Yankumi Forever and Ever

di mysticmoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo: Il Ritorno di Shin ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo: I Segreti di Yankumi ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo: la Morte di Shinohara ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto: Il Dolore di Kumiko ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo: Il Ritorno di Shin ***


Nota dell'Autrice:
Prima di lasciarvi alla storia vi tedierò qualche minuto con un paio di comunicazioni.
Innanzitutto questo è un Alternative Universe cronologicamente collocato nello stesso arco temporale trattato dal dorama Gokusen 2 ma si tratta di un sequel alternativo di Gokusen che prende in prestito dal seguito ufficiale il periodo, ossia l’inizio dell’anno 2005, quindi sono trascorsi quasi tre anni da quando i suoi primi allievi di Yamaguchi Kumiko si sono diplomati, lei insegna ancora matematica al liceo Shirokin ed è la professoressa di riferimento dell’attuale classe 3-D.
In questa storia il liceo Kurogin non è mai esistito e con questo praticamente ogni personaggio legato a questo istituto, a meno che non fosse già apparso nella prima serie (quindi dei professori del Kurogin comparirà solo il vicepreside Sawatari).
Gli unici “nuovi” a comparire saranno gli studenti principali della 3-D, ossia Odagiri Ryu, Yabuki Hayato, Tsuchiya Hikaru, Takeda Keita e Hyuuga Kosuke, con la sostanziale differenza che avranno frequentato lo Shirokin sin dal primo anno quindi sono studenti di Kumiko da molto più tempo che nella serie.
Adesso vi lascio alla lettura.

Capitolo Primo
Il Ritorno
Di Shin

Teruo Kumai stava preparando il ramen, come faceva ogni giorno da quando suo padre si era improvvisamente spento nel sonno e del quale lui, dopo essersi diplomato, ne aveva preso il posto.
Durante le sere dei giorni feriali dei suoi primi due anni di attività aveva frequentato un corso serale di cucina per migliorare l’offerta e ora, soddisfatto, gestiva un locale abbastanza noto da permettere a sua madre e ai suoi fratellini di avere una certa sicurezza economica e non far mancare a tutti loro, di tanto in tanto, qualche piccolo lusso.
Non aveva perso di vista i vecchi compagni di classe e spesso nel suo locale arrivava, quasi sempre accompagnata da qualcuno dei suoi nuovi o vecchi studenti, quel tornado della sua ex professoressa di matematica nonché docente responsabile della classe terza D dell’anno scolastico 2001/2002, Yamaguchi Kumiko, che loro avevano soprannominato Yankumi pochi giorni dopo il suo arrivo nella loro classe.
Ricordava con sommo piacere il giorno in cui quella donna era arrivata nella sua classe perché sin dall’inizio quella donna di soli cinque anni maggiore di loro aveva avuto la massima fiducia nelle sue azioni e in quelle di ognuno dei suoi compagni, dimostrandosi una persona che non si faceva ingannare dal loro aspetto selvaggio e dalle maniere piuttosto rozze. Per salvarlo dall’espulsione la donna era arrivata persino a mentire all’intero corpo docente dell’istituto e questo gli aveva fatto capire che non era un’adulta come tutti gli altri.
Quell’ultimo anno di scuola per lui era stato il più duro di tutti, soprattutto perché aveva perso suo padre proprio in quel periodo, ma allo stesso tempo era stato quello più bello della sua vita scolastica. Yankumi era più una compagna di scuola che una professoressa, così piena di energie e prodiga di sorrisi, buffissima con quei suoi occhiali e le lunghe code che sobbalzavano sulla sua schiena mentre correva.
Eppure, come lui ben sapeva, poteva dimostrarsi a dir poco letale se fatta infuriare. Kuma, come lo chiamavano i suoi amici, l’aveva vista più di una volta sfilarsi gli occhiali e disfare le code, trasformandosi da pupazzetto buffo e goffo in una donna che trasudava la fredda bellezza dell’acciaio temprato di una katana.
Solo dopo averla vista più volte all’opera aveva scoperto che quella donna che distingueva il combattimento dalla violenza, che accettava l’illegalità ma la limitava con la moralità, era la nipote del capo di terza generazione della famiglia Oedo, una “famiglia” intesa nel senso della yakuza, e che era stata cresciuta dal nonno perché i suoi genitori erano morti in un incidente stradale quando lei aveva solo sette anni d’età.
Era stata la professoressa migliore che avesse mai avuto e lo stesso valeva per ognuno dei suoi venticinque compagni di scuola.
Sorrise al pensiero che forse per uno di loro si trattava di qualcosa in più di una professoressa fantastica.
Negli occhi di Shin Sawada, il suo migliore amico, aveva visto più di una volta una luce particolare mentre sorrideva e guardava Yankumi.
Da quasi tre anni sospettava che ne fosse attratto, o quantomeno estremamente riconoscente per l’aiuto fornitogli, ma non aveva mai avuto occasione di parlargliene né gli era sembrato corretto ficcare il naso negli affari altrui.
Era stata proprio Yankumi la prima a sapere che cosa avrebbe fatto Shin dopo le superiori. Era stato accettato da ben due facoltà ma lui aveva deciso che non sarebbe andato all’università e così aveva fatto.
Il suo amico Shin Sawada era partito tre anni prima per andare a fare volontariato in Africa e da allora Kuma non aveva più avuto molte notizie da lui.
Un paio di volte gli aveva telefonato dalla capitale del Kenya, Nairobi, e nei primi tempi gli arrivava una sua breve lettera ogni mese ma non c’erano mai troppi dettagli in quegli scritti frettolosi che concludeva ogni volta con “Ti racconterò tutto nei dettagli davanti ad una bella porzione di ramen fumante”. Poi le lettere si erano fatte sempre più rare fino a quando, un anno prima, non avevano smesso di arrivare.
Chino sul fornello sentì il campanello che aveva applicato alla porta suonare, segno che era stata aperta.
- Buongiorno- disse senza neanche guardare in faccia l’avventore, concentrato su ciò che da un momento all’altro avrebbe dovuto tirare fuori dall’acqua- Come posso esserle utile, signore?
- Perché non ci sediamo e mangiamo assieme una bella porzione di ramen fumante, Kuma? Non ne mangio da secoli.
Teruo alzò gli occhi all’istante, riconoscendo la sua voce.
Davanti a lui, più magro e colorito del solito ma con gli stesso occhi nocciola luminosi ed il sorriso irresistibile, stava il suo amico Shin Sawada.
Uscì da dietro al bancone con tutta l’agilità che il suo dolce peso gli concedeva e lo abbracciò con calore per un istante, poi corse alla porta e voltò il cartello per indicare che il locale era chiuso.

