliest day of my life…” continuai. Adoravo cantare per lui. Solo per la persona che amavo davvero la voce mi usciva senza intoppi. “And if you go, I wanna go with you…” proseguii. Era quella la strofa che mi interessava. “And if you die, I wanna die with you…” continuai, guardandolo negli occhi. Mi persi in quei tunnel profondi. Per qualche secondo mi si fermò il respiro. “Take your hand and walk away…” conclusi, allungando la mia mano. Mi avvicinai e accarezzai la sua mano, poi la incrociai con la mia. Piton non rispose subito alla stretta. Rimase indeciso su cosa fare. Lo guardai ancora. Quel calore. Quello che avevo provato la notte in cui dormimmo insieme, qualche giorno prima. Quella sensazione che mi scorreva nelle vene, facendomi pulsare il sangue. Quella sensazione che correva piano, che mi arrossava le guance e tentennare la voce. Quella sensazione che mi arrivava diritta al cuore. Decisi io per lui. Sciolsi le nostre mani e abbandonai la mia sul cuscino. “So I lay my head back down, and I lift my hands and pray to be only Yours…” cambiai ancora. Non ero un’appassionata di Mandy Moore, ma quella canzone si adattava perfettamente. Severus mi guardava compiaciuto. “I pray to be only Yours…I know now you're my only hope…” continuai, aumentando il tono della voce. Ancora i suoi occhi su di me. Il calore che aumentava. “Allora professore, continuo?” chiesi, in un sussurro. Lui annuì. Volevo cantare qualcosa che avesse un bel significato per me, in modo da trasmetterglielo. “She can kill with a smile...” iniziai, sorridendo. Piton sobbalzò. “She can wound with her eyes…” proseguii, sperando che si ricordasse. Mi guardò con un’espressione concentrata. Andai Subito all’ultima frase, per facilitargli il compito. “She hides like a child, but she's always a woman to me” conclusi. “Questa è la canzone che cantava l’altro giorno…mentre rifaceva il letto, dico bene?” indovinò. Io annuii. “Quando mio padre torna presto la sera, d’estate, trova sempre mia madre che rifà il loro letto matrimoniale…è lei che dice che i letti vengono meglio se rifatti in maniera babbana…” spiegai. Piton mi guardò curioso. “Allora, mentre lei traffica con le lenzuola, lui le canta questa canzone…She’s Always a Woman to Me…di Billy Joel…” finii di raccontare. “Davvero un bel quadretto famigliare…” commentò Severus. Mi resi conto della gaffe che avevo appena commesso raccontandogli questo particolare. “Mi…mi scusi…io…non intendevo rattristarla…volevo solo condividere uno dei miei ricordi più belli…” mi scusai, in colpa. Piton sorrise e mi fece una carezza sulla testa. Per risposta, ricominciai a cantare. Natalie Merchant, My Skin. Stavolta partii dall’inizio. Mi girai a pancia in su, con lo sguardo rivolto al soffitto. Severus non diceva nulla, così io continuavo. “You kiss me now…you catch your death…” cantai piano, girandomi verso di lui. Sorrisi alla vista del professore, con gli occhi chiusi. Si era addormentato. Era una visione talmente dolce. Mi chinai verso le sue labbra. “Oh I mean this...” dissi, in un sussurro. Avrei potuto sporgermi ancora di poco e baciarlo. Avrei potuto. Ma non lo feci. “Buonanotte professore…” sorrisi, poi gli diedi un leggero bacio sulla fronte. Scivolai giù dal letto e lo coprii con la coperta. Lo guardai ancora una volta. “Si ricordi che la amo…più di me stessa…” sussurrai ancora, poi gli sistemai il cuscino e gli diedi un altro bacio sulla fronte. Uscii piano dalla stanza richiudendomi la porta alle spalle, poi uscii anche dall’ufficio. Corsi per le scale ed arrivai in dormitorio. Aprii piano la porta per evitare di svegliare Hermione ma, appena vidi la luce ancora accesa, abbandonai il mio buon proposito. “Cosa fai ancora alzata?” chiesi, curiosa. Il prefetto mi guardò stupita. “Quando avevo detto di tornare prima delle undici non credevo mi prendessi sul serio…” commentò, allibita. Guardai la sveglia: erano le 22.35. “Non mi ero nemmeno resa contro di che ora fosse…Piton si è addormentato mentre stavamo parlando…cioè…mentre cantavo…si vede che ha avuto una giornata parecchio stressante…” raccontai, iniziando a cambiarmi. Hermione mi guardò sospettosa poi, chiuse il libro. “Bando alle ciance, ti ha detto cos’hai preso nell’interrogazione?” mi chiese, schietta. Io risi. “Sei sempre la solita…ho preso E…” risposi. La ragazza rimase a bocca aperta, poi battè le mani entusiasta. “Magnifico!” esclamò. Le sorrisi e filai in bagno per gli ultimi ritocchi, poi tornai e mi precipitai a letto. “Herm?” la chiamai. Lei si girò, mentre Grattastinchi si stava accomodando sul letto accanto a lei. “Sabato…ti va se torniamo in quel negozio dove abbiamo preso i bracciali?” le proposi. “Si…perché no…” sorrise, con uno sguardo complice. Risi ancora e chiamai Billy Joe. Appena gatti e coperte furono apposto, Herm spense la luce. Affondai la testa nel cuscino e il resto nelle calde coperte. Avevo l’immagine di Piton dormiente impressa nella mia testa. Non vedevo l’ora che arrivasse sabato, per la fatidica uscita. E con la mente rivolta a quel pensiero, chiusi gli occhi, mentre Billy Joe faceva ancora una volta le sue fusa.

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Capitolo 12
*** Extraordinary Girl ***


Salve *-* oramai sapete che gli aggiornamenti a lungo tempo non sono la mia specialità xD anyway, finalmente un cap in cui succede qualcosa u.u *sfugge dagli spoiler di se stessa* siii lo so che vi faccio fare le fusa e poi vi turo una pietra in testa, chiedo perdono u.u pomodori ed eventuali mazze chiodate sempre al banco tre *^*/ *indica angolo* in questo cap troviamo Extraordinary Girl dei Green Day *-*

Avvertenze: OCCtudine, diabetanza, conoscenze moleste che tornano.

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
buona lettura <3



12° Capitolo

I giorni successivi proseguirono velocemente. Interrogazioni, scontri verbali con la Umbridge e visite la sera nei sotterranei. Josh cercava di parlarmi ma, appena si avvicinava, Anna lo minacciava e lui, da uomo saggio che ha visto cosa può fare una Haliwell, si allontanava sconsolato. Inoltre, come aveva predetto Severus, non smise di nevicare per nemmeno un giorno. Il lago era diventato una lastra ghiacciata e di pomeriggio, prima di cena, alcuni studenti sgattaiolavano fuori per farsi una pattinata. Sabato mattina la sveglia suonò come al solito, solo che, a differenza degli altri giorni, l’energia per svegliarsi non mancava. Perfino Anna si precipitò fuori dal letto. Appena fummo pronte, andammo a colazione, poi tornammo in dormitorio a prendere le borse. Dentro le cose essenziali, come soldi, fazzoletti e bacchette. Attorcigliate nelle nostre sciarpe e strette nei cappotti, scendemmo e raggiungemmo la fila. La McGranitt controllò i permessi uno per uno, poi potemmo proseguire. Arrivati ad Hogsmerade, Draco si aggiunse al nostro trio. La prima tappa fu Mielandia, in cui io le mie amiche ci perdevamo ancora come bambine, a osservare tutti i dolci. Comprammo un paio di Api Frizzole, le immancabili Gelatine Tuttigusti+1 e anche qualche lecca lecca al sangue. Insomma, spendemmo parte della paghetta che i genitori ci avevano mandato il giorno prima, proprio in occasione della visita. Sapendo poi del mio buon voto in Pozioni, di cui avevo informato i miei genitori il giorno dopo l’interrogazione via gufo, mi era arrivato un extra, che sapevo già cosa usare. Dopo Mielandia, Hermione ci trascinò da Scrivenshaft, per fare rifornimento di penne. Facemmo anche un giro da Stratchy&Sons, per la gioia di Draco. Poi, per ripicca, lui portò a forza Anna da Madama Piediburro, con il nostro consenso ovviamente. Io ed Hermione andammo nell’anonimo negozio di bigiotteria dove avevo preso il braccialetto. Dall’ultima visita non era cambiato nulla. In confronto agli altri negozi, questo non aveva nulla di speciale. Sembrava piccolo da fuori, ma una volta entrati era un’insieme di scaffali girevoli, vetrine e ogni tipo di porta gioielli ovunque ci si girasse. Era il posto in cui gli studenti di Hogwarts facevano compere ai loro innamorati o per loro stessi in particolari occasioni. Oppure, quando c’erano soldi extra. O almeno, tutte le coppie tranne una si compravano regali in questo negozio. Anna e Draco, che tutto tranne una coppia normale potevamo sembrare, acquistavano i regali l’uno per l’altra da Magie Sinister, a Notturne Alley. Una volta ci entrai anche io, per accompagnare la mia amica, ma non trovai nulla di interessante. “Posso esservi utile?” ci chiese una donna, avvicinandosi. “Facciamo un giro, poi in caso ti chiediamo…grazie lo stesso Astrid…” le dissi. Lei sorrise dolcemente e tornò al bancone. Un altro motivo per cui quel negozietto aveva molti acquirenti di Hogwarts era perchè la proprietaria era gentile e disponibile, non solo come commessa, ma anche come consigliera. Astrid appunto, era una vecchietta arzilla e dolce. Oramai era come se ci conoscessimo da una vita. Era come una nonna, sia per me, che per Hermione ed Anna. “Penso che comprerò qualcosa anche io…” sorrise il prefetto, iniziando a guardarsi in giro. Io passai saltai gli scaffali con cose con brillantini e luccichii vari. Una anello con un teschio viola attirò la mia attenzione, ma lo lasciai perdere e tornai al mio obbiettivo. Guardai i bracciali di caucciù, ma rifiutai anche quell’idea. Quello che mi ero prefissata non era facile. Sentivo Hermione trotterellare agitata da uno scaffale all’altro. Sospirai, affranta. Mi appoggiai ad uno scaffale e per puro caso la vidi. Una semplice collana di filo nero, con un serpente attorcigliato ad un cuore. Rimasi a fissarla per un po’, fino a che qualcuno mi posò una mano sulla spalla. “Ti piace?” chiese Astrid, prendendo la collana dallo scaffale. Io la guardai insicura. “È uno degli avanzi di San Valentino…povero serpentello, non l’ha comprato nessuno…” sospirò triste la donna, accarezzando la collana. Sorrisi. “Ho visto che ti guardavi in giro sperduta…” spiegò sorridendomi. “In effetti…dovrei fare un regalo…però è per una persona…speciale…” iniziai a dire. Astrid annuì. “Solo che non è tipo da portare collane…però vorrei donargli qualcosa di simbolico…il serpente è un animale che lo rappresenta molto, perciò mi ha attirato questa collana…” spiegai. Lei annuì. “Eh si…i Serpeverde attirano sempre…” esclamò divertita. Io arrossii. “È più grande di me…un tipo serio ed elegante, che però è anche dolce e gentile…” sospirai. Astrid ridacchiò. “Beata gioventù innamorata! Anche io ero così ai vostri tempi!” rise ancora. Io sorrisi. Lei iniziò a guardarsi in giro. “Forse ho trovato quello che fa per te…seguimi…” disse, iniziando ad camminare tra gli scaffali. Mi condusse allo scaffale dei gioielli magici. Li guardai dubbiosa. “Non mi intendo molto di gioielli magici…” commentai, imbarazzata. Astrid mi guardò comprensiva. “Proprio come pensavo…” sorrise. Iniziò a scandagliare con lo sguardo i gioielli appesi. “Ecco! Perfetto!” esclamò, prendendo una collana. Me la porse. Era un cuore fatto da due serpenti. Sembrava d’argento, e probabilmente costava un mucchio di soldi. “Tranquilla…non costa molto, e in caso ti posso fare uno sconto famiglia…” disse la donna, dopo aver visto la mia espressione preoccupata. “Gra…grazie…è davvero bella…però…non mi sembra molto magica…” commentai, curiosa, rigirandola in mano. “All’apparenza sembra un normale ciondolo…non devi fare altro che sussurrare il nome dell’uomo che ami, poi…” iniziò a raccontare. Io la guardai curiosa. “Avanti…prova!” mi incitò. Io arrossii. “Avanti…tranquilla, prometto che non ascolterò il nome…” sorrise Astrid. Io avvicinai la collana. Tossii, e presi coraggio. “Severus…” sussurrai. I due serpenti della collana si staccarono ed si chiusero ad anello, formando due collane. “Visto? Per farli tornare normali, basterà che l’altro pronunci il tuo nome, e torneranno a diventare una cosa sola…” concluse Astrid. “E ora? Come faccio a farli tornare un cuore?” chiesi. Lei prese la collana in mano, ed i due serpentelli tornarono ad unirsi. “Se una persona estranea toccherà l’anello quando i due componenti sono ancora vicini, torneranno ad unirsi…” spiegò ancora. La guardai imbarazzata. “E…se l’amore non dovesse essere ricambiato?” chiesi, con voce tremula. Lei mi diede un pugno affettuoso sulla testa. “Chi è lo Schiopodo che non contraccambierebbe una ragazza così gentile e dolce come te?” mi rimproverò. Io sorrisi. “Ok…la prendo!” mi decisi infine. Hermione mi si avvicinò, con un paio di orecchini a stelle. “E Anna, dove l’avete lasciata? Quella malandrina, potrebbe anche venire a salutarmi!” esclamò Astrid, andando alla cassa. “Draco l’ha trascinata da Madama Piediburro…” rispose Hermione. “Allora la perdono…Draco è un così bravo ragazzo, contrariamente a quanto si dice…e poi quei due stanno davvero bene insieme! Quant’è, un anno?” chiese, controllando i prezzi. Io annuii. Astrid sospirò ancora, poi ci comunicò il prezzo. Per mia fortuna, la collana non era così costosa. Giusto per permettermi di mettere degli altri soldi da parte. Chiacchierammo con Astrid ancora per qualche minuto poi, la salutammo e decidemmo di andarci a bere una Burrobirra a I Tre Manici di Scopa. Ci sedemmo in un tavolo in un angolo, notando molti dei nostri coetanei sparpagliati per vari tavoli. Ordinammo le Burrobirre e, appena Madama Rosmerta si allontanò, Hermione mi sorrise. “Hai trovato il regalo per Piton?” chiese. Io arrossii. “Come…” iniziai a chiedere. “…facevo a sapere che stavi cercando un regalo per lui? Semplice! C’erano almeno un milione di articoli viola o con teschi, e tu non li hai nemmeno guardati…” spiegò lei, ovvia. “No davvero? Dai torniamo al negozio!” esclamai, divertita. Herm rise. “Cosa gli hai comprato di bello?” chiese ancora, curiosa. “Una collana magica...però non so se funzionerà…ho paura che non gli piaccia…” spiegai, percorrendo il bordo del boccale con un dito. “Vedrai che gli piacerà…solo per il fatto che gliel’hai comprata tu…” commentò Hermione, bevendo poi un sorso di Burrobirra. “Non so mica sai...” dissi ancora, tirando fuori la collana dal pacchetto. Il prefetto l’analizzò, poi, mi guardò, aspettando spiegazioni. Le spiegai il meccanismo, e lei annuì. “Si…pensò proprio che gli piacerà…” sorrise infine. “Speriamo…stasera mi ha promesso che andiamo a fare un giro sotto la neve…” raccontai. Hermione sospirò. “Beata gioventù…” commentò, imitando Astrid. Scoppiammo a ridere. Finimmo di bere poi, uscimmo e trovammo Anna e Draco. Iniziava a fare buio e freddo, e la neve non smetteva di scendere. Stavamo decidendo se tornare ad Hogwarts, quando, sentii qualcosa tirarmi la borsa. “Piantala Bulstrode!” ringhiai, girandomi. Tenni stretta la borsa a me. Come immaginavo, la serpe e la sua compare erano dietro di me. “Non vi sono bastate le botte dell’ultima volta?” ghignò Anna, iniziando a togliersi i guanti. Pansy grugnì. “Per colpa vostra siamo finite dalla Umbridge! Siete state fortunate solo perché i vostri genitori hanno chiesto a Piton di proteggervi!” rimbeccò Millicent. Mi sgranchii le dita. “Per tua informazione, siete state voi ad iniziare!” commentò acida Anna. Passai borsa ad Hermione, mentre lei la lasciò a Draco. Le due grugnirono ancora. Io ed Anna ci guardammo. “Siete solo delle lecchine!” disse velenosa Pansy. “Oh no…ora si che si mette male…” commentò preoccupata Hermione. Quello era l’unico insulto che Anna proprio non tollerava. Strinse i pugni ma io la fermai. Lei mi guardò dubbiosa. “Non fare il loro gioco...vedrai che andranno a piangere dalla Umbridge…così a noi toccheranno trenta frasi come minimo…” spiegai. Anna si calmò. Presi fiato e mi avvicinai a Millicent. Lei mi si avventò addosso, facendomi atterrare sulla neve, con il suo dolce peso addosso. Hermione squittì di paura. “Mossa sbagliata Bulstrode…” commentai, spostandomi di poco e dandole un calcio nello stomaco. Ecco, il mio mp3 era stato vendicato. Lei scivolò via e io mi rialzai. Ringraziavo che la neve non fosse stata dura, perché altrimenti la mia schiena sarebbe stata davvero spacciata. Pansy guardò l’amica, la tirò su di peso e andò via con la coda tra le gambe. Mi ripresi la borsa. “Come stai, tutto bene?” chiese Hermione. Io annuii. Mi sistemai il cappotto poi, ci dirigemmo verso Hogwarts. Mancava un’ora alla cena quando arrivammo, così io, Anna ed Hermione, stanche ed infreddolite, andammo in dormitorio a scaldarci. “Stasera cosa fate?” chiese Anna, buttando giubbotto di pelle e guanti sul letto. “Penso che terminerò di leggere quel libro che mi sto portando avanti da una settimana…per colpa delle interrogazioni sono sempre ferma allo stesso capitolo…” rispose sconsolata Hermione, piegando accuratamente il giubbotto e mettendolo infondo al letto. Io iniziai a sbottonare il cappotto poi, mi tolsi la sciarpa. “Tu Giulia?” mi chiese ancora la ragazza. “Esco…” risposi solo. Anna mi guardò di sbieco. “Con chi?” chiese ghignando. Io arrossii e fischiettai innocente. Sul suo viso le si formò un sorriso che andava da orecchio ad orecchio. “Tra rose e fior, vedo arrivar, Severus e Giulia si voglion sposar!” iniziò a cantare. Per poco caddi per terra dall’imbarazzo. “Anna, non cominciare…” la rimproverò già stufa Hermione. L’altra la prese a braccetto e il prefetto iniziò ad intonare a bassa voce la canzone. “Eh no! Herm non ti fare trasportare anche tu!” la supplicai. Le due scoppiarono a ridere. “È solo un’uscita…” specificai, abbassando la testa e facendo cerchietti nell’aria con un dito. “Si e noi ti crediamo!” esclamò Anna, per poi ricominciare a cantare. Io le tirai un cuscino. “Forse mi farà vedere il suo Patronus…” sospirai, speranzosa. “Certo, il suo Patronus…” commentò ancora maliziosa. Le feci la linguaccia. “A proposito, c’è una busta sul tuo letto!” disse Hermione, indicandola. Io la presi e lessi l’indirizzo. “Mia madre mi ha scritto di nuovo…avrà scordato di ricordarmi che non devo spendere tutto l’extra da Mielandia…” spiegai divertita, aprendola. “Troppo tardi…e, a proposito…” iniziò a dire Anna, frugando nella borsa. Appena ebbe tirato fuori un lecca lecca al sangue, Hermione glielo rubò di mano. “Ti rovinerai la cena così!” la rimproverò. Anna iniziò a tendere le mani verso il dolce, come una bambina. Herm alzò la mano con il dolce, approfittando della scarsa altezza dell’amica. “Ridammelo!” si lagnò Anna, sbuffando. Io risi ed iniziai a leggere la lettera. Soliti saluti iniziali, notizie generali condite di pettegolezzi, e raccomandazioni, tra cui quella della paghetta. Lessi con disattenzione una frase, che, dopo averne capito il senso, mi toccò scorrere ancora. La rilessi una ventina di volte, a bocca aperta. Hermione si distrasse e lasciò il lecca lecca ad Anna. “Qualcosa non va?” mi chiese, mentre l’altra si gustava il dolce. Io rimasi impietrita. Anna mi strappò la lettera di mano. “Dunque…cara Giulia…bla…si…” iniziò a leggere, storpiando le parole a causa del dolce in bocca. “Dai qua!” rimbeccò Herm, prendendosi la lettera. “Le…righe di mezzo…” boccheggiai. “Allora…” iniziò il prefetto, schiarendosi la voce. “…Mentre giravo su internet, ascoltando la mia amata musica (sai tesoro, ultimamente ho un debole per il cantante italiano Renato Zero! Se puoi, chiedi alla sorellina di Anna se mi manda via gufo qualche suo cd!!), ho provato a cercare informazioni sul concerto dei Green Day di quest’estate, a Londra, e indovina? Ho saputo il prezzo dei biglietti e sono anche riuscita a convincere tuo padre a lasciarti andare! Merito della tua E in Pozioni ovviamente…” lesse Hermione. Io annuii ancora in stato di shock. “…basta che convinci qualche tua amica ad accompagnarti, ed il gioco è fatto! Però ricorda, non ti deconcentrare a scuola e continua con i tuoi bei voti…” concluse poi. Lesse le righe successive a mente poi, mi riconsegnò la lettera. “Non ci posso credere…andrò a vedere i Green!! Il mio Billy Joe!” esclamai, felice. Hermione tossì. “Devi trovare qualcuna che venga con te però…” commentò. Io la guardai, poi osservai anche Anna. Quest’ultima mi fece segno positivo, mentre la prima scosse la testa. “Eddai Herm! Ci divertiremo!” cercò di convincerla Anna. “Non lo so…” rispose il prefetto. Io unii le mani a mo di preghiera. “Ti prego!” la supplicai. “Tua madre ha detto che serve un’amica…” sbottò, decisa. “Non possiamo lasciarti a casa! Noi siamo il trio! Gli uragani di Hogwarts!” squittì ovvia Anna. Hermione la guardò scettica. “Voi due siete gli uragani di Hogwarts…io sono…il prefetto!” commentò, quasi offesa. “Disse la donna che aveva dato un pugno a Draco Malfoy al terzo anno…” risposi. Lei arrossì, ma dopo sorrise. “Ci penserò…” disse, anche se il suo sorriso, che non accennava a svanire, la tradiva. Fu Anna a cambiare discorso. “Avanti, tra poco si cena!” esclamò, battendo le mani e buttando da una parte lo stecco del lecca lecca, oramai finito. “Giusto!” concordò Hermione. Uscimmo dal dormitorio e percorremmo le scale. “Però…non ho molta fame…” sospirò la prima. Il prefetto le diede un pugno leggero sulla testa. “Tel’avevo detto io!” rimbeccò poi. Anna le fece la linguaccia e io sorrisi. Arrivammo in sala grande e cenammo tranquille. Mi girai qualche volta in direzione del tavolo insegnanti, dove Piton mangiava tranquillo. La Umbridge scambiata occhiatacce con la McGranitt. Finii tranquilla la mia bistecca con patatine, seguita da un pasticcino al cioccolato, poi rimasi a chiacchierare con le ragazze fino a che le portate sparino del tutto. Poi salimmo fino in dormitorio. Mi sedetti sul letto, mentre Anna sventrava il guardaroba. “Torni a dormire stanotte, vero?” le chiese Hermione, più come un ordine che come domanda. La ragazza alzò le spalle per risposta. Mi stiracchiai e balzai giù dal letto. Andai alla finestra, notando con piacere che nevicava ancora. Poi andai al mio baule. In un angolo, c’erano dei vestiti che non avevo ancora indossato da quando me li avevano portati puliti gli elfi domestici, almeno un mese prima. C’erano delle camicie bianche, dell’uniforme. Alcune primaverili, con le maniche a tre quarti, e altre con le maniche corte. Il vestito del Ballo del Ceppo, e della festa per il compleanno di Piton, era piegato e messo in un cellofan li vicino. Presi una camicia viola. Sopra ci misi un gilet senza maniche nero, di un tessuto elegante, e ancora una gonna viola scuro, quasi nero. Calze alla coscia viola e nere e le solite Converse viola, immancabili. Misi qualche spilla dei Green Day sul gilet e sistemai i due bottoni. Andai al bagno, non curandomi dei cuscini volanti tra le mie due compagne. Mi pettinai e misi meglio il fermaglio. Sistemai il bracciale con i teschi e l’orecchino. Mi guardai ancora allo specchio. Portai una mano sul ciondolo a forma di G della collana che mi avevano regalato i miei quando ero piccola. Un po’ come la medaglietta di Severus. Sospirai, fissando i miei stessi occhi nocciola. I capelli biondo castani mi arrivano sotto le spalle. Chissà come sarei stata tra due anni. Magari sarei rimasta la stessa ragazzina. Oppure sarei cambiata. Lasciai il ciondolo e portai senza accorgermene una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una mano. Poi la riportai dov’era, accortami del gesto che avevo fatto senza saperlo. Sospirai affranta. “Se solo avessi due anni in più…” sussurrai, triste. Uscii dal bagno e tornai in camera, andando davanti allo specchio ovale in un angolo. Era uno di quelli con il piedistallo per terra, in cui ci si poteva osservare per intero. Mi sistemai la camicia, poi feci una piroetta. “Certo che siamo cambiate eh…” disse d’improvviso Anna, portandomi alla realtà. “Dici?” chiese Hermione. Lei annuì. “Tu eri una bambina con i denti storti e i capelli a cespuglio…ora si sono appiattiti e i denti ti si sono accorciati…” osservò ancora Anna, riferendosi all’intervento di Madama Chips al secondo anno. “Spiritosa…e tu eri la ragazza con gli occhiali sempre sulla punta del naso perché le cadevano…e poi…eri la più bassa…” rimbeccò Hermione. Io risi. “Veramente lo è ancora…” commentai, perfida. Anna sbuffò. “Però dobbiamo ammettere che siamo diventate carine…o, almeno voi…” dissi. Herm mi tirò un cuscino. “Come dire che tu non lo sei! Siamo fiorite tutte e tre…dopotutto abbiamo sedici anni!” mi rimproverò. Sorrisi. “E se quel pipistrello gigante non ti sposa, lo uccido, giuro su Manson!” sbottò Anna, prendendo un altro lecca lecca al sangue dalla sua borsetta. “Non chiamarlo pipistrello gigante!” lo difesi, rubandole poi il dolce. Lei allungò le mani, ma io lo tirai su in modo che non ci potesse arrivare. “Herm!!! Giulia sfrutta la sua altezza anormale!” si lagnò. Il prefetto tossì. “Non sono io che sono anormalmente alta…sei tu che sei anormalmente bassa!” dissi, divertita. Hermione ridacchiò, mentre Anna sbuffò. Le diedi il lecca lecca, poi tornai a guardarmi allo specchio. “Inutile che ti guardi, stai benissimo…” sbottò Anna. Io sorrisi e mi misi la sciarpa. Mi infilai il cappotto, mettendo in tasca il pacchetto con il regalo per Piton, e dei dolci assortiti in una bustina. Poi presi l’mp3 e lo misi in un’altra tasca. Allacciai il cappotto. “Buon appuntamento!” mi augurò Hermione, con in viso un’espressione da “oh, la mia bambina sta crescendo”. “Non fatevi sorprendere dalla Umbridge! Ricorda: l’amore è cieco, ma il confettone no!” disse saggia Anna. Il prefetto le tirò un cuscino come punizione per la cavolata appena detta. L’altra ricambiò. Per non finire coinvolta, sgattaiolai fuori. Feci a grandi passi le scale, per poi arrivare in Sala Comune, che era vuota. Uscii salutando la Signora Grassa e percorsi la strada fino ai sotterranei. Oramai li conoscevo quanto la Torre di Grifondoro. Arrivai al suo ufficio e bussai. “Avanti…” disse. Un brivido mi percorse la schiena, e la pancia iniziò a farmi male. Queste sensazioni le provavo solo vicino a lui. Entrai richiudendomi la porta alle spalle. Come immaginavo, Severus era chino sulla scrivania. “Buonasera professore…” lo salutai. Lui alzò la testa e mi guardò. Arrossii. “Come mai il cappotto?” mi chiese, senza interesse. Io abbassai lo sguardo. “Mi aveva detto…che…saremmo usciti…a vedere la neve…” risposi, tormentando l’orlo del cappotto tra le dita. Piton rimase in silenzio. Non poteva essersene dimenticato. No, non ci credevo. “È ancora intenzionata ad uscire?” disse, acido. Io annuii. Lui sbuffò, riordinò le carte sparse sulla scrivania e mi guardò ancora. Poi si alzò e andò nella camera, tornando poco dopo con un mantello. Sembrava pesante. Io sorrisi. “Sia chiaro, appena incomincia a fare troppo freddo, torniamo dentro!” ordinò, severo. Annuii e battei le mani, felice. Raggiungemmo il giardino. Una volta arrivati fuori, iniziai a correre sotto i fiocchi di neve. “Poteva portarsi almeno un ombrello…” osservò Piton. Io risi alzando le braccia al cielo. “È più bello così!” risposi, tranquilla. Continuai a piroettare, finché persi l’equilibrio e caddi a sedere in giù. Vidi Severus scuotere la testa divertito. Un sorriso si era formato sul suo viso. Io mi tirai su e tolsi la neve da cappotto, gonna e calze. “Lei è davvero una ragazza strana…” commentò, raggiungendomi. “Oramai mi conosce…” precisai, sorridendo. Lui scosse ancora la testa sorridendo. “E poi, sono felice!” continuai, prendendo un po’ di neve e buttandola in aria. Ricadde leggera come i fiocchi. Risi. “Come mai?” chiese curioso Severus, osservandomi. Lo guardai negli occhi. “Sono felice perché lei è qui con me…” risposi. Vidi le sue guance colorarsi, per poi riconoscere in quegli occhi scuri un lampo di dolcezza. Mi avvicinai trotterellando, stando attenta a non cadere. “Le ho portato una cosa…dalla visita a Hogsmerade di oggi pomeriggio…” iniziai a dire. Piton mi guardò sorpreso. “Chiuda gli occhi!” gli ordinai. Lui mi guardò scettico. “Avanti!” lo incitai. Severus sbuffò e mi obbedì. Tirai fuori dal sacchetto la collana. “Apra le mani!” continuai. Lui non obbiettò e allungò le mani. Gli poggiai la collana. “Ora può aprire gli occhi…” conclusi. Piton li aprì e guardò dubbioso la collana. “Lo so che non porta collane e altre cose, però…questa…ha un significato particolare…vede…quando l’altra sera mi ha raccontato di sua madre, ho pensato che…ecco…” cercai di dire. Severus osservò il ciondolo. “Insomma, volevo donarle qualcosa che le facesse ricordare di me…ecco…anche se io non vado da nessuna parte…però…di questi tempi, non si sa mai cosa succederà in futuro…” spiegai, infine. Piton annuì. “È una collana magica…” sorrisi. La presi piano e la avvicinai alle mie labbra. “Severus…” sussurrai. Lui sobbalzò, sentendosi chiamare per nome. Come sapevo, i serpenti si divisero formando due collane. “Il cuore tornerà integro quando lei pronuncerà il nome della persona che…ama…” spiegai, arrossendo. Severus prese una collana e ne esaminò il ciondolo. “Non l’ho presa da Magie Sinister…” precisai, in caso lui avesse dubbi. Notai un’incisione su un lato del suo ciondolo. Anche Piton lo notò. “Severus…” lesse. Io sorrisi sorpresa. “Non c’era prima!” commentai. Lui guardò il mio ciondolo. Non c’era nulla. “Strano…” dissi, dubbiosa. “Devo pronunciare il nome a voce alta o posso anche solo sussurrarlo?” mi chiese il professore. Io lo guardai sbigottita. “Come preferisce…” sorrisi. Prese i due ciondoli e li avvicinò alla bocca, poi sillabò una parola. Mi passò il cuore riunito. Una dopo l’altra, le lettere che componevano il mio nome si tracciarono nell’argento, accanto a quelle del suo nome. Sorrisi, stupita e rossa in viso. Severus mi sorrise. “Tocca a lei signorina Wyspet…” disse, indicandomi il ciondolo. Io annuii e tornai a pronunciare il suo nome, in modo che i due serpenti si staccassero. Piton prese il suo ciondolo e si allentò il mantello. Si sbottonò la giacca e si allacciò la collana. Poi tornò a coprirsi. Slacciai il giubbotto, tolsi la sciarpa e misi a mia volta la collana. Mi ricoprii anche io. “Non sapevo questa cosa dei nomi…” sorrisi, timida. Severus mi guardava. C’era qualcosa nel suo sguardo. D’improvviso si avvicinò e mi abbracciò. “Non serviva che spendesse dei soldi per me…ho apprezzato il pensiero…non credo di meritami una ragazza tanto dolce…” mi sussurrò. Arrossii ancora di più. Ricambiai l’abbraccio, poi scossi la testa. “Posso…chiamarla per nome?” gli chiesi. Piton ci pensò su qualche minuto, poi annuì. “La cosa migliore che mi potesse capitare sei tu Severus…ti prego…non abbandonarmi…” dissi, ancora abbracciata a lui, con la testa affondata nella sua spalla. Sentii la sua mano accarezzarmi la testa. “Ti proteggerò, qualunque cosa accada…non voglio che questo orribile mondo ti contagi con le sue disgrazie…sei l’unica anima pura rimasta…una ragazza spontanea e solare…gentile e dolce…” rispose. Poi mi strinse ancora a se. Sorrisi. Mi resi conto che non serviva dire quelle due banali parole. Lui lo sapeva già. “Voglio stare con te…solo con te…tra due anni…sarò solo per te…” sussurrai ancora, alzando di poco lo sguardo. Avevo le guance in fiamme. Vidi Severus sorridere. Rimanemmo abbracciati per cinque, dieci minuti. Il tempo non sembrava mai abbastanza. Quando ci staccammo, avevo gli occhi lucidi. Però sorridevo. Ero felice. Come non mai lo ero stata nella mia vita. Alzai le braccia al cielo e piroettai su me stessa. Per poco scivolai, ma le mie Converse mi salvarono. Presi Piton a braccetto. “Se cade non la seguirò di certo!” sbottò acido, ma divertito. Gli sorrisi, trascinandolo avanti. “Adoro la neve!” dissi, entusiasta. “Io no…” rimbeccò lui, mentre un fiocco si posava sul suo naso. Io risi e glielo tolsi. Sentii un brivido lungo la schiena e tremai. “Ora che ha visto la neve, potremmo tornare dentro?” chiese, seccato e senza entusiasmo. Sbuffai e presi una manciata di neve. Piton si allontanò. “Non lo pensi nemmeno! Le annullo la E dell’interrogazione!” minacciò, guardandomi sospettoso. Io sorrisi e formai una palla di neve. La rigirai in mano indecisa. Alla fine, la buttai in aria. Mi spostai e si frantumò per terra, accanto al professore. Presi ancora della neve e ricominciai a maneggiarla. “Si diverte tanto eh?” esclamò Severus, guardandomi. Io annuii. Lanciai in aria anche questa palla, che però cadde un po’ troppo in la. Diritta sulla testa del professore. Lo guardai mortificata, però, vedendo la sua espressione, non potei fare a meno di ridere. “Le giuro che non ho fatto apposta!” mi scusai, anche se tra le risa. Piton si spolverò la neve di dosso, poi prese la bacchetta. Io mi allontanai. Con un gesto elegante, Severus alzò un cumulo di neve e la fece volteggiare sopra di me, poi la lasciò cadere. Finii seduta a terra, coperta di neve fino alla vita. “Ma così non vale!” rimbeccai. Severus ghignò compiaciuto. Gli feci la linguaccia. “Vuole una mano?” mi chiese, ancora divertito. Io scossi la testa, offesa. Presi dell’altra neve e ne feci una palla. Mirai e lo colpii su un braccio. Piton scosse la testa e subito un’altra massa di neve mi cadde addosso. Lo guardai arrabbiata e con le braccia incrociate al petto. Lui si avvicinò e mi tese una mano. “Avanti, si alzi…torniamo al caldo prima che le torni la febbre…” commentò. La accettai e mi alzai. Mi avvicinai e mi appiccicai al braccio suo destro. Rossa in viso, ma sorridendo. Sapevo che per ora mi sarei dovuta accontentare di abbracci e passeggiate innocenti sotto la neve. Ma mi bastavano. In attesa dei miei diciotto anni, quando finalmente, ci saremmo sposati. Andammo nel suo ufficio, dove mi offrì una cioccolata calda. Lasciammo il cappotto ed il suo mantello appesi vicino al camino. Ero seduta sul letto, che sorseggiavo la mia cioccolata calda. Piton aveva avvicinato la sedia e stava bevendo una tisana alle erbe. Notai il suo sguardo fermo in un punto. “Ha visto le mie spille?” sorrisi, mettendo giù la tazzina e iniziando a dondolare le gambe. Severus scostò lo sguardo con finta indifferenza. “Questa è la prima che ho comprato…” dissi, indicando quella dove c’era Billy Joe in mezzo a Tré Cool e Mike Dirnt. Il professore fece un cenno che sembrava un invito a continuare. “Poi c’è quest’altra, che mi ha regalato mia madre in un attimo di bontà, in giro per i mercatini babbani…” continuai, indicando quella dove c’erano le lettere I, un cuore a forma di bomba, come quello della copertina del cd, e G D. I love Green Day. “Infine, c’è la spilla con i tre membri del gruppo…” finii di illustrare. Severus annuì poco convinto. “Molta gente dice che i Green sono emo, ma io credo che sia vero punk…o almeno punk rock…se ascolta attentamente le canzoni, si posso notare delle certe influenze dei Sex Pistols…” osservai. Piton sorrise. “Se parlasse così anche nelle interrogazioni mi risparmierebbe fatica!” commentò, divertito. Io risi. “E sa l’ultima? Mia madre mi ha scritto, ha convinto mio padre a farmi andare al concerto a Londra quest’estate!” esclamai, battendo le mani entusiasta. “E tutto grazie alla sua E!” dissi ancora. Mi alzai e gli diedi un bacetto sulla guancia, poi tornai a sedermi. “Non deve ringraziarmi, sel’è meritato…” rispose Severus, le cui guance si erano colorate. “Mia madre mi ha mandato un articolo trovato su internet, che diceva che Billy Joe sceglie sempre uno spettatore tra la folla, lo fa salire sul palco e gli fa eseguire con la chitarra una loro canzone…poi regala a questo fortunato lo strumento…” raccontai, allegra. Piton annuì. “Se solo potessi essere io quello spettatore…” sospirai. Lui sorrise divertito. “Con la sua voce potrebbe benissimo salire su un palco…” osservò poi. Io arrossii. “Speriamo che Voldemort non decida di fare casino proprio prima del concerto… giuro che se combina qualcosa, lo strangolo con le mie mani!” sbottai, irritata. “Lo vede…siamo di due generazioni così diverse…” sospirò Piton. Io scossi la testa. “Abbiamo solo gusti musicali un pochino differenti…e comunque, a lei perdono il fatto che non le piacciono i Green Day!” precisai. “Quale onore!” rimbeccò sarcastico Severus. Io risi. Tornai alla mia cioccolata. “Devo essere sincero con lei signorina Wyspet…” iniziò a dire, serio. Lo guardai curiosa. “Devo ammettere che ho riascoltato il cd che mi ha fatto sentire l’altra sera…e devo dire che ho trovato orecchiabili alcune canzoni…” continuò. Gli occhi mi si illuminarono. “Quali?” chiesi, sorpresa. “Dunque…non le so dire i titoli…però…la traccia quattro…” iniziò a dire. Annuii. “Boulevard Of Broken Dreams…” dissi. “…la nove…” continuò. “Extraordinary Girl…” precisai ancora. “E la undici…” concluse. “Wake Me Up When September Ends…” sospirai. Piton mi guardò piacevolmente sorpreso. “Devo dedurre che sa a memoria ogni canzone…” osservò. Io scossi la testa. “Lei ha elencato due tra le mie preferite…poi la traccia quattro è facile da ricordare…” risposi, imbarazzata. “Qual è la sua preferita del cd?” mi chiese. Io ci pensai. “Non ne ho una preferita…dipende dagli stati d’animo…per esempio un po’ di tempo fa prediligevo quelle tristi…” spiegai. Il professore mi guardò curioso. “Nobody likes you...everyone left you...they're all out without you...having fun...” cantai. “Avevo preso ad ascoltare sempre Letterbomb quando la Umbridge ha iniziato con le sue punizioni…canticchiavo sempre l’inizio, ed Hermione saltava sulla sedia ogni volta…dice che assomigliavo ad uno spettro…” spiegai, divertita. Piton annuì. Lo guardai negli occhi. Poggiai la tazzina sul comodino, poi, con le braccia lungo i fianchi, sospirai. “Summer has come and passed, the innocent can never last…” cambiai canzone. Vidi il professore poggiare a sua volta la tazzina e chiudere gli occhi. “Wake me up when September ends…” continuai. Severus aveva accavallato le gambe. Adoravo la sua eleganza. Era presente in tutto quello che faceva, dal semplice movimento per prendere la bacchetta, alla camminata lenta. Continuai per qualche strofa, poi rimasi a guardarlo. Lui aprì d’improvviso gli occhi ed arrossii. “La sua voce ha un che di armonioso… rilassante…” osservò. Gli sorrisi, ancora imbarazzata. Ricominciammo a parlare. Discutevamo su ogni cosa ci capitasse. Libri, musica, poi mi chiese com’era andata la visita ad Hogsmerade. Gli feci un riassunto, accennando al piccolo scontro con Millicent. Mi piaceva conversare con Severus. Era un buon ascoltatore, ed inoltre, ci si poteva discutere in modo civile. Non usava parole rozze, al contrario dei miei coetanei, e non parlava sempre di Quiddich. Insomma, parlando si fece tardi. Fui costretta a riprendermi il cappotto, che Piton rimpicciolì in modo da facilitarmi, e lo salutai. Stavolta fu lui che mi scostò la frangia e mi diede un bacio sulla fronte. Gli sorrisi e mi incamminai al mio dormitorio. Ero nel corridoio appena superate le scale, vicino alla Torre di Grifondoro, quando sentii dei rumori. Pensai che si trattasse di Anna, così non mi preoccupai di nascondermi. “Ancora in giro? Cavolo Anna, certo che tu e Draco vi date da fare!” commentai. Nessuna risposta. Un brivido mi percorse la schiena. “A…Anna…dai non scherzare!” rimbeccai, con la voce tremula. Ancora passi. “Non è divertente! Sei tu vero? Anna?” la chiamai. Vidi qualcuno muoversi nel buio. Mi ricordai di aver lasciato la bacchetta nella borsa, in dormitorio. Arretrai di qualche passo. “Keith? Sei tu?” sentii chiamare. Il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire quella voce. Perché proprio quella sera. Perché proprio lui. Non risposi, impaurita. Iniziai a correre verso la fine del corridoio, ma i passi aumentarono e mi raggiunsero. Josh mi prese un braccio e mi fece fermare. Tremai di poco. “Ah…Giuly…sei tu…” commentò. Aveva un odore forte. “La…lasciami…” ordinai, senza sicurezza. Il ragazzo mi guardò, come perso. “Che sorpresa! Finalmente ti ho trovata da sola!” commentò, senza lasciarmi. “È tardi, devo tornare in dormitorio…” risposi, fredda. “Calma…non ti mangio mica! O almeno…non per ora…” sorrise Josh. Un brivido di orrore mi percorse da capo a piedi. “Cos’hai, tremi Giuly?” mi chiese. Io scossi la testa. “Hai forse paura di me?” chiese. “No…” riuscii a dire, con un filo di voce. Josh rise. “Hai paura di me?” ripeté. Scossi ancora la testa. “Avanti dimmelo…hai davvero paura di me?” disse ancora, spingendomi addosso alla parete. Solo allora i raggi della luna, filtrati da una finestra vicina, lo illuminarono. Josh aveva il cravattino slacciato, la camicia mezza sbottonata. Mi feci piccola piccola addossata alla parete. “Cosa fai in giro a quest’ora?” chiese, con un tono irritato. Non risposi, guardandolo negli occhi. “Sei andata a trovare il tuo innamorato?” continuò, avvicinandosi. Si abbassò in modo che fossimo faccia a faccia. Il suo fiato era pesante. “Josh…hai bevuto?” gli chiesi. Lui rise. “Qualche bicchiere di vodka…” rispose, divertito. Magnifico. Già era pericoloso di suo, figuriamoci ubriaco! “E ora rispondimi…” disse, tornando serio. Si avvicinò così tanto che pregai di poter trapassare la parete, per evitare un contatto tra di noi. “Non…c’è nessun innamorato!” sbottai. Il ragazzo mi guardò e scosse la testa. “Non dire bugie…Keith ti ha vista comprare un ciondolo oggi pomeriggio…non era nel tuo stile…” obbiettò, appoggiando le mani sul muro, ai lati della mia testa. “Tu non sai qual è il mio stile…” rimbeccai, infastidita. Per risposta, Josh mi prese per il gilet e mi strattonò. “Lasciami!” sbuffai, tentando di fargli mollare la presa. Il suo sguardo si fermò su qualcosa. Lasciò il gilet e tirò la catenina con il serpente ad anello. “E l’altro dov’è? L’hai dato a quel bastardo?” ringhiò, tirandola. “Non toccarla!” sbottai, arrabbiata. Riuscii a togliergli la mano dal ciondolo, ma in un attimo si liberò e mi prese il polso, girandomi e tirandomi a se. Quel dolore iniziava a tormentarmi la mente. Ecco il primo flashback. “Non ti dimenticare che ho un anno più di te Giuly…non mi fai nulla…”. Aveva ragione. Non riuscivo a fronteggiarlo. Per quanto ce la mettessi, non riuscivo a ribellarmi. Io. L’uragano di Hogwarts. “Il tuo profumo…fantastico…” sussurrò nel mio orecchio. Un altro brivido di orrore. Alzai la mano e senza accorgermene, mi girai di scatto e gli detti un ceffone. Il rumore risuonò in tutto il corridoio. Josh mi lasciò portandosi le mani alla guancia. Avrei dovuto scappare. Ma non ci riuscii. Le gambe mi tremavano. Avevo perso il controllo. Non riuscivo a pensare a nulla. Il ragazzo mi guardò. Sorrise. Le labbra increspate in una smorfia cattiva. E fu un attimo. Mi si avventò addosso. Avrei preferito aver a che fare con Millicent o con Pansy. Mi scaraventò addosso al muro, per la gioia della mia schiena. Scivolai fino a finire seduta a terra. Aprii la bocca per urlare, chiamare aiuto. Ma lui si inginocchiò davanti a me e mi mise una mano davanti. Cercai di liberarmi. Era come un incubo. Uno di quelli che non facevo più. Poi, d’improvviso, pensai a Severus. Josh mi guardò. Le mie mani stavano tremano, stingendo involontariamente il ciondolo. “Smettila!” gridò, cercando di sciogliere le mani. Iniziai a scalciare, ma lui evitò tutti i colpi. Però continuavo a scalciare. Infastidito, il ragazzo mi prese le caviglie e le strinse tra le mani. Si avvicinò, poi mi tirò a se. Bacino contro bacino. Tramavo ancora, incapace di reagire. “Allora Giuly, farai la brava?” chiese, iniziando a far salire la mano. Il ginocchio. Il cuore mi batteva a mille. Sentivo una strana sensazione. Era come se il ciondolo pulsasse fra le mie dita. Ora la mano era sulla coscia. Lo guardai negli occhi. “She's all alone again…” iniziai, in un sussurro. Lui mi guardò dubbioso. “Wiping the tears from her eyes…” continuai, alzando il tono della voce. Josh si guardò intorno, non capendo. “Some days she feels like dying…” proseguii, stavolta a volume molto più alto. “Stai zitta!” mi ordinò. Continuai a guardarlo negli occhi. “She gets so sick of crying…” dissi, quasi gridando. “Zitta!” urlò, tirandomi per il colletto della camicia con la mano libera. “She sees the mirror of herself…” continuai. Sentivo che continuando a cantare sarebbe successo qualcosa. Le mani ancora unite sul ciondolo, tremanti. “Vediamo se canti ancora…” sibilò, con gli occhi socchiusi in due fessure. Si appiccicò addosso a me, con la mano fissa sulla mia coscia. Iniziò a baciarmi sul collo. Mi sembrava una scena famigliare. Però. Dovevo continuare. “And image she wants to sell…” ripresi. Josh continuò. La lingua che percorreva il mio collo. L’altra mano che cercava di tirarmi giù la camicia. Ero schiacciata tra lui e la parete. E quell’odore di alcool. Non riuscivo a sopportarlo. “To anyone willing to buy…” cercai di dire, con voce tremula. Finalmente Josh si staccò. “Hai gli occhi lucidi eh?” mi canzonò. Non dovevo. Niente lacrime. “Ti odio” gli dissi. Il suo sguardo vacillò. Ritrasse la mano sulla mia coscia. “Non lo dire…” sussurrò. Io continuai a guardarlo con puro, meritato odio. Josh scosse la testa. “Smettila! Non è vero!” rimbeccò, come un bambino. “She gets so sick of crying…” conclusi, decisa. Il ragazzo alzò la mano. Chiusi gli occhi, pronta ad uno schiaffo. E invocavo il suo nome. Ogni volta che mi trovavo in pericolo, invocavo quel nome. “Ti proteggerò, qualunque cosa accada…”.

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Capitolo 13
*** Keep Holding On ***


Buonsalve *-* no, non vi ho abbandonati T_T chiedo perdonoh <3 ecco qua un aggiornamento come piccolo regalino natalizio :3 non è detto che io faccia passare ancora una settimana prima di aggiornare nè xD in questo cap abbiamo Keep Holding On e Innocence di Avril Lavigne :3

