Miracolo di Natale al 595 di Broome Street

di angelad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Miracolo di Natale cap 1

MIRACOLO DI NATALE AL 595 DI BROOME STREET

 

 

Questo è per te piccolo nano. Forse non la leggerai mai, ma, se un giorno ti capitasse di avere queste righe in mano sappi che l’ho scritta pensando a te.

Perché Joy ha molto di te.. molto di più di quanto io stessa immaginassi..

Ti voglio bene

 

 

 

 

Kate Beckett posò l’ennesimo fascicolo sulla pila di documenti, ormai enorme, sulla sua scrivania e si stiracchiò le membra stanche e contratte da quell’intensa mattinata trascorsa tra le scartoffie.

Dopo la nascita di Joy la detective tentava di limitare il lavoro sul campo, usciva dal distretto solo quando era strettamente necessario o quando si sentiva soffocare tra quelle mura. Aveva fatto una promessa a Rick, non avrebbe mai più rischiato la vita inutilmente. Ora aveva qualcuno che la rendeva completa.

Non aveva bisogno di altro, ma il lavoro rimaneva un ulteriore elemento gratificante al quale non aveva voluto  rinunciare. Poteva gestirsi come meglio credeva, la Gates le aveva ormai concesso la sua totale fiducia e stima: in assenza del capo il distretto lo dirigeva lei. Ufficiosamente, s’intende.

Dopo essersi passata una mano sugli occhi, alzò lo sguardo verso la fotografia che troneggiava sulla scrivania accanto ai suoi amati elefanti: i suoi due gioielli le stavano facendo le linguacce con una smorfia terribile sul viso. Aveva riso un sacco quando Rick e Joy gliela avevano fatta avere incartata come un pacco regalo.

Cogi ti ricoldi di noi quando lavoli” le aveva annunciato sua figlia, con fare teatrale alla Rogers, il giorno in cui aveva deciso di tornare al lavoro.

Passò un dito sull’immagine come a volerla accarezzare e pensò a quanto quei due fossero simili. Si era davvero avverato tutto ciò che aveva vissuto in quei lunghi mesi trascorsi in coma durante la gravidanza di Joy. Sua figlia era il ritratto spiaccicato della personalità del padre.

Avevano lo stesso carattere allegro e giocoso, per Joy del tutto normale considerata l’età, ma Rick non aveva difficoltà a starle dietro. Kate non faceva fatica ad ammettere che quei due se la intendevano alla grande. Bastava loro uno sguardo per capirsi anche senza parlare e il più delle volte quando volevano ottenere qualcosa, la facevano capitolare senza quasi che se ne accorgesse.

In realtà non le importava, li amava con tutto il suo cuore. Di un amore talmente infinito che non avrebbe mai pensato di riuscir a provare. Erano tutta la sua vita, poco le importava se erano riusciti a plasmarla come meglio credevano. Era felice.

Erano divenuti una famiglia così meravigliosa da essere paragonata a quella delle favole, ma, come in ogni fiaba che si rispetti, anche nel loro mondo si trovava una sottile linea d’ombra che oscurava un poco la loro felicità. Dal primo compleanno della piccola Joy l’atteggiamento di Alexis era progressivamente cambiato nei confronti della sorellina andando ad incidere in maniera radicale anche sul rapporto speciale che aveva con il padre.

Non poteva negare che nel periodo trascorso da lei in coma la giovane rampolla Castle si era comportata in maniera esemplare, spronando lo scrittore  a non arrendersi e sostenendolo in tutti quei mesi d’oscura paura e dolore.

 Grazie a Dio si era svegliata, dando alla luce la loro stupenda bambina e ristabilendo così equilibrio nelle loro vite. Era  andata a vivere sotto lo stesso tetto con l’uomo che amava e con la giovane ragazza, almeno finchè Alexis non era andata al college.  

Nonostante in apparenza sembrasse entusiasta dell’arrivo della sorellina, avendole preparato, con l’aiuto della nonna, una stanza da sogno con ogni tipo di giocattolo possibile e cercando di aiutarla ad accudirla in ogni modo, il suo atteggiamento si era a poco a poco raffreddato.

Più Joy cresceva bellissima e sana, più il comportamento della sorella mutava. In poco tempo non le prestò la minima attenzione, come se quella piccola creatura non esistesse. Da quando si era trasferita al campus si era fatta sentire molto di rado.

Kate aveva notato dal principio quel gelo crescente, ma non ne capiva il motivo. Però a poco a poco riuscì a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle: Alexis si sentiva rimpiazzata da sua figlia.

Joy era colpevole d’aver preso una parte del cuore di suo padre, di essersi intromessa nel loro rapporto speciale.

La giovane detective non poteva negare che Rick fosse del tutto innamorato della loro bambina.  La guardava con occhi sognanti ogni volta che poteva, da quando stava sulla sdraietta ed emetteva strani versetti ad ora che la bambina lo aveva trasformato nel suo schiavetto personale. Joy sapeva bene come fargli fare ciò che voleva, bastava che lo guardasse con i suoi occhioni azzurri da cerbiattina adorante e il famoso scrittore di gialli si trasformava in un budino.

“Glielo hai insegnato tu, non è possibile. Avete lo stesso magnetismo. Non riesco a dirvi di no, non ce la faccio!” si lamentava continuamente il suo uomo.

La abbracciava, la baciava, la chiamava principessa, giocava con lei. Sempre, anche quando Alexis tornava da loro nei pochi momenti liberi dall’università.  Prestava molte attenzioni alla piccola, ma nonostante la gelosia di Alexis potesse essere giustificata, Kate non la comprendeva.

Rick aveva molti difetti, come tutti gli esseri umani del resto, ma non gli si poteva imputare di essere un cattivo padre. Amava Joy allo stesso modo in cui amava Alexis, erano entrambe sullo stesso piano e, se costretto, era sicura che gli sarebbe stato impossibile scegliere tra le due.

Quindi non riusciva a spiegarsi cosa avesse potuto infastidire a tal punto la giovane Castle per decidere di allontanarsi in quel modo da loro, specialmente da Rick.

L’uomo non ne parlava mai, se Kate cercava di affrontare l’argomento, se pur in maniera indiretta, per carpire quanto Rick avesse veramente compreso di quella strana situazione, lui restava evasivo. Comportandosi così non riusciva a capire quanto la sua sensazione fosse veritiera oppure se avesse avuto un’impressione sbagliata. In fondo lui conosceva Alexis meglio di chiunque altro.

Il Natale si stava avvicinando e, come tutti ben sapevano, quello era un periodo speciale in casa Castle. La famiglia intera, compresi nonna Martha e nonno Jim, si riunivano nel loro appartamento e tutti insieme, festeggiavano in pompa magna. Quell’anno, però,  Alexis aveva cercato d’arrecare la scusa di un viaggio studio in Europa per poter affrontare nel migliore dei modi un esame, ma alle incessanti insistenze del padre, alla fine aveva ceduto. Avrebbe passato le feste a casa, aiutandoli a preparare gli addobbi e i regali come tutti gli anni.

Rick, come sempre, era entusiasta dell’avvenimento e quella mattina non l’aveva accompagnata al lavoro. Tutto doveva essere pronto per l’arrivo della sua primogenita, quei giorni dovevano essere speciali come non mai.

A Kate si era stretto il cuore nel vedere con quanto amore e dedizione il suo uomo aveva preparato la stanza della figlia, affinché la trovasse uguale a come l’aveva lasciata, fatto la spesa affinchè nel frigo ci fosse tutto ciò che poteva desiderare, insomma aveva organizzato tutto per viziarla nel migliore dei modi.

Era proprio un padre speciale e sperava con tutto il cuore che non restasse deluso, perché non se lo meritava. Voleva assolutamente aver torto su quella sensazione che si era annidata nella sua anima.

Quando a colazione aveva annunciato la sua intenzione di rimanere a casa per l’intera giornata, Joy aveva esultato entusiasta!! Poteva avere il suo adorato papino a disposizione, chissà cosa potevano combinare. Quei due insieme potevano essere paragonati a un associazione a delinquere!

Le erano mancati un sacco, aveva una gran voglia di tornare a casa e così, quando l’orologio segnò la fatidica ora delle cinque, Kate raccolse le sue cose, si strinse nel cappotto, si sistemò per bene la sciarpa intorno al collo ed uscì dal distretto a grandi passi.

Sentì un gran freddo. Negli ultimi giorni si era alzato un vento pungente su tutta New York e la temperatura si era ulteriormente abbassata. La città si stava preparando all’arrivo del Natale ed era solo una questione di giorni prima che si tingesse di bianco, creando quell’atmosfera così suggestiva che aveva imparato ad apprezzare. Negli ultimi anni era molto cambiata, della vecchia Beckett restava solo uno sbiadito ricordo. Era più allegra e gioiosa e aveva ammesso a se stessa che Rick era riuscito a contagiarla con il suo proverbiale entusiasmo.

In pochi minuti arrivò al loro palazzo, per fortuna le strade della Grande Mela non erano particolarmente intasate dal traffico.

Non appena inserì la chiave nella serratura ed aprì la porta di casa, vide una piccola saetta correre verso di lei urlando: “Mamma!”.

Si accucciò d’istinto per permettere a sua figlia d’aggrapparsi al suo collo in modo che lei potesse stringerla in un abbraccio caloroso. La piccola, infatti, si appoggiò contro il suo corpo e lei la prese in braccio donandole un bacio sulla testa.

Aspettava per l’intera giornata quel momento e, nonostante le ore passate al distretto non fossero mai particolarmente riposanti, nell’istante in cui poteva sentire il dolce profumo di sua figlia tutta la fatica spariva come per incanto e lei si sentiva immediatamente un’altra donna.

Le accarezzò i lunghi capelli castani e si assaporò quel momento con ogni cellula del suo corpo.

“Ciao tesoro, come stai?”.

“Ola bene, plima mi mancavi tloppo tloppissimo!” rispose la vocina tenera della figlia.

Kate sorrise: “Troppissimo? Non credo che con papà tu ti sia potuta annoiare..”.

Joy tirò indietro la testa di un poco e la guardò con quegli occhietti azzurri così simili a quelli del padre, tanto da emozionarla ancora: “Ma no, mammina! Ci siamo diveltiti moltissimissimo! Abbiamo tilato fuoli  tuuuuuuuuuuuuutte le palline di Natale… oh, non dovevo diltelo.. Ela una solplesa..”.

La piccola si intristì di colpo, aveva capito d’aver combinato un piccolo guaio.

La giovane donna la baciò su una guancia: “Non preoccuparti amore, farò finta di nulla. Tu non mi hai detto niente, sarà il nostro segreto!”.

La bambina le lanciò di nuovo le braccia intorno al collo e la strinse forte: “Glazie! Sei la mia mammina plefelita!”.

Kate pensò che al mondo non esistesse nulla di meglio della sincerità e dell’amore di un bambino.

In quel momento furono raggiunte da Castle ricoperto di stelle di Natale e residui di polistirolo: “Joy, tesoro, dove sei finita? Oh è arrivata la mamma.. le sei saltata subito addosso senza darle il tempo di respirare, vero? Beh ti capisco, sei una Castle e nessun Castle sa resistere alla bellezza di tua madre!”. Si avvicinò a Kate e le diede un tenero bacio sulla bocca, mentre Joy cercava d’allontanarlo con la manina..

“No papino.. Mammina è ciolo mia e poi io volio bacino!” disse col musetto un po’ imbronciato.

Era così tenera quando manifestava la sua gelosia che Rick la prese e la sistemò tra le sue possenti braccia: “Ogni suo desiderio è un ordine! Ne vuoi uno solo? Meglio un’infinità!!!!!!!”.

Incominciò a tempestarla di baci su tutto il visino, mentre la piccola si dimenava ridendo a crepapelle: “Papi, batta, mi fai il ciolletico!”.

Kate sorrise nel vedere quel siparietto, erano così buffi. Li lasciò davanti all’entrata di casa, intenti a giocare e si diresse verso il salotto. Aveva assoluta necessità di togliersi le scarpe, le stavano esplodendo i piedi. Voleva indossare le sue ciabatte. Sognava di rilassarsi sul divano e di guardarsi un bel film tra le braccia dell’uomo che amava, dopo aver mangiato e messo Joy a letto, ma quando raggiunse la sommità del salotto le mancò il fiato e dovette sorreggersi alla porta.

Quella davanti a lei non poteva più essere considerata una sala, quello era solo ciò che restava di un tornado. Cosa diavolo stava succedendo? Dentro si sé sentì una risposta che non le piacque molto, ma in fondo ciò che stava guardando lasciava poco spazio all’immaginazione.

Un’infinità di scatoloni di qualunque misura erano aperti sul pavimento e il loro contenuto natalizio era stato appoggiato ovunque. Palline, decorazioni, candele, luci, stelle di Natale, ogni angolo della casa era stato sommerso..

Per non parlare dell’invasione dei pastorelli del presepe capeggiata da San Giuseppe in persona, che era riuscita ad espandersi quasi fino alla cucina. Rigorosamente in fila indiana si estendevano come un piccolo esercito minaccioso ai suoi piedi.

Non poteva essere vero, quella era solo un’illusione ottica. Doveva solo chiudere gli occhi e quel putiferio sarebbe sparito. Per quella sera desiderava solo un po’ di quiete. Chiedeva troppo?

Si sentì tirare per la maglia e vide accanto a sé il volto sorridente della figlia: “Ti pace mammina? Lolo sono i miei amici tolelli e vanno tuuuutti velso il fligo pelchè hanno fame”.

“Davvero tesoro?”. Era senza parole.

“Ci, ci.. Guadda. San Giueppe li polta velso il listolante.”. Joy si accucciò tra le sue gambe con le statuine in mano e si mise a giocare tranquilla. Kate non ebbe la forza di opporsi: erano di plastica, almeno non si sarebbero rotte.

Non poteva sgridare la piccola, l’unico vero colpevole di quella baraonde era qualcun altro ed avvertì la sua presenza alle sue spalle. Nel voltarsi, lo vide con aria decisamente colpevole mentre cercava di giustificarsi: “Tesoro, non è come sembra..”, ma il suo sguardo tagliente lo zittì .

“Ok, è esattamente come sembra, ma ti giuro, è per una buona causa..”.

Kate rispose: “Sono veramente curiosa di capire quale scusa inventerai stavolta, ma ti premetto che dovrai essere molto convincente”.

Joy, in soccorso del padre, suggerì: “Papino, ucia i occhi da cuscciolo..”.

“Grazie del suggerimento tesoro, ma non credo che in questo caso possano servire. Non stiamo parlando con tua madre, quello è lo sguardo del detective Beckett dei tempi migliori. Devo inventarmi qualcosa di molto meglio per farmi perdonare..”.

Una voce famigliare giunse dietro le loro spalle: “Io se fossi in lei pretenderei dei diamanti,  un anello, degli orecchini, un braccialetto, tutto andrebbe bene, ma conoscendola, credo che si accontenterà di una bella cena romantica e di un mazzo di rose rosse. Non riuscirebbe mai a ricattarti seriamente, è decisamente una donna troppo buona e tu  non te la meriti”.

Tutti si voltarono sussultando, ma i loro visi si rilassarono immediatamente, soprattutto quello di Castle: “Alexis! Bentornata tesoro! Come hai fatto ad entrare?”  e corse ad abbracciare sua figlia.

La giovane ragazza si lasciò stringere in un caldo abbraccio e ricambiò l’affetto dimostratole dal padre con un bacio sulla guancia: “Sai, casualmente la porta era aperta. In un primo momento, con tutta questa confusione, ho pensato che si fossero stati i ladri, poi vi ho sentiti battibeccare e mi sono tranquillizzata”.

“Devo essermi dimenticato di chiuderla, quando l’ho vista avvicinarsi troppo alla zona “di guerra”. Non l’avevo ancora avvertita e…”

“Avevi paura che ti uccidesse!”.

“Ecco, diciamo che hai colto il punto”.

Risero tutti, compresa Kate.

Castle puntualizzò: “Ecco, il motivo di tutta questa confusione è il ritorno anticipato di Alexis e mi sembrava un’idea carina preparare gli addobbi tutti insieme questa sera stessa”.

“E no papà, non mi usare come scusa! Kate io non c’entro niente con tutto questo!”.

“Tranquilla so benissimo che questa è una delle tante idee brillanti di tuo padre.. Comunque bentornata a casa” e la abbracciò ed Alexis la ricambiò gentilmente, ma quando la piccola Joy le raggiunse agitando la manina, Alexis si irrigidì e riuscì solo a dire “Ciao”.

Si creò una situazione di stallo momentaneo che fu sbloccata involontariamente da una voce: “Buonasera! È permesso? Scusate cerco il signor Richard Castle, sono nel posto giusto? Devo consegnare un albero..”.

