A world at war

di kessachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sangue. Sangue ovunque.
Questo era quello a cui ero oramai abituata. Tutti i giorni era così. E non mi dava nemmeno più così tanto fastidio.
L’odore era ancora forte e a volte nauseabondo, però avevo imparato a resistere all’impulso di vomitare e se c’era qualcuno da medicare lo facevo senza tante storie.
Ero un’infermiera volontaria di stallo in un accampamento di Alleati fuori Londra.
A migliaia di km da casa.
L’ultima volta che avevo visto la mia città, Portland nel Maine, era ancora estate. Precisamente l’estate del 1943.
E adesso che l’inverno stava arrivando il caldo e confortante sole estivo mi mancava ancora di più, facendomi rimpiangere la decisione che presi un giorno di Luglio. Ovvero la decisione che cambiò per sempre la mia vita.
Quando arrivò il telegramma che portava la notizia della morte del mio adorato fratello Jeremy senza pensarci un attimo decisi di arruolarmi e di partire alla volta dell’Inghilterra per diventare infermiera.
Lui era tutto ciò che restava della mia famiglia quindi alla fine partire fu la scelta più giusta. Anche se non ero minimamente pronta a quello che avrei trovato una volta arrivata.
La prima settimana nell’accampamento era stata a dir poco traumatica. Con me c’erano altre ragazze da poco arrivate e insieme sembravamo un gruppo di cani spauriti che al minimo rumore mettevano la coda tra le gambe e cercavano un tavolo sotto cui nascondersi.
La nostra guida era stata chiara.
“Chi non se la sente se ne può anche andare, qui abbiamo bisogno di infermiere, non di signorine con la puzza sotto il naso”. Queste erano state le sue esatte parole. Come dimenticarsi della cara Rebekah. Avrà avuto si e no 26 anni ma ne dimostrava il doppio e il carattere che aveva lei poche persone potevano avere il vanto di permetterselo.
Mi chiamava “piccola Gilbert”. Compresi più avanti che ero entrata nelle sue grazie e mi aveva tenuto sotto la sua ala protettrice per parecchio tempo.
Insomma, dopo la prima settimana le cose iniziarono a migliorare ed io, Elena Gilbert, potevo dire di essere diventata ufficialmente un’infermiera. Volente o nolente.
I casi che ci si presentavano erano svariati. I classici erano i feriti da arma da fuoco, anche se non mancavano “quelli delle mine”. I casi che odiavo di più in assoluto. E ovviamente erano quelli messi peggio.
 
Era un normale pomeriggio di fine ottobre e io stavo aiutando un giovane soldato a mangiare, quando ad un certo punto suonò l’allarme. Segnale che avvisava dell’arrivo di ulteriori feriti.
E senza ritardi quelli arrivarono.
Saranno stati una ventina. Chi arrivava in barella, chi sorretto da altri compagni o chi riusciva con le proprie gambe ad arrancare verso un letto.
Ma uno in particolare mi colpì.
Era un ragazzo, alto e dai capelli scuri. Aveva il viso sporco di sangue e una profonda ferita alla testa.
Ma quello che mi spiazzò del tutto era il corpo che a fatica reggeva in braccio.
-Vi prego dovete aiutarmi! Mio fratello è ferito!- esclamò il giovane dai capelli scuri.
 
 
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Bien! Eccomi qui! Come avete capito questa è una piccola introduzione alla storia.
Spero di avervi incuriosito! :D
A presto!
Kchan

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.
 
-Vi prego dovete aiutarmi! Mio fratello è ferito!- esclamò il giovane dai capelli scuri.
In braccio teneva un ragazzo, forse più giovane di lui. Aveva la casacca imbrattata di sangue e la cosa che più mi preoccupò è che era privo di sensi e sembrava morto.
-Presto, portalo qui!- mi rivolsi al ragazzo dai capelli scuri, facendogli segno di lasciare suo fratello sul letto vicino a me.
Lui non se lo fece ripetere due volte e mi raggiunse facendo come avevo detto.
-Cosa è successo?- gli chiesi, iniziando a spogliare il giovane.
-Siamo stati coinvolti in un’imboscata e lui si è preso una pallottola, forse due.- si vedeva che era in ansia per il fratello ma in qualche modo cercava di sembrare il più calmo possibile, mantenendo un comportamento freddo e distaccato.
-Mi puoi dire come si chiama?
-Mm? Stefan, si chiama Stefan.- rispose lui, probabilmente chiedendosi il perché di quella domanda.
-Ok Stefan se mi senti, adesso sappi che ti farò un po’ male. Devi resistere okay?- presi delle garze pulite sistemate con cura sul comodino accanto al letto e le poggiai con forza sulla ferita che non accennava a smettere di perdere sangue.
Quando aumentai la forza Stefan urlò, svegliandosi dal dolore.
Sentivo lo sguardo del fratello su di me. Non si perdeva il minimo movimento che facevo.
-Tu stai bene?- gli chiesi, riferendomi alla ferita che aveva alla testa.
-Sì, sì non è niente.- rispose subito. Non gli credetti molto però per il momento dovevo accontentarmi della sua risposta.
-Ho bisogno che tu tenga queste garze ben premute sulla ferita. Bisogna fermare l’emorragia. Io vado a prendere altre cose e a cercare un medico. Te la senti?- lui mi guardò senza dire niente. Poi annuì, poco convinto. Per spronarlo gli presi la mano e la posai sulla mia dove stavo tenendo le garze sporche di sangue.
-Devi continuare a premere, okay?- spostai la mano e premetti la sua sulla ferita in modo da creare la pressione adeguata.
-Torno subito!- aggiunsi, allontanandomi.
Raggiunsi la credenza dove tenevamo disinfettanti e arnesi chirurgici. Presi più cose possibili poi vidi il medico impegnato su un altro soldato e corsi da lui.
-Dottore ho un ragazzo con una pallottola nel petto, sta perdendo molto sangue. Devo rimuoverla?- gli chiesi.
-Sì sì. Poi cerca di suturare la ferita e comprimi bene con le garze. È di vitale importanza che smetta di sanguinare. Poi verrò da te.- rispose senza distogliere lo sguardo dall’uomo su cui stava medicando una ferita al braccio. Probabilmente avrebbe dovuto amputare.
Tornai subito dai due e trovai il ragazzo dai capelli scuri come lo avevo lasciato, con la mano premuta sull’addome del fratello.
-Okay, dobbiamo togliergli la pallottola. Mi puoi aiutare?- sistemai tutto il necessario sul letto, cercando di mantenere un minimo di asepsi. Per quanto era possibile.
-Cosa devo fare?- chiese.
-Prendi quella lampada lì e vieni a farmi luce. Qui lascia pure.- gli levai la mano dalla ferita perché avrei dovuto incidere e non serviva più la compressione.
Non so se era per autoconvincermi di poter riuscire a salvarlo ma notai che perdeva meno sangue di poco prima. Poteva anche essere un brutto segno però lo interpretai come un incentivo a darmi una mossa e infatti iniziai ad introdurre le pinze nella ferita per cercare il proiettile.
-Sai quello che stai facendo?- chiese il ragazzo. Con una mano teneva la lampada e l’altra invece era poggiata sulla spalla del fratello.
Lo guardai un attimo negli occhi. Erano di un azzurro chiarissimo, in netto contrasto con la capigliatura nera come la notte.
Cercai di mostrarmi il più sicura possibile.
-In questo momento sono la migliore chance di tuo fratello.- risposi semplicemente.
A lui sembrò bastare e infatti tornò a guardare la ferita.
Per nostra fortuna trovai senza difficoltà il proiettile, lasciandolo cadere nella bacinella che avevo riposto sul letto.
Subito iniziai a ricucire la pelle lacerata, cercando di essere il più minuziosa e delicata che potevo. Anche se era impossibile evitare i continui lamenti e spasmi di dolore di Stefan.
-Bene. Ora lascia pure la lampada che dobbiamo bendarlo il più stretto possibile. E poi mi occuperò della tua ferita...Anche se ora che la guardo meglio mi sembra meno peggio di quello che credevo.- in effetti non perdeva più sangue ed era più chiusa di quel che pensassi.
-Guarisco in fretta.- borbottò lui.
Insieme bendammo Stefan e mentre lo stavo sistemando meglio a letto per un attimo aprii gli occhi.
Erano scuri, tendenti al marrone con qualche striatura più chiara.
-Stefan, io sono Elena. Sei stato ferito. Tuo fratello ti ha portato qui. Ora cerca di riposare.- gli accarezzai la guancia sorridendo, nemmeno sicura che avesse compreso tutto quello che gli avevo detto.
-Elena…-mormorò lui, per poi ricadere in un sonno profondo.
-Credo che il peggio sia passato. Tornerò da voi tra poco.- mi rivolsi al fratello, ignorando ancora il suo nome.
-Io sono Damon.- disse lui, come se mi avesse letto nel pensiero.
-Bene, Damon. Aspettami qui che vado a prendere qualcosa per la tua ferita, almeno per pulirti il viso.- lui si sedette sul letto accanto al fratello. Lo vidi stringergli la spalla. Dovevano essere molto legati.
 
Prima di tornare da Damon dovetti fermarmi ad aiutare Jess, un’altra infermiera che era alle prese con un ragazzo che purtroppo non era stato così fortunato come Stefan e che alla fine non ce l’aveva fatta.
Era stato sbalzato via da una mina e salvarlo sarebbe stata un’impresa praticamente impossibile.
Mi allontanai da una Jess sconvolta. Poveretta era appena un mese che era arrivata al campo. Doveva ancora abituarsi alla morte.
Non che io ci abbia fatto l’abitudine o che mi lasci indifferente, però comunque almeno riuscivo a dormirci la notte e non scoppiavo più a piangere sognandomi tutti quelli che erano morti tra le mie mani.
Quando raggiunsi Damon trovai il medico che stava visitando Stefan. Vedendomi arrivare mi sorrise.
-Ben fatto Signorina Gilbert. Il giovanotto qui si riprenderà presto. Deve riposare. Mi raccomando non fategli mancare da bere. Deve reintegrare quello che ha perso.- detto questo il Dottore si allontanò, diretto ad un altro letto.
-Avevi ragione.- disse Damon lanciandomi uno sguardo ambiguo.
-Riguardo a cosa?- chiesi, non capendo a cosa si stesse riferendo.
-Eri la chance migliore per mio fratello!- rispose lui.
Senza dire niente gli sorrisi e lo spinsi delicatamente a sedere ai piedi del letto di Stefan.
-Ora lasciami guardare la tua ferita.- gli dissi spostandogli i capelli incrostati di sangue.
Presi un garza bagnata che avevo portato con me insieme ad una bacinella.
-E’ poco più che un graffio, forse dovrei metterti qualche punto di sutura.- mormorai più a me stessa che a lui.
-Oh no, lascia stare. Non mi servono punti.- disse lui.
-Come preferisci tu, soldato.- cominciai a pulirgli la fronte, cercando di levare il sangue rappreso.
-Hai un tocco molto delicato…Elena, giusto?
-Sì, mi chiamo Elena. E ti ringrazio.- dissi senza smettere di bagnare la garza per poi ricominciare la mia opera.
-Mio fratello ed io siamo stati molto fortunati ad averti avuta come infermiera. Sei molto brava.- oramai avevo anche fatto l’abitudine ai soldati che si lasciavano andare ad apprezzamenti. Ma non so perché Damon mi faceva uno strano effetto, costringendomi ad abbassare lo sguardo imbarazzata.
-Beh direi che stai bene. Torno più tardi per vedere come sta Stefan.- dissi buttando le garze nella bacinella e allontanandomi il più possibile dalla fonte del mio imbarazzo.
-Non mi muoverò di qui, Elena.- esclamò lui. Gli davo le spalle e alle sue parole mi fermai un attimo, pensando a cosa potevo rispondere. Poi però cambiai idea e continuai a dirigermi verso gli armadi delle scorte.
 