Avvertenze: occtudine, diabetanza, trelaxing time *^*

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
Buona lettura <3



13° Capitolo

Aspettavo inerme con gli occhi chiusi il colpo. Rannicchiata in un angolo come una bambola di pezza. Malmenata, costretta a servire il suo bambino capriccioso. Ma io non volevo essere una bambola. Non la sua bambola. Io ero solo di Severus. Nessuno mi avrebbe toccata fuorché lui. L’avevo giurato a me stessa, dopo il bacio del pensatoio. Eppure pensavo veramente di riuscire a mettere al tappeto un ragazzo più grande con qualche calcio? Certo, non ero stata impalata a tremare come al solito, ma non avevo concluso nulla. Cosa mi avrebbe fatto dopo avermi picchiata? Si sarebbe accontentato o avrebbe completato l’opera che aveva iniziato un anno prima? Un rumore mi distrasse dai miei pensieri. Notai che erano passati diversi minuti da quando avevo chiuso gli occhi. “Mi lasci!” sentii gemere. Ebbi paura di aprire gli occhi. Però il ciondolo era stranamente bollente. Non era certo la mia stretta a renderlo così. Alla fine mi decisi e li aprii. “Non sono ubriaco!” rimbeccò Josh. Piton lo guardò scettico. “Colto in flagrante signor Roberts…ubriaco, e intento a molestare una ragazza…” commentò seccato. Josh lo fulminò con lo sguardo. “Io non… non le stavo facendo nulla! Diglielo Giuly…” disse, inginocchiandosi e prendendomi una mano. Un brivido mi percorse la schiena. Cercai di parlare. La voce non usciva. Provai a liberarmi dalla sua stretta. Non volevo che mi toccasse. Guardai Severus supplichevole. “Dallo sguardo impaurito della signorina Wyspet non penso che lei sia d’accordo…” dedusse, acido. Josh si avvicinò. “Ti prego Giuly…avanti…digli che noi…” iniziò a pregarmi. Tossii. L’odore di alcool mi stava dando la nausea. “Stammi…lontano…” sussurrai. Lui sbarrò gli occhi. “Ha sentito? Avanti, si alzi…abbiamo una lunga camminata verso l’ufficio della professoressa Umbridge da fare…” ordinò Piton, freddo. Josh scosse la testa. “Sta delirando…non sono io che ho bevuto qui!” si inventò. Io lo guardai stupefatta. “Non dica sciocchezze…si alzi, non faccia storie…” rimbeccò seccato il professore. Josh ancora persisteva. “Ci stavamo solo…ecco…è normale! In una coppia…” iniziò a dire ancora. Una coppia?! Noi due?! Ma quanto aveva bevuto?! “Mi sto seriamente irritando signor Roberts…lasci immediatamente la signorina Wyspet e mi segua!” rispose Piton, con gli occhi chiusi in due fessure. Severus non era così stupido. “Ma è la verità! Erano solo effusioni!” continuò il ragazzo, deciso. “Le stava per dare uno schiaffo! Le sembra che la sua teoria possa reggere?” esclamò adirato il professore. “Non è affatto vero!” rimbeccò ancora Josh. Volevo solo che mi lasciasse in pace. Volevo buttarmi tra le braccia di Severus. Sentire il suo profumo avvolgermi. E non quell’odore di vodka. Più Josh si avvicinava, più i brividi di orrore aumentavano. “Dunque signorina Wyspet, è così?” chiese Piton, senza convinzione. Feci un respiro profondo. “Mi ha fermata…in corridoio…mi ha bloccata ad un muro…ha iniziato a dire cose senza senso…mi ha spinta e ho cercato di reagire…ha tentato di…” cercai si spiegare, senza riuscirci. Sentivo le lacrime arrivare. Non volevo piangere ancora. “Basta così grazie…ho capito…” mi fermò Severus, guardandomi in viso. “Non sono ubriaco!” commentò ancora Josh, abbracciandomi. Iniziai a dimenarmi, per togliermelo di dosso. Lo spinsi via e corsi al riparo dietro al professore. “La aspetta una dura punizione…” ghignò compiaciuto Severus, prendendo il ragazzo per un braccio. “In quanto a lei signorina Wyspet, torni in dormitorio…si faccia una lunga dormita…” concluse poi. Io annuii. “Grazie…” sussurrai. Mentre il professore iniziava a trascinare via Josh, io mi voltai e corsi verso i dormitori. Entrai in Sala Comune, stravolta. Mi buttai sulla prima poltrona che trovai. Mi rannicchiai con le gambe vicino al petto in un angolino. Ero arrabbiata. Anzi, furiosa. Avrei voluto reagire. Lacrime d’ira iniziarono a scorrere. Strinsi la collana in una mano. Quando sarebbe finita quella tortura? Sentii una mano posarsi sulla mia spalla. Sobbalzai. “Giulia…cosa fai qui?” chiese stupita Hermione. Dietro di lei, Anna. “Io…ecco…” iniziai a dire. “Ma…stai piangendo!” esclamò quest’ultima. “È successo qualcosa?” chiese allarmata il prefetto. “Ho…incontrato Josh…mentre stavo tornando qui…” risposi. Le due mi guardarono strabuzzando gli occhi. “Era anche ubriaco…e geloso marcio…” precisai, asciugandomi le lacrime. “Cosa ti ha fatto? Quel maledetto porco maniaco! Ma appena lo vedo gli spezzo tutte le gambe! E lo castro giuro su Manson che…” iniziò ad imprecare Anna. Hermione la zittì. “Mi stava per dare uno schiaffo…però Piton mi ha salvato…e Josh continuava a dire che ci stavamo solo coccolando… ovviamente Severus non gli ha creduto…” conclusi. Hermione strinse i pugni. “Quel…quel…quel…” cercò di dire. “Quel verme, idiota, porco, maniaco?” suggerì Anna. “Si!” rispose convinta il prefetto. Io scossi la testa e mi asciugai gli occhi. “Torniamo in dormitorio…è tardi, e poi sarai stravolta…” propose Hermione. Annuii e mi alzai. Lei ed Anna mi presero per mano e salimmo le scale. Arrivate in dormitorio chiudemmo la porta e mi buttai sul letto. “Quell’idiota mi ha lasciato l’odore di vodka sui vestiti…che schifo…” commentai, affondando la testa nel cuscino. Anna prese la bacchetta e, con un gesto, mi ripulì i vestiti, dandogli un odore di Arbre Magique. “Grazie ma…ora sembro un deodorante per auto gigante…” puntualizzai. Lei sorrise. “È muschio bianco! È il massimo che posso fare…” si giustificò poi. Io sorrisi. “Non so spiegarmi una cosa…come ha fatto Piton a sapere che eri in pericolo?” chiese dubbiosa Hermione, guardando fuori dalla finestra. “Non lo so…” sospirai sincera. “Hai fatto qualcosa di strano? Hai urlato?” chiese Anna. Io scossi la testa. “Il ciondolo era bollente nelle mie mani, poi ho sentito che dovevo cantare…” spiegai. Le due mi guardarono sorprese. “Non so perché…però ho cantato…e un po’ mi è tornata sicurezza…” descrissi. Il prefetto annuì. “Devo fare alcune ricerche…” commentò poi. Io sorrisi. “Ora basta domande! Sarai stanca no? Mettiti a letto e non pensarci…” disse secca Anna. Io annuii e mi cambiai. Quando fummo tutte e tre sotto le coperte Hermione spense la luce. Nemmeno Billy Joe era nei paraggi. Allungai una mano e presi Mistery. Era un peluche firmato Emily The Strange, di una gatta tutta toppe e cuciture rosa e viola, che mi aveva regalato mia madre prima che entrassi ad Hogwarts. La strinsi a me. Sbuffai e chiusi gli occhi. Chissà se Josh era stato punito come meritava. A ripensarci mi affiorò una rabbia incontrollabile. Strinsi una zampetta del peluche tanto da farmi sbiancare le nocche. La lasciai poco dopo. “Scusa Mistery…sono un po’ nervosa…” le sussurrai. I suoi occhi sembravano rispondermi. Sospirai, girandomi a pancia in su. Chiusi ancora gli occhi. Tornai con la mente a prima del brutto incontro. Anche stavolta, Piton aveva mantenuto la sua promessa. E finalmente, un sorriso apparve sul mio volto. È approfittando di quel momento di svelta felicità che la stanchezza vinse. Senza avere il tempo di pensare ad altro, mi addormentai. Mistery tra le mie braccia, a sostituire il professore. Unica persona che avrei voluto avere al mio fianco in quel momento.
Sentii un peso allo stomaco. Proprio in senso pratico. Tastai con la mano e trovai una massa pelosa. Aprii gli occhi piano. “Mamma mia Billy quanto pesi!” sbottai, alzandomi a sedere e prendendo in braccio il gatto. Lui miagolò offeso. “In effetti sia lui che Grattastinchi sono diventati belli grossi…” commentò Hermione, intenta a sfogliare un catalogo annoiata. “Nemmeno James è da meno…altro che gatti, bisonti…” completò Anna, uscendo dal bagno. I tre felini la guardarono in modo truce. Risi. “Come stai?” mi chiese il prefetto. “Ho dormito bene…” sorrisi. “Bene! Vuoi un lecca lecca?” chiese Anna. Scossi la testa. La vidi frugare nella borsa e buttarsi in bocca una caramella. “Quante ne hai mangiate?” sbottò Hermione, chiudendo il giornale. Anna fischiettò. “È la prima da quando mi sono svegliata…” rispose innocente. Il prefetto la guardò male, ma lei continuò a fare l’innocente. “Che ora è?” chiesi, alzandomi e poggiando Mistery sul comodino. “Mezzogiorno passato…siamo giuste per il pranzo…” commentò irritata Hermione. Io la guardai stupita. “E la sveglia?” chiesi. Anna ghignò. “La nostra cara amica ha pensato bene di spegnerla…” rispose il prefetto, cercando di mantenere la calma. Una delle cose da evitare con Hermione, era appunto spegnere la sveglia. Una punizione del confettone in confronto alla sua ira è nulla. “E non ridere!!!!” urlò poi, tirando il giornale ad Anna. Questa lo evitò. “Su Herm! Ho pensato che a Giulia sarebbe piaciuto dormire un po’ di più…tanto i compiti li hai già fatti, quindi…” si giustificò. “Non tirarmi in mezzo…” precisai, divertita. Presi una felpa e una gonna e mi cambiai. Hermione costrinse Anna a scusarsi. Questa le diede una caramella in segno di pace. Finito di prepararmi, scendemmo in Sala Grande per il pranzo. Non avevo molta fame, così presi una brioche e la intinsi nel cappuccino. Vidi Luna avvicinarsi al tavolo, per poi essere spinta da un ragazzo famigliare. La ragazza cadde a terra. “Sei cieco o cosa?” sbottò Anna. Mi alzai ed andai ad aiutare la ragazza. “Tutto bene? Ti sei fatta male?” le chiesi. “No…grazie Giulia…” sorrise lei, con aria pacifica. Intanto Keith si era incollato ad Anna come una formica con il miele. “Stammi lontano! Non voglio vederti! Non voglio nemmeno percepire la tua presenza!” gli gridò contro lei. “Come mai venivi di qui?” chiesi, a Luna. Lei mi guardò, poi sobbalzò. “Volevo chiederti come stai…ho sentito che Josh è tornato ad importunarti…” spiegò. “Hey Lunatica, non si origliano le conversazioni altrui!” ringhiò Keith. “Non chiamarla così!” rimbeccai, infastidita. “Perché, altrimenti che fai, inizi a cantare?” mi prese il giro. Anna lo spinse via. “Non prendere in giro Giulia! E nemmeno Luna! Sono mie amiche! Di te non ne voglio più sapere! Sei solo una seccatura!” disse poi. Keith la guardò dispiaciuto, poi fulminò me e la Corvonero. Io gli sorrisi compiaciuta. “Vai!” gridò Anna, indicandogli il suo tavolo. Lui sbuffò e mi passò vicino. Gli feci lo sgambetto, e Keith cadde lungo e disteso a terra. Tutto il tavolo di Grifondoro scoppiò a ridere, e anche Luna. Il ragazzo tagliò la corda per tornare dai suoi amici. “Grazie ragazze…” disse ancora la bionda. “Di nulla cara…” sorrise soddisfatta Anna. Rimase a parlare con noi fino alla fine del pranzo. Accompagnai le ragazze per un pezzo, poi tornai indietro verso i sotterranei. Bussai alla porta dell’ufficio. Sentii della musica famigliare provenire dall’interno. You're not alone, together we stand, I'll be by your side, you know I'll take your hand, when it gets cold and it feels like the end. Bussai ancora, iniziando a riconoscere la canzone. Non sentii alcuna risposta, così, aprii la porta ed entrai. Severus era alla scrivania, lo sguardo fisso su un foglio. “Keep holding on, 'cause you know we'll make it through, we'll make it through…” iniziai a cantare, per vedere qualche sua reazione. In un primo momento rimase indifferente, poi sobbalzò e si voltò. Sorrisi. “Da quanto è li?” mi chiese, cercando di ricomporsi. “Da pochi minuti…” dissi. Lui non mi rispose. “Non volevo disturbarla…” precisai. “Oramai so che potrebbe piombare qui da un momento all’altro…non serve che si scusi…” rispose, acido. Annuii e mi avvicinai alla scrivania. Piton mi squadrò. “È andata da Madama Chips?” mi chiese. Io scossi la testa. “Ho dormito fino a tardi…comunque sto bene, danni emotivi a parte…” sospirai. Rimasi a guardarlo per qualche minuto. “Signorina Wyspet, si sieda per favore…” chiese, in tono grave. Io obbedii, portando la sedia accanto alla sua. “Dunque…le devo riferire che il signor Roberts è stato messo in punizione…” iniziò a dire. Io sorrisi. “Aspetti, c’è anche un lato negativo…sono riuscito a convincere la preside Umbridge a non punire anche lei…” continuò, rabbrividendo al pronunciare di quel nome. Io lo guardai stupefatta. “A quanto pare, lei era in giro dopo il coprifuoco, incentivo abbastanza grave da garantirle almeno trenta frasi…certo, per quella donna è più importante una studentessa che trasgredisce una regola che un altro ubriaco che va in giro a molestare le coetanee…logico no?” proseguì irritato. Io annuii. “Sono riuscito a far si che la preside chiudesse un occhio su questo particolare, però devo avvertirla che le abbonerà le trenta farsi la prossima volta che la sorprenderà in altri fatti che violano eventuali decreti…” concluse. Tirai un sospiro di sollievo. “Grazie mille professore! Ma dico, quella donna i neuroni li ha venduti per delle caramelle?!” sbottai infastidita. Vidi Severus accennare un sorriso. “Per tanto, sono costretto a chiederle un favore…” disse subito, mentre il minuscolo sorriso svaniva. Annuii. “Da d’ora in poi, non esca dal suo dormitorio…la sera se ne stia a leggere in Sala Comune o a far comunella con la Haliwell e la Granger, ma nei limiti della Torre di Grifondoro, siamo intesi?” spiegò. Io ci misi qualche minuto a realizzare ciò che mi aveva chiesto. Intanto Avril continuava a cantare, con When You Are Gone. “Lei mi sta chiedendo di non venirla più a trovare?” chiesi, ancora stupita. Piton annuì. Abbassai lo sguardo. “Non mi chieda questo…la prego…” dissi triste. “È l’unica soluzione signorina Wyspet…non uscendo di sera non potrà incontrarlo…” sintetizzò, secco. Io scossi la testa. “No! Io so difendermi da sola!” rimbeccai, stringendo i pugni. “Ho visto la sua efficienza…già due volte ha rischiato, vuole forse che la prossima sia quella decisiva?” commentò, sarcastico. “Prenderò da parte Josh e gli parlerò! Gli dirò che deve lasciarmi stare…” iniziai a dire. Severus battè una mano sulla scrivania facendomi sobbalzare. “Non ci pensi nemmeno! Non si deve nemmeno avvicinare a quell’individuo!” rimbeccò. Io sospirai. “Se non avessi accettato di uscire, ieri sera non sarebbe successo nulla!” disse poi. Possibile che Severus si sentisse in colpa? “Non dica stupidaggini! Non è colpa sua! Sono io che l’ho pregata perché mi accompagnasse…lei è stato davvero gentile…” lo corressi, arrossendo. Lui non rispose. “Posso chiederle una cosa?” dissi, timida. Piton annuì. “Come ha fatto a sapere che avevo…bisogno di…lei…” chiesi, finendo in un sussurro. “La collana che mi ha dato…ad un tratto è diventata bollente…” rispose. Si girò in modo che non riuscissi a vedergli il viso. “Ho sentito che mi chiamava…e la canzone…” concluse. Io arrossi ancora. “Grazie…” sussurrai. “È mio dovere…” rispose svelto Piton. “Sono fortunata…ad avere un uomo così premuroso al mio fianco…che mantiene le promesse…” sorrisi. Il professore era ancora voltato dall’altra parte. Probabilmente anche lui era arrossito e non voleva che lo vedessi. “Comunque non cambio il mio ordine…non voglio più vederla qui dopo il coprifuoco, intesi?” disse, severo. Io tornai ad abbassare lo sguardo. “Non faccia così…non è una tragedia…” commentò, guardandomi. Mi vennero gli occhi lucidi. Piton non rispose. Forse non si aspettava una reazione così drastica. “Signorina Wyspet, avanti! Non trovo che ci sia motivo per piangere!” sbottò. Scossi la testa. “Voglio venire a trovarla…” sospirai. “Se proprio ci tiene può venire nel fine settimana…il sabato e la domenica, di pomeriggio…” propose. “A me piaceva uscire la sera…la neve, le chiacchiere vicino al camino…” spiegai triste. “Ora la smetta di piangere…appena questa situazione si risolverà, potrà venire qui quando vuole, ma nel frattempo, è meglio se la sera se ne sta nel suo dormitorio…” rispose. Non dissi nulla. “Non le ho proibito di venire qui fino alla fine dell’anno…ci vedremo nei fine settimana…” precisò. Sospirai. “È per il suo bene…oppure vuole una punizione dalla Umbridge?” chiese. “Se è per vederla ogni giorno sono disposta a sopportarla…” risposi. Piton scosse la testa. “Cosa devo fare con lei signorina Wyspet? Come la posso convincere che è solo perché non voglio che ricapiti l’episodio di ieri sera?” commentò, esasperato. “Lo so che lo vuole fare per me…però…se non vengo più tutte le sere ho paura che pian piano non mi vorrà più bene come ora…” spiegai, imbarazzata. Severus sorrise. “Mi guardi signorina Wyspet…” ordinò. Esitai. “Mi guardi…” ripeté. Alzai la testa e lo guardai negli occhi. “Per colpa sua non riesco più a stare in silenzio in quest’ufficio…non ho più privacy, e della pace non ne parliamo!” iniziò a dire. Non sapevo se fosse un complimento. “E devo ammettere che quando berrò un tè penserò a lei, l’unica ragazza che osa inzuppare dei biscotti al cioccolato in tale bevanda…” continuò. Feci un piccolo sorriso. “Quello che le voglio dire è che non smetterò certo di volerle bene solo perché ci vediamo di meno…” concluse. “Davvero? Me lo promette?” lo pregai. “Inutile promettere…lo sa benissimo che farà abbastanza chiasso a lezione…” commentò acido. “Lo prometta!” rimbeccai, seria. Severus sbuffò esasperato. Lo guardai supplichevole. “Signorina Wyspet, le prometto che continuerò a volerle bene…e ora, la smetta di piangere e mi sorrida…” rispose. Sorrisi un po’ confortata. “Ora, fili a fare i compiti!” esclamò, facendo un gesto con la mano per scacciarmi. “Ma come? Non posso stare qui con lei?” chiesi, stupita. “Assolutamente no! La conosco oramai! Troverebbe qualche stratagemma per rimanere qui fino a cena, e poi, nonostante io le abbia ordinato una cosa, la troverei qui appena scattato il coprifuoco…” rispose, arcigno. Io lo guardai innocente. Piton scosse la testa. “Allora…ci vediamo sabato prossimo…” dissi, un po’ dispiaciuta, alzandomi. Lui annuì. Andai alla porta e lo salutai con la mano. Poi uscii. Subito aprii di poco la porta e infilai la testa nella stanza. “Mi vuole ancora bene professore?” chiesi. Piton sbuffò. “Si signorina Wyspet…” commentò esasperato. Richiusi la porta, poi ripetei la scena di prima. “Professore…” iniziai a dire. “Si!!!” esclamò ancora lui, senza lasciarmi finire. Chiusi la porta e, non contenta, replicai. “Se la vedo ancora una volta comparire da dietro quella porta, giuro che le vieterò di entrare in quest’ufficio fino alla fine dell’anno!” rimbeccò, infastidito. “Va bene! Volevo solo controllare…” sorrisi, chiudendo ancora la porta. Stavolta iniziai a camminare per i sotterranei. Li percorsi fino ad uscire, poi andai alle scale, diretta in dormitorio. O almeno, inizialmente era la mia meta. Per strada però, incontrai una ragazza famigliare. “Ciao Giulia! Torni già di sopra?” mi chiese Hermione. Io annuii affranta. “Sono stata da Piton…la Umbridge ha punito Josh e per poco puniva anche me…” riassunsi. Il prefetto sbuffò indignata. “In più Piton ha detto che è meglio che non vada da lui di sera…potrò andarlo a trovare solo nel week end, ed esclusivamente di pomeriggio…” conclusi, depressa. Herm mi battè una mano sulla spalla. “Stai andando in Sala Comune quindi?” chiese. Io annuii. “Non ti conviene…i gemelli stanno facendo chiasso più del solito…se vuoi stare tranquilla, la Sala Comune è l’ultimo posto in cui puoi andare!” spiegò, irritata. “Capito…grazie Herm…tu dove vai?” chiesi, a mia volta. “Biblioteca…considerando che Mary Kate è di sopra, non avrò la visione sua e di Zabini che pomiciano…così almeno riuscirò a fare i compiti in pace…” disse, con sguardo soddisfatto. Sorrisi. Lei mi guardò, poi sobbalzò. “Ho trovato! Puoi andare nel bagno dei prefetti…così ti rilassi in un mare di bollicine…” propose. Io la guardai stupita. “Te lo meriti… e poi quei bagni sono l’unico posto in cui la Umbridge non ha messo lo zampino…” sorrise. Io annuii e la abbracciai. Mi disse la parola d’ordine, poi la salutai e mi precipitai alla mia nuova meta. Dissi la parla d’ordine, ed entrai. Era la prima volta che entravo nel bagno dei prefetti. La prima cosa che notai fu la grande vasca, al centro della stanza. Ed intorno ad essa, erano posizionati un’infinità di rubinetti d’oro, ognuno con una diversa pietra preziosa incastonata nel pomello. Alle finestre c’erano tende di lino bianco, mentre davanti alla vasca, in una vetrata, seduta su una roccia, mi sorrideva una bellissima sirena bionda. Le sorrisi a mia volta. I candelieri usati per illuminare la stanza creavano un’atmosfera speciale. Infondo, notai degli asciugamani puliti. Aprii un rubinetto e ne uscì della semplice acqua calda. Ne aprii un altro, e del bagnoschiuma viola iniziò a spargersi nella vasca. Divenne schiuma in poco tempo, emanando un buonissimo profumo di viole. Provai ad aprirne ancora uno, e ne uscirono tantissime bolle colorate. Sentii la temperature dell’acqua con una mano. Bollente, come piaceva a me. Chiusi tutti i rubinetti. Tolsi la felpa e la gonna, piegandole vicino agli asciugamani. Presi la bacchetta e richiamai un fermaglio. Mi tirai su i capelli, anche se il solito ciuffo di frangia in mezzo agli occhi persisteva. Mi tolsi le calze e la biancheria. La trasfigurai da sporca a pulita, e la riposi vicino agli altri vestiti. Entrai piano nella vasca. La schiuma mi avvolse fino al collo. Le due collane immerse nell’acqua. Avevo imparato che i gioielli di Astrid erano resistenti a tutto, così li tenevo anche mentre facevo il bagno. Non occupavo nemmeno metà della vasca. Chissà come sarebbe stato avere Severus li con me. Tra le bolle ed i candelabri. Con la sirena bionda che vegliava su di noi. Arrossii a quei pensieri. Decisi che nella mia futura casa ci sarebbe stata una vasca da bagno. Non necessariamente gigantesca come quella, però ci doveva essere. Rimanere ore immersa, con il mio professore. Mi abbandonai all’atmosfera e, senza accorgermene, iniziai a cantare. “This innocence is brilliant, it makes you want to cry…” dissi. Chiusi gli occhi e il profumo invase i miei sensi. Portai una mano al ciondolo. Forse ero davvero ancora una bambina. Avevo bisogno di qualcuno da cui farmi proteggere. Era possibile che mia madre avesse ragione. Ero troppo ingenua per quel mondo. “This innocence is brilliance, please don't go away, cause I need you now…” continuai. Male, odio, rivalità, potere. Invidia, gelosia, violenza. Forse dovevo essere difesa da queste cose. Quell’estate, feci una chiacchierata con mio padre. Mi disse che se ci fossero state più persone spontanee e innocenti come me, il mondo sarebbe stato un posto migliore. “And I'll hold on to it, don't you let it pass you by…” proseguii. Gli risposi che non c’era abbastanza amore nel mondo. Amore per il prossimo. Tra ricchi e poveri. Amici e nemici (si, infondo un po’ di bene a Millicent e Pansy lo volevo!). Eppure ero convinta che l’amore avesse la meglio su tutto. Harry ne era un pieno esempio. Sua madre l’aveva protetto con il suo amore. “It's so beautiful it makes you want to cry…” dissi, prendendo della schiuma e poi soffiandola in aria. Risi. Aprii gli occhi e mi immersi fino al collo nell’acqua calda. La schiuma mi solleticava il naso. Ripensai a cinque anni prima. A quanto ero ansiosa e preoccupata. La mia timidezza sul treno. Andai addosso a metà studenti più grandi. Me lo ricordavo come fosse stato il giorno prima. Cercavo uno scompartimento libero ed andai addosso ad una bambina. Caddi a sedere per terra. Ero terrorizzata dall’essere da sola e così, dispiaciuta per l’ennesimo guaio, scoppiai a piangere. Anna, una bambina mingherlina che assomigliava ad una bambolina gotica, mi aveva guardato stupita. Aveva tirato fuori una caramella e, in panico, aveva cercato di farmi smettere di piangere. Io accettai e le sorrisi. Mi raccontò che suo fratello era al quarto anno, e che stava andando più lontano possibile da lui. Così andammo alla ricerca di uno scompartimento libero. Trovammo Harry e Ron. Il primo, lo conoscevamo già di fama, riconoscibile dalla cicatrice a forma di saetta. Verso la fine del viaggio, dopo esserci cambiate, incontrammo Hermione. All’inizio fu difficile stabilire una vera amicizia, però entro la fine dell’anno ci avvicinammo. Ecco come nacquero i Tre Uragani di Hogwarts. Sorrisi, ricordando la piccola Herm con i capelli a cespuglio e la sua parlantina saccente. Ed Anna, con quegli occhiali che le cadevano sempre sulla punta del naso. Poi le sere passate a mangiare caramelle, contornate da storie paurose. Leggende e miti. Hermione ne sapeva a dozzine. Era da molto tempo che non stavamo tutte assieme. Da quando Anna si era fidanzata con Draco, ed io avevo iniziato ad andare da Piton ogni sera. Già, il mio professore. Fu il primo che vidi quando entrai nella Sala Grande. All’inizio mi fece un po’ paura, però, istintivamente gli sorrisi. Lui mi guardò con superiorità e indifferenza. Rimasi delusa nel sapere che fosse il Capocasata dei Serpeverde. Il mio smistamento fu veloce ed indolore. Ero tra gli ultimi. Camminai nervosa fino allo sgabello. Quello che mi disse il cappello mi rimase impresso. “Dunque, cos’abbiamo qui? Mmm…che grinta! E che coraggio vedo! Hai un cuore puro ed innocente…senza dubbio, Grifondoro!” esclamò. Tirai un sospiro di sollievo e trotterellai dalle mie amiche. Si, ci voleva proprio una bella serata tra ragazze. Con il buon vecchio gioco di verità o conseguenze. Sorrisi ancora. Quei piccoli momenti di divertimento. Non chiedevo nulla di più. Avevo delle amiche fantastiche. Una famiglia che mi voleva bene. Rendimento scolastico sopra la media. Ed un uomo che si prendeva cura di me. Qualcuno a cui avevo donato il mio cuore, e che ora lo teneva in una campana di vetro, lontano da tutto, solo per lui. Un piccolo tesoro da godersi. Mi tornarono alla mente quegli occhi. Neri, come il cielo notturno, e profondi, come l’anima di quell’uomo. Il professore che aveva subito mille torti, commesso sbagli, ma che infondo era un uomo buono. Quel naso un po’ pronunciato, ma che io trovavo estremamente attraente. E le labbra. Quelle che mi avevano regalato il bacio più bello della mia vita. Quelle mani così calde, che trasmettevano un’energia che arrivava al cuore. Quanto avrei dato per poterlo stringere a me nel sonno. Come in quei momenti fortuiti. Eppure, anche solo vederlo sorridere mi rallegrava. Il suo sguardo mi illuminava, e avevo voglia di sorridere anche io. Perché sapevo che Severus non sorrideva ad ogni persona, e che era una cosa solo per me. Sarebbe stata una settimana dura. Però dovevo farcela. Avrei vissuto quei giorni pensando che sabato l’avrei visto. Confrontandoli agli anni passati, mi sentii un po’ fortunata. Mi accorsi di essermi innamorata di lui alla fine del primo anno. Ero ancora una bambina quando vidi la nostra immagine nello Specchio delle Brame. E non capii. All’inizio del secondo anno iniziai ad arrossire ogni volta che mi interpellava. Con il passare del tempo peggiorai, però mi decisi a reprimere questo sentimento. Così uscii con qualche ragazzo. Fino a che un Corvonero mi chiese di uscire, dopo il Ballo del Ceppo, l’anno prima. Io accettai e, dopo una settimana, mi misi con Josh. Un mese dopo, lo mollai. Il mio amore per Severus ebbe la meglio. Non mi sembrava giusto ingannarlo. E poi, il pensatoio. Il bacio. La promessa. Strinsi in una mano il ciondolo. Se solo quei due anni fossero volati. Avrei potuto svegliarmi ogni mattina con Severus al mio fianco. Preparargli pranzo, cena e colazione. Stare con lui in veranda, nelle notti estive, magari con qualche bambino che schiamazzava in giardino. Eveline. Mi piaceva come nome. Oppure Violet. Poi, nelle sere d’inverno, infilarsi sotto le coperte ed abbracciarlo. Scaldarsi a vicenda. Non mi interessava di sposarmi ad appena diciotto anni. Mi sarei sposata anche in quel preciso momento, se non fossi stata una studentessa. Sospirai e tirai la testa indietro. Mi abbandonai ai pensieri, cullata da quel profumo inebriante e l’atmosfera rilassante. Solo quando mi accorsi di avere la pelle d’oca, uscii. Appena mi avvolsi l’asciugamano, l’acqua e le bollicine sparirono. La vasca era tornata pulita. Mi asciugai e mi vestii. Guardai l’ora. Erano le sette in punto. Decisi di andare diretta in Sala Grande, per la cena. Poi avrei passato la serata a chiacchierare con Hermione o a leggere. Per strada incontrai le mie due compagne di camera. Il tavolo era già pieno e i cibi erano appena comparsi. Fu un pasto abbastanza tranquillo, tra racconti su come avevamo trascorso il pomeriggio e battute. Fummo le ultime a lasciare la Sala Grande per tornare alla torre. Anna aveva deciso di stare con noi quella sera. Probabilmente per non farmi pensare a Piton. Quando arrivammo in Sala Comune ci avvolte un’atmosfera di sconforto. Nemmeno una mosca volava, e tutti gli studenti erano spaparanzati sui divani. C’era Neville che guardava nel vuoto. “Avanti gente! Cos’è questo mortorio?!” esclamò Anna. Alcuni alzarono la testa. “Abbiamo finito i passatempi… questo regime ci uccide!” rispose Ginny. Anna sbuffò esasperata. “Se non possiamo uscire, perché non facciamo festa qui? Il confettone è lontano, un po’ di allegria!” propose. Io annuii. “Ha ragione lei! Non vi riconosco più, siamo o no Grifondoro? E allora, facciamo un po’ di casino!” li incitai, battendo le mani. Fred e George si alzarono. Hermione scosse la testa divertita. George tirò fuori la bacchetta e fece comparire un tavolo per mix. Vi si posizionò dietro insieme al fratello. “E ora, musica!” dissi. Fred trasformò le tremolanti candele in luci intermittenti. “Come vuoi madmoiselle!” rispose galante George, iniziando a trafficare. Subito una canzone house partì a tutto volume per la stanza. “Che roba è?! Abbiamo richiesto musica!” rimbeccò Anna. Fred sorrise  e cambiò canzone. Get the Party Started, di Pink. “Così va meglio! Thanks Fred!” lo ringraziò la ragazza. Tirai un urlò di incitamento ed andai a tirare su dalle poltrone quelli che guardavano incerti la scena. Con un colpo di bacchetta, Ginny spostò in la le poltrone. Gli studenti a poco a poco si riunirono nello spazio libero. Io ed Anna ci guardammo soddisfatte. “E io che volevo leggere stasera!” esclamò divertita Hermione. Risi e la spinsi nella mischia. “Dai ragazzi! Ballate fino allo sfinimento! E…abbasso il confettone rosa!” gridò Fred, alzando in aria una mano a mo di Dj. Intravedemmo Harry e Ron mischiarsi agli altri. Il secondo, con movimenti goffi, cercava di ballare decentemente. Invece il primo, aveva iniziato a muoversi vicino a Ginny. Mary Kate ballava ondeggiando vicino a Lee Jordan. “Gridate con noi! Destination unknown, follow me and lets go!” esclamò Fred in coro con il fratello, sovrastando la musica. Si formò un unico coro. Perfino Anna cantò a ritmo dance. Ecco finire all’unisono le voci e la canzone. Una voce fece sobbalzare i ragazzi: Avril iniziava la sua Girlfriend. Le ragazze iniziarono ad atteggiarsi e a ridere tra loro. i ragazzi, le guardarono indecisi. “Per evitare una strage, aboliamo questa canzone!” disse George, cambiando. I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo. Ballai con le mie amiche al fianco per ancora qualche canzone, poi mi buttai su una poltrona per riprendere fiato. Guardai Hermione ed Anna muoversi in pista. Neville agitarsi accanto a Mary Kate. Ron cercare di raggiungere Herm. E Harry venire verso di me. “Stanca?” mi chiese, sedendosi nella poltrona vicino. Io annuii. “Eppure siete voi che avete creato questo casino…” sorrise, divertito. “Modestamente…io e Anna siamo imbattibili a creare cose così…dovremmo fare le animatrici…” risposi, con fare modesto. Harry rise. “È da un po’ che non rallegravate l’atmosfera…di solito tu ed Anna vi dileguate sempre dopo cena…” osservò, muovendo la testa a ritmo. Io scossi le spalle. “Impegni vari…” dissi, tranquilla. Harry mi guardò. “Come stai?” mi chiese ancora. Rimasi stupita da quella domanda. “Bene…perché?” dissi, curiosa. “Ho sentito che Josh ti sta tormentando…mi dispiace…non te lo meriti…” spiegò, evitando il mio sguardo. “Gra…grazie…” lo ringraziai, ancora più stupita. Lui scosse la spalle. Tra le luci intermittenti notai un leggero rossore sulle sue guance. “Sei una ragazza gentile e dolce con tutti…” disse, poi. Rimasi a bocca aperta. Stavo per rispondergli, quando si sentì una chiamata. “Ed ora, Anna e Giulia, si rechino qui vicino a noi! Per una bella danza della giungla!” disse Fred. Anna vene a prelevarmi per poi trascinarmi da loro. I Like To Move It, Move It. “Avanti, muovetevi ragazze!” ordinò George, imitando una mossa con il sedere. Le nostre compagne non sembravano molto convinte. Guardai Anna. Imitammo George, iniziando a muovere il sedere a tempo, mentre giravamo su noi stesse. I gemelli iniziarono ad imitare il cantante, così, poco a poco, le ragazze si sciolsero. Mary Kate iniziò a fare a gara con Lavanda, e Ginny trascinò con se Hermione. Fred abbandonò la sua postazione e venne a ballare con me, mentre George con Anna. Un po’ di coppiette casuali ci imitarono. Aveva iniziato a fare davvero caldo. E Fred ballava davvero bene. Però. C’era sempre quel pensiero che mi tormentava. Chissà cosa stava facendo Severus in quel momento. Anche se avevo la testa da un’altra parte, il mio corpo si muoveva. Non mi accorsi nemmeno del cambio di canzone. Anche perché Fred continuava a starmi addosso. Dopo aver ballato con Josh, il gemello Weasley era molto meglio. “A cosa pensi?” mi chiese, ad un certo punto. Tornai alla realtà dopo qualche minuto. “A…nulla…” risposi. Fred sorrise. “Sicura? Sembra che tu abbia la mente da tutt’altra parte!” osservò divertito. “Vorresti dire che ballo male?” chiesi, finta offesa. Lui scosse la testa. “Stai pensando al tuo innamorato?” tentò di indovinare. Sbuffai. “Perché tutti dite che ho un innamorato! Non c’è nessuno!” commentai, irritata. Fred rise per nulla convinto. Ballai fino alla fine della canzone, poi mi precipitai alla poltrona più vicina. Chiusi gli occhi e mi asciugai la fronte con il dorso della mano. Dopo essermi riposata, ballai ancora, per non pensare. La festa improvvisata finì alle undici e mezza. Hermione si buttò sul letto. “Ragazze, che serata!” sospirò, sfinita. Sorrisi, tuffandomi sulle coperte. Anna si accasciò a poco a poco sotto le coperte. “Ragazze…mettetemi il pigiama, sono troppo stanca!” ci pregò. “Ma nemmeno sotto tortura!” rispondemmo in coro io ed Hermione. Lei sbuffò. Strisciai fino al bagno, mi cambiai e tornai a letto. “Ho visto che ballavi con Fred…e anche molto appassionatamente…” ghignò Anna. Le tirai un cuscino. “Ce lo vedo Piton che ancheggia!” disse poi. Arrossii. “Guarda che dico a Draco che hai ballato con George!” la ricattai. Lei sbuffò, mentre Hermione rise. “Quanti dolcetti sono rimasti?” chiese. “Io li ho ancora praticamente tutti…” risposi, mentre gli occhi mi si chiudevano. “Bene! Allora domani sera serata tra ragazze! Come quando eravamo al primo anno…vi va?” propose il prefetto. Io annuii, oramai in vena di sonno. Appena Anna fu sotto le coperte, Hermione spense la luce. Ripensai a Severus, e una lacrima solitaria mi rigò la guancia. Scossi la testa e chiusi gli occhi. Ci addormentammo una dopo l’altra, stremate dalla serata. Con Mistery e Billy Joe che mi facevano compagnia anche quella sera. 

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Capitolo 14
*** We'll Carry On ***


Buonsalveee *-* sono troppo buona lo so, aggiorno troppo spesso. Ma che ci posso fare se voglio farvi leggere i capitoli nuovi al più presto *^* anyway, armatevi di digestivo perchè in questo capitolo appare ancora lei, l'essere rosa che fa più ribrezzo di Voldemort (e lei ha un naso specifichiamo °_°). I cento colpi di spazzola vengono dall'omonimo libro scandalo, lo ammetto. Però l'idea di base è carina dai TwT in questo capitolo abbiamo I Miss You degli Incubus e Welcome to the Black Parade dei My Chemical Romance.

Avvertenze: leggende realmente esistenti *-* (dov'era il castello di Azzurrina, in Umbra? o.ò aiutatemi non ricordo ç_ç), OOC vagante, presenze odiose che potrete prendere a torte in faccia se passare al banco 3. *indica angolo* nelle recensioni potete scrivermi insulti a manette su codesti personaggi, li insulterò felicemente con voi u.u

Beeene, spero che il capitolo vi piaccia,
Buona lettura **



14° Capitolo

Fu un sonno un po’ agitato, ma il risveglio lo superò senza dubbio. “Ragazze svegliatevi! È tardissimo!! Tra dieci minuti inizia la prima ora!” iniziò ad urlare Hermione. “Eh? Cosa?” mormorai, ancora addormentata. Riesaminai le parole del prefetto e poi balzai giù dal letto. Mi precipitai in bagno a mo di scheggia, per poi fiondarmi sui vestiti. Mi stavo quasi strozzando con il cravattino, quando notai che Hermione era già vestita e sorrideva. Anna intanto cercava le calze. Guardai l’orologio. “Sei perfida lo sai?” esclamai. Anna si fermò e guardò anche lei l’ora. Poi si avventò su Hermione armata di un cuscino. “L’ho fatto solo per arrivare in orario a colazione!” si giustificò, parando i colpi di Anna. La ragazza sbuffò. “Sei perfida!” la rimproverai divertita. Ci cambiammo tranquille, poi scendemmo a colazione. Chiacchierammo tra cornetti e cappuccini, poi andammo a Trasfigurazione. La McGranitt non era ancora entrata, quando un mazzo di giacinti porpora atterrò piano sul mio banco. Mi sporsi di poco verso la porta e vidi due ragazzi correre via. “Che belli!” esclamò Hermione. Sbuffai. “Se non sbaglio i giacinti nel linguaggio dei fiori significano ‘perdono’…” commentò poi, dubbiosa. Con un colpo di bacchetta, li bruciai. Dalla folla di ragazze si levò un gemito di sorpresa e dispiacere. “Perché l’hai fatto? Non sai nemmeno chi te li mandava!” osservò stizzita il prefetto. “Andiamo Herm! Fiori del perdono…è ovvio che è stato Josh!” sbottò infastidita Anna. “Come puoi esserne certa?” rimbeccò Hermione. “Ho visto lui e Keith andare via…” risposi, irritata. Anna guardò il prefetto con superiorità. “Non voglio i suoi fiori. Non voglio vederlo. Non voglio nemmeno sentirlo nominare!” sbuffai. “Hai ragione…non è con dei fiori che può giustificare le sue azioni…è un verme…” sbottò Anna. La McGranitt entrò, così dovemmo tornare ai nostri posti. Decisi di ignorare i giacinti e proseguire la mattinata. L’ora di Trasfigurazione non fu male, ma in quella di Difesa Contro le Arti Oscure, la Umbridge mi guardò  male incessantemente. Dopo le due ore di occhiatacce, andammo a pranzo. Non ebbi nemmeno il tempo di sedermi che sentii chiamarmi. “Giulia…ehm…” disse una voce. Sobbalzai rifiutandomi di girarmi. “Vuoi rissa Josh?” ringhiò Anna, avvicinandosi. “Stai a cuccia Haliwell…voglio solo parlare con Giulia…” rispose, cercando di stare calmo. Lo guardai scettica. “Sembri sobrio…” commentai, cercando di essere più acida possibile. Lo vidi abbassare lo sguardo. “Hai…ricevuto i fiori?” mi chiese. Annuii. “Li ho bruciati…” dissi. Non mi sentivo a mio agio nei panni della cattiva. Per nulla. Sentivo lo sguardo delle mie amiche su di me. “Ah…capisco…è che…” iniziò a dire. Io lo guardai con aria di superiorità. “Mi dispiace per l’altra sera…ho ricordi sfocati…un momento ero con Keith in giardino, poi per i corridoi…” cercò di raccontare. Io scossi la testa. “Non mi interessa…” rimbeccai ancora. Strinse i pugni e alzò la testa. Aveva gli occhi lucidi. Non dovevo farmi incantare da qualche lacrima accennata. “Vorrei tanto cercare di rimediare…” spiegò ancora Josh. “Il punto è che tu ti comporti male ogni volta che cerchi di rimediare! Quindi, fammi il piacere di starmi lontano!” sbottai. Lui si guardò in giro, poi d’improvviso, si inginocchiò davanti a me. “Josh…che fai?” esclamai, stupita. “Ti dimostrerò che so tutto di te!” rispose, deciso. Arrossii. “E ora che c’entra?!” dissi, spiazzata. “Il tuo colore preferito è il viola, adori la musica punk e ti piacciono i baci sul collo…” iniziò ad elencare. Divampai. “Stai zitto!!!” lo pregai, imbarazzata. Anna gli tappò la bocca per evitare che spiattellasse in giro anche il mio gruppo sanguigno. “Smettila! Non ti voglio avere nella mia vita!” risposi, cercando di controllarmi. Josh si alzò e Anna dovette lasciarlo. Rimase a guardarmi. “Io…ti amo ancora…anche se è passato più di un anno…” disse. “Non mi ami! Sono solo un’ossessione per te!” rimbeccai, infastidita. “Non è vero!” rispose lui. Lo guardai stanca. Non ne potevo più di quel ragazzino capriccioso. “Dammi una seconda possibilità…” mi pregò. Scossi la testa. Il ragazzo sbuffò, mi guardò ancora, e andò al suo tavolo. Mi sedetti e notai che erano già arrivati i dolci. Non feci nemmeno in tempo di prendere una fetta di torta che tutto sparì. “Magnifico…mi ha fatto anche perdere il pranzo…” sbuffai. Passai le lezioni pomeridiane a sognare qualcosa da mangiare. Anna non si staccava mai da me, autoproclamandosi mia guardia del corpo. A cena mangiai il doppio, poi io, Anna ed Hermione, ci chiudemmo in dormitorio. “Perfetto! Ora, da cosa iniziamo? Storie, giochi stupidi oppure gossip?” propose Anna. Io mi tuffai sul letto con Billy Joe che fungeva da peluche tra le mie braccia. “Storie!” rispose il prefetto. Lasciai andare il gatto che si acciambellò sul cuscino. Hermione si accomodò sul mio letto, e con lei Grattastinchi. Anna abbassò le luci e il prefetto fece apparire uno dei suoi fuocherelli blu. James provò a prenderlo, finché la castana lo ammonì. Così il gatto si sistemò vicino alla padrona. Misi i dolci a disposizione di tutte e tre, poi presi Mistery. Anna abbracciò il suo pinguino di peluche e Hermione strinse a se il cuscino. “Chi inizia?” chiese poi quest’ultima. Anna alzò la mano. “Dunque…credete ai fantasmi?” chiese. Io ed Hermione annuimmo. “Come non crederci, ce ne sono quattro che girano per la scuola!” sbottò poi il prefetto. “Dunque…c’è una leggenda che mi ha raccontato mia madre….riguarda la storia di una bambina chiamata Azzurrina…” iniziò a raccontare. Hermione si appiccicò al cuscino. Mi venne un brivido lungo la schiena. “La bambina visse nel medioevo…aveva una particolare caratteristica, era albina…e ciò non era visto di buon occhio in quel periodo…così, per evitare che la attendesse una morte atroce, la madre le tinse i capelli di un misto di erbe…” continuò, tranquilla. Hermione sobbalzò. Sorrisi e mi avvicinai a lei. Anna mi guardò complice. “…questa tintura, sotto al sole, faceva assumere ai capelli dei riflessi azzurri…da li il soprannome della bambina, che si chiamava Azzurrina…” proseguì Anna. “Che cosa successe?” chiesi, curiosa. “Era una notte temporalesca…Azzurrina giocava con una palla di pezza vicino ai sotterranei del castello…” iniziò a dire, con la voce ridotta ad un sibilo. I tre gatti rizzarono le orecchie. Dalla Sala Comune non arrivava nemmeno un rumore. “…la palla cadde per le scale e Azzurrina la rincorse…” continuò la ragazza. Hermione si nascose dietro il cuscino. “Ora le succede qualcosa…” sussurrò poi, già terrorizzata. “Le scale conducevano alla ghiacciaia… i servi sentirono un grido e andarono a cercarla…però il tentativo fu vano…il borgo ed il castello vennero setacciati per giorni e giorni…” proseguì con voce roca Anna. “Lo sapevo…ora viene il peggio…” predisse ancora il prefetto. “...Azzurrina era scomparsa…però, accade che, ogni cinque anni, il suo fantasma riappare…si sentono risa e pianti e ancora, quando c’è in temporale, si sente una bambina piangere…e chiamare sua madre” concluse Anna. Scossi la testa divertita. Hermione tremava. Aveva lo sguardo fisso su Anna. “Mamma…” sussurrai, avvicinandomi piano e poggiando una mano sulla spalla sinistra, quella più lontana, del prefetto. Herm si girò e vide la mano, poi tirò un urlo che fece saltare i tre felini. Io ed Anna scoppiammo a ridere. “Che prefetto coraggioso!” la prese in giro. Lei sbuffò. “Non dovete farmi questi scherzi!” sbottò, arrabbiata. L’abbracciai. “Lo sai che ci divertiamo troppo a spaventarti!” le dissi. Lei sbuffò. “E ora, dolci!” esclamò Anna, avventandosi su delle Api Frizzole. Io presi qualche biscotto al cioccolato, rubato dalla cena. Hermione persisteva a fare l’offesa, poi, le regalai un biscotto e un abbraccio. Il prefetto si sciolse in un sorriso. “Ora a chi tocca?” chiese Anna, storpiando le parole per la quantità di caramelle in bocca. “Eh no! Ora basta storie!” protestò Hermione. “Allora passiamo…ai giochi stupidi!” risposi. Le due annuirono. “Il caro vecchio verità o conseguenze?” propose Anna. “Orgoglio e Pregiudizio…” disse d’improvviso Herm. Ci guardammo. “Signor Darcy…” dicemmo all’unisono, per poi iniziare una serie di sospiri svenevoli. Poi ci abbandonammo alle risate. Passammo la serata a mangiare dolci e a chiacchierare. Era quasi ora di dormire, quando iniziammo l’argomento “cotta”. Anna cercava di estorcere qualche informazione ad Hermione, ma questa non mollava. “Ti manca Piton?” mi chiese poi. Il prefetto le tirò un cuscino. “Il tuo tatto è pari a quello di uno Schiopodo!” la rimproverò. Sorrisi. “Un po’…spero solo di mancargli come lui manca a me…” sospirai. Le ragazze mi sorrisero languide, poi il prefetto, annunciò l’ora della ritirata sotto le coperte. Stavolta c’era il placido Billy Joe a farmi compagnia. Il martedì stava passando. Però mancavano ancora quattro giorni. Due anni e quattro giorni. No. Meglio solo quattro giorni. Ecco, ora mi sentivo meglio. Mi addormentai tra un sospiro e l’altro. Hermione che si agitava nel letto mormorando e Anna che si aggrappava al cuscino.
Fui la prima a svegliarmi quella mattina. Mi diressi tranquilla in bagno e ci impiegai più del solito per curarmi. Non mi truccavo quasi mai, al contrario di Anna, che usava abbondante matita ed ombretto. Hermione era intollerante alle parole trucco e scuola messe nello stesso contesto. Strinsi in una mano il ciondolo a forma di serpente ad anello. Era freddo. Sospirai, poi iniziai a pettinarmi i capelli. Uno. Due. “To see you when I wake up, is a gift I didn't think could be real…” iniziai a cantare. Tre. Quattro. “To know that you feel the same as I do, is a three-fold, utopian dream…” continuai. E ancora, cinque. Sei. Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire e cento appena sveglia. Come le principesse, diceva mia madre. Quando ero piccola non avevo i capelli molto lunghi, ma adoravo farmeli spazzolare da lei. E intanto cantavamo assieme. Era un lato che apprezzavo molto di mia madre. Quando non mi rimproverava per i miei modi da maschiaccio ci divertivamo un sacco. Sette. Otto. “You do something to me that I can't explain, so would I be out of line if I said…” proseguii. Nove. Dieci. Chissà se tra qualche anno avrei spazzolato anche io i capelli di una bambina. Magari dai morbidi capelli corvini, che avrebbero incorniciato degli occhi nocciola. Un po’ di me, un po’ di lui. Oppure prima di andare a dormire, nella camera illuminata da flebili luci. Alla specchiera. Il nostro riflesso. Lui che prende elegante, come ogni suo gesto del resto, una ciocca dei miei capelli. Poi la passala delicatamente con la spazzola. Sussurrandomi parole dolci. Undici. Dodici. Quegli occhi neri tutti per me. “I miss you…” dissi, sorridendo tristemente. Tredici. Quattordici. In verità io ero convinta che Severus sarebbe stato un ottimo padre. Soprattutto con delle figlie femmine. Le mie piccole Eveline e Violet. Magari, una con il caratteraccio della madre e una con l’indole timida e solitaria del padre. Quindici. Sedici.“I see your picture, I smell your skin on the empty pillow next to mine…” ripresi. Diciassette. Diciotto. Nonostante l’idea di diventare grossa come una balena per nove mesi non mi allettasse, avrei accettato con piacere la responsabilità di madre. Dopo il matrimonio ovvio. Soprattutto se la creaturine che avevo in grembo era del mio Severus. Diciannove. Venti. “You have only been gone ten days, but already I'm wasting away…” continuai. Ventuno. Ventidue. Mio padre diceva sempre che non mi servivano cento colpi di spazzola per essere bella come una principessa. Diceva sempre, e lo afferma ogni volta che tornavo dalle vacanze, che ero già bella come una principessa. Però, una volta lo sorpresi in camera, lui e la mamma seduti sul letto. Lui le spazzolava i capelli e la guardava con occhi languidi. Lei teneva gli occhi chiusi e cantava. Ventitré. Ventiquattro. “I know I'll see you again, whether far or soon…” sospirai. Venticinque. Ventisei. Chissà se sarei davvero stata capace di essere una madre. Come lo era stata la mia quando ero bambina. La dolcezza, da quanto mi dicevano, non mi mancava. Nemmeno il senso protettivo. Ventisette. Ventotto. “But I need you to know that I care…” proseguii. Ventinove. Trenta. Mi sarei sposata in viola. Odiavo il bianco. Colore banale. Non adatto a me. Trentuno. Trentadue. Il pensiero della famiglia felice continuava a tornarmi in mente. Chissà se anche Severus ci aveva pensato qualche volta. Magari lui voleva un maschio. Anche se forse correvo troppo. Dopotutto mancavano ancora quegli stupidissimi due anni. Poteva succedere di tutto in due anni. Trentatré. Trentaquattro. "And I miss you…” finii. Sentii la porta aprirsi piano. “Posso?” chiese Hermione, spuntando da dietro la porta. “Certo…entra pure…” le sorrisi. “Mattiniera eh?” esclamò. Anche lei doveva essere di buon umore. “È bello svegliarsi sentendoti cantare…” disse, sospirando. Arrossii. “Scusa…non volevo svegliarti…” mi scusai. “Non ti scusare! Hai una bella voce Giulia! In confronto al solito stridio della sveglia poi!” si introdusse Anna, entrando. Sorrisi. “A quanto sei arrivata?” mi chiese Hermione. “Tretacinque…” risposi, continuando a spazzolarmi. “Non arrivo ai cento da quando ero piccola…” raccontai. Lei sorrise. Passai la spazzola ad Anna, poi uscii. Mi cambiai piano, sistemando con cura ogni elemento. Perfino il cravattino era pacifico quella mattina. Appena finito, presi l’orario. Pozioni. Le prime due ore. Mi ricordai che, una settimana prima, la sera Piton si addormentò accanto a me. Scossi la testa per evitare sciocchezze come lacrime improvvise e buttai tutto nella borsa. Sistemai qualche spilla, poi aspettai Anna ed Hermione. Scendemmo a colazione e mangiammo. Quella mattina ero in vena di biscotti al cioccolato e the caldo. Herm mi guadava stranita, nel vedermi inzuppare i biscotti nel tè. Adoravo il tè al cioccolato, come l’avevo chiamato io. Appena le pietanze sparirono, ci dirigemmo verso i sotterranei. arrivammo prime. Anna entrò tranquillamente, salutando Piton sfacciatamente come suo solito. Hermione sussurrò qualcosa e si andò a sedere. Eccolo li. Alla cattedra, ad osservare la porta. “Buongiorno professore!” dissi, cercando di sembrare più allegra possibile. Eppure gli occhi mi si riempirono di lacrime. Avrei voluto abbracciarlo. Rimasi in piedi. Severus alzò lo sguardo e rimase a trafiggermi con quegli occhi meravigliosi per qualche minuto. Non avevo sfoderato un sorriso. Non riuscivo a mentirgli, nemmeno con le espressioni del viso. “Buongiorno anche a lei signorina Wyspet…” rispose, calmo. Raggiunsi il mio banco veloce. Pian piano gli studenti iniziarono ad arrivare, riempiendo i banchi. “Sono una stupida…” sussurrai. Anna mi diede il quaderno in testa. “Si vede lontano un miglio che ti manca… e dallo sguardo che ti ha lanciato anche per lui è lo stesso!” commentò Hermione, esasperata. “Insomma, siete due masochisti!” disse divertita l’altra, cercando di mirare con precisione a Pansy per lanciarle una pallina di carta. Appena l’aula fu piena, Piton si alzò ed iniziò a spiegare una nuova pozione, facendo apparire gli ingredienti sulla lavagna. Non ero al massimo della concentrazione. I miei appunti erano un insieme di scritte sconnesse, e versi di canzoni malinconiche. Eppure lui non era così distante. Avrei potuto alzarmi e buttarmi tra le sue braccia. fregandomene della folla, delle differenze di ruolo, di tutto. Il suo sguardo si incrociò con il mio. Gli feci un piccolo sorriso. Lui non cambiò l’espressione rigida e severa. Ci ordinò di eseguire la pozione, poi si mise a girare per i banchi. Mi decisi a fare del mio meglio. Non potevo deluderlo. Lo sentii criticare la pozione di Neville, il ciò significava che si stava avvicinando. Mi passò davanti piano. Con una lentezza quasi esasperante. L’odore della pozione copriva il suo profumo. Maledetta pozione puzzolosa. Rischiai di tagliarmi più volte con il coltello per la mia sbadataggine. E rischiai anche di far esplodere il calderone. Però per fortuna Hermione mi salvò in tempo. Uscimmo dall’aula cercando di opporci alla folla di studenti che, impauriti da un’eventuale predica, si fondavano subito nella stanza, senza preoccuparsi di quelli che uscivano. Andai addosso a dei ragazzini. Dovevano essere del primo anno. Non era tanto la loro stazza ad impedire il passaggio, quanto l’affluenza. Si muovevano come piccoli insetti, appiccicati l’uno all’altro per paura di perdersi. Mi voltai e vidi una ragazzina addossata sul muro, con lo sguardo terrorizzato. Aveva i capelli raccolti in due codini castani e due occhi azzurri limpidissimi. Le andai incontro. “Qualcosa non va?” le chiesi. Lei mi guardò un po’ stranita. “Devi forse entrare?” dissi ancora. Lei prese coraggio e aprì la bocca. “Io…si…” rispose, timida. Era un cucciolo smarrito poveretta. Mi faceva troppa tenerezza. “Andiamo…ti aiuto io…” le sorrisi, prendendole la mano. Non so se per un’undicenne essere presa per mano era un affronto. Però lo feci. “Perché…mi vuoi aiutare?” mi chiese, stupita. “Ho visto che eri in difficoltà…sono più grande, dovrei essere d’esempio…” le spiegai. “Ma…quelli della Squadra D’Inquisizione…” iniziò a dire. Scossi la testa. “Non dare retta a quelli…i veri padroni sono i prefetti…quelli che vi hanno scortato alle Sale Comuni all’inizio dell’anno…” puntualizzai. Lei annuì. “Piuttosto…come ti chiami?” le chiesi ancora. La ragazzina tentennò. “Sicily…” si decise. “Ora Sicily, entriamo nella folla, tu però non lasciarmi la mano…” le spiegai. Lei annuì. Entrammo nel fiume di insetti diretti nell’aula. Strattonandone qualcuno, riuscii ad entrare senza particolari problemi. “Ecco fatto!” dissi, soddisfatta. Sicily mi guardò sorridendo. “Ora vado…altrimenti le sentirò dalla McGranitt!” spiegai, lasciandole la mano. “Aspetta!” mi richiamò. La guardai. “Come…come ti chiami?” mi chiese, timida. “Giulia Wyspet, quinto anno, Grifondoro…” risposi. Sicily sorrise ed annuì. La salutai con la mano, ed uscii. Hermione ed Anna mi stavano aspettando. “Hai fatto una cosa bella, lo sai?” osservò la prima. “Non ho fatto nulla di speciale…” commentai. “Sarai una brava mamma…” mi prese in giro Anna. Le diedi una gomitata. “L’ho fatto per Eveline…” dissi. “Come? Hai detto qualcosa?” chiesero in coro le due. Scossi la testa. “Chi? Io? Ora sentite anche le voci? Andiamo, altrimenti la McGranitt ci trasfigura in tre rospi!” rimbeccai, prendendole a braccetto e trascinandole via. Andammo alla lezione di Trasfigurazione, poi il pranzo. Anche quella giornata passò, e la sera, un po’ di socializzazione in Sala Comune. Giovedì lo stesso. L’unica cosa che mi risollevavano il morale erano le ore di Pozioni, sempre doppie. Eppure non riuscivo a fare un sorriso. Anche se dentro scoppiavo di felicità. Poi però sprofondavo nella tristezza. Così arrivò anche venerdì, a pranzo. Stavo mangiando il mio adorato pasticcio di carne, quando sentii un tossire alle mie spalle. Vidi Anna fulminare con lo sguardo dietro di me, così intuii ciò che mi aspettava. “Che vuoi Parkinson? Nemmeno mangiare in pace posso?” sbottai, girandomi. Lei e la compare mi guardavano a braccia incrociate. “Anche noi vorremmo pranzare, cosa credi Wyspet?! Siamo venute solo per comunicarti un messaggio…” spiegò Millicent. “Un po’ di dieta non vi farebbe bene…” disse maligna Anna. Pansy si avvicinò, ma l’amica la fermò. “Un messaggio? E da chi?” chiesi, stupita. “Dalla preside Umbridge…ha detto che vuole parlarti…dovete incontrarvi alle serre di Erbologia alle 19.00 precise…” riferì a pappagallo Pansy. La guardai dubbiosa. “Alle sette? All’ora di cena?” chiesi. Lei annuì. Sbuffai. “Il confettone che salta la cena? Strano!” commentò Anna. “Bada a come parli Haliwell, noi siamo dell’Inquisizione!” precisò Millicent. Hermione sobbalzò. “Una confetto a cena…buona idea Anna…” cercò di salvarla il prefetto. Le due serpi le guardarono male, poi si diressero al loro tavolo. “Chissà cosa vuole da me il rospo rosa…non le ho dato particolari problemi…sono stata di pura funzione ornamentale in tutte le sue lezioni questa settimana!” protestai. Anna rise ed Hermione alzò le spalle. Passarono le lezioni pomeridiane. Passai una buona oretta di nullafacenza in Sala Comune, maledicendo il confettone per avermi interpellata proprio all’ora di cena. Presi il mio mp3, e mi diressi alle serre. Fuori non faceva freddo, aveva smesso di nevicare giusto il giorno dopo della nostra passeggiata serale. Però c’erano delle nubi scure che non promettevano nulla di buono. Iniziai a cantare You Are My Sunshine per tenermi compagnia. Guardai l’ora. Le sette e tre minuti. Scrollai le spalle, pensando ad un ritardo. Dopotutto, con quelle gambe tozze ci metteva un po’ per camminare. Vidi un lampo dividere il cielo scuro e sobbalzai. Mi addossai ad un vetro, e iniziai a guardarmi in giro. Odiavo rimanere sola, al buio, nel giardino. Soprattutto con un temporale incombente. Con tuoni magari. Non li sopportavo proprio. Passarono dei minuti. Sette e un quarto. Ancora nulla. Sarà stata trattenuta nel suo ufficio. O forse era la volta buona che era caduta dalle scale e si era fratturata una caviglia. Altro lampo. Nell’mp3 Passò la mia cara Innocence, di Avril Lavigne. Non era molto in tema. Ancora minuti su minuti. Sette e mezza passate. Un tuono mi fece sobbalzare e spiaccicare contro il vetro. Iniziò a piovere, prima piano, poi sempre più forte. Ed iniziò anche a fare freddo. Non avevo l’ombrello, e il cappotto era sul mio letto in dormitorio. Misi l’mp3 in tasca per evitare che si bagnasse. Mi strinsi le braccia al petto, infreddolita e fradicia. Dove diamine era finita quel rospo rosa?! Era andata a farsi una nuotata in qualche stagno con i suoi simili?! Alle otto meno dieci mi arresi, e decisi di tornare al castello. Corsi fino all’entrata, scivolando più di una volta. Stranutii. Feci di corsa le scale e filai in dormitorio. Entrai in camera dove Herm e Anna stavano già chiacchierando. “Hey, che fine hai fatto? Fuori piove a dirotto!” esclamò il prefetto. “Lo so!” sbottai, irritata. Lasciavo dietro di me una scia di acqua. “Sembri Samara…” mi prese in giro Anna. Sbuffai e presi il pigiama ed un cambio di biancheria, poi andai in bagno. Mi feci una doccia calda, poi mi buttai sul letto. “Quella sottospecie di confetto troppo cresciuto non si è nemmeno fatto vivo!” dissi, arrabbiata. “Davvero? eppure la Umbridge era a cena che si ingozzava come al solito!” osservò Hermione. La guardai con occhi sbarrati. “Pensavamo ti avesse dato qualche compito…” spiegò Anna. Sbuffai ancora. “Voleva farmi prendere una polmonite forse?!” ringhiai, furiosa. “Ora calmati…e pensa che domani è sabato…” disse subito Hermione. Sospirai. Sabato. Avrei rivisto in modo civile Severus. La mia positività si riattivò per qualche minuto. “E domani, svegli alle undici!” propose Anna. Hermione la guardò male. La mia pancia brontolò. Mi aveva anche fatto saltare la cena quel rospo dai completi rosa! Mandai giù l’ultimo biscotto al cioccolato rimasto, poi rabbrividii. Un tuono assopì tutto il chiasso che arrivava dalla Sala Comune. Caddi quasi dal letto. Hermione era andata alla finestra. “Peccato…speravo che tornasse la neve…” sospirò. Anna era seduta sul letto a pancia in giù, a sfogliare una rivista. Misi il cuscino sopra la testa per non sentire i tuoni. E il mio stomaco che reclamava cibo. Passammo la serata a chiacchierare, anche se io ero piuttosto passiva. Andai a dormire con la piccola consolazione di poter vedere il mio professore l’indomani, dimenticandomi per poco della pioggia, la fame, ed i tuoni.
Fui svegliata di soprassalto. “Che palle Mary Kate! Vai da Zabini vai!” sentii dire da Anna. “Siamo venute a dire una cosa a Giulia! È importante!” rispose quest’ultima. Aprii gli occhi. “Che c’è?” chiesi, sbadigliando. Guardai di sfuggita l’orologio. Erano le undici passate. “Abbiamo un messaggio!” dissero in coro. “Oh no…” sospirai esasperata, ributtandomi sotto le coperte. “Fateci indovinare, è della Umbridge vero?” ipotizzò Hermione. Le due annuirono stupite. “Cosa vuole ancora quella piaga di donna?!” rimbeccai, stufa. “L’abbiamo incrociata per i corridoi…ha detto che si scusa per ieri sera e che ha avuto impegni che l’hanno trattenuta…” iniziò a dire Ginny. “Si…il polpettone l’ha rapita!” commentò Anna. “…e ha detto anche che devi andare nel suo ufficio all’una di oggi pomeriggio…” continuò Mary Kate. Io scossi la testa. “Se lo sogna che io vada da lei invece che da…” iniziai a rispondere. Ginny mi bloccò. “Ha detto che sei in punizione…” precisò. La guardai allibita. “Punizione?!” esclamarono in coro Anna ed Hermione. Le due annuirono. “Ha detto solo che ti devi presentare nel suo ufficio a quell’ora…” disse infine la castana. Mi tirai il piumone fino alla fronte. “È un incubo…non può essere vero…” sussurrai. “Punizione per cosa?! Per averla aspettata sotto la pioggia per un’ora?” ringhiò furiosa Anna. “Non te la prendere con noi! Abbiamo solo riferito! E comunque ci dispiace…ora però dobbiamo andare…ciao…e fatti forza Giulia!” mi augurò Ginny. Scossi la testa incredula. Mi aspettavano trenta frasi sicure. Senza considerare cosa poteva aver raccontato Piton quella strega del malaugurio! Non avevo per nulla fame, così non scesi a fare colazione. All’una raggiunsi, accompagnata dal mio fedele mp3 nel taschino della gonna, il suo ufficio. Bussai. “Permesso?” chiesi. “Avanti cara…” rispose lei in tono melenso. Mi fece venire i conati di vomito. Ed il rosa del suo ufficio mi stava già facendo rintontire. “Vedo che le signorine Haliwell e Weasley le hanno riferito il messaggio…mi scuso ancora per ieri sera, spero che non sia stata ad aspettarmi…c’era un tempaccio!” si scusò ancora. Si vedeva lontano un miglio che fingeva. E io per ripicca non le risposi. “Perché sarei in punizione?” dissi, secca. La Umbridge mi guardò con i suoi grandi occhi da rospo. “Vede signorina Wyspet, questa settimana ci sono stati molti schiamazzi nella sua Sala Comune…” iniziò a spiegare. La guardai truce. “Su, si sieda! Non sia timida!” commentò poi, mostrandomi la sedia davanti alla scrivania. “Preferisco di no…” commentai, schietta. “E comunque, non so come possa essere sicura che fossi stata io a provocare i vari rumori…certo, sono rimasta in dormitorio dopo il coprifuoco, come lei ha sempre detto di fare…non vedo che problemi ci siano…” spiegai. Il confettone mi fece ancora segno di sedermi. Ed io rifiutai ancora. “Vede…io…lo so…” sintetizzò. La guardai arrabbiata. Non avrebbe potuto. No. Non avrebbe osato usare la pozione della verità su uno studente! “Ah questi ragazzini di prima…sono davvero così ingenui…” sussurrò, forse soprappensiero. L’aveva fatto! Aveva osato usare una pozione per la seconda volta contro i suoi studenti! Ma che razza di mostro avevo davanti?! “Inoltre, le viene attribuita anche la scenata fatta in Sala Grande, a pranzo, dal suo fidanzatino…” aggiunse, riferendosi alla dichiarazione di Josh. “Non è il mio fidanzato…” sbottai subito. “Certo…comunque, come le avrà riferito il professor Piton, le avevo già attribuito trenta frasi per essere uscita dopo il coprifuoco sabato sera…” continuò. La sua voce era più irritante che mai qual giorno. “Josh mi ha molestata!” risposi, arrossendo dalla rabbia. “Però lei non doveva essere fuori dal suo dormitorio signorina Wyspet! E, se poi si conciasse in modo più consono ad una scuola, forse non avrebbe di questi problemi…” concluse, osservando la mia felpa con riluttanza. Strinsi i pugni. “A Silente piaceva come mi vestivo…” rimbeccai. “Ha detto bene…piaceva…però ora lui non è qui!” commentò con voce squillante la Umbridge. Cercai di stare calma. Pensai a Sicily, e in che razza di periodo era capitata. Poi pensai ad Eveline. La mia futura Eveline. Ed infine, a Severus. Chissà se mi stava aspettando, nel suo ufficio. Il suo camino. Il suo letto morbido. Anche solo il suo sorriso. Il suo profumo. “Signorina Wyspet, mi sta ascoltando?” trillò la Umbridge. La sua voce arrivò come una doccia fredda che lavò via i miei pensieri più positivi. Annuii d’istinto, più per farla star zitta che altro. “Per gli ultimi fatti, le assegno quaranta frasi per gli schiamazzi, venti per la sceneggiata, trenta dell’ultima volta, e ancora dieci per la sua solita lingua lunga…” esordì il confettone. Cento frasi. Mi sedetti e presi la penna. Le mani mi tremavano. Possibile che non bastasse il dolore emotivo a dilaniarmi? Possibile che lei non capisse quanto aveva torto? Avrei voluto alzarmi, e obbligarla a scrivere le mie maledette cento frasi. “Scriva ‘non devo provocare scompiglio’” mi dettò. Ed iniziai a trafiggermi. Passavo sulla carta il più lievemente potevo, ma le ferite erano comunque profonde, incrociandosi con le vecchie cicatrici e riaprendole. Come se non bastasse, la cara professoressa ebbe la grande gentilezza di bruciarmi il foglio, finite le prime trenta frasi. Così dovetti ricominciare. Erano quasi le sei, quando ero arrivata a metà. Saltare colazione non era stata il massimo dell’idea. In più avevo mangiato solo un biscotto la sera prima. Mi sentivo svenire, ed in più il confettone non accennava a voler lasciarmi andare. Più che ‘non devo provocare scompiglio’ mi sembrava di star scrivendo ‘non devo rubarle il professor Piton’. Gelosia, che brutta cosa. E di una ragazzina di sedici anni. La Umbridge era davvero caduta in basso. Mancavano dieci minuti alle sette, quando mi fermai. “Professoressa…potrei continuare domani?” chiesi. Lei mi guardò con aria di superiorità. “Perché mai signorina Wyspet? Finiamo tutte le frasi ora, così domani sarà libera non crede?” esclamò, come fosse ovvio. La mano destra tremò. We'll carry on. Provai a scambiare la penna per scrivere con la sinistra, ma la Umbridge se ne accorse e mi ammonì. We'll carry on. Continuai a trascinare la mano. Sette e venti. Ancora venti frasi. And though you're dead and gone believe me. Otto meno un quarto. Ancora uno sforzo. Your memory will carry on. Non dovevo far vedere la mia sofferenza. Non volevo far avere alla Umbridge la sua personale soddisfazione. We'll carry on. Otto. Ancora dieci frasi. Presi a scrivere velocemente. Il dolore alla mano era così forte che oramai non lo percepivo più. And in my heart I can't contain it. Otto e un quarto. Appena staccai la penna dal foglio, le buttai a terra. Fu più forte di me. The anthem won't explain it. “Non c’è bisogno di gettare le cose a terra signorina Wyspet…” commentò infastidita la Umbridge. Le consegnai il foglio, pregando perché mi lasciasse andare. Il confettone lo squadrò con riluttanza. “Ora raccolga la penna, dopo, può andare…” spiegò. Mi chinai e raccolsi quell’aggeggio malefico. La professoressa guardò soddisfatta la mia mano, poi mi indicò la porta. Mi trascinai fuori. Avevo sprecato il mio pomeriggio con Piton. Arrivai alle scale. Chissà se la cena era già finita. Scossi la testa. Ovvio che era già finita, erano le otto e mezza. Ed ero anche fuori orario del coprifuoco. La vista mi traballò per qualche istante e fui costretta ad appoggiarmi al muro più vicino. Mi guardai la mano destra. Quelle orribili scritte rosse risaltavano sulla mia pelle chiara. E la mano sinistra non smetteva di tremare. Pian piano sarei potuta andare in dormitorio. Per poi fasciarmi le ferite e buttarmi sul letto per evitare di svenire da qualche parte. Però decisi di non ascoltare il mio buon senso. Il mio cuore urlava molto di più nella testa. Feci un respiro profondo e corsi verso i sotterranei. Scivolai sugli scalini, ma mi rialzai subito. Andai avanti tastando il muro per evitare di cadere. O come supporto in caso mi venissero i capogiri. Arrivai all’entrata del suo ufficio. Bussai sbadatamente con la mano destra. Delle scosse di dolore mi salirono nel braccio. Sentii dei passi. E la porta si aprì. Piton mi guardava con aria stupita. Cercai di sorridere, nonostante la mano. “Signorina Wyspet…cosa ci fa qui? Il coprifuoco è già scattato e...” iniziò a dire. Lo guardai sorridendo. La vista iniziò a traballarmi e mi tenni al muro. “Mi sta ascoltando? Signorina Wyspet!” mi chiamò. Chiusi gli occhi qualche minuto per bloccare i giramenti, ma non funzionò. “Signorina Wyspet…si sente bene?” chiese ancora il professore. La sua voce si affievolì e tutto si oscurò. Mi sentii sprofondare. Poi un tonfo.