Alla vista del fattorino Kate dovette prendere un respiro profondo per mantenere la calma: “Prego, si accomodi. Può seguire la carovana delle statuine che saranno ben lieti d’indicarle la via per la sala. L’albero va lì, se riesce a trovare un buco per appoggiarlo, ma le premetto che non sarà facile. Auguri! Il conto lo paga quel signore sia chiaro.” Ed indicò il suo compagno. Poi si accucciò per prendere in braccio sua figlia: “Vieni tesoro, andiamo a metterci comode, io tuta e tu pigiamino?”.

Joy scosse la testa: “Io vollio fale l’albelo con papino! Non vollio dolmile!” ed incrociò le braccine imbronciata.

“Stai tranquilla piccola, potrai dilettarti tra qualche minuto con le palline e le luci insieme a tuo padre, mentre io preparo la cena. Voglio solo che tu sia pronta per la nanna, quando sarà l’ora. Nel frattempo, papà farà in modo che il salotto ritorni in condizioni normali, prima che il tornado Castle si abbattesse su di lui. Perché sia chiaro, qui nessun adulto dormirà prima che questa casa ritorni ad avere un’apparenza civile!”.

Castle balbettò: “Mah, Kate..”.

“Non esiste nessun mah, signor Castle. E spero di essere stata chiara! Ora vuoi firmare quella ricevuta a quel pover uomo, almeno potrà andarsene senza sentire i miei sproloqui! Alexis ci vediamo dopo e ancora bentornata!” disse sparendo dietro la porta della loro camera insieme alla piccola Joy.

Castle la guardò impietrito, mentre la rossa di casa Castle commentò: “L’hai fatta arrabbiare sul serio, era da un po’ che non rivedevo il detective Beckett. Niente male direi, ma, se devo essere sincera, ho paura che la cenetta romantica non basterà..”

“Dici che dovrò optare per i diamanti?”

“Non so, ma dovrai inventarti qualcosa di decisamente romantico. Senti, io vado a portare le valigie in camera mia e inizio a disfarle. Quando sarai riuscito a montare l’albero, chiamami” e sparì anche lei su per le scale.

Castle rimase a fissare le decorazioni che aveva in mano e raccolse un pastorello abbandonato da  Joy sul pavimento: “Mio caro amico ti do un consiglio, non portarti in casa delle donne. Guarda che fine ho fatto, solo a parlare con te, prima di dover ripulire tutta la casa, mentre loro si preparano alla serata.. Me lo dico da solo, povero papino..” e lo posò su una mensolina.

Raccolse i festoni abbandonati qua e là ed impilò le scatole vuote in un angolo. Quando tutti gli addobbi furono relegati in un angolo della stanza, venne il momento di montare l’albero. Il buon Castle era preparato a quel faticoso lavoro e in men che non si dica, uno stupendo pino verde svettava quasi fino al soffitto spadroneggiando per l’intero spazio.

L’uomo fece due passi indietro per ammirarlo e fu soddisfatto del suo acquisto. Quello era decisamente un albero con la A maiuscola! Sarebbe sicuramente piaciuto a tutte le sue donne. Infatti, da dietro alle sue spalle giunse una vocina sorpresa: “Uauuuuuuuu! È glandiccimo papino! Ma lo dobbamo cololare tutto?”.

Joy era come incantata davanti a quello spettacolo.

Rick si sentì orgoglioso, se la piccola era già felice nel vederlo vuoto, figuriamoci quando tutte le decorazioni e le luci sarebbero state al loro posto creando quella magia così caratteristica del Natale: “Certo tesoro. Dobbiamo mettere tutte le palline, i festoni, i ghiacciolini, le farfalle di mamma, le luci e tutti gli altri addobbi sui rami di questo albero, almeno la notte di Natale il buon vecchio Babbo Natale saprà dove posare i doni. Quando noi ci sveglieremo la mattina del 25 li troveremo tutti qui sotto..”.

“Solo se salemo tati blavi!” puntualizzò Joy col ditino alzato.

“Giusto tesoro, tu lo sei stata senza ombra di dubbio e io credo anche, quindi non dovremo aspettarci brutte sorprese!”.

“Cledo che dovlai falti peldonale da mammina, pelò..”.

Rick sorrise e rispose con fare sicuro: “Lo farò, io so come prendere tua madre..!”.

“Tu sapresti fare cosa?” disse scherzosamente Kate appoggiata allo stipite della porta della sala.

Castle non si era accorto che la donna li avesse raggiunti, ma fu felice di vederla sorridere. Kate aveva già ritrovato il suo buon umore.

“So capirti e come farti sorridere, sbaglio?”

Kate dovette ammettere che Rick aveva ragione. Solo lui aveva saputo far tornare il sereno nella sua vita e non se lo sarebbe lasciato scappare per nessuna ragione al mondo: “Come nessun altro, ma non credere che tutto possa tornare come prima così facilmente scrittore. Sarai perdonato solo se riuscirai a farmi rimanere a bocca aperta dopo che avrai finito di decorare quest’albero. Altrimenti sarò costretta a rettificare la letterina per Babbo Natale nella sezione “regali per papino”…”.

“Non oseresti mai..”. disse prendendola per un braccio ed avvicinandola a sé.

“Mettimi alla prova…”. Il suo braccio circondò la vita dell’uomo.

“Quindi è una sfida detective..” la sua bocca si avvicinò a quella della detective.

“Puoi chiamarla come ti pare, ma ciò che ho detto è valido” lei si scansò appena in tempo per respingere il suo assalto.

“Sei malvagia, ma è questo che mi piace di te. Sai tenermi a freno..”

Le loro bocche sempre più vicine..

Un colpo di tosse finto echeggiò nell’aria: “Eh eh sono desolata d’interrompere questa scena da film romantico, ma non mi sembra il momento più adatto per folleggiare. Avete occhietti innocenti che vi osservano. E poi quest’albero non sarà mai pronto per Natale se non ci diamo una mossa!”

Alexis era sopraggiunta nel salotto cambiata dalla testa ai piedi. Si diresse verso il povero pino abbandonato in mezzo alla sala ed iniziò ad appendere alcune palline argentate.

Joy, fino a quel momento intenta a giocare di nuovo con le statuine del presepe, le andò dietro e cercò di darle una mano, ma la sorella non la considerò molto. Si limitò a dirle di appendere i ghiacciolini nei rami più bassi.

La piccola le chiese: “Mi plendi in blaccio? Io vollio mettele quelle palline con te”, ma Alexis fece finta di nulla.

Rick si affrettò a raggiungerle e fu lui a sollevare sua figlia da terra ed ad insegnarle come sistemare tutte quelle palline multicolori. Non dette peso alla scena di qualche minuto prima, a differenza di Kate che provò una fitta al cuore.

Le sue paure erano state in parte confermate. Non poteva affermare che Alexis odiasse Joy, non lo credeva, ma aveva appurato che si limitava a non considerarla. Cercava di non avere troppi rapporti con lei.

Così, mentre era impegnata in cucina per preparare la cena, cercò di non perdersi nemmeno un minuto di ciò che accadeva nella stanza accanto.

Il lavoro procedeva alla grande, ma la scena davanti ai suoi occhi era ben diversa da come si doveva immaginarla: Rick e Joy uniti e ridenti, Alexis sola nel più totale mutismo. Rick aveva concentrato le sue attenzioni, come sempre, sulla bambina più piccola ed la maggiore si era isolata.

Kate decise di raggiungerli e appese due farfalle bianche proprio accanto alla giovane ragazza: “Perché non aiuti tuo padre? Credo che la parte di quei due sia un vero disastro, non c’è una decorazione messa in maniera decente. C’è bisogno di un po’ di tocco femminile”.

Alexis non si mosse di un millimetro: “Non credo che abbiano bisogno di me, non senti come ridono? Lasciamoli fare, sono sicura che verrà bene lo stesso. Non importa se non sarà perfetto, ma sarà comunque adatto allo stile Castle..”.

La giovane detective sentì pronunciare quelle parole con una tristezza infinita, non con rabbia e rancore, ma solo con tristezza. Alexis si sentiva sola e ciò le dispiaceva davvero molto.

“Lo sai vero che noi ti vogliamo bene?”. Quella frase uscì dalla sua bocca come un fiume in piena  che non riuscì a controllare.

Alexis si voltò a fissarla stupita, come se non si sarebbe mai aspettata quella frase da lei: “Sì..”.

“E allora ricordati sempre che qualunque problema tu abbia, noi possiamo affrontarlo con te. Non vergognartene..” e andò a raggiungere il compagno e la figlia dall’altra parte dell’albero.

La giovane rampolla Castle, rimasta sola con i suoi pensieri, teneva in mano una palla color argento e la fissava incantata, come se quel piccolo oggetto si potesse trasformare nelle sfere magiche delle favole e le potesse indicare la soluzione di tutti i suoi problemi.

Kate aveva capito che qualcosa la turbava. Era proprio vero che l’istinto delle donne sbaglia raramente, ma doveva affrontare quel fantasma interiore dentro se stessa da sola.

Doveva farlo al più presto se non voleva rovinare il Natale a tutti.

Voleva un unico dono per quelle feste, ritrovare la sua serenità. E in un modo o nell’altro ci sarebbe sicuramente riuscita.

 

 

Angolo mio

Eccomi sono tornata! E anche la piccola Joy. Ve la ricordate? Come avrete letto sopra è dedicata al mio nanetto preferito, che me l’ha ispirata.. Spero che la storia vi piaccia e che vi incuriosisca.

Non è proprio una long, è una short allungata.. Avrà pochi capitoli, ma abbastanza lunghi perché non riuscivo a rimpicciolirli.

Vi lascio alla lettura e torno a godermi Brad Pitt! Bacio a tutte!!! J

 

Ps Grazie Reb! E grazie a Serena che mi ha aiutato involontariamente col titolo dicendomi la via dove abita Castle!!!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Xmas cap 2

Un dolce profumo di caffè aleggiava nell’aria, quando Alexis lasciò la sua stanza diretta in cucina. Suo padre doveva essere già sveglio e sicuramente era intento a preparare la colazione per tutta la sua famigliola. Se ne era sempre occupato lui e non credeva che avesse perso l’abitudine negli ultimi mesi.

Infatti, mentre scendeva le scale, lo scorse intento a rovistare nel frigorifero. Sui fornelli in  due pentolini si stava scaldando del latte e le padelle abbandonate nel lavandino suggerivano che le omelette e le uova fossero già pronte.

Nel bel mezzo della sala troneggiava l’albero di Natale preparato la sera precedente, era ancora acceso con mille lucine che scintillavano incessantemente al ritmo di musica. Doveva ammettere che era riuscito molto bene, come ogni anno era un capolavoro e ogni dettaglio non era stato lasciato al caso. Il padre aveva tanto insistito per mettere anche la prima pallina di cartapesta, fatta insieme molti anni prima, con scritto “Alexis” accanto a quella che aveva preparato per Joy. Rosa per lei, verde per la sorella, i loro colori preferiti. Nonostante si sentisse ancora un po’ di troppo, quella carineria l’aveva fatta sentire a casa. Incominciava a sentirsi meglio, dopotutto non era così male ritrovarsi in mezzo a loro.

“Buon svegliata tesoro! Dormito bene nel tuo vecchio letto?”. La calda voce di suo padre la destò dai suoi pensieri.

 Alexis si voltò verso di lui e rispose: “Sì, grazie. Ho riposato divinamente..”.

“Su scendi, ho preparato molte cose buone da mangiare, compresi i pancake che ti piacciono tanto..”

“Papà, piacciono più a te…” lo corresse la ragazza alzando di poco gli occhi  verso al cielo.

“Dettagli tesoro. Tu mi farai compagnia! Quando mai ti sei rifiutata di darmi una mano?” disse Rick strizzandole l’occhio.

“Effettivamente mai” concluse Alexis avvicinandosi al padre e dandogli un bacio sulla guancia.

Mentre stavano preparando la tavola, Kate li raggiunse in cucina. Aveva in braccio la figlia, ancora un po’ addormentata  con la testolina appoggiata contro la sua spalla.

“Buongiorno a tutti” salutò cordialmente.

Castle si affrettò a raggiungerla e a donarle un lieve bacio: “Buongiorno a te detective. Dormito bene? Eri così bella e serena che non sono riuscito a svegliarti, ho pensato che avessi bisogno di un po’ di riposo ora che sei in ferie per qualche giorno. Ciao tesoro di papà! Vieni? Hai ancora sonno? Dai su che il tuo favoloso papino ti ha preparato un succulento biberon di latte, biscottini e un pizzico di cioccolato, ma non dirlo a mamma, tutto per te! Me lo fai un sorriso?”.

Nell’udire la voce del padre la piccola Joy si ridestò improvvisamente e sfoggiò un sorriso così radioso da fare invidia alle star del cinema.

“Papino..” ed allungò le braccine verso di lui. In poco meno di due secondi il padre la stava abbracciando dolcemente.

Alexis sentì una piccola fitta al cuore, ma cercò di non darlo a vedere. Diede il buongiorno alla compagna del padre e si concentrò per affettare il pane, distogliendo lo sguardo.

Kate notò il disagio della ragazza e si andò a sedere proprio accanto a lei, posando una mano sulla sua spalla. La giovane ragazza rialzò lo sguardo e le sorrise debolmente. Per quanto si sentisse inadeguata in quella situazione, voleva bene a Kate. Quella donna l’aveva sempre rispettata e probabilmente era l’unica ad essersi accorta che qualcosa non andava. Poteva affermare senza margine di errore d’avere un rapporto migliore con lei che con sua madre Meredith e per questo si vergognava ancor di più di provare quell’inaspettata gelosia nei confronti della sorellina.

Capiva bene, però, che, nonostante l’affetto provato dalla detective nei suoi confronti, Joy restava pur sempre sua figlia e, se la situazione fosse degenerata, l’avrebbe sicuramente difesa schierandosi contro di lei. Per questo non poteva dir nulla, magari col tempo tutto si sarebbe aggiustato.

Quando la giovane donna le domandò: “Va tutto bene Alexis?” lei prontamente le rispose: “Sì, certo non preoccuparti”.

Sapevano entrambe che era una bugia, ma non poteva confidarsi con lei. In quel momento avrebbe voluto solo fuggire, di nuovo.

Nel frattempo Castle aveva seduto Joy sulla sua seggiolina, le aveva consegnato il fantastico biberon e si era accomodato accanto alla compagna, felice come un bambino: “Adesso è il mio turno! Pancake, omelette venite a me! Kate puoi passarmi la Nutella per favore?”.

“Sei il solito ingordo, non voglio che mangi troppi dolciumi o diventerai un elefante! E non sarai per niente sexy…”

“Ti prego, non dire così davanti alle mie figlie! Poi non sei tu quella che hai una schiera di elefanti sulla scrivania al distretto? Ammettilo, ti piaccio un sacco lo stesso!”.

“Non ci giurerei Castle.. Non amo particolarmente il grasso..”.

“Stai dicendo che la mia pancia non è sexy? Così distruggi la mia autostima..”.

Alexis rise: “ E’ impossibile papà, il tuo ego è indistruttibile. E ti dirò di più, secondo me Kate ha ragione. È ora che tu ti metta un po’ a dieta!”.

“Tradito dal sangue del suo sangue.. Non me lo sarei mai aspettato da te Alexis. Volete dire che sto invecchiando? Non posso crederci..”.

“Stai tranquillo, eterno Peter Pan, i capelli grigi ti donano” lo incalzò la compagna.

Castle fece la faccia offesa e si girò verso la piccola Joy che, totalmente incurante del discorso dei tre adulti, aveva bevuto tutto il latte e ora stava chiacchierando a suo modo con chissà quale amico immaginario: “E tu piccolina non difendi il tuo papà dalle falsità che tua madre e tua sorella stanno incolpando alla sua stupenda persona?”.

Alexis lo fermò: “Papà se le parli in maniera così complicata non ti capirà nemmeno, altro che risponderti..”.

“Ti sbagli, ha l’intelligenza di sua madre, lei capisce sempre tutto. È molto furba per la sua età. Allora Joy, dicci, com’è papà?”.

La piccola Castle li guardò un attimo incerta sul da farsi, poi fissando prima la madre e poi la sorella, decretò come se avesse studiato una battuta a memoria: “E’ super bellissimissimo!” e, poi, strizzò l’occhio al padre.

Kate alzò gli occhi al cielo: “Quando glielo hai insegnato? Corrompere una bimba di quasi tre anni Castle, io se fossi in te mi vergognerei..”

“Perché scusa? Lei ha detto semplicemente la verità. Vero Joy?” cercò di difendersi lo scrittore.

“Velo papino!” disse la bimba scendendo dalla seggiolina ed andò a sedersi sulle sue ginocchia con sguardo complice.

“Ola avlò un legalo in più da Babbo Natale? Sono stata blavissima! Ho impalato bene?”.

Rick le posò una mano sulla boccuccia: “sshhhh tesoro. Non davanti alla mamma.. mi arresta sennò”.

Kate si voltò per non scoppiare a ridere. Quanto li amava, non poteva fare la dura con loro, non ci riusciva, non quanto avrebbe dovuto per lo meno. Nonostante il suo uomo fosse un vero guascone, non avrebbe potuto desiderare di meglio.