Arrivata agli armadi delle scorte appoggiai, o meglio, scagliai la bacinella su un ripiano in metallo, facendo schizzare dappertutto l’acqua sporca di sangue.
-Elena, stai bene?- mi chiese Rebekah.
-Sì, sto bene. Va tutto bene.- risposi senza troppa convinzione.
Perché mi sentivo così?
Non ero nemmeno in grado di descrivere quello che sentivo.
Era come se avessi una stretta morsa allo stomaco e tutto accadeva quando mi immaginavo quegli occhi chiarissimi che mi fissavano indagatori. Come se avessero il potere di scavarmi nel profondo e carpire i miei pensieri più intimi.
Strano tipo quel Damon. E chissà com’era il fratello!

 
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Eccomi con il primo vero capitolo della storia!
Spero che vi piaccia!
Ci tengo a ringraziare ancora missimissisipi per aver recensito il prologo e chocolat_16 e delena91 per aver inserito la storia nelle seguite ! :D
Bien detto questo vi saluto e ci si vede alla prossima!
A presto!
Kchan :D

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.
 
Quando la situazione tornò alla normalità si poté iniziare con la conta dei feriti e dei morti.
Venticinque erano arrivati e dieci non erano stati così fortunati da sopravvivere.
L’infermeria era praticamente al completo, solo due posti letto erano rimasti vuoti.
Bisognava solo sperare che non ci fosse nessun altro attacco importante altrimenti la situazione sarebbe stata alquanto critica.
Erano giorni ormai che gli attacchi da parte degli aerei tedeschi si facevano continui e insistenti. Il piccolo aeroporto della RAF era a meno di due miglia dall’accampamento e pochi erano gli aerei rimasti. Presto o tardi ci avrebbero mandati da un’altra parte, spostando gli aerei in un'altra base e trasferendo l’ospedale da campo in un altro punto strategico poco in vista.
Sperando nel frattempo di non morire sotto l’attacco di bombe nemiche.
 
Dopo aver rifornito le scorte e dato una sistemata generale era giunta l’ora di portare la cena ai pazienti. Oramai si era fatta sera e Jess ed io venimmo incaricate di distribuire il pasto.
Quando fu il momento di Stefan per mia fortuna Damon non era al capezzale del fratello.
Lo trovai sveglio e meno pallido di come lo avevo lasciato nel pomeriggio.
-Buonasera.- mi disse quando mi avvicinai con il vassoio della cena.
-Buonasera Stefan, ti stai riprendendo in fretta.- appoggiai il pasto sul comodino, spostandolo più vicino al letto.
-Tu sei Elena, vero?- chiese lui.
Lo osservai meglio e non potei fare a meno di pensare che non assomigliava per niente al fratello, sia dal punto di vista fisico, ed immaginavo, anche da quello caratteriale. Non sembrava lo sfrontato ragazzo dai capelli scuri che dimostrava di essere Damon, anzi sembrava proprio l’opposto.
-Sì, sono Elena. Oggi mi sono presa cura di te.- risposi sorridendogli.
-Volevo giusto ringraziarti per quello che hai fatto. Damon mi ha raccontato. E già che ci sono volevo cogliere l’occasione per scusarmi se in qualche modo lui ti ha offeso. Lo conosco e so che a volte non è il massimo…-
-Il massimo di cosa fratellino?- non ebbi nemmeno bisogno di voltarmi, sapendo che la domanda veniva da Damon e che ci aveva raggiunti.
Infatti mi affiancò e poi spostò l’attenzione al cibo fumante sul comodino, avvicinandosi per annusare ciò che avevo portato.
-Mmm ti aspetta un pasto ricco, fratellino. Stavate parlando di me per caso?- si sedette, con poca delicatezza, accanto al fratello sul letto e ciò causò in Stefan un leggero lamento soffocato che poi lo guardò alzando gli occhi e scuotendo la testa.
-Stavamo giusto dicendo quanto sei affabile e spiritoso, Damon.- spiegò Stefan, lasciando trasparire un velo di ironia.
-Sempre pronto ad elogiare le mie qualità.- rispose il fratello con la stessa poco velata ironia.
-Sei venuta ad assistere il tuo paziente? A me sembra in perfetta forma. Come avevo predetto domani sarà già pronto a combattere di nuovo.- aggiunse, rivolto a me.
-Sono venuta a portargli la cena ma dato che ora ci sei tu lo lascio in ottime mani.- poi guardai Stefan - torno più tardi.
Stefan annuì ringraziandomi. Io lanciai un veloce sguardo a Damon e me ne andai.
-Non ti smentisci mai, sei sempre il solito!- riuscii a sentir dire da Stefan mentre mi allontanavo.
A quell’affermazione sorrisi. Che strana coppia che erano!
 
Più tardi ritornai per ritirare il piatto e trovai Stefan seduto che cercava di sistemarsi la camicia.
-Aspetta ti aiuto!- dissi avvicinandomi a lui.
-Ah grazie, i punti danno un po’ fastidio.- disse lui, in tono di scusa.
-Non ti preoccupare, dovevi chiamare qualcuno. Tuo fratello si è dileguato?- chiesi guardandomi intorno.
-Sì è andato chissà dove a fare non so cosa. È fatto così.
Okay ammetto che vederlo in quel momento, non più sporco di sangue e a petto nudo, mi faceva un certo effetto.
Era proprio un bel ragazzo. E sembrava pure un tipo a posto. Cosa che non guastava affatto.
-Ma non hai una camicia pulita? Questa divisa è da buttare. È strappata e tutta imbrattata di sangue secco. Magari ti sentiresti più a tuo agio in abiti puliti.
-Damon prima ha portato la mia borsa, credo l’abbia messa lì.- indicò con la testa un armadietto alle sue spalle, alla destra del letto.
-Aspetta che guardo, posso?- lui annuì, così feci il giro del letto e aprii l’armadietto.
-Mmm vediamo…Oh sì sì eccola. Stefan Salvatore…New Orleans.- lessi l’etichetta attaccata al borsone verde.
Al suo interno trovai due quaderni, tipo agende, e dei vestiti.
-Penso che questa andrà bene.- presi una semplice camicia a quadri e gliela mostrai.
-Sì, grazie. Va bene.- concordò lui.
-Bene ora togliamo questa sporca. Piano.- lo aiutai a levarla da dietro, per poi ripiegarla e appoggiarla ai piedi del letto.
Lui fece un respiro profondo.
-Tutto ok?- chiesi.
-Sì sì sono solo un po’ stanco. Mi sento molto affaticato.
-E’ normale. Hai perso parecchio sangue. Ma vedrai che domani andrà già meglio. Forza alza il braccio destro.- fece come gli avevo detto e pian piano gli infilai la camicia, cercando di essere il più delicata possibile.
Quando finalmente riuscì ad infilare entrambe le braccia iniziò ad abbottonarsi.
-Grazie, Elena.- disse non appena chiuse anche l’ultimo bottone.
-Vedrai che dopo una nottata di riposo ti sentirai meglio, è già un miracolo che tu ti sia ripreso così in fretta. Tu e tuo fratello avete una bella tempra.- dissi ricordando la ferita alla testa di Damon.
-Siamo stati…fortunati.- concordò con me.
Molti di quelli che erano finiti nell’imboscata non ne erano usciti vivi.
E in quel momento non potei fare a meno di pensare a Jeremy. Chissà come era morto. Nel telegramma non era specificato e non sapevo nemmeno se aveva sofferto o se era morto sul colpo.
Stefan doveva aver compreso che stavo pensando a qualcosa di spiacevole perché mi guardò negli occhi con aria interrogativa.
-Tutto bene?- mormorò.
-Sì, scusa.- scossi la testa e gli sorrisi.
-Forse è meglio che vada. Ho altri pazienti che mi aspettano.- aggiunsi, prendendo la camicia sporca e il vassoio. -Vedo che hai mangiato tutto. Bene!
-Mmm sì, avevo una fame!- mi sorrise mostrandomi i suoi perfetti e bianchi denti.
-E’ una buona cosa. Più tardi passerà l’infermiera del turno di notte. A domani Stefan.
-Buona notte Elena.- disse lui.
-Buona notte Stefan.
 
Uscii dalla tenda dell’infermeria più o meno verso le 10:30. Un vento gelido mi fece rabbrividire, costringendomi a stringermi ancora di più nel mio cappotto nero. Non vedevo l’ora di raggiungere la mia tenda e di buttarmi a letto.
Al mio arrivo trovai la lampada accesa, Meredith era sveglia. Meglio, così non avrei dovuto fare piano per evitare di darle fastidio.
-Finalmente Elena!- mi accolse non appena entrai in quella che si poteva definire la nostra camera.
Era una tenda abbastanza grande, che occupavamo Meredith, Elizabeth (che in quel momento era a fare il turno di notte) ed io. Ci potevamo stare in piedi perché aveva la comodità di essere alta però la pecca erano gli spifferi che a volte ci costringevano a tapparli con vestiti o quello che capitava. Non potevamo neanche pretendere chissà che. Almeno avevamo qualcosa che ci riparava dall’acqua.
 
Meredith era una ragazza di 24 anni, originaria di New York che aveva deciso di fare l’infermiera quando avevano comunicato al suo ragazzo che sarebbe dovuto partire per la guerra. Lui era di stallo in Francia e ogni tanto riuscivano anche a mandarsi delle lettere. Però ultimamente non avevano avuto questa fortuna, erano due mesi che non aveva ricevuto sue notizie.
-Che giornata oggi eh?- dissi buttandomi sul mio letto.
-Meno male che è finita. Domani mattina ci aspettano parecchie medicazioni.- concordò lei, sistemandosi meglio sotto le coperte.
-Oggi ho fatto uno strano incontro.- dissi tranquilla, iniziando a svestirmi per poi mettermi la camicia da notte che tenevo sotto il cuscino.
-Ovvero?- chiese lei al massimo della curiosità.
-Un ragazzo…o meglio due!...-non mi fece nemmeno andare avanti.
-Due??- esclamò interrompendomi. -Ti sei data da fare insomma.- aggiunse, facendomi l’occhiolino.
-Oh se fai così non ti racconto niente!- dissi fingendomi offesa.
-No, ti prego! Non torturarmi! Raccontami!- mi pregò mettendosi a sedere sul letto.
Così le raccontai dell’arrivo di Damon con in braccio Stefan, di come avevo estratto la pallottola e delle battute e dello strano comportamento del più grande dei due fratelli.
-Mmm…e brava la nostra Elena! Io voto per il ragazzo dagli occhi azzurri. Damon, giusto? Sì sì!-
-Ma Meredith! Non devi votare per nessuno! È stato solo un incontro particolare e interessante, tutto qui.- finalmente mi misi sotto le coperte al caldo. Slegai i miei lunghi capelli, raccolti fino a quel momento da un alto chignon e poggiai la testa sul comodo cuscino di piume.
-Sì sì certo, Elena. L’importante è che tu ne sia convinta. Sta di fatto che a me ispira questo Damon.- disse lasciandosi cadere di nuovo sul materasso.
Per un attimo rimanemmo entrambe in silenzio, perse nei nostri pensieri.
-E’ due mesi che non ricevo più sue lettere.- mormorò lei.
Alzai la testa per guardarla e la trovai a guardare il soffitto.
-Meredith, sono sicura che presto riceverai sue notizie. Sappiamo com’è la situazione in Francia e sicuramente si saranno perse o al momento non potrà mandarne. Ma sono certa che sta bene.- cercai di essere il più rassicurante possibile anche se sapevo che per quanto potessi rincuorarla o dirle parole confortanti l’unica cosa che avrebbe potuto farla sentire meglio era ricevere la lettera che tanto aspettava.
Si voltò a guardarmi e a sorridermi.
-Sì, sta bene. Lo sento.  Ora dormiamo. Buona notte Elena.- disse, spegnendo la lampada ad olio che teneva sul comodino.
-Buona notte Meredith!- per un momento mi capitò di pensare a quegli occhi azzurri che mi avevano scrutato indagatori e a quanto mi avessero colpito.
In poche parole mi addormentai pensando a lui. Damon.
 
