Wrong until you make it right

di lazybones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm glad I didn't die before I met you ***
Capitolo 2: *** I (don't) love you ***
Capitolo 3: *** He will return to die in me again ***
Capitolo 4: *** I mess up everything ***
Capitolo 5: *** Special needs ***
Capitolo 6: *** We're not equipped to stay unloved, but it's all we've got and we're not at all alright ***
Capitolo 7: *** Our deal ***
Capitolo 8: *** Burger Queen ***
Capitolo 9: *** The forever moments ***
Capitolo 10: *** What a shame the poor bride's groom is a whore ***
Capitolo 11: *** Leave out all the rest ***
Capitolo 12: *** 4500 km ***
Capitolo 13: *** Heaven knows I'm miserable now ***
Capitolo 14: *** Miss Atomic Bomb ***
Capitolo 15: *** You must be a Weasley ***
Capitolo 16: *** The Muppet Show ***



Capitolo 1
*** I'm glad I didn't die before I met you ***


Meno male che dovevo metterci un mese coughcough................. comprendetemi (?), ho avuto verifiche per cui studiare, computer da cambiare, malattie da superare, E SOPRATTUTTO HO SCOPERTO RUZZLE, MAAAAAI PIUUUU'.

Non ve ne fotte un cazzo dei cazzi miei, BENE BENISSIMO quattro parolacce in una singola frase, faccio ca- schifo.

Non so che dirvi, mi avete sostenuta tantissimo per chat, messaggi privati, mail, piccioni, vi ringrazio una volta per tutte perchè davvero siete state d'aiuto, in un modo o nell'altro.

Tranquilla, Simo, non mi sono dimenticata della lettera..... ma quella alla fine.

Un grazie particolare a xla, che mi ha mandato messaggi chilometrici parlandomi di tutto ed è stata adorabile per tutto sto tempo, davvero Asia, grazie. c:

Spero di non prendere troppa merda per questa fanfiction, spero con tutto il cuore che non vi faccia cagare tantissimo.

"Wrong until you make it right" è una delle prime frasi di Everything Will Be Alright dei Killers, il titolo del capitolo è preso da First Day Of My Life dei Bright Eyes, di cui si parlerà nel capitolo.

Non ho davvero un cazzo da dirvi. Sono vuotissima ve lo giuro. Siete state adorabili a tartassarmi di domande riguardo a quando avrei aggiornato comunque, mi avete fatta sentire davvero importante. Siete belle. Molto belle.

AH, se nel leggere vi affioreranno ricordi legati alla visione di American Horror Story (prima stagione), probabilmente non siete pazze, perchè davvero alcune cose sono saltate fuori da lì. Non che la fanfiction sia horror o cosa. Cazzo, non riesco a spiegarmi. E' solo che... leggendo capirete. Se avete visto AHS. Altrimenti sti cazzi.

Sperando vivamente che tutto ciò sia all'altezza delle aspettative (?) (ma davvero qualcuno leggerà?), vi lascio al capitolo.

Pisssenlovv

Kathy G

(ma cambierò nome perchè mi sto sul cazzo da sola HA! mi chiamerò lazybones, per nessuna fottuta ragione. Vi voglio bene.) (se qualcun altro ha quel nome piango e mi metto a tagliarmi fette di torta da brava emo grassona) (giuro.)

(su ruzzle mi chiamo STOPANDA, per favore PER FAVORE aggiungetemi agli amici anche se non ci conosciamo e mi odiate..........) (vi farò vincere prometto........................)








 

 

 

1. I'm glad I didn't die before I met you






La situazione doveva ancora farsi interessante quando bussarono alla porta della stanza d'hotel.

Guardò la canna, guardò la porta. Riguardò la canna. Decise che non era il caso di aprire e prese solo un altro tiro. In silenzio. Non veramente interessato, si chiese se fosse di nuovo la donna delle pulizie, e se questa era la volta buona in cui l'avrebbe accoppato e sepolto sotto il parquet (sì, aveva notato un'asse di legno cigolante del pavimento e la prima cosa che gli era venuta in mente era che lì sotto c'era sepolto qualcuno). Chiuse gli occhi soffiando fuori dal naso tutto con estenuante lentezza. Si accorse di dover ruttare e ruttò e basta. Perchè non avrebbe dovuto? Solo perchè una donna delle pulizie voleva seppellirlo sotto il parquet? Non era abbastanza come impedimento.

- Gerard? Che cazzo, Gerard? - , ripeteva la voce dall'altra parte della porta. Avrebbe riconosciuto la sua voce leggermente ruvida ma così checca ovunque. Ovunque.

Strabuzzò gli occhi portandosi una mano al petto. Forse nella zona del cuore. Era successo qualcosa di enorme dentro di lui e forse non era lo Spirito Santo o qualcosa del genere che lo aveva ingravidato. Era un'improvvisa... felicità? Suonava così gay.

Scese dal letto. Per un attimo gli si annebbiò la vista e inciampò rovinosamente, atterrando a palmi aperti sulla porta con un tonfo.

- Gerard? - continuò il ragazzo dall'altra parte della porta, ansioso.

Gerard aprì la porta precipitosamente: - Ciao, ehi. -, nel caso un saluto non bastasse. Si appoggiò allo stipite con un braccio esaurendo lì lo slancio della quasi-caduta di poco prima. Lo guardò. I jeans stretti e scuri, la felpa verde troppo larga, gli occhi forse più chiari del solito, i capelli scuri con quel lieve accenno di frangia troppo adorabile per essere legale. Frank Iero, il ragazzo del pompino sotto la pioggia, - Pensavo fossi la donna delle pulizie. - aggiunse a bassa voce.

- Non lo sono. Decisamente no. - scosse la testa con una strana e divertente serietà.

Gerard annuì leccandosi distrattamente le labbra.

- Sei... sei caduto, prima? -

- Venendo ad aprirti? Uh, diciamo che ho improvvisamente saltato atterrando frontalmente sulla porta chiusa, mh? -

- Perchè l'hai fatto? -

Gerard strinse le dita tatuate del ragazzo fra le sue e tentò di farlo avvicinare cercando di non essere indelicato.

Frank si schiodò goffamente da dov'era ed entrò nella stanza di Gerard: - E' tutto okay? - chiese. E arrossì, manco gli avesse chiesto di ficcarglielo un attimino in culo.

- E' solo che ultimamente sto nutrendo questa strana... fobia... - osservò le loro dita che si intrecciavano, incredibilmente distratto, - … per... le donne delle pulizie. -

- Non per essere ripetitivo, ma è tutto okay? - insistette Frank.

Gerard alzò gli occhi e guardò il viso giovane di Frank. Così giovane. Si avvicinò e con la mano chiuse la porta alle sue spalle.

Frank arrossì violentemente mentre i loro petti si sfioravano.

La porta si chiuse con un tonfo adeguato e decisivo.

Gerard ritirò la mano dalla porta chiusa e tornò al suo posto tornando a prendergli la mano che aveva lasciato.

- Che hai fumato? Hai gli occhi rossi. - se ne accorse improvvisamente Frank. Che aveva guardato finora per non accorgersi degli occhi di Gerard?

- Non ho fumato, ho pianto. - . Il calore delle dita di Frank stava riscaldando le sue. Era una sensazione piacevole.

- Cos'è successo? - chiese Frank, con quella preoccupazione che solo un ragazzo innamorato può avere. Le loro dita scivolarono lentamente finchè i loro palmi si incontrarono e si ricongiunsero.

- Ero scalzo, e ho beccato con il mignolo gelido e indolenzito il bordo della valigia. Ho urlato così tante bestemmie mentre rotolavo per terra col piede in mano che mi facevo paura da solo. Sembravo posseduto. -

Frank chiuse per un'istante gli occhi nell'atto di scoppiare a ridere e poi arricciò il naso rivolgendolo al soffitto.

Gerard lo guardò ridere. Non era successo nulla di simile fra il suo mignolo e la valigia, l'aveva solo detto per farlo sorridere. Ultimamente aveva paura di non farlo sorridere abbastanza. In realtà aveva da sempre voluto rendere felice Frank, anche se non c'era mai riuscito.

- Cosa cazzo ti sei fumato? - ripeté, sghignazzando ancora.

Gerard sgranò gli occhi: - Calzini. -

Frank lasciò scorrere lo sguardo per la stanza voltandosi di quanto necessario per controllarla tutta. Posò gli occhi sulla canna consumata quasi per metà e abbandonata sul posacenere appoggiato sopra le lenzuola del letto.

- Non è tabacco, giusto? -

- E' erba. - si strinse nelle spalle Gerard. Le loro dita erano ancora incatenate, da non credere, - Come mai sei venuto qui? -

- Pensi davvero di liquidarmi così? - . Inarcò un sopracciglio. E il discorso era complicato, perchè le sue sopracciglia davvero erano perfette. Gerard non osava immaginare quanto bene si sentisse Frank la mattina a svegliarsi, guardarsi allo specchio e beccarsi due sopracciglia così perfette. Doveva essere una sensazione incredibile.

Gerard si morse un labbro. Aveva la bocca un po' asciutta. Era l'unica cosa che odiava delle canne. Aveva come l'impressione che Frank gli avesse chiesto qualcosa. Si concentrò. Non ricordava cosa. Tutta colpa delle sopracciglia. Stupida perfezione. Quindi sorrise e prese a scuotere la testa come per prenderlo in giro: - Eh? -

Frank inarcò di nuovo le sopracciglia, sta volta indispettito. Forse nemmeno si accorgeva di quanto spesso lo facesse: - Pensi davvero che ora che so che ti fumi canne mi interessi avere in prestito il tuo caricabatterie per l'iPhone? -

- Dio, che cazzo avete in questo gruppo? Siete tutti fissati coi prodotti della Apple e i relativi caricabatterie... -

- Gerard, perchè fumi erba da solo? - insistette Frank.

- Ti prendo il caricabatterie. -

- E io ti prendo a cazzotti. -

- Non lo faresti. - sorrise scuotendo un indice Gerard.

Anche Frank sorrise. Quasi rise: - Dai, prendimi il cazzo di caricabatterie. Così dopo non avrai più scuse per continuare a parlarne. -

- Okay, osservami bene mentre lo prendo. Osservami il culo. -

- Lo farò. - promise Frank.

- Grazie. Mi impegno molto per tenerlo in forma e ho l'impressione che nessuno apprezzi i miei sforzi. Lo date tutti per scontato che io abbia un bel culo, ma non avete idea di quante ciambelle non ho mangiato per averlo così. Siete ingrati, lo faccio solo per i vostri occhi e per le tue mani. -

- Gerard, il tuo culo è favoloso. - lo tranquillizzò Frank mentre Gerard frugava fra i boxer della sua valigia alla ricerca del caricabatterie.

- Grazie al cazzo, ora non vale più. -

- Non fare il difficile. Sai che mi piaci. -

Gerard gli lanciò un'occhiata oltre la propria spalla e Frank abbassò subito lo sguardo arrossendo. Era una delle cose che più amava di Frank. Il fatto che si emozionasse per così poco. Frank era la sua piccola groupie.

Le sue dita trovarono finalmente il caricabatterie. Lo afferrò e si rialzò in piedi. Si avvicinò a Frank e gli porse il caricabatterie.

Frank lo prese fra le dita sottili ma Gerard ne trattenne dispettosamente un'estremità.

- Gee, si rompe. - disse pacatamente Frank, con gli occhi che saettavano dagli occhi di Gerard alle sue mani.

Gerard mollò sbuffando il filo e Frank lo riunì goffamente fra le sue mani.

Frank socchiuse le labbra come per dirgli qualcosa, poi le richiuse e si sedette sul bordo del letto di Gerard. Appoggiò il caricabatterie al suo fianco e prese la canna in mano.

Gerard capì che prima voleva chiedergli il permesso per sedersi lì. Anche se non era importante. Notava sempre le piccole cose. Che cosa stupida.

- Potevi almeno... che ne so, chiamarmi? Siamo d'accordo sul fatto che ti aiuterei a seppellire un cadavere, figurati se per me è un problema fumarmi canne con te. - . Scosse appena la testa rigirandosi fra le dita la canna.

Gerard sorrise. Frank non lo vide, ma stava sorridendo. Si ricompose per paura che Frank ci rimanesse male giusto in tempo prima che tornasse a guardarlo. Aveva gli occhi grandissimi. Stupida canna: - E' che davvero non credo che sia una buona idea farti fumare canne... -

- Pensi che io ci prenda l'abitudine? Non ci prenderò l'abitudine, io- -

- Frank, no, penso che le canne siano troppo per te. Anche solo una. -

- Non sono un bambino. -

Gerard fece una smorfia cercando di non sorridere. Finì per sorridere comunque. Rise un po', cazzo: - Mh, in realtà lo sei. -

- Non dire stronzate, ho venticin- -

- No, sei un bambino, okay? -

- No, vaffanculo, okay? - . Era bellissimo quando lo insultava. Lui, e anche il modo in cui lo faceva. Col tempo, Gerard aveva imparato a non passare la notte in lacrime quando lo insultava, anche perchè considerando la frequenza con cui l'aveva fatto negli ultimi cinque mesi sarebbe già dovuto essere morto di disidratazione. Aveva imparato a convivere col fatto di non essere una bella persona. Di essere una persona orribile. Nelle piccole e nelle grandi cose. Era okay con quello. L'aveva capito e accettato. E in tutto questo era addirittura riuscito a notare l'incredibile bellezza delle smorfie di odio di Frank.

- Davvero. - aggiunse in un mormorio Frank, mettendosi il filtro della canna fra le labbra. Prese velocemente l'accendino come se avesse paura che Gerard glielo fregasse all'ultimo e avvicinò la fiammella all'estremità della cartina. Lo lasciò sulle lenzuola mentre inalava profondamente. Anche il fattone più cannato non avrebbe retto del tutto bene un tiro del genere, figurarsi Frank.

Guardò solennemente l'espressione di Frank degradarsi sotto quel micidiale tiro. Guardò le sue sopracciglia (perfettissime) contrarsi, i suoi occhi assottigliarsi e diventare leggermente lucidi, le sue narici stringersi appena. Si trattenne un altro po' ma poi cedette e si piegò in due a tossire. La sua tosse era così secca che a Gerard si scorticava la gola solo ad ascoltarla.

Sinceramente dispiaciuto, gli accarezzò i capelli. Non voleva rinfacciarglielo, comunque. Non ora. Era sicuro che stesse piuttosto male in quel momento. Spinse piano il suo viso verso l'alto in modo di farsi spazio e mettersi cavalcioni sulle sue gambe.

Frank aveva di nuovo abbassato lo sguardo, quindi gli fece risollevare il viso un'altra volta. Lo guadò subito negli occhi, sinceramente curioso di come fossero ridotti.

- Tutto bene? -

Certo che no, ma Frank annuì. Ci mancava poco e le lacrime gli avrebbero rigato le guance.

Si accorse che la canna che Frank teneva fra le dita stava per perdere cenere sulle lenzuola e velocemente gliela rubò e la picchiettò sul posacenere di vetro per evitare situazioni che implicassero le donne delle pulizie. Non ne voleva più sapere di loro.

Si mise a fumare la canna che Frank aveva tossito così intensamente con la giusta cautela nell'attesa che Frank si riprendesse. Appoggiò una mano sulla sua nuca e infilò le dita fra i suoi capelli corti.

Avrebbero dimenticato entrambi le parole taglienti di prima. In silenzio, le stavano dimenticando entrambi.

Frank si appoggiò con la testa al suo petto e Gerard gli accarezzò le spalle per poi tornare a dedicarsi ai suoi capelli. Ogni volta si chiedeva cosa usasse per averli così morbidi. E lucenti. Forse qualcosa all'olio di mandorle. O i semi di argan. Fatto stava che il maledetto stronzo avesse dei bellissimi capelli e nemmeno si impegnasse per averli così. Non aveva senso che uno a cui non fregava un cazzo dei propri capelli ce li avesse così belli. Così come non aveva senso che una diva come Gerard dovesse combattere contro una capigliatura di natura crespa. Il mondo era proprio brutto.

- Posso provare a farne una io? - domandò sollevando la testa lentamente.

- Intendi una canna? - chiese Gerard, soffiando il fumo verso il soffitto per paura che Frank ne inalasse ancora.

Frank tirò un sospiro e annuì.

Gerard si trascinò giù dalle sue gambe come unica risposta. Non sapeva bene perchè a Frank fosse venuto in mente di creare una canna, forse l'erba stimolava la sua vena creativa. Si allungò in avanti e si appoggiò sui palmi per arrivare a dov'era Frank. Prese il caricabatterie con una mano: - Ti metto in carica il cellulare? - chiese gentilmente.

Frank lo guardò dubbioso: - Mh, okay. - . Lo osservò un po' smarrito che gli sfilava il cellulare dalla tasca, - Ah, mh, grazie. - aggiunse dopo.

Gli schioccò un bacio sulla guancia e poi gattonò fino alla parte opposta del letto matrimoniale per attaccare il caricabatterie alla presa. Letto matrimoniale. Con lui e Frank sopra. Se fossero stati a Las Vegas in quel momento, si sarebbe preoccupato. Si sarebbe preoccupato molto.

Infilò l'estremità del cavo nell'iPhone e andò subito nella cartella dei messaggi. C'era questa nuova ragazza con cui Frank si sentiva, non era un segreto per nessuno. Andava alle superiori con Frank da quello che aveva capito Gerard, forse addirittura nella stessa classe. Erano amici di vecchia data, se si poteva parlare di vecchia data riferendosi a quanto... dieci anni prima? Anche meno. Andò a controllare direttamente i messaggi scambiati con la ragazza delle superiori, l'unica vera rivale che Gerard avrebbe mai dovuto considerare. Insomma, Frank sembrava interessato a lei, per quello era una rivale. Sembrava un po' cazzutamente interessato. Comunque, la ragazza aveva un nome. Jamia Nastor, o Nestor, qualcosa del genere. A Gerard non importava, avrebbe comunque continuato a chiamarla puttana. Puttana come nome andava bene. Si mise a scorrere la lista delle loro conversazioni, senza trovarci nulla di interessante. Ricordava ancora l'aspetto della puttana. Ricordava con intenso orrore il momento in cui la puttana aveva sorriso e Gerard aveva scoperto che il sorriso della puttana era simile al suo. La puttana gli aveva copiato il sorriso. Jamia Quel-che-era aveva copiato il sorriso a Gerard Way. Quella troia era penalmente perseguibile per questo.

- Che stai facendo? - domandò Frank.

Gerard guardò l'allarmante prevalenza di verde nella miscela che Frank stava ancora mischiando. Quella era una quantità irresponsabile di erba per una sola canna. Ma a dire il vero non vedeva l'ora di vedere che effetti avrebbe avuto, sopratutto perchè era sicuro che per principio Frank avrebbe voluto attestare personalmente la sua creazione: - Ti leggo i messaggi. - rispose. Non aveva intenzione di mentire, perchè avrebbe dovuto? Non temeva Frank, - Comunque ora metterò su un po' di musica. -

Frank lo guardò con un sopracciglio alzato, serio e perplesso. Riabbassò lo sguardo sulla sua canna in preparazione senza dire una parola. Cos'è che non andava in lui? Che cazzo.

Mise su casuale. Partì una canzone dei Bouncing Souls. Piuttosto soddisfatto, lasciò lì il cellulare e si trascinò con il sedere accanto a Frank. Si appoggiò a lui e posò il mento sulla sua spalla avvicinando il capo ai suoi capelli.

Frank continuò imperturbabile a unire le due estremità della canna con estrema attenzione, badando a liberarle dai frammenti altrimenti non sarebbe riuscito a chiuderla. Poi se la portò alle labbra e leccò un'estremità, forse beccando solo per culo quella giusta. Sigillò la canna per bene e la passò tranquillamente a Gerard, posandogli nel mentre un bacio sui capelli. Come se avesse appena formato un cigno da un pezzo di carta. Amava l'inopportuna dolcezza di Frank.

Liberò la mano che aveva aggrappato alla maglietta di Frank e prese la canna fra le dita: - Non vuoi un tiro? -

- Certo che lo voglio. Ho ancora un polmone da distruggere. -

Gerard sorrise e gli passò l'accendino: - Fai prima tu. - . E va bene, prima aveva lottato per tenerlo lontano da tutto questo, ma ora che aveva preso il via che senso aveva fermarlo?

- Cos'è, mi usi da cavia? Se tengo botta io dopo te la fumi anche tu? -

- Fuma. Fuma e basta. - bisbigliò Gerard, infilandogli la canna fra le labbra. Gliela accese lui e Frank la prese per il filtro mentre inalava troppo troppo profondamente, - Porca... - il resto fu incomprensibile, ma quasi sicuramente aveva detto “troia”. O qualche sinonimo, poteva anche darsi che avesse buttato lì un “Jamia”.

Ora Gerard si sentiva un po' in colpa nel vederlo tossire così. Dio, un po' tanto in colpa. Gli posò una mano sulla schiena: - Ehi. -

Frank si rimise a sedere dritto con un sorriso divertito: - Ehi. Sto bene. Potrei averci messo un cazzo intero qui dentro. - constatò, - Eh, uhm, un grammo intero. Quello intendevo. - . Un cazzo intero? Okay. Frank era un ragazzo molto divertente. Prese un altro piccolo tiro e riuscì a soffiarlo fuori dalle narici solo con mezzo colpo di tosse. Ne prese un altro, e un altro ancora. Poi la sollevò davanti a Gerard per incitarlo a prenderla.

Gerard sollevò il mento e socchiuse le labbra per farsela infilare in bocca da Frank.

Frank corrugò la fronte, tossì un pochetto e poi gliela avvicinò alle labbra.

Gerard si scostò quasi subito per paura di tossire. Non doveva farsi vedere debole da Frank. Non per quelle sciocchezze. Il fumo scese secco per la gola. Lo soffiò fuori dalle narici, concentrandosi sulla semplicità del tutto.

Frank prese un altro tiro e sta volta lo soffiò fuori dalle labbra. Era semplicemente bellissimo. Ripassò la canna a Gerard: - Sono a posto. - decise in un mormorio, con la voce semplicemente distrutta.

Gerard prese la canna e si appoggiò al materasso col palmo della mano libera.

Frank si distese indietro a ginocchia piegate, lasciando le mani sottili sulla pancia a battere vagamente il ritmo della canzone.

Gerard finì silenziosamente la canna. Stava completamente per fuggire. La sua mente, stava per fuggire. Del tutto. E non sarebbe riuscita a riprenderla, avrebbe parlato a vanvera e avrebbe fatto cose stupide. Avrebbe fatto cose stupide. Forse non avrebbe parlato a vanvera, ma avrebbe fatto cose stupide. No, la sentiva ancora rispondere. Non se n'era andata. Per fortuna. Solo che non voleva lasciare lì mezza canna come uno sfigato. Sì, l'avrebbe fumata tutta. E poi era come la felicità, no? Faceva solo più paura. Fumò tantissimo. Fortissimo. Arrivò al filtro. Sì, cazzo. Sì. Missione. Fottutamente. Compiuta. E la mente era ancora lì. La sentiva chiaramente collegata alle sue labbra. Aveva solo le vertigini. Si distese a sua volta e si portò entrambe le mani alla testa. Si chiuse gli occhi, non voleva vedere tutto tremare e girare. Però così vedeva i puntini colorati in mezzo al buio. Era strano, prima di capire di che colore erano cambiavano. Però aveva l'impressione che ce ne fossero tanti di bianchi. Chiudete gli occhi. Li vedete i puntini bianchi? Le vedete quelle forme strane? Quelle spaccature bianche nel buio?

Frank tossì di nuovo. Anche lui aveva l'avambraccio posato sugli occhi.

Gerard si girò sul fianco e glielo tolse.

Frank aprì gli occhi e li puntò su di lui un istante prima che Gerard si chinasse a baciarlo. Solo le labbra. Aveva la salivazione troppo a puttane per passare alla lingua. Si sentiva la bocca completamente asciutta, era uno schifo.

- Gee, hai... - Frank tenne lo sguardo basso, cercando le parole scuotendo appena la testa, - Hai anche tu la lingua... - scosse di nuovo la testa senza riuscire a continuare.

- Sì. Sì. - confermò con un sorriso.

- E' l'erba, mh? -

- Sì. - . Scese dal suo petto e tornò a distendersi sulla schiena, strabuzzando continuamente gli occhi nel tentativo di vederci meglio. C'era una canzone, adesso, che parlava di negozi pieni di persone intente a comprare regali ai loro amanti e ai loro amici così da non essere mai più sole. Poi diceva qualcosa riguardo il blu doloroso del cielo. Gerard non riusciva a capire se fosse una canzone estremamente bella o una canzone estremamente scadente. Sale da ballo riempite di scheletri...

- Frank, che canzone è? - domandò apatico Gerard, fissando il soffitto.

Frank rimase per un po' in silenzio. Forse non se lo ricordava: - I Won't Ever Be Happy Again dei Bright Eyes. -

Gerard scoppiò in una risata: - Che bello. E' questo che incrementa la tua voglia di vivere? -

- Il cantante è un poeta. -

- Il cantante è depresso. -

- Il cantante è un poeta. - ribadì Frank, - Non giudicarlo. Gli voglio bene. -

- Hai un debole per la gente triste. -

Entrambi si voltarono a guardarsi lentamente, con gli stessi occhi arrossati.

- Sì. - confermò Frank. Tornò a fissare il soffitto. Non sembrava depresso, abbattuto o che. Forse.

Forse era inutile pensare, che tanto Gerard al momento non capiva più un cazzo.

- Uh, imbarazzante. - commentò improvvisamente Frank, prendendosi il viso fra le mani.

- Cos...? -, Gerard si fermò ad ascoltare e riconobbe la voce da checca di Frank. Gli spuntò un sorriso sorpreso, - Pencey Prep? -

- Sì... imbarazzante. - ripetè, passandosi le mani sul viso per poi ributtarsele sulla pancia.

- Sarò il tuo Lloyd Dobbler? - domandò Gerard con un sorriso, ripetendo la prima frase del ritornello.

Frank sorrise, arrossendo appena: - E sarò lì se avrai bisogno di qualcuno, anche se quel qualcuno non sono io. - annuì appena, con una breve risata. Improvvisamente, sembrava meno fatto. O insomma abbastanza sobrio da vergognarsi delle sue vecchie canzoni.

Gerard raccolse un po' di forze e si alzò a sedere: - E' dolce. - si strinse nelle spalle, innamorato del modo in cui gli occhi di Frank lo stavano guardando in quel momento.

- Non so. Io lo trovo imbarazzante. - . Si sollevò prima sui gomiti e poi con una smorfia concentrata riuscì a mettersi a sedere tremando appena.

Gerard scosse la testa, prendendo il pacchetto di sigarette: - Non capisci. Chiunque adorerebbe sentirsi dire una cosa del genere. E' estremamente dolce. - ribadì, - Vuoi del buon vecchio tabacco? - chiese poi a Frank, mentre accendeva la sigaretta tenendola ferma con le labbra. Ripose l'accendino e la prese fra l'indice e il medio soffiando fumo fuori dalle labbra.

Frank si strinse nelle spalle e annuì.

- Ne vuoi una tutta per te o...? - domandò Gerard, sollevando la sua sigaretta per mostrare l'alternativa.

Frank ghignò per qualche motivo e allungò le dita a prendere la sigaretta di Gerard.

Gerard gliela lasciò: - Così è più romantico, giusto? - accennò un sorriso, guardando Frank con la sua sigaretta fra le labbra.

- Ho da aspettarmi poco di romantico da te, quindi ogni occasione è buona. - scrollò le spalle Frank. Sollevò appena il mento e Gerard guardò la disarmante bellezza del fumo che usciva dalle sue labbra.

- A chi è dedicata? - domandò per distrarsi da Frank.

- Mh? - . Anche Frank era distratto da Gerard.

- La canzone. -

Frank si morse un labbro, e per un attimo il suo sguardo parve assente: - Mh... che ne so. - scrollò le spalle infine.

- Dai, lo sai. -

- Non era dedicata a nessuno, a dire il vero. Cioè, sai, sentimenti confusi adolescenziali per ragazze a caso. Ma immagino che se dovessi dedicarla a qualcuno ora, la dedicherei a te. -

Gerard si sentì qualcosa risalirgli la gola, ma era ancora troppo anti-romanticismo per ammettere che poteva trattarsi del suo cuore. Non arrossì, ma dentro si sentiva pieno di calore che non bruciava come fiamme ma era abbastanza intenso da sembrarlo. Quasi tremava: - Sul serio? -

- Beh, sì. Non c'è da stupirsi, è da me dire una checcata simile. - mormorò, con gli occhi leggermente sbarrati mentre fissava il muro alle spalle di Gerard.

- Il fatto è che sentirsi dire una cosa simile da un cannato ti smonta parecchi pre-concetti, sai. -

Frank scoppiò a ridere, restituendo la sigaretta a Gerard: - Che cazzo. - . Quella condivisione di canne e sigarette era in qualche modo davvero una cosa dolce. Una cosa loro. Solo fra loro due.

Gerard gli rivolse un'occhiata fugace mentre soffiava fuori il veloce tiro che aveva preso: - Voi eravate davvero fighi. Tu e i Pencey Prep. Eravate fighi. -

Frank scosse la testa con un sorriso: - Eravamo il gruppo sfigato della situazione. Quello che non salvava la serata, ma forniva solo un capro espiatorio per giustificare la triste noia collettiva. Dio, all'epoca pensavo che le tette fossero il massimo che un ragazzo potesse ricevere dal mondo. I cazzi li snobbavo come una lesbica. -

Gerard rise: - Eravate a posto. Davvero, a me e Mikey piacevate. Soprattutto, non avevi la voce così frocia dal vivo. -

- Ero giovane... e innamorato dell'amore. Non sapevo cos'era, non avevo nessuno da amare, però ero innamorato. -, continuò a raccontare Frank, fissando perso il soffitto, - Hai presente? Tutto nella mia testa. -

- Tante, tante seghe. -

Frank rise, continuando a fissare il soffitto: - Troppe. -

Gerard si obbligò a non immaginarsi un Frank sedicenne che si masturbava nel bagno. Troppo tardi? Troppo tardi. Riprese il controllo: - E poi arrivai io. - disse, - Con il mio carretto di buoni propositi. -

Frank tornò a guardarlo con un sorriso: - E i pompini sotto la pioggia. -

- I pompini sotto la pioggia. - ripeté in conferma Gerard.

Frank sorrise e scosse leggermente la testa, perso in uno dei tanti ricordi.

- Ti ricordi la prima volta che abbiamo fatto sesso? - buttò lì Gerard. Prima o poi, avrebbero dovuto riparlarne, no?

- Era stato totalmente per sbaglio. Nella tua camera macabra. Che poi, siamo davvero sicuri di averlo fatto? -

- Frank. Ti ricordi la mia andatura strana? Non era perchè ero inciampato sull'amplificatore. -

- Oh. Te... te l'ho messo in culo io la prima volta? -

Gerard soffiò risoluto il fumo fuori dalle labbra, abbassando lo sguardo a disagio: - Sì. -

Frank batté un colpo con le mani spalancando la bocca in una muta espressione di sorpresa che si tramutò nell'ennesima risata: - Davvero? -

- Davvero. E a dire il vero, non ero neanche molto ubriaco. Eri tu che avevi la febbre ed eri sbronzo. -

- Avevo la febbre? -

- C'era un periodo in cui non ne eri mai senza. Non c'era una buona volta che la tua temperatura stesse attorno ai 36, 37 gradi. Stavi sempre a 39. Mio piccolo pony. -

- Ora ricordo. -

- Finivi sempre in ospedale perchè non ti scendeva mai. -

- Una volta mi accompagnasti tu. -

- Sbagliai apposta a schiacciare il piano solo perchè ti divertiva andare in ascensore. -

- Ti ricordi quella volta che Mikey finì nell'obitorio, ti chiamò al cellulare e ti disse di essere finito nell'aldilà? -

Gerard scoppiò a ridere: - E ti ricordi quella volta che ti ho portato la cioccolata nonostante ti avessero esplicitamente chiesto il digiuno? -

- Sì. Fu uno dei tuoi tanti tentati omicidi. -

Gerard rise sbuffando fuori una nuvoletta di fumo e ripassò la sigaretta a Frank che la accettò tranquillamente.

- Gerard, abbiamo passato tantissimo tempo insieme. - gli comunicò Frank, quasi in tono solenne, - Sei stato il mio primo migliore amico. -

Gerard provò qualcosa di orribile allo stomaco: - Anche tu. Il primo. In assoluto. - . Per orribile intendeva commozione, ecco.

- Forse fa un po' schifo il fatto che abbiamo litigato così tanto. - . Prese distrattamente una cartina e tornò a mischiarci sopra del tabacco e dell'erba (sempre in maniera piuttosto irresponsabile).

Gerard rimase in silenzio ad ascoltarlo. Aveva una strana sensazione di vuoto allo stomaco.

- Se fossimo rimasti amici, non avremmo mai litigato tanto. -

- Prima o poi avremmo in ogni caso cominciato a provare qualcosa di più. E avremmo litigato su questo. - replicò Gerard.

Frank continuò a tenere lo sguardo basso e posò il filtro di carta su un'estremità della cartina mentre teneva ancora la sigaretta di Gerard fra le labbra: - Hai ragione. - ammise, - E' un peccato, il fatto che ti ami. -

La sensazione sgradevole allo stomaco a quel punto gli provocò quasi un conato di vomito. Frank rimpiangeva il fatto di amarlo. Perchè amarlo era sbagliato, giusto? Era una cosa che andava evitata. Nessuno al mondo avrebbe mai dovuto innamorarsi di Gerard Way, Gerard Way non era un buon partito per nessuno. Gerard Way era un mostro, amarlo era come ammalarsi di cancro. Amarlo era come una condanna a qualcosa di brutto.

Gerard si sentiva male, malissimo. Rivolse gli occhi verdi al viso di Frank, agli occhi arrossati che fissavano di nuovo il soffitto mentre fumava la sua nuova canna e decise che era abbastanza. Non era più divertente. Faceva male. Allungò una mano per farsi passare la canna mentre Frank era preso dall'ennesimo attacco di tosse: - Dammi. -

- Che c'è? -

- Ti fa male la gola. Non ti farò mai più fumare erba. -

- Gee, che c'é? - insistette, inclinando appena le sopracciglia verso l'esterno in un'espressione sofferente. Era completamente fuso?

- Piantala di fumare. - sibilò.

Frank rimase per un po' in silenzio ad osservarlo. La cenere non cadde sui suoi jeans solo per questione di culo:- Mi piace quando sei rude. -

- Frank, dammi la canna. - insistette Gerard. Non era un granché paziente, mai sostenuto il contrario.

Frank lo scrutò ancora per un po' prendendo un altro lento tiro. Tossì di nuovo, si convinse a lasciar perdere e la passò mansuetamente a Gerard.

Gerard la spense deciso e la appoggiò insieme al posacenere sul comodino opposto al lato di letto di Frank. Manco fosse un bambino con la cioccolata.

- Mh... comincio a... -, Frank avanzò faticosamente sulle ginocchia, si fermò vicinissimo a Gerard, per poco non gli andò a sbattere addosso. Gli occhi verdi salirono dalle labbra di Gerard ai suoi occhi. Le distanze erano minime, - … non capirci più un cazzo. - terminò, in un sommesso mormorio lontano.

Gerard si leccò le labbra. Non pensava di essere bello, non l'aveva mai pensato. Sapeva solo che faceva certi effetti su Frank. Sapeva solo che a Frank piaceva fisicamente. E tanto.

Si avvicinò e trovò subito le sue labbra calde e umide. Ora la distanza era qualcosa di inesistente. Posò le dita sulla sua guancia liscia per sentirla mentre diventava progressivamente più calda.

Frank si avvicinò per un altro bacio ma Gerard gli morse il labbro inferiore, facendolo mugugnare qualcosa di incomprensibile. Tenendo il labbro fra i denti, lo trasse verso di sé fino a scoprire la N e la J tatuate verso l'interno. Gerard si chiedeva cosa ci trovasse nel New Jersey. Lui si era già preso una casa a Los Angeles per quando avrebbero finito il tour. Gerard non vedeva l'ora di scappare dal New Jersey. Frank, invece, con ogni probabilità ci sarebbe morto nel New Jersey. Stupido ragazzino.

Si scostò ancora e passò un dito fra il bordo dei jeans di Frank e la sua pelle nuda, senza voler fare nulla in particolare a parte far impazzire Frank e riempirgli la testa di immagini su di lui.

Frank abbassò lo sguardo e si morse un labbro.

Gerard sfilò il dito dai jeans, rifacendoli aderire ai fianchi di Frank.

- Stronzo. - mugugnò deluso Frank, nel vedere che Gerard si era fermato.

Gerard prese Frank e lo fece sedere.

Frank gli rivolse un'occhiata interrogativa: - Mh? -

Gerard si prese l'orlo della maglietta e lo sollevò appena mordendosi un labbro sotto gli occhi di Frank.

- Perchè ti atteggi così? - chiese Frank con un sorriso confuso.

- Perchè voglio portarti a letto. -, più che altro gli piaceva fare la puttana.

- Siamo già a letto. -

- Ma siamo ancora vestiti. - notò arricciando il naso Gerard, - Per cui lasciami svestirmi, Iero. E non farmi incazzare. -

- Mi piace quando sei rude. - ripeté Frank.

Gerard tornò a mordersi il labbro inferiore sbottonandosi piano i jeans. Scese dal letto per sfilarli con più facilità. Si levò la maglietta dalla testa, scacciò giù i boxer e li lasciò a terra. Nudo e deciso, avanzò gattonando sul materasso. Svestì Frank, strato per strato, senza essere brusco o violento.

Frank gli rivolse un sorriso quando Gerard gli tolse i boxer che Frank non riusciva a liberare dalle caviglie. Gerard non ne capiva il vero motivo, eppure adorò quel sorriso.

Aprì le gambe di Frank e se le strinse ai fianchi. Scivolando lungo il suo interno coscia, si avvicinò fino a sfiorarlo dove entrambi volevano. Frank fremette immediatamente e si spinse sulle lenzuola più vicino a Gerard. Era davvero bellissimo. Ricoperto di tatuaggi che Gerard non avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Non era nemmeno consapevole di quanto Gerard apprezzasse ogni singolo millimetro del suo corpo. E Gerard lo aveva tutto, in quel momento. Aveva la sua mente, il suo cuore e il suo corpo. Tutta l'attenzione di Frank era indirizzata a lui, e tale consapevolezza lo faceva sentire potenzialmente in grado di distruggerlo.

Sprofondò, fu come un cazzotto. Mozzò a entrambi il fiato per le stesse sensazioni. In quei momenti, erano quasi perfettamente uguali. In quei momenti, c'erano davvero solo loro due. Ed era strano per Gerard. Con Frank tutto era strano.

Frank respirava affannosamente, e il continuo gonfiarsi e sgonfiarsi dei polmoni faceva riaffiorare ritmicamente le costole. Le ossa della cassa toracica avevano da sempre esercitato uno strano fascino su Gerard. Forse era la dolcezza con cui tenevano abbracciati stretti i polmoni e il cuore. Forse fumava troppa roba scadente. Risalì con lo sguardo il suo corpo e guardò le vene del suo collo spuntare sotto la pelle tesa. Guardò il tatuaggio dello scorpione a lato sotto il profilo della mascella. Non gliel'aveva mai detto, ma era uno dei suoi preferiti insieme alle forbici. Forse dipendeva dal fatto che amava intensamente il collo di Frank e non ne sapeva il motivo. Forse era una specie di forma di vampirismo, anche perchè spesso aveva sognato di morderglielo. Non che gli interessasse troppo classificare le sue strane manie. Le sue strane fissazioni.

Continuò a muoversi, lentamente, facendo tremare entrambi. Se mai avesse ucciso qualcuno, l'avrebbe fatto lentamente e con sentimento. Si sarebbe goduto ogni singolo istante.

Frank era stretto. E caldo. Quando la sensibilità si alzava follemente, era quasi doloroso. Di sicuro, per Frank lo era in ogni singolo istante.