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Capitolo 15
*** Nothing's gonna harm you, not while I'm around ***


Buonsalve bimbe *-* oh, il primo aggiornamento dell'anno <3 anzi, già che ci siamo, buon anno *_* spumante e viveri li trovate direttamente al banco 3 *w* *indica* momento curiosità *-* rileggendo i vecchi intro ai cap della ff mi sono ricordata che non era mia intenzione farla diventare così lunga xD dovevano essere solo tre capitoli °_° figuratevi quando scrivo senza prefissarmi un limite che succede. Anyway in questo capitolo abbiamo la comparsa di canzoni e una storiella che, quando scrissi la ff, era appena uscita, cioè Sweeney Todd :3 le traduzioni di Poor Thing e No Place Like London le ho fatte io sul momento seguendo il testo delle canzoni, quindi chiedo venia per gli eventuali errori xD nel capitolo quindi troviamo Nothing's Gonna Harm You dalla Sweeney Todd soundtrack e L'Amore dei Sonohra (perdono, ero piccina e in fissa per questa canzone u.u).

Avvertenza: OCCtudine, diabetanza estrema (insulina direttamente nello spumante al banco 3 u.u)

Spero che il capitolo vi piaccia,
Buona lettura bimbe <3



15° Capitolo

Riaprii gli occhi d’improvviso, come fossi stata colpita da un secchio di acqua gelata. Mi alzai a sedere, ma un lampo di dolore si impadronì della mano, così fui costretta a sdraiarmi. Cerai di ricordare cosa fosse successo. La punizione. I sotterranei. Poi Piton. Mi alzai ancora di scatto. La sensazione di gelo era stata sostituita da calore. Strinsi a pugno la mano destra e sentii qualcosa tirare. Mi lamentai di dolore. “Avanti, non faccia storie…l’ho solo bendata in modo che il sangue si fermasse…” sbottò Piton. Voltai lo sguardo e lo vidi, in piedi accanto al letto, con un fazzoletto ripiegato in mano. Si sporse e me lo mise sulla fronte. Era tiepido. Un senso di sollievo mi pervase. Notai solo allora che mi trovavo sul letto del professore. “Come…come mai sono qui?” chiesi. “È svenuta davanti al mio ufficio…” rispose lui. Arrossii. “Mi…dispiace…” mi scusai, rammaricata. Piton mi guardò. Mi tirai su a sedere. “Non si deve scusare…solo vorrei sapere che cosa ci fa in giro a quest’ora…sbaglio o le avevo detto di stare in dormitorio la sera?” ribadì, acido. Abbassai lo sguardo. “Mi…mi scusi…è che…” cercai di dire. “Dunque?” chiese lui, dopo qualche minuto di silenzio. “Volevo vederla…” sussurrai, arrossendo ancora. “Non è un motivo valido…ha avuto tutto il pomeriggio…” commentò, seccato. Che si fosse offeso perché non ero andata da lui? “Io…avrei voluto venire a trovarla…” iniziai a spiegare. Piton mi guardò negli occhi. Quel confettone mi stava davvero rovinando tutto. La vista mi traballò, ma non per i capogiri. Avevo gli occhi colmi di lacrime. “Mi dispiace!” esclamai, scoppiando a piangere. Eccole. Le lacrime che mi tenevo dentro da tutto il giorno. Severus mi guardò stupito. “Avanti signorina Wyspet, si calmi! Non è il caso di piangere!” disse subito. Scossi la testa. “La Umbridge mi ha messa in punizione…mi ha trattenuto per tutto il pomeriggio…e la cena…non ho fatto colazione oggi…e non ho cenato ieri…mi ha dato appuntamento alle serre, però non è venuta e si è inventata una scusa…mentre io l’aspettavo sotto la pioggia…” raccontai, tra i singhiozzi. “Immaginavo che ci fosse di mezzo il suo zampino…” commentò Piton, guardandomi la mano fasciata. “Grazie…” dissi subito, asciugandomi le lacrime con una mano. “Come mai è stata messa in punizione?” mi chiese il professore. “Ha dato la pozione della verità a uno studente di Grifondoro e lui ha fatto il mio nome tra quelli che hanno organizzato una piccola festicciola lunedì sera…però poi sono sempre stata in dormitorio con Anna ed Hermione! Non abbiamo fatto chiasso!” spiegai. Severus scosse la testa. “E in più Josh e la sua dichiarazione mi sono costati altre frasi…” sospirai, affranta. Guardai il professore supplichevolmente. Non volevo fare la vittima, però non sopportavo più quella situazione. Severus si avvicinò e mi accarezzò la testa. “Le ho messo la solita pomata…è crollata a terra con la leggerezza simile a quella della signorina Parkinson…” commentò, quasi divertito. Io gli presi la manica della giacca. Finalmente. Quel profumo. Le sue mani. La sua voce. “È meglio che mangi qualcosa…altrimenti finirà per collassare ancora…” aggiunse. Si allontanò, tornando poco dopo con una tazza di tè ed un vassoio di biscotti al cioccolato. Sorrisi. Iniziai a mangiare con la voracità di una cavalletta. Intanto lui avvicinò la sedia al letto e si sedette vicino a me. “Quello che ha fatto l’altro giorno…” iniziò a dire. Io lo guardai in attesa di qualche predica. “Quella ragazzina del primo anno…” continuò. “Sicily?” chiesi, sobbalzando. Lui annuì. “Cosa le è successo? Qualcosa di grave? La Umbridge la ha fatto qualcosa?” dissi a raffica, preoccupata. Severus sorrise e scosse la testa. “Non è da tutti aiutare qualcuno in difficoltà…specialmente con la gerarchia degli ultimi mesi…” osservò. Io alzai le spalle. “Ho solo fatto il mio dovere…sono più grande, dovrei dare l’esempio…” spiegai, intingendo un biscotto nel tè caldo. Lui si limitò ad annuire, poi continuò ad osservarmi. Finii tutti i biscotti. Avevo una fame da lupo. Appena ebbi bevuto tutto il tè, Piton fece sparire il vassoio e la tazza. Gli sorrisi. “Mi perdona?” chiesi. Severus mi guardò dubbioso. “Per cosa dovrei perdonarla?” chiese a sua volta. “Perché non sono venuta da lei oggi e le ho disobbedito…” elencai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. “Non dica sciocchezze…lei non ha colpe…comunque è meglio che rimanga qui finché non si riprende…poi l’accompagnerò al dormitorio…” rispose. Annuii più che felice. Avrei voluto abbracciarlo. Stringere la sua mano nella mia, come quella sera di neve. Però le neve non c’era più. Solo tuoni, lampi e pioggia. “Mi racconti una storia…” sorrisi. Piton mi guardò storto. “Le sembro un cantastorie?” esclamò, quasi divertito. Io congiunsi le mani a mo di preghiera. “Per favore! Lo faccia per questa ragazza malata!” lo pregai. “Lei non è malata…” precisò. “Allora per questa ragazza ferita!” riprovai. Severus sorrise e scosse la testa. “Non è nemmeno ferita…” mi corresse ancora. Sbuffai. “Lo faccia per questa ragazza!” dissi solo. Lui sospirò esasperato. “Vuole una storia?” mi chiese. Io annuii. “Dunque… forse ho quello che fa per lei…” esordì, guardando il fuoco. Le scintille si riflettevano nei suoi occhi scuri. Si schiarì la voce, poi accavallò con eleganza le gambe. “C’erano un barbiere e sua moglie…e lei era bellissima…” iniziò a raccontare. Mi illuminai, riconoscendo le parole iniziali. Lo guardai con curiosità, nonostante sapessi a memoria quella triste storia. “Uno stupido barbiere e sua moglie…” continuò. Io annuii. “Lei era la ragione e la sua vita…ed era così bella…così virtuosa…” proseguì. Quella voce. “Lui era così ingenuo…” sospirò, scuotendo la testa. Sorrisi. Come avrei voluto essere davvero malata, tornare ai giorni in cui avevo la febbre e farmi curare la lui. “C’era un altro uomo che aveva visto quanto lei fosse bella…un devoto avvoltoio della legge…che con un gesto dei suoi artigli tolse il barbiere dalla sua preda…” raccontò, girandosi verso il fuoco. Solo la luce del camino illuminava la stanza. Approfittai del suo spostamento per osservarlo. I capelli neri che ricadevano ai lati del viso. Le labbra increspate in un mezzo sorriso. “Dopo non c’era altro che da aspettare…e lei avrebbe ceduto…” continuò Severus. Io mi avvicinai piano per sentire quello che a me suonava come un sussurro. “Così delicata, così giovane, così persa e così bella…” proseguì, girandosi. I suoi occhi si incontrarono con i miei. Nocciola con nero. Sorrisi. “C’era un barbiere e sua moglie…e lui era bellissimo…” iniziai. Severus sorrise stupito. “Un vero artista con il rasoio…ma lo esiliarono…ed era bellissimo…” sospirai. “Barker era il suo nome…Benjamin Barker” precisai poi. “Esiliarono? Quel’era il suo crimine?” chiese complice Piton, facendomi sussultare. “Stupidità…lui aveva questa moglie, vede…” iniziai a raccontare. Severus annuì compiaciuto. “Poverina e carina…uno stupido insetto…” continuai. In effetti la moglie non è che mi stesse molto simpatica. “Lei aveva la possibilità di avere in pugno la luna…poverina! Poverina!” proseguii, sospirando. Severus mi ascoltava senza batter ciglio. “C’era il giudice…stava diventando pazzo…le mandava tutti i giorni dei fiori…ma lei non scendeva dalla torre…piangeva tutto il giorno…poverina…” dissi, quasi in un sussurro rivolto al camino. Piton incrociò le mani e le posò sul ginocchio destro, con ancora le gambe accavallate. “Bene, il ministro andò da lei e le disse che il giudice era pentito…si incolpava per i suoi terribili problemi…” continuai. Severus annuì. “Lei doveva andare diretta a casa sua quella sera…poverina, poverina…” cantilenai, dondolando piano la testa. “Ovviamente quando lei ci andò, poverina, poverina…c’era un ballo in maschera…e lei non conosceva nessuno! Povera cara…poverina…” commentai, sospirando ancora. Sembravo proprio Mrs. Lovett. “Stupita, iniziò a bere…poverina…il giudice è pentito, pensò…poverina…” dissi, piano. Il professore mi guardava curioso. “‘Dov’è il giudice Turpin?’ chiese lei. C’era, ovvio! Solo non molto pentito!” esclamai, decisa. “Lei crollò…e tutti pensarono fosse così divertente…così tutti quelli che erano li, iniziarono a ridere…vede…povera anima! Poverina…” sospirai. Piton mi guardò. “Nessuno ebbe pietà di lei?” mi interruppe. “Così è lei…Benjamin Barker…” dissi, con tono sorpreso, cercando di stare seria. “No! Niente Barker…quell’uomo è morto! Ora è Todd, Sweeney Todd, ed avrà la sua vendetta…” disse infine Severus. Ci guardammo negli occhi, poi scoppiammo in una risata. “Buona recitazione signorina Wyspet…però poteva avvertirmi di conoscere già questa storia…” commentò poi. Sorrisi imbarazzata. “Chi non conosce la storia del diabolico barbiere di Fleet Street? La adoro!” spiegai entusiasta. Piton fece apparire una tazza di tè e ne bevve un sorso. “Conosce altre parti della storia?” gli chiesi. Lui annuì. “Cantate?” chiesi ancora, speranzosa. “Se lo scordi…” sbottò subito il professore. Sorrisi divertita. “Io conosco un po’ tutte le canzoni…però…” iniziai a dire. Cen’era una, che mi ricordava Severus. Mi schiarii la voce. “Nothing's gonna harm you, not while I'm around…” cominciai. Lui mi guardò. Arrossii. “Nothing's gonna harm you, no sir, not while I'm around…” continuai, abbassando lo sguardo. Piegai le gambe e notai le Coverse sul pavimento, vicino al letto. “I'll send 'em howling, I don't care, I got ways…” sussurrai. Iniziai a torturarmi l’orlo della gonna con la mano buona. “No one's gonna hurt you, no one's gonna dare…” proseguii. Piton era il mio protettore. Il mio angelo custode. Ed era strano cantargli questa canzone, dato che era proprio lui il protagonista. “Others can desert you, not to worry, whistle, I'll be there…” conclusi. Ci fu un silenzio di qualche minuto. Mi voltai e lo guardai negli occhi. Poi sorrisi. Severus ricambiò, poi si alzò e mise qualche pezzo di legno nel camino. “La neve si è sciolta…” dissi, triste. “Già da una settimana signorina Wyspet…” sbottò, ovvio. Un tuono spezzò il silenzio. Sobbalzai, trattenendo un urlo. Piton mi guardò divertito. “Le conviene riposarsi…” commentò. Scossi la testa. “Io…posso tornare a trovarla ogni sera?” chiesi, timida. “Si è già dimenticata cosa le ho detto una settimana fa?” ribadì seccato. Abbassai lo sguardo. “Mi manca…” sussurrai rossa in viso. Il professore tossì e si avvicinò. “Ora si metta a letto…quando si sveglia mangerà ancora un po’ in modo da rimettersi in forze…” spiegò, facendomi segno di spostarmi dall’altro lato del letto. Obbedii e lui sollevò le coperte, poi mi indicò di tornare al mio posto. Obbedii ancora. “Dorma…” disse ancora, sistemandomi la coperta. Sorrisi e allungai una mano. “Solo se lei rimane con me…” proposi. La testa affondata nel morbido cuscino. Accerchiata dal suo profumo. “Il mio dovere di insegnate mi impone di correggere i compiti che ho di la sulla scrivania…” commentò serio. “Per favore…solo finché non mi addormento…” lo pregai. Lui scosse la testa divertito. Allungai ancora la mano fino a toccare la sua. Severus sbuffò e si sedette sulla sedia, avvicinandola ancora al letto. Tenni la mano sul cuscino, sperando che la sua la raggiunse. Chiusi gli occhi. Ero davvero stanca. “Professore…le voglio tanto bene…” sussurrai. Piton mi sistemò la mano in modo che le fasciature non mi dessero fastidio. Pian piano mi lasciai cullare dal rumore del fuoco. Dal profumo. E dalla felicità finalmente ritrovata. Con un sorriso, mi addormentai. Sperando che non fosse soltanto un bel sogno.
Fu un sonno confuso. Agitato. E nella mia testa girava una canzone. Stavo per riaprire gli occhi, quandosentii un fruscio.Guardo il cielo e non vedo altro colore, solo grigio piombo che mi spegne il sole. Schiusi piano gli occhi in modo da poter vedere lo stretto necessario. Una figura nera girava per la stanza. Si avvicinò e allungò una mano. Mi scostò la frangia e mi posò un fazzoletto umido sulla fronte. L'unica certezza è gli occhi che io ho di te. Mi accarezzò la testa e si sedette accanto al letto. Poi sorrise. Mi mossi, per dare un po’ l’illusione di stare dormendo. Due fotografie è tutto ciò che rimane, sul mio letto il vento le fa volare. Strinsi la coperta in una mano, mentre l’altra la appoggiai sul cuscino. Senza pensare l’appoggiai dalla parte del dorso. La fasciatura tirò e mi scappò un gemito. Severus se ne accorse e mi spostò la mano delicatamente. Quel breve contatto fece accelerare il battito del mio cuore. La distanza che ci divide fa male anche a me. Piano allungai la mano verso di lui, stringendo l’aria. Lo vidi sorridere ancora. Raggiunse la mia mano, e cercò di poggiarla. Io la strinsi nella mia e la portai sul cuscino, vicino al mio viso. Se non vai via, l'amore è qui. Severus si oppose alla stretta per qualche secondo, poi, si arrese. Mi rilassai, e lui se ne approfittò. La sua mano scivolò via dalla mia, rattristandomi. Sei un viaggio che non ha ne' meta ne' destinazione, sei la terra di mezzo dove ho lasciato il mio cuore. Sentii un calore alla guancia. Le sue dita affusolate e eleganti stavano passando sul mio viso. Vicino alle mie labbra. Poi più su, per portarmi indietro una ciocca di capelli. Sono solo anch'io, come vivi tu, cerco come te... l'amore. Mi mossi ancora di poco. Vidi i suoi occhi su di me. Erano due tunnel scuri e profondi. Però emanavo un calore immenso. Se quegli occhi vegliavano su di me, sapevo di poter resistere a tutto. Quel che so di te è soltanto il tuo nome, la tua voce suona in questa canzone. Strinsi piano la mano sul cuscino. Severus ritrasse la sua mano, lasciandola a mezz’aria indeciso su cosa fare. Abbozzai un sorriso. Mi spostai di poco vicino al bordo del letto. La coperta mi scoprì fino alla vita. “Non riesce a stare ferma nemmeno mentre dorme…” sussurrò divertito. Musica e parole emozioni che scrivo di noi. Si alzò di poco dalla sedia e mi ricoprì, rimboccandomi le coperte fino al mento. La mano stringeva ancora in cuscino. Severus lasciò libera la federa, forse per paura che se avessi stretto troppo la fasciatura mi avrebbe fatto di nuovo male. Se non vai via, il mondo è qui. Mi strinsi nella coperta. Il camino scoppiettava placido. Ora la mia mano non era più sola. Severus si era deciso e l’aveva raggiunta con la sua. Avvicinai il viso alle due mani incrociate. E chiusi completamente gli occhi. Il cambiamento era impercettibile se non che per me. Il calore di quella mano era linfa vitale. Mi sembrava di essere in paradiso. Cambia il cielo e i tuoi occhi no, come vetro è l'amore che sei. Sorrisi e mi lasciai andare. Anche se le mie labbra volevano muoversi a tempo della canzone nella mia testa, la stanchezza ebbe la meglio sulla mia mente. Però il mio cuore. Quello no. Continuò a battere forte. Sperando che Severus non lasciasse mai la mia mano. Perché solo quando avevo quel contatto, mi sentivo veramente felice.
Venni svegliata da un allettante profumo. Aprii piano gli occhi e inspirai quell’odore. “Biscotti appena sfornati!!” esclamai, alzandomi a sedere di scatto. Un piatto colmo di biscotti con praline al cioccolato fumanti stava sul comodino. Incustoditi. Allungai una mano e ne presi uno. Senza badare che scottasse lo morsi. Tirai un urletto. “Che male! Che male! Che male!!” squittii, sventolando il biscotto a mezz’aria con una mano, mentre con l’altra mi facevo aria verso la lingua. Sentii una risata. “Lo immaginavo che si sarebbe svegliata se le avessi messo vicino qualcosa di commestibile…” commentò Piton divertito. Io lo guardai offesa. “Appena sfornati dagli elfi domestici giù in cucina…glieli mandano le signorine Haliwell e Granger…” spiegò, avvicinandosi e sedendosi sulla sedia accanto al letto. Appena la mia lingua ristabilì la sua sensibilità, gli risposi. “Sono venute a trovarmi? Come sapevo che ero qui?” chiesi. Piton guardò con interesse i biscotti sul tavolo. “Ho trovato la signorina Haliwell che la stava cercando dopo cena, ed è venuta qui…” mi rispose, guardando ancora i biscotti. Sorrisi e gli e ne porsi uno. Piton accettò. “Stia attento…scotta…” suggerii. “Non si preoccupi…non sono come lei…lo so che devo soffiarci sopra di mangiarli…” rimbeccò, acido. Arrossii, poi presi un altro biscotto. Ci soffiai sopra, poi ne mangiai un morso. “Professore?” lo chiamai. Piton annuì. “Quando tornerà Silente?” chiesi. Lui mi guardò stupito, poi tornò serio. “Non ne ho idea…” rispose secco. “Sinceramente però la sua idea di dileguarsi non è stata delle migliori…” sbottai, guardando la mia fasciatura. Piton si alzò e andò a prendere delle bende e la solita boccetta. Mi tirai le coperte fino sulla testa per evitare il bruciore della pomata. “Avanti signorina Wyspet…ha sedici anni…” mi rimproverò. Io scossi la testa. “Non mi costringa ad usare le maniere forti…” continuò, cercando di essere diplomatico. Scossi ancora la testa. Piton sbuffò e tirò via la coperta. Stavolta fui io a sbuffare. Si sedette sul bordo del letto vicino a me, poggiando tutto sulla sedia. Mi tolse la benda. La parte che era a stretto contatto con la pelle era rosso vivo. Non osai guardare in che stati fosse, così chiusi gli occhi. Il tocco gelido della pomata mi fece cacciare un gemito di dolore. Con l’altra mano cercai nel vuoto, finché non trovai un appiglio. Strinsi più forte che potevo. Sentii un fruscio. Pian piano Severus iniziò ad avvolgermi la mano con la benda. “È troppo stretta!” commentai, a denti stretti. “Deve stare così stretta…altrimenti la pomata non penetrerà bene e non farà effetto…oppure vuole forse rimanere con quei graffi per il resto dell’anno?” spiegò, continuando. Scossi la testa. Stringevo ancora il mio appiglio. “Dunque stia ferma!” mi ordinò, bloccandomi la mano. “Spero che Silente torni presto e butti fuori a calci la Umbridge!!” esordii, guidata dal dolore. Piton sospirò divertito. “Ho finito…può riaprire gli occhi…e lasciarmi il mantello…” disse. Ecco cos’era stato il mio appiglio. Obbedii e riaprii gli occhi. “Tenga…infondo si è mossa meno del solito…” sorrise, dandomi un biscotto. Sorrisi soddisfatta e lo mangiai in un boccone. “Posso chiederle una cosa?” chiesi, appena tornò a sedersi sulla sedia vicino al letto. Piton annuì non convinto. “Le piacciono i bambini?” continuai. Lui alzò un sopracciglio. “Non molto…troppo chiassosi…” rispose. Ci rimasi un po’ male. L’immagine della piccola Eveline iniziò ad appannarsi. “Nemmeno…se fossero suoi?” chiesi ancora, un po’ incerta. Severus mi guardò stranito. “Come mai queste domande?” rispose. “Mi risponda!!!” protestai io. Lui alzò le spalle. Arrossii. “Non mi dica che pensa già al suo futuro…” disse divertito. Diventai ancora più rossa in viso. “Non fa male…sognare un po’…” sussurrai, imbarazzata. Severus mi guardò. “Comunque…non mi dispiacerebbe avere qualche creatura chiassosa che mi gira intorno…” disse poi, voltando lo sguardo dalla parte opposta. Sorrisi. “Se dice creatura chiassosa sembra un animale domestico…” osservai, divertita. Piton sbuffò. “Mi piacerebbe una bambina…per poter spazzolarle i capelli ogni sera…” spiegai, prendendo un biscotto. Lui si girò ancora e mi guardò dubbioso. “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire e cento appena sveglia…come le principesse…” spiegai. “Quando ero piccola mia madre lo faceva sempre…” conclusi. “È per questo che ha aiutato quella ragazzina del primo anno?” chiese d’improvviso. Io scossi la testa. “Forse…però, di questi tempi…quelli del primo anno sono arrivati in un brutto periodo…è meglio aiutarli e proteggerli più che si può…” risposi. Severus sorrise. “Anche se forse dovrei prima imparare a proteggere me stessa…non sarei in grado di aiutare nessuno…” sospirai tristemente, guardandomi la fasciatura. Piton scosse la testa. “A lei può non essere sembrato nulla il gesto che ha compiuto nei confronti di quella studentessa…però si renda conto che, in mezzo ad una scuola in cui i più grandi pensano per se, anche un semplice aiuto che lei reputa insignificante può valere qualcosa…” spiegò. In effetti non avevo valutato la cosa dal punto di vista di Sicily. Forse le avevo dato davvero un grande aiuto. “Grazie…” sorrisi. Mi sporsi e gli diedi un bacio sulla guancia. Severus si girò verso l’orologio. La sua timidezza era irresistibile. “Come si sente?” mi chiese, ancora voltato. “Un po’ meglio…i biscotti mi hanno rinforzata!” esclamai, saltando in piedi. Subito mi venne un capogiro che mi costrinse a buttarmi sul letto. “Torni sotto le coperte…non riesce nemmeno ad alzarsi…” mi ordinò. “Quindi posso rimenare?” chiesi, speranzosa. Piton sbuffò. “Ovvio signorina Wyspet…” rispose. Sorrisi entusiasta e battei le mani. Grosso errore. La fasciatura tirò e mi maledissi. Mi trascinai fino al cucino, già affaticata. Severus mi rimboccò la coperta. Prima che si potesse allontanare lo presi per il mantello. “Non vado da nessuna parte…” commentò seccato. “Stia qui con me…per davvero stavolta…così potrò sognare come si deve…” sorrisi. Lui sbuffò. Cercò di liberarsi dalla stretta, poi si arrese e si sedette sul bordo del letto. Mi girai su un fianco verso di lui. “Può anche lasciare la presa…” precisò acido. Scossi la testa. “Poi però lei se ne va…” risposi, triste. Severus mi guardò divertito. Mi sciolse la mano e l’appoggiò accanto al cuscino. “Promette di rimane qui con me?” gli chiesi. Lui annuì. “Basta che non pretenda che le canti anche la ninna nanna…” scherzò. “Nothing's gonna harm you, not while I'm around…” iniziai a cantare. Severus mi guardò. “Nothing's gonna harm you, no sir, not while I'm around…” continuai, quasi in un sospiro. Iniziò ad accarezzarmi piano la mano. “Demons are prowling everywhere, nowadays, I'll send 'em howling, I don't care, I got ways…” sussurrai, stringendomi nella coperta. Lui continuava a guardarmi. Mi sentivo un cucciolo malato. “No one's gonna hurt you, no one's gonna dare…” provai di proseguire. Il sonno stava arrivando. E il professore se ne accorse. “Others can desert you, not to worry, whistle…” cercai di finire. Mi si stavano chiudendo gli occhi. Vidi Severus sorridere. “…I'll be there” concluse per me. Rimasi un poco stupita, poi però, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quelle ultime parole. Sarebbe stato bello addormentarsi ogni sera con quel sorriso. Sapere che se avessi allungato una mano, lui sarebbe stato li.

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Capitolo 16
*** I'm So Sick ***


Buonsalve *w* secondo aggiornamento dell'anno <3 come ve la passate? superate le vacanze di Natale? u.u oki, la smetto di tergiversare xD o almeno vi aspetto dopo la lettura del cap al banco 3 u.u c'è il rinfresco *^* *indica* bando alle ciance, inquesto capitolo abbiamo Gabriel di Lamb e I'm So Sick dei Flyleaf, con il solito accenno ad Everuthing dei Lifehouse *w*

Avvertenze: OCCtà, eventi alquanto tristi e al banco 3 ci sono le bamboline voodoo di Josh u.u

Ora vi lascio al capitolo,
Buona lettura <3



16° Capitolo

Feci un sogno molto realistico. Era iniziato con una stanza. Io, Anna ed Hermione chiacchieravamo tranquille, sorseggiando un tè. Per poi andare sull’argomento figli. E così scoprii non solo, di essere sposata con Severus, ma di aspettare pure un bambino! Avevo iniziato a passare una mano sulla mia pancia, quando d’improvviso mi trovai su un letto. Aprii gli occhi di scatto. “Eveline!” esclamai, portandomi una mano alla pancia. Non era più quella di una donna incinta. Presa dal panico mi guardai in giro, poi riconobbi il posto. Era la stanza di Piton. Tornai ad appoggiare la testa sul cuscino. Solo allora capii che era stato un sogno. Vidi le bende sulla mano, che confermavano il mio ritorno alla realtà. Solo quando mi voltai, lo vidi. Severus era seduto sulla sedia. Sobbalzai imbarazzata. Poi notai che aveva gli occhi chiusi. Sulle ginocchia un libro, che sembrava dovesse cadere da un momento all’altro. Mi alzai a sedere. Presi l’oggetto e lo riposi sul comodino. Allora Severus era rimasto vicino a me tutto il tempo? Dopotutto, oramai sapevo che il professore manteneva tutte le promesse. Sorrisi e gli diedi un bacio sulla fronte. “Professore?” lo chiamai. Ripetei un paio di volte. Piton non mosse un muscolo. Gli accarezzai la testa e mi avvicinai. Poggiai la sua testa sul mio petto. D’improvviso lui mi cinse i fianci con le braccia e mi tirò a se. La testa ancora appoggiata. Arrossii. Il suo respiro era tranquillo. Stava dormendo. Come quella volta in cui dormimmo assieme. Gli accarezzai ancora la testa. Piano. “Grazie di starmi vicino…grazie di sopportarmi…grazie di proteggermi…grazie…di esistere…ti amo Severus…” gli sussurrai. Mi sarebbe piaciuto potergli dire quelle cose. Avrei voluto che le sentisse. “Sei un viaggio che non ha ne' meta ne' destinazione, sei la terra di mezzo dove ho lasciato il mio cuore…” cantai piano. In un sospiro. Gli diedi un altro bacio sulla guancia. “Se non vai via, l'amore è qui…” continuai. Sorrisi. Sentivo il rumore del suo respiro. Era vicino al mio cuore. Lo faceva battere all’impazzata. Guardai l’orologio. Erano le due passate. Era ora di dormire. Per lui almeno. A malincuore mi liberai dall’abbraccio. Gli diedi una pacca sulla spalla per svegliarlo. E ancora una. E una ancora. “Severus…” sussurrai. Vidi i suoi occhi aprirsi piano. Sorrisi. “Ma cosa…?” si chiese, guardandosi in giro. “Si è addormentato…” dissi subito. Lui si alzò. “È tardi…dovrebbe andare a dormire…” suggerii. Piton mi guardò ancora stranito dal risveglio. “Non avrà intenzione di andare in dormitorio da sola mi auguro!” commentò acido. Scossi la tesa. Il professore evitò il mio sguardo. “Posso sempre dormire sul pavimento…con una coperta…” dissi tranquilla. “Nemmeno per sogno…le ricordo che è svenuta ieri sera!” rimbeccò. “Solo perché non avevo mangiato…ma ora sto bene…” precisai. Piton si guardò in giro. “Potremmo…dividerci il letto…” tossii. “Dormirò io sul pavimento!” rispose convinto. Scossi la testa. “Non è giusto che le rubi il letto…ce lo dividiamo…stia tranquillo, prometto di non buttarla giù…” scherzai. Lui mi guardò serio. “Sta scherzando spero…” commentò. Io scossi ancora la testa. “Le ricordo che sono un suo professore…non posso di certo dormire con lei!” rimbeccò, tintinnando un poco. Cercava di mantenere il suo tono serio, ma le guance arrossate dicevano il contrario. “È un’emergenza! Però se vuole posso tornare nel mio dormitorio…tanto sto bene…” proposi, rassegnata. “Nemmeno per sogno!” rispose subito Piton. Si vedeva che era combattuto sul da farsi. Se solo quei due stupidi anni fossero già passati. Niente più formalità, niente più professori ed alunni. “Sarò costretto ad accettare la sua proposta…” rispose, seccato. Sorrisi. “Io sto a sinistra!” esclamai, fondandomi sul lato sinistro del letto. Severus non disse nulla e si sedette dalla parte destra. “Scusi…ma lei dorme vestito? Non ha un pigiama?” chiesi, curiosa. “Ho un contegno io signorina Wyspet…” rispose acido. Risi. “Allora…buona notte!” dissi divertita. Lui non rispose. “Nox!” sussurrò, e la luce si spense. Mi voltai dandogli la schiena. Anche se avrei voluto stringermi a lui. Però aveva ragione. Nelle mura di quella scuola eravamo ancora professore ed alunna. I rapporti umani erano limitati tra queste categorie. “Professore?” lo chiamai. Lo sentii sbuffare. Aspettai dieci minuti. “Professore?” lo chiamai ancora. “Cosa c’è?!” rimbeccò. “Sta dormendo?” chiesi, un po’ delusa dal tono che aveva usato. “Certo che no! Altrimenti non le avrei risposto le pare?” commentò seccato. Sospirai e mi alzai. Iniziai a cercare le Converse. “Cosa vorrebbe fare?” chiese acido il professore, accendendo poi la luce. “Me ne torno in dormitorio…” risposi, triste. Piton mi guardò alzando un sopracciglio. “Sta scherzando spero!” commentò, alzandosi a sedere. Scossi la testa. “Non vuole che rimanga qui…” sbottai, infilandomi la prima All Star. Lui rimase in silenzio. Iniziai a trafficare con i lacci. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Mi fermai. “Non le permetterò di girare per i corridoi a quest’ora…” continuò. “Però le da fastidio che rimanga…” sussurrai triste. “Non dica sciocchezze! È solo che è una situazione…” proseguì, incerto. “…imbarazzante?” conclusi io. Lui annuì. “Tra due anni non lo sarà più…” ebbi il coraggio di dire. Severus mi guardò. Mi tolsi la Converse e tornai sul letto. “Spero che passino presto…” dissi, rossa in viso. Piton spense la luce. Stavolta però si avvicinò di più. Appoggiai la mano sul cuscino. Il buio totale non mi permetteva di vedere nulla. Sentii qualcosa sulla gamba e tirai un urletto. “Scusi…non volevo…ecco…” cercò di dire il professore. Sorrisi. “Non si preoccupi…piuttosto…non riesce a dormire?” chiesi. Silenzio di qualche minuto. “No…” rispose piano Severus. “Agitato?” dissi divertita. “Figuriamoci!” esclamò acido lui. Ridacchiai. “Se vuole posso cantarle qualcosa…” sorrisi. Non mi rispose. Sentii che si muoveva. Presi il bordo della coperta e mi coprii fino alla vita. “Ha freddo?” mi chiese. “Un poco…” risposi. Mi vennero in mente tutti i riferimenti che faceva Anna ogni volta che parlavo di nozze. La prima notte. Arrossii. Allungai una gamba e urtai qualcosa. “Mi scusi!!!” dissi subito. Lo sentii ridere divertito. “Sembriamo due adolescenti…” disse poi. “Io sono un’adolescente!” gli ricordai. Poi risi anche io. Decisi di fare la persona seria per una volta, e mi avvicinai decisa. Allungai una mano tastando nel vuoto, fino a trovare un appiglio. “Quello è il mio braccio…” commentò il professore. Sorrisi. Scesi fino ad arrivare alla mano. Mi avvicinai ancora e presi la sua mano tra le mie. Poi la portai vicino al mio viso. Ci poggiai le labbra e gli schioccai un piccolo bacio. Severus si mosse, poi indeciso, si avvicinò. Un ragazzo della mia età non si sarebbe fatto scappare l’occasione. Il romanticismo era una cosa superata oramai. Però Severus no. Era un uomo così dolce e galante. Timido e sincero. “I can fly, but I want his wings…” iniziai a cantare, tenendo stretta la sua mano. “Signorina Wyspet…non è necessario…” protestò lui. “I can shine even in the darkness, but I crave the light that he brings…” continuai. Nonostante si muovesse agitato, la sua mano stava placida tra le mie. Il mio respiro che sfiorava la sua pelle. “Revel in the songs that he sings…my angel Gabriel…” proseguii, chiudendo gli occhi. Il professore si arrese. “Non è leale così signorina Wyspet…lo sa che quando canta non riesco a fermarla…” sbottò. Sorrisi. “I can love, but I need his heart…” sussurrai. Sentii il suo respiro primeggiare sul silenzio. “I am strong even on my own, but from him I never want to part…” sospirai. Pian piano Severus is avvicinò, fino a che le nostre gambe si toccarono. “He's been there since the very start…my angel Gabriel…” conclusi. Si era tranquillizzato. Ci fu un breve silenzio. “Buonanotte professore…le voglio bene…” sussurrai. “Signorina Wyspet…sappia che la proteggo volentieri…non serve che mi ringrazi…” rispose piano. Sussultai. Aveva sentito ciò che gli avevo detto prima?! Quindi mi aveva anche sentita dire. “Buonanotte…Giulia…” disse poi. Il cuore mi batteva a mille. Gli avevo detto che lo amavo. E lui l’aveva sentito davvero. Dopotutto quei due anni sarebbero passati in un lampo. E saremmo stati finalmente felici. O almeno, speravo che accadesse.
Mi svegliai piano. Ripercorsi gli eventi della notte prima. Subito strinsi la mano. Era vuota. Iniziai a tastare intorno a me per cercarlo. Avevo paura fosse stato tutto un sogno. Un bel sogno di una notte. Non trovando nulla aprii gli occhi. Ero da sola nel letto. Mi guardai in giro dubbiosa. Ero nella stanza del professore, ma lui dov’era? Guardai l’orologio. Indicava le 11.30. Non seppi trattenere uno sbadiglio. Scostai le coperte ed un brivido di freddo mi passò lungo la schiena. “Finalmente si è svegliata…” commentò una voce. Mi voltai verso l’ufficio. Dalla porta spuntava Piton. Arrossii. “Da quanto è sveglio?” chiesi. “Un paio di ore…sono mattiniero…al contrario di lei…” mi prese in giro. Sbuffai. “Giusto in tempo per colazione…” sospirai, affamata. Severus rise divertito. “Ieri si è imbottita di biscotti, ed ha ancora fame?” esclamò. Io annuii sorridendo. Mi infilai le Converse e mi stiracchiai. “Dormito bene?” chiesi. “Non molto…ha scalciato tutta la notte…” rispose seccato. Arrossii. “Mi...scusi…” dissi, dispiaciuta. Piton ghignò. “Stavo scherzando…mai dormito meglio!” commentò. Gli tirai un pugno al braccio. “Non si dicono certe cose ad una signorina!” sbuffai. Lui si guardò in giro. “Io di signorine non ne vedo…” rispose maligno. Lo guardai offesa. “Anche io ho dormito bene…” precisai. Ci guardammo e sorridemmo. “Ora vada, altrimenti arriverà in ritardo per la colazione…” disse. Annuii. “Grazie ancora per ieri sera…e per…stanotte…” sorrisi. Gli diedi un bacio sulla guancia, poi corsi via. Oramai era una gesto quotidiano. Arrivai in dormitorio poco dopo. Mi fiondai sotto la doccia senza nemmeno salutare Anna ed Hermione, e mi cambiai. “Ciao eh!” commentò la prima, appena uscii dal bagno. La salutai con la mano. “Cos’è questo buon umore di domenica?” chiese il prefetto. Io alzai le spalle. “Avanti, sputa il rospo! Hai passato la notte da Piton! Quindi…” cercò di intuire Anna. “Nulla…abbiamo dovuto dividere il letto…” dissi tranquilla. Il libro che Hermione stava leggendo cadde a terra con un tonfo. Anna battè le mani. “E bravo il professore!!” sorrise la prima. “Non è successo nulla…abbiamo solo dormito vicini…tutto qui…” precisai. “Come tutto qui?! Ti sembra poco?!” esclamò il prefetto. “Sembrava un adolescente…così…dolce…” cercai di spiegare. Anna sbuffò. “Insomma un imbranato cronico…” sbottò poi. La fulminai con lo sguardo. “Piton è d’altri tempi…non è come i ragazzi d’oggi, che appena vedono un letto pretendono di sperimentare la consistenza delle molle…” osservò Hermione. Ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere. “Sarà comica la prima notte di nozze…” disse Anna, ancora tra le risate. Le tirai un cuscino. “Io dico che sarà romantico…” sospirò Hermione. “Io scommetto che non combineranno nulla…” ghignò la castana. “E io dico che sarà romantico!” rimbeccò ancora il prefetto. Io tossii. “Vi dispiace non scommettere sulla mia futura notte di nozze?” chiesi, seccata. Le due fischiettarono finte innocenti. “E comunque, vedrete! Le gesta del Piton(e) si riconosceranno!!” completai. Anna scoppiò a ridere, mentre Herm arrossì. “Andiamo a colazione….vi prego…” sospirò esasperata. Io e la castana sorridemmo complici. Tutte  tre ci dirigemmo in Sala Grande, dove gli studenti, appena svegliati, si appostavano sul tavolo nella tipica posizione da “è stato il mio compagno di stanza a buttarmi giù dal letto, io volevo dormire ancora”. Appunto, trovammo Harry e Ron, con la testa affondata nelle braccia incrociate, appoggiate sul tavolo. Passando, Anna diede un pugno sulla testa a Ron, che sobbalzò, guardandosi in giro. “Quanta vivacità! No vi prego, non parlate tutti insieme!” dissi sarcastica. Harry grugnì qualcosa. Due ragazzi alti e slanciati, riconoscibili dai capelli rossi, si sedettero al tavolo qualche minuto dopo di noi. Dalla loro parte si levò un brusio. “Andiamo a vedere?” iniziò a strepitare curiosa Anna. Io alzai le spalle. Hermione ci seguì annoiata, più che altro per non rimanere da sola con i due bradipi dalle sembianze umane. Sentimmo una ragazza squittire qualcosa. “Salve…cosa c’è di nuovo?” chiese Anna. Tutti si voltarono verso di noi. Hermione si portò le mani alla bocca. L’occhio destro di Fred era di un colore blu, non molto confortante. “Cosa…che ti è successo?” chiesi, stupita. Lui alzò le spalle pacato. “Niente…” rispose tranquillo, scoccandomi un sorriso. “Fred! Hai l’occhio che si vede da qui a Hogsmeade! Non può essere nulla!” rimbeccò preoccupata Hermione. Lui alzò ancora le spalle. “Ha avuto qualche incomprensione con un idiota ieri…” rispose George. “Ha fatto rissa con Josh…” sintetizzò Mary Kate, apparendo con Ginny. Lo guardai allibita. “A quanto pare qualche stupido ha spifferato che ha ballato con te lunedì sera, alla festa…” iniziò a dire quest’ultima. “Così quell’idiota ha pensato che lui e Giulia stessero assieme?” dedusse Hermione. George annuì. Mi sentivo mortificata. Ora ogni persona a cui stavo vicino era minacciata?! “Scusa Fred…mi dispiace…” mi scusai, rammaricata. “Tranquilla…non è nulla…lui ne ha prese il doppio! Non sono mica una femminuccia!” commentò, mettendosi in posa per mostrare i muscoli. Ginny gli tirò un pugno sulla testa, e lui si lamentò. “Scusa…non lo sapevo…” continuai a scusarmi. “Tranquilla…quello è malato…” disse una ragazza, vicino a Fred. Strinsi i pugni. Mi voltai verso il tavolo di Corvonero. Lui era li, che parlava tranquillamente con Keith. Mi scusai ancora, poi mi diressi verso il suo tavolo. Hermione mi prese per un braccio, ma mi liberai. Marciai sicura verso di lui. “Josh…mi sa che hai visite…” ghignò Keith, indicandomi. Il ragazzo si girò e rimase stupito nel vedermi. “Giuly…” iniziò a dire. Un brivido di orrore mi percorse la schiena. In effetti anche Josh aveva un bell’occhio nero. “Come ti sei permesso di andare a picchiare un mio amico?! Come hai potuto!” strepitai, furiosa. Lui abbassò lo sguardo. “Amico? Non è forse il tuo nuovo ragazzo? Quello del ciondolo?” chiese. “No! Fred non centra!” risposi, subito. “Davvero? E allora perché ci hai ballato?” sbottò, alzandosi. Incrociai le braccia al petto. “Non sono affari tuoi…non devo giustificarmi con te!” rimbeccai. Lui fece un passo in avanti. Sapevo che quella scenata mi sarebbe costata una ventina di frasi dalla Umbridge, ma non mi importava. “Ed invece si!” sbottò Josh. “Da quello che mi risulta non siamo più assieme, quindi posso fare quello che mi pare! Posso ballare con chi mi pare! Posso stare con chi mi pare!” risposi. Ero davvero arrabbiata. Il suo sguardo era fisso su di me. Osservava la mia mano. “Ti chiedo solo una seconda possibilità…” disse, languido. Prima che potessi rispondere, mi prese la mano destra nella sua. Dovevo bloccare i flashback. “Credimi, è meglio per tutti e due…” sospirai, cercando di liberarmi. Lui strinse la presa. “Se davvero non c’è nessun altro, esci ancora con me!” propose. Scossi la testa. “Tel’ho già detto che…” iniziai a ripetere. Josh mi strinse la mano e mi tirò a se. Arrossii smisuratamente e cercai di spingerlo via. “Ti prego…smettila…non…ce la faccio…” cercai di dire. L’odore di alcool dell’ultimo sabato sera mi tornò nelle narici. Era vivido nella mia mente. Spezzoni di quella sera andavano ad intermittenza. Non capivo più nulla. Riuscii solo a voltarmi verso il tavolo insegnanti. La Umbridge guardava la scena con un ghigno. Stava aspettando che tutto finisse per potermi punire. La McGranitt era indecisa sul da farsi. E poi lui. I suoi occhi su di me. Su di noi. Non volevo che mi vedesse tra le braccia di un altro. Non lo sopportavo. Sentii una voce famigliare. “Lasciala stare!” sbottò Anna, venendo in mio soccorso. Keith si alzò e la tenne ferma. “Mollami!!!” ringhiò, furiosa. “È una cosa fra loro darling…lasciali stare tranquilli…” le sussurrò lui. “Non chiamarmi darling!” sbraitò la ragazza, tentando di scacciare l’innamorato. Josh aveva iniziato a stringermi la mano. Mi faceva male. “Dimmi che non c’è nessun altro…” iniziò a dire. Aveva la voce tremante. Non risposi. “Avanti…dimmelo!” ordinò, alzando la voce. Rimasi zitta. La presa si strinse ancora. Avrei voluto urlare. Picchiarlo così tanto da ridurlo implorante ai miei piedi. Però non lo feci. Nella mia testa vorticavano immagini sconnesse. Cercai di concentrarmi su qualche ricordo felice, come per evocare un Patronus. Ma non ci riuscii. “Questo… non è il tuo profumo…” commentò Josh. Il suo respiro mi sfiorava il collo. “Co…cosa?” chiesi. La sua stretta aumentò. Con l’altra mano mi tenne stretta a se, poi mi toccò il sedere. La testa stava per scoppiarmi. Come poteva umiliarmi così, davanti a tutti? Cercai di contenermi. La mia rabbia non riusciva ad avere la meglio sulla tristezza. “Hai dormito con lui? Avanti dimmelo!” urlò furioso Josh. Non poteva essersene accorto. Non mi ero lavata i capelli prima, altrimenti sarei arrivata in ritardo. Il profumo del cuscino. Delle lenzuola. Il suo profumo. Ancora non risposi. “Dimmi chi è! Dimmelo così gli spacco la faccia! Nemmeno sua madre lo riconoscerà più!” ringhiò. Scossi la testa. “Avanti! Rispondimi!” continuò ad insistere. Sentivo gli sguardi dell’intera Sala Grande su di noi. “Sei andata a letto con lui! Come hai potuto! Io…ti amo, non lo capisci!” iniziò a sbraitare Josh, strattonandomi. “Smettila Josh! Lasciami in pace!” risposi. Fu un attimo. Lo vidi alzare la mano. E un secondo dopo, sentii dolore ad una guancia. La mano di Josh a mezz’aria. Barcollai. “Giulia!” sentii urlare da Hermione. Un brusio si levò dal tavolo vicino. “Maledetto! Ora ti uccido!!!” iniziò a gridare Anna, tentando di liberarsi. Mi portai una mano sulla guancia. Lo schiaffo che avrebbe dovuto darmi una settimana prima. Quella sera. Non capivo più nulla. “Sei una…una…” cercò di dire Josh. Le lacrime mi offuscavano la vista. Indietreggiai e, prima che Josh potesse finire la frase, corsi via. Superai i tavoli che mi separavano dall’uscita, poi andai a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo e riconobbi il mio professore. “Mi…scusi…io…” dissi, tra i singhiozzi. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Scossi la testa e lo sorpassai. Scappai fuori dalla Sala Grande. Corsi a perdifiato, fino a che dovetti fermarmi. Volevo un posto tranquillo, dove poter sfogarmi, piangere, urlare. La Stanza delle Necessità non tardò ad esaudire il mio desiderio. Una porta comparve e la aprii subito. Dava su una stanza spoglia. Male illuminata. Mi sedetti per terra, in un angolo. Mi rannicchiai con le gambe contro il petto. La guancia pulsava, e la mano aveva ripreso a farmi male. Continuai a piangere finché non abbi più lacrime da poter versare. Solo allora mi alzai. Iniziai a sfogarmi nell’unico modo che conoscevo. “I will break into your thoughts, with what's written on my heart…I will break, break…” iniziai, imitando la cantante, che urlava per la maggior parte della canzone. Tirai un pugno al muro, con la mano buona. La rabbia stava uscendo. “I'm so sick, infected with, where I live…let me live without this empty bliss, selfishness…I'm so sick…” continuai. Perché non ero riuscita a far nulla? Ad impedirgli di trattarmi come un rifiuto. E soprattutto, perché mi sentivo così male? Una piccola parte di me si chiedeva come mai Piton non mi avesse aiutato. Aveva promesso di difendermi, di proteggermi. E non l’aveva fatto. La mia guancia rossa e dolorante lo confermava. Scossi la testa per cacciare questi pensieri stupidi. Dopotutto Piton non poteva permettersi di corrermi incontro e pestare Josh per me. Nell’ambito privato, per tutti eravamo studentessa e professore. Niente promesse, niente notti passate a chiacchierare davanti al camino. “…I'm so sick…” urlai ancora, con tutta la forza che riuscii a raccogliere. Mi aveva umiliato. Mi aveva toccato il sedere davanti a tutta la scuola. E sicuramente Severus ci aveva visto. Avrà pensato che fossi una sciocca ragazzina. “If you want more of this, we can push out, sell out, die out…” proseguii, per riprendere fiato. No. Lui sapeva come stavano le cose. Sapeva che non riuscivo a reagire contro Josh. La mia testa andava dove voleva quando ero contro di lui. “So you'll shut up, and stay sleeping with my screaming, in your itching ears…” sussurrai. Se avessi avuto la bacchetta avrei iniziato a scagliare incantesimi a ripetizione. Non sopportavo che Josh riuscisse a mettermi paura. Ero uno dei tre uragani di Hogwarts che diamine! Ne avevo suonate tante nel corso degli anni a Millicent e Pansy! “Hear it, I'm screaming it! You're heeding to it now…hear it! I'm screaming it…you tremble at this sound…” dissi, in un sibilo. Avrei voluto che lui fosse li. Che Severus fosse li. Come sarei potuta tornare dal mio professore? Ero stata umiliata davanti ai suoi occhi. Ci aveva visti. Aveva visto la sua mano toccarmi. Un brivido di disgusto mi pervase. “You sink into my clothes…this invasion makes me feel…worthless, hopeless, sick…” continuai. Avevo la testa confusa. Un mare di pensieri vorticavano senza un nesso logico. Volevo solo urlare. Piangere. Cancellare tutto. Volevo tornare in quella camera, dove tutte le mie preoccupazioni svanivano. Dove stava il mio principe protettore. “I'm so sick, infected with, where I live…let me live without this empty bliss, selfishness…I'm so sick…” urlai. Portai una mano al ciondolo. Bruciava. Come quella sera. Mi chiedevo se pronunciando il suo nome sarebbe apparso. Però. Come avrei fatto a farmi guardare ancora in faccia da lui. “I'm so, I'm…” proseguii, appoggiandomi alla parete e scivolando fino a sedermi. Stringevo il ciondolo. Perché mi sentivo così male? Forse era la volta buona in cui ero impazzita del tutto. I miei nervi non avevano retto, ed ora mi sentivo. “…so sick…” sillabai infine. In un sussurro. Quegli occhi scuri. Ogni volta che stavo male. Quelle mani delicate. Ogni volta che mi sentivo morire dentro. Quella voce. Ogni volta che avevo bisogno di lui. Era accanto a me. Infondo ero davvero una bambina. Stupida, che credeva di tenere in pugno il mondo. Non sarei stata in grado di difendere nessuno. Tanto meno un bambino. Forse Severus era davvero destinato a stare con Lily. Da quanto raccontava qualche volta Sirius era davvero una brava donna. Coraggiosa. Una vera Grifondoro. Che non temeva nessuno. Aveva protetto Harry dando la sua vita. E io. Non sapevo nemmeno fronteggiare un mio coetaneo. “Severus…mi dispiace…” sussurrai, in lacrime. Non me lo meritavo. Forse aveva ragione. Eravamo due generazioni opposte. Potevo essere sua figlia. “Find me here, speak to me…I want to feel you, I need to hear you…” iniziai. La sua canzone. Il compleanno. Quando l’unico mio problema era non farmi beccare dalla Umbridge. “You are the light that's leading me, to the place, where I find peace…again...” continuai, singhiozzando. Volevo tornare la solita Giulia. Quella che si batteva con sicurezza contro la Umbridge. Quella che poteva girare liberamente per Hogwarts la sera. Quella che sorrideva sempre. “You are the strength that keeps me walking, you are the hope that keeps me trusting…” sussurrai. Incrociai le braccia e le appoggiai sulle ginocchia. Poi ci affondai la testa. “You are the life to my soul, you are my purpose…you are everything…” dissi, piano. Le parole soffocate dalle lacrime. “Dovevo immaginare che fosse qui…” sentii. Alzai la testa sorpresa. “In Sala Grande si è creato un caos enorme…Josh ha rischiato di essere linciato dal tavolo di Grifondoro…” disse ancora divertito. Piangevo ancora. “A quanto pare il ciondolo funziona a meraviglia…” commentò ancora Piton. Mi tese una mano. “Avanti, si alzi…la porto in dormitorio…non ha mangiato nemmeno oggi…” disse. Io scossi la testa e abbassai lo sguardo. Un rumore di passi. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. “Mi…scusi…mi…dispiace…io…non sono riuscita a…sono un’incapace… un’inetta…Eveline non avrà affatto una buona madre…” singhiozzai. Piton si sedette accanto a me. “Lei non è affatto un’incapace! Non si sminuisca così!” mi rimproverò. Scossi la testa dispiaciuta. Il professore sobbalzò d’improvviso. “Ha detto…madre? Chi è questa Eveline?” chiese subito. Arrossii, imbarazzata. “Nulla…una…cosa mia…” risposi. “Ora capisco…immagino che sia uno dei suoi pensieri futuri giusto? La bambina di cui mi ha parlato ieri, quella dei cento colpi di spazzola?” mi chiese ancora. Annuii. “Eveline…” ripeté poi lui. “Se non le piace il nome possiamo cambiarlo…” dissi subito. Quanto ero stupida. Non avevo nemmeno ancora compiuto di sedici anni, e già mi preoccupavo di queste cose. Figurarsi se Piton aveva mai pensato ad una futura famiglia. “Un nome carino…però…chi dice che sarà femmina?” replicò, sorridendo. Lo guardai. Mi buttai tra le sue braccia e scoppiai ancora a piangere. “Signorina Wyspet…si calmi…è tutto apposto…” disse stupito il professore. Continuai a singhiozzare. “…è tutto apposto ora…” ripeté Severus. Con una mano iniziò ad accarezzarmi la testa. Mentre con l’altra mi stringeva a se. Would you tell me, how could it be, any better than this.