Yamaguchi Kumiko, con indosso la sua “uniforme” da professoressa di una classe problematica, fu sorpresa di trovare il locale di Kuma chiuso. Era un giorno festivo di un ottobre piuttosto uggioso e non pochi sarebbero stati i clienti se il locale fosse stato aperto.
Visto che al suo ex allievo non dispiacevano le sue irruzioni bussò alla porta e, sentendo la voce di Teruo chiedere chi fosse, la fece scorrere ed entrò.
- Ehi Kuma, qualcosa non va?
Il suo ex allievo era seduto ad un tavolo con un tizio che le dava le spalle. Aveva una folta chioma di capelli scuri che gli sfioravano le spalle e, a giudicare dal borsone da viaggio impolverato al suo fianco, doveva essere appena arrivato dopo un viaggio.
- Ah, scusami Kuma. Hai ospiti. Tolgo immediatamente il disturbo.
Kuma fece per ribattere ma Shin sorrise e scosse il capo.
- Falla venire qui- sillabò continuando a sorridere.
Kuma annuì.
- Non disturba affatto, Yankumi. Venga, si accomodi- disse il giovane spostando la sedia alla destra di Shin poi aggiunse, ridacchiando- Vorrei farle conoscere un mio vecchio amico.
La donna si avvicinò, incuriosita dal sorridere sospetto del suo ex allievo. Non sapeva che Kuma aveva un amico che viveva distante dalla città ma del resto lei non poteva sapere tutto quanto della vita dei suoi ragazzi.
Adorava gli attuali studenti della terza D ma i suoi primi ragazzi, la problematica terza D dell’anno scolastico 2001/2002 aveva un posto speciale nel suo cuore. Erano stati i suoi primi studenti ed anche quelli per i quali aveva rischiato di più. Aveva riso e pianto con loro, li aveva picchiati per farli rinsavire e giocosamente scompigliato i capelli per ringraziarli, li aveva amati come non mai e, nonostante vedesse spesso la maggior parte di loro, rimpiangeva il fatto di aver trascorso così poco tempo con quei ragazzi.
Era accanto allo straniero ed ancora non l’aveva guardato in faccia quando questo balzò in piedi e le prese il polso.
La reazione fu automatica: voltò il braccio dell’aggressore dietro la schiena e lo bloccò passandogli l’altro attorno al collo.
- Sei sempre la solita, Yankumi!
Quelle poche parola dette con un tono che tradiva dolore e divertimento allo stesso tempo bastarono perché la donna lo lasciasse andare e potesse rivedere la faccia da schiaffi dell’allievo più promettente della sua prima terza D, quello che aveva declinato l’offerta di ben due università per fare volontariato in Africa. Aveva i capelli più corti ma i capelli in cui aveva affondato le mani tante volte erano sempre gli stessi e nei suoi occhi si rifletteva la luce dei suoi rari veri sorrisi.
- Sawada-kun!- esclamò abbracciandolo con forza tale che quasi il giovane rimpianse il braccio che lei gli torceva dietro la schiena un attimo prima- Sei tornato!
L’abbraccio con Kuma era stato rapido e virile, quasi un gesto di affetto accennato da due uomini, mentre quello che adesso stava scambiando con la professoressa aveva il profumo del passato e la dolce morbidezza di un porto ritrovato, qualcosa che non si è rimpianto a livello cosciente ma che solo quando vi si è giunti nuovamente si capisce di aver rimpianto tutto il tempo.
- Fai piano, Yankumi, o lo soffocherai- disse Kuma cercando di smorzare con le parole e con i gesti l’abbraccio entusiastico con il quale la professoressa aveva intrappolato il suo amico.
Con un sorriso Kumiko si separò dall’ex allievo e, dopo avergli scompigliato i capelli come era solita fare tre anni prima, si accomodò al suo fianco strofinandosi gli occhi per asciugare le lacrime.
- Kuma, oggi offro io- disse Shin con il fiato stranamente corto- Porta a Yankumi quello che vuole.
- Sawada, ma sei impazzito? Oggi pago tutto io.
Kuma guardò i due con aria severa.
- Il locale è mio quindi siete miei ospiti, chiaro?
Era incapace di trattenere il sorriso e in un istante la durezza del suo volto si distese in un sorriso caloroso che divenne una risata contagiosa.
- Grazie Kuma.
- Grazie. Ma adesso porta da mangiare a Yankumi- disse Shin, indicando le scodelle di ramen davanti a loro- E’ maleducato che noi iniziamo a mangiare e lasciare Yankumi a bocca asciutta.
- Ehi, da quando sei così galante, Sawada? Hai per caso conosciuto una ragazza che ti ha fatto perdere la testa?- disse la professoressa sfoderando il suo sorriso malizioso e rifilandogli una gomitata al costato.
Shin impallidì e, piegatosi su se stesso, iniziò a tossire con una violenza tale da far svanire il sorriso dai volti degli altri.
- Shin, non ti senti bene?- chiese Kuma.
Aveva l’espressione sofferente ma scosse il capo.
- Non è niente.
- Ne sei sicuro? Non hai una bella cera.
Yankumi, la mano appoggiata sulla sua spalla ed il volto chinato verso il suo, lo osservava con aria dispiaciuta.
- Davvero- rispose tirandosi su per poi sorridere.
Era il sorriso tirato di chi è ancora sofferente ma il colore stava tornando sul suo viso quindi Kuma spinse verso di lui la ciotola.
- Tu intanto mangia qualcosa di caldo. Magari ti farà sentire meglio.
Shin annuì ed iniziò a mangiare mentre Teruo Kumai tornava dietro il bancone per preparare una porzione per la professoressa.
Shin sospirò poi sputò il rospo.
- Non avevo intenzione di parlarvene così presto e di certo non una manciata di minuti dopo esserci rivisti… ma devo confessarvi che è questo il motivo per il quale sono tornato in Giappone- disse con aria seria- Ho avuto una brutta forma di tubercolosi e sono qui per restare.
- Tubercolosi?
Shin guardò Yankumi ed annuì. Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per aver cancellato il sorriso dal suo volto e da quello dell’amico. Fatta eccezione per sua sorella, Shin non provava per nessuno della famiglia lo sviscerato affetto che aveva per i suoi amici e per la professoressa che gli aveva fatto ritrovare la fiducia nel genere umano.
- Negli ultimi mesi ho lavorato duramente e in condizioni igieniche pessime. Sapevo cosa rischiavo ma sono stato piuttosto incauto e mi sono ammalato in modo abbastanza serio. Ora sto molto meglio ma secondo i medici non ero nelle condizioni di continuare a restare lì quindi mi hanno convinto a tornare in Giappone con la scusa di rimettermi in forze ma so già che non potrò tornare laggiù. Me ne rendevo conto anche quando ero a Nairobi… ma è stato difficile accettarlo.
Non si stupì di sentire Yankumi tirare su con il naso né di vedere lo sguardo preoccupato di Kuma. Sapeva che l’affetto che provavano per lui era grande quanto il suo e che quella notizia li avrebbe colpiti molto ma non poteva mentire alle persone di cui si fidava. Aveva imparato proprio dall’appassionata professoressa Yamaguchi Kumiko, la prima a dare fiducia a quei ragazzi di una scuola secondaria dalla pessima reputazione e dall’aspetto poco raccomandabile che per ottenere fiducia si deve correre il rischio di restare scottati e dare fiducia.
- Non dovete preoccuparvi. I medici di Nairobi- continuò, deciso ad essere completamente sincero nei loro confronti- hanno detto che pian piano la situazione polmonare migliorerà e sarò come nuovo. Con un po’ di fortuna e tante piccole attenzioni non avrò mai delle ricadute.
- Mi spiace, amico.
Il sorriso che Shin gli rivolse diede un po’ di sollievo a Kuma ma Yankumi continuava a stare su quella sedia, la schiena in avanti e il capo chino, con grandi lacrime che scorrevano lungo le sue guance.
Non sapeva esattamente perché si fosse tramutata in una fontana: Sawada aveva detto di stare abbastanza bene e che tutto si sarebbe risolto per il meglio quindi c’era anche un po’ di sollievo nelle sue lacrime eppure contenevano anche un grande dolore, quello di vedere il progetto di uno dei suoi ragazzi andare a rotoli ed il fatto che fosse quello altruistico di Sawada le bruciava come non mai.
Si sorprese quando sentì la mano di Sawada scompigliarle scherzosamente i capelli.
- Non devi piangere per me, Yankumi. Ho detto che adesso sto meglio.
Annuì e si tolse gli occhiali ma a giudicare dalla sua espressione non era affatto convinta di essere fuori da quel doloroso vortice.
Asciugò le lacrime con un gesto sbrigativo e cercò di tornare la persona solare che era di solito.
- Allora, Sawada, come è l’Africa?
Shin annuì.
- E’ bellissima- disse, tornando a mangiare mentre Kuma porgeva alla professoressa una porzione di ramen- E’ tanto bella quanto pericolosa. Ho lavorato in un centro molto vicino ai confini del parco nazionale dello Tsavo. E’ stata una esperienza molto intensa e faticosa. Ho visto cose orribili che non avrei mai immaginato potessero diventare elementi della quotidianità ed ho provato la fame, la sete ed il calore del sole cocente sulla mia schiena. Mi sento molto più maturo di prima.
Shin, che aveva parlato continuando a fissare il ramen che si stava raffreddando, alzò gli occhi sugli ascoltatori e fu felice di vedere che la serenità era tornata sul volto di Kuma e Kumiko.
- E voi? Con Kuma ci siamo sentiti ma tu che cosa mi racconti di nuovo, Yankumi?
La donna rise.
- La mia classe è piena di ragazzi dal grande cuore.
- Ho capito. Ti hanno assegnato una nuova banda di brocchi che tira pugni a destra e a manca.
Kuma e Shin risero mentre la donna abbassava gli occhi e ridacchiava.
In fondo era vero che i suoi ragazzi non erano un granché dal punto di vista scolastico ed era altrettanto vero che avevano la tendenza a menar le mani ma erano già belli che domati dopo tre anni di lezioni.
- Sempre meno della vecchia terza D- rispose assaporando il ramen di Kuma, sempre ottimo, poi fece la linguaccia.
Kuma rise.
Sapeva che Yankumi lo stava facendo per pepare un po’ la situazione e non gli dispiaceva che animasse un po’ l’ambiente dopo la doccia fredda sulle condizioni di salute non ottimali dell’amico di mille avventure.
Fu felice anche di vedere Yankumi sorridere così apertamente. Era sempre la stessa donna frizzante che aveva conosciuto quando era solo un diciottenne spaccone e svogliato eppure un’ombra era scesa sui suoi occhi da quando era accaduto quello che lei chiamava “l’incidente”.