Accelerò, perchè stava diventando agonizzante. Gerard era bravo in molte cose, ma non a scopare con un minimo di controllo. Ora che ci pensava, a dire il vero era bravo in davvero poche cose. Spinse forte, più forte, più forte. Il letto che sbatteva contro il muro era uno schifo, comunque. Davvero una merda. Però quasi avrebbe voluto piangere. Non bastava mai, avrebbe continuato all'infinito. Lottava per avere sempre più contatto fisico con Frank, per sentirsi i fianchi stretti dalle sue cosce e la loro pelle nuda sfiorarsi e sfregarsi. I gemiti scivolavano fuori dalle loro labbra, a volte diversi fra loro, a volte così simili da confondersi. Adorava sentire le spinte prolungarsi nei versi di Frank.

- Gerard, Gerard, Gerard, Gerard, Gerard. - mormorava, con la guancia schiacciata contro il cuscino e i denti affondati nel labbro inferiore mentre sorrideva e rideva confusamente. C'era qualcosa di macabro su come venisse spinto ritmicamente indietro e poi in avanti, indietro e in avanti...

- Cosa? - chiese perplesso.

- Sei come un proiettile... piantato dritto dritto... oh. - rivolse il viso al soffitto e spalancò un'altra volta la bocca, - Oh. Dritto nel cervello. - . Gerard pensava da qualche altra parte ma ehi, stavano facendo sesso, la perversione in quel caso era giustificata.

- Scrivimi un haiku. - buttò lì. Una volta avevano scritto un haiku riguardo un rutto perso in gola. Ma era stato un episodio isolato.

- E' troppo breve per descrivere-... - si bloccò per un'istante, - Oh, Dio, Gerard. Mi sento... mi sento come una principessa. -

- Sei la mia principessa. -

- Sono la tua principessa. - ripeté Frank sorridendo. Merda. Era felice.

- Sei anche molto fatto, Frank. -

- Sono anche molto fottuto. Mh. -

- Mh. - ripeté con un sorriso Gerard.

Frank si mise a ridere. Tentò di farlo, a dire il vero. Ed era curioso come la sua risata seguisse il ritmo di Gerard.

Gerard andò a fondo, sempre più a fondo, chiedendosi se non stesse effettivamente lacerando qualcosa lì dentro. Percorse le cosce di Frank, gliele graffiò nella foga, sollevò il viso sudato e urlò semplicemente al soffitto. Sentì umido, capì che non era sangue, gli spuntò un sorriso. Continuò piano, miagolando a ogni movimento lento. Scivolando e muovendosi in quella fessura bollente e umida. Fare sesso era davvero uno schifo, era disgustoso e sfacciato, ma era anche la sensazione più completa del mondo. Non c'era niente di più oltre. Lui e Frank facevano così tanto sesso. Era così meraviglioso, a dire il vero. Adorava fare sesso con quel piccolo chitarrista fottuto. Ogni volta che lo vedeva pensava a scoparselo. Ogni volta che lo trovava sul palco chino sulla sua chitarra coi capelli zuppi di sudore e le labbra socchiuse desiderava scoparselo. Ogni volta che gli sorrideva desiderava spingerlo contro la prima superficie piana a disposizione e scoparselo. Ogni volta che gli rivolgeva la parola desiderava scoparselo. Ogni volta che si voltava a cercare il suo sguardo desiderava svestirlo del tutto e... scoparselo.

Davvero, Frank Iero era stato creato per essere scopato da Gerard Way. Era inevitabile che finissero a letto insieme, era una cosa semplicemente così giusta, andava fatta.

E Frank aveva tutto quello che Gerard aveva mai cercato, da ogni punto di vista. Frank era meraviglioso. Se qualcuno avesse mostrato a Gerard da piccolo una foto di Frank e gli avesse chiesto subito dopo che avrebbe voluto fare da grande, lui avrebbe risposto che voleva scoparsi quel chitarrista giorno e notte, senza interruzioni. Frank era stato creato apposta per tentare Gerard, quante volte aveva sognato di scoparselo mentre dormiva abbracciato ad Eliza? “Ma sì, Frank, siamo solo amici!”. Come no. Farci sesso era l'unico pensiero che non avrebbe mai abbandonato la mente di Gerard. Era ossessionato dall'idea di averlo nudo e tutto per sé. E non aveva mai smesso di pensarci. Forse Eliza aveva fatto bene a tradirlo, Gerard l'aveva tradita ogni singolo giorno nella sua mente. Gerard all'epoca sentiva di amare follemente e intensamente Eliza, ma non si era mai spiegato perchè, in fondo, Frank continuasse a riempirgli i pensieri. A gonfiarli di sesso.

Gerard era un ragazzo malsano, ma niente di patologico. Magari c'era un termine per gente come lui, ma non aveva tempo per trovarlo. Doveva fare molte altre cose. Per esempio, sesso con Frank. Sì, era un circolo vizioso.

Uscì dal corpo di Frank scosso dai tremolanti effetti che il sesso aveva sul suo sistema nervoso.

Frank si girò verso di lui e si rannicchiò con una smorfia. Spinse il viso contro il cuscino come per piangere.

Gerard sapeva che gli faceva male. Era orribile quando finivano e Frank piangeva. Non voleva che finisse così: - No, dai, non piangere. -

- Mi gira la testa, ho la salivazione a puttane e mi fa male il culo. - spiegò Frank, - Oh, Dio. Me ne sono accorto solo ora, sto così male, Gerard. Sto pochissimo bene. -

Gerard sorvolò i suoi strani modi di esprimersi, si avvicinò con il viso al suo e gli accarezzò i capelli con la punta delle dita: - Devi vomitare? -

Frank sollevò un braccio che prima stringeva al petto e circondò le spalle di Gerard per farlo avvicinare. Le sue labbra finirono vicine al suo orecchio e le loro guance si sfiorarono: - Non devo vomitare. - sillabò, come se la domanda lo avesse infastidito.

Gerard trascinò il viso più vicino e gli mordicchiò il collo. Era caldissimo. Frank era completamente bollente. Improvvisamente, gli tornò in mente che doveva chiamare Lindsey. Sudori freddi lo percorsero interamente mentre si chiedeva come aveva fatto a dimenticarlo. Si scostò di colpo e gli occhi arrossati di Frank lo guardarono diffidenti. Altra scarica di ansia quando si rese conto che avrebbe dovuto ferirlo.

- Devo fare una chiamata importante. -

- E' così che chiami le chiamate a Lindsey? - chiese di rimando, sollevandosi appena.

- Non mi rompere il cazzo. - . Scese dal letto sbuffando spazientito. Quando si metteva fra lui e Lindsey, Frank riusciva solo a dargli sui nervi. Faceva parte del pacchetto condividerlo con lei. Era inutile che la odiasse, non lo avrebbe portato a nulla.

Si voltò di nuovo e guardò immobile per qualche secondo Frank.

Era incazzato, ma non molto.

Lo baciò e poi riuscì ad andare in bagno. Non gli interessava se erano comportamenti incoerenti, i suoi. Era incoerente dall'alba dei tempi, ci avrebbero fatto l'abitudine.

Si chiuse la porta del bagno alle spalle e digitò il numero di Lindsey prima che l'emozione gli schiaffeggiasse le budella. Accese distrattamente l'acqua del rubinetto nell'attesa che rispondesse agli squilli. L'accese, la spense. L'accese. La spense. L'accese, la spense, l'accese, la spense... e Lindsey non rispondeva. Gerard si incazzò solo perchè davvero non riuscì ad evitarlo. Che aveva da fare di meglio? Lindsey doveva vivere per lui, perchè Gerard viveva per lei. Era così che doveva funzionare. Quindi perchè non rispondeva? Gerard aveva davvero bisogno di sentirla, anche solo per accordarsi per la prossima volta in cui si sarebbero visti. Aveva bisogno di lei, desiderava vederla il prima possibile. Voleva davvero abbracciarla. Chiederle come stava. Parlarle di stronzate perchè era bello passare il tempo anche solo a sorridere.

Ma Lindsey non rispondeva. E non si sarebbero mai rivisti.

Partì la segreteria telefonica e Gerard riaccese il getto dell'acqua furioso, cercando di spaccare il rubinetto in qualche modo. La stronza non aveva risposto. Maledetta stronza, voleva ucciderlo.

Si spalancò la porta, e Frank si chinò sul lavandino sul quale scorreva l'acqua, totalmente affannato.

Gerard appoggiò il cellulare alla svelta (non aveva tasche nel quale metterlo, era nudo, ricordate?), e si allontanò momentaneamente dal nervosismo provocato da Lindsey per dedicarsi a Frank. Gli sfiorò le spalle senza scuse, mentre lui ansimava e sputava saliva con la bocca spalancata. “Non devo vomitare.”, aveva detto. Ma per favore, in quel gruppo nel tempo libero non facevano altro che vomitare.

- Dai, respira piano. - mormorò accarezzandogli incoraggiante la schiena.

Frank strinse più forte il bordo del lavandino, contraendo le spalle in preda allo sforzo. Sputò di nuovo saliva. Poi le sue spalle subirono una specie di convulsione ma tossì e basta. Smise improvvisamente di farlo portandosi una mano alla gola.

- Ti fa male? - chiese Gerard.

Frank annuì energicamente.

- Bevi un po' d'acqua. -

Frank scosse la testa con convinzione: - E' perchè devo vomitare. Devo vomitare. - bisbigliò, rimollandosi la gola per appoggiarsi al lavandino con un lieve sospiro.

- Sei sicuro? Forse è solo la salivazione- -

- No. - sbottò Frank, mordendosi con ansia il labbro. Socchiuse le labbra attendendo impaziente il conato di vomito, - Non riesco a vomitare. - si lamentò con un singhiozzo di frustrazione, colpendo arrabbiato il lavandino, - Sto malissimo, e non riesco nemmeno a vomitare! -

- Dai, con calma. -

Frank sbuffò spazientito. Sembrava una ragazza sotto ciclo, e per ragazza sotto ciclo Gerard intendeva le scenate che gli faceva Eliza quando lui accennava a sfiorarla e lei si imbestialiva. Ricordò che la amava anche quando lo allontanava urlando e poi incrociava le braccia decisa a non rivolgergli la parola. E il fatto che fosse così bella da arrabbiata non aveva mai nemmeno aiutato Gerard ad evitare di continuare coi tentativi per baciarla.

Risentì le budella stirarsi dolorosamente nella sua pancia, la gola stringersi e il naso pizzicare, quindi smise subito di pensare a quella fottuta stronza e si sforzò di concentrare tutta la sua attenzione su Frank, l'unico essere al mondo che meritava la piena considerazione di Gerard in quell'istante. Almeno adesso.

Gli posò una mano sulla pancia.

- Che fai? - sussurrò nervosamente Frank, continuando a fissare il lavandino. Doveva essersi appena accorto che nessuno dei due indossava vestiti.

- Senti qualcosa qui? -

Frank spalancò gli occhi arrossendo.

Gerard percepì subito che aveva interpretato la domanda nel più pervertito dei modi e cercando di non ridacchiare come un cazzone qualunque chiarì il concetto: - Ti fa male qui? -

Frank si voltò a guardarlo apprensivamente: - N-no. -

Gerard gli guardò gli occhi rossi per qualche istante prima di ricordarsi cosa stesse facendo. Continuò a sfiorargli la pelle portando la mano più in su: - E qui? -

- Cosa sei, il mio pediatra? - bofonchiò corrugando le sopracciglia con disappunto.

- Sì. -

- Lì non c'è proprio un cazzo. -

- C'è l'ha bocca dello stomaco. -

- Nel senso che non provo un cazzo lì. -

- Qui cosa provi? - chiese ridendo mentre la mano scendeva repentinamente in basso fra le sue gambe.

Frank lo allontanò schiaffeggiandogli via la mano con tutta la forza che aveva in corpo e che per fortuna era da sempre stata molto poca.

- Scusa. Scusa. - ripeté sghignazzando Gerard.

Frank lo allontanò ulteriormente con un piccolo grande spintone e poi tornò ad appoggiarsi al lavandino con le guance ancora arrossate.

Gerard gli tornò addosso e gli abbracciò la vita spingendolo di fianco contro di lui: - Stai ancora male? - bisbigliò con un sorrisone, lasciandogli baci in giro per il collo, la guancia e i capelli.

- Sì, fottuto idiota. - borbottò Frank.

- Dai, è solo la salivazione. - lo rassicurò Gerard con precaria serietà.

Frank borbottò qualcosa di incomprensibile.

- Ti avevo detto che non era una buona idea farti fumare canne. - si strinse nelle spalle.

Frank lo ignorò e accese il getto d'acqua del lavandino.

Gerard decise di non torturarlo oltre e si allontanò. Attese che Frank finisse di inghiottire acqua senza farsi troppi problemi a osservarlo ovunque e quando Frank spense il getto d'acqua e si asciugò il viso con l'asciugamano se lo caricò in braccio afferrandolo con un braccio sotto le ginocchia e l'altro sotto la schiena. Incredibilmente, Frank non urlò. Bofonchiò solo qualcos'altro di incomprensibile e poi si aggrappò con le braccia al suo collo.

Passarono le due ore successive sul letto a mangiare i biscotti al cacao che Gerard teneva in valigia per quando Mikey passava in camera sua a fare stronzate o a cercare di parlargli senza cadere nel ridicolo.

Più che altro, li mangiò Frank. Non che Gerard si divertisse a fare il ragazzetto anoressico della situazione, solo che a giudicare da come mangiava velocemente Frank doveva essere parecchio affamato e non voleva che avesse fame. Ci teneva a far stare bene Frank. Almeno fisicamente, dato che per la parte emotiva non poteva più farci nulla. Perchè era Gerard Way, per definizione non sarebbe mai stato d'aiuto a Frank Iero. Era una di quelle cose che dovevano accettare e basta. Quasi dogmaticamente.

Quando Frank ne ebbe abbastanza dei biscotti, si fecero qualche foto col cellulare mentre decidevano che quella notte dopo il concerto si sarebbero visti insieme dei documentari. Litigarono successivamente sulla scelta di Frank di vedere quelli della BBC perchè l'ultima volta che avevano visto un documentario della BBC Gerard era rimasto abbastanza turbato da piangere a causa di uno straziante primo piano sul muso di una foca che stava per scivolare tramite una lastra di ghiaccio nelle fauci di una balena. Fu lo sguardo arrendevole della foca a distruggere Gerard. Il fatto che sapesse che ormai era finita, che sarebbe dovuta morire e che l'avesse accettato perchè non aveva altra scelta, Doveva accettarlo. Il regista del documentario era stato semplicemente un depravato di merda a inquadrare gli occhi di una foca che stava per essere mangiata viva. Quel figlio di puttana sarebbe bruciato all'Inferno. Senza parlare del fatto che non si trattava di una foca scazzata o che, quella foca aveva passato i suoi ultimi minuti di vita a scappare disperatamente per salvarsi. Quella foca desiderava vivere. Quella foca aveva scelto la vita ma si era rifugiata sulla lastra di ghiaccio sbagliata e la morte aveva scelto lei. C'era qualcosa di estremamente sbagliato nel vedere una foca morire. Gerard non avrebbe voluto essere filmato mentre moriva. Soprattutto, il cameraman avrebbe potuto salvarla. Avrebbe potuto prenderla per la pinna e semplicemente portarla via da lì. Invece aveva filmato. Anche lui sarebbe bruciato nelle fiamme dell'Inferno.

Alla fine raggiunsero addirittura un compromesso: documentari sui pesci perchè i pesci non facevano pena a Gerard. Ma Frank lo accusò di essere un "figlio di puttana insensibile e superficiale" e litigarono anche su questo. Gerard preferì spingerlo contro il cuscino e baciarlo, comunque, prima che le foche e i pesci diventassero metafore di loro due. E fu più o meno così che placò i piccoli sprazzi di ribellione di Frank. Perchè i suoi ormoni non si sarebbero mai ribellati a lui. Mai. E lo sapeva.

 

- Sì, va molto bene, grazie. - rispose distratto, osservando Frank seduto in braccio a Bob che mangiava ancora quei fottuti biscotti al cioccolato. Era l'essere più adorabile del mondo.

- State registrando canzoni nuove? - chiese la ragazza dall'altra parte della cornetta. Gerard nemmeno sapeva che cazzo di faccia avesse, perchè avrebbe dovuto risponderle? Ah, uhm, sì. Perchè era “famoso” e volevano le sue interviste. Volevano intervistare Gerard Way. Un interessantissimo ragazzo problematico coi capelli troppo neri.

- No, no, siamo impegnatissimi -, “a scopare”, - col tour. Non ne abbiamo avuto ancora il tempo. E ad essere onesto, non mi è ancora giunta abbastanza ispirazione per scrivere testi nuovi, e nemmeno nuove melodie. Affatto. Sono ancora mentalmente impegnato -, “a scoparmi Frank”, - con la parata nera. - . Stava per dire “porcata nera”, davvero. Il che sarebbe suonato molto afro, fra le altre cose.

- Recentemente nei concerti sono state inserite canzoni nuove... - insistette l'intervistatrice.

Gerard tornò a guardare Frank senza abboccare ancora alle parole della ragazza.

- Ce n'è una in particolare... -, e sicuramente non avrebbe scelto di parlare di Sister To Sleep o di Kiss The Ring o Fortunate Son perchè era una ragazza, ed era troia, e doveva farsi i cazzi suoi, - I fan la stanno chiamando The World Is Ugly, non so comunque se sia corretto dato che non l'avete registrata, sbaglio? -

- No. -

- Beh, è dedicata a qualcuno in particolare? -

Frank incrociò gli occhi di Gerard. Perchè proprio in quel momento? Gli mandò un teatrale bacio baciandosi le mani per poi spalancare le braccia come per lanciarglielo e Gerard gli rivolse un sorriso. La verità? Gli veniva da piangere: - No. -

- Girano rumors riguardo al fatto che sia dedicata alla sua ex con la quale si è recentemente lasciato, non è così? -

Gerard distolse lo sguardo da Frank e si appoggiò con la schiena alla parete probabilmente logora della cabina telefonica, stringendo debolmente la cornetta. Eliza. Il solo pensiero del suo viso gli sviscerava completamente le budella: - Sono rumors, per l'appunto. I rumors non sono attendibili per definizione. - . Avrebbe anche voluto pronunciare il nome dell'intervistatrice alla fine della frase tanto per rendere ufficiale che stava cominciando ad incazzarsi, ma non si ricordava che cazzo aveva detto nel presentarsi quindi dovette evitare.

- Mi sta dicendo che state ancora insieme? Avete pianificato il matrimonio? -

Gerard spalancò la bocca colto dal puro orrore, mentre gli si sgretolava il cervello a furia di immaginarla vestita da sposa, bellissima, in piedi di fronte a lui con le mani nelle sue. Gli si riempirono gli occhi di lacrime: - Non sono affari che la riguardano, Angela. - ricordò all'improvviso.

- Chi è Angela? - . Cazzo.

- No, stavo parlando al mio cane. Il mio cane Angela. - . Tirò su col naso concentratissimo per non ridere. Esistevano davvero teste di cazzo in grado di chiamare il proprio cane "Angela"? Che merda.

- Quindi fra lei ed Eliza è finita? - . Perchè, pensava che Gerard stesse insieme al cane?

- Non siamo mai davvero stati insieme. - . Sembrava tanto una di quelle frasi che adoperava quando qualcuno gli chiedeva di Frank. Qualcuno che non fosse intervistatore e/o una Troia. Con i media si andava avanti a deliziose stronzate per smentire l'intero universo Frerard che quei coglioni si impegnavano a costruire per poi buttare giù con qualche cattiveria omofoba.

- Quindi The World Is Ugly non è dedicata a lei? -

- Come le ho già detto, no. -

- E a chi allora? -

- Al mio criceto! - esclamò Gerard. Aveva una bella storiella al riguardo, - Era scappato in una torrida notte estiva e per combattere il senso di perdita mi ero messo a scrivere The World Is Ugly. -

- Lei ha un grande senso dell'ironia, signor Way. -

- La ringrazio. -

- Avete intenzione di registrare la canzone? Molti fan ne sarebbero entusiasti. -

- Non ne abbiamo ancora parlato. Non credo. -

- Pensa che il criceto ritornerà mai indietro? -

Che domanda stupida. Ma Gerard le rispose: - No. -, perchè era vero, Eliza non sarebbe tornata. Mai più.

- La ringrazio per aver risposto alle mie domande. Spero non l'abbiano turbata. - . Non sembrava troppo falsa, ma sicuramente se Gerard l'avesse avuta lì vicino in carne ed ossa l'avrebbe schiaffeggiata. Fanculo il rispetto per le donne, quella non era una donna, quella era... una Troia.

- No, affatto. -

- Le auguro buona fortuna con il tour. -

- Grazie. -

- E comunque, mi chiamo davvero Angela. Mi fa piacere che se lo sia ricordato. - . Lurida stronza del cazzo...

- Lei è un intervistatrice molto -, “troia”, - astuta. -

Rise. La Troia rise: - La ringrazio. Buona giornata. - . Riattaccò.

Gerard rimase con la cornetta in mano. Già, buona giornata. Grazie tante, Troia del cazzo, gliel'aveva appena rovinata la giornata con le sue domandine del cazzo. Troia, Troia di merda. Riagganciò, così sottilmente incazzato che forse si sentiva abbastanza sobrio per commettere un impeccabile suicidio. Uscì dalla cabina e raggiunse i suoi migliori amici che lo stavano aspettando seduti sul muretto lì vicino. Affondò le mani nelle tasche della giacca un po' larga. Faceva freddo e non c'era nemmeno il sole. A Gerard piacevano le giornate così, a dire il vero.

- Biscotto? - domandò sorridendo raggiante Frank, porgendogli il pacco di biscotti.

- No, grazie. - , gli sorrise velocemente.

- E' tutto okay? - chiese lui. Con quel felpone enorme, era il ragazzo più stupendo del mondo.

Gerard si aspettava una qualche battuta almeno da parte di Mikey e Ray, invece li trovò che lo guardavano in attesa. E se ne sorprese.

- Sì. Facciamo un giro? - propose rivolgendosi a tutti.

Emisero tutti e quattro versi di consenso e si alzarono, chi prima chi dopo.

Frank prese l'ultimo biscotto, accartocciò il pacco vuoto e lo buttò a distanza nel cestino mentre gli altri già si alzavano dal muretto. Scese dalle ginocchia di Bob e lo aiutò ad alzarsi. Gerard nemmeno sarebbe mai riuscito a ingelosirsi delle tenerezze che Frank riservava a Bob.

- Davvero, che ti ha chiesto l'intervistatore? - domandò Ray.

- L'intervistatrice. - puntualizzò, - Comunque domande che puntano a mh... fare gossip. -

- Miseriaccia. - mormorò Ray.

Gerard lo guardò storto. Non era da lui dire “miseriaccia”. Che cazzo-?

Sentì Frank prendergli la mano. Sapeva con certezza che era lui senza il bisogno di voltarsi a guardarlo.

- Comunque non avete intenzione di spiegarci gli occhi arrossati di Frank? - domandò giovialmente Mikey, deciso a chiudere il discorso che tanto turbava il fratello.

- Vi ho detto, è solo shampoo. - spiegò Frank, molto poco bravo a mentire.

Gerard sorrise. In fondo era bello il fatto che gli venisse così difficile essere bugiardo.

- Non credo! -

- E' così. -

Ray spalancò la bocca estasiato: - Ohmiodiounalibreria! -

- Drogato. - commentò subito Gerard.

Ray corse semplicemente in direzione della libreria schivando i passanti. Ray si drogava davvero.

- Che gli è successo? - chiese intimorito a Bob.

- Ha trovato un libro di Harry Potter di Frank e ci è andato totalmente in fissa dalle dieci di questa mattina. - spiegò pacato, - Si è letto la Pietra Filosofale in tre ore e mezza. -

Gerard si batté la mano libera sulla fronte. Ecco cosa gli ricordava “miseriaccia”. Ron Weasley. Ray stava fottutamente diventando un Weasley. Si sarebbe dipinto i capelli di rosso e avrebbe cominciato a chiamarli Babbani. Guardò Ray spalancare brutalmente la porta della libreria e capì che avevano perso un'altra parte di lui, per sempre. Si voltò a guardare Frank per vedere la sua reazione.

Il cielo grigio gli illuminava in maniera strana il viso, rendendolo ancora più perfetto.

- E' colpa tua, eh? - gli mormorò.

Frank spalancò gli occhi: - Non credevo sapesse leggere! Pensavo sapesse leggere sono gli spartiti... -

- Vado in libreria da Ray. - decise Bob.

- Veniamo anche noi. - confermò Mikey.

Seguirono le tracce di Ray, e Frank fece lo stesso portandosi dietro Gerard.

Gerard valutò di strattonarlo indietro all'ultimo e spingerlo sulla panchina a due metri da lì per passare una ventina di minuti a baciarlo mentre Ray scopriva i vari libri che componevano la saga di Harry Potter, ma infine si arrese di malavoglia al stupido volere di Frank. Entrarono nella libreria e salutarono brevemente la commessa e il commesso dietro la cassa che stavano guardando insieme un block notes contenente chissà quali stronzate.

Frank continuò a tenere per mano Gerard e lo guidò fra gli scaffali di libri. Da dietro, così piccolo e circondato da tutti quei libri, era ancora più carino. Senza alcuna vera ragione.

Gerard già sentiva il sommesso bofonchiare di Ray dalla fila di scaffali parallela alla loro.

Frank si fermò nella fila deserta che stavano percorrendo e mollò la mano di Gerard per guardare incuriosito un libro che aveva attirato la sua attenzione. Forse si era anche appena dimenticato che Gerard fosse lì.

Gerard non si interessò nemmeno per un minimo istante all'argomento del libro, il che era sempre sbagliato perchè sarebbe potuto tornargli utile per il prossimo Natale o compleanno.

Gli baciò la nuca scoperta e Frank indietreggiò involontariamente per lo spavento scontrandosi con il sedere contro il bacino di Gerard. Fu la mossa più giusta del mondo. Soffiò per un attimo fuori una risata che davvero non sarebbe mai e poi mai riuscito a trattenere e poi portò le mani ai fianchi di Frank facendolo di nuovo avvicinare continuando a baciarli la nuca e la mandibola fino a dove arrivava con le labbra.

Frank appoggiò il libro alla mensola, senza preoccuparsi di rimetterlo in piedi come gli altri.

Gerard si accorse che le sue mani tremavano. Non capiva come riuscisse a metterlo così in difficoltà.

Frank inalò aria dal naso stranamente libero (era un periodo in cui tutti nel gruppo erano raffreddati) e poi socchiuse le labbra arrossendo. Per un attimo si appoggiò con la schiena al petto di Gerard, poi Gerard lo fece voltare e lo afferrò per i lembi della felpa sui suoi fianchi e lo baciò.

Socchiuse le labbra sfiorandogli dispettosamente la lingua con la sua, continuando a tenerlo per la felpa calda per riscaldarsi le dita gelide.

Frank cominciò ad accarezzargli il collo con le dita calde, nemmeno lontanamente consapevole di quanto piacevole fosse per Gerard.

Si appoggiarono distrattamente alla libreria dietro a Frank e improvvisamente sentirono qualcosa vibrare.

Il cellulare di Frank vibrò decisamente contro il inguine di Gerard, che dovette trattenere il respiro per non commentare con strani gemiti imbarazzanti. Si allontanò segretamente incazzato mentre Frank tirava fuori imbarazzato il cellulare dalla tasca della felpa. Doveva aver avuto effetti maliziosi anche su di lui.

Gerard fissò semplicemente il cellulare birichino che con un solo messaggio aveva messo a dura prova i pacchi di ben due persone, chiedendosi sempre più furioso se fosse addirittura un messaggio di Jamia. In quel caso, l'avrebbe davvero ammazzata. Non sapeva ancora come, ma l'avrebbe fatto.

Frank guardava in silenzio lo schermo del cellulare, mangiandosi le unghie della mano libera. Sorrise: - Non ci credo. - . Sollevò gli occhi ancora un po' arrossati e mostrò a Gerard lo schermo del cellulare sollevandolo. Ah, era solo un messaggio di Ray. Che preferiva comunicare col cellulare piuttosto di fare due passi e andare effettivamente da loro. Va bene.

"Come si chiama il libro di Harry Potter che ho letto? (Frank in libreria non si può fare sesso, datevi una calmata)".

- Che stronzo. - commentò contrariato Gerard.

Frank si strinse nelle spalle e andarono mano nella mano nella corsia di Ray a spiegargli cosa fosse esattamente una saga e più in specifico quali libri componessero quella di Harry Potter. Ray non ne capì molto. Era di una stupidità incredibile a volte, detto molto onestamente. Cercarono molto intensamente e con molto sentimento il secondo della saga di Harry Potter ma non lo trovarono, quindi A malincuore Gerard si prese il compito di spedire Ray dai due commessi a chiedere loro se ce l'avevano in magazzino o qualcosa del genere. Non fece nemmeno in tempo a tornare a dedicarsi con ogni singola parte di lui a Frank che già lo trovò che sfogliava un altro libro.

Tirò un sospiro: - Cos'hanno i libri che io non ho? -

- Sono interessanti e non parlano. - rispose subito Frank, con anche troppa naturalezza. Figlio di puttana.

Gerard si preparò l'espressione offesa per quando avrebbe sollevato lo sguardo e quando Frank lo fece ottenne da lui l'espressione dispiaciuta che desiderava.

- Stavo scherzando. -

- Questo è palese, non ho mai visto nessuno fare sesso con un libro. -

Fecero una pausa entrambi nel pensare a quanti video perversi e assurdi girassero nei siti porno. Un giorno ne avevano trovato uno di due lesbiche che dopo aver fatto le loro cosette molto interessanti da guardare si erano messe a mangiare merda. Davvero. Avevano defecato e poi si erano messe a mangiarla come se fosse cioccolata. Da lì l'idea di guardare il video mangiando mousse di cioccolato. Lo fecero davvero. Si misero in cinque davanti al computer a guardare quel fottuto video mangiando mousse di cioccolato. Erano ubriachi, comunque. E forse era Capodanno. Forse si erano davvero rovinati un Capodanno per questo, non ricordava.

Incrociò gli occhi fuggitivi di Frank.

- Stai pensando anche tu alle due lesbiche mangia-merda? -

- Sì. - ammise con una smorfia.

- Era davvero Capodanno quella sera? -

- Purtroppo sì. -

- Facciamo schifo. -

- Facciamo schifo. - confermò a disagio.

- La sputavano e la rimangiavano. La sputavano. E la rimangiavano. - rimembrò cupamente Gerard.

- Ti prego, smettila, è agghiacciante. -

- Scusa. Posalo. - ordinò riferendosi al libro.

- Perchè? - domandò Frank.

- Perchè andiamo fuori. -

- Perchè? - chiese un'altra volta,- Sigaretta? -

- No, noi due. -

Frank non chiese altro e rimise il libro al suo posto.

Gerard sospirò sollevato. Lo superò prendendolo al volo per mano e lo trascinò velocemente verso l'uscita. Salutò oltre la propria spalla la commessa che li stava osservando forse perchè li aveva riconosciuti o forse più semplicemente perchè era omofoba (aveva paura che i gay un giorno avrebbero conquistato il mondo) e finalmente uscirono di lì e tornarono fuori nell'aria fredda, sotto il cielo grigio.

Portò Frank sulla panchina lì vicino che aveva già localizzato prima e lo fece sedere.

Frank incrociò le braccia al petto stringendosi tremando nella felpa: - Vinci sempre. -

- Anche contro la cultura. - annuì Gerard, sedendosi al suo fianco.

Frank prese a osservare intensamente il marciapiede, poi strabuzzò appena gli occhi: - Ho ancora gli occhi rossi? - domandò nervosamente, voltandosi a guardare Gerard per mostrarglieli.

- Un po'. -

- Cazzo, non pensavo durasse così tanto. Prima mi stavano tartassando di domande, e tu non eri nemmeno lì a farmi compagnia. Per fortuna avevo i biscotti. -

Gerard gli sorrise: - Mi spiace. -

- Ma sono così evidenti? - insistette Frank, spalancando gli occhi e avvicinandosi ancora di un po' sotto lo sguardo di Gerard.

- Non molto. -

- E come hanno fatto a notarlo? Di solito non mi cagano mai. -

- Forse è perchè sai di pollo. -

Frank lo guardò terrorizzato: - Io-cosa?! - . Ah, giusto, era vegetariano.

- Il fumo dell'erba... ha un odore simile al pollo. - si strinse nelle spalle Gerard, mortificato.

- Oh... - si prese il colletto fra le mani e lo avvicinò teneramente al suo naso per annusarlo, - Beh, io non sento più un cazzo, ho le narici piene di... - si mise a gesticolare per indicare qualcosa di appiccicoso.

- Lo so, è normale. -

Frank smise di gesticolare con un sospiro liberatorio per chissà cosa e lasciò ricadere le mani. Dopo un istante si strinse di nuovo le braccia al petto per tenersi al caldo.

A Gerard dispiaceva che non si fosse avvicinato per farsi riscaldare da lui.

Frank rivolse di nuovo il viso dalla sua parte: - Tu... -, arrossì a tornò a fissarsi le scarpe. Davvero, Gerard non faceva apposta a intimidirlo, o qualsiasi cosa stesse facendo a Frank, - Mh, fumi spesso? - . Ovviamente non intendeva il tabacco.

- No. - rispose sinceramente. Davvero.

- E perchè l'hai presa? -

Gerard tirò fuori le mani dalle tasche e le infilò fra le cosce di Frank per tenersele al caldo.

Frank incontrò i suoi occhi e arrossì. Decise di fissare di nuovo il marciapiede. Per un attimo Gerard si chiese se si stesse eccitando o cosa.

Rifletté sulla risposta da dargli, e si accorse che come argomento era piuttosto complesso dato che lui per primo non se lo sapeva spiegare il vero motivo. Perchè era stressato, sicuramente. E nonostante in un primo momento scartò l'ipotesi che fosse a causa di Frank, analizzando le altre opzioni si accorse che era proprio lui il suo problema: Frank. Era ossessionato da lui, e ossessivamente preoccupato per lui.

Le camere di nuovo separate per permettere a Lindsey di entrare nella vita di Gerard, tutte le notti che lasciava Frank solo nella sua stanza per chiudersi nella propria con Lindsey, tutte le volte che Frank lasciava la stanza quando Gerard stava al telefono con Lindsey, tutte le volte che lo aveva visto con gli occhi arrossati e Frank aveva inventato scuse che spaziavano dalle allergie al vento freddo invece di ammettere che aveva pianto. Tutte queste cose ossessionavano Gerard perchè sapeva che in tutto questo Frank stava soffrendo di nuovo così tanto ma non riusciva a rinunciare a niente. Perchè avrebbe dovuto lasciar perdere la ragazza alla quale aveva cominciato a volere un'infinità di bene? Non aveva senso farlo. E comunque non avrebbe mai messo un punto conclusivo alla sua relazione con Frank. Mai e poi mai. Era in una situazione così di merda, e razionalmente sarebbe stato così semplice risolverla ma era un essere umano, nonostante tutto. Era gay e strano, ma era pur sempre un essere umano inevitabilmente schiavo dei propri sentimenti e istinti. Chi non lo era?: - Stress. - riassunse il tutto.

- Apri le gambe. -

Gerard obbedì istintivamente e Frank infilò a sua volta le mani fra le sue cosce. Gerard richiuse le gambe e guardò la vetrina della libreria ancora perso nei suoi pensieri da persona ordinaria. Avrebbe voluto essere un eroe, avere una risposta a tutto, essere in grado di salvare chiunque compreso sé stesso. Ma non era un eroe.

- E' tutto okay? Davvero, che ti ha chiesto l'intervistatrice? - domandò a bassa voce Frank.

- Mi ha chiesto di The World Is Ugly. - rispose subito Gerard. Si sentiva così bene con Frank, in quell'istante gli avrebbe detto di tutto. Forse, gli avrebbe anche detto “ti amo” e “grazie”, per essere sempre presente, per essere sempre incredibile.

- Non importa. Nessuno ti obbliga a rispondere a nessuno, no? -

Gerard annuì: - Ma mi ha fatto venire in mente così tante cose che non avevo dimenticato, no, ovvio ma era una bella giornata e adesso sto di nuovo come... quattro anni fa. Mi sento così... drogato. -

- Tu sei drogato. - replicò con un sorriso divertito Frank.

Anche Gerard sorrise, perchè in effetti era buffo: - Intendo drogato-devastato-ubriaco, non roba da cannetta. Sai? La peggior droga è... la depressione. -

- Sei depresso? -

- No, ma sulla lista di sintomi di depressione barrerei alcune opzioni. Ti è mai successo? Che una piccola cosa... ti faccia sentire da subito così male. -

- Sì. -

Si voltò a guardarlo e si accorse che stavano parlando di lui. Sicuramente era colpa di Gerard. Gerard era come un'intervistatrice Troia. Vaffanculo, si sentiva ancora peggio ora. Si sentiva così male per Frank, ora si sentiva la sofferenza di due persone dentro e forse gli sarebbe esplosa la testa. Non sapeva che fare per rimettere in sesto Frank, per ricomporre i suoi pezzi in qualche modo; e non sapeva nemmeno che fare per rimettersi in sesto lui stesso, poi capì che in fondo quando si baciavano andava tutto meglio.

Si avvicinò, e Frank fece lo stesso. E si baciarono. Non fu una scena da film, no, ma fu un momento loro. A dirla tutta, fu un momento bellissimo.

Si spostò con le labbra sul profilo della sua mandibola e poi risalì fino al suo orecchio: - Non hai mai, mai meritato nulla di simile. -

- Oh, andiamo, nemmeno tu. - mormorò lui, affondando il viso sull'incavo del collo di Gerard.

Adorava sentire le sue guance calde contro la sua pelle fredda. Gerard si appoggiò contro i suoi capelli e scorse distrattamente la chioma color nocciola di Ray sbucare da dietro la vetrina.

Si schiacciò contro il vetro formando un cerchio attorno ai suoi occhi come per ripararli e li osservò come un maniaco osserverebbe le tette di una sedicenne. Si allontanò appena dalla vetrina e mostrò a Gerard un cuore con le mani, sbellicandosi per chissà quale fottuta ragione.

Gerard avrebbe sfilato le mani dalle cosce di Frank per fargli il dito medio, ma a quanto pare una sua occhiataccia bastò. Ci sapeva fare con gli occhi.

A proposito, il calore delle cosce di Frank lo stava davvero riscaldando. Era una sensazione intensa, e gli faceva venir voglia di fare sesso con Frank. Per un attimo gli si incespicò il respiro all'idea di risentirsi stretto dentro di lui.

Frank distese meglio il palmo stretto fra le cosce di Gerard e con il pollice lo accarezzò appena.

Lo ascoltò respirare.

- Per favore, non lasciarti buttare giù da nulla. Sei meraviglioso. Non so come tu riesca ad esserlo, ma lo sei davvero. E questo ti rende un incredibile figlio di puttana, immagino. -

Gerard sorrise contro la sua pelle. Esitò lì dov'era perchè non aveva intenzione di mostrargli i suoi occhi. Preferiva proteggerlo dai suoi occhi, perchè tramite essi avrebbe potuto capire tutto e sarebbe stato solo un disastro.

Ora come ora, Gerard davvero non poteva lasciargli capire che lo stava amando.

 

Era incredibile la vasta gamma di preoccupazioni a cui Gerard poteva decidere o meno di dedicarsi. In quel momento, non del tutto volontariamente, aveva deciso di dedicarsi ad ognuna di esse, tutte insieme nello stesso istante. Avete presente la sensazione di quando quello stronzetto del liceo vi ha sbattuto la testa contro l'asfalto? Gerard stava immerso in quella precisa dose di dolore da quasi venti secondi. Non si stava tagliando le vene, non si stava facendo in vena di qualcosa, stava solo pensando.

Dai brutti pensieri riguardo Eliza (non brutti per le cose che pensava su di lei ma per le cose che pensava su  stesso) era arrivato ai soffocanti pensieri su Lindsey, alla relazione da convulsioni multiple con Frank fino alla più semplice ed evidente spiegazione di tutto: i suoi chili di troppo. A Frank piacevano i grassoni, Eliza aveva lasciato Gerard perchè era un grassone (e perchè gli piacevano alcune serie tv della Disney palesemente ideate per essere viste da grassoni), Lindsey l'ultima volta che avevano fatto sesso si era accorta della sua pancetta e ora Gerard sarebbe morto solo, perchè in ogni caso la morale di tutto sarebbe stata che il karma fotte, e il karma sarebbe stato l'ultimo ad avere abbastanza fegato da fottere quel grassone di Gerard Way, perchè Frank Iero si sarebbe messo insieme a Jamia Nonricordoilcognome e avrebbero avuto tanti figli e tanti cani da condividere e qualche nomignolo divertente che avrebbero conosciuto solo loro due. E magari Lindsey sarebbe diventata lesbica e si sarebbe tuffata nelle mutandine nere col pizzo di Eliza.