O forse, sì.

Vedeva Alexis star male e non poteva far nulla per impedirlo. Non era sua figlia di sangue, ma lei la considerava tale.

Quella situazione doveva finire e doveva “aiutare” il destino per far accadere qualcosa. Aveva deciso.

Per prima cosa ne avrebbe parlato con Rick, forse insieme sarebbe stato più semplice escogitare “un piano”.

Si alzò da tavola per portare i piatti nel lavandino della cucina per sciacquarli e con la coda dell’occhio, vide la giovane ragazza sedersi sul divano con lo sguardo triste perso nel vuoto, mentre i due bambini della famiglia Castle giocavano felici sul tappeto del salone.

No, così non si poteva continuare.

In quell’istante inaspettatamente ebbe un’idea. Un’idea a dir poco geniale!

Chiuse l’acqua del rubinetto e si girò di scatto verso il resto della famiglia: “Rick tesoro, maledizione, ci siamo dimenticati!”.

Si complimentò mentalmente da sola per l’enfasi messa nella recitazione. Tre anni in casa con la mitica attrice Martha Rogers dovevano pur essere serviti a qualcosa.

L’uomo, al contrario, la guardò come se fosse impazzita: “Cosa tesoro? Non ricordo di essermi dimenticato nulla..”.

Kate lo incalzò: “Rick, le prove! Le prove di Natale! Quelle che abbiamo lasciato da Lanie e non abbiamo più consegnato all’archivio. Ricordi? Le abbiamo raccolte qualche giorno fa..”.

L’espressione facciale di Castle non mutò di una virgola, non aveva assolutamente idea di cosa la sua compagna stesse cercando di dirgli.

Dall’altra parte Kate fremeva, possibile che Castle avesse fantasia solo quando doveva scrivere dei gialli? Come poteva destarlo da quel torpore?

Le venne in aiuto Alexis: “Papà, ma cosa c’era in quelle omelette? Sonnifero? Le prove! Se l’archivio non era ancora pronto, le prove non potevano essere trasferite là.. L’archivio è stato finito ieri..” ed indicò l’albero luccicante alla sua destra cercando di non farsi vedere da Joy.

Improvvisamente la mente di Rick si illuminò: “Aahhh, quelle prove.. Adesso ho capito. Beh sì, credo che dovremo proprio sposatarle.. ma oggi?”.

Per la prima volta dopo tanto tempo Kate stava perdendo davvero la pazienza, quando dovevano farlo nel 2024? Si limitò a rispondergli: “Sì, Rick. Oggi, anzi tra qualche ora” e il suo sguardo non ammetteva repliche.

“Ok, ok come vuoi. Non arrabbiarti.. Oppure fallo pure, sei ancora più bella quando ti arrabbi, ti si accentuano alcune caratteristiche del viso che lo rendono ancora più seducente, oserei dire decisamente sexy.. E sai come mi comporto quando ti ritengo particolarmente sexy..”. Castle era arrivato ormai molto vicino alla compagna e aveva circondato la sua vita con un braccio, ma Kate lo bloccò: “Rick, ti prego, questo non è proprio il momento più adatto..”.

“ Fai la timida? Come vuoi tesoro, ma sappi che ci stai perdendo solo tu. Comunque il tuo programmino per la giornata è molto interessante, ma credo ci sia un piccolo impedimento. Se dobbiamo consegnare quel genere di prove, non possiamo portarci dietro la piccola, non può di certo accedere all’ufficio giacenze segrete. E i nostri baby sitter di fiducia, nonno Jim e nonna Martha, sono entrambi fuori città. Rientreranno solo tra qualche giorno.. Come facciamo?”.

Kate raccolse immediatamente il suggerimento del tutto involontario che le aveva lanciato il suo scrittore e, con la calma e la delicatezza solo lei possedeva, rispose: “Joy potrebbe passare il pomeriggio con sua sorella, sempre se Alexis è d’accordo”.

Dieci secondi di gelo si percepirono nello splendido attico di New York.

La bomba era stata sganciata.

Kate sapeva di aver giocato sporco, ma quella poteva essere la svolta per sbloccare quella situazione complicata.

La giovane ragazza Castle, invece, nell’udire le parole della poliziotta aveva trattenuto il fiato.

Non voleva occuparsi della sorellina, non sapeva se ne era in grado.

Non voleva quella responsabilità sulle spalle, ma non riuscì a trovare le parole adatte per rifiutare senza ferire il padre.

Castle, al contrario della figlia, si mostrò entusiasta: “Questa è un’ottima idea tesoro! Come ho fatto a non pensarci io? Un pomeriggio tra sorelle.. Sei un genio amore mio! Cosa ne dici Joy, sei contenta di stare un po’ con Alexis?”.

La piccola Castle saltellò sul tappeto felice: “Ciiiiiiii!!!! Evviva, sto con Lexi! Cogì giochiamo!!”.

Alexis continuò a sudare freddo, ma non riuscì a replicare una sola parola. Si voltò verso Kate e, per la prima volta da quando la conosceva, provò un moto di repulsione nei suoi confronti. Perché l’aveva pugnalata alle spalle in quel modo?

Lei sapeva e se n’era infischiata.

La giovane detective si limitò a guardarla. Comprendeva i sentimenti di Alexis, ma nel suo cuore sapeva di aver fatto la scelta più giusta. La più rischiosa in un certo senso, ma confidava in Joy.

Sua figlia aveva il dono di farsi amare da tutti, era sempre stata una bambina speciale. Ora doveva compiere un ulteriore miracolo con la sorella.

 

Aprì l’armadio e scelse il maglioncino bianco che piaceva tanto a Rick da abbinare ai jeans neri aderenti. Quell’appuntamento fuori programma era un occasione per rimanere sola con l’uomo che amava e decise di tirar fuori un po’ del suo fascino. Voleva trasformare quel pomeriggio in qualcosa di romantico, oltre che a recuperare i regali per la famiglia.

Si passò una mano tra i capelli e si guardò allo specchio. Aveva ritrovato la sua solita magnifica linea nonostante la gravidanza e il periodo trascorso in ospedale, ma non si sentiva bella come Castle l’aveva sempre descritta.

Lui l’aveva sempre vista come una donna “perfetta” anche nei suoi difetti e, anche se lei sapeva che a parlare era il suo cuore, sperò di non aver creato una potenziale occasione di litigio con la decisione presa quella mattina. Si passò una mano sul viso e si preparò per andare in fondo, non poteva più tornare indietro.

Era pronta e sapeva che Rick la stava aspettando impaziente, ma riversò la sua attenzione alla figlia seduta sul letto che giocava tranquillamente con i suoi animaletti di peluche. Si sedette accanto a lei e le accarezzò la testolina dolcemente.

La piccola alzò gli occhi verso di lei, Kate le passò le mani sotto le spalle e la fece sedere sulle sue gambe. Voleva parlarle per qualche minuto prima di partire: “Ascolta Joy, mamma e papà devono andare, ma non staranno via per molto tempo, promesso. Tu resterai con Alexis e mi devi promettere che ti comporterai bene. Starai buona e farai tutto ciò che tua sorella ti dirà. Ok?”.

Joy annuì con la testolina seria, aveva capito che ciò che la madre stava cercando di dirle doveva essere una cosa importante: “Ci mammina salò blavissimissima. Te lo plometto”.

“Ne sono sicura. Però adesso mi daresti un abbraccio stretto stretto e un bacino? La mamma ne ha bisogno..” e strinse la sua bambina che la ricambiò.

Quando si staccarono Kate le chiese: “Allora andiamo di là?”.

“Celto mammina. Andamo..” e posò la sua piccola manina dentro quella della madre.

 

Nel salotto, invece, regnava  una certa tensione. Alexis era rimasta in silenzio per il resto della mattinata e si era rintanata nella sua stanza per uscirne solo quando si avvicinava l’ora della partenza di Rick e di Kate.

Rick cercò d’intavolare un discorso, ma venne prontamente interrotto dalla figlia che chiaramente non aveva nessuna voglia di parlare con lui. Così aveva incominciato a camminare per la stanza avanti ed indietro consumando virtualmente il parquet del pavimento, incurante di mostrare la sua inquietudine.

Quando la porta della loro stanza da letto si aprì si avvicinò alla sua compagna e alla loro piccola bambina.

“Allora andiamo?” chiese dolcemente Kate.

Rick rivolse lo sguardo prima verso Alexis che  non batté ciglio, poi rispose: “ok tesoro, io sono quasi pronto”.

Si accucciò accanto a Joy e le accarezzò il viso: “Mi raccomando signorinella, comportati bene…”, ma la piccolina lo fermò puntandoli un dito davanti alla bocca: “Papino vai. Mi ha già pallato mammina. Stalò buona. Non posso combinale tloppi disastli, tu non ci sei!”.

Rick rise, la battuta della bambina era riuscita ad allentare quel groppo allo stomaco che sentiva da stamani: “Come sempre hai ragione piccolina”.

Si rialzò e si infilò il cappotto che Kate gli stava gentilmente allungando. Si sistemò la sciarpa ed i guanti, controllò che le scarpe fossero ben legate e alla fine si rassegnò all’idea di essere davvero pronto.

“Allora ciao ad entrambe..”.

Joy lo salutò con la manina e il suo solito bellissimo sorriso, mentre Alexis lo  guardò gelida.

Rick si bloccò ancora per un istante, proprio non riusciva a capire cosa stesse accadendo alla sua bambina grande. Kate gli appoggiò una mano contro la schiena e lo aiutò ad uscire dal loro attico.

Quando furono sul pianerottolo l’uomo tirò un lungo e profondo respiro ed abbassò gli occhi verso il pavimento. Si capiva  il suo turbamento, così Kate lo prese sottobraccio, appoggiò la testa contro la sua spalla e cercò di sdrammatizzare: “E’ così una grande tragedia passare un pomeriggio da solo con me? Oltre a portar a casa i regali, potremmo anche concederci una cioccolata calda in qualche bar con una vista spettacolare e, guardandomi negli occhi, potresti anche corteggiarmi un po’. Non mi dispiacerebbe sai?”.

L’uomo appoggiò la testa contro la sua e le rispose: “Non è quello tesoro, io adoro trascorrere il tempo con te, lo sai.. Oltretutto è da parecchio che non stiamo davvero soli, ma..”

“Sei preoccupato della reazione avuta da Alexis oggi..” la donna concluse la frase per lui e Castle si limitò ad annuire.

Kate gli si piazzò davanti per poterlo guardare negli occhi, doveva affrontare il problema ora, non si poteva più rimandare: “Rick ascolta. Non so se tu non l’abbia visto o non l’abbia voluto vedere, ma tra Alexis e Joy c’è un problema e..”

L’uomo provò a replicare, ma la donna lo zittì: “Lasciami finire, poi potrai prendere le sue parti, ma dammi il tempo di finire il concetto! Alexis si sente esclusa dalla complicità che hai con nostra figlia. La stessa che avevi con lei, che considerava qualcosa di impossibile da replicare.  Inoltre Joy ha in me una madre presente, alla quale aggrapparsi nonostante il lavoro mi rubi molto tempo, cosa che Meredith non è mai stata per lei. Noi siamo una vera famiglia Rick, siamo uniti ed affiatati e lei si sente in parte esclusa.

Vede in Joy “una minaccia”, passami il termine non sono brava come te con le parole, colei che può portarle via ciò a cui tiene di più al mondo: te.

Non fare quella faccia, lo so anch’io che può sembrare una follia e, se ci pensa razionalmente, lo sa anche Alexis, ma ciò che si trova a provare è irrazionale. Sono quasi convinta che si senta a disagio a star così, ma non sa come comportarsi con te. Non può dirtelo perché non vuole ferirti, ma ogni volta che tu accarezzi Joy, o la prendi in braccio, per lei è una piccola ferita al cuore e un ulteriore mattoncino al muro interiore che si sta creando per non soffrire. Sai che ho ragione, in fondo io di muri me ne intendo!”.

Castle abbassò ancora gli occhi, triste: “Io cosa posso fare?”.

Kate gli accarezzò una guancia: “Niente tesoro. Qualunque cosa tu possa dire ora non riuscirai a convincerla. Deve sentirlo nel cuore Rick. Deve capire che Joy non può toglierle nulla, ma al contrario può darle qualcosa: il suo affetto. E credo dal profondo del mio cuore che nostra figlia possa conquistare sua sorella”.

Negli occhi dell’uomo tornò una sottile luce di speranza: “Dici?”.

Quanto amava quell’uomo ancora capace di stupirla con la sua dolcezza disarmante: “Beh tesoro, è sempre stata una bambina speciale fin da prima che nascesse, sono sicura che non si smentirà nemmeno questa volta. Lasciamole un po’ sole e vediamo che succede.. Allora signor Castle, è pronto a  passare un pomeriggio da perfetti innamorati a zonzo per la città?”.

L’uomo la baciò appena sulle labbra: “Con te andrei in capo al mondo, ma credo che dovremo rinunciare alla passeggiatina in città, a quanto pare non ti ho comunicato che tuo padre ha deciso di portare le “prove” a casa sua, col mio consenso s’intende..”.

Kate alzò le spalle: “Beh che problema c’è? Mio padre non abita troppo lontano dal nostro quartiere e ho le chiavi del suo appartamento. In meno di mezz’ora gli avremo recuperati e avremo il resto del pomeriggio per noi”.

Rick sapeva si starsi per gettare in un ulteriore guaio: “Tesoro non mi hai lasciato finire.. Sono nella casa di montagna, dove io e Jim eravamo assolutamente sicuri che Joy non potesse trovarli! Vorrà pur fare la giornalista da grande, ma per ora ha il tuo eccellente fiuto per le investigazioni. Un nascondiglio in città non avrebbe retto per molto…”.

La donna restò in assoluto silenzio chiudendo gli occhi fino a farli diventare piccole fessure e l’uomo capì che non si trattava di un buon segno. Cercò di sistemarsi un bel sorriso accattivante sul viso per conquistarla, ma dallo sguardo della sua compagna le sue intenzioni non erano giunte a buon fine.

“Stai cercando di dirmi che dovremo passare due ore per l’andata e altrettante per il ritorno, chiusi in una macchina, solo perché tu e mio padre avevate paura di essere scoperti da una bambina di quasi tre anni?”

“Se vuoi non te lo dico, ma non cambierà la situazione…” sorrise sornione.

“Non ho parole, non meritate commento.. Avanti muoviamoci, o non saremo mai di ritorno. Mi chiedo, ma come si fa?” e sparì lungo le scale.

Castle la rincorse: “Kate su non fare così, in fondo non è poi così male. Staremo insieme comunque, magari non precisamente nel modo in cui credevi.. Guarda, ti lascio scegliere il cd da ascoltare in macchina. Prometto che non lo commenterò nemmeno se non mi piacerà..”

La voce dell’uomo sparì lungo il tragitto, ma quel battibecco decisamente divertente non era destinato a terminare nell’androne del loro palazzo, ci si poteva scommettere sopra.

 

 

Angolo mio!

Buonasera! Ho aggiornato presto come promesso, ma non fateci troppo l’abitudine..

Allora che ne dite, come procede? Ogni commento è più che gradito! Rick e Kate se ne sono andati, hanno lasciato le sorelline da sole.. Cosa succederà?

Detto questo, vi voglio augurare di trascorrere un Natale sereno e gioioso! Tantissimi auguri e un bacione!

Buon Natale!!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Xmas cap 3

La porta si era chiusa alle loro spalle. L’avevano lasciata veramente da sola con quella mocciosa. Per un attimo aveva sperato che il padre si tirasse indietro e mandasse solo Kate a recuperare quei maledetti regali di Natale, ma così non era stato.

Joy non si era ancora mossa da davanti alla porta e la ragazza pensò che, nonostante giocasse tanto a fare la grande, sentisse già la mancanza dei genitori. O cavolo e lei cosa doveva fare? La sua parte buona le suggerì di avvicinarsi alla piccola e di convincerla a raggiungerla sul divano, mentre la sua parte più ostile le sussurrò di lasciarla dove si trovava, quando si sarebbe stancata si sarebbe mossa da sola.

Per l’amore del cielo, non poteva comportarsi come un’antipatica ragazza snob, non lo era, almeno cercava di non esserlo e Joy era pur sempre sua sorella. Non poteva lasciarla lì.

Abbandonò il libro, che stava facendo finta di leggere, sul divano e ci avvicinò alla sorellina mettendole una mano su una spallina: “Che fai? Non vorrai mica aspettarli piantonata qui davanti finchè non rientreranno? Ci metteranno un po’, per cui vieni a sederti con me e inventiamoci qualcosa da fare”.

Joy si limitò a risponderle: “Ok..”, ma non disse altro.

E adesso perché questa bambina, che aveva la fama di essere la creatura più logorroica della  casa dopo il padre, non emetteva più suono? Non voleva stare con lei?

Quel pomeriggio si prometteva infinito ed estenuante.

“Vuoi vedere un cartone? Magari un bel dvd.. che ne dici? Ti andrebbe?”.