Non ne aveva mai parlato a Shin, nonostante fosse accaduto quasi due anni prima. Non gli era neppure chiaro per quale motivo non aveva accennato alla tragedia vissuta da Yankumi e quanto fosse stata male la donna nei primi giorni.
- A parte te, Shin, a livello accademico non c’era molto su cui lavorare.
Quella frase lo riportò alla realtà appena in tempo per sentire la frase di Shin.
- A proposito di studio, Yankumi, come se la cavano Noda e Uchi? Non ho notizie di loro da qualche tempo.
- Ah, Noda è ha quasi concluso il secondo anno al dipartimento di design dell’università di Tokyo.
- Stai scherzando?! Noda è andato alla Todai?
- Per quanto possa sembrare improbabile è proprio così- aggiunse Kuma- Ha lavorato in uno studio per qualche tempo e quest’uomo gli ha scritto una lettera di referenze che, assieme ai risultati degli esami per l’accesso, gli hanno permesso di entrare. Era l’ultimo posto disponibile ma l’importante è il risultato.
- Per la miseria!
- Già. E Minami è riuscito a racimolare un po’ di denaro ed ha intenzione di aprire una sua attività. Peccato che non abbia ancora deciso su cosa buttarsi!
Yankumi sembrava entusiasta e Shin si sentì ancora meglio.
- E Uchi?- chiese Kuma.
- Uchiyama ormai è completamente perso!- rispose il gestore del locale.
- Ti ricordi la ragazza che ha incontrato a Onsen?
- Sì. Stanno ancora insieme?
Yankumi rise.
- Di più. Si sono sposati.
- Uchi si è sposato con Wakaba?
- Oh sì, l’anno passato! Lei si è trasferita a casa sua e di sua madre e appena sarà possibile metteranno su famiglia.
- E’ fantastico, Yankumi! E tu? Come va la situazione sentimentale? Anzi, penso sia meglio chiederti quando ti sposi con Shinohara.
Kuma impallidì e la donna sorrise debolmente.
-Shin… penso che questo non accadrà mai- rispose annuendo nervosamente.
- E’ successo qualcosa?
Shin guardò Yankumi con aria confusa e Kuma aprì la bocca per parlare ma la professoressa gli fece cenno di aspettare.
- Sawada-san, in questi tre anni sono cambiate tante cose…
Shin balzò in piedi.
- Ti ha fatto qualcosa? Giuro che se ti ha fatto del male io…
La mano di Kumiko si posò su quella del ragazzo.
- Non ti agitare. Non ti fa bene.
- Ma cosa ti ha fatto?
Yankumi sospirò. Non aveva voglia di parlare di quello che era accaduto due anni prima a Shinohara, le faceva ancora troppo male pensare a quel giorno e ai seguenti, quando aveva fatto cose di cui si era pentita amaramente e che l’avevano svuotata ancora più di quanto già non si sentisse, ma non poteva lasciare Sawada all’oscuro.
- Yankumi, se vuoi posso dirglielo io- intervenne Kuma, mettendosi al fianco della professoressa per darle delle affettuose pacche sulla schiena.
Lei scosse il capo.
- Mi spiegate che cosa è successo? Ti ha mollata per un’altra? Se l’ha fatto io l’ammazzo, lo giuro.
Il risolino di Kumiko fu il suono più triste che avesse mai sentito in vita sua. Non c’era gioia ma solo dolore in quella piccola risata.
- Non potresti farlo neanche volendo- rispose- Sawada, Shinohara-san è morto circa due anni fa.
La notizia colpì Shin come una secchiata d’acqua gelida.
- Morto?
Kuma annuì.
- Ma… come…
Yankumi si morse rapidamente il labbro inferiore e Shin rivolse il suo sguardo a Kuma, che si limitò a distoglierlo.
- Perdonami- sussurrò Shin alla professoressa- Non sapevo che fosse… Giuro che non avevo intenzione di riaprire vecchie ferite.
Lei si limitò a sospirare e fece scivolare la ciotola di ramen verso Kuma.
- Mi sono assentata da casa per troppo tempo. Kuma, puoi prepararmi le solite due porzioni? Ero venuta qui proprio per questo ma me n’ero dimenticata.
- Yuriko fa i capricci?
- E’ una bambina. Ne ha tutto il diritto- rispose la donna.
Shin li guardò con aria interrogativa.
- Una delle tante cose accadute in questi mesi- disse- Vuoi venire a conoscerla? Naturalmente anche tu sei invitato, Kumai.
Kuma annuì e si mise subito all’opera per preparare due porzioni di ramen.
- Chi è Yuriko?
- Lo vedrai presto, Sawada. Inoltre Minoru e Tetsu dovrebbero essere a casa con mio nonno e Mariko.
Kuma alzò lo sguardo.
- A questo punto porto una porzione anche a loro tre.
- Solo se mi permetti di pagare. Una porzione di ramen è un conto, ma sei sono davvero eccessive.
- Yankumi! Ti ho già detto che oggi offro io e non voglio sentire ragioni. Io finisco qui, preparo qualche manicaretto per la cena di bentornato di Shin. Non torni dai tuoi stasera, vero?
- No, oggi proprio no.
- Allora festeggeremo da te, Yankumi. Vi raggiungo con il motorino appena avrò finito. Voi intanto incamminatevi. Sempre che Shin possa camminare con tutta questa umidità.
- Kuma, non sono più moribondo.
Kumiko abbassò lo sguardo, cercando di ignorare quel “non sono più”. Sapeva quanto Shin fosse riservato e che quelle tre parole non erano un innocuo lapsus ma la verità sulla sua malattia.
- Andiamo!
La sua voce era la stessa e medesima era l’energia con cui lo prendeva sottobraccio e lo guidava eppure Shin sentiva che c’era qualcosa di stonato, un piccolissimo particolare che non era normale e che forse quel qualcosa era l’ombra di Toyama Shinohara nei suoi occhi ridenti.
Le condizioni atmosferiche non erano delle migliori ma non faceva freddo e se anche fosse stato a lui non importava.
Era a braccetto con la professoressa per la quale aveva preso una sbandata colossale tre anni prima, una donna che se in apparenza era uguale a prima dentro sembrava meno votata al sorriso e più sensibile.
- Yankumi…
- Sì, Sawada?
- Condoglianze.
- Grazie- sussurrò.
- Mi spiace avertelo ricordato.
La donna si fermò.
- Sawada, non è tanto il fatto che sia morto a farmi male e neanche il fatto che fosse diventata una storia talmente seria che si cominciava a parlare di matrimonio...
La donna si fermò all’improvviso, aprì e chiuse la bocca un paio di volte come se la sua voce si fosse spenta all’improvviso ed infine tacque.
- Yankumi…
La donna adesso sorrideva ma nei suoi occhi c’era tanto di quell’acuto dolore da fargli del male.
- Sono davvero felice di rivederti, Sawada, e vorrei raccontarti tutto...
Si fermò nuovamente, stavolta perché il palmo del giovane uomo si era posata sulla sua bocca.
Sawada era estremamente serio e si vedeva dal suo sguardo.
- Non voglio saperlo se tu non te la senti, Yankumi. Quando te la sentirai mi racconterai tutto quanto ma, se permetti, non mi pare che in questo momento tu sia nelle condizioni mentali per farlo. L’ultima cosa che voglio fare è riaprire vecchie ferite o farti soffrire. Hai pianto perché sono stato molto malato e non mi sono ancora rimesso del tutto e questo per oggi è il massimo che posso chiederti in termini di dolore. Io resterò in Giappone quindi quando vorrai avremo tutto il tempo per parlarne.
La donna annuì e gli rivolse un sorriso dolcissimo.
- E’ strano, lo sai?
- Cosa?
- Adesso siamo pari.
- Non capisco cosa tu voglia dire.
- Intendo… tre anni fa tu sei partito subito dopo il diploma ed io non ho mai avuto modo di rivederti fino ad oggi. In questi anni ho continuato a vedere i ragazzi della terza D e li ho sempre trattati e sempre visti come facevo a scuola o quasi… sarebbe stato normale che mi venisse naturale farlo anche con te… ma non dopo questo. Non mi veniva naturale da Kuma né lo posso fare dopo questa dimostrazione di maturità. Con te non è più possibile, Sawada-san. Hai ragione a dire che sei cresciuto. Non sei più il diciottenne brillante che ho lasciato tre anni fa ma un giovane uomo con il cuore grande, Shin-kun.
- Chi ti ha dato il permesso di prenderti tutta questa libertà, Ojou?
Il suo sorriso contagiò la donna non appena ebbe pronunciato il titolo onorifico con cui gli uomini di suo nonno si riferivano a lei.
- E sia la confidenza- accordò la donna- Ma è meglio se tu usi Kumiko-chan. Ojou è formale e compromettente. Adesso siamo ufficialmente pari.
Il ragazzo usò la mano libera per confrontare le rispettive altezze.
- A me sembra di essere superiore.
Con un saltino Yankumi toccò i suoi capelli.
- Sei più alto di tre anni fa, in effetti.
- Non penso. Che sia stata l’anzianità a restringere te?
- Guarda che ho da poco compiuto i ventisei anni, Shin-kun, non gli ottantasei. Tu sei ancora un ragazzino.
- Io mi definisco un quasi ventiduenne pieno di fascino.
- Hai già quasi ventidue anni?
Sawada annuì.
- Io li compio presto gli anni quindi a scuola sono stato spesso uno dei ragazzi più grandi della classe.
La donna annuì.
- Sai che non avevo mai pensato che la nostra differenza d’età fosse così esigua? Neanche cinque anni.
Shin si morse la lingua per non dirle quante volte ci aveva pensato quando, da studente dell’ultima fila, osservava la sua professoressa dargli lezione di matematica e di vita, sperando che nessuno di loro, lei in primis, capisse che a lui Yankumi stava molto più che simpatica. Non che avesse mai sperato di avere una possibilità con la professoressa Yamaguchi. Non era il solo che in quel periodo era interessato alla donna e quando era in Africa sospettava che il numero non sarebbe sceso con gli anni. Era certo che sarebbe stato ancora così non fosse per la triste notizia della morte di Shinohara. Magari sarebbero stati spasimanti di una donna sposata e forse già madre, ma era certo che nessuno potesse rinunciare a lei tanto facilmente. Neanche tre anni di soggiorno africano erano riusciti a fargli scordare completamente quegli occhi spesso nascosti dagli occhiali e la letale bellezza della sua figura mentre combatteva indossando la sua tuta di jersey. Ognuno poteva pensarla come voleva riguardo ai canoni estetici ma per lui Yamaguchi Kumiko era più bella quando indossava quelle casacche informi dai polsini stretti e con una zip davanti, quelle scarpe da ginnastica che le permettevano di correre per tutta la città alla ricerca di un suo studente senza avere dolore ai piedi e, strano ma vero, a lui piacevano molto le due lunghe code con le quali si presentava ogni giorno a scuola e che disfaceva quando doveva combattere o tornava a casa.
Lanciò un’occhiata a Yamaguchi Kumiko e inspirò la frizzante aria di quella mattina di ottobre. Sì, si disse, era proprio felice di essere tornato in Giappone.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo: I Segreti di Yankumi ***