---
Buondì!
Secondo capitolo! Yay!
Essendo in totale astinenza dalla quarta stagione, considerando che la prossima puntata uscirà il 14 T.T, mi sa proprio che mi darò da fare e scriverò parecchio! Per colmare il vuoto che hanno deciso di lasciarmi con questa maledetta pausa xD
Ci tengo a ringraziare missimissisipi e Waterviolet per aver commentato il precedente capitolo! Grazie mille, lo apprezzo davvero :D
In più volevo anche ringraziare chi ha inserito la storia nelle seguite e nelle preferite! Love u all *.*
Bien!
Ho detto tutto quindi non mi resta che salutarvi!
Alla prossima!
Kessachan

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.
 
-Sei pronta?- chiesi a Meredith mentre mi stavo mettendo il cappotto per uscire.
Erano le 7 di mattina e stava per cominciare il nostro turno.
-Sì sì eccomi.- disse dandosi un’ultima occhiata nel piccolo specchio che si era portata da casa.
Ci incamminammo verso la tenda che fungeva da ospedale, quella più grande di tutte e con una grande croce rossa su entrambi i lati. Era impossibile non riconoscerla.
Tutti i soldati che incrociammo ci salutavano e a volte si lasciavano andare anche a commenti sul nostro aspetto fisico o lanciavano semplicemente dei fischi di apprezzamento.
-E’ proprio quello che ci vuole per cominciare bene la giornata.- mormorai a Meredith che scoppiò a ridere.
-Se fosse periodo di vaccini pianterei a tutti una bella siringa nel sedere, vedrai poi quanto si divertirebbero.- scoppiai a ridere a mia volta.
La giornata prometteva bene.
 
Entrate in infermeria notai che la situazione era relativamente tranquilla. La maggior parte dei pazienti erano ancora addormentati e subito ci dirigemmo verso la nostra postazione dove ad attenderci trovammo Elizabeth, Beatrice e Rebekah, le tre infermiere che avevano prestato il turno di notte.
-Buongiorno ragazze!- ci salutò Elizabeth con un sorriso. Le altre fecero altrettanto, ma con meno energia della nostra compagna di tenda. Era una vera mina vagante, sempre pronta ad aiutare e mai sembrava stanca. Per i suoi 18 anni era una vera forza della natura.
-Ciao Liz! Come è andata la notte?- chiesi, lasciando il cappotto su una sedia libera.
-Oh fino alle 6 tutto bene. Poi però nell’ultimo giro abbiamo trovato morto uno dei feriti arrivati ieri. Era al 15…no aspetta al 16.- per un attimo un brivido mi percorse tutta la schiena. Il soldato deceduto era accanto al letto di Stefan, lui era al 15.- E sì che ieri sembrava stesse bene. Peccato.- Liz scosse la testa e tornò a bere il suo caffè fumante.
-Il ragazzo del 15 come sta?- chiesi. E cercando di dissimulare il mio palese interesse per lui decisi di versarmi una tazza di caffè e feci lo stesso per Meredith, sapendo che il caffè della mattina faceva parte della sua routine quotidiana.
-Oh grazie.- mormorò lei distratta quando le passai la tazza.
-Il ragazzo del 15? Sta bene! Ha dormito tutta notte.- rispose Rebekah.
-E’ il ragazzo che hai seguito tu ieri, vero?- chiese Beatrice rivolta a me.
-Sì sì.- confermai io.
-Hai fatto un bel lavoro! Stanotte quando gli ho controllato la medicazione era tutto a posto.
-Oh meno male!- dissi, sorseggiando il mio caffè.
-Bene, direi che possiamo andare! Tra un po’ arriveranno anche le altre! Io ho bisogno di dormire e spero vivamente che non suoni qualche allarme nel bel mezzo dei miei sogni.- disse Rebekah, iniziando al alzarsi e a stiracchiarsi per bene le braccia.
-Buon lavoro ragazze! Ci vediamo oggi pomeriggio.- ci salutò Elizabeth.
Quando tutte tre lasciarono la nostra postazione io e Meredith finimmo il caffè in un sol sorso e poi iniziammo a darci da fare.
Per prima cosa controllammo che tutti i pazienti stessero dormendo o comunque che fossero tranquilli.
Arrivata al letto 15 trovai Stefan ancora addormentato, sdraiato supino.
Respirava regolarmente difatti il petto si alzava ritmicamente, tranquillo.
Mi fermai un attimo a controllare la cartella che era posta ai piedi del letto.
-E’ lui?- mormorò Meredith alle mie spalle, facendomi sobbalzare per lo spavento.
-Meredith sei pazza? Mi hai fatto morire!- cercai di mantenere un tono di voce basso ma il risultato fu solo una lieve vocina stridula.
-E comunque sì, è lui.- aggiunsi, dandomi un contegno e riprendendo in mano la cartella che distrattamente mi era caduta a terra in seguito alla sorpresa di Meredith.
-Beh proprio un bel ragazzo.- commentò lanciandomi uno sguardo ammiccante.
-Ma smettila! E poi basta che può sentirti. Su su andiamo.- posai la cartella al suo posto e la spinsi via andando al letto successivo.
 
Pian piano decidemmo di svegliare i pazienti in modo da iniziare le medicazioni e controllare che andasse tutto bene.
Aiutai Meredith con un paio di casi gravi che richiedevano un grande impegno mentre le altre infermiere da poco arrivate iniziarono a consegnare a tutti la colazione.
Quando finii con l’ultimo paziente grave di Meredith guardai il mio orologio da polso, era un regalo di mia madre. Erano le 9:30.
Decisi che era arrivato il momento di occuparmi della medicazione di Stefan, tanto ci avrei messo poco.
Non avrei mai ammesso che ero impaziente di vederlo e parlargli.
 
Lo trovai seduto a letto intento a fare colazione.
-Buongiorno Elena.- mi salutò con un sorriso, appoggiando il cucchiaio sul vassoio posto sopra il comodino.
-Buongiorno Stefan, se vuoi ti lascio finire la colazione tranquillo e torno dopo.
-Oh no no, tranquilla ho finito. Sei qui per la medicazione?- chiese.
-Sì esatto, devo cambiarti le bende.- mi avvicinai ai piedi del letto prendendo la cartella per spuntare la medicazione che stavo per fare dalla lista che era annotata sopra.
Lui intanto iniziò a sbottonarsi la camicia, per poi pian piano riuscire a togliersela ed appoggiarla sul cuscino.
Avvicinai il carrellino che avevo portato con me con tutto il necessario per medicarlo.
-Già il fatto che sono pulite è un buon segno.- dissi notando che non c’erano macchie di sangue a sporcare le bende intonse.
-Hai fatto un ottimo lavoro.- concordò lui.
-Aspetta a dirlo, vediamo sotto come va.- iniziai a tagliare un lembo della benda che gli girava intorno al petto.
-Come stai oggi, Elena?- mi chiese lui mentre gli toglievo la fasciatura.
-Bene, grazie. Ieri è stata una giornata impegnativa. Una bella dormita era proprio quello che ci voleva. Tu invece? Ti trovo in perfetta forma. O quasi.- risposi sorridendogli.
-Sì ho dormito bene anche io. Prima però credo di averti sentito passare accanto al letto, forse eri con un’altra infermiera.- credo che in quel momento il mio viso passò da un colorito normale al rosso porpora in pochi secondi. Maledetta Meredith.
-Sì può essere. Stavo facendo il giro letti.- mi voltai con la scusa di prendere del disinfettante dal carrellino in modo da celare il più possibile il mio imbarazzo, anche se oramai era chiaro che lui aveva sentito il discorso mio e di Meredith. Feci un respiro profondo e ritornai a fissare la ferita con un batuffolo imbevuto di disinfettante in mano.
-La ferita va molto bene, Stefan. Se sarai fortunato non ti rimarrà una brutta cicatrice.- cercai di far tornare il discorso sulla medicazione sperando che lui dimenticasse quello di cui stavamo parlando poco prima.
Abbassò la testa per guardarsi il petto e alzò una mano per sfiorare la pelle attorno alla ferita ricucita.
-Non mi dà nemmeno così tanto fastidio.- disse per poi tornare a guardarmi.
-Ora porta pazienza, forse brucerà un po’.- posai delicatamente il batuffolo bagnato sulla ferita. Lui alzò lievemente le spalle e basta.
-E’ sopportabile.-  mormorò.
-Ho sentito che il ragazzo del letto affianco è morto.- aggiunse, indicando con la testa un punto al di là del divisorio alla destra del suo letto.
-Purtroppo sì. Lo conoscevi?- chiesi mentre cambiavo batuffolo.
-Solo di vista. Era messo così male?
-A dire il vero no. O almeno non sembrava. Sono cose che capitano.- lo vidi scuotere la testa, pensieroso.
Finii di disinfettare la ferita e presi le bende pulite che avevo preparato sul carrellino.
Iniziai a srotolarle intorno al suo petto come per abbracciarlo e per un attimo mi era sembrato di avergli sfiorato la guancia e di aver sentito un suo respiro profondo come se stesse per annusare il mio profumo.
-Bene. Abbiamo finito.- dissi mentre facevo un piccolo nodo ai due lembi tagliati della benda, per fissarla meglio.
-Grazie Elena. Ti rivedrò ancora di oggi?- chiese, prendendo la camicia per infilarsela.
-Penso proprio di sì. Finisco stasera prima di cena.- risposi, sistemando il carrellino.
-Ti faccio portare una bacinella con dell’acqua così puoi darti una lavata al viso.- aggiunsi.
-Sono così uno straccio?- chiese lui, ridendo.
-No no stai benissimo. Cioè…non sei più molto pallido.- mi affrettai a dire.
-Okay grazie, lo apprezzo.- disse lui. Poi ci fermammo a guardarci e scoppiammo entrambi a ridere.
-Devo andare.- dissi alla fine.
-Sì, certo. A più tardi allora.- gli sorrisi e mi allontanai portando con me il carrellino.
 
Verso ora di pranzo iniziai a sentire un certo languorino così decisi di andare a prendere alla mensa il pasto sia per me che per Meredith, essendo lei impegnata con un paziente. Quindi presi il cappotto e mi diressi fuori.
Il sole era alto in cielo e per fortuna non c’era il solito vento gelido caratteristico delle ultime giornate. Non abbottonai nemmeno tutto il cappotto, si stava proprio bene.
-Guarda chi c’è!-mi voltai verso il punto da cui proveniva la voce e notai Damon su un sentiero tra le tende alla mia sinistra con un gruppo di soltati intenti a consumare il loro pranzo. Si alzò dal suo posto e mi raggiunse, salutando i compagni.
-Ciao! Stavi pranzando?- chiesi, indicando il gruppo.
-Io? Oh no no ho già mangiato prima. Dove stai andando?
-Sto andando a prendere il pranzo per me e per una mia amica.- risposi. Avevo già iniziato ad incamminarmi quando lui mi si parò davanti.
-Posso accompagnarti?- chiese poi.
-Mmm…sì certo, perché no.- così ci dirigemmo insieme verso la mensa.
Rimanemmo per qualche istante in silenzio.
-Sei stata da Stefan?- disse poi.
-Sì l’ho visto stamattina, l’ho medicato e sta molto meglio. Non ti ho visto passare.
-Mi aspettavi per caso?- chiese lui con il suo solito tono sarcastico.
Gli lanciai uno sguardo contrariato e lui dopo essersi messo a ridere continuò:
-Stamattina con un gruppo di ragazzi siamo andati su in ricognizione per vedere se tutto andava bene. Non ti senti più sicura sapendo che io controllo i confini?
Stavolta fui io a ridere e la cosa lo soprese.
-Sì certo, Damon. È grazie ai soldati come te che la notte dormo sonni tranquilli.
-E fai bene!- rispose subito lui, evitando di cogliere la mia ironia nell’affermare quella frase.
Mi guardò con quei suoi occhi azzurri così intensamente che fui costretta a voltarmi dall’altra parte, ringraziando il cielo di essere finalmente arrivati alla mensa.
-Mi accompagni anche nella via del ritorno o devi andare?- non so perché ma speravo vivamente che non dovesse andar via.
-Se ti fa piacere resto.
-Non te l’avrei chiesto, se non mi facesse piacere.
-Allora sì, resto molto volentieri.- alla sua risposta, gli sorrisi.
Con un gesto che mi venne anche troppo naturale allungai una mano verso la sua fronte per spostare i capelli e guardare il taglio che si era procurato il giorno prima.
-E’ praticamente sparito.- mormorai sorpresa. Al mio tocco lui per un attimo socchiuse gli occhi.
Poi però fu questione di un paio di secondi, forse meno, e si riprese subito mostrandomi il suo solito ghigno beffardo.
-Noi Salvatore siamo pieni di sorprese.
-L’ho notato.- concordai.
Così entrammo in mensa e lì presi due scodelle, protette da dei coperchi, di una minestra fumante e dall’odore poco invitante, uno per me e uno per Meredith.
-Vi aspetta un pranzo sostanzioso.- disse Damon avvicinando la testa alle scodelle per annusare il contenuto.
-E’ lo stesso che hai mangiato tu poco fa, caro mio.- allontanai il mio pasto dalle sue grinfie.
-Sì sì, infatti è per questo che te lo dico. E tranquilla che non ho intenzione di rubarti questa prelibatezza.
Stavo per ribattere ma un ragazzo ci raggiunse.
-Damon, ti stavo cercando. Dobbiamo andare. Hanno bombardato un villaggio non molto distante da qui, chiedono rinforzi.- aveva il fiatone per la corsa e sembrava molto preoccupato.
Damon invece rimase impassibile. Annuì e gli disse che lo avrebbe raggiunto subito. Il ragazzo mi salutò e corse via di nuovo, sparendo tra le tende.
-Devo andare.- aggiunse, guardandomi negli occhi.
Io rimasi in silenzio non sapendo cosa dire.
-Goditi il pranzo, torno prima di cena.- le sua voce era ferma e sicura, cosa che mi tranquillizzò. Anche se comunque il mio cuore aveva cominciato a battere all’impazzata.
-Damon, stai attento.- riuscii finalmente a dire.
-Certo. Te l’ho detto, torno stasera. Salutami Stefan.- si allontanò veloce, sparendo dalla mia vista in pochi secondi.
Direi che la fame mi era proprio passata.
 
