La maschera tolta e l'amore trovato

di Aquarius no Lilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** parte seconda ***
Capitolo 3: *** Parte terza ***



Capitolo 1
*** Parte prima ***


Erano passati quattro anni da quando avevo ottenuto l’armatura di Cassandra e il titolo di silver saint all’età di dieci anni e ormai il mio compito di cavaliere d’argento era affiancato da quello dell’addestramento delle ragazze, che come me avevano il dono di vedere il futuro, anche se solo in sogno.
Per ora le mie allieve erano solo due: Aglae e Dafne, due orfanelle di undici anni, che consideravo ormai come sorelle minori.
Aglae era una bambina gentile, timida, riflessiva intelligente e simpatica, anche se, però era molto, forse troppo introversa.
Dafne invece era in molti aspetti del carattere diversa dalla compagna di studi: agiva senza riflettere a volte, atteggiamento che in alcuni casi può aiutare, ma non sempre, era scherzosa di natura, orgogliosa e testarda, oltre al fatto che era molto estroversa con tutti e diceva sempre la sua, senza badare alle opinioni degli altri.
Per tre volte a settimana inoltre, grazie al permesso del gran sacerdote, insegnavo loro in biblioteca la mia lingua madre, cioè l’italiano, facendo loro vedere testi in quella lingua, cercando anche di fare conversazione e il greco antico, così diverso dal moderno e a mio parere, molto importante da conoscere.
Accadde poi che un giorno che non avevo nulla da fare, cominciassi a girovagare senza meta intorno all’arena e che all’improvviso incrociassi per caso Milo, il cavaliere d’oro dello Scorpione.
Era così bello da togliere il fiato, anche senza l’armatura: non era un mistero, infatti, che molte sacerdotesse guerriere come me, se ne fossero innamorate. Anch’io ne ero innamorata all’incirca da due anni ma Milo probabilmente mi considerava solo una compagna o, al massimo, un’amica e nient’altro.
<< Yume >>, esordì lui, guardandomi in volto per quanto gli concedeva la mia maschera e, causandomi un’improvvisa accelerazione del battito cardiaco, << come mai non sei ad allenare le tue allieve? >>.
E, cercando di vincere il mio imbarazzo, dissi: << Aglae e Dafne mi hanno chiesto di concedergli un giorno di riposo oggi, perché avevano bisogno di riposarsi dopo tre giorni di estenuante meditazione, come dicono loro >>.
<< Capisco. Che ne dici di combattere in arena con me, per allenarti? Stavo cercando qualcuno che mi facesse da avversario... >>.
Per poco non mi venne un colpo. Mi stava chiedendo di combattere con lui? D’accordo che ero un silver saint, ma sapevo che anche mettendocela tutta a fatica, gli avrei tenuto testa.
<< Per me va bene >>, gli risposi io e diventai rossa in volto, quando, per risposta alle mie parole, mi regalò un bellissimo sorriso, che mi fece accelerare il battito cardiaco.
Ci avviammo dunque all’Arena, che era deserta, poiché il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro.
Come ci mettemmo entrambi in posizione d’attacco, cominciammo a studiarci per vedere chi per primo avrebbe attaccato.
Fu lui il primo ad attaccare, tirandomi un pugno, ma riuscii a evitarlo e passai al contrattacco, tirandogli un calcio che però, non andò a segno. Continuammo poi a cercare di colpirci a vicenda con pugni e calci, ma solo pochissimi dei nostri colpi andarono a segno e dopo un po’ c’eravamo fermati un attimo, per riprendere fiato.
E Milo allora, guardandomi, disse: << Sei un’ottima combattente nel corpo a corpo, Yume. Infatti, solitamente solo Camus e Aldebaran mi fanno stancare così tanto, in uno scontro d’allenamento >>.
E arrossendo, gli risposi: << Grazie per il complimento, Milo. E anche tu comunque, sei un ottimo combattente >>.
Milo mi sorrise per risposta ed io mi preparai per tirargli un pugno, ma mi distrassi a causa dello scoppio di un tuono, che mi fece sobbalzare. Milo ebbe così l’occasione giusta per attaccarmi, tirandomi un pugno in pieno stomaco, che però ebbe il risultato di farmi sbilanciare in avanti e di farmi cadere addosso a lui.
<< Scusami Milo, mi dispiace >>, gli dissi, conscia del fatto di essere arrossita moltissimo, sotto la maschera.
Milo allora alzò il viso e mentre mi guardava, lo vidi diventare pallido come un morto in volto. << Y- Yume, la tua maschera... >>, disse quasi balbettando, e solo allora mi accorsi di non avere più la maschera in volto.
O cavolo, pensai rialzandomi e, nascondendo il volto tra le mani, cercai di trovare mentalmente una soluzione a quanto successo.
Anche Milo si alzò, ma non ci badai, poiché ero troppo sconvolta dal fatto appena successo.
Milo mi aveva appena vista in volto...
Ad un certo punto fu lui, a parlare: << Yume, mi dispiace di averti fatto cadere la maschera, perché non rientrava nelle mie intenzioni. So a cosa va incontro una donna saint il cui volto è stato visto da un altro uomo. Per questo motivo, accetterò anche di morire per tua mano >>.