Capitolo Secondo
I Segreti
Di Yankumi

Shin si sorprese quando vide una bambina dal visino imbronciato seduto proprio di fronte alla porta dell’abitazione di Kumiko.
I capelli scuri di quella bambina di massimo quattro anni erano tagliati molto corti e quando puntò i suoi grandi occhi scuri su di lui gli lanciò un’occhiataccia alla quale lui rispose con un sorriso.
- Yuriko, cosa ci fai qui fuori?
- Ho fame.
- Tra poco arriverà il signor Kumai a portare il ramen ma tu devi fare la brava.
- Chi è questo qui?
L’occhiata di rimprovero della donna fu colta all’istante dalla piccola, che si chinò.
- Io sono Yuriko Hasegawa. Tu chi sei?
Shin sorrise e si chinò verso di lei.
- Il mio nome è Sawada Shin e sono stato uno studente di Yankumi.
- Yankumi? Prima che qualcuno potesse intervenire Shin si trovò appeso per il collo e a una manciata di centimetri da terra.
Subito Kumiko diede una gomitata a Minoru, che piegandosi in due lo lasciò andare, anche se la sola espressione di rimprovero della figlia del boss della Famiglia Oedo potuta bastare.
- Perdono, Ojou.
La donna lanciò un’occhiata a Shin che, piuttosto pallido, stava riprendendo fiato lentamente.
- Minoru, capisco che tu sia felice di rivedere Sawada ma ti pregherei di evitare effusioni così calorose.
- Nessun problema- disse Shin massaggiandosi il collo- Mi ha solo colto di sorpresa. Non devi rimproverarlo.
Yankumi annuì.
- Minoru, saluta come si conviene il nostro ospite poi porta in casa la signorina Hasegawa mentre io lo accompagno da mio nonno. Ah, tra poco dovrebbe arrivare anche Kuma con la cena. Ti pregherei di farti dare il ramen e di farlo accomodare. Questa sera sarà nostro ospite.
- Come desideri, Ojou.
Il massiccio Tatsukawa Minoru si alzò in piedi e si chinò davanti all’ospite.
- Ben arrivato, Sawada-sama. Sono davvero felice di vedervi di nuovo.
- Facciamo soltanto Sawada, Minoru?
- Sì, Sawada.
Il sorriso di Minoru rabbonì un pochino la nipote del capofamiglia, che si concesse un piccolo sorriso prima di spronare l’uomo a prendere la piccola in braccio per portarla via.
Shin pensava che la donna gli avrebbe spiegato chi fosse quella bambina ma non lo fece, accompagnandolo in silenzio nella saletta dove era solito trascorrere il tempo libero suo nonno, Kuroda Ryuichiro.
Shin non lo trovò invecchiato di un giorno e quando lo abbracciò si sentì ancora più a suo agio in quell’ambiente nel quale aveva trascorso tanto tempo quando era uno studente al terzo anno delle superiori. Con quell’uomo aveva mangiato e bevuto ma soprattutto chiacchierato. Era stato anche grazie a quell’uomo cordiale e sorridente che era diventato l’uomo che adesso sedeva a testa alta accanto alla sua professoressa.
- Mi fa piacere rivederti, figliolo.
- A me fa piacere rivedere voi, Kuroda-sama.
- Kumiko non mi aveva detto che saresti tornato oggi in Giappone altrimenti ti avrei fatto preparare un pasto regale.
- Non è colpa di Kumiko-chan.
- Kumiko-chan?
Kumiko sorrise vedendo lo sguardo di suo nonno posarsi su di lei.
- E’ una questione un po’ complicata.
L’uomo annuì e tornò a concentrarsi sull’altro.
- Sono tornato in Giappone senza dirlo a nessuno- spiegò.
- Questo non mi esime dal farti preparare un pranzo principesco. Ti devi rimettere in forze per guarire.
Shin guardò la professoressa ma anche lei fissava lui con la medesima aria sorpresa.
Ryuichiro Kuroda rise.
- Sono anziano ma non cieco. Si vede che non sei stato molto bene, ragazzo, ed ho sentito con quale severità mia nipote ha redarguito Minoru. Inoltre, anche se non so se sia stata solo la fame a farlo, ti trovo decisamente troppo deperito per i miei gusti.
Shin sorrise al gesto gentile dell’uomo.
- La ringrazio per la cortesia.
- Presto arriverà Kuma con il ramen, nonno.
Lui annuì e, alzatosi in piedi, disse:
- Vado a vedere come si sente adesso Mariko. Forse questa sera potrebbe unirsi a noi per la cena.
Kumiko si fece triste.
L’uomo lanciò un’occhiata rapida a Shin e, letta nei suoi occhi la curiosità, comprese che la nipote non gli aveva ancora raccontato nulla della donna che giaceva in una stanza dall’altra parte della casa.
- Kumiko… lo sai che non è colpa tua.
La donna alzò gli occhi su di lui.
- Nonno, se la colpa non è mia allora di chi è?
Detto questo si alzò in fretta e lasciò il nonno e Shin da soli.
- Sawada, va con lei. Io non posso fare di più per mia nipote ma forse tu sei in grado di farla parlare.
Immediatamente Shin si alzò e si mise sulle tracce della donna.
La trovò nella sua stanza, distesa a pancia in giù sul letto e con un cuscino sulla testa, oggetto che non appena ebbe oltrepassato la porta volò verso la sua faccia e lo colpì in pieno.
- Che cosa ti salta in mente, Yankumi!?- chiese con tono irritato.
- Perdonami. Non pensavo fossi tu.
- Non sarebbe stato giusto farlo con nessun altro- disse sedendosi accanto alla donna distesa e porgendole il cuscino- Ma lo accetto. Come ti ho detto non ti farò altre domande scomode ma attenderò che tu ti confidi con me, un tuo pari e soprattutto un tuo amico.
La donna rimase in silenzio qualche istante, poi si sedette a gambe incrociate sul letto e recuperò il suppellettile tra le mani di Sawada.
- Sai che sei il primo a farlo? Il primo e l’unico che accetta che io taccia su ciò che è accaduto. Persino mio nonno, sempre così comprensivo, non riesce ad accettare il mio rifiuto di raccontare esattamente quello che è successo in quei giorni. So che ha le sue buone ragioni per insistere…- sollevò gli occhi per incontrare quelle dell’ex allievo-… e so che tutti gli altri lo fanno per il mio bene… ma non posso. Non riesco a parlarne, Shin, e non so se ne sarò mai in grado. Questa è una questione molto più complicata di quanto sembri.
- Aspetterò. Quando vorrai e se vorrai dirlo a me, basta un fischio ed io sarò qui da te ad ascoltare.
La donna sorrise e scosse il capo.
- Sei sicuro di essere Shin Sawada?
- Perché?
- Perché non avrei mai immaginato di potermi trovare in queste condizioni con un mio allievo.
- In queste condizioni?
- Sì. Da pari a pari. Come adulti.
- Io odiavo gli adulti, ricordi? Ed ora sono uno di loro.
- Sei un giovane adulto davvero maturo, Shin, e devo dire che le mie aspettative non sono state disattese. Grazie per l’appoggio e per la comprensione Shin-kun. Sei davvero un amico.
Detto questo scese dal letto e, seguita da Shin, tornò nella stanza in cui mangiavano giusto in tempo per vedere che avevano apparecchiato il kotatsu e che Kuma aveva già iniziato a parlare di cucina con Minoru.
La piccola Yuriko era seduta sulle ginocchia di Tetsu e sembrava divertirsi molto ma appena vide Kumiko smise di ridere e si sedette composta al suo posto.
Accanto a Tetsu era seduta una giovane donna che Shin non aveva mai visto prima. Doveva avere più o meno la sua età e la pelle chiarissima contrastava con il caschetto nero pece e i grandi occhi neri. Somigliava vagamente alla bambina e, supponendo che si trattasse di Mariko, Shin capì che dovevano essere imparentate.
In quel momento sorrideva chiacchierando con Tetsu ma, come la piccola, alla vista di Kumiko si ritrasse e tacque.
Shin fu sul punto di domandarle qualcosa ma si trattenne.
Avrebbe atteso che lei capisse che era degno di fiducia.
-Sawada-sama! E’ un piacere rivederla!- disse allegramente Tetsu, alzandosi ed abbracciando quello che si era dichiarato, tre anni prima, “il quarto pretendente al cuore di Yankumi”.
- Tetsu, per te vale lo stesso che ho detto a Minoru. Niente formalità. Sawada basta e avanza.
Tetsu annuì.
- Shin, ti vorrei presentare la signorina Mariko Hasegawa- disse poi, aiutando la ragazza minuta ad alzarsi- Questo è uno degli ex allievi di Ojou, Sawada Shin.
- Piacere di conoscerti, Hasegawa-san.
- Piacere mio, Sawada-san.
La ragazza stava ad occhi bassi e nessuno se ne stupiva.
- Mi fa piacere che tu stia abbastanza bene per alzarti, Mariko.
- Grazie per il pranzo per me e mia sorella, Yamaguchi-sama- sussurrò la giovane senza guardarla.
Shin guardò la donna che gli stava accanto ma sul suo volto non c’era alcuna espressione mentre guardava la ragazza mettersi a sedere faticosamente, aiutata dal solerte Tetsu. Era sorpreso che in quella casa gioiosa l’incontro tra due donne potesse essere così formale e freddo da smorzare persino l’allegria di una bambina che gli aveva dato l’impressione di essere un gran peperino.
Si sedettero attorno al tavolo e il gelo sembrò smorzarsi mentre le risate riempivano l’aria e i piccoli scherzi tra Tetsu, Yuriko e Minoru animavano il pasto. Eppure Shin si sorprese di vedere gli occhi di Kumiko Yamaguchi bassi quanto quelli della giovane donna che sedeva poco distante da loro.