---
Salve a tutti e buona domenica!
Questo capitolo mi è venuto un po’ più lunghetto degli altri (e meno male caspita dato che come avrete notato tengo ad essere un po’ “stitica” xD ). Spero che vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo!
Ringrazio di cuore: Waterviolet, xalison, militerni e ultima ma non ultima missimissisipi per aver recensito il precedente capitolo! Love u all :3
Bien!
Alla prossima!
Kchan
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.
 
Dopo aver salutato Damon raggiunsi a passi veloci l’infermeria. Dovevo vedere Meredith.
La trovai seduta nella nostra postazione che sorseggiava un altro caffè.
-Oh ben arrivata come mai ci hai messo tanto?...Elena che succede?- si alzò di scatto preoccupata e mi prese le due scodelle dalle mani. Fu in quel momento che mi accorsi che stavo tremando come una foglia. Mi strofinai nervosamente le mani sul cappotto e mi lasciai cadere sulla sedia più vicina.
-Elena mi stai preoccupando.- mormorò Meredith sedendosi vicino a me.
-Stanno andando a rispondere ad un attacco dei tedeschi chissà dove…Damon è dovuto partire…io non…- non seppi cosa altro aggiungere.
Perché il mio cuore stava battendo all’impazzata e mi tremavano le mani? In più avevo una gran voglia di vomitare. Stavo impazzendo.
Meredith mi prese il viso tra le mani e mi guardò fissa negli occhi.
-Elena. Ora respira. Su forza. Inspira profondamente. E ora butta fuori tutto.- stavo avendo una crisi di panico? E per quale dannatissimo motivo? Perché Damon stava andando a combattere?
Era suo dovere e poi lo conoscevo  a malapena. Perché preoccuparsi così?
Facendomi queste e altre mille domande iniziai a dare ascolto a Meredith e pian piano ricominciai a respirare regolarmente, seguendo i suoi ordini.
-Bene, brava. Ora calmati. Su dammi il cappotto.- come una mamma che sveste la propria bimba mi aiutò a levare il cappotto nero per poi prenderlo e sistemarlo su un attaccapanni lì vicino.
Mi accorsi di non tremare più, ma avevo le mani completamente ghiacciate. Le strofinai tra loro poi Meredith mi passo la scodella della minestra ancora calda e io la presi.
-Almeno se non la mangi la puoi tenere per scaldarti le mani.- disse lei, senza smettere di sorridermi.
-Meredith…io non so cosa mi è successo…sono stata una stupida. È che quando l’ho visto allontanarsi ho avuto una terribile sensazione. Lo stesso che avevo provato quando avevo visto Jeremy per l’ultima volta. E stiamo parlando di un completo sconosciuto. Sto impazzendo, non c’è altro motivo. O forse è proprio il pensiero di Jeremy che mi ha colto così alla sprovvista.- dissi tutto d’un fiato.
Lei mi lanciò uno sguardo tra il divertito e il preoccupato.
-Perché mi guardi così?- le chiesi, sempre tenendo la scodella stretta tra le mani.
-Perché credo che sia chiaro che non lo consideri un completo sconosciuto, amica mia.- questa sua affermazioni così chiara, limpida e diretta mi colpì parecchio. Lasciandomi per un momento interdetta e in silenzio, pensierosa.
-No no non è possibile…Lui è così…E Stefan…- alzai lo sguardo preoccupata, essendomi appena ricordata di una cosa. -Oddio devo avvisare Stefan, vorrà saperlo. Mi ha pure detto di salutarglielo. Forse è meglio che vada.- stavo per alzarmi ma Meredith mi bloccò.
-In questo momento forse è meglio se te ne stai qui tranquilla. Vado io da Stefan. Stai qui buona buona e se riesci mangia la minestra, può solo che farti bene.- annuì. Sì forse era meglio se andava lei.
Si allontanò per uscire dalla nostra postazione.
-Meredith, grazie.- le dissi prima di non vederla più.
-Di niente, Elena. Tu fai lo stesso per me tutti i giorni.- mi sorrise e uscì.
 
Per mia fortuna il pomeriggio fu abbastanza impegnativo costringendomi a non pensare più di tanto a Damon. Anche se devo ammettere che ogni volta che entrava qualcuno nella tenda alzavo lo sguardo sperando che fosse lui.
Verso le 5 decisi di andare da Stefan a controllargli la medicazione, avendolo lasciato per ultimo.
-Ciao Elena!- mi salutò con il suo solito trasporto, mettendosi seduto.
-Ciao Stefan! Come ti senti?- chiesi.
-Molto meglio, grazie. Per caso hai notizie di Damon? Non si è ancora fatto vedere. Ti aveva detto quando sarebbe tornato?- non sembrava preoccupato, anzi sembrava proprio tranquillo. Forse non voleva darlo a vedere.
-Aveva detto che sarebbe tornato entro sera, non so altro mi spiace.- abbassai lo sguardo imbarazzata, non riuscendo a reggere ancora il suo sguardo.
-Ok, beh tornerà presto. Ha la pellaccia dura lui.- disse.
-Ti controllo la medicazione.- mi avvicinai al letto, aspettando che lui si sbottonasse la camicia.
-Va tutto bene. Non è sporca. Possiamo cambiarla domani mattina.- dissi annuendo soddisfatta.
-Perfetto. Non vedo l’ora di tornare a volare.- scossi la testa, contrariata. Lui lo notò. -Cosa c’è che non va?- aggiunse infatti.
-Avete tutti questa smania di tornare a combattere. Di andare ad uccidere e a farvi uccidere.
-E’ nostro dovere Elena, come il tuo è quello di salvarci se dovessimo avere la peggio. E ti riesce anche bene, quindi sono più tranquillo.- disse, cercando di farmi ridere. E ci riuscì.
-Hai perso qualcuno in questa guerra? Non voglio essere indiscreto.- aggiunse serio.
-Sì, ho perso mio fratello. Era un soldato di fanteria in Francia. È morto quest’estate, per questo ho deciso di diventare infermiera. A casa comunque non avevo nessuno ad aspettarmi, essendo lui ciò che rimaneva della mia famiglia.- mi sedetti accanto a lui sul letto.
-Una situazione difficile, mi spiace. Pensa che io e Damon siamo partiti volontari. I nostri genitori sono morti molto tempo fa. Non vedevamo l’ora di farci valere in questa guerra e abbiamo deciso di entrare a far parte della RAF. Siamo qui da due anni oramai.
-Non ti manca casa?
-A dire il vero no. O meglio. Non vedo l’ora che questa guerra finisca per tornare in America ma sarei disposto anche a cambiare città. Non ho più niente che mi lega a quel posto, se non Damon. Ma lui ha sempre detto di voler cambiare vita quindi se decidessi di andarmene lui sicuramente verrebbe con me.
-Siete molto legati, anche se sembrate così diversi.
-Sarei un bugiardo se ti dicessi che non abbiamo passato gran parte della nostra vita a farci la guerra tra noi. Ma comunque vadano le cose resta mio fratello, la mia famiglia. E lo stesso pensa lui.- sorrisi alle sue parole.
Non so perché ma non riuscivo a pensare a Damon come un fratello affettuoso e premuroso però magari a modo suo era capace di esserlo.
-Mi spiace Stefan ma devo andare, devo sistemare un paio di cose prima di finire il turno. È stato un piacere stare qui a parlare con te.
-Dovremmo farlo più spesso.- disse lui.
-Sì, sono d’accordo.- mi alzai dal letto e gli sorrisi.- A domani, Stefan.
-A domani Elena.- mi salutò lui a sua volta.
 
Uscii dall’infermeria verso le 6:30, era già buio da un po’. Di Damon e gli altri partiti con lui nessuna traccia.
Mi coprii bene con il mio pesante cappotto, camminando a testa bassa, infastidita dal vento che mi soffiava freddo sul viso.
Perché ci mettevano così tanto? Se avessero avuto dei problemi lo avremmo saputo. Almeno lo speravo.
Lo conoscevo così poco eppure mi aveva colpito nel profondo. Da quello che diceva Stefan era un bravo fratello, sì certo un po’ strafottente ed egocentrico però era comunque una brava persona.
Per non parlare dei suoi occhi
Ero così concentrata sui miei pensieri che non mi accorsi nemmeno che stavo per andare a sbattere contro qualcuno.
-Oh, mi scusi.- dissi, per poi alzare lo sguardo.
-O mio Dio, Damon!- misi una mano davanti alla bocca per la sorpresa. E senza nemmeno dargli il tempo di ribattere gli buttai le mani intorno al collo, felice di saperlo sano e salvo.
-Ehi ehi, cos’è tutto questo trasporto?- chiese ridendo e comunque rispondendo all’abbraccio.
-Scusa ma avevi detto che saresti tornato presto e io…io…ero preoccupata.- dissi tutto d’un fiato allontanandomi. Lui mi mise un dito davanti la bocca per farmi stare zitta.
-Ok, ho capito. Sono qui e sto bene, non ti preoccupare.- mormorò sorridendomi.
-Mi spiace scusa, stavi andando da Stefan? Sicuramente ti starà aspettando.- dire che ero imbarazzata è poco.
-A dire il vero io stavo cercando te.- disse lui.
-Ah…bene! Forse è meglio che ti lasci andare. Sarai stanco e poi devi passare da tuo fratello. Sarà in ansia per te. Io volevo darmi una sistemata e andare a mangiare.
-Allora ci vediamo in mensa. Però dopo, se per te va bene, vorrei portarti in un posto.- la sua proposta mi sorprese e allo stesso tempo mi elettrizzò. Pensare di restare da sola con lui mi metteva una certa soggezione, essendo lui così…così…non riuscivo nemmeno a definirlo. “Tenebroso” no, non era adatto.
Perché sì, lui aveva la tendenza a non lasciar trapelare le emozioni però allo stesso tempo i suoi occhi parlavano per lui. E che discorsi che facevano.
-Dove vorresti andare?- chiesi curiosa.
-Pensavo di andare a fare un salto al pub di Brentwood, il paese qui vicino. Non ti aspettare chissà cosa perché è piccolo e niente di speciale però ci vado ogni tanto con i ragazzi giusto per bere una birra insieme. Quella ti posso assicurare che è buona. Tu non hai un coprifuoco giusto?
-No no e poi domani ho il turno dalle 8 di sera e poi per tutta la notte, quindi non ho problemi di orario e domani mattina, emergenze permettendo, posso dormire. Quindi sì vengo molto volentieri.- gli sorrisi.
Lui forse si aspettava un po’ di resistenza da parte mia infatti aveva l’aria di uno appena colto felicemente di sorpresa.
Perché avrei dovuto rifiutare? D’altra parte avevo passato l’intera giornata a pensare a lui e a pregare che ritornasse sano e salvo. Per non parlare dell’effetto che mi aveva fatto la notizia della sua partenza. Quindi ero giunta alla conclusione che passare del tempo insieme mi avrebbe solo che aiutato a chiarirmi le idee e a conoscerlo meglio. Non potevo chiedere altro.
-Beh perfetto! Allora ti lascio andare e noi ci vediamo dopo.- alzò la mano per salutarmi e se ne andò, diretto verso una stradina sulla destra. Probabilmente la sua tenda era da quelle parti.
 