Joy annuì: “Ok..”.

Alexis aprì la libreria dove aveva visto una montagna di custodie: “La dottoressa puluche? Minni? Le Winks? Ammazza che collezione, papà non ha badato a spese, ce ne sono un’infinità tra cui scegliere. Allora quale vuoi? Ne hai un preferito?”.

Joy rimase in silenzio. Perché? La sua era una domanda semplice, che cartone vuoi?

Perché Joy non le rispondeva?.

Alexis si girò e si sedette a terra proprio davanti a lei: “Ok, non siamo partite col piede giusto, ma cerchiamo una soluzione. Che c’è che non va? Perché non mi parli? Sei preoccupata perché tua madre e papà sono andati via? Sai che torneranno presto. Scusa se prima sono stata un po’ brusca, non volevo spaventarti..”.

La piccola scosse la testa e sul suo piccolo visino iniziò a formarsi un bel sorriso: “Non devi scusalti Lexie, non sono allabbiata. Stavo celcando di fale la blava. Papino e mammina mi hanno detto di fallo e vitto che nonna Matta dice semple che pallo tloppo come papino, celcavo di non dale fattidio”.

La giovane ragazza la fissò stupita: “Era per questo che stavi zitta?”

“Ci, ci” annuì convinta la piccola.

“O Joy, per l’amore del cielo, con me puoi parlare quanto vuoi! Se non lo fai, io non  capisco cosa vuoi fare. Noi non ci conosciamo così bene da intenderci solo con lo sguardo. Io non vivo qui da molto tempo..”.

“Lo ciò. Va bbene allola pallo. Quei caltoni non mi pacciono tanto, io vollio Alvin. Me lo ha complato nonno Jim e a me e a mammina piace tantissimissimo. Hai cappito? Alvin e i suoi flatelli che cantano.. i coiattolini”.

Alexis annuì, aveva capito: “Ok, lo conosco: Alvin superstar. Ok ora lo cerchiamo in mezzo a tutta questa confusione.. Te li mette sempre papà i dvd vero?”.

Joy rise: “Ci,ci. Non tlova mai niente e mammina dice che è peggio di me. Papino dice che non è velo e così pallano finchè papino non da bacino a mammina e poi sono contenti. Sono stlani a volte”.

Ad Alexis scappò da ridere, effettivamente quella scena, così tipica per loro, doveva apparire quanto meno particolare agli occhi di una bimba di tre anni.

Finalmente dopo estenuanti ricerche il dvd venne ritrovato nella custodia della Bella Addormentata ed Alexis lo estrasse per inserirlo nel lettore. Quando lo ebbe in mano, però, perse l’equilibrio su una custodia lasciata sbadatamente abbandonata sul tappeto e cadde rovinosamente a terra.

Joy si preoccupò: “Ti cei fatta male?”.

Alexis si mise subito in piedi per non far preoccupare la piccola, ma quando guardò le sue mani si rese conto di aver rotto il dischetto cadendoci sopra. Si sentì terribilmente in colpa, specialmente quando vide scendere dagli occhi di Joy due grossi lacrimoni.

“Hai lotto Alvin… Mi piaceva tantissimissimo…”.

La giovane ragazza lasciò cadere il dvd spezzato e si accucciò per guardare la sorellina negli occhi: “Ti chiedo scusa Joy, sono davvero dispiaciuta. Non l’ho fatto apposta..”.

La piccola sembrò non ascoltarla e i sussulti tipici del pianto le percorsero il corpo: stava per scatenarsi un’Apocalisse alla quale non era preparata, così si sbrigò a dirle: “Ascolta piccola, so come rimediare a questo guaio..”

“Cooooome?” chiese Joy tirando su di naso.

“Andiamo a comprarne un altro al centro commerciale. So dove papà tiene le carte di credito..”.

La piccola si avvicinò alla sorella ancor di più e, smettendo per un attimo di frignare, le sussurrò: “Ma pocciamo usalla? Papino non si allabbia?”.

Alexis respirò profondamente, forse era riuscita a distrarla: “Certo Joy, a papà non dispiacerà! Soprattutto perché lo verrà a sapere il più tardi possibile..” bisbigliò la ragazza.

“Cogia hai detto Lexie?”.

Cavolo, ma a quella nanerottola non scappava proprio niente!

“Nulla di importante. Dai prepariamoci, ci aspetta un pomeriggio di shopping!”.

Joy si mise a saltellare entusiasta: “Evviva! Ecco con Lexie! Andamo a fale choppin!”.

 

 

Erano le prime ore del pomeriggio e l’auto guidata da Alexis arrivò nel parcheggio del centro commerciale dopo una mezzoretta abbondante di viaggio. New York restava sempre una città caotica e gli spostamenti erano spesso difficoltosi, ma tutto era andato per il meglio.

Joy se ne stava seduta nei sedili posteriori con la sua cintura attaccata e aveva deliziato Alexis per tutto il tragitto con storielle prodotte dalla sua fervida immaginazione. La fantasia l’aveva ereditata di certo dal padre ed ora comprendeva meglio perché sua nonna tentasse d’arginare la parlantina della bambina. Quando iniziava non la smetteva più. E non assomigliava a Kate neanche in questo.

Quando ebbe parcheggiato l’auto nel parcheggio sotterraneo, scese dall’abitacolo ed aprì la portiera posteriore per poter sistemare la giacca alla sorellina. La fece mettere in piedi accanto a lei e le infilò il suo giacchino  rosa molto carino e un berretto di cotone felpato per coprirle le orecchie.

Non voleva che si ammalasse e il padre la giudicasse una cattiva baby sitter: “Mi raccomando stai ferma qui, mentre mi preparo anch’io e prendo la borsa. Non ti muovere, può essere pericoloso”.

Joy annuì con la testa e restò immobile accanto alle sue gambe. Quando Alexis fu pronta disse: “Coraggio, andiamo verso l’entrata”.

Fece due passi in avanti, ma si rese conto che la sorellina non la stava seguendo: “Joy sbrigati, non abbiamo tutto il giorno a nostra disposizione”.

La piccola la fissò stupita: “Non mi dai manina? Mammina dice semple che non posso camminale da ciola nei potti dove c’è tanta gente. Potlebbelo plendelmi..”.

Restò bloccata per un attimo. Joy aveva ragione e Kate le aveva dato il giusto insegnamento. Ok, aveva appena fatto la figura della stupida.

Così si voltò, tornò indietro verso la sorellina.

“Scusami piccola, hai perfettamente ragione. Non ci avevo pensato” e le allungò la mano. Joy posò la sua molto piccola in quella più grande della sorella e sorridendo sentenziò: “Stai tranquilla Lexie, ti incegno io a plendelti cula di me. Non è difficile, devi ciolo fale un po’ di platica”.

Alexis le sorrise debolmente ed incominciò ad avvicinarsi alle scale mobili che le avrebbero condotte all’interno dell’edificio, pensando: “Devo apparire proprio un’impedita se riesco a farmi dare ordini da una bambina di tre anni su come prendermi cura di lei.. sarà meglio tirar fuori un po’ di senso materno, da qualche parte sarà pur nascosto..”.

La salita delle scale mobili fu molto rapida e, in men che non si dica, si ritrovarono al primo piano del centro. Joy procedeva accanto ad Alexis e manifestò apertamente il suo stupore quando vide le molteplici luci bianche che adornavano le vetrine dei negozi: “Uaooooo Lexie.. è super bellissimissimo! Quante uci..”.

“Tua mamma e papà non ti hanno mai portato qui in questo periodo?”.

La piccola scosse il capo: “No.. lolo mi poltano semple al palco, quetto potto non l’ho mai vitto..”.

“Beh dai c’è sempre una prima volta. Ti piace?”

“Molticcismissimo!” rispose Joy incantata guardandosi intorno.

Alexis pensò che in quel momento quella nanerottola fosse incredibilmente dolce e decise di sftuttare la sorpresa della sorellina: “Ascolta Joy, che ne dici se prendessimo un carrello e ci facessimo un bel giretto turistico dei negozi prima d’andare nella videoteca a cercare Alvin? Giusto per guardarci un po’ in giro ed ammirare le decorazioni che ti piacciono tanto..”.

Joy si mise a saltellare felice: “Ciiiiiiiiiiiiiiiiiii”.

Alexis diventò bordeaux: era il caso di mettere a conoscenza l’intero edificio della sua felicità  mettendosi a saltellare come Tigro? I bambini…

I passanti, però, sorridevano alla scena definendo la sorellina “una bambina veramente simpatica” e la ragazza capì che, in fondo, non c’era niente di cui vergognarsi.

Prese un carrello bello ampio e chiese alla sorellina: “Vuoi entrarci dentro così almeno potrai far finta di guidare?”.

Gli occhi della bambina trasmettevano felicità allo stato puro: “Poccio?”.

“Ma certo! Su vieni che ti metto dentro.. Accidenti quanto pesi, sembri piccolina, ma ti difendi mia cara. Ci vuole tutta la mia forza per tirarti su”.

Joy rise: “Lo dice semple anche papino. Dice che clesco tloppo veloce.. pelò mammina dice che sono semple tloppo piccola pel andale a dolmile taldi. E non cledo sia giutto. O ciono glande o ciono piccola e poi io vollio vedele i caltoni con lolo!”.

Alexis non riuscì a trattenersi e le accarezzò la testa: “Beh consolati, sei in buona compagnia, fidati. Papà crede ancora oggi che io sia una bambina, quindi. Sono fatti così, bisogna aver pazienza”.

Joy le sorrise a bocca aperta: “Cledo ploplio di ci..” ed alzò le spallucce.

“Bene ora diamoci da fare! Io direi di darci dentro con lo shopping, è per questo che siamo qui, giusto?” disse Alexis strizzando l’occhio.

“Celto Lexie, tanto abbiamo la calta di papino e dobbamo usalla..”.

Quella piccola nanerottola incominciava a darle delle soddisfazioni, con il giusto addestramento sarebbe diventata un’alleata coi fiocchi. Non sapeva ancora bene come comportarsi con lei, ma incominciava a rilassarsi. Era più ubbidiente più di quanto si aspettasse e di certo non le mancava la memoria, non era poi così terribile avere a che fare con lei.

Incominciarono il loro giro e la piccola Joy era davvero entusiasta: commentava e descriveva ogni particolare che la interessava e poco di mancò che non la convincesse ad acquistare una palla di Natale gigante sostenendo che nel salotto di casa loro ci sarebbe stata benissimo.

Alexis dovette usare tutte le sue tecniche di convincimento per farla desistere, e non fu per niente facile, ma sapeva che, se quella sfera di gomma avesse varcato la soglia della loro porta di casa, Kate avrebbe avuto un infarto e nel periodo di Natale non era decisamente il caso.

Joy, però, riuscì a strapparle la promessa che, oltre al dvd di Alvin, le avrebbe regalato una nuova bambolina di pezza, se doveva rinunciare alla super mega palla.

Certo che quella ragazzina sapeva il fatto suo, sapeva contrattare alla grande, sapeva come fare per ottenere dalle persone quello che voleva.

“Beh sì, ha anche i geni di sua madre, non ci sono dubbi” pensò Alexis.

Le due sorelle si dedicarono ad un’ora di acquisti sfrenati, nella quale la giovane rampolla Castle, ne approfittò per completare gli ultimi regali di Natale, tra i quali anche quelli per il padre e per Kate, ripromettendosi di restituire i soldi spesi al padre. L’unica a rimanere senza dono da parte sua restava Joy, ma non aveva nessun tipo di idee, bambola a parte naturalmente. Sapeva che quest’ultima sarebbe uscito in braccio alla piccolina e non rinchiusa in un pacchetto regalo. Così decise di giocarsi la sua ultima carta per conoscere meglio i gusti della sorellina: un bel giretto nel mega negozio di giocattoli, con videoteca annessa, almeno avrebbero sistemato anche i chipmuck.

Joy con manine appoggiate contro la ringhiera del carrello si era messa in piedi per poter osservare meglio. I suoi occhietti azzurri brillarono ancor di più, quando Alexis varcò la porta di un negozio di giocattoli enorme.

“Dove andamo?” le chiese.

Alexis rispose: “A cercare Alvin, è arrivato il momento!”.

La piccola si limitò a guardarsi intorno e bisbigliò: “Qi? Uaooooooo”.

Non si poteva darle torto, lo spettacolo era decisamente suggestivo. Scaffali e scaffali di pupazzi, bambole, giochi da tavola, video games, giochi in scatola si estendevano davanti ai loro occhi, sembrava di essere davvero nel paese dei balocchi.

Joy era rimasta decisamente senza parole, cosa che Alexis apprezzò moltissimo, e passava da una parte all’altra del negozio con lo sguardo riuscendo a pronunciare solo il monosillabo: “Oooooohhh”.

Alexis girò con calma tra i vari scaffali finché non scovò il reparto video e, in men che non si dica, il cofanetto completo di Alvin si ritrovò tra le manine paffutelle di Joy che lo strinse al petto come fosse il più importante dei tesori.

“Glazie Lexie.. Sono davvelo felicissimissima!!!”

Alexis sorrise serena: “Beh tesoro, ogni promessa è debito. Io cerco di mantenere sempre la parola data, sai?”

“Quindi avlò anche la bambolina?” chiese la piccola Joy strizzando l’occhio..

“Beh se non la porta Babbo Natale. Non vorrei mai che si offendesse..” provò ad inventare una scusa.

L’unico risultato che ottenne fu vedere allargarsi ancora di più il sorriso della sorellina: “No tranquilla, nella lettelina io e papino abbimo sclitto altli legali. Allora me la compli? Stalò semple più blava!”.

“Ok dai, andiamo a cercarla. Sarà il mio regalo di Natale per te.. non avrai la sorpresa però.. Non ti dispiace?”

“evviva!!!! No no non mi dippiace”

Si avvicinarono allo scaffale contenente le bambole di pezza e Joy incominciò a guardarle minuziosamente, tutte. E quando si dice tutte, s’intende proprio tutte. Alexis incominciò a perdere la speranza, quando avvenne il miracolo. La scelta fu lunga e complicata, ma alla fine optò per una bambola coi lunghi capelli lunghi castani e gli occhi dipinti di verde: “Assomillia alla mia mammina. Così salà semple con me, anche quando dovlà lavolale..”.

Alexis si accucciò accanto a lei e le chiese: “Ti manca vero? Sta tranquilla, tra poco saranno di ritorno. Anzi è quasi ora d’andare. salta sul carrello che paghiamo tutto e ce ne torniamo a casa ok?”

“OK!” rispose Joy posizionandosi in modo che Alexis la potesse reggerla, senza mollare però la sua nuova amica.

Si stavano avvicinando alle casse quando la loro attenzione fu catturata da una dolce musichetta natalizia proveniente da un lato del negozio che non avevano ancora visitato. Incuriosite si sporsero ad osservare meglio e all’improvviso Joy chiamò Alexis con un tono di voce decisamente alto e la sorella si spaventò: “Per la miseria Joy vuoi farmi venire un infarto? Non gridare così! Che c’è?”.

La piccola indicò col dito un punto imprecisato della stanza: “Lexie guadda là. C’è Babbo Natale!”.

Alexis seguì con gli occhi la direzione indicatole dalla bimba e fu costretta a constatare che la piccola non si era sbagliata.

Seduto su una morbida poltrona foderata di stoffa rossa e ricoperta da cotone bianco, c’era effettivamente un uomo travestito da Babbo Natale. Faceva sedere i bambini sulle ginocchia ed ascoltava le loro richieste attento e premuroso. Doveva essere un’iniziativa del negozio per attirare maggiormente la clientela e la ragazza caì che non sarebbero potute andare a casa finchè non avessero salutato il buon vecchietto del Polo nord.  

Joy, intanto, le stava tirando la maglietta per attirare la sua attenzione: “Lexie ti plego me lo plesenti?”.

Non riuscì a dirle di no, in fondo non c’era nulla di male e non voleva essere lei a privarla di quel momento di gioia: “Ok piccolo, andiamo a conoscerlo. Però dovrai metterti in fila dietro agli altri bambini e dovrai aspettare il tuo turno da brava, ok?”.

La piccola rispose positivamente, così Alexis la fece uscire nuovamente dal carrello e, rigorosamente mano nella mano, l’accompagnò verso il “trono” del buon Babbo e rimase accanto a lei finchè non fu il suo turno.

Joy restò in silenzio per molti minuti, doveva essere davvero emozionata. Per rincuorarla Alexis le accarezzò col pollice il dorso della mano e la bimba le rispose sfoderando un sorriso imbarazzato.

Quando venne il suo momento, però, sembrò risvegliarsi dal suo torpore e in quattro e quattr’otto si arrampicò sulle gambe del presunto Babbo Natale e, sempre sorridente, restò in attesa.

Il vecchio le accarezzò la testolina con l’enorme mano ricoperta dai guanti e la salutò: “Oh oh ho, Buon Natale! Benvenuta piccolina, come ti chiami?”.