Il cuore gli pulsava nei polsi così forte da spostare millimetricamente il tessuto della maglia lunga che gli arrivava a metà coscia sui jeans. Quella maglia lo faceva sentire anche come una puttana ma non aveva ancora avuto tempo per capire il perchè.

Ora erano sette secondi che non respirava. Morire di apnea con come ultimo pensiero una scena porno-lesbo in testa sarebbe stato di quella giusta dose di squallore che Gerard di per sé costituiva. Nonostante ritenesse che non sarebbe morto su quel divano, era comunque piuttosto sicuro del fatto che avrebbe avuto in ogni caso una morte se possibile ancora più squallida anche solo per aver rotto il castello di sabbia a quel bambino quella volta che era andato in vacanza coi suoi e Mikey sull'Eastcoast del Jersey. Già da allora aveva capito che sarebbe finito all'Inferno, da lì in poi era stato solo un accumulare di punti bonus nel caso Satana si facesse strane idee riguardo al fatto che forse Gerard non era poi così stronzo.

Un paio di ragazzi di cui non ricordava il nome entrarono nell'ampia stanza parlando fra di loro. Andarono al distributore automatico e lo picchiarono finché il tramezzino ai gamberetti che avevano ordinato non atterrò nel contenitore dal quale avrebbero potuto effettivamente prenderlo. Probabilmente facevano parte di una delle band che aprivano i loro concerti. Gerard aveva cominciato a confondere tutti quei ragazzi coi capelli neri. Si somigliavano tutti. Lui per primo, probabilmente, somigliava a loro.

Entrarono un altro paio di ragazzi e qualche ragazza. Di nuovo, Gerard non trovò alcuna differenza fra di loro. Perfino le ragazze fra di loro erano uguali. Erano scheletriche allo stesso modo e avevano le stesse tette piccole. Gerard era molto dispiaciuto per loro perchè sapeva che per essere così scheletriche avevano dovuto rinunciare a tanto. Era evidente da come sorridevano, da come si vestivano, da come ridevano, da come camminavano. Erano senza forze ma ciecamente felici per aver raggiunto quello che volevano. E si erano ridotte così per quelle teste di cazzo di ragazzi, che le avrebbero lasciate fra qualche mese in ogni caso. Era tutto così evidente.

Il gruppo di ragazzi cominciò a creare un po' di casino parlando e ridendo, senza infastidire nemmeno lontanamente Gerard.

Mikey lo colpì al ginocchio: - Hai preso le pillole gialle? - si assicurò.

La calma temporanea di Gerard svanì di colpo e una gelida sensazione di non controllo gli sbriciolò completamente le ossa: - Quali pillole? - chiese in un bisbiglio.

Mikey sorrise.

Gerard capì più o meno lì che era un grandissimo bastardo.

- Era una battuta. - si strinse nelle spalle Mikey.

- Non è carino fare leva sui miei attacchi di panico. -

- Stavi avendo un attacco di panico? -

- Credo di sì. -

Mikey si appoggiò con la testa al divano e guardò il fratello con vero interesse: - Che ti preoccupa? -

- Lindsey. Non risponde alle mie chiamate. Non capisco perchè mi stia evitando. Credo si sia stancata di me all'improvviso. Perchè davvero, l'ultima volta che ci siamo visti era andato tutto bene, come sempre. Credo davvero che si sia accorta che sono molto grass- -

- Gerard, ma sei coglione? - lo bloccò Mikey, corrugando la fronte.

Si chiese ossessivamente cosa avesse sbagliato di fondamentale per farsi dare da un'idiota come Mikey del coglione. Doveva aver detto davvero, davvero una grossa stronzata. Di solito Mikey non gli dava mai del coglione così seriamente. Di solito gli dava del coglione quando andava in giro con i boxer rosa in camera sua, non quando gli confidava uno dei suoi 101 motivi per mangiarsi le palle. Non capiva che aveva detto di particolarmente stupido. Davvero non ci arrivava: - Perchè? - mormorò quindi.

Mikey rise: - Stai scherzando? Me l'avevi detto te la settimana scorsa che hanno iniziato a registrare il nuovo album. E' ovvio che non abbia il tempo di stare attaccata tutto il giorno al cellulare. Appena ne avrà il tempo ti richiamerà lei. Davvero, non ossessionarla. Sei un fottuto stalker, Gerard. -

Gerard venne totalmente soffocato dal sollievo. Si sentiva come dopo un orgasmo. E non lo preoccupava troppo il fatto che glielo avesse provocato il fratello. Mikey era un tipo molto strano, comunque, per riuscire a provocare orgasmi con un paio di parole. Grazie a Dio esisteva e grazie a Dio sapeva ascoltare e parlare.

Preso com'era ad analizzare quale centimetro del suo corpo potesse non piacere a Lindsey, Gerard se l'era totalmente dimenticato. Che i Mindless Self Indulgence stessero registrando un nuovo album, si intende.

- Porca troia, Mikey. - sussurrò portandosi una mano ai capelli. Li strinse per un attimo fra le dita. Come cazzo aveva fatto a dimenticarlo?, - Mikey, ti amo così tanto. - disse scuotendo incredulo la testa, sentendosi gli occhi così spalancati che forse i bulbi oculari sarebbero rotolati fuori dalle orbite lasciando le palpebre pendere come due tendine sulle due cavità vuote.

- Sei davvero un idiota. - disse Mikey, stringendogli le guance con una mano. Gli scosse un pochino la testa, poi lo mollò ridacchiando.

- Sono molto rincoglionito. -

- Un giorno ti suiciderai perchè dimenticherai qualcos'altro di fondamentale. -

- Lo credo anch'io. -

- Ragazzi?- li chiamò uno dei tizi coi capelli neri.

- Sì? - risposero loro.

- Le ragazze vorrebbero un vostro autografo. -

- Ah. -.

Il ragazzo circondò i fianchi sottili delle due ragazze con le braccia e le accompagnò da loro.

Si alzarono in piedi.

Gerard prese la penna che una delle due ragazze gli stava porgendo e subito dopo il blocknotes. Non capiva molto bene cosa ci fosse di emozionante in un autografo, ma lui per primo avrebbe chiesto un autografo a Freddie Mercury se in via eccezionale fosse tornato dall'aldilà anche solo per bersi un caffè dallo Starbucks. Quindi non avrebbe mai chiesto nulla al riguardo ai fans.

- Facciamo tipo dedica, o vuoi solo il mio nome? - domandò Gerard, sentendosi subito a disagio per aver usato la parola "tipo". Odiava sentirla dire continuamente dagli altri, eppure lui faceva lo stesso. Odiava trovare difetti in comune con gli altri, odiava gli "altri" per avere i suoi stessi difetti nonostante sapesse come fosse difficile abbandonarli. Era snervante, essenzialmente.

Sollevò gli occhi dal blocknotes e li posò sulla ragazza facendola arrossire. Gli ricordò Frank. Frank era una specie di piccola fangirl alla quale era concesso molto.

- Non so. - disse la ragazza con una risata nervosa.

Il ragazzo intanto stava parlando con Mikey, il quale si stava facendo una foto con l'altra ragazza.

- Okay, come ti chiami? -

- Violet. -

- Okay, allora... scrivo che ti voglio bene, okay? - chiese con una risata veloce.

- Sì! - esclamò anche un po' troppo felice.

Gerard non alzò lo sguardo perchè non voleva rimetterla a disagio.

- Okay, a Violet... perchè ti voglio bene... l'ho scritto abbreviato come una tredicenne qualunque, okay? -

- Fichissimo. -

Gerard lasciò il suo autografo resistendo all'ultimo alla tentazione di mettere la sua firma che usava per i documenti, il che sarebbe stato molto rischioso. Dovette resistere anche alla tentazione di scriverle "Mangia! Non puoi sopravvivere di sborra", con qualche faccina triste accanto, magari; poi realizzò che avrebbe solo peggiorato le cose e lasciò perdere. E poi ci sarebbero dovuti essere i genitori per certe cose, no? O anche solo le amiche. A meno che non fossero tutte come l'altra che stava parlando con troppa eccitazione a Mikey.

- In realtà si è messa insieme a me solo per arrivare a voi. - stava spiegando ridendo l'anonimo ragazzo coi capelli neri, riferendosi alla ragazza che stava parlando a Mikey.

Violet rimase ferma col suo blocknotes stretto fra le dita sottili. Era davvero troppo magra.

- Ti spiace? - si rivolse improvvisamente a Gerard la tipa finora impegnata col fratellino. Stava sventolando il suo blocknotes.

- No, figurati. - . Rispondeva automaticamente, non ci faceva più caso.

- Mi chiamo Sarah. - si presentò a voce alta, - Con l'acca. -

Gerard la guardò per un po'. Sembrava una modella stupida, solo questo. Le prese il blocknotes di mano e lo turbò profondamente il fatto che in qualche modo fosse riuscita a sfiorargli le dita. Stupida puttana, lui stava pensando ad andare nel camerino a violentare Frank e lei cercava di strappargli un po' di simpatia nei suoi confronti? Sti cazzi. Che schifo la vagina. Tranne una. No, okay, c'erano parecchie tipe fighe in giro per il mondo. Ma al momento Gerard non riusciva a fare a meno di pensare al cazzo di Frank. Detto molto schiettamente, eh.

Scrisse le due stronzate che la tipa stupida desiderava sul foglio e glielo restituì.

- Grazie mille! Vi seguo dal primo album. - . Preferiva non indagare su tale informazione. Era abbastanza sicuro, ad ogni modo, che il primo album non l'avesse nemmeno ascoltato.

- Fantastico, grazie. - si limitò a dire.

Arrivarono dalla porta anche Ray e Bob. Gerard si chiese dove cazzo si fosse cacciato Frank.

Li seguì con lo sguardo. Tutto era più interessante di quella modella stupida e anoressica.

Sarah dovette accorgersi che Gerard non le stava fissando le tette, perchè seguì subito il suo sguardo e scoprì che erano arrivati Ray e Bob.

- Ray! Posso un tuo autografo? -

Gerard prese Bob per il polso e lo fece avvicinare: - Dov'è Frank? - gli sussurrò all'orecchio.

- Nel suo camerino. Sta parlando al telefono con qualcuno. - scrollò le spalle con noncuranza.

- Chiarisci il concetto di qualcuno. -

- Non lo so, Gee. - si strinse nelle spalle dispiaciuto.

- Vabbè, vado a cercarlo. - . Si accese una sigaretta e porse il pacchetto a Bob per offrirgliene una. Lui declinò e Gerard se ne andò.

Prima di uscire dalla porta salutò Violet. La chiamò pure per nome, tanto per rendere chiaro a Sarah che era solo una troietta e che non meritava il suo saluto. Okay, non la conosceva, ma adorava dare peso alle prime impressioni. Perchè aveva capito che se qualcuno ti sembra una merda di persona, molto probabilmente lo è.

Cercò il nome di Frank fra i fogli appesi alle porte, fumando e lasciando la cenere sul pavimento. Lo trovò. Percorse con gli occhi la porta in questione. La aprì ed entrò nel camerino. Bussare non serviva.

Frank era in piedi appoggiato al bancone di fronte allo specchio e stava effettivamente parlando al cellulare con un braccio piegato sulla pancia e il gomito del braccio che reggeva il cellulare appoggiato su esso. Sollevò gli occhi dal pavimento a Gerard, leggermente spaventato dalla sua entrata improvvisa.

Gerard prese il filtro fra le labbra, si tolse la giacca e la lasciò cadere su una sedia a caso.

Frank socchiuse le labbra impressionato, capendo a cosa voleva arrivare Gerard.

- Sì, sì, sì. No. - ridacchiò nervoso al cellulare, - Ci stavo pensando anch'io, infatti. -

Lasciò la cenere sul contenitore di vetro dove Frank aveva lasciato il mozzicone di una sigaretta. Prese una boccata, aspirò un po' il fumo e poi lo soffiò dalle labbra sulla mascella e sul collo di Frank.

- Oh, uhm. - balbettò Frank, cercando di indietreggiare ma ritrovandosi già premuto contro il bancone, - Sì. Credo sia un'ottima idea. Davvero, non vedo l'ora. -

Gerard si morse il labbro inferiore e si avvicinò a Frank facendo sfiorare i loro corpi. Spense opportunamente la sigaretta sul posacenere e la lasciò lì.

Il petto di Frank si sollevava veloce contro quello di Gerard.

- Perfetto. Sì. Ehi, Jam. Mi stanno chiamando, devo salire sul palco. - . Jam? La Puttana?

Lo accarezzò con la punta delle dita fra le gambe e avvicinò le labbra al suo orecchio per costringerlo ad ascoltare il suo respiro accelerato.

Frank si coprì la bocca con una mano spalancando gli occhi terrorizzato. La tolse bruscamente: - Già. Certo. Non preoccuparti, è okay. Allora ci sentiamo. - ridacchiò di nuovo, - Anche tu. Ci tengo. Okay, ciao. Ciao, Jam. - . Spense la chiamata e colpì Gerard al petto con una mossetta tipicamente femminile.

Gerard allentò lentamente la morsa dei denti sul suo collo, capendo che forse Frank aveva prima bisogno di sfogarsi un po'.

- Sei uno stronzo. - . Per l'appunto.

Gerard gli rivolse un piccolo sorriso: - Jam. - gli fece il verso.

- E' il suo nome. - confermò, spostandosi bruscamente di lato per allontanare Gerard. Scivolò via e rimase semplicemente in piedi in mezzo alla stanza, col fiatone e le guance arrossate, - Sei cattivo. Io non vado a ticchignarti il cazzo mentre stai al telefono con Lindsey. - . Già, preferiva piangere. Davvero costruttivo. Stupido ragazzino.

- Perchè non hai il coraggio. - . Non era così cattivo da incolparlo per rinchiudersi in stanzini a piangere. In fondo, non era colpa di nessuno se Frank si era innamorato di lui.

- No, perchè ti rispetto. E rispetto Lindsey. -

- Non dire stronzate, non hai semplicemente il coraggio, e le palle, per farlo. - scosse la testa Gerard, - Quindi non vuoi fare sesso? - tornò agli argomenti più importanti.

- Fottiti, pensi solo a quello. -

- Curioso mandarmi a fottermi se poi tu non vuoi fottere me. - commentò Gerard con un sorrisetto.

Frank si lasciò scappare un sorriso: - Coglione. -

- No, ehi, sei il secondo che mi da del coglione in cinque minuti. E' una cospirazione contro di me, vi siete coalizzati o cosa? -

- No, solo... tutto il mondo è d'accordo sul fatto che sei un coglione. - si strinse nelle spalle Frank, proprio come se non fosse colpa sua, e intanto prese a risistemare dei fogli di spartiti di chitarra. Tirò un sospiro profondo e relativamente breve, e Gerard capì che aveva appena scaricato lo stress al quale i suoi ormoni erano stati sottoposti poco prima. Estrasse la divisa da parata nera da sotto un telo nero di protezione e Gerard si sentì per un attimo opprimersi alla vista di quel costume.

- Frank. - lo chiamò istintivamente.

Frank si voltò a guardarlo. Aveva ancora le guance arrossate, era bellissimo: - Dimmi. -

- Hai anche tu l'impressione che sia sfiancante fare quello che facciamo? -

Frank ci rifletté su un attimo posando la giacca sulla sedia con cura: - Beh, è pur sempre un lavoro, il nostro. Nessuno ha mai detto che sia rilassante essere in un gruppo. Soprattutto se siamo odiati da metà mondo. - si strinse nelle spalle, totalmente a suo agio con quello che aveva appena detto.

- Intendo dire... cioè, lo scorso tour era più divertente. Ed eravamo comunque presi di merda con metà mondo, non credo che il nostro personale benessere dipenda da quello che dicono gli altri su di noi. Ce ne freghiamo altamente, alla fine. E' che ora... ho l'impressione- - tirò un sospiro, - che qualcosa non vada in noi. -

Frank corrugò appena le sopracciglia perfette: - Cosa? -

- Non preoccuparti, volevo solo chiederti se hai la stessa sensazione al riguardo. Forse sono solo io. -

Frank continuò a guardarlo, aspettandosi che dicesse qualcos'altro. Gerard non capiva perchè la gente non lo capisse.

- Voglio dire, andiamo, Frank, come stai? -

Il ragazzo sorrise. Il sorriso più meraviglioso del mondo. Incrociò le braccia e se le strinse al petto appoggiandosi al tavolo col sedere: - Sto bene in questo gruppo. Mi piace quello che facciamo. Mi piace suonare la chitarra, stare con voi, incontrare puntualmente le tue mani sul palco. -, questo fece sorridere entrambi, - Sì, sai, credo di star bene. -

- Ne sei sicuro? -

- Beh, sì. D'altra parte, sarebbe ingrato sostenere il contrario, no? Siamo ragazzi fortunati. -

- Da quel punto di vista sì. - ammise Gerard.

- Già, per il resto siamo sfigatissimi. - ridacchiò Frank, - Almeno stiamo insieme. Voglio dire a livello spaziale, non altro... - aggiunse a disagio.

- So cosa intendi. E comunque credevo che fosse quella la parte sfigata. -

Sorrise sorpreso: - Beh, uau, grazie, Gerard. -

- No, okay, abbiamo avuto un tremendo culo a incontrarci. - . Gli rivolse un enorme sorriso, non gli servì nemmeno fingere.

- Non troverai al mondo un altro chitarrista bello, bravo e gentile come me. Da nessuna parte. -

- Lo so. - confermò, - Frank Iero, sei favoloso. -

- Ti ringrazio. - gli sorrise.

Esitarono un pochino, osservandosi.

- Sai cosa sarebbe bello fare ora? - chiese Gerard.

- Gara di rutti? -

- No. -

- Sesso? -

- Sì. -

Frank sorrise. Sollevò l'orlo della sua maglietta per scoprire la vita bassa dei suoi jeans: - Li vedi questi bottoncini? - chiese indicandosi i pantaloni. Gerard vedeva solo il suo pacco, nient'altro, ma annuì comunque, - Ecco, non li sbottonerai. -

- Perchè no? E' inutile che fai il difficile ora, me l'hai dato una volta, me lo darai per il resto dei tuoi giorni. -

- Gerard, non ne hai proprio idea? - . Era diventato così brutalmente serio da far accelerare il battito cardiaco a Gerard. Gli succedeva molto spesso, a dire il vero, ma sapeva di non darlo a vedere perchè sentiva il suo aspetto esteriore immobile. Riusciva a percepirlo.

- Cosa? - domandò.

- Ho appena parlato al telefono con Jamia e tu hai intenzione di fare sesso? Con me? -

Gerard rimase fermo a guardarlo. Frank stava seguendo dei ragionamenti davvero del cazzo, ma avrebbe fatto meglio a non azzardare frasi che avrebbero potuto ritorcersi contro sé stesso. Perchè anche lui aveva una ragazza.

- Voglio dire, ti rendi conto dell'assurdità della nostra situazione? -

- Certo che me ne rendo conto. -

- E non sto dando importanza alla distanza temporale fra le nostre scopate e le chiamate con Jamia o Lindsey, è che in momenti come questi realizzo quanto esattamente siamo fuori di testa. Cioè, smettere di parlare al telefono con la mia ragazza e cominciare subito a fare sesso con te. E'... estremamente sleale. -

- Jamia. E' la tua. Ragazza? -

- Non... - si grattò nervosamente la testa, - Non nel senso che ci sposeremo, solo nel senso che ci esco insieme. Quello. E' che non c'è un termine specifico per quello, qualcosa di veloce e immediato da usare per riferirsi a lei... quindi. - . "Potresti chiamarla Puttana come faccio io. Veloce, immediato e corretto.", pensò Gerard. Ma non glielo disse. Se Jamia era davvero una piccola parte di lui, insultarla l'avrebbe ferito. Non voleva ferirlo.

- Capito. - annuì Gerard. Lo baciò. Frank lo allontanò prendendolo per i polsi, Gerard se l'aspettava.

- Gerard... - lo rimproverò.

- No, non mi interessa. - . Molto schiettamente.

Anche a Frank doveva non interessare più di tanto, perchè si sfilò la maglietta.

Il resto fu perfezione.

 

Si chiuse ossessivamente dentro il suo camerino. Si guardò il disastro di capelli allo specchio. Quasi pianse nel sistemarli febbrilmente. Si passò le dita sul ciuffo e poi sul resto della capigliatura nera. Se la cosparse di lacca nonostante trovasse schifosa la sensazione appiccicosa che lasciava. Doveva sempre ricorrere alla lacca quando si prendeva così tardi. Aveva cominciato a ricollegarla ai momenti poco etero pre-concerto, il che voleva dire che quando si sarebbero presi la pausa dal tour e Gerard se ne sarebbe andato in California e Frank dall'altra parte dell'America e Gerard avrebbe voluto adoperare della lacca per perfezionarsi la capigliatura, sarebbe finito per piangere a dirotto all'idea che Frank era così lontano da lui. Già se lo immaginava.

Per fortuna indossava già dei jeans neri e una t-shirt nera sotto la canotta lunga, quindi da lì in poi ci mise poco tempo a finire di prepararsi. Si levò la felpa lasciata aperta e la canotta quasi contemporaneamente. Si mise la giacca pesante da parata cercando di non guardarsi troppo allo specchio. Quella giacca lo rendeva triste e non sapeva più perchè. A volte detestava tutte le sue idee del cazzo riguardo quel gruppo.

Si mise il cerone bianco su tutta la faccia, col nervoso che ammontava ad ogni movimento. Perchè cazzo doveva fingere di essere un cadavere? Quando sarebbe effettivamente morto i media ci avrebbero fatto grandi battute di spirito al riguardo. Davvero, da morto che avrebbe fatto? Si sarebbe finto vivo? Davvero figo. Di sicuro, con un po' di fortuna sarebbe rimasto sul mondo a spaventare sottoforma di fantasma ogni figlio di puttana che gli capitasse a tiro. Aveva passato tutti gli anni dell'asilo ad osservare la torretta dello scivolo che all'epoca appariva così alta chiedendosi se fosse il caso di buttarsi giù da essa e trasformarsi in un fichissimo e fortissimo fantasma. Alla fine le sue attente riflessioni lo avevano portato al dubbio che i fantasmi per qualche deficit non fossero in grado di leggere fumetti. E lui ci teneva tantissimo ai suoi fumetti. Quindi decise di non buttarsi giù dalla torretta dello scivolo. I fumetti gli avevano salvato la vita per davvero. Ora Gerard era grato di non essere morto perchè altrimenti non avrebbe mai conosciuto Frank per davvero. Cioè, da fantasma sarebbe stata una storia d'amore un po' complicata. Che schifo, probabilmente ci avevano già fatto un film al riguardo. Registi del cazzo. Odiava il cinema americano, per alcuni versi.

Uscì dal camerino. Vide Frank in lontananza che si guardava con aria critica le scarpe mentre parlava con Bob e desiderò solo sollevargli il viso e baciarlo.

Mentre percorreva il corridoio e si sentiva gli occhi di Frank addosso capì che aveva fatto davvero una gran cosa a non ammazzarsi in asilo. Per quanto stupido e diseducativo suonasse, solo per quelle piccole sensazioni gratificanti era fichissimo vivere.

 

- La dodicenne in prima fila ti ha fatto l'occhiolino, non è così? - insistette Gerard, aggressivo in quella misura che si può ancora considerare scherzosa.

Frank si mise a sghignazzare: - Credo di sì. -

- Pensava davvero di conquistarti? Puttana. -

- E sul cartello aveva scritto “I love Gerard Way”. -

- Che sgualdrina. -

- Lo so. -

Gerard lo guardò di traverso e rise prendendogli la mano. Fece per dire a Frank che se l'avessero beccata fuori si sarebbe rifiutato categoricamente di lasciarle un autografo, ma notò qualcuno di davvero molto familiare fra i membri dello staff vestiti con le stesse t-shirt nere.

La sua straordinaria bellezza era una specie di insegna al neon in mezzo al gruppetto di quarantenni persi fra le salsicce nel primo stadio di obesità. Si stupì che nessuno ci stesse provando.

Lasciò la mano di Frank e si fece strada in mezzo all'ammasso di pance da birra. E ci credete se vi dico che si sentì per davvero felice?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

__________________________

VI PREGO DITEMI CHE NON ERA LASSATIVO PURO.

Simona, dato che ti amo (morosa di Simona ti prg nn arabiarti :-c) e soprattutto dato che te l'ho promesso ti scrivo qui la lettera.

 

CARA SIMONA,

SAI CHE NON STO URLANDO E CHE IL CAPS CE PIACE. SPERO CHE EFP NON MI ODI PER QUESTO O NON MI ACCUSI DI DEFORMARE PAGINE A BONUS. AH, NO, LE PAGINE SI DEFORMANO COSI': TTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTTBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBB.

MI HAI DATO DELLA REBBEL TEMPO FA, HAI VISTO CHE LO SONO DAVVERO?

E' STATO FIGO POTERTI ACCETTARE FRA LE AMICIZIE SU FEISBUK PERCHE' SPESSO E VOLENTIERI ZUCKERBERG NON ME L'HA PERMESSO, EVIDENTEMENTE ERAVAMO DESTINATE A CONOSCERCI A SUON DI CAPS LOCK.

SEI BELLA E SEI SIMPY, NON TI HO AVVISATA PER DIRTI CHE HO ACCIORNATOH PERCHE' OGGI SONO MOLTO REBBEL E SO CHE TI PIACCIO QUANDO FACCIO LA REBBEL ;-)) (ESSERE SFIGATA MI VIENE NATURALE HEHE)

VOLEVO DIRTI ANCHE CHE INDIPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE NON ANDREMO AL CONCERTO DEI PARAMORRRRRE FAREMO COMUNQUE TANTO SESSO CON HAYLEY WILLIAMS IN UN MODO O NELL'ALTRO, E A PROPROSITO VOLEVO DIRTI UNA VOLTA PER TUTTE CHE SONO STRA-ETERO. GIURO. I'M NOT GAY, I ONLY LOOK THAT WAY.

UN GIORNO PRENDERO' IL TRICICLO E VERRO' DA TE IN SALOTTO A GUARDARE EMDIVI ROGS, E POI NE PARLEREMO UN'ALTRA VOLTA SU TWITTER. SE TI VA MI PORTO ANCHE UN EVAN PETERS DIETRO. E UN FRANKO E UN MINKIA BOH. IL MIO VICINO DI CASA SI CHIAMA FRANCO. MA NON PREOCCUPARTI, NON TI PORTERO' LUI.

IN CONCLUSIONE VOLEVO FARTI PRESENTE CHE EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH SEI UNA SECSI LEIDEH E CHE L'H FINALE TE LA MERITI TUTTA.

SEI FIGA.

TVB.

LA TUA PICOLA KEBABBBBARA

P.S.: UN ERUO UNO ERUO PIER KIEBAB CUON CIPUOLA 

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Capitolo 2
*** I (don't) love you ***


 

........ ehi.

Già. A quanto pare si sono sciolti.

Non ho intenzione di ripetervi che non moriranno mai né niente, e non ho nemmeno intenzione di esasperarvi con discorsi retorici sul "it's not a band, it's an idea", perchè- giustamente - STI CAZZI. Cioè sì, abbiamo imparato parecchio da loro, e probabilmente hanno cambiato anche se solo minimamente il nostro modo di pensare, agire e comportarsi, ma davvero in alcuni momenti cose del genere non ti sono d'aiuto. Lo so.

Sono qui per ricordarvi che loro la musica la amano. Non che io li conosca di persona, ma dopo tutte le loro interviste un minima idea di loro sono riuscita a farmela. La musica fa parte di loro, okay? E in moltissimi hanno twittato roba su "una porta si chiude e un'altra si apre" e simili. O nei casi più esaltanti, di tele nuove da dipingere (sto parlando del tl di Kitty dei MSI). E io ci credo che ci sono nuove porte aperte e nuove tele da dipingere. Chiamatemi illusa, non mi interessa molto, onestamente.

Perchè vaffanculo, non si libereranno così facilmente della musica. Va bene? Non lo faranno.

E può anche venire Gerard Way in persona in camera mia a dirmi che davvero si era rotto il cazzo di fare musica, non gli crederei mai. Forse LORO pensano che sia finita, ma io SO che non lo è. Hehe.

Chiudiamo le parentesi tristi.

FUCK DEPRESSION, LET'S KEEP FANGIRLING AND STUFF.

Se siete ancora molto giù vi capisco, ognuno ha i suoi tempi. Ma credetemi, non durerà per sempre. Io ho passato il weekend a pensare "cazzo non sarò mai più felice", invece ora ho ripreso a smerdare tutti i membri dei chem in chat con la SIMOH (_simokilljoys HEHEHEHEH) ed è tutto a posto.

Ragazze, tornerà tutto a posto. EVERYTHING WILL BE ALRIGHT EVERYTHING WILL BE ALRIGHT EVERYTHING WILL BE ALRIIIIIIIIIIAIAIIAIAIAAIGHT (Brandon Flowers mode on).

Spero che voi non mi odiate per questo, ma appena Gerard nel tweet longer ha parlato di una nuova porta che si apre ha parlato di questo vecchio hippie che gli ha venduto un amplificatore e della sua chitarra CIOE' MUUUUUUUUUSICAAAAAAAAAAAA

keep the faith daidaidai keep the faith daidaidaidai CHIP DA FEIT.

Lasciate stare tutta la roba negativa, non porta a un cazzo. E' inutile continuare a buttarsi giù, che utilità c'è nel farlo?

E siate realiste, non sono morti, cioè SONO VIVI, sono ancora in giro, MANCO FOSSERO CREPATI DAIIIII.

Non prendetevi male, RIPIGLIATEVI E CIAUX. <3

E ORA TORNIAMO ALLE FANFICTION X FANGIRLEGGIARE TUTTI INSIEME C: C: C: C: C:

Volevo ringraziarvi moltissimo per le 20 recensioni voglio dire sTATE SCHERZANDO COS'E' TUTTO STO AMORE AAAAAAAAAAAAAAAAH.

Poi ho scoperto molto allegramente che sono riusciti a cambiarmi il nome YEEEEEE W LAZYBONESSSSS adoro come suona oddio scusate era più forte di me.

Spero che almeno il capitolo qui sotto vi piaccia aaaaaaaahgdhsgdhsghsd. (a me non piace tantissimo e ho tagliato tantissime parti ma tipo non riuscivo proprio a migliorarlo non so scs :C :C)

STAY BEAUTIFUL, KEEP FANGIRLING.

Pace e tantissimo amore & positività cioè ddaaaaiiiiii

(un attimo momento di emozione)

LAZYBONES che poi vorrei firmarmi magari LEISIBOUNS o lazybonezzzz cioè non so

P.S.: BOMBARDATE DI LETTERE D'AMORE GERARD WAY, ORA!!!!
P.P.S.: non ho tempo per sistemare l'html impazzito scs
          (cioè non mi lascia nemmeno sistemare il carattere MA STIAMO SCHERZANDO?!??!?!??!)

 

 

 

 

2. I (don't) love you


Lo Starbucks ultimamente metteva troppo zucchero nel caffé.

Era l'unica cosa che aveva intenzione di pensare mentre scopava Lindsey. Nient'altro. Perchè era già stato abbastanza agghiacciante scorgere capelli biondi e scorpioni sul suo collo.

Era brutto avere l'impressione di non amarla per davvero. Perchè nelle ore precedenti, mentre mangiavano panini e cotolette unte nel fastfood più squallido di tutta Phoenix, aveva sinceramente pensato di volerle tanto bene. E il sesso sarebbe dovuto essere il culmine di tutto l'affetto che avrebbero potuto provare. Invece, per Gerard, si rivelava una rovina. Perchè non riusciva a concentrarsi su di lei. Gli veniva in mente tutt'altro. Tutto tranne che lei.

E aveva sperato che i capelli biondi non gli mancassero più. Invece li vedeva ancora.

E aveva da sempre pensato che anche solo per un istante sarebbe riuscito a smettere di pensare al scorpione tatuato, invece continuava a vederlo.

L'unica persona a cui non riusciva prestare vera attenzione era Lindsey. Era così deludente.

Credeva di amarla.

Credeva di essere davvero stato felice per il fatto che Jimmy l'avesse portata all'improvviso a Phoenix nonostante nessuno dei due sapesse la strada e si fossero ritrovati a percorrere autostrade a caso senza alcun criterio.

Non capiva nulla.

Vedeva di nuovo i capelli biondi.

Vedeva anche delle forbici sul collo, a dire il vero.

Tirò un sospiro triste e venne dentro il preservativo. Storse il naso ma Lindsey non lo vide perchè aveva gli occhi chiusi.

Buttò via il preservativo usato nel cestino e la abbracciò e la baciò come consueto, pensando a quanto fosse deprimente il fatto che avesse scopato sulle stesse lenzuola in mezzo alle stesse coperte con Frank quello stesso pomeriggio. Grazie a Dio le coperte non parlavano o simili.

Ma aveva quella fottuta paura che Lindsey scoprisse tutto. Aveva quella brutta impressione di aver dimenticato di nascondere qualcosa di importante. Come se ci fosse stato qualcosa di materiale che provasse quello che aveva fatto con Frank. Magari una scritta sulle lenzuola del tipo "Ehi, oggi pomeriggio intorno alle due ho scopato con Gerard. xoxo frnk".

- Ti amo. - . Si stava già abbastanza depressi senza che Lindsey dicesse una cosa simile.

- Anch'io. -, forse? Forse in realtà era il divertimento preferito di Gerard sabotare la sua stessa vita.

Si sentiva lo stomaco indurito dall'ansia.

- Gerard. - disse a bassa voce Lindsey, con un sorriso perfettamente tranquillo.

- Mh? -

- Hai il cuore che batte fortissimo. -, gli baciò le labbra, - Cos'hai? - . Non era stupida. Sapeva distinguere l'ansia dall'emozione.

- E' solo che... non voglio che tu te ne vada. - . La guardò dritta negli occhi. Non sapeva come riusciva a farlo. Un po' lo spaventava il fatto che avesse imparato a mentire così.

Lindsey ricambiò lo sguardo con gli occhi scuri che spiccavano sulla pelle chiara. Era davvero bellissima: - Okay. - mormorò, prendendogli dolcemente il viso fra le mani.

Si baciarono a lungo.

Poi arrivò un messaggio al cellulare di Lindsey, e Gerard sentiva che era tutto sbagliato. Fare sesso con Lindsey, stare sul letto con lei a baciarla, dirle che la amava, mentirle, pensare continuamente a Eliza e Frank.

- Gee. - gli disse lei, passandosi le dita fra i capelli neri per spingerli indietro. - Ti spiace parlare al telefono con Jimmy? Vado a farmi una doccia. -

- Okay. -

Lo baciò e andò in bagno. Tutto qui. Era tutto così sbagliato.

Gerard guardò la porta chiusa. Si alzò a sedere e si grattò la testa nervosamente prendendo il cellulare che Lindsey aveva lasciato sul cuscino. Cercò il nome di Jimmy nella rubrica e lo chiamò.

Fu solo quando rispose con un "Lindsey?" acuto che si rese conto di non sapere perchè lo stesse chiamando.

- Mh, Jimmy? Sono io. - . Si accarezzò nervosamente la pancia scoperta e guardò stranamente interessato la propria pelle pallida.

- Gerard! - esclamò allegramente Jimmy, - Gerard Way! - ripeté praticamente urlando.

- E' una bella serata, Jimmy, non lo è? - chiese Gerard, sistemandosi con un sorriso le coperte. Guardò ansiosamente la porta del bagno con la sensazione di stare sprecando la propria vita.

- E' una grandissima serata, ho fatto in tempo a sbronzarmi e tornare sobrio, caaazzo, Gerard! -

- Whoa! -

- Sto venendo a prendere Lindsey. -

- Cosa? No. -

- Scusa, devo. -

- Nah, Jimmy. -

- Avete fatto sesso? -

- Sì. -

Jimmy si mise a ridere sommessamente: - E allora non hai scuse, Gerard! -

Gerard rise: - Cosa? Ma non sai nemmeno dove cazzo siamo. -

- Per quello vi stavo chiamando. Dove siete? -

Gerard si guardò spiazzato intorno, chiedendosi per la prima volta in assoluto il nome del posto in cui si trovava

- Geez? -

- Uhm, non ne ho idea. Lyn? Lyn? - urlò.

- Che c'è? -

- Guarda l'asciugamano! In che hotel siamo? -

- Renaissance Phoenix Downtown! - rispose dopo qualche istante.

- Whoa, Jimmy! Senti qua! Siamo al Renaissance Phoenix Downtown! - riferì a Jimmy Gerard.

- Cosa? Ma siete stronzi? Che classe! -

- Vero?! Lo so! Cazzo. Cazzo. - ripeté ridendo sorpreso, - Non ne avevo nemmeno idea. -

- Ho intenzione di pisciarti in bocca appena ti vedo. Nemmeno un saluto. Te lo calo in gola e piscio in silenzio. -

Gerard stava ridendo fragorosamente: - Jimmy Urine! -

- Sì, cazzo! -

- Jimmy Urine, sei bellissimo e io ti amo. -

- Ripetimelo, così vengo nei pantaloni. -

Gerard avvicinò il microfono del cellulare di Lindsey alla bocca e si impegnò a rendere la propria voce ancora più profonda: - Jimmy Urine? Sei bellissimo e io ti amo. -

- Whoa, Gerard. Questa era potente. -

- Lo so. -

- L'hotel è vicino a un piazzale bianco con delle palme? -

- Credo di sì. -

- Le palme sono molto alte e sottili. -

- Credo di sì, Jimmy. - ribadì, sorridendo perchè era bello parlare con lui anche solo per i toni di voce assurdamente folli che usava.

- Aspetta, forse... sì. Sì. Vi ho trovati, figli di puttana. -

- Lindsey è sotto la doccia. - lo avvisò Gerard, guardando di nuovo in direzione della porta del bagno chiusa.

- Allora vieni giù a ciucciarmelo, dai. -

- Lasciami etero, per una notte. Solo per una notte, Jimmy. Cazzo. - sbottò infastidito Gerard.

- Mi dispiace. Non volevo. Scusa, Geez. -

- Se vuoi ti canto una serenata romantica al telefono. -

- Ma no. Cantami le Spice Girls. -

- Bene, adesso fai una cosa. Ti alzi. Tiri giù il finestrino. Ci appoggi l'uccello. E lo richiudi. E per favore resta al telefono mentre urli. Ci tengo tantissimo. -

- Non voglio un moncherino al posto del mio pene, maledetto stronzo. -

- Allora non parlarmi delle Spice Girls. Mi fanno venire acidità di stomaco. -

- Ci puoi scommettere. -

Lindsey uscì dal bagno avvolta in un asciugamano: - Ti spiace se ti prendo una camicia o qualcosa del genere? -

- No, fai pure. Consideralo un souvenir. -

- Cosa? - domandò Jimmy al telefono.

- Niente, Jimmy, senti, facciamo che ora stacco e ci sentiamo giù? -

- Okay, però davvero, muovetevi, dobbiamo essere a Los Angeles per le otto e mezza di mattina. -

- Non preoccuparti. A dopo. - . Spense la chiamata e scese dal letto infilandosi mutande e pantaloni prima di raggiungere Lindsey chinata accanto alla sua valigia.

- Questa da quando ce l'hai? - chiese prendendo la maglietta dei Misfits di Frank.

Gerard sbiancò e si abbassò accanto a lei: - Uhm, da un po'. -

- E' carina. -

- Sei sicura che una camicia ti basti? Se vuoi ti impresto una felpa. - cambiò argomento Gerard, capovolgendo i vestiti in modo che la maglietta di Frank finisse nel fondo della valigia.

- No, è okay, ho la giacca. -, e non si era accorta di quello che stava cercando di fare Gerard e Gerard si sentiva così sollevato. Le parole non bastavano per spiegarlo.

- Oppure un maglioncino? - insistette Gerard, sorridendole ora che si sentiva più tranquillo.

- Nemmeno mia madre era così apprensiva. - commentò ridendo.

- Dopo prendi freddo, te lo dico molto onestamente, fuori ci sono davvero pochi gradi... - le spiegò accigliato Gerard.