---
Buongiorno a tutti!
Ecco a voi questo quarto capitolo! Spero vi piaccia! :3
Poi volevo anche dirvi che il prossimo sarà totalmente DELENA, dalla prima all’ultima parola quindi beh siete stati avvisati ;D
Come al solito devo ringraziare di cuore: missimissisipi, Delena_88, xalison, Waterviolet e militerni per aver recensito il precedente capitolo! Grazie davvero <3
Inoltre oggi ci tenevo a ringraziare anche chi ha messo la storia tra le seguite:
arymiky89, cateyes, chocolat_16, delena91, Gaspard, Giuls4193, giulya12, ianina, littlegirl96, MewAnna, militerni (again), Smilerlove, Sonia88, Soqquadro04, Waterviolet (again) e xalison (again);
E chi l’ha inserita tra preferite:
Delena_88 (again <3),MissKatherine, TVD4ever e xalison (again <3).
Bien ho terminato la mia giornata del ringraziamento xD
Auguro a tutti una buona giornata! A presto!
Kchan

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.
 
-Meredith dici che sono presentabile?- chiesi alla mia amica che era intenta a guardarmi sorridente. Eravamo da poco tornate dalla mensa e avevo deciso di darmi un’ultima sistemata prima di incontrare Damon. Avevamo appuntamento alle 8 e mancavano esattamente 10 minuti.
-Elena, stai benissimo.- disse lei. Era seduta a gambe incrociate sul suo letto, tenendo stretto tra le braccia un cuscino. Sembrava una ragazzina. Non sapevo se ero più emozionata io o lei.
Lisciai nervosa per l’ennesima volta il vestito con le mani, anche se in realtà non ne aveva bisogno.
Era in semplice color panna con la gonna a balze e piccole decorazioni floreali su tutta la lunghezza. Alla vita portavo una sottile cintura marrone che metteva in risalto i miei fianchi stretti.
-Forse è meglio che vada.- dissi, guardando l’orologio che avevo al polso.
Presi il cappotto e la sciarpa che avevo già preparato sul letto e me li infilai.
-Buona serata Elena.- mi disse mentre uscivo dalla nostra tenda.
-Grazie, Meredith. A più tardi!- e così mi avviai fuori per trascorrere la serata con Damon.
 
Quando arrivai davanti alla mensa lo trovai già lì ad aspettarmi. Per quello che potevo vedere aveva addosso i pantaloni verdi della divisa e una pesante giacca di pelle marrone scuro.
-Scusa se ti ho fatto aspettare.- dissi, avvicinandomi.
-Non ti preoccupare, sono arrivato io presto. Vogliamo incamminarci? Ci metteremo solo una decina di minuti massimo.- mi fece strada allungando il braccio per indicare la via da percorrere e io lo seguii, camminando al suo fianco.
-Sono andata in paese solo una volta e ho visto solo la posta.- dissi.
-Per fortuna è uno dei pochi a non essere stato ancora attaccato, anche perché se malauguratamente dovesse accadere ce ne accorgeremmo pure noi essendo così vicini. Voci però dicono che presto ci trasferiranno in un altro accampamento.
-Sì, l’ho sentito anch’io. Però credo che l’ospedale da campo andrà in un altro posto rispetto al vostro.
-Spero proprio di no.- disse lui subito. Alzai gli occhi per guardarlo in viso e mi accorsi che lui mi stava già guardando.
-Sei bellissima.- aggiunse poi.
-Grazie.- risposi imbarazzata.
Per un po’ camminammo in silenzio e io mi guardai intorno, iniziando a vedere le prime case del paese.
Sulla destra, un po’ lontana rispetto alle altre, notai una casa che molto probabilmente era disabitata perché logorata dalle intemperie, con le finestre rotte e la porta d’ingresso penzolante.
-Sarebbe proprio una bella casa quella, rimessa a nuovo.- dissi indicandola.
-Andiamo a vederla da vicino.- propose Damon.
Ci avvicinammo percorrendo un piccolo sentiero di ghiaia con ai lati un giardino ricoperto di erbacce e pezzi di legno di chissà quale provenienza.
Tutto sommato la casa non sembrava ridotta così male come pensavo.
Era su due piani e sul davanti c’era un ampia veranda che dava sul giardino.
-Non mi dispiacerebbe avere una casa simile, rimessa a nuovo ovviamente. Con il dondolo sulla veranda, lo steccato bianco e tutto il resto. E questo è anche carino come paesino. A me piacciono molto i piccoli paesi. Però bisognerebbe vedere com’è a guerra finita. Se mai questa guerra avrà fine.- dissi continuando a studiare la casa e ad immaginarmi come sarebbe ristrutturata.
-Prima o poi finirà. E quando sarà tutto finito torneremo qui a Brentwood. Ti ci porterò.- mi voltai a guardarlo e anche lui era intento a fissare la casa.
-E’ una promessa?- chiesi poi, sorridendogli.
-Sì, è una promessa.- rispose lui, voltandosi a guardarmi.
Rimanemmo per un po’ in silenzio a guardarci poi però, imbarazzata, mi voltai verso la strada da dove eravamo venuti.
-Andiamo?- chiesi.
-Certo. Il pub è là a sinistra.- aggiunse indicando la strada.
Infatti più avanti c’era un edificio illuminato e fuori un’insegna di legno dipinta con scritto: “The prancing pony”.
Più ci avvicinavamo più dal suo interno arrivavano voci e risate, lasciando intendere che fosse presente un gran numero di persone.
-Dopo di te.- disse Damon, aprendomi la porta del pub.
-Grazie.- entrai dentro e come avevo immaginato ci saranno state almeno una ventina di persone disseminate per tutto il piccolo locale.
Entrato dopo di me Damon si fermò alle mie spalle, spingendomi delicatamente verso un tavolo libero posando una mano sulla mia schiena.
-Ehi Damon! Hai compagnia stasera!- lo salutò un signore sulla quarantina da dietro il bancone del bar, probabilmente il proprietario.
-Ciao Archie!- disse Damon alzando la mano per rispondere al saluto. -Siediti che io ti porto da bere. Cosa preferisci?- aggiunse poi rivolto a me.
-Una birra, bionda. Grazie.
-Arriva subito.- disse mentre mi stavo accomodando sulla panca di legno appoggiata contro il muro.
Mi guardai intorno levandomi il cappotto. Damon mi aveva detto di non aspettarmi chissà cosa però se devo essere sincera a me quel posto piaceva. Il proprietario evidentemente teneva alla pulizia perché i tavoli e le panche erano puliti, in legno chiaro e ben tenuti.
Alle pareti erano appese fotografie di uomini in divisa e donne sorridenti, una bandiera dell’Inghilterra e vari ritratti di paesaggi del territorio inglese.
Poco dopo Damon arrivò con in mano due boccali di birra e sedendosi me ne porse uno.
-Grazie.- dissi.
Si sedette di fronte a me e, dopo essersi tolto la giacca, alzò il bicchiere come per fare un brindisi.
-A cosa brindiamo?- dissi alzando a mia volta il mio.
-A noi e alla fine della guerra?- propose lui offrendomi uno dei suoi soliti sorrisi ironici e così dolci allo stesso tempo, che oramai avevo iniziato ad apprezzare.
-A noi e alla fine della guerra!- esclamai, bevendo poi un sorso della birra fresca.
-Hai già pensato a cosa farai quando tutto sarà finito? Hai qualcuno a casa che ti aspetta?- chiese lui dopo aver bevuto un po’ della sua birra.
-A dire il vero no, non ho nessuno in particolare che mi aspetti a casa. Avevo mio fratello ma è morto in Francia. E vorrei vedere altro oltre a Portland. Tu sei di New Orleans giusto? L’ho letto sulla valigia di Stefan.
-Mi dispiace per tuo fratello. Allora è per questo che hai deciso di diventare infermiera.- bevve un altro sorso di birra. -E sì siamo di New Orleans, anche se a me piacerebbe andar via.- aggiunse.
-Sì, Stefan me ne ha parlato.- dissi, annuendo.
-Siete diventati amici voi due.- notai una punta di amarezza tra le sue parole, magari era solo una mia impressione.
-Abbiamo parlato mentre tu eri in missione. Mi ha detto che siete partiti volontari.
-E’ esatto. Subito volevano mandarci in Francia, poi però quando abbiamo deciso di diventare piloti della RAF ci hanno spediti qui in Inghilterra. Sono due anni che siamo qui in Europa.
-Quando questa maledetta guerra finirà sarebbe meraviglioso poter visitare città come Parigi, Londra, Roma. Posti che non ho mai visto e che mi piacerebbe molto vedere. Però ora come ora saranno solo ombre distorte rispetto allo splendore di una volta.
-Purtroppo è vero, ma presto o tardi tutto si sistemerà e torneranno ad essere le città che erano un tempo.
-Lo spero tanto.- sorseggiai ancora un po’ della mia birra.
-Cosa facevi prima dello scoppio della guerra?- chiese poi.
-Vivevo una vita tranquilla a Portland. Mio fratello era operaio e io ogni tanto mi dilettavo a cucire vestiti per qualche amica o vicina di casa giusto per ricavare qualche soldo. Non era male. Anzi stavamo bene anche perché avevamo qualche soldo messo da parte dalla morte dei nostri genitori. Adoravo andare a ballare nel locale vicino casa. Era così divertente. Oramai non mi ricordo più nemmeno come si fa.- abbassai lo sguardo sul mio bicchiere.
Sembravano passati secoli dall’ultima volta che ero andata con Jeremy e il nostro gruppo di amici a ballare al Danny’s. Gli unici pensieri che avevo all’epoca erano rivolti ai ragazzi che mi chiedevano di danzare con loro e al vestito che avrei messo. Ora mio fratello era morto e dei miei amici avevo perso le tracce. Un paio so che erano morti a Pearl Harbour. Gli altri non avevo proprio idea di dove fossero.
Sentivo lo sguardo di Damon su di me e per questo alzai gli occhi per guardarlo in faccia.
Sembrava pensieroso, come se stesse progettando qualcosa.
Infatti poco dopo avrebbe fatto una cosa che sarebbe rimasta per sempre viva nella mia memoria.
Si alzò dalla panca e allungò una mano verso di me.
-Su forza balliamo.- disse semplicemente.
Io lo fissai immobile, imbarazzata.
-Ma Damon, non c’è nemmeno la musica. E poi ci guarderanno tutti.- dissi, guardandomi intorno.
Già qualcuno si era voltato verso di lui, chiedendosi il perché si era alzato.
-Elena, non ti preoccupare.- ripeté il gesto di avvicinarmi la mano per invitarmi ad alzarmi dalla panca.
Un po’ titubante mi alzai accettando la sua mano.
Lui la tenne stretta mentre facevo il giro del tavolo e poi appoggiò l’altra mano sul mio fianco.
Iniziò a muovere dei piccoli passi a destra e a sinistra, improvvisando un ballo lento, girando in tondo.
Sicuramente tutti ci avevano visto, infatti si alzarono fischi e grida di incitamento per Damon.
Considerando che la maggior parte erano soldati in divisa non potevo aspettarmi altro. Lui però rimase impassibile, essendo totalmente concentrato nella danza. Inoltre aveva gli occhi puntati su di me.
Poi d’un tratto iniziò a canticchiare qualcosa. Riconobbi subito la canzone che stava imitando.
Era “All the things you are” di Helen Forrest.
 