Quelle sue parole mi provocarono un enorme strappo al cuore e le lacrime cominciarono a scendermi copiose sulle guancie. Prendendo coraggio allora, mi girai dalla sua parte e, guardandolo negli occhi, dissi: << Che cosa ti passa per la testa, Milo?  Come puoi anche solo dire una cosa del genere? Non ti ucciderò di certo, ma come sai anche tu, l’altra possibilità sarebbe doverti amare ... >>.
E poi continuai sapendo, che con quelle parole sarei arrivata al punto di non ritorno: << Nel mio caso però, è diverso. Infatti, io provo già dei sentimenti molto forti per te >>.
Essere riuscita a confessargli i miei sentimenti fu come una liberazione, ma la sua mancata reazione a quelle parole, mi ferì a molto intimamente. Dopo un po’ che eravamo immobili, io, con lo sguardo rivolto a Milo, e lui invece a terra, cominciò a piovere a dirotto ed io, distrutta nei miei sentimenti più intimi, scappai via dall’Arena, correndo e non prestando attenzione a ciò che mi accadeva intorno. Per mia fortuna non incrociai nessuno sulla strada che portava a casa mia e quando fui dentro, chiusi la porta e presi un asciugamano, poichè ero completamente fradicia.
Fatto ciò, mi sedetti sul letto e continuai a piangere a dirotto. Certo non potevo pretendere che Milo mi amasse, pensai, ma tutta quella situazione mi faceva stare malissimo.
Ad un certo punto però, sentii bussare ed urlai: << Chiunque sia se ne vada, perché non sono in vena di conversazione >>.
La porta si aprì comunque e, quando capii chi era entrato, rimasi interdetta.
Era Milo che teneva in mano la mia maschera ed era completamente zuppo di pioggia, come me.
Alzandomi allora dal letto e dopo essermi asciugata le lacrime, dissi: << Che cosa vuoi, Milo? Perché non te ne torni all’ottava casa e mi lasci in pace? >>.
Le mie parole avevano un che di velenoso, che notai colpirono anche lui.
Milo, guardandomi negli occhi, disse: << Volevo solo riportarti la maschera, perché so che per te è molto importante, poiché te l’ha regalata Saga >>.
Quelle parole mi stupirono un po’, però poi gli risposi, spazientita: << Allora lasciala sul tavolo, e poi vattene >>. Distolsi dunque lo sguardo da lui e cominciai a guardare da un’altra parte, cercando di non scoppiare a piangere di nuovo.
Sentii chiaramente il rumore sordo della maschera poggiata sul tavolo di legno, ma all’improvviso mi ritrovai schiacciata sul letto da un corpo pesante e il viso di Milo a una distanza minima dal mio.
Diventai rossa in viso dall’imbarazzo e cercai di scappare da quella situazione, ma mi accorsi che Milo mi aveva bloccato entrambe le braccia con le sue, stringendomi in una morsa inscindibile.
Allora, dissi: << Se non mi lasci andare subito Milo, dovrai sperimentare il mi... >>.
Non finii la frase, poiché unì le sue labbra alle mie in un bacio che sapeva più di gentilezza che d’altro. A quel punto il mio cervello si scollegò completamente e, chiudendo gli occhi, mi lasciai andare alla marea di sentimenti che mi travolsero.
Dopo un po’ quel bacio divenne molto passionale e Milo mi lasciò andare le braccia, che strinsi intorno al suo collo, mentre lui strinse le sue intorno ai miei fianchi.
Questo è il momento più felice della mia vita, pensai, però finì troppo presto perché Milo all’improvviso si staccò da me e come aprii gli occhi per la sorpresa, feci in tempo solo a vederlo correre via sotto la pioggia battente.
Rimasi di conseguenza interdetta, poiché non mi spiegavo il perché fosse fuggito così all’improvviso e senza una spiegazione. Mi alzai dunque dal letto e sorrisi, nonostante l’assurda situazione che si sarebbe venuta a creare dopo quel bacio.
Mi auto imposi anche, di andarlo a cercare il giorno dopo per parlargli e chiarire la situazione.  

Nota dell'autrice: ecco qui l'extra annunciato, che a causa della lunghezza sarà diviso in tre parti. Devo dire che non è stato facile scriverlo senza cadere nel banale e spero sinceramente di esserci riuscita. Ciao e alla seconda parte, Lilith

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Capitolo 2
*** parte seconda ***


Dopo quest’avvenimento passarono due mesi durante i quali cercai di parlare con Milo, però ogni volta che mi scorgeva, spariva subito dopo, e così capii che mi stava evitando in tutti i modi.
Un giorno poi, mentre stavo spiegando a Dafne come interpretare un suo sogno, un soldato semplice mi venne a chiamare, poiché il gran sacerdote desiderava vedermi.
Dopo aver attraversato le dodici case, giunsi alla tredicesima, bussai ed entrai.
Il mio cuore perse un battito quando vidi Milo, inginocchiato davanti al gran sacerdote, probabilmente anche lui in attesa d’istruzioni.