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Capitolo 17
*** Take It Easy ***


Buonsalve *-* mea culpa, non aggiorno da una settimana quasi u.u che potrebbe anche essere un tempo normale, ma invece no D: sono molto altalenante, sorry u.u anyway ecco qui il nuovo cap, in cui non abbiamo nemmeno una canzone D: questo capitolo in originale lo postai a 17 anni, quindi ben (quasi) cinque anni fa °_° come vola il tempo °_° oki, bando alle ciance xD

Avvertenze: OCCtudine, avventimenti futuri con oggetti reinterpetati (??)

Bene, vi lascio al capitolo *_*
Buona lettura <3



17° Capitolo

Piansi. Piansi tutte le lacrime di questo mondo. Piansi per tutta la rabbia che provavo. Piansi perché la tristezza non voleva andare via. Poi, quando versai anche l’ultima lacrima, rimasi li, tra le sue braccia. Severus non aveva smesso un attimo di sussurrarmi che andava tutto bene. Aveva continuato ad accarezzarmi la testa, ad abbracciarmi. “Riguardo all’argomento di prima…” iniziò a dire. Avevo ancor al testa appoggiata al suo petto. Tenevo stretti due lembi della casacca. Non volevo che andasse via. “…Eveline è un bel nome…” disse ancora. Alzai lo sguardo. “Anche se, dopotutto, potrebbe anche essere un maschio…” continuò. Lo guardai stupita. “Qualche proposta?” chiese, sorridendo. “No…ho sempre pensato a lui…come ad una femminuccia…” spiegai, arrossendo. Piton mi guardò curioso. “Oppure due…la prima…Eveline…poi…la seconda…Violet…” raccontai. Il professore annuì curioso. “Una con i capelli corvini e gli occhi nocciola…” continuai. “E l’altra con i capelli castani e gli occhi scuri?” ipotizzò lui. Io annuii. Poi mi rattristai. “Non sarò in grado di essere una buona madre…non so nemmeno proteggere me stessa…” sospirai. Severus scosse la testa esasperato. “Quante volte devo ripeterglielo? Un solo fatto non può influire sul carattere di una persona…lei è dolce, gentile e premurosa nei confronti degli altri…basta vedere la sua mano…quante punizioni ha già subito per difendere le sue amiche?” mi rimproverò. Non risposi. “Sono certo che la nostra Eveline se la caverà…soprattutto se sarà bella come la madre…” sussurrò Severus, alzando lo sguardo. Le sue guance avevano preso colore. Rimasi piacevolmente sorpresa da quella affermazione. “Professore…non voglio uscire da questa stanza…non voglio tornare la fuori…” dissi, stringendomi a lui. “Dovrà uscire prima o poi…non può starsene chiusa qui per sempre…come farà per le lezioni? E non dimentichiamo le sue visite al mio ufficio…” commentò. Feci un sorriso tirato. Nemmeno la notizia del ripristino delle visite serali al suo ufficio riuscivano a farmi andare via tutti quei sentimenti che si affollavano nel mio cuore. E le voci nella mia testa. “Comunque non è detto che lei debba uscire subito…” precisò Piton. Sospirai rassicurata. “Rimarrà con me?” gli chiesi. Oramai era diventata la richiesta più frequente. “Sempre…” rispose. Mi strinsi ancora a lui. Immersi in quel silenzio, che valeva più di mille parole. Mille gesti. Ognuno assorto nel respiro dell’altro. Nel battito dei nostri cuori.  Severus mi coprì con il suo mantello. Mi sembrava di essere dentro ad una barriera protettiva. Che attutiva i rumori esterni. Le immagini. “Professor Piton?” lo chiamai. Lui mi guardò ed annuì. “Cosa fa quando si sente triste?” chiesi. Severus sospirò. “Lo sono stato così tante volte nella mia vita che ho fatto di tutto…quando avevo la sua età…” iniziò a raccontare. Io sorrisi. “Non dica così! Mi fa sembrare una bambina!” sbottai. “Sono io che sono vecchio signorina Wyspet…non lei che è una bambina…oppure entrambe le cose…” ragionò. Scossi la testa divertita. “Insomma, stavo dicendo, prima che lei mi interrompesse come suo solito, che quando ero ad Hogwarts…” ricominciò. “Così va meglio…” osservai. Piton sbuffò per l’ennesima interruzione. “…quando ero ad Hogwarts, scrivevo…perlopiù poesie…” continuò. Lo guardai ammirata. “È una cosa bellissima! Scommetto che le dedicava tutte ad una sola persona…” ipotizzai, un po’ tristemente. “Infondo la poesia non è altro che trasmettere i propri sentimenti su carta…non sono mai stato bravo ad esprimerli a parole…” raccontò. Sorrisi ancora. Ci fu un  breve silenzio. “Comunque, ha visto che non aveva nessuna ragione di preoccuparsi?” disse poi Piton. Lo guardai dubbiosa. “Non ho smesso di volerle bene nonostante sia passata una settima…” spiegò. Io sorrisi. “Avanti! La smetta con quei sorrisi tristi! Non sono da lei signorina Wyspet!” mi rimproverò Piton. Cercai di fare un sorriso un po’ più convinto ma non mi riuscì molto. Eppure Severus ce la stava mettendo tutta per tirarmi su di morale. “Lei cosa fa quando è triste?” mi chiese. Alzai le spalle. “Canto…per sfogarmi…” risposi. Mi guardò alzando un sopracciglio. “Lei canta sempre…” osservò il professore. “Però cambio il tono della voce…” precisai. Severus annuì. “Allora canti no?” commentò. Io scossi la testa. “Già fatto…” sospirai, affranta. Altro silenzio. “Signorina Wyspet, sia così gentile da spiegarmi per qualche motivo è così abbattuta…” sbottò, seccato. Lo guardai allibita. “Certo, quello che è successo in Sala Grande sarà sulle bocche di tutti per una settimana nemmeno, però a chi crede che daranno la colpa? Non certo a lei!” continuò, come se fosse ovvio. In effetti quello sarebbe stato l’argomento principale delle chiacchierone di Tassorosso. Pero tutti sapevano come andavano le cose fra me e Josh, quindi sarei stata catalogata come una vittima. Certo che la mia reputazione ne avrebbe risentito molto. Alla fin fine, l’unica persona di cui mi importava il giudizio era Severus. E lui era proprio li con me. E cercava di farmi star meglio. Mi sentii in colpa per essermi comportata da vittima. Non era nel mio carattere. Gli ultimi fatti stavano contaminando non solo il mio umore, ma anche il mio modo di pensare. E ciò non doveva accadere. “Quindi…lei non è arrabbiato con me?” chiesi. Piton mi diede un pugno affettuoso sulla testa. “Mi ha fatto male!” rimbeccai. “Non l’ho nemmeno toccata…” sbottò lui. E finalmente, risi. Dovevo solo pensare. Senza tristezza, obbiettivamente. “Finalmente un sorriso sincero!” commentò, soddisfatto. Io lo guardai. Avrei davvero voluto rimanere li con lui. Sotto il suo mantello. Però non potevo vivere così per sempre. Mi alzai. “Vedo che si è decisa…” osservò il professore, alzandosi subito dopo. Annuii e mi stiracchiai. “Per stasera sarà meglio che rimanga in dormitorio…devo dire due parole al caro Josh da parte della Umbridge…” spiegò. Sorrisi. “Grazie mille professore…” dissi, poi mi alzai in punta di piedi e gli detti un bacio sulla guancia. Uscimmo dalla Stanza delle Necessità. Prendemmo strade diverse. Io andai in dormitorio. La Sala Comune era affollatissima. Appena entrai ci fu un chiasso spaventoso. Tutti mi vennero intorno, curiosi. Vidi la folla diradarsi all’avvicinamento di una mano levata in aria, con un braccialetto di borchie lunghe mezzo metro che minacciava chiunque si avvicinasse. “Oh Giulia!” singhiozzò Hermione, abbracciandomi e scoppiando in lacrime. Anna scosse la testa e la staccò da me. “Avanti! Non c’è nulla da guardare! Tornate a non far nulla!” sbraitò. Tutti se ne tornarono alle loro poltrone. Andammo nel dormitorio. “Non sai quanto eravamo preoccupate!” sospirò ancora il prefetto, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto. “Dove sei stata?! Ti abbiamo cercato per tutto il castello!” esclamò Anna. Abbassai lo sguardo. “Mi dispiace avervi fatto preoccupare…però non ci stavo più con la testa…mi serviva un posto tranquillo…” spiegai. “Così eri nella Stanza delle Necessità eh?” ghignò Anna. Annuii. “Piton mi ha trovata…siamo rimasti li fino adesso…” raccontai. “Ecco perché sei così tranquilla e beata! Ti sei fatta consolare dal professore!” ridacchiò maliziosa la castana. “Anna, ti sembra il momento?! Giulia è sconvolta!” la rimproverò Herm. La guardai scettica. “Herm…sto bene…dopotutto non è successo nulla…sono stata stupida a correre via…avrei dovuto picchiare a sangue Josh…” la tranquillizzai. “A proposito di picchiare a sangue!! Dovevi esserci! Uno spettacolo stratosferico!” esclamò entusiasta Anna. La guardai curiosa. “Appena sei corsa via, Fred e George si sono avventati su Josh!! E poi, a seguire anche Mary Kate e Ginny, per non parlare di Pansy e Millicent!” spiegò lei. “Anche tu hai partecipato…” sbottò stizzita il prefetto. “Tu proprio parli! Gli hai mollato un calcio in fronte!” rimbeccò Anna. “Dal tavolo di Tassorosso si sono alzati dei ragazzi, che hanno iniziato a rincorrere Josh per tutta la sala! Sono membri del tuo Fan Club!” completò poi. Me ne ero completamente dimenticata. In giro per la scuola, c’erano dei gruppetti di ragazzi che avevano costituito il “Giulia Wyspet Fan Club”, il “Anna Alvis Haliwell Fan Club” e il “Sosteniamo i tre uragani di Hogwarts”. Personcine molto a modo e gentili. Un po’ fanatiche però. Risi. “Scusa Anna…ma…prima hai forse detto Pansy e Millicent?” chiesi, un po’ stupita. Lei annuì. “Hanno detto che solo loro ti possono umiliare pubblicamente…” spiegò Hermione. Scossi la testa divertita.  “Luna stava per infilzargli un occhio con la bacchetta…” aggiunse poi la castana. Risi ancora. Poi le abbracciai. “Vi voglio tanto bene ragazze!” sorrisi. Le due ricambiarono. Mi tuffai sul letto e guardai l’ora. Erano le 17.45. “La Umbridge cercava di mantenere ordine, poi ci ha rinunciato…” spiegò ancora Hermione. “Era talmente rossa in viso che sembrava dovesse scoppiare da un momento all’altro…” rise Anna. Il prefetto la guardò male, poi però si lasciò scappare un sorriso. Sospirai. “Che si fa dopo cena?” chiesi, annoiata. “Non vai da Piton?” chiese Anna. Scossi la testa. “Deve riferire da parte della Umbridge delle cose a Josh…” spiegai. “Perfetto! Allora, escursione!” scattò Anna, battendo le mani. “Ma anche no…” sbottò Hermione. “Dai!! Ti portiamo nella stanza delle torture!” propose entusiasta la castana. “Ma nemmeno se mi pagate!” rimbeccò ancora il prefetto. “Io una destinazione più tranquilla cel’avrei…” iniziai a dire. le due mi guardarono curiose. “La stanza dello Specchio delle Brame…” risposi. Hermione alzò un sopracciglio. “E tu pensi che Silente l’abbia tenuto qui per tutto questo tempo?!” esclamò scettica. Io annuii tranquilla. “Perché no?” sorrise Anna. “Perfetto…tu ci stai Herm?” chiesi. Lei ci guardò per qualche minuto. “Devo finire di studiare Antiche Rune…” rispose. “Ti preeeego! È da tanto che non usciamo tutte e tre assieme!” la pregò Anna. Il prefetto alzò le spalle. “E va bene! Ma solo un breve giretto!” acconsentì lei. Sorrisi. Infondo, non avevo di che essere triste. Avevo delle amiche che mi volevano bene e si preoccupavano per me. Un uomo al mio fianco che mi faceva sentire protetta. Una cuscinata mi distrasse dai miei pensieri. “Chi è stata?!” esclamai, in vena di vendetta. Anna indicò Hermione e viceversa. Mi avventai prima sulla castana, poi sul prefetto. Rimanemmo in dormitorio a fare casino fino all’ora di cena. Scendemmo tranquillamente, arrivando belle e lente in Sala Grande. Avevo una fame tremenda. Avevo saltato il pranzo-colazione! Sorridevo a tutti quelli che mi guardavano. Non mi importava quello che dicevano. Mi sedetti e guardai subito verso il tavolo insegnanti. Piton stava cercando di evitare i discorsi delle Umbridge. Si girò verso di me e gli sorrisi, poi, lo salutai con un piccolo gesto della mano. Lui accennò un saluto con il capo seguito da un piccolo sorriso. Poi le pietanze comparvero. Harry aveva preso una cosciotto di pollo, quando Anna gli si avvicinò languida. “Harryno caro…” iniziò melliflua. Il ragazzo rabbrividì. “Cosa vuoi?” le chiese subito. Lei fece un sorriso che poteva anche sembrare veramente innocente. “La tua Mappa del malandrino…prometto che te la riposto domani, intatta…” rispose. Harry la guardò scocciato. “Non sapete proprio che fare la sera eh…” sbottò. Mi avvicinai. “Harry…la terrò d’occhio io…per favore!” lo pregai. Il ragazzo tossì. “Se proprio vi serve…” disse, passando sotto il tavolo qualcosa ad Anna. Questa lo abbracciò. “Con le buone maniere si ottiene tutto..” sussurrò poi a me ed Hermione. Quest’ultima scosse la testa esasperata. La cena passò in un lampo e, appena il coprifuoco scattò, uscimmo dal dormitorio. Passammo la Sala Grande, in mezzo a quei pochi studenti che erano rimasti senza badare all’ora, ed uscimmo. La mappa indicava una scorciatoia, che non facemmo fatica a trovare. Arrivammo in una stanza vuota, che però ci era famigliare. “Ragazze…è qui che Harry ha affondato Voldemort il primo anno…” esclamò entusiasta Hermione. “Se solo lo avesse ridotto in briciole, ora non avremmo tutti questi problemi…” sbottò Anna. Il prefetto la fulminò con lo sguardo. Infondo alla stanza, c’era un enorme telo. Ricopriva il nostro obiettivo. Corsi fino allo specchio e sollevai il telo. Un alone di polvere si sollevò, attaccandosi sui nostri vestiti. Hermione ci aiutò a toglierci di dosso tutto quello sporco, poi, procedemmo. “Chi va per prima?” chiesi. “La più grande, ovvio…” sbottò Anna. Io ed Hermione la guardammo. “Sei tu la più grande…” le feci notare. “Doh! È vero!” esclamò, pentita. La ragazza si avvicinò allo specchio, poi ci guardò. Noi vedevamo solo la sua immagine riflessa. “Secondo me si sono scaricate le batterie…non vedo nulla di così eclatante!” protestò Anna. “Non dire sciocchezze…non va mica a batterie!” la rimproverò esasperata il prefetto. Dopo qualche minuto, la castana sobbalzò. “Cosa vedi?” chiedemmo in coro io ed Hermione. “Vedo…la Cooman che beve una tazza di tè…” ci prese in giro. Io ed il prefetto le tirammo una sberla in testa. “Che modi! Stavo solo scherzando…” sbuffò, con una mano sul bernoccolo. Dopo altri minuti un sorriso si spalancò sul viso di Anna. “Allora?” esclamò Hermione, curiosa. “Che figata ragazze!! Mamma mia!! Ci sono io! E sono alta!!!” disse entusiasta la ragazza, battendo le mani. Io ed il prefetto ci guardammo scettiche. “Aspettate…logico che sono alta, sono cresciuta! E…c’è Draco…cavolo che figo! Sembra Lucius! Venuto davvero bene il ragazzo…” commentò soddisfatta. Io ed Hermione ci stringemmo vicino a lei. “Cosa vedi ancora?” chiesi. “Oddio no…non è possibile! Sparatemi!” sbottò poi. La guardammo interrogativa. “C’è un marmocchio che mi tiene per mano…” rabbrividì la castana. Risi. “Sbaglio o questo specchio ti fa veder solo le cose che vorresti? Oppure anche il futuro?” chiesi ad Hermione. Lei alzò le spalle. “Se una persona ha già ciò che vuole può anche darsi che faccia vedere il futuro…” rispose indecisa. “Quindi vuol dire che avrò un figlio maschio?! Che suicidio!” rimbeccò ancora Anna. Hermione scosse la testa esasperata. “Hey…un attimo…c’è anche una deliziosa bambina in braccio a Draco…” ci aggiornò la castana, diventando improvvisamente melliflua. “Insomma, nel futuro tu e Draco vi darete da fare eh…” la presi in giro. Anna iniziò a saltellare sul posto eccitata. “È davvero un amore! Capelli castani e occhi azzurri… un tesorino! La mia piccola Elizabeth!” saltellò ancora la ragazza. Io ed Herm la guardammo stupite. “Chi era quella che non pensava nemmeno al matrimonio?” tossii. Anna mi fece la linguaccia. “Direi che hai visto abbastanza…” commentò il prefetto, allontanandola dallo specchio. “Ma io voglio vedere la mia Elizabeth!!” piagnucolò ancora Anna, allungando le mani verso lo specchio. “E il bambino?” chiesi. Lei alzò le spalle. “Capelli biondi e occhi castani…nulla di che…” rispose poco entusiasta. “Cambierai idea quando avrai quella creaturina fra le braccia…” obbiettò Hermione. Noi la guardammo. “Tocca a me?” chiese, titubante. Noi annuimmo e lei si avvicinò. Rimase qualche minuto in silenzio, poi si portò le mani alla bocca. “Cosa vedi? Eh? Dai!” iniziò a dire Anna, curiosa. Hermione arrossì smisuratamente. “Avanti!!” la chiamò ancora la castana. “Ecco…ci…ci sono io…e…” iniziò a descrivere. “E Ron, ok, fin qua tutto apposto, e poi?” la liquidò ancora Anna. Il prefetto per poco svenne. “Due…” continuò. “…bambini!” finì per lei Anna. “Insomma, ma la lasci parlare?!” rimbeccai, mettendole una mano sulla bocca. La ragazza iniziò ad agitarsi. Hermione guardava incantata il specchio. “Ora, tocca a te!” esclamò Anna, liberatasi dalla mia stretta. Spostò il prefetto, ancora con lo sguardo ebete, e mi fece segno di avvicinarmi. Il cuore mi batteva a mille. Guardai il mio riflesso cambiare. Diventai più alta. I capelli più lunghi. L’uniforme cambiata in un vestito viola. Accanto a me Severus. Sobbalzai a quella visione. Teneva un braccio intorno alle mie spalle. E davanti a noi, lei. Una bambina che agitava le manine verso la me adulta. “Eveline…” sussurrai. “Cosa vedi?” chiese curiosa Anna. “Io e Severus…e…la bambina…” sintetizzai, emozionata. “Bene! Ora tocca di nuovo a me!” disse la castana, cercando di spostarmi. “È meglio tornare in dormitorio…se ci scoprono siamo morte…” protestò Hermione. Anche se il suo sguardo era fisso sulla specchio. “Ha ragione lei…” sospirai. Presi il telo e lo misi. Ci riprendemmo dalle nostre visioni future, e ci dirigemmo verso la Torre. Eravamo vicine, quando, sentimmo dei passi. “Fermi!” sentimmo dire. Hermione per poco scivolò dallo spavento. “Ti pareva…ora ci tocca anche fare a botte…la sera tardi non è il massimo…” sospirò seccata Anna, scrocchiandosi le dita. Mi preparai all’attacco, mentre il prefetto indietreggiava. Tirammo tutte e tre un sospiro di sollievo, vedendo il solito ragazzo biondo. “Amore!!” esclamò languida Anna, buttandosi tra le braccia di Draco. Lui scosse la testa divertito. “Cosa ci fate in giro a quest’ora?” chiese, cercando di fare il serio. “Un giretto…” risposi innocente. “Andiamo…vi accompagno in Sala Comune prima che Pansy e Millicent vi trovino…” sbuffò. Camminammo in silenzio per un po’ di strada. Finchè Hermione iniziò a farfugliare. “Valery… oppure Katy…anzi, Rose!” iniziò a dire. “Cos’ha la Granger? Sta pregando?” chiese sconcertato Draco. “Nulla…tranquillo…” risi io. “Senti…a proposito…vuoi un maschio o una femmina?” gli chiese Anna. Il biondo la guardò stupito. “Ragazze avete bevuto?!” esclamò, stupito. Risi ancora. “Tu rispondimi!!!” rimbeccò Anna, tirandogli la manica della camicia. “Un maschio, perché?” rispose Draco. “Lo sapevo!!! È colpa tua!!!” lo aggredì la ragazza. Il ragazzo le mise una mano sulla fronte. “Non scotti…eppure sei più strana del solito…cos’hai mangiato?” le chiese. Anna sbuffò. “Siamo andate nella stanza dello Specchio delle Brame…” iniziai a raccontare. “Ora capisco…quindi avremmo un figlio maschio?” rispose Draco. Anna annuì sconfortata. “Anche una bambina però!” precisò. Il biondo rise e ci accompagnò fino alla Torre. Lasciammo lui e la cara Anna a scambiarsi effusioni all’entrata. Io ed Hermione andammo in dormitorio. Erano le dieci e mezza passate. La lasciai andare per prima in bagno, mentre io guardavo fuori dalla finestra. “Tra venticinque giorni è il tuo compleanno…” osservò il prefetto, piegando l’uniforme. La guardai stupita. “Quindi oggi è il due marzo?!” chiesi. Lei annuì. Ero talmente stata presa dai fatti, che non mi ero nemmeno accorta del cambio di mese. Andai in bagno ancora dubbiosa. Chissà se Piton mi avrebbe fatto un regalo. Sentii dei rumori ed intuii che Anna era appena entrata in camera. Rimasi meno possibile in bagno, poi filai a letto. Quando che la castana fu pronta, Herm spense la luce. Mi addormentai subito. Stanca, ma felice.
Il lunedì non fu molto faticoso. O almeno, ora che avevo ripreso le mie solite visite all’ufficio di Piton, nemmeno le due ore della Umbridge mi pesavano più. Martedì non successe nulla di speciale, mercoledì nemmeno. Filava tutto tranquillo, fino a giovedì. Il pomeriggio avevo doppia ora di Storia della Magia. “Andiamo Giulia! È già tanto se siamo potute tornare qui!” mi chiamò Hermione, infondo alle scale. Avevo buttato all’aria tutto il mio baule, ma non c’era. A pranzo mi ero accorta dell’assenza del mio quaderno di Storia della Magia, così avevo convito il prefetto ad accompagnarmi per cercalo tra un’ora e l’altra. Rassegnata, la raggiunsi, ed andai in aula. Per qual giorno erano stati dati da Ruf due fogli di pergamena. Uno dei temi migliori della mia vita. Peccato che fosse nel quaderno. Arrivata a lezione, mi scusai con il professore, che mi sgridò fino allo sfinimento. Dopo le due ore, stavo tornando sconsolata in dormitorio, quando sentii delle voci famigliari. “Non sai che è proibito girare per la scuola nell’orario delle lezioni?” disse Pansy. “Io…” rispose una vocina. “E non dire che stavi andando in biblioteca, perché non ti crediamo!” rimbeccò Millicent. “Io stavo…andando…all’ufficio del professor Ruf…” disse ancora. Riconobbi la vocina flebile e mi precipitai da lei. “Bene…la professoressa Umbridge sarà felice di vederti…” rispose Pansy. “No…per favore…” pregò la bambina. Svoltai l’angolo e vidi Sicily attorniata dalle due serpi. “Lasciatela stare!” ordinai, raggiungendole. Le due si voltarono seccate. “Come scusa? Sai che stai parlando con due membri della Squadra d’Inquisizione?” sbottò offesa Millicent. Scossi la testa. “Mamma mia che paura…” risposi. “Bada a come parli Wyspet!” ringhiò la compare, avvicinandosi. La guardai scettica e mi avvicinai a Sicily. “Stai bene?” le chiesi. Lei, impaurita, annuì. “Dobbiamo portarla dalla Umbridge...” protestò Pansy, cercando di scansarmi. “Ma anche no Parkinson…” ribattei, allontanandola Sicily. “Non è che decidi tu Wyspet! La nostra parola è legge!” sbottò stizzita Millicent. “La parola dei prefetti è legge Bulstrode!” la corressi. La ragazza tirò un urletto esasperato. “Lasciate in pace Sicily…” ordinai. Le due scoppiarono a ridere. “Altrimenti cosa fai, scappi via?” mi prese in giro Pansy. “Ti piacerebbe eh?” sorrisi impertinente. “Ora basta!” ringhiò spazientita Millicent. “Appunto, andatevene!” suggerii. Sentii Sicily nascondersi ancora di più dietro di me. “Non credo proprio!” esclamò ancora Pansy, prima di sferrarmi un pugno. Lo schivai e le tirai un calcio alla gamba. Barcollò andando addosso alla compare. “Non vi conviene scherzare con me ragazze…” sorrisi. Pansy tornò alla carica. “Attenta Giulia!” mi avvertii Sicily. Mi abbassai in tempo per schivare un calcio di Millicent. Tirai un pugno nello stomaco a Pansy ed un altro calcio a Millicent. “Te ne pentirai Wyspet! Vedrai!” sbottò la prima. L’amica la portò via a forza. Appena le due sparirono dalla vista, mi concentrai sulla ragazzina. “Tutto ok?” le chiesi, ancora. Lei annuì. “Sei stata fantastica…” disse poi. Sorrisi. “Ma di nulla…non voglio certo che tu finisca da qual confettone rosa!” risposi. Tra le braccia aveva un quaderno dal colore famigliare. “Quello è…” iniziai a dire. Lei annuì e me lo porse. Il mio quaderno di Storia della Magia. “Grazie mille! Dove l’hai trovato?” le chiesi. “A Pozioni, ieri…volevo dartelo a cena ma poi me ne sono dimenticata…poi ho visto che avevi il tema per il professore e stavo andando a consegnarglielo…” raccontò. Le accarezzai la testa. “Grazie…mi hai fatto un grosso favore Sicily…se vuoi puoi venire a trovarmi al tavolo di Grifondoro…ho un po’ di dolci di Mielandia in più…” sorrisi. Le si illuminarono gli occhi. “Ti va di venire con me a consegnare il tema?” proposi. Lei annuì subito. Risi. Mi prese a braccetto ed andammo da Ruf. Scoprii che il suo nome intero era Sicily Warner ed era al primo anno di Corvonero. L’accompagnai fino alle scale. “Un’ultima cosa…se Josh, il ragazzo che hai visto con me qualche volta, della tua Casa, ti dovesse chiedermi se mi conosci, digli di no…raccontagli che ti ho aiutata una volta e poi basta…non deve sapere che siamo amiche…” le raccomandai. Sentendo l’ultima parola, il suo sguardo si illuminò. Poi annuì. “È un ragazzo cattivo?” mi chiese. “Si…devi stargli lontano…invece, una ragazza molto simpatica è la Lovegood, Luna…la conosci?” le chiesi. Sicily annuì ancora. Ci salutammo ed andai in dormitorio, poi a cena con le mie amiche.

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Capitolo 18
*** Innocence ***


Buonsalve *-* si, sono consapevole di aver aggiornato due giorni fa. E sono consapevole che siano le 01.27. Ma oggi è il mio compleanno, ed essendo anche il compleanno di Anna (anche se in questa ff non compare più di tanto, ma aspettate le prossime u.u) e quindi sono esagitata ** scusate la botta di adrenalina ma ci voleva u.u anyway, i festeggiamenti sono al banco 3 *indica* =w= In questo capitolo troviamo Quando Viene Dicembre e Il Mio Inizio Sei Tu dal cartone/film Anastasia, Green Finch and Linnet Bird dalla cara Soundtrack del film Sweeney Todd (che sentirete nominare spesso, preparatevi xD), Que Serà Serà di Doris Day, By The Sea ancora da Sweeney Todd (che vi avevo detto? u.u), Innocence di Avril Lavigne....e ho finito xD

Avvertenze: occtudine, compleanni (si, non l'ho fatto apposta xD), lungositudine smirurata (13 facciate di word *^* ora faccio anche di peggio, preparatevi xD)