You are the promised breath of springtime
That makes the lonely winter seem long
You are the angel glow that lights the stars
 
L’ultima volta che l’avevo sentita i miei erano ancora vivi. Eravamo a casa e alla radio avevano incominciato a farla partire.
Eravamo tutti in salotto e mio padre al suono di questa canzone aveva messo da parte il giornale e aveva invitato mia madre a ballare, che era intenta a ricamare qualcosa come era solita fare.
Ricordo che ero rimasta a guardarli incantata, vedendoli ancora così innamorati e felici.
E ora ero lì in un paesino dell’Inghilterra, tra le braccia di Damon che canticchiava cercando di rendere la sua imitazione il più possibile fedele all’originale.
 
Someday my happy arms will hold you
And someday I’ll know that moment divine
When all the things you are, are mine.
 
Non so se le persone al locale avevano smesso di parlare o semplicemente ero io che ero totalmente presa dalle sue parole da non accorgermi di quello che mi stava accadendo intorno.
So solo che appoggiai la testa sul suo petto, e cullata dalle note di quella canzone ballai con lui.
Quello fu in assoluto il momento più bello della mia vita.
 
---
Taa daaan! Ecco il capitolo Delena che vi avevo promesso! Come vi è sembrato?
Eheh per ora niente bacio, ma non si sa mai dai ;D
Come al solito ringrazio con tutto il mio cuore:  xalison, missimissisipi, militerni, Waterviolet e la carissima Delena_88 che come sempre hanno lasciato una recensione, vi amo *.*
Spero che anche questo vi sia piaciuto come gli altri :3
Ringrazio anche aria3, se_93, vale_tta e Love Bites per aver inserito la storia nelle seguite :D e anche chi l’ha inserita nelle preferite: asia98, federica_hale e Iside_Cullen <3
A presto!!
Buona giornata :D
kessachan

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.
 
La mattina dopo mi svegliai con il sole già alto che filtrava fastidioso dalla “finestra” della tenda.
Guardai l’orologio che tenevo al polso, erano le 10:30. Alzai la testa dal cuscino per poi appoggiarmi sui gomiti. Ero da sola.
Elizabeth era in turno e Meredith probabilmente era andata alla posta del paese per sapere se era arrivato qualcosa per lei.
Mi lasciai cadere di nuovo sul materasso. E al pensiero della sera prima mi venne naturale sorridere.
Avevo trascorso una meravigliosa serata in compagnia di Damon e anche se le mie compagne, che erano rimaste sveglie per essere aggiornate, espressero il loro disappunto quando le informai che non c’era stato nessun bacio per me quella era stata una serata in tutto e per tutto perfetta.
Cosa provavo per lui? Attrazione fisica? Naturale. Ma c’era ben altro.
Quando pensavo a Damon non potevo fare a meno di sorridere e il cuore cominciava a battere all’impazzata. Avevamo trascorso tutta la serata a parlare come se ci conoscessimo da molto tempo e poi beh…il ballo improvvisato al centro del pub era stata la ciliegina sulla torta.
Il suo atteggiamento da duro era solo un’apparenza.
Avevo una gran voglia di vederlo.
 
Svogliata alla fine mi alzai dal letto e decisi che sarei andata da Elizabeth per chiederle se sapeva qualcosa di Meredith.
Dopo essermi lavata e vestita mi avviai verso l’infermeria. Stranamente in giro c’erano pochi soldati, probabilmente erano in missione. Chissà se Damon era con loro.
Scossi la testa come per allontanare questi brutti pensieri.
Non potevo passare tutte le giornate a preoccuparmi per lui. Anche se mi veniva così naturale farlo.
Quando entrai in infermeria notai che anche lì la situazione era tranquilla. Molti dei letti erano stati liberati e i pazienti rimasti erano facilmente gestibili.
Mi diressi subito nella nostra parte riservata della tenda dove sicuramente avrei trovato le altre infermiere. Diciamo pure che l’ho fatto anche per evitare di passare davanti al letto di Stefan.
Non so come avrei potuto affrontare il discorso ” Damon” , volevo semplicemente evitare situazioni imbarazzanti.
Sarei forse passata dopo per fargli un saluto veloce.
Arrivai alla nostra postazione e come previsto trovai Elizabeth e altre tre ragazze, tra cui Rebekah.
-Elena, che ci fai qui? Non hai la notte?- chiese quest’ultima dopo avermi salutato insieme alle altre.
-Sì, sì. Volevo solo chiedervi se sapevate dove è andata Meredith. Nella nostra tenda non c’è.
-E’ andata in paese, aspetta che arrivi il postino da Londra per vedere se ha ricevuto qualcosa.- rispose Elizabeth mentre sorseggiava un caffè.
-Ah ecco, come immaginavo. Magari la raggiungo. Com’è la situazione qui? Sembra alquanto tranquilla.
-Non dirlo troppo ad alta voce. Comunque sì hai ragione, va tutto bene.- rispose Rebekah.
-Il tuo paziente del 16 verrà dimesso stasera o domani mattina.- aggiunse Elizabeth sottolineando “tuo”.
Feci finta di niente per evitare discorsi con le altre però non le risparmiai uno sguardo che lasciava intendere un “io e te ci vediamo dopo”.
-Bene, allora vado a salutarlo.- dissi per poi salutare tutte e augurare loro un buon pomeriggio.
Mi avviai verso il letto di Stefan e non appena lo vidi per un attimo esitai. Damon era con lui.
Erano intenti a parlare di chissà cosa quando il più piccolo dei due mi vide e mi salutò alzando la mano.
-Ciao Elena!- a quelle parole Damon si voltò e mi dedicò uno dei suoi sorrisi più dolci.
-Ciao Stefan, Damon.- mi avvicinai, per poi fermarmi davanti ai due fratelli che erano entrambi seduti sul letto.
-Come mai qui?- chiese Damon.
-Sono venuta a cercare Meredith e già che ci sono ho pensato di salutare Stefan dato che mi è stato detto che stasera o domani ti lasceranno libero.
-Sì è vero, per fortuna. Ero un po’ stufo di stare segregato a letto. Anche se la compagnia qui è più che soddisfacente.- non mi sfuggì lo sguardo che Damon mi lanciò dopo aver sentito le parole del fratello.
Okay, questa è un classico esempio di situazione imbarazzante che avrei preferito evitare.
-Troppo gentile, fratellino. È pur sempre il loro lavoro occuparsi dei pazienti.- disse Damon con un tono che non si poteva definire totalmente pacifico e tranquillo.
-Beh direi che lo fanno molto bene.- continuò Stefan, ignorando il fastidio che aveva suscitato nel fratello in quel momento.
-Meglio che vada! Devo raggiungere Meredith in paese.- avevo una gran voglia di allontanarmi dai due e prima lo facevo meglio era.
-Ti accompagno fuori che devo raggiungere i ragazzi per dei controlli in aeroporto.- disse Damon alzandosi. -Fratellino ti lascio in buone mani allora. Se riesco passo stasera, sempre se non sarai di nuovo in circolazione.- aggiunse.
-Ciao Stefan, a stasera!- lo salutai io a mia volta.
 
E così ci incamminammo verso l’uscita dell’infermeria, fianco a fianco.
Quando finalmente uscimmo, lontani dalla vista di Stefan, Damon mi prese per un braccio e mi trascinò in una stradina a destra della tenda. Eravamo soli.
-Volevo passare da te stamattina, ma non sapevo se avresti dormito fino a tardi o meno.- mormorò lui, tenendo stretta una mia mano tra le sue.
-Saresti potuto passare comunque. Mi avrebbe fatto piacere vederti.- risposi senza pensarci.
-Lo terrò in mente la prossima volta. Hai dormito bene stanotte?- il tono con cui me lo chiese mi sciolse e fui ben felice di notare che si stava avvicinando sempre di più.
-Se devo essere sincera ho fatto un po’ fatica ad addormentarmi.
-Ah sì? E come mai?- era così vicino che potevo sentire il suo respiro su di me.
Appoggiai la mano libera dalla sua presa sul suo petto, potevo sentire chiaramente il cuore che batteva ritmico e azzarderei anche accelerato.
-Ho trascorso una meravigliosa serata con un soldato del campo, ero così emozionata che non ho preso sonno facilmente.- mormorai, guardandolo negli occhi.
-Che soldato fortunato.
-Sì, direi di sì.- concordai con lui.
Senza aggiungere altro mi baciò. Fu un bacio dolce e allo stesso tempo carico di passione e aspettative.
Ammetto che non mi sarei mai aspettata di trovarmi lì, nascosta dietro una tenda, a baciare un soldato che conoscevo sì e no da una settimana.
Ormai però era chiaro che lui, Damon, per me non era un semplice soldato.
Così facendo avevamo appena suggellato il nostro legame.  E chissà dove ci avrebbe portato tutto questo.
 
Quando purtroppo si allontanò da me lo fece piegando la testa in avanti per appoggiare la sua fronte sulla mia, notai anche che si stava mordendo il labbro.
-Tu mi farai impazzire.- mormorò prendendomi entrambe le mani.
-Io oramai già lo sono.- dissi avvicinandomi per dargli un veloce e delicato bacio sulle labbra.
-Sei cosa?- chiese lui poi.
-Pazza di te.- alle mie parole piegò indietro la testa per guardarmi meglio negli occhi.
Era amore quello che leggevo nei suoi occhi? Non lo avevo mai visto così. Il viso sembrava più disteso e rilassato del solito e per una volta aveva lasciato la parte il suo classico ghigno beffardo per far comparire un dolce sorriso totalmente dedicato a me.
Che effetto gli facevo? Sembrava un altro.
-Quanto vorrei che questa maledetta guerra finisse. Potremmo restare qui a vivere e prendere la casa abbandonata e ristrutturarla come ci pare e piace.- il suo tono di voce era sognante, come se immaginare di trascorrere la sua vita con me lo rendesse l’uomo più felice della terra.
-E lasceresti tuo fratello da solo?- la mia domanda lo colse di sorpresa e lo sguardo di gioia che aveva poco prima lo abbandonò. Mi lasciò anche le mani.
-Dovrò parlargli.- disse semplicemente. Il modo in cui lo disse lasciava intendere che loro due avevano già fatto un discorso che io ignoravo. Chissà di cosa avevano parlato.
-C’è qualcosa che devo sapere?- chiesi, diretta.
-No…O meglio. Sì, forse dovresti. Non so cosa penserai dopo.- tutto questo mistero mi aveva messo una certa agitazione. Anche se nel profondo sapevo già cosa stava per dirmi.
Lo guardai negli occhi per incoraggiarlo ad andare avanti.
-Stefan mi ha confidato che pensa di provare qualcosa per te.- disse lui infine.
-Ah…- fu tutto quello che riuscii a dire.
Sospettavo che da parte sua ci fosse un certo interesse nei miei confronti però ora la situazione si faceva complicata.
Erano fratelli. Erano legati nel profondo. E io probabilmente avrei rovinato tutto.
Scossi la testa e diedi le spalle a Damon, stringendomi nel cappotto.
Lo sentii avvicinarsi a me e infatti mi cinse da dietro, per poi appoggiare il mento sulla mia spalla.
-Non ti devi preoccupare, okay? Risolveremo tutto. Gli parlerò e non cambierà niente. Di certo nulla cambierà quello che provo per te.- mormorò lui.
Mi voltai e lo abbracciai, appoggiando il viso sul suo petto.
-Non voglio rovinare il vostro rapporto. E poi…non voglio perdere te.- le ultime parole furono quasi come un sussurro ma lui comunque le capì. Mi strinse ancora più forte tra le sue braccia.
-Non mi perderai, è una promessa.- disse lui.
-Sei sicuro di voler rischiare un conflitto con tuo fratello per me? Ci conosciamo da così poco tempo e lui…lui è Stefan…- alzai la testa per guardarlo in faccia.
-Magari non gli interessi nemmeno poi così tanto.- cercò di sdrammatizzare lui. Alle sue parole sorrisi, poi però tornò serio.- Stefan non è uno stupido, capirà. Sì, ci conosciamo da pochi giorni ma posso assicurarti che non ho mai provato per nessuna quello che provo per te ora. E se non è chiaro, sì sarei disposto a rinunciare a lui per te.
A quelle parole non potei fare altro che sorridergli per poi baciarlo di nuovo.
E mentre lo facevo avevo compreso a pieno il motivo per cui non avrei potuto rinunciare a lui tanto facilmente.
Ero pazza di lui. Per non dire che ne ero innamorata.
 