Mi diressi subito verso il trono del gran sacerdote e, dopo essermi inchinata a terra, dissi:
<< Yume, silver saint di Cassandra ai suoi ordini, gran sacerdote >>.
E il grande sacerdote, disse: << Vi ho fatto chiamare entrambi, poiché ho intenzione di affidarvi una missione. Ci è arrivata notizia di episodi di cannibalismo vicino a Torino in Italia e per questo voi dovrete recarvi in quel luogo e fare in modo che queste persone non possano più nuocere a nessuno. Partirete tra due giorni con una nave che vi porterà ad Ancona e lì una nostra persona di fiducia vi guiderà fino a Torino. Ora che sapete tutto, potete andare >>.
Dopo aver salutato il gran sacerdote con un ultimo inchino, uscimmo.
All’inizio nessuno dei due fiatò, però mentre stavamo per attraversare la casa del Sagittario, dissi: << Milo puoi dirmi perché mi hai evitato per due mesi interi? E anche perché sei scappato dopo avermi baciato ? >>.
Non mi rispose però, almeno fino a quando non giungemmo alla sua casa.
<< Ti ho evitato perché non volevo che tu t’illudessi di essere importante per me, dopo quello stupido bacio >>.
Quelle parole e lo sguardo glaciale che mi lanciò, mi ferirono ancora di più di una lama e se non mi misi a piangere, lo dovetti solo alla mia intima volontà di non volergli sembrare una ragazza senza spina dorsale.
E quindi, con voce incavolata, gli risposi: << Per te dunque, era stupido? E allora mi spieghi il perché sembrava invece, che facessi fatica a staccarti da me? >>.
Lui cercò di ribattere, ma io lo precedetti, dicendo: << Mi ero proprio sbagliata a giudicarti e mi chiedo come ho fatto a innamorarmi di un essere tanto stupido e cafone. Sappi però, che non ti considero più un essere vivente, per la freddezza che hai usato con me poco fa e rispetto alla quale anche quella di Camus impallidisce >>.
Non gli diedi modo di rispondere, perché scappai subito via e, passate velocemente le ultime sette case, tornai al mio alloggio, per potermi calmare.
Trattenni le lacrime a stento mentre preparavo la borsa da viaggio che avrei portato con me, attorniata da Aglae e Dafne che parlavano allegramente tra di loro.
Sia questo che il giorno successivo, mi sembrarono lunghi un’eternità e le mie allieve erano sempre più preoccupate per me, poiché il mio umore era molto cupo.
Il giorno stabilito per la partenza io e Milo ci trovammo al Pireo, per prendere la nave che ci avrebbe portato in quello che era il mio paese d’origine, che non vedevo da quasi otto anni. Eravamo vestiti entrambi con abiti normali: lui indossava dei jeans blu lunghi, una maglia a maniche corte blu e scarpe da ginnastica, mentre io indossavo una gonna nera lunga fino al ginocchio, una maglia a maniche corte di colore viola semplice e un paio di sandali senza tacco neri e naturalmente sul volto portavo la mia maschera.
Ero felice di poter tornare a Torino, la città in cui ero nata, però l’essere accompagnata da Milo mi guastava la felicità che provavo.
Saliti a bordo, ci separammo, infatti, le nostre cabine erano lontane e così, non fui costretta a sopportare la sua presenza, se non quando scendevo alla mensa per farmi un vassoio di cibo e poi andare a mangiare nella mia cabina.
Io di mio poi evitavo di stare troppo in giro, poiché la mia maschera mi rendeva troppo appariscente e il fatto che, Milo cercasse continuamente di parlarmi, mi spingeva a stare lontana da tutto e da tutti.
Dopo quasi due giorni, il traghetto approdò ad Ancona ed io mi sentii di nuovo a casa.
Dopo aver parlato con la persona che ci aspettava, scoprii con mia grande felicità che la direttrice del mio vecchio orfanotrofio aveva dato la disponibilità a ospitarci presso di lei. Prendemmo poi un treno, che ci portò fino a Torino e feci da guida a Milo per le strade del centro, fino ad arrivare alla periferia della città, dove si trovava il mio vecchio orfanotrofio. Mi fermai un attimo a guardare l’aspetto esterno dell’edificio, che era rimasto come me lo ricordavo, anche se però ora sembrava più trasandato.
Attraversato il cortile davanti all’entrata, entrai nell’orfanotrofio e mi sembrò di tornare bambina, infatti, mi rividi mentre correvo per quei corridoi grigi, tapezzati solo dei disegni dei bambini.
Avanzando, entrai in quella che ricordavo essere la nostra sala giochi e lì vidi un gruppetto di almeno dieci bambini giocare insieme.
A quella vista, un po’ di tristezza m’invase, infatti, io e altri avevamo dovuto rinunciare ad un’infanzia allegra e spensierata, per diventare i saint di Atena, che avevano il compito di proteggere la giustizia.
Come i bambini si accorsero di me, cominciarono a stringermisi intorno, per guardarmi.
A un certo punto però una bambina con le trecce bionde e gli occhi verdi, mi chiese:
<< Perché porti una maschera in volto? >>.