Beeeeene, ora vi lascio all'aggiornamento **
Buona lettura <3



18° Capitolo

Nonostante le minacce di Pansy e Millicent, ci fu calma piatta. La mattina, lezioni. Il pranzo, ottimo. Pomeriggio, ancora lezioni. Poi cena. Ed infine, un bel giretto da Piton. Era tornato tutto come prima. Tranne l’euforia comune per le vacanze di Pasqua. Quell’anno sarebbero iniziate il giorno dopo del mio compleanno, di venerdì. Gazza aveva messo l’annuncio il lunedì di quella stessa settimana, anche se le famiglie erano state avvertite tramite gufo. Io avevo deciso di rimanere a scuola, come anche Anna, ed Hermione. “Almeno abbiamo un sacco di tempo per far nulla…” sospirò felice la castana. Sorrisi. “Hey guardate! È stata fissata la visita ad Hogsmerade!” osservò stupita il prefetto. Ci voltammo. “Informo tutti i miei studenti che la visita ad Hogsmerade si svolgerà sabato ventinove marzo…” lessi. “Che marpiona la Umbridge! Ha messo il giorno di visita apposta nelle vacanze perché sa che nemmeno la metà degli studenti sarà a scuola!” sbottò indignata Anna. “Crede di poter prevenire così eventuali catastrofi studentesche?!” rimbeccò stizzita Hermione. Scossi la testa. Quei tre giorni passarono velocemente. Il giovedì, venni svegliata a cucinate. C’erano già dei pacchetti infondo al mio letto. Li scartai: la cara zia Ametista mi regalò una trousse dai vari colori di viola (“da vera signorina!” scrisse nel biglietto); la nonna Clotilde una delle sue carinissime e caldissime sciarpe (viola a ricami blu); le cugine Jennifer e Selene un cd delle Sorelle Stravagherie (che prima o poi mi sarei decisa ad ascoltare). Per ultimo aprii quello dei miei genitori. Un pacco grande e con un fiocco enorme! Lo scartai curiosa e ci trovai un vestito viola. Rimasi sconcertata dalla somiglianza che aveva con quello che avevo visto indosso a me stessa da adulta nello Specchio delle Brame. Chissà quando l’avrei potuto mettere. Infine, mi diedero il loro regalo Anna ed Hermione. Si erano messe d’accordo e mi avevano comprato tutti i vecchi cd usciti dei miei Green Day, più poster, bandiere ed ogni articolo possibile. Sembrava avessero svaligiato un negozio! Scendemmo in Sala Grande, con Anna che cantava a squarciagola “buon compleanno”. Hermione faceva finta di non conoscerla, ma sorrideva. Una volta sedute al tavolo, anche Harry e Ron mi dettero il loro regalo. Un cd storico dei Sex Pistols. “Sarà costato una fortuna! Non dovevate!” li ringraziai. Si meritavano almeno un bacetto ciascuno sulla guancia. Ginny e Mary Kate mi regalarono uno smalto viola e un fermaglio a stella. Fred e George, invece, mi portarono qualcuna delle loro caramelle antilezioni brevettate. Le poche non requisite dalla Umbridge.  Mi arrivarono dei fiori dal Fan Club. Ebbi solo il tempo di dare uno sguardo al tavolo insegnanti. Piton stava parlando con la McGranitt. Chissà se se ne era ricordato. Nel mio cuore lo sapevo, anzi, lo speravo. Le lezione mattutine passarono tra auguri (Anna me li faceva ogni minuto!) e appunti. Avevo appena finito di gustarmi la torta al cioccolato distribuita a pranzo, quando qualcosa di indigesto venne a trovarmi. “Signorina Wyspet…” disse languida il diabetico confettone. Rabbrividii al suono della sua voce. “Si…?” risposi, titubante. “Devo avvertirla che stasera è in punizione…alle 20.10 nel mio ufficio!” spiegò. La guardai allibita. “Ah dimenticavo…auguri…” completò, sorridendo falsamente. Subito dopo mi passarono vicino Millicent e Pansy. “Auguri sfigata!!” esclamò la prima, mentre la seconda mi mostrava il suo ditone medio. Anna iniziò ad imprecare, però io rimasi calma. Non volevo arrabbiarmi. Avevo sedici anni dopotutto. E quello era il mio compleanno. Non me lo dovevo far rovinare da due stupide vipere. E nemmeno da una rana. Insomma, da nessun animale con cui coesistevo ad Hogwarts! Solo. Quando sarei andata da Piton? Decisi di andare nel suo ufficio dopo l’ultima ora del pomeriggio. E così feci. Bussai piano alla porta. “Avanti…” mi rispose. Entrai piano, timidamente. “Buongiorno professore…” sorrisi. Lui mi guardò stupito. “Cosa ci fa qui?” chiese. “Dopo cena sono in punizione dalla Umbridge, quindi non potrò venire a trovarla…mi dispiace…” spiegai. Piton annuì. Rimanemmo in silenzio. Io, che dondolavo sulle mie Converse come una bambina. Lui, immerso negli appunti. Pregavo che se ne ricordasse. “Allora…io…vado…” dissi, più come una domanda che come affermazione. Severus alzò gli occhi dai fogli. Alzò le spalle. Mi diressi verso la porta. “Un attimo…signorina Wyspet?” mi chiamò. Mi voltai speranzosa. “Chiuda la porta quando esce, non voglio spifferi d’aria!” ordinò. Annuii tristemente. Misi la mano sulla maniglia. Mi stavano venendo le lacrime agli occhi. Com’era possibile che se ne fosse dimenticato? Gli importava così poco di me? “Signorina Wyspet?” mi chiamò ancora. “Si…ora chiudo…” risposi, affranta. Lo sentii ridere. “Avanti, torni qui!” esclamò. Mi girai ancora speranzosa. “Porti questi alla professoressa Umbridge per favore…” disse, allungandomi dei fogli. Lo guardai delusa. Stavo per scoppiargli a piangere li davanti. Abbassai lo sguardo annuendo. Sentii la sedia che si spostava. Severus si avvicinò. “La sto prendendo in giro…me lo ricordo benissimo che oggi è il suo compleanno sciocca!” spiegò. Alzai lo sguardo e lui scosse la testa. “Sono scherzi da fare?! È cattivo!” rimbeccai. Il professore mi accarezzò la testa. “Purtroppo non ho avuto occasione di comprarle un regalo…anche se, con l’inventiva a mia disposizione, non sarebbe stato qualcosa di molto azzeccato…” confessò. Sorrisi. “Non importa…e comunque non me ne vado per Pasqua…” lo scusai. Piton annuì. “Sa…c’è la visita ad Hogsmerade sabato…” iniziai a proporre. Lui mi guardò curioso. “Potrebbe…accompagnarmi…Anna andrà in giro con Draco, mentre Herm…rimarrà a studiare al calduccio…” continuai. Severus alzò un sopracciglio. “Non la vedrà nessuno…gli studenti sono tutti a casa per le vacanze…” precisai, cercando di essere convincente. Mi aspettavo già un rifiuto. Era un’idea venuta su due piedi. “Certo…perché no?” rispose. Dapprima rimasi stupita. Nemmeno un’obbiezione. Poi, sorrisi. E lo abbracciai. “Alle 9.00 nella Sala d’Ingresso…puntuale!” disse. Io annuii. “Certo! Puntualissima! E…gra…grazie!” risposi. Mi voltai, ma misi male un piede e scivolai, cadendo sedere a terra. Piton trattenne una risata. “Tutto bene signorina Wyspet?” chiese. “Si…” sorrisi, imbarazzata. Per poco andai addosso alla porta, poi, corsi subito in dormitorio. Anna ed Hermione non c’erano. Guardai il vestito regalatomi dai miei piegato per bene sul mio letto. Mi avvicinai e lo presi. Lo esaminai con cura. Due teschietti sorridevano ai lati delle maniche. Ed uno se ne stava placido sulla scollatura, a tenere fermi due laccetti viola scuro. Mi immaginai i miei genitori a scegliere l’abito. Risi. Mi voltai verso lo specchio grande davanti ai letti. Mi poggiai addosso il vestito. “Festa e balli, fantasia, è il ricordo di sempre…” iniziai a cantare. Mi avvicinai allo specchio. Scossi la testa divertita e lasciai andare il vestito, che cadde per terra. “…ed un canto vola via, quando viene dicembre” continuai. Allungai una mano verso la mia immagine riflessa. Ancora quella di una sedicenne. “Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano…” sussurrai. Abbassai lo sguardo e ripresi il povero vestito. Lo pulii, poi me lo poggiai ancora addosso. “…torna quella melodia, che il tempo portò via…” continuai, piano. Abbracciai il vestito e chiusi gli occhi. Sospirai. Quando li riaprii mi trovai in una sala enorme. La Sala Grande di Hogwarts. Tutto addobbato a puntino per il Natale. Un anno prima. “Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano…” dissi, guardandomi in giro. Ero al centro della pista. Le coppie iniziarono a muoversi. Potevo vedermi. Con il mio vestito viola indosso. “…sento quella melodia, nella memoria mia…” proseguii, mentre tutto attorno a me prendeva vita. “Forse un giorno tornerò, il mio cuore lo sente…” dissi, iniziando a ballare con un ragazzo. “Ed allora capirò…” sospirai, ballando con un altro. La folla si diradò intorno ad una figura che avanzava. “…il ricordo di sempre…” continuai, con un ultimo volteggio. Mi fermai giusto davanti a lui. Severus mi porse la mano. L’accettai. “…ed un canto vola via…” sussurrai, mentre il professore mi faceva ballare. Quando ci fermammo, mi baciò sulla fronte. “…quando viene dicembre…” conclusi, mentre lui si inchinò di poco. Stavolta aprii veramente gli occhi. Il vestito mi scivolò di mano, finendo ancora a terra. Rimasi ad occhi spalancati davanti allo specchio. “Hey Giulia! Sei felice eh? Cos’è tutto questo cinguettio?” mi prese in giro Anna, entrando nella camera. Sobbalzai. “Anastasia? Che bel cartone!” sospirò Hermione, a seguito della castana. Presi il vestito da terra e lo ripiegai sul letto. “Non vuoi andare a picchiare Pansy e Millicent? Ti hanno rovinato il compleanno!” sbottò Anna, buttandosi sul letto svogliata. Scossi la testa. “Nessuno può rovinarmi il compleanno…nemmeno loro e la Umbridge assieme…non più…” sorrisi. Le due mi guardarono interrogative. “Cosa farete sabato?” chiesi. “C’è la visita ad Hogsmerade…Draco mi ha promesso una giornata solo per noi… a passeggiare tranquilli…” spiegò Anna. Il prefetto alzò le spalle. “Starò qui a studiare…con questo freddo chi si muove…e tu?” mi chiese poi. Sorrisi ancora. “Andrò anche io a Hogsmerade…accompagnata da Severus…” spiegai. Le due mi guardarono sbalordite. “Un appuntamento?! Ecco perché cantavi!!! Altro che dicembre! Quando viene marzo!” esclamò Anna. Hermione le tirò un cuscino. “E ora, a cena!” commentò poi. La guardai stupita. “Dove siete state voi due fino adesso?!” chiesi, curiosa. Anna sbuffò. “In biblioteca…per il mio pessimo voto in Storia della Magia…” sospirò affranta. Hermione la guardò severa. “Le ho dato ripetizioni!” esclamò poi fiera. Sorrisi e le presi a braccetto. “Andiamo su! Devo mangiare un sacco di carne, per compensare il sangue che perderò dalla Umbridge…” dissi, trascinandole fuori con me. Andammo a cena, e per strada incontrammo Luna. Mi regalò un curioso amuleto scaccia Nargilli. Bloccai Hermione prima che dicesse qualcosa e la ringraziai. A cena mangiai più del solito. Guardai verso il tavolo insegnanti un paio di volte. Vedevo sempre Piton come nel mio sogno ad occhi aperti. Invece, la Umbridge stava al suo posto, in tutta la sua grandezza di stazza, ad occupare il posto di Silente. Quel vecchietto mancava a tutti. Ogni anno, appena vedeva un tumulto per un compleanno, faceva apparire dei piccoli uccellini colorati che volavano sulle teste degli studenti, in alto, con il cielo finto del soffitto come sfondo. Ma quell’anno, niente uccellini colorati. Solo lei. Una rana dalla bocca larga. Appena finita la cena, accompagnai le mie amiche in dormitorio, poi andai all’ufficio maledetto. Bussai, ma nessuno mi rispose. Entrai titubante. “Professoressa Umbridge?” la chiamai, a malincuore. Non sarei dovuta essere in mezzo a tutto quel rosa. Ma tra le boccette e le bollicine delle pozioni di Piton. Sbuffai. No. Non dovevo farmi prendere dalla tristezza. Altrimenti il confettone se ne sarebbe accorta e ne avrebbe goduto. Mi avvicinai ad un piatto appeso sul muro. Un gattino innocente sferrava zampate in aria. Nonostante il resto della stanza, quella creaturina era carina. Sorrisi. Mi voltai ad osservare gli altri piatti, ognuno con un gatto diverso. Un siamese. Un soriano. Tutti bloccati in quegli oggetti orribili. Chissà se erano tutti gatti che il confettone aveva a casa. Gli aveva fatto una foto magica e l’aveva trasferita sui piatti. Un altro gattino mi guardava allungando una zampetta. Occhi verdi e pelo blu scuro. Doveva essere un persiano. Allungai una mano per accarezzarlo. Però riuscii a toccare solo la liscia superficie di porcellana. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” iniziai a cantare. Il micetto mi guardò curioso. “How can you jubilate sitting in cages, never taking wing?” continuai, allontanando la mano. Saltai alcune strofe. “Teach me to be more adaptive…”  sospirai. Sentii un rumore e sobbalzai. Vidi la porta aprirsi e far entrare la Umbridge. “Buonasera professoressa…” la salutai, timida. Lei mi guardò, poi sorrise. “Mi scuso per il ritardo, ma Severus…ops…volevo dire, il professor Piton mi ha interpellato e, da preside quale sono, ho dovuto rispondere…” spiegò, ridacchiando. Mi venne la pelle d’oca. Inutile che si inventasse frottole. Lei non era preside di un bel niente. E solo io potevo chiamare Piton per nome in quel modo. Cacciai in gola tutte le brutte cose che avevo pensato di dirle. “Non si preoccupi…” le dissi pacata. “Veniamo a noi…avanti, si sieda cara…” sorrise, indicandomi la sedia davanti a lei. Mi sedetti tranquilla. “Dei membri della Squadra d’Inquisizione mi hanno riferito che lei ha ostacolato delle loro direttive…e li ha anche insultati…” esordì. Non cercai di giustificarmi. Non sarebbe servito a nulla. La Umbridge mi guardò compiaciuta. “Bene…vedo che sta diventando matura signorina Wyspet…una signorina di quindici anni come lei…” iniziò a dire. “Sedici…” la corressi. Il confettone mi guardò sorpresa. “Ma che sbadata! Giusto, sedici anni…” disse ancora. L’aveva detto apposta, si vedeva da lontano un miglio. “Comunque, dicevamo, le devo dare una punizione…trenta frasi di ‘devo rispettare le persone superiori a me’…” concluse. Superiori a me?! Nessuno era superiore a me, tanto meno quelle due serpi! Allungai una mano remissiva perché mi passasse la penna. “Un attimo ancora…le frasi potrebbero diminuire fino a venti, se farà una piccola cosa per me…” propose. La guardai allibita e disgustata. “Nulla di impegnativo…deve solo cantare…l’ho sentita prima, quando era ancora da sola…” continuò. Barattare delle frasi per una canzone? “Professoressa Umbridge…vede…” cercai di spiegarle, gentilmente. “Avanti, una canzone…cosa ti costa cara?” cercò di convincermi. “Canto solo per me stessa…” risposi, educatamente. Lei mi guardò con occhi di rimprovero. “Lo ritenga come un bonus per il suo compleanno…lei da una cosa a me, io la do a lei…” sorrise. Scossi la testa. “Un regalo non viene mai fatto per riceverne un altro professoressa…” rimbeccai. La guardai negli occhi sicura. “Una canzone…” sibilò ancora il confettone, più come un ordine che come un favore. Scossi la testa. Poi mi venne un’idea. “Se proprio vuole…” ghignai, pregustando già la sua faccia di qualche minuto dopo. “Bene…avanti, cominci…” sussurrò, unendo le mani. Mi schiarii la voce. “Venivamo da esperienze sbagliate, ben lontani dal vederci mai più…” iniziai. Dapprima il confettone sorrise compiaciuta. “Ma siamo qua, fabbricanti di sogni, il mio inizio sei tu…” continuai, guardandola. La donna iniziò ad agitarsi sulla sedia. “Sconosciuti, tu non eri nei piani, stiam vivendo nuove complicità…” sorrisi. La professoressa aveva iniziato a guardarmi storto. “…ma era un po' che il cuore voleva…funzionerà…” cantai ancora. Il rospo rosa tossì. “Con te che io voglio riempire i miei giorni, te che io voglio far veri i miei sogni, questo viaggio ha porti sicuri, chiari contorni…” sospirai, soddisfatta. “Signorina Wyspet…” mi chiamò a denti stretti la Umbridge. “Ci sarò per la fine del mondo, ci sarò per amarti di più, e così se chiami rispondo…il mio vero inizio sei tu…” dissi, ignorandola. Il confettone riprovò a chiamarmi. “La nostra vita passata, cercando felicità…con te un futuro ce l'ho, lo aspettavo da un po', niente ora ci cambierà…” continuai, compiaciuta dalla sua espressione corrucciata. Prima che potessi proseguire, battè un pugno sulla scrivania. Mi girai come se nulla fosse. “Qualcosa non va professoressa?” chiesi, melliflua. “Non mi piace questa canzone…” sbottò. Era chiaro che aveva capito il vero mittente del mio canto. “Mi dispiace, ma è il mio compleanno, e io decido cosa cantare…” sorrisi ancora. Lei sbuffò. “Si metta al lavoro! Trenta frasi, da ora!” commentò stizzita, porgendomi foglio e penna. Sorrisi soddisfatta. Anche se quelle dieci frasi erano rimaste, ne era valsa la pena. Ci misi un po’ a finire. Ostentai un sorriso degno della migliore attrice sottoposta a torture fisiche. Intanto, il confettone lavorava a maglia. “Professoressa?” la chiamai. La Umbridge distolse lo sguardo dai ferri. “I gatti in questi piatti…sono suoi?” le chiesi. Lei rimase un po’ stupita. “Certo cara…se sono nel mio ufficio…” commentò, cercando di essere calma. Sorrisi. “Cioè…queste sono tutte riproduzioni di gatti che lei ha a casa?” riformulai la domanda. Ancora la donna mi guardò sbalordita. “Non…non sono cose che la riguardano…ed ora…torni al lavoro!” sbottò, ostentando sicurezza. Nel tono della sua voce però si leggeva chiaramente insicurezza. Avevamo messo assieme due frasi complete, senza insulti ne punizioni. Forse anche quella donna allora poteva provare sentimenti umani. Nascosti in profondità. Molto in profondità. Intanto che scrivevo, iniziai a riflettere, per non concentrarmi sul dolore. Mia madre diceva sempre che ogni persona nasce buona. Poi decide da sola se diventare cattiva. Me ne parlò quando le dissi che avevo paura di finire a Serpeverde. Lei e mio padre erano stati due Grifondoro. Entrambi mi dissero che in qualunque Casa fossi finita, mi avrebbero voluto bene. Anche se sono certa che sono stati felicissimi nel sapere che ero stata smistata proprio nella loro stessa vecchia Casa. Mi venne da canticchiare, ma mi trattenei. Ero così felice che non sentivo più nemmeno il dolore. Finii le mie trenta frasi e le consegnai. La Umbridge squadrò il foglio, poi sospirò. “Bene…ora più tornare in dormitorio… anche se domani iniziano le vacanze, questo non significa che si debba violare il coprifuoco…” mi congedò. Annuii e la salutai, poi corsi alla Torre di Grifondoro. Non aveva nemmeno fatto uno dei suoi sporchi giochetti. Passai per la Sala Comune, deserta. Tutti stavano preparando le valigie per l’indomani. Entrai nella camera e sorpresi Hermione intenta a leggere un libro, dando le spalle alla porta. Sgattaiolai da lei piano. “Bu!” esclamai. Il prefetto saltò facendo cadere il libro. Risi e lo raccolsi. “Non dovete farmi questi scherzi!” rimbeccò, stizzita. Sorrisi. “Su Herm…c’era troppa tranquillità qui…e Anna dov’è?” chiesi, sedendomi sul suo letto. “In giro con Draco…” sbuffò lei. Il prefetto mi guardò la mano destra, si alzò, andò a prendermi dell’acqua e delle bende, ed iniziò a curarmi. Le raccontai della proposta della canzone fattami dal confettone. Chiacchierammo per un po’. “Insomma, hai sedici anni…” sorrise. Annuii. “Mi sento già vecchia…” dissi, imitando un nonno che si teneva per un bastone. Herm rise. “Secondo te, quello che abbiamo visto nello specchio, si avvererà?” mi chiese. Le accarezzai la testa. “Certo…se Anna può prendere un buon voto in Pozioni, tutto è possibile!” scherzai. Anche lei rise. “Comunque speriamo…non vedo l’ora di avere tra le braccia la piccola Eveline!” esclamai, già sognante. “Da quanto abbiamo visto…a avremmo tutte e tre almeno una figlia femmina…” osservò Hermione. Annuii. “I tre nuovi uragani di Hogwarts!” esordii. Ci guardammo. “Ora si che mi sento davvero vecchia…” sbottai, sorridendo. Poi scoppiammo a ridere. Parlammo ancora per un po’, poi ci infilammo a letto. avevamo appena spento la luce, quando la porta si aprì. Poi un rumore. “Santo Manson che male! Porco di quello spino!” imprecò Anna. Hermione accese la luce. La ragazza si teneva con una mano al muro, massaggiandosi con l’altra un ginocchio. “È questa l’ora di tornare? Eh?!” la rimproverai. “Ma stai zitta…vecchia!” mi prese in giro. Si trascinò fino al suo letto. “Herm!!! Mi fa male!!” si lagnò. Sorrisi. “Così impari a non portarti dietro la bacchetta…” sbottò il prefetto. Anna le fece gli occhi dolci, così, la ragazza dovette arrendersi. Con un colpo di bacchetta sistemò il ginocchio della ragazza. “Hai preso una botta anche al collo?” chiese stupita Hermione. Anna coprì subito il livido viola in bella vista, arrossendo. “Anna ha un succhiotto, Anna ha un succhiotto!” iniziai a canticchiare. Il prefetto la guardò con rimprovero. “Per favore Herm…anche quello…” la pregò. La ragazza obbedì sbuffando. “Però voglio un sacco di caramelle da Mielandia! Chiaro?” disse subito, autoritaria. Anna annuì grata. Appena anche la castana fu pronta, spegnemmo la luce. “Anna ha un succhiotto, Anna ha un succhiotto!” ricominciai a canticchiare. “Tra rose e fior, vedo arrivar, Giulia e Piton si voglion sposar! Lei dice si, lui fa così…poi ci ripensa e dice di si…” iniziò a cantilenare la castana. Hermione, nel mezzo delle due nenie, tirò un urletto sconsolato. “Ragazze!!!” ci richiamò, prima che Anna iniziasse con la parte sconcia della filastrocca. Entrambe scoppiammo a ridere. “Tra rose e fior, nasce l’amor! Ron ed Hermione…” iniziammo a cantare in coro io e Anna. Mi arrivò un cuscino, come anche ad Anna. “No, a parte gli scherzi ragazze…quando ci sposeremo…” iniziò a proporre la castana. “Andiamo bene! Tu che parli di matrimonio!” scherzai. Stavolta mi arrivò un pinguino di peluche. “Ora puoi anche ritirarmelo, grazie…” commentò poi Anna. Lo tirai mirando più lontano possibile. “Ai!!! Giulia che mira hai?!” si lamentò Hermione.  Risi. “Cavolo! Quando voglio fare discorsi seri non mi state mai a sentire!” sbottò Anna. “Perché tu non fai mai discorsi seri!” osservò il prefetto. “Bhe ora voglio farne uno!” rimbeccò ancora l’altra. “Allora parla…” sorrisi. Anna si schiarì la voce. “Stavo dicendo…quando ci sposeremo…non andremo a vivere in angoli remoti della Terra vero?” chiese. “Figurati! Io rimarrò a Londra!” rispose intenerita Hermione. “Anche io…” confermai. “Bene…perché…non ci possiamo dividere!” concluse la castana. “Non ci potremmo vedere tutti i giorni…nemmeno se abitassimo in case attaccate…” osservò il prefetto. “Vero Herm…però…quando Draco sarà via, Piton sarà a scuola e Ron…sarà da qualche altra parte…ci potremmo tenere compagnia…” propose ancora Anna. Non era una cattiva idea. “Così potremmo far giocare insieme i nostri bambini!” esclamò entusiasta Hermione. Alla fine l’avevamo trascinata nelle nostre future idee. “Già…la mia Elisabeth…e Scorpius…” sospirò Anna. “Scorpius?!” esclamammo in coro io ed Hermione. “L’ha scelto Draco…dice che deve avere un nome importante, in quanto dovrà portare avanti il nome dei Malfoy e bla bla…” sintetizzò lei. “Così Eveline avrà degli amichetti!” sorrisi contenta. “So che la mia Rose sarà traviata dalle vostre figlie, come avete fatto con me…” disse divertita. “Vedrai! Speriamo che erediti tutto da te però! Ti immagini una bambina con l’aspetto di Ron e la sua intelligenza?!” commentò cattiva Anna. Tutte e tre rabbrividimmo. “Però…se tu e Draco vi sposerete…i vostri figli non avranno sangue puro…” osservò Hermione. “Nemmeno la mia Eveline…” precisai. “Piton non è un Purosangue?!” squittirono stupite. “No…e comunque, i Malfoy adorano Anna…solo il fatto che parla serpentese è un punto a suo favore…” feci notare. La madre di Anna, Ilary McGuire, era una strega Purosangue. Si era sposata con Andrew Haliwell, allevato come un babbano per volere del padre, babbano anch’egli. La madre di suo padre, Artemisia Wytter, era una Purosangue, discendete da una stirpe di Serpeverde, che, per volere del destino, si innamorò per l’appunto del nonno di Anna, un babbano. Artemisia avrebbe voluto mandare il padre di Anna ad Hogwarts, ma il nonno insistette a farlo crescere come un normale ragazzo. Questa storia Anna cel’aveva raccontata un sacco di volte. Comunque, proprio dalla nonna, Anna ha ereditato la capacità di parlare il serpentese, e ciò le aveva garantito un punto a favore da parte dei Malfoy. “Davvero una bella caratteristica…” sbotto Hermione. Anna le sibilò qualcosa in serpentese. “Smettila! Mi fai senso!” rimbeccò ancora il prefetto. Risi. Sentii un colpo. “Ok! Però finiscila di tirarmi peluche e cuscini!” protestò Anna. Scossi la testa divertita. “Povera Hogwarts…crollerà sotto il casino dei nostri figli…” dissi, divertita. Le due scoppiarono a ridere, poi, appena ci fummo calmate, ci addormentando una dopo l’altra. Io fui ultima, chiudendo gli occhi a suon della melodia del ballo, mentre una bambina sorrideva nella mia mente.
Il giorno dopo, un’orda di studenti lasciò Hogwarts, sospirando di sollievo per l’allontanamento dalla Umbridge, dalla Squadra d’Inquisizione e dai compiti. Ci alzammo che era quasi ora di pranzo. Hermione si era dimenticata di mettere la sveglia, ma non ne sembrava molto dispiaciuta. Scendemmo in Sala Comune con una tranquillità disarmante. Era vuota, come ci aspettavamo. Tutti i pargoli Weasley se ne erano tornati a casa, come anche Mary Kate, che voleva rifornirsi di cd e godersi un po’ d’amore famigliare approfittando dell’assenza della sorella. Andammo a colazione sbadigliando. Anche le tavole erano piuttosto vuote. Se non deserte. Al tavolo dei Tassorosso c’erano un paio di ragazze, e quasi nessun ragazzo. Anche in quello di Corvonero regnava un mortorio. Del mio acerrimo nemico, nemmeno l’ombra, e nemmeno del pretendente di Anna. Invece, in quello di Serpeverde, un ragazzo se ne stava da solo in un angolo. Si voltò, ci vide e accorse. Draco si fiondò letteralmente su Anna. Hermione sbuffò. Questa scena si ripeté anche il giorno dopo. La sera l’avevo trascorsa da Piton, ovviamente. Il professore mi mandò via prima, con la scusa che dovevamo alzarci presto la mattina. Io obbedii, ma non dormii molto quella notte. Ero molto agitata. Eppure non era un vero appuntamento. Era il mio regalo di compleanno. E basta. Però era nervosa. Chissà se gli sarei piaciuta con il mio nuovo vestito. Chissà se avremmo camminato fianco a fianco oppure avrebbe fatto qualche passo avanti a me. La mia testa era piena di gioia. Il mio cuore batteva forte.
La mattina, mi svegliai aprendo gli occhi piano. Non potevo crederci. Era proprio sabato! Mi stiracchiai e guardai l’ora: 7.50. Mi accorsi che i letti delle mie amiche erano vuoti. Dovevano essere scese a colazione. Avevo pregato Anna di non svegliarmi, e di portarmi in dormitorio un pasticcino. Sapevo che non sarei riuscita a dormire. E non volevo certo avere due occhiaie fino ai piedi quel giorno! Andai in bagno, mi lavai la faccia, poi tornai in camera. Hermione era seduta sul letto. “Ecco la sua colazione signorina Piton…” mi prese in giro, porgendomi una brioche avvolta in un tovagliolo. “Grazie signorina Weasley…” risposi. Il prefetto arrossì. Mangiai in un sol boccone il dolce, poi presi il vestito. “E Anna?” chiesi. “Da Draco…ovvio…quei due passano tutto il giorno assieme…” sbuffò lei. Sorrisi. “Sicura che non vieni?” dissi, dispiaciuta. Herm scosse la testa. “Vai e divertiti! Non ho per nulla voglia di uscire…” rispose, alzando le spalle. Mi misi il vestito, guardandomi poi allo specchio. “Come sto?” chiesi, insicura. Hermione mi fece il segno di girarmi. Feci una piroetta. “Perfetta!” sorrise. Mi voltai verso la finestra. Dei raggi di sole filtravanodalle tende. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” iniziai a gorgeggiare. Hermione mi guardò scettica. “How can you jubilate sitting in cages, never taking wing?” continuai, facendo ancora una piroetta per vedere la gonna volteggiare. “Johanna no! ti supplico! Canta, ma cambia!!” mi pregò Hermione, tappandosi le orecchie. Sorrisi e trotterellai in bagno. “You are my sunshine, my only sunshine! You make me happy, when skies are grey!” ricominciai, prendendo la spazzola. “Così va meglio!” sorrise la ragazza. “You'll never know dearhow much I love you! Please don't take my sunshine away!” conclusi, mentre tornava la contentezza. Mi truccai con un tocco di leggero ombretto viola chiaro, e un poco di lucidalabbra. Misi il solito fermaglio, poi tornai in camera. “Cavolo…vorrei tanto mettere le mie Converse, ma stonano…” sbuffai, buttando la borsa su letto. “Metti le ballerine…non sono anche quelle della Converse?” suggerì Hermione. Alzai le spalle poco convinta. Accolsi il suo suggerimento, in mancanza di altre opzioni. Misi il solito cappotto nero stretto e mi guardai ancora poco convinta allo specchio. “Herm?” la chiamai. Il prefetto distolse lo sguardo dal libro di Antiche Rune. “Voglio una tua opinione sincera…sembro ridicola?” le chiesi. Lei alzò un sopracciglio. “Ridicola?! Figurati! Sembri più grande…” sorrise. Annuii rincuorata. “Mancano dieci minuti alle nove…sbrigati! Vai dal tuo principe verde e argento!” esclamò poi. L’abbracciai e corsi giù. Avevo portato una mini borsetta a forma di teschio con la tracolla fine. Dentro avevo messo il minimo indispensabile. Non ero una di quelle ragazze che si portavano sempre dietro tutto il set per farsi belle in ogni bagno trovato per strada. Arrivai nella Sala d’Ingresso in anticipo di due minuti. Fuori c’era un sole splendido, che emanava molto calore. Mi tolsi il giubbotto e lo rimpicciolii così da poterlo mettere in borsa. Mi ripromisi di ringraziare Hermione per avermi insegnato quell’incantesimo appena tornata dalla gita. Ero convinta che avremmo fatto solo un giro la mattina. Poi, nel primo pomeriggio, saremmo tornati al castello. Non era molto, lo sapevo, ma pur di stare con lui, mi bastava. Iniziai a dondolarmi sulle ballerine. “When I was just a little girl, I asked my mother, what will I be…” canticchiai. Mia madre adorava Doris Day. Quando ero ancora nella culla mi cantava come ninne nanne le sue canzoni. A quanto pare la voce è una caratteristica che si eredita tra tutte le ragazze con il gene Cohen. Chissà se la piccola Eveline avrebbe cantato anche lei come un usignolo. “Will I be pretty? Will I be rich? Here's what she said to me…” continuai, sorridendo. Ero davvero di buon umore. Nonostante non avessi dormito molto ero piena di energie. Non vedevo l’ora che arrivasse Severus, però allo stesso tempo, ero nervosa. “Que sera, sera…whatever will be, will be…” sospirai, guardando l’orologio. Era passato un minuto. E il mio cuore batteva forte. Avrei voluto mettermi a ballare per la sala. Però se Piton mi avesse visto, avrebbe capito quanto ero ansiosa. Dovevo stare tranquilla. Presi un profondo respiro. “The future's not ours to see…que sera, sera…what will be, will be…” proseguii, guardandomi le punte delle ballerine. Non era un appuntamento. Solo una mattinata passata assieme. Che significava appuntamento. No. Dovevo semplicemente essere me stessa! Dovevo divertirmi. Eppure il semplice pensiero che quella gioia sarebbe durata solo una mattina, mi rattristava. “È allegra stamattina vedo…” osservò una voce. Eccolo. “Ovvio! Con una giornata così, chi non lo è!” sorrisi. Piton alzò un sopracciglio. Mi squadrò un po’ stupito. “Ha visto? Il regalo di compleanno dei miei!” spiegai, facendo una piroetta. Lui annuì. “Ora…andiamo alle carrozze…” disse il professore, titubante. Obbedii, felice. Quando arrivammo era deserto. Nemmeno uno studente aveva pensato di venire ad Hogsmerade quella mattina. O almeno, a quell’ora. Una carrozza senza cavalli si fermò davanti a noi. Mi avvicinai al vuoto davanti e, dopo qualche tentativo, la mia mano si poggiò su qualcosa che sembrava fosse una criniera. Sorrisi e l’accarezzai. “Allora? Su, salga signorina Wyspet!” mi chiamò Piton. Lasciai l’animale e tentai di salire sulla carrozza. Il professore, che era già salito, mi tese una mano e mi aiutò. Mi sedetti sul sedile dalla parte opposta al suo. La carrozza iniziò a muoversi. “Cosa stava facendo prima?” mi chiese. “Volevo accarezzare un Thestral...anche se non li posso vedere, non significa che non esistano…” spiegai, guardandomi intorno. Severus scosse la testa divertito. Il paesaggio intorno a noi sembrava fosse cambiato. Non era lo stesso che vedevo ad ogni visita con le mie amiche. Quel sole primaverile, illuminava tutto di una luce diversa. Più. Magica. “È davvero una splendida giornata!” ripetei, stiracchiandomi. Piton annuì poco convinto, guardando alla sua destra. “Qualcosa non va?” chiesi, preoccupata. “No…nulla…non ho dormito molto stanotte…” si lasciò scappare. Risi. “Nemmeno io!” confessai, divertita. Severus sorrise. Indossava un mantello più leggero, dal bordo fine verde. Pantaloni neri e casacca nera. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. “Professore?” chiesi. Lui si girò. “Quante lingue conosce?” dissi, timida. “Lingue? Dunque…ho frequentato il corso di Antiche Rune…poi ci sarebbe il francese… l’ho dovuto apprendere in fretta e mi è servito per un brevissimo periodo…ora non mi ricordo quasi più nulla…” rifletté. Sorrisi. “Davvero? Io l’unica cosa che so dire in francese è ‘voulez vous coucher avec moi ce soir’” dissi imbarazzata. Severus rise. “Non penso le converrebbe dirlo ad un francese…a meno che lei non intraprenda una carriera al Moulin Rouge…” osservò divertito. Sorrisi. “Poi?” gli chiesi di continuare. “Ci sarebbe un accenno di tedesco…Karkaroff quando si innervosiva parlava così male l’inglese che mi è toccato imparare almeno le frasi principali…” sbuffò. Annuii curiosa. “Come mai questa domanda signorina Wyspet?” chiese. Alzai le spalle. “Così…per curiosità…” risposi vaga. “Lei? Mi pare avesse accennato una volta allo spagnolo…” esordì Piton. Annuii. “Lo sto ancora imparando…come anche il giapponese…” precisai. Lui mi guardò stupito. “Il giapponese?” chiese. “Si…Anna sa tantissime cose…e poi, essendo io una lettrice di manga, conosco qualche termine…però la maggior parte delle cose me le ha dette lei…” spiegai. “Per esempio?” rispose Severus. “Bhe…per esempio…‘ichigo’ vuol dire fragola…‘midori’ significa verde…” iniziai ad elencare. “E frasi concrete? Ne sa dire?” disse ancora il professore. “Watashi wa Giulia desu…” sorrisi. “Io sono Giulia…” tradussi subito. “Complimenti…non sapevo che la signorina Haliwell avesse conoscenze di questo tipo…” disse. Sorrisi ancora. Il professore si voltò ancora verso il paesaggio. Sospirai. C’era un leggero venticello, che però non infreddoliva quel caldo primaverile. Iniziai a fischiettare allegramente. A parte qualche sbalzo dovuto alla carrozza, il viaggio proseguì tranquillo. Non parlammo molto. Anzi, quasi per nulla. Sembravamo due adolescenti al primo appuntamento. Anche se cercavo di scacciare questo pensiero, la parola appuntamento galleggiava nella mia mente costantemente. Scesi dalla carrozza accarezzai per ricompensa (andando a tentoni, a quella che mi sembrò essere la testa) un Thestral, poi percorremmo la stradina che conduceva al villaggio. “Bene…eccoci qui…dove vuole andare?” mi chiese sicuro Piton. Alzai le spalle. “Per me è indifferente…mi basta…stare con lei…” sorrisi, quasi in un sussurro. Severus tossì. “Allora facciamo una passeggiata…” commentò, iniziando a camminare spedito. Lo seguii divertita e gli presi il braccio per farlo rallentare. “Calma professore! Guardi che abbiamo tempo!” risi. Appena mi accorsi che l’avevo preso a braccetto, mi staccai imbarazzata. Camminammo fianco a fianco. Passando davanti a Mielandia, non potei fare a meno di fermarmi per spiaccicarmi sulla vetrina. “Vuole entrare?” mi chiese. Annuii timida. Avrà pensato che fossi una bambina. Però avevo immensamente voglia di Api Frizzole. “Può andare…io l’aspetto qui…” propose. Scossi la testa. “Viene dentro con me!” lo corressi. Piton mi guardò scettico. “Per favore! Non è divertente entrare da soli a Mielandia!” lo pregai. Gli presi una manica della casacca e la tirai piano verso la porta. Il professore alzò gli occhi al cielo. Diede una breve occhiata dentro il negozio e, constatato che non c’era quasi nessuno, annuì. Lo spinsi dentro contenta. Andai subito alla cassa. “Ciao cara…cosa posso fare per te?” mi chiese la donna dietro il bancone. “Vorrei un sacchetto di Api Frizzole…” risposi. Lei mi sorrise e ne prese una manciata. “Mi raccomando, stai attenta a non farle scappare!” mi raccomandò. Mi girai e vidi Piton guardare dubbioso un dolce dopo l’altro. “Lei non prende nulla professore?” gli chiesi, correndo da lui con il sacchetto in mano. “Si figuri…non mangio questa roba…” sbottò, guardando con orrore dei lecca lecca al sangue. “Ovvio, quei lecca lecca non piacciono quasi a nessuno…a parte Anna…e anche a me…bhe, ne mangio uno ogni tanto…comunque, ce ne sono di buonissimi! Mi creda!” lo incoraggiai. “Certo…non ne dubito…” disse, ancora scettico. Sbuffai e andai alla cassa. “Mi dia due Gelatine Tutti i Gusti+1 per favore!” chiesi. La donna mi obbedì e le diedi i soldi. Tornai da Piton. “Ecco, tenga!” dissi, porgendogli una gelatina. Lui guardò prima la mia mano, poi me. “La mangi! Se trova un buon gusto, ha vinto lei, mentre se lo trovo io…ho vinto io!” spiegai in poche parole. Piton aprì la bocca per ribattere. “Per favore…giuro che le offro un dolce a sua scelta poi!” lo pregai. Lui si guardò in giro. “La sua testardaggine è esasperante sa?” sbottò. Abbassai lo sguardo. “Mi dispiace…è che…voglio che si diverta un po’…lo so che lei ha accettato di accompagnarmi perché non mi ha comprato il regalo…però…” mi scusai, rammaricata. Severus scosse la testa. “Non è affatto così, ed ora, mi dia quella maledetta gelatina…” rispose. Gliela porsi. Contammo fino a tre, poi le ingoiammo. “A quanto pare non sono fortunata…gusto scarpe bruciate…” dissi, schifata. Piton scosse la testa divertito. “E lei?” chiesi. “Frutti di bosco…” sorrise, soddisfatto. “Non c’è problema, accetto una sconfitta…quindi, se proprio vuole perdersi tutti questi buoni dolci…faccia come vuole…” recitai tragica. “Avanti, ora non esageriamo…” rispose lui. Quando uscimmo dal negozio dovetti mangiare due Api Frizzole perché mi andasse via quel saporaccio. Piton, d’improvviso, affondò la mano nel sacchetto. Ne uscì con un dolcetto ben stretto tra le dita e lo mangiò. Sorrisi. “Allora, com’è?” chiesi. “Non male…” rispose solo. Continuammo a camminare pacifici, passando davanti a Zonko. Lo ignorai completamente ed andai avanti, immersa nei miei dolcetti. “Strano che ci sia così poca gente…le vacanze dovrebbero essere già iniziate anche per i maghi…” osservai, guardandomi in giro. “Di mattina non c’è quasi nessuno…soprattutto quando ci sono le visite studentesche…si fa molta più fatica a girare con degli adolescenti scalmanati per le strade…” ghignò maligno Piton. Gli feci la linguaccia. “Devo avvertirla che ha la lingua gialla…” precisò poi. Risi. “Può capitare…però ora le metto via…altrimenti se le mangio tutte non ne avrò più per la scuola…” risposi. Misi il sacchetto in borsa, poi alzai la testa verso il cielo. Era limpido, tranne per qualche nuvoletta bianca all’orizzonte. Il sole era davvero caldo, e batteva in modo impressionante. “Questo sole è davvero insopportabile…” osservò Piton, facendosi aria con una mano. Sorrisi, facendomi ombra agli occhi. C’era qualche anziana strega che girava, qualche gruppo di streghe più giovani e maghi in giacca e cravatta che conversavano davanti a qualche negozio. Mi fermai qualche minuto. Il sole era alto nel cielo, il che significava che fosse quasi ora di pranzo. Il tempo di chiudere gli occhi che mi sentii andare all’indietro. Sentii una stretta alle braccia, che mi rimise in piedi. “Signorina Wyspet, si sente bene?” mi chiese subito Severus. Annuii. “È stato solo un mancamento…avrei dovuto portarmi un cappello…” risposi, cercando di tranquillizzarlo. Piton si guardò in giro. Notai qualche mago, tra i negozi, impegnato ad urlare per attirare clienti alla sua bancarella. Doveva essere una specie di mercatino. “Ombrelli da sole! Di ogni tipo! Fate un affare signorine!” sentii enunciare. Il professore guardò la bancarella con scetticismo, poi si decise e si avvicinò. Lo seguii. “Oh salve bella signorina!” mi salutò il venditore. Gli sorrisi. Severus intanto guardava il cartello con il prezzo. Quel venditore mi sembrava famigliare. Iniziai a dare un’occhiata agli ombrelli. Non era esattamente il mio stile, però qualcosa di viola poteva anche starci. Avrei dovuto corrompere il vecchietto per farmi uno sconto. Di certo non arrivavo a quella cifra con i soldi che mi erano rimasti. Ne vidi uno sul viola scuro. Sembrava fatto di pizzo. Era una tale meraviglia. Da un lato pendeva un piccolo ciondolo a teschietto sorridente. Piton notò che il mio sguardo era fisso sul quel’oggetto. Anche se non capivo come mai dovessi comprare un ombrello da sole, per poi rimanere nel villaggio ancora per un’ora o meno. Sentii alcuni vociare che era quasi mezzogiorno. “Ti piace questo eh? Eh si! Ti starebbe d’incanto!” disse il vecchietto, prendendo l’ombrello per porgermelo. Stavo per rifiutare, quando Piton si mosse prima di me e tirò fuori qualcosa. Lo porse al venditore, che in cambio gli diede l’ombrello. “Un vero affare! La sua fidanzata è davvero un bocciolo di rosa!” commentò poi quest’ultimo, facendomi l’occhiolino. Arrossii. Ero confusa. “Ecco qui signorina Wyspet…” disse solo Piton, porgendomi l’ombrello. Lo guardai sbalordita. “Ma…cosa…” iniziai a dire. Vidi il venditore mettere via i soldi. “Lei è davvero fuori professore…non…non serviva…” risposi. Severus mi aveva comprato qualcosa. Aveva speso dei soldi per me. “Prenda questo ombrello senza commentare…” sbottò, acido. Allungai le mani verso l’oggetto. “Ecco…ora le ridò i soldi…” proposi, iniziando a frugare nella borsetta per prendere il portafoglio. “Se lo scordi…lo consideri un regalo…” mi zittì. Lo fissai emozionata. “Da…davvero?” chiesi, incredula. “Certo! Come mai fa quella faccia?” rimbeccò, seccato. “Io…ecco…non me lo aspettavo…gra…grazie!” confessai. Lo abbracciai d’improvviso. Ero contentissima. “Avanti…signorina Wyspet! È solo un ombrello!” sbottò lui, a disagio. Mi staccai. Avevo perfino le lacrime dalla felicità. Forse ero davvero esagerata, ma non ci potevo fa nulla. Ero felice. “Cosa c’è ora? Non è il caso di piangere!” commentò il professore. “Lo so…mi scusi…” mi scusai, dispiaciuta. Severus sorrise. “Ora apra quell’ombrello…altrimenti non sarà servito a nulla comprarlo…” sbottò, anche se nella voce c’era un tono più dolce del solito. Obbedii. Con un click lo aprii. Il ciondolo dondolava piano. Si stava davvero bene, finalmente all’ombra! “E ora che è tutto sistemato, cerchiamo un posto dove pranzare…” propose. Lo guardai ancora stupita. “Cos’ho detto ancora?” disse Piton, alzando gli occhi al cielo. “Rimarremo qui anche il pomeriggio?” chiesi. “Ovvio…a meno che lei non abbia preso altri impe…” iniziò a dire. “No! Non ho nulla da fare…è che...pensavo…che non volesse perdere tutto il giorno con me…” confessai, senza lasciarlo finire. Mi scompigliò i capelli. “Ha davvero un’alta stima della sua capacità di compagnia signorina Wyspet…e poi oramai dovrebbe saperlo, se io inizio una cosa, la porto a termine, quindi, o tutto il giorno, oppure nulla…” esordì il professore. Sorrisi felice. “C’è un ristorante carino vicino a Madama Piediburro…ci passo sempre davanti con Anna ed Hermione…” suggerii. “Se non c’è nulla di meglio…” disse. Iniziò a camminare a passo svelto. Lo seguii con il mio ombrello nuovo, felice come una bambina. Entrammo nel ristorante. Era un posto modesto, anche se aveva una certa classe. Una strega ci condusse in un tavolo per due. Era tutto così strano. Non l’avevo nemmeno presa in considerazione come cosa! Se l’avessi saputo avrei preparato da mangiare e avremmo fatto un pic nic vicino al bosco. Risi per cosa stavo pensando. Sembravo già una mogliettina. “Vado un attimo in bagno…” mi congedai, alzandomi. Severus annuì, immerso nel menù. Me la svignai al bagno delle femmine. Sospirai, e presi il portafoglio. Non avevo i soldi per nemmeno un aperitivo. Però con la mia paghetta non potevo fare grandi cose. Sbuffai triste. Altro che cresciuta, sembravo ancora una stupida ragazzina. Ero riuscita a convincere Piton ad accompagnarmi ad Hogsmerade. Mi aveva fatto un regalo. Ed io come lo ripagavo? Con la mia testardaggine e i miei capricci. Forse eravamo davvero di due mondi diversi. Lui aveva un lavoro. Poteva permettersi tutto quello che io sognavo la notte. Stavo alle regole di un rospo travestito da confettone rosa! Mi lavai le mani e mi guardai allo specchio. Sistemai il fermaglio, poi mi guardai. “Sei una stupida! Sei qui con il tuo Severus, e tu di cosa ti preoccupi? Dei soldi? Basterà dire che non te lo puoi permettere, così andrete da qualche altra parte…” mi rimproverai. “E avanti, porco spino, sorridi!” continuai. Feci un sorriso a me stessa. Mi sentii d’improvviso meglio. Tornai al tavolo più serena. “Ehm…professore…dovrei avvertirla che ho scarsi fondi monetari…” spiegai, imbarazzata. Piton alzò le spalle. “Vorrà dire che le offrirò il pranzo…lei mi ha offerto una festa intera…” commentò. Ordinammo due bistecche con funghi. Poco dopo la donna che ci aveva accompagnato al tavolo ci portò da bere. Severus aveva ordinato del vino rosso, mentre io della semplice acqua naturale. “È buono il vino?” chiesi, bevendo tristemente la mia acqua. “Decisamente si…comunque se lo scordi…lei è ancora minorenne…” rimbeccò, sopprimendo le mie idee. Sbuffai rassegnata. Dopo dieci minuti arrivarono le ordinazioni. La bistecca era buonissima. Finito il pasto, in attesa del dolce, Severus mi guardava divertito. “Cosa c’è? Sono sporca?” chiesi, già immaginando la peggiore delle catastrofi imbarazzanti. Lui scosse la testa. “Ha mangiato in modo impeccabile…al contrario di come si abbuffa in Sala Grande…” spiegò. Arrossii. “Io…ecco…” cercai di difendermi. Alla fine sorrisi. Per dolce ordinai die profitteroles. Stando bene attenta a non sporcarmi il vestito, ovvio. Poi ci alzammo ed andammo a pagare. O meglio, Severus andò a pagare. Mi ordinò di aspettarlo fuori. Sapeva che avrei sicuramente insistito per cercare di pagare la mia parte in qualche modo. Appena uscita dal ristorante rimasi impietrita nel vedere la folla che si era creata. C’era molta più gente di prima. E le signore, che facevano sfoggio dei solo mariti, avevano un ombrello per ripararsi. “Ora capisce perché le avevo detto che non aveva ancora visto nulla riguardo alla folla di Hogsmerade…” sorrise seccato Piton. Annuii. Riaprii l’ombrello e ci mischiammo alla folla. Fui costretta ad attaccarmi al professore per non essere trascinata via dalla folla. Eravamo a braccetto. Mi sentivo molto una Mrs Lovett fortunata, a braccetto del suo Sweeney. Sorrisi a questo pensiero. Un uomo mi venne addosso. Tenni saldo l’ombrello ma barcollai. Piton mi sostenne. “Che maniere…” sbottai. L’uomo in questione, si girò. Era un armadio grosso e robusto. Anzi, sembrava se lo fosse mangiato l’armadio. “Come prego?” rispose, avvicinandosi. Mi feci piccola piccola sotto il mio ombrello. “Ecco…mi è venuto addosso…e di solito ci si scusa…” spiegai, calma. Lui sorrise divertito. “Cos’hai detto, pulce?” mi prese in giro. “Non sono una pulce…” replicai, offesa. L’uomo scoppiò a ridere. Mi stavo iniziando ad arrabbiare. “Pretendo le sue scuse!” ripetei. L’armadio alzò un sopracciglio. “Da me tu non pretendi nulla capito? Forse sono io che dovrei avere delle scuse…” rigirò la faccenda. “Ma nemmeno per sogno! È lei che mi è venuto addosso!” continuai. Lui rise ancora. Si chinò e mi prese il mento con una mano. “Senti, bel faccino…tua madre non ti ha insegnato a rispettare le persone più grandi di te?” disse. “Si, ma io qui vedo solo un bambinone troppo cresciuto!” mi lasciai sfuggire. Sentii Severus sospirare esasperato. “Piccola insolente! Dovresti lavarti la bocca con il sapone!” ringhiò. “E lei dovrebbe lavarsi e basta…ne avrebbe bisogno…” commentai. Sentii dei risolini da qualche passante che si era fermato ad assistere alla scena. “Non ho tempo da perdere, quindi fammi le tue scuse, da brava…” sorrise, avvicinando il suo viso. Avrei tanto voluto picchiarlo. Però. Volevo che quella fosse una giornata tranquilla. Ed in più stavo mettendo in imbarazzo Severus. Mormorai delle scuse distratte. “Gia che ci sei, potresti anche farmi compagnia…” sorrise mellifluo. Sbarrai gli occhi. “Ho un incontro, però dopo sono libero…potremmo andare in un bel posticino…” propose. Un brivido di orrore mi scivolò per la schiena. Le persone avevano ripreso a camminare, e l’unico che era rimasto ad assistere era Piton. “No…non sono da sola…” risposi subito. L’uomo lanciò una breve occhiata al mio accompagnatore. “Avanti piccola…vedrai…ti divertirai…” sorrise ancora. Ma perchè tutti i maniaci li trovavo io?! Avrei preferito baciare Voldemort piuttosto che quello li. “No…non…non voglio…” commentai, facendo un passo indietro. Il tizio mi prese il braccio e mi face fare qualche passo verso di lui. “Ho detto che non voglio!” ribadii, al limite. “Non l’ha sentita? Non vuole venire con lei…e ora se ne vada…” si intromise Piton. Mi voltai grata verso di lui. “Questa ragazza è sprecata per un bamboccio come te…ha bisogno di un vero uomo!” ghignò fiero. “No! Io voglio stare con lui! E ora mi lasci!” rimbeccai. L’armadio mi strattonò così forte che mi cadde l’ombrello. “La lasci immediatamente…” ripeté Piton. “Altrimenti? Mi riempirai di prediche fino a che morirò di noia?” lo prese in giro l’altro. Guardai supplichevole Severus. I suoi occhi. Avevano qualcosa di strano. Una scintilla nuova. “Ora bel faccino, andiamo…” mi ordinò l’uomo. Scossi la testa tentando di scivolare via dalla sua presa. Una mano si poggiò su quella dell’armadio e la tolse dal mio braccio. L’uomo guardava furente Piton. Corsi a rifugiarmi dietro di lui. “Abbordare ragazzine minorenni per strada…è patetico…” sbottò il professore, acido. Un mormorio di levò dalla folla sapendo che non ero ancora maggiorenne. Sentii qualcuno urlare un “si vergogni” e “che zoticone”. L’armadio, preso alla sprovvista, si ritirò, passando vicino a Piton e prendendolo in pieno alla spalla, per poi continuare la sua strada. “Professore…sta bene? Le ha fatto male?” gli chiesi. Lui scosse la testa. “Mai una volta che lei non si cacci nei guai signorina Wyspet…” mi rimproverò, raccogliendo l’ombrello e porgendomelo. “Ora ha visto come mai le gite ad Hogsmerade vengono fatte lontane dalle vacanze…” esordì poi sarcastico, sistemandosi il mantello. “Mi dispiace…” mi scusai. “Non  è colpa sua…” rispose Piton. Feci un piccolo sorriso. “Ed ora, andiamo via da questo caos infernale…” si decise. Mi attaccai al suo braccio. Percorse una stradina fino ad arrivarne infondo. Svoltammo qualche vicolo e ci trovammo in aperta radura. “Ora si ragiona…” commentò. “È davvero un bel posto…non sapevo che ci fosse tutto questo spazio…” sorrisi. “Voi studenti siete troppo presi dai negozi per accorgervene…” rimbeccò. “Il bosco vicino alla stazione!” esclamai, vedendo gli alberi poco lontani. “Ah professore…la ringrazio per avermi difesa…” sorrisi. Gli diedi un bacio sulla guancia, poi iniziai a trotterellare e piroettare allegra. Lui scosse la testa divertito. Ci sistemammo sotto un albero all’inizio del bosco. Stese il suo mantello sull’erba e ci sedemmo sopra. “Se tutte le sue uscite sono così stancanti, devo dire che compatisco le sue amiche…” commentò Piton. Risi. “Certo che il mondo magico è davvero popolato da gente rozza…” sbottai, piegando di poco le gambe. “Però poi ci sono anche le persone gentili…” sorrisi, guardandolo. Piton si girò dall’altra parte. “Non si dimentichi che, in quanto tuo professore, è sotto la mia tutela…” esordì. Risi. Era davvero un bel posto. Tranquillo. Chiusi l’ombrello, dato che le fronde dell’albero ci facevano ombra. Il venticello iniziò a soffiare piano. Le nuvole venivano spostate nel cielo azzurro. Cosa si stava perdendo Hermione a rimanere chiusa nel castello! Risi, per la somiglianza di quella scena ad una molto famigliare. “By the sea, Mr. Todd, that's the life I covet, by the sea, Mr. Todd, ooh, I know you'd love it!” iniziai a cantare. Severus mi guardò divertito. “You and me, Mr. T, we could be alone, in a house wot we'd almost own, down by the sea!” continuai. Un uccellino si posò poco distante da me. Inizio ad avvicinarsi. “L’avverto, se inizia a cantare Green Finch and Linnet Bird me ne vado…” sbottò acido Piton. Risi. Alzai lo sguardo e vidi una farfalla che svolazzava tranquillamente sopra di me. Allungai una mano per prenderla, ma volò via. Mi alzai e la seguii. “Signorina Wyspet, le ricordo che ha sedici anni!” scosse la testa Severus. “Voglio vedere la farfalla!” esclamai, rincorrendola. Quando fui senza fiato, mi fermai. Tirai un lungo respiro, poi mi stiracchiai. Poco lontano, si sentiva il vociare della folla e dei venditori. D’improvviso qualcosa si poggiò sul mio naso. La farfalla di prima. “Professore!!! L’ho presa!!” esclamai, agitata. Piton mi guardò esasperato. “A me sembra che sia stata la farfalla a prendere lei…” puntualizzò. Risi. Cercai di prendere la creaturina, ma questa volò subito via, lasciandosi dietro una scia di un azzurro splendente. Starnutii, poi tornai da Piton. “È sicura di avere sedici anni?” commentò sarcastico il professore. Annuii facendo la finta offesa. “Si sta divertendo?” gli chiesi. Lui alzò le spalle. “Non molto…” sbottò, ghignando. Lo guardai dispiaciuta. “Le dovevo regalare un segnalatore d’umorismo…la stavo prendendo in giro!” disse Piton. Sbuffai. “Secondo lei questo è umorismo?” chiesi, sarcastica. Severus sorrise e mi accarezzò sulla testa. Tirai le gambe con le ginocchia al petto e le abbracciai. Poi appoggiai il mento sulle ginocchia. “Professore…io…dovrei…” iniziai a dire. Volevo confessargli ciò che avevo visto nello Specchio delle Brame. Non era giusto che io sapessi e lui no. “Cosa c’è ancora? Ha visto altre creature da rincorrere?” sbottò acido. Scossi la testa. “Ha presente lo Specchio delle Brame di Silente?” chiesi. Lui annuì. “Secondo lei…se una persona ha già quello che vuole…ecco…può mostrare il futuro?” continuai. Piton mi guardò dubbioso. “Potrebbe essere…” rispose vago. Arrossii. “Ecco…qualche sera fa…anzi, molte sere fa...io, Anna ed Hermione…” iniziai a raccontare. “Ecco l’ennesima avventura delle tre…” sospirò esasperato. “…cioè…sono stata io a convincerle…comunque… siamo andate nella stanza dove Silente tiene lo specchio…” continuai, insicura. Severus annuì. “Ci abbiamo guardato una alla volta…pensi, Anna avrà un figlio maschio!” dissi, battendo le mani divertita. Il professore alzò incredulo un sopracciglio. “E anche una femmina…idem Hermione…” proseguii. Strinsi il bordo della gonna in una mano. “Voglio che anche lei sappia cos’ho visto…lo so, non mi devo fare illusioni…però…se davvero fosse così…” sussurrai. “Avanti…mi dica cos’ha visto…” rispose subito Piton. Sospirai. “C’eravamo…noi…due…tra qualche anno…” iniziai a descrivere. Severus mi guardava partecipe. “E con noi…” continuai. Il professore si era avvicinato, per ascoltare la mia voce, ridotta quasi ad un sussurro. “È sicuro di volerlo sapere?” chiesi subito. Lui annuì. “Con noi…c’era una bambina…” sorrisi. Piton mi guardò per qualche istante. Forse c’era rimasto male. Oppure era felice come me. “Era una bellissima bambina…agitava le mani per farsi prendere in braccio…” descrissi. Piton rimase in silenzio. Aveva abbassato lo sguardo. Chissà a cosa pensava. Forse avrei dovuto dirglielo in un altro modo. In un altro posto. Oppure sarei dovuta stare zitta. Forse non voleva veramente sapere della futura esistenza di Eveline. Oppure voleva un maschio. Un mucchio di domande affollarono la mia testa. Forse anche lui, come ho reagito io, era rimasto affascinato e intenerito da quell’immagine. “Quella sera…avrei voluto rimanere davanti allo specchio per sempre…” sospirai piano. Il professore rimaneva zitto. Mi avvicinai a lui. “Signorina Wyspet?” mi chiamò. “Si?” risposi. Severus alzò la testa. “Com’era? Intendo…la bambina…Eveline…com’era?” chiese, insicuro. Eveline. Si ricordava il suo nome. Allora non solo io ci pensavo costantemente. “Uno splendore…capelli neri come il papà…e occhi nocciola come la mamma…” sorrisi, alzando gli occhi al cielo. Piton tornò nel suo silenzio. “Sembrava una bambolina…” aggiunsi. Rimanemmo senza dire nulla per qualche minuto. Accompagnati dal vento. Chissà se Severus si stava immaginando la nostra futura vita. Era così strano parlare di noi dandoci del tu. Eppure non ci sarebbe dovuto essere un noi. “Mi scusi…non…avrei dovuto dirglielo…” dissi rammaricata. Severus scosse la testa. “Una bambina…” sussurrò. Sorrisi. Fu un attimo. D’istinto gli presi una mano e lo portai verso di me. Abbracciai Severus. Gli detti un bacio sulla fronte, poi con una mano feci scivolare le dita tra i suoi capelli. “Signorina Wyspet…” protestò stupito il professore. Mi resi veramente conto di quello che avevo fatto quando sentii il suo respiro sfiorarmi il collo. Lo lasciai andare e subito mi sedetti, dandogli la schiena. “Mi…mi scusi…non so cosa mi è preso…” mi scusai. Ero imbarazzata. “È che….non volevo darle un dispiacere…dovevo stare zitta…lo so…” continuai, triste. Piton sbuffò. “Dispiacere?” ripeté sbalordito il professore. Mi voltai. Mi stava guardando. “Mi rammarico che lei abbia inteso il mio silenzio come fonte di tristezza…considerando che poi è tutto l’opposto!” spiegò. Allora non era rimasto deluso! “Devo solo abituarmi all’idea…dopotutto, è nostra figlia…una notizia importante…” si lasciò sfuggire. Lo guardai stupita. Senza guardarmi, allungò una mano e la poggiò sulla mia. “Sono sicura sarà un bravissimo padre…” sorrisi. Piton cercò di restare impassibile. Anche se le guance colorite dicevano tutt’altro. “Non ne sono molto sicuro…” sussurrò. Scossi la testa. “Non sarà mica da solo! Ci sarò anche io al suo fianco…e vedrà che con noi, Eveline crescerà felice e spensierata…” risposi, portando la sua mano sulla mia guancia. Lui mi fece una carezza. “Professore?” lo chiamai. “Si signorina Wyspet?” disse Piton. “Posso abbracciarla?” gli chiesi. Severus sorrise divertito. “Se proprio deve…” commentò acido. Non me lo feci ripetere due volte e lo abbracciai. Pian piano, anche lui ricambiò. Lo sapevo. Insieme avremmo potuto affrontare qualunque cosa. Per lui, avrei fatto qualunque cosa. Per Eveline avrei fatto qualunque cosa. Poi la nostra futura famiglia. Mi staccai che avevo le lacrime di felicità. Mi alzai per stiracchiarmi e mi guardai intorno. Il sole era calato rispetto a prima. Mi immaginai qualche anno più tardi. Una tiepida giornata primaverile come quella. Un pic nic. “Waking up I see that everything is ok, the first time in my life and now it's so great…slowing down I look around and I am so amazed…” iniziai a cantare. Una farfalla come quella di prima mi passò davanti. Allungai la mano e lei si posò sul mio dito indice. “I think about the little things that make life great…I wouldn't change a thing about it, this is the best feeling…” continuai. La creaturina batteva piano le ali. Levai la mano verso il cielo e la farfalla volò via. “This innocence is brilliant, I hope that it will stay…” sorrisi, seguendola. Stava andando verso delle macchie di fiori vicine. Piton mi seguiva con lo sguardo. “This moment is perfect, please don't go away, I need you now…and I'll hold on to it, don't you let it pass you by…” proseguii. La farfalla si posò su una margherita. Mi chinai per coglierne una, ma appena mossi lo stelo una miriade di farfalle si alzò in volo. Era uno spettacolo bellissimo. “I found a place so safe, not a single tear...the first time in my life and now it's so clear…feel calm I belong, I'm so happy here…” sospirai. Ovunque mi girassi la polverina azzurra brillava nell’aria, per poi scomparire in pochi secondi ed essere sostituita con quella di alter farfalle. Salutai il professore con un gesto della mano. Lui mi sorrise. “It's so strong and now I let myself be sincere, I wouldn't change a thing about it…this is the best feeling…” sussurrai. La miriade di farfalle si dileguò, lasciandomi da sola tra i fiori. Presi un soffione e soffiai. I piumini si sparsero nell’aria come fiocchi di neve. “This innocence is brilliant, I hope that it will stay…” dissi, soffiando dei piumini verso Piton. Lui scosse la testa. Infondo ero davvero ancora una bambina. Ma non m’importava. Avevo ancora due anni per crescere del tutto. “This moment is perfect, please don't go away, I need you now…and I'll hold on to it, don't you let it pass you by…” sussurrai. Avrei insegnato ad Eveline il vero valore delle cose. I cento colpi di spazzola. La magia della neve. Credere sempre nelle proprie capacità. Non rinunciare mai ai sogni. A volte, si avverano sul serio. “It's the state of bliss you think you're dreaming, it's the happiness inside that you're feeling, it's so beautiful it makes you wanna cry…” cantai, felice. Felice perché ero dentro al mio sogno. Che si stava realizzando pian piano. Che poco a poco prendeva forma. Quando il cuore batte così forte che sembra voglia uscire dal petto. “It's the state of bliss you think you're dreaming, it's the happiness inside that you're feeling, it's so beautiful it makes you wanna cry…”ripetei, sorridendo. Per tutte le mattine, in cui il primo pensiero era lui. Per tutte le sere, in cui non volevo mai uscire da quell’ufficio. Per tutte le follie, punizioni, promesse fatte per lui. Fatte da lui. Per riuscire ad avere un futuro migliore. Tra pregiudizi, crudeltà e avidità. Un futuro che Severus si meritava. Che Eveline si meritava. “It's so beautiful it makes you want to cry!” cantai, a perdifiato. Con le mani strette intorno al ciondolo. Un farfalla solitaria si poggiò su una mano. Rimasi li per qualche secondo, battendo flebilmente le ali. “Ora vai...le tue compagne sono andate di la!” sorrisi, alzando la mano verso dove era sparito lo sciame di creaturine. La solitaria, si alzò in volo, girò ancora una volta, poi partì alla volta delle sue amiche. Trassi un profondo respiro e tornai da Severus. “Mi sembrava che mancasse il suo canto giornaliero…” commentò, divertito. Sorrisi, cogliendo un soffione. I piumini seguirono il vento. Ne rimasero pochi sullo stelo, che soffiai verso il cielo. “Andiamo ora…la folla sarà diminuita…” propose Piton. annuii e riaprii l’ombrello. Tornammo tra i negozi. Mi fermai in una bancarella che vendeva peluche e bracciali di perline. Ne vidi uno con le perline verdi e argento. Erano intrecciate su tre file. Sembravano scaglie di serpente. “Mi scusi?” chiamai. Una strega dai lunghi capelli castani e l’aria gentile si avvicinò. “Cosa posso fare per lei?” rispose sorridente. “Posso provare quel bracciale?” dissi. Lei lo prese e me lo porse. Provai a metterlo, ma era troppo stretto. “Peccato…le sarebbe stato bene…” sospirò la strega. Sorrisi. “Non importa…” dissi, dispiaciuta. Piton mi prese il bracciale di mano e lo analizzò. “Quanto costa?” chiese poi. La strega gli rispose e lui iniziò a frugare in una tasca della casacca. “No professore! Le impedisco di comprarlo! E poi tanto mi va stretto!” rimbeccai subito. Severus non mi ascoltò e porse i soldi alla strega. “Inutile che mi guardi così signorina Wyspet! E poi, chi le dice che il bracciale è per lei?” disse acido, mentre la strega incartava l’oggetto. Lo guardai dubbiosa. Se non era per me. Forse era per Anna. Oppure. Per qualche altra ragazza. Mi sentii male solo al pensiero. “Avanti, non faccia quella faccia dispiaciuta! Ecco, tenga…” disse, dandomi il pacchetto. Non stavo capendo nulla. “Però…aveva detto che non è per me…” precisai. Severus scosse la testa. “Ed è vero…però lo terrà lei finché non arriverà il momento di consegnarlo alla sua proprietaria…” spiegò. Ora ci capivo ancora meno. “La…sua proprietaria?” chiesi dubbiosa. “È per Eveline…quando crescerà…” concluse Piton. Sorrisi. Che stupida che ero stata. La strega, si girò. “Scusate…mi avete chiamata?” chiese. Noi ci guardammo perplessi. “Ho sentito il mio nome… devo aver sentito male…scusate…” si scusò. “Aspetti! Lei…come si chiama?” le chiesi. “Io? Mi chiamo Eveline…perché?” rispose. Quella coincidenza era esilarante. “Nulla…grazie ancora…” la congedò Piton. Risi. Passeggiammo a braccetto ripercorrendo la strada all’inverso. In effetti il sole oramai stava per scomparire. Ed era ora di tornare al castello. Arrivammo alla stazione. L’ultimo paio di carrozze per le visite ad Hogsmerade erano alle 19.00 in punto. Probabilmente Draco e Anna avrebbero preso quella. Passarono pochi minuti e una carrozza si fermò davanti a noi. Salutai i Thestral, poi Piton mi aiutò a salire. Chiusi l’ombrello, per mancanza di sole. Stavolta, mi sedetti accanto al professore. Tirai fuori il bracciale. “Peccato è davvero carino…” sbuffai. Severus scosse la testa divertito. “E comunque questi sono i colori di Serpeverde…non è che per caso è un messaggio subliminale?” chiesi, sospettosa. Piton rise. “Non dica sciocchezze! Non mi importa dove finirà Eveline…l’importante è che abbia buoni voti…” sbottò. “Quindi se dovesse diventare una Grifondoro, non le dispiacerà, vero?” lo stuzzicai. “Niente affatto…” rispose Piton, facendo l’indifferente. Risi. Mi piaceva parlare del nostro futuro. “Sia io, che Hermione ed Anna avremmo una figlia femmina…i nuovi uragani di Hogwarts!” scherzai. Il professore alzò gli occhi al cielo affranto. Misi via il bracciale e presi due Api Frizzole. Una la diedi a lui. Le mangiammo subito. “Guardi professore! Il tramonto!” esclamai, osservando davanti a noi. Il cielo si era colorato di rosso ed arancione, e le nuove sembravano soffici cuscini. “Che bello…” disse senza entusiasmo Piton. Sorrisi. Lo presi a braccetto. “Le tramano le mani…ha freddo?” mi chiese. In effetti ora che il sole se ne andava un po’ fresco aveva preso il posto dei raggi insistenti. “Un poco…” sussurrai. Severus si tolse il mantello e me lo mise. Era stata davvero una bella giornata. Abbastanza movimentata, ma bellissima. Mi strinsi a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla. “Professore?” lo chiamai, con un fil di voce. Severus si girò. “La amo…” dissi piano. Poi chiusi gli occhi. Cullata dai rumori che si attutivano pian piano, persi la cognizione del tempo. Dello spazio. Di tutto. E dopo quelle ultime parole, sussurrate per paura che il vento se le potesse portar via come aveva fatto con i piumini dei soffioni, mi addormentai.

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Capitolo 19
*** She is... ***


