The Big Heart Corporation

di StefanoJoey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Festa della Corporazione ***
Capitolo 2: *** Il seme marcio dell'Idea ***



Capitolo 1
*** La Festa della Corporazione ***


7 Gennaio 1983
Festa Nazionale, anniversario della Nascita Della Corporazione.
La grande Piazza Centrale di GrandHeaven è colma di gente, tutti ammassati come capi di bestiame sotto la neve leggera, stringendosi nei cappotti cercando di ignorare il freddo penetrante.
Non si poteva lamentarsi. Non quel giorno.
Tutti dovevano essere felici per il Trentottesimo compleanno della Corporazione.
I nostri paladini. I nostri salvatori. Alla strenua degli Dei più Perfetti.
Mi maledico per non essermi portato un cappello, sento ogni fiocco di neve che cade sulla mia testa rasata e dopo un po' mi stanco di passarci sopra la mano per pulirla e lascio che i fiocchi ci si posino tranquilli, in attesa di sentirli sciogliersi al mio calore corporeo.
Intorno a me la gente è felice, e questo rende felice anche me poiché è raro sentire tante risate in città. Un bambino finisce con lo sbattere contro le mie gambe, distratto nella sua corsa, e finisce per terra, emettendo un'acuta risata che mi contagia. Lo aiuto a rialzarsi e noto che porta una mascherina nera intorno agli occhi e i capelli sono stati spruzzati con una bomboletta rosa.
  -Mi scusi signore- mi dice sempre sorridendomi.
  -Tranquillo- dico - Ti sei fatto male?
Lui scuote la testa e ride. Dalla folla appaiono altri due bambini: una femmina con addosso una scapigliata parrucca rosso fuoco troppo lunga per lei e un altro maschietto con la faccia dipinta di nero e la giacca imbottita per imitare una muscolatura poderosa. Capisco subito il gioco, e cerco di assecondarli.
  -Un momento. Ma voi.... non ci posso credere!- mi fingo sorpreso.
Sui volti dei tre bambini si dipingono grandi sorrisi.
  -Siete i Ragazzi della Corporazione!- esclamo mettendomi una mano sulla fronte, forse troppo drammaticamente, cercando di trattenermi dal ridere alla vista dei volti eccitatissimi dei bambini.
  -Si!- urla il bambino con i capelli rosa -Siamo Spettro, Robyn e Ares... tremate!- e infine alza un pugno al cielo in segno di vittoria.
  -Beh, miei eroi, apprestatevi a tornare nella Torre o farete ritardo per la cerimonia.
  -Ha ragione!- esclama la bambina e tutti e tre si allontanano ridendo.
Il bambino con i capelli rosa mi guarda sorridente fino a scomparire tra la folla.
Mi rialzo sorridendo e le mie ginocchia urlano di dolore per la posizione a cui le ho costrette, aggravate dal freddo.
Alzo gli occhi per guardare la cima della Aftower, la grande torre che guarda su tutta la piazza, dove il grande balcone degli uffici del Sindaco è già pieno di persone in abiti eleganti che sorseggiano Champagne ridendo, attendendo insieme a noi cittadini comuni il grande evento.
La Aftower è l'esempio perfetto della ricchezza sfrenata che i più adagiati tengono solo per se, a GrndHeaven, mentre i più poveri vivono  in condizioni terribili: i suoi 87 piani la rendono l'edificio più alto della città, è formata da tre corpi, il principale è posizionato in mezzo agli altri due e si innalza maggiormente; il colore della torre è rosso amaranto alla base, sfuma al nero verso il centro e termina con la punta dorata, tutta composta di specchi. La cosa pazzesca della Aftower è che è un edificio principalmente adibito all'abitazione, con l'unica eccezione che in cima, adiacente all'abitazione del Sindaco, ci sono i suoi uffici.
Intento come sono ad ammirare l'architettura della torre non mi sono accorto che gli altoparlanti posizionati in tutta la piazza hanno iniziato ad emettere un suono cupo che sembra essere prodotto da un organo. L'elettricità nell'aria aumenta e le persone iniziano ad essere più rumorose, alzando le braccia al cielo pensando di essere visti.