-Sei sicura che non vuoi che venga con te? Posso accompagnarti fino in paese e poi torno indietro. Ti ricordi la strada?- eravamo appena fuori dall’accampamento e Damon stava insistendo per accompagnarmi in paese da Meredith, non voleva lasciarmi andare da sola.
-Ieri sera ci abbiamo messo dieci minuti e poi comunque non è difficile arrivarci. Devo seguire questa stradina e poi svoltare a destra verso il boschetto. Sbaglio?- dissi indicando la strada sterrata poco più in là rispetto a noi.
-Sì, è giusto. Però vedi di non fermarti e vai per la tua strada.- mi prese la mano e la baciò.
-Non cominciare a preoccuparti per le minime cose, mi raccomando.- dissi alzando gli occhi al cielo, ovviamente senza smettere di sorridergli.
-Vogliamo parlare di chi dei due si è preoccupato come una pazza non vedendomi tornare da una missione?
-Appunto stiamo parlando di una missione in cui si rischia la vita, io devo solo raggiungere un paese.- mi avvicinai e gli stampai un bacio sulla guancia. Poi però tornai seria.- Non voli oggi, vero?- aggiunsi.
-No, devo solo controllare che il mio aereo sia a posto. Dovrei tornare per pranzo. Tu hai la notte?
-Sì, anche se prevedo una notte tranquilla. Almeno spero.
-Avrei tanto voluto vederti.- disse lui per poi abbracciarmi e baciarmi sulla fronte.
Mi sentivo così al sicuro e protetta tra le sue braccia che avrei potuto trascorrere l’intera giornata così.
-Anch’io, ma purtroppo non posso. Domani però ho tutta la giornata libera. Ovviamente la mattina dormirò però, se per te va bene, potremmo vederci la sera. Archie vorrà sapere se hai concluso o meno.
-E ho concluso?- chiese lui, sorridendomi.
-E me lo chiedi anche?- per tutta risposta mi baciò dolcemente sulle labbra.
-Allora vada per domani sera. Penserò a qualcosa.- disse poi.
-Mmm organizzerai qualcosa?…sono curiosa!
-Dai basta, vai che prima parti prima torni. Ci vediamo oggi pomeriggio prima del tuo turno. Passerò a trovarti nella tua tenda, okay?
-Ma non puoi lasciarmi qui sul più bello.- mormorai facendo la finta offesa. Poi però guardai l’orologio ed erano circa le 12 quindi avrei dovuto sbrigarmi se volevo raggiungere Meredith.- Okay hai ragione, è meglio che vada. Ci vediamo dopo allora.- gli diedi un veloce bacio e lui controvoglia mi lasciò andare.
Mi incamminai verso il paese raggiungendo la stradina e quando mi voltai lui era ancora fermo che mi osservava. Gli feci cenno di andare e lui alzò le braccia in segno di resa e alla fine si allontanò.
 
Quando arrivai in paese mi avviai subito verso la posta, andando in cerca di Meredith.
La trovai seduta su una panchina vicino alla fontana nella piazza principale.
Non appena notai che in mano teneva una busta aperta e un foglio le corsi incontro.
-Meredith!- la chiamai e lei alzò la testa per guardarmi. Aveva gli occhi rossi e il viso bagnato di lacrime.
-Oddio Meredith, che succede?- mi buttai ai suoi piedi in ginocchio.
Lei non rispose e mi allungò il foglio. Era ingiallito e rovinato.
Lo presi e mi sedetti accanto a lei, tenendole la mano.
Andai direttamente a cercare il nome di chi aveva scritto la lettera.
-E’ di Alaric!- la guardai e lei fece cenno di sì con la testa.
-…Meredith ma sta bene!! Ha avuto dei problemi perché sono stati per parecchio tempo sotto attacco, ma sta bene!!- guardai la data di quando l’aveva scritta e risaliva a dieci giorni prima.
-Sta bene…- mormorò poi lei tra i singhiozzi.
-Oh Meredith!- l’abbracciai con forza.- Non piangere! È tutto finito! Sta bene!- aggiunsi accarezzandole i capelli.
Lei riuscii solo a biascicare un “Sì” tra le lacrime che scendevano copiose.
Non la lasciai finché non finì per calmarsi. Si allontanò da me e si asciugò le guance con la manica del cappotto.
-Ero così preoccupata…- mormorò poi.
-Lo so tesoro, lo so. Ma adesso basta, stai tranquilla. Gli hai già mandato la risposta?- chiesi.
-Sì sì, l’ho spedita mezz’ora fa.- fece un respiro profondo e mi guardò sorridendo.
-Perfetto! Dai torniamo al campo, Elizabeth vorrà sapere la bella notizia. Dobbiamo festeggiare.- le dissi, alzandomi dalla panchina e porgendole la mano.
Lei la prese e a braccetto ci incamminammo verso la strada che portava al campo.
Quando passai davanti alla casa abbandonata che avevo visto la sera prima con Damon non potei che sorridere e immaginare come sarebbe stato bello poter vivere lì.
Ora che sapevamo che anche Alaric era sano e salvo tutto era finalmente sistemato.
Ma quanto sarebbe durata questa pace apparente?
 
---
Yay anche questo è finito! Il prossimo devo ancora cominciare a scriverlo (mea culpa) quindi spero di riuscire a pubblicarlo entro un paio di giorni (impegni permettendo).
Beh che ve ne pare? Anche la nostra Meredith ora è felice, cara :3
Angolo ringraziamenti:
militerni, missimissisipi, Delena_88 e xalison vi amo ragazze! Mi spingete ad andare avanti e ve ne sono molto grata *.*
Bien detto questo vi lascio, alla prossima!
A presto (spero)!
Kessachan

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Saaalve! Mioddio da quanto tempo non aggiornavo questa storia O.o
Sono un completo disastro però ho finalmente deciso di continuarla e di portarla a termine *.*/
Diciamo che la completa frustrazione che mi sta dando la serie tv ha contribuito alla cosa (morte di Damon v.v).
Quindi spero che questo capitolo vi piaccia e vi prego di lasciarmi un commentino anche per dirmi che il tutto non vi piace xD sono aperta alle critiche :D
A presto!
kessachan
 
 
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Capitolo 7.
 
Il periodo di pace, seppur apparente, di cui avevamo tutti bisogno durò per due settimane buone.
Ciò mi permise di trascorrere più tempo possibile insieme a Damon, anche se ogni volta che pensavo a lui non potevo fare a meno di ricordare ciò che era accaduto un paio di giorni dopo il nostro incontro tra le tende del campo. Sì, lui aveva finalmente parlato a Stefan, o meglio, ne era stato costretto.
 
Era un sabato pomeriggio, il sole stranamente era presente e io non ero in turno. L’ospedale da campo era praticamente vuoto, grazie al fatto che i nostri soldati non erano costretti a prendere il volo per rispondere ad attacchi nemici e di conseguenza la presenza di noi infermiere non era così necessaria.
Stavo per intraprendere il sentiero che portava al paese, sapendo che Damon sarebbe stato là ad aspettarmi. Aveva detto che aveva una sorpresa per me.
Qualcuno alle mie spalle però mi stava chiamando. Era Stefan.
-Elena!- esclamò lui, correndomi in contro.
-Dove stai andando?- aggiunse poi.
-Sto andando a fare un giro in paese.- risposi cercando di rimanere sul vago il più possibile.
-Posso accompagnarti?- chiese Stefan senza smettere di sorridermi.
Io sorrisi a mia volta, sapendo che non avrei potuto rifiutare la sua offerta e insieme ci incamminammo verso il paesino.
-Ti sei ripreso bene.-
-Merito di voi infermiere.- disse lui, lanciandomi un’occhiata molto eloquente.
Io abbassai lo sguardo imbarazzata, non sapevo che cosa rispondere a questo suo palese interesse nei miei confronti.
Rimanemmo un po’ in silenzio, percorrendo la stradina sterrata che portava alla piazza principale, e io più che altro stavo pensando a che scusa avrei adottato per raggiungere Damon senza dover informare Stefan. Avremmo dovuto trovarci fuori dal “Prancing pony”, per poi andare chissà dove. Sorpresa.
-Elena..?- cominciò Stefan, interrompendo i miei pensieri.
-Mh? Sì, dimmi.
-Vorrei parlarti.- oramai avevamo raggiunto la piazza e lui fece per prendermi un braccio accompagnandomi ad una panchina per poi invitarmi a sedermi.
Mi guardai intorno preoccupata, nella speranza di trovare qualcuno che conoscevo, ma non di certo Damon.
-Stefan...io…- lui mi interruppe alzando una mano.
-No, lasciami parlare, per favore. Dalla prima volta che ti ho vista ho capito che dentro di me era scattato qualcosa, che tu avevi fatto scattare qualcosa. Qualcosa che non provavo da tempo. Lo so che non è il momento migliore ma io penso che se non farò quello che sto per fare ora impazzirò.- mi fermai a guardarlo con aria interrogativa, non capendo quello che aveva in mente di fare.
Non mi diede neanche il tempo di rispondere o di muovere un muscolo che mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Fu questione di istanti.
Non so se risposi al bacio, e non mi resi nemmeno conto di quanto durò effettivamente. Sta di fatto che scattai in piedi e mi portai una mano alla bocca, sconvolta.
Lui rimase seduto a fissarmi, non sapendo come interpretare il mio comportamento.
E fu in quel momento che lo sentì.
-Che diavolo sta succedendo qui?- a quelle parole chiusi gli occhi, e quando mi voltai e li riaprii me lo trovai davanti. Damon ci aveva visti.
-Damon, che ci fai qui?- chiese tranquillamente Stefan, non immaginando quello che sarebbe successo in seguito.
Lui nemmeno lo guardò, tenendo lo sguardo fisso su di me.
-Damon…non è come pensi. Io…io…-non sapevo come giustificare il fatto che suo fratello fino a qualche istante prima aveva le labbra sulle mie.
Stefan si alzò dalla panchina, portandosi accanto a me, perplesso.
-Elena, tutto bene?- fece per appoggiarmi una mano sulla spalla ma la voce dura di Damon lo fermò.
-Stefan, non toccarla.
-Che problema hai Damon?- Stefan si allontanò un po’ da me, e poi iniziò a guardarci entrambi.
Io con le lacrime agli occhi e il fratello che non smetteva di guardarmi.
E fu in quel momento che capì.
Alzò un braccio indicandoci. Era visibilmente sconvolto.
-Voi…-il suo sguardo passava da entrambi e non ottenne risposta. Ma oramai sapeva e non sarebbero servite le parole.
-Stefan…mi dispiace…- fu tutto quello che riuscii a dire.
-Tu stai zitta. Mi hai lasciato qui come uno scemo, ti ho aperto il mio cuore e tu non hai nemmeno avuto il coraggio di dirmi che te la facevi con mio fratello.
-Stefan, è colpa mia. Non devi prendertela con lei. Avrei dovuto…-
-Tu faresti meglio a sparire dalla mia vista. E dovresti essere mio fratello. La mia famiglia. Mi hai fatto fare la figura dello scemo. E io che mi stavo…-non riuscì nemmeno a finire la frase da quanto era palesemente in collera.
Fece per avvicinarsi pericolosamente al fratello, con così tanta cattiveria che mi misi tra i due senza pensarci due volte.
-Elena, spostati.- disse Stefan, senza smettere di guardare Damon.
-No Stefan, per favore. Non fare stupidate.- alzai le mani appoggiandole al suo petto, contatto che lo fece allontanare e per un istante si voltò. Mi spostai credendo che la situazione fosse sotto controllo ma proprio in quel momento Stefan si girò di nuovo e colpì con un pugno Damon in pieno viso. Tanta era la forza del colpo che il fratello maggiore cadde a terra, con il labbro che sanguinava copiosamente.
Mi inginocchiai accanto a Damon prendendogli la mano, mentre lui con l’altra si tastava la guancia.
Stefan ci guardò ancora un attimo e poi si allontanò, diretto al campo.
 
