Un detective in uniforme scolastica

di REAwhereverIgo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Io odio le divise scolastiche ***
Capitolo 3: *** Accadde per sbaglio… ***
Capitolo 4: *** Come un fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 5: *** Sparizione numero uno ***
Capitolo 6: *** In palestra ***
Capitolo 7: *** Una festa? ***
Capitolo 8: *** Ti prego tieni il mio segreto ***
Capitolo 9: *** Se il sintomo persiste consultare il medico ***
Capitolo 10: *** Senso di colpa con contorno ***
Capitolo 11: *** Sono testualmente sottosopra ***
Capitolo 12: *** Lieve complicazione tecnica in casa Simon ***
Capitolo 13: *** Gigantesco sbaglio ***
Capitolo 14: *** Non c'è dialogo ***
Capitolo 15: *** Un paio di indizi qua e là ***
Capitolo 16: *** Problemi all’orizzonte ***
Capitolo 17: *** Bomba ad orologeria ***
Capitolo 18: *** Mi fai compagnia? ***
Capitolo 19: *** Quando volano i bicchieri ***
Capitolo 20: *** Rea indaga ***
Capitolo 21: *** Fuga ***
Capitolo 22: *** Non ce la faccio ***
Capitolo 23: *** Allerta ***
Capitolo 24: *** Sorpresa ***
Capitolo 25: *** Su due fronti ***
Capitolo 26: *** Fatica ***
Capitolo 27: *** Orgoglio ***
Capitolo 28: *** Ritorno alla normalità ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


UN DETECTIVE IN UNIFORME SCOLASTICA

 

 

Incontro

 

“Stevens?”

Presente

Daniels?”

Presente

“Ci siete entrambi?”

Sì, prof

“Bene, non penso che manchi nessuno allora. Iniziamo con l’argomento odierno: Freud”

I ragazzi tirarono fuori dalle cartelle in pelle marrone i quaderni per gli appunti e si misero a scrivere. Nessuno aveva davvero voglia di studiare filosofia psicologica, ma quella sarebbe stata la loro ultima lezione prima delle vacanze pasquali e quindi la professoressa aveva tutta l’intenzione di spiegare un carico maggiore di argomenti.

A Fabio arrivò un foglio scritto nella brutta calligrafia di sua sorella e lo lesse. Noia! Emma non fa che prendere appunti e io non so cosa fare! Mi dai un soggetto per un disegno?

Il ragazzo si voltò verso di lei, che gli sorrise e fece un occhiolino, e poi scosse la testa. Prese la penna e rispose, lanciandole il pezzo di carta. Potresti ascoltare la lezione, no? Comunque penso che due ragazzi abbracciati al tramonto siano un meraviglioso soggetto

Lei lo lesse e poi si illuminò. Mimò con le labbra un “Grazie fratellone” e chinò la testa, mettendosi a disegnare.

Fabio sospirò e mise la testa appoggiata sul palmo della mano. Quella lezione sarebbe stata infinita, già lo sapeva. Con la professoressa Isaac era sempre così: si dilungava in spiegazioni inutili su persone morte da decenni, spesso anche secoli, facendo parabole enormi sulla loro vita da sfigati. Niente di più noioso della filosofia, non aveva altro da dire.

In quel momento bussarono alla porta di classe e lui alzò la testa speranzoso: magari dovevano evacuare per colpa di un incendio.

“Avanti” rispose la professoressa.

Il preside, un uomo sulla sessantina con un viso rubicondo e un corpo che più che un essere umano lo faceva somigliare a un cerchio, apparve sorridendo.

“Mi scusi, signorina Isaac, lo so che interrompo la sua meravigliosa lezione su Freud, ma ho un annuncio da fare, per quanto questo possa essere anormale” spiegò imbarazzato.

Tutti gli allievi si voltarono verso di lui, incuriositi.

“Mi dica, signor preside” acconsentì la donna. L’uomo si schiarì la voce e poi si spostò di un paio di passi, lasciando intravedere il corridoio.

“Ecco, per colpa di alcuni cavilli burocratici stamani questa deliziosa fanciulla è dovuta rimanere con me in presidenza, perdendo le prime tre ore di lezione e arrivando tardi per l’inizio della quarta, così l’ho accompagnata io. Si è trasferita qui una settimana fa e ho già provveduto ad inserirla nel nuovo elenco del registro di classe. Sono davvero desolato che abbia la possibilità di frequentare questa classe solo per due giorni prima delle vacanze pasquali, ma comunque spero che la farete sentire a suo agio” disse.

Una ragazza piccola e imbarazzata entrò nella stanza tenendo gli occhi bassi e le mani giunte sulla pancia, rivolte verso il basso. Aveva i capelli castano ramato che arrivavano alle spalle e le lentiggini sparse su tutta la faccia. Fabio notò anche che era molto formosa, ma quel che più lo incuriosiva era il colorito rosso che aveva sulle guance.

Piacere, io mi chiamo… Rea, Rea Simon” si presentò semplicemente.

“Salve, signorina Simon, io sono la professoressa Isaac. Puoi sederti qui alla cattedra, dato che non avanza un banco per te” rispose l’insegnante, avanzando sorridente verso di lei. Le indicò una sedia vuota vicino alla sua e la ragazza annuì senza dire una parola per poi avvicinarsi e accomodarsi.

Il preside batté le mani soddisfatto.

“Bene, direi che è tutto a posto. Si diverta, signorina, e mi raccomando a voi altri: fatela sentire a suo agio” si congedò l’uomo, uscendo di classe.

Ci fu un lieve brusio generale tra gli allievi, subito soffocato dalla professoressa.

“Torniamo alla nostra lezione, forza” li incitò, recuperando il libro a cui traeva spunto per le sue spiegazioni.

Fabio continuò a guardare la nuova arrivata: era carina, tutto sommato. Niente di particolarmente speciale, ma carina. Sembrava completamente fuori posto per quella scuola e continuava a tenere lo sguardo basso, evitando il contatto visivo con gli altri. Si ripromise di parlarle una volta finita la giornata.

 

 

Rea prese le sue cose, tirando un sospiro di sollievo: tutto bene, per adesso. Certo, non che avesse fatto molto, però almeno era sopravvissuta, il che, per una come lei, era già una conquista enorme.

Storse la bocca quando, alzandosi dalla sedia, si rese conto che la gonna che portava era troppo corta per nascondere le gambe storte e grassocce che si ritrovava. Odiava le divise scolastiche, le aveva sempre odiate con tutta sé stessa, ma suo padre aveva insistito tanto per farla andare lì che non aveva potuto rifiutare. Maledetto dovere dettato dall’orgoglio!

Ciao” disse una voce accanto a lei. Alzò lo sguardo e si ritrovò due occhi profondi e bellissimi piantati addosso.

Ciao” sussurrò in risposta. Nemmeno quel doversi fingere timida e remissiva le piaceva.

Io mi chiamo Fabio Daniels, piacere” si presentò il ragazzo, allungando una mano. La ragazza la strinse senza troppa convinzione e tornò a prendere le sue cose.

Rea Simon” ricambiò.

Scese il silenzio mentre lei finiva di fare la cartella, poi si mise in spalla la borsa e lo guardò.

Dovrei andare, mio padre mi aspetta” disse in un fil di voce.

Ah, sì scusami” rispose lui, spostandosi di lato. Con un lieve sorriso lei lo sorpassò a testa bassa e corse fuori dalla classe, tirando un sospiro di sollievo.

Non aveva mai saputo mentire, recitare o fare qualsiasi cosa che si allontanasse troppo dalla realtà. Era negata per queste cose e ciò la portava ad essere negata per quel lavoro. Potevano dire ciò che volevano, nell’alto della loro idiozia, ma lei non era quella adatta per quel compito.

Stai tranquilla, tesoro, che andrà tutto bene. Entri, prendi un paio di cartelle ed esci. Filerà tutto liscio come l’olio e nel giro di un paio di settimane torneremo nella vecchia casa. Certo, come no” sussurrò infuriata, ricordando il discorso di suo padre un mese prima.

Costringerla a trasferirsi non era stato un problema, era da quando era piccola che cambiava scuola e paese ogni sei mesi per colpa del lavoro dell’uomo, il problema era stato solo convincerla a collaborare. Tutto qui.

Ah, eccoti qua! Com’è andato il primo giorno di liceo?” la accolse suo padre, dandole un bacio sulla testa.

Direi bene, se escludiamo che sono rimasta ferma nell’ufficio del preside per tre ore e poi per le seguenti due mi sono sopportata una lezione interminabile su Freud. Non sapevo che alle superiori si studiassero le cose in modo così barboso” rispose, sedendosi scomposta sul sedile anteriore della Mercedes nera che avevano da qualche settimana.

Dai, non è così male. Lo so che tu hai già dato la maturità con un anno di anticipo e che non volevi rientrare a scuola, però consolati: non durerà molto” le assicurò lui, mettendo in moto e partendo.

Lo hai detto anche per natale, papà, e ancora tutto questo non si è risolto. Odio fare la ragazzina timida e impacciata” ammise controvoglia.

Lui rise e le accarezzò i capelli.

Sei adorabile quando storci il naso con quell’espressione buffa in volto, lo sai? Somigli moltissimo a tua madre alla tua età” le disse nostalgico.

Rea sospirò e guardò fuori dal finestrino gli alberi che ricominciavano a fiorire.

Già, la mamma. È un po’ che non vado al cimitero, quasi, quasi più tardi ci faccio un salto” decise.

Vuoi che ti accompagni? In ufficio hanno bisogno solo fino alle cinque, poi sono libero” le propose l’uomo, mettendo la freccia a destra.

No, forse è meglio se vado da sola. Tu mi stai antipatico ultimamente” lo prese in giro.

Così mi ferisci! Potrei morire senza il tuo amore!” ribatté lui ridendo.

Simpatico, sì. Piuttosto, spiegami una cosa: perché io non posso venire nel tuo ufficio quando sono la persona più importante per il tuo progetto?” chiese lei, togliendosi la cintura di sicurezza quando la Mercedes imboccò il vialetto di casa.

Il capo pensa che non sia saggio farti vedere in giro. Sai com’è, se ti collegassero a noi probabilmente andrebbe tutto a monte” le spiegò, spegnendo il motore.

Ha un suo senso” ammise la ragazza. Fissò la casa azzurra che aveva davanti e scese di macchina: ancora non la sentiva sua nonostante fossero passati tre mesi da quando erano andati a stare lì. Di tutta la costruzione l’unica cosa che aveva deciso era stata la tintura dell’esterno.

Recuperò la cartella e se la mise in spalla, camminando verso l’ingresso.

Odio questa gonnella” esclamò infuriata.

Non puoi chiedere al preside se ti fa usare i pantaloni?” le domandò suo padre, posando il giacchetto sulla poltrona in corridoio.

Figuriamoci, quello è uno di quei signori che vedresti bene a interpretare Babbo Natale sulle confezioni di Coca-Cola, non andrebbe mai contro le regole. Vado a cambiarmi, con permesso” annunciò, lanciando la borsa a terra e andando al primo piano.

La sua stanza era piccola e rosa, come quella di quando era piccola, ma non le dispiaceva: le ricordava tutto sua madre e ciò la faceva sentire felice.

Cercò sulla sedia una paio di pantaloni, trovandone un paio della tuta nera che utilizzava per far finta di fare ginnastica quando suo padre era in casa. L’unico sforzo fisico che aveva imparato a fare era stato alzarsi dal letto per scendere le scale e andare a prendere da bere.

Se li infilò e subito si sentì meglio: con le gambe capaci di muoversi come volevano decisamente era tutto più comodo.

Stiracchiò le braccia e si guardò intorno cercando le chiavi di macchina e odiandosi: non le metteva mai due volte nello stesso posto e puntualmente le perdeva.

Ah, eccole qui” esclamò soddisfatta afferrando il portachiavi a forma di maiale gigante.

Papà, io vado, ci vediamo per cena!” annunciò, correndo fuori. L’uomo la seguì sulla veranda e la fissò.

Guida con calma, mi raccomando” le disse.

Come sempre, papà. Saluterò la mamma anche da parte tua, promesso” rispose, lanciandogli un bacio con la mano.

Appena fu lontana dalla visuale che si aveva della strada da casa, accostò in uno spiazzo sterrato e si afflosciò con la testa sulle mani che aveva appoggiato sul volante dell’auto.

La mia testa, di nuovo” si lamentò impaurita. Frugò nella borsa in modo febbrile e ne tirò fuori una scatola bianca, da cui prese una pillola rosa.

Accidenti, non pensavo che potesse capitare di nuovo” ammise, cercando di calmarsi.

Aspettò un paio di minuti affinché la medicina avesse effetto, poi rimise in moto. Aveva proprio bisogno di visitare sua madre.

 

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Capitolo 2
*** Io odio le divise scolastiche ***


Io odio le divise scolastiche

 

La mattina dopo Rea si alzò in ritardo. Suo padre sentì un’imprecazione rumorosa e poi uno schianto e sorrise. Non sarebbe cambiata mai.

Perché non mi hai svegliata? Ti diverti a sapere che farò tardi il mio primo giorno ufficiale da liceale?” lo aggredì lei, scendendo le scale con in mano il giacchetto dell’uniforme.

In effetti la cosa mi diverte. Sei grande e vaccinata, tesoro, non pensavo che avresti avuto bisogno di me per rimettere una sveglia” le rispose, passandole una tazza di caffè. Lei la prese al volo, ingurgitando la bevanda e scottandosi la lingua.

Dannata scuola, non l’ho mai sopportata” disse. Infilò le scarpe e recuperò la cartella dall’ingresso.

Vado con la mia macchina, ci vediamo dopo!” lo salutò di corsa.

L’uomo si alzò in fretta e la fermò.

Che c’è?” chiese la ragazza irritata.

Siamo a marzo e, soprattutto, sei in una classe di liceali. Quali studenti possiedono un’auto propria a codest’età?” le fece presente, con un sopracciglio alzato. Rea strinse i denti e il suo odio profondo verso le superiori crebbe.

Va bene, quindi cosa dovrei fare?

 

Con ben venti minuti di ritardo rispetto al programma, la ragazza scese dal pullman e corse verso l’edificio bianco e grigio che si trovava in fondo alla strada. La gonna della divisa la intralciava e basta, dato che si alzava ad ogni suo passo e lei non faceva che tirarsela giù ogni poco.

Maledetti aggeggi infernali femminili” esclamò.

Arrivò davanti all’ingresso ed entrò come una furia, frenando improvvisamente quando vide un paio delle sue compagne di classe tranquillamente sedute alla macchinetta del caffè. Riprese fiato un attimo e si schiarì la voce, rientrando nella parte della piccola e timida liceale.

Si avvicinò a loro, fissando il pavimento.

Scusatemi, non sono in ritardo?” domandò sussurrando. Loro la guardarono e scossero la testa, sorridendo.

No, alla prima ora c’è religione e ognuno può fare ciò che vuole. Tu sei iscritta a religione?” le chiesero.

No, non seguo quella lezione” rispose. “Ringraziando papà, che ha voluto essere magnanimo con me” aggiunse nella sua testa.

Allora sei apposto. Tu sei quella nuova, vero? Rea Simon. Io sono Emma Stevens e lei è Laura Daniels, piacere” si presentò la mora.

Piacere mio” ricambiò, allungando la mano.

Anche l’altra ragazza gliela strinse, quella piccola e bionda, e lei ebbe il modo di osservarle bene. Quella che si chiamava Emma era alta e slanciata, con lunghi capelli castano scurissimi e occhi color nocciola; l’altra, Laura, era più bassa e in carne, anche se non era grassa, e aveva i capelli biondo sporco. Rea sentiva che sicuramente non avrebbe legato con loro, anche se non sembravano brutte persone.

Allora, ti sei trasferita qui da poco, eh? Come mai hai cambiato scuola a metà del secondo quadrimestre? Non è un po’ rischioso in questo periodo, visto che dobbiamo dare l’esame tra poco?” le chiese quella alta.

Oh, ma non è un problema, io ho già la mat… ehm…” la ragazza si schiarì la voce e arrossì.

Ho sempre avuto dei voti alti, quindi papà ha pensato che non sarebbe stato un problema per me cambiare istituto” si corresse.

Beata te! Noi studiamo ogni giorno per quattro ore ma non riusciamo ad avere dei risultati ottimi” si lamentò l’altra.

Non ti preoccupare, la maturità passa velocemente” la consolò lei. “Non che io sappia come sia un esame di diploma di liceo, comunque” aggiunse.

Certo, quelli che si sono già diplomati lo dicono tutti, ma l’ansia di quei giorni sarà terribile, fidati” le assicurò Emma.

Rea evitò accuratamente di controbattere, ben sapendo che si sarebbe tradita, e sorrise semplicemente.

In quel momento vide arrivare da lontano il ragazzo che il giorno prima l’aveva salutata e abbassò lo sguardo fingendo imbarazzo.

Ehilà, ciao” le disse.

Ciao” sussurrò in risposta. Sicuramente sembrava una scema, vista da fuori.

Ehi, fratellone, hai portato gli appunti?” gli chiese Laura, illuminandosi.

Sì, ve li ho portati. Comunque, se fossi in voi, starei più attente durante le spiegazioni. È frustrante vedere quanto io mi impegni per rendere le vostre conoscenze quanto meno decenti per una quinta liceo” le rispose passandole il quaderno. La ragazza lo prese riconoscente.

Grazie! Sei un angelo!

Sì, sì, lo so” ribatté lui. Emma rise.

Io i miei appunti ce li ho, lei parla al plurale solo perché si vergogna di chiederteli da sola” confessò, facendogli vedere il suo blocco notes. La bionda arrossì e rise imbarazzata.

È vero” ammise.

Rea li guardò incuriosita: non sapeva che esistessero davvero delle persone così amiche. Nella sua vita di amici ne aveva avuto ben pochi.

Sentì suonare la campanella e alzò lo sguardo.

Dobbiamo andare in classe?” chiese.

Sì, purtroppo ci aspettano due ore di matematica e due di italiano stamani. Facciamoci coraggio” rispose Fabio teatralmente.

La ragazza li seguì in aula, continuando a fare finta di essere timida e impaurita, e poi rimase in piedi sulla porta.

C’è qualche problema?” si preoccupò il ragazzo, avvicinandosi.

Ah, no, niente di che, solo… non avevo un banco, ieri, quindi non so dove sedermi” spiegò impacciata.

Ne hanno messo uno per te stamani, non c’eri prima? È quello in fondo all’aula” le disse sorridendo. Lei seguì con lo sguardo l’indice della sua mano e vide che c’era un banco vuoto nell’angolo destro della classe.

Meno male, mi vergognavo troppo a tornare alla cattedra. Grazie” gli rispose, avviandosi verso il suo posto.

Quando il professore entrò nella stanza e calò il silenzio, la ragazza ringraziò il fatto di essere piccola di statura: poteva mimetizzarsi in maniera perfetta dietro ai capelli di Emma e nascondersi fino a lezione finita.

 

Durante ogni pausa Rea venne assediata dai suoi nuovi compagni. Andavano da lei per chiederle del suo trasferimento, da dove veniva, cosa facevano i suoi genitori, quali erano i suoi hobby e puntualmente aveva risposto con una bugia. Non poteva dire la verità, questo era certo, però anche mentire non le faceva proprio piacere. Odiava le menzogne, sin da piccola suo padre le aveva insegnato che dobbiamo essere sinceri col prossimo, però in quel caso proprio non poteva. Non vedeva l’ora di tornare a casa e prendersi una settimana di pausa dopo quei due giorni estenuanti.

Quando suonò la campanella di fine lezione, tirò un sospiro di sollievo: anche questa era andata.

Ehi, tu come torni a casa?” le domandò Fabio, apparendole alle spalle. Lei sobbalzò e si mise una mano sul cuore, impaurita.

Non mi arrivare dietro così di soppiatto!” lo sgridò. Lui rimase stupito dal suo tono di voce.

Scusami, non pensavo di spaventarti” disse. Capendo la gaffe fatta, Rea si schiarì la gola e scosse la testa.

No, scusami tu, non volevo alzare la voce” ribatté. Prese la cartella e uscì di classe senza dargli una risposta seria, così lui la seguì.

Allora?

Cosa?

Come torni a casa? Vai in pullman, a piedi, con l’auto…?” ripeté.

Penso che ci sia mio padre ad aspettarmi qua fuori. Almeno spero” spiegò.

Oh, capisco” disse dispiaciuto.

Senza capire a cosa si riferisse lei sorrise.

Devo andare, mi dispiace per… qualsiasi sia il motivo che ti ha fatto rattristare. Ci vediamo dopo le vacanze” lo salutò sorridendo.

S’incamminò verso la Mercedes continuando a guardare il ragazzo, inciampando così in una buca causata dalla pioggia. Nel cadere a terra la gonna le si alzò fino alla vita, facendo bella mostra dei pantaloncini che portava come copertura dal freddo.

Rimase ferma a terra per un paio di secondi prima di rendersi conto che tutti quelli che aveva intorno stavano ridendo, Fabio compreso. Si alzò, scuotendosi la polvere di dosso, e lo fulminò con lo sguardo. “Ti odio” pensò.

Imbarazzata come mai in vent’anni di vita, entrò in macchina sbattendo la portiera con forza. Suo padre stava  lacrimando dalle risate e lei lo guardò infuriata.

Invece di ridere metti in moto!” gli urlò.

Scusami ma è stata una scena epica! Se avessi avuto una videocamera ti avrei filmato, giuro!” le disse lui, partendo in retromarcia per uscire dal parcheggio.

Quando furono a casa Rea notò che la gonna si era strappata sul davanti, lasciando un bel buco al posto della stoffa che copriva le ginocchia. Lanciò l’indumento contro la porta e si sdraiò, frustrata, sul letto.

Io odio questa missione, odio questo lavoro e, soprattutto, odio le divise scolastiche” decise.

 

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Capitolo 3
*** Accadde per sbaglio… ***


                        Accadde per sbaglio…

 

 

Dato che non avrebbe dovuto affrontare l’esame né studiare per le vacanze, Rea decise di aiutare suo padre con la documentazione riguardo al caso in cui era stata infilata anche lei.

Passò tutta la settimana delle vacanze pasquali con in mano fascicoli e cartelle piene zeppe di roba noiosa, facendosi sei caffè al giorno per non addormentarsi. Nemmeno quando affrontava sei ore di professori privati per dare la maturità con un anno di anticipo era così annoiata.

Alla fine tornò a scuola con le idee piuttosto chiare: quel caso era un caos completo. L’unica cosa certa era che in quell’edificio succedevano cose piuttosto anomale. Secondo le statistiche erano sei mesi che, con cadenza periodica, almeno un alunno si sentiva male per cause ignote. Su diciotto ragazzi ben dodici erano morti e questo aveva insospettito la polizia, che si era messa subito in moto per riuscire a capire cosa stava succedendo. E chi, meglio di una ragazza ancora adolescente e figlia di un agente, poteva infiltrarsi in quell’istituto?

Dannato papà, mi convince sempre a fare tutto” disse sospirando. Appoggiò la testa sulla mano e fissò la finestra.

Un penny per i tuoi pensieri” le sussurrò Fabio, avvicinandosi di soppiatto. Lei sobbalzò, presa alla sprovvista.

Ciao. Ti diverte molto arrivarmi alle spalle?” gli chiese irritata. Lui rise e prese una sedia, mettendola al contrario e sedendosi con le gambe aperte.

In effetti sì. Sei così facilmente sorprendile” rispose.

Ah, carino da parte tua” lo freddò la ragazza. Quella mattina non era nelle condizioni di far finta di essere timida e silenziosa, non ce la faceva.

Qualche problema? Sembri di cattivo umore” notò lui.

Lascia perdere, non mi va di parlarne” disse.

Perché no? Siamo amici, no?” le fece presente. Rea arrossì e sbuffò.

Ci siamo visti due volte, non si chiama essere amici questo, si chiama essere conoscenti al massimo” ribatté.

Fabio ci rimase un po’ male, soprattutto perché la ragazza non gli sembrava una di quelle aggressive.

Va bene, come vuoi. Sei tu a dover decidere, ero venuto solo per chiederti come sono andate le tue vacanze di Pasqua” ammise arrendendosi. Lei sospirò e si rese conto di essere stata sgarbata, così sorrise.

Scusami, non ho avuto un risveglio piacevole stamani. Papà mi aveva lasciato un biglietto dicendomi che stamani era sciopero dei pullman, così sono dovuta venire a piedi facendomi due chilometri di corsa nel giro di quindici minuti” gli spiegò. Sentiva ancora male alle gambe e maledisse suo padre per averle praticamente sequestrato la macchina con la scusa che “Se la usi senza pensarci e ti vede qualcuno poi la gente s’insospettisce”. Va’ al diavolo.

Allora ti capisco e sei perdonata. Tornando alla domanda iniziale, come sono andate le tue vacanze di Pasqua?” domandò il ragazzo, tornando sorridente.

Studiose. E le tue?

Divertenti, sabato siamo usciti tutti insieme per andare alla festa. Come mai tu non c’eri?

Non avevo idea che ci fosse una festa, semplice” rispose con un’alzata di spalle.

La professoressa della prima ora entrò in classe sbattendo la porta e facendo calare il silenzio in aula. Ognuno tornò al proprio posto, Fabio compreso, e Rea tornò ai suoi pensieri.

 

“Per lunedì voglio che tutti voi lavoriate in squadra e mi portiate una relazione sulle diverse composizioni rocciose della luna. Ogni gruppo di quattro persone, va bene?” disse l’insegnante.

“Sì, professoressa” risposero gli alunni. La campanella suonò e lei recuperò le sue cose, uscendo dalla stanza.

Emma, Laura e Fabio si unirono al banco delle due ragazze, quello, cioè, davanti a Rea.

Noi studiamo insieme?” propose la mora.

Non c’è nemmeno da chiederlo” rispose la bionda, sgranchendosi le braccia.

Sentite, posso farvi una proposta?” chiese il ragazzo. Loro lo guardarono incuriosite.

Certamente” lo spronarono.

Lo chiediamo anche alla nuova, se studia con noi?” disse. Le ragazze si guardarono e poi annuirono sorridenti.

Perché no? Potrebbe essere una buona idea per fare amicizia” rispose Emma.

Rea non si era nemmeno posta il problema del dover studiare in quelle settimane che passava a scuola né aveva ascoltato una sola parola di ciò che aveva detto l’insegnante, così rimase spiazzata quando si vide comparire davanti gli unici tre suoi compagni con cui era riuscita a spiccicare più di due parole di seguito.

Che c’è?” chiese a disagio.

Niente di importante, ci chiedevamo semplicemente se avevi voglia di fare gruppo con noi” rispose Laura.

G-gruppo?” balbettò.

Sì, per la ricerca di geologia” le spiegò. “Nota per me: ogni tanto ascoltare i professori

Ah, sì… ce-certo” rispose poco convinta. Stavolta non aveva avuto nessun bisogno di fare finta di essere imbarazzata perché lo era per davvero.

Bene, è meraviglioso!” esultò Emma, battendo le mani. Non seppe che rispondere e rimase zitta.

 

Incredula di aver davvero accettato il gruppo di studio sulle rocce, la ragazza tornò a casa in trance. Rimase zitta per tutto il viaggio, cosa che suo padre notò.

Sei arrabbiata perché sei dovuta andare a scuola a piedi stamani?” le domandò.

Mh? No, figurati” rispose.

Allora che problema c’è? Hai già scoperto qualcosa riguardo a quella scuola?

No, sono andata anche oggi in presidenza con una scusa ma non riesco a penetrare negli archivi, ogni volta capita qualcosa che mi blocca

Quindi c’è qualcos’altro che ti preoccupa” dedusse l’uomo. Lei lo guardò e rise.

Elementare, Watson. Si nota così tanto?” chiese imbarazzata.

Abbastanza. Problemi con i tuoi compagni?

Non sono proprio problemi, semplicemente oggi mi sono fatta convincere a mettere a disposizione la casa per fare una ricerca. Domani pomeriggio verranno alcuni alunni della mia classe per studiare geologia” spiegò poco felice.

Non vedo dove sia il problema, mi sembra una cosa meravigliosa no?” considerò suo padre. Lei storse il naso.

No, affatto. Non voglio portare avanti relazioni interpersonali dato che a breve ce ne andremo e, soprattutto, non pensavo che qualcuno mi invitasse a far parte di un gruppo studio così presto” ammise. Arrossì pensando che quella sarebbe stata la prima volta che faceva qualcosa in gruppo e si sentì infantile nell’essere felice per questo.

Ti prometto che andrà tutto bene. Ti fidi del tuo vecchio papà?” le chiese ridendo.

Non sei poi così vecchio. È il lato positivo dell’avermi avuta prestissimo, no?” lo prese in giro. Ma, anche se non lo ammetteva, si sentì sollevata nel sapere che l’uomo era accanto a lei.

 

Sarebbero arrivati per le quattro e suo padre aveva detto che per quell’ora sarebbe stato a casa. Si sentiva ansiosa e impaurita per quella nuova esperienza, così si era messa a pulire casa. Lo faceva sempre quando era nervosa.

In tre ore era riuscita a spolverare tutti i mobili, spazzare tutti i pavimenti e poi era uscita in veranda. Aveva ancora il tempo di salire sul tetto e pulire le grondaie. Inoltre, anche se non fosse scesa in tempo, suo padre entro poco sarebbe tornato per accogliere gli ospiti.

Prese la scala e salì sulla tettoia, dandosi lo slancio con le braccia per tirarsi su. Nel far quel movimento dette un colpo allo scaleo, che si inclinò pericolosamente all’indietro.

No, no, no, fermo!” esclamò, girandosi per recuperarlo. Troppo tardi. “E io sarei una quasi poliziotta” si disperò. “Ho i riflessi di un elefante” si disse.

Guardò la terra sotto di sé: non era a più di cinque metri di altezza, poteva saltare. Oppure…

 

Sta qua, vero?” domandò Emma, facendo imboccare a sua madre il vialetto di casa di Rea.

Sì, ma consiglio di scendere qua, non so se c’è il posto per fare retromarcia più avanti” rispose Fabio, togliendosi la cintura di sicurezza.

“Va bene, torno tra un paio d’ore a riprendervi. Divertitevi” li salutò la donna.

I tre si incamminarono verso la casa, parlottando tra sé.

Chissà che tipi sono i suoi genitori” si chiese Laura.

Secondo me sono tipi composti e seri come lei” rispose la mora.

Per me fanno gli studiosi” s’inserì il ragazzo.

Sentirono delle voci che urlavano che provenivano da poco più avanti ed allungarono il passo incuriositi.

Non vengono dalla sua abitazione, vero?” chiesero le ragazze.

Arrivati davanti alla porta d’ingresso le voci si fecero più forti, però non si vedeva nessuno.

Forse sul retro?” propose Fabio. Fecero il giro dell’edificio e rimasero immobili in mezzo al prato.

Vieni giù da lì!

Cosa pensi che stia cercando di fare?

Un uomo che non aveva più di quarant’anni e Rea stavano discutendo animatamente. Lui la fissava da terra con le mani sui fianchi, infuriato, mentre lei…

Possibile che tu debba sempre fare cose stupide? Abbiamo una palestra per allenarci, lo sai, non devi penzolarti dai rami!” la sgridò lui.

Oh, certamente! Io sono salita sul tetto per poi calarmi su un albero perché mi annoiavo! Ero venuta per pulire le grondaie, testone!” ribatté la ragazza.

Stava seduta su un ramo a quattro metri da terra, con le mani strette al legno.

Comunque torna giù” ripeté l’uomo.

Se tu non mi avessi urlato contro sarei scesa da dieci minuti” lo freddò lei.

Premendo i palmi sul ramo si penzolò sotto di sé, dondolandosi avanti e indietro. Alla fine fece un salto di un paio di metri, eseguendo una perfetta capriola in aria. Atterrò di fronte a tre ragazzi stupiti e con la bocca aperta e subito suo padre si mise una mano sulla faccia, pensando che fosse un caso perso.

 

 

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Capitolo 4
*** Come un fulmine a ciel sereno ***


Come un fulmine a ciel sereno

 

Subito l’uomo si avvicinò con la mano tesa per presentarsi.