<< Perché dove vivo io noi ragazze non possiamo mostrare il nostro volto agli estranei e soprattutto agli uomini >>, le risposi io in italiano.
La bambina rimase perplessa alla mia risposta, ma poi mi chiese: << I tuoi amici però, da cosa ti riconoscono? >>.
Ed io, abbassandomi alla sua altezza, le risposi: << Mi riconoscono dalla voce e dal ciondolo che porto al collo fin da quando ero bambina >>.
Subito dopo però, sentii dire alle mie spalle: << Yume, sei proprio tu? >>.
Voltandomi, vidi la direttrice dell’orfanotrofio dirigersi a passo incerto verso di me e le risposi: << Sì direttrice, sono proprio Yume >>.
Allora mi abbracciò e, guardandomi, disse: << Sono felice di vedere che stai bene, Yume. Puoi dirmi però, perché porti una maschera che ti copre completamente il viso e perché hai un’enorme scatola sulle spalle? >>.
<< E’ una lunga storia, direttrice e se potessi preferirei raccontargliela in privato >>, dissi io con voce seria.
<< D’accordo, Yume. Scusa la domanda, ma quel ragazzo che sta parlando in una lingua incomprensibile ai bambini, chi è? >>.
Oh cavolo, pensai. Mi ero completamente dimenticata di Milo che non capiva una sola parola della mia lingua madre.
<< E’ il mio compagno di viaggio ma Milo, questo è il suo nome, non conosce per niente l’italiano, essendo di origine greca e quindi dovrò fargli da interprete >>.
La direttrice mi guardò con aria perplessa ed io superandola, mi diressi verso Milo che stava cercando di convincere in greco un bambino, a scostarsi dalla sua gamba destra alla quale si era avvinghiato.
Mi venne un po’ da ridere per la situazione in cui Milo si era cacciato, ma la mia allegria fu subito sostituita dalla rabbia per il comportamento da lui tenuto con me, neanche una settimana prima.
Come gli fui davanti, mi abbassai a osservare il bambino responsabile del problema e gli chiesi: << Perché ti sei attaccato alla gamba di questo ragazzo? >>.
<< Perché >>, rispose lui imbarazzato, << mi dà una sensazione di sicurezza, come me la dava mio padre, quando era ancora con me >>.
A quelle parole rimasi allibita, ma continuai, dicendogli: << Capisco, però se gli continui a stare attaccato  non potrà spostarsi e rischia di non muoversi più >>.
Il bambino allora, arrossì per l’imbarazzo e scappò via, confondendosi nel gruppo dei bambini.
Sentii poi dire a Milo: << Grazie per l’aiuto, infatti, non capendo niente di quello che dicono qui, mi sento come un pesce fuor d’acqua >>.
Mi alzai subito e come cercò di continuare a parlare, lo interruppi, dicendo in greco: << Non ringraziarmi, perché quello che sto facendo lo compio solo per dovere e per nient’altro. Ti farò da interprete e compagna in battaglia, ma per me tu sei solo un sasso ignorante e insensibile. Seguimi ora al piano superiore, dove alloggeremo >>.
Finito di dire ciò, mi allontanai da Milo e mi diressi verso la direttrice, con la quale parlai mentre salivamo le scale, per andare a vedere dove avremmo alloggiato.
Giunti davanti alla porta che ricordai, essere un tempo la stanza che condividevo con due altre mie compagne, la direttrice si fermò e disse: << Alloggerete qui, perché non abbiamo purtroppo un’altra stanza libera. Va bene lo stesso? >>.
<< Certo che va bene, direttrice e poi in fondo ci avete fatto già un grande favore a ospitarci, nonostante tutti i problemi che dovete avere >>.
Lei mi sorrise e poi, disse: << Allora vi lascio in pace a disfare i bagagli, ragazzi >>.
Subito dopo se ne andò, scomparendo in uno dei corridoi lì vicini.
Aprii dunque la porta e vidi che la stanza non era cambiata molto in quegli anni: infatti, c’erano sempre contro la parete vicina alla porta e davanti alla portafinestra che dava sul bosco lì dietro, un letto singolo e una cassapanca per gli abiti, mentre contro la parete opposta ora c’era solo più un letto anch’esso singolo ed era ora affiancato da un armadio grande per gli abiti.
Entrata allora, posai il mio contenitore dell’armatura vicino al letto davanti alla portafinestra.
Accorgendomi però che Milo non era ancora entrato, guardando il paesaggio che s’intravedeva attraverso il vetro, dissi in greco: << Dobbiamo condividere la stessa stanza, perché questa è l’unica disponibile >>.
<< D’accordo, ho capito >>, disse lui e poi sentii chiaramente il rumore che faceva il suo contenitore dell’armatura, mentre veniva posato a terra.
Dopo esserci rinfrescati un attimo, uscimmo subito e ci recammo nei luoghi in cui erano avvenuti riti di cannibalismo per opera di quelli che sembravano essere dei seguaci del culto del dio Dionisio.