19° Capitolo

Fu un sonno tranquillo il mio. Senza sogni, ma non per questo spiacevole. Anzi. Avevo avuto una sensazione per tutto il tempo. Protezione. Era un sonno leggero come una piuma. “Signorina Wyspet?” sentii. Quelle parole si insinuarono piano al posto dei miei mancati sogni. “Andiamo…si svegli…siamo quasi arrivati…” continuò. Mi mossi di poco, stringendomi a qualcosa di morbido. Uno sbuffo divertito. “Giulia…svegliati…” sussurrò ancora Piton, piano. Stavolta cercai di svegliarmi. Aprii di poco gli occhi. Vidi Piton trasalire imbarazzato. Mi stropicciai gli occhi con le mani e lo guardai dubbiosa. “Siamo quasi arrivati…” spiegò, indicando il castello in lontananza. Mi guardai in giro. Si era quasi fatto buio. E la carrozza avanzava con piccoli sobbalzi sul terreno. “Mi...mi sono addormentata?” chiesi, ancora intontita. Il professore annuì. Avevo ancora addosso il suo mantello. L’ombrello se ne stava immobile ai miei piedi. “Mi…mi scusi…” dissi, rossa in viso. Severus scosse la testa. “Non si preoccupi…la stanchezza gioca brutti scherzi…” mi scusò. Sorrisi e mi stiracchiai. La carrozza si fermò poco dopo. Piton scese prima di me. Presi il mio nuovo ombrello e raggiunsi il mio accompagnatore, con il suo aiuto per scendere. Accarezzai ancora i Thestral. “Si sbriga?! Avanti! Non abbiamo tutta la sera!” sbottò acido Piton. Trotterellai da lui e percorremmo assieme la strada per il castello. La Sala d’Ingresso era vuota. Il professore mi scortò, se pur con riluttanza,  fino alla Torre di Grifondoro. Ci fermammo davanti alla Signora Grassa, che si godeva una pennichella serale. “Allora…si è divertito?” chiesi. “Discretamente…” rispose secco Piton. “Grazie ancora per l’ombrello e per il pranzo…e per avermi difeso da quell’uomo e per…insomma…per tutto…mi sono divertita molto oggi!” sorrisi. “Dovere signorina Wyspet… qualcuno una volta mi ha detto che ‘il compleanno è un’importante data nella vita di ogni persona, bisogna festeggiarlo’. E poi lei ha organizzato un’intera festa per me…” osservò. Annuii soddisfatta. Ci guardammo per qualche minuto. Mi avvicinai piano. “Quando Eveline sarà abbastanza grande, le racconterò di questo pomeriggio…” sospirai. Severus mi guardò ancora. “Sono sicura che sarà un ottimo padre professor Piton…” dissi, sempre più piano. Gli sfiorai una guancia con la mia mano. Lui sorrise sarcastico. “Come fa ad esserne certa? Potrei diventare come mio padre…” commentò poi. Scossi la testa. “Lei è una brava persona…non oserebbe fare del male ad Eveline…certo, da adulti si commettono molti sbagli…ma non è proprio sbagliando che si impara?” spiegai, convinta, guardandolo negli occhi. “Questa bambina sarà fortunata ad avere una madre come lei signorina Wyspet…però…” ricominciò. Sbuffai. “Non un’altra parola! Altrimenti la metto in punizione! Comunque…a parte gli scherzi, è normale avere delle paure simili…dopotutto mancano ancora due anni…si matura, si cresce…e poi lei non è come suo padre! L’ho imparato frequentandola…” sorrisi. Severus sospirò poco convinto. Mi guardò con negli occhi un velo di tristezza. “È sicura di volere davvero avere una persona come me al suo fianco? Per far crescere Eveline?” mi chiese. All’inizio rimasi stupita. Poi, però, sorrisi intenerita. Scossi la testa divertita. “Lei è l’unico uomo da cui desidero avere dei figli…solo con lei…che ha promesso di proteggermi…” risposi. Piton aprì la bocca per replicare, ma io lo superai sul tempo e gli presi la mano. La poggiai sul mio ventre. “Tra qualche anno sentirà Eveline muoversi, scalciare…proprio dove ora sta la sua mano…e sono sicura che la prima cosa che penserà è che deve proteggere quella creatura…che in quel momento sarà piccola tanto da starle in braccio…” dissi, piano. Severus rimase immobile. Sorrisi e gli lasciai la mano. Rimase ferma suo mio ventre per qualche minuto, poi, il professore la ritrasse. Mi slacciai il mantello e, con un brivido di freddo, glielo restituii. “Non vorrei rubarle l’intera scorta di mantelli…” scherzai. Severus sorrise. “Buonanotte professore…le voglio un mondo di bene…” dissi. Presi il suo viso tra le mani e gli detti un bacio sulla fronte. “Buonanotte signorina Wyspet…” sussurrò lui. Sorrisi e svegliai la Signora Grassa. Lo salutai ancora con una mano, poi entrai. La Sala Comune era vuota. Mi ero dimenticata delle vacanze. Filai diretta in dormitorio. Come mi aspettavo, Hermione stava placida sul letto a pancia in giù, sfogliando una rivista e canticchiando. La salutai e lei mi guardò sorridente. Era chiaro che voleva sapere i particolari. Sentendo delle voci, anche un’altra Grifondoro apparve dalla porta del bagno. Entrambe notarono subito l’ombrello. Mi sedetti sul letto, buttando le ballerine in un angolo, ed iniziai a raccontare. Anna mi interrompeva con qualche suo urletto d’eccitazione, mentre Hermione con i suoi squittii di gioia. Parlai anche del bracciale. Lo tirai fuori dalla borsa e lo feci vedere. Poi riassunsi a grandi linee quello spezzone di conversazione avuto nemmeno un’ora prima. Entrambe erano entusiaste per me. “Piuttosto, a che ora siete tornati tu e Draco?” chiesi, ad Anna. Lei alzò le spalle. “La carrozza delle 16.00…c’era troppa gente, così siamo tornati al castello e ci siamo rinchiusi nei dormitori Serpeverde…senza Piton che mi controlla è una pacchia!” spiegò. Risi. Andai a struccarmi e poi mi cambiai. Appoggiai l’ombrello vicino al comodino. Nel baule sarebbe finito in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie sparpagliate. Non scendemmo a cena. Invece ci rimpinzammo di dolci. Anna aveva mantenuto la promessa ed aveva portato una scorta per un anno ad Herm. La ragazza ci raccontò come aveva trascorso il pomeriggio, poi rimanemmo a chiacchierare. “Dunque Piton sa che avrete una femmina?” chiese il prefetto, mangiando una gelatina. Dopo qualche secondo la ingoiò a malavoglia cacciando fuori la lingua in segno di disgusto. “Cerume?” chiese Anna, storpiando le parole per via del lecca lecca che stava mangiando. “Calzini sporchi…” rispose schifata Hermione. Risi. “Si, lo sa…e mi è sembrato anche abbastanza felice…solo che gli manca autostima come padre…” spiegai, mangiando l’ennesima Ape Frizzola presa dal sacchetto del prefetto. “Draco invece è tutto l’opposto…si è anche inventato un secondo nome per il nostro futuro bambino…” sbuffò Anna, buttando lo stecchino del lecca lecca a terra. Hermione lo raccolse stizzita. “Cioè? Asdrubale? Oppure Ermenegildo?” chiesi, divertita. “Sarebbe stato meglio…lo vuole chiamare Scorpius Hyperion…” rispose Anna esasperata. “Vuole fare l’acculturato con il latino eh?” lo presi in giro. Hermione trattenne una risata. “Scusa, ma il figlio è anche tuo! Perché non ti opponi?” osservò poi. Anna alzò le spalle. “Lui da il nome al maschio, io alla femmina…” sintetizzò. Io ed Herm la guardammo curiose. “Ovviamente Elizabeth Sadie Malfoy…” rispose, mangiando una gelatina. “Sadie?” chiese stupita il prefetto. “Ero indecisa tra Sadie ed Eiko…il primo vuol dire Sarah in inglese, mentre il secondo significa ‘bambina amabile’ ed è giapponese…non so quale scegliere…certe volte dico Elizabeth Sadie, altre Elizabeth Eiko…” spiegò, indecisa. Prese un’Ape Frizzola e la ingoiò. “Nella mia famiglia le ragazze hanno sempre avuto un secondo nome giapponese…mia nonna si chiamava Artemisia Anko e la mia bisnonna Naomy Nanako…mi dispiacerebbe rompere la tradizione…” raccontò poi. Annuii, prendendo una piuma allo zucchero filato. “Ragazze…prendetemi per una porta iella, ma ho un brutto presentimento…” sbottò Hermione poco dopo. “Cioè?” chiesi, stupita. “Il nostro futuro dovrà essere guadagnato…ricordiamoci che Voldemort è tornato, e non credo se ne starà zitto e buono ancora per qualche tempo…” continuò il prefetto. “Menomale che odi la Cooman! Ora sembri esattamente come lei!” la prese in giro Anna. “Sto dicendo sul serio!” la rimproverò. “Anche se fosse…abbiamo affrontato cani a tre teste, basilischi e la Umbridge!” puntualizzai, sicura. “Lo so…però…Voldemort è il Signore Oscuro…non morirà certo di vecchiaia!” commentò ancora il prefetto. Anna battè un pugno sul cuscino. “Non me ne importa nulla di Voldemort! Io tra due anni mi sposerò con Draco, che lui lo voglia o no! E se si azzarda a fare casino, lo Avadakedavrizzo appena vedo quella sua testa bianchiccia!” ringhiò poi. Risi. Hermione la guardò allibita. Rimanemmo a parlare, cambiando argomento ovviamente, fino a tardi. Era mezzanotte passata, quando ci infilammo sotto le coperte. “Giulia, canta qualcosa!” mi chiese Anna. La guardai stupita. “Ti devi allenare a fare la mamma no? Canta una ninna nanna!” spiegò poi. “Hai mangiato troppi dolci e ora hai mal di pancia vero?” intuì Hermione. Anna arrossì ed annuì. Sorrisi intenerita. “E va bene…prima però sistematevi sotto le coperte…” dissi. Le due mi obbedirono, mentre io mi misi a sedere. Billy Joe si stava sdraiando, con la sua leggerezza, vicino al cuscino. James faceva già le fusa infondo al letto di Anna, mentre Grattastinchi era tra le braccia di Hermione. “Apposto?” chiesi. “Si!” risposero in coro le due. Spensi la luce, lasciando che i raggi della luna entrassero dalla finestra. “Cuor non dirmi no, forza non lasciarmi, non abbandonarmi qui…” iniziai, piano. Anna, nel letto accanto al mio, si era stretta al pinguino di peluche. Hermione, si mosse nel letto. “È la vita che, mi offre un occasione, ma io ho paura sì…” continuai. Guardai i raggi della luna sul pavimento. La luce pallida illuminava metà stanza e metà del mio letto. Allungai una mano facendola rimanere a mezz’aria. Una sfumatura blu la colorava. “Ho il mondo immenso se non hai dei ricordi, dietro te…” sussurrai. Mi immaginai seduta accanto ad un lettino. Una manina che stringe il cuscino. Le accarezzo piano la testa. “Lungo la mia via c'è già chi mi aspetta c'è da sempre sì lo so…” proseguii. Se Hermione avesse davvero ragione. Se davvero Voldemort avesse scatenato l’inferno. Io avrei combattuto. Contro di lui. Contro i Mangiamorte. “E mi capiranno sempre con amore, dove sono scoprirò…” dissi, piano. Per un mondo migliore. Per fare in modo che Eveline vivesse senza pregiudizi. Senza soprannomi cattivi e dispregiativi. Non più Mezzosangue e Purosangue. Solo persone. Uomini. Gente. “Amore, famiglia…son le cose che potresti avere tu…” sorrisi. Hermione si mosse nel letto. Billy Joe muoveva piano la coda. La luce dalla finestra era sparita. Delle nuvole dovevano aver coperto la luna. “Amore, famiglia io le troverò per non lasciarle mai più…” sospirai. Mi girai e vidi le due. Occhi chiusi, respiro tranquillo. Si erano addormentate. Sorrisi e mi infilai sotto le coperte. Trascinai a me Billy Joe e appoggiai la fronte al suo naso. Il gatto mi diede una leccatina, poi tornò a dormire. Ridacchiai e gli diedi la buonanotte. Osservai l’ombrello, appoggiato al comodino. Sorrisi ancora. Quella giornata era stata davvero memorabile. Però altrettanto stancante. Appena chiusi gli occhi, piombai in un sonno profondo. Stavolta però sognai. Protetta ancora da due occhi scuri.
Il trillo della sveglia di Hermione mi fece sobbalzare. Sentii dei lamenti. Anna probabilmente. “Avanti ragazze! Sono le undici! Contente che vi ho fatte dormire eh?” sorrise soddisfatta il prefetto. Aprii piano gli occhi e sbadigliai. “Tantissimo guarda!” sbottò infastidita Anna. Mi stiracchiai, poi andai in bagno. Mi lavai il viso, poi tornai in camera, cedendo il posto ad un’assonnata castana. Vidi che Hermione scriveva qualcosa fitta fitta. “Già compiti?” le chiesi divertita. “No…sto scrivendo ai miei…solo per far sapere che sono viva e che mangio abbastanza… e mi lavo i denti ogni sera…” scherzò. Risi e presi anche io un foglio e una penna. Mi misi a pancia in giù sul letto ed iniziai a scrivere. Era la solita lettera per mia madre, solo che in questa ci andava anche una richiesta. Anna entrò in camera, prese l’mp3 e le casse rubate a sua sorella, e attaccò tutto poggiando poi sul comodino. Tutto stregato da me in modo che potesse funzionare anche in territorio scolastico. La voce roca di Manson riempì la stanza. Hermione si lamentò, così la ragazza fu costretta a cambiare. Ora i Three Days Grace suonavano nella stanza. Il prefetto tornò a scrivere. Quello era uno dei pochi gruppi che avevamo in comune tutte e tre. “Cos’è, la giornata delle lettere?” esclamò Anna, buttandosi sul letto. “Devo mandare la lista dei libri a mia madre…l’ultimo dovrebbe arrivarmi a giorni…però per sicurezze gliene scrivo ancora…voi, qualche ordinazione?” chiesi. Ogni determinato tempo, cioè quando finivo i libri che mi prestava Piton, ricorrevo alla libreria casalinga. Spedivo dei titoli a mia madre, che, li cercava in internet su un sito in cui era registrata. Glieli consegnavano in pochi giorni, e lei, man mano che arrivavano, me li mandava via gufo. L’ultimo l’avevo richiesto più di due settimane prima. “Cosa le ordini stavolta?” chiese curiosa Hermione. “Dunque… ‘Una bambina’, ‘La legge di lupo solitario’ e ‘I bambini sono tornati’…” elencai. “L’ultimo non è della nostra cara Palazzolo?” chiese Anna. Annuii. “Allora ovvio che me lo presti poi…” osservò. Sorrisi. “Se non è di disturbo per tua madre, potresti chiederle di ordinarmi ‘La bambina perduta’, di quella scrittrice italiana…aspetta…Maria Venturi!” esclamò Hermione. “Certo cara…” sorrisi, scrivendo il titolo. “Cos’è tutto questo parlare di bambini?!” sbottò Anna, mangiando un’Ape Frizzola. “Dopo le ultime scoperte, di cosa ti stupisci?” sorrisi. “Sono indecisa se chiederle anche ‘Piccolo amore di papà’…” sospirai, incerta. Anna mi guardò dubbiosa. “Parla di una bambina che deve confessare gli abusi del padre vero? Non so Giulia…se Piton ti trova a leggere quel libro credo che la sia autostima da padre calerebbe ancora di più…” osservò Hermione. Sbuffai. “Mica lo leggo perché credo poco in lui…” rimbeccai. “Comunque l’argomento psicologia mi interessa…ordinalo per me…” aggiunse poi il prefetto. Scrissi il titolo. “Tu vuoi qualcosa?” chiesi, ad Anna. Lei alzò le spalle. “Sto ancora finendo ‘Ti porterò nel sangue’…” rispose, non interessata. Annuii e scrissi ancora qualche riga di attualità per la sete di pettegolezzi di mia madre. Poi, arrotolai il foglio e lo passai ad Hermione. “Ora cambiamoci, così poi andiamo tutte assieme in Guferia…poi, pranzo!” esordì lei. La guardammo scettiche. “Cos’è quest’atteggiamento da Vispa Teresa?” le prese in giro Anna. “Nulla…è solo che è una bella giornata!” rispose il prefetto. Decidemmo di rispettare il programma. Ci cambiammo, poi andammo in Guferia e andammo a mangiare. Quando comparirono i dolci, un gufo planò e si fermò davanti a me. Portava un pacchetto. Lo aprii, e vi trovai un libro, dalla copertina colorata. Un ragazzo al centro di quello che era un bagno, con sulle piastrelle attaccati una miriade di cuori di plastica. “Finalmente è arrivato!” dissi, soddisfatta. Hermione sbirciò il libro, mentre Anna me lo chiese poco dopo per leggere il riassunto nella retro copertina. “Bene ragazze…ora mi fiondo di fuori, che c’è il mio Draco che mi aspetta! Pomeriggio a far nulla sull’erba…” sospirò la castana, alzandosi. “Vai e divertiti…però ricorda, Elizabeth la vogliamo solo fra due anni!” esclamai maliziosa. Anna mi fece la linguaccia e corse via. Io avevo in mente una capatina nei sotterranei per quel pomeriggio. E così feci. Bussai piano alla porta, ancora con il libro in mano. Non ero nemmeno andata in dormitorio a poggiarlo. “Avanti…” rispose Piton. Entrai tranquilla, chiudendomi poi la porta alle spalle. “Buongiorno professore!” esclamai, allegra. Trotterellai fino alla scrivania. “Signorina Wyspet, non può illudere così le persone! Mi ero quasi convinto che non venisse oggi! Ma purtroppo mi sbagliavo…” disse, sarcastico. Gli sorrisi. Oramai sapevo che non diceva sul serio. “Ha visto che bella giornata? Perché non esce un po’?” proposi. Piton alzò un sopracciglio. “Direi anche di no…” sbottò. “Non può usare la scusa dei compiti da correggere! Siamo in vacanza!” dissi, subito. “Infatti stavo rileggendo alcuni appunti…” precisò il professore. Lo guardai scettica. “Con questo sole lei se ne sta rintanato qui?” esclamai allibita. “Normale routine…però nessuno le impedisce di uscire e godersi il suo tanto amato sole…” commentò Piton. Scossi la testa. “Sono venuta qui per stare con lei…non avrebbe molto senso se ora me ne andassi…” sorrisi. Severus scosse la testa divertito. “Io devo controllare questi fogli…” disse poi. “Non c’è problema…ho il mio libro…” risposi, indicandolo. “Conoscendola mi distrarrebbe ogni due minuti…” sbottò acido. “Prometto che starò buona!” promisi. Piton mi guardò. “Se ne vada in camera mia…quando ho finito, forse, la chiamerò…” propose. “Come forse?” chiesi, delusa. “Ora vada…mi ha già disturbato abbastanza!” sbottò seccato. Sorrisi e trotterellai in camera. Tolsi le Converse e mi sdraiai a pancia in giù. Aprii il libro davanti a me e mi appoggiai suoi gomiti. Iniziai a dondolare le gambe. Nonostante fosse nei sotterranei, la stanza era illuminata. Sospirai. Da quanto non andavo in quel letto. Chissà se in futuro avremmo dormito sotto coperte verdi e argento. Glielo avrei concesso di esibire la sua predilezione Serpeverde. Per me, dopotutto, non faceva molta differenza. Iniziai a fischiettare una canzoncina che canticchiava sempre Mary Kate. La Gummy Bear song. In lingua slovena, credo. Dopo qualche minuto, chiusi il libro. Era chiaro che avrei riletto la stesa riga senza capire nemmeno una parola per almeno dieci volte. Tutto in quella stanza mi distraeva. E solo perché era di sua proprietà. Ero davvero da ricovero. Risi di me stessa. Chissà come sarebbe stato vivere agli anni di Severus. Adolescenti entrambi. Forse sarei stata amica di Lily. Oppure l’avrei odiata. Oppure mi sarei innamorata di James Potter o di Sirus. No, impossibile. Però. Se avessi amato Severus anche in quella vita, avrei dovuto competere con Lily. E non sarebbe stato facile. I suoi capelli rossi lucenti. Quegli occhi verdi. Io dei banali occhi nocciola e dei capelli ribelli quasi biondi. Gli antipodi. Eppure, Severus stava dimostrando un certo affetto nei miei confronti. E questo era una conferma più che valida dell’aver lasciato perdere Lily Evans. Però la ferita non si era ancora rimarginata in lui. Nel suo cuore, c’era ancora un angolo buio, ancora scoperto. E toccava a me risanarlo. Con l’amore. La gioia. Volevo farlo. Volevo che lui fosse felice. Aveva vissuto nella tristezza per troppo tempo. E nessuno dovrebbe essere triste. Mai. Perché la tristezza fa allontanare dagli altri. O almeno, era quello che mi immaginavo del carattere di Severus. Forse Lucius Malfoy era stato il suo unico amico. Anche se da quello che sapevo era più grande. Scossi la testa e sospirai. Tutti quei pensieri mi stavano facendo venire sonno. Saltai giù dal letto ed iniziai a gironzolare per la stanza. Vidi che un cassetto del comodino era aperto. Mi avvicinai piano, come fosse un animale pericoloso. Sbirciai cosa ci fosse. Inchiostro. Penne. La carta da lettere che gli avevo regalato io. E sopra il comodino. In equilibrio precario. Il quadernetto dalla copertina nera incluso nel mio regalo. Chiusi di poco il comodino, e l’oggetto cadde per terra. Mi affrettai subito a raccoglierlo. Non volevo che Piton arrivasse e mi vedesse mettere le mani nella sua roba. Non ero una che spiava nelle cose altrui senza permesso. Il quadernetto si era aperto, mostrandomi due pagine. Erano state scritte dalla sua calligrafia elegante. Lo presi e, senza volerlo, buttai l’occhio. Non sembravano appunti. Nemmeno programmi di lezioni. Era la fine di uno scritto. Girai la pagina. A lato della pagina, in alto a destra, c’era la data. Poi, un titolo. “Lei è…” lessi, sottovoce. Era una poesia. No. Impossibile. Non poteva essere lei. Non dedicata a lei. No. Una fitta mi strinse il cuore. Scorsi veloce gli occhi sulla pagina, ma non capivo nulla. Dovevo calmarmi. Poi mi chiesi se era davvero giusto quello che stavo facendo. Leggere le poesie senza il permesso di Piton. Si sarebbe arrabbiato. E anche molto. Però. Era solo una. Solo per vedere se il mio pensiero era esatto. Anche se speravo che fosse dedicata a qualcun altro. Perfino alla professoressa McGranitt, ma non a lei. A Lily Evans. Già ce la vedevo ai tempi di scuola, a civettare dietro a Severus. A fagli male. A colpirlo con i suoi pugnali di falsa gentilezza. Mi detti un pugno in testa. Stavo parlando male della madre di Harry! Mi odiavo per questo. Ero solo gelosa. Perché lei aveva avuto la possibilità di stare con Severus, il mio Severus, senza due anni a separarli. Però non aveva realizzato quanto fosse fortunata. Poi eccomi. Una bambina di undici anni paralizzata davanti ai i suoi occhi neri. Con un solo sguardo. Ha preso il mio cuore. La mia anima. I miei pensieri e ed i miei sogni. Sospirai ancora. Mi decisi di leggere solo qualche riga, poi avrei messo via il quadernetto e chiuso il cassetto. Successivamente sarei tornata al mio libro. “Lei è un raggio di sole nel buio di questa vita…troppo lunga, troppo solitaria…” iniziai, ancora sottovoce. Niente indizi. “Lei è quello per cui apro gli occhi ogni giorno, quello per cui vivo…” continuai. La fitta al cuore aumentava. Mi tremavano le mani. “La sua voce è melodia…se lei sorride, il mondo sorride con lei…” sussurrai. Più andavo avanti, più mi sentivo nervosa. Gli occhi mi diventavano lucidi. Ed avevo paura. Che qualcosa si insidiasse tra noi. “Se lei piange, il mondo si rattrista…perché un suo sorriso, scalda i cuori…la sua voce, da amore…” dissi, con voce tremula. Erano davvero belle parole. Forse rivolte a Lily. Forse a qualcun’altra. Forse alla nostra Eveline. Anche se. “E le sue lacrime fanno soffrire… lei è gentile, ma tenace…lei è…Giulia…” lessi. Avevo riletto il nome una ventina di volte. Non c’era scritto Lily. C’era il mio nome, scritto su quella pagina. Rimasi a fissarla sbalordita. Commossa. In lacrime. Senza che me ne accorgessi il quaderno mi venne strappato di mano. “Chi le ha dato il permesso di prendere il mio quadernetto!” esordì Piton. Lo guardai. Lui scorse gli occhi sulla pagina e impallidì. “L’ha…letta?” chiese. Annuii. “Come ha osato! Ora fruga anche tra le mie cose?!” esplose, arrabbiato. Rimasi a fissarlo. Ancora stordita. Piton buttò il quadernetto nel cassetto e poi lo chiuse con violenza. Sobbalzai. “Io…non…era…sul comodino…stavo chiudendo il cassetto ed è caduto…” cercai di spiegare, timida. Severus aveva le guance di un rosa quasi rosso vivo. “Questo non significa che potesse leggerne il contenuto!” urlò ancora. Abbassai lo sguardo dispiaciuta. “Penso che ora possa anche andarsene signorina Wyspet…” sbottò, acido. “No…per favore…mi creda…io…non volevo…farle un torto…” cercai di giustificarmi. Lui mi guardò freddo, anche se si vedeva che era imbarazzato. “All’inizio ho visto solo il titolo…poi…ho avuto paura…e così…ho letto…mi dispiace…però non mi mandi via!” lo pregai, in lacrime. “Paura? E di che cosa?” rimbeccò, aspro. Arrossii. “Avevo paura…che…la poesia…fosse…” balbettai. Silenzio. “Dunque?” rispose Piton, con le braccia conserte al petto. “…fosse…per…lei…per la mamma di Harry…” continuai. Sapevo che era stato un pensiero stupido il mio. Guidata dalla stupida gelosia. Severus alzò un sopracciglio dubbioso. “Per favore…non…mi odi…non volevo davvero leggere…” conclusi, implorante. Il professore mi guardò ed allungò una mano. Chiusi gli occhi per paura di qualche gesto avventato. Mi avrebbe spinta fuori dal suo ufficio. E tutto per colpa di quella stupida gelosia. Della mia insicurezza. “Odiarla? Lei è davvero scioccia signorina Wyspet!” commentò, accarezzandomi la testa. Aprii gli occhi e lo guardai. “Ora la smetta di piangere…il danno è fatto ormai no?” disse, asciugandomi una guancia con il palmo della mano. Sorrisi e lo abbracciai. “Signorina Wyspet…si stacchi…non è il caso!!” protestò il professore. Imbarazzata mi spostai. “Comunque, ero venuto a chiamarla per il semplice fatto che ho finito di rivedere gli appunti…” spiegò Piton. Annuii. Lo guardai per qualche minuto, poi un’idea mi si accese come una lampadina nella mia mente buia. “Professore…” lo chiamai. Lui annuì. “Ha finito tutti gli appunti e scartoffie varie?” chiesi, sorridendo. Lui annuì di nuovo, guardandomi dubbioso. “Dunque stasera non avrà nulla da fare?” chiesi ancora. “Non se ne parla signorina Wyspet…” sbottò subito. Lo guardai delusa. “Non sa nemmeno cosa voglio proporle!!” rimbeccai. “Vuole uscire stasera…” disse. “In effetti…era quella la proposta…” confessai, timida. “Si ricorda com’è finita l’ultima volta in cui siamo usciti la sera?” esordì Piton, severo. Come dimenticarlo. Josh. Le trenta frasi. La settimana di reclusione in dormitorio. “Però…Josh è in vacanza dai suoi…per favore! Solo per stasera…la prego! Voglio farmi perdonare per aver letto la poesia!” lo pregai. Piton mi guardò scettico. “Per favore…solo un giro in giardino vicino al lago…e poi Hermione mi ha detto che stasera ci sarà una bellissima luna!” spiegai. Il professore alzò un sopracciglio. Lo guardai speranzosa. “Se le dico di si se ne tornerà in dormitorio all’istante?” sbottò. Annuii convinta. “Alle 21.00 precise davanti al nostro albero…se tarda anche di un solo minuto me ne vado…” disse, esasperato. Sorrisi ed annuii. “Grazie! Ci vediamo stasera allora!” esordii, prendendo il libro sul letto e dirigendomi alla porta. Piton mi seguì silenzioso. “Ah si…la poesia era davvero bella professore! Grazie…” dissi ancora. Gli diedi un bacio sulla guancia e corsi via. Andai a leggere in Sala Comune. Ci rimasi fino all’ora di cena, poi scesi con Hermione. Anna era già in Sala Grande che si sbaciucchiava con Draco. Le pietanze erano ottime come al solito, per non parlare dei dolci! Appena finito tornammo in dormitorio. “Quindi hai un appuntamento con Piton?” ghignò maliziosa Anna. Io annuii. “Al chiaro di luna…che romantico…” sospirò Hermione. Sorrisi. “Eh già…il buio…sai…magari inciampano…cadono lui sopra lei…ci scappa un bacio…poi Piton la stringe a se…lei gli sussurra ‘oh Severus!’…altro bacio…poi una mano che scivola…” elencò Anna, imitando ogni azione. Arrossii e le tirai un cuscino. “Non dirmi che non ti piacerebbe eh!” si lamentò lei. Hermione sbuffò. “Figurati se Piton lo farebbe mai…e poi Giulia…non starebbe sotto senza far nulla…” la rimproverò indignata. Arrossii ancora di più. “Guardala!!! È diventata rosso fuoco!!” mi prese in giro Anna. “Giulia!! Non dirmi che ti stai immaginando la scena!” esclamò stupita il prefetto. In effetti un’immagine simile stava prendendo forma nella mia mente. Scossi la testa, sia per rispondere ad Hermione che per scacciare quell’immagine. “Ma poi scusa…non ci hai mai pensato Herm? Tu e Ron avrete due bambini…quindi vuol dire che…” osservò Anna. Il prefetto si nascose dietro ad un cuscino. “Anche tu e Draco se è per questo…due figli…” precisai io. Anna si sciolse in un mare di sospiri. Però era vero. Eveline mica sarebbe arrivata con la cicogna. “La mia ciccia ti adora Anna…” sbottai. “Ciccia?! Ma se sei tutta pelle ossa! Guarda le mie maniglie dell’amore invece!” rimbeccò lei, indicandosi i fianchi. Non che lei fosse grassa. Anzi, era una tra le più magre del nostro anno! “Il punto è che io non ho le maniglie dell’amore, ho due maniglioni antipanico!!!” risposi, con tono isterico. Poi ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere. “Insomma, cosa ti metti per l’appuntamento?” mi chiese la castana. “Non è un appuntamento…” iniziai a precisare. “…è un’uscita serale!” mi fecero il verso all’unisono Anna ed Hermione. “Comunque penso di andare vestita come al solito…gonna, felpa, Converse…” elencai. Poi mi voltai verso l’ombrello appoggiato al comodino. “Che tristezza…non hai qualche altro bel vestito?” commentò Hermione. Alzai le spalle. “Voglio mettermi la felpa quella viola e nera, con le tasche davanti e il cappuccio con le orecchie da gatto…” descrissi, andando al baule. “E sotto?” chiese Anna, zittendo il prefetto, già pronto per un commento negativo. “Gonna a pieghe scozzese nera e viola…” sorrisi. “Calze?” chiese ancora la castana. “Viole e nere a righe…e le mie Converse…” risposi ancora, prendendo dal baule tutti i vestiti che mi occorrevano. “Tu?” chiesi poi io. “Gonna in tulle nera, corpetto e copri spalle…calze nere e anfibi…o Converse…” elencò, indicando una massa nera sul suo letto. Hermione sospirò esasperata. “Vedrete che quando avrete figli la smetterete di vestirvi così…” commentò. Io ed Anna ci guardammo. “Per tua informazione, nello specchio, la mia Elizabeth era vestita da Gothic Lolita!” rimbeccò la seconda. “E Eveline aveva un vestitino viola…” precisai io. Il prefetto scosse la testa, però sorridendo. Iniziai a prepararmi, poi rimasi a fissare l’ombrello per qualche minuto. Fuori c’era già buio. Era un peccato. Avrei voluto usarlo. Alzai le spalle e aspettai Anna. Salutammo Hermione e l’accompagnai per un pezzo, poi uscii. Mi misi il cappuccio, con le finte orecchie nere che dondolavano trasportate dal vento. Faceva davvero buio. E io come al solito avevo lasciato la bacchetta in dormitorio. Riconobbi l’albero e mi ci appoggiai, per ripararmi dal vento. Si vedeva solo metà luna. Le nuvole scure ne coprivano l’altra metà. Guardai l’orologio. Per paura che Piton se ne andasse davvero, se fossi stata in ritardo, ero uscita in anticipo. Mancavano dieci minuti alle nove. Rimasi immobile per qualche minuto. Il vento ancora soffiava a tratti. Il buio attutiva ogni suono, ogni rumore. Un brivido di freddo mi percorse la schiena. Il rumore del vento contro le fronde degli alberi della Foresta Proibita mi era famigliare. “Playground school bell rings, again…” iniziai a cantare. Piano, in modo da non disturbare le creature li intorno. Sperando che non ce ne fossero, ovvio. “Rain clouds come to play, again…Has no one told you she's not breathing?” continuai, sempre in un sussurro. Una folata di vento più forte. Mi strinsi nel cappuccio. “Hello, I'm your mind, giving you someone to talk to...hello...” sospirai, quasi stessi parlando con qualcuno. Quell’atmosfera mi metteva inquietudine. Se Josh non fosse andato a casa per le vacanze, avrei avuto paura. Strano. Non ero un ragazza che si spaventava per poco. Forse quella situazione mi ricordava qualcosa che mi era capitato da bambina. Però dovevo essere stata molto piccola per non ricordarmelo. “If I smile and don't believe…soon I know I'll wake from this dream…” proseguii. Guardai l’orologio, ansiosa. Mancavano ancora cinque minuti. La sagoma imponente del castello si ergeva davanti a me. Dall’altro lato il lago, più nero del solito. Sbuffai. “Don't try to fix me, I'm not broken…” dissi, alzando gli occhi al cielo. Scuro. Come gli occhi dell’uomo che stavo aspettando. Solo che quel cielo metteva ansia. Se solo Severus fosse arrivato in fretta, quel senso di disagio sarebbe andato via subito. “Hello, I'm the lie living for you so you can hide...” bisbigliai, con la voce in un tremolio. Le mani in tasca si stringevano l’una con l’altra. Le fronde dell’albero a cui ero appoggiata si muovevano percosse dal vento. “Don't cry...” sussurrai. Sentii dei rumori e sobbalzai. “Vedo che ha accolto il mio suggerimento…” osservò Piton, raggiungendomi. Tirai un sospiro di sollievo. “Menomale...è lei professore…” dissi, tranquillizzata. Lui mi guardò ghignando. “Aveva qualche dubbio?” sbottò. Scossi la testa e gli presi un lembo del mantello. Facemmo qualche passo, poi si fermò. “Ha forse paura del buio signorina Wyspet?” chiese, maligno. Scossi la testa. “Ah davvero?” commentò. D’improvviso si allontanò. Il mantello mi scivolò di mano e rimasi da sola. “Professore?” lo chiamai. Senza pensare iniziai a tastare nell’aria impaurita. Feci un passo e mi guardai in giro. Solo buio. Rimasi immobile per qualche minuto. Avevo una brutta sensazione. E per qualche momento era sparita avendo vicino Severus. Sentii qualcosa poggiarsi sulla mia spalla. Tirai un urlo. Sentii Piton scoppiare a ridere. Sbuffai. “Lei è perfido! Antipatico!” sbottai, dandogli un pugno sul braccio. Lui rideva ancora. “E così lei non ha paura eh?” ghignò. “Su andiamo…” dissi, ignorandolo. Mi girai, ma inciampai in qualcosa e caddi. Mi aggrappai alla prima cosa che trovai. La mia schiena dolorante mi suggerì di essere atterrata sull’erba. “Che male…mamma mia…” mi lamentai. “La sua solita leggerezza signorina Wyspet!” rimbeccò Piton. “Lumos!” esclamò. Quando la luce mi illuminò, vidi un lembo del suo mantello nella mia mano. Piton era su di me, con le mani poggiate vicino alle mie spalle. In una la bacchetta illuminata. Ecco cos’era quella sensazione di calore che sentivo addosso! Arrossii. Il cuore mi batteva a mille. La stessa scena che aveva descritto Anna nemmeno un’ora prima. Cercai di muovere una gamba ma la strusciai su qualcosa. Decisi di rimanere immobile. All’inizio spostai lo sguardo da quello di Severus, ma poi non riuscii a resistere e lo guardai negli occhi. Rimanemmo così per qualche minuto. “Professore…” sussurrai, piano. Non sapevo se digli di alzarsi o rimanere così. Chissà se anche lui se lo stava chiedendo. Piton mi guardò e, come si fosse ripreso da uno stato comatoso, si alzò pian piano, mettendosi a sedere accanto a me. Mi misi anche io a sedere, sistemandomi la gonna. Mi avvicinai di poco a lui. “Per favore…non mi faccia più questi scherzi…” lo pregai. “Ha davvero paura del buio? A sedici anni?” esclamò incredulo Piton. “No…è che…c’è qualcosa di strano nell’aria…ma forse sono io che mi faccio condizionare…” spiegai, imbarazzata. Lui mi guardò dubbioso. “Hermione mi ha detto una cosa…ha un brutto presentimento…dice che succederà qualcosa di negativo…che Voldemort non se ne starà buono, mandando solo i sui seguaci in giro ancora per molto…”  raccontai, rabbrividendo. Il professore non rispose. Alzò gli occhi al cielo. “Secondo lei…è davvero così?” gli chiesi, con voce tremula. “Non glielo so dire con certezza signorina Wyspet…nessuno lo sa…anche se forse Silente ha già qualcosa in mente…” rispose lui, vago. Lanciai un’occhiata al suo braccio sinistro. “Le…le fa male?” gli chiesi, indicandolo con lo sguardo. Severus fece finta di non capire. “Il Marchio Nero…brucia? Cioè…una volta Hermione mi ha raccontato che Voldemort richiama i suoi Mangiamorte tramite quello…” spiegai, insicura. “Potrebbe dire alla signorina Granger di non metter naso in cose che non la riguardano magari…” sbottò Piton. Lo guardai dispiaciuta. “Non volevo offenderla…mi scusi se mi sono espressa male…è che…ho sempre pensato che le esperienze passate, i nostri errori, anche se mostrano qualcosa di indelebile sulla pelle o esternamente, saranno tatuate a fuoco anche nella nostra mente…e nel cuore…e io…non voglio che lei soffra…” dissi. Severus sorrise e scosse la testa divertito. “E poi la veda dal lato positivo! Se non avesse accettato la proposta di Voldemort, non si sarebbe mai pentito e sarebbe andato da Silente! E se non fosse andato da Silente non sarebbe diventato professore ad Hogwarts! E se non fosse diventato professore non ci saremmo incontrati!” sorrisi. Piton mi guardò scettico. “Questo dovrebbe essere il lato positivo?” commentò, acido. Lo guardai delusa. Lui mi accarezzò la testa. “Lei è nata proprio in un mondo sbagliato…se tutti la pensassero come lei, signorina Wyspet, il mondo sarebbe un posto migliore…” sospirò poi. Mi avvicinai ancora. “Ed è quello che vorrei succedesse nel futuro…niente più guerre, niente più maghi che si uccidono a vicenda…voglio che Eveline abbia un bel mondo in cui vivere…crescere sorridente e spensierata da ogni paura…” dissi, speranzosa. Piton scosse la testa. “Ci sarà sempre qualcosa di cui aver paura signorina Wyspet…” commentò lui. “Non se ora noi combattiamo…se davvero Voldemort dovesse iniziare a dar fastidio, e Harry mi chiedesse aiuto…io accetterei…non perché voglio far male a qualcuno…solo per salvare delle persone…cosa succederebbe se si riaprisse di nuovo la Camera dei Segreti? Se Voldemort volesse uccidere tutti i nati babbani? Tra queste persone ci sono Hermione e Anna…le mie migliori amiche…non potrei lasciarle da sole…” spiegai. Vidi Piton trasalire. “Signorina Wyspet…non faccia sciocchezze…cosa vuole che ne sappia un ragazzino di quindici anni su come si amministra una guerra?!” sbottò, riferendosi ad Harry. “Almeno lui cercherebbe di fare qualcosa…il Ministero oramai è intriso di ipocrisia…mette tutto a tacere mandandoci il confettone rosa…” rimbeccai, seccata. “Signorina Wyspet, mi ascolti…glielo ripeto…non faccia sciocchezze! Ha solo sedici anni, non vale la pena rischiare la vita per qualcosa che qualcuno di più potente metterà a tacere! Pensi ai suoi genitori…” disse. Negli occhi di Severus vedevo qualcosa di nuovo. Ansia. Forse paura. “…e a lei?” chiesi sorridendo. Lui si voltò dall’altra parte senza dire nulla. “Poi sono io la sciocca eh? Se crede che l’abbandonerò così facilmente, se lo scorda! Nemmeno Voldemort in persona può farmi rinunciare a lei…” risposi intenerita. “Ah davvero? Per sua informazione esiste una Maledizione Senza Perdono che potrebbe farla cessare di esistere…” disse sarcastico. “Non si dimentichi che perfino l’Avada Kedavra può essere sconfitta…l’amore è il sentimento più importante di questo mondo…Harry ne è l’esempio…finché penserò a lei, nulla porta farmi del male…perfino solo l’averla al mio fianco mi ha fatto passare il senso d’inquietudine che mi attorniava!” sorrisi. Severus mi guardò. Gli accarezzai una mano e mi sporsi verso di lui. Gli diedi un bacio sulla guancia. Poi tornai a sedermi. Alzai la testa verso il cielo. “Guardi professore! Le nuvole se ne sono andate!” esclamai. Una luna enorme e dalla luce fioca se ne stava tra le stelle, scoperte grazie al vento. Si vedeva davvero bene. “Ah dimenticavo…mi dispiace ancora per il quaderno di oggi pomeriggio…” mi scusai. “La smetta di scusarsi…oramai tanto vale…” ribeccò acido. Sorrisi. “La poesia era davvero bella…però…mi ha detto che scrive poesie quando è triste…e…lei è triste professore?” gli chiesi. “Non era una vera poesia…solo dei versi messi a caso in qualche ritaglio di tempo libero…” precisò lui. “Ah…bhe, allora erano dei versi messi a caso in qualche ritaglio di tempo libero davvero belli…” sorrisi. Piton scosse la testa divertito. “Mi ha fatto venire in mente una canzone…” dissi. Severus annuì, alzando gli occhi alla pallida luna. Passarono alcuni minuti. “Dunque?” mi incitò lui. Presi un profondo respiro. “Lui non ha più paura di stare insieme a lei, adesso lui lo sa che lei è la sua vita…” iniziai a cantare. Agitata come al solito. Quando cantavo per lui. “Lei non ha più paura di lui che se ne andrà, adesso lei lo sa che è lui la sua strada…” continuai. Mi voltai verso Severus. I riflessi dei raggi di luna sulla sua candida pelle. Gli occhi scuri rivolti al cielo. “Supereranno i giorni e le difficoltà, si copriranno nelle notti d’inverno, saranno padre e madre dell’alba che verrà…tra lui e lei sarà per sempre così…” sussurrai. Stesi le gambe sull’erba. Mi sistemai distrattamente la gonna. “Lei gli donerà il suo amore, lui col cuore la difenderà…” dissi, sorridendo. Mi avvicinai pian piano. Ed appoggiai la testa sulla sua spalla. Non mi sarei fatta uccidere facilmente da qualche Mangiamorte. Il mio destino era di stare con lui. “Lei gli guarirà il dolore, lui col cuore la proteggerà…la proteggerà…” continuai. “Proprio una canzone a caso…” commentò divertito. Risi. “Il bracciale è al sicuro nella mia borsa…” sussurrai. Iniziai a giocherellare con il suo mantello. “Veda di non perderlo…conoscendola…” disse maligno. Gli diedi un piccolo pugno al braccio. “È una cosa importante! Non potrei perderlo!” rimbeccai, offesa. “Speriamo che Eveline non erediti la sua sbadataggine…” sospirò già preoccupato Severus. Altro pugno sul braccio. “E che non faccia a botte come lei…” continuò tranquillo. “Ho anche delle qualità positive…” sbottai. Piton mi guardò incredulo. “Antipatico!” rimbeccai, facendo l’offesa. “Ha detto che avrà gli occhi nocciola?” chiese, senza badare al mio broncio. Annuii. “Magari avrà la mia voce…” fantasticai. “Benissimo…magari sarà anche un po’ più matura di lei…” commentò ancora, perfido. “Davvero lei pensa che io sia sbadata, violenta e poco matura?” chiesi, triste. Il professore scosse la testa. “Solo un poco…” ghignò. Abbassai la testa. Piton sbuffò e mi diede una lieve spinta. “Speriamo che non prenda sul serio quello che dicono gli altri come lei fa con me…la stavo prendendo in giro…non lo penso veramente!” si affrettò a dire. Sorrisi. “Lo sa…è bello parlare…di Eveline…” sussurrai. “Non dobbiamo lasciarci andare troppo alla fantasia però…dopotutto ci sono ancora due anni…lei potrebbe cambiare idea…” precisò Severus. Scossi la testa. “Nemmeno per sogno…” dissi piano. Prima che lui potesse ribattere, lo zittii poggiandogli un dito sulle labbra. “Que sera, sera…whatever will be, will be…” ricominciai a cantare. Intanto il cielo era diventato di un blu limpido, e le stelle vegliavano su di noi. Chissà quanti amanti avevano visto, scambiarsi eterne promesse d’amore. “Aveva ragione…la luna è visibilissima stasera…anche se vederla colorata di rosso, come accade raramente nel corso dell’anno, sarebbe molto più suggestivo…” osservò Piton. Sorrisi. “Luna rossa? Davvero? Sarebbe bello vederla! Si figuri che non ho mai visto un’eclissi…” sospirai. Lui mi guardò sbalordito. “Non ne ha mai vista una?” esclamò. Scossi la testa imbarazzata. “Alla prossima…bhe…potremmo…andare sulla Torre di Astronomia…così finalmente ne vedrò una...che ne dice?” proposi. “Perché no…” rispose lui. Seguirono dei minuti di silenzio. “Lei sa molte cose…” notai, osservandolo. “Ovvio, sono un suo professore…” commentò, secco. Sorrisi. “Secondo me lei si merita la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure…sarebbe un buon professore…” sospirai. Alzai gli occhi al cielo. “Lei è l’unica che la pensa così…” sbottò acido Piton. “Non m’importa cosa pensano gli altri…lei è un uomo intelligente, sensibile e gentile…sta facendo un buon lavoro con noi studenti…Anna ed io mettiamo alla prova la pazienza di ogni insegnante, ma lei non ha mai rinunciato con noi…le sue critiche sono costruttive…sono suggerimenti da mettere in pratica per migliorare…” spiegai. La luna si rifletteva sul lago. Non sembrava più così buio e profondo. Piton scoppiò in una risata ironica. “Lei è una ragazza strana…” commentò. “No…sono solo innamorata…” sorrisi, arrossendo. Severus rimase spiazzato da quella risposta. “Allora vuol dire che ciò che pensa è di parte, quindi non va calcolato…” sbottò. Scossi la testa. “Anna la pensa come me…e anche Hermione…” rimbeccai. Altro silenzio. “Professore…se fosse l’uomo più ricco e potente del mondo magico, cosa ne farebbe dei soldi e della fama?” chiesi, d’improvviso. Piton mi guardò dubbioso. “Non ne ho idea…probabilmente non farei nulla…continuerei ad insegnare a voi scansafatiche come se nulla fosse…perché me lo chiede?” rispose. Alzai le spalle. “Per curiosità!” sorrisi. Lui alzò un sopracciglio. “E lei? Cosa farebbe?” mi chiese, poi. “Può sembrare una cosa stupida…però…comprerei un mega negozio di peluche…” spiegai, battendo le mani entusiasta. “Mi sta prendendo in giro?” esclamò, incredulo. “No! io adoro i peluche…solo che oramai sono troppo grande ed i miei dicono che spendere soldi per dei pupazzi non è il massimo…l’unico peluche a cui sono affezionata è Mistery, una gatta che mi regalò mia madre prima che io venissi ad Hogwarts…per tenermi compagnia…aveva paura che con il mio carattere non facessi molte amicizie…da bambina litigavo spesso con i miei compagni…” raccontai. “Però ad esempio ho sempre voluto un serpente di peluche…tipo quelli che si vedono nei luna park babbani…quelli lunghissimi e morbidi che si possono attorcigliare facilmente…verde, con due occhini sporgenti…” descrissi, con gli occhi che brillavano. Piton non diceva nulla. Forse era rimasto basito dalla mia grande dimostrazione di maturità. “Draco ne ha regalato uno simile ad Anna all’ultima visita ad Hogsmerade…le compra sempre qualcosa…anche lei adora i peluche…” raccontai, forse un po’ con invidia. Piegai le gambe in modo da avere le ginocchia contro il petto. Poi le abbracciai. “Mi piacciono anche quei fiori di peluche…quelli che hanno del fil di ferro nel gambo, in modo da potergli far assumere ogni posizione a piacimento…con i petali tutti morbidi e la faccina sorridente…oppure quelli a forma di Patrik Stella, il personaggio di un cartone animato per bambini…” continuai, appassionata. “Peluche eh?” chiese sarcastico Piton. Arrossii. “Mi…mi scusi…non avrei dovuto…ora penserà che io sia davvero una bambina…però…di solito non si desidera sempre quello che non si può avere?” mi scusai, in imbarazzo. “Per quale motivo desidera tanto delle cose così futili?” mi chiese ancora. Abbassai lo sguardo. “Non lo so…è che…mi piacciono e basta…a San Valentino, una volta mia madre ha regalato a mio padre dei cioccolatini, ed un piccolo fiore che, se si schiacciava un petalo, diceva ‘I Love You’. L’avrei voluto anche io… solo che non ero molto popolare tra i maschi da piccola…” raccontai. Mio padre lo chiamava il fiore I Love You. Ogni volta che mia madre si arrabbiava, lui faceva l’imitazione del fiore. E lei rideva sempre. Appena mi risvegliai dai miei pensieri, vidi qualcosa, in cielo. “Professore guardi! Una stella cadente! Siamo fortunati!” esclamai, indicandola. “Che bello…evviva…” disse, in tono finto allegro. Incrociai le mani a mo di preghiera. “Avanti, chiuda gli occhi! Si deve esprimere un desiderio! Bisogna ripeterlo tre volte prima che la stella scompaia!” lo incitai. Piton mi guardò scettico. “Avanti!” ripetei. Lui sbuffò e inizio a bisbigliare qualcosa. Chiusi gli occhi. “Voglio stare con Severus per sempre…” sussurrai, a voce bassissima. La stella era quasi arrivata alla fine. “Voglio stare con Severus per sempre…” ripetei, veloce. Mancava pochissimo. “Voglio stare con Severus per sempre…” finii. Qualche secondo dopo, la stella scomparve. “Allora, è riuscito ad esprimere il suo desiderio?” chiesi, al professore. Lui mi guardò divertito. “Non ci credo molto in queste cose…comunque si, l’ho ripetuto tre volte...lei cos’ha desiderato signorina Wyspet?” mi chiese a sua volta. “Segreto! Se si dice ad alta voce il desiderio non si avvera!” sorrisi, arrossendo. Piton mi guardò curioso. Il vento aveva ricominciato a soffiare. Mi strinsi nella mia felpa. “Signorina Wyspet, ha qualcosa sulla testa…” disse Piton. Rabbrividii. “Cosa?” chiesi, dubbiosa. Allungai una mano e trovai qualcosa di morbido. “Ma questo è…”  iniziai a dire, mentre con una mano stingevo la cosa. Lo portai davanti agli occhi. “Non ci credo! Ma cosa ci faceva li?!” esclamai, stupita. Un fiore di peluche dai petali morbidi e viola mi sorrideva, mentre lo tenevo in una mano. Mi voltai e vidi Piton mettere via la bacchetta. “Visto? Si è avverato il suo desiderio… purtroppo però non ho potuto realizzare l’effetto sonoro come quello dei suoi genitori…” commentò, tranquillo. Giusto. Era un Legilimens. “Grazie…è davvero carino…lo chiamerò… Smiley…” sorrisi. Poi guardia Severus. “È stato davvero molto gentile…però…non era questo il desiderio della stella…” confessai. Lui mi guardò sorridendo. “Non si preoccupi…per realizzare quello basta aspettare…” rispose, sicuro. Sorrisi divertita. “Certo che la fantasia è il suo forte signorina Wyspet! Smiley…” commentò poi, secco. “Non le piace Smiley? Allora lo chiamerò Flower…” ragionai. “Ancora più originale…” sbottò. “Avanti professore, saluti Flower!” sorrisi, muovendo la foglia di peluche sul gambo come se lo stesse salutando. Piton guardò scettico il fiore. “Avanti! Si presenti!” lo incitai. “Mi sto seriamente pentendo di averglielo regalato…” disse, già esasperato. “Giusto…le devo un ringraziamento…” precisai. Mi sporsi verso di lui, e gli poggiai il fiore sulla guancia. Piton lo guardò con riluttanza. “Scherzavo!” sorrisi. Stavolta mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia. Tornai a sedermi, però una folata di vento mi fece rabbrividire. “Quando imparerà a portarsi dietro un cappotto…” mi rimproverò. Poi alzò il mantello e mi fece segno di avvicinarmi. Mi sedetti attaccata a lui. Piton mi poggiò una parte del mantello sulle spalle. Quel profumo. Quel calore. Il suo profumo. Il suo calore. Abbandonai la testa sulla sua spalla. Strinsi Flower a me. E mi accoccolai vicino a Severus. Iniziai a guardare le stelle. Poi, pian piano chiusi gli occhi. Pace totale. Solo il mio e il suo respiro all’unisono.Tra lui e lei sarà per sempre così…lei gli donerà il suo amore, lui col cuore la difenderà.




Ma saaalve *_* anche se sto crollando di sonno mi è venuto l'impulso di aggiornare e mi sono precipitata u.u non mi manifestavo (stile spirito xD) da quasi una settimana, chiedo perdonoh D: anyway, forse noterete che ho deciso di mettere l'intro infondo al capitolo, come ho visto fare alla maggior parte delle writers qui su efp o.ò è solo un esperimento, come anche i titoli dei capitoli. Quelli li ho tenuti e sto proseguendo, riguardo all'intro alla fine ditemi che ne pensate u.u in questo cap c'erano Cuor Non Dirmi No dal film animazione Anastasia, Hello degli Evanescence, Lui e Lei di Paolo Meneguzzi.

Avvertimenti: anche se sembrano un pò inutili alla fine o.ò comunque occtudine, e il caffè con insulina diabetica al banco =w=

Inoltre volevo ringraziare particolarmente le ragassuole recensioniste Giorgy89, lolos, Skelanimal, ThirdScarlettStar (che qualche volta spunta xD), Gaia_raggiodiluna_Piton e la new entry Chiaronzics <3 un grazie anche a chi passa semplicemente di qui e legge le mie scribacchiature >///<

Spero che il capitolo vi sia piaciuto,
Baci da Mimi : ***

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Capitolo 20
*** I’m a rebel, I’m a saint, I’m a Wyspet, and I’m dangerous ***


Saaalve *-* scusate l'immenso ritardo >.< lo so che vado da un estremo all'altro ma prometto che cercherò di regolarizzarmi >.< anyway, siccome è tarda ora e devo prepararmi psicologicamente per infiniti turni lavorativi ho pensato di approfittare *-* come vedete sono tornata all'intro prima del capitolo perchè bhe...è da sette anni che aggiorno fan fiction ed ho sempre tenuto questo metodo, per cui penso che continuerò per la mia retta via u.u volevo ancora ringraziare le dolci donzelle Giorgy89 e Lolos per le recensioni dell'ultimo capitolo <3
Bando alle ciace, in questo cap troviamo E... ed Alba Chiara di Vasco Rossi, Shimi Shimi di Amir, Going Under degli Evanescence e She's a Rebel dei Green Day.

Avvertenze: occtudine, sana vendetta e *spoiler* ok, sto zitta.