Salve, scusatemi per questo… ehm… comitato di benvenuto. Rea ogni tanto ha bisogno di fare un po’ di ginnastica per sgranchirsi” disse odiando la figlia. Quella, nel frattempo, era rimasta immobile e terrorizzata, con gli occhi sgranati.

Tutto a posto? Stai bene?” le chiese Fabio preoccupato. Lei sobbalzò e rise imbarazzata.

Sì, sì, figurati. Ben… benvenuti qui” rispose.

Suo padre strinse la mano a tutti loro e sorrise.

Io mi chiamo Jason Simon, piacere” si presentò.

Emma rimase in silenzio, colpita dalla bellezza e dall’avvenenza dell’uomo.

Salve, io sono Laura, questo è mio fratello Fabio e lei è Emma” rispose la bionda.

Beh, venite pure dentro, abbiamo preparato da mangiare per tutti quanti, così studiate meglio” li invitò lui, aprendo la strada.

Rea rimase ferma, col cuore a mille. Quelle mosse le aveva imparate in palestra da piccola, quando sua madre era morta e lei era costretta ad andare in ufficio con papà, ma non si addicevano decisamente alla sua immagine di ragazzina timida e impacciata. L’aveva sempre saputo che quella recita non le si poteva addire.

 

Sul tavolo in salotto erano stati messi dei pasticcini comprati al supermercato, della cioccolata calda e qualche tortina salata se qualcuno non amava il dolce.

I tre ospiti si sedettero sorridenti, parlando amabilmente col padrone di casa, il quale si mostrò gentile e amabile e li mise a loro agio.

Quando Rea arrivò nella stanza vide lo sguardo di ghiaccio che l’uomo le lanciò quando gli altri non lo guardavano e si sentì rabbrividire: l’avrebbe sicuramente strozzata, una volta soli. Forse poteva ancora emigrare in Australia.

Bene, vado di sopra a prendere il computer per ricercare qualche informazione su internet, va bene? Voi aspettatemi qui, tanto siete in ottima compagnia” annunciò correndo su per le scale.

Si precipitò in camera a recuperare il portatile, ma quando si voltò suo padre la stava osservando in modo arrabbiato e minaccioso.

Aiuto” sussurrò.

Sei completamente scema?” le domandò.

Mi dispiace, non sapevo che…

Sapevi che sarebbero arrivati, quindi dovevi essere pronta! Inoltre dobbiamo ancora chiarire cosa ci facevi sopra a quell’albero!” l’aggredì.

Te l’ho già spiegato: ero andata sul tetto per pulire le grondaie ma lo scaleo è scivolato a terra e io ho usato i rami per avvicinarmi un po’ prima di saltare giù! Non pensavo che saresti arrivato e mi avresti vista mentre saltavo dal tetto all’albero né che loro sarebbero arrivati in anticipo” spiegò sbuffando.

Non fare la faccia scocciata, ragazzina, perché non te lo meriti! Tu non dovresti avere particolari abilità, ricordi? Se tieni un basso profilo nessuno capirà che stai lavorando con la polizia, però a fare così non ci aiuti per niente” disse.

Senti racconterò che da piccola ho fatto ginnastica ritmica e che mi piacevano gli anelli, così si spiegherà come mai ho fatto una capriola in aria per scendere da lassù” lo tranquillizzò. Lui si passò una mano tra i capelli, disperato.

Mi farai invecchiare prima del previsto, lo sai?” le chiese. Lei rise e gli dette un bacio sulla guancia.

Non hai nemmeno quarant’anni, non invecchierai per ancora un bel po’. Torno giù, se vuoi venire ad aiutarmi ogni tanto sarai il benvenuto: io non ho idea di come si gestisca un gruppo studio” ammise nel panico.

Non te lo meriteresti, lo sai?

Ma tu sei il migliore e non mi abbandonerai” lo prese in giro.

L’uomo rise e le dette una pacca sul sedere, invitandola a tornare dagli ospiti. Sorridendo sollevata, la ragazza prese il computer e scese in salotto.

 

Nelle due ore successive Rea comprese una cosa: non si ricordava quasi niente delle nozioni chimiche che servivano per studiare le rocce. Tutto quello che leggeva in internet e sugli appunti di Emma era come arabo nella sua testa e questo la mandò un po’ nel panico.

Che fatica! Non solo ho lo stomaco pieno e mi sta venendo l’abbiocco post-mangiata, ma queste cose mi fanno anche venire sonno. Non ce la faccio più, fermiamoci qua” implorò Laura. In effetti stavano lavorando ininterrottamente da quasi due ore ed erano tutti distrutti.

Chiedo a papà se mi aiuta a preparare un caffè per tutti, ok?” propose Rea, alzandosi. La mora si illuminò e annuì.

Volentieri!” rispose. La ragazza sorrise ed andò a cercare l’uomo, lasciandoli soli.

Tu non bevi caffè” osservò Fabio incuriosito. Lei arrossì.

Certo che lo bevo” ribatté.

No, ricordo benissimo quando venisti a casa nostra qualche tempo fa. La mamma ti chiese se volevi un caffè e tu rispondesti chiaramente no, grazie, la caffeina mi fa un brutto effetto” ribatté lui.

Ora, invece, mi va” disse Emma, incrociando le braccia come i bambini.

Ehi, non è che ti piace il signor Simon?” chiese Laura.

Ma va’, figuriamoci. Lui è grande, non mi innamorerei mai di un uomo così maturo” rispose.

Invece secondo me ti attira” considerò la bionda. Lei la fissò nervosa, muovendo una gamba in maniera convulsa, poi crollò.

Va bene, lo ammetto, è vero! Prima, quando l’ho visto, mi sono sentita subito attratta da lui! Ma avete visto quant’è bello? Secondo me deve fare un lavoro impegnativo, ha dei muscoli incredibili! E quegli occhi, poi!

I due fratelli si scambiarono un’occhiata divertita: quando partiva con le sviolinate al bello di turno Emma era come un fiume in piena.

Voglio solo farti presente che è il padre di Rea” s’inserì Fabio. La ragazza sospirò.

Ma è un colpo di fulmine! Non dirmi che non l’hai mai provato perché non ci credo” ribatté. Lui distolse lo sguardo, colpito nel segno.

Non è per quello, semplicemente ti facevo presente che questo potrebbe essere uno di quegli amori impossibili da raggiungere. Probabilmente ha una moglie, non pensi?” le spiegò.

In quel momento la padrona di casa rientrò in salotto, seguita dall’uomo.

Chi di voi vuole un caffè?” chiese sorridendo. Aveva gli occhi color del ghiaccio e la mascella squadrata e pronunciata.

Io” rispose Emma sognante.

Anche noi due” disse Laura, cercando di dissimulare l’interesse dell’amica per lui.

Bene, nel giro di qualche minuto saranno pronti” assicurò.

Rea lo precedette in cucina, tornando dopo poco con un vassoio pieno di tazzine.

Vi dispiace se papà beve con noi? Adesso siamo in pausa e direi che ne abbiamo bisogno” chiese.

Figurati, per noi va benissimo” esclamò la mora con un po’ troppa enfasi. Fabio rise.

 

Il cellulare di Emma squillò alle sei e mezza, annunciando l’arrivo di sua madre. A malincuore lei si alzò e raggruppò i suoi appunti, seguita dai due amici.

Noi dobbiamo andare, sono venuti a prenderci” disse tristemente.

Rea sorrise dolcemente.

Figurati, mi ha fatto piacere che siate venuti. Quando volete tornare basta che me lo diciate, casa mia è sempre aperta per voi” la consolò.

Sono certa che la rivedrai frequentemente” rise Laura. Lei la guardò senza capire.

In che senso?” chiese.

Nessuno, diceva tanto per dire” s’intromise Fabio, cercando di salvare la situazione. La ragazza continuò ad essere confusa ma non fece domande.

Accompagnò gli ospiti fino in fondo al vialetto con suo padre dietro.

Prima di entrare in macchina l’uomo strinse la mano ad ognuno di loro.

Spero che ci farete il piacere di tornare ancora” li salutò. Emma si soffermò un po’ di più con la mano nella sua, fissandolo negli occhi.

Arrivederci” sussurrò. Lui rimase immobile un attimo, confuso. Era stato pervaso da una sensazione stranissima che non sapeva spiegare, però non era male.

Quando le loro dita si staccarono inconsciamente strinse l’aria, ricercando nuovamente quel contatto e non trovandolo. Si riscosse e sorrise.

Arrivederci a tutti” disse.

Padre e figlia fissarono la macchina andare via.

Simpatici, i tuoi amici” considerò lui, passandole un braccio intorno alle spalle e tornando verso casa insieme.

“Non sono miei amici, lo sai. Non devo legarmi a nessuno, qua, rischio di metterli in pericolo” ribatté lei.

“Sì, lo so cosa significa questa vita” ammise l’uomo controvoglia. Se pensava che stava vivendo quelle cose per colpa sua si sentiva un verme, ma non volle pensarci.

“Pizza, stasera? Non ho voglia di cucinare” le propose. Rea annuì felice.

“Dammi il tempo di cambiarmi maglia, questa l’ho strappata sull’albero” rispose.

Corse in camera lasciandolo solo e lui si massaggiò le tempie. Quella sensazione non accennava a diminuire, anzi aumentava con i minuti. Era stato davvero un fulmine a ciel sereno.

 

 

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Capitolo 5
*** Sparizione numero uno ***


Sparizione numero uno

 

Il lunedì mattina a scuola c’era una grande agitazione, Rea se ne rese conto non appena mise piede nell’edificio. Gli studenti si guardavano preoccupati, parlando a bassa voce tra di loro e stringendosi in piccoli gruppetti, come se avessero paura di qualcosa.

Non appena ebbe posato la cartella sul banco, la ragazza fu raggiunta da Fabio.

Hai sentito?” le chiese.

Cosa?

Pare che sia sparito un ragazzo del terzo anno, Roberto qualcosa. È da sabato che nessuno lo vede in giro e i suoi genitori hanno chiamato la polizia” spiegò. Lei sentì il cuore accelerare: adesso si era arrivati anche al rapimento? Non bastavano gli studenti già morti?

Come è successo?” s’informò.

Sembra che lui sia uscito per andare ad una festa con degli amici e che non sia mai rientrato” rispose l’amico. Rea si accasciò sulla sedia, disperata. Era successo proprio sotto al suo naso e non aveva ancora fatto niente affinché quella storia si concludesse.

Ti senti male? Lo conoscevi?” si preoccupò di domandarle Fabio.

N-no, niente di tutto ciò, semplicemente sono… spaventata” lo tranquillizzò.

Sì, ti capisco benissimo. Ormai sono mesi che in questa scuola succedono cose assurde: prima alcuni ragazzi si sono sentiti male, poi sono morti; adesso questa sparizione misteriosa. I genitori che fanno parte del consiglio degli studenti stanno decidendo se far chiudere l’istituto o no” le raccontò.

Chiudere l’istituto? Non ne sapeva niente, considerò Rea. Promemoria per me: parlare con papà.

 

Quando salì sulla Mercedes di suo padre, subito tirò fuori dalla cartella il suo blocco per gli appunti, dove aveva segnato le cose importanti da riferire.

Nuove notizie sul fronte occidentale” annunciò come un soldato.

Scoperto qualcosa sull’istituto?” le domandò lui.

Diciamo di sì. Sabato sera è scomparso un ragazzo” rispose. L’uomo strinse convulsamente le mani al volante, infuriato.

Dannazione, dobbiamo agire più velocemente” disse. Rea annuì seria.

Lo so. Allora, ecco ciò che so: pare che le stranezze siano iniziate prima di quando pensavamo noi, all’incirca in agosto. Gli alunni venivano a frequentare i corsi di recupero estivi per le materie che avevano insufficienti, molto normalmente: scuola, casa, amici, tutto come da copione. Solo che, dopo qualche giorno, alcuni di loro hanno iniziato a cambiare, almeno a detta dei loro compagni: paranoia, aggressività e nervosismo sono solo alcuni dei sintomi che mi hanno descritto stamani. Si isolavano dagli altri e rimanevano per delle ore da soli, chiusi in qualche stanza lontani dal mondo. A ottobre il primo ragazzo è morto ed è lì che è stata chiamata la polizia. Da allora, ogni dieci giorni circa, qualcuno si sentiva male o aveva delle crisi epilettiche che lo facevano collassare” spiegò.

Jason parcheggiò davanti casa e sospirò.

So che ti chiedo molto, ma potresti venire in centrale per ripetere ciò che hai detto a me anche al comandante? Una testimonianza formale ci sarà più utile di alcuni appunti scritti su un taccuino” le domandò. Lei sorrise e gli fece l’occhiolino.

Ci avevo già pensato, papà, ed avevo anche già messo in conto che sarei venuta in ufficio con te. Mi vado a cambiare e poi andiamo” rispose.

Sei un tesoro, lo sai?” le disse l’uomo.

Sì, me lo dicono tutti

 

Rea ripeté parola per parola tutto ciò che aveva già raccontato a suo padre, aggiungendo il fatto che non si sapeva se la scuola sarebbe stata chiusa o sarebbe rimasta aperta.

Secondo il consiglio dei genitori è diventato troppo pericoloso per i loro figli frequentare l’istituto e stanno decidendo cosa fare in futuro” spiegò.

Il comandante la guardò e sospirò.

“Questa storia mi puzza di bruciato” disse.

Sì, anche a me. Facendo un conto totale dei ragazzi, sono diciannove le vittime di queste stranezze, tra morti, malati e ora anche rapiti” confermò Jason.

“Dobbiamo fare qualcosa” decise il capo.

“Qualche idea?”

Nemmeno una

La ragazza li guardò delusa: pensava che ci fossero già arrivati.

Scusate, posso permettermi?” chiese angelicamente. Fu ignorata.

“Potremmo chiedere un mandato per entrare a scuola, anche se non saprei come giustificarlo. Per quanto ne sappiamo, quei ragazzi potrebbero essere stati tutti invischiati in chissà quali casini al di fuori dell’istituto”

Infiltrarci nell’edificio quando è chiuso?

Rea si schiarì la voce per farsi sentire.

Io ho già un’idea” disse. Nessuno la considerò ed iniziò ad innervosirsi.

“Parlare direttamente col preside?”

Volete piantarla e ascoltarmi una buona volta?” esplose. I due uomini la guardarono stupiti.

“Qualche problema?” chiese il comandante.

Sì, lavoro con due idioti!” rispose in malo modo.

“Ehi, ragazzina, modera i termini, lo sai che posso farti uscire da caso quando mi pare” la avvertì.

Non lo farai, non hai nessun altro disposto ad entrare in un liceo come infiltrato. Adesso posso avere la vostra attenzione per un minuto o continuerete a parlare di fatti vostri come se io non ci fossi?” domandò. Loro si zittirono, con tanta gratitudine da parte della ragazza.

 

“Signor preside, mi scusi, c’è il signor Simon che aspetta qua fuori. Vuole parlare con lei” annunciò la segretaria. L’uomo si stropicciò gli occhi, stanco.

“Fallo passare” rispose. Lei annuì ed andò a chiamare il genitore.

Quando Jason entrò nell’ufficio, si era stampato in faccia un sorriso di cortesia e lo aveva accolto calorosamente.

“Signor Simon, benvenuto! Prego, venga pure, si sieda” gli disse. Lui annuì e si accomodò sulla poltrona rossa in velluto che stava nel centro dello studio.

“Che cosa la porta qui? Problemi con sua figlia? Non si trova bene in questa scuola?” chiese il preside.

Oh, no, si figuri. Mi ha detto di avere dei compagni fantastici e che si è integrata quasi subito. Devo dire che ne sono stupito, Rea non è solita fare amicizia così velocemente” rispose.

“Questo mi fa molto piacere” ammise l’uomo. Jason si mosse sulla sedia nervosamente, aggiustandosi la giacca nera.

Ecco, il motivo per il quale sono qui è più delicato. Ho sentito i racconti di ciò che è successo qui con i ragazzi. Sto parlando di quelli morti e dello studente scomparso sabato” spiegò.

Il preside iniziò a sudare freddo.

“Sì, sono al corrente delle voci che circolano, ma se è qui per una rassicurazione le dico subito che il mio istituto non c’entra niente. Purtroppo alcuni dei ragazzi che frequentano questa scuola ha iniziato a far parte di alcuni giri poco produttivi, finendo per entrare in amicizia con persone per niente raccomandabili. Tutto al di fuori di questo edificio, gliel’assicuro” disse.

Quindi posso stare tranquillo che a mia figlia non accadrà niente?” chiese Jason.

“Sulla mia stessa vita le giuro di sì”

Bene, sentirlo dire da lei mi conforta. Allora mi scuso per il disturbo e me ne vado, la lascio ai suoi lavori. Arrivederci, signor preside

“Arrivederci, signor Simon”

 

Com’è andata?” chiese Rea. Era nell’ingresso che stava aspettando suo padre da venti minuti, giocherellando nervosamente con un pezzo di carta. L’unico modo che avevano per interrogare almeno il preside, come lei stessa aveva suggerito, era che lui facesse la parte del padre premuroso e preoccupato e andasse a chiedere informazioni sulla sparizione del ragazzo. Così facendo non avrebbe destato nessun sospetto, né avrebbe dato a qualcuno l’opportunità di pensare che loro erano degli infiltrati.

Ti racconto appena usciamo. Senti, mi serve un foglio bianco, dove posso trovarlo?” domandò Jason. La ragazza indicò il banco dei bidelli.

Là, ci sono le fotocopiatrici, chiediamo ai custodi se ci possono prestare un foglio” rispose.

Mentre si avvicinavano videro che una ragazzina, non avrà avuto più di sedici anni, stava parlando con uno degli inservienti. L’uomo era alto, con la faccia magra e smunta, il mento appuntito e gli occhi infossati. Sembrava che non mangiasse da un mese come minimo. Quando arrivarono da lui l’alunna sgranò i grandi occhi castani e se ne andò con la testa bassa. “Che strana ragazzina” pensò Rea.

Suo padre prese il foglio e ci scrisse sopra qualcosa con una penna che il bidello gli aveva prestato, poi sorrise e salutò.

Andiamo a casa, dobbiamo prendere un paio di cartelle e poi ci aspettano in commissariato” le disse. La ragazza sobbalzò e annuì.

Sì, scusa ero sovrappensiero” rispose. Il custode aveva continuato a fissarla incessantemente, mettendole addosso una certa inquietudine.

Uscirono da scuola e salirono in macchina, diretti alla polizia.

 

 

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Capitolo 6
*** In palestra ***


 

In palestra

 

Passarono un paio di giorni, nei quali Rea continuò a chiedere innocentemente a tutti quelli che incontrava che cosa stesse succedendo. Aveva avuto ragione suo padre: fare la parte della ragazzina impaurita e timida aiutava molto a tenere un basso profilo.

Il venerdì mattina, durante l’ora di ginnastica, la ragazza si sentì male. Ebbe un capogiro più forte del solito, causato dal poco sonno degli ultimi giorni, e cadde a terra svenuta.

Tutto ciò che ricordava era che stava per segnare a pallavolo quando, all’improvviso, il mondo intorno a lei era sfumato, diventando buio e indefinito.

 

Quando riaprì gli occhi era stesa sui materassi blu che venivano usati per gli esercizi di salto. Sopra di lei, Emma stava bagnando un panno di spugna e glielo stava mettendo sulla fronte.

È freddo” si lamentò a bassa voce. La mora sorrise.

Meglio così, ti farà passare prima il malore” le rispose.

Provò ad alzarsi lievemente, ma aveva completamente perso le forze e non riuscì nemmeno a girare la testa per vedere cosa stavano facendo gli altri.

Stai ferma, tra poco tuo padre sarà qui per portarti in ospedale” le disse l’amica, sedendosi a terra.

Papà? Oddio, papà no, per favore!” si lamentò.

Perché? Appena ha saputo che ti eri sentita male ha detto che correva qua il più velocemente possibile” le raccontò l’altra. Rea si maledisse: se avesse ricominciato con i suoi malori sicuramente le avrebbero tolto il caso e avrebbe compromesso tutta la situazione. Dov’erano le sue pillole?

Certo che sei proprio fortunata ad avere un padre come quello” considerò Emma, sospirando. Da quando l’aveva visto non era riuscita a fare altro che pensarlo e ripensarlo, ritrovandosi anche a fare fantasie che poco si addicevano a una diciottenne.

Direi che dipende dai punti di vista” ribatté lei, ignara di ciò che l’amica stava pensando.

No, è così. I miei genitori non sono così divertenti e disponibili con i miei amici, pensa che mio padre è in casa pochissimo. Lavora come guardiano notturno in un albergo e quindi il pomeriggio dorme” le confessò.

Ma anche papà è sempre fuori, semplicemente sta con me quando è a casa

E tua madre? Non l’ho vista l’altro giorno” s’informò la mora.

Mia madre è morta quando ero piccola” rispose. Stupita, Emma rimase zitta.

Mi dispiace” disse infine.

Non deve dispiacerti, io a mala pena me la ricordo. Avevo sette anni quando se n’è andata e, anche se ne ho sentito molto la mancanza, papà ha compensato benissimo il fatto che non ci fosse. Non mi è mai mancato niente, quindi ho vissuto una vita relativamente tranquilla” la consolò.

Sì ma deve essere stato terribile. Com’è morta?

Per una semplice malattia. Aveva un cancro” rispose.

Quindi tu per undici anni sei stata sola con tuo padre?” dedusse la mora.

Esatto, solo noi due. A quanto ne so, non ha mai avuto altre donne oltre a lei” confermò.

In quel momento l’uomo entrò in palestra, preoccupato e sudato per la corsa.

Ora mi ammazza” commentò Rea.

 

Fu caricata in macchina e portata in ospedale poco dopo. Suo padre non disse nemmeno una parola fin quando lei non fu dimessa.

I medici dissero che probabilmente era stato un semplice abbassamento di pressione, ma lui sapeva che non era così.

Da quanto tempo ha ricominciato?” chiese infatti. La ragazza fece la finta tonta e lo guardò sorridendo.

Che cosa, papà?

Lo sai. Da quanto è che soffri di nuovo di mancamenti?

Oggi è stata la prima volta dalla quinta elementare” rispose angelicamente.

Rea lo sai che non mi piace quando mi racconti le bugie. Hai preso di nuovo le pillole calmanti, vero?” indagò. Lei odiava quando l’uomo usava i metodi di interrogazione della polizia perché tutte le volte la scopriva. Si impose di mantenere la calma.

Le ho buttate anni fa” affermò convinta. Jason la guardò di sbieco, poco convinto.

Quindi puoi assicurarmi che oggi avevi solo la pressione bassa?” domandò.

Al cento per cento. Non ho mangiato prima di fare ginnastica perché dovevo fotocopiare la relazione di geologia, così mi si sono abbassati gli zuccheri nel sangue, tutto qua” spiegò.

Lui non era affatto sicuro di ciò che lei stava raccontando, non le credeva nemmeno un po’, ma decise di fidarsi.

Va bene, ti credo. La prossima volta sta’ attenta, però” si raccomandò.

Certo, papà, da ora in poi mangerò sempre” assicurò Rea.

Sarà bene, altrimenti ti tolgo il caso. Se capiterà di nuovo ti riterrò non idonea fisicamente ad affrontare uno stress simile” la minacciò.

Non capiterà più, fidati di me

Speriamo

 

Quando arrivarono a casa, Jason si chiuse nel salone che utilizzavano come palestra e la lasciò sola con i suoi pensieri.

Rea corse in camera e si barricò dentro, cercando tremante le pasticche che prendeva contro l’ansia. Ne era diventata quasi dipendente da quando era morta sua madre, ma capitava con cadenza regolare che soffrisse di vertigini e cali di pressione e questo le provocava degli attacchi di panico molto forti.

Dieci minuti dopo l’ansia e il nervosismo diminuirono, lasciandole solo un lieve mal di testa.

Sospirò felice e si rilassò contro la porta, seduta a terra.

Adesso doveva pensare a come risolvere il problema “compiti a casa”. Doveva almeno dare l’impressione di interessarsi a ciò che veniva spiegato in classe, così afferrò il cellulare e compose il numero di Emma. Dopo un numero impressionante di squilli, la ragazza rispose.

Ciao Rea! Dimmi!

Ehi, ciao! Senti ti ho chiamato solo per chiederti cosa devo studiare per domani e cosa hanno spiegato oggi dopo che me ne sono andata” spiegò.

Ah, giusto! Ho le tue fotocopie di letteratura, il professore mi ha chiesto se te le potevo consegnare. Sei a casa? Passo da te tra poco, così ti do anche tutto il resto

Oh, certamente. Vieni pure, tanto dove sto lo sai, no? Ti aspetto” la invitò.

La mora attaccò e andò a parlare con sua madre.

 

Entra, non rimanere sulla veranda” disse Rea, facendo posto a Emma. Quella varcò la porta, guardandosi intorno per scrutare se vedeva Jason.

Cerchi qualcosa?” domandò la rossa. Lei sobbalzò.

No, figurati, stavo solo… ehm… controllando che fossimo sole” rispose.

Papà è in palestra quindi praticamente siamo sole” le spiegò l’amica.

Praticamente?

Sì, abbiamo la palestra in casa, al piano di sotto, quindi è qua. Però è anche vero che quando è occupato con i suoi esercizi non considera niente e nessuno” le disse.

Capisco

Si misero in salotto, sedute al tavolo, e Emma raccontò ciò che era successo quella mattina dopo che se n’era andata, dandole tutte le lezioni della mattinata.

Alla fine Rea si stiracchiò e si alzò.

Torno subito, vado a prendere il diario per segnarmi tutto quanto” annunciò.

Lasciò l’amica da sola, intirizzita come non mai. Era nervosa all’idea che Jason fosse sotto lo stesso suo tetto che faceva esercizi per gonfiare i muscoli. Magari era anche senza maglietta. Arrossì senza rendersene conto.

Tesoro, hai studiato quelle cartelle che ti ho dato prima?” chiese ad alta voce un uomo.

La mora alzò la testa stupita, ritrovandosi l’uomo davanti.

Oh, salve” la salutò.

C-ciao” ricambiò imbarazzata.

Come mai sei qui? Sei venuta a sentire come sta mia figlia?” le domandò sorridendo.

Sì, le ho portato i compiti per domani” rispose lei.

Te ne sono grato, grazie mille” disse.

Era effettivamente senza maglietta, notò Emma. Bello!

Rea tornò di sotto di corsa, con il fiatone.

Papà! Ti sembra il modo di presentarti?” gli chiese col cuore a mille.

Ehi, è casa mia e non sapevo che avessimo ospiti” si scusò lui.

Vai via! Mi traumatizzi le amiche!” gli ordinò, spingendolo fuori dal salotto.

Ok, ok, mi dispiace! Arrivederci, Emma! Prometto che la prossima volta mi farò trovare vestito in modo adeguato” la salutò divertito.

Arrivederci” ricambiò la mora.

Una volta di nuovo sole, Rea sorrise imbarazzata.

Scusalo, è sempre stato così

Così come?

Stupido!” spiegò.

Tornarono a concentrarsi sulle lezioni e per le due ore successive non pensarono ad altro. O quasi.

 

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Capitolo 7
*** Una festa? ***


Una festa?

 

Il comandante della polizia aveva ascoltato il racconto dei due Simon con attenzione e preoccupazione.

“Si vede che non è del tutto sincero, no?” considerò, riferendosi al preside. Rea scosse la testa pensierosa.

No, non sono d’accordo” rispose.

“Perché?” le chiese.

Vediamola dal punto di vista di un preside, ok? La scuola rischia di chiudere e i genitori non si fidano più a mandare i ragazzi a scuola, questo significa che il suo istituto, che è uno dei più famosi della città, sta rapidamente perdendo prestigio” spiegò. Jason  si mise una mano sulla faccia e rifletté.

In effetti non hai tutti i torti” ammise.

Lo so. dovreste avere imparato tutti e due che io ho sempre ragione” disse orgogliosa.

“Non ti allargare, ragazzina. I poliziotti siamo sempre noi” la freddò il comandante. Lei sbuffò.

Per ora” sussurrò.

“Hai detto qualcosa?”

No, non ho aperto bocca” negò angelicamente. Si guadagnò uno sguardo di disapprovazione da parte dei due uomini ma non ci fece particolarmente caso. Ormai non faceva più caso a nulla.

 

Una festa?” chiese la mattina successiva a scuola.

Sì, una festa. Hai presente la discoteca? Ecco, una festa come quella” confermò Fabio. Lei scosse la testa.

Non penso che papà mi darebbe il permesso di venire” rispose.

Dai, almeno chiediglielo! Mi farebbe molto piacere se tu venissi” le confessò arrossendo. La ragazza lo guardò stupita.

Davvero?” domandò.

S-sì” ammise. Quelle parole la fecero sentire felice e allora annuì.

D’accordo, glielo chiedo subito, tanto è là che mi aspetta per tornare a casa” promise. Il ragazzo s’illuminò.

Fammi sapere per sms, ok?” si raccomandò.

Te lo dirò subito!

Rea corse verso la macchina di suo padre allegra e lo salutò con un grosso bacio sulla guancia.

Ciao papà!” disse. L’uomo rimase stupito da quella dimostrazione improvvisa di affetto e la guardò male.

Che cosa vuoi?” s’insospettì.

Niente, che vai pensando?” assicurò lei.

Rea…” la richiamò. La ragazza gli fece la linguaccia.

Non è niente di che, voglio solo sapere se sabato posso andare a una festa disco” spiegò. Lui divenne scuro in volto.

Pensi che sia la cosa migliore viste le tue condizioni di salute?” le chiese.

Le mie condizioni di salute?

Tesoro non sono scemo, lo so che sei stata male ultimamente. Non sono sicuro che andare in discoteca ti possa aiutare

Ma io sto bene! Avanti papà! Questo aiuterà moltissimo il nostro caso” disse. Era l’ultima carta che poteva giocare, quella.

Il caso?” domandò Jason, confuso.

Sì. Il preside ha detto che i ragazzi sono finiti in un giro di amicizie sbagliato, giusto? E che, da lì, le cose sono peggiorate. Non c’è niente meglio di una festa in discoteca che possa servirmi come campo di indagini” spiegò.

Suo padre ci pensò un po’, rimanendo zitto fin quando non ebbe parcheggiato davanti casa.

Sei sicura che non ci sia nient’altro?” chiese.

Cosa intendi dire, papà?

Te l’ha chiesto un ragazzo di andare?” precisò. Lei arrossì e scosse violentemente la testa.

Affatto. Ho sentito in classe che i miei compagni ne parlavano e ho pensato di fare un salto. Ma va beh, se pensi che non sia il caso allora non vado, non importa” rispose. Si rabbuiò in modo evidente e prese la cartella in mano.

Almeno sabato porta a casa le schede degli studenti che sono morti, così farò qualcosa di costruttivo” lo implorò.

Ferma, aspetta” la richiamò Jason, vedendola entrare in casa. Lei si voltò, dissimulando la gioia.

Vuoi andare solo per studiare ciò che succede, vero?” si assicurò.

Solo per quello” giurò.

Allora va bene, puoi andare. Ma sta’ attenta, non voglio che ti capiti niente

Grazie papà! Ti prometto che capiremo cosa è successo a quei ragazzi prima di giugno e che mi impegnerò per vedere se non c’è niente di anomalo!” promise.

Salì in camera felicissima e subito mandò un messaggio a Fabio.

Ok per la festa. Ci troviamo in piazza scrisse. La risposta arrivò un minuto dopo.

Mi rendi davvero felice. A domani!

Rea rilesse quell’sms almeno dieci volte prima di rendersi conto di ciò che stava facendo e si dette della stupida, scuotendo la testa. Chiuse il cellulare e si sedette in terra, accanto alla porta.

Ma sono diventata scema tutta insieme? Non devo assolutamente farmi coinvolgere emotivamente, questo danneggerebbe chiunque venisse a contatto con me!” si disse.

Però Fabio è carino e a me piace” continuò tristemente. Sospirò.

No, non devo e non posso, soprattutto. Domani sera andrò solo ed esclusivamente per controllare che non succeda niente di anormale” esclamò.

Dopo aver deciso ciò, però, le venne in mente un dubbio: come ci si vestiva per andare in discoteca?