La fredda sera aveva ceduto il passo alla gelida notte da un bel pezzo quando Kumiko Yamaguchi crollò sul kotatsu, le guance rosse e nell’alito l’odore del sakè. Mariko e Yuriko erano già state accompagnate nella sua stanza, Kuma era tornato al locale diverse ore prima e gli inseparabili Minoru e Tetsu dormivano già da un pezzo.
Gli unici ancora in grado di intendere e di volere erano Shin, leggermente brillo, e il capofamiglia.
- Ti ringrazio per essere qui. Non sappiamo più quali pesci prendere con lei- disse, accennando alla donna che dormiva con il volto sul tavolino.
- Sono io che devo ringraziarvi per l’ospitalità. Credo che adesso sia il caso che io vada a cercare un albergo.
- Approfitta della mia ospitalità per tutto il tempo che desideri.
- Non potrei mai. Sarei certamente di disturbo.
- Allora te lo chiedo come un favore personale. Resta in questa casa, Sawada Shin.
Il giovane uomo si stupì del tono accorato con il quale l’anziano aveva pronunciato quella frase.
- E’ davvero così seria?
- Molto. Non si è aperta con nessuno negli ultimi due anni e se da una parte ho paura di sapere quello che ha fatto dall’altra so che deve parlarne perché la faccenda la sta consumando.
- In certi momenti sembra così… Yankumi.
- Già, ma hai visto cosa è accaduto a cena. Io non so come mai Mariko sia così timorosa e perché Yuriko sia ritrosa solo quando è con sua sorella… ma almeno loro hanno qualcuno con cui parlarne.
- Mariko si confida con Yuriko?
L’uomo scosse il capo.
- Tetsu. Lui si è preso cura di lei da quando sono arrivate in questa casa e penso che la cotta per mia nipote gli sia finalmente passata.
- E Kumiko? A lei è passato quello che provava per Shinohara?
Il capofamiglia negò nuovamente.
- Speravo in una risposta diversa… ma l’avevo visto che soffre ancora molto. Solo che non capisco cosa c’entrino Yuriko e Mariko con questa faccenda.
- Io so qualcosa, Shin, ma non sono io a dovertelo confidare.
Silenziosamente recuperò una coperta e la porse a Shin perché coprisse la nipote con quella.
- Lo so e anche lei lo sa. Quando se la sentirà io sarò con lei per aiutarla come lei fece con me tre anni fa. Anche io scappavo ma lei mi seguiva, mi raggiungeva e poi mi faceva ragionare. Ragionavo come chiedeva lei, questo è vero… ma Yankumi non ha mai sbagliato a dare consigli.
- Peccato che non sia in grado di applicarli su se stessa…Kumiko, in fondo, è sempre stata una ragazza piuttosto sola. Tranne che per i primi anni ha vissuto tutta la vita con me, in una casa piena di yakuza, senza una figura femminile che l’aiutasse a crescere. Non è mai stata molto brava a relazionarsi con le altre donne e forse, oltre al fatto che fosse il mestiere di suo padre, è anche per questo che ha voluto fare l’insegnante. Io lo vedo come il segno di un suo desiderio di comunicare con gli altri, di avere degli amici che non siano legati a me con un giuramento di fedeltà alla famiglia.
Immaginare Yamkumi come una persona sola sarebbe stato difficile per lui se l’uomo non gli avesse esposto nel dettaglio il filo dei suoi pensieri. Dovette riconoscere che molto probabilmente da bambina doveva essere stata emarginata da chi conosceva le origini di sua madre e dopo il suo arrivo nella “famiglia” di suo nonno le cose dovevano essere peggiorate ulteriormente. Anni addietro gli avevano raccontato che era stata vittima dei bulli ma non si era mai soffermato a pensare se avesse avuto delle amiche o degli amici, oltre a dei nemici.
- E’ davvero una persona molto forte- osservò.
- E’ una persona buona, la mia piccola Kumichou.
Kuroda si alzò in piedi e disse:
- Ci sono molte stanze libere. Scegli quella che preferisci e resta per tutto il tempo che desideri.
- Lei è troppo gentile nei miei confronti, Kuroda-sama.
L’uomo non rispose. Sorrise al nuovo ospite e lo lasciò solo con sua nipote.
Shin, presa una coperta ed avvoltala attorno alle spalle per non prendere freddo, appoggiò le braccia sul tavolo e la testa su queste poi osservò la professoressa in cerca di qualche segno di questo strano cambiamento, alla ricerca di qualche segno del tempo che aveva reso più fragile la sua forte ma dolce professoressa. Fu durante questa infruttuosa caccia che si assopì anche lui.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo: la Morte di Shinohara ***


Nota dell'Autrice: colgo l'occasione per augurare a tutti voi un buon Natale ed un felice annno nuovo. Non aggiornerò prima del nuovo anno ma non abbiate paura. Nonostante io stia per laurearmi e sia piuttosto impegnata ho già scritto fino al capitolo 10 di questa storia quindi ci sono ancora una discreta quantità di capitoli "di riserva". Abbiate un poco di pazienza.

Capitolo Terzo
La Morte
Di Shinohara


Sawada fu svegliato da qualcuno che giocava con i suoi capelli.
Non fu sorpreso di trovare il visino sporco di cioccolata della piccola Yuriko, china su di lui a sentire quale consistenza avessero. Sin da bambino era stato oggetto di curiosità per quella morbida zazzera scura che gli copriva il capo, mai arruffata e allo stesso tempo sempre disordinata, quasi come se i capelli nel loro disordine avessero un certo ordine prestabilito.
Kumiko doveva essere già andata via, sempre che non si fosse svegliata nottetempo e fosse andata nella sua stanza a riposare, e la bimba era molto più spontanea adesso.
- Ti piacciono?-sussurrò.
La bambina si ritrasse mentre lui si sollevava e sgranchiva gli arti indolenziti dalla permanenza in quella scomoda posizione.
- Sì.
Shin sorrise.
- Dove hai preso la cioccolata?
- Me l’ha data Minoru ma mi ha detto anche che è da parte di Ojou quindi non devo dirlo a Mariko.
- A tua sorella non piace Ojou?
La bimba scosse il capo.
- Dice che dobbiamo volerle bene perché ci tiene qui ma ha detto anche di non credere che lei ci vuole bene perché non è vero.
- Se ti ha comprato la cioccolata Kumiko-chan deve volerti bene.
La piccola negò ancora.
- Dice che lo fa perché non vuole farmi piangere e lagnarmi. Dice che si annoia quando mi sente fare i capricci e così mi regala la cioccolata. Perché se ho la bocca piena non parlo, capisci?
Shin si fece serio. Il mistero si infittiva ancora di più. Che la donna avesse dei sensi di colpa verso le due sorelle? E perché le aveva prese in casa se poi le trattava con un certo distacco? Cosa era accaduto a Yankumi?