La musica aumenta gradualmente di tonalità e di volume, le persone iniziando a spingere e a stringersi e tutti i riflettori sono puntati sulla grande balconata.
Infine la musica esplode in un connubio di archi, piatti, arpe, fiati e l'organo squillante e i tre Ragazzi della Corporazione appaiono sulla balconata. A stento riesco a trattenere un gemito e sento un brivido lungo la spina dorsale.
Sono bellissimi. Tutti e tre sfolgoranti e maestosi.
A sinistra c'è Ares: il più alto dei tre, la carnagione scura ma brillante, il fisico muscoloso sembra non starci nell'abito elegante mentre alza la mano destra in segno di saluto, sorridendo leggermente, gli occhi coperti dalla sua mascherina.
A destra c'è Robyn: alta quasi come Ares (probabilmente con l'ausilio di tacchi vertiginosi), indossa un abito nero senza maniche e le bianche spalle sono coperte da una pelliccia del colore della neve; i suoi lunghi capelli di fuoco sono raccolti in una pettinatura alta, ornata con una grossa spilla di diamanti. Manda eleganti baci con la mano guantata e i suoi sguardi sembrano intrisi di fascino nonostante la maschera.
Infine, tra Ares e Robyn, c'è Spettro: nonostante sia alto, tra Ares e Robyn appare come il più basso, il fisico asciutto, indossa una giacca nera fatta con una stoffa lucida, bordata di pelliccia nera per proteggersi dal freddo, il volto perfettamente ovale, con la sua pelle color avorio, spicca in mezzo a tutto quel nero come una perla, sorride gentile e saluta con la mano coperta da un guanto di pelle, i suoi capelli sono acconciati nella sua tipica pettinatura leggermente retrò, tinti di rosa. Anche lui indossa una mascherina.
Di nuovo distratto non mi sono accorto che la folla è esplosa in un ruggito quando i Tre sono apparsi, qualcuno è scoppiato a piangere, sicuramente qualcuno è svenuto.
Nonostante trovi tutto questo un'esagerazione posso capirlo: la Big Heart Corporation (da tutti chiama solo 'Corporazione') provvede alla sicurezza di GrandHeaven da quasi quarant'anni e, nonostante la città non sia più sicura di allora, molte cose sono migliorate, e la gente ha cominciato a fidarsi nonostante i morti, le sparizioni, gli incendi e le rapine.
  -Buona Sera GrandHeaven- la voce calda e vellutata di Spettro irrompe dagli altoparlanti, smorzando la musica, e la folla esplode in un nuovo ruggito, forse più poderoso del primo.
Spettro ride compiaciuto nel sottile microfono che ha davanti e sento una voce femminile urlare "Ti amo!" da qualche parte. La mia vista si sta stancando per lo sforzo di guardare i Tre direttamente sulla balconata, quindi mi giro verso sinistra e mi godo lo spettacolo da uno dei megaschermi posizionati lungo il perimetro della piazza, puntati sul trio.
Approfittando dei rumori della massa, Ares bisbiglia qualcosa all'orecchio di Spettro, suscitando il suo divertimento.
Quando la folla si calma, il giovane riprende.
  -E' un immenso piacere per noi vedervi tanto numerosi, sentire il vostro sostegno sulla nostra pelle e percependo il vostro amore nei nostri cuori-
Fa una pausa e, per la terza volta, la folla esplode.
Io rimango silenzioso, fissando il bel volto di Spettro sul megaschermo: nonostante Robyn sia quella bella dei tre, lui è l'emblema della bellezza maschile e del fascino derivante dalla'aura di mistero che gli aleggia intorno.
  -Trentotto anni sono passati- continua -Trentotto anni di sforzi continui per riportare la nostra bella città allo splendore di una volta, uno splendore che, ahimè, io non ho vissuto e che più nessuno ricorda.
Prende un respiro e per alcuni secondi l'unico rumore che si sente è il vento che ulula.