 

Fabio stava aspettando da dieci minuti quando la vide arrivare di corsa. Aveva indosso un vestito nero che arrivava alle ginocchia e dei pantacollant grigi, il tutto unito a un paio di stivali alti con le zeppe. Rimase a bocca aperta, stupito.

Cavolo, stai proprio bene!” si complimentò. Rea arrossì e abbassò lo sguardo.

Non sapevo se potevo andare bene così” ammise a malincuore. Ci aveva messo quattro ore per prepararsi.

Sei perfetta” le assicurò lui. Lei gli sorrise.

Andiamo? La festa è qui dietro, a due passi. Non ci vorrà molto” la spronò. La ragazza annuì e si misero a camminare fianco a fianco.

Tra loro era sceso il silenzio ed entrambi si sentivano imbarazzati.

Allora, com’è andata la tua giornata?” chiese lui.

Il solito” rispose Rea.

Ti sei calata da un albero anche oggi?” la prese in giro.

Simpatico. No, ho studiato un po’” spiegò.

Che emozione, vero?” domandò Fabio divertito.

Sì, ho avuto il batticuore per l’eccitazione!” confermò stando al gioco. In quel momento un uomo le dette un colpo alla spalla, sorpassandola, e lei perse lievemente l’equilibrio, sbilanciandosi all’indietro.

Mi scusi” disse. Vide il profilo della persona e si rese conto di riconoscerlo, anche se non riusciva a capire chi fosse.

Ehi, ma non era il bidello della scuola?” chiese il ragazzo.

Penso di sì” confermò lei.

 

La discoteca era un caos totale, considerò Rea appena entrati. Le luci intermittenti, la musica a tutto volume, tutte quelle persone che ballavano strette le une alle altre… in effetti suo padre aveva ragione: non c’era dubbio che tutto ciò la facesse stare male.

Vado a prendere da bere, aspettami qui” le disse Fabio, lasciandola sola. Lei fu presa dal panico: lì era tutto troppo caotico, non c’era abituata. Si guardò intorno per calmarsi un po’ e notò una ragazza che sembrava completamente fuori luogo. Si stava torcendo le mani fino a farle diventare rosse e osservava la sala con occhi spiritati. Le si avvicinò preoccupata.

Tutto bene?” le chiese. Lei sobbalzò a quel contatto e la fissò impaurita. Non rispose, ma iniziò a muovere la testa a destra e sinistra meccanicamente, come se stesse dicendo “no”.

Posso aiutarti?

“Vattene, non voglio” rispose infine. Un secondo dopo era scomparsa tra la folla, lasciandola di nuovo da sola. “Che tipo strano” considerò lei.

Fabio le batté un dito sulla spalla per chiamarla.

Non sapevo cosa poteva piacerti, così ti ho portato un gin lemon. Va bene?” le domandò.

Perfetto” assicurò lei, sorridendo e prendendo il bicchiere.

 

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Capitolo 8
*** Ti prego tieni il mio segreto ***


                    Ti prego tieni il mio segreto

 

Rea non era un tipo che ballava e si scatenava, soprattutto visto che odiava qualsiasi indumento femminile e al momento stava indossando un vestito che le rallentava parecchio le gambe. Ma davvero le donne portavano quei cosi per farsi belle? Era una tortura!

Ti va di andare in pista?” le propose Fabio. Lei lo guardò senza capire.

In pista?” chiese.

Sì, a ballare” specificò. La ragazza arrossì e scosse la testa.

Oh, nonono, io non so ballare” rifiutò. Lui s’incupì un poco.

Va bene” accettò. Comprendendo che aveva appena fatto una gaffe, lei si affrettò a rimediare.

Però puoi insegnarmi” disse. Il ragazzo si rianimò e la prese per mano, trascinandola in mezzo alla pista.

Ok, guarda me d’accordo?

Ci provo

Rimasero nel mezzo della sala per un’ora e mezza, ridendo come matti ogni volta che Rea inciampava e perdeva l’equilibrio. Le girava la testa, un po’ per l’alcool e un po’ per la musica ma non ci faceva caso: per la prima volta da un tempo indeterminabile si sentiva felice e leggera. Era una sensazione meravigliosa.

Alla fine fu Fabio a chiedere di fermarsi per un momento. Era sfinito, aveva il fiatone ed era anche sudato.

Non sei così male, sai? Certo, ti muovi con un po’ di difficoltà ma si vede che hai il ritmo nel sangue” si complimentò. Rea arrossì.

Figurati, due volte che ho provato a fare una giravolta e due volte che ho fatto danno. Quel ragazzo a cui ho dato un calcio su un ginocchio probabilmente mi starà odiando” ribatté. Lui rise.

Oppure quel signore con in mano una vodka che hai urtato lievemente, facendo ribaltare sia il bicchiere che lui” aggiunse. La ragazza tossì imbarazzata.

Non scendiamo nei dettagli, ti va?” gli propose.

Ok, come vuoi” accettò l’amico.

La ragazza si guardò intorno, incuriosita: quello per lei era un mondo completamente nuovo. Dato il lavoro di suo padre non aveva mai vissuto una normale vita da adolescente, uscendo con gli amici o partecipando alle feste. Non che avesse avuto amici prima di allora, comunque.

Quelle riflessione l’avevano portata a fissare un punto in mezzo alla sala e il suo cervello registrò ciò che stava vedendo con un minuto di ritardo: la ragazzina che aveva visto prima e che l’aveva mandata via in malo modo stava urlando qualcosa contro qualcuno. Spinta dalla curiosità, si alzò e raggiunse il punto in cui si trovava, rimanendo piuttosto sorpresa quando si rese conto che stava urlando contro un muro.

“SMETTILA DI SEGUIRMI, CAPITO? SONO LIBERA, ADESSO! LIBERA!” gridava.

Rea le bussò sulla spalla, cercando di farsi vedere, ma quella la ignorò.

Ehi, stai… ehm… bene?” le domandò. Quella si voltò e lei ne rimase quasi spaventata: se prima i suoi occhi le erano parsi spiritati, adesso sembravano terribilmente cattivi.

Lei arretrò di un paio di passi, capendo che con non avrebbe potuto ragionarci, e la ragazzina le dette una spinta forte all’addome, facendola cadere a terra. Le lanciò un’ultima occhiata infuriata e se ne andò senza dire una parola.

È tutto a posto? Ti ha fatto male?” chiese Fabio, arrivando di corsa. Aveva osservato la scena da lontano ed era andato da lei quando aveva visto che veniva spinta a terra.

N-no, io sto bene, ma…” non finì la frase, i suoi piedi si mossero da soli, andando nella direzione della ragazzina.

Io la devo ritrovare” disse spaventata. Ecco cosa intendeva suo padre con “se succede qualcosa di strano agisci”: decisamente una studentessa che urlava contro un muro era strano.

Cosa? Ma sei matta?” esclamò il ragazzo. Lo ignorò, andando a recuperare il giacchetto e la borsa.

Vieni con me o rimani qua?” gli domandò seria.

Rea, rifletti un attimo: quella là ti ha spintonato e se la stava prendendo con una parete. Secondo te è saggio andare a romperle le scatole? Probabilmente è ubriaca persa e reagisce così all’alcool” le spiegò. Lei sbuffò.

Lo prendo come un dire che resti qua. Ci vediamo, Fabio” lo salutò, sorpassandolo. Lui rimase lì con un palmo di naso, incredulo.

 

Nei venti minuti successivi Rea cercò quella ragazza in tutta la discoteca, senza successo, così decise di uscire per vedere se la trovava fuori. C’era qualcosa che non le quadrava in quella faccenda ed era sicurissima di averla già vista da qualche altra parte. Probabilmente a scuola, ma non capiva cos’era a sfuggirle.

Nello spiazzo fuori dall’edificio c’erano persone di tutti i tipi: ubriachi; drogati; uomini di mezza età che cercavano di rimorchiare delle sedicenni (se non fosse stata impegnata in altro li avrebbe presi e portati alla polizia); giovani ragazzi che facevano la corte a delle cubiste. Della ragazzina nessuna traccia.

Maledizione! Non dovevo fare la cretina e distrarmi, non era questo il piano!” si disse, battendo una mano sulla fronte.

Respirò con calma un paio di volte, poi controllò di nuovo tutto il perimetro.

Alla fine la vide entrare in un vicolo buio.

Stava barcollando come una pazza verso una macchina, reggendosi a mala pena sulle gambe ma continuando a camminare. Sembrava ipnotizzata, quasi come se non ragionasse più ma fosse qualcun altro a darle gli ordini.

Eccola! Ehi, tu! Fermati!” esclamò Rea, avvicinandosi di corsa a lei. Il suo cuore batteva all’impazzata, sentiva che forse non era stata la cosa più saggia da fare, quella di seguirla da sola. Ma cos’altro avrebbe potuto inventarsi?

Vide qualcuno nella macchina grigia che stava aspettando la ragazzina che le lanciò uno sguardo di ghiaccio e la portiera dell’auto si spalancò all’improvviso.

“Muoviti, idiota!” gridò una voce di donna. Un braccio la strattonò dentro e subito dopo il motore si accese rombando. Rea si bloccò confusa.

Fermati!” urlò. L’auto partì a tutto gas, facendo fischiare le gomme sull’asfalto.

Maledizione!” imprecò lei. Infilò una mano nella borsetta, ringraziando il fatto che suo padre aveva lasciato la pistola a casa, e puntò l’arma verso la macchina.

Fermati ho detto!” ripeté. L’auto si indirizzò verso di lei, ma non si mosse. “Spara” ordinò la sua mente. Si sentì il rimbombo del colpo risuonare nell’aria, ma l’unica cosa che riuscì a colpire fu il fanale anteriore destro. “Oh merda!” pensò.

Si gettò di lato un attimo prima che la macchina le passasse sopra a ottanta chilometri orari, finendo per schiantarsi contro un gatto che dormiva. Quello miagolò contrariato e se ne andò, lasciandola a terra, nascosta da alcune scatole.

Fece appena in tempo ad alzare la testa per vedere l’auto scomparire dietro l’angolo.

Papà mi ammazza” disse, rialzandosi. Si guardò il vestito: era rovinato. La caduta lo aveva strappato da una parte ed era completamente sporco di terra. Si tolse un po’ di polvere di dosso e aprì la borsa per rimettere la pistola al suo posto.

Cos’era quello?” chiese una voce dietro di lei. Rea si voltò impaurita, puntando l’arma davanti a sé.

Wowowo! Calmati! Ero solo venuto a cercarti!” spiegò Fabio, alzando le mani al cielo.

La ragazza sospirò di sollievo per un attimo.

Sei solo tu” esclamò.

Sì, sono io” confermò lui. Poi incrociò le braccia e la guardò.

Tu, invece, chi sei?” le domandò. Ottima domanda.

 

Non ci posso credere

E dai, non avercela con me, non l’ho fatto apposta!

Punto primo: mi hai mentito. Punto secondo: ti sei fatta scoprire!

Ti ho detto che mi dispiace!

Glielo spieghi tu a Bearne? Io non ci tengo a dirgli che hai fatto saltare la copertura e che dobbiamo ricominciare da zero!

Oh, andiamo! Lui terrà il segreto, vero Fabio? Digli che non dirai niente a nessuno

Il ragazzo era a casa Simon da quaranta minuti e non aveva fatto altro che sentire parole come “indagini”, “sparizioni”, “caso” e quant’altro. Era abbastanza confuso.

N-no, io non ho intenzione di dire a nessuno che tu sei… sei… una poliziotta?” confermò poco convinto.

Aiutante e basta, per il momento non sono in polizia” lo corresse Rea.

E nemmeno in futuro lo sarai! Io l’avevo detto fin da subito che non eri adatta per questo compito” disse suo padre. Lei sbuffò.

Sei stato tu ad insistere affinché tornassi ad aiutarvi, vorrei ricordartelo” lo freddò.

Non avevamo agenti a disposizione per infiltrarsi, cos’altro dovevo fare? Lasciare che dei ragazzi morissero senza far niente?” esclamò l’uomo.

Scusatemi, posso farvi una domanda?” chiese Fabio. Loro lo guardarono e annuirono.

Perché non fare le indagini apertamente?” s’informò.

Nessuno ha denunciato la scuola, purtroppo. Gli studenti di quell’istituto sono morti ma nemmeno un genitore ha pensato che la cosa dipendesse dalla scuola, così non ci sono denunce a carico del liceo” spiegò Jason.

Capisco. Voi quindi non siete davvero la famiglia Simon?

Fabio non fare domande sceme. Siamo agenti infiltrati non nel programma protezione testimoni” sbuffò Rea in risposta. Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.

Scusa, era solo una domanda” specificò.

Comunque le possibilità sono due: o uccidiamo lui o cambiamo piano” annunciò l’uomo. Fabio si sentì prendere dal panico a quell’affermazione e guardò la ragazza in cerca di aiuto.

Non essere ridicolo, papà. Io mi fido se promette di non dire nulla a nessuno” ribatté sua figlia.

Giuro!” si affrettò a specificare il ragazzo.

Visto? Tutto a posto, adesso lo riporto a casa” decise lei.

Jason strinse le labbra in segno di disapprovazione, ma lo ignorò e spinse l’amico fuori, in strada, facendolo salire sulla sua macchina. Rimasero in silenzio fin quando non furono davanti alla sua abitazione, poi Rea sospirò e sorrise.

Scusami, mi rendo conto che non è stata la serata ideale” disse.

Diciamo che è stata… ehm… particolare, ecco” precisò lui. La ragazza tornò seria e lo fissò.

Senti, lo so che ho detto che mi fidavo, ma io devo essere certa che non dirai a nessuno chi sono o cosa faccio io, capito? A scuola succedono cose strane e devo arrivare a capo di questa faccenda senza problemi” si raccomandò.

Ti prometto che nessuno saprà da me della tua indagine” assicurò Fabio. Lei sorrise.

Grazie di tutto. Adesso vai, ne riparleremo in classe lunedì” lo salutò. Lui scese e la guardò andare via, con mille pensieri che gli vorticavano in testa.

 

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Capitolo 9
*** Se il sintomo persiste consultare il medico ***


Se il sintomo persiste consultare il medico

 

Quando rientrò in casa, Jason era furibondo. I suoi occhi mandavano scintille e batteva il piede in terra come faceva quando avrebbe avuto voglia di rompere qualcosa. Rea seppe subito che sarebbero stati urli.

Non hai niente da dire?” le chiese l’uomo.

Sì, ho sonno e vado a dormire. Notte” provò lei, ma la fermò mettendosi in mezzo al corridoio.

Hai appena messo quel ragazzino in un pericolo che non puoi nemmeno immaginare! O santo cielo, sembri una bambina quando fai così!” gridò. Come volevasi dimostrare.

Papà, non gli ho chiesto io di seguirmi là fuori. Se non avessi seguito quella ragazzina non me lo sarei mai perdonato!” si scusò.

Ma perché portarti dietro la mia pistola? Senza dirmi nulla, per giunta!

Avrebbe potuto esserci qualche pericolo, come poi c’è stato, e io potevo averne bisogno!” spiegò.

Ma andiamo! Sei andata a cercartelo, il pericolo! Appena hai visto che qualcosa non andava mi dovevi chiamare e io sarei arrivato subito!

Sì, subito infatti. Con la macchina ci vogliono dieci minuti per arrivare alla discoteca, quella ragazza faceva in tempo a essere picchiata, uccisa, a sentirsi male e anche a vomitare anche lo stomaco se fosse stato colpa dell’alcool!

Non puoi sapere se davvero era ubriaca! Hai seguito qualcuno spinta solo da un brutto presentimento e hai rischiato di essere investita

Se hanno cercato di investirmi significa che non era solo ubriaca!

Jason sospirò rumorosamente, nervoso. La guardò disperato.

Rea, hai sparato in un luogo pubblico contro una macchina senza nemmeno un indizio!” disse cercando di calmarsi.

Papà il motivo per cui io sono andata in discoteca era di prendere informazioni, giusto? Di controllare che non succedesse niente di anormale. Ho solo fatto il mio dovere” gli ricordò.

E Fabio allora? Lui non fa parte del tuo dovere” la freddò. La ragazza rimase con la bocca spalancata, incapace di trovare qualcosa di intelligente da dire.

Mi ha solo accompagnato” sussurrò alla fine, imbarazzata.

Senti, domattina chiamo Bearne e ti togliamo da quell’istituto” decise l’uomo. Lei si rianimò.

No! Quella ragazza quasi sicuramente sarà nei guai, non puoi fermarmi adesso!” si ribellò.

Ma tesoro…

Niente ma! Fabio ha promesso che non dirà niente e io mi fido di lui! Sarò più attenta, lo giuro, ma non sollevarmi dal mio caso!” esclamò. Un secondo dopo si rese conto che le sue guance erano bagnate e che suo padre la stava guardando incredulo.

Tu nemmeno lo volevi, quest’incarico” le ricordò. Lei si asciugò gli occhi e scosse la testa.

Non importa, adesso voglio rimanere lì, invece” affermò convinta. Jason le prese il viso e la guardò negli occhi.

Se ti chiedessi il perché non me lo diresti, vero?” domandò.

Perché mi sto sentendo utile, per una volta” ammise a bassa voce. Lui comprese che era il momento di smettere di discutere e la lasciò andare.

Va bene, ne riparleremo domani, adesso va’ a dormire” decise.

Rea sussurrò un “buonanotte papà” e scomparve in cima alle scale. Solo quando fu veramente sola si mise a piangere.

 

Quando rientrò a scuola, il lunedì mattina, era arrivata ad un accordo con suo padre: lui non diceva niente a Bearne e lei cercava di essere più discreta possibile. Inoltre l’uomo le aveva consigliato di stare più lontana possibile da Fabio per evitare che lui potesse finire nei guai, così, una volta in classe, si mise al suo banco in silenzio senza salutare nessuno.

Quando il ragazzo la vide agitò una mano sorridente, ma lei lo ignorò, voltando la testa da un’altra parte. La campanella suonò prima che potesse avvicinarsi per chiederle spiegazioni, ma staccò un foglio dal quaderno e ci scrisse sopra una cosa.

Emma, passalo a Rea” sussurrò. La mora prese il pezzo di carta e lo fece scivolare sul banco della ragazza, che si stupì nel vedersi recare un messaggio.

Cos’è?” chiese.

Da Fabio” le rispose l’amica, semplicemente.

Il suo cuore prese a battere forte: poteva davvero riuscire a ignorarlo?

Buongiorno! Alla fine hai risolto con tuo padre? Mi spiace davvero per tutto, prometto di essere attento e di non dire niente a nessuno!

Velocemente rispose e lanciò il foglio appallottolato sul banco del ragazzo, con precisione geometrica.

Non importa, tanto tu ne rimarrai fuori. Anzi, sarebbe meglio non parlarsi, onde evitare problemi. Grazie per tutto, comunque, mi ha fatto piacere la tua compagnia sabato sera

Lui si girò con gli occhi sgranati, incredulo.

Ma sei seria?” chiese sottovoce. Lei annuì. Infuriato, lui scarabocchiò qualche parola sotto alla sua risposta e le rispedì il foglio.

Ne parliamo a pranzo, vieni con me e senza fare storie!

Rea alzò la testa e la scosse.

Non posso” mimò con le labbra.

Non era un invito, il mio” ribatté lui. Senza darle il tempo di dire altro si voltò verso la cattedra, facendo finta di interessarsi alla lezione.

 

Mandato messaggio a papà, cartella presa, giacchetto indossato: Rea era pronta. Jason aveva avuto qualche difficoltà nel crederle quando gli aveva detto che doveva rimanere a scuola per “sessione studio con il professore”, ma cos’altro poteva fare? Seguirla e spiarla? La ragazza si bloccò un attimo, assalita dal panico: in effetti avrebbe potuto farlo. Scosse la testa e si dette della stupida, seguendo il ragazzo.

Dove andiamo?” gli chiese.

Alla mia macchina, ti porto lontana da qui, dove non ci possono sentire” le rispose.

Tu hai la macchina?” esclamò lei, incredula. Lui la fissò senza capire.

Perché? Non ce l’hai anche tu?” le fece presente.

Sì, ma io… oh, papà io ti ammazzo” farfugliò.

Sorvolerò sul fatto che non ho capito” concesse Fabio.

Partirono in silenzio. Il viaggio durò una decina di minuti, nei quali Rea si chiese cos’avrebbe potuto dirgli: “Guarda il punto è che rischi di venire ucciso. Mica ti dispiace, vero?”.

Si fermarono in un parco e il ragazzo parcheggiò da una parte. Rimase fermo a guardare davanti a sé, poi si voltò all’improvviso.

Ti ascolto” le disse.

Lei lo fissò titubante.

Mi rendo conto che per te è un po’ strano, però ecco… io non me la sento di metterti nei casini per colpa di una mia distrazione. Ne ho parlato anche con papà e ho capito che tutto questo è troppo pericoloso per te. Non voglio che ti capiti niente, tutto qui” gli spiegò.

Capisco” sussurrò Fabio.

Rea aspettò che dicesse qualcosa, invece continuò a stare zitto e a fissare di fronte a sé.

Quindi vorresti farmi capire che non siamo più amici, giusto?” chiese il ragazzo.

No, non è questo, noi siamo amici, però… amici da lontano” rispose.

io non voglio un’amica da lontano, io voglio te come amica da vicino” si ribellò lui.

Sì, anche io ti vorrei essere amica, però capiscimi: tutta questa storia si sta incasinando sempre di più e io non so se mi ritroverò a dover affrontare dei criminali o no. Tu te la sentiresti di mettere in pericolo qualcuno per colpa di un po’ di egoismo? Io no

Fabio la fissò incredulo.

Egoismo? Non è egoismo, è che siamo amici e io conosco il tuo segreto! Volente o nolente io lo so e non posso fare finta di nulla, per cui la discussione finisce qui: tu continuerai ad essermi amica e basta!” esclamò.

Rea sentì il respiro accelerare e portò automaticamente una mano al petto per calmarsi.

Per favore non gridare” lo implorò.

Io invece grido quanto e come mi pare! Sei semplicemente assurda: prima mi chiedi di venire con te a cercare quella scema che urla contro un muro e poi, dopo, se io ti seguo per davvero, ti tiri indietro! Non è un comportamento normale!” le rispose.

La ragazza mise una mano nella cartella per cercare le pasticche ansiolitiche, ma capì non appena le toccò che la scatola era vuota. Iniziò a girarle la testa.

Per favore, parla con più calma” chiese ancora.

Non puoi dirmi anche come parlare quando sono arrabbiato!” ribatté lui.

La voce le si strozzò in gola quando provò a spiegargli come mai e cadde con la faccia sul cruscotto, incapace di reggersi seduta dritta.

Sentiva Fabio chiamarla ma non riusciva a dire niente: era bloccata nel suo stesso corpo. Panico.

 

Riaprì gli occhi poco dopo. Era di nuovo svenuta. Si sentiva una stupida: continuava a perdere i sensi nei posti meno adatti e questo non si addiceva al lavoro che voleva fare in futuro.

Stai meglio?” le domandò l’amico. Le aveva steso il sedile fino a farla mettere in posizione orizzontale, supina.

Sì, tutto ok. Sarà stato un calo di zuccheri” rispose, più tranquilla.

Scusami, non volevo farti così paura” disse il ragazzo sentendosi in colpa.

No, figurati. Ogni tanto mi capita di avere qualche problema di bassa pressione, è normale per me” gli assicurò.

Lui appoggiò la testa sul volante e sospirò.

Comunque ti chiedo scusa. Ho capito il tuo punto di vista e so che è giusto, me ne rendo conto, solo che… non mi va di non poterti parlare più” le spiegò. Rea sorrise dolcemente.

Solo fino a quando il caso non sarà chiuso, poi tutto tornerà come prima” lo consolò.

Ovvero tu te ne tornerai nella tua vecchia casa” la freddò. Lei rimase zitta per un secondo, poi scosse la testa.

No, non penso che capiterà. Io qua mi ci trovo bene

E poi sarebbe stupido cambiare di nuovo scuola prima degli esami di maturità” aggiunse l’amico. A quelle parole lei esitò.

Ecco, a questo proposito io…

Il suo cellulare squillò e lei si rimise seduta dritta.

Che strano, è il comandante Bearne. Non mi chiama mai, sarà successo qualcosa?” si chiese.

Rispose con le mani tremanti.

Sì?

Cinque minuti dopo la macchina di Fabio stava sfrecciando verso la stazione di polizia.

 

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Capitolo 10
*** Senso di colpa con contorno ***


Senso di colpa con contorno

 

Quando entrò di corsa nell’ufficio di suo padre, Rea non sapeva se sentirsi orgogliosa di sé stessa o tremendamente inutile.

Ah, eccoti qua. È stato un problema venire via da scuola?” le chiese l’uomo, dandole un bacio sulla testa.

No, figurati. Ho detto che mi sentivo poco bene e il professore mi ha lasciata andare” rispose colpevole. Lui la guardò poco convinto, alzando un sopracciglio, ma non ebbe il tempo di domandarle altro perché entrò il comandante, schiaffando con poca grazia una cartella gialla sul tavolo.

“Indovinate un po’ che denuncia ci è arrivata stamani” disse. Loro due si guardarono presagendo il peggio.

Di sparizione?” tentò lei.

“Un punto per la ragazzina impertinente. E indovinate chi è scomparso?” chiese.

Quando aprirono il fascicolo rimasero tutti e due con gli occhi spalancati e il fiato mozzato.

Lo sapevo, lo sapevo!” esclamò Rea vittoriosa.

Ma allora l’altra sera, quando è stata portata via…” sussurrò Jason, passandosi una mano sulla faccia.

“Esattamente, è stata rapita” confermò Bearne.

La ragazza che aveva urlato contro un muro, quella che poi loro avevano scoperto chiamarsi Mary entrando sul sito della scuola dove c’erano tutte le foto, era sparita. Allora aveva ragione a dire che qualcosa era successo!

Io ve l’avevo detto che non era normale nemmeno per un ubriaco che gridasse a una parete!

Ma allora come mai è stata rapita? E quel suo comportamento c’entrava qualcosa?” iniziò a chiedersi suo padre pensieroso.

Secondo me sì, anche se non saprei dirti cosa” rispose lei.

“E allora scoprilo! Il tuo compito, da adesso, è anche più difficile, Rea. Te la senti di continuare?” le chiese il comandante. Lei annuì sicura.

Certamente! Escludendo che quelli che l’hanno portata via hanno cercato di ammazzarmi e che quindi è diventata una questione personale, io adesso ho il dovere di venire a capo di questa faccenda, anche se ciò fosse pericoloso e difficile!” rispose.

Jason sobbalzò a quelle parole, iniziando a preoccuparsi. Forse non era stata una buona idea, quella di coinvolgerla nelle loro indagini. Se le fosse capitato qualcosa…

“Benissimo, allora avrai bisogno di proteggerti maggiormente. Probabilmente il guidatore dell’auto che ti ha quasi investita ha visto il tuo viso per cui potrebbe cercare di risalire a te, quindi tuo padre adesso ti porterà di sotto al poligono e ti darà una pistola con la quale allenarti e che poi terrai” decise Bearne.

Ma non credo che sia la cosa migliore da…

Va bene, capo! Andiamo papà, ho voglia di tirare di nuovo, mi manca tenere in mano un’arma mia” lo spronò Rea, tirandolo per una manica.

Titubante, l’uomo la seguì.

 

Quando aveva avuto la sua prima pistola aveva sedici anni. Suo padre era spesso fuori per lavoro e lei rimaneva a casa da sola, così avevano deciso in comune accordo di farle prendere un brevetto speciale per le armi da fuoco e di tenere una pistola di piccolo calibro in casa.

Dopo che la magnum era risultata poco idonea per la sicurezza l’avevano restituita e lei non aveva più sparato a nessuno. Almeno fino al sabato precedente.

Quando prese in mano la Revolver Colt con il tamburo percepì subito una specie di legame con essa, come se fosse una  protesi della sua mano. Infilò i proiettili negli appositi fori e li fece girare come nei migliori film western.

È divertente!” esclamò ridendo.

Si mise i paraorecchie e gli occhiali protettivi e fece partire il primo bersaglio.

Suo padre la guardava con apprensione: l’aveva tirata in quel guaio e ora lei ci si stava anche divertendo. Non era questo il piano originario, lei avrebbe dovuto solamente infiltrarsi nell’istituto, rubare le cartelle degli studenti morti dalla segreteria e tornare a casa. A quel punto la sua collaborazione sarebbe finita. Invece adesso si era complicato tutto quanto, a partire dal fatto che lei si trovava bene a scuola per arrivare alle sparizioni dei ragazzi e non potevano più scinderla dal patto, c’era troppo invischiata.

Si odiò per averla messa in pericolo.

Sono un po’ peggiorata” commentò Rea, richiamandolo alla realtà. Guardò il suo punteggio: 75% di precisione.

Ma se sei quasi perfetta!” ribatté lui, prendendo a sua volta una pistola e preparandosi.

Quattro anni fa facevo quasi il cento per cento” gli ricordò la ragazza, posando il revolver e osservando come sparava suo padre.

Jason si concentrò più che poteva ma mille pensieri gli si affollavano in testa, rendendogli quasi impossibile centrare il bersaglio.

Sei diventato proprio scarso, lo sai?” lo prese in giro lei, guardando il punteggio: 45% di precisione.

Sono solo stanco” rispose lui sospirando.

Vuoi andare a casa? Io prendo la pistola e me la porto dietro, mi alleno là” gli propose sua figlia sorridente. Sembrava così felice lì dentro, quasi come se fosse abituata a quell’ambiente, come se gli appartenesse. Ma in fondo era normale: aveva vissuto nella stazione di polizia da quando aveva sette anni, cos’altro poteva pretendere?

Andiamo, dai, guido io. Ah, a proposito di guida: tu ed io dobbiamo fare un discorso sulla macchina e sul tuo concetto di i ragazzi della tua età non portano la macchina a scuola, visto che i miei compagni ce l’hanno l’auto e ci vanno al liceo” gli disse.

Non l’ascoltava più, ma non importava.

 

Quando furono in casa lei si eclissò in palestra, dove c’era un piccolo bersaglio che usavano come poligono domestico, mentre lui andò al piano di sopra.

Entrò in camera e si buttò sul letto, mettendosi una mano sulla testa. Era distrutto, decisamente.

Non ce la faceva più a sopportare lo stress e il nervosismo causati dalla partecipazione di sua figlia a un caso della polizia.

Il telefono squillò e lo distolse dai suoi pensieri, facendolo sobbalzare.

L’uomo rispose piuttosto scocciato.

Bearne se sei tu sappi che Rea è giù ad allenarsi, non farmi una ramanzina perché siamo tornati a casa” ci fu del silenzio dall’altra parte della cornetta che lo fecero preoccupare.

Bearne?” lo chiamò.

Mi dispiace, non pensavo che avrei disturbato a chiamare. Avevo bisogno di parlare con Rea ma credo di aver capito che è occupata, vero? chiese una voce femminile. Jason scattò a sedere.

Emma? Oddio, mi dispiace! Pensavo che fosse… ehm, qualcun altro” si affrettò a dire.

Si figuri, non importa. Allora Rea non può venire al telefono? domandò ancora.

Se aspetti un secondo vado a chiamarla, è in… palestra” rispose.

Non mi muoverò da qui promise la ragazza. L’uomo scese le scale di corsa, arrivando nella stanza degli allenamenti. Il rumore degli spari rimbombava ovunque, assordandolo.

Ehi! Tesoro?” chiamò, ma sua figlia non rispose occupata com’era a divertirsi con il bersaglio.

REA!” urlò. Lei sobbalzò e abbassò il revolver, guardandolo incuriosita.

Dimmi papà” disse.

C’è Emma al telefono, chiede di te. Le dico che non puoi rispondere oppure vieni su?” domandò. Lei guardò il tamburo della pistola.

Ho ancora due proiettili, dille che arrivo” gli ordinò.

Nel frattempo che faccio?

Intrattienila! Sei sempre stato bravo a parlare, non ti sarà difficile

L’uomo sospirò e tornò al primo piano. Cosa si dice a una diciottenne?

Emma?

Sono ancora qui

Rea arriva subito, sta finendo una serie” le disse.