Joy rispose sicura: “Johanna Kathline Castle, ma tutti mi camano Joy..”.

“Johanna è proprio un bel nome piccola. Allora Johanna..”, ma piccola non gli permise di finire la frase.

“Ti ho detto che mi camo Joy. Johanna è la mamma di mammina che è paltita pel il cielo tanti anni fa. Pel questo polto il suo nome. Cogì dice papino, ma io non ho capito molto bene cogia cignifica..”.

L’uomo la guardò stupito, in realtà non aveva compreso molto neanche lui, il linguaggio di Joy rimaneva incomprensibile agli estranei. Cercò di tamponare i danni dicendo: “Ok piccola, come dici tu. Allora cosa desideri ricevere questo Natale?”.

La piccola si accigliò e fulminò il malcapitato con lo stesso sguardo inceneritore usato spesso da Kate contro suo padre: “Pelchè me lo chiedi? Non hai letto la mia lettelina? Io, mammina e papino l’abbamo già spedita..”.

L’uomo diventò rosso in viso come il colore del suo vestito e rispose alla bimba: “Non sono ancora riuscito a legarle tutte, ma prima del 24 notte lo farò. La gnoma che mi fa da segretaria l’avrà sicuramente lasciata sulla mia scrivania..”.

“Devi leggela capito? Ho fatto anche un disegnino bellissimissimo pel te e lo devi appendele vicino al tuo lettino così ti licoldi di me…”.

Alexis pensò che quel pover uomo non l’avrebbe dimenticata neanche volendo: una bimba di tre anni che riesce a metterti a knockout tecnico al primo turno è sicuramente indimenticabile.

L’uomo le rispose con fare supplichevole: “Ok piccola farò tutto quello che mi chiedi, te lo prometto, ma ora, non hai un piccolo desiderio o un sogno da confidarmi? Magari che non mi hai scritto.. Sai, il Natale è magico e il più delle volte le richieste espresse in questo periodo dell’anno vengono esaudite..”.

Joy si posò un ditino sulla bocca e rimase per qualche secondo a scrutare il vuoto intenta in chissà quale riflessione, poi sentenziò: “Vollei tanto che Lexie limanesse a casa con noi, vollei che non andasse pù a cuola. Così potlemo giocale di più. Lei è molto diveltente..”.

Alexis restò impietrita. Davvero a quella nanerottola piaceva trascorrere del tempo con lei? Le sembrava impossibile, non poteva essere vero.

Lei aveva fatto di tutto per allontanarla, ignorandola totalmente, invece Joy aveva appena dimostrato di non aver colto nulla del suo ingiusto comportamento. Era  una bambina con un cuore speciale. Suo padre e Kate avevano fatto davvero un buon lavoro con lei.

Si sentì in colpa, forse si era sbagliata su tutto. Joy non era poi così male..

Grazie al cielo aveva il tempo per rimediare, non era ancora troppo tardi e quella creatura meritava di avere una sorella migliore.

“Chi è Lexie tesoro?” chiese Babbo Natale.

Joy si voltò per indicarla con il ditino.

 “E’ lei? pensavo fosse tua mamma” chiese l’uomo.

La bimba rise: “No, non è mammina. È Lexie, la mia solellona glande. Sai le sto insegnando a plendelsi cula di me.. Non ela tanto blava, ma ola si appica”.

Alexis avvampò di colpo, ma quella nanerottola non stava zitta mai? Le aveva fatto fare una figura da cioccolataia, ma ci mancò poco che non scoppiasse a ridere anche lei. Almeno aveva riconosciuto i suoi tentativi di miglioramento.

“Sono sicura che sta imparando molto bene, visto il desiderio che hai appena espresso. Sbaglio?”

La piccola annuì serena: “No, no non ti tai bagliando. È mooolto blava. Sai cledo che adesso dovlei andale. Mammina e papino allivelanno plesto e dobbamo andale a casa. Ciono felice di avelti pallato Babbo Natale. Ti lacio i soliti biccotti e il latte sul tavolo la notte di Natale?”.

L’uomo le accarezzò la testolina: “Sai piccolina credo che il latte freddo coi biscotti andranno benissimo. Non posso chiedere di meglio sai? Sei molto gentile piccola Joy”.

La piccola le puntò il ditino contro con aria felice: “Allola adesso ciai come mi camo! Blavo! Ti meliti il doppo legalo! Te lo polti da ciolo o te lo poltano i tuoi folletti?”.

L’uomo scoppiò a ridere ed Alexis capiì che Joy aveva conquistato anche lui! La giovane rampolla Castle decise di intervenire: era decisamente tardi e non voleva rischiare che Kate, non trovandole in casa, mobilitasse tutto il dodicesimo per cercarle: “Joy, tesoro, saluta Babbo Natale. Dobbiamo proprio andare, sta vendendo buio ed è meglio rientrare”.

“Ok.. Ciao Babbino, ti vollio bene” e gli donò un bacio sulla guancia senza che l’uomo avesse il tempo di rendersene conto. Poi saltò giù dalle sue ginocchia e corse tra le braccia di Alexis che si era abbassata per accoglierla.

Dopo aver lasciato il negozio le due sorelle imboccarono le scale mobili.

Il loro sguardo cadde oltre l’enorme vetrata del centro commerciale dalla quale si riusciva ad osservare l’esterno.

Dal cielo era incominciata a cadere una silenziosa e fitta nevicata che aveva imbiancato a poco a poco la loro città.

Alexis attirò l’attenzione della sorellina: “Guarda Joy, nevica!”.

La piccola si mise a battere le manine entusiasta: “Che bella! Mi pace, mi pace, mi pace! Ola è ploplio Natale!”.

Alexis sorrise: “Hai ragione ora è proprio Natale! Ci voleva proprio!”.

 

 

 

 

Angolo mio!

Buonasera a tutte! Eccovi l’ultimo aggiornamento del 2012!! Per quest’anno basta così.

Volevo ringraziare tutti coloro che in questo anno mi hanno letto, recensito e fatto sentire il loro calore in tutte le mie storie! Grazie di cuore.

Detto questo, appena riesco, prometto di rispondere alle recensioni anche di questa storia (se non collasso causa malanno anche stasera stessa).

Spero che Joy non vi deluda in questo capitolo! Io mi diverto un sacco a scrivere le sue battute.

Ora basta sennò mi allungo troppo!

Colgo l’occasione per augurarvi un felice 2013, che ogni vostro desiderio si realizzi! Auguri! Buon anno!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


xmas cap 4

 

“Ecco, proprio non ci voleva. Non solo mi hai costretto, anzi tu e mio padre mi avete costretto, ad un viaggio infinito perché avete paura di essere scoperti da una bimba di tre anni, ma mi tocca anche ritrovarmi bloccata qui, da una tormenta di neve, senza sapere quando potremo ritornare a casa da nostra figlia! E, fammici pensare un attimo.. Sì è solo colpa tua, e pagherai di persona se non arriveremo in tempo!”.

Kate Beckett era decisamente irritata dal contrattempo avuto e fissava la neve scendere copiosa dal cielo sbuffando e sospirando: “Avevo quasi dimenticato il motivo per cui odiavo la neve, eri riuscito quasi a coinvolgermi con tutte le tue storielle sulla magia di questa polvere bianca, ma sappi che ora ricordo benissimo! La neve è solo una gran scocciatura!”.

Castle invece, si sentiva esaltato come un bambino davanti a quello spettacolo e si stava adoperando per accendere il caminetto della sala: “Avanti amore, vieni qui a scaldarti. Cerchiamo di vedere il lato positivo della faccenda: siamo soli, in una baita, col caminetto acceso, almeno lo sarà tra qualche minuto, e potremo coccolarci e corteggiarci, come tu hai gentilmente richiesto qualche ora fa. Non volevi una giornata solo per noi?”.

Conoscendola bene sapeva quale turbamento dovesse provare la sua dolce compagna in quel momento, così decise di alzarsi, la prese per un braccio e la attirò a sé: “Oppure la mia tosta detective sta incominciando a sentire la nostalgia di una saltellante piccola Katie col carattere Castle che si aggira da quasi tre anni in casa nostra?”, cercò di sdrammatizzare.

Kate non gradì molto il suo spirito e gli sferrò una gomitata leggera sul dorso: “Non osare prendermi in giro Rick! Certo che mi manca Joy.. Se non dovessimo riuscire a muoverci, sarebbe la prima notte che passa senza di noi. È ancora piccola e io non voglio lasciarla da sola..”.

L’uomo la girò per poterla guardare negli occhi e la baciò: “Stai serena tesoro, c’è Alexis con lei..”.

“Lo so, lo so, ma mi sentirei più tranquilla se Joy dormisse nelle mie braccia come al solito..” mormorò la donna incrociando le sue dita con quelle dell’uomo che amava.

Rick la guardò negli occhi e riconobbe di essere innamorato di lei come il primo giorno, anche se lei col passare degli anni si era trasformata davvero molto. O forse, ancor più semplicemente, stava mostrando al mondo un’altra delle molteplici sfumature della sua personalità.

Si strinsero forti  e l’uomo le sussurrò: “Sei bellissima, quando schizzi in questa maniera sai? Prima mi picchi, poi mi stringi. Se uno non ti conoscesse bene penserebbe che sei una pazza, ma è proprio questo carattere impossibile a renderti così speciale ai miei occhi.. Kate riusciremo a tornare a casa e tu potrai addormentarti con nostra figlia tra le braccia come desideri. Dobbiamo solo aspettare che questa nevicata cessi un poco. Avanti vieni qui e appoggiati a me. Ci sediamo un pochino accanto al fuoco da perfetti innamorati e la smettiamo di torturarci per qualche minuto.. Anzi, potremo cercare di scaldarci in maniera diversa, magari in un modo speciale che sappiamo solo noi..” disse Castle tornando a baciarla.

“Stai usando armi sleali per distrarmi Rick..” sussurrò Kate, mentre rispondeva al bacio del suo uomo.

“Forse, ma non sembri troppo dispiaciuta..” ed incominciò a scendere a baciarle il collo, mentre Kate  affondò le mani nei suoi capelli.

“Rick frena. Dobbiamo cercare di liberare la macchina dalla neve e..”, ma non riuscì a terminare la frase perché Castle tornò a baciarla sulla bocca con passione.

“Wow tesoro, questo sì che era un bacio..”.

“Beh in qualche modo dovevo farti stare zitta.. Vuoi fidarti di me e goderti questi minuti? Alla neve, con rispetto, pensiamo dopo” e la prese in braccio con rapidità e Kate si strinse a lui con le mani dietro alla testa per non cadere. Tornarono a baciarsi finchè Castle non la adagiò su un letto, e sedutosi accanto a lei la ammirava estasiato: “Sei davvero bellissima signora Castle!”.

Kate alzò il sopracciglio: “Non mi chiamare signora Castle, non lo sono ancora.  Torna a baciarmi, potresti riuscire ad attirare totalmente la mia attenzione” e lo attirò a sé tirandolo per il colletto della camicia.

L’uomo non se lo fece ripetere due volte e ritornò a posare le sue labbra su quelle della donna che amava.

Nel frattempo, il fuoco nel camino si era finalmente acceso e la stanza aveva incomincaito ad essere avvolta dal lieve e confortante tepore della legna bruciata, ma i due non se ne resero conto: il calore, che li stava bruciando, era decisamente più coinvolgente.

 

 

 

 

Alexis aprì la porta di casa con estrema fatica: tenere per mano la piccola Joy, non lasciar cadere l’enorme quantità di borse sistemate accuratamente sulle sue braccia e cercare d’inserire correttamente la chiave nella toppa nei medesimi istanti si rivelò un’impresa non da poco!

Corse verso il divano prima che il parquet di  casa Castle fosse inondato da pacchetti variopinti e si sedette appena in tempo prima che le scivolassero tutti. Aveva le braccia doloranti e il respiro corto dalla fatica.

Joy si mise a ridere, mentre, a piccoli passi, si avvicinava alla sorella brandendo in mano sia la bambola nuova sia il cofanetto di dvd dal quale non si era separata nemmeno un attimo: “Eli tloppo buffa, semblava tessi sivolando sul gaccio!”.

Alexis non era esattamente della stessa opinione: “Sono felice che tu lo abbia trovato divertente piccola, ma per me lo è stato un po’ meno.. Rischiavo di combinare un disastro!”.

“Ci ci un velo disastlo! Un disastlissimissimo!” mimando con le manine nell’aria qualcosa di enorme.

“Senti, che ne dici di posare per un attimo la tua nuova amica? La sediamo sul divano accanto a noi, mentre ti togli la giacca e ti infili le ciabattine” disse Alexis, mentre sfilava via i bottoni dalle asole del suo capottino.

La bambina, però, scosse la testa in maniera vigorosa: “Non poccio. Lei è piccola. Se la lacio li sopla ci sente ciola e poi pange folte!”. Aveva assunto un’aria decisamente convinta della sua tesi ed in fin dei conti lo stava facendo per il benessere della sua bambolina.

“Beh se si mette a piangere non posarla. Non voglio di certo passare per la zia cattiva. Sarà un po’ difficoltoso cambiarsi, ma troveremo una soluzione”.

“Potlesti tenella in blaccio tu per poco pochissimissimo!” esclamò d’istinto la bambina.

Alexis dovette trattenersi per non scoppiare a ridere davanti all’espressione facciale della sorellina: sembrava avesse trovato una soluzione a tutti i problemi del mondo, ma quel bel nasino che si muoveva su e giù senza la sua volontà, le regalava un’aria decisamente buffa.

Decise di assecondarla: “Sarà un grande onore per me abbracciare la mia nipotina” ed allungò le braccia verso Joy.

La piccola le posò il suo prezioso tesoro nelle braccia e, in men che non si dica, il suo cappottino volò sui cuscini del divano, mentre le scarpe finirono una in cucina, l’altra direttamente sotto l’albero di Natale. Sarebbe stata un’impresa ritrovarla..

Poi si arrampicò sul divano ed ordinò: “Ola poi lidalmela. Sono plonta..”.

“Tecnicamente mancano le ciabatte..”.

“Pelò io non ciono pel tella al fleddo. Poi celcalle tu?”.

“Va bene Joy, credo che le troverò nella scarpiera sai? E tu forza, ritorna dalla tua mamma” disse rivolgendosi al giocattolo di pezza che aveva ancora in mano.   

Joy, nell’udire quelle parola, si guardò intorno con aria improvvisamente seria e sentenziò: “ Lexie… Mammina e papino non ci sono ancola. Ma dove sono andati?”.

Alexis constatò che la sorellina aveva ragione, ma non seppe rispondere alla sua domanda.

In effetti avrebbero dovuto essere già rientrati, come mai quel ritardo inaspettato? Sicuramente avevano un valido motivo, forse erano rimasti intasati nel proverbiale traffico cittadino. Decise di non preoccuparsene molto e rassicurò anche Joy: “Sono andati a consegnare quelle prove, ricordi? Sicuramente saranno stati trattenuti da zia Lanie oppure dalla Gates. Arriveranno presto, ok?”.

Joy, però, non sembrava del tutto rassicurata e strinse forte la sua bambola di pezza contro il suo petto: “Ma è casi buio.. lolo ciono semple a casa quando fa buio.. io li vollio..”.

Si era decisamente intristita.

Alexis non seppe altro che fare se non attirarla a se e prenderla in braccio accarezzandole la schiena, mentre Joy le abbracciò stretto il collo, appoggiando la testa sulla sua spalla: “Su piccolina non fare così. Papà e Kate arriveranno da un momento all’altro e noi saremo qui ad aspettarli ok? Che ne dici se ci accendiamo la televisione e controlliamo che non ci abbiano venduto dei cd fasulli sui chipmunks? Un po’ si sano Alvin non può che tirarci su il morale. Sei d’accordo?”.

Sentì la testolina della bambina muoversi in senso affermativo, ma non pronunciò parola. Ahia, brutto segno.

Aveva cercato d’alleviare la sua tristezza, ma a quanto pare non c’era riuscita benissimo. Le accarezzò i capelli, la sedette sul divano e si accinse a preparare il lettore dvd. Gli occhietti di Joy, però, incominciavano a diventare piccoli piccoli. Quella nanerottola era decisamente stanca, la loro giornata di shopping sfrenato doveva essere stata più intensa del previsto per lei, probabilmente si era sovraeccitata e la lontananza dei genitori avevano offuscato la sua tradizionale allegria.

Le fece tenerezza e, dopo aver fatto partire il video, si sedette accanto a lei.

La piccola Joy si arrampicò sulle sua gambe,  posizionò la testa contro il suo seno  lei la cinse per la vita in modo che non cadesse, mentre la sorellina appoggiò le manine paffutelle sulle sue.

Per la prima volta Alexis si ritrovò a sorridere, ad essere davvero contenta di un gesto sincero da parte di quella bambina di cui tanto aveva avuto paura. Le diede un bacio sulla testa: “Ascolta Joy, questa per me è la prima volta che vedo Alvin. Non conosco bene la storia. Se non capisco qualcosa posso chiedere a te?”.