  -E qui, stasera, davanti a voi, onesti cittadini: io, Robyn e Ares- i tre si prendono per mano - vi promettiamo che metteremo anima e corpo perché tra altri trentotto anni GrandHeaven possa ritornare a splendere come all'origine, ve lo promettiamo sul Sangue e sullo Spirito. Grazie.
La folla esplode di nuovo, se è possibile ancora più fragorosamente delle precedenti volte.
  -SUL SANGUE E SULLO SPIRITO!
Tra il frastuono, Spettro, Robyn e Ares salutano la folla sorridendo e infine spariscono alla vista dei cittadini, tornando all'interno della Torre.
A questo punto la festa è finita.
Ci sarebbero ancora molti discorsi, come quello del Sindaco e quello del Capo dei Gestori dell'Ordine, la squadra a base del sistema d'Ordine della città, e quella del Capo della Sezione Investigativa, ma a pochi importa, quindi in pochi minuti la piazza si svuota.
Aspetto che la piazza si sia liberata quasi del tutto prima di fare dietro-front e dirigermi verso casa.
Abito parecchio distante dalla Piazza Centrale quindi devo camminare un bel po' sotto la neve per arrivare alla prima entrata per la Metropolitana che trovo; una volta dentro mi tolgo la neve dai vestiti (e dalla testa) ed entro nel primo treno che so mi porterà a casa: è deserto, eccezion fatta per due Gestori dell'Ordine con le loro divise bianche immacolate e un barbone che dorme su dei sedili.
Quando la voce gracchiante esce dall'altoparlante annunciando l'arrivo nel mio quartieri mi posiziono davanti alla porta, cercando di guardare il meno possibile i due Gestori: non c'è da fidarsi.
Effettivamente loro dovrebbero essere coloro che aiutano la gente comune, quella troppo povera per permettersi un Agente Investigativo, quella che non poteva neanche sognare di poter farsi risolvere i problemi dalla Corporazione; e invece era proprio da loro che la gente scappava. I Gestori approfittavano della loro posizione, nemmeno fosse granché, per soddisfare i loro vizi: entravano nei locali, abbuffandosi e ubriacandosi senza sganciare un soldo, prendevano giovani ragazzine (e ragazzini) per le strade e le stupravano nei vicoli, lasciandole a piangere nelle pozzanghere per andare in giro a vantarsene.
Erano mostri, sporchi bastardi che non meritavano di vivere, figurarsi di ricoprire una carica civica.
Il problema è che non si poteva fare nemmeno qualcosa per punirli: i pochi che avevano cercato di opporre resistenza erano stati uccisi, massacrati di manganellate o uccisi con un colpo in testa, mentre quelli che avevano denunciato i Gestori si era visti ridere in faccia per poi tornare a casa e finire uccisi da colore che avevano denunciato.
Quindi la gente cercava di starsene zitta.
Si cercava di consolare chi era stato maltrattato e di passare sopra alle ingiustizie, sforzandosi di far scivolare tutto nell'ombra il prima possibile.
Che schifo.
Quando le porte del treno si aprono sguscio via dal binario il più velocemente possibile, salgo di fretta le scale sperando di non scivolare.
Quando esco dalla Metropolitana l'aria fredda mi investe e mi entra in gola, provocandomi un colpo di tosse. Ha smesso di nevicare, segno che la temperatura potrà solo scendere.
Mi stringo nel cappotto e mi avvio verso casa, dovrò camminare per un po' e guardando l'orologio so che Zio Reed sarà ancora sveglio per aspettarmi, e per rimproverarmi, ovvio.
Lui odia la Corporazione, pensa che i veri eroi sono quelli che si spaccano la schiena per mantenere la famiglia, non quelli che vivono nel lusso e che una volta al mese "si mettono a fare le piroette in tutina nera davanti al primo pazzo che arriva". Rido al pensiero di lui che lo dice.
Mentre cammino sul marciapiede una coppia di ragazzi mi passa di fianco e uno di loro mi da una spallata, decisamente di proposito.
  -Stai attento a dove cammini finocchio!- urla allontanandosi, mentre il suo amico se la ride.
Wow.