Ok, allora continuerò ad aspettare

Rimasero zitti in imbarazzo. Anche tramite la cornetta del telefono era palpabile che si sentivano entrambi in difficoltà.

Senta se vuole richiamo dopo propose la mora.

No, figurati, penso che non le ci vorrà molto

Ma è occupata a fare ginnastica?

Qualcosa di simile, sì

Capisco. E… ecco, lei cosa stava facendo? domandò timidamente.

I-io? Mi stavo per mettere a leggere qualcosa” rispose confuso.

Tu?” s’informò poi.

Studio per la maturità. Mi devo impegnare a fondo per passare bene, altrimenti non entrerò all’università spiegò lei.

A cosa aspiri ad entrare?

Medicina!

Beh, ti auguro di riuscirci allora

Grazie, signor Simon

In quel momento arrivò Rea, che gli strappò di mano la cornetta e se la portò in camera. Jason comprese come mai aveva esplicitamente chiesto di comprare un cordless.

Si stese nuovamente sul letto e cadde in un sonno profondo e senza sogni.

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Capitolo 11
*** Sono testualmente sottosopra ***


Sono testualmente sottosopra

 

Quando arrivò a scuola Rea fu subito circondata da Emma e Laura, che la guardarono con gli occhi luccicanti. Lei si spaventò.

Che c’è?” domandò titubante.

Abbiamo saputo qualcosa” iniziò la bionda maliziosa.

Infatti. Un uccellino ci ha detto del tuo appuntamento” specificò l’altra.

Del mio che?” esclamò lei, arrossendo.

Della festa a cui sei andata con Fabio!” rispose. La ragazza abbassò gli occhi sul banco imbarazzata.

Non era un appuntamento” precisò.

Eravate soli?” chiese Laura.

Sì, ma…

Eravate tutti e due preparati, lavati e belli profumati?” domandò Emma.

Sì, però…

Allora era un appuntamento!” esclamarono insieme. Rea sbuffò, sentendosi come un animale da circo.

No, non lo era” negò.

Oh, andiamo! Se lui ti piace che male c’è?” la interrogò la bionda.

Non mi piace, siamo solo amici!

Le ragazze si guardarono divertite.

Le migliori storie d’amore iniziano così” la informarono.

La campanella suonò e loro si sedettero lasciandola ai suoi pensieri. “Non mi piace!” si ripeté poco convinta.

 

Tesoro, io esco. Bearne ha trovato una pista per un caso di droga e oggi devo andare a fare un sopralluogo, mi raccomando tu chiudi tutto e non far entrare nessuno che non consoci” si raccomandò Jason prima di salutarla.

Certo papà, come sempre negli ultimi tredici anni. Tra i due sei tu quello che deve stare attento, oggi, i trafficanti di droga sono pericolosi” rispose dandogli un bacio sulla guancia.

L’uomo sorrise.

Starò bene, come sempre negli ultimi tredici anni” promise.

Chiuse la porta di casa e mise in moto la macchina, lasciando Rea in casa da sola. Ogni volta che suo padre aveva un’irruzione in programma lei si sentiva ansiosa e preoccupata. Le era rimasto solo lui e se fosse andato qualcosa storto… no! Non voleva nemmeno pensarci!

Scosse la testa per allontanare i pensieri negativi e andò in camera, accendendo il computer. Dalla sera della discoteca le era venuto un dubbio che voleva togliersi.

La discoteca le fece venire in mente Fabio e ciò la fece arrossire. Non era stato un appuntamento, il loro! No, no e poi no!

Maledizione!” esclamò, dando un pugno a un cuscino. Quel ragazzo la stava davvero mandando fuori di testa.

Sbuffò e si sedette, cercando di far concentrare la sua testa su altro. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene.

Entrò su Google e iniziò a digitare parole a caso, senza sapere bene come impostare la sua ricerca, poi i suoi occhi unirono le parole che leggeva, risvegliando il suo interesse.

Si alzò da lì felice e motivata: forse poteva far vedere al mondo che poteva riuscire a venire a capo di un caso da sola.

Si mise a saltellare per la stanza, cercando il modo di sfogare tutta quella euforia.

Alla fine prese la pistola e andò in palestra.

 

Il suo cellulare squillò in un momento piuttosto critico, ma pensando che potesse essere suo padre rispose comunque.

Sì?

Rea, ciao! Volevo chiederti come stai, dopo che ti ho portato in centrale non ci siamo più parlatila ragazza allontanò la cornetta dal telefono e la guardò stupita, come se quella potesse dargli una spiegazione a quella telefonata.

Fabio?” chiese incredula.

Sì, sono io. Ti disturbo? si preoccupò.

Oh, no, figurati. Sono sottosopra e basta” rispose lei. Dall’altro lato del telefono ci fu silenzio.

Anche io ammise il ragazzo imbarazzato. Lei guardò le sue gambe attaccate al quadro svedese sopra la sua testa e rise.

Pensavo di essere l’unica a penzolarsi dalle sbarre di legno” disse.

Come scusa?

Sì, a penzolarsi… no aspetta: ma a cosa ti stavi riferendo tu?” chiese improvvisamente confusa.

No, semmai a cosa ti stavi riferendo tu?

Al fatto che sto facendo degli esercizi al quadro svedese. Erano anni che non tornavo a fare ginnastica e visti gli ultimi avvenimenti ho pensato che potesse essere salutare ricominciare” spiegò.

Ah, il quadro svedese, certo ripeté Fabio deluso.

Che cosa avevi capito, scusa?

No, io… niente, lascia perdere. Torniamo al motivo per cui ti ho chiamato: come va la vita? Cos’era successo in centrale per aver bisogno di te così repentinamente?

Te la ricordi quella ragazza di sabato sera?

La matta che urlava ai muri?

Sì, lei. Il mattino dopo io e papà abbiamo cercato negli archivi della scuola su internet se frequentava l’istituto ed è venuto fuori che si chiamava Mary e che aveva sedici anni” spiegò.

Ho una certa paura a chiederti come mai stai usando il passato per parlare di lei

Perché è scomparsa. Da sabato sera nessuno l’ha più vista” rispose.

Le rispose un silenzio tombale.

Ci sei?

Più o meno. Sono un po’ sotto shock

Io l’avevo detto che quella ragazza era sospetta, ma nessuno ha voluto ascoltarmi!

Percepisco una nota d’orgoglio nelle tue parole o sbaglio?

Sono solo felice di non aver sbagliato

Non gongolarti però. Mi sembra piuttosto tetro essere felici perché qualcuno è scomparso

Non gongolo!

Come vuoi, hai ragione tu. Senti per quel discorso del non essere più amici io…

Dimenticatelo. Io e te siamo amici, no? Ormai sono a scuola da qualche settimana e sei l’unico con cui ho legato davvero, non voglio perdere questa relazione. Basterà stare attenti” lo fermò.

Davvero? chiese lui speranzoso.

Sì. Papà pensa che sia pericoloso vederci, quindi saremo discreti: parleremo a scuola e ogni tanto ci vedremo fuori. In qualche modo faremo” assicurò.

Rea, questo mi rende felice ammise Fabio. La ragazza arrossì e sorrise.

Ok, adesso torno ai miei esercizi. Ho il sangue alla testa e dopo devo uscire con papà, quindi devo anche farmi la doccia” esclamò, dissimulando l’imbarazzo. Era diventata brava a recitare, osservò.

Va bene, un’ultima cosa: io prima non stavo parlando di una sbarra le rispose lui.

Prima quando? Ehi? Ha attaccato” disse la ragazza tristemente.

Fece altri due addominali a testa in giù, notando la fatica che faceva, poi scese. Era fuori forma e tutti i chili che aveva messo su in quegli anni di fermo non la aiutavano. Obbiettivo da raggiungere nel minor tempo possibile: perdere peso.

Sbuffò e andò in bagno per farsi la doccia, togliendosi i vestiti sudati e riflettendo. A che sbarra si riferiva Fabio?

Oh, no, figurati. Sono sottosopra e basta” “Anche io” “Pensavo di essere l’unica a penzolarsi dalle sbarre di legno” “Alle sbarre di legno?

L’acqua calda le entrò in bocca quando la spalancò per lo stupore. No, probabilmente stava parlando di altro, non era possibile che si riferisse a quello.

Sputò l’acqua in terra e si pulì la faccia dal sapone, cercando di tornare con i piedi per terra. Fantasie come quelle erano proibite a un’aspirante poliziotta come lei, soprattutto visto che stava per mettersi contro a persone terribilmente pericolose.

Si passò una mano sulla faccia come era solito fare suo padre e sospirò. Ora era davvero sottosopra.

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Capitolo 12
*** Lieve complicazione tecnica in casa Simon ***


Lieve complicazione tecnica in casa Simon

 

Per tutto il mese di aprile sia Rea che suo padre furono impegnati a raccogliere indizi e testimonianze per arrivare a capo di tutta quella faccenda, ma senza risultati concreti. Dopo la sparizione di Mary nessun altro ragazzo aveva contratto la malattia strana che ne aveva colpiti diciotto né qualche studente era stato rapito, quindi risultava anche difficile cercare di seguire una pista.

Sono bravi, vero?” commentò un pomeriggio lei, stiracchiandosi. Erano in ufficio da due ore che studiavano per l’ennesima volta i sintomi del virus, senza arrivare a niente.

Chi?

Quelli dell’organizzazione che ha fatto fuori tanti studenti. Dopo che si sono resi conto che qualcuno li stava osservando si sono calmati, così che non potessimo rintracciarli. Io non so più che fare” spiegò arrendendosi. Si alzò per sgranchirsi le gambe e fece due passi nella stanza.

Sai che sei molto dimagrita? Hai ripreso a fare sport?” le chiese suo padre guardandola con orgoglio.

Sì, mi è sembrata la cosa più logica da fare. Se dovessi entrare in azione e tu non fossi con me avrei bisogno di essere in perfetta forma fisica, no?” rispose sorridente.

Ehi, aspetta un attimo. Tu non dovrai fare proprio niente! Sei nel caso solo perché eri l’unica che potevamo infiltrare a scuola ma non puoi indagare per conto tuo!” la riprese l’uomo. Rea sbuffò e guardò in alto.

Papà non iniziamo di nuovo, va bene? Sai già come la penso: se c’è da agire agirò, che a te l’idea piaccia o meno!” ribatté.

Non costringermi a sollevarti dal caso, signorina” la minacciò lui. Lei lo fronteggiò a testa alta, sfidandolo.

Cosa vorresti che facessi, eh? Mi sembra di parlare a un bambino, giuro! Mi hai voluta come aiutante? Hai insistito tanto? Bene, sappi che io mi sto divertendo a fare questo lavoro e mi piace! Incredibilmente ho scoperto che mi soddisfa indagare sotto copertura, mi diverto a sparare e lo sforzo fisico non è così terribile come pensavo e ho anche già deciso che farò il corso di addestramento per diventare poliziotto, anche senza il tuo consenso!” lo informò. Jason rimase stupito da quel comportamento e strinse la macella.

Cosa diavolo stai farneticando?” chiese. Rea distolse lo sguardo imbarazzata.

Il tuo lavoro mi piace, mi è sempre piaciuto. Quando da piccola venivo con te in ufficio era divertente vedere come ti impegnavi, quanto eri utile alla società e, soprattutto, mi piaceva il rapporto con la squadra che avevi intorno. Non ho mai potuto aiutarti in modo particolare, lo sai: ero troppo debole psicologicamente anche solo per andare a scuola. Adesso, però, ho capito che questo lavoro fa per me e non me lo porterai via!” spiegò sicura di sé.

Rea, stai parlando così solo perché adesso ti sei fissata con quest’idea, ma sono convinto che entro un mese cambierai idea, come solito, quindi non fare discorsi senza senso e torniamo a lavorare” la freddò Jason. Si morse la lingua un attimo dopo, capendo che aveva appena detto una cosa che non avrebbe dovuto.

Guardò il viso di sua figlia cambiare e le lacrime bagnarle gli occhi e si sentì un verme per aver parlato senza pensare.

N-no, io non intendevo che…

Vai al diavolo, papà” gli disse lei, uscendo dalla stanza.

Si mise a correre quanto più poteva verso casa.

 

Se le ricordava tutte, le volte che aveva cambiato idea.

Nello sport, nella scuola, nelle scelte di vita… non era mai stata abbastanza coerente con sé stessa per prendere una decisione e portarla avanti con convinzione. Mai. E per questo si era sentita spesso inutile e stupida, come se fosse rimasta bambina per tutto quel tempo.

Ma cosa poteva farci? Da quando era morta sua madre non aveva fatto altro che passare da un dottore a un altro per controllare che i suoi crolli psicologici non la danneggiassero troppo. Fino a dieci anni aveva addirittura preso pillole ansiolitiche ogni giorno per evitare di avere attacchi di panico devastanti e poi dopo, quando aveva smesso di assumere il medicinale, si sentiva talmente impaurita nel lasciare suo padre ogni giorno per andare a scuola che aveva deciso di studiare a casa. Le superiori le aveva frequentate da autodidatta, per poi dare l’esame di maturità con un anno di anticipo rispetto al previsto.

Però tutto questo non l’aveva aiutata a capire cosa voleva dalla vita. Proprio per colpa della sua paura del mondo non si era mai arrischiata a mettersi obbiettivi a lungo termine, le bastava essere a casa quando suo padre tornava dal lavoro e poterlo aiutare se possibile. Era tutta la sua famiglia, non poteva permettersi di perderlo.

Si fermò senza fiato sul ciglio della strada, stravolta e disperata. Non se le meritava, quelle parole, non erano giuste. Lo sapeva, ciò che voleva, e forse l’aveva sempre saputo: essergli accanto più che poteva.

Una macchina le accostò vicino e il finestrino si abbassò.

Serve aiuto?

 

Jason corse fuori dalla centrale con l’intento di trovare sua figlia e chiederle scusa, ma aveva fatto passare fin troppo tempo prima di decidersi a rincorrerla: era già scomparsa tra le strade della città.

Maledizione!” esclamò, infuriato con sé stesso. Dette un pugno ad un palo della luce, facendosi male alla mano, ma non ci badò. Il dolore era il suo ultimo problema al momento.

Aveva parlato senza riflettere e l’aveva ferita: un padre peggiore non esisteva sulla faccia della terra, ne era certo. Lo sapeva che Rea si era sempre sentita triste e inutile, sapeva lo sforzo che faceva nell’essere allegra e dinamica ogni giorno e, nonostante questo, aveva dovuto sparare la prima idiozia che gli passava per la testa e farle male.

Però non riusciva ad accettare il fatto che lei volesse seguire le sue orme: non era tutto semplice come poteva pensare, fare il poliziotto significava anche sacrificio e impegno oltre che divertimento. Lui lo sapeva bene.

Quando era morta sua moglie aveva fatto in modo che sua figlia non rimanesse mai sola: conosceva il dolore causato dalla perdita di un genitore e conosceva soprattutto le conseguenze psicologiche che comportava, così si era ripromesso di non farle mai mancare la sua figura accanto. C’era stato quando gli attacchi di panico non la facevano dormire la notte e gli incubi la facevano gridare anche alle due del mattino; c’era stato quando aveva deciso di smettere di frequentare la scuola pubblica per iniziare a studiare da sola; c’era stato quando aveva preso la patente, aiutandola con la pratica nel percorso alla centrale. E ci sarebbe stato adesso, quando voleva diventare poliziotto, anche se quella sua decisione lo faceva stare in pensiero. Se era il suo sogno lui doveva sostenerla e basta.

Signor Simon, tutto bene?” gli chiese qualcuno. Jason si voltò e si trovò faccia a faccia con Emma, che lo guardava curiosa.

Sì, io sto… sto bene” rispose poco convinto. La ragazza vide che aveva le nocche della mano rosse e graffiate e si spaventò.

Ma che ha fatto? Venga, la devo medicare!” esclamò. Si vedeva che avrebbe fatto il medico.

No, figurati, non è nulla” disse lui, cercando di dissimulare il dolore che stava arrivando tutto insieme. Fece una smorfia e lei comprese che stava mentendo, così lo prese per un polso.

Abito qua vicino, ho il mio kit del pronto soccorso in camera, mi segua” ordinò perentoria. L’uomo non ebbe nemmeno la forza di rifiutare tanto si sentiva triste.

 

Grazie per il passaggio, te ne sono grata” disse Rea. Si torceva le mani nervosamente e guardava un punto indefinito fuori dal finestrino.

Figurati, lo sai che quando hai bisogno puoi contare su di me” le rispose Fabio.

Sì, lo so” confermò lei.

Il ragazzo la fissò apprensivo, poi le mise una mano sulle sue per farla smettere con quel movimento assurdo.

Mi stai facendo venire l’ansia!” la sgridò divertito. La ragazza lo guardò, poi fece una piccola risata.

Scusami

Figurati

Rimasero in quella posizione per un paio di secondi, poi lei sospirò.

Forse è meglio se me ne vado, non vorrei che papà tornasse e si arrabbiasse ancora. Non che mi interessi, visto ciò che è successo, però evito volentieri una scenata perché non mi sono allontanata da te” decise aprendo la portiera.

Fabio scese a sua volta e la raggiunse dall’altro lato della macchina, fermandola prima che sparisse dentro casa.

Senti, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare voglio che tu mi chiami, ok?” domandò. Rea sorrise e annuì.

Sei un amico prezioso, te l’ho mai detto?” confessò. Lui arrossì e l’abbracciò di slancio, lasciandola senza parole.

Mi raccomando, dopo fammi sapere com’è andata” si raccomandò.

Te lo prometto” rispose lei.

Continuò a salutarlo finché non fu sparito dietro la curva, poi aprì la porta ed entrò nello spazioso ingresso di casa sua. Salì le scale stancamente, lanciando il giacchetto sulla ringhiera.

Era sfinita.

Quando arrivò in camera spense il cellulare e lo buttò sul comodino, accendendo lo stereo per fare in modo che i pensieri fossero sovrastati dalla musica.

Si accasciò sul letto e si mise di nuovo a piangere.

 

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Capitolo 13
*** Gigantesco sbaglio ***


Gigantesco sbaglio

 

Jason entrò in casa Stevens quasi senza accorgersene. Era ancora troppo scosso e triste per ragionare lucidamente e non notò nemmeno che la ragazza era scomparsa in bagno per prendere il suo kit da pronto soccorso e lo aveva lasciato solo. Litigare con Rea era sempre stato un motivo di depressione per lui, nonostante fosse capitato pochissime volte in tredici anni.

Venga, si sieda qui, devo tenere la ferita ferma per fasciarla” disse Emma, accompagnandolo al tavolo in cucina e facendolo accomodare.

Ok, forse questo le farà un po’ male” lo avvertì. Gli prese la mano e se la mise sulle gambe, toccando lievemente il punto in cui c’erano i graffi. A quel contatto l’uomo sobbalzò dal dolore.

Io l’avevo avvertita

No, tranquilla è tutto a posto” minimizzò lui, sentendo un bruciore lungo tutto il dorso della mano.

Se mi devo fermare me lo dica, va bene?” si raccomandò la mora.

Lo terrò a mente” promise Jason sorridendo.

Quando il disinfettante cadde sulla ferita lui strinse i denti per non lamentarsi: in fin dei conti l’aveva colpito volutamente, quel palo della luce. Certo, ora se ne pentiva, ma del senno di poi son piene le fosse.

Dovette riconoscere, comunque, che Emma era davvero brava a medicarlo: le sue dita si muovevano leggere, stringendo la fasciatura quanto bastava perché stesse ferma ma senza che la circolazione fosse fermata, come invece capitava quando a medicarti era un’infermiera annoiata del dipartimento di polizia. Ce n’era una che una volta lo aveva stretto talmente tanto che aveva dovuto tagliare le bende, per riuscire a toglierle.

“Posso chiedere come ha fatto a farsi male alle nocche? Sembra che abbia preso a pugni un muro!” chiese la ragazza.

Sì, qualcosa del genere” rispose lui.

No, non ci credo” rifiutò lei. Jason alzò un sopracciglio e la guardò.

Ma dice sul serio? E perché mai ha fatto una cosa del genere? Era ubriaco?” domandò. L’uomo rise, divertito da quell’affermazione, e scosse la testa.

No, non bevo mai non mi piace l’alcool

E allora cos’è successo? Problemi al lavoro?” continuò ad indagare la ragazza.

Penso di poterti rispondere di sì

Il capo è un mostro, eh? La capisco, anche un paio di nostri professori sono così, li ucciderei se potessi!” disse Emma.

Problemi nello studio?” gli chiese lui, davvero interessato.

Sì, siamo troppo stressati per colpa degli esami. Rea non è in ansia in vista della maturità? Ormai mancano solo due mesi, a scuola non fanno che ricordarcelo!” spiegò. Fece un piccolo nodo alla fascia e prese la retina per bloccarla per bene.

Rea? Ah, no, lei non è mai stata particolarmente stressata per la scuola, ha sempre… ehm, studiato in modo diligente e costruttivo” le rispose.

La mora aggiustò la retina e sorrise soddisfatta.

Ecco fatto, medicazione finita. Le ho fatto male?” domandò apprensiva. Jason si guardò la mano, perfettamente fasciata, e scosse la testa.

No, affatto. Parlare mi ha distratto dal dolore” la rassicurò.

Ne sono felice” sorrise lei.

Si guardarono per un attimo, poi la ragazza si alzò.

Vuole qualcosa da bere? Analcolico, naturalmente” gli propose.

Solo un bicchiere d’acqua, grazie

Emma si avvicinò al mobile con i bicchieri e si allungò a prenderne uno.

Comunque ancora non ho capito una cosa. Ma lei che lavoro fa?” gli chiese.

Sono un… un… aiutante della società” rispose l’uomo, cercando di non mentire troppo.

Un aiutante della società? Cioè?

Io lavoro per il bene della società” spiegò.

Come gli spazzini o i vigili?

Più o meno

Ho capito

Gli passò l’acqua e si prese un succo di frutto all’ACE per sé, bevendo direttamente dal brik.

Rimasero in silenzio, in imbarazzo.

Quando deve andare lo dica, la accompagno alla macchina” esordì infine Emma.

No, figurati, non ce n’è bisogno. Ho parcheggiato a due passi da qui” rifiutò Jason. Lei si rabbuiò.

Ma io lo facevo volentieri” ammise tristemente. L’uomo sentì un moto di felicità colpirlo al cuore, ma lo ignorò.

Non mi va di darti più disturbo di quanto non stia già facendo. Hai detto che ti devi impegnare nello studio e ti sto già portando via un sacco di tempo “ le spiegò cercando di consolarla.

Ah, se è per questo non importa: oggi non avevo voglia di stare sui libri, è una giornata troppo bella fuori” ribatté la ragazza, illuminandosi di nuovo. Jason comprese che non l’avrebbe fatta desistere, così sorrise leggermente.

Allora mi farebbe molto piacere se mi accompagnassi” le disse.

Guardò l’orologio per vedere che ore erano e se fosse il caso di tornare a casa: magari Rea si era un po’ tranquillizzata.

E, aggiungerei, mi farebbe piacere se mi accompagnassi ora. È meglio se rientro, ho paura che mia figlia altrimenti si arrabbi” annunciò, sospirando. Si alzò, stando attento a non battere la mano fasciata al tavolo, e la guardò.

Deve proprio andare via così presto?” chiese Emma, tristemente.

Temo di sì” rispose lui.

Va bene, vado a prendere la borsa, mi aspetti qui” gli disse, uscendo dalla cucina e sparendo nel corridoio.

L’uomo rifletté un attimo, poi si affacciò alla porta.

Ehi, senti mi faresti un favore?” le domandò.

Mi dica pure!” concesse lei, urlando dalla camera.

Puoi darmi del tu? Mi fai sentire vecchio e non ho nemmeno quarant’anni!” le spiegò ridendo. Lei riapparve sorridendo.

Davvero? Quanti anni hai?” s’informò curiosa.

Quanti me ne dai?” la interrogò. Lei ci pensò un po’, guardandolo.

Trentacinque” decise infine.

Sbagliato di poco. Trentasei” la corresse.

Uscirono in strada e si misero a camminare fianco a fianco.

Ma è diventato genitore prestissimo! A soli diciassette anni!” esclamò lei, colpita.

Già. Mia moglie era più grande di me di due anni quando è rimasta incinta e io ho potuto finire la scuola e poi mettermi a lavorare” le raccontò.

Capisco

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, sorridendo come due scemi. Quando arrivarono alla macchina Jason si appoggiò alla carrozzeria e incrociò le braccia, guardandola.

Questa è la mia” annunciò.

Ah” rispose Emma, tristemente.

Vuoi che ti riporti verso casa?

Non è una cosa un po’ stupida?

A te importa qualcosa se lo è?

In effetti no. D’accordo, accetto volentieri il passaggio” decise lei, salendo al posto del passeggero.

Lui mise in moto e fece retromarcia, facendo bella mostra dei muscoli quando si tese indietro per controllare che non passasse nessuno. Emma deglutì in imbarazzo.

Sai che forse era davvero una cosa stupida?” osservò l’uomo quando, meno di un minuto dopo, erano tornati al punto di partenza.

Io l’avevo detto” lo prese in giro lei.

Comunque adesso è davvero il momento di salutarci” le fece presente Jason, indicando la sua casa.

Mi sa di sì. Grazie per avermi fatto fare pratica con la sua ferita” disse la ragazza.

Con la tua ferita” la corresse lui.

Sì, giusto, scusa. Con la tua ferita

Comunque grazie a te che mi hai medicato senza farmi sentire dolore” ricambiò l’uomo.

Sicuro? Posso guardarla di nuovo se vuoi” propose lei. Quello rise e le avvicinò la mano alla faccia.

Vedi? Nessun dolore, va tutto bene” disse. Emma lo guardò sorridendo.

Sì, vedo” rispose.

Per un istante i loro sguardi si incrociarono e senza volerlo Jason le mise la mano sulla guancia, accarezzandola.

Già, tutto bene” ripeté.

Rimasero in silenzio e lui avvicinò i loro visi.

Tutto bene” disse per la terza volta.

Quando sfiorò con le labbra la sua bocca sentì  una scarica elettrica passargli per la spina dorsale e il cuore iniziò a battere così forte da fargli quasi male.

Stava baciando una diciottenne. Non ci poteva quasi credere.

Rimasero attaccati per un tempo infinito, poi il buonsenso tornò improvvisamente al suo posto e lui la allontanò di scatto.

M-mi dispiace, io…” balbettò confuso. Emma rimase zitta, sotto shock.

Forse è meglio se vai” le suggerì, accendendo la macchina. Lei annuì e aprì la portiera, sempre rimanendo in silenzio.

Ciao, e scusa ancora” ripeté.

Partì velocemente, con il cuore a mille e la testa annebbiata: aveva baciato un’amica di Rea! Era sicuramente impazzito, niente da dire.

Arrivato a casa rimase in auto per un pezzo, con la testa afflosciata sulle mani: quello era stato davvero un grosso errore.

 

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Capitolo 14
*** Non c'è dialogo ***


Non c’è dialogo

 

Rea si era addormentata alla fine. Aveva pianto talmente tanto che i suoi occhi si erano chiusi da soli.

Alzò la testa e si guardò intorno, confusa: quanto tempo era passato? Suo padre era tornato?

Scese dal letto e si stiracchiò, cercando di capire quanto era ancora arrabbiata nei suoi confronti. Un po’ sì, ma molto meno di qualche ora prima.

Spense la musica e si affacciò alla finestra per vedere se la Mercedes era parcheggiata nel vialetto.

Papà!” lo chiamò quando vide l’auto. Notò che l’uomo era ancora dentro, segno che era arrivato da poco, e che aveva alzato la testa nel sentirla.

Gli fece segno di entrare in casa, ma lui sembrava confuso.

Decise di andare a prenderlo direttamente fuori e si infilò le scarpe al volo, correndo per le scale. Odiava litigare con suo padre, quindi era meglio risolvere subito, no?

Bentornato” lo salutò, cercando di sorridere il più calorosamente possibile.

Ciao” ricambiò lui, scendendo di macchina. Aveva gli occhi vacui.

Senti, possiamo parlare?” gli domandò la ragazza piuttosto tesa.

Scusami, adesso non me la sento, è stata una giornataccia. Vado a riposarmi un po’” le rispose Jason, superandola ed entrando in casa quasi senza vederla.

Rea rimase a bocca spalancata, incredula: non solo l’aveva ferita in maniera quasi irreparabile ma adesso faceva anche finta di niente. Non se lo sarebbe mai aspettato da lui.

Decise di aspettare senza dire altro. Prima o poi le avrebbe parlato, no?

 

No. La risposta era stata no e lei aveva accettato malvolentieri la cosa. Erano passati ormai quattro giorni da quando avevano litigato ma suo padre non accennava ad uscire dal suo stato di pseudo trance in cui era caduto.

La mattina non la salutava quando andava a scuola e il pomeriggio non andava più a prenderla quando usciva. Aveva iniziato a portare la macchina da sola, tanto aveva notato che anche i suoi compagni lo facevano, però quella soluzione non le andava bene per niente. Rivoleva il su vecchio papà, quello che rideva e scherzava, non quello che si muoveva per casa e al lavoro come fosse uno zombie.

Un pomeriggio si ritrovò a parlare di quel suo stato d’animo con Fabio. Erano usciti per prendere un gelato insieme, tanto sicuramente Jason non si sarebbe accorto di niente.

Secondo me dovresti dirglielo” le consigliò il ragazzo, sedendosi su una panchina.

Ci ho provato, ma non mi ascolta! Mi sembra di parlare col muro!” rispose lei esasperata.

Magari ha qualche problema che non riesce a risolvere. Gli hai mai detto che se ha bisogno tu ci sei?” le domandò lui.

Lo sa già!

Perché lo dai per scontato o perché gliel’hai detto tu?

La ragazza strinse le labbra contrariata.

Lo davo per scontato” ammise a bassa voce.

Prova a dirglielo, allora. In questo modo saprà che ci sei e che non è solo” le disse. Lei sbuffò.

Odio quando hai ragione” confessò. L’amico rise e le dette una piccola spinta.

Ma io ho sempre ragione” le fece presene.

Non ti allargare troppo, ragazzino. Porta rispetto agli anziani” disse Rea, ridendo.

Anziani? Tu ed io abbiamo la stessa età!” esclamò Fabio. Lei si schiarì la voce imbarazzata.

Ecco, a questo proposito io volevo dirti una cosa già da un po’. Io sono più grande di un anno” confessò alla fine.

Rispetto a chi?” chiese lui.

Rispetto a voi tutti. Tempo fa abbiamo parlato del fatto che io dovrei dare la maturità con voi, però io ho il diploma già da due anni. Ho finito le superiori con dodici mesi di anticipo” spiegò arrossendo. Il ragazzo sorrise: gli piaceva quando le sue guance si coloravano di rosso.

Anche io ho vent’anni, sai?” disse infine.  Lei alzò la testa stupita.

Cosa? Com’è possibile? Sei ripetente?!” domandò.

No, non ripetente. Essere ripetente significherebbe che ho dovuto fare due volte una cosa, mentre io, semplicemente, ho avuto dei problemi e ho perso un anno” rispose.

Che genere di problemi?” indagò lei, continuando a mangiare il gelato.

Sono stato in coma per sei mesi

Rea rimase a bocca aperta, incredula.

Stai scherzando?

Affatto

Per quale motivo sei entrato in coma?” chiese la ragazza. Fabio accartocciò il tovagliolo che era rimasto alla fine del cono e guardò davanti a sé.

Perché sono uno stupido, ecco perché. È successo durante l’estate della mia prima superiore: i miei mi avevano regalato un motorino per congratularsi di come avevo passato gli esami, con la raccomandazione di guidare con prudenza e attenzione. Te la farò molto breve: il motorino era stato truccato da me e da un mio amico affinché potesse andare fino a novantacinque chilometri all’ora e io, andando a velocità massima, ho preso male una curva e mi sono schiantato contro un albero. I medici mi avevano dato per spacciato, pensa un po’” le raccontò.

Rea era rimasta con il gelato in mano che colava e gli occhi sgranati a fissarlo.

Caspita, devi avere un corpo molto forte” osservò. Lui le sorrise.