Tornammo poi in orfanotrofio, quando ormai il sole era tramontato e, nonostante fossi molto stanca, diedi una mano alla direttrice a preparare la cena per i bambini e in questo frangente avemmo modo di parlare e le raccontai tutto ciò che mi era accaduto da quando ero stata portata via da Saga ad allora, omettendo però ciò che era accaduto con Milo. Rimase un po’ spiazzata per tutto ciò che le avevo raccontato, ma mi assicurò di credermi. Quando poi ci mettemmo ad apparecchiare, disse: << Mangiate con noi, vero? >>.
Ed io a malincuore dovetti risponderle: << No, direttrice. Io non posso, perché se mostrassi il mio volto a un uomo, anche se bambino, le regole dei saint mi costringerebbero o a doverlo uccidere o ad amarlo >>.
<< Capisco, Yume. E Milo, invece? >>.
<< Gli dirò di venire a mangiare con voi, anche se però non potrà parlare con nessuno >>. Detto ciò, salii in camera e trovai Milo sparapanzato sul letto, che, come mi vide entrare, disse: << Devo venire giù per la cena? >>.
<< Sì, hai indovinato >>.
<< D’accordo >>, rispose lui, alzandosi.
Lo accompagnai in mensa, dove si era già raggruppata una parte dei bambini e poi andai in cucina, dove la direttrice mi porse gentilmente un vassoio con la mia cena e mi diressi in camera.
Mentre imboccavo però le scale, Milo m’intercettò e mi si parò davanti, dicendo: << Perché devo mangiare insieme a questa marea di bambini urlanti di cui non capisco una parola, mentre tu ceni tranquillamente in camera? >>.
Ed io gli risposi: << Sai che io devo seguire delle regole e per questo non posso mangiare né con i bambini né con te >>.
Alle mie parole rimase interdetto per poi però dire, sorridendo: << Ma io ti ho già vista in volto quindi non è un problema >>.
Quelle parole mi fecero perdere il controllo e alzando una mano gli diedi uno schiaffo che gli lasciò impressa l’impronta della mano sulla sua guancia sinistra e poi, guardandolo con tutto il disprezzo possibile, dissi: << E si è visto come ti sei comportato di conseguenza >>. Vidi Milo diventare rosso dalla rabbia, ma lo lasciai stare e sorpassandolo velocemente, me ne andai in camera a cenare.
Come chiusi la porta, mi tolsi la maschera e mi beai della sensazione del vento sul mio viso, uscendo sul balcone.
Rientrata poi, mangiai la mia cena, cercando di non pensare a ciò che era successo poco prima.
Quando finii, prima di mettermi a letto, decisi di andare ancora in un posto.
Dopo aver rimesso la maschera, saltai giù dal balcone e mi diressi verso quell’albero, dove avevo incontrato Saga per la prima volta. Lo riconobbi grazie ad un nastrino che avevo appeso a un ramo per segnarlo e che era ancora lì, nonostante fossero passati molti anni. Posando la mia mano contro il tronco, pregai mentalmente Atena di poterlo rincontrare un giorno, perché mi mancava moltissimo.
A un certo punto però, sentii una presenza dietro di me e, voltandomi, vidi Milo.




Angolo dell'autrice: ecco qui la seconda parte dell'extra che spero vi piacerà. Ringrazio 2307 e Freyr15 per le recensioni allo scorso capitolo e ace12 per aver messo la storia tra le seguite. Avvertimento: non posterò nulla fino al 26, poichè nei prossimi tempi sarò impegnatissima con lo studio, poichè sono piena di verifiche.
Ciao e al prossimo capitolo, Lilith

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Capitolo 3
*** Parte terza ***


Lo ignorai completamente e mi diressi verso l’orfanotrofio, ma lui mi colse alla sprovvista, sbattendomi contro il tronco dell’albero e bloccandomi le braccia, come la volta precedente. Ed io incavolata nera, dissi: << Che cosa vuoi fare Milo? >>.
E lui, mi liberò con un gesto rapido della mano della maschera e poi cominciò a guardarmi con uno sguardo molto alterato.
<< Voglio parlarti, ecco cosa voglio fare. Sono giorni che mi parli solo lo stretto necessario e poi oggi, per di più mi dai anche uno schiaffo, che mi ha lasciato un bel segno >>, disse con una voce molto arrabbiata.
<< Non ti rendi proprio conto di quanto dolore mi hai provocato, quando dopo avermi baciato, mi hai detto che quello non era un bacio importante per te, eh? Non riesci a capire di avermi ferita molto profondamente e poi lo schiaffo te lo sei meritato, per ciò che hai detto stasera >>, gli risposi, arrabbiata.
A quelle parole mi lasciò andare, ma, mentre me ne stavo andando, me lo ritrovai davanti e poiché non l’avevo visto, gli andai a sbattere contro e caddi a terra.
In un attimo me lo ritrovai addosso, nella stessa posizione di pochi giorni prima.
Questa volta però quando mi baciò, cercai di scostarmi, ma mi strinse ancora di più a se e mi lasciai allora andare a quel bacio, anche se sapevo che probabilmente subito dopo sarebbe fuggito come la volta precedente, spezzandomi di nuovo il cuore.