Lindsey lo baciò senza nemmeno lasciarlo finire: - Vada per il maglioncino. Mi cerchi il reggiseno mentre scelgo accuratamente quale maglioncino mettermi? -

- Non sono il tuo schiavo. - fece una smorfia da ragazzino presuntuoso.

- Sì che lo sei. Lo sei dall'alba dei tempi. -

La baciò: - Come vuoi. Di che colore è il tuo reggiseno? -

- Perchè, ce ne sono tanti in giro in questa stanza? - chiese divertita.

- Sì, è mia abitudine indossarli nei festivi. -

- Ah, okay, allora credo che sia... mh- - fece una leggera smorfia pensierosa.

- Ricordo un colore scuro, è possibile? - cercò di aiutarla Gerard.

- Sì, sarà quasi sicuramente nero. -

- Fantastico, qua in mezzo alle coperte è pieno di vestiti neri- oh, aspetta. Uau. - si fermò dopo aver rovistato per un po' fra le varie lenzuola.

- L'hai trovato? -

- Sì. Posso indossarlo? -

- Tu stai prendendo troppa confidenza con me. - commentò ridendo Lindsey, mentre si alzava con le lenzuola ancora strette addosso.

- Scusa. - fece il broncio Gerard, portandoglielo a testa bassa.

Lindsey gli baciò le labbra, lasciò cadere le lenzuola e se lo mise.

Gerard l'aiutò a chiuderlo, chiedendosi quando esattamente si fosse messa gli slip senza che lui se ne accorgesse. Le ragazze avevano strani poteri.

- Che ha detto Jimmy? - chiese Lindsey.

- Ah, giusto. Stava arrivando a prenderti. -

- Di già? Che ora è? -

- Non so, credo siano le tre di mattina. Ha detto che dovete arrivare a Los Angeles per le otto, credo. -

- Giusto, l'appuntamento... -

- Con chi? -

- Casa discografica. -

- Fottute case discografiche. -

- Lo so. - mormorò, - Ti rubo questo maglioncino, è okay? - chiese sollevandolo.

Gerard lo guardò solo per accertarsi che non fosse di Frank. Sarebbe stato imbarazzante se la sua ragazza avesse indossato i vestiti dello stesso ragazzo con il quale Gerard faceva sesso. Molto imbarazzante: - Mh-mh. - confermò.

Lindsey se lo infilò e poi si mise i jeans aderenti.

Gerard non era abituato a vedere jeans da ragazza nella sua stanza d'hotel, quindi li guardò abbastanza a lungo mentre Lindsey era distratta di nuovo dal suo cellulare.

Si infilò il cellulare in tasca e sollevò il viso per guardarlo. Sospirò.

- Sei pronta? - intuì Gerard.

- Sì. - confermò lei, abbastanza depressa.

- Non deprimerti. - le disse Gerard, passandole la giacca che avevano fatto in tempo a sistemare sull'appendi-abiti.

- Ovviamente. - disse ironica Lindsey, infilandosi dentro la giacca.

- Hai tutto nella borsa? - chiese Gerard.

- Sì, ho controllato prima. -

- Okay. - . Aspettò che uscisse dalla stanza e poi si chiuse alle spalle la porta a chiave. Perchè qualche giorno prima si era accorto di essere ricco e potenzialmente derubabile. E soprattutto, perchè sapeva che non appena Lindsey se ne sarebbe andata non sarebbe tornato in quella stanza.

Ma Lindsey non domandò nulla al riguardo.

Le afferrò di nuovo la mano e scesero l'unica rampa di scale al piano terra.

Percorsero la hall silenziosa. Beh, c'era poco di cui parlare alle tre di mattina. Sentì Lindsey salutare brevemente le ragazze alla reception. Doveva essere complicità femminile o qualcosa del genere. Vide Jimmy che fumava come una ciminiera fuori dalle porte di vetro scorrevoli.

Si voltò a guardare Lindsey ma lei teneva lo sguardo basso mordendosi il labbro inferiore. Le sollevò il viso e la baciò velocemente come se bastasse a farla stare meglio e quando uscirono dalle porte automatiche le lasciò la mano per abbracciare Jimmy.

- Gerard Way! - esclamò Jimmy stringendolo forte. Buttò la sigaretta a terra e la spense e si mise a guardare Gerard prendendolo per entrambe le mani, - Sei fichissimo. -

- Ti ringrazio. -

- Come stai, Gerard? - gli chiese finalmente serio. O quasi.

- Mi sto impegnando molto a vivere. - gli rispose Gerard, allungando il braccio per tenere di nuovo Lindsey per mano, - Ma adesso muoio dentro se mi porti via Lindsey. - disse baciandole una guancia.

- Siete Romeo e Giulietta versione punk? A parte che non mi ricordo la storia di Romeo e Giulietta... da dov'è che venivano? -

- Italia. - rispose Gerard.

- Milano? -

- Sì. - annuì distrattamente.

- Verona, idioti. - scosse la testa Lindsey.

- Beh, ho visto il film con di Caprio e non c'ho capito un cazzo. Proprio un emerito cazzo. E Giulietta era una specie di troll con una parrucca. In più se non ricordo male il sangue era fucsia. -

- Cosa? - esclamò ridendo Gerard.

- Non ricordo bene perchè ma erano su una spiaggia e c'era molta gente ferita e il loro sangue era fucsia. Che poi, a Verona c'è il mare? Io non credo. - sollevò una mano come per accentuare la propria opinione al riguardo.

- Parlami del troll. - propose Gerard, affascinato dall'argomento.

- Beh, Giulietta era davvero bruttina- -

- La bellezza è soggettiva. - sospirò Lindsey sollevando gli occhi al cielo buio.

- Lindsey, è inutile che ti sprechi in queste frasi per gente brutta, sei bella non ne hai il bisogno, lascia certe frasi a quelli meno fortunati di noi. -

Gerard scoppiò di nuovo a ridere e Lindsey lo fulminò con un mezzo sorriso.

- E a un certo punto- credo i genitori di Giulietta, hanno litigato. E il padre ha dato alla madre o qualcuno del genere della "stupida strega", e giuro che quello è stato l'apice. Un film odioso. -

- Beh, Leonardo di Caprio è bellissimo. - si strinse nelle spalle Lindsey.

- Già. - annuirono con sguardo esageratamente sognante Gerard e Jimmy.

- Bene, allora mettetevi insieme! - esclamò Lindsey.

- Calmati, non conosceremo mai di Caprio, credo. - fece spallucce Jimmy.

- Già. - confermò Gerard.

Jimmy guardò l'ora sul suo cellulare. Era così che funzionava nel ventunesimo secolo, non si usavano più gli orologi da polso per vedere che ora è: - Mh, è tardi. Okay, Lyn, facciamo che ti aspetto in macchina, mh? - propose Jimmy, guardando un po' dispiaciuto Lindsey.

Lei annuì con un sospiro.

Jimmy abbracciò di nuovo Gerard: - Ci sentiamo, Gerd. Cerca di starmi benissimo. -

- Lo stesso vale per te. -

- Cos'era? Resta bellissimo rimanendo brutto? - tentò di ricordare Jimmy.

- Qualcosa del genere. - annuì Gerard, sorridendo sorpreso. Non si aspettava per davvero che qualcuno prestasse attenzione a quello che diceva durante i concerti fra una canzone e l'altra.

- Ecco, ma detto da uno favoloso come te, Gerard, è davvero poco credibile. Non sei credibile. - ribadì scuotendo la testa.

- Jimmy, chiuditi in macchina. - scosse la testa Lindsey, - E' il mio ragazzo, non il tuo. -

- Scusa! - squittì Jimmy scuotendo le mani, - Mi dispiace! Ciao, Geez. - . Gli baciò la guancia e poi si diresse alla sua macchina.

- Vuole farmi ingelosire. - mormorò incredula Lindsey, seguendolo con lo sguardo mentre saliva nella Jeep.

Gerard sorrise e la baciò attirando di nuovo la sua attenzione. Guardò il suo viso. Gli dispiaceva di più vederla triste che doverla effettivamente lasciare. Non sapeva bene spiegarselo.

- Ci sentiamo al cellulare, giusto? - chiese conferma lei, corrugando appena le sopracciglia.

Gerard la prese per le mani, tenendoci davvero tanto a consolarla: - Prometto che non appena ho una serata libera corro da te a Los Angeles. -

- Okay. -

Era arrivato decisamente il momento. La baciò. Sentì i polpastrelli di una mano di Lindsey sul suo collo. Quei momenti lo facevano sentire da schifo. Sapeva che Lindsey stava per piangere. Le succedeva spesso. Poteva comprenderlo. Era abituato a peggio con Frank e i suoi crolli emotivi e le sue vomitate compulsive. Lindsey era una passeggiata in confronto. Le lasciò le mani e tornò a guardarla, rimanendole vicino.

- Ti amo. - gli disse Lindsey. E non glielo diceva spesso. Nessuno dei due, a dire il vero. Raramente se lo dicevano. Forse solo perchè era ancora presto.

- Anch'io, Lyn. - sussurrò, guardandole le iridi scure oltre il sottile strato di lacrime che le velavano gli occhi.

Si presero la mano e semplicemente, si trascinarono verso la macchina.

Il viso di Jimmy era a malapena distinguibile e illuminato solo dalla luce del display dell'autoradio. Non li stava guardando. Stava guardando l'autoradio, o forse il suo cellulare.

Gerard le aprì la portiera e Lindsey si sistemò sul sedile di pelle. Era davvero bella. Con quell'illuminazione quasi inesistente i suoi occhi erano ancora più scuri.

- Ciao, Gerard. -

Le prese il mento e le baciò un altro paio di volte le labbra morbide: - Buon viaggio, Lyn. -

- A me non auguri un cazzo? - intervenne Jimmy, in un chiaro tentativo di sdrammatizzare la situazione.

- Buon viaggio, Jimmy. Guida decentemente, non stuprare il codice stradale e per favore portala sana e salva a Los Angeles. -

Jimmy sollevò un pollice con un sorriso poco convincente.

Gerard gli sorrise e scosse la testa: - Non sei credibile. -

- Torna dentro, fa freddo. - replicò Jimmy.

Baciò Lindsey. Per l'ultima volta per davvero. E quasi la sentì tremare sotto le sue labbra. Poi si risollevò e chiuse la portiera. Si allontanò di qualche passo per non permettere a Jimmy di prenderlo sotto con la macchina e rivolse a entrambi un cenno della mano.

Lindsey ricambiò, Jimmy gli fece una linguaccia. Sempre molto maturo.

Gerard sorrise e basta e attese che la Jeep di Jimmy sparisse dal parcheggio e si buttasse in mezzo alle luci della città.

Nel fissare il buio, si accorse di sentirsi un po' svuotato. Tirò un sospiro per liberarsi dalla commozione e capì di avere molto sonno e molto freddo. Calciò un sassolino che molto probabilmente non c'era nemmeno e s'incamminò di nuovo verso la hall dell'hotel.

Decise di fare la testa di cazzo e andare alla reception. A dire il vero non è che proprio l'avesse deciso lì al momento, era da quando era nato che aveva deciso di fare la testa di cazzo, e da allora non si era mai smentito. Ventinove anni da testa di cazzo portati egregiamente.

- Salve, posso sapere in che stanza si trova Frank Iero? -

Il ragazzo lo guardò esitante. Dov'era la ragazza di prima? Lei l'avrebbe riconosciuto.

- E' il chitarrista della mia band, ho lasciato il cellulare nella sua stanza e ne ho bisogno. -

Il ragazzo continuò a osservarlo, indeciso sul da farsi.

La ragazza di prima uscì dall'ufficio lì dietro. Per fortuna.

- Ehi, vero che sono Gerard Way e Frank Iero è nella mia band? - le chiese.

La ragazza arrossì.

Gerard era stanchissimo di vedere la gente arrossire.

- Sì, è così. -

- Ah... mi perdoni. - mormorò imbarazzato il ragazzo, - Non- non guardo MTV. -

Gerard si mise a ridere. Lo faceva ridere parecchio, per qualche motivo.

- Stanza 27. Primo piano. Desidera una copia della chiave? -

Gerard gli sorrise. Non riuscì ad evitarlo, davvero: - No. La ringrazio. - . Si separò dal bancone e prese l'ascensore. Una rampa di scale era troppo alle tre di mattina, o quattro, o quel che erano. Voleva andare da Frank e dormirgli vicino. Nient'altro.

La sua stanza era esattamente davanti alla porta dell'ascensore.

Se fosse stato possibile, Gerard avrebbe abbracciato la porta con il numero 27 sopra. Calò una mano sulla maniglia della porta, che trovò naturalmente aperta. Per quello la copia della chiave era inutile. Frank non l'avrebbe mai chiuso fuori da nulla. Era quasi metaforico. Si chiuse la porta alle spalle e prese la chiave appesa accanto alla porta per chiuderla a chiave. Nel mondo gay di Frank non esistevano i ladri, esistevano solo ragazzi gay che desideravano introdursi nelle sue stanze d'hotel in piena notte. Doveva pensarci Gerard a tenerlo al sicuro. Dai ladri e da altri eventuali ragazzi gay.

La piccola sagoma di Frank sotto le coperte era immobile. Forse aveva pure il sonno profondo in quel momento e non si era accorto che Gerard era entrato. Forse era morto.

Si sfilò capo dopo capo tutto quello che indossava tranne per i boxer, sollevò un lembo della coperta e si distese vicino a Frank. Lo trovò di spalle, quindi gli baciò la nuca.

- Lavati, puzzi di ragazza. -, fu l'unico commento di Frank.

Gerard sorrise e gli baciò di nuovo la nuca prima di tornare fuori dal letto. Era del tutto distrutto, ma non aveva intenzione di non obbedire a Frank. Qualche piccola vittoria se la meritava, giusto?

Prese i boxer verde acido dalla valigia di Frank, che al buio si notavano benissimo, e andò nel bagno a farsi una lunga e scazzata doccia. Nella distrazione si lavò pure i capelli, perdendo altro tempo inutile. Uscì dalla doccia che si sentiva uno zombie. Non osava immaginare che ora era. Ma a giudicare dalle sue occhiaie, probabilmente erano già le cinque di mattina. Tempo prima insieme a Mikey aveva fissato una teoria che permetteva di usare le loro occhiaie come orologio. Quando erano piccoli funzionava, ma forse perchè i loro cervellini erano corrotti dall'immaginazione e dalla convinzione che ogni singola stronzata che s'inventassero fosse attendibile.

Si asciugò con l'asciugamano, ed evitò di guardarsi il cazzo perchè davvero lui e il suo pene si sentivano molto in colpa per dove si erano cacciati in una sola giornata. Si mise i boxer di Frank fissandosi la faccia allo specchio. Aveva così tante occhiaie da essere ridicolo, ma ora che ci pensava gli veniva da piangere. L'assenza di sonno gli faceva sempre venire voglia di piangere, perchè viveva malissimo la sensazione di aver bisogno di dormire. La viveva quasi tragicamente. Forse era l'unica persona al mondo presa così male.

Disperato, si asciugò i capelli alla cazzo e uscì dal bagno di fretta per ributtarsi sul letto.

Si coprì con le lenzuola sentendosi la pelle d'oca dal freddo, e tremando come un cazzo di vibratore rimase bloccato dentro il proprio corpo. Aveva quella sensazione, a volte, si essere bloccato dentro sé stesso. Dentro la sua pelle. Faceva schifo. Chiuse gli occhi, ma non riusciva a dormire. La sua attenzione veniva richiamata da Frank, e non fisicamente. E' che si sentiva in colpa perchè gli era venuto in mente il fatto che gli avesse dato buca, che lo avesse lasciato da solo per tutte quelle ore, e chissà quante cose aveva fatto in tempo a pensare nell'arco di tutti quei minuti. Era brutto riconoscere razionalmente che mentre Gerard non c'era Frank continuava a vivere, ad essere, a pensare... a respirare. Quando Gerard si voltava il mondo che aveva appena contemplato non spariva, continuava a esistere, e mentre era di spalle cambiava e quando si sarebbe rigirato avrebbe visto i risultati di questi cambiamenti e non se li sarebbe aspettati. Non se li aspettava mai. Desiderava avere il controllo di tutti, poterli fermare nel loro sorriso per andarsene senza che se ne accorgessero, così quando sarebbe tornato avrebbe ripreso a farli sorridere come se nulla si fosse mai interrotto. Le cinque di mattina insonni portavano pensieri di merda.

Si avvicinò a Frank. Cercò di non grugnire o fare qualcos'altro di disgustoso: - E' troppo tardi per i documentari? - gli chiese in un soffio.

- Sì. - .

Con gli occhi fissò il punto da cui proveniva la sua voce. Non vedeva nulla. Vedeva i puntini. I famosi puntini. Odiava quando il buio gli nascondeva Frank.

- Frank, non sapevo che Lin... -

- Non fa niente. - tagliò corto, - Buonanotte. -

Gerard fece per abbracciargli i fianchi ma Frank lo afferrò subito per i polsi e lo allontanò: - Per favore, non... non toccarmi. Lasciami stare. - . Ma porca troia, aveva lasciato la porta aperta, era ovvio che desiderasse che Gerard andasse da lui. E ora perchè faceva il difficile? Stronzetto di merda.

Si allontanò e si strinse le braccia incrociate al petto. Aveva pure freddo. Frank era uno stronzo.

No, non lo era. Vaffanculo, era il ragazzo più dolce della terra.

- Frank, ma io ho freddo. -

- Abbracciami. - . Lo disse a voce così bassa che forse nemmeno lo disse e Gerard se l'era immaginato. Però, quando si avvicinò non lo respinse.

Abbracciò il suo corpo caldo coperto dalla felpa enorme che usava ultimamente per dormire e infilò le braccia sotto le sue stringendogli le mani.

Frank intrecciò le dita bollenti a quelle gelide di Gerard, affondandole più che poteva in mezzo alle sue. Gerard adorava quella sensazione di pressione fra le dita. In qualche modo, lo rilassava.

Non si dissero più nulla.

Gerard si addormentò subito, ma a giudicare dalla rigidità del corpo di Frank immaginò che per lui fosse stato più difficile dormire.

 

- Svegliati. -

Si sentì scuotere dentro mentre si risvegliava. Che merda svegliarsi di soprassalto.

Frank era in ginocchio vicino a lui mezzo avvolto nelle coperte. Non sembrava felice.

- Che succede? -

- Niente, devi svegliarti. -

- Okay. - mormorò. Gli veniva da piangere. Svegliarsi e beccarsi Frank così era una merda. Davvero, riusciva solo a pensare a cose merdose in quel momento. Tipo lo yoghurt coi pezzetti di banana dentro. Che merdata assurda. Oppure trovare un capello bianco del pizzaiolo nella pizza che si sta mangiando. Gli veniva da vomitare.

Frank scese dal letto.

Non gli lasciò nemmeno il tempo di considerare di abbracciarlo o fargli qualcos'altro del genere. Anche solo un pompino. Qualsiasi cosa. A parte che non stava piovendo e forse non gli sarebbe piaciuto. Guardò il sole fuori dalla finestra enorme. Stupida palla di merda incandescente, serviva davvero illuminare così tanto? Era accecante. Che merda. In più, Gerard era sicuro di avere dei capelli di merda perchè non se li era asciugati seguendo la loro struttura per bene, quindi chissà, probabilmente erano crespi come la merda. E aveva ancora le occhiaie, se le sentiva. Ma le occhiaie gli piacevano, in qualche modo. Lo facevano sentire meno stupido quando si guardava allo specchio e si sentiva stanchissimo. Era una specie di prova che non stava impazzendo e che la sua stanchezza era solo dovuta alle ore di sonno arretrate. Non ai sentimenti, o qualche merdata simile.

Frank aveva praticamente già finito di vestirsi e stava solo finendo di abbottonarsi jeans. Fantastico, Gerard se l'era pure perso mentre si vestiva. Che merda. Che giornata di merda. Voleva davvero solo ributtarsi sulle coperte e piangere.

Frank ributtò i suoi vestiti in valigia, forse senza accorgersi che mentre lui era già pronto per andarsene Gerard si era appena svegliato e lo stava guardando con un solo occhio aperto dal letto indossando nient'altro che i boxer. Gerard nella fase di preparazione mattutina era indietro di una ventina di tappe rispetto a Frank. Sempre bello. E c'era qualcosa di suicida in tutto questo, ma Gerard decise di non muoversi ancora da lì. Se ne rimase seduto in mezzo alle lenzuola, ammosciato e gobbo, il ritratto della scogliosi in formazione, senza che gliene fregasse un vero cazzo del mondo.

Frank sospirò improvvisamente: - Oggi pomeriggio esco con Jamia. -, "e non rompere il cazzo", aggiunsero i suoi occhi. Ma non lo disse ad alta voce, e così facendo non obbligò Gerard a prometterglielo. Perchè in fondo desiderava che Gerard gli rompesse il cazzo. O qualsiasi altra cosa implicasse il suo cazzo. Un attimo, forse stava divagando.

- Okay. - mormorò Gerard. C'aveva provato a dirlo con un tono di voce normale, ma andiamo, era sveglio da solo due minuti. Fra le altre cose, gli era appena venuto in mente che non aveva mai fatto sesso con Frank durante l'ultima notte, ed era dura da metabolizzare anche solo questo, figurarsi il resto. Era tutto una merda, in quel momento.

- Vestiti, lavati i denti, prepara la valigia, levati quell'espressione da procione stuprato analmente dalla faccia, comincia a vivere. - gli elencò un paio di ordini Frank, contando con le dita partendo dal mignolo come avrebbe fatto un afro-americano che ascolta rap o R&B o qualsiasi cosa fosse.

- Porca troia. - fu l'unica cosa che gli disse Gerard. Lo disse con enfasi, comunque, quindi valeva come "cominciare a vivere", giusto?

- Vestiti. - insistette Frank. Con quel tono di voce stanco che Gerard odiava. - Vestiti. Ce la fai? Non ce la fai. Ti aiuto io? Ti aiuto io. - concluse molto egregiamente, - Guarda qua. Ventisei anni e devo vestire un ragazzo di ventinove anni manco fosse un vecchio disabile. Meriti un riconoscimento a livello mondiale per essere così fallito. - . Tirò fuori una maglia di Gerard finita nella sua valigia per vari motivi quasi sempre dolci e gliela infilò dalla testa. Era a maniche corte, ma gli imprestò una delle sue felpe enormi e che sapevano di pulito quindi tutto okay.

- Mi cambi i boxer? - propose Gerard.

- No. -

- Io c'ho provato. - si strinse nelle spalle.

- Solleva i piedi. -

- Mi sento strano. - commentò nel farlo Gerard.

- Te lo dico io come ti senti, ti senti ridicolo, e fai bene a farlo perchè lo sei. -

- Oggi mi odi. -

- Te li abbottoni da solo i jeans? -

Gerard spalancò la bocca sconvolto.

Gli occhi di Frank erano su di lui, ma non lo stavano guardando davvero. Gerard riusciva a riconoscere un'occhiata finta da una vera.

- Perchè non mi dici che non è vero che mi odi? - chiese Gerard.

- Non fare il bambino. -

- Io non sono un bambino. -

- Appunto, quindi non farlo. -

- Sai una cosa? - esclamò Gerard, - Che giornata di merda! Mi hai svegliato a parole senza nemmeno baciarmi, e ora stai alla larga da me. Fa tutto abbastanza cagare. -

- Piantala di fare scenate. -

- No, piantala tu. -

- Va bene. - mormorò. Si allontanò lasciandolo coi jeans sbottonati.

- NO! - urlò contrariato Gerard, - Torna subito qui! -

- Fatti una vita, lavati i denti, prepara la valigia, togliti quell'espressione da troia ingannata, comincia a vivere civilmente. - continuò a snocciolare ordini Frank, ignorando le sue urla insistenti.

- Frank Iero, torna subito qui! -

Frank andò imperturbabile in bagno.

- Spero che tu non abbia intenzione di fare qualcosa di stupido come ignorarmi perchè davvero mi incazzo! Torna qui! Abbottonami i jeans! Caaazzo, Frank, torna qui, per favore, abbottonami i jeans. Ti voglio bene. Torna qui. Non ignorarmi, ti voglio bene. Fraaank. Non volevo dirti di piantarla. Quindi non piantarla. Sei meraviglioso. Torna qui. -

Frank uscì dal bagno con uno spazzolino.

Gerard riuscì a riconoscere del dentifricio bianco e verde sopra la piccola spazzola bianca e blu: - Vuoi lavarmi i denti? Non sono un tuo cane. -

- Infatti te li lavi da solo. Fai in fretta. -

- Abbottonami i jeans. -

- Non otterrai ciò che vuoi. -

- Ma ti voglio bene. -

- Chi non me ne vuole? Non c'entra un cazzo. -

- Non tirartela. -

- Ho imparato da te. E non dirmi cosa devo fare. -

- Hai passato gli ultimi dieci minuti a ordinarmi cosa- fanculo. - concluse alzando gli occhi al cielo. Afferrò bruscamente lo spazzolino e se lo infilò in bocca. Trascinò la spazzola lateralmente sui molari: - Fpero almeno che tuffo ciò ti diverta pevchè daffero mi fento ridicolo come la mevda. -

Per la prima volta in assoluto da quando Gerard si era svegliato, Frank si mise a ridere. Il che voleva dire che stava sorridendo. Il che voleva dire che tutto poteva anche essere roseo e gay in un mondo dove Frank rideva e sorrideva.

- Accomfagnami in pfagno. - gli disse Gerard, mentre scendeva dal letto lentamente per non cadere, - Non cvedo di favcela a gvavdave da folo i miei cafelli. -

Frank gli prese la mano libera e lo portò in bagno.

Gerard sbiancò nel guardarsi allo specchio.

Frank, alle sue spalle, gli sorrise e gli passò le dita fra i capelli non tanto per sistemarli ma per divertimento personale.

- Non è difenden... difevdente. - cercò di dire.

- Lo è. -

- Dove caffo vado meffo cofì? - . Decise di sputare sul lavandino la schiuma del dentifricio. Risollevò il viso e cercò di sistemarsi il groviglio di capelli neri.

- La situazione è divertente perchè in realtà i capelli ti stanno benissimo ma non te ne rendi conto. - commentò Frank.

Gerard lasciò stare i capelli e si voltò a guardare Frank. Fece per dirgli qualcosa, o forse Frank stava per farlo. La situazione terminò col fatto che nessuno dei due riuscì a parlare. Non che avessero grandi motivi per non farlo. O forse sì, ma per come erano abituati non c'era nulla d'insolito nel fatto che Gerard la notte prima avesse fatto sesso con Lindsey e poi fosse andato a dormire nel letto di Frank. CON Frank.

Frank si limitò ad accennargli un sorriso prima di uscire dal bagno. Non gli ordinò più nulla.

E Gerard si abbottonò da solo i jeans.

 

Frank aveva iniziato a parlare al telefono con Jamia, quindi Gerard aveva preso a parlare con Lindsey al suo, di cellulare. Era così che funzionava. Era un comportamento molto immaturo, e la parte brutta era che Gerard era l'unico dei due ad esserlo perchè Frank non si era mai messo a parlare al telefono con Jamia per fargli un dispetto. Gerard invece aveva quel disperato bisogno di... farlo ingelosire? Forse.

Guardò sul display del cellulare da quanto tempo stava parlando con Lindsey. Otto minuti e dodici secondi. Senza saper valutare se sembrava che ci stesse parlando da più tempo o meno, si resse la fronte con una mano chiudendo gli occhi.

Frank era sulla sua brandina, sopra quella di Gerard. Parlava normalmente. A volte rideva. Troia. E Gerard era così concentrato ad ascoltare la voce di Frank che non avrebbe mai saputo dire di cosa avesse parlato con Lindsey per quei otto minuti e mezzo. Non ne aveva idea. Le rispondeva e basta, nonostante non comprendesse le sue domande. E in qualche modo funzionava. Lindsey continuava a parlare con lo stesso ritmo.

Gerard le rispose di nuovo. Non sapeva che cosa le stesse dicendo.

Aveva questo disperato bisogno di dormire.

- Ehi, Lyn, devo andare, ho un'intervista. -

- Davvero? Con chi? - . Sembrava curiosa. E felice per Gerard.

- Kerrang!. - , tanto ne faceva una ogni mese per quel giornale, e a volte ne pubblicavano di nuove senza che Gerard si ricordasse di essere stato intervistato. Faceva lo stesso, non gli importava.

- Aw, andrò a leggerla quando uscirà il nuovo numero. -

- Okay. - . Quelli di Kerrang! se ne sarebbero inventata una.

- Ti lascio andare. Buona intervista. -

- Grazie, Lyn. -

- Mi manchi. -

- Anche tu. -

- Ciao. -

- Ciao, Lyn. - . Spense la chiamata e riaprì gli occhi. Scese dalla brandina. Non aveva più il cellulare in mano, quindi doveva averlo lasciato lì. Si alzò in piedi e si arrampicò portando le ginocchia sulla brandina di Frank. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò.

Frank ricambiò per qualche bacio. Poi allontanò i loro visi: - Ne sei- sicura? - balbettò al telefono.

Gerard appoggiò la testa alla sua spalla.

- Gliel'hai chiesto? Ma è la stessa di prima? - continuò Frank, con la voce che gli tremava appena mentre con le dita sfiorava incerto Gerard.

Gerard si girò e gli annusò il collo. Glielo baciò.

- Sì, ma cazzo... - . Non stava dicendo a Gerard. Stava parlando a Jamia, - Okay. Okay. Sì, lo immagino. Ma non abbiamo molto tempo. Non riusciresti a fermarti più a lungo? -

Gerard si scostò. Lo guardò stringendo le labbra. Si sentiva messo da parte.

Frank distolse gli occhi dal suo viso e li abbassò sulle sue mani che stavano giocherellando con la maglietta che indossava sotto la felpa: - Oh. Mh. Capisco. Sì. E' okay. Va bene. Oppure quelli, sì. Okay. Ci sentiamo. - riattaccò e socchiuse le labbra stralunato per dire qualcosa a Gerard.

Gerard non gliene diede il tempo. Non gliene fregava un cazzo di sapere che problemi avesse con Jamia. Bastava solo che ne avessero ed era già abbastanza per farlo sentire un po' meglio. Non voleva che si fidanzassero. Non voleva che Frank si fidanzasse.

Lo spinse sul materasso lasciandogli morbidi baci dove capitava. Gli abbracciò il collo e si tranquillizzò prima di mettersi a piangere. Concentrandosi sul suo calore. Il suo profumo.

- Jamia forse riesce ad arrivare qui fra quattro ore. Le hanno cancellato un volo. - spiegò a voce bassa Frank. Stava quasi sussurrando. Gerard non sapeva perchè lo stesse facendo. Evitò di dirgli che non gliene poteva fregare di meno.

A sorpresa, fu un'idea di Frank quella di tornare a baciarsi. Con le labbra che si muovevano sempre più lente e umide, e i respiri che si facevano sempre più caldi, lasciarono perdere quasi nello stesso momento.

- Vuoi dormire? - . Si accorse che Frank aveva gli occhi già chiusi.

Il più piccolo annuì e basta e strinse con le dita il nulla nell'appoggiarle alle coperte.

Gerard si spostò di poco a lato, finendo con una gamba sul materasso e l'altra fra quelle di Frank. E desiderava non fare caso a dove si stesse appoggiando la sua coscia. Con la testa da qualche parte sulla spalla di Frank, scivolò nel silenzio e nel buio. Con facilità. Era bellissimo dormire. Era meglio di fare sesso, considerando quella sua prima scopata disastrosa con la tizia del quarto anno. Ma da lì in poi era stato tutto un crescendo fino al culmine assoluto che era Frank. E ora poteva anche dormire sopra di lui. Si considerava fortunato.

- Frank. Uhm. Gerard. -

Ci mise un po' a capire che la voce non faceva parte dei suoi sogni confusi. Gli rompeva estremamente il cazzo, ma aprì gli occhi. Svegliarsi era una vera merda: - Che c'è. -

- Uhm, Frankie? - insistette Mikey.

Gerard sospirò ma non fece nulla per svegliare Frank.

Quindi Mikey si arrangiò e lo scosse per la spalla che non era occupata da quello che si poteva considerare il cadavere di Gerard.

- Cos- a, co- ? -, fu essenzialmente quello che disse Frank.

- C'è Jamia- fuori. E' qui- qui fuori, mh. -

Frank spalancò gli occhi: - Cosa? Sono già le cinque? -

Gerard si spostò per lasciarlo alzarsi.

- Stai scherzando? Sono già le cinque? - ripeté Frank, affrettandosi a scendere dal letto.

Gerard si distese sulle coperte calde dove prima era disteso Frank. Appoggiò il viso al cuscino dove prima c'erano i suoi capelli. Gli veniva da piangere. E non voleva sentire Frank continuare a preoccuparsi per Jamia. Non voleva sentirlo chiedere a Mikey se era lì da tanto. Se li aveva visti. Ma sentiva. Sentiva tutto.

- Gerard? - lo chiamò Frank.

Girò solo la testa in sua direzione, continuando a rivolgergli le spalle.

Frank riuscì comunque a baciarlo: - Scu-... mh, mi dis-... a dopo. - . Avrebbe solo voluto spaccargli la testa. Che cazzo, aveva pure intenzione di scusarsi? Si riappoggiò al cuscino. Non voleva vedere Frank che superava Mikey e se ne andava di corsa. Ma l'aveva visto. Si leccò le labbra baciate da Frank per sentire il suo sapore. Quello lo voleva sentire. Per quanto intensificasse la voglia di piangere. Non era dolore. Erano solo sensazioni di merda e lacrime.

- Gee... -

- Non fa niente, Mikey. -

- Vuoi restare da solo? -

- Sì. -

- Okay. -

- E per sì intendo no. - aggiunse Gerard. Aveva confuso. Era confuso.

Si avvicinò al muro per lasciare Mikey distendersi vicino a lui.

- Hai bisogno di parlare? -

Guardò il suo viso per la prima volta da quando era arrivato. Mikey era bellissimo. E importante: - No. -

- E per no intendi sì? - tirò a indovinare Mikey con un mezzo sorriso.

Gerard ricambiò il sorriso. Non era strano che fossero distesi così vicini. Andava bene così: - No, voglio solo sapere. Cosa fa Frank quando io non ci sono? -

Mikey lo guardò per un po' prima di rispondere. Gerard non sapeva cosa stesse giudicando di lui. O anche solo se lo stesse facendo: - Rimane chiuso da qualche parte. Se Lindsey capita di pomeriggio si mette a suonare la chitarra con le cuffie alle orecchie ed è impossibile parlargli. Se succede di sera si chiude nella sua stanza in hotel. Quando gli chiediamo di uscire con noi e andare da qualche parte dice di essere stanco e di voler dormire. Questo. -

Gerard aveva ascoltato molto attentamente, cercando di non perdersi nulla. Si stava ancora ripetendo mentalmente le ultime parole di Mikey per capire il loro significato. A malapena riusciva a tenere aperti gli occhi. Si sentiva morire. Stupide ore di sonno arretrate: - E perchè lo fa? - mormorò chiudendo gli occhi per riposarli un minimo.

Mikey gli accarezzò i capelli.

Gerard si addormentò prima di sentire la sua risposta.

 

Si svegliò e decise solo di tenersi occupato. E per tenersi occupato intendeva giocare all'xbox per ore intere con Ray e gli altri, ma soprattutto con Ray. L'xbox era di Frank. Era strano giocarci per dimenticarlo per qualche ora. Gli dava serio fastidio il fatto che fosse in giro con una ragazza. E gli veniva da vomitare se pensava che avrebbero fatto sesso da qualche parte. O che si sarebbero baciati. Non riusciva a pensare che quando sarebbe tornato da lui avrebbe baciato le labbra che lei prima aveva baciato. Lo disgustava.

E comunque non si aspettava di vederlo così presto.

Si bloccò all'entrata della stanza. Guardò la figura che non sarebbe dovuta stare nel backstage del loro concerto. Guardò il modo in cui questa ragazza assolutamente inutile teneva la mano a Frank.

Sentì quasi la puzza dello svenimento. Davvero, di solito sentiva qualcosa di sgradevole nel naso quando stava per svenire. L'aveva appena sentito.

Ma invece di urlare e schiaffeggiare Jamia, decise di sorridere. Ancora in fase di svenimento, sorrise per davvero. E si unì al gruppetto che stava conversando.

- Avevamo questo enorme peluche. - stava spiegando Frank, - E Dave l'aveva per sbaglio dimenticato all'autogrill. Cioè, te lo immagini? Questo enorme peluche seduto a un tavolino rosso dell'autogrill, totalmente da solo. Come se avesse fatto un viaggio in macchina e avesse deciso di fermarsi all'autogrill. Quindi sono andato dall'autista e gli ho tipo urlato di tornare indietro perchè avevamo dimenticato Dewie. E l'autista ha completamente girato il tourbus ed è tornato indietro. E sono sceso di corsa e sono andato a prenderlo e abbracciarlo. -

- A dire il vero, anch'io ero corso a recuperare Dewie con te. - puntualizzò Gerard.

Si voltarono. Frank era stato l'unico a impallidire nel farlo.

Sembrava una di quelle scene che vedi solo nei film, garantito. Tipo quando compare il più misterioso dei personaggi principali. Quello che alla fine si rivela l'assassino.

- Ehi, Gerard! - esclamò Jamia. Che cazzo, conosceva pure il suo nome? Non aveva niente di meglio da fare che impararsi il suo nome? Idiota.

- Ciao. - . Non aveva intenzione di pronunciare il suo nome del cazzo. Non aveva tempo per quello.

- Le stavamo raccontando di Dewie. -

- Ho sentito, Mikey. -

- Ora dov'è Dewie? Diglielo, Frank! - esclamò Mikey insistentemente.

- Ora ha un posto speciale nel nostro cuore. - rispose Frank portandosi la mano libera dagli artigli di Jamia al petto.

- Cosa? E' morto? - . Stupida puttana ignorante, è un peluche, i peluches non possono morire. Soprattutto se quel peluche era Dewie. Nulla abbatteva Dewie. Dewie era un grande orso.

- No, stavo scherzando, è al sicuro nel ripostiglio del tourbus. A volte lo tiriamo fuori per fargli guardare la tv con noi. Ma solo a volte. In genere Dewie preferisce starsene per le sue. -

- E' un orso solitario. - confermò Ray.

Gerard sorrise. Lui e i suoi amici erano dei completi idioti senza futuro.

- Un giorno me lo devi fare conoscere. - commentò Jamia, guardando con un sorriso il viso di Frank. No. Dewie non era affar suo.

- Nah, non so se sei ancora pronta per conoscere Dewie. -

- Dewie ha grande impatto sulle persone. - annuì Mikey.

- Devo superare una prova prima di poterlo incontrare? - chiese Jamia.

- Sì. Se riesci a guardare Satana dritto negli occhi per più di 10 secondi... è a quel punto che potrai vedere Dewie. -

- Roba seria. -

- Lo so. Con Dewie non si scherza. Dewie ci da giù pesante. -

- Si faceva di eroina. - aggiunse Mikey.

- Chi, Dewie? - chiese Jamia, cercando di mantenere un'espressione seria.

- Sì. -

- Dewie è un tossico. - continuò Frank, - Se non lo chiudiamo a chiave nel ripostiglio scappa nella notte e stupra ragazze. -

- Ma solo quelle vergini. -

- Non gli piace la roba di seconda mano. -

- Voi siete totalmente fuori di testa. - sorrise Jamia, - Lo sapete, vero? -

- E tu sei incredibilmente puttana. Ne sei al corrente, giusto? - , ma no, non glielo disse davvero. Preferì stare in silenzio. Non voleva ramanzine da Frank. Figurarsi da Jamia.

- Speravamo che avremmo giocato alla Playstation. - intervenne Gerard, accennando all'invitante Playstation che Ray aveva collegato al televisore al plasma.

- Già, era quella l'intenzione! Dewie ci ha distratti. -

- Dewie fa giochetti con la mente. - spiegò a Jamia Frank, - Una volta mi sono ritrovato nudo in mezzo all'autostrada. Era stato Dewie a costringermi a farlo. -

- A dire il vero sono stato io a buttarti fuori dal finestrino dopo che abbiamo fatto sesso. - si strinse nelle spalle Gerard, con un enorme sorrisone.

Jamia rise.

Frank no. Frank impallidì.