La piccola si staccò da lei per un istante e si voltò per la guardarla in faccia con un ritrovato sorriso: “Ma ceeellto Lexie. Puoi chiedele tuuuutto chello che vuoi. Io conocco Alvin benissimissimo!”.

Grazie al cielo il cartone animato iniziò dopo qualche secondo e Joy, ipnotizzata dalla storia dei tre scoiattolini,  dimenticò per un po’ il preoccupante ritardo dei genitori.

Alexis, al contrario, si ritrovò a fissare prima la finestra dalla quale non proveniva quasi più luce, poi la porta del loro loft che rimaneva inesorabilmente chiusa.

Dove diavolo si erano cacciati quei due?

 

 

 

Kate si risvegliò avvolta dal calore dalle braccia del suo scrittore. Si sarebbe persa per sempre in quel dolce tepore, cullata dal battito del suo cuore che poteva distintamente ascoltare appoggiata com’era sul suo petto. Era davvero bello il suo uomo. Lo accarezzò lievemente per non svegliarlo, ma Rick si mosse al suo tocco e la strinse ancor di più per non lasciarla scappare. Da quando vivevano insieme dormivano sempre in quella posizione, fusi l’uno nell’altro, tranne quando la loro piccola Joy decideva di raggiungerli nel lettone ed occuparne tre quarti.  Allora erano costretti a litigarsi la parte restante del materasso, con immensa delusione di Castle che, perdendo ogni volta il duello con la donna, era costretto ad andare a dormire sul divano o nel letto di Alexis.

Kate, ancora un po’ addormentata, cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava. Quando scorse sopra i suoi occhi alcune travi di legno, tipiche di una baita, invece del meraviglioso soffitto di cemento della loro casa di New York un brivido freddo l’attraversò da capo a piede. Erano ancora in montagna!

 Si alzò a sedere di scatto, lasciando che il lenzuolo cadesse accanto a lei, liberando al vento la sua pelle nuda.

Rabbrividì e si infilò velocemente i vestiti trovati sul pavimento. In quella stanza c’era un gelo infinito, il fuoco del camino si era spento, restavano visibili solo le ceneri.

Ma quanto avevano dormito? Molto… Troppo….

Maledizione, era tardi, tardissimo.

Percorse di corsa la stanza e si catapultò ad osservare fuori dalla finestra: il buio della notte ricopriva ormai ogni cosa. Il paesaggio si distingueva a fatica, ma l’unica certezza che la giovane donna ebbe in quell’istante era che la nevicata non era cessata.

Il manto bianco era notevolmente salito dall’ultima volta che lo aveva scrutato. Fu costretta ad appoggiarsi con entrambe le mani contro la finestra per sorreggersi, quando realizzò che la macchina era sepolta sotto la neve: quella sera  non sarebbero più andati da nessuna parte, erano bloccati.

Non sarebbe tornata a casa da sua figlia. Una fitta di dolore si instaurò nel suo cuore.

Due mani le strinsero la vita e una voce conosciuta le sussurrò all’orecchio: “Mi dispiace. Davvero.. Speravo che smettesse di nevicare e potessimo tornare indietro. Mi sono addormentato e non avrei dovuto.. Ti avevo giurato che avresti dormito con lei, ma non posso mantenere quella promessa. Perdonami..”.

Kate si girò verso il suo uomo: “Avanti Rick, non è solo colpa tua. Ci siamo addormentati in due.. Non ti nego di essere molto dispiaciuta, c’è Alexis ad occuparsi di lei. Se la caverà benissimo, anche se non so come possa reagire Joy senza la tua favola della sera e le mie coccole prima d’andare a nanna.. Ascolta cerchiamo di trovare un punto in cui il telefono prende e cerchiamo di chiamare  tua figlia. Dobbiamo metterla al corrente della situazione..”.

 

 

 

Gli occhi della giovane rampolla Castle facevano fatica a rimanere aperti, la stanchezza stava per avere il sopravvento. Alvin era decisamente un cartone divertente, ma tutte quelle canzoncine conciliavano il sonno in maniera divina. Come facesse quella piccola nanerottola a non crollare era un mistero. Una piccola hightlander davvero. E pensare che era stanca, fosse stata nel pieno delle sue energie chissà cosa sarebbe accaduto. Quel cartone le piaceva davvero un sacco, infatti non aveva smesso un attimo di raccontarle ogni dettaglio! Sapeva tutto, ripeteva perfino alcune battute a memoria! Quante volte lo aveva visto?

E, cosa ancora più importante, non possedeva un tasto off? Come poteva fare per spegnerla?   

Le sue orecchie incominciavano a chiedere pietà e la testa a farle male. dopo cena si sarebbe buttata a letto e si sarebbe concessa il suo meritato riposo, ma nonostante fosse già sera inoltrata non si vedeva neanche l’ombra né di suo padre né di Kate.

Aveva l’impressione che stessero esagerando: aveva capito la lezione, non era necessario quel tipo di comportamento. Non avrebbe mai più mostrato la sua gelosia, avrebbe cercato di accettare la situazione, dopotutto aveva capito che sorellina non era male.

Joy, nel frattempo, appoggiata contro di lei, continuava a parlare.

Si erano nascoste sotto un plaid variopinto, che Alexis aveva trovato piegato accuratamente sul divano, e si stavano godendo il suo tepore. La bambina si era infilata in mezzo alle sue gambe e si era accomodata contro il suo petto, abbracciandole un braccio, senza permetterle di muoversi molto.

Insomma era in trappola! Non che si lamentasse perciò, appoggiata la testa sul poggiatesta del divano, aveva tentato di rilassarsi. In quel momento, però, doveva assolutamente andare al bagno, non resisteva più.

Doveva scindere il loro abbraccio: “Joy, scusa devo scendere un momento. Torno subito”.

La piccola si girò e i suoi occhietti blu intercettarono i suoi: “Ove vai?”. La sua voce era quasi un sussurro.

Alexis constatò quanto quella nanerottola fosse distrutta in realtà. Quel suo parlare a martelletto di poco prima doveva essere una tecnica per non addormentarsi e non cedere alla fatica.

“Sei stanca Joy?”.

La bimba annuì con la testa senza rispondere. Ok era ufficialmente quasi al traguardo.

Alexis, d’istinto, le accarezzò la testolina: “Un po’ anch’io sai? Ascolta adesso devo andare un momento al bagno, poi ci ordiniamo una pizza, perché qualcosa dobbiamo pur mangiare e se cucino io c’è il rischio che ti avveleni, quindi..  Ti piace la pizza no?”.

Joy strinse la bambolina contro di sé e annuì affermativamente: “Ci ci Lexie. Mi pace. La vollio coi vullstel. Non vollio che tu mi avveleni”.

Alexis rise: “Ok piccola, come vuoi. Un momento e chiamiamo”.

Lasciata la piccola sul divano a vedere il finale del cartone, la giovane ragazza si diresse verso il corridoio e aveva appena chiuso la porta del bagno, quando sentì la suoneria del suo cellulare fuoriuscire dalla tasca dei suoi pantaloni.

Certo che le persone brillano sempre per tempismo! Non ti cerca mai nessuno, ma quando qualcuno lo fa, sempre nel momento meno opportuno.

Rovistò velocemente nelle tasche e ne estrasse il cellulare.

Lesse sul display chi la stava cercando.

Papà.

Era ora, almeno constatò che quei due non erano morti.

Ora l’avrebbe sentita, aveva esaurito di colpo la sua pazienza: “ Dove vi siete cacciati? Ti sembra adesso il momento per chiamare? Sai che ora è?”.

La risposta dell’uomo restò incomprensibile, la linea telefonica era decisamente disturbata. Ma quella sera c’era qualche charma strano che ce l’aveva con lei?

“Papà, non ti sento. Aspetta che provo a spostarmi, prova a parlare di nuovo..”.

Finalmente la voce dell’uomo si fece un poco più chiara e lo sentì pronunciare: “Il mondo chiama Alexis, Alexis.. Alexis rispondi br br br”.

Oddio, quell’uomo non sarebbe mai cresciuto! Doveva necessariamente far finta di essere un alieno?

“Papà, finalmente riesco a capirti, quindi smettila. È un ordine! Ma dove siete finiti? È quasi notte, dovevate essere qui molto tempo fa!”.

Castle si fece improvvisamente serio e cambiò il suo tono di voce per rendersi credibile: “Hai ragione tesoro, ma c’è stato un piccolo inconveniente..”

“Cosa?”

“Un piccolo, insignificante, non cercato, ti giuro  non cercato, contrattempo..”.

“Papà, cosa?!”. Alexis incominciava davvero ad irritarsi.

“Diciamo che siamo momentaneamente lontani da casa…”.

“Papà! Lo vedo da sola che non siete a casa, ma per l’amor di Dio, dimmi cosa sta succedendo. O devo indovinare?”.

Se non fosse arrivato subito al punto nel giro di un minuto, Alexis avrebbe avuto una crisi di panico: era preoccupata, quella telefonata non prometteva nulla di buono: “Almeno Kate è lì con te?”.

Rick cercò di tranquillizzarla: “Sì è qui e stiamo bene. Lei non è dell’umore migliore, ma sorvoliamo..  Siamo solo bloccati, diciamo così..”.

“Bloccati dove?”.

“Tesoro, per favore non mi interrompere ogni tre per due o non riuscirò mai a spiegarti il perché del nostro ritardo. Come tu ben sai, siamo andati a recuperare i regali, ma io e Jim li avevamo nascosti nella casa di montagna dei Beckett. Non dire niente, ci ha già pensato Kate a farmi la ramanzina. Fatto sta che siamo stati sorpresi da una tormenta di neve…”.

“Sì, effettivamente sta nevicando anche qui in città..”.

“Bene, di male in peggio. Il nostro problema si duplica così, sono l’uomo più fortunato del mondo. Ok, non divago più. Insomma, qui è tutto bloccato. La strada è impercorribile e noi non possiamo tornare a casa stasera. Dovremo aspettare che il tempo migliori e che i mezzi di pulizia liberino le strade per poterci muovere…”.

Per la seconda volta nella giornata ad Alexis mancò il fiato. Quei due volevano mandarla all’ospedale o al manicomio entro la fine dell’anno.

Sarebbe rimasta da sola per l’intera notte con Joy? E lei come faceva a farla dormire?

“Papà se questo è uno dei tuoi soliti scherzi, sappi che non è per niente divertente! NON TORNATE A CASA STASERA? Ma non provate neppure a pensarlo! Io come faccio?”.

L’uomo le rispose tranquillo: “Se hai dei programmi per la serata ti converrà disdirli, oppure puoi portarti dietro Joy..”.

Ad Alexis andò il sangue al cervello: “Ma quali programmi d’Egitto papà! Io non ho nessun impegno, ma di là in salotto c’è una bimba di all’incirca tre anni che mi domanda da almeno un’ora dove siano sua mamma e suo papà! È stanca morta, ha voglia di dormire e vi vorrebbe accanto a lei. Non credo sia una richiesta irragionevole! E io cosa dovrei fare adesso? Ma per quale motivo hai avuto la brillante idea di nascondere sti benedetti regali in montagna? Un armadio qualunque non poteva bastare?”.

Si passò la mano libera sul viso, mentre cercava di tranquillizzarsi, ma le restava davvero difficile. Lei non ci sapeva fare con i bambini ed è risaputo che la nanna è il momento più delicato dell’intera giornata, dove i nanerottoli hanno bisogno di un po’ di calore speciale, quello della loro mamma o, come capitava a lei da bambina, del loro papà. Anche i nonni a volte non sono sufficienti, figuriamoci una sorella totalmente assente fino a qualche ora prima.

“Tesoro ascolta andrà tutto benissimo…”.

La voce dell’uomo, però, sparì di colpo, per essere sostituita da un’altra femminile che Alexis conosceva molto bene: “Alexis, sono Kate. Hai ragione, questa è una situazione assurda ed incresciosa, lo ammetto. E so per  certo che dirti che andrà tutto benissimo non è per niente rassicurante. In questo momento neanch’io sono felice, ho un cuore piccolo così e vorrei esserci io accanto a mia figlia, ma purtroppo il destino ha voluto diversamente. Tu devi solo cercare di calmarti e tutto verrà da sé.. So che sei in grado di stare accanto a Joy nel migliore dei modi. Sei una ragazza dolce e buona. I bambini lo sentono..”.

Ascoltando il silenzio della ragazza, Kate richiamò la sua attenzione: “Alexis ci sei?”.

“Kate…”. Non riusciva a continuare, la frase le era morta in gola. Aveva difficoltà ad aprirsi con lei, ma la compagna del padre le stava tendendo una mano e lei non se la sentiva di non accoglierla.

Finalmente le parole le uscirono senza che lei riuscisse a trattenerle, spinte dalle sue emozioni: “Ho paura.. E se non mi volesse? Se piangesse? Io non so come comportarmi con lei..”.

La voce di Kate si fece improvvisamente molto dolce: “Sai Alexis, neanch’io sapevo cosa fare, quando me l’hanno messa nelle braccia per la prima volta. Avevo timore di non essere all’altezza delle sue aspettative, di non essere ciò di cui aveva bisogno, ma, in una frazione di secondo, ho capito che ciò che quella piccola creatura voleva era solo amore. Joy non vuole altro. A volte lei non comunica con le parole, ma sa farsi capire perfettamente. Usa l’istinto Al e non avere paura. Dentro di te saprai che cosa fare. Joy non ti respingerà, lei ti vuole bene. Per stasera sei tutto il suo mondo, lasciala aggrapparsi a te..”.

La giovane ragazza non parve del tutto convinta: “Se non ci riuscissi Kate?”.

Le sembrò di vederla sorridere per telefono: “Ce la farai benissimo Alexis, io non ho nessun dubbio. Ascolta, lasceremo un solo cellulare acceso tutta la notte in modo che all’occorrenza tu possa chiamarci. Così ti sentirai più tranquilla. D’accordo?”.

“D’accordo. Vuoi parlare con lei?”.

Ci fu un breve attimo di silenzio nel quale Alexis udì il nitido suono di un lungo respiro, ma poi Kate si sbrigò a risponderle: “Lo vorrei, ma se lo facessi, tu saresti nei guai. Dopo probabilmente ti farebbe i capricci, le verrebbe la malinconia. Se chiede di noi, dille semplicemente che siamo molto in ritardo e che le brave bambine vanno a letto presto. Mamma e papà saranno a casa quando lei si sveglierà.”.

La ragazza annuì: “Va bene Kate, come preferisci.”

“Ora ti saluto, altrimenti resteremo senza batteria. Buonanotte Alexis”.

“Buonanotte Kate”.

Stava per riagganciare, quando la voce della giovane donna la bloccò: “Al, un ultima cosa. Grazie. Grazie, davvero” ed interruppe la telefonata.

L’aveva ringraziata. Perché? Non aveva ancora fatto niente, il bello doveva ancora arrivare.

Sapeva che Kate era una bravissima mamma e quel distacco non voluto doveva essere un mattone anche per il suo cuore, ma aveva cercato di rincuorarla lo stesso.

Beh, lei avrebbe cercato di non deluderla. Avrebbe fatto tutto ciò che poteva per far star bene la sorellina, anche se non aveva idea da dove iniziare.

Prima, però, decise di recuperare la scorta segreta del wisky  di sua nonna. Stava incominciando a capire perché Martha lo ritenesse un ottimo amico. In certe situazioni può essere davvero un toccasano..

Angolo mio!

In questa serata alquanto deprimente, pubblico. Con un ritardo abissale, ma lo faccio. chiedo venia! 

Spero di estorcervi un sorriso e grazie per la lettura!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo nuovo

Abbandonato il suo corpo contro la vasca da bagno, Alexis cercò di metabolizzare la fantastica notizia che le aveva appena dato suo padre. Era davvero una brutta gatta da pelare, ma Kate era riuscita a infonderle un po’ di speranza. In quel momento notò la porta del bagno aprirsi e la piccola testolina di Joy fare capolino all’interno: “Tai bene? Non cei più tolnata”.

La giovane ragazza la aprì del tutto per permettere alla sorellina d’entrare. La piccola stringeva ancora al petto la sua bambola e in quel preciso momento le fece una tenerezza infinita. Era davvero molto piccola, così innocente. Non si aspettava di certo di non veder ritornare a casa i suoi genitori per quella sera. Chissà come l’avrebbe presa.

Joy, intanto, si era avvicinata a lei e le stava tirando la maglia nel tentativo d’attirare la sua attenzione: “Lexie.. mi fai paula, pecchè non palli?”.

Alexis si scosse dal suo torpore e si affrettò a prenderla in braccio: “E’ tutto ok piccola, non preoccuparti. Ero solamente sopra pensiero. Poi c’è da preoccuparsi se tu non parli, sai io a volte sono un po’ musona”.

Joy si sbrigò a passarle le braccia intorno al collo, la strinse e poi sorrise: “Hai lagione, tu non palli mai. Cei peggio di mammina”.