Anche se lo avevo odiato per ciò che mi aveva in precedenza detto, il mio cuore continuava ad appartenergli e sarebbe stato così sempre.
Quel bacio, poi, aveva un non so che di passionale e sembrava veramente diverso dal primo che c’eravamo dati.
Dopo un po’ si staccò, per far riprendere fiato a entrambi, ed io allora gli chiesi: << Ora scapperai come l’ultima volta, vero? E poi negherai di nuovo che provi qualcosa per me, distruggendomi di nuovo il cuore >>.
Egli allora mi accarezzò il viso e, sorridendomi, disse: << No, questa volta non scapperò, Yume. Nei due mesi che sono passati dal nostro primo bacio e poi in questi ultimi giorni, ho cercato di fare chiarezza nel mio cuore e mi sono reso conto che tu me l’avevi rapito già da tempo >>.
<< Non mi stai mentendo, vero? >>.
<< Non potrei mai farlo, perché mi sono innamorato di te >>.
Quelle parole mi causarono una gioia immensa e, stringendogli le braccia al collo, nascosi il viso tra i suoi soffici capelli.
Milo, poi dopo avermi dato un ultimo bacio a fior di labbra, mi diede una mano ad alzarmi da terra e, dopo aver recuperato la mia maschera, tornammo in camera, per andare a dormire.
Il mio sonno però, quella notte fu più agitato del solito: infatti, i miei sogni parlavano solo di morti e nient’altro. Quei morti poi, erano cavalieri che conoscevo da tempo: Camus, cavaliere dell’Acquario e il migliore amico di Milo, Aphrodites il cavaliere dei Pesci, Shura il cavaliere del Capricorno, Deathmask il cavaliere del Cancro e Saga, cavaliere dei Gemelli e mio mentore e maestro.
Mi svegliai dopo queste e altre visioni di morte, che però non compresi, piangendo a dirotto. Mi ritrovai subito accanto Milo che mi abbracciò forte, per calmarmi e disse: << Yume perché piangi? Hai forse avuto delle visioni di morte? >>.
<< Sì e riguardavano alcuni cavalieri d’oro, morti all’interno del Santuario... >>.
Vidi Milo diventare pallido a quelle parole, ma disse: << E’ stato solo un brutto sogno e nient’altro, Yume. Ora tranquillizzati >>.
La sua presenza accanto a me mi tranquillizzò un po’, ma non ebbi il coraggio di dirgli di aver visto anche lui morire, sperando che per una volta le mie capacità divinatorie si fossero rivelate non veritiere. Mi addormentai così tra le braccia di Milo, che mi davano un grande senso di protezione, una sensazione che mai avevo provato nella mia vita.
Mentre dormivo, a un certo punto sentii qualcuno o qualcosa accarezzarmi dolcemente il viso, allora socchiudendo un poco gli occhi, vidi Milo che steso accanto a me, mi guardava con un’espressione sorniona.
Essendosi poi accorto che mi ero svegliata, avvicinandosi a me, disse: << Buongiorno, amore mio >>.
Quelle parole e la sua eccessiva vicinanza, mi fecero arrossire, il che fece invece sorridere Milo. Lui, avvicinandomisi ulteriormente, mi trascinò in un bacio del buongiorno dolcissimo, che mi fece svegliare del tutto.
Dopo che ci fummo separati, gli dissi: << Sai che ore sono per caso? >>.
E lui guardando l’orologio sopra il suo letto, disse: << Sono le otto meno dieci minuti >>. Ed io sorridendogli, dissi: << Allora non siamo in ritardo per la colazione. E ora se non è di troppo disturbo, vorrei alzarmi per andare in bagno a darmi una sistemata >>.
<< Posso venire con te, allora? >>, disse Milo con una faccia da schiaffi.
Ed io gli risposi: << Se provi a mettere un solo piede nel bagno accidentalmente mentre ci sono io, sappi che non risponderò più delle mie facoltà mentali e per te saranno dolori >>. Milo, allora impallidì e mi lasciò scendere dal letto.
Solo quando fui in piedi vicino al letto, guardando Milo, mi accorsi che aveva dormito accanto a me solo in boxer e diventai rossa in volto come un peperone.
Recuperati subito gli abiti dalla mia borsa, mi diressi nel bagno nella stanza accanto, che la direttrice aveva destinato all’uso mio esclusivo e di Milo.
Sul mio viso finalmente era tornato a regnare un sorriso sincero e non più tirato e lo dovevo solo a Milo.
Dopo essermi fatta una doccia veloce, indossai gli abiti che mi ero portata per potermi meglio confondere tra la gente, al posto degli abiti d’allenamento per il Santuario.
Per prima cosa infilai dei jeans lunghi con dei ricami floreali sulla gamba destra di colore viola e una maglietta a maniche corte anch’essa viola dalla scollatura molto marcata e semplice e ai piedi misi dei sandali di colore dorato senza tacco, per permettermi qualsiasi tipo di movimento. Al collo poi portavo sempre un ciondolo che rappresentava una luna crescente d’ametista, che la direttrice dell’orfanotrofio mi aveva dato molto tempo prima, affermando che era di mia madre. Prima di uscire, legai i miei lunghi capelli castani con un elastico anch’esso viola, a coda di cavallo e indossai nuovamente la mia maschera.