E Jamia rideva. Che cazzo rideva a fare. Non era una battuta. Gerard scopava regolarmente con Frank, e probabilmente era già capitato che lo buttasse fuori dal finestrino. Non c'era un cazzo da ridere. Jamia avrebbe dovuto piangere e fare qualcosa del tipo... strapparsi l'utero? Sì. Infilarsi le mani dentro e tirarsi fuori l'utero. E sbatterlo a terra come sbobba nel piatto di plastica di un carcerato. Gerard avrebbe adorato vederla sanguinare e piangere e morire.

Si sedette sul divano. Non aveva intenzione di rivolgere sguardi di scuse a Frank per la battutona simpaticissima. Non era dispiaciuto e non voleva fingere di esserlo. Tanto era solo una battuta, vero, Jamia? Le sarebbe piaciuto.

Nonostante il divano di Gerard fosse ancora libero, Frank si sedette insieme a Jamia sul divano più piccolo. Che c'è, aveva paura che Gerard si mettesse a fotterlo lì davanti a Jamia? Beh, sì, probabilmente l'avrebbe fatto.

Ray e Mikey si sedettero vicino a Gerard.

- Dov'è finito Bob? - chiese Gerard a Mikey mentre Ray faceva partire il videogioco. Qualsiasi cosa fosse.

- Ci sta provando con una cameriera in un bar qui vicino, credo. Mi ha mandato un messaggio pieno di cuori, non so cosa volesse dire. -

- Forse ci sta provando con te, non con la cameriera. -

- Forse. -

Distolse quasi involontariamente lo sguardo da Mikey per guardare Frank poco più indietro.

Frank. Stava. Baciando. Quello. Schifo. Di. Ragazza. Quella puttana. Perchè non si era ancora strappata l'utero? Porca troia.

Mikey vide la faccia pallida di Gerard e gli posò una mano sulla guancia per farlo girare di nuovo in modo che non vedesse più Frank. Per un attimo Gerard ebbe la strana impressione che Mikey volesse baciarlo.

- Non voglio vederti vomitare sangue. Okay? - chiese lentamente, guardando preoccupato il fratello maggiore.

- Okay. -

Ray gli passò il joystick: - Tutto a posto? - gli chiese a voce bassissima.

- No. - sbuffò Gerard.

- Mikey, chiama Bob. Digli che se arriva qui fra dieci minuti fa in tempo a giocare il round three. - . Ray era un ragazzo gentile. Si preoccupava sempre per loro, ci teneva a farli giocare almeno un'ora al giorno con una qualsiasi console.

Iniziarono a giocare mentre Mikey stava al telefono con Bob come se fosse il suo fidanzatino.

Forse stavano giocando a Halo, ma Gerard non ne era sicuro perchè non distingueva molte differenze fra un videogioco e l'altro. Avvertiva con la coda dell'occhio la presenza pressante di Frank. Era strano starsene così distanti. Di solito quando giocavano alla PlayStation o all'XBox, Frank se ne stava sempre in braccio a Gerard. E si passavano il joystick turno dopo turno. E Frank gli stava sempre sulle cosce, appoggiato con la schiena al petto di Gerard, e lo riscaldava. E Gerard sentiva le ossa del suo culo contro la propria pelle. Ed era bellissimo.

Ora si sentiva freddo e vuoto. Più di tutto, gli mancava il peso e il calore del corpo di Frank. Jamia non meritava il calore di Frank. Lei non aveva sempre le mani fredde. Lei non si faceva la doccia bollente quando era sola perchè il calore le ricordava Frank. Lei non si scaldava le mani infilandole fra le cosce di Frank. Lei era solo un comune essere umano inutile. Gerard e Frank insieme erano molto di più.

Per fortuna arrivò Bob, che si mise ad abbracciarlo cercando di distrarlo dal videogioco. Lo faceva sentire meno solo. Gli voleva bene. E comunque non era riuscito a farlo perdere. Nessuno ci riusciva. Tranne Frank. Ma con lui era successo solo una volta. Ed era stato perchè lo aveva baciato.

 

Almeno Jamia non si sarebbe fermata in hotel per la notte. Gerard doveva solo resistere. E tenerselo nei pantaloni.

Ma si sentiva la gola stretta. Era al terzo litro di acqua e doveva di nuovo pisciare. Non aveva più voglia di alzarsi dal divano. O meglio, da Ray.

A quel punto della sua vita non ricordava, comunque, perchè avesse deciso di sedersi in braccio a Ray nonostante il divano libero. Non importava.

- Ray, credi che stiano scopando? -

Ray lo guardò, infastidito dall'argomento: - Cosa? Certo che stanno scopando. -

Gerard scese improvvisamente dalle sue cosce e si ritrovò una mano fra i capelli. Se ne accorse perchè le dita li stavano tirando da far male.

- Rilassati, tutti fanno sesso. - cercò di calmarlo Ray, con gli occhi un po' spalancati per l'agitazione.

- Cosa?! - esclamò Gerard, solo molto confuso.

- Tutti fanno sesso, è una cosa normale, non è importante con chi lo fai. -

Gerard spalancò gli occhi: - Cosa?! - ripeté, senza sapere bene se ridere o cominciare ad analizzare seriamente la stabilità mentale di Ray.

- Uhm, che ne sai, voglio dire... cos'è fare sesso? Mettere il cazzo da qualche parte. Potresti anche fare sesso con, mh, un rotolo di carta igienica? Quindi... saresti geloso di un rotolo di carta igienica se Frank lo usasse per scopare? -

- Cosa? - ripeté ancora una volta Gerard. Non riusciva ad evitarlo.

- Il sesso è ininfluente. Tipo, potrei passarmi le dita fra i capelli e chiamare tale azione "fare sesso". Capisci? E' solo una delle tante azioni... -

- Ray, se all'inizio pensavo che i tuoi pensieri stessero percorrendo una via interessante, ora credo che tu sia davvero fuori di testa. -

- Okay, mi ero perso nell'ultima parte... intendevo dire che i genitali sono una parte del corpo come un'altra. Ogni tanto scivolano dentro altre persone, ma non importa, giusto? Sono solo genitali. - scrollò le spalle.

Gerard scoppiò a ridere: - Stai- stai scherzando? -

- No. Genitali. - sbuffò quasi disgustato scuotendo una mano.

- Mio Dio, Ray. Mi hai... mi hai distrutto il mondo e l'hai ricomposto all'incontrario. Non so. Quindi se facessi sesso con te sarebbe tipo "pfff, sono solo genitali"? -

- La faccenda non ruota attorno a- cioè. Non prenderla sul personale. -

- Ma stavamo parlando di me. -

- Parliamo sempre di te. - scosse appena la testa.

- Cosa? - balbettò in un mormorio impaurito.

Ray strinse le labbra.

Gerard sperava che avrebbe ritirato quello che aveva detto. E non l'aveva fatto. Si sentiva male.

- Non- - scosse la testa apparentemente pentito, - Non intendevo- cioè, non preoccuparti per Frank e Jamia, okay? Jamia non prenderà il tuo posto. -

- Non mi interessa più quella parte di discorso. Io- mh. Ray, sono- sono egocentrico? -

- Non volevo dire questo. -

- Però lo pensi. -

- Non lo penso. - . Lo guardava negli occhi ma Gerard sapeva che era una bugia. Non una stronzata, solo una bugia. Una bugia di quelle buone, in qualche modo. Per non ferire. Di quelle che un giorno diventeranno la cattiveria più grande che avresti mai potuto dire, ma che per ora rimangono una cosa buona.

- Ray, non dovresti avere paura di dirmi- mh, no, non paura. Non hai paura di me. - si fermò per guardarlo bene alla ricerca di conferma. Ray sembrava solo preoccupato per quello che aveva detto, - Sai che non me la prenderei. -

Ray sorrise: - Te la prenderesti, Gerard. Ma non importa, perchè non lo penso. -

- Come stai? -

- Cosa? -

- Voglio sapere come stai. -, e solo dopo si accorse che sembrava un disperato tentativo di non sembrare egocentrico. Forse lo era davvero.

- Gerard, davvero, non intendevo- -

- Dimmi solo come stai. -

- Sono a posto. -

- Okay. - annuì, - Me lo garantisci, giusto? -

Ray cercò di sorridere: - Rilassati. Perchè dovrei stare male? -

- Perchè hai a che fare con me. -

- Gerard, non sei un mostro. E le cose che tocchi non diventano merda o che cazzo ne so, okay? Hai un'immagine di te molto brutta. -

- Non è vero. Ce l'ho fin troppo bella. E' per questo che continuo a comportarmi così. -

- Così? -

- Sì. -

- Così come? - insistette corrugando la fronte.

- Male. Così male. -

- Non stai facendo nulla di male. -

- Beh, sì, certo. - disse ironico. Aveva intenzione di accennare a come stava messo Frank, ma non sapeva bene che dire al riguardo quindi rimase zitto. Non capiva come stesse Frank, in fondo con Jamia e tutto il resto sembrava stare bene. O meglio, ad ogni modo.

- A me non hai fatto nulla di male. Questo te lo posso garantire. -

E non gli chiese "davvero?" perchè non voleva costringerlo a continuare a mentire. Finse di credergli. Sapeva che gli aveva fatto del male, in qualche modo. Anche solo vivendo. Anche solo essendo il frontman deviato del suo gruppo. Quello strano che cerca di fare suicidare chiunque ascolti la sua musica.

Anche se Gerard non capiva bene che cosa ci fosse di strano in lui. Sapeva solo che i giornalisti ghignavano senza credergli quando cercava di dire qualcosa di spettacolare e sincero. Sapeva solo che i loro occhi lo guardavano con diffidenza, come si guarderebbe un qualche animale strano di cui non si conosce bene le potenzialità.

E poi basta, poi gli tornò in mente Frank. Per qualche motivo.

Qualsiasi cosa pensasse, in qualche modo era riconducibile a lui... o almeno era l'unica spiegazione che aveva trovato all'insistente comparsa di Frank fra i suoi pensieri.

Desiderava smettere di farsi esami di coscienza per quello che Ray a volte si faceva scappare. Desiderava rompere le palle a Frank e Jamia. Tipo guastafeste.

Non capiva perchè Frank uscisse con Jamia se amava Gerard. Perchè Gerard almeno di quello era sicuro. Era certo che Frank lo amasse. E pensarlo lo faceva sentire così bene, e un po' lo emozionava. Ma non capiva perchè Frank di punto in bianco uscisse con Jamia. Che cazzo voleva da lei? Forse una relazione normale. E Gerard un po' lo capiva, ma preferiva non chiarire quel punto personale. Preferiva non sapere per quale strana ragione capisse quello che eventualmente Frank sentiva di avere bisogno.

Gli vibrò il cellulare in tasca. Ripetutamente. Era una chiamata. E gli stava stimolando la vescica, porca troia. Tirò fuori il cellulare e si accorse un po' sorpreso che era Lindsey.

- E' Lyn. - spiegò rapidamente a Ray, - Vado di là, okay? Ci vediamo dopo. -, lo salutò uscendo in fretta dalla stanza. Rispose alla chiamata.

- Tu non ne hai idea! - . Sembrava così felice.

- Cosa cazzo succede? - chiese sorpreso Gerard.

- Ci sono buone probabilità che vi apriamo un concerto il prossimo mese, o giù di lì. -

- Tu e i Mindless? - domandò Gerard, tenendo d'occhio la porta del bagno in fondo al corridoio. C'era anche una porta di vetro in fondo, che dava al buio del parcheggio sul retro dove avevano tutti i tourbus parcheggiati.

- Sì! -

- Whoa! -

- Lo so, che figata! Sarà così entusiasmante. Per tutti noi, capisci? -

Si fermò davanti alla porta del bagno, ancora rivolto alla porta di vetro in fondo al corridoio. Alla sagoma di Frank seduta vicino a quella di Jamia. Alla nuvoletta di fumo della sigaretta che si stava fumando. Si fermò a fissare la testa di Jamia appoggiata alla sua spalla. Credeva di essere nel cortile di un fottuto liceo? Gerard aveva un disperato bisogno di un'ascia per rimettere a posto un po' di cose in quel postaccio di merda.

- Sì. Sarà molto carino. - disse al microfono del cellulare, continuando a fissarli con la mano bloccata sulla maniglia della porta del bagno.

- Gerard, stai bene? -

- Perchè? -

- Hai la voce strana. -

- E' il microfono del cellulare. -

Lindsey continuò ad assillarlo. Non che fosse logorroica, ma Gerard non poteva nemmeno ascoltarla. Sentiva i pensieri sovrastare la voce di Lindsey. Per quello non riusciva ad ascoltarla.

Riusciva solo a focalizzare Frank, e la sua spalla, e Jamia appoggiata su di essa. Era un quadretto abbastanza schifoso.

Si inventò qualcosa di convincente e Lindsey lo salutò e Gerard riattaccò e tornò a guardare scosso Frank e Jamia seduti così vicini. Guardò il cellulare e se lo infilò in tasca. Guardò di nuovo Frank. Credeva abbastanza fermamente che Lindsey non avesse ancora capito che Gerard a volte la ignorava e gli veniva naturale in maniera allarmante. Sperava che non si accorgesse mai che la

ignorava perchè pensava a Frank.

Desiderava follemente uscire a fumarsi una sigaretta con Frank. Senza Jamia (né Lindsey) nei dintorni.

Entrò nel bagno e andò a fare pipì. Per la seconda volta in un'ora, o un pochetto di più. Era stanco di prenderselo in mano e aspettare di finire di pisciare. Era la solita esperienza noiosa del cazzo. Liberatoria, certo, ma così ordinaria. Si fermò per un po' a pensare che gli scheletri non avevano peni. Poi andò a lavarsi le mani e basta. E si guardò allo specchio e gli tornò in mente Frank. Il modo in cui si fermasse a guardare il suo viso. Gerard stava guardando la stessa cosa che Frank osservava così spesso durante il tempo che trascorrevano insieme e gli sembrava strano. Come quando vai nello stesso posto dove sai per certo che il tuo idolo c'è stato. E ti guardi intorno per guardare le stesse cose che lui potrebbe avere eventualmente notato. E lo trovi emozionante perchè per un po' gli somigli. Per un po' puoi guardare le stesse cose che il tuo idolo aveva guardato. E in quel momento, Gerard si stava emozionando per la sua stessa faccia. Come ragazzo, era devastato. Frank era estremamente devastante.

Uscì dal bagno e incontrò subito Frank e Jamia nel corridoio. Li superò e se ne andò nel suo camerino. Non aveva intenzione di stare lì a far finta che gli stesse bene. Perchè non gli stava bene.

 

Più il tempo passava, più si sentiva incazzato. Aveva tantissimo bisogno di urlare, e per fortuna c'erano le canzoni per farlo. E per fortuna c'era l'"adrenalina" sufficiente per fare qualsiasi cosa con Frank.

Ma non bastava nulla finché sapeva che nel backstage c'era Jamia. Ogni volta che l'aveva vista era stato così accecato dall'odio che nemmeno sapeva che cazzo indossasse.

Il concerto finì troppo in fretta. Non durava mai abbastanza per tutto quello che poteva ancora dire. E sentire. E vedere.

Andò allo Starbucks a prendersi tanto caffé. Voleva tenersi sveglio per quando Frank sarebbe tornato. Si prese un brownie e ne comprò altri due per Frank. Nel caso avesse fame. E sicuramente ne avrebbe avuta, perchè a una certa ora gli veniva sempre.

Tornò in hotel. E si fece una lunga doccia calda. Perchè gli ricordava qualcuno. Si mise a letto, e capì di sentirsi stanco e triste. Non solo per Frank. Anche per il fatto che la sua vita fosse sempre scandita allo stesso modo. Tourbus, hotel, backstage, concerto, backstage, hotel. E tutto finiva lì. Voleva uscire e andare nei locali per potersi lamentare di tutto. Della gente ubriaca, dell'allarmante percentuale di eterosessualità, dell'aria che sapeva di merda. Gli mancavano cose del genere. E gli mancavano i vecchi concerti. Quelli in cui gli cadevano i pantaloni. Quelli in cui cadeva e si faceva malissimo e rideva tantissimo. Quelli che nemmeno ricordava perchè era fatto fino al midollo. Gli mancava ammazzarsi di botte con qualcuno. Fare quei giretti in quei posti strani con Bert. Gli mancavano tutti quegli amici che si era fatto nelle varie band. Gli mancava il New Jersey. I suoi genitori. La sua stanza. Il suo letto. Le sue strade, i suoi lampioni. I marciapiedi sui quali aveva vomitato tantissimo e che il giorno dopo aveva dovuto percorrere per andare a scuola. Gli mancava passare le ore di lezione a odiare tutti. A fare disegnini sui 32 modi per uccidere qualcuno. Ne sceglieva quasi sempre 32. E quasi sempre uno dei 32 comprendeva la mutilazione. Decideva sempre scrupolosamente quale parte del corpo mutilare per prima. Per quel ragazzo che aveva visto molestare una del primo anno negli spogliatoi aveva scelto i genitali. Poi aveva fantasticato sul fargli una rozza vaginoplastica. E stuprarlo. Fino a farlo sanguinare e piangere e urlare.

Ora, dieci anni dopo, era in un hotel costoso con troppi soldi in giro per i portafogli, troppa solitudine che gli faceva male alle ossa, troppo tempo speso a fare cose che non lo entusiasmavano più. Era stanco di tutto questo.

Voleva poter stare nella sua camera in New Jersey con Frank, la sera, a guardare qualsiasi cosa mandassero alla tv. Anche i cartoni animati. E voleva addormentarsi alle dieci di sera. Non alle tre di mattina.

E soprattutto non voleva aspettare Frank da solo nel letto di uno dei tanti hotel. Non voleva aspettare che Jamia se ne andasse per rivederlo. Lo voleva subito.

Continuò a bere il caffé. Ci teneva a tenersi sveglio. Si accorse che si era messo il pigiama da scheletro. Non ricordava il momento in cui l'aveva indossato. Era completamente fuso. Sentiva qualcosa nei suoi bulbi oculari tremare. A volte si sentiva così umano. Così sorretto da tutte le parti che componevano il suo corpo. Così dipendente dai battiti cardiaci, dalle inalazioni di aria e tutto il resto. Era brutto accorgersi che se una di quelle parti avesse smesso di funzionare lui sarebbe morto senza poterci fare nulla.

Lindsey lo chiamò al cellulare.

Rispose.

- Lyn? -

- Gee. Come và? - . Per una volta che la stava ascoltando davvero, si accorse di quanto bella fosse la sua voce. Di quanto lo calmasse.

- Sono molto triste. - le confessò.

- Che succede? - domandò lei, dispiaciuta. Non riusciva ad irritarlo. Nonostante fino a qualche istante prima avesse preferito più di ogni altra cosa al mondo continuare a starsene in silenzio.

- Non lo so. - . Chissà se un giorno si sarebbe accorta che tutti i suoi "non lo so" significavano "Frank".

- Hai litigato con qualcuno? - tentò di indovinare lei.

- Mh, no. Non ho- non ho litigato con nessuno. -

- Qual è il problema? -

- Mi sento molto stanco. -

- Della quotidianità? -

- Sì. -

- Mi chiedevo quando saresti arrivato a questo punto. -

Sprofondò fra i cuscini, sentendo un po' di freddo: - Che vuoi dire? -

- Tutti arrivano a questo punto. Succede. -

- Okay. - . Le credeva davvero. Ed era proprio così. Era tutto normale. Ordinario.

- Ma non prendere alcuna decisione ora, okay? Dico riguardo al gruppo e simili... Non sei davvero stanco di quello che stai facendo. Lascia perdere le tue sensazioni, passeranno. Okay? -

- Va bene. -

- Sei in hotel? -

- Sì. Tu? -

- Sono a casa. Sto andando a dormire. Sono a pezzi. -

- Le registrazioni sono andate bene? -

- Non molto. -

- Andranno meglio. -

- Okay. -

- Lyn? -

- Sì? -

- Stai bene? -

- No. Sto da schifo. E' tutta una merda finché possiamo vederci al massimo una volta alla settimana. Non ti sento nemmeno vicino. A volte è come se non ci fossi. Non dico quando siamo insieme, dico quando non ci sei. Nel senso che ti sento troppo lontano. Non lo dico per ferirti, non lo dico perchè è colpa tua. E' che tutto fa schifo e non vado avanti a sorrisi... ho bisogno di te. Ho bisogno di... te. Non so, i tuoi abbracci. Tutto quello che una chiamata non può dare. - . Finì con un sospiro. Stava per piangere.

Era l'una di notte. Gerard stava per morire e Lindsey stava per piangere al cellulare. Esisteva situazione più orribile?

- Tutto questo non durerà per sempre. Anch'io mi sento solo. -, il punto è che non si sentiva solo perchè Lindsey non era lì con lui ma perchè sentiva la mancanza di Frank, - Ma non importa. Ci rivedremo e torneremo a stare bene. Non sono l'unica cosa bella che hai. Ne sei piena, non pensare solo a quella che ti manca. Sappi solo che ti amo, e che anch'io ci sto male, è che non sei mai sola. - . Si passò una mano sul viso. Cosa cazzo le stava dicendo?

- Okay. Scusa, Gee. -

- Per cosa? -

- Dovrebbe essere illegale crollare emotivamente al telefono con qualcuno dopo le sei del pomeriggio. -

- No, sei la mia ragazza, è tutto a posto. -

- Okay. Mi metto a dormire. -

- Buonanotte. -

- Grazie, Gerard. -

- E' tutto okay. -

- E... mh- dormi anche tu. Non stare sveglio a distruggerti. -

- Va bene. Buonanotte. -

- Buonanotte. -, e attese sveglio che Frank tornasse.

 

Doveva essersi più o meno addormentato o qualcosa del genere perchè vide solo Frank andare nel bagno. Non ricordava di averlo visto entrare dalla porta e lasciare la valigia vicino alla sua. O forse era sveglio ma solo un po' fuso.

Totalmente confuso e perso, scese dal letto. Faceva freddo senza le coperte. Trascinò i piedi sul pavimento, muovendosi cautamente dentro il pigiama da scheletro. Sentì il getto della doccia andare. Entrò dalla porta socchiusa, sentendosi come un bambino potenzialmente in grado di ritrovarsi Babbo Natale davanti da un momento all'altro. Guardò Frank di spalle. Chiuse la porta. Si sfilò il pigiama. Sentiva sempre più freddo, e il vapore tiepido che mandava l'acqua della doccia lo accentuava ancora di più, se per qualche legge scientifica fosse possibile.

Fece scorrere la vetrata della doccia e si fermò alle spalle di Frank.

Frank si voltò e lo abbracciò, portandoselo abbastanza vicino da far scrosciare il getto d'acqua bollente anche su Gerard.

Frank si faceva sempre la doccia con l'acqua estremamente bollente. Forse non se ne accorgeva, ma era a un pelo dal farsi cucinare.

Lo strinse forte, felice di averlo davvero di nuovo tutto per sé.

Entrambi si allontanarono di quanto necessario per baciarsi. Freneticamente. Spingendosi entrambi in direzioni opposte, quasi stessero litigando o cercando di picchiarsi.

Sentiva le dita di Frank scivolargli sulla nuca e risalire tirandogli forte i capelli. Faceva malissimo. Era bellissimo.

Gerard gli accarezzò le costole con i polpastrelli. Quanto gli piacevano.

Si strinsero in un abbraccio, per un istante di dolcezza, prima che Gerard gli accarezzasse la pancia e scendesse più in basso.

Frank appoggiò la guancia alla sua spalla.

Gerard gli tastò la pelle, con l'acqua calda che scivolava sui loro corpi e copriva ogni rumore. Sentiva i denti di Frank contro la sua spalla.

Si spostò di quanto necessario per baciargli la tempia e i capelli fradici.

Frank riportò le labbra su quelle di Gerard. Il suo respiro accelerò insieme ai movimenti del più grande.

Si appoggiarono contro le piastrelle, alla ricerca di sostegni sicuri perchè forse delle loro capacità di intendere e volere non si fidavano più.

Frank sollevò il viso e Gerard gli leccò il collo umido e caldo.

I gemiti non erano più silenziosi. Stavano echeggiando per tutto il bagno attraverso il vapore. Quasi mostruosamente.

Le curve degli zigomi di Frank si accentuavano ogni volta che apriva la bocca. Era perfetto. A dirla tutta, raramente non lo era.

Ed era buffo perchè fra tutte le cose che avevano fatto finora, non si erano mai nemmeno rivolti la parola.

E l'acqua bollente continuava a scendere e ricoprirli.

Frank si appoggiò di nuovo alla sua spalla, e nel tornare a infilare le dita fra i suoi capelli gli graffiò la nuca e la cute. Spinse la testa di Gerard contro la propria clavicola.

Ancora senza dirsi nulla.

Gerard aveva solo intenzione di impazzire a sentirgli così chiaramente le ossa dure e piatte sotto la pelle del petto.

Lo sentì quasi piangere. Frank gemeva in maniera davvero tragica a volte. E Gerard poteva solo immaginare che in mezzo all'acqua si fosse appena aggiunto un altro fluido.

Frank lo abbracciò di nuovo, ma Gerard pensò che fosse una scusa per non guardarlo negli occhi. Succedeva spesso, fra loro due. A volte davvero non ci tenevano a guardarsi in faccia. Volevano solo voltarsi e sperare che l'altro stesse cercando di dimenticare altrettanto intensamente quello appena accaduto.

Quando uscirono dalla doccia rabbrividirono.

Frank si era lavato i capelli, Gerard sentiva ancora il profumo del suo shampoo. Che gli era andato come sempre un po' negli occhi. Così Gerard aveva potuto guardarlo ossessivamente senza che lui se ne accorgesse. Avrebbe dovuto usare lo shampoo per bambini, dato che lo era. Ma non glielo avrebbe mai consigliato. Ci teneva a divertirsi un po'.

Frank stava tremando. Non che Gerard fosse messo meglio.

Gli passò il suo pigiama. Come in quei film dove il ragazzo impresta la propria giacca alla ragazza nonostante lei sia vestita venti volte più pesante di lui. Tutti pensano che sia un gesto dolce. Nessuno pensa alle palle congelate del ragazzo che cadranno inermi non appena tornerà a casa proprio sullo zerbino all'entrata, sopra l'amichevole scritta "Welcome". Tutto per colpa di quella troia che voleva mettersi la sua giacca per un po' anche se stava sudando sotto i due strati di maglioni.

Ma Frank era nudo esattamente come Gerard, quindi il gesto era dolce e premuroso e basta. Niente risentimenti. Niente sudore. Le palle congelate sì, però.

- Davvero? - mormorò Frank, guardando il pigiama nero ricoperto da ossa bianche. Era la prima cosa che gli diceva da quando era tornato dalle sue irrefrenabili ore di amore (che Gerard sperava fosse estremamente platonico) con Jamia. Ma andava bene così.

- Sì. - . Glielo infilò dalla testa come conclusione del concetto e Frank lo abbracciò e gli baciò una guancia.

- Vado di là a prenderti il phon e da vestire. - gli disse Frank.

Gerard lo guardò negli occhi per annuire ma Frank distolse a disagio lo sguardo e uscì dal bagno.

Gerard si sedette sul bordo della vasca da bagno. Voleva urlare. Non capiva se Frank lo detestasse o se continuasse a non riuscire a sostenere il suo sguardo. Cioè, ovviamente sapeva che Frank non lo detestava a tempo pieno. Ma aveva l'impressione che lo facesse part-time, e questo era già abbastanza per mettere in difficoltà la stima che Gerard aveva di sé stesso. Non che si illudesse di essere una persona buona e ammirevole, ma aveva passato le ultime ventiquattro ore a comportarsi bene e non voleva ricevere merda da nessuno in quel momento. Si era sentito così a posto. Vaffanculo.

Frank tornò e attaccò la spina del phon alla presa. Le maniche del pigiama gli stavano lunghe e lasciavano sbucare solo le dita sottili.

Gerard si infilò la felpa che Frank gli aveva portato insieme ai boxer. Adorò il fatto che Frank non gli avesse portato dei pantaloni. Perchè voleva dire che sapeva che Gerard i pantaloni per dormire li odiava. Tranne per quelli del pigiama da scheletro, ovvio.

Frank si avvicinò e accese il phon.

Gerard non gli ricordò di seguire la struttura del capello. Aveva già passato una giornata con dei capelli di merda per il fatto che la notte prima non li avesse asciugati e quel punto della sua vita, onestamente, non gliene fregava un cazzo se avrebbe passato un'altra giornata del genere. Faceva lo stesso.

Fissò le ossa bianche del pigiama sulla zona della pancia di Frank. E si chiese se avesse fatto sesso con Jamia. Oh mio Dio, che schifo. Non ci voleva pensare quindi trattenne il respiro come se bastasse a bloccare le immagini che gli stavano scorrendo nella mente. Non ci poteva nemmeno pensare, cazzo. Frank... dentro... Jam- che merda. Era una cosa così sbagliata. Come spalmare della nutella sui cracker. Era disgustoso, era una cosa che non andava fatta, era immorale. Era un insulto alla nutella- un insulto a Frank. Jamia era un fottuto parassita. Un virus. Qualcosa che non andava bene. Era un cracker.

Sollevò gli occhi, tentato dal chiedere a Frank se avessero scopato. Poi si accorse del casino che faceva il phon e di quanto sarebbe stato imbarazzante parlare a voce così alta di nutella sui cracker e tutte le metafore ad essi legate. Quindi ci rinunciò.

Più tardi, quando Frank ebbe finito, ricambiò il favore e gli asciugò i capelli.

Staccò la spina per riappropriarsi del phon, prese Frank per mano e portò entrambi nella camera da letto. Il phon finì nella valigia, Frank sotto le coperte sul letto.

Accese la tv.

Gerard gli portò il sacchetto dello Starbucks di cui si era quasi dimenticato.

- Cos'é? - chiese Frank prendendolo.

- Brownies. -

- Davvero? Grazie. -, aprì il sacchetto quasi spaventato, - Ce ne sono due, ne vuoi uno? -

- No. - . Si sedette sul materasso e prese il telecomando alla ricerca di qualcosa che non fosse porno. Quello schifo di televisore. Si fermò sul programma delle Drag Queen che aveva già seguito con Frank in passato.

- Perchè trovi sempre quella merda? - chiese con la bocca piena Frank, indicando il televisore.

- A te i brownies. - disse Gerard, indicandolo, - A me i trans. - proseguì posandosi una mano sul petto per indicarsi.

Frank rise, allungò molestamente un piede sotto le coperte e lo colpì forte a un'anca.

Gerard si lamentò e cambiò canale. In fondo non ci teneva a guardare le trans farsi strada in uno stupido programma.

Fissava il televisore e vedeva solo tette, canale dopo canale. Poi, all'improvviso, Jake Gyllenhaal.

- Che cazzo, c'è Jake Gyllenhaal. - esclamò.

- Cosa?! - esclamò Frank, accartocciando il sacchetto dello Starbucks, - Un film?! Mandano davvero un film?! -

- L'unico film che mandano. -

- Sarà un porno in ogni caso. -

- Nah, ma dai, è Jake Gyllenhaal. E' adorabile, non farebbe mai un porno. -

- Beh, ha fatto quel film dove scopa con Heath Ledger. -

- Ci scopa per un'ora e mezza di film? -

- Un attimo, credo sia questo il film! -

- Cosa? - . Guardò dubbioso il pickup dietro a Gyllenhaal, - Ma non stanno scopando. - mormorò con disappunto, senza focalizzarsi tanto sul fatto che non c'era traccia di Heath Ledger.

Poi, all'improvviso, un uomo con un cappello da western.

- Whoa! Quello è Heath Ledger! - esclamò emozionato Frank, colpendo un ginocchio di Gerard.

- Heath Ledger! - realizzò a sua volta Gerard battendo le mani.

Frank si portò entrambe le mani alla bocca: - E' bellissimo. -

- Oh, Dio. Non so se è meglio Jake Gyllenhaal o Heath Ledger. -

- Heath Ledger è più virile. -

- Sarà che preferisco le femminucce. -

- Grazie, Gerard. -

Gli rivolse un grandissimo sorriso, senza dirgli nulla per tranquillizzarlo sul fatto che non fosse una completa ragazza.

Frank gli colpì il petto e tornò a guardare il televisore: - Ti giuro che sti due scopano, Gerard. -

- Mi verrà duro. -

- Anche a me. -

- Perchè dobbiamo venire a scoprire totalmente a caso di un film del genere? - chiese innervosito, - Cazzo, c'è Jake Gyllenhaal. - cominciò a contare con le dita i buoni motivi per guardare quel film, - C'è Heath Ledger. Scopano. E' un film molto gay. Scopano. - ribadì.

Frank si posò una mano sul cuore: - Aspetto solo che vadano in montagna. -

- E' lì che scopano? -

Frank incontrò i suoi occhi con un sorrisetto felice: - Sì. -

- Oh mio Dio. - . Gli afferrò la mano e se la strinsero emozionati, - Vengo al solo pensiero. -

- A chi lo dici. Ma credo che non si vedrà tutto. -

- Il resto lo elaboriamo mentalmente, Frank. -

- Giusto. - annuì. Dio, erano così gay.

- Vanno. In. Montagna. - sillabò Gerard, colpendo con le loro mani il materasso ad ogni parola.

- Sento la scopata avvicinarsi. La percepisco. -

- Potrei piangere dall'emozione. -

- Perchè ci mettono così tanto? - si lamentò Frank.

- Uh, il culo di Heath Ledger. Porca troia. -

- Merda. -

- Perchè Jake non solleva quel cazzo di culo da quella cazzo di pietra? Quando ha intenzione di scoparselo? Idiota. -

- Non sa cogliere le occasioni al volo. -

- Comunque scommetto ambedue le mie palle che sarà quello passivo. Ci scommetto, cazzo. - disse rivolgendo un'occhiata a Frank.

- Ovviamente sarà così. Si vede da lontano che lo prenderà in culo lui. -

- Già, tutti quelli effeminati lo prendono in culo. -

- Grazie ancora, Gerard. -

- Oh, andiamo. - esclamò esasperato.

- IO sono effeminato? Sei tu quello che si asciuga i capelli con la scrupolosità di una puttana. -

- Beh, chi aveva il pigiama con scritto "Quando il gioco si fa duro preferirei essere da un'altra parte."? -

- Avevo otto anni. Mi vestiva mia madre, cazzo. -

- E le tue mutande? -

- E le mie foto nel tuo cellulare? -

- Anche un etero avrebbe le foto della propria ragazza nel cellulare. -

- E i tuoi occhiali da sole? -

- Bene, vaffanculo. - disse slegando le loro dita per sollevare le mani in segno di resa, - Vaffanculo. Non ho intenzione di andare oltre. -

Frank gli afferrò entrambe le mani e le tirò verso di lui sollevandosi sulle ginocchia per baciarlo. Cadde addosso a Gerard, che si abbassò a sua volta ritrovandosi contro il materasso.

Frank si sedette sulla sua pancia bloccandolo e tornò a fissare il televisore: - Dai, fra poco scopano. -

Gerard voltò la testa per seguire il film. Sentiva le ossa del culo di Frank contro le sue costole. Era una delle cose più erotiche che avesse mai provato.

- Oh mio Dio! - esclamò Frank, colpendolo alla cieca dalla parte delle gambe finendo per picchiargli cosce, pacco e ginocchia, - Adesso, adesso, adesso! -

- Cazzo! - strillò mentre Heath Ledger entrava nella tenda di Jake.

Rimasero in religioso silenzio. Anche Heath e Jake erano in silenzio. Venne inquadrata la luna.

- Giuro che se hanno tagliato la scena co- - tacque mentre inquadravano di nuovo le lenzuola. Sospirò sollevato.

Jake si mosse scansando le coperte.

- Oh mio Dio. - sussurrarono all'unisono Frank e Gerard.

- Oh mio Dio gliel'ha preso. - bisbigliò Gerard.

- No, è la mano. -

- Oh mio gli ha preso la mano e se l'è messa sul pacco. -

- No, è una specie di abbraccio. -

- Questo è un film romantico o un porno? - si lamentò a gran voce Gerard.

- Oh mio Dio guardali sono come noi due. - farfugliò in preda all'emozione Frank, - Sto per piangere. -

Heath si separò improvvisamente dalla stretta di Jake.

Gerard urlò: - Cos'è successo? Perchè ha reagito così? -.

- Oh mio Dio, no. -

- No, no, adesso fanno sesso violento. -

Jake si tolse la giacca.

Entrambi trattennero il respiro.

- Cosa fai? - bisbigliò dal televisore Heath, cercando di placare di nuovo Jake.

- Cerca di scoparti, ecco cosa fa. - mormorò Gerard.

- Si stanno per baciare. - disse in un sussurro Frank.

- Ohmiodio, sì! La cintura! - gridò Gerard mentre Jake si abbassava i pantaloni.

Frank urlò colpendolo.

- Ed è passivo! Ed è passivo! JAKE GYLLENHAAL E' PASSIVO! - urlò esultando insieme a Frank.

E calò il silenzio mentre ascoltavano senza parole i gemiti soffocati di Gyllenhaal. E guardavano come maniaci Heath spingere con il bacino contro il culo di Jake.

Poi venne inquadrata la tenda da fuori. E la scena successiva fu loro due che dormivano.

- E' già finito? - urlarono furiosi Frank e Gerard.

- Io volevo più sesso! - protestò Gerard.

Frank scese dalle sue costole e si sedette sul materasso: - Questo film fa abbastanza schifo. -

Gerard si avvicinò a Frank e posò le dita sulla sua pancia: - Già. - mormorò.

- No, non voglio completare quello che Jake e Heath hanno iniziato. Voglio seguire il film. - disse dispiaciuto.

- Stai scherzando? Ma mi hai visto? - esclamò Gerard indicandosi.

- Shhh. - lo afferrò per un braccio e se lo portò vicino per abbracciarlo, - Voglio scoprire chi muore alla fine. -

- Perchè dovrebbe morire? -

- Perchè l'amore uccide. -

- Cosa? -

- Nah, è drammatico. Quindi qualcuno dei due deve morire, mi segui? -

Gerard sospirò: - Come vuoi. -

Frank si scostò e si limitò a tenergli la mano mentre tornava a guardare la tv.

Gerard guardò per un po' il suo viso, i suoi occhi che si muovevano appena seguendo le figure, le sue labbra che a volte si schiudevano appena mentre respirava. Poi si arrese e seguì il film.

Dopo un po' si spostarono sotto le coperte perchè avevano entrambi freddo.

E finirono per fare sesso proprio sul finale.

Pensò che in realtà i grissini stavano molto bene con la nutella. Si sentiva molto grissino in quel momento.

 

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Capitolo 3
*** He will return to die in me again ***


SCUSATE NON AVEVO TEMPO PER VIVERE-
DUE CAPITOLI E HO 44 RECENSIONI-- POSSO DIRE SOLO UNA COSA: ZIO PINO!!!!!!!!!!!!!!!! GRAZIE A TUTTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! STICKERZZZZZ IN ARRIVO
IL TITOLO E' PRESO DA DEAD TO THE WORLD DEI NIGHTWISH (ORMAI SI SA CHE HO UN DEBOLE PER LORO)--
SPERO CHE STIATE MEGLIO DOPO LA BOTTA DI MALE DI VIVERE CHE C'HANNO DATO I CHEM--
SCUSATE ANCORA MA DAVVERO NON HO AVUTO TEMPO PER- 
VABBE' IL CAPITOLO E' ANCHE CORTO (FORSE?????????)
SPARISCO VI VOGLIO BENE, VI-
CIAO <3
LEZIBONEZZZZZZZ
(SU LE MANI!!!!!!!)




 

3. He will return to die in me again



Frank era tantissimo preso dalle sigarette.

Gerard si sentiva escluso. Aveva quella strana impressione che Frank fosse più interessato alle sigarette che a lui.

Ma Frank lo guardava spesso. Quindi tutto okay, forse?

- Frank. - . Si accorse che non lo chiamava "Frankie" da millenni. C'era qualcosa di triste nel non farlo.

Frank gli rivolse gli occhi con la sigaretta fra le labbra. Era l'ammasso di ossa e carne più bello del mondo. Il che voleva dire che era la persona più bella del mondo. Assolutamente.

- Credi che io sia egocentrico? -

Frank sorrise. Così tranquillamente che Gerard si sentì quasi stupido: - Tu- cosa? - chiese, soffiando fuori tutto il fumo.

- Hai capito. - . Passò una macchina e Gerard la guardò con una smorfia perchè era troppo rumorosa per il suo quadretto personale che comprendeva nient'altro che sé stesso e Frank. Niente motori rombanti. Niente fottute Audi.