Da quel pomeriggio Stefan e Damon non si erano più parlati. Facevano di tutto per non incrociarsi nemmeno tra le tende dell’accampamento.
Dire che mi sentivo in colpa era poco. Avevo distrutto un legame fraterno per permettere a me stessa di vivere una relazione d’amore.
Però per quanto potevo sentirmi uno schifo, averlo accanto era l’unica cosa che mi importava veramente e quella sera stessa ne fu la conferma.
 
-Lascia che ti pulisca via un po’ di sangue.- dissi, appoggiando il mio fazzoletto sul labbro ancora sanguinante.
Lui fece per spostarsi ma il mio sguardo di disappunto lo costrinse a stare fermo.
Eravamo ancora per terra in piazza. Per fortuna solo un paio di persone avevano assistito alla scena. Anche se sapevo benissimo che ora della sera mezzo campo sarebbe stato a conoscenza dell’avvenimento, e l’altra metà il giorno dopo.
-Damon…mi dispiace.- ero veramente addolorata e stavo quasi per mettermi a piangere.
Ma lui mi prese dolcemente la mano e la baciò.
-Non è colpa tua. Ho fatto la mia scelta. E se un giorno riuscirò a recuperare il rapporto sarò l’uomo più felice del mondo. Anche se già adesso, avendo te accanto, sono sulla buona strada.- mi sorrise, si alzò in piedi e mi aiutò a fare lo stesso.
-Su forza andiamo.- disse poi.
-E dove scusa?- chiesi.
-A vedere la tua sorpresa!- esclamò lui.
-Ma Damon…non penso che sia il momento più adatto…- mormorai imbarazzata.
-Non credere che non mi dispiaccia per come sono andate le cose tra me e Stefan. Però in questo momento so solo che voglio te accanto. E poi ho preparato tutto con così tanta cura che dovrai pur darmi qualche soddisfazione.- mi fece l’occhiolino e mi trascinò per mano verso la strada che portava al campo.
Lo seguii come una bambina curiosa, senza smettere però di chiedermi se stesse veramente bene e se avrebbe superato la cosa.
 
Quella sera lì avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
 
 
---
Beh che dire? Vi è piaciuto? Mi spiace un po’ per Stefan però oh diamo un po’ di gioia a sta coppia dato che la Pleccona non ha intenzione di farci felici a noi povere Delena v.v
Spero di ritrovare le mie vecchie seguaci e di trovarne anche di nuove :3
Attendo con ansia commenti!
Besos
kessachan
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.


-Damon per favore mi dici dove stiamo andando?- oramai mi stava trascinando verso il sentiero del paese da una decina di minuti buoni non avendomi lasciato intendere niente sul luogo dove eravamo diretti.
-Elena, adesso vedrai.- e infatti ad un tratto si fermò  e si girò a guardarmi mostrandomi uno dei suoi sorrisi più soddisfatti.
-E quindi?- chiesi con aria interrogativa, guardandomi intorno.
Ci eravamo fermati proprio nel bel mezzo della stradina sterrata che collegava il campo al paese e solo un paio di case diroccate erano presenti oltre a noi.
Poi il mio sguardo si posò su “quella” casa diroccata.
Quella che avevamo visto la sera in cui mi aveva portato al pub.
Quella che aveva promesso che avrebbe rimesso a nuovo per me.
Quella che sarebbe stata la nostra casa alla fine della guerra.
Mi voltai verso di lui e gli sorrisi a mia volta.
-Cosa hai combinato?- chiesi indicando con la testa la casetta alla nostra sinistra.
-Ora vedrai..-ci avvicinammo silenziosi verso l’ingresso. La porta me la ricordavo penzolante e logora, ora invece era completamente fissa alla parete e parzialmente sistemata.
-Non ho potuto fare di meglio, ho avuto poco tempo.- si scusò lui.
Mi limitai a sorridergli, intenta ad osservare da vicino la casa.
-Come mai siamo qui?- chiesi.
-Adesso vedrai.- disse semplicemente  lui, aprendo la porta per entrare.
Lo fermai trattenendolo per un braccio.
-Ma sei sicuro che possiamo entrare? Non è di qualcuno questa casa?- non volevo rovinare il momento, ma di certo non ci servivano altri guai oltre a quelli che già avevamo.
Mi accarezzò la guancia.
-Non ti preoccupare e seguimi.- disse semplicemente.
Annuii poco convinta ma feci come mi aveva detto e lo seguii dentro.
Entrammo in quella che doveva essere la zona d’ingresso, con ai due lati due porte, dritto davanti a noi delle scale che portavano al piano di sopra e un corridoio che portava al retro della casa.
Mi guardai intorno incuriosita, pensando a quanto doveva essere grande la struttura, non tralasciando il fatto che all’apparenza sarà stata disabitata da anni. Le pareti erano crepate e la tinteggiatura rovinata dal tempo, le scale erano palesemente in alcuni punti pericolanti.
Damon rimase in silenzio a fissarmi, in piedi davanti alla porta alla sinistra dell’ingresso.
-Ti porterei al piano di sopra ma non penso che ci sia molto da vedere, se non altre stanze vuote e pavimenti da sistemare e rendere più accessibili.- disse quando ritornai a guardarlo.
-Siamo qui per un altro motivo.- aggiunse poi senza smettere di mostrami un ghigno carico di soddisfazione.
Mi avvicinai a lui posandogli le mani sul petto.
-Hai finito di fare il misterioso e mi dici finalmente che ci facciamo qui?- lui per tutta risposta mi prese le mani e le baciò, per poi avvicinarle al mio viso per coprirmi gli occhi.
-Su, ora chiudi gli occhi e aspetta due secondi.- accettai facendogli la linguaccia, tenendo le mani dove le aveva lasciate.
Sentii che apriva la porta e in seguito si portò alle mie spalle spingendomi delicatamente in avanti.
-Ok, ora puoi guardare.- io attesi un secondo e poi finalmente tolsi le mani dal viso e aprii gli occhi.
Rimasi senza parole.
La stanza era spaziosa e calda. Aveva accesso un piccolo fuoco nel camino posto sulla parete di fronte a noi, insieme a qualche candela posta qua e là sul pavimento e su un vecchio pianoforte sistemato all’angolo a sinistra.
Per terra di fronte al camino c’era una coperta distesa con sopra una bottiglia di vino e un paio di panini.
-Il cibo non è dei migliori ma di questi tempi…-non riuscì a finire la frase che mi girai e gli posai un dito sulle labbra per zittirlo.
-Hai fatto tutto questo…per me?- mormorai io.
-E per chi se no?- disse lui, ridendo.
Mi limitai a dargli un dolce bacio sulle labbra, cercando di non fargli troppo male.
Lui non si mosse, anche se lo sentii un attimo irrigidirsi a quel contatto, il labbro doveva dolergli molto.
Lo presi per mano e lo portai in mezzo alla stanza, più vicini al fuoco.
-Sei sicuro di voler rischiare il rapporto con tuo fratello per…me?-
-Penso che questo livido sia la prova che so quello che faccio…Stefan ed io saremo sempre fratelli. Un giorno o l’altro torneremo a parlare, non ti preoccupare. Lo facciamo sempre.- si massaggiò la mascella per sottolineare il pugno ricevuto ma non sembrava per niente arrabbiato o teso, anzi.
Era emozionato e in attesa di qualcosa.
E la causa ero io.
Portai le braccia intorno al suo collo, avvicinandolo ancora di più a me. Sapevo quello che sarebbe successo di lì a poco e non avrei fatto nulla per fermarlo.
Interpretando positivamente le mie mosse Damon mi accarezzò con una mano il viso e l’altra la passò tra i miei capelli attirandolo verso le sue labbra, che impazienti attendevano altri baci.
Dai capelli scese lungo la schiena, portando poi entrambe le mani sulle mie spalle, facendo scivolare per terra il cappotto. Io feci lo stesso con lui. Poi mi voltò, facendo poggiare la mia schiena al suo petto.
Spostò le mani sui miei seni per poi sbottonare lentamente prima il golfino e subito dopo la camicetta. E mentre attuava questa minuziosa opera non smetteva per un secondo di  poggiare le sue labbra su ogni centimetro nudo del mio corpo.
Quella sera feci l’amore per la prima volta.
 
Mi svegliai che fuori era ancora buio. La stanza non era più illuminata come al nostro arrivo perché qualche candela oramai si era spenta e del fuocherello che ci aveva accompagnato per gran parte della serata restavano solo delle braci scoppiettanti.  
Eravamo entrambi sdraiati sul pavimento accanto al camino. I vestiti erano sparsi per terra e solo la coperta copriva i nostri corpi nudi.
Un brivido di freddo mi fece un attimo tremare.
Damon, disteso al mio fianco, con una mano dietro la testa e l’altra sulla mia schiena per cingermi, nel sentirmi tremare mi spostò dolcemente per poi alzarsi in piedi e avvicinarsi al camino per ravvivare un po’ le braci e mettere altra legna.
Lo guardai. Era completamente nudo. E bellissimo.
Quando lui si voltò e si accorse che lo stavo guardando mi sorrise, ma io, imbarazzata, abbassai lo sguardo.
-Ehi…ben svegliata.- disse lui, sistemandosi di nuovo al mio fianco, stavolta cingendomi con entrambe le braccia.
-Ciao…- mormorai, avvicinandomi al suo viso per dargli un veloce bacio sulle labbra.
Non accontentandosi di quel semplice contatto mi trattenne premendo una mano sulla mia nuca. Ed io non potei fare altro che lasciarmi trasportare dal suo desiderio.
Tra le sue braccia mi sentivo totalmente al sicuro. Fuori da quella casa il mondo stava impazzendo, la più sanguinosa guerra di tutta la storia dell’umanità ci stava decimando. Eppure io ero lì. A godermi la vita passo dopo passo, stringendo a me ciò che aveva la capacità di rendermi felice. Felice come non lo ero da tanto, troppo tempo.
La Terra quella sera aveva per un po’ smesso di girare vorticosamente, tutto si era fermato. Il dolore, il sangue e la morte erano lontani da noi, lontani da quella casa che ci aveva accolti e aveva protetto il nostro amore. Cosa sarebbe successo il giorno dopo? E quello dopo ancora? Non lo potevo di certo sapere.
Quello che realmente mi interessava quella sera era stare con lui. Sentire il suo cuore che batteva veloce per me. Sentire le sue mani che esploravano avide ogni parte del mio corpo.
Semplicemente sentirmi sua.
-Elena…io…ti amo.- mormorò lui non appena mi lasciò libera. Mentre diceva quelle parole mi stava fissando dritta negli occhi. Quel suo sguardo glaciale mi aveva totalmente stregata e conquistata. Quindi le parole uscirono dalla mia bocca senza nemmeno un minimo di esitazione o ripensamento.
-Anch’io, Damon. Ti amo.-
 
 
---

Salve gente!
Siamo quasi alla fine! Me contenta :3
Anche se un po’ corto spero che questo capitolo vi piaccia comunque e magari vi convinca a lasciarmi un piccolo commentino, come hanno fatto le mie care NikkiSomerhalder e federica_hale che ringrazio con tutto il cuore! Mi state dando la forza di continuare!!
Alla prossima!
Besos
kessachan

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