Spero che il capitolo vi piaccia,
buona lettura <3



20° Capitolo

Rimasi con gli occhi chiusi. Il silenzio ci attorniava come fossimo protetti da una barriera. Il vento si era calmato, ma faceva freddo. Mi strinsi di più vicino a Severus. “Professore…lei ha mai visto delle lucciole?” gli chiesi. Lui alzò le spalle. “Una volta…” rispose. Sorrisi. “Quando ero piccola ogni estate andavo con i miei in un posto in campagna…era vicino ad un lago, e la sera, mentre mio padre accendeva qualche fuoco d’artificio, le lucciole si facevano vedere…mi ricordo che una volta corsi dietro ad una e caddi a faccia in giù in una pozzanghera…” raccontai, divertita. Severus sorrise. “Non che ora non inciampi con meno frequenza…” commentò, maligno. Arrossii. “Mi intristisce pensare che tra due anni tutto sarà finito…niente più liti con Millicent e Pansy, niente più McGranitt che ci rimprovera, e niente più Ruf che ci concilia il sonno…” sospirai alzando gli occhi al cielo. Stelle a non finire. “…e poi…niente più lezioni di Pozioni…” conclusi. Piton mi guardò scettico. “Come dire che le dispiace…” commentò. Sorrisi. “In effetti la materia non è che mi piaccia particolarmente…piuttosto un certo professore…” confessai. Severus arrossì e si voltò dall’altra parte. “Dica la verità…le mancheranno lei mie visite serali eh?” dissi, speranzosa. “Appena lei varcherà la soglia di Hogwarts per non tornare mai più tirerò fuori i coriandoli e farò festa…” rispose, maligno. Lo guardai delusa. “Anzi, se proprio vuole può andare già ora…” continuò i suo perfido gioco. Mi alzai. “Se proprio vuole…” dissi, triste. “Certo…di certo io non la trattengo…” sbottò. Feci qualche passo all’indietro. “Sicuro che posso andare?” chiesi. Piton annuì indifferente. Lo guardai tristemente. Intanto, camminando all’indietro, misi male un piede e scivolai sull’erba umida. Caddi a sedere in giù. “Cavoli che male!!” mi lamentai. Severus scoppiò a ridere. Sbuffai. Però guardarlo ridere mi faceva piacere. Anche se rideva di me. “Avanti, si alzi e torni qui! Si è fatta male?” mi chiese, scuotendo la testa esasperato. Ok, forse rideva con me. In un certo senso. Mi alzai e tornai da lui. “Lei è incorreggibile…su quattro passi che fa uno è uno scivolone…” mi prese in giro. Sbuffai e gli diedi un leggero pugno su un braccio. Mi fece posto sotto il suo mantello. “Professore?” lo chiamai. Lui mi guardò. Abbassai lo sguardo. “Mi….mi promette che…non mi abbandonerà? Lo so che può sembrare una richiesta stupida…però…ecco…lei prima ha detto che comunque di qualcosa si ha sempre paura…e nonostante ci siano al mondo cose come la Maledizioni Senza Perdono e il regno di Voldemort…bhe…l’unica cosa di cui ho paura io è…perderla…” dissi, quasi in un sussurro. Mi sentivo le guance in fiamme. Piton non rispose subito. Sospirò. “Lei è davvero sciocca signorina Wyspet…” sbuffò. Poi però, sorrise. “È ovvio che non l’abbandonerò! Le ho fatto due promesse non da poco, che intendo rispettare…” disse poi. Era vero. Aveva promesso di proteggermi. E di stare con me. Dopo questi due anni. Sorrisi e lo abbracciai. “Se ha freddo faremmo meglio a tornare al castello…” osservò Piton. Scossi la testa. “Io sto bene qui…” risposi, soddisfatta. Una folata di vento improvvisa ci colpì. “Andiamo sotto all’albero? Così almeno ci proteggiamo un po’ dal vento…” proposi. Piton annuì. “Una volta ogni tanto le si risvegliano i neuroni eh?” commentò poi. Gli feci la linguaccia. Ci spostammo, per sederci sotto il nostro albero. Schiena contro il tronco. Mi rannicchiai ancora vicino a lui, sotto al mantello. rimanemmo in silenzio qualche minuto. Sospirai. La luna. Il cielo stellato. Quell’atmosfera. “E...vuoi da bere…vieni qui…tu per me…te lo dico sottovoce…amo te…come non ho fatto in fondo, con nessuna, resta qui un secondo…” iniziai a cantare. L’ennesima canzone passatami da Mary Kate. “E...se hai bisogno e non mi trovi cercami in un sogno…amo te…” continuai. Vagavo con lo sguardo nel cielo, alla ricerca di qualche altra stella cadente. Il mio fiore di peluche vicino. “…quella che non chiede mai, non se la prende se poi non l'ascolto…” sospirai. L’atmosfera di inquietudine era sparita. C’era Severus li con me dopotutto. Mi voltai verso di lui. “E...uo...e...sei un piccolo fiore per me e l'odore che hai…mi ricorda qualcosa…va bè...non sono fedele mai, forse lo so…” sussurrai. Aveva la testa appoggiata al tronco. Gli occhi chiusi verso il cielo. Sorrisi. Feci scivolare la mano accanto al suo braccio. “E...quando sento, il tuo piacere che si muove lento, ho un brivido…” continuai. Arrossii. Un minuto di indecisione. Poi. Feci scivolare la mano sotto la sua, appoggiata sull’erba. La sua mano ebbe un tremito. Però Severus non si mosse. “…tutte le volte che il tuo cuore batte con il mio, poi nasce il sole...” conclusi il verso, sorridendo. Sarei rimasta li per tutta la notte. Non era il cielo stellato. Non era la luna. Sapevo che se fossi stata con lui, sarei potuta essere anche nell’ufficio della Umbridge. “E...uo...e...ho un pensiero che parla di te…tutto muore ma tu, sei la cosa più cara che ho…e se mordo una fragola, mordo anche te…” dissi, in un bisbiglio. Chissà cosa stava pensando. Se anche lui, come me, si sentiva fra le nuvole. Io però avevo paura. Se Hermione avesse avuto ragione, allora quei piccoli momenti non ci sarebbero più stati. “Uo...e...sei un piccolo fiore per me e l'odore che hai…mi ricorda qualcosa…va bè... non sono fedele mai, ora lo so…” conclusi. Incrociai le sue dita con le mie. Come avevo fatto quella sera di neve. Quando ci scambiammo il nostro primo vero bacio. Rimasi a guardarlo. Mia madre mi diceva sempre che quando guardava me, vedeva mio padre. I capelli quasi biondi erano suoi. Gli occhi di mia madre. La grinta di mio padre. E La dolcezza di mia madre. Il pugno dei Wyspet. La generosità dei Cohen. Chissà fra due anni. Quando Severus avrebbe dovuto chiedere la mia mano ai miei genitori. Mia madre sospettava già che ci fosse un amore intricato nella mia vita. Le avevo raccontato solo che lui era più grande di me. E che era un uomo intelligente e dolce. Mio padre sarebbe rimasto sbigottito. La sua adorabile figliola. Con un uomo che ha il doppio dei suoi anni. “Professore?” lo chiamai. Lui non rispose. Forse si era addormentato. “Si signorina Wyspet?” disse poi. Sobbalzai. Rimaneva con gli occhi chiusi. “Lei…conosce i miei genitori?” chiesi. Piton annuì. “Cioè…a parte nelle occasioni scolastiche…” precisai. Lui annuì ancora. “Davvero? E da giovani com’erano?” chiesi, curiosa. Il professore si portò una mano al mento. “Suo padre è sempre stato un ragazzo con pochi amici…mi ricordo che in Sala Grande succedeva spesso che litigasse con James Potter…” iniziò a raccontare. Lo guardai curioso. “Mentre sua madre era una donna abbastanza tranquilla…una volta il nostro professore di Pozioni ci divise in coppie miste…ed io capitai con lei…” continuò. Sorrisi. “Allora eravate amici!” esclamai, contenta. “Non proprio…diciamo che lei stava per la maggior parte del tempo con una ragazza del suo anno...Black le faceva costantemente la corte, ma lei aveva occhi solo per Lupin…fino a quando, alla fine del quinto anno, suo padre le chiese di uscire…” concluse. La ragazza con cui stava mia madre era Felicia. La sua migliore amica. E della sua cotta per Lupin. Quella mi era sconosciuta. “Capisco…” dissi. Piton mi guardò. “Non le fa nessun effetto che io sia così vecchio da aver frequentato la scuola con i suoi genitori?” mi chiese. Alzai le spalle. “Sono solo ventidue anni di differenza…” sorrisi. Severus mi guardò scettico. “Potrei essere suo padre!” sbottò. Scossi la testa. “Lei non è vecchio…è maturo…ed è proprio per questo che mi piace…lei sa come trattare una donna e non si fa guidare dagli ormoni…” spiegai. Lui sorrise timido. “Chi le dice che anche io alla sua età non fossi come i suoi coetanei?” rimbeccò. “Non si dimentichi che l’ho conosciuta! Per poco, però da quello che ho capito lei non è cambiato…sensibile, protettivo, dolce…” risposi sicura. Lui sbuffò. Trassi un profondo respiro. “Comunque la conosco abbastanza da dire che è un perfetto gentiluomo…” sorrisi, ancora. “Davvero? E cosa glielo fa pensare?” rimbeccò, quasi irritato. “Se non fosse così, non si sarebbe fatto scrupoli e mi avrebbe concesso di stare con lei da subito…e la sera, invece di chiacchierare, faremmo ben altro…” spiegai arrossendo. “E non le dispiace che io abbia preso la scelta più dolorosa?” disse subito Severus. “La ammiro, perché ha fatto la scelta giusta…me ne rendo conto che finché io sarò tra le mura di questa scuola dovremmo attenerci a certi comportamenti…come dice lei, un professore ed un alunna non possono avere un rapporto stretto…ed è giusto così…se avessi avuto qualcosa da dire glielo avrei riferito…e poi, non m’importa quanto dovrò aspettare… per lei, aspetterei anche tutti gli anni di questa terra…” spiegai. Lui sorrise. Una nuvoletta solitaria aveva appena oscurato la luna. “Professore…che ne dice se rimaniamo fino all’alba?” chiesi. Piton mi guardò. “Spero che stia scherzando!” sbottò acido. “No…è da tanto che voglio vedere l’alba…e già che siamo qui…la prego!” lo pregai. Lui scosse la testa. Presi il fiore. “Anche Flower glielo chiede! Per favore professor Piton!” dissi, imitando una vocetta. “E quella cos’era?” chiese perplesso. Arrossii. “Era una voce da fiore!” spiegai. “Le bambine come lei vanno a letto presto… figuriamoci fino all’alba!” osservò. Guardai l’orologio. “Sono le tre…mancano quattro ore!” sorrisi. piton rimase stupito. “Si è fatto davvero tardi! Non me ne ero nemmeno reso conto…” disse, muovendosi per alzarsi. Gli tenni stretta la mano, per non farlo alzare. “Andiamo signorina Wyspet…non può pretendere di rimanere qui fino alle sette per vedere una banalissima alba!” sbottò seccato. “Precisamente fino alle 6.29! E comunque un’alba non è mai banale!” sbottai. Piton riuscì ad alzarsi, nonostante lo tirassi verso terra. “Ed ora, si alzi, così potremmo tornare al castello…” mi ordinò. Scossi energicamente la testa. “Non posso lasciarla qui…è sotto la mia responsabilità!” esclamò, acido. Lo guardai supplichevole. “Almeno proviamo a rimanere svegli! Prometto che se mi addormento torniamo al castello! Per favore!” lo pregai ancora. Severus mi squadrò indeciso. “Avanti, basta capricci!” sbottò, cercando di alzarmi tramite il braccio. “Non sono capricci!” commentai, decisa. “Ah no? Non mi dica che non ha mai visto un’alba!” disse, irritato. Io arrossii. “Ecco…si…l’ho già vista…però…io volevo vederla…con lei…” sussurrai. Il professore mi lasciò il braccio. “Se si addormenta, diritti al castello, intesi?” sbuffò, sedendosi accanto a me. Annuii vigorosamente. Iniziammo a fissare il cielo. Vidi una costellazione e la indicai. Piton mi disse il nome ed iniziò a spiegarne la leggenda. Passammo così del tempo. Erano quasi le quattro e mezza, quando, dopo un breve silenzio, Severus non rispose ad una mia ennesima domanda. Così mi accorsi che si era addormentato. Risi piano per non svegliarlo. Gli sistemai il mantello in modo che non prendesse freddo e gli diedi un bacio sulla fronte. Chiusi gli occhi, giusto per farli riposare, ma distrattamente, mi addormentai a mia volta. Fu un cinguettio a svegliarmi. “Non sto dormendo! Stavo riflettendo!” esclamai subito, per difesa. Poi mi accorsi che Piton dormiva ancora. Guardai l’ora. Mancavano cinque minuti alle sei e mezza. Il cielo si stava già schiarendo. Lo fissai meravigliata. “Professore! Andiamo si svegli! L’alba!!” esordii, battendo una mano sulla sua spalla. Piton si mosse di poco. “Avanti!! Si perderà questo spettacolo!” lo chiamai. Ancora nulla. Mi sporsi e gli diedi un bacio sulla guancia. Poi una carezza alla mano. Gli tirai la manica della camicia e, finalmente, pian piano aprì gli occhi. “Ma cosa…” iniziò a dire. Indicai il cielo. “Finalmente professore! L’alba!” sorrisi. Lui sbadigliò con contegno. Risi. “Se solo osa commentare tolgo cinquanta punti a Grifondoro…” sbottò. Aprii la bocca ma lui mi zittì. “Non fiati e guardi la sua alba…” disse, acido. Scossi la testa. “La nostra alba…” lo corressi. Gli presi la mano e mi alzai. Cercai di fare altrettanto ma lui si oppose. “Cos’è tutta questa allegria?” chiese Piton, perplesso. “Io trovo che sia bellissima!” sorrisi. “È una comunissima alba…” ribadì. Scossi la testa e corsi più vicino alla riva. Allungai le braccia. Il sole era ancora piuttosto basso e allungando le mani si creava l’illusione di poterlo toccare. “Guardi professor Piton! Posso toccare il sole!” sorrisi. severus mi guardava con un sorriso divertito. Iniziai a piroettare. “Respiri piano per non far rumore…ti addormenti di sera, ti risvegli con il sole…” cominciai a cantare. Albachiara. Una canzone bella. Come la sensazione che pian piano si stava allargando nel mio cuore. “Sei chiara come un'alba, sei fresca come l'aria!” continuai. Severus mi guardava ancora seduto sotto l’albero. Battei le mani entusiasta. Gli feci segno di raggiungermi, ma lui scosse la testa. Ancora con un sorriso. “Diventi rossa se qualcuno ti guarda e sei fantastica quando sei assorta…nei tuoi problemi…nei tuoi pensieri…” sussurrai. Un lieve venticello primaverile si era sostituito a quello inospitale e duro della notte. Era da quel’estate che non rimanevo sveglia così a lungo. Però mi sentivo piena di energia. Avrei potuto davvero toccare il sole. “Ti vesti svogliatamente, non metti mai niente che possa attirare attenzione, un particolare…solo per farti guardare…” esclamai. Feci un’altra piroetta. Sembravo esagitata. Forse era perché mi sentivo bene. Molto bene. Felice. Perché la vicinanza di Severus, combinata con quell’alba meravigliosa, mi rendeva felice. “E con la faccia pulita cammini per strada, mangiando una mela coi libri di scuola…ti piace studiare, non te ne devi vergognare…” proseguii. Feci ancora segno a Piton di raggiungermi. Prima che il sole brillasse alto nel cielo, mettendo fine all’alba. Stavolta si alzò in piedi. Fece qualche passo verso di me. lo chiamai facendogli gesto con la mano e corsi sulla riva del lago. “E quando guardi con quegli occhi grandi, forse un po' troppo sinceri, sinceri, si vede quello che pensi, quello che sogni…” conclusi, sorridendo. Severus aveva accolto la mai chiamata e stava venendo da me. Mi specchiai nell’acqua del lago. La luce rosata del cielo si rifletteva sull’acqua. Immersi un mano. Era tiepida. Ne presi un po’ con due mani la osservai. “Si è esaurita la batteria a quanto vedo…” commentò divertito Piton. scossi la testa. Svuotai le mani e vidi una sagoma scura aggirarsi sulla superficie del lago. “Ecco… ora andiamo…” disse il professore, porgendomi il fiore di peluche. Annuii. “Vede che alla fine non mi sono addormentata?” osservai. Piton mi guardò scettico. “Allora cos’ha fatto nelle due ore che mancavano?” chiese, apposta. Tossii. “Come volevasi dimostrare…” commentò, soddisfatto. Sorrisi. “Grazie mille professor Piton!” dissi, facendo la vocina di prima e poggiando il fiore sulla sua guancia. Lui mi guardò inorridito. “Le sarei grato se evitasse di fare quella voce…” sbottò. Risi. Durante la camminata per andare al castello, sbadigliai una decina di volte. “Ora andrà a dormire?” gli chiesi. “Ovvio…cosa dovrei fare altrimenti? Mi ha tenuto sveglio con la sua parlantina tutta la notte!” rimbeccò, acido. Gli sorrisi ancora. “Quando Eveline sarà abbastanza grande, le faremo vedere l’alba…” proposi. Severus scosse la testa divertito. Mi accompagnò fino alla torre. “Allora…grazie…per il fiore…per essere rimasto con me…mi dispiace di averla fatta stare sveglio fino a quest’ora…però ne è valsa la pena!” dissi. “In effetti in quest’alba c’era qualcosa di diverso…” rispose. Gli diedi un bacio sulla guancia. “Ci vediamo stasera nel suo ufficio…” lo congedai. Lui annuii. Rimase con me fino a che non mi richiusi il quadro alle spalle. Passai tranquilla e assonnata in Sala Comune, per poi andare in dormitorio. Hermione riposava tranquilla nel suo letto, con un insistente raggio di sole che minacciava il suo sonno. Tirai le tende del suo letto in modo che potesse dormire in pace. Invece, al posto di Anna, James stava placido in mezzo al letto. Doveva essere rimasta da Draco. Premetti il tasto di off sulla sveglia. Hermione mi avrebbe decapitata come minimo, ma era puntata sulle dieci. Volevo dormire almeno fino alle due del pomeriggio. Mi cambiai e mi infilai sotto le coperte. Flower stretto tra le mie braccia. Il suo sorriso stampato in mente. Immaginando di essere ancora sotto il suo mantello.
Furono le urla di Hermione a svegliarmi, quella mattina. La prima cosa che feci era tirarmi le coperte fino alla fronte. Pian piano realizzai che le urla non erano dirette a me. “Ma ti pare modo?! Sei rimasta da Draco fino ad ora!!!” esclamò ancora, con un vago cipiglio isterico il prefetto. “Come la fai lunga Herm…” sbottò Anna. Mi alzai a sedere, ancora con gli occhi chiusi. “Cosa avete da urlare già la mattina presto?” dissi, assonnata. “La mattina presto?! Sono le due e mezza passate!” urlò ancora Hermione. Mi tappai le orecchie. “Herm non urlare! Giulia si è appena svegliata…le tue urla le fanno l’effetto dopo sbronza!” la rimproverò Anna. “Stai zitta tu!” ringhiò ancora il prefetto. Aprii gli occhi. Anna non era nemmeno truccata. “Come mai niente matita oggi?” le chiesi, sbadigliando. “Mi sono svegliata mezzora fa circa…mi sono dimenticata i trucchi qui…” spiegò. Hermione intanto ribolliva. “E tu Herm, cos’hai?” le chiesi. “Ma, forse perché quando sono andata a dormire non sapevo dove foste! Mi sono anche svegliata per andare in bagno alle quattro, ma nessuna delle due era tornata!” spiegò, isterica. “Ok…scusa…ti avvertirò la prossima volta che rimarrò da Draco…” si scusò Anna. Il prefetto mi guardò a mo di madre arrabbiata che pretende delle spiegazioni. “Sono tornata alle sette…” dissi. Lei ed Anna mi guardarono sbalordite. “Hai passato la notte con Piton?” chiese subito la seconda. Scossi la testa. “Volevo vedere l’alba…l’ho convinto…e sono tornata tardi…” riassunsi. Vidi Flower appoggiato sul cuscino. Hermione si addolcì. “A pranzo un gufo ha portato questo per te…” disse, passandomi una busta. La aprii. “È della mamma…” sorrisi. “Leggi leggi!” mi invitò Anna, curiosa. “Cara Giulia, i libri che mi hai chiesto arriveranno tra poco. Nel frattempo, ringrazia Mary Kate per il cd di Renato Zero. Lo adoro! Siccome hai avuto la brillante idea di rimanere a scuola per le vacanze di Pasqua (provocando un esaurimento a tuo padre per il dolore inflittogli), ti mando una cosa che ci farà comunicare civilmente” lessi. Cercai nella busta e trovai una carta da gioco. “Mettila sul pavimento davanti a te alle 15.00 precise, e la mia immagine ti verrà trasmessa tramite ologramma…a dimensione naturale! L’incantesimo l’ho trovato su Strega Oggi, molto pratico! Figurati che tuo padre è fisso sul divano perché vuole salutarti! Ci sentiamo presto, baci. Mary Cohen” conclusi. “Mancano dieci minuti alle tre…” precisò Anna. Annuii e buttai la lettera e la busta sul letto, mentre la carta la poggiai sul comodino. Filai in bagno a lavarmi il viso e a sistemarmi, poi mi cambiai. I vestiti della sera prima, che avevo lasciato sul pavimento, erano stati portati a lavare dagli elfi domestici. Alle tre precise, misi la carta sul pavimento, in mezzo alla stanza. Hermione si stava preparando per andare in biblioteca, mentre Anna si stava truccando. Sentii uno strano bip nell’aria. “Devi dire Acceptio…” commentò il prefetto. “A…Acceptio!” ubbidii. Dalla carta uscì l’ologramma di mia madre, a grandezza naturale. I soliti capelli castani mossi sciolti e la frangia ribelle. Aveva il completo t-shirt e pantaloni della tuta. Mi guardò con un sorrisone dei suoi. “Ciao tesoro!!” esclamò, muovendo convulsamente la mano. Risi. Vidi subito mio padre spingerla via per appropriarsi dello strumento. “Giulia!! Tesoro mio! Bambina mia! Come stai? Ti hanno incatenato a scuola? Ti hanno costretta con la forza?” chiese, a ripetizione. I capelli biondo-castano arruffati e gli occhi castani mi guardavano supplichevoli. Se solo avesse saputo che ero rimasta a scuola per vedere Severus. “Sebastian, non fare il tragico!” lo rimproverò mia madre. “Non sono tragico! Rivoglio solo a casa la mia bambina!!” protestò. “O la smetti, oppure ti sposto a forza da li!” sbottò ancora mia madre. Mio padre sbuffò. Risi. “No…non mi hanno costretta papà…è solo che Anna ed Hermione non tornavano a casa, allora tanto valeva rimanere…” spiegai. “Non ci usare come capra espiatoria!” sbottò Anna dal bagno. “Si dice capro espiatorio Anna!” la corresse esasperata Hermione. “E io che ho detto?!” commentò ancora la castana, apparendo dal bagno. “Comunque non ti preoccupare papà, sto bene!” sorrisi, facendo una piroetta. Lui contraccambiò il sorriso, poi, vidi una mano spingerlo via. “Ora tocca a me! Dobbiamo discutere di affari di donne!” lo liquidò. Sentii papà borbottare qualcosa, poi una porta chiudersi. “Io vado! Ci si vede a cena!” salutò Anna. “Da Draco eh?” le chiese mia madre. La castana annuì fiera. “Arrivederci signora Wyspet…” salutò anche Hermione. “Vado in biblioteca…” disse poi. Annuii. “Ciao Hermione!” disse anche mia madre. Appena la porta si richiuse, rimanemmo da sole. “Allora, di la verità…sei rimasta a scuola per lui?” intuì lei. Arrossi. “Tranquilla, tuo padre non lo sa…svelami solo una curiosità…di che Casa è?” chiese, curiosa. Scossi la testa. “Mamma…è vero che quando eri ad Hogwarts avevi una cotta per Lupin?” le chiesi. Avevo in mente delle domande precise. Solo che non potevo fargliele direttamente, altrimenti si sarebbe insospettita. “Si…è vero…anche se tutte erano invaghite di James Potter…Lily per esempio, non lo ammetteva, ma era stracotta!” rispose. Sobbalzai nel sentire quel nome. “Davvero? E papà non era innamorato di nessuna?” chiesi ancora. “Di Lily…infatti battibeccava spesso con James…anche se litigavano per lo più perché tuo padre non sopportava i suoi modi di fare…come tormentare Piton, per esempio…” spiegò mia madre. Perfetto. “E tu eri amica del professor Piton?” chiesi, con tono innocente. “Una volta ci hanno messo in coppia per un lavoro di Pozioni…era molto bravo! Non mi meraviglio che Silente gli abbia assegnato la cattedra di Pozioni!” commentò, pensierosa. Poi mi guardò. Scrutatrice. “Secondo te…c’è un limite d’età per l’amore tra due persone?” chiesi. Lei sospirò divertita. “Una vita da riscrivere, nel tuo cuore che ha mille pagine…sfoglierò poesie che parlano di noi…di un amore che…non ha età!” cantò, in risposta. Sorrisi. “Dunque vediamo…un uomo intelligente e maturo…molto più grande di te…” iniziò ad elencare. Arrossii. “Ah mamma! Grazie per il regalo!” cambiai argomento. Lei si distrasse. “Oh, di nulla cara! È stato divertente sceglierlo…” spiegò. Rimanemmo a chiacchierare per un’oretta buona. Poi, tornò anche mio padre. Mi chiesero notizie di Josh. “No…non mi da più problemi…” risposi. Mia madre mi fece l’occhiolino. Mio padre la guardò male, poi si girò. “Sono contenta che tu non battibecchi più con la Umbridge!” commentò poi lei. Sorrisi. Anche lei la odiava quanto me. Le avevo riferito delle punizioni alquanto dure del rospo, però tutte e due avevamo accuratamente evitato di dirlo a mio padre. Sarebbe corso ad Hogwarts brandendo la bacchetta. “Però Ilary mi ha detto che te ne stai tutto il giorno nell’ufficio di Piton…come mai?” si introdusse mio padre. Sobbalzai. Appena Mary Kate sarebbe tornata l’avrei uccisa con le mie mani. Arrossii. “Nulla…è che…mi affascinano le pozioni…” sorrisi. Mia madre mi fece un sorrisino complice. “Ora è meglio chiudere tesoro…altrimenti non ti lasciamo più…” si congedò. Mio padre iniziò a farmi mille raccomandazioni. Le solite. Mangia. Segui le lezioni. Studia. Colpisci in basso i maschi e calci alle femmine. Appena l’ologramma svanì, la carta si ridusse in cenere. In effetti dovevo cominciare a fare i compiti per le vacanze. Non avevamo poi così tanti giorni per stare spaparanzati a non far nulla. Passai il resto del pomeriggio studiando e svolgendo i compiti scritti. La sera da Piton. Quello fu il programma delle mie vacanze. Qualche volta dopo pranzo, quando ci svegliavamo ad un orario decente, io, Herm e Anna uscivamo in giardino, stendevamo una coperta per terra, e ci abbuffavamo di dolci. Una volta ci addormentammo. Perfino Hermione. Insomma, le mie vacanze passarono placide ed indolori. Dopotutto Josh era lontano, ed io potevo stare con Severus. E con le ragazze. Poi però dovemmo tornare alla vecchia routine. Lezioni. Pranzo. Lezioni. Studio. Ufficio di Piton. O almeno, quella era la mia vecchia routine! Il primo giorno di scuola passò veloce. Il caos generale si ripristinò. E purtroppo anche le vecchie conoscenze tornarono. Non accadde nulla di interessante, fino al quarto giorno di ritorno dopo le vacanze. Appena uscite dal dormitorio, venimmo attorniate da due uragani rossi. “Ben svegliate care!” iniziò a dire Fred. “State andando a lezione vero?” continuò George. Hermione li guardò sospettosa. Io annuii. “Bene, allora non vi ruberemo altro tempo!” disse poi Fred. George ci porse un volantino a testa. L’enorme scritta “festa” fu la prima cosa che attirò la mia attenzione. “Cosa significa?” sbottò acida il prefetto. George le prese dolcemente una mano. “Una grande festa!” iniziò. “Stasera, nella Stanza delle Necessita!” continuò con tono epico il fratello. “Motivo?” chiese Anna. I due si spostarono a lei. “Non possiamo ancora dirvelo! Però lo scoprirete ai G.U.F.O.” sorrise compiaciuto Fred. “Non avrete intenzione di sabotarli vero?” squittì stizzita Hermione. Intanto Anna incrociava le dita. “Vi possiamo solo dire che sarà una grande festa! Abbiamo sparso un po’ la voce…ci sarà tutta Hogwarts! Abbiamo perfino avuto l’appoggio della Squadra d’inquisizione! In cambio di dolci vari, però cel’abbiamo fatta!” spiegò George. “Verrete vero?” chiese Fred. Anna alzò le spalle. “Siccome so che Draco ci verrà…probabilmente ci sarò anche io…” disse poi. I gemelli le sorrisero, poi guardarono Hermione. “Mah…se proprio ci tenete…” commentò, poco convinta. I due sorrisero anche a lei, poi si voltarono verso di me. “Avrei già un impegno…mi dispiace…” rifiutai. Il loro sorriso si spense. “Senza di te Giulia come facciamo?” sbottò intristito George. “Appunto! Contavo che avresti ballato con me!” sospirò Fred. Lo guardai dispiaciuta. Fred si mise in ginocchio. “Giulia, ti prego salvami tu…tu che sei l’unica…” cantò. Arrossii lusingata. “Vedrò quello che posso fare…” risposi. I due si guardarono già più allegri. Ci salutarono, poi andarono da un gruppo di ragazze del secondo anno. Noi tre andammo a fare colazione, poi a lezione. Pranzo, poi ancora lezioni. Appena finii, dato che non avevo nulla da studiare, essendo sabato il giorno dopo, andai da Piton. Stava correggendo dei compiti. “Ha intenzione di venire qui anche stasera?” mi chiese. Io annuii. “I gemelli stanno organizzando una festa…ma non ci andrò…” mi lasciai sfuggire. “Davvero?” chiese incuriosito Piton. “Si...però…mi prometta che non lo dirà a nessuno! Non voglio che la Umbridge li scopra!” lo pregai. Lui annuì alzando le spalle. “Come mai non ci va? Presumo che le sue amiche parteciperanno…” osservò. “Perché voglio stare qui con lei…non mi divertirei alla festa…musica house, ragazzi che ti si appiccicano addosso appena fai un passo…” raccontai, schifata. Severus rise. “Guardi che non mi offendo se per una sera sta con le sue amiche…” commentò, sistemando i fogli in una pila ordinata. Scossi la testa. “Non mi interessa…” sbottai. Lui mi guardò scettico. “Avanti…ha tutto il fine settimana per venire qui…” commentò. Lo guardai stupita. “Vuole liberarsi di me?” chiesi, divertita. “Mi ha scoperto…ebbene si!” disse, non molto convinto. Sorrisi. Mi sporsi verso di lui per sistemare delle carte. “Vada e si diverta…e non si dimentichi, che qualunque cosa succeda, sarò accanto a lei…” sussurrò Severus, indicando il mio ciondolo. Arrossii. Rimasi da lui fino all’ora di cena. Detti la notizia a Hermione e Anna. Erano entusiaste. Tornano in dormitorio a prepararci. Aiutai Hermione a farsi i suoi adorati boccoli. Sistemai i capelli anche ad Anna. Poi scendemmo. Prima però andai a salutare Piton. Entrai veloce nel suo ufficio e gli diedi un bacio sulla guancia. Raggiunsi le mie amiche ed andammo alla festa. Dal silenzio dei corridoi venimmo catapultate nel caos dell’house. My dream, is to fly, over the rainbow…so high. La pista da ballo, in mezzo alla sala, era già occupata da una miriade di studenti. My dream is to fly…over the rainbow, so high. Sembrava una versione in grande dell’ultima festa che avevano organizzato i gemelli. Per le feste erano degli esperti. E anche per gli scherzi. Rise up, long time I broke its hands. Vedemmo un biondo raggiungerci. Draco ci scortò fino alle poltrone, dove ci sedemmo. Vedevo molte facce famigliari. Però continuavo a pensare a Piton. I try to fly a while so high, direction's sky. In un posto così lui non si sarebbe sentito a suo agio. E non perché fosse, come diceva lui, vecchio. Il suo carattere era introverso. Non si sarebbe mai agitato in pista come quelle teste calde che ballavano davanti ai miei occhi. Mary Kate arrivò con il fiatone, per poi buttarsi su una poltroncina. “Non avete idea di che impresa è ballare! Ti si appiccicano ragazzi da tutte le parti! Ho perso perfino Ginny…” si lamentò. Anna la guardò scettica, indicando la rossa muoversi vicino ed uno del sesto anno. Appena la canzone cambiò, Draco invitò Anna a ballare. Lei accettò con qualche riluttanza. Sapeva che poi si sarebbe divertita anche se ballava musica che odiava. Hermione si guardava in giro con insistenza. “Giulia! Che bello! Sei venuta!” esclamò Fred. Sorrisi. “Sono riuscita a rinviare…contento?” dissi. Lui mi porse una mano. “Balliamo?” mi propose. Mi voltai verso Herm, e lei, mi fece segno di accettare. Mi sentivo un po’ in colpa a ballare con altri ragazzi. Però. Dopotutto Fred era un amico. “E ora, Nefer ed Amir! Ballare ragazzi, ballate!” esclamò il dj, che riconobbi come uno dell’anno dei gemelli. Quando passiamo noi al suolo sai lasciamo vittime, le nostre radici sono origini antichissime, una cultura dominata da donne bellissime, come Nefertiti, bellezze rarissime. Il rap del cantante risuonava in tutta la sala. Fred si avvicinò e mi appoggiò le mani sui fianchi. “Scusa…posso?” chiese. “Non so se…non vorrei farti finire di nuovo nei guai…” risposi. “Tranquilla…sei come una sorella! Per te qualunque cosa!” sorrise. Risi. Iniziammo a muoverci all’unisono. Ci specchiamo e risplendiamo dentro acque purissime, mari caldi circondati da spiagge bianchissime, per amare abbiamo pozioni potentissime, le specialità che offriamo sono piccantissime. In effetti non avevo visto Josh in giro. No. Non ci dovevo pensare. Solo ballare. Nient’altro che ballare. Severus voleva che mi divertissi. È harissa,  fuoco nella pista, Nefer e Amir Issaa, la gente ce fissa e va in fissa, con la pelle d'ebano e negli occhi un ametista sei una musica bellissima che ogni notte riinizia. Anche se ballavo con Fred. Pensavo a lui. Era una cosa naturale oramai. I nostri mondi erano così diversi. Però non m’importava. Nemmeno a me piacevano quel genere di feste. Ci ero andata solo perché i gemelli mi avevano pregato in ginocchio. Shimi shimi, muoviti a tempo, shimi shimi, sensuale e lento, shimi shimi, quel movimento. Alzai le braccia muovendo i fianchi. Anna si stava esibendo in un ballo all’ultima strusciata contro la sorella. Come pali i rispettivi ragazzi. Mi basta il tuo sguardo e in un secondo risplendo. Intravidi Hermione parlare con qualcuno. Capelli rossi. Lentiggini. Ron. Ma perché diamine non la invitava a ballare?! Shimi shimi, muoviti a tempo, shimi shimi, sensuale e lento, shimi shimi, quello che sento. Movimento di fianchi. Destra. Sinistra. Fred era davvero un ottimo ballerino. Però faceva un caldo soffocante. Poche persone in un posto piccolo. Non era mai stata una accoppiata vincente. È il tuo corpo che si muove che fa scoppiare l'incendio. “Scusa…fa troppo caldo! Vado a bere una cosa…” dissi. Fred mi sorrise. “È stato un piacere ballare con te…” disse, facendo un piccolo inchino. Il solito Weasley. Gli scompigliai i capelli e mi diressi verso il banco bibite. Mi versai quella che mi sembrava fosse la più gelata. Succo di zucca con ghiaccio a profusione. Niente alcolici. Almeno così Anna sarebbe tornata sana e salva in dormitorio. Era ancora che si scatenava in pista contro la sorella. Scossi la testa divertita e andai alle poltrone. Alzai di peso Hermione e Ron, e li spinsi verso la pista. I due mi guardarono dubbiosi, così li spinsi ancora fino a che la folla li circondò. Tornai alle poltrone e mi buttai sulla prima libera. Poggia il bicchiere sulla fronte. Stavo iniziando a pentirmi del caos in cui ero finita. Avrei preferito una serata tranquilla. Bevvi il resto della bibita e la appoggiai su un tavolino. Mi stavo per spaparanzare di nuovo sulla mia poltrona, quando sentii una mano umidiccia prendermi il braccio. Non volevo girarmi. Non osavo girarmi. “Pensavo non venissi…” commentò allegro Josh. Troppo tardi. Mi ero girata. Lo guardai in modo glaciale. “Prima mi insulti, mi schiaffeggi e ora torni qui a fare il gentile e melenso? No grazie…” sbottai, liberandomi dalla presa. Lui rimase un poco interdetto. “Ma…Giuly…io…è stato un momento così…però…ora è passato…non sono più arrabbiato con te…” sorrise. Lo guardai allibita. “Senti, non ti volevo vedere prima e non ti voglio vedere ora!” lo rifiutai. Mi dispiaceva essere così cattiva. Però con lui ci voleva! E come se ci voleva! Non dovevo farmi sopraffare dal lato Cohen. Ero una Wyspet santo cielo! Come diceva mio padre, colpire basso! “Senti…mi dispiace…è che…quando ripenso ai nostri baci…” iniziò a dire. Rabbrividii. Flashback. La sua lingua sul mio collo. L’odore di alcool nelle narici. “È passato più di un anno da quando stavamo assieme! Fattene una ragione!” sbottai, stizzita. Lui scosse la testa. “Andiamo…balliamo, ti va?” mi chiese. Scossi la testa. “Però con il rosso hai ballato…” ringhiò. Ci aveva visti. Ed era venuto a rompere prima che ballassi con qualcun altro. “Non è serata Josh…guarda, se vuoi me ne torno in dormitorio, così ti faccio contento e non ballo più con nessuno, però smettila di rovinarmi la vita…” proposi. Ero stufa. Volevo andare da Piton. “Nemmeno per sogno cara mia! Non ti lascio andare tra le braccia del tuo amato Serpeverde!” commentò, irritato. Sospirai esasperata. “Perché ti fai tutte queste paranoie mentali? La vita è mia, mi innamoro di chi mi pare!” rimbeccai, acida. Josh mi guardò. “Usciamo…qui non si riesce a parlare in pace…” disse, guardandosi in giro. Mi afferrò un braccio e mi trascinò via. Opposi resistenza, ma a quanto pare la sua forza in quel momento superava la mia. Uscimmo dalla Stanza delle Necessità. Il corridoio era deserto. Josh mi lasciò andare, ma mi bloccò al muro. La musica era così alta che potevo sentire benissimo ogni nota. Evanescence. Going Under. “Giuly…lo so che ho combinato un po’ di casini quest’anno con te…” iniziò a dire Josh. Lo guardai appiattendomi sul muro. Più lontano gli stavo, meglio era. Don't want your hand this time I'll save myself. “Però credimi…te lo dico davvero…con il cuore in mano…ti amo…e vederti ballate con qualcun altro…vederti sorridere a qualcun altro…io…non lo sopporto…” continuò. La mia rabbia stava scendendo. Maybe I'll wake up for once. Veramente Josh si stava confessando? Voleva veramente farsi perdonare? Comunque fosse, io oramai ero innamorata di Severus. Solo di lui. Lui e nessun altro. “Josh vedi…se davvero mi ami…allora… lasciami libera…se davvero ci tieni così tanto a me, non comportarti male nei miei confronti…” risposi. Mi guardò. “Come puoi chiedermi una cosa simile Giulia! Io…appena ti vedo…provo una sensazione unica…” cercò di descrivere. Sbuffai. “Mi dispiace…però lo sai…amo già un altro…ed è dura da accettare…però…se solo concludessimo tutto in modo civile…” cercai di liquidarlo. Josh mi trapassò con lo sguardo. Not tormented daily defeated by you. Sbattè le mani vicino alle mie spalle. Si avvicinò. “Non hai capito…tu devi stare con me…solo con me!” disse. La voce tremula. “Non è possibile…” risposi subito. “Per favore…Giuly…ti prego…” mi pregò. Mi guardò negli occhi. Era in lacrime. Mi sentivo uno schifo a trattarlo così. Nonostante mi avesse minacciato. Umiliato. Non riuscivo. Maledetti geni Cohen. Non sapevo che fare. Just when I thought I'd reached the bottom. Fu un attimo. “Pensa a come mi sono ridotto per te…” sussurrò. La voce era tornata quella normale. Un brutto presentimento si faceva largo nella mia testa. D’istinto portai una mano al ciondolo. Lui lo vide. “Non lo fare!” ringhiò. Strinsi ancora di più la presa. “Non lo sopporto! Se ci penso mi viene una tale rabbia!” continuò. Il tono dolce della voce era cambiato. Ora era il Josh che conoscevo. Che odiavo. Di cui avevo paura. “La sua mano che tiene la tua…le sue labbra sulla tua pelle…” sospirò, passando una mano sul mio braccio. Mi prese il polso con forza e mi fece mollare la presa del ciondolo. Che stupida che ero stata. Avevo abbassato la guardia. I'm dying again. E lui ne aveva approfittato. Con la sua scenetta del ragazzo pentito. “Ti ricorda nulla questo?” ghignò, avvicinandosi. Premendosi addosso a me. Come quella sera. Di alcool. Paura. Punizioni. “Smettila…per favore…” lo pregai. “Sai che sei ancora più carina quando hai paura Giuly?” sorrise. Cercai di spingerlo via. Ma era come se mi fossi indebolita. Se mi avesse tolto tutte le forze. I'm going under, drowning in you. Iniziò a giocare con una mia ciocca di capelli. Chiusi gli occhi per concentrarmi su qualcos’altro. Però avevo mal di testa. “Che ne dici di un patto?” propose. Aprii di poco gli occhi. “Tu fai qualcosa per me…e io ti lascio andare…” continuò. La sua mano lasciò la ciocca per spostarsi sulla cerniera della felpa. “Non farò nulla di quello che ti immagini, porco!” sbottai scalciando, in un impeto di energia. Me ne pentii poco dopo. I'm falling forever…I've got to break through. In un gesto mi prese i polsi con le mani e li bloccò sopra la mia testa. “Giuly Giuly…fai la brava bambina…” soffiò. Mi faceva schifo. Severus non avrebbe mai fatto una cosa simile. Ed io che non riuscivo a far nulla. Rammollita. Inetta. Stupida. So go on and scream. Sentivo il suo respiro sul mio collo. Cercai di allontanarmi. Ma ero bloccata. Tentò di separarmi le gambe saldamente chiuse con un ginocchio. “Avanti, lasciami fare…tanto lo so che non ce la fai…sono più forte di te Giuly…arrenditi…” disse, quasi ridendo di gusto. Scream at me I"m so far away. Quella risata. No. Non un flashback. Non ora. Dovevo resistere. Mi sentivo stanca. Le gambe non mi reggevano, figurarsi opporsi a lui. Josh riuscii nel suo intento. “Ora si che iniziamo a ragionare…cos’hai? Stanca?” sussurrò, piano. Gli tirai un calcio alla caviglia e lui strinse la presa sui polsi. “Perché ti opponi così tanto? Eh?” sbottò, esasperato. “Mi fai schifo!” rimbeccai. “Ah davvero?” ringhiò ancora. Mi mollò i polsi e mi prese per i fianchi. Cercai di portare una mano al ciondolo, ma lui me la bloccò e la storse sbattendola sul muro. Mi scappò un gemito di dolore. “Ora vedrai…” disse, compiaciuto. Non poteva passarla liscia. Non doveva. Io ero solo di Severus. Solo sua. Sarei stata solo sua. Volevo essere solo sua. I won't be broken again. “Eppure quando lo fai con lui non  ti lamenti così…anzi…” soffiò. Questo era davvero troppo. “Stai…zitto…” lo avvertii. Josh scoppiò a ridere. “Non sei nella giusta posizione per ribattere…chiudi la bocca e alza la gamba piuttosto…” rispose. La rabbia esplose. Nello stesso momento, la canzone in sottofondo cambiò. She's a rebel, she's a saint, she's salt of the earth and she's dangerous. Mi liberai il braccio e gli tirai un calcio ben assestato. Lui lo evitò, ma gli tirai un pugno nello stomaco. Stavolta lo presi in pieno. She's a rebel, vigilante, missing link on the brink of destruction. Non mi fermai e gli tirai un altro calcio. Non lo evitò. Cercò di prendermi un braccio ma gli feci lo sgambetto. “Mi fai davvero paura…” ghignò in tono di sfida. “Paura? Vuoi davvero avere paura?” gli chiesi, pronta ad esplodere. “Fai la difficile eh? Eppure non hai avuto scrupoli ad andare con quello!” sbottò. Lo guardai con odio. “Come ti ha convinta? Ti ha detto che ti ama? Che starete assieme per sempre?” mi prese in giro. From Chicago to Toronto, she's the one that they call old whatsername. Lo spinsi. “Idiota! Non ci sono andata a letto! Non è un maiale come te! È sensibile, dolce ed intelligente! E io voglio un futuro solo con lui!” rimbeccai. Josh tornò all’attacco, ma io gli feci lo sgambetto. Atterrò sul pavimento. “Ti odio! Lasciami stare!” continuai. Lui sorrise. “Giuly…” disse ancora. “E non chiamarmi Giuly! Sono Giulia! E sono una Wyspet!” ringhiai, iniziando a prenderlo a calci. She's the symbol of resistance and she's holding on my heart like a hand grenade. Continuai a picchiarlo. A riempirlo di pugni e calci. Per fargli male quanto lui aveva fatto a me. Mi sentivo una furia. Is she trouble like I'm trouble, make it a double twist of fate or a melody that. Mi ero tenuta tutto dentro da quando mi aveva strappato quel bacio. “Questo è per il bacio!” esclamai, dandogli un calcio. She's a rebel. “Questo è per tutto quello che mi hai fatto passare!” ripetei, dandogli un altro calcio. She's a rebel. “Questo è per l’umiliazione che mi hai fatto subire in Sala Grande!” continuai. Altro calcio. And she's dangerous.. “Questo è per lo schiaffo…e questo…” proseguii, con un altro colpo.  “…è per me!” conclusi, dandogli il calcio più forte di tutti. She's a rebel, She's a rebel, She's a rebel, and she's dangerous. Avevo il respiro affannato. Josh rantolava a terra davanti a me. “Giulia!” sentii chiamare. Anna ed Hermione mi raggiunsero. “Abbiamo visto che Josh ti portava via…ti abbiamo cercata per tutta la sala!” spiegò la seconda. “Ehm…Herm…” cercò di farle notare Anna. “Stai zitta Anna! Eravamo preoccupatissime per te!” continuò. Anna le tirò un pugno sul braccio. “Anna ma cos…” iniziò a dire. Poi vide Josh. “Giulia ma…è opera tua?” chiese sbigottita. Annuii. “Ora, se non vi dispiace, me ne torno in dormitorio…” dissi. Le due annuirono ancora sconvolte. “Occupatevi voi del maiale…” sbottai. Poi corsi via. Ero stanchissima. E la testa mi faceva malissimo. L’afflusso di rabbia non era stato il massimo. Si, la mia personale vendetta era gustosa. Però mi sentivo debole. Affaticata. Cambiai direzione. C’era un unico posto dove volevo andare. Andai avanti poggiando una mano sulla parete. Vidi una figura nera avvicinarsi. “Signorina Wyspet! Cosa fa qui? Il ciondolo...ma…lei non sta bene!” sentii. Riconobbi la voce. Mi lasciai andare fra le sue braccia. “Andiamo…la porto nella mia stanza…” continuò Piton. Mi sentii sollevare. Poi. Chiusi gli occhi. Nella mia mente solo una voce. I’m a rebel, I’m a saint, I’m a Wyspet, and I’m dangerous.

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Capitolo 21
*** They All Diserve to Die ***


Buonsalve *-* scusate il ritardo, sono pessima lo so. I marshmellows da lanciarmi sono al banco 3 (sono mobbidi, almeno non mi faccio male e posso postare presto il prossimo cap T_T) *indica* anyway, questo è il penultimo capitolo T_T non mi sono resa conto di essere già arrivata qui D: ovviamente ringrazio Skelanimal, lolos e Giogy89 per le recensioni <3 e ringrazio anche voi che continuate a leggere soltanto <3 *manda amore*. In questo cap troviamo La Canzone di Sally da Nightmare Before Christmas.

Avvertenze: occtudini varie e blah. Piccola precisazione, questo e il prossimo cap seguono i fatti del quinto film e non del libro, semplicemente perchè all'epoca la Mimi era pigra e non aveva il libro sotto mano.

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
buona lettura <3



21° Capitolo

Riaprii piano gli occhi. Sentivo qualcosa di fresco sulla fronte. Mi ricordavo cose sfocate. L’incontro con Severus. La sua voce. Il suo sguardo preoccupato. Poi tutti i miei sensi si attutirono. Una porta spalancata. Dei passi veloci. Mi guardai in giro. Avevo ancora mal di testa. Però non era forte come prima. “Severus…” sussurrai, distratta. Accanto al letto la solita sedia. Piton era chino verso di me, con le braccia conserte sul letto e sopra la testa appoggiata. I capelli ricadevano morbidi sulle lenzuola. Il respiro tranquillo. E, sotto il suo viso, la mia mano. Un colpo di tosse mi fece muovere. Severus si raddrizzò sulla sedia di scatto. Mi guardo, poi sospirò. Come se si fosse levato un peso. “Signorina Wyspet…si è svegliata…” commentò, cercando di rimettersi in sesto. “Quanto…ho dormito?” chiesi. “Un’ora buona…il mal di testa le è passato?” mi chiese. Scossi la testa. “Io…” iniziai a dire. “Non dica nulla…prima che si addormentasse è rimasta in stato di semi coscienza e ho visto gli ultimi fatti…giusto per evitare di faticarla con eventuali racconti…” spiegò. Arrossii. “Ha avuto la sua vendetta finalmente…” osservò. Mi prese il fazzoletto umido che avevo sulla fronte e lo immerse in una bacinella d’acqua sul comodino. Annuii. “Non…volevo…che la mia rabbia prendesse così il sopravvento…” sussurrai. “Prima o poi la rabbia doveva venire fuori… la fune si può tirare solo fino ad un certo punto…poi si spezza…” disse, saggio. Sorrisi sarcastica. “Però io mi sento in colpa…” confessai. All’inizio, la scarica di botte date a Josh mi era sembrata magnifica. Esaltante. Avrei perfino voluto fargli di peggio. Però, in quel momento, mi sentivo malissimo. Ero sempre stata dell’opinione che nessun essere umano meritava una punizione enormemente dura. Motivo per cui odiavo la Umbridge ed i Mangiamorte in primis. Nessuno ha il diritto di scegliere nemmeno un particolare della vita degli altri. Soprattutto sceglierne la morte. Mi misi a sedere con le ginocchia al petto e ci appoggiai le braccia conserte. Affondai il viso. Sentii una mano posarsi lieve sulla mia testa. “Signorina Wyspet, il giorno in cui la vedrò usare una Maledizione Senza Perdono, mi metterò a ballare il tango vestito di rosa…” commentò, ironico. Mi strappò un piccolo sorriso. “E ora, si sdrai…devo continuare a bagnarle la fronte…” mi ordinò. Obbedii. il professore mi poggiò sulla fronte il fazzoletto inzuppato d’acqua fredda. “Posso chiederle una cosa?” gli chiesi. Era una domanda piuttosto privata. Lui alzò le spalle. “Ho scelta?” sbottò rassegnato, sedendosi sulla solita sedia vicino al letto. “Però è una cosa molto privata…” precisai. Piton alzò un sopracciglio. “Dunque?” rimbeccò, spazientito. “Ecco…quando…era nei Mangiamorte…lei…ha…mai…” cercai di dire. Lui sospirò. “…ucciso qualcuno?” completò per me. Annuii imbarazzata. Mi guardò. Non avevo paura di cosa mi avrebbe risposto. Era vero, odiavo i seguaci di Voldemort, però, come potevo odiare Severus? Il mio cavaliere dall’armatura verde e argento. Lo scopo della mia domanda era un altro. Passarono dei minuti. “Lo vuole veramente sapere?” mi chiese. Annuii sicura. “Ebbene…direttamente non ho mai eseguito nessuna Maledizione, e quindi si può dire che non abbia mai ucciso nessuno…” iniziò a spiegare. Lo guardai e lui schivò i miei occhi. “…purtroppo, ho fatto un grave errore…uno di quelli che non riuscirò mai a cancellare…” continuò. “Quelli che trafiggono il cuore come spade?” chiesi. Severus annuì. “Per puro caso origliai…qualcosa…la riferii a Voldemort…e questo uccise…i genitori di Potter…” proseguì, incerto. Cercavo di catturare i suoi occhi, ma questi mi sfuggivano. Non rimasi particolarmente stupita dalla sua confessione. Certo, era una cosa grave. Ma dopotutto ora lui lavorava per Silente. E quindi si era pentito. “Però non vuol dire che li uccise lei…” puntualizzai. Ma Piton continuò ad evitare il mio sguardo. Allungai una mano e gli alzai il piano il viso. “Mi guardi…” gli chiesi, gentile. Lui sostenne i miei occhi per qualche minuto. “Non le ho rivolto quella domanda per accusarla e di certo non cambierò il mio giudizio su di lei in base alla sua confessione…la mia risposta l’ho avuta…” sorrisi. Gli accarezzai una guancia, poi tornai a poggiare la mano accanto al fianco, sul letto. “Il mal di testa le passerà a breve…nel frattempo, rimarrà qui…” spiegò, alzandosi. “Oramai lei è il mio infermiere personale…” scherzai. Lui scosse la testa facendo un sorrisino. “Non combini danni come suo solito, riposi piuttosto! Io sono nel mio ufficio a correggere dei test…” spiegò. Lo guardai delusa. “Se pensa che rimarrò qui con lei si sbaglia…” sbottò. “Ma…non voglio rimanere qui da sola…” rimbeccai, triste. Severus sbuffò e si spostò contro il muro la sedia. “La prego…” lo pregai, supplichevole. Lui inarcò un sopracciglio. Tirò fuori la bacchetta, e, in meno di un minuto, Flower apparve accanto a me. “Ecco…ora non è da sola…” commentò soddisfatto. Nemmeno il tempo di poter replicare, che era già andato a passo svelto nel suo ufficio. “Professore?” lo chiamai. “Non la sento!” sbottò lui, dall’altra parte. Sbuffai e strinsi a me Flower.  “Allora vorrà dire che mi farai tu compagnia…” gli sussurrai. Lui mi sorrise. In effetti, non poteva fare altro, povero fiore. D’improvviso mi ricordai di Anna ed Hermione. A loro avevo detto che tornavo in dormitorio. Guardia l’orologio sulla parete. Segnava la mezzanotte passata. Chissà se le ragazze erano ancora alla festa. Non avevo nemmeno salutato i gemelli. Tutta colpa di quel Josh! Lui e i suoi ormoni! Però con il calcio che gli avevo dato, se ne sarebbero stati buoni fino alla fine di quest’anno. Dei rumori nell’altra stanza mi distrassero dai pensieri. “Cosa ci fate in giro a quest’ora? Il coprifuoco è già scattato da molto!” sbottò Piton. Sorrisi, immaginando già con chi stesse parlando. “Lo sappiamo, ma è un’emergenza professore!” sbraitò Hermione. “Signorina Granger, vorrei mantenere i miei timpani intatti fino alla vecchiaia se non le dispiace…” rimbeccò lui. Sentii un urletto esasperato. “Lei non capisce! Giulia è sparita!” continuò il prefetto, esagitato. “Herm…” tentò di bloccarla Anna. “Zitta tu! Professore, dobbiamo cercarla! Chissà dov’è! Ha avuto un problema con Josh…aveva detto che tornava in dormitorio, ma quando siamo tornate il suo letto era vuoto!” spiegò preoccupata Hermione. Anna sbuffò, all’unisono con Piton. “Mi ascolti signorina Granger…” iniziò a dire, quest’ultimo. “Non stava bene quando è andata via! Magari si è persa!” continuò ancora apprensiva lei. Sentii un urlo e delle proteste soffocate. “Grazie signorina Haliwell, ha fatto un favore alla comunità…” commentò Piton, acido. Anna doveva aver tappato con una mano al bocca ad Hermione. “Ora, se solo lei mi avesse fatto parlare, saprebbe dove si trova la sua amica…” sbottò ancora Piton. I lamenti del prefetto si placarono. “È nella mia stanza, e riguardo alla storia con quel Corvonero, so già tutto…” continuò a spiegare. “Io l’avevo detto che era venuta qui…” soffiò Anna. “Ha bisogno di riposo. Starà qui finché il mal di testa non sarà passato del tutto…e ora, prima che io vi tolga venti punti ciascuna per avermi infastidito pur sapendo già dove si trovasse la signorina Wyspet, sparite…” disse acido. “Ma…non possiamo vederla?” chiese Anna. “Ora conterò fino a dieci…se non evaporate entro tale numero, toglierò alla vostra casa quaranta punti ciascuna, per aver disobbedito all’ordine di un professore…” rimbeccò, seccato. “Vogliamo vedere Giulia!” commentò ancora Anna. “Uno…due…” iniziò a contare Piton. “Ma…” insistette Anna. “…quattro…cinque…” continuò lui ignorandola. “Anna…andiamo… domani pomeriggio se non sta ancora bene la veniamo a trovare…” propose Hermione. “Sei…le ricordo signorina Granger che questa non è l’infermeria e non ci sono orari per le visite…sette…” sbottò Piton. “Però non è giusto! Capisco che voglia Giulia tutta per se, però noi siamo le sue amiche!” rimbeccò Anna. “Otto…nove…” continuò il professore. “Andiamo Anna!” disse il prefetto, quasi con paura. “E va bene…però domani pomeriggio torniamo!” concluse la castana. Poi sentii la porta chiudersi. I passi svelti di Severus. La sedia che si sposta. Sorrisi. Mi dispiaceva per le ragazze. Però con la confusione che avrebbe creato Anna, il mio mal di testa non sarebbe migliorato. “Professore?” lo chiamai. “Dorma!” rispose acido lui. Mi rannicchiai in un angolo del letto. Nella speranza che Severus venisse a farmi compagnia durante la notte. Chiusi gli occhi. E abbracciai stretto Flower. Mi addormentai di colpo. Per poi risvegliarmi tempo dopo. L’orologio segnava le due e mezza passate. Nella stanza, illuminata dal camino, le ombre si riflettevano sulle scure pareti. Avevo addosso la coperta. Mi girai, nella speranza di trovare Severus accanto a me. purtroppo il posto che gli avevo riservato era vuoto. Vidi una luce traballare nella stanza azzanno. Possibile che stesse ancora correggendo i test? Mi alzai, tenendo Flower per una foglia stretto nella mano. Mi affacciai alla porta. Piton era chino sui fogli, penna alla mano. Controllava velocemente due fogli vicini. Un fuocherello lo illuminava, sospeso a mezz’aria.  “Professore…cosa fa ancora alzato?” sussurrai. Piton era talmente concentrato, che non si accorse subito di me. Quando si girò, attirato dalla mia vocine flebile, sobbalzò. “È tardi…venga a letto…” gli sorrisi, ancora assonnata. “Torni a letto signorina Wyspet…io ne avrò ancora da fare qui…” rispose, tornando con lo sguardo sul foglio. Pian piano lo raggiunsi. Vicino a lui ancora un pacco di fogli ancora da correggere. “Non vorrà rimanere sveglio tutta la notte? Sono quasi le tre…” commentai, stupita. Il mio tono assomigliava vagamente a quello di Luna. “È il mio lavoro…gliel’ho ripetuto un milione di volte…” sbottò, seccato. Gli presi delicatamente la manica della camicia. “Il suo mal di testa potrebbe peggiorare…vada a letto...” ripeté. Scossi la testa. Poi sbadigliai. “Si rovinerà la vista a stare qui al buio chino sulla scrivania…” commentai. Piton mi guardò scettico. “Abbiamo diviso il suo letto già una volta! Ed il mal di testa non è contagioso! Prometto che me ne sto dalla mia parte e non scalcio…” proposi. Severus mi guardò divertito. “Mi ha già fatto perdere dieci minuti…” sbottò. “Bene! Allora rimarrò qui a disturbarla!” esclamai. Piton sbuffò e si alzò. “Ha vinto…mi ha così esasperato che non ho nemmeno più forze per oppormi…” disse, mettendo i fogli ordinatamente in un cassetto. Sorrisi. “Vada a letto…arriverò tra qualche minuto…” ordinò. Lo guardai scettica. “Devo anche chiederle il premesso per andare in bagno?” sbottò. Scossi la testa. “Posso chiederle un favore?” chiesi. Lui mi guardò dubbioso. “Mi…trasfigurerebbe i vestiti in un pigiama? Non è affatto comodo riposare con la gonna e le calze…” spiegai, imbarazzata. “Scommetto che la sua bacchetta è ancora nuova di zecca eh? La usi come fermacapelli come la signorina Lovegood, ma almeno se la porti con se…” mi rimproverò. Poi, tirò fuori la bacchetta e la agitò in aria, mormorando qualcosa. “Ora, torni in camera…si cambi e mi aspetti a letto…” ripeté. Annuii e tornai nella stanza. Sul letto c’era ripiegato un pigiama viola. Sembrava essere morbido e comodo. Piton passò per la stanza e si chiuse in bagno. Mi cambiai con la calma di un bradipo in letargo, e lasciai i vestiti ripiegati sulla sedia accanto al letto. Mi infilai sotto le coperte. La scena a cui avevo partecipato prima, mi ricordava qualcosa. Quando ero piccola, mio padre era solito lavorare fino a tardi. E mia madre lo andava a chiamare. Ripercorsi le ultime parole dette da Severus e arrossii. Mi sistemai sulla parte sinistra del letto. Il fuocherello evocato dal professore svolazzava per la stanza. Sembrava un fuoco fatuo. Un po’ inquietante in effetti. La porta del bagno si aprì. Piton era ancora in camicia e pantaloni. “Mica dormirà così…” lo presi in giro. Lui inarcò un sopracciglio. Adoravo quella sua particolare caratteristica. “Dovrei farmi vedere da lei, una mia studentessa, in pigiama?” sbottò. Sorrisi ed annuii. “Non lo racconterò a nessuno…” dissi, mettendo poi una mano sulla bocca. Per correttezza, misi una mano anche sul sorrisino di Flower. Severus scosse la testa divertito. Poi sospirò. Mi girai dandogli le spalle. In modo che si potesse cambiare. In effetti mi dispiaceva un po’ non poter sbirciare. “Ora può girarsi…” commentò, qualche minuto dopo. Obbedii. Sorrisi alla strana visuale di Piton in pigiama. Verde scuro, di velluto. I piccoli bottoni neri sulla giacca. Al collo, la piastrina di sua madre. E la collana a serpente. Gli feci spazio accanto a me. Si accomodò piano. Timidamente. Io affondai la testa nel cuscino. Il cuore mi batteva a mille. “Cosa ci faceva in giro per i corridoi prima?” chiesi, curiosa. “Il ciondolo ha iniziato a scottare….così ho intuito che qualcosa non fosse andato nel migliore dei modi…” spiegò. E quindi si era precipitato da me. “Grazie…” gli sussurrai. “Dovere…” rispose. Mi avvicinai di poco. Avevo promesso di stare dalla mia parte. Ma volevo stare tra le sue braccia. Sentire il suo respiro. “Professore…” iniziai a dire, in un sussurro. Lui mi guardò. “Si signorina Wyspet?” disse. “Fra due anni…questo sarà tutto normale…” sorrisi. Severus annuì. “Posso…starle un po’ più vicino?” chiesi ancora. Il professore mi guardò. “Come si fa a dir di no a quei due occhi…” sospirò. Sorrisi e mi avvicinai. Ancora qualche centimetro e sarei stata tra le sue braccia. Però rimasi dov’ero. Feci spuntare Flower e lo poggiai sul cuscino. Piton lo guardò inorridito. Risi e lo poggiai sul comodino. Poi sentii il fruscio delle coperte. Severus aveva eliminato i centimetri che mancavano. Piano mi aveva abbracciata. Mi rannicchiai vicino a lui. La fronte appoggiata al suo petto. Sentivo il suo cuore battere. “Buonanotte professor…Severus…” sussurrai. Un suo sussulto nel sentire pronunciare il suo nome. “Buonanotte signorina Giulia…” rispose, a sua volta. Sorrisi e chiusi gli occhi. E mi addormentai così. Tra le sue braccia. Cullata dal battito del suo cuore.
Quella notte dormii tranquilla. E sognai. Anche se non mi ricordavo cosa, sapevo di aver sognato cose belle. Era sempre così, quando Severus era con me. Aprii piano gli occhi. Mi strinsi nella coperta. Mi ricordai di essere rimasta da Piton, così allungai un braccio fuori dalle lenzuola. Un brivido di freddo mi colpì. Era sabato mattina. Niente lezioni. Tastai vicino a me con la mano. Mi voltai verso il suo lato. Come prevedevo, era vuoto. Il pigiama appoggiato infondo al letto. la stanza era ancora buia. Sbadigliai e mi stiracchiai, per poi tirarmi le coperte fino al mento. Immersa nel suo profumo. Avrei voluto dormire in quel letto tutte le sere. Davanti al camino acceso. Sbirciai l’ora . erano le undici e mezza passate. Avevo davvero dormito tanto. Ed il mal di testa mi era passato. Aspettai qualche minuto, poi mi alzai. Presi Flower e mi avvicinai piano alla porta dell’ufficio. Come mi aspettavo, Piton era alla scrivania. I fogli alla sua destra erano dimezzati a quelli della notte. Feci spuntare Flower dalla porta socchiusa. “Buon giorno professore!” gli feci dire, con la mia vocetta da peluche. Piton sobbalzò e si voltò. Alzò un sopracciglio. Risi. “Buon giorno!” ripetei, con la mia voce. “Finalmente si è alzata!” commentò. Mi squadrò. Ero ancora in pigiama. Arrossii. “Poteva svegliarmi…” osservai, sempre allegra. “Nemmeno una bomba la può svegliare signorina Wyspet…” sbottò. Sorrisi. “Ha quasi finito di correggere i test…a che ora si è svegliato?” chiesi. “Prima di lei sicuramente…” rispose, acido. “Così avrà tutto il pomeriggio libero…” gli feci notare. Piton mi guardò scettico. “Se pensa che lo passerò con lei si sbaglia…” disse subito. Lo guardai delusa. “Ora si cambi e vada a fare colazione…altrimenti le sue amiche rimbomberanno qui…” mi ordinò, riconcentrandosi sui fogli. Abbracciai Flower. “Perché non ci vuole più bene professore?” dissi, con la vocetta da fiore. Lo vidi rabbrividire. “Eh si Flower…il papà si è stancato di noi…” sospirai, rassegnata. Piton rimase immobile per qualche minuto. “Non…dica sciocchezze signorina Wyspet…certo che le voglio bene!” sbottò, incerto. “E a me non ne vuole professore?” ripetei da parte di Flower. “Per nulla…” rispose acido. “Non dica queste cose a Flower! Altrimenti gli blocca la crescita…” lo rimproverai. Piton mi guardò esasperato. “O se ne va, oppure smetterò di volerne anche a lei…” commentò. “Capito!” risposi. Filai in camera a cambiarmi. “Posso usare il bagno?” chiesi. “Ovvio…non serve che mi chieda il permesso…” rispose il professore. Mi lavai la faccia e mi pettinai i capelli. Arrivai a quaranta colpi di spazzola. Sistemai il fermaglio. Piegai il pigiama e lo poggiai sulla sedia, dove prima c’erano i miei vestiti. “Pronta!” esclamai, tornando nel suo ufficio. “Bene…ora, lei e il suo fiore potete andare a fare colazione…” propose. Sorrisi. “Posso tornare stasera?” chiesi. Lui alzò le spalle. “Tanto anche se glielo vieto lei verrà lo stesso…” sbottò. Mi sporsi e gli dieci un bacio sulla guancia. “Grazie per ieri sera…” lo ringraziai. Severus mi sorrise. Lo salutai con una mano, poi uscii dall’ufficio. Trotterellai fino in dormitorio, con il mio fiore attorcigliato ad un braccio. Le mie due compari erano in camera, ovviamente. Mi chiesero i particolari della sera prima. Gli raccontai di come Josh mi aveva portata fuori. Del suo cambio di personalità e di come l’avevo picchiato. Poi dell’incontro con Piton. E della notte trascorsa da lui. Scendiamo per il pranzo. Il pomeriggio lo trascorremmo in giardino, sulla riva del lago. Con i gemelli, Ron ed Harry. Anna aveva invitato Draco, così, ad un certo punto, si erano concessi una passeggiata da soli. Hermione sospirava leggendo il suo libro. Mi alzai per andare sul limitare dell’acqua. Mi tornò in mente l’alba. Il sole batteva forte. Ed io mi ero portata via il mio ombrello. “È davvero una bella giornata!” osservò Fred, comparendomi vicino. Annuii. “Bell’ombrello! Un regalo dal tuo amante segreto?” scherzò, facendomi l’occhiolino. Sorrisi imbarazzata. “Mi dispiace di essere andata via senza salutarvi ieri sera…” mi scusai. Lui scosse la testa. “Non ti preoccupare…piuttosto, mi dispiace di averti lasciata nelle mani di quel verme…anche se mi hanno detto che te la sei cavata bene…credo che sia ancora in infermeria…” commentò ancora Fred. Arrossii dalla vergogna. “Non volevo…fargli tanto male…mi ha provocata…” mi giustificai. Lui mi scompigliò i capelli. “Sai, mi dispiace quasi lasciare la scuola…” si lasciò sfuggire. Sobbalzai. “Cosa…cos’hai detto?” chiesi, stupita. “No…nulla nulla…” negò subito. Lo guardai sbalordita. “Muoviti Fred! Dobbiamo battere questi due!” lo chiamò George. “Arrivo!” rispose lui. “Lasci la scuola?” chiesi, con un filo di voce. Fred sorrise. “Vedrai…per ora però, non ti preoccupare piccola Giulia!” mi prese in giro. Mi scompigliò ancora i capelli. E mi diede un bacio sulla fronte. Poi andò dai ragazzi. Quell’ultima scoperta mi aveva letteralmente lasciato senza parole. Fred era stato quello con cui avevo trascorso più giornate al primo anno. Mi divertivo un sacco con lui, George ed Anna, a far impazzire Percy. Si può dire che fosse come un fratello. Rimasi a fissare il lago, finché non mi si avvicinò Harry. “Come stai?” mi chiese. Alzai le spalle. “Meglio…” sorrisi. “Sai…non pensavo potessi picchiare così un ragazzo più grande di te…cercherò di non farti arrabbiare da d’ora in poi…” mi prese in giro. Gli tirai piano un pugno sul braccio, e lui fece finta di averne perso la sensibilità. Scoppiammo a ridere entrambi. Gli guardai la mano. Il primo che aveva subito la punizione della Umbridge era lui. Poi io ed Anna. La scritta era ancora marchiata sulla sua pelle. Più le scritte punitive avute dopo la scoperta dell’Esercito di Silente. “Tu come stai?” gli chiesi. Harry alzò le spalle. “Giulia…la situazione sta peggiorando…” iniziò a dire. Lo guardai dubbiosa. “La Umbridge sta perdendo il controllo…bisogna fermarla…” continuò. “Su quello sono d’accordo…sono la prima a dire che quella donna è da far rinchiudere…” concordai. Harry sorrise. “Sappi che se ti serve aiuto, io ci sono…i membri dell’ES non si lasciano da soli…” dissi. “Grazie…” rispose lui. Tornò dai gemelli e Ron, mentre io mi andai a sedere vicino ad Hermione. La sera andai da Severus. E così il giorno dopo. E quello dopo ancora. Così passarono i giorni. Era il giorno prima dei G.U.F.O., quando, uscendo dalla biblioteca, sentii un pianto. Trovai una bambina, appoggiata schiena al muro, con una mano stretta nell’altra. “Sicily?” la riconobbi. Lei alzò la testa. Gli occhi azzurri appannati dalle lacrime. Andai da lei. “Stai bene? Cos’è successo?” le chiesi, preoccupata. Lei scosse la testa. Notai dei segni rossi sulla sua mano. “Per favore, fammi vedere…” la pregai. Sicily scosse la testa energicamente. La guardai in attesa. Avevo già un presentimento. Lei si arrese e mi tese la mano. La scritta ‘non devo disobbedire alla preside Umbridge’ primeggiava sulla sua pelle bianca. Era davvero troppo. “Sicily…dimmi…che cos’hai fatto per farti mettere in punizione?” le chiesi, sedendomi vicino a lei ed abbracciandola. “Stavo tornando in dormitorio dopo le lezioni pomeridiane…ero andata a prendere degli appunti nell’aula di Trasfigurazione…li avevo dimenticati la mattina…e mi servivano per il compito che ci aveva dato la professoressa McGranitt per il giorno dopo…lei mi ha sorpresa e mi ha detto di darle in quaderno…ma quegli appunti mi servivano davvero…così le ho solo spiegato il motivo per cui non potevo consegnarglieli…e ieri mi ha messo in punizione…” raccontò, tra i singhiozzi. Le accarezzai la testa. “Se ci fosse stato Silente non gliel’avrebbe permesso…” sbottai, irritata. Sicily mi guardò. “Vedi…il nostro preside, Albus Silente, è un grand uomo…è saggio, e gentile…” le spiegai. “Allora perché ha lasciato la scuola in mano alla Umbridge?” mi chiese. Alzai le spalle. “Non lo so…nessuno lo sa…però, quello che ti posso dire, è che questi segni andranno via presto…guarda…” le dissi. Le mostrai le mie mani. “Ho avuto un sacco di punizioni con quel confettone…eppure le mie mani ora sono come nuove!” sorrisi, battendole. “E ora, non piangere più…” sussurrai, porgendole un fazzoletto. “Davvero una scena commovente…” sentii sbottare. Mi voltai. “Signorina Wyspet, signorina Warner, cosa ci fate in giro?” commentò ancora il rospo rosa. Sicily si nascose dietro di me. “Non dovrebbe essere a studiare? Ci sono i G.U.F.O. domani…” continuò, rivolta a me. La guardai. “Lo so…infatti sono appena uscita dalla biblioteca…” risposi. La Umbridge mi squadrò. “Vedo che la lingua non le si è ancora frenata…” commentò, acida. Le sorrisi di sfida. Lei guardò Sicily. “Vai in dormitorio…” le ordinai. Lei mi guardò titubante, ma io glielo ripetei. Così dovette correre via. Rimanemmo da sole. “I ragazzi cattivi vanno sempre puniti…” ghignò, con quel suo muso da rospo. Incrociai le braccia al petto. “Non so cosa stia combinando con le sue amiche signorina Wyspet, ma l’avverto…lo scoprirò…e le farò sparire quel sorrisino dal viso…” disse, tranquillamente, con la sua vocina irritante. Sorrisi ancora di più. “Nulla più togliermi il sorriso…” rimbeccai. E me ne trotterellai tranquilla verso la Sala Grande. Raccontai l’accaduto alle ragazze. Più che altro, per far alzare la testa di Hermione dai libri. La sera, andai a salutare Piton. mi augurò buona fortuna per gli esami. Ripassai un po’, mentre lui correggeva i soliti test. Tornai in dormitorio verso le undici. Come mi aspettavo le ragazze erano chine sui libri. “Giulia, come fai ad essere così tranquilla?!” sbraitò Hermione. Scossi la testa. “Appunto! Se i G.U.F.O. mi vanno male, mi toccherà davvero trasferirmi da Draco!” sbottò nervosa Anna. “Non sono per nulla tranquilla…anzi…tutt’altro…” risposi, andando alla finestra. Delle nubi nere si erano addensate ed avevano coperto la luna. Il lago sembrava più profondo e buio del solito. Soffiava un vento fortissimo. Un lampo squarciò le nuvole nere. “Il vento porta la paura, di una tragedia che accadrà…accanto a lui sono sicura…ma penso al peggiocce verrà…” iniziai a cantare. Billy Joe saltò sul davanzale della finestra. Lo accarezzai. “I miei pensieri son per lui, ma non si accorge, dell'emozione che accende in me…chissà  se capirà…se il fato lo vorrà…” continuai. Un altro lampo. Sentii un libro cadere. Probabilmente Hermione si era spaventata. “Giulia…vieni via di li…” mi pregò. “Amico mio qual è la via? Dove ti porta la follia? Vorrei venire anch'io con te, ma l'incertezza è forte in me…” sospirai. Accarezzai Billy Joe. Stavolta anche un tuono. Il micio soffiò e scese dal davanzale. “Non so se un giorno mi vorrai...per te soltanto, per questo ho pianto…” dissi, ancora. “Giulia…qualcosa non va?” mi chiese Anna. “…perchè io so che il sogno svanirà e non si avvererà …” finii. La castana mi guardava preoccupata. Hermione stringeva un libro al petto. “Herm…mi sa che avevi ragione…ho un brutto presentimento…” spiegai. Anna mi tirò un cuscino. “Non dire stupidaggini! Sei una secchiona, l’esame ti andrà benissimo!” sbottò poi. Scossi la testa. “Non è per l’esame…è…in generale…” precisai. Anna sbuffò. “Siamo tutte e tre esaurite…meglio se andiamo a letto…” rimbeccò. Guardai Hermione. Lei abbassò il suo sguardo. Andammo a letto. E la mattina ci svegliammo più agitate della sera prima. Ci recammo nell’aula stabilita insieme a quelli di Grifondoro. Anna e Draco si scambiarono un bacio porta fortuna. Strinsi il ciondolo a serpente più volte. La Umbridge ci fece sedere. Ci dettò le regole. E ci consegnò il foglio con le domande. Le lessi sbadatamente. Mi voltai e vidi Hermione scrivere convulsamente. Tornai a girarmi. Anche Anna scriveva senza sosta. Iniziai a scribacchiare qualche risposta. Non era lo studio che mi mancava. La sensazione di inquietudine c’era ancora. La sentivo. Ad un certo punto, si sentì un picchiettio sulla porta. Mezza sala si voltò. La Umbridge andò a passo svelto verso la porta. Scambiai uno sguardo con Harry. Il confettone rosa aprì la porta. Ero circa a metà sala. Non riuscivo a vedere bene. Mi alzai curiosa. Vidi un fuoco azzurro scoppiettare appena varcata la soglia della porta. La Umbridge uscì dalla sala. Tutti eravamo voltati verso di lei. Impauriti. Curiosi. Speranzosi di annullare l’esame. Si sentirono degli schiamazzi, poi, due fulmini rossi entrarono a cavallo delle loro scope. Ridendo. Al loro passaggio i fogli si alzarono. Seminarono fuochi d’artificio per tutta la sala. Era uno spettacolo! Alcuni mancarono la Umbridge per un soffio! Una scintilla viola iniziò a girare davanti a me. poi, scoppiò assumendo la forma di un piccolo teschio. Sorrisi e voltai lo sguardo verso i gemelli. Capii cosa avesse voluto dire Fred quel giorno, in riva al lago. Era vero che avrebbero lasciato la scuola. Ma l’avrebbero fatto con stile. In mezzo alla confusione il confettone si guardava intorno stranita. Gazza l’aveva appena raggiunta e come lei, era piuttosto confuso. Ad un certo punto George buttò in aria l’ennesimo fuoco. Questo si trasformò in un drago enorme, che rincorse il confettone rosa. Appena la raggiunse la inghiottì, scoppiando in mille fuochi, che ruppero tutti i decreti appesi al muro, facendoli frantumare in mille pezzi. I gemelli uscirono di volata dalla sala, volando ai lati della Umbridge, poi schizzarono in cielo. Guardai Anna ed Hermione. Annuimmo all’unisono e, con tutti gli studenti corremmo fuori. I gemelli svolazzavano nel cielo tra risate e grida di approvazione dagli studenti. In mezzo alla folla, il povero professor Vitious cercava di vedere qualcosa, dal suo scarso metro. Tutti gioivano, applaudivano e fischiavano. Tante scintille formavano una grande W nel cielo. Si può dire che ci fosse tutta la scuola ad ammirare i loro fuochi. Molti erano accorsi sentendo il trambusto. Guardai verso Fred. Mi fece l’occhiolino e mi mandò un bacio. Sorrisi e lo salutai levando una mano verso di loro. Mi voltai verso Hermione, vicino a me. La vidi girarsi di scatto verso Harry. Era pallido. Si accasciò per terra. Io e le mie due amiche andammo da lui. “Harry…tutto bene?” gli chiese, il prefetto. Lui respirò profondamente. “Sirius…Voldemort l’ha catturato…” spiegò. Si rialzò, dopodiché iniziò a camminare a passo svelto. Io, Ron, Hermione e Anna lo seguimmo. “Come fai ad esserne certo?” rimbeccò ancora il prefetto. “L’ho visto! È lo stessa cosa che mi è capitata con il padre di Ron! Sirius mi ha detto che Voldemort cerca qualcosa…qualcosa che gli serve!” spiegò, salendo in fretta le scale. “Ma Sirius cosa centra? Come potrebbe…” iniziai a chiedere. “Lui potrebbe sapere dove si trova!” rimbeccò ancora lui. “Potrebbe essere solo una proiezione di quello che Voldemort vuole farti credere…una trappola insomma!” ipotizzò Anna. Il ragazzo la ignorò. “Harry, ascoltami! Forse ha ragione Anna! Non puoi…” le diede ragione il prefetto. “Hermione…non posso permettere che lui muoia! È la mia famiglia! La mia unica famiglia!” rimbeccò ancora Harry. Ron ci guardò dubbioso. “Cosa dobbiamo fare?” chiese, poi. “Dobbiamo usare un camino!” esclamò convito Harry. “Ma…sono stati tutti bloccati…” osservò Anna. “No…non tutti!” disse ancora il ragazzo. Conoscevo bene la strada che stava facendo. Entrammo nell’ufficio della Umbridge. Un brivido di orrore mi pervase. Mi strinsi vicino ad Anna. I gatti iniziarono a miagolare forte. Ci dirigemmo al camino. “Noi veniamo con te!” disse Ron. “È troppo pericoloso!” sbottò Harry. “No…non andrai avanti da solo…dobbiamo farlo assieme!” lo corresse Hermione. “Non così in fretta…” disse una voce. La conoscevo troppo bene. In pochi minuti la Squadra d’Inquisizione aveva portato nell’ufficio tutti i membri dell’ES. Harry era stato messo su una poltrona davanti alla Umbridge. “Lavorate per Silente vero?” soffiò. “No!” rispose il ragazzo. Il confettone gli diede uno schiaffo. Feci un passo in avanti ma Pansy mi trattenne per il braccio. “Mi aveva chiamato?” chiese Piton, entrando. Lo guardai. “Ha portato il Veritaserum?” chiese lei, sbattendo le ciglia. Severus però guardava me. E lei se ne accorse. “Ha consumato l’ultima fiala per l’interrogatorio alla signorina Chang…” le ricordò lui. La Umbridge lo guardò come se le avesse detto che somigliava ad un rospo. “Non la posso aiutare…” disse infine. “Ha Felpato! Lui ha Felpato, nel posto dov’è!” esclamò Harry. Piton si girò. “Felpato? Cos’è Felpato? Di che cosa sta parlando Piton?” chiese il rospo rosa, a raffica. “Non ne ho idea…” commentò il professore. Harry sperava che Severus andasse a soccorrerlo. Però io sapevo. Lui non sarebbe mai andato da Sirius. “Bene…non mi lasci scelta Potter…questo…è un ordine del Ministero…non ho alternative…penso che la Cruciatus sia un’ottima soluzione…” osservò irritata la Umbridge. La guardammo tutti ad occhi sbarrati. “Lei non può farlo!” sbottò Anna. Il confettone le rivolse uno sguardo di fuoco. “Lei sa qualcosa signorina Haliwell? Vuole forse passare al posto del signor Potter?” le chiese. Le fece segno di avvicinarsi. Draco la prese per il braccio e il confettone riservò uno sguardo d’ira anche a lui. “Le Maledizioni Senza Perdono sono proibite!” rimbeccai, liberandomi da Pansy e mettendomi davanti ad Anna. La Umbridge mi guardò con sufficienza. “Nessuno lo verrà a sapere…” sogghignò. Piton era ancora sulla porta. “Quando lo verrà a sapere Silente la pagherà!” ringhiai. “Ah davvero? Bhe, Silente non è qui la momento…” disse ancora, sorridendo. Era chiaro che non aspettava altro che vendicarsi. Ero stata la sua spina nel fianco per tutto l’anno. “Però è sempre il nostro preside…” osservai. Il confettone battè un pugno sulla scrivania. “Io sono il vostro preside!” mi corresse. Alzò Harry dalla sedia e si avvicinò. Mi trascinò al posto del ragazzo. Continuavo a guardarla con odio. Poteva infliggermi qualunque maledizione volesse. Non m’importava. La Umbridge si avvicinò, bacchetta pronta. Iniziò a sillabare la prima lettera. Mi voltai e vidi Severus. Mi stava guardando. Nei suoi occhi la scintilla di quel giorno. Del mio compleanno. Quando mi aveva difesa dall’armadio. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Hermione lo precedette. “Avanti Giulia, diglielo!” gridò. Il confettone fermò la sua avanzata. “Dirmi cosa?” chiese poi. “Se vuole sapere dov’è…gliela mostrerò…” continuò il prefetto. La guardai dubbiosa. “Che cosa?” chiese ancora il rospo rosa. “L’arma segreta di Silente” rispose ancora. “Bene allora! Avanti, andiamo!” ordinò, puntando la bacchetta verso di lei. Hermione si avvicinò ed Harry la segui. Anche io ed Anna ci avvicinammo. Il rospo ci fermò. “Senza di loro non vado da nessuna parte…” disse ancora Hermione. Il confettone si dovette arrendere. Uscimmo piano dall’ufficio. Piton mi prese per un braccio. “Non lo faccia…” mi sussurrò. Scossi la testa. “Tornerò subito…non si preoccupi..” lo tranquillizzai. Gli dieci un minuscolo e camuffato bacio sulla guancia, poi tornai al gruppo. Portammo la Umbridge nella foresta. Avevo capito cosa aveva in mentre Hermione. La solita astuta ragazza. Arrivammo dove sarebbe dovuto essere Grop, il fratello di Hagrid. Ci sarebbe dovuto essere, appunto. La corda che lo teneva giaceva a terra. Guardai nervosa Hermione, che a sua volta guardò Anna ed Harry. “Voi…vi siete presi gioco di me!” soffiò irritato il rospo rosa. “Io…io odio i ragazzini!” disse ancora. Dei rumori attirarono la nostra attenzione. Dei centauri si erano riuniti e ci fissavano. La Umbridge iniziò a rimproverarli. Uno le puntò l’arco contro e lei gli fece un incantesimo. Pareva che una corda gli stesse stringendo il collo. Iniziò a contorcersi per terra. Hermione si precipitò da lui. “Per favore, la smetta!” la pregò. “Io voglio disciplina!” squittì, stizzita. D’improvviso, la vedemmo sollevarsi. Grop l’aveva presa in un pugno come aveva già fatto con Hermione tempo prima. Il rospo rosa iniziò a dimenarsi. Ed i centauri si scatenarono. Il gigante la lasciò andare, però i centauri la presero. “Voi non sapete chi sono io!” iniziò a sbraitare. “Avanti! Ditegli che non sono pericolosa!” sbottò, verso di noi. “Sono spiacente professoressa…ma non devo dire bugie…” rispose Harry. Così la Umbridge venne portata via. Fu una grande soddisfazione per me. Non ci fu il tempo per i festeggiamenti però. Dovevamo andare al Ministero. Tornammo al castello. E ci riunimmo agli altri. Harry cercò di convincerci a rimanere a scuola. “Sei un’idiota! Te lo sei forse dimenticato?” sbottò Anna. Il ragazzo la guardò enigmatico. “L’ES non abbandona mai un suo membro!” continuai. “Nella buona e nella cattiva sorte!” completò Hermione. Harry ci guardò incerto. “A dirla tutta poi…” iniziai a dire. Tutti mi guardarono. “They all deserve to die! Even you Mrs. Lovett...even I!” cantai. “Davvero un buon augurio Giulia!” rimbeccò Anna. Sorrisi. “Allora, dove si va?” chiese Ginny. “Dobbiamo andare a Londra…” rispose Harry. Non sapevo quello che mi aspettava. Ero cerca solo di una cosa. Che seguendo Harry, avrei permesso una vita migliore. A me. Ai miei amici. A Severus. E a Eveline.