Te l’ho sempre detto che io sono grande e vaccinato e che non ti devi preoccupare per me” le ricordò divertito. La ragazza rise e distolse lo sguardo, posandolo sul muretto di cemento che c’era lì vicino.

Se il tuo vuole essere un rimprovero perché non voglio che tu mi aiuti con le indagini, sappi che non attacca. Mettere in pericolo qualcuno è la cosa più stupida che potrei fare: il solo fatto che sono diventata tua amica nonostante il mio buonsenso e papà mi stessero dicendo di fare il contrario ti dovrebbe far capire che razza di immatura e irresponsabile io sia” gli disse.

Devo essere sincero: a meno che tu non mi avessi respinto a chiare lettere dicendomi che non volevi assolutamente avere nessun rapporto con me perché io non ti piacevo, non avrei mai rinunciato a diventarti almeno amico” le confessò serio. Lei lo guardò di sbieco.

Volevi diventare mio amico?” gli domandò col cure che batteva forte. Fabio annuì.

Mi facevi tenerezza e volevo esserti d’aiuto, o almeno all’inizio era così. Poi, dopo che hai iniziato a far uscire fuori il tuo vero carattere e che ti sei dimostrata una ragazza forte e di spirito mi sono sentito sempre più attratto dalla tua personalità” ammise. Rea deglutì a stento.

Attratto… da me?” chiese. Il ragazzo arrossì e si schiarì la voce.

Come amica, si capisce” chiarì.

Oh, certo come… amica” ripeté lei, abbastanza delusa.

Il gelato che aveva in mano si sciolse, cadendo sui suoi jeans puliti e facendola sobbalzare.

Oh no!” esclamò, cercando di togliere la macchia. Lui rise e la prese in giro.

Sei un’imbranata!” le disse.

Maledizione, non ho detto a papà che uscivo e lui sa che io non mangio mai il gelato da sola! Quando arrivo a casa mi ammazza!” si disperò.

Si alzarono entrambi per tornare alla macchina, continuando a parlare tra di loro.

Fammi sapere se succede qualcosa, ok?” si raccomandò lui.

Ok!” rispose lei, mettendo in moto.

 

Era riuscita a rientrare prima di suo padre. Corse in camera e si mise un paio di pantaloni della tuta, poi prese in mano i jeans sporchi e andò nella stanza della lavatrice.

Quando fu per le scale trovò Jason che saliva lentamente i gradini e si bloccò col cuore a mille.

C-ciao” lo salutò titubante.

Ciao” ricambiò lui, sorpassandola senza notare il suo comportamento.

Rea si stupì: di solito quando lei nascondeva qualcosa suo padre lo notava subito e deduceva cos’era successo.

Mise i pantaloni a lavare e poi si appoggiò al banco da stiro, pensierosa: quella situazione era diventata insopportabile. Decise di tentare il tutto e per tutto e andò nella camera da letto dell’uomo.

Ti disturbo?” gli chiese prima di entrare. Lui era sdraiato sul materasso con un braccio sul viso. Annuì.

Ero venuta solo per dirti che oggi sono uscita con Fabio di nascosto e che gli ho detto tutto quanto sull’indagine. Inoltre, non ho mai smesso di essergli amica, l’ho semplicemente incontrato senza dirtelo” confessò tutto d’un fiato.

Brava” le rispose senza ascoltarla. Brava. Brava. Brava…

Papà, vai al diavolo” gridò Rea, triste e ferita. Si sentiva presa in giro, tremendamente sola e inutile. Jason alzò la testa e la guardò, vedendola davvero per la prima volta da cinque giorni. E vide una cosa che non gli piacque affatto: sua figlia piangeva. Piangeva disperata.

Ehi, tesoro che succede?” gli chiese preoccupato. La ragazza rise amaramente e si voltò verso la porta.

Sei un cretino, papà, e non mi interessa cosa ti sia successo perché tanto sarebbe inutile anche solo chiederti di parlarmene: non me lo diresti! Non sei più tu e io questo papà qui lo odio! Chiamami quando sarai tornato a essere te stesso, ti va?” gli rispose.

Ma Rea…

Sta’ zitto” lo bloccò lei, uscendo da lì quasi correndo.

Si chiuse in camera sua piangendo e recuperò le pillole dal cassetto del comodino, prendendone tre tutte insieme.

La stanchezza non tardò ad arrivare e lei se lo aspettava: erano medicine che come controindicazione davano sonnolenza e mal di testa, ma le aveva prese apposta.

Si rese conto che ne era diventata quasi schiava, però non le importò niente al momento.

Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, sperando che, quando si fosse svegliata, tutto il suo mondo fosse tornato allo status quo.

 

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Capitolo 15
*** Un paio di indizi qua e là ***


Un paio di indizi qua e là

 

A scuola Rea era silenziosa e apatica da qualche giorno, ormai, e Fabio iniziò a preoccuparsi. Non riusciva a tirarla su di morale in alcun modo né ad esserle d’aiuto e si sentiva inutile.

Le scale mobili sono chiuse” esclamò un giorno, avvicinandosi a lei durante la ricreazione. La ragazza, sorpresa, alzò la testa dal banco e distolse lo sguardo dalla finestra.

Cosa?” chiese, confusa.

Non lo so, era una frase come un’altra, cercavo solo di attirare la tua attenzione” le spiegò lui, facendo spallucce. Per la prima volta da quando erano andati a prende il gelato lei sorrise.

Grazie” gli disse.

Il ragazzo arrossì e la guardò per la prima volta davvero: la sua faccia era orrenda. Aveva gli occhi rossi e le occhiaie scure, come se non dormisse da un po’, e era pallidissima.

Senti, ma tu la notte ti riposi?” le domandò preoccupato.

Per quanto riesco sì, anche se non riesco a dormire tranquillamente. Mi sveglio mille volte e al mattino sono comunque tanto stanca

Non avrai preso qualche malanno? Influenza stagionale o qualcosa di simile?” ipotizzò l’amico. Le mise una mano sulla fronte per sentire se era calda, ma quel contatto, per qualche strana ragione, fece arrossire Rea, che scosse la testa e si allontanò imbarazzata.

Io non mi ammalo mai!” esclamò, coprendosi la fronte per evitare che lui la toccasse di nuovo.

Fabio la guardò senza capire, poi sorrise.

Se lo dici tu allora mi fido

Lei distolse lo sguardo, sentendo il cuore battere forte. Abbassò le braccia e le appoggiò al banco.

Però tutti questi problemi con papà… il fatto che lui non voglia parlarmi… l’indagine che non procede… io… i-io…

Le lacrime sgorgarono prima che potesse fermarle e si ritrovò a singhiozzare disperata.

Io non ce la faccio più” ammise. Il ragazzo rimase stupito da quell’esternazione di fragilità, lei aveva sempre cercato di nascondersi dietro a una corazza piuttosto che far vedere se soffriva e quanto soffriva.

Non capisco perché papà mi odi, non riesco ad essere utile nella risoluzione del caso, non sono in grado nemmeno di stare lontana da voi tutti per salvarvi la vita! Sono così debole e inutile!” confessò, coprendosi il viso con le mani. Si vergognava ma non riusciva a smettere di piangere.

No, non è vero che sei debole e inutile. Dai, lo so che non sopporti i moti affettivi, ma fatti abbracciare” la consolò Fabio. Lei si gettò tra le sue braccia, stringendo la camicia della divisa.

Aiutami, ti prego” lo implorò. Lui sorrise e le accarezzò i capelli.

Cercherò di fare il possibile” promise.

 

Quando il telefono squillò in casa Simon, Rea quasi scivolò nei vestiti che stava per mettere in lavatrice, allungando una mano per afferrare il cordless che aveva appoggiato sulla tavola da stiro.

Pro… maledetta tinozza! Pronto?” rispose.

Rea? Te la stai prendendo con degli oggetti inanimati? chiese Fabio dall’altro capo.

No, sono loro che se la prendono con me!” ribatté lei.

Allora tutto ha più senso

Invece di sfottere dimmi che c’è. Sono impegnata in una discussione seria con la biancheria sporca” intimò, calciando la tinozza con rabbia.

Non mi soffermerò sulla tua ultima affermazione, promesso. Comunque, ti ho chiamata per chiederti se hai voglia di venire con me a fare un giro le spiegò, ridendo sotto ai baffi.

Dove vorresti andare? Non mi va il gelato

Mi credi così scontato da portarti due volte di seguito a prendere il gelato? No, ho trovato qualcosa di meglio le disse.

Rea guardò il corridoio vuoto della sua casa: quel posto era diventato una prigione vera e propria da quando aveva litigato con suo padre. Praticamente l’uomo era rimasto in ufficio da allora.

Dove ci troviamo?

 

Quando arrivò davanti al liceo la ragazza si tolse gli occhiali da sole e si guardò intorno. Non le pareva che ci fosse niente di strano, nonostante Fabio le avesse detto il contrario.

Lo vide arrivare di corsa e si appoggiò alla macchina con le braccia incrociate.

Sei in ritardo” gli disse. Lui si appoggiò sulle gambe per un secondo, poi alzò la testa e la guardò sorridente.

Mi perdonerai, fidati” le assicurò. La ragazza lo guardò confusa.

Posso chiederti che cosa stai macchinando oppure andiamo avanti a indovinelli per i prossimi due giorni?” domandò.

Dobbiamo solo aspettare qua” rispose lui.

Fermi in questa posizione? È un po’ scomodo, in effetti” considerò Rea.

Ti ricordi che ti avevo promesso di aiutarti?” chiese Fabio, ignorandola completamente.

Sì, me ne ricordo” ammise lei, arrossendo al pensiero.

Sappi che io mantengo sempre le mie promesse! Ieri mattina, mentre uscivamo da scuola, ho visto che Antonio stava parlando in modo concitato e sospetto con un ragazzo di quarta che aveva lo sguardo piuttosto vacuo. Lo scuoteva e il suo tono di voce sembrava piuttosto arrabbiato” le raccontò. Sorrise soddisfatto.

Li ho spiati un po’, origliando cosa dicevano, e indovina chi sta arrivando per incontrarsi e discutere di un affare spigoloso, parole sue

Rea non riuscì ad aprire la bocca per rispondere perché il bidello era apparso alla fine della strada, camminando a passo di marcia. Il suo sguardo non presagiva niente di buono.

Il ragazzo la tirò dietro la macchina, abbassandosi per coprirli.

Poi dimmi che non ti faccio mai i favori” le sussurrò.

Rea gli fece una linguaccia e sorrise.

Diciamo che pagherò col sistema del baratto, va bene?” ribatté. Lui annuì felice.

Guarda che l’hai detto eh” le disse.

In quel momento un ragazzo basso e tarchiato apparve da dietro l’edificio, con gli occhi spiritati e le mani che tremavano.

Siamo sicuri che stia bene?” chiese Rea, preoccupata.

Zitta, ci sentono!

Antonio il bidello si avvicinò allo studente, camminando con il suo solito passo legnoso e la sua figura alta e magra. Sembrava un palo della luce con i piedi, considerò la ragazza, trattenendo una risata.

Cosa dicono?” domandò, cercando di sporgersi per sentire.

Non li sento, ma di sicuro non parlano di shopping” rispose il ragazzo. In effetti i toni della discussione erano parecchio accesi, si vedeva anche da lontano: l’uomo era diventato paonazzo e si sbracciava come un matto, sbraitando a bassa voce, mentre il ragazzino sembrava che quasi non lo sentisse e che guardasse davanti a sé, perso nel vuoto.

Alla fine Antonio gli dette uno schiaffo e Fabio e Rea trattennero il respiro, spaventati. Lo studente non parve minimante scosso.

“Se scopro di nuovo una cosa del genere non rispondo di me, capito?” gridò il bidello, andandosene infuriato.

Passarono un bel po’ di minuti prima che i due riuscissero ad alzarsi da dietro la macchina e a parlare.

L’ha… minacciato?” domandò lui, incredulo.

Penso di sì” rispose lei, controllando che anche l’altro se ne fosse andato.

Cavolo, bella storia!” esclamò Fabio, esultando.

Meno male che sei felice, io sono solo più confusa” disse Rea, sospirando e salendo in auto. Lo guardò.

Vuoi un passaggio?” gli chiese. Il ragazzo aprì lo sportello e si mise a sedere.

Direi di sì

Mentre faceva retromarcia ed usciva dal parcheggio, entrambi rimasero zitti, pensierosi. Alla fine fu lui a rompere il silenzio.

Giuro, non credevo che sarebbe andata a finire così” disse. Lei strinse il volante e scosse la testa.

Aspetta, sto iniziando a ricordare” esordì. Aveva la sensazione di dover fissare qualcosa in mente per collegare le informazioni di quel pomeriggio.

La mattina che papà venne a scuola a parlare col preside vidi che Antonio stava discutendo con una ragazzina. E… e…” si stava sforzando fino al limite, ma proprio non riusciva a capire.

Accostò la macchina al lato della strada e si mise una mano sulla testa.

Maledizione, sono sicura che ci sia di più” esclamò.

Ma cosa stai cercando di ricordare?” le chiese Fabio.

Non deconcentrarmi, zitto!” gli ordinò lei, continuando a battersi la mano sulla fronte.

Quella ragazzina aveva qualcosa… qualcosa…

Oh, ma certo! Quella che gridava al muro, la scolara scomparsa! Mary! Quella mattina Antonio stava discutendo con Mary di qualcosa e quando io mi sono avvicinata lei se n’è andata impaurita, con lo sguardo colpevole!” esultò. Fabio sobbalzò, sorpreso: non si aspettava quel grido.

Mi hai spaventato!” si lamentò.

Quando ho seguito Mary l’ho fatto perché inconsciamente me la ricordavo! Antonio è la chiave! Lui sicuramente sa qualcosa!” gli disse, ignorando completamente il suo lamento.

Il ragazzo sorrise nel vederla così soddisfatta di sé e la guardò rapito.

Probabilmente dietro c’è una storia illegale o di droga o… o…” la ragazza si voltò e lo vide fissarla. Arrossì e si bloccò.

C-che c’è?” domandò imbarazzata.

Niente, sono solo felice del fatto che sei di nuovo viva. Mi ero preoccupato molto l’altro giorno” le rispose.

Rea distolse lo sguardo e sorrise.

Sì, lo so. Penso sia merito tuo, giusto?” dedusse.

Esattamente e mi devi qualcosa” le ricordò.

Ah, giusto. Hai già un’idea o devo aspettare un paio di giorni? Non penso di avere molti soldi a disposizioni per comparti qualcosa ma…

Le parole le morirono in gola quando si ritrovò le labbra di Fabio a due centimetri dalle sue.

No, stai tranquilla, non importa” le sussurrò.

La baciò delicatamente, tanto che Rea quasi non lo sentì. Il cuore le stava scoppiando in petto, le mani le tremavano e aveva voglia di piangere. Non le era mai capitato che un bacio fosse così intenso.

Quando lui si staccò la ragazza non ebbe nemmeno il tempo di aprire gli occhi che la portiera della macchina si era già aperta, facendo entrare l’aria fresca e soleggiata di inizio maggio.

No, non… tu… dove…?” balbettò lei.

Non voglio che si rovini qualcosa con le parole sulla tua indagine, mi voglio ricordare questa giornata così. Ci vediamo domani!” le spiegò, sorridendo e andandosene.

Prima di riuscire a guidare di nuovo lucidamente Rea dovette respirare cinquanta volte e mettersi una mano sul cuore per rallentare il battito.

Alla fine tornò a casa, sicura che niente avrebbe potuto rovinarle la giornata.

 

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Capitolo 16
*** Problemi all’orizzonte ***


Problemi all’orizzonte

 

 

Emma aveva resistito all’impulso di chiamare Jason per tutto quel tempo, capendo da sola che avrebbe fatto peggio ad avvicinarsi piuttosto che a stargli lontana.

Però soffriva, tremendamente.

Era sbagliato innamorarsi di un adulto, soprattutto se quell’adulto era il padre di una tua amica. Si era messa a passeggiare per strada con le mani in tasca, cercando di pensare a qualcos’altro. Agli esami, in particolare.

Tanto è inutile” si disse, calciando un sasso.

Lo fece rotolare per un po’, obbligandosi a non pensare più a Jason. Però quelle labbra e quelle mani forti che l’avevano accarezzata con tanta dolcezza… no, proprio non riusciva a toglierselo dalla testa.

Si mise una mano sugli occhi, tentando di non piangere.

Alla fine si fermò, incapace di proseguire.

Non ce la faccio più” sussurrò disperata.

Problemi?” domandò una voce dietro di lei. La ragazza abbassò la testa imbarazzata e la scosse prepotentemente.

No, niente, io… oh!” sobbalzò quando si ritrovò davanti Jason. Sorrideva tristemente.

Pare che non riesca ad evitarti” ammise. Lei cercava dentro di sé qualcosa da dire, ma non riusciva a trovare niente che non risultasse patetico.

Si guardarono per un po’, impacciati.

Ti va di fare due passi? Vorrei parlarti” le propose l’uomo.

Sì, va bene” accettò lei.

Con le mani in tasca, Jason la precedette.

Il silenzio sceso tra di loro era pesante e ricco di tensione ed entrambi volevano rompere quella barriera che si era creata senza che riuscissero a impedirlo, ma non ne erano capaci. Riuscivano solo a rendere tutto più difficile con la loro paura.

Alla fine Jason sospirò e si bloccò.

Così non va” disse.

Che c’è? Ho fatto qualcosa io?” domandò Emma, impaurita. Lui rise lievemente.

No, figurati, tutto questo casino l’ho fatto io” le rispose.

Prese un bel respiro e la guardò.

Hai da fare? Se vieni da me risolviamo la questione nel modo meno doloroso per tutti

 

Mezz’ora dopo erano davanti ad una tazza di tè fumante, tesi e intirizziti ma comunque abbastanza sicuri che una volta usciti da lì sarebbero tutta quella situazione sarebbe cambiata.

Mi dispiace” disse infine lui. Se lo teneva dentro da quando l’aveva baciata ed era giusto tirare fuori tutto, adesso.

Mi dispiace. Non volevo baciarti quel pomeriggio io… cioè, no, non dovevo baciarti, perché se non avessi voluto non l’avrei fatto e non… insomma…” le parole adesso gli venivano fuori tutte insieme, però.

Quando si rese conto di star parlando a sproposito si bloccò, con la voce ancora in gola.

Cosa si poteva dire di preciso in una situazione simile? Ciò che stava dicendo era stupido e insensato, parole che messe in fila non creavano una frase che aveva anche solo lontanamente un senso nemmeno se ad ascoltarle era un ubriaco.

Ok, aspetta” le disse, mettendo una mano davanti alla faccia e riflettendo.

Ciò che cerco di dire… io volevo…

Lo so” lo interruppe Emma, guardando il tavolo per paura di alzare gli occhi.

Come?” chiese Jason, senza capire.

So che cosa vuoi dire, lo so da quel pomeriggio. È stato bello, vero? Parlo del bacio e di quel pomeriggio passato assieme. I-io mi sono tanto divertita, sai? Come non mi capitava da un pezzo, ormai. Tra gli esami, i problemi con gli amici e tutte le scemenze che mi danno qualche preoccupazione, stare con te è stato divertente e salutare. Prometto che non dirò niente a Rea, né ti disturberò. Sono stata brava negli ultimi giorni, no? Non ho chiamato mai ed ho resistito alla tentazione di venire qui!” esclamò.

Le tremavano le mani ma non cedette al pianto.

E poi farò in modo di non passare più davanti alla centrale, visto che anche tu passi di lì e se non mi vuoi vedere ti capisco” concluse.

Jason era rimasto in silenzio, incapace di parlare. Non ci riusciva, semplicemente: dire una cosa del tutto diversa da ciò che si prova è tremendamente difficile.

Emma attese con gli occhi chiusi.

No” esclamò l’uomo alla fine. Il suo tono di voce era stato stranamente fermo e sicuro, nonostante dentro si sentisse debole e impaurito.

Eh?” chiese lei.

Ho detto di no” ripeté lui. Batté le mani sul tavolo e si alzò a testa bassa.

M-mi dispiace, non volevo disturbarti, io non…

Non mi interessa. Io non ce la faccio, non sono così forte da decidere di starti lontano, perché io voglio conoscerti. È sbagliato. È stupido. È masochista. È autolesionista. È irresponsabile. È egoista. Però non ce la faccio proprio” disse.

La ragazza non sapeva come prendere quelle parole: le stava dicendo che voleva uscire con lei? O che voleva smettere di parlarle? Cosa voleva da lei di preciso?

Inoltre, Rea mi odierà. Odierà il fatto che mi sono invaghito di una sua amica dopo averla vista due volte e mezzo, odierà il fatto che ci esco insieme, odierà me e te” aggiunse.

Tanto, sono ormai dei giorni che non mi parla più, penso che peggio di così non potrebbe andare” considerò.

Alzò la testa e la guardò, tremando.

Però tu… in qualche modo… per qualche motivo inspiegabile… con chissà quali dinamiche… mi piaci, tutto qui” confessò.

Si sentiva un cretino bello e buono: stava parlando con una diciannovenne, sant’iddio, che cosa gli prendeva?

Si rese conto di ciò che aveva detto solo un paio di secondi dopo e si allontanò dal tavolino imbarazzato.

Emma rimase in silenzio, confusa. Cosa poteva rispondere?

Io voglio bene a Rea” esordì.

Le voglio davvero bene” confermò. Lo prese per un braccio e lo fece voltare.

Però anche tu mi piaci!” esclamò.

E voglio conoscerti meglio!” aggiunse.

Si fissarono per un po’, senza sapere cos’altro dire. Alla fine si baciarono.

 

Quando Rea entrò in casa camminava a tre metri da terra. Era felice, era allegra, era orgogliosa, era soddisfatta, era… era semplicemente innamorata, considerò. Arrossì a quel pensiero ma continuò a sorridere.

Sono a casa!” annunciò, buttando sul divano il giacchetto e togliendosi le scarpe.

Suo padre si affacciò dalla cucina, rosso in volto e col fiatone.

Ciao” la salutò. Nemmeno lui e tutta la rabbia che provava nei suoi confronti riuscirono a scalfire il suo buonumore.

Vado in camera!” disse la ragazza, salendo gli scalini a due a due. Voleva mettere per iscritto ciò che aveva visto quel pomeriggio e poi voleva mandare un messaggio a Fabio.

Quando fu nella sua stanza si rese conto che aveva lasciato il cellulare nel giacchetto e sbuffò. “Non ho voglia di scendere” pensò stancamente.

Le alternative erano non mandare il messaggio o chiamare suo padre. “Nessuna delle due” decise.

Tornò di nuovo al piano di sotto e andò direttamente al divano.

Si bloccò nel trovarsi davanti una Emma imbarazzata.

Ehi, che ci fai tu qui?” domandò confusa. La mora sobbalzò e si mise a balbettare un paio di parole senza senso.

Ti doveva portare degli appunti scolastici” s’inserì suo padre, arrivando con un vassoio di pasticcini.

Appunti?” ripeté Rea. Non ricordava di aver chiesto niente a nessuno.

S-sì, di… matematica” affermò l’ospite, prendendo un quaderno dalla sua borsa.

Ma te li avevo chiesti io? Non me lo ricordo” chiese lei, riflettendo.

N-no, non me li avevi chiesti, ma io passavo di qui e mi sono ricordata che l’altro giorno parlavi con Fabio del fatto che non capisci matematica e ho pensato di portarteli” spiegò.

Ah, grazie” disse la ragazza. Prese il quaderno con un po’ di titubanza, sentendo che c’era qualcosa che non tornava.

D-di niente” rispose l’amica.

Scese un silenzio teso, che Rea non riusciva a capire.

Alla fine si schiarì la gola e sorrise.

Io ho da fare, mi spiace non poterti intrattenere di più. Con permesso” la salutò.

Oh, figurati, me ne vado anche io” ribatté Emma, alzandosi.

Papà, pensaci tu ok? Ciao” disse la ragazza, correndo al piano di sopra.

Sicuramente le era sfuggito qualche particolare ma non importava: adesso voleva solo mandare un messaggio a Fabio e poi buttare giù un riassunto di ciò che aveva scoperto durante l’indagine negli ultimi due mesi.

 

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Capitolo 17
*** Bomba ad orologeria ***


Bomba ad orologeria

 

Non ci crederai mai!” esordì una mattina Rea, arrivando in classe di corsa. Fabio alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e la fissò.

Tuo padre ti ha chiesto scusa?” provò ad indovinare, vedendola così euforica. Lei si rabbuiò.

I miracoli non accadono, mi spiace” rispose.

Ok, non ti intristire però. Che è successo, quindi?

La ragazza tornò ad essere sovraeccitata e abbassò la voce, avvicinandosi a lui.

Ti ricordi quel ragazzo che abbiamo visto parlare con Antonio?” gli chiese.

Sì ed ho l’impressione che questa conversazione non finirà bene” annuì l’amico, sospirando.

Pare che sia sparito sabato sera, dopo essere uscito per andare ad una festa” gli spiegò. Si sentiva un po’ in colpa nell’essere così emozionata perché uno studente (un ulteriore studente) era sparito, però questo significava che poteva arrivare alla cima della piramide e trovare il colpevole.

Perché mi sembri felice che questo sia successo?” le domandò Fabio, guardandola male. Lei arrossì.

Non sono felice, solo che… quando l’ho saputo ho capito che c’è un elemento di collegamento tra questa sparizione e quella di Mary” ribatté.

Un elemento di collegamento?

Sì, qualcosa che li accomuna. Prima di scomparire entrambi hanno parlato con Antonio, il bidello, e in entrambi i casi sembravano assenti e privi di qualsiasi presa sulla realtà” spiegò.

Aspetta, non ho capito il secondo punto. Che vuol dire che non avevano presa sulla realtà?

Ok, vediamo di farti capire cosa sto dicendo. Quando abbiamo trovato Mary, questa presentava una forma di alienamento molto avanzata, non rendendosi conto di ciò che le succedeva intorno e del fatto che stava gridando contro un muro. Ci sei fin qui?” gli chiese. Lui annuì.

Ora, l’altro giorno, quando quel ragazzo stava parlando con Antonio i suo occhi erano vacui e anche quando lui l’ha schiaffeggiato non si è minimamente scosso. Non aveva il senso di quello che stava capitando, probabilmente per lui avrebbero anche potuto essere in Uruguay, non se ne sarebbe accorto” spiegò. Fabio ci pensò un attimo, poi si illuminò.

Erano stati drogati!” esclamò. Rea gli fece cenno di abbassare la voce e si guardò intorno.

Non gridare, ci sentiranno!” gli disse.

Scusa, hai ragione

Comunque è la stessa conclusione a cui sono arrivata anche io: probabilmente erano drogati quando li abbiamo visti noi, il che significa solamente che il bidello c’entra qualcosa, sicuramente!” confermò la ragazza. Le brillavano gli occhi, notò lui, e sembrava davvero felice.

Allora ti darò una mano” decise. Lei rimase un attimo ferma, incredula.

Sei drogato anche tu?” gli chiese, controllandogli gli occhi per vedere se le pupille avevano una dimensione normale.

Ma no! Che domande idiote! Semplicemente non ti lascerò andare da sola” le rispose.

Pensa un po’, io non ti farò venire con me” ribatté Rea, incrociando le braccia.

Potremmo andare avanti con questa discussione all’infinito e, dato che nessuno dei due rinuncerà, penso che sarebbe inutile, quindi cambiamo discorso” decise Fabio.

Che cosa? Tu sei proprio un…

Lui la baciò per zittirla, sorridendo divertito.

Un idiota? Uno scemo? Un cosa?” le chiese. La ragazza arrossì imbarazzata e si sedette al suo posto, guardandolo male.

Un cretino” sussurrò, vedendo che la professoressa stava entrando in classe.

 

Laura aveva notato già da qualche tempo che suo fratello e la nuova arrivata stavano sempre insieme a parlare da una parte, però non ci aveva dato quasi mai peso. Almeno fino a quella mattina, quando sentì che lui gridava “Erano stati drogati!”. Era sobbalzata, col cuore a mille, e li aveva guardati.

Non le piacevano affatto, decisamente no.

Quando uscirono da scuola si avvicinò sorridente a Rea.

Ciao” la salutò.

Ciao” ricambiò la ragazza.

Come va la scuola? Ormai è da un po’ che non parliamo, con tutto questo studio non ne abbiamo mai avuto il tempo” le disse.

Mi sono ambientata bene e devo dire che i nostri compagni sono tutti molto simpatici e disponibili” rispose, ricambiando il sorriso. Con lei doveva continuare a fare la recita della ragazza simpatica, dolce e timida.

Mi fa piacere. Ti andrebbe di venire a una festa sabato sera? Ci andiamo sia io che Emma e ho pensato che magari avresti voluto venire anche tu” le propose la bionda. Lei scosse la testa.

No, meglio di no. Ho tanto da studiare e non credo sia il caso di andare a fare baldoria, ma grazie per il pensiero” rifiutò, aprendo la macchina.

Ora scusami, ma devo tornare a casa, papà mi aspetta. Ci vediamo!” la salutò, salendo e mettendo in moto.

Laura la guardò andare via e la sua espressione mutò subito, dal sorriso alla smorfia in un secondo. Stupidissimo bidello che non riusciva a tenere la bocca chiusa, ci avrebbe scommesso quanto voleva che era tutta colpa sua.

Decise di prendere provvedimenti.

 

Emma, nel frattempo, non faceva che stare attaccata al cellulare, con il quale sentiva Jason. Dato che mentre lavorava non si potevano chiamare, avevano deciso di mandarsi dei messaggi.

Non riusciva a fare a meno di pensarlo e di desiderare con tutta sé stessa di poterlo rivedere prima possibile, ma sapeva anche che ciò era davvero molto poco possibile: se Rea li avesse scoperti sarebbe scoppiato un putiferio.

Si era arresa, quindi, all’idea che si sarebbero rivisti solo quando lei avesse avuto una scusa per andare dalla ragazza a studiare, ma inaspettatamente l’uomo le mandò un messaggio con l’invito ad uscire sabato sera. Sempre se non hai niente da fare specificava alla fine dell’sms. Lei quasi non riusciva a crederci e si mise a gridare di gioia sul letto, calciando il libro di matematica sul quale stava facendo finta di studiare.

La sua risposta arrivò veloce e precisa. Dammi un orario e ci sarò

 

Stai uscendo?” chiese Rea, stupita. Suo padre si stava preparando di tutto punto, con completo di camicia nera, jeans scuri, profumo e capelli pettinati e aggiustati.

Sì, una cena di lavoro” rispose lui, arrossendo.

Da quando alla polizia fate le cene?” indagò la ragazza. Ultimamente era sicura che suo padre le nascondesse molte cose, anche se non avrebbe saputo dire cosa.

Da quando Bearne ha voglia di bistecca e sua moglie non gliela cucina” spiegò Jason, ridendo.

Allora è plausibile

Non avevano più affrontato l’argomento “Rea-vuole-diventare-un-poliziotto” né, in realtà, nessun altro argomento: erano diventati due estranei che convivevano.

Senti papà, quando torni possiamo parlare?” domandò lei, tristemente. L’uomo vide la sua espressione nello specchio e sorrise.

Risolveremo tutto, tesoro, sta’ tranquilla” le promise, dandole un bacio sulla testa.

Lei si rianimò a quel gesto di affetto.

Allora ti lascio preparare. Divertiti e non fare tardi, mi raccomando” lo salutò, andando nella sua camera.

Lui la guardò sparire in corridoio e sospirò: si stava rivelando stressante nasconderle di Emma. Forse avrebbe potuto provare a dirglielo, pensò. O forse no, suggerì la parte di lui che non era andata in ferie con gli altri neuroni.

Scosse la testa e tornò ad aggiustarsi la giacca, capendo che quella situazione era una bomba ad orologeria, pronta a scoppiare in ogni momento.

 

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Capitolo 18
*** Mi fai compagnia? ***


Mi fai compagnia?

 

Rea sospirò e lesse per l’ennesima volta il riassunto che aveva fatto della situazione. Dodici ragazzi morti, sei finiti in ospedale, tre rapiti e un bidello quanto mai sospetto. Bel quadro.

Si stiracchiò annoiata e invidiò la cena di suo padre. Forse entro qualche anno Bearne avrebbe invitato anche lei ad andare con loro, quando la sua appartenenza alla polizia fosse stata assicurata.