Con tutto quello che succede la gente ha ancora voglia di fare l'idiota.
Da ammirare.
Quando arrivo a casa è quasi l'una, salgo le scale coperte di neve e apro il portone, una volta dentro sbatto i piedi sullo zerbino e salgo le scale due gradini alla volta fino ad arrivare al quinto piano dove, in un piccolo appartamento, abito con mia madre Hilary e i miei zii paterni, Reed e Susan.
Apro la porta e, una volta dentro, rimetto le chiavi nella tasca del cappotto e lo appendo.
  -Ben tornato- la voce di mio zio Reed, nonostante bassa per non svegliare nessuno, arriva chiara e diretta dal salotto, dove la luce è ancora accesa.
Mi dirigo in salotto e lo trovo li, seduto sulla sua solita sedia: la camicia in ordine, così come il maglioncino azzurro, i folti capelli grigi ben pettinati, i baffi tagliati alla perfezione e gli occhiali puliti sul grosso naso.
  -Abbiamo fatto tardi eh- dice alzando gli occhi dal libro che ha in mano.
  -Eh già- risponde colpevole, ma sorridendo.
  -Almeno.... erano vestiti bene?- chiede serio.
  -Divinamente- ammetto scherzoso.
  -Il ragazzino ha ancora i capelli rosa?- chiude il libro e mi guarda.
  -Si.
  -E la ragazza ha ancora quei due bei seni?
  -Si zio.
  -Ti sei fatto avanti con lei?
Resto in silenzio, so che è uno scherzo ma una parte del mio cervello pensa sia serio.
Dopo una pausa che sembra interminabile zio Reed scoppia nella sua fragorosa risata, resa un po' rauca dal suo fumar sigari.
Rido anche io.
  -Vai a dormire va. E metti sul termosifone quei vestiti bagnati.
  -Va bene. Buona notte zio.
  -Buona notte Anthony.
Mi dirigo nel piccolo bagno, mi tolgo le scarpe, le calze, mi sfilo i pantaloni e li metto sul piccolo calorifero con la vernice scrostata, mi tolgo il maglione (scoprendo due nuovi buchi) e poi la maglia (dove i buchi non si contano già più), mettendoli entrambi sul calorifero.
Resto in mutande e canottiera, apro l'acqua calda e mi sciacquo la faccia nel piccolo lavandino, guardandomi poi allo specchio macchiato che sta sopra il lavandino.
Sembro un po' un rottame.
La mia mascella squadrata è coperta da un'ispida barba e tra i peli castani se ne scorgono alcuni rossicci, altri bianchi, ho le labbra spaccate dal freddo e i miei occhi grigi sono cerchiati da occhiaie.
Mi passo una mano sulla testa, godendo della sensazione dei capelli rasati sulla mano, e mi controllo la ferita che ho sulla sommità della fronte, quella che mi sono fatto aggiustando i fornelli: sta guarendo.
Scosso dai brividi spengo il rubinetto e mi asciugo la faccia con la canottiera.
Correndo esco dal bagno e mi rifugio in camera mia, patendo ogni passo sulle piastrelle fredde; in fretta e furia mi rifugio sotto le coperte del letto che mia madre mi ha già fatto trovare pronto. Quella donna è una santa, nonostante tutto. Mi sdraio sul lato destro, fissando l'unico poster appeso in camera mia.
Perché nonostante tutto, nonostante la povertà della mia famiglia, nonostante le scarsissime possibilità che questa città mi offriva, nonostante l'ingiustizia degli esseri umani, nessuno mi impediva di sognare.
E allora eccoli li: Ares, Spettro e Robyn, raffigurati come dei in un poster che presi alla loro Cerimonia di Nomina, tre anni prima, sovrastati dal simbolo della Corporazione, un grosso cuore rosso circondato da una corona di spine.
Sospirando chiusi gli occhi, e mi immaginai in mezzo a loro, per tutta la notte.

Ciao a tutti
Sono Stefano, di solito ho mille storie che mi ronzano per la testa ma non so mai cosa farne e quindi le lascio li.
Ho pensato che EFP fosse una bella idea per non condannarle tutte all'oblio.