- Che domanda è, io... non lo so... io non credo... di... averci mai fatto caso. - disse lentamente, guardando la macchina andarsene.

Gerard lo guardò accigliato. Forse Frank si drogava in sua assenza per dare risposte del genere.

- Voglio dire, certo che un po' lo sei. -

Gerard corrugò la fronte. Certo? Era così scontato?

- Sai? - Frank tornò a guardarlo, - Voglio dire, ovviamente fa parte del tuo essere... gay e- ed esibizionista. - annuì, convinto della risposta, - Quindi sì, beh. Ma non c'ho mai fatto davvero caso, sai, io solo... mh, ti amo. - scrollò le spalle. La risposta più semplice di sempre, forse.

Gerard riusciva a sentire le proprie vene pulsare forte sotto la pelle dei polsi, il che significava che era vivo e soprattutto un po' troppo emozionato: - Quindi... tu... - mormorò col fumo dell'ultima boccata che si disperdeva ancora nell'aria. Non erano le vene dei polsi, era il cuore che stava per esplodere.

- Ti amo, non mi interessano molto i tuoi difetti. - scrollò le spalle un'altra volta Frank, - Cioè, quando non ci sei ti odio moltissimo. Me ne sto da solo ad odiarti, a pensare che sei stronzo, ma non vado mai oltre. Non ti odio per motivi specifici, ti odio e basta. -

Gerard rimase in silenzio. Iniziare un discorso con un "ti amo" e finirlo con un "ti odio e basta" era quel genere di licenza che solo Frank Iero avrebbe mai potuto avere. Il ragazzo era instabile. Gerard avrebbe dovuto capirlo da quando aveva cominciato a raccontare stronzate sui pompini sotto la pioggia e il romanticismo che ne derivava.

- Mi segui? -

A Gerard venne solo in mente Twitter, e fu difficile trattenersi dal fare una smorfia da disagiato per la quasi-battuta di merda ma ci riuscì: - No. Io... non voglio creare casini con la band, capisci? - domandò sollevando le sopracciglia e accarezzandosi le ginocchia piegate.

Frank spense la sigaretta sul marciapiede schiacciandola forte e poi tirò su col naso, - So che sei fatto così. Che tendi a deprimerti. Ma non so... - si morse il labbro inferiore e poi si voltò a guardare di colpo Gerard, come se si fosse appena ricordato che in realtà stava parlando con lui e non con il mozzicone che stava schiacciando a terra, - Vedi i problemi dove non ci sono, la band è una delle poche cose che sta andando bene e tu ti preoccupi per il gruppo... -

- Di che dovrei preoccuparmi? -

- Stai davvero a posto? Del tutto? - chiese invece, sbalordito, spalancando gli occhi chiari.

- Certo che no, ma non posso parlarti di ogni mio singolo problema. Volevo parlarti del gruppo, per una volta. -

- Che vuoi sentirti dire? -

- Che in realtà è tutto okay. -

- E' tutto okay. Lo dico davvero. -

- Bene. Grazie. - tirò un sospiro e si abbracciò le ginocchia. Si sentiva triste ma aveva ancora bisogno di parlare con Frank, di dirgli qualsiasi cosa, - Ti ricordi il mito dell'autobus diffuso all'asilo? -

Frank lo guardò perplesso. Gerard non sapeva se fosse per la domanda o solo per il cambio repentino di discorso, ma continuò a parlargli.

- Quello della porta davanti e della porta dietro. -

- No. - mormorò.

Gerard sospirò di nuovo, sciolse la stretta delle braccia attorno alle ginocchia e si afferrò le caviglie congiunte: - Che se sali davanti sei etero- -

- Ah, e se sali per dietro sei frocio. - ricordò all'improvviso, e si mise a sorridere e scuotere la testa.

Gerard esalò un respiro più profondo cercando di scrollarsi di dosso il male di vivere: - Beh, sì. Da dove salivi? -

- Dietro. E me l'hanno rinfacciato fino al secondo anno di liceo. Poi tutti hanno cominciato a scopare e non avevano più tempo per prendermi in giro. - si strinse nelle spalle e si grattò distrattamente una guancia.

- La logica delle superiori. - annuì Gerard.

- Tu da dove salivi? -

- Da dietro non appena ho scoperto cosa significasse. -, si mise a ridere, decisamente orgoglioso, - Era divertente stare in culo a tutti, volevo vedere fino a dove potevo spingermi. Mi è costato qualche sorso di acqua del cesso, poi ho smesso di vivere e sono tornato ad essere quello invisibile ed è stato meglio per me, per tutti. -

Frank annuì e guardò Gerard a lungo, e Gerard si chiese cosa stesse pensando di lui in quel momento ma non glielo chiese perchè in realtà non sentiva il bisogno di saperlo. Prese il mozzicone che Frank aveva schiacciato sull'asfalto e ci giocherellò con le dita fredde.

- Stanno arrivando. - mormorò Frank.

Gerard lasciò stare il filtro mezzo schiacciato e si alzò in piedi. Gli aveva appena teso la mano per aiutarlo quando Frank si alzò in piedi da solo.

Guardò la sua mano, la strinse e lo baciò.

- Noi, mh... - farfugliò Mikey tirando con le dita la manica della propria felpa.

- Avete fame? - tirò a indovinare Gerard, mentre Frank teneva lo sguardo basso con le guance un po' arrossate.

- Già. - annuì Bob.

- McDonald's? - propose.

Ray si mise ad applaudire e saltellare. Era una specie di sì, comunque.

Si misero tutti a controllare di avere i portafogli dietro e poi si trascinarono fuori dall'ammasso di autobus nei marciapiedi più affollati di Tucson.

Gerard fece per prendere la mano di Frank ma si accorse che era occupato ad accendersi un'altra sigaretta. Aspettò che Frank riponesse il pacchetto di Marlboro rosse e poi gli prese la mano.

Frank fumava spesso nell'ultimo periodo, più di quanto facesse quando a diciassette anni aveva iniziato per fare incazzare suo padre. Gerard non sapeva bene se era una cosa superflua, come quando riscopri quanto è buona la cioccolata, la mangi a quantità industriali per qualche settimana e poi ti passa.

- Perchè fumi così tanto? Ti sta in culo il mondo? - provò a chiedergli.

Gli occhi verde-nocciola di Frank si socchiusero mentre il sole finora nascosto dalle nuvole gli illuminava il viso: - Sì. -

Gerard sorrise soddisfatto.

- Che c'è? -

- Per mondo intendevo il mio cazzo. -

- Sì, e il mio è l'universo. -

- Ci sono così tante battute che potrei fare e non me ne viene in mente neanche una... - sospirò sconsolato guardandosi intorno in cerca di spunti.

- A me sì. The World is Ugly- - si interruppe scoppiando a ridere.

- No. - si limitò a dire Gerard, scuotendo la testa mentre la risata di Frank si prolungava, - No, non se ne parla. -

- Certo che sì. -

- Buon Natale, siamo arrivati al McDonald's. - . Ray si era fermato sul marciapiede accanto a un lampione e li stava guardando con gli occhi socchiusi a causa del sole, - E' tutto a posto dalle vostre parti? -

- Frank prende in giro i miei genitali. -

- Frank! - esclamò Ray, - E' come dire a una ragazza che è grassa! -

- Già, Frank, sei uno stronzo. - insistette Mikey gesticolando come un rapper, - Se fuori dal gruppo! -

- Aw, vaffanculo. - rise Frank.

- Vi siete bevuti il cervello? - domandò Bob.

- Qualcosa del genere. - disse qualcuno, ma Gerard era troppo preso a passarsi le mani fra i capelli con una smorfia cercando di sentire inutilmente il cervello molle sotto l'osso piatto del cranio. Non ci poteva davvero credere che una cosa molliccia nella testa gli permettesse di pensare, era disgustoso, preferiva pensare alla sua mente come a una sala da ballo vuota, ma non capiva bene perchè.

- Andate a prendere il posto al piano di sopra, noi prendiamo i panini e tutto il resto. - ordinò Ray a Mikey e Frank, interrompendo del tutto i pensieri inconcludenti di Gerard. Ray, l'uomo con un piano.

E mentre Gerard si metteva in fila di fronte alle casse e guardava Frank salire le scale seguito da Mikey si accorse della tranquillità con cui riusciva a volergli bene. Così tranquilla da fargli venir voglia di disperarsi. Perchè era del tutto orrendo. Come il cervello molliccio che gli permetteva di pensare a Frank.

Attese insieme a Bob e Ray il loro turno commentando con Bob le barbe dei vari tizi che li circondavano. Ribadendo come sempre l'incapacità di Gerard di lasciar crescere una barba che non fosse ridicolamente inopportuna.

- Beh, se ti può consolare, non staresti bene con la barba. - disse Bob con uno dei suoi soliti piccoli sorrisi dolci, - Sei come le ragazze. Le ragazze con la barba non vanno bene. -

- Fanculo. -

- Ma no, a me le ragazze piacciono. - ammiccò.

Gerard sorrise affascinato. Bob raramente flirtava. Ma quando lo faceva, Gerard desiderava intensamente baciarlo: - Quindi, per un motivo o per l'altro, sono potenzialmente un buon partito per ambedue i sessi. -

- Sei uno da rapporti casuali. -

- Sono una puttana. - dedusse.

- Già. -

- Che fine hanno fatto le canzoni per me, in ogni caso? -

- Quali canzoni? - domandò ridendo.

- Quelle che ti brucio il cuore. -

- Quella è roba superata. Ti sei tinto i capelli da allora, sono cambiate molte cose. -

- Mh. Vaffanculo. - . Si voltò di nuovo non appena avvertì la ragazza in coda davanti a lui muovere qualche passo in avanti e osservò un po' sollevato il gruppo di quattro persone che aveva lasciato la fila con le loro scatoline contenenti i panini allineate sul vassoio.

Notò com'erano belli i capelli della ragazza un po' bassa che aveva lì davanti e gli venne in mente Eliza e i suoi discorsi strappalacrime sulle piastre con gli ioni o qualcosa del genere. Sentì quella sensazione fastidiosa riempirlo dentro in qualunque punto, quasi pizzicando. L'umiliazione.

L'umiliazione di essere entrato a casa sua con la copia delle chiavi e averla trovata sul divano con un fottuto pompato i cui vestiti da coglione daltonico stavano per terra e sul tavolino. Le aveva preso le rose come faceva spesso, nonostante non sapesse bene cosa significassero. Sapeva solo che a Eliza piacevano. L'aveva capito al loro secondo appuntamento per uno strano commento piuttosto generalizzante sui ragazzi che aveva frequentato alle superiori. Un commento femminista, ma che comprendeva le rose in un bel senso. Ma quella specifica frase l'aveva dimenticata perchè avrebbe fatto male ricordarla.

Ricordava che quel giorno le aveva fatto una sorpresa, naturalmente Eliza non si sarebbe mai fatta ritrovare in determinate compagnie di proposito. Ancor prima che i fiori gli cadessero dalle dita fredde aveva deciso che non avrebbe mai più fatto una sorpresa a nessuno. Le sorprese erano sempre piene di merda, per un motivo o per l'altro. Quindi aveva cominciato a chiedere chi cazzo fosse quel tredicenne imbottito di steroidi e Eliza aveva cominciato a fare quello che le era da sempre venuto meglio, la stronza. Ed era stata vicina così a mollare uno schiaffo a Gerard. Come se ne avesse avuto il fottuto diritto. Insomma, era lei quella che lo aveva tradito, che fottuto motivo aveva per schiaffeggiarlo? Gerard l'aveva dimenticato. Ma continuava ad essere convinto che era lei la troia che si meritava valanghe di schiaffi, ma non gliene aveva dato nemmeno uno perchè era così che funzionava con le ragazze. C'era una specie di blocco in lui che gli impediva di picchiare chiunque appartenesse anche solo vagamente al genere femminile. Era una delle poche cose che sentiva di avere a posto, a parte gli organi, che comunque a volte sembravano fargli giri strani per la gola.

Senza che nessuno lo risvegliasse dai suoi pensieri, riuscì ad accorgersi dei quattro passi avanti della ragazza e colmò la distanza. Si voltò per assicurarsi che Bob e Ray fossero ancora lì, e loro non si accorsero della sua occhiata apprensiva perchè stavano guardando qualcosa al cellulare.

Quindi prese a guardarsi intorno e a cercare di capire perchè così tante persone sentissero il bisogno di andare in una merda di fast food come il McDonald's. E osservò il loro modo di muoversi e con un sorriso si accorse che tutti si facevano un po' schifo e si credevano un po' troppo grassi e sfigati. Anche il ragazzo magrissimo che stava aiutando la sua ragazza con la borsa e la giacca. E non era il McDonald's ad essere un covo di disagiati sociali, era il mondo intero ad esserlo.

Ma arrivò il suo turno e smise di preoccuparsi per gli altri. Anche se solo mentalmente, Gerard si preoccupava tantissimo per tutto quello a cui la gente era soggetta. Per tutta la merda oscura e sinistra che girava nel mondo. A volte cercava di esprimere tutto a parole e i giornalisti ghignavano e i fan piangendo gli dicevano che era il loro eroe. Trovava strane le varie considerazioni che le persone avevano su di lui.

Si riempì il vassoio delle ordinazioni che nel frattempo aveva detto alla ragazza asiatica alla cassa, pagò e poi fece un cenno a Bob e Ray per riferir loro che andava da Frank e Mikey al piano di sopra.

Percorse le scale imbattendosi in un paio di adolescenti terrificanti, di quel genere che quando sarai vecchio ti picchieranno e faranno dell'ironia sulla dentiera che porti.

Fra le varie teste chinate sui propri panini e dai tagli all'ultima cazzo di moda scorse Frank, che gli fece un cenno sollevando la mano come se Gerard non l'avesse già notato. Era seduto con Mikey a un tavolo che si sviluppava perlopiù in lunghezza e che stava accanto alla ringhiera dalla quale si potevano scorgere al piano di sotto le file alla cassa.

Rispose con un leggero sospiro al cenno di Frank e stringendo il vassoio fra le mani si diresse al loro tavolo, e per un lungo istante opprimente, circondato da tutti quei ragazzini e adolescenti, si sentì di nuovo al liceo. Si sentì di nuovo il grassone che prendeva le patatine fritte e che non si toglieva mai la felpa perchè il suo corpo gli faceva schifo e desiderava coprirlo. Quello coi lineamenti strani che parla di roba strana. Quello lì. La maggior parte delle volte nemmeno si ricordavano il suo nome.

Appoggiò il vassoio al tavolo e si sedette accanto a Frank.

Lo baciò sulle labbra e capì di avere ventinove anni e venti chili in meno rispetto al liceo, e si sentì sollevato.

- Ti ho preso le patatine grandi e la Coca Cola Zero grande, okay? - domandò Gerard a Frank.

Frank lo guardò sorpreso: - Davvero? Non serviva. - . Beh, sarebbe stato abbastanza stronzo da parte di Gerard lasciarlo guardarli mangiare i loro panini pieni di carne senza nulla da mettere sotto i denti. Comunque era una gran rottura che Frank avesse deciso di essere vegetariano. Le metafore coi panini del Mc non avrebbero più funzionato.

Gli passò le patatine e la Coca Cola Zero. Poi consegnò a Mikey il suo the alla pesca, i suoi due Big Mac, le patatine medie e i Chicken Nuggets da sei, il tipico pranzo di Mikey. Ormai conosceva a memoria le sue ordinazioni dal McDonald's.

Mikey gli lanciò un gran sorriso fugace prima di dedicarsi al primo Big Mac. Il cibo lo metteva di buon umore, per un po'. A volte lo stesso valeva per Gerard. Durante il liceo però gli metteva solo chili sulla pancia.

Ray e Bob presero posto di fronte a loro accanto a Mikey, e nonostante i loro vari sorrisi Gerard si accorse che non era più come prima, e nel profondo conosceva tutti i motivi. Che per quanto ridessero non appena tornavano seri facevano paura per quanto cupi fossero. Non aveva mai creduto che una persona triste fosse in grado di ridere così spesso.

Guardò di nascosto Frank e cercò di capire se prima gli avesse mentito. Probabilmente Frank credeva davvero che fosse tutto okay. O forse non aveva voglia di pensarci. Di sicuro c'era che aveva di nuovo tentato di discutere su loro due e Gerard non si sentiva più incazzato, si sentiva solo triste. E nemmeno in grado di ridere.


 

- Che stai leggendo? -

Per un istante chiuse gli occhi prima di rovesciare la testa all'indietro e puntare gli occhi su Frank. Doveva godersi quel momento, perchè sapeva che non ce ne sarebbero stati più di simili: - Le ventisette regole per fare un pompino. -

Frank spalancò gli occhi e gli prese il giornale di mano: - Ma che cazzo è? Un giornaletto porno? -

- No, ancora meglio! E' Cosmopolitan! -

Frank lo chiuse tenendo con l'indice il segno e guardò schifato la copertina: - Gerard, questa è roba per ragazze. -

- So che Cosmopolitan è un giornale molto etero, ma visto da una certa angolazione puoi trarne dei benefici gay, non so se mi segui. - . Allungò un braccio e gli prese di mano la rivista.

Frank si sedette sull'ultimo cuscino del divano sul quale era disteso Gerard.

- Dicono delle cose interessanti riguardo i testicoli... sai, le palle. -, gli tradusse velocemente Gerard, come se Frank davvero non sapesse di cosa stesse parlando.

- Non voglio sapere. - lo bloccò Frank, corrugando la fronte a disagio.

- Però lo vuoi sentire. - sussurrò Gerard.

Frank tentò di ridere: - Uhm, no. -

Gerard si alzò rapidamente a sedere sorridendo: - C'è chi riesce a metterseli entrambi in bocca- dovrei riuscirci anch'io. -

- Gerard. No. -

- Voglio dire, non lo trovi imbarazzante? - si mise a ridere Gerard, mostrandogli le due pagine riempite dalle ventisette regole, - Hanno trovato ventisette regole per ciucciare il cazzo a qualcuno. Ventisette. Non una in più, non una in meno. E' totalmente ridicolo... vorrei solo sapere la faccia di chi scrive questa rubrica- oh, aspetta, questa è bella. -, si accorse all'improvviso del nome della rubrica e scoppiò a ridere, - La rubrica si chiama Cosmosutra. Che gran gioco di parole. I miei complimenti. Vuoi leggere? - chiese porgendogli il giornale, - E' divertente. -

Frank prese dopo qualche esitazione la rivista e si mise a leggere velocemente qualche punto, sorridendo a metà fra l'imbarazzato e il divertito:- Qui dice di andare per tutta la sua lunghezza... non mi dire. - commentò sarcastico, - Questa è roba per tredicenni al primo pompino? Non so. Ma soprattutto, Gerard, per quale sinistro motivo hai una copia di Cosmopolitan? - chiese sollevando gli occhi verdi dalle pagine patinate della rivista.

Gerard si prese un secondo soltanto per guardarlo prima di rispondergli: - Il commesso dell'edicola pensava che fossi frocio, lo vedevo da come mi guardava, quindi ho preso Cosmopolitan per confermarglielo. -

- Logico. - annuì scarsamente convinto Frank.

- Sai, è figo perchè alla fine ti scrivono qualcosa come venti testimonianze di ragazze che si masturbano. Vanno dai venti ai trentacinque anni e i loro racconti sono strappalacrime. C'è chi usa il soffione della doccia... e poi fanno una battuta sul suonare la tromba alludendo alla stimolazione del clitoride con qualche strana figura retorica- -

- Stai scherzando? - lo interruppe Frank ridendo.

- No, vai verso la fine. - . Gli sfogliò le pagine e trovò la parte discussa.

- Ah, guarda, fa sempre parte di Cosmosutra. - commentò Frank.

- Fa ridere. - confermò Gerard annuendo.

- Oh mio Dio, questa usa il suo cuscino... - disse lentamente Frank, con una smorfia di orrore.

- Ce ne sono di peggio. C'è una che fa robe strane col frigo e poi si fa la doccia calda. Come puoi scoparti un frigorifero? Questa la vorrei sapere. -

Si misero a ridere entrambi.

- Lo scrub per la faccia... oh mio Dio. E' per la faccia, non per la vagina. Ma che cazzo hanno in testa le ragazze? -

- Secondo me, girando per casa qualsiasi cosa trovino provano a ficcarsela dentro e poi valutano il tutto e mandano una simpatica mail a Cosmopolitan. -

Frank scoppiò a ridere di nuovo, sobbalzando irregolarmente e arricciando il naso. Gerard sapeva di non avere una gran bella risata dignitosa, ma nemmeno Frank scherzava con le risatine da ragazza.

- Ma queste sono fuori come balconi, io- Gee, capisci, io non posso pensare che esista gente del genere. Uh, aspetta, questa è una tipa sobria. Raggiunge l'orgasmo attraverso le mutande. -

- Che cosa imbarazzante. -

- Oh mio Dio, no. Questa va a casa dei suoi genitori e usa l'idromassaggio... che faccia tosta, deve rivalutare le sue priorità. Non puoi masturbarti nella stessa vasca che usano i tuoi genitori. E' immorale. -

- Usa il getto dell'idromassaggio? -

- Sì. -

- Che porca. -

- Le ragazze mi fanno abbastanza schifo. - concluse Frank con un sospiro, chiudendo il magazine.

Gerard gli sorrise: - I ragazzi no. -

L'altro rise un po' e poi posò gli occhi sulla copertina del Cosmopolitan, che giaceva sullo spazio che separava le loro ginocchia piegate.

Gerard si chiese perchè continuasse a sorprendersi del fatto che Frank non riuscisse a guadarlo negli occhi e fece per lamentarsene ad alta voce, ma poi ricacciò tutte le parole nello stomaco e si fece venire la nausea.

- Mettiamo in atto gli insegnamenti di Cosmopolitan? - propose abbastanza squallidamente.

- Sicuro. - disse ironico Frank, sollevando appena le sopracciglia mentre continuava a fissare la copertina di Cosmopolitan. Sapete com'erano le sue sopracciglia? Perfette.

- E dai... - sbuffò Gerard, spostando bruscamente la rivista per impedire a Frank di osservarla ed evitare i suoi occhi, - Ehi, Miss Depressione. - lo chiamò e quando Frank riuscì a sollevare gli occhi gli sorrise, - Sorridi. -

Frank non sorrise però lo baciò. Il che succedeva raramente. Non che si baciassero, che fosse un'idea di Frank. Di solito era Gerard a fare di tutto per stargli addosso. Quindi, con ogni probabilità Frank si era ammalato mortalmente e una volta finito di baciare Gerard gli avrebbe snocciolato velocemente la diagnosi e quanti mesi di vita aveva ancora.

E Gerard avrebbe schizzato malissimo.

Frank si avvicinò e appoggiò entrambe le mani sulle ginocchia di Gerard.

Totalmente sorpreso dal contatto delle sue mani, come se fosse esattamente la prima volta che se le sentiva addosso, smise di respirare e si concentrò sulla punta del naso di Frank che sfiorava il suo, sulla forma delle sue labbra socchiuse appoggiate sulle sue.

Le dita sottili di Frank si distesero sulle sue cosce e percorrendole si posarono sui suoi fianchi.

Gerard ritirò appena il viso per costringerlo ad avvicinarsi di più e il corpo leggero di Frank si arrampicò sul suo e si appoggiò col bacino al suo stomaco.

Avvicinarono insieme le loro lingue calde e umide.

Frank distese piano le gambe sul divano ai lati dei fianchi di Gerard per appoggiarsi meglio e ci fu un disastroso incontro di parti intime che nessuno dei due si aspettava.

Un po' scossi, si guardarono con ridicola serietà. Del tipo, seriamente imbarazzati.

Frank lo baciò di nuovo, piano, con le labbra ancora inumidite dall'ultimo bacio, forse facendo finta che quello appena accaduto in realtà non fosse mai accaduto.

Gerard cominciò a sentire delle voci, sempre più distintamente. Non le voci, delle voci. Gerard sorrise e continuò a incassare e ricambiare i baci di Frank mentre li sentiva salire sul tourbus.

Frank naturalmente non se n'era accorto.

Gerard non voleva interrompere nulla, nonostante si fosse già sorbito parecchie volte i discorsi di Ray e Bob sull'inagibilità del tourbus quando lui e Frank si mettevano a pomiciare o scopare. Gerard rispondeva sempre la stessa cosa: se avessero scopato tutti e cinque insieme nessuno si sarebbe più lamentato. Ma ogni volta lo liquidavano con uno sbuffo e un'occhiataccia. Sti stronzi.

- Oh, mer- -

Frank reagì meglio di quanto Gerard si aspettasse. Si scostò e guardò solo sconvolto Bob e il manager, con le labbra umide e un po' arrossate.

Gerard quasi riusciva a sentire il suo cuore battere all'impazzata da lì dov'era seduto.

- Siete fuori? - chiese quindi il manager, ridacchiando per conto suo. Contento lui, contenti tutti. Si mise a prepararsi del caffé.

Frank e Gerard si leccarono le labbra quasi contemporaneamente e fu fenomenale.

- Voglio anch'io del caffé, Brian. -

- Me ne rendo conto, Gerard. - rispose.

Bob si appoggiò alla parete con una smorfia. Il disagiato sociale con la barba bionda.

- Allora? Che farete domani? - chiese Brian accendendo la macchinetta del caffé.

- Cosa? - domandò Gerard, distendendo le gambe sul divano con una smorfia concentrata. Non sempre era semplice coordinare i movimenti con tutto quel sangue nei genitali. E a dirlo suonava anche fantastico, - Sangue nei genitali. - pronunciò ad alta voce, guardando la faccia basita di Bob con un sorriso.

- Gerard. - disse il manager. Si girò a guardarlo e aveva quasi un mezzo sorriso, - Che cazzo. -

Frank si passò una mano sul viso e poi fra i capelli che gli erano un po' cresciuti rispetto al taglio corto che aveva tenuto nell'ultimo periodo.

Gerard ritirò le gambe e si mise sulle ginocchia avvicinandosi con davvero poco charme a Frank. Si sedette abbastanza appiccicato a lui e infilò il braccio sotto il suo per prendergli la mano.

Frank socchiuse le labbra sconvolto: - Gelide. - sibilò esterrefatto. Stava parlando delle mani di Gerard.

Gerard si strinse nelle spalle: - Brian, che dobbiamo fare domani? -

- Eh? -

- Quello di cui stavi parlando prima. -

- Ah, sì, la giornata libera. - disse versando il caffé in una tazza.

- Abbiamo giornata libera? - s'illuminò Gerard.

- Sì. -

- Perchè non lo sapevo? - domandò sorpreso.

- Perchè passi il tempo a leggere Cosmopolitan. - rispose Frank, in un vago tono di presa in giro.

- Anche tu non lo sapevi. -

- Perchè passo il tempo a preoccuparmi delle cose che leggi su Cosmopolitan. -

Gerard tirò su col naso e si mise a guardare le loro dita intrecciate.

- Ma dai, le venti regole per fare un pompino. - continuò a bassa voce Frank, scuotendo la testa.

Gerard lo colpì a una coscia: - Ventisette. Ventisette! -

- Scusa. - si strinse nelle spalle Frank, cercando di fermare la mano di Gerard.

Il più grande evitò la sua mano e la sollevò per passare in maniera complicata le dita fra i suoi capelli cercando di scompigliarli.

- Ma sei stronzo. - protestò Frank, sollevando piano le mani per afferrargli i polsi.

Gerard stava per baciarlo quando Frank abbassò velocemente lo sguardo e infilò una mano nella tasca dei jeans.

Ah.

Il cellulare.

E no, non voleva fargli una foto. Doveva rispondere a una chiamata. Chissà di chi. Chissà. Di qualcuno con la vagina e pochi motivi per ostinarsi a vivere. Ecco di chi. Riceveva troppo spesso chiamate da quella ameba. Ma dai, le amebe sapevano anche solo usare il cellulare? Ma davvero?

Almeno Lindsey aveva qualcosa da fare con la sua vita e non lo chiamava continuamente. Lindsey era una brava fidanzata. Ew, mh, fidan- mh.

Si prese il pacco di biscotti dal mobile da cucina e si appallottolò sul divano mentre Frank rispondeva a voce piuttosto bassa “Ehi, Jam.”. Si allontanò con poca nonchalance e Gerard sbuffò rumorosamente. Mangiò un biscotto e poi cambiò idea e scese dal divano portandosi con sé il pacco di biscotti e le sigarette. Senza dare spiegazioni a Bob e Brian scese dal tourbus e si sedette a terra sul marciapiede con i biscotti accanto e il pacchetto di sigarette in mano. Si mise a fumare e guardò in lontananza Mikey e Ray parlare con i ragazzi dello staff e qualche groupie.

Poi guardò un po' involontariamente il cielo e si chiese perchè fosse così dannatamente rosa. E si accorse che l'aria a quell'ora- qualsiasi ora fosse- era particolarmente buona. Era piacevole sentirla nei polmoni in mezzo al fumo grigio e del cazzo. Se l'aria avesse avuto un colore sarebbe stata rosa come il cielo. Era un scenario così gay e gli dispiaceva non avere Frank accanto per fare qualche commento che lo avrebbe coinvolto.

Almeno aveva le sue sigarette. No, anzi. Merda, aveva perfino le sue sigarette. E i suoi biscotti con le gocce di cioccolato, forse poteva starsene anche bene per qualche minuto.

Distese una gamba e appoggiò il gomito sull'altra piegata, canticchiando mentalmente i Queen.

Poi capì che forse non doveva aver paura del silenzio. Fu imbarazzantissimo e gay, ma ascoltò per un po' il vento, che era un po' freddo ma di quel freddo piacevole. Anche se preferiva il calore, per qualche ragione che non gli sarebbe mai sfuggita a dirla tutta. Frank. Che aveva passato il primo anno con la band negli ospedali perchè non era in grado di rialzarsi, scrollarsi di dosso la febbre e cominciare a vivere. E Gerard gli era stato così vicino, e si era preso la febbre anche lui a volte. E all'epoca erano davvero ancora solo amici. Amici e basta. In ogni caso, col senno di poi era piuttosto ovvio che se Gerard aveva speso tutto quel tempo dietro a un ragazzino con la febbre era perchè gli piaceva un po' tanto anche se starnutiva, tossiva, e a malapena riusciva a tenersi sveglio. Fra l'altro, Frank tendeva ad essere un po' stronzo all'epoca. Rispondeva male a tutti. Gerard non sapeva cosa gli fosse successo di così grave per renderlo quella carcassa di insicurezza che era diventato. Ah, giusto, si era innamorato di Gerard.

Smise di fissare il cielo che tanto nessuno se la sarebbe bevuta che stava riflettendo su cose serie. Osservò le ginocchia storte di Mikey che si stavano muovendo in sua direzione, fumando sempre più velocemente perchè la gente che si preoccupava per lui lo metteva in ansia.

Ray era rimasto nel gruppo di teste di cazzo, forse perchè credeva che stesse per accadere qualcosa che solo i fratelli Way potevano condividere.

Buttò la sigaretta sull'asfalto e sollevò il pacco di biscotti in direzione di Mikey che ormai lo aveva raggiunto.

- Biscotto? -

- Frank ha il cagotto? -

- Eh?! - esclamò sconcertato Gerard.

Mikey sorrise della sua faccia.

- Stavi cercando di fare una specie di rima? - domandò ridendo Gerard, - E comunque sto mangiando biscotti, non è carino parlarmi di cagotto. -

- E' che di solito gli stai sempre intorno. Deve per forza avere il cagotto se non gli stai addosso. -

Gerard inorridì un po' nel profondo. Tutti erano convinti che lui e Frank passassero il tempo a scopare. Fan, giornalisti, amici, mancavano solo i genitori ed erano a posto. Era piuttosto deprimente.

- Mikey, noi non- senti, Frank è al telefono. -

- Con Jamia, mh? -

- Sì, Mikey. -

- Beh, dammi un biscotto. - si strinse nelle spalle.

Gerard puntò gli occhi verdi su di lui: - Sei venuto qui solo per i biscotti. -

- No, i biscotti li ho notati dopo. -

- E cos'hai notato per prima? - chiese abbracciando il pacco di biscotti, valutando se ne meritava uno.

- I tuoi occhi tristi che si interessavano in maniera allarmante al cielo. -

- Non sono triste. -

- Sì che lo sei. -

- Biscotto per la sincerità. - lo premiò Gerard, estraendo solennemente un biscotto dal pacco. Lo sollevò come un prete solleverebbe una particola di fronte a un fedele e Mikey lo prese.

Gerard tornò ad abbracciare il pacco di biscotti mentre Mikey mangiava il suo.

- Come sta Lindsey? - domandò Mikey, continuando a rimanere in piedi.

- E come sta Alicia? - chiese a sua volta Gerard, irritato.

- Ti ho solo fatto una domanda, non dovresti prendertela. -

Gerard sbuffò e tornò a fissare il cielo senza dire nulla.

- Niente biscotto? -

- Già. -

- Gerard, tu hai qualcosa che non va'. -

- Ma va'? -

- Cos'è che ti rende così scorbustico? -

- Si dice scorbutico, Mikey. -

- Fa lo stesso. -

- Non c'è nulla che mi rende scorbutico, c'è solo questo grande ammasso di persone nel mondo che mi fa venire ansia. Tutti questi pensieri, le insicurezze, i sentimenti, siete tutti così complicati. Fa schifo. - . Guardò le sue All Star rovinate e rotte e la ruvidità dell'asfalto sotto di esse, inaspettatamente affascinato. Quando riuscì a distogliere lo sguardo dalle proprie scarpe Mikey lo stava ancora fissando.

Gli prese la sigaretta dalle dita e prese un tiro.

- Tu non fumi. - borbottò Gerard, abbastanza stranito.

- Sono abbastanza fico da fumare saltuariamente. - replicò Mikey, restituendogli la sigaretta mentre soffiava fuori il fumo dalle narici, - Non mi faccio mettere sotto dalle dipendenze. -

- Un biscotto per la forza di volontà. - mormorò Gerard, riprendendo il pacco di biscotti, - Anzi, no, per la ficaggine. Fico. - disse infine, posandogli un biscotto sul palmo aperto.

Rimasero in silenzio mentre Mikey mangiava il biscotto e Gerard tornava a guardare il cielo fumando.

- Fra quanto credi arriverà il crepuscolo? - chiese Gerard.

- Metaforicamente? -

- No. Voglio solo sapere per quanto tempo dovrò stare ancora seduto a terra per vedere i primi accenni di buio. Non ti sto chiedendo quando morirò. -

- Mh, credo che dovremo andarcene col tourbus prima. - disse osservando anche lui il cielo.

- Stai scherzando? -

- Ci tenevi così tanto? -

- Beh. Sì. -

- Il crepuscolo è l'alternativa a Frank? -

- Non parlarmi di lui. -

Mikey riportò gli occhi sul suo fratello maggiore: - Ti rattrista. -

- Io sono sempre triste. - si strinse nelle spalle.

- Piantala. Domani sera andiamo in un locale a cercare di tenerci allegri. -

- Scopando con le ragazzine con le nostre magliette? - chiese sarcasticamente.

- No. -

Gerard si accese un'altra sigaretta. In effetti, voleva assolutamente andare in un locale. Ci stava pensando da un po' e gli mancava vedere la gente che non conosceva divertirsi più di lui, era interessante. E poi voleva bere un po' di alcolici, era da tanto che non si ubriacava: - Io ci voglio andare in un locale. -

- Bene. -

- E comunque Lindsey sta bene. - si alzò da terra nel vedere che Ray e tutto il resto del gruppo si stavano dileguando nei vari van e autobus.

- Ti manca? -

Gerard si chiese perchè avrebbe dovuto mentirgli. Quindi gli disse la verità: - No. -, e salì sul tourbus sperando che Frank avesse finito di parlare al telefono con Jamia.


 

Svegliarsi con la consapevolezza di avere la giornata quasi totalmente libera era una sensazione nuova. Alzandosi a sedere nella tenue luce del mattino sentì una strana sensazione all'altezza della pancia e sollevando la maglietta si accorse che era un livido proprio sopra il pungente bisogno di cibo che gli faceva brontolare lo stomaco come un orso ferito. Era una merda di livido viola e rosso e non sapeva che cazzo ci stesse facendo sulla sua pancia. Satana lo aveva ingravidato e il feto indemoniato lo stava prendendo a calci dall'interno?

Fece una smorfia e per abitudine voltò il viso verso il piccolo ammasso di ossa e carne che se ne stava sotto le coperte. Frank Iero, il Ragazzo Passivo. Strinse le labbra cercando di non ridere e rimediò tutto con solo qualche soffio dal naso.

Tornò ad accarezzarsi il livido sulla pancia, vagamente interessato a trovare i vari punti in cui gli provocava più dolore. E gli venne anche in mente che era solo colpa di Frank che la sera prima mentre suonava sul palco lo aveva colpito accidentalmente con la chitarra mentre Gerard cercava di tenere vivi gli ormoni di tutti quanti. Rifletté sulla ramanzina da fare a Frank al riguardo, cercando gli sbocchi giusti per concluderla con una scopata, ma poi con un lieve sospiro lasciò perdere perchè Dio mio, era sveglio da due minuti e già era riuscito a pensare alle scopate col solito chitarrista frocio.

Allungò una mano per chiamare Frank ma poi la ritirò perchè si stava sul cazzo da solo a svegliarlo così, per nessun vero motivo.

Fece per distendersi ma poi capì che in fondo non aveva più sonno, e dopo qualche tentativo riuscito solo mentalmente scese dal letto e andò in bagno. Chiuse la porta per non svegliare Frank, si guardò a lungo allo specchio e poi si fece una doccia e ne approfittò per lavarsi i capelli. Finì per chiedersi come sarebbe stato frantumare lo specchio, prendere a calci la porta scorrevole della doccia fino a ridurla a pezzi, cadere nel vuoto anche solo per vedere le ossa bianche spuntargli fra la carne sfracellata una volta atterrato sull'asfalto. Naturalmente in quel caso sarebbe già morto e non avrebbe fatto in tempo a vedersi le ossa. Quindi non ne valeva la pena. Mosse le dita e guardò i tendini saettare sotto la pelle. Si tastò le ossa della clavicola e affondò le dita nei profondi solchi che riuscì a formare sollevando lievemente le spalle. Quanto cazzo riusciva ad essere affascinante il corpo umano? Cercò di spingere l'osso della clavicola all'infuori, come se davvero sarebbe mai riuscito a spaccarselo. Finì solo per muovere la pelle particolarmente elastica in quel punto. Tornò a dedicarsi allo shampoo ai propri capelli continuando a pensare alle ossa, ai polsi tagliati che aveva visto. A quella fan suicida che aveva riempito Schechter è l'intera band di problemi legali. Si chiese se i fan che lo avevano abbracciato la sera prima attraverso le transenne si sarebbero suicidati, un giorno. Sperò che non fosse così e pianse. Perchè alcuni di loro avevano i polsi tagliati e nemmeno si preoccupavano di nasconderli.

E si chiese perchè quella notte che Lindsey lo aveva chiamato si era sentito solo come lei. Si chiese perchè sentisse la mancanza di Frank nella stessa misura in cui Lindsey sentiva la sua mancanza. Si chiese perchè non riusciva a proiettare il meglio di sé su Lindsey, perchè una parte di sé stesso fosse sempre bloccata insieme a Frank, ovunque si trovasse. Si chiese perchè Lindsey non gli mancasse.

Si domandò per la prima volta chiaramente se fosse innamorato di Frank, e si rispose per l'ennesima volta allo stesso modo. Non lo sapeva. Non capiva.

Pianse forte e tornò ad accarezzarsi le ossa. Consapevole che Gerard Way chiuso in bagno a farsi lo shampoo mentre piangeva era una di quelle scene così divertenti che nel guardarle spalanchi gli occhi stupendoti di quanto tu sia ancora in grado di ridere.

E sperò che Frank non si svegliasse. E Frank non si svegliò.

Gli venne concesso tutto il tempo di cui aveva bisogno e questo lo fece sentire meglio. Non voleva sentirsi sulla coscienza alcun crollo emotivo, e l'unico modo per non renderlo reale era non avere testimoni. Sarebbe rimasta una cosa sua. Un piccolo capitolo triste e sinistro dei suoi lunghi giorni. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era dare importanza a quel che sentiva.

Quando tornò nella camera da letto si sedette a terra e fissò Frank che dormiva voltato verso la sua parte, immobile. Così come Gerard continuava a fissarlo totalmente immobile. Cercando di concentrarsi solo sui suoi respiri da essere umano, non sul fatto che fossero respiri di Frank.