Senza dirlo a Jason aveva preso dei moduli da riempire per iscriversi ai corsi base per diventare poliziotta; li aveva nascosti dentro un cassetto nel comodino e ogni tanto li guardava sognante. Già si immaginava mentre lavorava come suo padre ad un caso, risolvendolo con maestria e ricevendo gli applausi dell’ufficio. Sì, quella era decisamente la vita che voleva vivere.

L’unico problema era che non voleva ancora prendere nessuna decisione senza prima aver risolto quella situazione con lui. Le faceva male sapere che nessuno dei due aveva ancora fatto un passo verso l’altro, per questo aveva chiesto di parlare quando fosse rientrato. Se non si decideva a muoversi rischiava che quel problema non venisse mai superato, quindi niente orgoglio e facciamo la prima mossa, si era detta.

Si alzò dalla sedia girevole, allontanandosi dal computer, e si stropicciò gli occhi.

Voglio fare qualcosa!” si lamentò.

Prese il telefono e guardò l’ora: le nove e mezzo. Era prestissimo per essere sabato.

Cosa le aveva detto Laura? C’era una festa da qualche parte, giusto? Magari faceva ancora in tempo ad andarci.

Cercò in rubrica se aveva il numero della ragazza, ma si ricordò quasi subito di non averglielo mai chiesto. Le uniche persone di cui aveva il cellulare erano Emma e Fabio.

Premette l’invio di chiamata.

 

Pronto?

Pronto, ciao Emma, sono Rea! Ti disturbo?

N-no, dimmi pure

Volevo sapere… ecco, in verità è una cosa imbarazzante

Hai bisogno nello studio?

No, no, niente del genere! Solo che Laura oggi mi ha detto che sareste andate ad una festa stasera e volevo sapere se ero ancora invitata

…….

Emma?

Io non so di nessuna festa. A me Laura ha detto che doveva studiare, così io sto facendo… ehm… altro

Ah. Forse ho capito male io, allora. D’accordo, fa’ niente, scusa il disturbo

Figurati, non ti preoccupare. Buona serata

Anche a te

 

Rea attaccò e rimase un paio di minuti col telefono in mano, leggermente confusa. Perché mai Laura avrebbe dovuto invitarla ad una festa dove aveva detto esserci anche Emma se poi la festa non esisteva ed Emma stava “facendo altro”? Non aveva nessun senso e forse, proprio per questo, avrebbe dovuto infischiarsene. Invece il suo sesto senso si era messo in moto, facendola diventare sospettosa e terribilmente agitata. Forse Laura nascondeva qualcosa? Ma allora lei cosa c’entrava?

Si sdraiò sul letto con un braccio sulla fronte e rifletté. Certo, non era una ragazza che attirava molto l’attenzione: in quelle settimane aveva notato che teneva sempre un basso profilo, parlava con tutti e sorrideva con tutti ma poi non usciva mai con nessuno. Anche quelle poche volte in cui lei si era trovata a studiare con Emma, escludendo il pomeriggio dell’incidente con l’albero, aveva sempre gentilmente rifiutato il suo invito con una scusa.

Sgranò gli occhi, colpita dal pensiero che aveva appena avuto: non poteva essere, sicuramente si stava sbagliando.

Il cellulare squillò, facendola sobbalzare.

Pronto?” rispose.

Salve, qui parla un ragazzo che si annoia e che sta cercando qualcosa da fare. Chi è lì?

Rea rise di cuore.

Ciao Fabio, che ti serve?

Uffa, e io che speravo che tu non capissi chi era. Che stai facendo?

Niente, sono sdraiata sul letto che rifletto un po’ sui nuovi indizi che sono venuti fuori. Tu?

Niente, sono sdraiato sul letto che rifletto un po’ su di te

La ragazza ringraziò che lui non potesse vederla perché arrossì violentemente.

Non dire certe cose” lo sgridò. Lui rise.

Perché? È vero. senti visto che siamo entrambi soli ti va se ci vediamo? le propose. Lei guardò tutte le scartoffie che aveva sulla scrivania e sospirò.

Io devo rimanere in casa ad aspettare papà” rispose. Seguì del silenzio dall’altra parte della cornetta.

Però se vuoi vieni a farmi compagnia” lo invitò.

 

Fabio arrivò a casa sua dieci minuti dopo, annunciato da un lungo suono di clacson. Rea lo stava aspettando sulla porta, con le braccia incrociate e un sorriso divertito sul viso.

Benvenuto” lo accolse, aprendogli il passaggio.

Che simpatica signora di casa” commentò lui, ridendo.

Che vuoi farci, è una dote naturale. Sono una padrona meravigliosa, così meravigliosa che abbiamo anche lo spuntino se ci viene fame” ribatté la ragazza.

Ho mangiato da poco, per il momento non mi va nulla

Vai via subito?” chiese lei.

No, perché?

Quindi significa che abbiamo un po’ di tempo per farti venire fame” spiegò. Si rese subito conto che quella frase poteva suonare piuttosto ambigua. Arrossì e si voltò.

Fabio la guardò sorridendo.

Che carina che sei quando sei rossa” le disse. La ragazza sbuffò.

Non sono rossa!” esclamò.

Secondo me sì. Fatti vedere un po’ meglio, così ti dico se sei rossa oppure no

Cos…?

Lui la prese per un braccio e l’attirò a sé, avvicinando i loro visi e scrutandola bene.

Mmmh… direi che sei decisamente rossa. Sembri quasi un pomodorino” la prese in giro dolcemente.

Rea cercò con poca convinzione a staccarsi, con risultati che lasciarono molto a desiderare.

Non è colpa mia” si lamentò.

A me piaci quando sei imbarazzata. Sei così tenera” commentò il ragazzo.

M-ma io non devo essere tenera, devo essere aggressiva se voglio fare il poliziotto” ribatté lei.

Adesso sei con me e non devi essere o fare nient’altro. A me va bene così” le confessò lui.

Rea non seppe cosa rispondere, troppo confusa dal battito del suo cuore per reagire.

Fabio la baciò, liberandole le mani e abbracciandola.

Tu sei scorretto” lo accusò la ragazza quando riuscì a parlare. Lui si allontanò leggermente, guardandola.

Perché?

Mi baci sempre quando io non me l’aspetto e questo non è giusto!” spiegò, mettendo il broncio come i bambini.

Vuoi che ti avverta prima di baciarti?” si stupì il ragazzo, trattenendosi dal ridere. Lei arrossì.

N-non dico quello, solo che… i-io non…” balbettò la rossa.

Lui la spinse verso la parete che aveva dietro e ce la bloccò con le braccia. Rea sentì il respiro accelerare e ili cuore battere forte contro le costole.

C-che fai?” domandò.

Ti bacio” le rispose semplicemente il ragazzo.

Era forte. Era passionale. Era bellissimo. Era… lei non aveva nemmeno più degli aggettivi per descriverlo.

Gli passò le mani dietro la testa, attirandolo a sé e stringendolo forte.

Senza sapere come fosse successo, cinque minuti dopo erano sdraiati sul divano a spogliarsi.

 

Jason aveva passato una serata stupenda, doveva ammetterlo. Nonostante Emma avesse diciassette anni meno di lui e fosse una studentessa in crisi pre-esame, era simpatica, acuta e piacevole. Oltre che bella, certo.

L’aveva riaccompagnata a casa, sentendosi come un ragazzino quando l’aveva baciata prima che scendesse di macchina, per poi aspettare che entrasse come un gentiluomo.

Sorrise mentre apriva la porta di casa, felice di aver passato una così bella serata e sapendo che adesso lo aspettava un chiarimento con sua figlia, cosa che lo rendeva ancora più felice ed euforico.

Entrò in corridoio e mise la giacca sull’attaccapanni.

Rea, sono tornato!” esclamò, andando verso la cucina.

Quando passò davanti il salotto e vide la ragazza che dormiva abbracciata a Fabio si bloccò, col cuore in tumulto. Erano nudi sotto la coperta?

Rea!” gridò. Lei sobbalzò spaventata e si sedette, allungando una mano verso il cassetto del tavolo e tirando fuori la pistola di suo padre.

Chi c’è?” chiese confusa. Quando vide Jason in piedi nel mezzo della stanza la sua testa si voltò automaticamente verso il ragazzo sdraiato accanto a lei e chiuse gli occhi, maledicendosi.

Ma porca di quella... papà, aspetta, posso spiegarti. Spero” disse, alzandosi.

L’uomo si voltò per non vederla nuda, sentendo una certa rabbia assalirlo.

Fabio, svegliati maledizione!” lo chiamò Rea, dandogli un colpo sulla spalla. Lui aprì un occhio e la guardò.

Dammi cinque minuti” si lamentò.

Alzati subito!” ordinò. Il ragazzo si sedette e si stiracchiò, un po’ indolenzito.

Certo che ci si dorme male sul tuo divano” commentò.
Non era stato comprato per questo, mi dispiace” ribatté Jason, infuriato.

Lui vide l’uomo e deglutì.

B-buonasera, signor Simon” lo salutò, cercando di ricordare dove avevano buttato i vestiti.

Buonasera anche a te, spero che tu ti sia divertito” ricambiò l’uomo.

Cinque minuti dopo Fabio era alla porta che si stava congedando.

C-ci vediamo lunedì a scuola” disse a Rea.

Spero che non mi uccida prima” gli sussurrò lei all’orecchio. Gli dette un veloce bacio sulle labbra e poi tornò da suo padre, tremante.

Non mi devi dire niente?” le chiese l’uomo. La ragazza deglutì.

 

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Capitolo 19
*** Quando volano i bicchieri ***


Quando volano i bicchieri

 

Guarda papà, lo so che sei deluso e stupito, però io ho vent’anni e anche se so di aver sbagliato so anche che capirai se ti dirò che questa è una cosa naturale e che insomma… siamo stati bravi, io non sono un’irresponsabile e poi lui mi piace tanto

Questo avrebbe dovuto dire Rea a Jason per scusarsi. Invece sbuffò e incrociò le braccia.

No, non ho niente da dichiarare, mi spiace” gli rispose in malo modo. Si voltò andando in cucina, infuriata quasi quanto lui.

Non aveva un senso il fatto che fosse arrabbiata, però lo era e basta.

Niente da dichiarare? Ragazzina, fermati un po’!” la richiamò l’uomo, andandole dietro.

Papà, non farne una tragedia!

Ma Rea, ti sei completamente bevuta il cervello?” le domandò sorpreso.

No, sono obiettiva. Tu non hai mai fatto l’amore con la mamma? Io sono nata sotto un cavolo, mi ha portata la cicogna o i fiorellini hanno sparso il polline?!

Non ti devi permettere di rivolgerti a me in questo modo, hai capito?

Rea prese un bicchiere per versarsi da bere e notò che le mani le tremavano.

Senti, non ho programmato la cosa, ok? Ho invitato Fabio per farmi compagnia: tu eri fuori e io ero sola, cos’avrei dovuto fare?

Non eravamo rimasti d’accordo che saresti stata lontana da quel ragazzo? la sua vita è in pericolo fin quando sei sotto copertura, e lo sai benissimo!

Lei sbatté il bicchiere sul tavolo e lo guardò.

Non ti rendi conto di niente, tu! Sono settimane che esco con Fabio, ormai e tu eri così occupato a fare… cosa? Cosa facevi? Stavi sdraiato sul letto a fissare il soffitto senza fare nulla. Ho indagato, sono uscita di casa decine di volte, ho trovato degli indizi, lui mi ha baciata e tu non te ne sei reso conto. La mia felicità non è stata notata, IO non sono stata notata!” gli gridò contro.

Jason fu colpito come da uno schiaffo e si ritirò per colpa della forza di quelle parole, ma non distolse lo sguardo.

Io ho i miei problemi, tu i tuoi, ma se facciamo un patto è un patto! Tu me l’avevi promesso, cavolo!

E tu mi avevi promesso anni fa che non mi avresti mai nascosto niente, invece sei in condizioni a dir poco pietose da settimane!” lo accusò.

L’uomo si passò una mano sul viso, disperato.

Torniamo al problema principale? Tu hai fatto sesso sul mio divano!

Io ho fatto l’amore sul tuo divano, non sesso. Punto primo. Punto secondo questa è anche casa mia e visto che tu mi ci hai trascinata ora prenditi le tue responsabilità!

Cosa ho fatto io?

Tu sei voluto venire qui, non io. Tu e il tuo lavoro ci hanno portati qui. Io sono parte di questa casa e ci faccio cosa voglio, capito? Se volessi girare nuda o volessi demolire il salotto per ricostruirlo potrei benissimo farlo!” esclamò.

Sei ancora una bambina! Non puoi fare sesso col primo che capita!

Ho vent’anni, non due, e lui non è il primo che capita!

Senti, la questione si chiude qui, per quanto mi riguarda. Non ho voglia di sentire le tue scuse” disse Jason.

Come sempre, vero papà?” gli chiese Rea. Lui la guardò.

Cosa stai dicendo?

Tu non mi ascolti mai, sei troppo occupato con non si sa bene cosa per renderti conto di quanto io possa stare male. Negli ultimi tempi non sei più Jason Simon, sei solo un ricordo lontano di te” lo accusò.

L’uomo si avvicinò a lei e le dette uno schiaffo in pieno viso, facendola barcollare all’indietro.

Se ti azzardi a rivolgermi un’altra parola con questo tono da arrogante e presuntuosa signorinella so-tutto-io giuro che… che…

Cosa, papà? Mi butti fuori? Se ti fa felice, accomodati pure, io con te non voglio più viverci” commentò.

Rea, smettila, non sei tu che parli, è solo la tua rabbia. Ora vai in camera ne riparleremo poi” gli disse lui.

Rea si mise a piangere e si toccò la guancia.

Dopo… sempre dopo. Non affrontiamo mai la questione, vero?” gli chiese.

Noi ormai siamo abituati a far finta di niente, ad accettare le cose stando zitti. Io questa cosa non la sopporto proprio

Guardò il bicchiere che c’era sul tavolo e fu assalita dalla furia, dall’odio, dalla disperazione.

NON LO SOPPORTO!” gridò. Prese il bicchiere e lo lanciò contro la parete, spaventando il padre che si allontanò.

Ma che stai facendo?” le domandò.

Rea aveva il viso bagnato di lacrime e tremava.

Io ho continuato ad indagare, sai? Ho continuato a cercare indizi, a fare in modo di proseguire col caso, di trovare una risposta. E forse ce l’ho anche fatta, forse ho la soluzione a portata di mano, ma tu… tu non mi aiuti. Non esisto più per te” sussurrò.

Per fare in modo che tu mi riparlassi ho dovuto fare… sesso… con Fabio e farmi scoprire, altrimenti tutto questo non sarebbe venuto fuori

Jason si rese conto che sua figlia stava davvero lanciando un grido d’aiuto, ma non riuscì a muoversi di lì, ad abbracciarla per confortarla. La guardò e basta.

Non ha importanza cosa faccia e quanto mi impegni, dopo che abbiamo litigato in centrale tu non mi hai più quasi parlato” disse.

Strinse i pugni e abbassò la testa, poi guardò i cocci del bicchiere.

Mi dispiace, adesso pulisco tutto” decise, avvicinandosi e inginocchiandosi a terra.

Si sentiva stupida, aveva detto cose che non avrebbe dovuto con un tono poco appropriato, ma erano cose che purtroppo pensava. Tutte, dall’inizio alla fine.

Suo padre la guardò mentre si abbassava e recuperava i vetri con le dita tremanti, impotente.

Rea, se sei così triste voglio aiutarti, voglio.. voglio prendermi le mie responsabilità se è colpa mia” le disse. La ragazza sorrise amaramente e scosse la testa.

Ci ho provato, papà. Ho provato a dirtelo mille volte di risolvere, a chiederti di chiarire, ma tu te lo ricordi cosa mi hai risposto tutte le volte?” gli chiese. Lui rimase zitto.

Mi hai detto adesso no, sono stanco; non posso, scusami; preferirei riparlarne più avanti, vado in palestra ad allenarmi” gli ricordò.

Tesoro, io non… non me ne ricordo, assolutamente” ammise.

Me l’immaginavo, purtroppo. Sei in stato catatonico da quel pomeriggio in cui mi hai detto che… che non sono costante, che anche l’idea di diventare poliziotto svanirà e che non mi aiuterai. Più che provare a sforzarmi di venirti incontro non ho saputo cosa fare” ammise. Non aveva smesso nemmeno per un attimo di piangere ma la sua voce era ferma e decisa.

Butto questi vetri e poi vado su a farmi una doccia, ne ho un certo bisogno” lo avvertì.

Si alzò e andò al cestino, gettando dolcemente i cocci nel sacco.

Guardò Jason un’ultima volta, poi se ne andò dalla stanza senza dire niente.

 

Stesa sul letto con indosso solo l’accappatoio, Rea si sentiva distrutta. Non era sicuramente stato il discorso che aveva pensato di fare a suo padre, questo era certo.

Avrebbe voluto che risolvessero la situazione in modo pacifico, come avevano sempre fatto in tutti quegli anni: qualcosa non andava? Ne parlavano tranquillamente, senza urlare.

Ma da quando erano finiti lì tutto era cambiato, loro erano cambiati e non riuscivano più a stare insieme senza litigare.

Prese il cellulare, indecisa se chiamare o no Fabio. Forse a quell’ora lo avrebbe disturbato.

Prima che potesse scrivere anche solo una lettera per mandargli un messaggio, il telefono squillò.

Pronto?

“Rea? Sono Bearne”

Ciao capo, che succede?

“Niente di importante, in realtà. È da un po’ che non vieni in ufficio e mi chiedevo come procedesse l’indagine”

Ho raccolto molti indizi, sono quasi arrivata alla cima della piramide

“Bene, sono fiero di ciò che mi dici. Senti, tuo padre ultimamente non mi sembra molto concentrato, è successo qualcosa in casa? Quando ieri è andato via dalla centrale era completamente sconnesso. Non è che tu ci hai parlato stasera?”

La ragazza rimase un attimo in silenzio, cercando di capire come mai quelle parole non le tornavano. Poi scosse la testa.

Capo, papà stasera non era con te?” gli chiese.

“Con me? A meno che mia moglie non si sia miracolosamente trasformata in Jason, e questa è un’ipotesi che mi fa sinceramente rabbrividire, direi di no. Perché?”

N-no, lui ha… non importa, lascia perdere. Comunque ti manderò un rapporto dettagliato in settimana, tranquillo” rispose.

“Va bene, aspetto con ansia tue notizie allora. Buonanotte” la salutò.

Rea chiuse la comunicazione e sospirò, sentendosi terribilmente male. Aveva un peso sul petto che non la lasciava quasi respirare.

Prese le pillole che aveva in borsa e ne ingoiò due, cercando di calmarsi.

Suo padre le aveva mentito. Era uscito con una scusa e le aveva detto una bugia bella e buona. Perché? Che motivo c’era di nasconderle qualcosa?

Le lacrime scesero di nuovo dai suoi occhi, ormai abituati a piangere per colpa sua. Non ce la faceva più così, era stanca e distrutta e voleva solo tornare a dicembre e rifiutare quel compito invece di accettare l’infiltrazione nell’istituto.

 

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Capitolo 20
*** Rea indaga ***


Rea indaga

 

 

La mattina dopo l’aria in casa Simon era pressoché irrespirabile. Entrambi i componenti della famiglia erano ansiosi, tesi e nervosi dopo la discussione della sera prima e nessuno dei due sapeva cosa dire. E quella sensazione di ansia e nervosismo andò avanti anche il lunedì, facendoli sentire come due estranei nella stessa casa.

Rea in primis, dopo aver ricevuto la telefonata di Bearne.

Come si doveva comportare adesso che sapeva che suo padre, in realtà, non era mai andato a una cena di lavoro? Aveva bisogno di una strategia e anche velocemente.

Prese la sua decisione in fretta e chiuse gli occhi per farsi coraggio.

Papà?” lo chiamò, andando nella sua camera. Tremava.

Jason si affacciò in corridoio e la vide arrivare, sentendo il nervosismo prenderlo tutto insieme.

Sì?” rispose.

La ragazza prese un bel respiro, si odiò un paio di volte per quello che stava per dire e poi guardò suo padre.

Mi dispiace” esclamò infine. Lui rimase basito.

Come scusa?

Scusami per quello che ti ho detto ieri sera; scusami se ho continuato ad uscire con Fabio nonostante il tuo divieto e scusami anche perché l’ho portato qui; scusami se me la sono presa in quel modo quando mi hai detto che non sono costante, in fondo avevi ragione tu, è vero; scusami se non ti ho parlato dell’indagine; scusami se non ti ho detto che stavo male perché tu mi avevi ferita; infine, scusami per essere sempre così orgogliosa” gli disse. Jason aveva spalancato gli occhi: non era mai successo che sua figlia gli chiedesse scusa, era sempre lui a fare la prima mossa.

Si avvicinò a lei, tendendo le braccia, e la strinse a sé.

No, scusami tu tesoro. Tutta questa situazione ci è sfuggita di mano e dovevo capire subito che ti stavo ferendo con il mio comportamento distaccato, sono stato un idiota. Puoi perdonarmi?” le chiese. Rea gli passò le braccia intorno alla vita e affondò la testa nel suo petto, sentendosi al sicuro.

Ti ho già perdonato” gli assicurò. Lui sorrise e si impose di non piangere, poi si allontanò un po’.

Ti va di venire con me in ufficio, stamani? Fai rapporto su ciò che hai scoperto e poi andiamo a pranzo insieme” le propose.

Ma la scuola?

Non sei obbligata a frequentarla, tu non devi sostenere nessun esame, quindi puoi saltare per oggi. Vai a prepararti, ti aspetto giù” le disse, spingendola in camera. Lei rise e annuì.

Una volta da sola, Rea si sentì un po’ in colpa: quelle cose le aveva dette solo per fare in modo che lui si fidasse di nuovo di lei, altrimenti non avrebbe chiesto scusa nemmeno sotto tortura.

Sospirò e si odiò: era giusto fare così, in fondo? “Sì, lo è: lui ti ha mentito, dicendoti che era con Bearne, quindi tu non ti preoccupare e continua” pensò, infilandosi una maglia comoda e un paio di jeans e buttando la divisa scolastica sul letto in malo modo.

Mandò un messaggio a Emma per dirle che non sarebbe andata a lezione, quella mattina, e chiederle se poteva andare a casa sua nel pomeriggio per darle i compiti. La risposta le arrivò meno di trenta secondi dopo, con un “d’accordo” scritto sopra e la richiesta dell’orario.

Rea sorrise e uscì di camera, andando nell’ingresso da suo padre.

 

In ufficio, Rea fece un rapporto molto dettagliato di ciò che era successo nelle ultime settimane: dal bidello sospetto al ragazzo sparito, passando per le sue ipotesi momentanee.

“Droga? Pensi che tutto questo sia collegato alla droga?” le chiese Bearne, stupito.

Sì, ne sono convinta” affermò. L’uomo si passò una mano tra i capelli e sospirò.

“Gli esami tossicologici sui cadaveri, però, sono risultati negativi. Nessuna traccia di qualche sostanza strana” disse. Lei ci pensò un po’, poi fece spallucce.

Questo non significa niente. Studiando chimica qualche anni fa, mi ricordo che c’erano delle sostanze che non potevano essere rilevate perché si dissolvevano nel sangue, mimetizzandosi con le cellule del corpo. Erano più pericolose delle altre proprio per questa loro particolarità” spiegò.

Ha ragione lei. Gli effetti che ha visto su quei ragazzi mostrano sicuramente un atteggiamento non lucido da parte loro, unito a sguardo vacuo e insensibilità al dolore. Non potevano essere in loro quando Rea li ha visti, altrimenti significherebbe che ha trovato solo ragazzi con problemi cerebrali molto sviluppati, durante la sua indagine” s’inserì Jason.

Il che non può essere possibile, perché Mary l’ho vista a scuola e lì stava bene, non gridava contro i muri né era particolarmente arrabbiata con qualcosa o qualcuno” aggiunse la ragazza.

Bearne sembrava poco convinto, però annuì.

“Capisco. E tu pensi che questo Antonio, il bidello, sia coinvolto in qualche modo?” le domandò.

Ne sono quasi sicura. Ogni volta che è sparito qualcuno l’ho trovato a parlare con lui, per non aggiungere del fatto che l’ultimo ragazzo ci ha litigato qualche giorno fa” affermò convinta.

“Beh, se sei sicura di questo non posso fare altro che chiederti di fargli qualche domanda. Con discrezione e attenzione, però, non voglio che tu corra rischi” si raccomandò. Rea sorrise felice.

Nessun rischio, fino ad ora” assicurò.

“Meglio così. Potete andare” li congedò.

Jason uscì dallo studio e raggiunse un suo collega, mentre lei si stava mettendo la borsa in spalla. Prima che potesse uscire, il capo la richiamò.

“Ho bisogno che tu inoltri la tua domanda per far parte della squadra entro una settimana, altrimenti per quest’anno si chiudono le iscrizioni e i corsi” le disse. La ragazza rimase ferma con una mano sulla maniglia, indecisa. Sorrise e lo guardò.

Te la porto domani, non ti preoccupare” rispose.

Raggiunse il padre e insieme andarono a pranzo fuori. Forse lì poteva fargli qualche domanda e, magari, lui le avrebbe risposto.

 

Lo odio, non lo sopporto! Perché mentirmi così? Non ha alcun senso!” stava dicendo al telefono. Il pranzo non aveva sortito l’effetto sperato: la cosa più importante di cui avevano parlato era stata se quell’hamburger era troppo cotto oppure no. Il suo interlocutore sospirò.

Almeno non ti ha ucciso perché ci ha trovati insieme sul divano le fece presente.

Ho vent’anni, posso fare cosa mi pare in casa mia! Non ho bisogno del suo permesso!

Rea, è sempre tuo padre! Smettila di accusarlo così, magari ha avuto bisogno di andare a fare qualcosa di importante e non può dirtelo

No, il mio sesto senso mi dice che lui sabato era a divertirsi. Continua a rimanere la domanda: perché non dirmelo? Non mi arrabbiavo mica se mi diceva ehi, esco con una donna, spero che vada bene, tu vai a dormire presto e non aspettarmi sveglia

Fossi in te io gli chiederei chiaramente cosa ha fatto, dicendogli che sai che no era a una cena di lavoro. Ora devo andare a studiare. Io ho la maturità quest’anno le disse Fabio. Rea sospirò.

Hai ragione, scusami ti ho portato via fin troppo tempo. Ci sentiamo più tardi, io aspetto Emma. Divertiti a studiare!” gli augurò divertita.

Non sei affatto simpaticala accusò lui, buttando giù mentre rideva.

La ragazza sentì il campanello squillare un attimo dopo e corse alla porta per aprire all’amica.

Benvenuta!” le disse, facendola entrare. Emma le sembrava piuttosto impaurita e titubante.

Qualche problema?” le domandò, sinceramente preoccupata.

No, niente di che, solo tanto studio” minimizzò la mora, indicando i libri che aveva in braccio.

Ah, quello. Sì, troppo studio” concordò Rea, pensando che non si era mai fatta nessun tipo di problema nemmeno quando frequentava le lezioni private.

La fece accomodare in sala e si misero a parlare di quello che era successo a scuola, dei compiti che avevano dato e delle date degli esami che erano appena state annunciate.

Bene, almeno so quanto tempo ho” esultò Rea, felice. Emma la guardò confusa.

Intendo per… studiare” spiegò imbarazzata.

A me viene l’ansia: solo un mese e mezzo! Troppo poco tempo!” esclamò l’altra, tremando di proposito.

Studiarono un paragrafo e mezzo di filosofia prima che si rendessero conto che erano già quasi le sei.

Che strano, papà sarebbe dovuto tornare mezz’ora fa. Lavora troppo, io glielo dico sempre” ragionò la ragazza, chiudendo il libro. L’amica impallidì.

Sì, decisamente” confermò.

Rea sospirò e sorrise.

Devi andare, immagino. Di solito tua madre viene a prenderti verso quest’ora. Ti accompagno qua fuori” si offrì, alzandosi.

G-grazie, ma non devi” balbettò Emma.

Figurati, nessun disturbo per me” minimizzò Rea, con un gesto della mano.

Quando furono quasi arrivate nello spiazzo per la retromarcia, lei vide la Mercedes nera di suo padre ferma, con lui dentro che leggeva il giornale.

Si sbracciò per salutare.

Che ci fai qui tutto solo? In casa ti senti stretto?” chiese la ragazza, affacciandosi al finestrino. Jason sobbalzò e la guardò con occhi imbarazzati.

No, solo che mi è arrivato un messaggio e ho dovuto controllare un articolo, tutto qua. Voi che cosa state facendo?” domandò a sua volta.

Ho accompagnato Emma ad aspettare sua madre, ma visto che ci sei tu puoi rimanere al posto mio? devo chiamare Fabio” lo implorò. Lui sospirò e annuì, facendola passare per una cosa che non voleva fare.

Salutamelo e chiedigli scusa per sabato” si raccomandò. Rea gli dette un bacio sulla guancia.

Ci vediamo tra poco” lo salutò.

Ciao Emma” disse alla mora.

Corse fino all’ingresso di casa, felice di poter sentire Fabio, poi si ricordò di non aver detto a suo padre che non c’era niente per cena.

Decise di tornare indietro un secondo prima di dimenticarsene.

Papà, una cosa prima di… di…

Si bloccò, con la sensazione di essere appena stata colpita da un pugno allo stomaco.

Si stavano baciando. Emma e Jason, in macchina, si stavano baciando. Non la notarono nemmeno quando, una volta staccati, l’uomo fece retromarcia e partì per portarla chissà dove.

Rea rimase ferma, col cuore a mille, e si sentì infinitamente sola. Si accasciò al suolo, col petto che scoppiava.

 

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Capitolo 21
*** Fuga ***


Fuga

 

Fabio andò con la macchina a prenderla al parco dove avevano parlato quando avevano litigato. Lei era con le gambe strette al petto, il viso completamente bagnato di lacrime e una scatola di pasticche in mano.

Che succede?” le chiese preoccupato.

Vide anche che si era portata dietro una borsa piuttosto grossa, di quelle che si portano in spiaggia.

Ti prego portami via di qui, da qualsiasi parte ma non farmi tornare a casa” lo implorò tremando.

Ma che succede?” chiese nuovamente.

Capì subito che lei non ce la faceva a parlare, così la prese per mano e la fece salire in macchina.

Andiamo da me, poi mi racconti

 

Jason arrivò a casa e la trovò vuota. Il sorriso stupido che aveva sul volto da quando aveva salutato Emma sparì poco dopo, quando si rese conto che sua figlia non era da nessuna parte.

Rea?” chiamò, controllando la sua stanza, il piano terra e la palestra. Nulla.

Lo assalì il panico: dov’era?

Il telefono squillò e lui lo afferrò.

Rea?” rispose preoccupato. Silenzio dall’altra parte.

Sono Fabio, signor Simon disse alla fine il ragazzo.

Oh, Fabio, scusami. Rea non c’è se stavi cercando lei, non so…

Sì, lo so, è qui con me. Cos’è successo, posso saperlo?  indagò. Jason si passò una mano tra i capelli, a metà tra il sollevato e l’incredulo.

Non ne ho idea, sono rimasto fuori per cinque minuti e quando sono tornato lei non c’era!

Signor Simon, posso essere franco con lei?

Certo, dimmi pure

Rea è qui da me che piange da un quarto d’ora e non riesce a dirmi cosa sia successo. Lei dice di essere uscito di casa cinque minuti solo e di essere tornato, non trovandola. Nel tempo in cui l’ha vista e poi è rientrato cos’ha fatto?

L’uomo trattenne il fiato e si odiò con il cuore, l’anima e il corpo. L’aveva visto. L’aveva visto mentre baciava una sua amica. Perfetto.

Cazzo” sussurrò in risposta.

So che probabilmente non approverà, ma penso che al momento Rea non sia in grado di tornare a casa, quindi la farò rimanere da me. Abbiamo la stanza degli ospiti e i miei non ci sono, per cui non darà noia. Quando riuscirà a parlare di nuovo la chiamerò, va bene? gli disse Fabio, apprensivo. Jason batté un pugno al muro, tremando, poi parlò.