“Ah sì? Sono onorata di tale record! Beh, io ho fame e se non ricordo male, anche tu, quindi che ne dici di ordinare quella famosa pizza?”.

In pochi secondi giunse nel salotto, prese il cordless appoggiato sul muretto accanto alla cucina e fece la loro ordinazione. Joy non si era staccata un attimo da lei e aveva incominciato a giocare con una ciocca dei suoi capelli ramati senza però tirarli. Non ci voleva un genio per comprendere che era sul punto di crollare e quel gesto meccanico le permetteva di tranquillizzarsi o più semplicemente di sentirsi al sicuro.

L’aveva vista farlo con i capelli di Kate più di una volta e si rese conto quando la donna avesse avuto ragione poco prima al telefono: Joy non aveva usato il linguaggio per comunicare con lei, lo aveva fatto con un semplice e spontaneo gesto.

La staccò per un attimo dal suo corpo per poterla guardare negli occhi: “Dai Joy ancora un ultimo sforzo, dopo che avremo mangiato ce ne andremo a letto tranquille. Ad entrambe serve un po’ di riposo”.

Lo sguardo della piccola mutò all’improvviso: “E la mia mammina? Quando alliva?”.

Eccola, la tanto tenuta domanda. Si era abbattuta su di lei come una tempesta tropicale contro le spiagge di un’isola dei Caraibi. I danni sarebbero stati ingenti.

“Ascolta piccola. Kate e papà sono molto in ritardo. Quella famosa consegna si è rivelata più lunga del previsto e non so dirti l’ora in cui rientreranno. Noi però dobbiamo fare le brave bambine e, quando viene l’ora, dobbiamo andarcene a nanna. Altrimenti domani non potremo giocare con loro come si deve, saremo troppo stanche..”.

Santo Iddio, era davvero pessima come attrice, sua nonna si sarebbe sicuramente vergognata. Non credeva neanche lei a quello che stava dicendo, figuriamoci una creatura sveglia ed intelligente come era sua sorella. Quella era la figlia di Kate Beckett, non si sarebbe mai bevuta una simile cavolata. Chi voleva prendere in giro?

Joy, però, non batté ciglio, ma una piccola lacrima le attraversò la guancia: “Io dolmo solo se alliva la mia mammina. Vollio la favola di papino e la canciocina della mia mammina…”.

Come volevasi dimostrare.

Le sue paure non erano del tutto infondate.

“Ok Joy, ora non piangere. Magari arrivano mentre noi ci stiamo preparando”.

La piccola annuì poco convinta: “Ooookk” ed la sorella le asciugò la lacrima che colava sulla guancia.

Alexis la posò in terra e la piccola corse a rifugiarsi sul divano stringendo ancor di più la sua adorata bambolina, senza più proferir parola.

Il cartone era finito e lo schermo era nero come la pece, ma la piccola Joy non scollò nemmeno per un attimo gli occhietti da lì.

Chissà quali sentimenti le stavano passando per l’animo. Alexis ne conosceva uno molto bene, la mancanza. Nonostante Castle fosse stato un padre adorabile che non le aveva mai fatto mancare nulla, alla stessa età della piccola Joy, aspettava sempre con impazienza il ritorno di sua madre e aveva subito moltissime delusioni quando le sue speranze venivano costantemente deluse. Poi a poco a poco aveva imparato a conviverci crescendo, ma si ricordava benissimo la sensazione di solitudine che si sentiva nel cuore.

In quel preciso momento il campanello della porta suonò. Joy si precipitò ad aprire e Alexis non riuscì a fermarla. Restò molto delusa, quando vide davanti a sé il fattorino della pizza e non i suoi genitori, come sicuramente aveva sperato.

Si sbrigò a pagare le pizze, mentre la piccola Joy, col visino sempre più triste, le aveva avvolto le gambe con le braccia, nascondendosi dietro di lei.

Alexis le accarezzò di nuovo la testa: “Vieni piccola, adesso si mangia. Dobbiamo sbrigarci o si raffredderà e non sarà più buona. Te la taglio a pezzetti?”.

“Io non mangio.. non ho pù famina..”.

Alexis si accucciò per poterla guardare negli occhi dopo aver posato la pizza sul tavolo: “Ascolta piccolina non devi fare così. Non è digiunando che velocizzerai il ritorno dei tuoi genitori. Loro vorrebbero che tu riempissi il tuo bel pancino e ti sbaffassi tutta questa succulenta pizza ai wurstel. Non vorrai che mi sgridino perché non sono riuscita a farti mangiare? Io voglio prendere 10 come babysitter!”. Le strizzò l’occhio nel tentativo di farla sorridere di nuovo e  miracolosamente riuscì nel suo intento.

“No Lexie non ti falò sglidale, non pocciamo collele un licchio simile. Sennò ti limandano a cuola e io non vollio!”.

Alexis decretò che sarebbe diventata una tragedia ritornare all’università ed affrontare il nuovo semestre. Chi lo avrebbe spiegato a quella dolce nanerottola? Lei la voleva a casa con tutte le sue forze, bella piccina. Avrebbe affrontato un problema alla volta, con calma, non era quello il momento adatto.

Sedette la sorellina sul suo seggiolino, le tagliò la pizza e mangiarono insieme. Alexis sorrideva alle faccette buffe fatte da Joy quando tentava di prendere i wurstel e mettersele in bocca.

La piccola nonostante avesse manifestato poco appetito fino a qualche minuto prima, terminò la sua cena in un batter d’occhio e tornò a giocare con i suoi giochi sul tappeto della sala. Per un attimo la tristezza sembrava passata.

Alexis, invece, sparecchiò i pochi piatti rimasti sulla tavola e li posò nel tinello, aprendo l’acqua per lavarli. Sapeva che il padre possedeva una lavastoviglie, ma la campus aveva imparato a fare qualche piccolo lavoretto domestico e ne avrebbe approfittato per riordinare le idee.  

 Guardò alcune volte nella direzione della sorellina, ma la piccola sembrava tranquilla.

Dopo essersi asciugata le mani si andò a sedere accanto a lei: “Tesoro, ascolta, è decisamente tardi ed è arrivato il momento di andare a nanna..”.

A quelle parole il faccino della Joy si tinse di preoccupazione ed incominciò a scuotere vigorosamente la testa: “No, no! Io appetto la mia mammina e non dolmo senza di lei!”.

Alexis si sentì la persona più insensibile della galassia.

Come poteva spezzarle il cuore?

Aveva tutte le ragioni del mondo per comportarsi così, ma Kate non sarebbe rientrata quella notte e Joy doveva riposare.

La giovane ragazza cercò di raccogliere tutta la pazienza che possedeva e le sorrise: “Su piccolina te la racconto io una bella storia. Però dobbiamo andare a letto. Sai al calduccio sotto le coperte tutte le favole diventano molto più emozionanti. Non trovi?”.

Quando incrociò gli occhi della piccola, però, vide che da essi erano incominciate a sgorgare molte lacrime silenziose: “Mammina e papino non tolnano velo? Non voi dimmelo..”.

Alexis rimase basita all’affermazione della bambina, non se l’aspettava proprio una risposta del genere. Che doveva fare?

Dirle la verità oppure no?

Respirò per un attimo, poi pensò che le bugie non portano mai a qualcosa di buono.

Si accucciò davanti a lei, le posò le mani sulle spalle, dopo averle regalato una carezza asciugandole una lacrima: “Non ti si riesce a nascondere niente, vero? Hai ragione, i tuoi genitori non possono tornare a casa stasera. Hanno avuto un problema con la macchina e rientreranno domani. Almeno lo spero.. Mi dispiace Joy, ma stanotte dovrai accontentarti di me, anche se so di non essere il massimo..”.

La piccola di rimando le si gettò nelle braccia continuando a piangere ed Alexis l’abbracciò forte.

“Su piccolina, non fare così. Vedrai, andrà tutto bene..”.

Oddio, quanto odiava quella frase, non poteva credere d’averla detta. Non lei.. non sarebbe andato bene un demenemerito nulla! Se Joy la odiava non poteva biasimarla, si odiava da sola. Non sapeva più cosa fare se non stringerla e cercare di comunicarle un po’ d’amore.

“Vedrai domani mattina faremo colazione tutti insieme e questa brutta tristezza sarà passata..”.

Joy non rispose, ma si strinse ancor di più al suo collo. Alexis la alzò da terra e, mentre la bimba appoggiava la testa contro la sua spalla, si diresse verso la  sua camera da letto.

La piccola, però, parve contrariata e quando la sorella la posò sul materasso morbido, per riuscire finalmente a cambiarla, la guardò dritta negli occhi e, sfoderando un terribile mix dello sguardo da cucciolo del padre e da cerbiattina adorante di Kate, le chiese: “Lexie? Posso dolmile con te? Mi faccio piccola piccola..”.

Ecco, ci mancava pure la versione Theodore..

“Da ciola ho paula.. Di ciolito io dolmo nel lettone con mammina..”. aveva abbassato lo sguardo e le sue piccole guanciotte si erano tinte di un tenue rossore. Probabilmente si vergognava un pochino di quella situazione, ma come poteva non comprenderla? Anche lei avrebbe dormito volentieri tra le braccia di sua madre, se solo Meredith glielo avesse mai permesso..

Le diede un piccolo bacio sulla guancia e le rispose: “Ma certo Joy. Puoi dormire con me. Anzi ne sarò onorata. Però questo lettino mi sembra un po’ troppo piccolo per far in modo che io riesca a coricarmici dentro. Mi sa che dovrai trasferirti in camera mia.. Almeno il letto è da una piazza e mezza…”.

La piccola però sfoderò un sorriso furbetto e sentenziò: “No Lexie. Lì ciamo tloppo stlette e io non vollio cadele dal letto. Potlemo fale la nanna nel lettone di mammina e papino, tanto lolo non ci ciono. Lì stalemo comode..”.

Però, questa nanerottola sapeva davvero il fatto suo, era un’idea geniale: “Ok tesoro vada per il lettone!”.

La piccola raccolse dal mare di pupazzi riversi sul suo letto un cagnolino bianco e nero e lo porse alla sorella: “Teni, lui è Mussulì. È mio amico se io dolmo con la bambolina tu devi avele quacuno che potta bia i butti sogni. Te lo implesto pecchè ho vitto che nella tua cameletta non ci ciono amici di pezza..”.

Se fosse ancora possibile ad Alexis si strinse ancor di più il cuore, quella nanerottola era veramente molto dolce. Prese il cagnolino che Joy continuava a porgerle e sorrise. Riuscì solo a dirle: “Grazie mille piccola”, un groppo le chiuse la gola. Quella bimba la stupiva ogni minuto di più.

La prese di nuovo in braccio e si diresse verso la camera di suo padre.

Joy si piazzò nel mezzo del letto sistemandosi per bene sotto le coperte, mentre Alexis, dopo essersi assicurata che le porte e le finestre del loro loft fossero ben chiuse, si infilò il suo pigiama.

Sciolse i capelli e si sistemò dalla parte del letto dove dormiva suo padre e si girò per ammirare la sorellina: Joy aveva chiuso gli occhietti, probabilmente la stanchezza aveva già avuto il sopravvento, ma non appena Alexis si fu sistemata, andò di riflesso a rintanarsi contro il suo corpo posando la testolina contro il suo petto. Alla giovane ragazza non restò altro che stringerla in un dolce abbraccio dopo averle donato un bacio sulla testolina.

Joy si scosse leggermente a quel tocco così Alexis si sbrigò ad accarezzarla in modo che non si svegliasse. Andava tutto bene, era al sicuro. Non c’era il caso di allarmarsi, poteva restare beatamente nel mondo dei sogni. C’era lei a vegliarla..

“Buonanotte Joy, dormi bene piccola mia” le sussurrò convinta che la bambina non potesse più sentirla. Si irrigidì di colpo quando udì la vocetta dolce di Joy risponderle: “Ti vollio tanto bene Lexie”.

Di certo si trattò di un riflesso incondizionato dovuto alla tensione accumulata in quella giornata così lunga e in parte complicata, ma i suoi occhi si riempirono in breve tempo di lacrime e lei non fece nulla per trattenerle. Si ritrovò distesa nel letto di suo padre con una crisi di pianto da antologia in atto.

Si odiò con tutta se stessa: come aveva potuto essere tanto stupida? Come aveva potuto solo pensare che quella piccola creatura potesse costituire un “pericolo” per lei? Come poteva portarle via suo padre?

Era solo una bambina, un piccolo cucciolo d’uomo bisognoso di cure ed amore.

Alexis si ritrovò a scuotere la testa. No, non era solo quello, era molto di più.

Joy era un grande dono fatto anche a lei. Qualcuno con cui condividere attimi di pura felicità, di complicità, di gioco e di divertimento. Qualcuno con cui, nonostante la differenza di età, si sarebbe potuta confrontare e aiutare durante la sua vita.

Una sorella, un regalo prezioso ed inaspettato che lei non aveva saputo accettare fino in fondo, ma che con quel semplice “ti voglio bene” le aveva insegnato molto di più di mille libri di storia o di filosofia.

Aveva dimenticato quali fossero le emozioni importanti della vita, ma ripromise a se stessa di non compiere mai più un errore del genere.

Kate aveva ragione, aveva fatto bene a provocarla in quel modo.

Le aveva fatto capire qualcosa di veramente importante: non importa se nella vita si può sbagliare, chi ti vuole bene ti darà sempre un’altra possibilità, perché crede in te.

Lei lo aveva fatto, quasi più di suo padre. Avrebbe potuto difendere con le unghie e con i denti sua figlia, ma aveva preferito tenderle una mano.

Aveva preferito farle capire che loro quattro, se si escludeva per un attimo i magnifici nonni babysitter, erano una famiglia ora e lo sarebbero stati per sempre. Lei non ne era mai stata esclusa.

Joy era il suo miracolo terreno. Con suo padre le avevano trasmesso quell’amore così profondo e sincero che impedisce ai bambini di trasformarsi in creature capricciose ed antipatiche. Erano davvero due genitori molto in gamba.

Alexis sapeva molto bene quanto suo padre fosse speciale, ma scoprire quanto Kate lo fosse la fece sentire a casa, al sicuro.

Non aveva più timore, la paura era scomparsa. Si sarebbe goduta la sua famiglia allargata.

Ora doveva solo aprire il suo cuore e lasciare che tutto quell’amore la travolgesse una volta per tutte.

Così strinse ancor di più a sé la piccola Joy e ben presto la raggiunse, finalmente serena, nel mondo dei sogni.

Angolo mio!

Mi scuso per il ritardo abissale, tra un po' è Pasqua... 

Spero vi piaccia lo stesso! :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


xmas 6

Castle chiuse la portiera della macchina nell’istante in cui il primo raggio di sole, di quella che si prospettava una vigilia di Natale coi fiocchi, illuminò i grattacieli di New York.

Aveva avuto una nottata decisamente difficile: dopo aver parlato con Alexis al telefono, la fitta nevicata montana si era arrestata e questo aveva scatenato idee malsane nella testa della sua compagna. Col piglio autoritario del detective Beckett dei tempi migliori, gli aveva intimato di prendere il badile in mano e di aiutarla a liberare sia la macchina sia la strada dalla neve.

Visto che il tempo si stava dimostrando clemente perché non approfittarne?

A nulla erano valsi i suoi tentativi di farla ragionare, ma in fondo se lo aspettava. Quando mai era riuscito a farle cambiare idea se si metteva in testa qualcosa?

Così si era ritrovato immerso nella neve fino quasi alle ginocchia con quell’arnese in mano che non sapeva minimamente utilizzare. Lui era uno scrittore di best seller, mica un operaio del comune! Se nevicava si limitava a vestirsi per bene per non prendere freddo ed a non utilizzare la Ferrari ed accontentarsi della metro. Aveva tentato un’ultima supplica sfoderando gli occhi da cucciolo: “Kate, tesoro, se continuiamo così ci ammaleremo e ti immagini che seccatura sarebbe passare il giorno di Natale a letto? Sarebbe un’enorme tragedia e chi lo spiegherebbe a Joy?”, ma lo sguardo inceneritore della sua compagna non ammetteva replica.

Così aveva spalato, spalato e ancora spalato finchè la macchina non aveva raggiunto la strada principale. Avevano viaggiato tutta la notte muovendosi a passo d’uomo, bagnati ed infreddoliti, ma, dopo mille peripezie, erano riusciti ad arrivare alla meta. La città che non dorme mai non gli era mai parsa così bella e, mentre le porte dell’ascensore del loro palazzo si chiudevano, giurò a se stesso che avrebbe rimesso i piedi in quella baita solo durante il periodo estivo! Errare è umano, perseverare sarebbe stato un errore imperdonabile.

Si voltò per guardare la sua giovane compagna e vide anche sul suo bel viso i segni della stanchezza per la lunga nottata appena trascorsa, ma il suo istinto materno aveva avuto la meglio su tutto. Era riuscito a convincerla a nascondere i regali prima di salire, ma non era stato molto semplice.