Questa è la prima, nonostante non sono ancora entrato nel vivo della storia spero vi piaccia e che continuiate a leggere anche il resto.
Besos

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Capitolo 2
*** Il seme marcio dell'Idea ***


Capitolo II
 
  -Non siamo qui a giocare, ragazzo!
Negli ultimi tre anni avrò sentito questa frase almeno un centinaio di volte al giorno e ogni volta ridevo tra me e me. D'altronde, il signor Tentei, capo Cuoco del ristorante cinese dove cinque giorni su sette mi spacco la schiena per contribuire al sostentamento della mia famiglia, avrebbe fatto ridere qualcuno anche minacciandolo di morte: basso all'inverosimile e grassottello, camminava per la cucina con le sue tozze e storte gambette urlando ordini a tutti, sputando ovunque senza accorgersene (o senza vergognarsene) con la sua faccia da rospo giallastra impregnata di sudore.
  -Tloppi involtini plimavela sisi!- usa dire Walt, un ragazzo della mia età che lavora con me al ristorante, lavando piatti, per prendere in giro il capo.
-Io essele glande uomo di Cina... o almeno tutti cledele questo- continuava poi Walt, sottolineando il dubbio generale sulle origini del signor Tentei, che molto probabilmente fingeva di essere Cinese.
Il ristorante in cui lavoro si chiama Yù de Hèliù, che in Inglese significa "Fiumi di Giada", ed è forse uno dei tre ristoranti Cinesi più lussuosi di tutta GrandHeaven, anche se dalle condizioni della cucina cucina non si direbbe.
Trascino delle casse contenenti chissà quale porcheria dalla cucina di nuovo verso la dispensa, scivolando sullo sporco del pavimento che non credo sia stato bianco nemmeno la sera d'apertura del locale.
  -Questi non sono scatoli che io avelti chiesto, Anthony! Tu essele scemo? Litaldato? Dimmi a me!- il signor Tentei era fissato con la parola 'ritardato' e la attribuiva tanto ai suoi sottoposti quanto a se stesso. Nessuno sapeva davvero perchè.
Una volta riportati gli scatolini nella dispensa torno in cucina ad aiutare come posso, cuocendo qualcosa o rifinendo qualche piatto. Cucinare mi è sempre piaciuto, impegnarmi sul cibo è sempre stato un buon metodo per svagarmi, staccare la mente e porre tutta la mia attenzione sui piatto; a casa, quando mia zia Susan mi lascia il permesso, cucino io, e allora preparo piatti estrosi e complicati che la maggior parte delle volte suscitano il disgusto del palato di mio Zio, abituato alla cucina "classica", mentre mia madre e mia zia mi riempiono di complimenti, anche se a volte penso lo facciano solo per non ferirmi dicendomi che faceva tutto schifo.
Quando il turno mio e di Walt finisce fuori è già buio, nonostante non fossero nemmeno le nove.
Salutiamo Joe e Nate, i due ragazzi che ci sostituiranno fino alla chiusura del locale, e ci scambiamo qualche risata mentre fumiamo una sigaretta.
  -Chi di voi è stato alla festa, la settimana scorsa?- chiede Walt - Io ero con Norah e mi è passato per la testa.
  -Io- dice Nate prima di sputare per terra -La solita stronzata.
Nate non mi è mai stato simpatico, con il suo ciuffo di unti capelli neri davanti alla faccia storta e gli occhi acquosi, sempre pronto a mettersi al di sopra degli altri nonostante lui fosse il primo ad abbassarsi a spacci di droga, piccoli furti, condendo il tutto con una passata ad ogni puttana della città.
  -Non capisco cos'abbiano quei tre di speciale- continuò -Quello negro mi sa proprio di imbecille, uno di quelli che puntano sul fisico più che sul cervello. Quell'altro invece mi sa di uno che lo prende nel culo da tutti- e scoppia in una fragorosa risata, guardandoci uno ad uno in cerca di un'approvazione che non arriva.