Dille che mi dispiace che l’abbia saputo così e che aspetto sue notizie” si raccomandò.

Riferirò

Ah, e grazie

Attaccò il telefono e si mise una mano in faccia, disperato. Questa non gliela perdonava, lo sapeva.

 

Rea rimase in stato di shock per qualche ora prima che le lacrime smettessero di cadere e lei riuscisse a ragionare obbiettivamente.

Suo padre, il suo amato papà, che se la faceva con Emma. Come avevano potuto? Che cosa gli diceva il cervello? Santo cielo, c’erano diciassette anni tra di loro!

Fabio entrò nella stanza degli ospiti con in mano una tazza fumante.

Camomilla?” le chiese sorridendo. Lei annuì e gli fece spazio sul letto, prendendo la tazza con le mani tremanti.

Ti va di parlarne?” le domandò lui, guardandola apprensivo. La ragazza scosse la testa.

Scusami, non ci riesco. Sono abbastanza sottosopra” rispose. Lui rise sommessamente.

Che c’è?” chiese lei, incuriosita.

L’ultima volta che hai detto quelle parole ti stavi penzolando da un quadro svizzero e io, pensando che parlassi di ciò che provavi per me, ti ho risposto anche io! Che figura!” ricordò divertito.

Rea si strinse nella felpa gigante che aveva addosso e arrossì.

No, io ho pensato che fosse una cosa carina da dire. Certo, quando ho capito a cosa ti riferivi” gli assicurò, ridendo.

Giusto, pensavi che anche io stessi facendo la scimmia a testa in giù!” esclamò Fabio, prendendola in giro.

Non stavo facendo la scimmia a testa in giù, mi allenavo! Voglio fare domanda per diventare poliziotto, lo sai, quindi devo essere in forma!” s’impermalì Rea, spintonandolo leggermente.

Ma sei già in forma!” ribatté il ragazzo.

Sì, in effetti. Cerchio è una forma, in fin dei conti” considerò lei, facendogli la linguaccia.

Lui la guardò dolcemente.

Mi fa piacere vederti sorridere. Sono triste quando stai male” ammise. La ragazza arrossì un po’.

Sei l’unico che sia mai riuscito a farmi ridere in un momento in cui avrei voglia di urlare, sai? Questa cosa di te mi piace” confessò.

Solo questa? Inizio a pensare che tu stia con me solo per divertirti!” esclamò Fabio, fingendosi triste.

Non è assolutamente vero, io sto con te perché mi piaci!” lo corresse Rea. Abbassò lo sguardo imbarazzata.

Cioè, non è che sto con te nel senso lato del termine… insomma…” balbettò un paio di parole senza senso.

E vorresti stare con me nel senso lato del termine?” le chiese lui, prendendole il viso e guardandola fisso. La ragazza avrebbe voluto scomparire, si sentiva andare a fuoco. Annuì debolmente.

” sussurrò.

Meglio così, perché per quanto mi riguarda noi stavamo già insieme” le annunciò, baciandola.

La tazza che aveva in mano cadde sulle sue gambe per lo stupore, facendola schizzare in piedi.

Brucia!” si lamentò, cercando di asciugarsi i pantaloni. Fabio rise e si avvicinò, mettendole le mani sui fianchi.

Basta toglierli” le suggerì, sganciandole il bottone.

Rea sentì il cuore battere forte mentre lui la toccava e i pensieri sparire per un po’.

 

Emma rispose al cellulare felice come non mai.

Ciao Jason!” lo salutò, sedendosi sul letto. Sentì un sospiro dall’altro capo del telefono.

Abbiamo un problema le disse l’uomo.

Che succede? Non ci vediamo domani? Devi lavorare?” chiese lei, tristemente.

N-no, niente di tutto ciò, solo che… prima… Dio, ho fatto un casinoesclamò lui.

Mi stai spaventando

È Rea, Emma! Ci ha visti mentre eravamo in macchina le annunciò.

Oh, cazzo” esclamò la ragazza, mettendosi una mano sulla bocca.

Al momento è da Fabio, non vuole parlarmi. Se n’è andata senza dire nulla

M-mi dispiace, dovevo essere più cauta e…

No, non è colpa tua, però per adesso facciamo in modo di non vederci ok?

Emma sospirò: lo sapeva che non poteva durare.

Va bene, non ti preoccupare. Proverò a parlarle a scuola, domani” gli promise.

Grazie, ti sono grato. Ciao

Ciao” sussurrò lei, chiudendo la telefonata.

Si accasciò sul cuscino e strinse gli occhi: avevano fatto un casino colossale.

 

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Capitolo 22
*** Non ce la faccio ***


Non ce la faccio

 

Rea non andò a scuola né il giorno dopo né quelli successivi. Sapeva benissimo che suo padre sarebbe potuto benissimo andare all’istituto per parlare e non voleva ancora vederlo.

Si era instaurata nella stanza degli ospiti a casa di Fabio e lì studiava il caso e come trovare un modo per smascherare Antonio. Ormai era quasi certa che fosse lui il colpevole.

C’erano troppi indizi che puntavano in quella direzione e anche andando a rigor di logica si poteva chiaramente capire che un bidello come lui, sottopagato e probabilmente anche trattato male dal proprio datore di lavoro, aveva tutti i moventi per cercare di arrotondare un po’ il salario con lo spaccio di droga e, nel frattempo, distruggere la credibilità della scuola. Chiaro e semplice.

Io vado, Laura è già al piano di sotto che freme per partire. Ci vediamo dopo, ok?” la salutò Fabio, dandole un lieve bacio sulle labbra. Lei sorrise.

D’accordo, quando rientrate avrete il pranzo pronto” promise Rea.

Li guardò uscire di casa battibeccanti, poi fu un attimo: Laura si voltò verso di lei con uno sguardo inquietante negli occhi e lei si bloccò, paralizzata. Un secondo dopo la bionda si era girata ed era salita in macchina.

Tornò in camera e aprì il computer, cercando di mettere per iscritto i motivi per cui dovevano darle l’autorizzazione a interrogare Antonio, poi le venne un dubbio. La sera in cui Jason era uscito, Laura le aveva chiesto se voleva andare ad una festa, però poi la festa non c’era stata ed Emma, come aveva purtroppo appreso, era stata con suo padre, per cui perché chiederle di uscire con una scusa così stupida?

Altra cosa: negli ultimi tempi aveva notato che Laura spesso la scrutava con sguardo indagatore, come se stesse cercando di capire cosa facesse. Non è che era invischiata anche lei in quell’affare?

Si morse un labbro: non era possibile che una diciannovenne spacciasse droga e rapisse ragazzini in un liceo, che senso avrebbe avuto? Era lei che si faceva tanti problemi per niente.

Tornò a fissare il monitor, ma quell’idea non la abbandonava. C’era un solo modo per togliersela di testa.

 

Emma aveva sperato per una settimana che Rea andasse a scuola, ma non era stata esaudita. Stava male, si sentiva una traditrice e una stronza per averla ferita, e quella lontananza da Jason non la aiutava.

Non ce la faceva proprio ad affrontare quella situazione da sola, era troppo difficile.

Una mattina, alla fine, decise di fare festa. Non aveva proprio la concentrazione per stare in classe.

Si nascose nel parco vicino alla centrale di polizia, dove sapeva che Jason passava spesso. Chissà se il lavoro che faceva era collegato con ciò.

Prese il libro di matematica per studiare, ma già dopo cinque minuti si era messa a fissare la strada sperando di vederlo. “Ma a chi voglio darla a bere? Non sono qui perché non riuscivo a stare in classe, sono qui perché mi manca” si disse sospirando.

Lo aveva pensato ogni giorno, ogni ora, ogni minuto da quando Rea aveva scoperto della loro relazione e non aveva fatto altro che sperare e pregare affinché lui andasse da lei a dirle che non voleva perderla. Ma non era successo e iniziava a pensare che forse era stata tutta una sua fantasia, quella di una storia d’amore tra di loro.

Alla fine, lo vide uscire dalla centrale di polizia, ridendo con un poliziotto. Lo guardò incuriosita e vide che lui tirava fuori una pistola dalla cintura (o, più probabilmente, da una fodera attaccata alla cintura) e la mostrava all’altro, che sorrideva e annuiva, per poi salutarlo.

Jason era un poliziotto?

Il bisogno di sapere cosa stesse facendo fu molto più forte dell’impulso di rimanere lì a guardarlo mentre sospirava e le sue gambe si mossero da sole, portandola davanti a lui. L’uomo sobbalzò e impallidì quando la vide.

Tu lavori qui?” domandò Emma, capendo solo adesso la sua allusione al servizio pubblico.

Ehm, n-no, io… ecco… uff, sì, lavoro qui” rispose lui, sospirando tristemente.

Perché non me l’hai mai detto?

Jason si guardò intorno, poi la prese per un braccio.

Andiamo via, ti spiegherò tutto a casa

 

Dopo averle raccontato la storia come aveva fatto con Fabio qualche settimana prima, lui si versò un bicchiere di vodka e lo mandò giù tutto d’un fiato, sperando che gli passasse quel senso di colpa che stava provando. Aveva messo anche lei al corrente della loro copertura, il che significava esporre un’altra persona a dei seri pericoli. Bel colpo.

Mi basta sapere che tu stia attento, per il resto non ti sarò d’intralcio” promise Emma, sorridendogli. Quanto gli era mancato quel viso!

Bene, perché Rea ha avuto a che fare con loro e ne è uscita salva per miracolo” le disse.

La ragazza annuì, poi si mise a fissare le sue mani strette a pugno sulle ginocchia. Erano entrambi nervosi.

Non è venuta  a scuola, non ho potuto provare a spiegarle la situazione” esordì la mora, infine.

Sì, me l’aspettavo. Venire a scuola significa avere la paura che io possa arrivare a disturbarla, è troppo esposta lì” rispose Jason, sedendosi sul divano accanto a lei.

E poi vedrebbe me” aggiunse Emma.

Ci odia” sussurrò l’uomo, disperato. Si mise una mano sul viso, sentendo improvvisamente la mancanza della figlia, e la ragazza lo accarezzò dolcemente.

È solo un po’ confusa, ma sono certa che prima o poi capirà. Però penso che rimanere separati in un momento come questo sia stupido” ammise lei. Ecco, l’aveva detto, ora tutto stava a cosa le rispondeva.

Jason la guardò attraverso le dita e comprese che aveva ragione. Che da solo non riusciva ad affrontare tutto quello.

Io senza di te non ce la faccio” gli confessò Emma, avvicinandosi.

L’uomo le prese il viso tra le mani, baciandola con trasporto, sentendosi subito meglio.

Nemmeno io” ricambiò, stendendola sul divano. Si mise sopra di lei e si perse nel suo corpo, senza pensare a niente.

 

Rea entrò in camera di Laura solo un paio d’ore dopo, quando riuscì a trovare il coraggio per farlo. Si sentiva una stupida a fare una cosa simile, era sicuramente inutile: non c’era niente da cercare.

Guardò la confusione che regnava sovrana in quella stanza e si mise a ridere, divertita.

Ok, dove potrei cercare qualcosa anche se non so cosa?” si chiese.

Si avvicinò alla scrivania e spostò i libri che c’erano sopra, per poi aprire i cassetti e controllare cosa c’era dentro. Niente, se non pile di fogli.

Lo sapevo da sola che non c’era nulla” si disse imbarazzata.

Si voltò e fece per andarsene, ma i suoi occhi notarono una piccola scatola di cartone nascosta sotto a una montagna informe di vestiti. Ormai che c’era, si disse.

La tirò fuori da lì sotto, spolverandola un po’, e l’aprì.

Oh santo…

C’erano almeno cinquanta diverse fotografie di lei che entrava e usciva dalla centrale di polizia, che chiedeva a scuola dei fatti strani avvenuti in quei mesi, e poi…

Questo non è possibile” sussurrò.

“Divertente, vero?” domandò una voce dietro di lei. Non fece in tempo a voltarsi che fu tramortita da una botta alla nuca.

Sentì un dolore atroce attraversarle la spina dorsale e poi fu il buio.

 

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Capitolo 23
*** Allerta ***


Allerta

 

Jason sentì squillare il telefono in lontananza, come se stesse ancora sognando, e allungò una mano per prenderlo.

Pronto?” biascicò assonnato.

Signor Simon, meno male è in casa!

Lui si tirò su, improvvisamente sveglio.

Fabio?” chiese, sentendo sin da subito che quella telefonata non aveva niente di rassicurante.

Sì, sono io! La prego, mi dica che Rea è con lei! lo implorò il ragazzo.

No, è da te, qui non torna da…

Non è da me! lo interruppe Fabio.

Sono tornato da scuola e in casa non c’era nessuno! Sono preoccupato, Rea mi aveva promesso che non sarebbe uscita senza dirmelo gli spiegò.

Ok, aspetta, spiegami cos’è successo” ordinò Jason, alzandosi e cercando i suoi pantaloni. Emma continuava a dormire beatamente sul divano.

Stamani alle otto ho salutato Rea, sono uscito di casa con la promessa di rivederci per pranzo ma quando sono rientrato la casa era vuota e nella stanza dove stava lei non c’era nessuno! Anzi, per essere precisi, non c’era niente, nemmeno il suo computer raccontò il ragazzo, nel panico.

Vengo da te, sarò lì in dieci minuti. Dammi l’indirizzo e arrivo

 

La polizia arrivò a casa Daniels nel primo pomeriggio quando, dopo un’accurata ricerca in camera di Rea, avevano capito che le sue cose erano rimaste tutte lì tranne il suo portatile e lei stessa.

Mia figlia non sparirebbe così senza dire niente, ne sono certo” si disse Jason, preoccupato. Forse aveva scoperto qualcosa ed era stata trovata, oppure… non aveva nessuna idea, constatò con dispiacere.

Ascoltatemi, dobbiamo perquisire tutta la casa, non possiamo lasciare nulla al caso” ordinò alla squadra.

Cercate ovunque, dalla cucina alla soffitta, non mi importa quanto ci mettiate, capito?” gridò.

Bearne lo affiancò e gli mise una mano sulla spalla.

“Jason, devo parlarti” esordì, sospirando. Si vedeva dalla sua faccia che non sarebbe stato un discorso facile.

Che vuoi? Non ho tempo” lo freddò lui, sentendo risuonare un allarme chiaro nella sua testa.

“Ascoltami, so che sei sconvolto, ma penso che capirai che non sono in una posizione simpatica, per niente” iniziò, cercando di usare più tatto possibile.

Arriva al punto, Bearne

Il capo si passò una mano tra i capelli e lo guardò.

“Non puoi continuare le indagini, lo sai anche tu qual è la procedura per queste cose. Sei troppo coinvolto emotivamente, rischi di intaccare il caso e di mettere a rischio anche e soprattutto te stesso. Devo sollevarti dall’incarico” gli disse tutto d’un fiato.

Che cosa? Si tratta di Rea, cazzo! Di mia figlia! Non smetterò di cercare!” si arrabbiò lui.

“Lo so, ti capisco, però…”

Però nulla! Non puoi togliermi dal caso!                                            

“Jason, cerca di capire! È la procedura standard, tu sei un familiare, non puoi indagare su una faccenda che ti riguarda in prima persona! Questa è la mia decisione” lo freddò Bearne. Riusciva a comprendere il suo dolore, ma non poteva fare niente.

Jason annuì contrariato, poi si tolse dalla cintura il distintivo e glielo consegnò, insieme alla pistola.

Come vuoi, vai al diavolo” lo salutò, uscendo dalla stanza.

“Ehi, aspetta, ascoltami!” provò a richiamarlo il capo, senza esito.

Una volta in corridoio, l’uomo indicò Fabio, che lo guardò senza sapere cosa fare.

Tu adesso vieni con me” gli disse, prendendolo per un braccio.

 

Emma aprì un occhio e si ritrovò sola, in casa Simon, nuda sul divano.

Si guardò intorno, ma non c’era nessuno. “Un biglietto?” si chiese, allungando una mano verso il tavolino.

Non ho voluto svegliarti per non allarmarti, non pensavo che fosse il caso. Sono da Fabio, Rea è scomparsa e io devo ritrovarla! Fai come se fossi a casa tua, tornerò prima che posso

Trattenne il fiato: scomparsa?

Del tipo che era fuggita via? Oddio, era colpa sua e della sua relazione col padre? Il cuore accelerò i battiti al sol pensiero.

Cercò i suoi vestiti e se li infilò, poi chiamò a casa.

Sì, lo so che dovrei studiare, però lo farò da Rea. Lo so, ma ti prometto che mi impegno. Va bene, a stasera, ciao

Non poteva rientrare prima di aver visto Jason per chiedergli qualcosa in più, avesse anche dovuto aspettare tutta la notte.

Si sedette al tavolo bevendo un bicchiere d’acqua e sentì la porta aprirsi.

Ora mi dirai tutto ciò che sai, poi chiameremo anche tua sorella” sentì dire. Si precipitò nell’ingresso col fiatone.

Che è successo? Dov’è Rea? L’avete trovata?” domandò Emma, con le lacrime agli occhi.

Ci stiamo lavorando” le rispose l’uomo.

Si avviò verso le scale che portavano in palestra e guardò i due ragazzi.

Forza, di sotto possiamo parlare più tranquillamente, che aspettate? Muovetevi!” li spronò. Loro lo seguirono, ritrovandosi in una specie di sala d’addestramento per poliziotti.

Che roba è?” chiese Fabio.

Palestra, poligono, angolo studio” elencò Jason.

Prese tre sedie e le mise in modo da vedere entrambi, poi si strofinò le mani.

Ok, dopo essere stato sollevato dal caso…

Sei stato sollevato?!” esclamò Emma, interrompendolo.

Sì, per conflitto d’interesse. Dicevo, a questo punto lavoriamo da soli. O almeno, io lavoro da solo, se voi volete aiutarmi siete i benvenuti” li invitò.

Non mi sono mai fidato dei poliziotti normali, non hanno una buona fama qua nei dintorni, per cui io sono con lei” asserì Fabio.

Anche io non ti lascio solo” confermò la mora. L’uomo sorrise.

Bene, allora dobbiamo studiare come sono andate le cose fino ad oggi per capire dov’è mia figlia” annunciò.

 

Rea, intanto, stava lentamente tornando nel mondo reale. Le faceva male la testa in maniera indescrivibile ed era sicura di avere una specie di trapano piantato nella nuca che la traforava.

Che male!” si lamentò. Provò a muovere una  mano per toccarsi, ma era bloccata.

Ma che diavolo…?

Era legata, da capo a piedi. Si agitò per vedere se le corde cedevano, ma era inutile.

Porca vacca, liberatemi!” gridò. Non ebbe risposta.

Il ricordo di ciò che era successo le arrivò tutto insieme e si rese conto di chi l’aveva colpita: Laura, la piccola e dolce Laura. Allora non aveva avuto la sensazione sbagliata, tutto sommato.

“Chi c’è?” chiese una voce flebile. Lei si guardò intorno allarmata.

“C’è qualcuno, vero? Puoi aiutarmi?” implorò quella voce.

Ci sono io, ma non ti vedo. Dove sei?” rispose Rea.

“Nella stanza accanto, credo. Com’è bello sentire una voce così gentile, per una volta” esclamò quella.

Scusa, ma sei prigioniera anche tu?” s’informò la ragazza.

“Sì, ormai da un po’. Ho perso il conto dei giorno” ammise.

Eppure lei era convinta di riconoscere quel timbro vocale, ne era certa.

Scusami, come ti chiami?” domandò.

“Io?” chiese la voce.

No, parlavo alla mia amica immaginaria” Rea scosse la testa sconsolata: stava discutendo con un’idiota.

“Mi dispiace, sono un po’ fuori fase, è colpa di tutto questo tempo passato qui” si scusò l’altra persona.

Comunque sì, lo stavo chiedendo a te. Chi sei tu?

 

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Capitolo 24
*** Sorpresa ***


Sorpresa

 

Jason camminava per casa disperato, con in mano una tazza di caffè. Emma era tornata a casa già da un’ora e lui era rimasto solo con Fabio, che al momento stava cercando di chiamare sua sorella.

Non capisco, è irraggiungibile completamente. È strano, Laura è sempre raggiungibile. Uff, da un po’ di tempo quella ragazza ha perso la testa, è cambiata completamente. Va beh, torniamo a noi, dov’eravamo rimasti?

L’uomo posò la tazza sul tavolo e si appoggiò con la mano sui fogli.

Al punto di partenza, temo. Non posso chiamare in ufficio per sentire se riescono a trovare il numero di quel famoso bidello e a scuola non mi sanno dire niente. Sembrano tutti spariti al momento, dannazione!” esclamò.

Il ragazzo sospirò.

Se fosse stato Antonio dove potremmo cercarlo?” domandò.

Non ne ho idea, ma sono quasi certo che sia stato lui. Il preside sicuramente saprà dirmi qualcosa, andiamo da lui. Ho il suo indirizzo di casa, l’orario di rientro dalle lezioni è passato da un pezzo, se non ci sono gli inservienti, a scuola, figuriamoci se c’è il preside” rispose.

Come posso aiutarla, signor Simon? Non so fare quasi niente, che posso fare?” chiese.

Jason lo guardò sorridendo.

Una pistola non saprai usarla, ma premere un grilletto è più facile di quanto pensi” lo informò.

Non ce l’ho nemmeno, una pistola!” esclamò Fabio.

Ma io ce l’ho, però. Ne ho due di riserva e una ce l’ha Rea. Siamo previdenti, in casa, sai com’è” gli disse l’uomo.

Tirò fuori dal cassetto una rivoltella e gliela passò.

Sembra piccola ma in realtà è molto potente. Spero vivamente che non ne avrai bisogno

 

Rea aveva ascoltato il racconto dell’altro prigioniero con gli occhi sgranati, incredula e stranita. Le sembrava davvero che tutta quella storia fosse assurdamente inventata, ma parola dopo parola si rendeva conto che il tutto aveva un senso.

Questo spiega come mai siamo qui” commentò infine.

“Già. Mi fa piacere sapere che sei con me, mi sento più tranquilla” rispose l’altra.

Beata te, io sono molto poco tranquilla, invece. Quanto tempo è che sei qui?

“Non lo so, ho perso il conto. Non c’è un orologio, ma da quella finestra entra un po’ di luce, ogni tanto, quindi qualche volta ho provato a tenere il conto dei giorni, ma alla fine mi sono persa d’animo e ho smesso. Più di un mese, comunque, penso” disse.

Più di un mese. Da quella stupida festa in discoteca. Sono una deficiente, ecco la verità!” esclamò Rea, stringendo i pugni arrabbiata.

Sentì qualcosa di duro sui polsi e cercò di guardarsi dietro le spalle, ma era legata troppo stretta.

Piegò una mano verso l’interno del braccio e allungò le dita più che poteva. Alla fine ci arrivò.

Ah-ha! Cosa sei tu?” chiese retoricamente.

Sentì con i polpastrelli che era qualcosa di appuntito e decise di provare.

Piegò qualsiasi cosa avesse in mano contro le corde e iniziò a muovere su e giù, tentando di ledere i lacci.

Ci metterò  una vita così” si lamentò.

In quel momento una porta di aprì e lei sobbalzò, spaventata.

Si voltò per guardare chi ci fosse, ma controluce non riusciva a distinguere bene le forme.

“Ancora viva?” chiese una voce rauca e profonda. Rea la riconobbe e rabbrividì.

Cosa vuoi tu? Vattene via, mio padre sta per arrivare!” lo minacciò.

“Sì, sì, certamente. Lo so da solo quanto tempo ci metterà tuo padre a trovarti, anche volendo non riuscirebbe ad essere qui prima di alcune ore. E tu, nel frattempo, sarai morta” rispose quello.

La ragazza si sentiva tremare di paura e non sapeva come fare.

Non la passerai comunque liscia” tentò.

“Questo è poco ma sicuro. Ora stai ferma, altrimenti mi ci vorrà una vita” le consigliò l’uomo, avvicinandosi con un coltello.

Rea si mise a piangere silenziosamente.

 

Jason suonò a casa del preside e attese. Quando l’uomo andò ad aprirgli e lo vide, sbiancò.

“Oh, si-signor Simon, che ci fa qui? C-ci sono problemi?” balbettò.

Lui sorrise gentilmente.

No, si figuri. Avrei solo bisogno di un’informazione” lo tranquillizzò. L’uomo si guardò intorno, sudando e respirando affannosamente.

“A-adesso? Avrei da fare e non ho molto tempo” disse. Jason alzò un sopracciglio, poco convinto.

Non ci vorrà molto, faremo subito e ce ne andremo” assicurò.

“Faremo?”

Fabio spuntò da dietro le spalle di Jason e salutò il preside con una mano.

Buonasera

“Fa-Fabio, buonasera” ricambiò.

Li fissò impaurito e poi sospirò.

“Va bene, un minuto posso anche concedervelo. Che vi serve?” chiese.

Per caso ha un recapito di Antonio, il vostro bidello? Mi servirebbe trovarlo” spiegò l’uomo.

“A-Antonio? Se n’è andato qualche giorno fa da scuola e…”

“Sergio! Dove sono le chiavi della stanza di sotto, ci sono quelle due che…”

Una donna non molto alta, con i capelli raccolti in uno chignon e gli occhiali neri che coprivano metà faccia apparve dietro al preside, che sbiancò anche di più.

“O-ora arrivo, Samantha, tu aspetta di là” rispose.

Samantha squadrò gli ospiti da capo a piedi e poi annuì.

“Va bene, tu muoviti, temo che abbiamo un problema” lo spronò.

Jason capì da solo che c’era qualcosa che non andava, non serviva un genio per comprenderlo, e il suo cervello si mise in moto.

Grazie per tutto, signor preside, noi andiamo” salutò, prendendo Fabio per un braccio.

Ma…” provò il ragazzo. Lui lo fulminò.

Arrivederci” salutò anche lui.

Quando furono in macchina, lontani da lì, lo guardò.

Che è successo?” domandò confuso.

Abbiamo il nostro colpevole” rispose Jason.

 

Rea temeva che la sua fine sarebbe arrivata a soli vent’anni. Aveva paura, le mancava suo padre e tutto ciò che voleva in quel momento era non essersi mai messa a indagare senza aiuto. Era stata la cosa più stupida che potesse fare, e solo ora si rendeva conto di quanto suo padre fosse un aiuto prezioso.

Chiuse gli occhi quando l’uomo si avvicinò a lei, ma il coltello non la sfiorò minimamente.

Le corde che la stringevano si sciolsero tutte insieme, lasciandola libera di muoversi senza problemi.

Ma che…?

“Non sono io il cattivo, detective in gonnella. Hai sbagliato uomo” le disse Antonio.

Cosa? Sì che sei tu, ti ho visto mentre…

“Mentre litigavo con quel cretino? Ovvio che mi sono infuriato, ha voluto utilizzare le nuove droghe nonostante tutti i miei avvertimenti, e così si è messo nei guai. I ragazzi non ascoltano mai i bidelli” le spiegò l’uomo, sospirando sconsolato.

Rea non ci credeva, tutto ciò era sempre più assurdo.

Come sapevi che ero qui, scusami?

“Ti tengo d’occhio da mesi, mia cara investigatrice”

COSA? Sei uno stalker?

“Uno stalker non ti avrebbe salvata, genio. Sono solo uno che si interessa ai suoi ragazzi e che sa benissimo che nessuno studente sano di mente cambia scuola a marzo della quinta superiore. Sapevo che non eri un’alunna normale, facevi troppe domande. Poi, naturalmente, ti ho vista sparare alla macchina di Samantha, quella sera in discoteca” le spiegò Antonio. Tirò fuori dalla tasca una pistola e gliela passò.

“Tieni, ti servirà sicuramente. Adesso andiamo a liberare la tua amica, non le è sicuramente piaciuto star qui rinchiusa” le disse, uscendo in corridoio.

Rea lo seguì senza fare domande: si sentiva abbastanza confusa così.

Aprirono la porta dell’altra cella e videro la ragazza seduta da una parte, con i vestiti sporchi e il viso polveroso.

Li fissò sorridente e si mise a piangere.

“Pensavo che nessuno mi avrebbe più fatta uscire di qui” disse, prima di svenire.

 

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Capitolo 25
*** Su due fronti ***


Su due fronti

 

Antonio portava in braccio la ragazza mentre Rea stava con l’orecchio teso ad ascoltare che non arrivasse nessuno.

Certo che sono un tipo più lento di quel che credevo. Ero sicura che fossi tu il cattivo della situazione” commentò lei. Il bidello sospirò.

“Ma non mi dire” rispose acido.

Ehi, se ti comporti come uno che ha da nascondere delle cose mica è colpa mia!” lo accusò la ragazza.

Si affacciò dietro un angolo e vide una lunga scalinata che saliva.

Siamo in una cantina?” domandò.

“Perspicace”

Smettila col sarcasmo, mi urti i nervi!

“Sì, siamo in una cantina. Per la precisione nella cantina del tuo preside” le spiegò.

Del preside?” si stupì Rea. Si guardò intorno come se cercasse una risposta più plausibile ma comprese da sola che era quella la risposta.

“Lui e Samantha hanno ampliato un po’ le basi della casa e hanno così allargato la cantina. In questo modo hanno potuto arrangiarla come prigione”

La ragazza si mise una mano sulla fronte, confusa.

Perché tu sai tutte queste cose? Ma soprattutto, se loro sono di sopra, tu come cavolo hai fatto ad entrare?!” domandò istericamente. Troppe informazioni tutte insieme.

“Sto dietro al preside da un po’ e ho visto che portavano qui la tua amica, poi dopo, quando hanno portato anche te, ho notato che si chiudevano nello studio. Che altro potevo fare? Lasciarvi qua? Non mi pareva il caso, così sono entrato usando il vecchio metodo di aprire la porta con una carta di credito e mi sono nascosto fin quando non sono potuto venire qui”

In pratica sei una specie di detective, ho capito

“Sono solo un bidello che odia veder sparire cadaveri!” ribatté lui.

Cadaveri?

“Dove pensi che siano finiti i ragazzi scomparsi, a Disney world?”

Rea si sentì gelare.

 

Jason si appostò con la macchina fuori dalla casa del preside con Fabio a fianco. Emma era a casa e aveva l’ordine di chiamare la polizia se non si fossero fatti sentire ogni dieci minuti.

Stavano guardando l’interno dell’appartamento con un binocolo e stavano in silenzio religioso.

Secondo te Rea è lì?” domandò il ragazzo.

L’uomo annuì.

Quasi sicuramente” rispose.

Aveva la sensazione che quella donna, Samantha, gli ricordasse qualcuno, anche se non riusciva a focalizzare chi.

Cosa facciamo?” chiese Fabio.

Aspettiamo che vadano a dormire e poi entriamo. Non posso fare altro, non ho il permesso di chiedere un mandato per perquisire la casa e, anche se l’avessi, ci vorrebbe troppo tempo. Visto com’è andata la situazione finora, ogni momento è prezioso per salvarla” gli disse.

Il ragazzo storse la bocca.

E se ci fosse qualcun altro in casa?

Non c’è” rispose Jason, sicuro.

Ma…

Senti, dobbiamo rischiare! Se non lo facciamo quelli l’ammazzano!” esplose.

Scese di nuovo il silenzio nell’abitacolo e lui sospirò disperato.

È l’unica possibilità che abbiamo” lo informò.

Va bene, mi fido” decise Fabio.

Si rimisero il binocolo agli occhi e guardarono dentro.

Le luci erano accese, ma non si vedeva nessuno.

Che succede?”chiese Jason. Quella situazione non gli piaceva.

Si sentì una specie di urlo stridulo e prolungato e poi un colpo di pistola. Delle ombre apparvero proiettate sulle tende gialle, sembrava stessero lottando.

Merda!” esclamò  l’uomo, scendendo di macchina di corsa, seguito da Fabio.

Arrivarono davanti alla porta di casa e iniziarono a suonare.

Aprite subito, polizia!” gridò, ma non ebbe risposta.

Iniziò a battere con la spalla alla porta, cercando di aprirla senza successo.

Posso?” domandò il ragazzo. Sfoderò la pistola e sparò un colpo alla serratura, che saltò lasciando la porta aperta.

Prego” disse divertito.