Quando arrivai in camera, Milo mi squadrò da capo a piedi e poi, disse: << Sei bellissima vestita così, Yume >>.
Dopo averlo detto, mi si avvicinò e dopo avermi tolto la maschera e avermi dato un bacio a fior di labbra, se ne andò in bagno a darsi una sistemata.
Io allora, dopo aver messo lo zaino da viaggio in spalla, scesi al piano di sotto per fare colazione, poiché erano già le otto e venti.
Dopo aver aiutato la direttrice a preparare la tavola per i bambini, m’intrattenni a giocare a nascondino con i bambini e mi sembrò di essere tornata bimba.
A un certo punto però, mi sentii osservata e, volgendo lo sguardo alle mie spalle, vidi che Milo ci stava osservando, sorridendo.
Feci colazione con lui in cucina, cosicché nessuno, mi potesse vedere in volto, anche solo per errore.
Quando finimmo, dissi a Milo: << Ti va di fare un giro panoramico per Torino? >>.
<< Certo, perché voglio vedere con i miei occhi la tua città d’origine >>, disse, sorridendomi.
Verso le nove e mezzo eravamo già in centro e, nonostante quello fosse un giorno di lavoro come tutti gli altri, non c’era molta gente in giro.
Feci vedere a Milo il centro della città e quelli che erano i luoghi più significativi, per poi fermarci verso le undici  in un parco.
Ci sedemmo su una panchina, dove rimanemmo abbracciati per un po’, a guardare il paesaggio di alberi circostanti.
A un certo punto, feci a Milo una domanda che mi girava in testa da un po’: << Milo puoi dirmi, perché sei scappato dopo avermi baciato la prima volta? >>.
E lui, guardandomi, disse: << Lo feci perché temevo che i miei sentimenti per te fossero troppo forti e che mi avrebbero potuto indebolire. Devi sapere, infatti, che provavo per te già una grande affezione >>.
Quelle parole mi lasciarono di sasso, ma contenta come non mai lo abbracciai e dopo un po’, ci avviammo verso l’orfanotrofio per il pranzo con quei bambini che Milo chiamava adorabili pesti.
Dopo quattro sere poi, che ci recavamo lì dove erano avvenuti gli episodi di cannibalismo, riuscimmo a trovare i seguaci di quella setta, che si rifaceva al culto del dio Dioniso e facemmo in modo che non potessero più nuocere ad alcuno, per sempre.
La sera prima di partire per Ancona dopo cena però, la direttrice mi convocò nel suo ufficio, per parlarmi.
Quando vi entrai, mi sedetti sulla sedia davanti alla sua scrivania e lei fece lo stesso.
<< Yume >>, disse, << quando erano ormai passati due anni dalla tua adozione, giunse qui tua madre >>.
<< M- Ma com’è possibile? Io pensavo che i miei genitori fossero entrambi morti >>, dissi io sconvolta.
<< Fu tua madre a portarti qui quando non avevi ancora un anno e mezzo e fu una sua decisione, il fatto che tu la dovessi credere morta. Comunque, tornando al discorso di prima, quando venne a farci visita mi lasciò una lettera da darti, dicendo che un giorno saresti tornata qui, ormai cresciuta >>.
Detto questo, aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse la lettera annunciata, che appena ebbi in mano, provai l’impulso di aprire.
<< Grazie direttrice, per averla conservata per tutto questo tempo. Ora mi congedo, per leggerla in tranquillità >>.
<< Certo Yume. Vai pure >>.
Uscita velocemente dall’ufficio della direttrice, mi diressi nella mia camera, dove mi sedetti sul mio letto e aperta la lettera, cominciai a leggerla avidamente.
Cara Yume,
figlia mia adorata, quando leggerai queste mie parole so che avrai quattordici anni e sarai ormai il silver saint di Cassandra.
Sarai confusa per il fatto di essere venuta a sapere solo ora che io, tua madre, sono ancora viva e che non abbia mai cercato, di conseguenza, di mettermi in contatto con te.
Purtroppo tu sei stata l’unica cosa bella che ho avuto nella vita insieme a tuo padre, ma non mi è stato concesso dal destino né di vederti crescere né di stare con te.
A causa, infatti, del ruolo che ricopro, non ho libertà di scelta né nei miei movimenti né nelle mie decisioni.
Per quanto riguarda tuo padre, posso dirti solo che è morto ancora prima che tu nascessi, mentre noi due un giorno, quando sarai più grande ci incontreremo, anche se quella circostanza non sarà affatto felice.
Infatti, quel giorno scoprirai una cosa che riguarda te e la persona che ami di più al mondo, che ti porterà o sulla via della vita e della sofferenza o su quella della morte e della liberazione.
Purtroppo non mi è concesso di dirti altro, perché potrei cambiare di troppo il futuro e questa cosa non sarebbe per niente salutare per l’ordine cosmico.