Dopo essersi ricomposto e aver fatto un'altro tiro di sigaretta continua -La ragazza invece mi sembra una tipa sveglia... o almeno abbastanza sveglia da sapere quando mettersi in ginocchio e fare il suo dovere!
Altra risata.
Walt mi lancia un'occhiata di sbieco per vedere se mi sono offeso: lui è l'unico dei miei amici a sapere della mia passione per la Corporazione.
  -Fai schifo- commenta Joe, buttando la sigaretta per terra prima di passarsi la mano tra i riccioli color sabbia.
  -Voi li prendete troppo sul serio- replica Nate per poi entrare nel locale senza dire una parola.
  -Se si è offeso lo ammazzo- scherza Walt facendoci scoppiare tutti e tre a ridere.
  -Sapete come è fatto- aggiunge Joe -Vabè, ci vediamo.
Salutiamo Joe e ci avviamo verso casa. Dobbiamo prendere la metro, poiché il Yù de Hèliù, pur non essendo nel centro della città, si trova lontano dai quartieri più poveri dove viviamo.
Walt abita poco distante da me e questo ci ha permesso di vederci spesso durante l'infanzia, quando la città non era ancora così in via di degrado, e di diventare migliori amici.
Inseparabili, direi.
Nonostante le enormi differenze che ci distinguono Walt si è sempre rivelato la mia controparte perfetta: leale, divertente, saggio e sempre incline a fare qualcosa di pazzo. Io ero quello calmo e timido.
Walt è più passo di me, il fisico più asciutto e meno muscoloso, i capelli ricci neri e la carnagione olivastra; quando eravamo piccoli si era rotto il naso che ora, oltre ad essere leggermente schiacciato, era anche storto; gli occhi erano leggermente a mandorla e di un nero liquido.
  -Non pensarci a quello che dice Nate- mi disse dandomi una spallata -E' sempre bravo a criticare quando non si parla di lui.
Nonostante i suoi tentativi di tirarmi su sapevo che nemmeno Walt credeva nella Corporazione, come in nessuno dei sistemi protettivi della città, dopo che suo padre era stato ucciso a sangue freddo nel piccolo negozio di famiglia.
  -Tranquillo- dico.
Mi sorride cercando nuovamente di tirarmi su, cerco di cambiare discorso.
  -Come va con Norah?
Norah e Walt stanno insieme da quasi due anni ormai e sono felice per loro, sembrano felici e sereni e la loro relazione è molto più stabile di tante altre.
Tuttavia non avrei mai scordato quella volta in cui Norah mi aveva baciato alla festa di compleanno di Walt.
Era stato tutto molto lento e molto surreale, forse a causa dell'alcol.
  -Promettimi che non lo dirai a Walt- mi fece promettere Norah, guardandomi con gli occhi castani attraversati da una strana luce.
E io avevo promesso, una promessa che non fu mai difficile mantenere poiché vedevo Norah raramente e niente in me mi aveva mai spinto a rivelare l'accaduto.
Forse sono un cattivo amico.
  -Tutto bene- rispose Walt sorridendo -Questo week-end pensavo di portarla fuori città, per goderci un po' di sole.
-Mh- fu l'unica cosa che riesco a dire.
Penso che cambiare discorso sia più che di dovere, ma Walt mi precede.
-La Festa è stata bella?
Apprezzo il fatto che non abbia detto 'fantastica' 'strabiliante' o altro, so che lo fa per non farmi pensare che mi stia prendendo in giro, dopo quello che ha detto Nate.
-Si- rispondo, cercando di contenermi e di non iniziare a raccontargliela filo per segno -Perfetta, ma quando mai qualcosa va storto?
Lui fa una piccola risata, breve ma fragorosa -Vero. Spettro ha ancora i capelli rosa?
Mi sembra zio Reed.
-Si.
-Cos'è questo? Il... quarto colore che cambia?
-No il terzo, è stato prima azzurro, poi grigio-argento e poi rosa.
Senza accorgermene è strato proprio Walt ad aprire la valvola del mio parlare.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
-Sei proprio fissato- mi dice.
Mi limito a sorridere.
-Sai più tu di loro che loro stessi.
-Esagerato!