Ben avvolto nel suo caldo cappotto Shin Sawada camminava in direzione del liceo Shirokin. Non aveva ancora deciso quando andare dai suoi per comunicare loro la notizia della sua malattia né come spiegare loro che avrebbe vissuto qualche tempo nella casa di un capofamiglia yakuza per capire che cosa era accaduto due anni prima, quando il fidanzato della donna era morto in circostanze a lui ignote e per motivi ancora più oscuri una ragazza e una bambina molto piccola erano state accolte in quella casa ma trattate con freddezza dalla nipote del proprietario.
Aveva una gran voglia di vedere sua sorella Natsumi ma sapeva che non era in città quindi avrebbe dovuto aspettare prima di tornare a casa. Non era più in rotta con i suoi come lo era tre anni prima ma avere accanto a lui la sorella l’avrebbe aiutato ad evitare i toni pesanti e forse avrebbe rabbonito il padre quel tanto che bastava perché non facesse un putiferio alla notizia che viveva in casa dell’ex professoressa connessa con la malavita.
Camminare lungo il viale che era stato teatro delle corse spensierate e delle risate con Uchi, Noda, Minami e Kuma, il luogo in cui per un breve periodo aveva visto camminare una stramba professoressa in tuta di jersey che stravedeva per un ufficiale di polizia.
Nonostante non percorresse più quel viale da quasi tre anni Shin notò immediatamente il piccolo segno dello scorrere del tempo in quel luogo apparentemente immutato: appoggiato a un albero c’era un mazzo di piccoli fiori bianchi ed una semplice stele di marmo chiaro, poco più di un sasso che spuntava dall’aiuola.
Sawada si avvicinò, incuriosito da quella novità.
Inciso nel marmo vi erano incisi il nome “Toyama Shinohara” e la data 20-03-2003. Shin ricordava che era un giovedì e, si rese conto, quello poteva essere il giorno dei diplomi allo Shirokin, quasi esattamente un anno dal giorno in cui lui si era diplomato.
Non c’erano indizi su come fosse accaduto e Shin aveva paura di scoprirlo in modo così impersonale quindi si fermò un istante per fare un gesto rispettoso in direzione della stele e riprese a camminare, più scosso di quanto non fosse prima.
Quel viale legava indubbiamente la morte di Shinohara con Yamaguchi Kumiko e con la sua vecchia scuola.
Si costrinse a non fantasticare su cosa fosse accaduto due anni prima su quel viale. Nonostante non fosse legato a lui come lo era Kumiko quell’uomo aveva aiutato lui e gli altri troppe volte per essergli completamente indifferente e, se ciò non fosse bastato, si era sempre dimostrato un uomo gentile, con un sorriso aperto che trasmetteva fiducia e senza preconcetti. Se fosse stato vivo Shin sarebbe stato felice di vedere la professoressa sposata con lui.

Shin quasi si aspettava di trovarsi di fronte ad uno spettacolo simile: nel cortile il preside Sawatari stava inseguendo Kumiko che, a sua volta, stava inseguendo con la scopa in mano cinque ragazzi ghignanti che stringevano in mano qualcosa.
Avrebbe voluto esserci lui al loro posto. Potevano avere al massimo diciotto anni e correvano come se avessero il diavolo alle calcagna. Uno di loro, più basso degli altri di una spalla e con i capelli tinti di un colore che ricordava l’arancione, voltò dalla sua parte e puntò dritto verso di lui.
Non sarebbe riuscito a spostarsi neanche volendolo ma la professoressa allungò il passo e l’afferrò per la collottola prima della collisione.
- Yan…ku… mi!
- Ti ho preso bricconcello!- trillò con il dolce vocino che usava a scuola, ma il seguito lo pronunciò con un tono basso ma abbastanza minaccioso- E adesso dammi quelle foto, Take.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Mise una mano in tasca e ne tirò fuori due fotomontaggi che avevano come soggetto la professoressa: in una avevano appiccicato la sua faccia su un cammello mentre l’altra ritraeva il suo volto sul corpo di una donna piuttosto anziana in bikini.
- Tutto qui?
Il ragazzo si sbrigò ad annuire e la professoressa lo lasciò andare.
- Sono passati ai fotomontaggi?
Kumiko sorrise.
- Esatto- sibilò strappando in piccole strisce irregolari le fotografie.
Sawatari li raggiunse un attimo dopo ed impallidì alla vista del ragazzo.
- Sawatari-sensei, si ricorda di me?
- Purtroppo sì - rispose l’uomo annuendo meccanicamente.
- Non è felice di rivedermi?
- Felice come quando ho avuto l’appendicite.
- Vicepreside!
L’uomo le lanciò un’occhiataccia ma tacque.
Shin guardò la professoressa e rise.
- Adesso devo andare a riprendere quei cinque.
- Se vuoi ti aspetto qui.
Yankumi comprese solo in quel momento il motivo della sua visita.
- Shin, sei venuto a prendermi?
Annuì.
- Preside, possiamo farlo en…
- Ma neanche per scherzo! Non possiamo far entrare nella scuola degli estranei!
- Ma lui non è un estraneo!- protestò- Lui è un ex allievo che ha dato lustro al buon nome della scuola con ben due proposte da università prestigiose.
- Proposte, le ricordo Yamaguchi-sensei, che il nostro ex studente ha rifiutato.
- Resta il fatto che gli siano state fatte.
- Kumiko-chan… non importa.
Il preside lo fulminò con lo sguardo.
- Kumiko-chan? Da quando in qua in questa scuola è permesso avere relazioni così strette tra studenti e insegnanti.
- Lei le ha appena ricordato che io NON sono più uno studente di questa scuola quindi posso chiamare Yamaguchi Kumiko con tutta la familiarità che lei mi concede. Non mi pare sia affar suo, preside Sawatari. Va bene se ti aspetto al locale di Kuma, Kumiko? Fa un po’ freddino qui fuori.
La donna annuì.
- A dopo, Shin-chan.
- A dopo, Kumiko-chan.
Detto questo entrambi si voltarono e diressero verso le rispettive mete, lasciando il preside solo, in mezzo ad un piazzale ormai completamente vuoto.