Quando aprirono la porta del loro loft, dopo aver disinserito l’allarme, entrarono in salotto cercando di non fare troppo rumore.

“Dormono ancora” sussurrò Kate.

“Vorrei ben vedere tesoro, sono le cinque del mattino. Cosa pensavi stessero facendo? Dai andiamo in camera nostra e cerchiamo di riposare anche noi qualche ora. Ce lo meritiamo, credo” disse Rick cingendo la vita della donna, mentre lei gli regalò un debole sorriso.

“Ok..”.

Varcarono l’entrata della stanza e Rick stava per accendere la luce, quando Kate lo bloccò afferrandolo per un polso: “Tesoro no! Non accendere nulla!”.

“E perché mai non dovrei farlo? Non pretenderai mica che…”.

“SSSShhh! Guarda..” disse Kate indicandogli il letto.

Alexis e Joy dormivano ancora abbracciate. Il piccolo visino della bimba spuntava da sotto le coperte appena appena e una manina era appoggiata contro il petto della sorella maggiore e sembrava molto serena. Per fortuna erano addormentate molto profondamente e non si erano accorte del loro arrivo.

“Ho due figlie bellissime non trovi?” sussurrò Rick estasiato a quella visione.

“Sì tesoro, sono la nostra famiglia. E hai ragione, niente è più bello della propria famiglia!”.

Rick le strinse una mano ed uscirono insieme dalla stanza.

“E noi dove dormiamo adesso?” chiese l’uomo improvvisamente preoccupato.

“Credo che, se escludiamo il lettino di Joy, l’opzione possibile sia una sola”.

“Il letto di Alexis?” chiese Castle.

“Ok, allora le opzioni sono due, ma non riusciremo mai a stare entrambi nel letto di tua figlia, quindi uno dei due dovrà accontentarsi del divano e so già a chi toccherà..” sentenziò Kate un po’ delusa.

Rick ascoltando la parola divano impallidì: divano era sinonimo di mal di schiena, dolore muscolare per una settimana e cattivo umore il mattino seguente.

La decisione, però, non fu molto difficile da prendere: non avrebbe dormito lontano da Kate, solo Joy aveva l’autorità di scalzarlo dal suo posto accanto a lei.

Da quando era uscita dal coma si separava il meno possibile da lei, quell’esperienza lo aveva segnato e voleva “godersela” ogni istante. Del mal di schiena in fondo gli importava ben poco.

Quindi se divano doveva essere, divano sarebbe stato.

La raggiunse, mentre Kate era intenta a togliersi le scarpe e sistemò i cuscini in modo da poter trovare una posizione semi comoda.

“Che stai facendo?” gli domandò la donna.

“Dormo con te, mi sembra chiaro- disse Rick coricandosi ed aprendo le braccia- avanti, mettiti giù. Questa sera diverrò il tuo cuscino personale”.

Kate sorrise: “Staremo scomodissimi qui. Dai, non preoccuparti, vai nel letto di Alexis. Starai sicuramente più comodo”.

Rick non le rispose, ma le afferrò un braccio e la tirò verso di sé facendole perdere l’equilibrio, così Kate cadde rovinosamente su di lui: “Tira su la coperta, incomincio ad avere freddo!”.

La giovane donna si girò per poterlo guardarlo in viso, gli regalò una lieve carezza e si accoccolò nell’incavo della sua spalla. Così, ben presto, Morfeo compì il suo lavoro in maniera egregia, catapultandoli entrambi nel mondo dei sogni.

 

 

 

Un tenero calore su una guancia destò Alexis dal suo sogno, riportandola un poco alla realtà. La giovane ragazza dovette però faticare non poco per riuscire ad aprire gli occhi. Era ancora molto stanca e avrebbe desiderato dormire un altro po’.

Mentre stava per ritornare nell’oblio, sentì nuovamente quel tocco leggero sulla sua pelle e scostò di poco la testa per rendersi conto di cosa stesse veramente accadendo.

Quando i suoi occhi riuscirono a focalizzare l’immagine, vide davanti a lei lo splendido sorriso della piccola Joy.

“Ciao Lexie! È mattina.. ciai, non liuscivo a velliatti, dolmivi ploplio bene. Ma mammina ha lagione, i bacini funzionano semple!”.

Alexis si mise a sedere e la bimba le si buttò nelle braccia: “Beh Joy, è il risveglio migliore che io abbia mai avuto. Erano bacini tenerissimi, grazie piccola”.

“Di nente. Tutti hanno dilitto alla ploplia lacione di coccole. Ola tocca a me” sentenziò la piccola stringendosi ancor di più ad Alexis.

La giovane rampolla Castle scherzò: “Come tocca a te? E io che pensavo di avere l’esclusiva per oggi. Vorrà dire che farò un’eccezione e mi sacrificherò”. Coricò di forza la sorellina sul letto a pancia in su ed incominciò a tempestarla di baci, facendole a tratti il solletico sulle gambine.

Joy rideva come una matta e si contorceva nel tentativo di “sottrarsi” alla sorella, ma quel gioco le piaceva da morire. Ad Alexis nacque un’improvvisa gioia nel cuore nell’ascoltare quel dolce suono.

Ad un tratto si fermò e la guardò come se fosse la prima volta. Joy le stava ancora sorridendo ed aspettava il secondo round di coccole. Alexis si rese conto di provare qualcosa di veramente importante per lei. Quello strano sentimento doveva essere la complicità tra sorelle, il legame intrinseco tra di loro o, ancor più semplicemente, quello era bene. Una forma d’amore diversa dalla classica passione tra innamorati, ma non meno importante.

Sorrise serenamente come poche volte in quegli ultimi due anni e la prese in braccio dandole un bacino su una guancia: “Sai che ti voglio davvero bene piccola monellina?”.

Joy incurvò un poco la testa: “Lo ciò benissimissimo cosa cledi? Io ciono moolto fulba! E poi non pocciamo non vollelci bene! Siamo ciolelline!”.

Alexis la baciò di nuovo: “E’ vero siamo sorelline! E quindi cosa fanno due sorelle a quest’ora del mattino dopo le coccole?”.

Il pancino di Joy mugugnò: “Fanno colacione! Velo?”.

“Esattamente! Latte piccola?”.

“Ciiiii!” urlò felice la piccola Joy.

Alexis scese dal letto e posò a terra la sorellina ed insieme si diressero verso la cucina. La piccolina si mise a correre, sempre brandendo per mano la sua adorata bambolina. Era felice e serena.

La giovane ragazza sorrise a quella visione, quella piccolina l’aveva definitivamente conquistata.

Joy, però, si fermò di colpo, mentre imboccava l’ingresso del salotto. Restò immobile per alcuni secondi come paralizzata, poi si mise a saltellare ancora più forte di prima urlando: “Mammina! Papino!”.

Alexis si affrettò a raggiungerla e la vide lanciarsi a peso morto contro il divano dove, effettivamente, suo padre e Kate stavano dormendo. I due furono investiti in pieno da quell’uragano d’amore, ma, nonostante la sorpresa, Kate ebbe il riflesso di stringere sua figlia prima che tutti e tre cadessero dal divano.

Joy si strinse forte al collo della sua mamma: “Sei tolnata mammina. Mi sei mancata tantissimissimo- poi si voltò per guardare sua sorella- ma Lexie è stata bravissima!”.

Kate le accarezzò le guanciotte: “Non ne ho mai avuto il minimo dubbio piccola mia. E sì, anche tu mi sei mancata! Posso darti lo stesso il bacino del buongiorno, anche se oggi sei stata tu a svegliare me?”

“Ma celto mammina, lo vollio” e si girò in maniera da poterlo ricevere.

Nel medesimo istante sotto di loro provenì una specie di suono soffocato, quasi un lamento: “Questa scena è davvero commovente, lo ammetto, ma, donne della mia vita, mi fareste il piacere d’alzarvi dalle mie stanche membra? Mi state massacrando.. E poi lo vorrei anch’io un bacio. Chi sono? La pecora nera della famiglia?”.

Joy si affacciò dalla spalle della madre e guardò in direzione della voce: “Papino! Cogia fai là sotto? Celto che ti do un bacino!” e, con la grazia tipica dei bambini, abbandonò l’abbraccio della madre per buttarsi a peso morto contro il viso di Rick che riuscì a “pararla” in tempo prima di riscontrare ulteriori danni.

“Tesoro piano! Papà non scappa mica!”

“Ma io ciono tata ben un giolno senza te! Dobbamo lecupelale! Giocamo?”.

Rick scoppiò a ridere: “E me lo chiedi? Non vedevo l’ora!!”

Kate nel frattempo si era rialzata, si era avvicinata ad Alexis ed osservava la scena con fare divertito: “Ok, mentre voi due recuperate il tempo perso, io preparerò un po’ di colazione. Necessito di caffeina, o questa sarà una giornata davvero difficile..”.

Alexis le fece eco: “Concordo! Posso darti una mano? Ho bisogno anch’io di qualcosa da mettere sotto i denti”.

Kate si voltò e le sorrise: “Certo, se ti fa piacere” e sparirono entrambe dietro al balcone della cucina.

Le due donne si misero all’opera dapprima in silenzio, poi Alexis si avvicinò alla compagna del padre intenta a infilare i biscottini nel biberon della figlia, sistemandosi così vicino a lei quasi da toccarla. Non sapeva bene come intavolare il discorso, ma, nonostante le mille frasi che aveva preparato nella sua testa in precedenza, l’unica parola che riuscì a pronunciare fu: “Grazie”.

Kate si fermò e posò il suo sguardo su di lei. In quel preciso momento Alexis comprese cosa intendesse suo padre quando raccontava quanto gli occhi di Kate fossero magnetici. Non lo aveva mai preso seriamente, ma ora doveva ammettere di essersi sbagliata. Il suo sguardo era davvero magnetico e rassicurante, lasciava trasparire le sue emozioni senza velarle, in maniera totalmente sincera. Ora sapeva da chi Joy avesse preso. Per sua fortuna negli occhi di Kate in quel momento si poteva vedere solo gioia, anche se mitigata da una lieve stanchezza.

La voce della giovane donna la distolse dai suoi pensieri: “Grazie di che? Sono io che dovrei farlo, ti abbiamo costretta a fare la baby sitter a tempo pieno! Poteva sembrare che ti avessero dato gli arresti domiciliari!”.

Alexis rise: “Non poteva augurarmi condanna migliore. Joy è davvero una nanerottola speciale.. E ti prego Kate accetta i miei ringraziamenti. Hai capito che stavo attraversando un momento particolare e mi hai aiutato. Hai fatto in modo di farmi sentire di nuovo a casa.. Non ho scusanti per come mi sono comportata in questi ultimi mesi, ma non so nemmeno io cosa mi stesse accadendo..”.

Kate le posò un dito sulle labbra per zittirla e continuò per lei: “Non voglio sentirti parlare in questo modo Alexis, non devi sentirti in colpa di nulla. Nella vita spesso ci si sente “nel posto sbagliato nel momento sbagliato” e ci si sente inadeguati. A volte ci chiudiamo in noi stessi, in un luogo dove si crede di star bene e dove niente e nessuno può ferirci, ma, a lungo andare, si capisce che si sta commettendo un errore. Si vorrebbe tornare indietro, ma la strada è spesso più tortuosa di prima. Ci si sente in colpa e di conseguenza anche molto soli. Si ha bisogno di un piccolo aiuto e nel tuo caso è stata Joy...”.

“Tu hai deciso di affidarmi tua figlia anche se io ti avevo fatto capire chiaramente quanto la vedessi come una nemica. Non ho ancora capito bene il perché. Non credo sia solo per il fatto di farci riavvicinare..”.

“Sei proprio figlia di tuo padre, non ti si può nascondere nulla- disse Kate appoggiandosi contro il balcone e dando la schiena alla sala dove i due bambini della famiglia Castle continuavano a giocare sul tappeto- Non ti ho lasciato sola con mia figlia per caso. Non credo di averti mai raccontato la prima volta che ho conosciuto Joy, in coma intendo..”.

Alexis scrollò la testa, non avevano mai affrontato l’argomento.

Kate continuò: “Avevo incontrato mia madre, ed ero felice, ma nello stesso tempo sentivo in maniera viscerale la mancanza di tuo padre. Credevo di averlo perso, di non poter mai più ritrovare quella breve felicità che ci eravamo costruiti da così poco. Avevo passeggiato a vuoto per un po’ e poi mi ero seduta su un’altalena in un parco. Mi sentivo sola e triste, quando una bimbetta dagli occhi azzurri e la lingua tagliente ha posato le sue manine sulle mie ginocchia e mi ha convinto a giocare con lei. La sua risata e la sua spontaneità mi hanno rallegrato e mi hanno trasmesso una strana tranquillità, tutto sarebbe finito per il meglio. Io non potevo ancora saperlo, non l’avevo riconosciuta sai?, ma era proprio lei la mia speranza, la mia gioia. Ha avuto il merito di cambiarmi, d’aiutarmi. Per questo io la considero speciale e non solo perché è mia figlia. Lei ha la straordinaria capacità d’amare e di farsi amare e ho pensato che, se era riuscita a compiere un miracolo con me, forse ci sarebbe riuscita anche con te..”

Alexis rise: “Una specie di Miracolo di Natale al 595 di Broome Street?”.

“Ok non è esattamente un ragionamento da premio Nobel, ma..”

“E’ estremamente dolce Kate. È davvero bellissimo. Ti ringrazio d’averlo condiviso con me, mi hai fatto davvero sentire a casa come nessun altro, tranne mio padre” e d’istinto l’abbracciò.

Kate la strinse, felice del gesto della ragazza: “Non sei mia figlia di sangue Alexis, ma non riesco a considerarti meno importante di Joy. Tu fai parte di questa famiglia, non dimenticarlo mai. Noi per te ci saremo sempre e qualunque problema tu abbia, se ne volessi parlare, io sono qui”.

Alexis non abbandonò quell’abbraccio caloroso, ma non riuscì a risponderle nulla. Si voleva solo godere il calore di quella donna che stava diventando come una seconda mamma per lei.

Si sentì tirare per i pantaloni e una vocetta dire: “Cusate, vollio venile in blaccio anch’io! Chi mi plende?”.

Alexis, lasciata Kate, si accucciò e allungò le braccia verso la sorellina che le saltò in braccio: “Io! Posso?”.

“Ciiiii!! Tanto che mammina finice di plepalale andamo a giocale con la bambolina? Vole te cennò non mangia!”.

“Non sia mai! Una bella bambolina come lei non può digiunare. Andiamo a preparare il the con le tue tazzine?” e sparirono nella cameretta della bambina lasciando Kate e Rick soli in cucina.

L’uomo si avvicinò alla compagna e le strinse una spalla: “Vederti abbracciata in quel modo a mia figlia mi ha fatto commuovere sai? Eravate bellissime. Cosa hai detto ad Alexis per farla reagire in quel modo?”.

Kate sorrise: “Semplicemente la verità, cioè che le vogliamo bene”.

“Sei una donna meravigliosa lo sai? Questo è il regalo più bello che tu potessi farmi per Natale…”.

“Anche se ti ho fatto spalare?”.

“Quello purtroppo è il tuo lato materno e ormai ho imparato a conviverci. Ma ti amo anche per questo!” e la baciò di soppiatto, ma non riuscì nel suo intento perché furono beccati in pieno dalle loro figlie.

“Papino, pelchè dai bacino a mammina?” chiese Joy un po’ gelosa.

“Come perché Joy? Papà ama la tua mamma. Non c’è niente di più bello al mondo, no? Dobbiamo essere felici!” le rispose Alexis.

“Mi cià che hai lagione! Cì, sono felice! Pelò mangiamo? Ho ploplio tanto famina ola..”.

Kate raccolse il biberon dal lavandino e prese sua figlia dalle braccia delle sorella ed andò a sedersi a tavola. Rick si avvicinò ad Alexis e le sussurrò: “Sono molto fiero di te lo sai? Sarai un’ottima sorella maggiore. Joy è molto fortunata”.

Alexis donò al padre un enorme sorriso: “Ti voglio bene papà” ed andò a raggiungere le altre donne di casa Castle per la colazione.

Castle, invece, si fermò ad osservarle ancora per alcuni minuti. Erano davvero una bella famiglia, finalmente unita e senza più ombre.

Era stato fortunato, la vita gli aveva sorriso molte volte: era ricco, era famoso ed era un bell’uomo, ma avrebbe barattato tutto pur d’aver la certezza che quella scena così normale si ripetesse all’infinito. Avrebbe congelato il tempo se solo avesse potuto.

“Hei tesoro non vieni? Non hai fame?” lo chiamò Kate.

“Certo tesoro, vengo subito!” disse sorridendo,  sapendo con certezza che quello sarebbe stato un Natale davvero stupendo.

Angolo mio!

Anche questa è finita finalmente! Se aspettavo ancora un po' veniva Pasqua per davvero. Spero vi sia piaciuta! Mi sa che per un po' non vi stresso più, sempre se l'iapirazione non mi coglie all'improvviso..

Grazie a tutte!

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