Cercando di non ritrovarsi coinvolto in ogni singolo fremito delle sue palpebre, in ogni singolo dito che si muoveva stringendo appena le coperte.

Ma non riusciva semplicemente a osservare Frank senza provare nulla. Era malatamente ossessionato dalla dolcezza contenuta in ogni suo movimento. Ed era sicuro che non tutti potessero coglierla. Quindi si sentiva speciale nel senso che si sentiva dannatamente strano a pensare così ossessivamente a una stessa persona.

Trascinandosi sul pavimento riuscì a prendere il blocco da disegno dalla propria valigia. Trovò un foglio bianco e ci scrisse delle frasi. Ripassò le lettere delle parole mentre si chiedeva se un giorno quelle frasi sconnesse sarebbero diventate canzoni, e se avrebbero fatto parte di quelle che Gerard cestinava prima che qualcuno casualmente le leggesse.

Sentì le lenzuola frusciare mentre si spostavano e sollevò gli occhi dal blocco da disegno.

Frank scese dal letto con strana fretta ostacolata dalla pigrizia: - Devo fare pipì. - si lamentò con nemmeno entrambi gli occhi aperti mentre si dirigeva camminando come un ubriaco in direzione del bagno.

Gerard rimase col blocco da disegno stretto fra le dita mentre realizzava che a malapena Frank gli aveva rivolto un'occhiata. Insomma, Gerard aveva passato gli ultimi quaranta minuti per terra a fissarlo ed amarlo e tutto quello che Frank aveva fatto in cambio era stato alzarsi e blaterare di dover fare pipì per poi sparire dal suo campo visivo.

Corrugò la fronte mentre lo ascoltava fare pipì. Girò la pagina e scrisse in stampatello sul nuovo foglio bianco "ODIO IL MONDO". Lasciò con indifferenza il blocco da disegno per terra e sorrise nel guardare come sembrasse che quelle lettere squarciassero il foglio.

Frank aveva smesso di fare pipì e aveva acceso l'acqua del rubinetto.

Gerard rimase ancora in silenzio con una gamba distesa e l'altra piegata tentando di indovinare quello che Frank stesse facendo dai rumori che riusciva a sentire.

L'acqua si spense e Frank tornò dritto a letto. Ci si buttò sopra a peso morto, fu quasi come se si lasciasse cadere. Si coprì con le coperte senza nemmeno sbadigliare e rimase disteso del tutto immobile.

Gerard si sentiva un po' spiazzato per la totale assenza di attenzione da parte di Frank.

Poi, sorprendentemente, Frank tornò a voltarsi in direzione di Gerard abbracciando le coperte: - Ma stai scherzando? - gli chiese.

Gerard spalancò gli occhi: - Cosa? -

Frank sbuffò abbastanza scazzato. Scese dal letto e nell'avvicinarsi a Gerard inciampò sulle lenzuola. Si inginocchiò di fronte a lui e passandosi una mano fra i capelli prese il blocco da disegno che Gerard aveva appoggiato a terra. Frank sembrava torpidamente sorpreso e molto, molto stanco: - Che stai facendo? - chiese rivolgendogli una veloce occhiata prima di tornare a osservare la frase a caratteri cubitali, - Stai sveglio a fare il punk? - domandò sfogliando i vari fogli. Lesse un paio di frasi che aveva scritto e Gerard si irrigidì. Erano cose sue. Quasi lo imbarazzava il fatto che Frank le leggesse, - Scrivi canzoni? Lettere d'addio nel caso ti suicidassi? - cercò di indovinare sbadatamente, - Ossa... sangue... capelli... denti... ma dai. - sospirò sconsolato, riappoggiando il blocco da disegno sul pavimento.

Gerard si meravigliò del fatto che non si fosse spaventato. Forse non aveva letto bene.

- Gerard, io... - sospirò di nuovo e lo abbracciò appoggiandosi con le braccia alle sue spalle, - Mi dispiace, ma non scriverò una base musicale a quello che ho appena letto. Finirei in prigione con te. -

- Brucerò quei fogli come fossero streghe. - promise Gerard.

Le braccia di Frank scivolarono giù e le sue mani si appoggiarono alle ginocchia che Gerard aveva istintivamente piegato non appena Frank si era accovacciato di fronte a lui: - Che succede? - gli chiese, mentre Gerard a dire il vero gli stava guardando i tatuaggi.

- L'apocalisse zombie. - mormorò Gerard, fingendosi dispiaciuto. Si avvicinò e gli abbracciò i fianchi nudi appoggiandosi con il mento alla sua spalla in modo di potergli annusare e baciare i capelli.

Frank ricambiò la stretta con troppa nonchalance per essere consapevole di stare abbracciando Gerard. Doveva avere ancora parecchio sonno, perchè in genere quasi tremava se Gerard lo sfiorava, figurarsi abbracciarlo: - Perchè non dormi? -

- Perchè dovrei? -

- Perchè sono sette anni che abbiamo ore di sonno arretrate. -

Gerard allentò l'abbraccio e guardò Frank e gli rivolse un minuscolo sorriso perchè onestamente non riusciva a spingersi oltre.

- Cosa ti preoccupa? - domandò Frank.

- Niente. Torniamo a letto? -

Frank si grattò la testa: - Sì. -

Gerard ripose il blocco da disegno nella valigia e si alzò in piedi prendendo per mano Frank. Si sedette sul letto e osservò la faccia di Frank ancora troppo addormentata per evitare di farlo sorridere. Gli prese anche l'altra mano per farlo avvicinare e dopo qualche secondo di occhiate strane Frank riuscì a mettersi a cavalcioni.

Intrecciò le dita dietro il collo di Gerard ed evitò forse non del tutto volontariamente i suoi baci. Sembrava quasi un po' ubriaco.

- Che c'è? - domandò Gerard, arrendendosi alla prospettiva che forse Frank non era ancora in grado di fare sesso.

- Oggi- - tirò un sospiro e Gerard cominciò a chiedersi se la frase si fosse semplicemente già conclusa lì.

- Eh? - sollevò un sopracciglio Gerard.

Frank sollevò gli occhi tristi dal suo petto: - Vai a Los Angeles? -

Gerard raggelò. Del tutto. Sentì il battito cardiaco bloccarsi nei polsi per un secondo. Socchiuse le labbra e la sorpresa scivolò fredda giù dal suo corpo lasciandolo sconvolto. Lindsey.

- Scusa. - scosse la testa Frank, forse credendo che a Gerard venisse acidità di stomaco a parlare di Lindsey con lui. Nient'altro. Del resto, chi mai avrebbe pensato che un fidanzato si dimenticasse della propria fidanzata? Avrebbe potuto prendere un aereo e andarla a trovare. O fare venire lei da lui per passare del tempo insieme. Invece, fino a quel momento, l'idea semplicemente non l'aveva nemmeno sfiorato. Si sentiva così in colpa. Tradito da sé stesso, per qualche motivo. Come quando lotti tanto per avere un animale domestico e dopo qualche mese finisci per stancarti di quest'ultimo e vergognarti di te stesso per trattarlo con tale freddezza. Beh, a Gerard era successo con il suo coniglio. Ma quando era morto, aveva pianto moltissimo.

Provò l'istinto di chiamare Lindsey e dirle che la amava ma poi capì che non avrebbe avuto assolutamente senso. Lindsey non sapeva nulla delle giornata libera. Gerard non doveva farsi perdonare nulla da lei. Il problema era con sé stesso. Appoggiò la testa al petto di Frank e Frank gli passò le dita fra i capelli senza capire. Forse illudendosi che Gerard volesse solo stargli vicino.

- Cosa c'è? - chiese Frank, innervosito dal silenzio.

- Oggi vedi Jamia? -

Frank strinse le labbra, poi si morse un labbro e rispose: - No. Oggi vedi Lindsey? -

- No. -

Si guardarono per un po' e poi entrambi sorrisero accorgendosi che era esattamente quello che si sentivano di fare.

Che era sottinteso che sarebbe stata una giornata gay.


 

- Mikey cosa fai, Mikey cosa fai. - ripeteva Gerard arrampicandosi sul tavolo e strisciandoci sopra in direzione del fratellino.

Mikey sollevò gli occhi dal tavolo e sorrise nel vedere Gerard comportarsi in maniera così infantile: - Scrivo i piani per la serata. - spiegò Mikey, forse senza rendersi conto di quanto sfigato suonasse.

- Stai scherzando. - disse Gerard, sporgendo la testa per leggere cosa Mikey stava scrivendo: - Starbucks, cinema... Starbucks, locale... Starbucks... Mikey non credo che riusciremo a tornare dallo Starbucks dopo il locale... -

- Perché? -

- Mikey, saremo ubriachi. -

- Oh. - . Guardò con una smorfia dispiaciuta quella sua ultima parte del piano della serata sabotato e Gerard gli baciò la guancia, - Se vuoi dopo il cinema prendiamo porzioni doppie allo Starbucks... -

- Potremmo. - annuì molto seriamente Mikey, riprendendo la penna in mano. Tornò sulla terza voce e accanto alla scritta scarabocchiata “Starbucks” aggiunse un “x2” che fece sorridere Gerard.

- Tu prendi troppo sul serio queste cose. - commentò.

Mikey si limitò a sorridere prima di ripassare il “x2”: - Dov'è Frank? - chiese un po' perso nei suoi pensieri, mentre esaminava la punta della penna.

Gerard riprese a rotolare sul tavolo: - Ha un'intervista a una radio. -

Passò il manager e squadrò divertito Gerard prima di sparire nel camerino di Ray.

Gerard si chiese molto ansiosamente che avrebbe fatto lì dentro con il suo Ray. Ray non se lo ricordava ma una volta Gerard lo aveva baciato. La versione ufficiale, nel caso la situazione fosse saltata fuori, era che erano entrambi molto ubriachi. La verità era che solo Ray lo era.

- E perchè non ci siamo anche noi all'intervista? - domandò stranito Mikey.

Gerard smise di rotolare e si fermò sulla schiena. Si accarezzò la pancia distrattamente pensando corrucciato a Frank. Si chiese di cosa stesse parlando in quel momento: - Perchè volevano solo lui. -

- Davvero? Ma- mh. Ma sei tu il frontman. - notò intrecciando le dita magre fra di loro.

- A quanto pare sono troppo grasso anche solo per andare in radio. - sbuffò Gerard.

Mikey gli lanciò la penna.

- Questo non mi farà dimagrire. - notò Gerard togliendosela dal petto.

Mikey salì sul tavolo e si buttò addosso a Gerard.

- Stai cercando di fecondarmi? -

- Cosa? No. Toglitelo dalla testa. - si mise a ridere, - Ricorda: noi facciamo sesso solo nelle fanfiction. -

- Non è strano che alcune persone pensino a noi due che facciamo sesso e poi descrivano la scena che hanno in mente? E' estremamente malato. -

- Siamo fratelli, fra l'altro, non è nemmeno legale. - disse scendendo dalla pancia di Gerard per distendersi vicino a lui sul tavolo.

Gerard prese il cellulare: - Mando un messaggio a Frank. - decise.

- Digli che facciamo sesso. - propose Mikey, colpendolo insistentemente a una gamba.

- Con tanto di foto. - aggiunse Gerard, allontanando l'iPhone mentre la fotocamera interna li inquadrava. Gli baciò la guancia e scattò la foto, - Ti conviene essere venuto bene perchè non faremo altre foto per i prossimi vent'anni. -

- Come vuoi. -

- Okay, gliela mando. “Ciao, Frank... mi manchi ma in realtà sto facendo sesso con Mikey. Xoxo.”, mi firmo? -

- Dovresti decisamente firmarti. - annuì convinto il fratellino.

Gerard aggiunse una G in stampatello alla fine del messaggio e rise e poi lo inviò: - Secondo me si chiuderà in bagno a farsi seghe. -

- Non so, mi sentirei a disagio in tal caso... -

- Che c'è, sei troppo fighetto per uno come Frank? Fra l'altro, come fai a non essertene ancora innamorato? -

Mikey si strinse nelle spalle: - Sono etero. -

Gerard lo guardò e si chiese perchè un abile osservatore come lui non riuscisse a trovare somiglianze fra il viso di Mikey e il proprio. Per non parlare del corpo. A volte nemmeno ci credeva che erano fratelli. Quindi avrebbero anche potuto scopare. Forse: - Anch'io sono etero. -

- Ma sei serio? -

Gerard rimase in silenzio e arricciò le labbra riflettendoci su mentre Mikey riprendeva a ridere: - Voglio dire, Frank è bellissimo, giusto? E' abbastanza innegabile. -

- Frank è- sì. Frank ha un buon aspetto. -

- Un buon aspetto? Cristo di un Dio, non è un piatto di pasta. -

Mikey si grattò la punta del naso e poi rise: - Voglio aggiungere i spaghetti ai piani della serata. -

- Magari a cena ci facciamo i spaghetti. -

- E la pizza? -

- Spaghetti e pizza. -

- E la dieta? -

- Dieta part-time, Mikey. Tu non ingrasserai e se mai ingrasserò io è perchè sono pieno così di depressione, il cibo non c'entra. Il cibo non ci fa del male. Il cibo ci rende belli- Frank ha risposto. -

- Che dice? -

- Troie. -

- A noi? -

- A chi se no? Gli dico di mandarci una sua foto così ti spiego punto per punto quanto perfetto è. -

- Come vuoi. -

Gli spedì un altro messaggio e Brian uscì dal camerino di Ray.

- Avete intenzione di passare la giornata libera su un tavolo ad abbracciarvi? - chiese.

- E tu hai intenzione di passarla scopando con Ray? -

- L'ho solo baciato. - si strinse nelle spalle.

Ray uscì dal camerino a sua volta con la sua chitarra e si sedette su un divanetto ridendo per quello che il manager aveva detto.

- A dire il vero io sto aspettando Frank. - spiegò Gerard, - Gli mando una foto del mio pacco così si sbriga a tornare. -

- Sta già tornando. - disse Ray.

- Come fai a dirlo? -

- Mi ha mandato un messaggio? - propose con ovvietà.

- E perchè a me non ha detto nulla? -

- Perchè eri impegnato a mandargli foto nostre. - rispose Mikey.

Gerard fece una pernacchia tanto per non starsene in silenzio e Ray riprese a strimpellare con la chitarra.

- Frank mi ha scaricato un gioco dei Simpson. - spiegò con moderata soddisfazione Mikey, mostrando a Gerard il suo iPhone, - Sta sera dovrei riuscire a sbloccare Smithers. - aggiunse.

Gerard rise: - Stai scherzando? -

- No. Frank conosce molti giochi carini per il cellulare. -

- Mio Dio... - . Sentirono delle voci fuori e poi Frank entrò dalla porta con tre ragazzi dello staff. Per fortuna. Gerard non aveva intenzione di discutere oltre su uno stupido gioco che aveva a che fare coi Simpson.

- Ehi. -, Frank era appena entrato e si stava togliendo la giacca, - Ho dovuto rispondere a domande sui suoi capelli. - scosse la testa lanciando un'occhiata a Gerard.

- Mi spiace. - si strinse nelle spalle. Era innaturalmente felice che Frank fosse tornato. C'erano così tante cose che avrebbero potuto fare insieme.

- Che avete fatto? -

- Sesso. - disse Gerard cingendo le spalle di Mikey.

- Io ho baciato Ray. - si strinse nelle spalle il manager.

- E ti è piaciuto? - chiese Frank rivolgendo un'occhiata divertita a Ray.

- Sì. -

- Cos'è? Avete cambiato la scaletta? - domandò Frank guardando curioso il foglio dei piani della serata di Mikey.

- No, leggi. - lo invitò Gerard.

Mikey scese dal tavolo e andò a sedersi accanto a Ray.

Frank si allungò sul tavolo per prendere il foglio fino a distendersi sopra di esso con tutto il busto e rimase fermo a leggere.

Dopo avergli osservato il culo Gerard decise di scendere dal tavolo.

- I piani della serata? - chiese Frank, - E' la cosa più sfigata che io abbia mai visto. -

- Andremo in un locale, è fico. -

- Che genere di locale? -

- Un locale gay. - rispose Gerard, prendendo ad accarezzare il sedere di Frank come se fosse una sfera magica, - Prevedo che sta sera io e Frank scoperemo con dei trans. -

Ray, Mikey e il manager si stavano sbellicando alla vista del sedere di Frank improvvisato come sfera magica.

A dire il vero, anche Frank stava ridendo.

- Lo sento qui che farai sesso con un trans. - continuò Gerard, colpendolo con l'indice più in basso.

- Gerard, togli quel dito dalle mie chiappe! E' fra le mie chiappe, e indosso dei jeans, è allarmante, toglilo! - strillava Frank fra le risate.

Gerard fece una smorfia misteriosa e femminile continuando ad accarezzargli il culo circolarmente: - Intorno ai quarant'anni comincerai a bere il sangue delle vergini... -

- Togli quel dito dal mio culo! -

- Comprerai un monolocale a Narnia, e ti farai crescere i baffi... -

- Gerard- -

- … e una vagina. -

- No, ti prego, lasciami andare. - sghignazzò Frank.

- Mi piace il tessuto dei tuoi jeans. - continuò strofinando la mano.

- Gerard! -

- Scusa, a volte sono troppo divertente. - scrollò le spalle accarezzandosi lentamente il ciuffo di capelli neri.

Frank stava ancora ridendo. Si sedette sul tavolo e rimase a guardarlo con un sorriso.

- Com'è andata l'intervista? - chiese Gerard appoggiandosi alle sue ginocchia coi gomiti.

- La domanda è: di che colore sarà la tua prossima tinta? Morivano dalla voglia di saperlo. -

- Rosa. - disse Gerard stringendo le labbra mentre annuiva irremovibile.

- Sì, ti farà risaltare i capezzoli. -

Scoppiò a ridere: - Dovrò andare in giro senza maglietta altrimenti nessuno lo noterà. -

- E' il duro prezzo da pagare. -

- Il duro... - sussurrò Gerard e Frank riprese a ridere, - … prezzo da pagare. - concluse innocentemente, - I buchi neri dell'universo... - continuò a elencare.

- Oh, no. - scosse la testa arricciando il naso.

- Te la sei cercata. -

- Come sempre. -

- Catalizzi il sesso. -

Frank arrossì ma riuscì a non abbassare lo sguardo ed era bellissimo fra l'altro, quindi fanculo a tutti.

Gerard gli prese la mano: - Andiamo a leggere Cosmopolitan? - chiese trascinandolo lentamente giù dal tavolo.

- Per farci due risate. - annuì Frank seguendolo.

- O per farci e basta. - annuì a sua volta Gerard, spingendolo nel camerino mentre Frank rideva di nuovo.


 

- Sì, abbiamo fatto una sosta... - mormorò Gerard al telefono. Spense la sigaretta sul posacenere e poi si chiese perchè l'avesse fatto. Spostò lo sguardo su Frank per vedere se se n'era accorto ma poi si accese semplicemente un'altra sigaretta.

Frank continuava a vestirsi in silenzio lasciandosi distrarre di tanto in tanto dal cellulare. Dai movimenti delle sue dita e dalla sua espressione Gerard poteva affermare con convinzione che Frank non stesse mandando messaggi a Jamia ma che stesse invece scorrendo la home di Twitter. O forse si era messo a leggere sulle interazioni le dichiarazioni d'amore e le domande stupide delle adolescenti.

- Una sosta? Perchè? - .

Gerard si fermò con il filtro stretto fra le dita e abbassando lo sguardo sorrise: - Lindsey, è normale fare soste. -, nonostante non fosse assolutamente vero.

Sentì Lindsey sbuffare e poi ridere un po': - No, volevo andare a parare sul fatto che sembri strano. -

- Lo sono sempre. - . Sollevò gli occhi verdi e guardò Frank.

Lindsey rimase per un po' in silenzio prima di rispondere e Gerard capì che la conversazione stava perdendo leggerezza. Che forse stavano andando oltre il "ciao come va'?, bene e tu?, bene, che fai?, nulla e tu?, nulla.".

- Ti sento un po' triste. -

- Cosa? Nah. Sto bene. -

Frank si voltò a guardarlo, incuriosito dalla piega che aveva preso la conversazione di Gerard. Non erano nemmeno affari suoi.

Gerard si sbottonò i pantaloni.

Frank deglutì e distolse di nuovo lo sguardo.

- Gerard, davvero, se- -

- Mh, Lyn. E' che davvero ora non è il momento. Sai, ci sono gli altri con me. - . Si appiattì nervosamente un ciuffo di capelli neri sulla tempia.

Frank tornò a guardarlo e sollevò un sopracciglio.

- Ah, capisco. Senti, se non stai bene chiamami, okay? O parlane con qualcuno... che ne so, Frank. -

Gerard quasi si spaventò. Si grattò la testa: - Va bene. Tu come stai? - domandò. Si chiese se fosse anche solo possibile che Lindsey non sospettasse nulla di lui e Frank. Insomma, a volte facevano le loro cose abbastanza pubblicamente. E i video erano anche su Youtube- di questo se n'era accorto solo il mese prima. Ed era stato emozionante e molto, molto inquietante. Perchè sì, aveva perso del tempo a leggere dei commenti al video.

- Sono in stato di noia. Non sono interessante per me stessa, figuriamoci per gli altri. -

- Io ti trovo interessante. -

- Perchè? -

- Perchè ti tagli i capelli da sola e riesci ad ottenere vestitini dalle mie camicie. -

Lindsey scoppiò a ridere e poi sospirò: - Gerard. -

- Che c'è? -

- Sono dei motivi così poco validi. -

- Non è vero. Fra l'altro è interessante il fatto che tu non ti giudichi interessante per nessuno e sei fidanzata. -

- Beh, non è detto che tu stia insieme a me perchè mi trovi interessante. Ci sono valanghe di motivi per cui un ragazzo potrebbe stare insieme a una ragazza. Nel caso te lo stessi chiedendo, c'entrano anche i due pezzi di puzzle fra le gambe. I ragazzi non vedono l'ora di incastrarli. -

- Anche le ragazze. -

- Le ragazze no. -

- Lindsey, ho visto come mi guardi. -

A Frank cadde il pacchetto di sigarette.

Gerard lo guardò trattenendo il respiro.

- Mi manchi. - . Il mormorio di Lindsey gli strinse la gola mentre puntava gli occhi su Frank.

- Anche tu. -, Frank lasciò la stanza.

Gerard sospirò solo dal naso e abbassò lo sguardo sui suoi jeans, perchè sinceramente gli dispiaceva che Frank non la prendesse bene. Non aveva mai sperato che lo facesse, ma aveva da sempre sperato (per quanto pateticamente) che Frank non assistesse mai in diretta a nulla che coinvolgesse Gerard e Lindsey. Ma Frank, in un modo o nell'altro, era costante spettatore della loro relazione etero così stranamente normale. Nelle righe. Così come Gerard guardava quotidianamente la stupida normalità che Frank e Jamia costituivano insieme, il modo in cui potessero fare qualsiasi cosa senza diversificarsi in alcun modo da tutto il resto del mondo. Se Gerard e Frank si fossero anche solo presi per mano in presenza di Lindsey e Jamia tutto sarebbe esploso. Gli organi, le pareti, le ossa, tutto quanto.

- Oggi che fai? -

Ah, perfetto, che grande domanda. “Oggi mi faccio Frank perchè ho giornata libera.”, o forse non andava bene essere sinceri: - Interviste, concerto, passerò la notte a fare il cadavere e alle sette di mattina fingerò di risorgere per poi risorgere effettivamente intorno alle quattro del pomeriggio, quando nelle vene mi scorrerà nient'altro che il Frapuccino dello Starbucks. - disse tutto d'un fiato, - Come va' con il nuovo album? -

- Meglio. Jimmy ha smesso di volermi bene per ventisette minuti ma poi è tornato ad amarmi. -

- Cos'è successo in quei ventisette minuti? - domandò Gerard cercando di non ridere. Magari, dopotutto, si trattava di roba seria.

- Mi ha lasciata sola con Big Mike. -

Gerard si fermò cercando di ricordare disperatamente chi fosse, ma non ci riuscì: - Chi è Big Mike? -

- Il ragazzo dello studio di registrazione. - . Se non altro, non sembrava offesa.

- Credevo si chiamasse Richard. -

- Vabbè, Gerard, Big Richard suonava male. -

Gerard trattenne il sollievo per essersi ricordato davvero il nome di quel grassone dello studio di registrazione: - Troppo aristocratico. -

- Già. - confermò a bassa voce.

- Big Rich? - butto lì Gerard.

- No. -

- Richie Rich? -

- Non ha l'aria di uno ricco. -

Gerard si fermò per qualche secondo: - Ti ha fatto qualcosa? -

- No, ma... Dio, odio i pregiudizi, ma quel ragazzo mi inquieta. - confessò Lindsey, - Voglio dire, anch'io quand'ero grassa ero inquietante probabilmente... -

- Anch'io ero inquietante. Dev'essere una cosa da grassoni. -

Lindsey scoppiò a ridere: - Idiota. Non ti ridarò il tuo maglioncino. -

- E' una specie di punizione? - domandò Gerard. Si sorprese di stare sorridendo.

- No, è che mi piace molto e mi nasconde le tette. Nel caso Big Mike si rifaccia vedere in giro. -

- Oh, okay, devi tenere le tue tette al sicuro. Però un giorno mi doni qualcosa di tuo. Per ottenere l'uguaglianza dei sessi. -

- Certo. Ti dono i miei leggins. -

- Simpaticissima. -

- Adori i leggins. - esclamò lei.

- Non del tutto. -

- Se vuoi te ne compro un paio apposta, sai, di quelli push-up. -

- Il mio culo non ha bisogno di alcun rialzamento. -

- Non intendevo il culo. -

Rimasero entrambi zitti per un secondo, poi Lindsey scoppiò improvvisamente a ridere.

- Stronza. - fu l'unico commento di Gerard.

- No, l'ho detto solo per fare una battuta del cazzo, conosco il tuo amico e so che è uno che quando cade si rialza. -

Gerard si portò una mano al viso ridendo: - Lindsey, no, ti prego. -

- Scusa. Sono poco femminile. -

- No, io- - si zittì per tornare a ridere, - Lyn, sei la ragazza più interessante del mondo. -

- Grazie. -, e merda la adorava quando faceva così. Davvero.

- Lyn, devo fare una specie di set fotografico. - provò a congedarsi Gerard.

- Una specie? E' un modo carino per dirmi che devi prostituirti? -

- No, no, okay, devo fare un set fotografico. Vestito. - aggiunse corrugando la fronte.

- Okay, ti lascio andare a fare la modella. Tette in fuori, ricorda. -

- Certamente, e tu nascondi le tue nel mio maglioncino. -

- Sicuro. -

- Ci sentiamo, Lyn. -

- Ciao. -

- Ciao. - riattaccò e rimase seduto dov'era. Si ricordò dei pantaloni sbottonati, li guardò con una smorfia imbarazzata e li riabbottonò. Si alzò in piedi e si mise a cercare nelle tasche di tutte le giacche che trovava il suo pacchetto di sigarette e il suo accendino rosa, guardandosi di tanto in tanto allo specchio, cercando di smettere di pensare a Lindsey solo per paura di andare oltre il “in fondo le voglio davvero bene” e trovare strana merda poco innamorata nell'angolino del suo cervello molliccio.

Indossava una cazzo di giacca elegante perchè una ragazza bionda che non conosceva glielo aveva ordinato insieme a Brian, e in fondo la ragazza in questione aveva un buon profumo di shampoo quindi le aveva obbedito.

Però non si sarebbe lasciato addestrare su come tenere i propri capelli. Quindi si scompigliò i capelli fissati ordinatamente con la lacca. Fu pura trasgressione.

Sentì la porta aprirsi e sobbalzò stupidamente. Tirò un sospiro per togliersi di dosso l'ansia e smise di toccarsi i capelli.

- Non trovo le siga- -

Frank era tornato per l'ennesima volta ed era ridotto a uno schifo ma era innamorato e stava cercando di sorridere e in qualche modo avrebbero superato anche questo. Abbracciò e baciò Gerard e entrambi fecero finta di nulla. Con tutte le buone intenzioni, come sempre.


 


 


 


 

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Capitolo 4
*** I mess up everything ***


OH MA L'EDITOR MI FA CADERE I COGLIONI :-)))) MADDDAI!!
FRA L'ALTRO NON MI ANDAVA EFP, DA NON CREDERE!!
IL TITOLO L'HO MESSO ALLA CAZZO, OVVIO.
SONO SEMPRE VELOCE AD AGGIORNARE, CHE RISATE. 
GRAZIE A CHI HA RECENSITO MA IN TANTI NON AVETE RECENSITO BO STO COMINCIANDO A FAR SCHIFO E' UFFICIALE!! 
VI VOGLIO BENE COMUNQUE OVVIO
CIAU
LAZYBONES
(SONO INIZIATE LE VACANZE ESTIVE, DAJE RAGAAAA, FATEVI SENTIRE CON STI CONDIZIONATORI ACCESIIIII) 

(L'EDITOR MI LASCIA PROPRIO ALLIBITA, NON RIESCO NEANCHE A GUARDARLO PIU' NEGLI OCCHI)
(HO NOTATO CHE NEL CAPITOLO POSTATO DOPO IL BREICAPP (FITTIZIO OVVIO!!!!!!!!!) MANCAVA UNA PARTE DI INTRODUZIONE MA NON ANDATE A RILEGGERE E FACCIAMO FINTA DI NIENTE CHE POI MI VIENE ANSIA PERCHE' DEVO MODIFICARE E QUINDI PER SBAGLIO RIGUARDARE IL CAPITOLO CHE ONESTAMENTE ODIO BO)

(MA COME MINCHIAPOWER SI SEPARANO LE RIGHE??? STA VENENDO SU UN MATTONE QUA!!!! BO!!!!!!!!)




 











4. I mess up everything

 


Si erano beccati i posti in alto perchè erano gli ultimi rimasti, e a quanto pare il mondo era pieno di gente desiderosa di vedere persone fatte a brandelli e sangue zampillare da ogni dove.

Gerard non si ricordava di chi fosse stata l'idea di guardare Saw V al cinema, ma aveva già capito che era stata una pessima idea non appena Mikey aveva chiesto alla ragazza dei popcorn un sacchetto vuoto in più.

Se Mikey avesse davvero vomitato durante il film si sarebbero trovati in una delle situazioni più imbarazzanti di sempre. Questo era poco ma sicuro.

Andò con Ray a prendere le caramelle gommose, di quelle che potevi scegliere dai vari contenitori e che di sicuro costavano tanto.

- Se prendi le dentiere rosse coi denti bianchi sbocco. - fu l'unica cosa che Gerard disse a Ray prima che lui cominciasse a riempirsi il sacchetto di caramelle. Gerard si era dimenticato di precisare che anche mangiare delfini azzurri gommosi lo avrebbe portato al vomito, ma per fortuna Ray ci arrivò da solo e non li prese. Scelse delle caramelline verdi morbide ricoperte di zucchero che a Gerard sembrava di ricordare fossero al gusto di pino o qualcosa del genere, poi prese le piccole bottigliette di Coca Cola gommose e quelli che forse dovevano essere serpenti allungati ma che avevano un buon aspetto. Gerard lo aiutò a riempire un altro sacchetto ancora cercando di non vomitare alla sola vista delle dentiere rosse sistemate in uno dei contenitori centrali.

Che schifo, come puoi mangiare una dentiera gommosa? E' disgustoso.

Si presero un sacchetto di m&m's e infine pagarono.

Tornarono nella sala e Gerard prese il suo posto centrale fra Frank e Bob.

Gerard in generale amava il cinema. I popcorn, i sedili, il buio, la temperatura sempre perfetta, il volume altissimo, i commenti al film di gente che nemmeno conosci ma che ti fa sorridere... o anche solo tutte quelle persone riunite semplicemente interessate a guardarsi un film. Il cinema era uno dei posti migliori al mondo.

Pochi minuti dopo l'inizio del film Gerard sentì il cellulare vibrargli in tasca nel silenzio e lo schermo illuminarsi oltre l'orlo della tasca dei jeans. Consapevole che non si poteva usare il cellulare in sala, abbassò velocemente la luminosità del display per saltare meno all'occhio e lesse il messaggio di Lindsey.

"Abbiamo finito adesso. Abbiamo registrato una demo, poi a Jimmy si sono rotti i pantaloni e siamo andati a fare shopping. Sono distrutta, vado a dormire adesso... spero che il concerto sia andato bene. Mi spiace non poterti sentire una volta finito. Di' a Mikey di rispondere ai messaggi di Alicia, mi ha chiamata al cellulare ed è preoccupata. Mi manchi e ti amo. Chiamami domani mattina se hai tempo. Buonanotte.".

Riusciva a sentire la depressione trasparire da ogni parola. Si sentì male. Guardò Frank e Frank già lo stava guardando. Forse più per intimargli di mettere via il cellulare che altro.

- Che c'è? - sussurrò Frank. Il film proiettato sullo schermo si rifletteva sottoforma di luci e ombre su un lato del suo viso, sottolineando i lineamenti e il fatto che ognuno di essi fosse perfetto.

Gerard colmò la distanza e gli baciò le labbra.

Sul grande schermo si era attivata una motosega mentre Frank continuava a baciarlo. Non importava. La motosega, s'intende.

Riusciva a sentire il rumore della pelle che si squarciava in uno strappo umido rilasciando sangue e le ossa che si spaccavano sotto la lama della motosega. Riusciva a sentire i versi disgustati di tutti i presenti. E la lingua di Frank continuare a muoversi. Era il quadretto migliore di sempre.

Frank smise di baciarlo e tornò a sedersi composto senza capire di aver interrotto una cosa magica. Si riprese il bicchiere di Coca Cola e prese la cannuccia fra le labbra con gli occhi che seguivano i movimenti della motosega sullo schermo.

Gerard non sapeva quanto tempo avevano intenzione di fare andare ancora avanti quella scena. Sapeva solo che ora era di nuovo solo con quel messaggio al quale non poteva nemmeno rispondere. Si chiese se si sarebbe dovuto mettere una sveglia intorno a mezzanotte e mezza per ricordarsi di risponderle al messaggio e fingere che il concerto sia andato bene o meglio, che ce ne sia stato uno.

- Gerard, vuoi le sue caramelle? Io- -, Bob si bloccò e scosse la testa.

Gerard si sporse in avanti per riuscire a vedere la faccia pallida di Mikey oltre Bob, Ray e le stesse ginocchia del fratellino.

Mikey allungò il braccio destro e gli consegnò le caramelle senza una singola parola.

Gerard le prese: - Mikey, dovresti controllare il cellulare ogni tanto. -

Dal grande schermo altre urla.

Mikey strizzò gli occhi e respirò affannosamente: - E-eh? -

- Alicia. -

- Oh. -

Si sistemò sul sedile e appoggiando le Converse sul cuscino rosso si spinse completamente contro lo schienale. Scelse una caramella gommosa verde che immaginò essere al gusto di mela e guardò Frank masticandola.

Frank era una piccola puttana molto carina.

Gerard voleva trascinarlo su un letto e passare giornate intere ad abbracciarlo e fare tutto quello che desideravano. Sarebbe stato meraviglioso. Anche solo starsi addosso per un po' a pensare ai cazzi propri ma sentendo il rassicurante respiro dell'altro vicino al proprio. Erano le piccole necessità di cui sentiva il bisogno. Le necessità che magari, fra una cosa e l'altra, non avrebbe mai colmato.

A volte sentiva che tutto, nel mondo, era meno importante di Frank.

Mikey con uno strattone rubò la giacca di Ray e la usò per coprirsi gli occhi. Che palle mosce.

Gerard seguì la scena proiettata sullo schermo. Si sentiva bene perchè tonnellate di finta carne macinata e litri di sangue finto non gli provocavano alcun disgusto, mentre trovare un taglietto da qualche parte nel proprio corpo lo faceva inorridire. Era esattamente come le cose sarebbero dovute essere. Non aveva senso temere o farsi impressionare da qualcosa che non era reale.

Quindi non capiva perchè Mikey si terrorizzasse a morte ogni volta che guardavano un film horror, così come ora non capiva perchè del liquido rosso lo portasse a coprirsi gli occhi.

Annoiato dall'inutile quantità di corpi disarticolati e busti femminili segati a metà solo per inquadrare come si deve delle tette, posò gli occhi su Frank.

Lo trovò che dormiva. Del tutto. Con la cannuccia della Coca Cola ancora in bocca. Come cazzo faceva una persona udente ad addormentarsi in mezzo a quel casino di corpi squarciati e urla?

La testa di Frank penzolava dalla sua parte ma era ancora distante dalla spalla di Gerard. Gli sarebbe venuto un torcicollo assurdo. Di quelli che ti fanno venire voglia di piangere per il male di vivere.

Posò i piedi a terra e si spostò lateralmente sul sedile in direzione di Frank. Infilò il braccio sotto il suo e posò il palmo della propria mano contro quello di Frank. Le sue dita si infilarono fra gli spazi delle sue e facendogli pressione sul braccio lo costrinse a cadere con la testa sulla sua spalla.

Frank continuava a dormire.

Gerard gli tolse il bicchiere di Coca Cola di mano e sorrise quando riuscì a sfilargli la cannuccia dalle labbra. Appoggiò il bicchiere sullo spazio apposito fra un sedile e l'altro e si sorprese nel vedere che Frank non aveva aperto ancora nemmeno un occhio. Sospirò e cominciò a chiedersi se Frank avrebbe continuato a rimanere impassibile se avesse cominciato a fargli un pompino in quel preciso istante. Si prese un secondo solo per sorridere compiaciuto e poi gli lasciò la mano che cadde inerme sulla sua coscia. Cominciò a fissargli i jeans cercando di identificare ciò di cui aveva bisogno. Con mano ferma gli sbottonò i jeans, e la favola finì.

- Ma che cazzo? - sibilò Frank, spalancando gli occhi, con le dita chiuse attorno al polso di Gerard.

- Trovo divertente il fatto che tu abbia aspettato che mi rivolgessi ai tuoi genitali per svegliarti. -

- Cosa- -, Frank distolse velocemente lo sguardo e fissò infastidito lo schermo mentre un urlo femminile estremamente acuto strideva per la sala. Tornò a guardare Gerard e gli lasciò il polso, - Credo ci sia un regolamento che vieta i pompini durante la proiezione del film. -

- E' tutto ciò che ti ferma? Il regolamento? -

- No, c'è anche l'etica. -

Gerard sbuffò e guardò lo schermo indispettito. Stava scherzando e Frank doveva essersene accorto perchè Gerard riusciva a sentirlo ridere silenziosamente.

Frank sbadigliò.

- Vuoi dormire? -

Frank scosse la testa abbracciandosi un ginocchio: - Ho pagato il biglietto. -

- Anche i poveri si addormentano a metà film, per favore. - roteò gli occhi al soffitto.

- I poveri? Ma chi cazzo sei, Paris Hilton? -

Sentì un rumore affrettato alla sua sinistra. Si voltò e vide la sagoma nera e magra di Mikey sfrecciare il più veloce possibile fuori dalla fila troppo stretta con tutte quelle persone sedute.

Sia Gerard che gli altri presero a ridere apertamente, beccandosi insulti degli sconosciuti seduti lì intorno.

- Visto? Anche Mikey ha pagato il biglietto, eppure guarda come sta scappando fuori dalla sala... -

- Mikey è un palle mosce. -

- Hai parecchio ragione, avevo detto io che sarebbe finita così. -

- Non l'hai detto. - replicò Frank inarcando un sopracciglio.

- Però l'ho pensato. -

- Fa lo stesso. -

- Vado da Mikey. - decise Gerard, scrutando fra il buio in direzione delle sue gambe per ritrovare il sacchetto di caramelle.

- Davvero? - disse sorpreso Frank.

- Beh, sì. Ne ho abbastanza di vedere tette ricoperte di sangue, e comunque tu non te lo lasci ciucciare, non c'è nulla che mi tenga bloccato qui dentro. -

- Gerard. - borbottò Frank.

- Se non finisci gli m&m's ricorda di portarli fuori di qui. -

- Va bene. -

- Ciao. Ti mancherò. - gli fece subito presente baciandogli le labbra. Si alzò dal sedile cercando di tenere la testa bassa per non disturbare quelli che occupavano le tre file dietro la loro, ma si beccò insulti comunque. Non gliene era mai importato di meno. Uscì dalla sala incontrando lo sguardo un po' stranito della donna che sorvegliava la porta d'uscita. Doveva essere strano vedere delle persone lasciare la sala a metà film, quasi scoraggiante.