- Kuma… posso farti una domanda riguardo Yankumi?
Shin non aveva alzato neanche gli occhi dal suo ramen per fare quella domanda. Era arrivato in orario di punta al locale ed aveva aiutato la madre di Kuma a servire ai tavoli quindi non avevano avuto l’opportunità di parlare ma adesso che anche l’ultimo degli avventori stava per andarsene poteva discutere con Kuma di una questione che gli stava a cuore.
- Certo amico- disse facendo cenno a sua madre di occuparsi del conto della coppia vicina alla porta, l’ultimo gruppo di avventori rimasto.
- Non voglio sapere cosa è successo perché è giusto che sia lei a dirmi come… come è morto lui… è solo che…
- Cosa mi vuoi dire?
- E’ lei che porta i fiori?
Annuì.
- Penso che lo faccia ogni giorno- aggiunse.
- Ogni giorno?
Kuma annuì nuovamente.
- Quindi lo amava.
- Sì. Era molto felice assieme a lui. Qualche volta sono venuti qui a mangiare e ti assicuro che era un piacere vederli. Certo, lei era davvero molto impacciata e buffa ma lui le sorrideva sempre. Solo dopo il fatto ho scoperto che pensavano seriamente al matrimonio.
- Capisco…
Kuma studiò il volto pensoso dell’amico e sospirò.
- Stai facendo la cosa giusta nei suoi confronti… ma nei tuoi?
- Cosa vuoi dire?
- Amico, te lo leggo in faccia che ti stai facendo del male con le tue mani.
- Non capisco dove tu voglia arrivare.
- Shin, sono Kumai, ricordi? Sono tuo amico e ho visto quanto ti andasse a genio Yankumi quando eravamo studenti.
- Dove vuoi arrivare, Kuma?
- Tu sei ancora innamorato di Yankumi.
Quella frase bastò a fargli alzare lo sguardo sull’amico.
- Lo sembro, vero?
Annuì.
- Non è così. Io… io non l’ho mai amata.
- Vallo a raccontare a chi non ti conosce, Shin.
- E’ così. E’ stata l’unica professoressa che mi sia mai piaciuta e una persona che mi ha aiutato molto… ma da qui ad innamorarmene ne passa parecchio, Kuma. E poi è la mia insegnante.
- Lo era.
- E la differenza di età è eccessiva.
- Tu di anni ne hai quasi ventidue mentre Yankumi ventisei… a me quattro anni non sembrano poi molti, Shin.
- Resta il fatto che non potrei mai innamorarmi di una persona così… strampalata. E ricorda che non avrei la minima speranza con lei.
- Shin…
- Sai, gliel’ho letto negli occhi ieri sera. Lei ama ancora Shinohara-san e forse non riuscirà mai a dimenticarlo.
- Sul fatto che non potrà dimenticarlo mai puoi metterci la mano sul fuoco.
Shin lo guardò con aria interrogativa.
- Cosa vuoi dire?
- Non è giusto che sia io a dirtelo.
- Va bene. Aspetterò che sia Yankumi a parlarmene.
- Ormai te l’ha accennato quindi è meglio non nascondertelo.
La donna entrò nel locale.
- Ho sentito quello che hai detto a proposito di ieri, Shin. Si vede così tanto che questa storia mi ha fatta a pezzi?
Sawada annuì.
- Intanto è giusto che io ti dica quello che sanno tutti quanti, così capirai i discorsi fatti.
- Se non te la senti…
- Devo sentirmela. E poi è ingiusto lasciarti all’oscuro di una questione di cui potresti trovare informazioni a profusione su tutti i giornali di quei giorni. Devi sapere che se Shinohara Tomoya è morto su quel viale è stato a causa mia.
- Cosa?
Shin era visibilmente sconvolto ma lei continuò.
- E’ così. Sicuramente hai visto la piccola lapide sul viale e dalla data incisa forse avrai capito che è successo il giorno dei diplomi del 2003. I miei erano studenti del primo anno quindi ero lì soltanto per assistere. Shinohara è stato tanto carino da venire a prendermi all’uscita per andare a cenare fuori. Stavamo tornando indietro lungo il viale quando dei tizi ci hanno raggiunti, ci hanno sparato contro almeno l’intero caricatore di quattro armi da fuoco e sono scappati. Il loro obiettivo ero io ma dopo il primo colpo lui mi ha protetta facendomi scudo con il suo corpo. Era vivo quando sono andati via ma… ma i soccorsi non sono arrivati in tempo. Shinohara… lui è morto con la testa sulle mie ginocchia… e l’ha fatto per salvarmi la vita. E’ morto per salvare la vita della potenziale erede della famiglia Oedo. Questo è quello che è accaduto quel giorno ed è per questo che ho chiesto di poter mettere quella lapide lì e per lo stesso motivo porto dei fiori a Shinohara praticamente ogni giorno. Ti prego, non chiedermi ulteriori dettagli di quei tragici momenti.
- Non lo farò, Kumiko. Non volevo neppure costringerti a parlarmene.
- E’ giusto così- disse, poi sospirò e sorrise al proprietario del locale- Kuma, ho una fame da lupi. Oggi Takeda, Odagiri, Tsuchiya, Yabuki e Hyuuga mi hanno fatta impazzire con quelle foto.
- Ti hanno dato i nuovi fotomontaggi, vero?
La professoressa annuì poi, resasi conto dell’affermazione, lo fissò.
- Tu lo sapevi?
- Yabuki me li ha portati due giorni fa per farmeli approvare.
- Approvare?
- A me piacciono.
- In effetti non erano affatto male quei due che hai sequestrato a quel ragazzo… Takeda, giusto?
- Ci hai preso, amico.
Dalla porta aperta spuntavano cinque teste e tutti sorridevano ai presenti. Uno di questi era il ragazzo citato da Shin.
- Avete fame, ragazzi?
Il gruppetto annuì vigorosamente ed entrò nel locale, accomodandosi ad un tavolo.
- Cinque ramen con carne, per favore.
A parlare era stato quello che a Shin ricordò vagamente se stesso per la massa di scuri capelli disordinati che circondava il suo volto.
- Credo sia il caso che ti presenti i miei allievi, Shin- disse Yankumi avvicinandosi ai suoi protetti.
- Ragazzi, questo è Sawada Shin, un compagno di classe di Kuma nonché mio ex studente. Lui- disse, scompigliando i capelli al ragazzo che aveva ordinato per tutti- è Yabuki Hayato e tra qualche giorno sarà il rappresentante degli studenti della terza D per il ritiro dei diplomi. E’ un ragazzo d’oro che alza le mani facilmente.
Il ragazzo alzò una mano in segno di saluto poi, afferrato il polso di Yankumi, si tolse di dosso la sua mano.
- Lui invece- continuò, ignorando il gesto di Yabuki e passando ad un ragazzo alto con un’improponibile acconciatura di capelli dai riflessi rossi- è Tsuchiya Hikaru. Sembra un tipo pericoloso ma non farebbe del male a nessuno.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. Era tutto fuorché così mite come la professoressa l’aveva dipinto.
- Questo invece è Takeda Keita. La sua forza è nello spirito.
- Yankumi! Mi stai dando del debole?
La professoressa sorrise e Shin con lei. Quello sembrava un vero peperino.
- Lui invece è Hyuuga Kosuke.
Il ragazzo dai capelli scuri ordinatissimi fece un cenno di saluto.
- E’ un ragazzo responsabile ma tende un pochino a strafare.
- E lui- disse infine la donna, posando la mano sui capelli chiari di un ragazzo dal volto lungo e lo sguardo penetrante- lui è Odagiri Ryu, in assoluto lo studente che mi ha fatta faticare di più.
- E cosa hai fatto a Yankumi?- chiese accomodandosi accanto a Takeda, proprio di fronte al ragazzo.
- E’ accaduto quando eravamo ancora al primo anno. Era un brutto periodo ed avevamo litigato- rispose, accennando con il capo agli altri- ed io ho iniziato a frequentare il “Fretzen”.
- Quel postaccio? Dovevi essere proprio incasinato.
- Non lo ero… mi sono messo nei pasticci con le mie mani… ed ho truffato Yankumi.
La domanda di Shin era implicita e dopo una pausa lo studente continuò.
- Non andavo più a scuola e lei, preoccupata, è venuta a cercarmi. Le raccontai che lavoravo lì perché avevo un debito di trecentomila yen con quella gente e lei se l’è bevuta. Qualche giorno dopo si è presentata da me con i soldi ed io le ho riso in faccia ma poi… poi le ho restituito il tutto ma non accettai di tornare a scuola.
- Scommetto che poi hai deciso di farlo, quella gente ti ha picchiato quando hai tentato di sganciarti e super Yankumi ha sciolto le code, tolto gli occhiali e dato calci a destra e a manca per dare una lezione a quella gente.
- L’ha fatto anche per te?
- Ognuno dei suoi preziosi studenti sa che quando c’è qualche problema arriva Yankumi a prendere i nemici a calci nel sedere senza però essere la prima ad attaccare. Yankumi è una persona che non attaccherebbe mai per prima.
I ragazzi annuirono ma nel loro sguardo c’era qualcosa di strano, fornendo a Shin un potenziale nuovo tassello da inserire nell’immaginario puzzle che stava costruendo per capire cosa fosse accaduto due anni prima. Che quell’affermazione non fosse del tutto veritiera?
- Avreste dovuto vedere Yankumi a mollo nel fiume per cercare la busta con i soldi che Kuma aveva detto di avervi buttato… - continuò Shin, fingendo di non aver notato quegli sguardi - Vi giuro, è stata dall’uscita della scuola fino all’alba a cercare quella borsa che non era mai esistita!
- Io ti ricordo che poi mi ha anche dato un pugno- aggiunse Kuma- E’ stato il pugno più bello della mia vita.
- Lo so bene come sono i pugni di Yankumi- disse Takeda massaggiandosi la mascella.
- Tu sei stato fortunato a prenderne solo uno- intervenne Hayato- Ti ricordo che il sottoscritto l’ha proprio sfidata.
- E hai perso miseramente!- aggiunse Odagiri dandogli una pacca sulla schiena- Io l’ho visto quello scontro e si vedeva che eri destinato a perdere. Non è riuscita neanche a sfiorarla ma, visto che la conoscete da più tempo di noi, voi due lo sapete meglio di noi quanto sia abile Yankumi nel combattimento.
- Io penso di essere il meno esperto- ammise Shin- Sono tornato solo ieri dall’Africa.
- Africa?
Sawada guardò quello che Kumiko gli aveva presentato come Tsuchiya prima di rispondere.
- Sì. Subito dopo il diploma sono partito per andare a fare del volontariato lì. Non tornavo in Giappone da tre anni.
- Ecco perché Yankumi oggi era più strana del solito.
Dopo quella battuta Hayato diede di gomito al sogghignante Odagiri.
- Vero- rispose quello dai capelli più chiari- Oggi la sua testa era tra le nuvole più del solito. Forse è successo a causa tua.
Yankumi partì per uno dei suoi tipici viaggi mentali.
Quella mattina si era svegliata molto presto, con un gran mal di testa, il volto appoggiato sul tavolo e Shin che riposava al suo fianco, nella medesima posizione.
Si era scoperta sorridere quando aveva stretto tra le dita una ciocca di quei capelli, ricordando l’affettuoso gesto che compiva ogni volta che i suoi studenti facevano qualcosa di buono, ed aveva sospirato pensando al potenziale pericolo che albergava in lui, quella malattia non ancora sconfitta che lo minacciava ancora.
Shin, che appena tornato dall’Africa e malato aveva dichiarato che l’avrebbe aiutata ma non costretta a confidarsi… se pensava che tre anni prima era un ragazzo che non credeva né nell’amicizia né negli adulti per via di una brutta esperienza non riusciva a non inorgoglirsi, sapendo che se il giovane Shin era diventato l’uomo che era in quel momento era anche grazie al suo sostegno.
- Terra chiama Yankumi. Terra chiama Yankumi. Ci ricevi, Yankumi?
La mano di Takeda, in piedi su una sedia, sventolava davanti alla sua faccia mentre gli studenti attuali e non ridacchiavano.
- Non sei cambiata poi molto, Kumiko- rise Shin, seguito dal resto del gruppo, Yankumi compresa.
Kuma porse ai ragazzi il ramen e si accomodò con loro.
Subito i cinque si avventarono famelici sul cibo.
- Oggi abbiamo bruciato un sacco di calorie- spiegò Takeda, immaginando che già Kuma fosse a conoscenza dei fatti- La professoressa non ha gradito le specialissime foto che le avevamo fatto.
- Per fortuna abbiamo le copie! Kumiko fulminò Hyuga con lo sguardo.
- Scherzavo!
- Ragazzi- disse Kuma passando un braccio sopra le spalle dell’amico- sappiate che se avete bisogno di aiuto Shin ed io siamo sempre disponibili.
- Voi due siete in combutta con i miei studenti?
- Non sia mai, Yankumi- affermò Shin, trattenendo a stento le risate- Simpatizziamo, questo sì.
La professoressa sorrise ma tutti sapevano che lì sotto, oltre la gioia del momento, era nascosto il dolore che non le dava mai tregua.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto: Il Dolore di Kumiko ***