-Come vuoi tu!
E così ci perdiamo in una serie di scherzosi insulti tipici degli amici che si conoscono abbastanza da capire quando uno non è serio.
Casa mia è la prima che incontriamo, quindi saluto Walt, che deve camminare ancora un po', e entro in casa.
Appena varco la soglia l'aria umida tipica di quando si cucina mi appesantisce, quindi cerco di togliermi la giacca, la sciarpa e i guanti il più velocemente possibile, finendo con il ritrovarmi leggermente sudato. Dalla cucina arriva la voce di mia zia Susan che canta una delle sue vecchie canzoni mentre il rumore dell'acqua che scorre mi dice che mia mamma si sta facendo una doccia, probabilmente appena tornata dal lavoro.
Quando entro ci trovo mio Zio che come al solito legge un libro tenendo la televisione accesa.
Con uno scatto afferro il telecomando e mi siedo sul piccolo divano vicino alla porta.
-Io sto guardando- dice placido mio zio, senza distogliere gli occhi dal libro.
-Ma se stai leggendo- ribatto.
Lui si toglie gli occhiali, guardandomi con quell'aria da uomo vissuto che lo circonda sempre.
-Al contrario di te, giovanotto, io so fare più cose contemporaneamente.
Restiamo a guardarci per quasi un minuto senza proferire parola.
-E comunque ciao- alla fine Zio Reed rompe il silenzio.
-Ciao.
-Oggi com'è andata?
-Bene dai.
Il nostro piccolo discorso è interrotto da una pubblicità alla Tv che ci catturò entrambi:
 
GIOVANI UOMINI DI GRANDHEAVEN!
SIETE CHIAMATI A COMBATTERE!
TENETE ALTO IL NOME DELLA NOSTRA BELLA CITTA' NEL MONDO!
CHIMATE A VOI IL VOSTRO CORAGGIO E UNITEVI A NOI NEL COMBATTERE IL MALE CHE STA INFESTANDOO LA NOSTRA BELLA CITTA'!
UNITEVI AI GESTORI DELL'ORDINE!
ISCRIVETEVI NELLA CASERMA PIU' VICINA ALLA VOSTRA ABITAZIONE E PARTECIPATE AL CONCORSO CHE SI TERRA' NELLA SEDE CENTRALE DEI GESTORI DELL'ORDINE NEL CENTRO DI GRANDHEAVEN!
ACCORRETE!
AVETE TEMPO FINO AL 31 MARZO!
FATE LA SCELTA GIUSTA!
 
Lo spot era pieno di immagini di una vita serena, con famiglie sorridenti e bellissimi tramonti alternate a riprese di bellissimi giovani uomini in divisa da Gestori, che aiutavano una vecchietta sulla strada o scherzavano tra di loro, con i loro bei sorrisi e i capelli perfetti; tutto in colori chiari e luminosi per esprimere un senso di serenità, bellezza e normalità.
Zio Reed mi guarda prima che il pensiero possa passarmi di testa.
Sarebbe comunque un gradino in più.
E veloce come il pensiero arrivò la consapevolezza che sarebbe stato un inferno.
-Anthony- dice Zio Reed.
-Si?- rispondo, gli occhi vacui ancora fissi sulla televisione.
-No- secco.
Prima che possa rispondere mia nonna entra nella stanza.
-È pronta la cena, venite?-
-Si- risponde svelto Zio Reed -Andiamo Anthony-.
-Arrivo- rispondo, la bocca secca.
Tuttavia resto ancora seduto, mentre Zio e Zia escono dalla stanza e li sento parlare in cucina. 
Guardo fuori dalla finestra: piove.
E per un attimo, solo per un attimo, nello specchio vecchio e logoro rigato dalla pioggia, il mio tremolante riflesso sembra indossare una divisa di un bianco abbagliante.
 
 


Ciao todos!
Scusate lo spaventoso ritardo con cui ho postato il secondo capitolo, ma che ci crediate o no sono stato impegnato e a dirla tutta questo capitolo non voleva saperne di trovare conclusione.
Comunque, continuerò :)
Stay tuned!

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