Il divertimento fu subito rimpiazzato dalla paura quando vide che Antonio aveva in mano una rivoltella e la stava puntando contro Rea e Laura, che erano stese a terra.

Che stai facendo?” esclamò, lanciandosi su di lui. Il bidello si spaventò quando se lo vide arrivare addosso e perse la mira, così che la bionda poté dare una testata a Rea, togliendosela di dosso.

Maledetta!” le disse lei, alzandosi in piedi e seguendola di corsa.

Jason sfoderò anche la sua pistola e andò a cercare il preside, che trovò con la testa tra le mani, seduto sul divano. Accanto aveva una ragazza semi-svenuta che giaceva supina.

Ma che…?

L’uomo alzò lo sguardo e lo fissò, con occhi speranzosi.

“Faccia finire tutto questo” lo implorò.

In quell’istante ci fu un altro colpo di pistola e Rea gridò di dolore.

Non ce la fai ad affrontarmi a mani nude?” chiese in direzione della bionda.

“Fossi scema!” rispose quella, ridendo.

Fabio era ancora occupato a tenere fermo Antonio, che cercava disperatamente di bloccarlo.

“Ragazzino idiota, non sono io il cattivo!” urlava, ma quello non lo sentiva.

Stavi per sparare alla mia ragazza!

“Stavo per sparare a Samantha, deficiente!”

Jason non sapeva più che fare, si sentiva preso tra due fuochi. Alla fine alzò la pistola al soffitto e sparò un colpo, che risuonò in tutta la casa.

Ne seguì un silenzio glaciale.

Samantha, ti dichiaro in arresto!” esclamò poi, tirando fuori dalla cintura le manette. La bionda strinse gli occhi e continuò a puntare la magnum su Rea.

“Se fai un altro passo la uccido” lo minacciò. Lui si bloccò e la guardò impaurito.

Non aggravare la tua posizione, sei accusata di almeno sedici omicidi e di spaccio di droga” le ricordò. La donna non mosse un muscolo.

“Fatemi uscire o l’ammazzo” ripeté.

Jason si sentiva alle strette, non sapeva come proteggere sua figlia.

Ma per favore!” esclamò Rea. Samantha l’aveva persa di vista e lei ebbe la possibilità di alzarsi di terra e gettarsi su di lei.

Così impari a spararmi a un braccio!” gridò, sovrastandola col suo corpo. La bionda provò a divincolarsi ma a quel punto l’uomo le fu sopra con le manette e la bloccò.

Fossi in te starei ferma” le consigliò.

La ragazza sorrise trionfalmente e si spostò, piuttosto acciaccata.

Che dolore” commentò toccandosi la spalla.

Alzò gli occhi su Antonio e Fabio, che erano rimasti immobili.

Smettetela di litigare, siete dalla stessa parte” li sgridò.

“Ma dai?” chiese il bidello sarcastico.

Il ragazzo si mosse velocemente e le fu accanto.

Stai bene?” domandò preoccupato.

Ho avuto giorni migliori” rispose lei, ridendo.

Il preside si alzò con tutta la compostezza che riusciva ad avere e si avvicinò a Jason con i palmi rivolti verso l’alto.

“Per favore” lo implorò. Lui lo guardò stranito e poi annuì.

“Sergio sei in arresto. Qualsiasi cosa che dirai verrà usata contro di te” disse, ammanettandolo.

Samantha stava continuando a scalciare, ma i suoi occhi incontrarono quelli di Fabio, che trattenne il fiato. Spostò lo sguardo sulla ragazza debole e svenuta sul divano e comprese.

Comprese di essere stato uno stupido per delle settimane.

Ma che…

Rea lo notò e sospirò.

Fabio, ti presento tua sorella Laura degli ultimi due mesi e mezzo” lo informò.

 

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Capitolo 26
*** Fatica ***


Fatica

 

Mezz’ora dopo Jason stava litigando con un Bearne piuttosto arrabbiato, Laura era stata spedita con un’ambulanza in ospedale e Rea era dai medici della polizia a farsi fasciare il braccio con Fabio accanto a sé.

Che fatica” si lamentò lei, stringendo un panno sul buco che la pistola le aveva lasciato sulla spalla.

Certo che tu un po’ più di attenzione non potevi farla?

Io non avevo capito che tua sorella era la cattiva, sai?” lo freddò. L’infermiere iniziò a stringerle delle fasciature intorno al braccio, facendola lamentare.

Lo so, stavo solo cercando di smorzare un po’ l’aria. C’è Bearne laggiù che tra poco ammazza tuo padre” le spiegò, indicando i due uomini che si stavano urlando contro. Rea fece spallucce.

Se lo merita” disse. Fabio la guardò male.

Se lui non avesse continuato a cercarti chissà come sarebbe andata a finire

Nel modo migliore possibile! C’era Antonio ad aiutarmi” rispose. Lo sguardo pungente del ragazzo la fece arrossire.

Ok, va bene, ti posso anche dare ragione, ma io sono arrabbiata con lui!” esclamò.

Le fu legato il braccio intorno al collo.

“Tenga ferma la spalla, signorina Simon, per un mese e ogni tre giorni si faccia cambiare la fasciatura” le ordinò il medico. Lei mosse un po’ la spalla poi gli sorrise.

Grazie

Fabio si sedette sul camioncino vicino a lei e le piantò addosso i suoi occhi indagatori, mettendola in soggezione.

Te ne prego, risolvete questa faida. È stato disperato per tutto il tempo in cui non sapeva dov’eri. Io non so che è successo tra di voi, non me ne hai mai voluto parlare e non ti chiederò di dirmelo ora, però fai un passo verso di lui” la implorò. Rea scosse la testa.

Non ancora” rispose.

Il ragazzo sospirò e si appoggiò con la testa alla parete del furgoncino, guardando in alto.

Che è successo in quella casa?” domandò per cambiare discorso. Lei rise amaramente.

Antonio ci ha liberate. Io sono stata tramortita da Samantha a casa tua e mi ha portata qui, prendendo anche il mio computer e non so cos’altro: le prove che avevo all’attivo erano troppe, nonostante pensassi che fosse tutta colpa di Antonio avevo già capito che i ragazzi erano stati drogati. Quando mi sono risvegliata tua sorella mi ha parlato tramite una specie di apertura sulla parete o qualcosa di simile e mi ha raccontato che era stata rapita; io ho ricollegato i tempi a poco dopo la serata con te in discoteca, ti ricordi? Quando è stata rapita Mary e io ho sparato su quella macchina che ha provato a investirmi” raccontò.

Sì, come dimenticare il nostro primo appuntamento romantico” rispose lui sarcastico. Rea rise divertita.

Sono una che lascia il segno, che vuoi farci? Comunque, probabilmente era Samantha a guidare quella macchina e mi ha riconosciuta, per cui con un po’ di trucco e un po’ di tinta per capelli si è finta Laura. Tutto sommato non le deve essere risultato difficile, sono molto simili fisicamente e al giorno d’oggi la paraffina fa miracoli. Alla fine tutto questo era per spiarmi e fare in modo che io non capissi che in realtà il traffico di droga si svolgeva a scuola sotto l’occhio attento del nostro amatissimo preside” spiegò.

Ma perché fare una cosa simile?

Per soldi. L’istituto sta attraversando un periodo piuttosto buio e i fondi mancano: le famiglie preferiscono non investire nella scuola perché la crisi ha colpito un po’ tutti e i soldi vengono messi da parte. Comunque Samantha, venuta a conoscenza di questi problemi, ha proposto al preside di testare sui ragazzi una nuova droga sintetica che risulta introvabile alle normali analisi di routine sui cadaveri e lui, messo alle strette, si è messo in gioco. All’inizio andava tutto bene, anche se la droga diventava quasi subito una dipendenza per gli studenti, e i soldi hanno iniziato ad arrivare, poi ci sono stati i primi cedimenti e i primi morti. Da uno a sedici in poco tempo. Il preside si è fatto prendere dal panico e voleva finirla con lo spaccio ma Samantha ha preferito fare di testa sua e ha rapito i ragazzi che mostravano segni di dipendenza troppo avanzata, quelli che, cioè, dopo poco si sarebbero sentiti male. Diciamo che la situazione è degenerata e che il preside non è riuscito a fermare la donna che ormai si era presa il diritto di usare i ragazzi come più le pareva e Antonio ha scoperto tutto. Quando mi ha rapita, Samantha era sicura di togliersi di torno tutti i suoi problemi ma alla fine le è andata peggio che mai perché noi siamo riusciti a prenderla di sorpresa uscendo dalla cantina. Inoltre, il preside ha deciso di non reagire: non voleva più essere in quelle condizioni, si sentiva in colpa e non voleva più che i ragazzi morissero, quindi Samantha è stata fregata” concluse.

Fabio trattenne una risata e poi la guardò.

Sei un tipo per niente noioso, sai?” le disse. Rea si stupì.

Oh, beh, se volevi una noiosa bastava che ne scegliessi una a caso in mezzo a tutte quelle oche liceali” ribatté.

Potrei farci un pensierino” la sfidò lui. La ragazza gli sorrise.

Provaci, tesoro” lo invitò.

Lui scosse la testa e la baciò lievemente.

Mi basti tu” le assicurò. Lei si posò con la testa sulla sua spalla.

Meno male, non mi piacciono le liceali, sono tutte frivole e superficiali” confessò sollevata.

Tu no

Non sono una liceale, lo sai. Da domani probabilmente smetterò di venire a scuola, ormai io ho finito” lo informò. Fabio rimase in silenzio, poi si spostò per guardarla.

Non… non vieni più?” le domandò. Rea scosse la testa.

Figurati. Ho fatto il mio percorso da studentessa e adesso basta così. Mi sono divertita, tutto sommato le superiori non sono così male, ma sono felice della mia scelta di studiare a casa, non sarei riuscita a star dietro a ritmi come questi, sono odiosi” rispose.

Ma mi lasci solo?” la accusò il ragazzo. Lei rise.

Ma figurati, fossi scema! Semplicemente ci vediamo fuori dalle mura scolastiche da ora in poi” spiegò.

E con la scuola di polizia?

La ragazza sospirò tristemente.

Sono fuori tempo massimo, devo aspettare un anno prima di poter fare di nuovo la domanda, purtroppo. Questo significa stare di nuovo ferma a non fare niente, il che mi fa venire l’ansia” ammise.

Non prendi più le pillole, vero?

Rea arrossì.

Ogni tanto sì, non posso farne a meno, che ci vuoi fare? Il respiro mi si mozza in gola e penso di morire, senza quelle soffocherei” rispose. Fabio la guardò male.

Smettila, lo sai che quegli attacchi sono solo colpa tua” la sgridò.

Ma…

Senti, ti sei mai chiesta perché tuo padre ti abbia sempre tenuta sotto una bolla di vetro e abbia cercato di non farti entrare in polizia?” le chiese. Lei rimase zitta.

Secondo me l’ha fatto perché sa che tu hai paura. Tu hai sempre paura, tutto sommato: sei una ragazza forte e indipendente, certo, ma al minimo ostacolo un po’ più grande ti tiri indietro e non sai come affrontarlo, così ti vengono gli attacchi d’ansia. In una situazione come quella che Jason ha affrontato, dove sua figlia era stata rapita da dei malviventi, tu probabilmente non avresti saputo cosa fare” le spiegò. Rea storse la bocca.

Qualsiasi cosa sia a farti entrare il panico in corpo, tu evita quelle pillole” le consigliò.

La ragazza annuì.

Va bene, ma smettila con la paternale” accettò. Fabio le baciò la testa e poi la strinse un po’.

Sai che ho capito una cosa stasera?” la informò.

Cosa?” chiese Rea, appoggiandosi al suo petto. Le dava la stessa tranquillità che provava quando era suo padre ad abbracciarla.

Ho capito che ti amo” confessò alla fine.

Nel camioncino scese il silenzio e lui si sentì un perfetto idiota nell’averle detto quelle cose. La ragazza sorrise.

Fabio Daniels, sei un tipo strano” rispose.

Co…?

Queste sono cose da dire con una certa atmosfera, in un posto romantico e lontano dal mondo, dove non esistono preoccupazioni” lo informò. Poi lo guardò felice.

Però anche io ti amo” ammise, baciandolo. Lui sospirò sollevato.

Ti giuro che stavo per rimangiarmelo” le disse. Rea rise.

Perché?

Hai idea di quanto abbia sofferto negli ultimi due minuti?” le chiese.

Ne è valsa la pena?” domandò lei. Il ragazzo sbuffò contrariato.

Direi di sì” rispose.

Allora l’attesa non conta

Rea si stese su di lui, stanca. Era sfinita, aveva faticato più in quei giorni che in vent’anni di vita e voleva dormire un po’.

Prima di chiudere gli occhi vide suo padre che si sedeva da solo su una di quelle sedie portatili e si sentì triste e sola. Le mancava, le mancava in modo terribile e ora quella mancanza pesava.

Ora, abbandonata tra le braccia del ragazzo che amava e che la ricambiava, avrebbe voluto essere con suo padre, lì a vedere il suo sguardo orgoglioso e a sentirsi dire “Brava piccola, sono fiero di te”. E invece no, erano entrambi soli.

Era così sbagliato avercela con lui perché usciva con Emma? Tutto sommato, se si piacevano e volevano stare insieme, erano tutti e due grandi e vaccinati, avevano la capacità di decidere.

Si addormentò con un sospiro e dormì fino al giorno dopo.

 

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Capitolo 27
*** Orgoglio ***


Orgoglio

 

Quando si svegliò era in ospedale. Non ricordava di esserci andata, ma dato che aveva più o meno perso i sensi in un’ambulanza era plausibile che lei lì non ci fosse mai andata coscientemente.

Si mise seduta e sentì subito il fastidio della fasciatura stretta al collo.

Maledette bende” si lamentò.

Sentì una specie di basso ronzio e si voltò, deglutendo a fatica quando vide suo padre che dormiva su una poltrona. Era messo con la testa ricurva verso il basso, tutto piegato e torto. Non doveva essere una posizione comoda.

Allungò una mano un po’ esitante, poi lo sfiorò.

Papà?” lo chiamò. Quando pronunciò quella parola si rese conto di quanto le fosse mancato dirla.

L’uomo sussultò e si guardò intorno spaesato, poi la vide e si tranquillizzò.

Buongiorno” la salutò, stiracchiandosi.

Mi fa male una spalla” si lamentò.

Per forza, hai dormito piegato come un compasso” lo sgridò lei.

Non avevano un altro letto da prestarmi!” si scusò Jason. Rea rise.

Ma tu fossi cambiato di una virgola, negli ultimi giorni, eh?” lo prese in giro.

Nonostante la sua frase volesse essere allegra e tranquilla, si rese subito conto che aveva invece premuto un tasto dolente.

Scusa” disse subito.

No, io sono qui per risolvere, non scusarti” la tranquillizzò. La ragazza sospirò.

Che vuoi risolvere? Vai a letto con Emma!” gli fece presente.

Jason annuì.

Lo so, sono un padre orrendo, me ne rendo conto. E ti giuro che ho provato ad essere mille volte migliore rispetto a come non sarò mai, ma il problema è che non l’ho fatto apposta! Non volevo ferirti, non lo vorrei mai, io vorrei che tu fossi felice per sempre, vorrei renderti felice e invece ti ho portata a questo. Mi odi, vero?” le chiese. Rea ci pensò un po’, in silenzio.

No” rispose alla fine. Jason la guardò sorpreso.

No?

No, non ti odio, affatto. Io odiavo solo il fatto che tu non ti fidassi abbastanza di me, che tu non mi abbia mai detto cos’era a farti stare male” spiegò.

Ma…

Fammi finire, papà. Tu ed io siamo soli da una vita, ormai, siamo sempre stati soli praticamente. La mamma se n’è andata troppo presto per quanto mi riguarda e tu non hai mai voluto nessun’altra. Non fraintendermi, sono felice se tu sei felice, però speravo che dopo tredici anni ti saresti fidato a dirmi ciò che ti passa per la testa. Invece hai preferito tenerti tutto dentro, stare male da solo e poi fare le cose alle mie spalle. Hai presente come ti sei sentito tu quando hai scoperto che stavo con Fabio? Ecco, io sono stata dieci volte peggio, mi sentivo una nullità perché nemmeno mio padre si fidava a dirmi le cose” raccontò.

Non sapevo che altro fare quando ho visto che baciavi Emma, ero nel panico: ho odiato te e lei e ho sperato che vi capitasse qualcosa affinché capiste come mi sentivo, perché questo proprio non dovevate farmelo. Ma poi dopo ho capito” ammise.

Jason, che era stato zitto per tutto il tempo, cercò di non commuoversi.

Cosa?” chiese.

Sono stata in quella cantina non per molto, anzi a dirla tutto mi è andata piuttosto bene: se avevo sfortuna, potevo essere ancora lì, chissà. Comunque, nonostante ciò, quando sono uscita mi sono chiesta cosa sarebbe successo se al mio ritorno a casa tu non ci fossi stato perché avevamo litigato o se, peggio ancora, io non ne fossi uscita viva. Davvero volevo andarmene col ricordo di te che mi facevi stare male o preferivo risolvere? Era inutile starci male, sono sicura che se tu ed Emma avete iniziato una qualche relazione sicuramente non sarà qualcosa di passeggero e che, volenti o nolenti, non riuscirete a fermare ciò che provate, è inutile. Quindi io non dovrò essere quella che vi mette i bastoni tra le ruote, non me lo perdonerei mai: e se la tua felicità fosse proprio lei? Se fosse Emma colei che ti farà ritrovare il sorriso? Non voglio essere io a toglierti la felicità” ammise.

Piangeva silenziosamente, ma sorrideva.

Io sarò felice qualsiasi cosa tu decida, papà” gli promise.

Jason la abbracciò senza sapere cosa dirle, tenendo stretta tra le braccia quella bambina che poche ore prima aveva rischiato la vita. Senza non sarebbe riuscito a stare, questo era sicuro.

Ti voglio bene” le disse solamente. Altre parole sarebbero state inutili, lo sapeva.

Anche io, papà

 

Una volta fuori di lì, Rea e Jason andarono a prendere un gelato. Rimasero in silenzio per quasi tutto il tempo, godendosi quei minuti di tranquillità.

Quindi tu e Fabio siete affermati ora?” chiese l’uomo, incuriosito.

Sì, decisamente sì. Credo… credo di amarlo, sai?” confessò la ragazza, avvampando.

E lui ti fa felice?

Come nessuno mai

Lui la strinse forte.

Allora è giusto così” le assicurò.

Rea tergiversò un po’, poi sospirò.

Tu ed Emma, invece?” domandò infine. Jason temeva quella domanda, ma sapeva che sarebbe arrivata. Sospirò.

Non lo so, a me lei piace e basta. Che ti devo dire? Non riesco a starle lontano ma so che è sbagliato starle vicino” rispose.

Non sono ancora pronta a parlarle, ma secondo me dovreste conoscervi un po’ meglio” gli suggerì.

Oh, ma lo so. L’unico problema nato eri tu” la prese in giro.

Ah, grazie eh!” fece finta di arrabbiarsi lei, ridendo.

Anche l’uomo rise, poi si fermò a guardarla.

Secondo te è giusto che uno della mia età esca con una liceale?” le chiese.

Secondo me è giusto seguire il proprio cuore” spiegò Rea, facendo spallucce.

Fosse facile

Ma lo è! Insomma, se non te la togli di testa e lei non si toglie di testa te tanto vale che vi vediate! I problemi nasceranno dopo!” esclamò lei.

Forse il mio è solo orgoglio, in fin dei conti

Ne uccide più l’orgoglio della spada

Quand’è che sei diventata così saggia?

Ho un buon maestro, che vuoi farci?” rispose la ragazza, continuando a ridere.

Poi tornò seria tutto insieme.

Anche se adesso dovrò tornare a non fare niente per chissà quanto tempo” sospirò. Lui la fissò.

Che intendi dire?

Avrei dovuto portare la domanda per entrare in polizia alcuni giorni fa, ora sono fuori tempo massimo per l’iscrizione, il che significa che devo aspettare un anno per poter fare il corso” gli disse.

Jason sorrise.

Già, a proposito di quella… ho parlato con Bearne qualche giorno fa” la informò.

Per cosa?

So di essere stato un idiota e che devi fare le tue scelte, così gli ho chiesto se aveva intenzione di farti entrare nella squadra e che io avrei dato le referenze per accelerare l’assunzione. Ho firmato le carte al posto tuo” le annunciò, tirando fuori dalla tasca della giacca un foglio con su scritto “Approvato” a caratteri cubitali.

Rea prese il foglio e lo guardò con occhi sgranati, senza sapere cosa dire.

Ma tu non volevi!” esclamò.

Io avevo solo paura che tu non ce la potessi fare, ma so che sei una ragazza meravigliosa e che riuscirai a rendermi fiero di te. E poi non sarai sola, io sarò sempre con te, ogni volta che ne avrai bisogno” le promise.

Lei si lanciò verso di lui e lo strinse con l’unica mano libera che aveva.

Grazie, grazie, grazie, grazie!” gli disse.

Jason rise.

Però vedi di impegnarti!” si raccomandò.

Sarò la poliziotta migliore che tu abbia mai conosciuto, te lo giuro!” disse lei, asciugandosi gli occhi.

L’uomo la abbracciò di nuovo e sorrise.

So che lo sarai, io ho fiducia in te” le assicurò.

E stavolta era sincero.

 

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Capitolo 28
*** Ritorno alla normalità ***


Ritorno alla normalità

 

Emma una mattina uscì di casa per andare a scuola, qualche giorno prima degli esami di maturità, e si trovò Rea davanti, appoggiata al muretto che l’aspettava. Aveva ancora il braccio fasciato, ma sembrava stesse bene.

Quando la vide le sorrise.

Ehi” le disse, andandole davanti. Lei non seppe che rispondere.

Lo so, anche per me è strano, ma parliamo un po’, ti va?” le propose.

La mora semplicemente annuì.

Si misero a camminare fianco a fianco e Rea non sapeva bene come comportarsi.

Mi dispiace per quello che ho fatto” le disse infine.

So che papà è molto affezionato a te e se anche tu sei innamorata di lui io non ho diritto di ostacolarvi” ammise controvoglia.

Emma la fissò incredula.

Quindi?” chiese senza capire.

Quindi nulla, se lui è felice io sono felice con lui. Dopo quest’esperienza ho capito che non posso permettermi di perdere papà. Tanti ragazzi sono morti e quelli rapiti non torneranno mai a casa, i loro genitori non li ritroveranno mai. Pure io ho rischiato che le ultime parole che avevo detto a mio padre fossero che lo odiavo e questo mi ha fatto capire che non voglio più essere arrabbiata. Certo, è strano pensare che una ragazza più piccola di me stia con papà, ma sono cose che possono capitare, al cuor non si comanda in fondo” rispose con un’alzata di spalle.

Una ragazza più piccola di te? Noi abbiamo la stessa età” disse Emma.

Rea la guardò, poi rise di gusto.

Sai, non sai tutto sulla vita di papà. Stamani vieni con me, devo spiegarti delle cose” decise, prendendola sottobraccio e portandola alla macchina.

 

Rea sapeva che Emma sarebbe riuscita ad accettare tutto quello: lo vedeva da come ne parlava, che Jason le piaceva davvero. Non sapeva però che Jason le aveva già raccontato tutto, se pur omettendo qualche dettaglio.

Comunque la storia è finita. Ora o scappi o ti abitui” le disse alla fine, addentando la sua brioche.

L’altra fece un grosso sospiro e poi la guardò sconsolata.

Io non riesco a non innamorarmi di persone complicate, che vuoi farci? Tuo padre mi piace, mi piace davvero tanto, per cui non voglio tirarmi indietro” le chiese.

Tutto quello che vuoi. Però ti do un consiglio per la tua sopravvivenza: non fargli del male, non prenderlo in giro, non ti azzardare nemmeno lontanamente a pensare di fare come ti pare, capito? Se gli capita qualcosa ti strozzo io stessa. Conosco dieci modi per strozzare una persona senza che rimangano i segni” la avvertì sorridendo.

Quel sorriso inquietò Emma, che la fissò spaventata.

Scherzi?” le domandò.

Nemmeno un po’” rispose Rea angelicamente.

La mora rimase in silenzio e poi rise.

Va bene, come vuoi. L’importante è che tu sia felice che io esca con Jason” disse.

Tu gli fai bene, che vuoi farci? Se gli impedissi qualsiasi cosa me ne pentirei, per cui vivete felici e contenti!” le augurò.

Si alzò e rise anche lei.

E mi raccomando, non metterti a sperare che ti chiami mamma” la prese in giro.

La mora si intristì per finta.

Ma io ci speravo!” disse sarcastica.

Non si può mica avere tutto nella vita, che vuoi farci? Imparalo adesso” la informò.

Lasciò i soldi della colazione sul tavolo, poi la fissò sorridendo dolcemente.

Emma, a me farebbe piacere che noi fossimo ancora amiche. Sei la prima persona con cui mi interessi sul serio mantenere l’amicizia e non so nemmeno io perché, però voglio sul serio che tutta questa situazione funzioni, quindi impegniamoci, ok?” la pregò.

Emma rimase zitta, poi ricambiò il sorriso.

Ti prometto che ce la metterò tutta

 

 

Jason e Rea erano fuori dal liceo e aspettavano.

Mi annoio” si lamentò la ragazza.

Manca poco, su” la consolò suo padre.

Tutto era tornato alla normalità, ormai: Emma e Fabio stavano aspettando i risultati degli esami dentro scuola; loro si erano rimessi a lavorare; i ragazzi erano tornati al normale svolgimento delle lezioni, il preside e Samantha erano stati incarcerati con un sacco di accuse sulle spalle, tra le quali spaccio, omicidio colposo e occultamento di cadavere; i genitori degli studenti morti avevano deciso di fare il funerale tutti insieme, per rispetto alla memoria dei figli. Tutto sommato avevano mantenuto un certo contegno elegante quando avevano saputo tutta la storia, Rea non se lo aspettava.

Per quanto riguardava lei, si era rimessa a studiare per diventare poliziotta. L’addestramento sarebbe durato per qualche mese, ma le piaceva essere utile in qualche modo.

Bearne aveva urlato fin quasi a perdere la voce contro lei e suo padre quando erano tornati in stazione di polizia dopo quella sera, non l’avevano mai visto tanto arrabbiato. Prima aveva sgridato Jason perché aveva fatto come gli pareva nonostante il divieto di indagare ancora, poi era passato a Rea, gridandole contro perché si era occupata del caso tutta da sola.

Tutto sommato era stata una scena piuttosto comica, anche se avrebbe dovuto essere drammatica, ma vedere Bearne rosso in viso e con una vena pulsante sul collo era troppo divertente.

La ragazza fu distolta dai suoi pensieri quando vide Antonio che in lontananza puliva il cortile. Sorrise e gli si avvicinò.

Ciao bidello” lo salutò. Lui alzò gli occhi dalle foglie che stava raccogliendo e sorrise lievemente.

“Ciao detective in gonnella” ricambiò. Lei si sedette a terra.

Come va la vita? Sei tornato al tuo solito lavoro, vedo

“Perspicace come sempre, tesoro. Il nuovo preside mi ha ripreso nonostante avessi mandato in culo l’altro e visto ciò che ho fatto e l’aiuto che ho dato alla società, parole sue, sono adatto a fare il bidello” le spiegò.

Sono felice per te” disse Rea sinceramente.

“Tu?”

Il solito: polizia, Fabio, mi abituo alla storia tra papà ed Emma” minimizzò la ragazza, continuando a sorridere.

“Personalmente non capisco che problemi hai con tuo padre e la moretta strana, ma non te lo voglio nemmeno chiedere. Che ci fai qui, piuttosto?”

Aspetto che i nostri liceali escano con i risultati della maturità” rispose.

“Giusto, oggi c’erano i risultati!” si ricordò l’uomo, fermandosi.

Già. Stiamo aspettando che escano da lì, non ce la faccio più. Odio aspettare” ammise storcendo la bocca.

“Ogni tanto la calma e la pazienza sono importanti, servono per affrontare i problemi peggiori. Essere troppo poco pazienti porta a essere ansiosi” la informò, tornando a raccogliere le foglie.

Rea rimase un po’ basita, poi sospirò.

Lo so, purtroppo” rispose. Antonio la guardò preoccupato.

“Però si può sempre imparare” disse per consolarla.

Ma quando si capisce che si è passato il problema?

“Quando qualsiasi cosa tu faccia sai che andrà bene. Anche se andrà male tu non soccombi perché sei più forte. È una sensazione che senti dentro, non posso spiegartela” le spiegò.

La ragazza sorrise.

Mi mancherai. Ci vedremo più dopo che smetterò di venire qui per Fabio?” gli domandò.

“Se vorrai venire da un vecchio bidello rompiscatole sì” rispose l’uomo, arrossendo un po’. Rea gli si avvicinò e lo abbracciò.

Non ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi salvata, sei stato il mio angelo. Tornerò ogni volta che posso” gli promise. Lui era imbarazzato e le mise una mano sulla testa, impacciato.

“F-figurati” balbettò in risposta.

La ragazza si staccò appena in tempo per vedere Fabio che usciva da scuola.

Ciao Antonio, abbi cura di te” lo salutò, correndo da lui. L’uomo la guardò andare via poi sorrise.

“Anche tu, detective in gonnella” la ricambiò.

 

A pranzo, quel pomeriggio, brindarono tutti per il finalmente conseguito diploma di Fabio ed Emma, che, orgogliosi, ridevano e si divertivano.

Rea li guardava tutti quanti, abbastanza felice rispetto ai suoi standard. Il ragazzo le teneva la mano sotto al tavolo e la fissava sorridente.

Sapete, ho deciso una cosa” disse alla fine.

Tutti si voltarono verso di lei. Giocò un po’ con la piccola scatola di cartone che aveva in tasca, imbarazzata.

Queste… queste non voglio che mi servano più” decise, tirando fuori il pacchetto di ansiolitici. Jason sbiancò.

Mi avevi detto che le avevi buttate!” l’accusò.

Lo so, ma non ci riuscivo, stavo troppo male per troppe cose, mi dispiace” si scusò la ragazza, vergognandosi.

L’uomo sospirò, poi annuì.

Perché hai deciso proprio ora?” chiese.

Rea alzò la testa e lo guardò.

Ora sono felice davvero e so che non sono sola. Fino a qualche mese fa non lo sapevo e questo perché sono scema, lo so. Però… voglio sentire di poter affrontare i problemi col sorriso, come mi ha detto Antonio, e queste… non mi servono più” spiegò passandogliele.

Jason se le rigirò un po’ in mano, poi annuì.

Allora buttiamole” decise, alzandosi.

Fabio intrecciò le sue dita a quelle della ragazza e le sorrise felice.

Sono fiero di te” le disse.

Anche io lo sono” ammise lei, appoggiandosi alla sua spalla.

Aveva voglia di piangere di gioia, era una sensazione mai provata prima e la fece stare bene. Le persone che aveva davanti erano finalmente quelle giuste, non si sentiva più inadeguata o fuori posto, era solo sé stessa, al posto giusto al momento giusto.

Sospirò e sorrise.

Grazie” sussurrò, quando suo padre tornò a tavola. Non la sentì nessuno, ma andava bene così: solo lei sapeva come mai stava ringraziando e nessun altro avrebbe mai dovuto saperlo.

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci (finalmente :P) alla fine di questa long!!! Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno dato sostegno per iniziare, continuare e finire di scrivere questa storia! In primo luogo la mia amica Emma che, quando si parla di efp, passa le giornate in attesa che io mi decida a scrivere e rimane sveglia fino a tardi pur di aspettare che io le mandi un capitolo! Grazie Emma!

Poi vorrei ringraziare tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite, tra le ricordate e addirittura tra le preferite!

Infine, vorrei ringraziare infinitamente tutti quelli che hanno recensito: leggere le vostre recensioni mi rende davvero felice!!! Qui su efp si incontrano persone davvero carine! Dunque GRAZIE  ChibiRinChan, oleander97, chiara__05, ALEXISsimpleandclean, williamilsanguinario, _Fran_, EdxWinry 4ever, misakisan, Hailiswords, _Kiriku_ & Thefoolfan! Grazie davvero!

 

Rea

 

 

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