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Capitolo 22
*** Everything. ***


Saaaalve >w< ebbene si, siamo arrivati alla fine. Che inizio pessimo xD è che non mi sono nemmeno resa conto di quanto gli aggiornamenti fossero stati veloci ç_ç cioè...è già finita D: nonostante l'abbia scritta anni fa mi commuovo sempre ç_ç infatti volevo aspettare a postare quest'ultimo capitolo, ma non resistevo più. Però non credete che le avventure di Giulia e dei Tre Uragani finiscano qui nè! sembra una minaccia, lo so o.ò anyway, scusate il divagare incessante. Vi devo solo dire GRAZIE, grazie di cuore çwç alle ragazze che mi hanno recensito sempre, quelle che si sono aggiunte col tempo e a quelle che la leggeranno in futuro, grazie. Grazie anche a quelle che leggono senza recensire, perchè in qualche modo Giulia è entrata anche nel vostro cuore çwç *prende mega fazzolettini*
Detto ciò, in questo capitolo troviamo A Little Priest dalla soundtrack di Sweeney Todd (come potevo non inserirlo? :3), Time of Dying dei Three Days Grace, Nothing's Gonna Harm You sempre dall'ost di Sweeney Todd ed Everything (come poteva mancare? XD) dei Lifehouse.

Avvertenze: occitudine, diabetanza, dopo 22 capitoli si sanno no? u.u *indica banchetto di ringraziamento al banco 3*

Bene, ora vado a piagnucolare nell'angolo e vi lascio al capitolo.
Buona lettura <3



22° Capitolo

“A Londra? Ma come…” iniziò a chiedere Mary Kate. Luna sorrise. “Volando…ovvio…” disse tranquilla. Dieci minuti dopo, stavamo montando in sella ai Thestral. Hermione era un po’ agitata, mentre Anna faceva l’imitazione di una cowgirl. “Hiha! Avanti fedele destriero! Al Ministero!” gridò. Scossi la testa divertita. Gli animali presero il volo. Hogwarts diventò sempre più piccola. Sapevo che ci attendeva una guerra. Voldemort non si sarebbe lasciato scappare Harry tanto facilmente. Ma non ero molto preoccupata. Dopotutto, anche se eravamo solo dei ragazzini, unendo le forze avremmo portato Sirius in salvo. Io, Neville, Luna, Anna, Hermione, Ginny, Mary Kate, Ron e Harry. Una bella squadra. La brezza serale ci colpì in pieno viso. Si sentiva che stava per arrivare il tramonto. Anna mi si affiancò con il suo Thestral. Il suo entusiasmo stile western l’aveva oramai abbandonata. “Hey, e tutta la tua allegria dov’è?” le chiesi. Lei alzò le spalle. “Sai…ho il vago sospetto che Voldemort non sia da solo ad aspettarci…” spiegò. “Cioè? Vuoi dire che un’orda di Mangiamorte ci sta aspettando a bacchette sguainate?!” sgranò gli occhi Mary Kate, avvicinandosi. “Non lo so…però ho un brutto presentimento…” commentò ancora la castana. Ginny sbuffò. “Basta brutti presentimenti! Per Merlino, un po’ di positività!” sbottò poi. Io ed Anna sorridemmo. Hermione era troppo occupata a tenersi saldamente al suo Thestral per partecipare al discorso. La castana mi si avvicinò ancora. “Dobbiamo preparaci al peggio…” sospirò, affranta. Scossi la testa. “Ce la faremo Anna…siamo preparati, forti, tenaci e Grifondoro!” la incoraggiai. Lei alzò le spalle. “Tu lo sai vero che io non sono una che ha paura solitamente vero?” iniziò a dire. Annuii. “Però sinceramente spero di non capitare nelle mani di qualcuno di quelli li…non voglio essere cruciata a soli sedici anni…mi si blocca la crescita!” spiegò. Risi. “Tanto l’altezza rimane quella che è…” la presi in giro. Lei mi fece la linguaccia. “Draco non sa che sto andando al Ministero…per lui sono ancora nella Foresta Proibita con la Umbridge…” sospirò. “Anche Piton…non voleva che andassi nemmeno li…” risposi. “Il guaio è che, se ci sono davvero i Mangiamorte, ci sarà anche Lucius…e tu lo sai che poi arriverebbero gli Auror…per carità, non che mi dispiaccia…però se arrestassero Lucius, Draco ne soffrirebbe…non sembra, ma gli è molto affezionato…” spiegò Anna. Sorrisi. “Secondo me Lucius si è aggregato ai Mangiamorte solo perché era una cosa caratteristica dei Malfoy…” osservai. La castana sorrise ironica. “Lo so che Draco non è stupido…però ho paura che faccia lo stesso errore…” disse, preoccupata. “Anche Piton è stato Mangiamorte…non permetterà che Draco faccia una sciocchezza simile…” la consolai. Anna alzò le spalle. “Speriamo…lo sai vero che quanto torneremo, se torneremo, ne sentiremmo così tante, prima dai nostri genitori, poi da Piton e Draco, che ci faranno andare ad Hogsmerade a forza di calci nel sedere?” esordì poi. Annuii divertita. Lei sospirò malinconica. “Se inizi con la tiritera del ‘penso che morirò presto’, ti avverto che ti butto giù dal Thestral!” l’avvertii. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. “Uffa!! Ma quando si arriva?!” sbottò annoiata Mary Kate. “Presto…presto…” sorrise pacata Luna. “Quando arriveremo…li si che ci sarà da divertirsi…” commentò sarcastico Ron. Anna mi guardò. “Seems a downright shame...” iniziai a cantare. Lei sorrise. “Shame?” continuò poi. “Seems an awful waste...such a nice, plump frame…wot's 'is name has...had...has! Nor it can't be traced...Bus'ness needs a lift, debts to be erased...think of it as thrift, as a gift, if you get my drift! Seems an awful waste... I mean, with the price of meat…what it is, when you get it, if you get it...” continuai. Anna mi guardò. “Ah…” commentò poi. “Good, you got it! Take, for instance, Mrs. Mooney and her pie shop! Bus'ness never better using only pussycats and toast! And a pussy's good for maybe six or seven at the most! And I'm sure they can't compare as far as taste!” sorrisi. Tutto il gruppo di stava ascoltando. Era meglio alleggerire l’atmosfera. Cosa meglio del canto? “Mrs. Lovett, what a charming notion…eminently practical and yet appropriate as always!” disse Anna, divertita. “Well, it does seem a waste...” dissi contemporaneamente. “Mrs. Lovett, how I've lived without you all these years, I'll never know! How delectable! Also undetectable!” commentò ancora Anna. “Think about it! Lots of other gentlemen'll soon be comin' for a shave, won't they? Think of, all them, pies!” esordii.  “For what's the sound of the world out there?” continuò la castana. “What, Mr. Todd? What, Mr. Todd? What is that sound?” chiesi. Luna fischiettava a tempo. “Those crunching noises pervading the air!” esclamò Anna, alzando una mano in modo teatrale. “Yes, Mr. Todd! Yes, Mr. Todd! Yes, all around!” concordai. “It's man devouring man, my dear!” continuò lei. Ci guardammo. “And who are we to deny it in here?” escmalammo, all’unisono. Poi scoppiammoa ridere. “These are desperate times, Mrs. Lovett, and desperate measures are called for!” disse piano, Mary Kate. “Here we are, now! Hot out of the oven!” commentò Ginny. “What is that?” chiese ancora Mary Kate. “It's priest. Have a little priest!” propose Ginny. “Is it really good?” continuò Luna. “Sir, it's too good, at least! Then again, they don't commit sins of the flesh, so it's pretty fresh…” sussurrò Hermione. “Awful lot of fat…” continuò Neville. “Only where it sat…” precisò Anna. “Haven't you got poet, or something like that?” chiese Ron. “No, y'see, the trouble with poet is 'Ow do you know it's deceased?” rispose Ginny. “Try the priest!” esclamammo tutti assieme. Poi scoppiammo a ridere. “Ci voleva proprio…” osservò Mary Kate. Annuii. “Hey guardate! Londra!” esordì Hermione, indicando la città che si avvicinava. Le luci diventavano sempre più grandi. I Thestral planarono e ci lasciarono sulla strada. Harry ci condusse all’entrata del Ministero. Entrammo e prendemmo l’ascensore. Hermione e Anna mi si strinsero vicino. “Ragazze…qualunque cosa succeda…” iniziò a dire la prima. “Non portare sfortuna Herm!” la rimproverò Anna. Il prefetto ci guardò. Allungai una mano verso ognuna. “Se vogliono guerra…” iniziai. “Guerra sia!” concluse Anna, dandomi la mano. Guardammo Hermione. “Nessuno può separare i tre uragani di Hogwarts…” sorrise. Anche lei strinse la mia mano. Rimanemmo stringendo l’una la mano dell’altra fino a che le porte dell’ascensore si aprirono. “Ufficio Misteri” declamò una voce. Uscimmo ed avanzammo piano lungo il corridoio. Mary Kate stringeva la mano a Ginny. Ron a fianco di Harry e Neville. Luna trotterellava guardandosi intorno. Percorremmo il corridoio sempre più buio. Bacchette ad illuminarci la via. Il cuore mi batteva all’impazzata. Il contatto con le mie amiche mi aveva agitato ancora di più. Sembrava di essere in un film dell’orrore. Temevo che un mostro dalla maschera argento spuntasse dal primo angolo. Degli scaffali altissimi erano posizionati ai lati del corridoio. Un rumore da dietro di noi. Tutti ci girammo. Potevo sentire il cuore battermi in gola. Strinsi la bacchetta. Mi voltai verso Harry, all’unisono con gli altri. Lui iniziò a correre indicandoci di seguirlo. Noi obbedimmo. Guardavo di sfuggita tutte quelle sfere sugli scaffali. Sembravano quella che aveva la Cooman alle lezioni. Probabilmente però funzionavano molto meglio. Ci fermammo. Ed una sfera iniziò ad illuminarsi di una luce azzurra. Anna sobbalzò. “Non guardate me, non ho fatto nulla!” specificò subito, allontanandosi. Harry si avvicinò. La osservò incerto. La prese stretta in una mano. Rimase fermo qualche minuto. “Harry!” lo chiamò Hermione. Ci voltammo. Dei passi da dietro di noi. Una figura mascherata si stava avvicinando. “Dov’è Sirius?” chiese il ragazzo. “Sai, dovresti imparare a riconoscere la differenza tra sogno…” iniziò a dire. Aveva la voce di Darth Fenner, il cattivo di Star Wars. Mi voltai verso Anna. “…e realtà” concluse il Mangiamorte, togliendosi la maschera. Anna impallidì. Lucius Malfoy si avvicinava. Anna lo salutò con un cenno della testa, a cui lui rispose con lo stesso gesto. Hermione la guardò malevola. Gli altri indietreggiarono. “Hai visto solo quello che l’Oscuro Signore voleva che vedessi…ora dammi la profezia…” intimò Lucius. “Io l’avevo detto che era una trappola…” soffiò Anna. Tutti erano pietrificati. Lei invece ostentava sicurezza. Forse per il fatto che era già stata al Maniero Malfoy. E con Lucius, ci conversava amabilmente. “Provi solo a toccarci e io la rompo!” lo minacciò Harry. Si sentì una risatina irritante dal buio. “Lui sa come si gioca, piccino, piccino…piccolo…Potter…” sussurrò placida una donna, uscendo allo scoperto. “Bellatrix Lestrange!” esclamò Neville. “Neville Paciok, vero? Come vanno mamma e papà?” chiese, perfida. “Meglio, ora stanno per essere vendicati!” ringhiò lui, alzando la bacchetta. “Adesso…cerchiamo di stare tutti calmi…va bene? Vogliamo soltanto quella profezia” disse pacato Lucius. “Perché Voldemort voleva che venissi a prenderla?” chiese Harry. “Osi pronunciare il suo nome? Tu, lurido Mezzosangue!” urlò Bellatrix. Anna si fece avanti. “Va tutto bene, è solo un ragazzo curioso…non è così? Le profezie possono ritirarle solo coloro ai quali vengono fatte…il che è una fortuna, per te, in realtà…” spiegò il Mangiamorte. Dei passi intorno a noi. Ci stringemmo vicini. “Non ti sei mai chiesto, qual è il motivo del legame tra te e l’Oscuro Signore? Uhm? Perché non fu in grado di ucciderti quando eri solo un neonato? Non vuoi conoscere il segreto della tua cicatrice? Tutte le rispose sono li Potter…nella tua mano…devi soltanto…darla a me…ed io potrò mostrati tutto…” propose Lucius, avanzando. Altri Mangiamorte apparvero intorno a noi. Eravamo circondati. “Carne fresca…” mi sussurrò Anna, ghignando. “Try the priest!” le risposi, con un lieve sorriso. “Ho aspettato quattordici anni…” iniziò a dire Harry. “Lo so…” rispose mellifluo Lucius. “Direi che posso aspettare ancora un po’…ora, Stupeficium!” esclamò. Tutti assieme gridammo l’incantesimo. I Mangiamorte vennero scagliati via. Iniziammo a correre ma questi ci apparivano davanti come fossero di fumo. Prima Lucius. Luna venne presa di sorpresa e uno le mollò un gancio al labbro. Lei gli fece un incantesimo che lo scagliò via. Andai ad aiutarla a rialzarsi. Il labbro le sanguinava. Appena fummo tutti assieme, una miriade di Mangiamorte iniziò ad apparire. Ci demmo alla fuga, ma oramai gli incantesimi non facevano nemmeno un graffio. “Ora basta! Vogliono guerra, e guerra sia!” sbottò Anna, fermandosi. “Non è il momento!” rimbeccò Hermione, trascinandola via. Il prefetto scagliò un incantesimo. Fece cadere gran parte delle sfere. Ci riunimmo ancora. Ginny mandò un altro incantesimo contro l’ennesimo Mangiamorte in avvicinamento. Le sfere iniziarono a cadere una dopo l’altra, infrangendosi sul pavimento. Iniziammo a correre verso la porta. Appena aperta mi sentii immersa nel nulla. Non c’era il pavimento. Caddi verso il basso. Sentii le urla di Hermione e Ginny. Scivolammo giù per un tunnel a tubo. Ma non toccammo subito terra. Rimanemmo sospesi a qualche centimetro. Poi concludemmo la caduta a faccia in giù. Mi alzai e mi guardai in giro. “Ufficio Misteri…il nome l’hanno azzeccato no?” esordì Ron. C’era una specie di arcata vuota in mezzo alla stanza. “Le voci…capite cosa dicono?” chiese Harry, avvicinandosi. “Non c’è nessuna voce Harry…andiamocene via!” lo pregò Hermione. “Le sento anche io…” esclamò Luna. “Harry…è solo un’arcata vuota…” osservò ancora il prefetto. “Ti prego Harry!” aggiunse poi. “Tutti dietro di me!” ordinò lui, alzando la bacchetta. Noi obbedimmo e lo imitammo. Delle scie di fumo nero ci attorniarono. In poco tempo mi trovai immobilizzata. Un uomo mi teneva la bacchetta puntata al collo. Anche Anna si era fatta prendere. “Credevate veramente…insomma, siete davvero così ingenui…da pensare che dei bambini avessero la possibilità…contro di noi…” iniziò a dire Lucius, andando da Harry, l’unico rimasto libero. “Voglio semplificarti le cose Potter…dammi la profezia ora, o guarda i tuoi amici morire…” propose il Mangiamorte. Harry si guardò in giro. “Non dargliela Harry!” gridai. L’uomo mi tirò per i capelli e mi zittì. Harry la diede a Lucius. Pochi minuti però, si sentirono dei passi. “Allontanati dal mio figlioccio…” ordinò Sirius. Poi, come fosse nulla, mollò un pugno in pieno viso a Lucius. Dei fasci di luce bianca iniziarono ad arrivare. Erano quelli l’Ordine. Lucius fece cadere la profezia. Ogni luce iniziò a vagare pian piano nella stanza, sovrastando i Mangiamorte. Tirai una gomitata nello stomaco dell’uomo, che rantolò. “Avada Kedavra!” sentii urlare. “Giulia attenta!” esclamò Anna. Pochi minuti dopo, vidi un fascio di luce verde trapassare dove stavo io prima. La castana mi aveva spinto via. Eravamo rotolate poco in là. On the ground I lay, motionless in pain. I can see my life flashing before my eyes. Mi voltai e vidi Bellatrix con un ghigno sul viso. Notai che quasi tutti i membri dell’ES avevano lasciato il posto a quelli dell’Ordine. I can see my life flashing before my eyes. “Sei scema?! Non si colpiscono le persone alle spalle!” la insultò Anna. La Mangiamorte cacciò una risata. “Oh, quanto mi dispiace…scusa piccina…” mi prese in giro. Mi resi conto che per poco avevo rischiato di morire. Un senso di rabbia mi pervase. Dead I fall asleep, is this all a dream. “Stupeficium!” gridai, puntando la bacchetta verso Bellatrix. Le graffiai una guancia. “Come hai osato! Sporca mocciosa!” ringhiò. Wake me up, I'm living a nightmare. Si toccò la guancia e vide il sangue. Digrignò i denti. “Crucio!” esclamò. Non riuscii a spostarmi e la Maledizione mi colpì in pieno. I will not die (I will not die). Il mio urlo superò tutti gli altri della battaglia. Era come se mille aghi mi avessero trafitta. Una stretta al cuore. Iniziai a contorcermi. “Giulia!” sentii gridare da Hermione. Non capivo più nulla. Sentivo solo dolore. E l’acuta risata di Bellatrix. I will survive. All’improvviso il dolore si fermò. Ero a terra. Accasciata al pavimento. Sentivo le ossa fremere. Avevo paura che si spezzassero da un momento all’altro. I will not die, I'll wait here for you. “Maledetta! Come hai osato!” ringhiò Anna. Alzò la bacchetta. “Avada…” iniziò a dire. “Anna no! È proibito! Non fare sciocchezze!” la rincalzò Hermione. Era inginocchiata vicino a me. “E va bene…Serpensortia!” esclamò la castana. Un enorme serpente uscì dalla bacchetta della ragazza. Anna iniziò ad impartigli degli ordini in serpentese. Bellatrix la guardava stupita e inorridita. “Tu…stupida Mezzosangue…com’è possibile…” soffiò. Il serpente si avvicinò strisciando veloce. “Vipera Evanesca!” rimbeccò la Mangiamorte. Il serpente si dissolse. E Bellatrix rise ancora. “Smettila di ridere…” ringhiai. Lei mi guardò divertita. “Ti ho fatto male? Mi dispiace piccina!” disse, ancora ridendo. “Stai zitta! Vecchia racchia!” le urlai, rialzandomi. Bellatrix smise di ridere. “Come ti permetti!! Sciocca ragazzina insolente!” sbottò. Poi mi sferrò un incantesimo. Il braccio iniziò a farmi male. O almeno, era un dolore che sovrastava quello di tutto il corpo messo assieme. Mi portai una mano sul punto e vidi del sangue. L’incantesimo mi aveva lacerato la felpa e la pelle. Poteva andarmi peggio. “Non la toccare!” ringhiò Anna. Bellatrix la guardò. “Incarceramus!” esclamò. Era lo stesso incantesimo che aveva usato la Umbridge sul centauro. Anna iniziò a respirare affannosamente, come fosse stretta in una morsa. “Lasciala stare!” ordinai. Bellatrix rise ancora. Iniziavo ad innervosirmi. “Ho detto…di…lasciarla…stare!” urlai, puntandole addosso la bacchetta. La Mangiamorte non mi ascoltò. “Expelliarmus!” urlai. La colpii in pieno, facendola finire lontano. Anna ricadde a terra. “Santo Manson…per poco mi soffocava quella vipera…” disse, in mezzo a profondi respiri. “Ragazze! Ma cosa vi è saltato in mente?!” ci rimproverò Tonks. Lei ci guardò preoccupata e ci condusse al riparo. Ci sedemmo vicine. Perdevo ancora sangue. “Quando Draco mi vedrà…sarò fottuta…” sorrise Anna. Era piena di tagli sulle braccia. Un graffio sul viso. Ed un taglio come il mio sul fianco. Hermione non era da meno. E io non volevo pensare a come fossi ridotta. Scivolai affaticata sul pavimento. “Però…vorrei tanto averlo qui…” sospirò ancora la castana. Annuii. “Vorrei che Severus fosse qui…anche solo accanto a me…” risposi. L’effetto della Cruciatus non era ancora svanito. “Ragazze! Non vi trovavamo più e…” iniziò a dire Mary Kate. Rimase immobile. Occhi sbarrati a fissare la sorella. “Anna…chi ti ha ridotto così?” chiese. Aveva gli occhi lucidi. La castana sorrise. “Bellatrix Lestrange…comunque non è nulla di grave! Giulia s’è beccata una Cruciatus! E per poco anche un’Avada…” commentò. Mary Kate mi guardò sbalordita. “A che punto sono quelli dell’Ordine?” chiese Hermione. Si sentì un urlo. Ci voltammo e vedemmo Sirius inghiottito dall’arcata vuota. Poi perdemmo di vista Harry. Non capivamo più nulla. Passarono dei minuti. La tensione regnava sovrana. I Mangiamorte si erano dati alla ritirata. Hermione aiutò me ed Anna ad alzarci. Il braccio mi faceva male. Sentivo il calore del sangue macchiarmi il braccio e la felpa. Cercavo di concentrarmi su quello. Altrimenti mi sarei persa nel dolore del mio povero corpo. Sentimmo una serie di rumori poco promettenti vicino. Lo scrosciare di acqua. L’infrangersi di vetri. Arrivammo nella stanza vicino. Harry era per terra. E, inginocchiato vicino a lui, c’era Silente. Poco dopo vedemmo della polvere prendere forma. Voldemort in carne e ossa era a poca distanza da noi. Dai camini iniziarono ad uscire membri del Ministero. Voldemort sparì. La calma venne ripristinata in pochi minuti. Silente venne chiamato a parlare con i ministri. “Anna! Bambina mia!” sentii esclamare. Ed ecco che la castana veniva abbracciata dalla madre. “Giulia! Piccola!” esclamò mia madre, arrivando ed abbracciandomi. Mi lamentai. “Bambina mia…cosa ti hanno fatto…” disse mio padre. “Siete state molto coraggiose ragazze…complimenti…” ci disse Tonks. “Quella Bellatrix è un osso duro…” sospirò Anna. “Dovevi vederle mamma! Giulia si è beccata una Cruciatus ed è ancora in piedi!” raccontò Mary Kate. Per poco mia madre svenne. Ci mobilitammo per tornare ad Hogwarts a farci medicare. Arrivammo a scuola a tarda notte. Dovevano essere le tre passate. Sull’uscio c’erano tutti i professori. Fui sollevata nel vedere Severus. Sentii dei passi veloci. “Anna Alvis Haliwell!” si sentì. Draco era in piedi davanti a noi. Infuriato. Raggiunse la ragazza. “Come diavolo ti è saltato in mente di andare al Ministero?! Eh?! Me lo spieghi?! Cosa cavolo ti passava per quella testa bacata?!” le urlò. Anna lo guardava. E sorrideva. “Ti amo Draco…” gli sussurrò. Lui la guardò. I suoi occhi diventarono lucidi. E la abbracciò. “Stupida! Non farlo mai più!” la pregò. Rimenammo tutti basiti da quella scena. Il fatto che Draco provasse sentimenti non era una novità per me ed Hermione, ma per resto del gruppo si. La McGranitt ci raggiunse. “Dobbiamo portare tutti in infermeria! Ora!” ordinò. Ci scortarono da Madama Chips. Io però odiavo stare tra la folla. Guardai supplichevole Piton. I membri dell’Ordine sen’erano andati, inclusi i nostri genitori. “Se non le dispiace, porterò la signorina Wyspet nel mio ufficio…ho una pozione che le farà guarire le ferite prima del previsto…” esordì Severus. Con sospetto, Madama Chips acconsentì. Piton mi condusse ai sotterranei. Non mi disse nemmeno una parola per tutta la stanza. Quel silenzio si che mi faceva male. Altro che le ferite. Prevedevo già una brutta sfuriata. Appena entrammo chiuse la porta con un tonfo. Mi fece sedere sulla sedia della sua scrivania. “Professore io…” iniziai a dire. Lui si voltò. “Signorina Wyspet…non so nemmeno da dove iniziare!” rimbeccò. Abbassai lo sguardo. “Non so se si rende conto…io…ha pensato un solo momento a quello che stava facendo?!” continuò, furioso. Annuii. “Ah davvero? I suoi genitori mi hanno riferito tutto! Si rende conto che ha rischiato la vita?!” ringhiò. “Mi risponda!” disse ancora. Sobbalzai. “Si…Anna mi ha salvato la vita…” risposi. Severus sbarrò gli occhi. “Bellatrix…mi ha…lanciato l’Avada…e lei mi ha spinto via…poi mi ha Cruciata…” raccontai. Piton si portò una mano alla testa. “Dunque spero che sia contenta ora...” commentò acido. “Io…non era mia intenzione…non  volevo…” cercai di dire. “Lo sa quanto tutti si siano dati pena per voi? Quando abbiamo saputo che vi eravate recati al Ministero senza permesso?” continuò secco Piton. “Mi dispiace…” risposi, piano. “No…a lei non dispiace! Lei ha reagito d’impulso!” sbottò ancora. Strinsi i pugni. “Lei non sa quanto…cosa ho provato quando Silente ci ha detto che un gruppo di studenti, si era recato al Ministero! Non sa…quanto…ero in pena…quanto ero preoccupato…per…lei..” disse Severus. Era più calmo. “Sono quasi morta…per poco…ho…avuto…anche io paura…per un attimo…ho pensato che non l’avrei più rivista…il Crucio al confronto non è stato nulla…” risposi. Solo dopo aver pronunciato quelle parole, mi resi veramente conto di quello che avevo rischiato. Lo guardai. E mi buttai fra le sue braccia. Lui mi strinse forte. Quasi per non volermi lasciare più andare. Iniziai a piangere. “Mi dispiace…davvero…” sussurrai, tra i singhiozzi. Per poco ero stata privata di tutto quello che avevo. I sorrisi del mio professore. Le sue critiche. “Avanti…tranquilla…ora è tutto finito…” rispose, piano. Mi accarezzò la testa. Poi mi diede un bacio sulla fronte. “Ora è meglio curare quella brutta ferita…” disse. Si sciolse dal mio abbraccio. E mi condusse in camera. Mi sedetti sul letto. Tornò nell’ufficio, poi, dopo qualche minuto, apparve con una pozione. “La beva…attenuerà il dolore della Maledizione…” spiegò, porgendomi il bicchiere. Conteneva una sostanza verde non molto promettente. Come anche l’odore. La guardai schifata. “Affronta dei Mangiamorte e non è in grado di sopportare una pozione un po’ amara?” esclamò acido Piton. Mi tappai il naso e la mandai giù tutta d’un sorso. Poi gli ridiedi il bicchiere vuoto. Il professore lo appoggiò sul comodino. Fece apparire tutto un set di bende e vari disinfettanti, poi analizzò la mia ferita sul braccio. Mi tirò su la manica della felpa. Mi scappò un gemito di dolore. Severus scosse la testa. “Così non va…non riesco a medicarle la ferita se tiene la felpa…” ragionò, dubbioso. Arrossii. “Le vado a prendere un asciugamano…si coprirà con quello…” propose, incerto. Andò in bagno a passo svelto, tornando con uno dei suoi asciugamani verdi. Si voltò dandomi la schiena. Mi tolsi imbarazzata la felpa. oramai era da buttare. Ma Bellatrix avrebbe pagato anche quello. Mai rovinare una felpa della Converse a Giulia Wyspet! Rimasi in reggiseno e rabbrividii. Mi avvolsi l’asciugamano intorno al petto. Come quando facevo la doccia. Cercando però di evitare di sfiorare la ferita. “Può…voltarsi…” sussurrai. Il professore obbedì. Iniziò a frugare tra le bende e i disinfettanti. Guardai per un secondo la mia ferita, poi, vedendo che c’era troppo sangue per i miei gusti, mi voltai dall’altra parte. Sentii la mano delicata di Severus alzarmi il braccio. Passò un fazzoletto bagnato per pulirmi la pelle sporcata, poi lo sentii trafficare con boccette varie. “Questo farà un po’ male…ma penso che lo sopporterà benissimo…” spiegò, tranquillo. Strinsi i pugni. Mi passò un fazzoletto imbevuto di quello che doveva essere disinfettante sulla ferita. “Si consoli…non serviranno dei punti…” precisò, continuando a tamponarmi. Mi scappò un gemito di dolore. Stringevo la coperta tanto da farmi male alla mano. Dopo dieci minuti, la tortura cessò. Piton mi bendò il braccio. La prima cosa che vidi, quando mi voltai, fu l’orologio appeso alla parete. Erano le quattro. “Professore…” lo chiamai. Appena ebbe fatto sparire tutto il kit di medicazione, Piton si voltò. Mi guardò, e le sue guance si colorarono. Arrossii anche io. “Mi dispiace davvero di averla fatta preoccupare…” continuai. Lui scosse la testa. Prese la mia felpa da terra. Provò a ripararla con un incantesimo. Le macchie di sangue erano sparite. Rimaneva lo squarcio della ferita. “Ora si può vestire…” commentò, porgendomela. Lo guardai. “Grazie…” dissi. Mi si formò un nodo alla gola. Lo abbracciai ancora. “Ho avuto…davvero…paura di perderla…” sussurrai. Piton rimase incerto per qualche minuto. Altre lacrime mi rigarono il viso. “Avanti…si calmi…ora è passato…sono qui…” mi rispose. “Hermione aveva ragione…Voldemort è tornato…ed io non voglio che succeda nulla di male…voglio solo stare con lei…” continuai. Quel lampo di luce verde, mi aveva totalmente fatto andare nel panico più totale. Severus mi accarezzò ancora la testa. “Su…tranquilla signorina Wyspet…non vado da nessuna parte…e lei è stanca ed affaticata…è meglio che si riposi…” disse lui. Scossi la testa. “Mi dia ascolto…si cambi e si metta a letto…” mi ordinò. “Non voglio tornare in infermeria…e nemmeno in dormitorio…” sbottai. Severus alzò un sopracciglio. “E chi ha parlato di andare in tali posti…” rimbeccò. Andò alla cassettiera vicino al letto, e ne tirò fuori il pigiama che avevo usato l’ultima volta in cui ero rimasta da lui. “Davvero…posso…rimanere?” chiesi, sbalordita. Lui annuì. “Arrivo tra qualche minuto…devo riordinare delle cose…” aggiunse. Poi, con passo svelto, andò nell’ufficio. Mi cambiai e mi infilai sotto le coperte. Aveva ragione lui. ero davvero sfinita. Gli occhi mi si chiudevano. Però cercai di resistere. Volevo addormentarmi vicino a Severus. Per fortuna non tardò ad arrivare. Si sdraiò accanto a me. “Grazie…professore…” sorrisi. ebbi il tempo di finire la frase. Mi accoccolai accanto a lui. Chiusi gli occhi. E mi addormentai. Un dolore lancinante mi svegliò qualche ora dopo. Una fitta a tutto il corpo. La ferita bruciava. Durò qualche minuto. A me però sembrò un’eternità. Sentii una mano poggiarsi piano sul mio braccio. Avevo il respiro irregolare. Piano Severus mi tirò a se. Mi strinse. “Stia tranquilla…ci sono io…” mi sussurrò. Strinsi la sua giacca tra le mani. Le fitte non se ne andavano. Il cuore mi batteva a mille. Sentivo di potermi spezzare da un momento all’altro. Avevo la sensazione di star dissolvendomi in polvere. Era un pugno allo stomaco. Un pugnale nel cuore. Mille aghi nelle braccia. Strinsi i denti per non urlare. Ed ancora. Era come se mi stessi disintegrando poco a poco. Ogni singolo tessuto. Perfino respirare mi faceva male. E mi stringevo a Severus. Per paura. Per avere qualcosa di concreto in mezzo al dolore. Tutto smise poco dopo. Appoggiai la fronte contro il suo petto. “Che cosa…perché…” cercai di chiedere, tra i sospiri. “La medicina che le ho dato le ha attutito il dolore…ma non per questo l’ha eliminato…” spiegò Piton. Un’altra fitta. Stavolta una lacrima mi rigò la guancia. Severus la asciugò con un dito. “Purtroppo non posso far nulla…solo starle vicino…si stringa a me ogni volta che il dolore ricomparirà…” continuò. Trassi un profondo respiro. Ed ecco altri mille aghi perforarmi la pelle. “Pian piano le fitte diminuiranno d’intensità e frequenza…fino allo sparire…” aggiunse il professore. Annuii. Strinsi i lembi della giacca nelle mia mani. Severus mi abbracciò più forte. Mi tenne stretta. Ogni cinque minuti una fitta. Poi ogni dieci. “Non si lasci sopraffare dal dolore…avanti signorina Wyspet…so che ce la può fare…è una ragazza forte…” mi incoraggiò. Scossi la testa. “Ne sono certo! Avanti…deve reagire!” provò a convincermi Piton. Gli dieci ancora risposta negativa. “Si ricorda? Nothing's gonna harm you, not while I'm around…avanti, continui!” mi incitò, cantando. Mi feci forza. “Nothing's…gonna…harm you…” cercai di cantare. Severus mi poggiò una mano sulla testa. “Così…brava…avanti…” esordì. L’ennesimo pugnale nel cuore. “…not…while…I'm around…” riuscii a dire, ancora. Ora le fitte erano meno frequenti. Severus mi guardò. Cercai la forza in quei due tunnel scuri. Meravigliosi. “No one's…gonna hurt you…no one's gonna dare…” continuai. Lui annuì. Un altro pugno allo stomaco. “Others can desert you, not to worry, whistle, I'll be there…” proseguii Severus. La sua voce mi distrasse dal dolore. Era il suono più bello che potessi sentire al mondo. Le fitte stavano diminuendo. Mancava poco, lo sentivo. “Demons’ll…charm you…with a smile…for a while…but in time...” sussurrai, allo stremo. Ecco finalmente l’ultima tortura. Ultimo pugnale. Ultimo pugno nello stomaco. Ultimi aghi nel cuore. Rimasi accanto a Severus. Riprendendo fiato. “Nothing can harm you, not while I'm around...” concluse lui, sorridendo. Accennai anche io un sorriso. “È stata brava signorina Wyspet…” mi lodò, accarezzandomi la testa. Mi strinsi a lui. “Non pensavo…che la Cruciatus producesse questi effetti…” precisai, stremata. “È una Maledizione davvero crudele…però è fortunata…poteva capitarle di peggio…” osservò Piton. Annuii. Ero così stanca che non riuscivo nemmeno a muovermi. Severus lo capì e si avvicinò. Mi rimboccò la coperta. “Ora dorma…questa brutta giornata è definitivamente finita…” suggerì, spostandomi una ciocca di capelli. Annuii. “Grazie…Severus…ti amo…” sussurrai, con il poco fiato ripreso. Il professore arrossì. “Buonanotte…Giulia…” rispose, incerto. Mi accoccolai vicino a lui. Chiusi gli occhi. E mi addormentai. Senza nuove fitte. Senza più dolori. Era vero. Quella giornata era finita. La Cruciatus era passata. Ma il mio principe era sempre li con me.
Quando mi svegliai, ero ancora tra le braccia di Severus. Mi stropicciai gli occhi. Piton sembrava un angioletto. Sorrisi. I dolori della notte passata sembravano essere un vago ricordo. Però quello che lui aveva fatto. Era vivido nella mia mente. Poco dopo anche il professore aprì gli occhi. Gli sorrisi. gli detti il buongiorno. E rimanemmo qualche minuto abbracciati. “Manca solo Eveline che piomba nel nostro letto tutta esagitata…non trova?” osservai, divertita. Severus sorrise. “Ha ragione…manca solo la nostra Eveline…” asserì poi. Purtroppo dovemmo tornare al mondo reale. Mi cambiai. Mi sistemai. E lo ringraziai ancora. Per avermi sempre tenuto stretta a lui quella notte d’inferno. Appena arrivata in Sala Grande, venni investita da mille domande. Un gruppo di primini vollero sapere com’era stato farsi cruciare da una Mangiamorte. Decisi che avrei picchiato Mary Kate per aver seminato in giro tutti i particolari. La cosa più bella, quel giorno, però, fu vedere finalmente Silente al suo posto di preside. Ci concesse ancora due giorni per ripassare gli argomenti d’esame, poi, la prova G.U.F.O. venne rifatta. Inoltre, ci concesse un altro giorno per sistemate le nostre cose. Anche per quell’anno, eravamo arrivati a giugno. Di conseguenza, le vacanze estive attendevano. Saremmo partiti alle dieci con l’Espresso dalla stazione di Hogsmerade. Erano le nove, ed Anna, io ed Hermione eravamo sedute in giardino. Per ammirare il lago nero. “Lucius è stato arrestato…Draco è distrutto…e dopo quello che è successo al Ministero, dubito che quest’estate i miei mi faranno andare al Malfoy Manor…” sospirò la castana. Il prefetto non disse nulla. Aveva imparato a non giudicare sul frangente Malfoy. Mi alzai. “Dove vai?” mi chiese Hermione. Le sorrisi. “Ma dal suo professore, ovvio!” rispose ovvia Anna. Annuii. Mi ero già cambiata. La mia uniforme riposava nel baule, insieme agli altri vestiti. Il vento faceva svolazzare i nastrini della mia maglietta viola. Avevo ancora la fasciatura sul braccio sinistro. Piton mel’aveva cambiata ogni sera. Corsi per il prato e raggiunsi il castello. Percorsi i corridoi. La collana con il ciondolo a forma di serpente stava placida al mio collo. Incrociai Pansy e Millicent. Ma non mi dissero nulla. Le salutai. Da quando avevano saputo del Ministero, non si erano avvicinate più. Il motivo? Mary Kate aveva anche aggiunto, su racconto della sorella, che Anna stava per scagliare l’Anatema che Uccide su Bellatrix, ma che Hermione l’aveva fermata. E ciò era vero. Però diciamo che le due vipere si tenevano alla larga. Meglio non provocarci. Arrivai all’ufficio e bussai. Come al solito, la porta era socchiusa. Entrai e vidi subito che la sedia della scrivania era vuota. Trotterellai fino alla camera. Severus stava riponendo le sue cose in una valigia. Lo guardai curiosa. “Non si usa bussare prima di entrare nelle stanze altrui?” sbottò. Sorrisi. “Prepara le valigie?” chiesi, avvicinandomi. “No, sto ballando la samba…secondo lei?!” rimbeccò acido. Gli sistemai una camicia mal piegata. “Cosa fa qui?” sbottò. “Sono venuta a salutarla…le carrozze partono tra un’ora…” spiegai. Severus mi guardò. “Dunque?” chiese. Sorrisi ancora. “Lei ci crede che è già finito anche il quinto anno?” sospirai. Piton alzò le spalle. “Tra nove mesi sarò maggiorenne! E potrò fare l’esame di Smaterializzazione!” esclamai, battendo le mani. “Magnifico…” rispose lui sarcastico. “Professore?” lo chiamai. “Che c’è?” sbottò Piton. “Posso venirla a trovare quest’estate?” proposi. Severus mi guardò incredulo. “Nemmeno per sogno!” rispose seccato. Lo guardai delusa. “Allora mi dia il suo indirizzo…così ci teniamo in contatto via gufo…” proposi ancora. “Si diverta con le sue amiche…e non pensi a me…ci vedremo a settembre…” mi liquidò. Lo guardai allibita. “E le sembra poco?!” sbottai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. “Morirò senza sentirla per tutta l’estate…” sbuffai. Severus sorrise divertito. Prese un foglio e ci scrisse qualcosa. Poi me lo porse. “Non si aspetti che le risponda ad ogni lettera che mi manda…non sarò in stato di nullafacenza come lei…” spiegò. Guardai il biglietto, poi lo misi in tasca. “Flower la saluta…l’ho dovuto mettere nel baule…” riferii. “La cosa mi dispiace molto…” esordì Piton, con un sorrisino. Mi guardò il braccio. “Le medico la ferita…così non avrà problemi…” disse. Oramai il disinfettante non mi bruciava più. Il taglio si era quasi rimarginato. Mi cambiò la benda. Appena finito guardai l’orologio. Erano le 09.45. Era venuto il momento dei saluti. Ed io odiavo i momenti dei saluti. Find me here, speak to me. Guardai Severus negli occhi. “Non si metta a piangere…non si azzardi…” mi minacciò lui. Sorrisi e mi asciugai gli occhi con una mano. I want to feel you, I need to hear you. “Promette che mi scriverà…” gli chiesi. Severus mi guardò. “Si…lo prometto…” recitò lui. You are the light, that's leading me. “Lo prometta solo se ne è sicuro…” lo rimproverai. Piton mi sorrise. “Le risulta che io abbia mai mancato una promessa?” osservò. Scossi la testa. To the place where I find peace again. Senza che lo volessi le lacrime iniziarono a scorrere. “Lei è un caso disperato signorina Wyspet…” sbuffò esasperato Piton. “Mi…mi scusi…ma…io…non sopporto i saluti…” mi scusai. Lui mi asciugò le lacrime con il palmo della mano. You are the strength that keeps me walking. “Non è un addio…le scriverò…” mi sussurrò. Annuii. “Lo so…però…se…” iniziai a dire. “No…non smetterò di volerle bene…dovessero passare mesi…” sorrise. You are the hope that keeps me trusting. Sorrisi anche io. “Giulia? Sei qui? Sbrigati, le carrozze sono pronte!” mi chiamò Hermione, dall’ufficio. “Arrivo!” le risposi. You are the life to my soul. “È stato davvero un bell’anno…grazie…per tutto…” lo ringraziai ancora. “Grazie anche a lei signorina Wyspet…le voglio bene…” sussurrò. You are my purpose. Rimasi stupita. Incredula. Felice. E sorrisi. “You are everything…” cantai, piano. Lo abbracciai. “Giulia muoviti!” mi chiamò ancora il prefetto. And how can I stand here with you, and not be moved by you. Mi sciolsi piano dall’abbraccio. “Deve andare…o perderà il treno…” sospiro Severus. Annuii. Il professore mi spinse verso la porta. Lo guardai ancora una volta. Mi sorrise. “Giulia!” sbraitò ancora Hermione. Mi voltai e andai verso di lei. Senza guardarmi indietro. Would you tell me, how could it be, any better than this. Uscimmo dal castello. Salimmo sulla carrozza con Luna, Anna, Harry, Ron, Neville, Mary Kate e Ginny. Guardai la scuola diventare sempre più piccola. Offuscata dagli alberi. You still my heart and you take my breath away. Mi mancava il respiro. Anche Anna era nel mio stato. Si guardava le Converse, con sguardo perso. Il sole splendeva, ma noi vedevamo solo nubi. Would you take me in, would you take me deeper now. Arrivammo alla stazione. Salimmo sull’Espresso con tutti i nostri bagagli. Anna andò dal suo Draco. Doveva stargli vicino. era un momento difficile. Mentre io ero con Hermione. Lei leggeva un libro. Io guardavo ancora fuori dal finestrino. Gli alberi coprire il castello imponenteche era Hogwarts. And how can I Stand here with you and not be moved by you. Tutti i miei ricordi. I nostri ricordi. L’ufficio del terrore. Le punizioni. Le risse. Josh. La neve. Il bacio. La festa. La giornata ad Hogsmerade. Eveline. Would you tell me how could it be any better than this. Tirai fuori il bracciale del mio compleanno. Sospirai. Poi portai una mano al ciondolo. Era freddo. Lo poggiai sulle labbra. Speravo che a Severus arrivasse il mio bacio. Cause you're all I want, you are all I need. Misi via il bracciale. Allungai una mano verso il finestrino. “Arrivederci…Severus…” sussurrai. You are everything. “Everything…” dissi. Poi chiusi gli occhi.

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