Capitolo Quarto
Il Dolore
Di Kumiko


Quella sera Shin decise di studiare meglio Mariko e Yuriko per capire meglio a quale titolo si trovavano in quella casa.
La bimba, presa confidenza con lui, adesso giocherellava con i suoi capelli ma sua sorella maggiore non sembrava gradire quello spensierato comportamento e la fulminava con lo sguardo.
Se non si fosse ostinata a guardare Kumiko e lui in cagnesco la ragazza sarebbe potuta apparire molto più graziosa.
- Mariko- intervenne Kumiko, spazientita per la scortesia che quegli occhi dimostravano nei confronti del suo ospite dopo aver lasciato correre per alcuni giorni- Ti pregherei di smetterla di squadrare in quel modo il nostro ospite.
- Tuo, vorrai dire.
Dopo aver sibilato quella frase Mariko arrossì e si coprì la bocca con entrambe le mani, guardandola con aria terrorizzata.
- Mi perdoni, Yamaguchi-sama – sussurrò subito la donna, abbassando il capo fin quasi a infilare la testa nel piatto che aveva di fronte a sé- Non volevo rivolgermi a voi in modo così sgarbato.
Lo sguardo di Kumiko era gelido ma non rimbrottò la donna e, voltatasi verso Shin, sorrise.
- Vedo che hai fatto amicizia con Yuriko.
La bimba si ritrasse e, raggiunta la sorella, si accoccolò al suo fianco. Sembrava terrorizzata da lei.
Shin vide il sorriso della professoressa tramutarsi in una smorfia e intuì cosa stava per accadere.
- Non ho fame- sussurrò Kumiko alzandosi e svanendo prima che gli altri commensali potessero fermarla.
Shin osservò attentamente quella malcelata luce di vittoria negli occhi di Mariko mentre Yuriko continuava ad abbracciarla.
Sospettava che Mariko fosse intenzionata a scacciare Kumiko da tavola sin dal primo momento, anche se sembrava lei quella remissiva, colei che subiva.
Improvvisamente Shin comprese dove andava collocato quel nuovo tassello del puzzle.
Senza una parola il ragazzo lasciò la tavola e si diresse verso la stanza della donna, sicuro di trovarla lì.
Non riuscì a raggiungere la sua stanza: incontrò Kumiko quando questa stava scendendo al piano di sotto, la giacca sulle spalle e l’aria seria dipinta in volto.
- Dove vai?
- Fuori.
- Vengo con te.
- No.
Per tutta risposta Shin le sbarrò la strada.
- Sai perfettamente chi è il più forte tra noi. Lasciami passare.
Scosse il capo.
- Non mi costringere a usare la forza.
- Useresti la forza su una persona malata?
Kumiko distolse lo sguardo per impedire il ragazzo di capire cosa le passasse per la mente.
- No. Lo sai che non lo farei.
- Allora fammi venire con te. Che ti costa?
- Voglio stare da sola.
Shin lesse una forte determinazione nei suoi occhi e nell’espressione tesa dei tratti del viso ma non si arrese.
- Lo sai che non ti farei domande. Sarebbe come se tu stessi camminando da sola. Per favore, permettimi di venire con te.
Yankumi annuì e in un attimo anche Shin aveva indossato il pesante cappotto e, al suo fianco, lasciò l’abitazione.

Camminarono a lungo per le vie della città, fianco a fianco ma in perfetto silenzio, rotto solo dallo scalpiccio delle loro scarpe sull’asfalto.
Shin non sapeva per quanto tempo avessero camminato ma quando si fermarono si accorse che erano giunti di fronte alla stele di Shinohara.
Yankumi si inginocchiò di fronte a quel piccolo segno ed appoggiò la fronte contro la corteccia dell’albero.
Rimase in quella posizione per alcuni, lunghissimi minuti che a Sawada parvero durare decine di secoli. Osservava perfettamente immobile la donna appoggiata all’albero, assistendo inerme al muoversi delle sue spalle ed ascoltando gli impercettibili, brevi singhiozzi che la scuotevano.
Qualche minuto dopo la donna si passò una mano sugli occhi, portando via le lacrime ma sporcandosi il volto di terra.
- Non posso continuare a tenerle in casa, Shin…
- Kumiko…
- Non ce la faccio più a trovarmele davanti ad ogni ora… non sopporto quel suo modo di fare né il modo in cui spaventa Yuriko… non voglio più vedere quella bambina tremare perché le rivolgo la parola davanti alla sorella…
Shin non parlò ma si chinò accanto a lei e le passò un braccio attorno alle spalle nel tentativo di confortarla.
- E’ così complicato, Shin… Non hai idea di quanto sia complicato…
Non parlò ma si sforzò di trasmetterle calore con la sua presenza.
- Io… io lo so che Mariko ha ragione… ma io non posso… non posso proprio!
- Kumi-chan- sussurrò Shin, azzardandosi a chiamarla in modo ancora più confidenziale di quanto già faceva- Io non so cosa significano queste parole né cosa lega quelle due sorelle alla morte di Shinohara… ma sono certo che stai facendo la cosa giusta.
Gli occhi della donna incontrarono quelli di Shin.
- Non sai quanto sbagli.
Quelle poche parole sussurrate e quello sguardo così sofferente lo fecero rabbrividire ma cercò di controllarsi. Non voleva influenzarla con le sue reazioni.
- Io ho fiducia in te.
- Non dovresti. Sono una persona orrenda. Sto torturando una bambina!
- Io sono certo che tu non lo stai facendo.
Il tono convinto di Shin la sorprese. Non aveva esitato un attimo a dimostrare quanta fiducia riponesse in lei nonostante fosse lo studente che, almeno teoricamente, doveva conoscerla meno.
- Io mi fido di Yankumi- disse per dare forza alla sua affermazione precedente.
- Non dovresti.
- Neanche tu dovevi riporre fiducia in quel gruppo di ragazzacci che ti erano capitati come studenti ma non hai esitato un attimo a proteggere uno di noi nonostante non lo conoscessi affatto ed avesse sbagliato. Non dovevi fidarti di un ragazzo ricco e pericoloso che ti ha costretta a romperti la schiena per un debito inesistente. Non avresti dovuto mobilitarti per restituire la fiducia nel mondo ad un ragazzo che l’aveva persa e neanche andare dai suoi genitori a spiegare loro la situazione per aiutarlo a uscire da una cella in cui era finito ingiustamente. Ci sono tante persone in cui tu hai riposto fiducia nonostante non ti avessero mai dimostrato di essere degne di questo trattamento di favore. Io adesso dico di avere in fiducia in te, Yamaguchi Kumiko, secondo me la professoressa migliore del mondo, perché so di poterle affidare la mia vita. Mi ha dimostrato almeno un milione di volte che è degna di tutta la mia fiducia ed ha fatto così tanto per me che io non posso fare a meno di rendermi conto che lei è sempre nel giusto, anche quando va contro la legge.
La donna non riusciva a trattenere le lacrime.
Pianse a lungo vicino a quella lapide, il volto nascosto contro il torace del suo studente ed i pugni stretti al suo cappotto. Non sapeva se piangeva soltanto per quel sogno d’amore infranto a un passo dall’altare oppure per il senso di colpa che le attanagliava il cuore da due anni a quella parte. La cosa certa era che piangeva perché finalmente poteva farlo liberamente: aveva trovato qualcuno con cui si poteva sfogare senza dover ammettere i propri peccati, qualcuno che si stava dimostrando di parola riguardo al non chiederle nulla e che le offriva tutta la fiducia che può albergare nel cuore di un ragazzo di ventidue anni.

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