Mi raccomando però Yume, continua a vivere la tua vita con tranquillità e serenità, perché è ciò che ogni ragazza della tua età dovrebbe fare. Ti auguro buona fortuna per ciò che dovrai affrontare negli anni a venire, ma sono certa che te la caverai sempre.
Con amore, tua madre Clelia.
Non riuscivo a crederci... Mia madre era viva da qualche parte e un giorno l’avrei finalmente incontrata e abbracciata.
Qual era il vero motivo però, per cui non aveva potuto crescermi e allevarmi? E qual era mai quell’incarico che non le dava libertà di fare nulla?
Quelle parole poi, che aveva scritto sul conto mio e di Milo, m’inquietavano.
L’unica cosa che risultava evidente dalla lettera, era che il dono di vedere il futuro che avevo veniva direttamente da lei.
Mentre riflettevo poi, mi cambiai per la notte e come tutte le sere precedenti, andai davanti all’albero, dove avevo incontrato Saga la prima volta e lì rimasi, cercando di calmare il mio animo ancora in subbuglio per il contenuto della lettera.
Mentre ero assorta nei miei pensieri, all’improvviso la mia mente fu invasa da una visione. Mi ritrovai su un campo di battaglia e accanto a me vidi una ragazza, stesa a terra, vestita della mia stessa armatura e con una lunga ferita, che le attraversava il ventre dal fianco destro a poco sotto il seno sinistro.
Quando la osservai meglio in volto, però rimasi sconvolta, infatti, rividi me stessa in lei: lunghi capelli castani scuri le incorniciavano il volto, sporchi di sangue e polvere e gli occhi di colore viola scuro, esattamente identici ai miei.
Poco dopo vidi un qualcosa di molto lucente, che però non riuscivo a capire cosa fosse a causa del sole, avvicinarsi a noi.
Come mi fu accanto rimasi senza parole: era un ragazzo identico a Milo, che vestiva l’armatura dello Scorpione ed era pieno di graffi e aveva una ferita simile a quella della mia sosia sul braccio sinistro, segni che di fatto dimostravano che anche lui aveva combattuto. Abbracciò quindi quella ragazza identica a me e, guardandola negli occhi, disse con le lacrime che gli scendevano copiose: << Cassandra, ti prego, non morire. Se tu morissi, come potrò vivere? E poi nostra figlia Francesca ha bisogno di una madre per crescere ed io sono certo che da solo non riuscirei a crescerla >>.
<< Endimione, purtroppo so già che non sopravvivrò, perché così vuole la maledizione lanciataci dalla mia dea>>.
Vidi il ragazzo irrigidirsi e dire: << No, non voglio perderti Cassandra, perché la mia vita senza di te non avrebbe più senso >>.
Non so il perché, ma mi sembrò di aver vissuto già quella situazione in un lontano passato, che però mi sfuggiva.
Non vidi però cosa accadde dopo, poiché mi sentii scuotere le spalle e la visione si dissolse nel nulla.
Quando riaprii gli occhi, vidi davanti a me un Milo preoccupatissimo.
<< Yume, che tipo di visione hai avuto? >>, disse lui, guardandomi con apprensione.
<< Non te lo saprei dire. Era una visione che sembrava riguardare un passato lontano e non il futuro... >>.
Milo comprese dalle mie parole che non avevo voglia di parlarne e, cogliendomi alla sprovvista, mi abbracciò e mi regalò un bacio dolcissimo, che servì a farmi dimenticare la visione di morte, appena avuta.
Staccandosi poi da me, disse: << Direi che è ora di andare a dormire, perché domani mattina dovremo alzarci presto, per prendere il treno che ci porterà ad Ancona >>.
<< Hai ragione Milo, andiamo pure a dormire >>.
Quella notte il mio sonno fu tormentato da visioni riguardanti quei due ragazzi identici a me e Milo, di cui però non riuscivo a cogliere il significato. Non ne parlai a Milo di quelle strane visioni, perché prima volevo capire, che cosa esse rappresentassero per noi due.
La mattina dopo con i nostri contenitori delle armature in spalla, salutammo la direttrice e i bambini dell’orfanotrofio, per poi dirigerci alla stazione ferroviaria, dove avremmo preso il treno per Ancona.
Tre giorni dopo, eravamo tornati al Santuario e quando si seppe, non so come, che io e lui ora stavamo insieme, mi attirai addosso l’odio di molte sacerdotesse guerriere come me, ma non me ne importava nulla, poiché avevo ora al mio fianco un ragazzo che mi amava moltissimo e che difficilmente si sarebbe separato da me. 


Nota dell'autrice: so di essere in anticipo con l'aggiornamento, ma poichè oggi avevo del tempo libero ne ho aprofittato. Siamo così arrivati alla fine di questo extra, che certamente non sarà l'ultimo, poichè ce ne sono altri in cantiere.
Sperando che vi sia piaciuto, non posso fare altro che rimandarvi al prossimo aggiornamento della storia originale, che sarà proprio oggi. Un grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito e che mi hanno fatto capire che questa storia non era poi così terribile alla fine Ciao e alla prossima, Lilith

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