Gerard sollevò una mano: - Non sei tu, sono io il problema. - gesticolò, appellandosi alla solita scusa di merda per lasciare il proprio partner.

Lasciò definitivamente la sala prima di beccarsi le imbarazzanti conseguenze di quello che aveva detto e infilò una mano nel sacchetto di caramelle che aveva portato con sé, incurante del fatto che avrebbe potuto accidentalmente vedere Mikey vomitare. Cercò con gli occhi un segnale che lo portasse alla toilette e incontrò gli sguardi sorpresi di chi lo aveva riconosciuto ma li ignorò per il bene di tutti. Trovò il bagno degli uomini e sperò per un po' che almeno Mikey fosse andato nel bagno giusto. Si appoggiò al muro accanto alla porta della toilette, senza nemmeno accertarsi che il fratellino fosse effettivamente dentro una delle cabine del bagno o anche solo sul lavandino a vomitare.

Mangiò altre caramelle fissando la gente che gli passava davanti. Guardò adolescenti e adulti facendo caso al loro corpo, valutando se fosse troppo grasso o troppo magro. Guardando il seno in formazione delle adolescenti, non perchè fosse un pervertito segaiolo a caso, ma perchè lo incuriosiva cercare di capire se lo apprezzassero o cercassero di nasconderlo. Sapeva che molte ragazze detestavano avere le tette ma non per questo desideravano essere ragazzi.

Cominciò a preoccuparsi di nuovo per il messaggio di Lindsey ma poi Mikey uscì dal bagno coi capelli spettinati e Gerard si perse a pensare che sembrava che avesse appena scopato. O vomitato.

- Passato? - domandò Gerard. Perchè un "tutto bene?" sarebbe stato troppo ridicolo.

- Sì. -

- Davvero hai vomitato per dei pezzi di plastica sfondati? -

Mikey si tappò la bocca con una mano ed esalò qualche frettoloso respiro dal naso cercando di riprendere il controllo. Guardò Gerard in un freddo invito di non parlarne mai più e poi si tolse la mano dal viso.

- E va bene! Hai risposto ai messaggi di Alicia? -

- E quando? Mentre vomitavo? -

- Rispondile ora. -

Mikey prese il suo cellulare e cominciò a leggere i messaggi: - Ti ha detto lei di dirmi di risponderle? - domandò dopo qualche secondo che leggeva in silenzio mentre Gerard se lo trascinava dietro nel corridoio alla ricerca della sala 6 dove Frank, Bob e Ray stavano ancora guardando il film.

- No, me l'ha detto Lindsey... - disse cercando di far passare l'argomento inosservato.

- Lindsey? - chiese invece Mikey, - A proposito... -, Gerard cominciò a sentirsi male, - Come mai oggi non ha fatto un salto da noi? Avevamo tutta la giornata libera. -

- Non è venuta perchè non le ho detto che avevamo giorno libero. -

- E perchè non gliel'hai detto? -

Gerard sbuffò e pensò a una scusa, poi capì per l'ennesima volta che non aveva senso mentire a Mikey. Il ragazzo era pur sempre suo fratello: - Me ne sono dimenticato. -

- Ma cos'hai in testa? Merda? -

- Beh, tu non mi sembri molto più interessato ad Alicia! Solo che io ho un'amante gay, tu hai gli unicorni e le fatine dei denti... -

Mikey sbuffò a disagio: - Ma piantala. -

Si appoggiarono al muro di fronte alla porta d'uscita della sala 6. Rimasero per un po' in silenzio, forse un po' infastiditi dal mini-litigio.

Gerard si dedicò alle caramelle. Riflettendo a lungo e intensamente: - Mikey... perchè abbiamo delle fidanzate se le trattiamo così? -

- Altrimenti tutti crederanno che siamo gay. -, fu la veloce e poco ragionata risposta di Mikey. Forse la più veritiera di tutte, per quanto stupida.

- Tutto qui? - insistette scoraggiato Gerard.

- Mi sa di sì. - si strinse nelle spalle Mikey mentre le porte della sala si aprivano e la folla di spettatori usciva esasperatamente lenta a causa dei sfigati che si fermavano a fissare maniacalmente i titoli di coda.

Frank e gli altri erano fra gli ultimi per ovvie ragioni.

L'amante gay identificò Gerard e gli sorrise. Schivò i presenti e Gerard si prese del tempo per detestare il fatto che Frank fosse sempre perfetto da ogni cazzo di punto di vista. Anche solo il modo in cui gli stavano le camicie che solo una lesbica avrebbe indossato.

- Com'era la fine del film? - domandò infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans di Frank.

Frank arrossì un po' quando finirono vicini: - Sanguinolenta. -

Gerard lo baciò e Frank gli strinse le guance con una mano ricambiando. Facendo venire l'impressione a Gerard che se trattava così di merda Lindsey per stare omosessualmente con Frank forse un motivo un pochetto valido c'era.


 

Gli era assolutamente mancato tutto questo. Assolutamente. Tutte quelle persone così pateticamente etero, la musica che ti schiacciava i timpani e ti faceva tremare le costole, gli alcolici per terra e nei bicchieri, le ragazze che li rovesciavano in testa a tutte quelle teste di cazzo che le toccavano senza il loro permesso. Le risate in pista, e i pianti e il vomito nei bagni. I tavolini occupati dai tipi a posto. La band che suonava su un palco troppo piccolo, gli occhi del cantante che percorrevano la folla senza aspettarsi che qualcuno lo ascoltasse per davvero, sentendosi abbastanza ignorato da poter osservare ossessivamente tutti. Senza aspettarsi che uno come Gerard se lo sarebbe cagato. Le luci che illuminavano troppo i posti dove non c'è n'era bisogno e lasciavano al buio i luoghi dove era presupposto che la gente pomiciasse (o nei casi più estremi, scopasse). Era così allarmante il fatto che persone che a malapena si conoscono scopassero in mezzo ad altre persone probabilmente senza nemmeno un fottuto preservativo. Il sesso occasionale doveva essere uno schifo. Una fogna.

Andarono a prendersi delle birre. Quando Frank e Gerard si voltarono per cercare un tavolo dove sedersi Mikey, Ray e Bob erano già spariti. Del tutto. Senza lasciare traccia.

- Andiamo di là. - gli urlò all'orecchio Gerard, indicando i tavoli per lo più liberi al piano di sopra.

Frank annuì e forse disse qualcosa come "Okay" a giudicare dal movimento delle sue labbra. Con i bicchieri stretti fra le dita salirono le scale i cui gradini erano parzialmente occupati da gente che si strusciava, cadaveri o persone che lo stavano per diventare. Si misero a un tavolo al piano di sopra vicino a uno occupato interamente da un gruppo di ragazze abbastanza tranquille e dalle risate adorabili.

- Pensavo che saremmo rimasti tutti insieme. - sospirò Frank, non tanto per quello che aveva detto ma forse più per il fatto che era stanco.

Si sedettero sulle panchine che affiancavano il tavolo, l'uno di fronte all'altro, e appoggiarono i bicchieri.

- C'è puzza di erba, fra l'altro. - scosse appena la testa, puntando i gomiti sul tavolo per sorreggersi il mento con una mano mentre con gli occhi fissava il gruppo che suonava sul palco.

- Ti è passato l'attacco di sonno? - domandò Gerard, osservando il suo viso mentre con i polpastrelli sfiorava il profilo del bicchiere freddo.

Frank lo guardò e poi abbassò lo sguardo: - No. A te è passata quella voglia matta di farmi pompini? -

- No. -

- Che stress. - commentò, facendo scoppiare a ridere Gerard.

Frank lo guardò e sorrise, ma senza capire davvero che era stato assolutamente divertente il modo in cui lo aveva detto.

- La vera domanda è: perchè noi fidanzati siamo qui a fare i bravi mentre Mikey che è fidanzato da due anni con Alicia è da qualche parte in mezzo a tutte quelle ragazze etero? -

- Dio, è vero, a volte mi dimentico che sta insieme ad Alicia. - disse Frank passandosi una mano fra i capelli.

- Vero? Anch'io a volte lo dimentico... sono strani. -

- Non ho capito quello che hai detto. - mormorò Frank, allungandosi lentamente sul tavolo col viso appoggiato alle braccia incrociate.

- Eh? Ho detto che sono strani come cop- -

- No, quello che hai detto prima. - . Lo guardò in attesa di una risposta.

Gerard lo guardò in attesa che le farfalle nello stomaco la smettessero di azzannarsi a vicenda. Ma niente da fare: - Mikey dovrebbe stare qui con noi bravi fidanzati. -

- Con chi siamo fidanzati? - chiese Frank, fissandolo con gli occhi verdi.

- Tu con Jamia, io con Lindsey. -

- Ah. -, Frank annuì appena e spostò di nuovo gli occhi sul gruppo sul palco.

Gerard si chiese perchè gliel'avesse chiesto. Era una domanda strana da fare. Più strana di Mikey fidanzato con Alicia.

Frank tornò a sedersi compostamente e bevve quasi tutta la birra in un unico sorso. Posò di nuovo il bicchiere sul tavolo e ruotò gli occhi fino al viso di Gerard: - Se segue la tua logica a quest'ora è in qualche bagno con un biondino californiano a scoprire i pregi dell'essere gay- che fra l'altro, a lungo andare, non ci sono. -

- Stai cercando di dirmi qualcosa? - domandò Gerard.

- Che il culo mi fa male. -

Gerard sorrise: - Mi dispiace. Ma davvero, pensavo ti piacesse quando- -

- Perchè non ti trovi una ragazza anoressica con cui scopare? - cambiò del tutto discorso Frank, - Ti piacciono le ossa, giusto? -

- Non ho bisogno di ragazze anoressiche con cui scopare, sono pieno di gente con cui scopare e onestamente non ce la faccio più. -

- Tu e il mondo? -

Gerard esitò, poi ricordò a cosa si stesse riferendo: - Sì. -

- Beh, dev'essere sfiancante passare nel giro di mezz'ora da un culo a una- vabbè, non ne voglio nemmeno parlare, è che non capisco i tuoi punti di vista sulle cose. -

- Quali cose? -

- Sui genitali, per dirne una. - riprese in mano il bicchiere e finì la birra, - Ma del resto siamo venuti qui per scopare, non per parlare, è quel genere di serata che si passa con la gente che non conosci, giusto? Non con i tuoi amici. Immagino sia per quello che gli altri se ne sono andati... -

- Frank, che ti sta succedendo? Intorno alla mezzanotte di trasformi in una puttana cinica? -

- No, il fatto è che io non ti conosco... e tu non conosci me. - si lasciò scappare un lieve sorriso e scosse la testa accarezzando il bicchiere con le dita, - Quindi siamo potenzialmente compatibili. -

- Che c'è, vuoi scopare? -

- Non lo so, ma se per qualche motivo anche oggi la giornata finisse così te ne ho già spiegato i motivi, così ti riprendi dalla depressione post-scopata prima. Forse. -

- Sai, sembri un po' ubriaco. - commentò cominciando a ridere.

- E' la stanchezza che mi fa quest'effetto. E' da quando ho memoria che quando sono stanco ma mi ritrovo in situazioni in cui non posso dormire comincio a... - scosse la testa cercando di trovare un termine, - Schizzare male, credo? E' per quello che ai concerti a volte... -

- Mordi preservativi? - propose Gerard, - Mi scopi la spalla e il cranio? Mi dai calci sulle palle? Dimmi stop quando ne hai abbastanza. -

- No, ti prego, continua. - lo supplicò Frank ridendo con le braccia incrociate.

- Una volta mi hai baciato, ma seriamente, con la lingua e tutto il resto, e mi hai afferrato il viso e io ho cercato di andarmene e tu eri- -

- No, quella volta ero innamorato. Lo dico davvero. Non c'entrava la stanchezza. -

- Hai presente di cosa sto- ? -

- Sì, quella volta che mi cantasti The World Is Ugly. La MIA versione. - specificò, e sorrise arrossendo, - Figlio di puttana che non sei altro, all'inizio pensavo che la stessi cantando ad Eliza o qualcosa del genere e mi ero sentito... hai presente... -

- Vuoto? Cuore e budella fuori posto? -

- Sì, quello. E i sudori freddi, non dimenticare i sudori freddi. Avevo le dita gelide. -

- Sei un ragazzo dolce. Ti va se ti colpisco le ginocchia con un piede e facciamo finta che sia una carezza? -

Frank rise: - Fai quel stracazzo che vuoi. -

Gerard rise insieme a lui e cercò di colpirlo.

- Au! Ha fatto male! - si lamentò Frank abbracciandosi il ginocchio.

Gerard si scusò continuando a ridere e si alzò in piedi e fece il giro del tavolo per sedersi vicino a lui.

- Perchè devi spacciare calci per carezze? Sei completamente fuso. -

Gerard slacciò le sue dita dal ginocchio e le strinse fra le sue mentre si scambiavano un breve bacio.

- Eravamo a questo tavolo per fare i bravi fidanzati, giusto? - chiese Frank, prendendo il bicchiere di Gerard per bere altra birra.

- Beh, diciamo che sono fedele nel senso che tu sei il mio unico ragazzo e Lindsey è la mia unica fidanzata, è abbastanza legittima come cosa, non ti sembra? -

Frank appoggiò la testa sulla sua clavicola e spinse il bicchiere sul tavolo in direzione di Gerard: - Affatto. Questo gruppo non ha nemmeno talento, è da un po' che cerco di trovarne ma... - sospirò sconsolato e Gerard guardò la band oltre i suoi capelli, - Mi dispiace così tanto per il chitarrista. Guardalo, si sta annoiando a morte. Voglio dire, se è lì e sta suonando una chitarra significa che gli piace e in linea di massima ci tiene, e invece si ritrova in un gruppo che la chitarra a malapena la considera e dev'essere deprimente... -

- E' carino. -

- Già. -

- Andiamo a intrattenerlo? -

- Io... io andrei lì, gli toglierei la chitarra, l'appoggerei a terra, lo abbraccerei e lo porterei via con me in un posto dove le band sanno dell'esistenza delle chitarre e non le snobbano come le lesbiche snobbano i peni... -

- Io invece me lo farei e basta. Del resto, sono cazzi suoi. Nessuno ci ha mai salvati. -

- Tu mi hai salvato. E non ho voglia di spiegarti come. -

Gerard sorrise e gli baciò una guancia: - Ma che cazzo dici, Frank? -

- Gee. -, e porca troia erano millenni che non lo chiamava così, - Se non fosse per voi non so che starei facendo ora... probabilmente non starei facendo proprio nulla. I Pencey Prep non sarebbero durati, questo l'ho sempre saputo, ma noi saremo per sempre, giusto? -. La domanda rimase per un po' sospesa nel silenzio. Nel silenzio loro, che ovviamente non poteva avere niente a che fare con il casino creato dalla band e la gente ubriaca.

Gerard pensò a tutto quello che sentiva di sbagliato ma non riuscì nemmeno a nominarlo: - Immagino di sì. -, perchè sapeva che col tempo, in qualche modo, le cose si sarebbero sempre risolte. O sarebbero diventate normali. Come tutto il male che sentiva allo stomaco e i sentimenti di cui aveva smesso di avere paura.

- Sei davvero stanco? - chiese a Frank.

- Sì. E tu hai davvero voglia di farmi un pompino? -

- Sì. -

- Beh, immagino che i nostri bisogni non troveranno un punto d'incontro. -

Gerard sbuffò: - Andiamo di sotto. -

- A far cosa? -

Gerard scese dalla panchina e prese Frank per mano sentendosi gli occhi delle ragazze al tavolo lì vicino addosso. Non perchè era figo, ma perchè era gay e sarebbe sempre stato un po' insolito per loro liceali bene educate da mammina e papino vedere un ragazzo farsela con un altro: - Alcol. E omosessualità. - . Non era una vera e propria risposta alla sua domanda, solo parole chiave di quello che sarebbe successo al piano di sotto. Ma Frank ne sembrò abbastanza convinto. Le ragazze lì vicino non erano elettrizzate quanto lui, questo era certo.

- Ehi, scusa? - . Sentì una voce femminile da qualche parte alle sue spalle e si sentì assurdamente sorpreso dal fatto che gli avessero rivolto la parola. Non se l'aspettava. Per niente.

Gerard si voltò mentre Frank si lasciava stringere la mano: - Sì? -

- Sei Gerard Way? Quello dei My Chemical Romance? - domandò con un sorrisetto felice.

Gerard guardò i suoi lunghi capelli biondo scuro ben pettinati e il suo vestito rosa e bianco, e si chiese che cazzo ci facesse lì una del genere con le sue amichette altrettanto a posto. Insomma, sembravano più uscite dall'ora del té che in mezzo a un locale di gente ubriaca e cannata. Rivolse un'occhiata rapidissima a tutte le sue amiche per curiosità personale, chiedendosi di nuovo per quale assurda ragione si trovassero lì e stessero bevendo birre piccole per lo più ancora piene.

- No, mi spiace, sono Christina Ricci. - concluse trascinandosi dietro Frank in direzione delle scale, mentre Frank rideva come un fottuto coglione.


 

C'era stato una specie di buco temporale. Nessuna sorpresa. Per fortuna non era in sbronza seria, altrimenti sarebbe stato improponibile sorbirsi le continue risate stupide di Frank senza tirargli fuori le budella dalla gola. Non avevano più visto gli altri ma porca troia non importava.

Gerard non capiva dov'erano perchè aveva gli occhi chiusi nell'atto di ridere forte battendo le mani. E quando li apriva non ci capiva comunque un cazzo. Si abbassò di poco su un lato ma andò a sbattere subito contro l'asfalto. Si lamentò ma non riusciva a smettere di ridere, e per sbaglio stava schiacciando ancora di più il naso contro la superficie ruvida e che odorava di umido.

Si rialzò in qualche modo e si unì alla voce di Frank nell'urlare il ritornello di A Whiter Shade Of Pale. Non sapeva da quanto tempo la stessero cantando, sapeva solo che stavano ripetendo il ritornello all'infinito solo per il gusto di urlare.

Due emo ubriachi su un marciapiede alle due di mattina a cantare A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum. La cosa peggiore di sempre.

- Sapete solo il ritornello? -

Gerard si portò le dita fra i capelli e si voltò verso la figura di Frank: - Ma chi è? - esclamò, - Gesù? -

- Gerard, sono io. - una mano si posò sulla sua spalla, e Gerard avvertì il suo viso avvicinarsi.

Voltò la testa: - Dewie? Che cazzo fai... vai a guardare la tv. -

- Idiota, sono Ray. -

Frank riprese a cantare imperturbabile e Gerard si voltò a guardarlo e vide che si era disteso sull'asfalto con le ginocchia piegate che si muovevano nell'enfasi e le braccia allungate verso il cielo. Riuscendo a focalizzare meglio il suo viso si accorse dei suoi occhi serrati mentre strillava le parole con un sorriso del cazzo sulle labbra.

Gerard allungò le braccia e trovò per pura fortuna le spalle di quello che a quanto pare doveva essere Ray e lo abbracciò. Lo obbligò a sedersi al suo fianco e fissando il lampione seguì la voce di Frank con la sua.

Allungò una mano alla sua destra fino a trovare quella di Frank a mezz'aria e la tenne stretta. Ricominciarono col ritornello, con le voci che tremavano per le risate.

- Fra l'altro nessuno sa di cosa parli questa canzone. - sospirò Gerard quando terminarono per l'ennesima volta il ritornello.

- Tranne i Procol Harum. - puntualizzò Bob.

- Secondo me nemmeno loro lo sanno. - replicò Mikey.

- Credo parli di anemia e di morte. - disse invece Frank, rialzandosi del necessario per abbracciare un braccio di Gerard e crollare contro la sua spalla.

- Anemia, morte e cocaina. - aggiunse Gerard.

Frank gli baciò una guancia, come se Gerard avesse detto qualcosa di dolce.

Gerard per un attimo sentì la propria spina dorsale crollargli indietro ma aggrappandosi con le unghie all'asfalto si accorse che niente di tutto ciò stava accadendo. Si sentiva stanco. Eppure non avrebbe mai voluto dormire.

- Andiamo sulla strada principale a cercare un taxi. - propose Ray.

- Come? Serata finita? - chiese Gerard, sentendo la testa roteare indietro verso il marciapiede. La ignorò perchè sapeva che era solo una sua impressione. Tuttavia era sicuro che se qualcuno in quel momento gli avesse chiesto "Che stai facendo?" avrebbe riso per ore intere.

- Ma ti sei visto? Hai bisogno di dormire. - . Sentì il verso affaticato di Ray mentre sollevava Frank da terra per poi afferrare Gerard per i polsi e trascinarlo in piedi.

Gerard si sentì crollargli addosso ma sta volta non erano solo impressioni, perchè sentì Ray imprecare.

- Gerard?! Che cazzo? -

- Scusa. - sorrise, rimettendosi dritto in piedi. Passò un braccio intorno alle spalle di Frank, - Cerchiamo un taxi. - . Chiuse gli occhi e abbracciò Frank aspettandosi che lo guidasse lui, invece Frank si limitò a ricambiare l'abbraccio rimanendo coi piedi piantati a terra.

- Che cazzo state facendo? Hai appena detto che- -, Ray sbuffò e poi rise insieme a Bob.

Qualcuno doveva aver preso Frank per la vita trascinandolo avanti, perchè Gerard avvertiva che si stavano muovendo e dai passi di Frank capiva anche che non lo stavano facendo volontariamente. Sentì l'aria diventare più fredda e il rumore delle macchine più vicino. Si abbracciò più forte a Frank con la faccia affondata da qualche parte nel suo vestiario, sentendo le costole tirare indietro mentre si muoveva nella direzione opposta. Lo infastidiva. E a volte lo spaventava davvero tanto.

Voleva guardare il cielo ma era troppo difficile farlo, considerando che non aveva la più fottuta idea di dove si trovasse il suo viso in quel momento.

Sentiva Mikey e Bob chiamare qualcuno "stronzo" e poi riderci su.

Abbassando le braccia Gerard capì di essere arrivato ai fianchi di Frank. Trascinò il viso di lato e trovò finalmente l'aria aperta schiacciando la guancia contro la spalla di Frank. Guardò le ragazze che aspettavano un autobus poco più in là. Un ragazzo con un cappellino da baseball stare al telefono mentre calciava distrattamente la base di un lampione. Un gatto arrampicarsi e cadere in un bidone. In fondo sembrava tutto così bello. Sorrise e le luci dei lampioni crearono delle linee luminose mentre socchiudeva appena gli occhi.

Rimase immobile con le braccia di Frank che lo abbracciavano saldamente e lo stringevano attraverso la felpa per tutti i venti minuti che impiegarono ad aspettare un taxi. Poi vennero trascinati da Mikey nel taxi e si addossarono contro il finestrino e dormirono o qualcosa del genere finché non furono condotti fuori dal taxi e dentro l'hotel.

Li lasciarono di fronte alla stanza di Gerard, già convinti che avrebbero passato la notte nella stessa camera. Del resto l'avevano sempre fatto. E ora, ubriachi, l'avrebbero fatto a maggior ragione.

Chiesero loro se avessero la chiave e nessuno dei due rispose. Lo chiesero un'altra volta e Gerard scosse la testa. Mikey tornò dopo qualche minuto con una copia delle chiavi. La infilò nella serratura mentre Gerard si sentiva di nuovo la testa vicina al pavimento.

- Tenetela da conto. -

Gerard la prese in mano e la guardò: - Boh. -

- E le chiavi?! - domandò Frank in un improvviso sprazzo di folle vitalità, - Boh! - si rispose da solo sollevando entrambe le mani mentre faceva spallucce.

Bob e Ray, dall'alto della loro sobrietà, iniziarono a ridere.

Mikey si limitò a scuotere la testa un po' preoccupato: - Darete fuoco alla stanza. -

- Non preoccuparti. - gli disse confidenziale Frank, appoggiandosi al muro con un sospiro mentre la smorfia provocante cominciava a non essere più solo una perversa impressione di Gerard, - Faremo solo sesso. -

- Aiuto. - commentò a bassa voce Bob.

- Buonanotte. - sussurrò Gerard, abbracciando Mikey, poi Bob e infine Ray, - Grazie per le chiavi. -

- Le ho prese io. - puntualizzò Mikey.

Gerard lo guardò negli occhi: - Grazie per le chiavi. - ripeté.

- Prego. -

- Buonanotte. -

- Buonanotte, amici miei. - . Gerard spostò lo sguardo su Frank, che li aveva salutati con un cenno militare.

Ray diede una pacca sulla spalla a Gerard e poi se ne andarono tutti e tre parlando a bassa voce.

Gerard si voltò e quando vide Frank ebbe l'impressione di avere a che fare con una puttana. Anche quando lo tirò per i passanti dei jeans e lo baciò.

Entrarono nella stanza e basta, in silenzio. Si appoggiarono al letto ma nessuno ebbe la forza di voltarsi e baciarsi. Rimasero immobili a fissare il soffitto coi corpi che affondavano nelle coperte sui materassi.

- Devo fare pipì. - mormorò Frank. Scese da un lato del letto o dopo qualche istante Gerard lo seguì.

Frank si era già abbassato i pantaloni quando entrò nel bagno.

- Che c'è? - gli domandò il chitarrista, guardandolo oltre la propria spalla.

- Devo fare pipì anch'io. - disse Gerard andandogli accanto. Si sbottonò i jeans. Si accorse che a dire il vero Frank aveva anche già tirato giù i boxer.

Al più piccolo sfuggì una risata: - No. -, scosse la testa incredulo.

- Sì. - replicò Gerard, tirandosi un po' giù i boxer.

- No. - scosse la testa ridendo apertamente.

Gerard fece spallucce: - Sì. - . Rimasero per un lungo istante in silenzio mentre la pipì colpiva come sempre in maniera imbarazzante l'acqua del water.

Fissarono in basso. Forse si fissarono a vicenda. Poi tornarono a guardarsi e risero.

- Non ci posso credere, stiamo facendo pipì insieme. - commentò Frank, cercando di continuare a centrare la tazza del water.

Gerard sollevò il viso mentre rideva intensamente: - Porca troia. -

- Ehi, non colpirmi. -

- Cosa? - finse di non capire Gerard, facendo una finta avvicinandosi pericolosamente a lui.

- Ehi! Ehi. No. Non ti conviene pisciarmi sul coso. -

Gerard tentò disperatamente di non ridere, consapevole che quello era uno di quei momenti che avrebbe ricordato per sempre e che avrebbe raccontato a qualcuno ridendo a crepapelle: - Beh, tu prima mi hai schizzato. -

- Non è vero. - replicò ridendo.

- Sì invece. -

- Ehi, attento. L'hai fatto di nuovo. Ti prego, non pisciarmi addosso. E già abbastanza assurdo starsene così. -

- Non te l'ho mai visto... mentre piscia. - disse Gerard inclinando la testa di lato mentre tornava a fissarlo.

- Ha! Come se avesse vita propria- Ehi, piantala di fissarlo. Non puoi fissarlo in quel modo. -

- Scusa. Puoi fissarmelo se ti va. -

- Gerard, io- - scosse la testa a disagio.

Gerard gli baciò la guancia e Frank si scostò di colpo.

- Non puoi baciarmi mentre pisciamo tenendocelo in mano! - urlò istericamente.

Gerard si mise a ridere e si asciugò con la carta igienica. Tirò di nuovo su i boxer e i jeans e andò a lavarsi le mani. Lanciò un'occhiata a Frank: - Uh, ti ho visto mentre te lo pulivi. -

- Gerard. - sillabò. Non era mai sembrato così tanto una ragazza. Mai.

- Ora che ci siamo visti mentre pisciamo siamo passati a un livello superiore. - dichiarò Gerard, lavandosi lentamente le mani senza accorgersi dell'acqua gelida.

Frank accese velocemente l'acqua calda e poi si lavò le mani anche lui: - E' stato assurdo. -

Posò le labbra sulla sua guancia destra e gliela baciò ripetutamente: - Ti voglio bene. -

- Ah, perchè, ti sembra un gesto affettuoso pisciare insieme? -

- Sì. -

- Oh, beh, non è stato intenzionale. -

- Da parte mia sì. -

- Ma non da parte mia, mi sono ritrovato a fare pipì in compagnia da un momento all'altr- -

- Infatti ho detto che ti voglio bene, non che tu mi vuoi bene. -

- Ma lo sai che ti amo. -

- Più o meno. -

Gerard si asciugò le mani e abbracciò Frank mentre quest'ultimo cercava di raggiungere l'asciugamano.

- Abbiamo già perso le chiavi, vero? - mormorò il più piccolo.

Gerard posò la fronte sulla sua nuca: - Immagino di sì. - . Rimasero per un po' abbracciati, poi Gerard lasciò il bagno e andò sul letto, troppo stanco per ricordarsi di dire qualcosa a Frank prima di andarsene così.

Frank si trattenne per qualche minuto nel bagno. Gerard non sapeva che stesse facendo. Si addormentò col mal di testa prima che Frank tornasse, sentendosi male eppure temporaneamente tranquillo. Temporaneamente perchè se lo sentiva nelle vene che qualcosa non andava.


 

Il cellulare che vibrava gli metteva un'ansia incredibile. Di nuovo, sapeva benissimo che qualcosa non stava andando. L'aveva da sempre saputo.

Si sollevò dal letto col cuore che martellava e le mani che tremanti cercavano il cellulare fra le lenzuola e il corpo immobile di Frank. Rispose al volo senza nemmeno chiedersi chi fosse.

- Eh? Pronto? -

- E' tutto okay? -

Gerard scostò il cellulare dall'orecchio e guardò sconvolto il nome di Lindsey sul display. Riavvicinò il cellulare: - Lyn. -

- Che stavi facendo? -

- Niente, stavo- stavo- -, si fermò, chiuse gli occhi e tirò un sospiro portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Consapevole che ormai era troppo tardi per completare la frase.

- Perchè non hai risposto al mio messaggio? - . Merda, se l'era totalmente dimenticato. E porca troia, litigare con Lindsey era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Soprattutto alle sette di mattina.

- Perchè- -, valutò in velocità la situazione, ma non riusciva davvero a riflettere. E Frank si stava svegliando, - Perchè mi sono appena svegliato. -

- E perchè non mi hai risposto ieri sera? - . Era parecchio incazzata, ed in fondo era ridicolo da parte sua prendersela per una cosa del genere. Però a Gerard vennero i sudori freddi comunque.

- Me ne sono dimenticato- - . Si passò una mano fra i capelli e trattenne le dita stringendo le ciocche in preda al nervoso. Che cazzo di risposta era? Stava solo peggiorando le cose.

- Davvero? Grazie, Gerard. E con chi hai passato la serata? -

- Con nessuno, ho dormito. -

- Non ti credo. -

- Che dovrei dirti? Vuoi che ti mostri il preservativo ancora intatto nel portafoglio? -

- Ti sei ubriacato ieri. -

- Cosa?! -

- Sono le undici di mattina e stavi ancora dormendo- -. Ah, erano le undici?

- Ehi, Lindsey, sono pigro, buongiorno! -

- Gerard. - la sua voce si bloccò e sospirò stressata, - Hai giornata libera? -

- No, Lindsey. Non ho fottuta giornata libera. Partiamo dopo pranzo. - . Sbuffò. Non ne poteva già più e non aveva idea di quanto tempo avrebbero impiegato a litigare prima di rimettere tutto a posto.

- Se hai intenzione di continuare a fare lo stronzo- -

- Piantala tu di incazzarti con me! Mi sono appena svegliato e tu mi fai scenate al telefono per uno stupido messaggio? -

- Non mi sembra stupido, dato che è l'unico mezzo per comunicare che abbiamo quando non hai tempo per una chiamata. Che cazzo ti costava controllare il cellulare prima di andare a dormire? Anche solo per scrivermi "Ehi, sono vivo!", che cazzo ne so. Non farò mai parte della tua vita. Semplicemente non mi consideri. -

- Piantala con le stronzate. -

- Sei tu che devi smetterla di prendermi in giro! Se non ti interesso allora bene, prendiamo strade separate- -

- Lindsey, no, non se ne parla. Non ho intenzione di litigare al telefono. Senti, domani suoniamo a Dallas, per favore molla tutto e vieni qui. Dobbiamo parlare. -

- Non posso mollare tutto, Gerard! -

- Non voglio perderti. -

Frank imprecò in mezzo alle coperte e si coprì la testa con il cuscino di Gerard.

Lindsey dall'altra parte del telefono era in silenzio.

Gerard aveva sincera paura di aver rovinato tutto.

- Gerard. - sospirò infine Lindsey.

Gerard si sentiva lentamente morire mentre cercava di capire cosa cazzo le passasse per la mente prima che pronunciasse qualsiasi parola. Cercava disperatamente di prepararsi a qualcosa che non aveva ancora idea di cosa fosse, e l'ignoto che costituivano le persone lo ammazzava. Rivoleva i bambini patetici dell'asilo, gli amici di sempre che conosci e a volte ti annoiano, rivoleva le gente abbastanza stupida da perdonarti ogni singola cosa. Non voleva le persone complesse. Facevano schifo.

- Mi dispiace. E' una delle cose più patetiche al mondo litigare e poi scusarsi come se avessimo parlato sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, quindi mi dispiace solo del fatto che non sia riuscita a tenermi tutto dentro, ma davvero- ho l'impressione che non stiamo andando da nessuna parte. Io ti amo ma credo che tu ti sia già stancato di me da molto, e non voglio obbligarti a stare con me e più di tutto non voglio sentirmi presa in giro o ancora peggio usata. Quindi non prenderò un biglietto aereo per raggiungerti a Dallas e farmi lasciare. Se hai intenzione di parlarmi per cercare di chiarire ed eventualmente sistemare tutto allora è okay, ma se sei già nell'ordine di idee di lasciarmi allora vaffanculo per avermi anche solo chiesto di spendere tempo e soldi per te. -

- Non ho intenzione di lasciarti. Io ti amo. -

Frank fece un versaccio e premette con le dita il cuscino sul suo viso, forse per soffocarsi.

Gerard gli tirò un calcio su un fianco.

Lindsey era rimasta un po' in silenzio, forse per riflettere, forse perchè le andava e basta: - Okay, amore, senti... non sono sicura di potermene andare così. Devo parlarne con gli altri... mi faccio viva io entro domani mattina. Va bene? -

- Sì. -

- Sta sera mi chiami, per favore? - chiese a bassa voce Lindsey.

Gerard si abbracciò lo stomaco e cercò di non piangere: - Certo. - mormorò.

- Ti amo. -

- Anch'io. -

Lindsey buttò giù e Gerard tirò un sospiro tremante.

Tolse il cuscino dal viso di Frank e lo guardò nel naturale istinto di abbracciarlo ma poi si bloccò.

Frank lo fissava e Gerard non riusciva a far altro che rimanere immobile.

Scese dal letto sentendosi gli occhi bruciare e lacrimare tutto il casino che si sentiva dentro, nella testa, nelle budella, nel collo assurdamente stretto, nel cuore che batteva forte da ventinove anni.

- Gerard, fermati. -

Socchiuse le labbra per respirare ma non ci riusciva. Aveva momentaneamente dimenticato che in genere il naso era una buona opzione per evitare di morire soffocati in sé stessi. Si voltò e sentiva l'ossigeno mancare. Non avrebbe mai potuto piangere con Frank lì per persone che stavano rovinando molto schiettamente entrambi. Sarebbe stato, se possibile, ancora più merdoso da parte sua.

- Hai bisogno di me. - aggiunse Frank, e Gerard si chiese che cazzo di senso avesse la sua intera vita. I suoi ventinove anni in costante compagnia dei suoi organi funzionanti, dei suoi capelli disordinati, delle sue dita che si muovevano, delle sue gambe che lo facevano camminare e delle sue idee sempre troppo ridicole. Della sua testa debole e ferita, che sanguinava malessere quasi in ogni momento, che gli aveva dato troppo spesso dolorose emorragie interne che nessuna radiografia avrebbe mai dimostrato.

- Puoi restare. -

Gerard si sedette lì dov'era senza riuscire a tornare sul letto, con gli occhi spalancati che continuavano a bruciare.

Frank lo raggiunse e non appena gli sfiorò le spalle Gerard riuscì a chiudere gli occhi e piangere. E fu la sensazione più incredibile di sempre.


 

Indossava un maglioncino e le stava davvero bene. Era l'espressione affranta che non le donava.

Gerard la guardava mentre si avvicinava e pensava a quello che avevano fatto insieme, a quello che si erano detti, a quello che avevano immaginato di fare ma non avevano ancora fatto. Si chiese se fosse arrivato il momento di chiudere un altro capitolo della sua vita, con le combustioni che dovevano ancora guarire dall'ultima chiusura. I rapporti umani erano la sua rovina, la più stupida di tutte.

Lindsey si fermò di fronte a lui e lo guardò come si guarderebbe un bel faccino ridotto a qualche lembo di pelle e osso perlopiù sfondato.

Alla fine la realtà dei fatti era che prima di cominciare a fare sul serio si presero dei caffé e si sedettero su una panchina all'aperto col sole ormai tramontato, immersi nel buio più aperto e libero.

E se tutto questo faceva schifo, era solo colpa di Gerard.

- Ti rendi conto che ti stai deprimendo molto? Verso ogni cosa. -

Gerard ebbe quella sensazione di perdita che hai di fronte a uno psicologo che se si mette di traverso può anche vivisezionarti l'anima e frugarci dentro trovando le cose più imbarazzanti e inopportune: - Sì? - bisbigliò, e dovette guardare a forza Lindsey per convincersi che non l'avrebbe mai vivisezionato come farebbe una strizzacervelli. Mai. Anche solo perchè non ne aveva le capacità. Frank le aveva. Ma lo aveva lasciato intatto perchè lo amava. Frank lo vivisezionava in altri punti, però non lo faceva apposta. Frank era un bambino con una beretta in mano puntata al cuore di Gerard, e a volte sparava ma gli veniva detto che quella robaccia rossa è tutta finta, è succo di pomodoro, quindi non si era mai preoccupato perchè semplicemente era convinto di non aver fatto nulla di male. Qualcosa del genere.

- Sì. E non sto parlando solo di te, lo stavo notando anche in Mikey e tutti gli altri... -

Gerard pensò alla sua band, a quei quattro ragazzi che amava. Pensò che alla luce dei fatti Frank gli aveva spudoratamente mentito. Non si sentì tradito, si sentì solo perso.

- Non è davvero nulla di così grave, forse state solo prendendo una direzione sbagliata... Non sono assolutamente nessuno per mettermi in mezzo, ma ho l'impressione che non te ne accorgeresti mai che tutto questo sta cominciando a non piacerti più, per questo ho deciso di parlartene una volta per tutte... lo faccio per aiutarti. -

La logica lo colpì secca, e sentì parecchi organi slittare nel vuoto provocando solo nausea. Lindsey era peggio di una strizzacervelli. Lindsey era comprensiva.

- Sto sbagliando, Gerard? - cercò quindi conferma, e per carità, lo fece con tutta la delicatezza del mondo.

Gerard si sentiva strano. Era come accorgersi a fine giornata di aver svolto le proprie normali attività in mezzo alle persone indossando solo un pigiama o proprio nulla. Era sconvolto e l'ansia lo pizzicava ovunque e gli sbriciolava le guance impedendogli di sorridere per il resto dei suoi giorni. Stava vivendo così tanta autentica merda in così poco tempo e nessuno si era nemmeno sprecato di colorargliela di rosa prima di spalmargliela in faccia. Cercare di vivere, in quel momento, era la cosa più complessa di sempre. Era la consapevolezza di aver sbagliato tutto a fargli desiderare di morire rimanendo comunque in uno stato di grigia indifferenza: - Credo sia così. - disse lentamente e a bassa voce, sentendosi più ritardato di quanto Lindsey avrebbe mai potuto immaginare. Gerard sapeva anche di stare esagerando, ma quando, in fondo, non lo faceva?

- C'ero anch'io al vostro primo tour. Te lo ricordi? -

- Certo. - . Era un certo di merda, comunque. Dire "certo" quando si è sotto così tanta merda è come ridacchiare in un campo di sterminio mentre Hitler in persona si sta avvicinando reggendo l'arma che ti avrebbe ammazzato: stupidamente ridicolo e fuori luogo.

- Eravate sempre ubriachi e sotto droghe neanche tanto pesanti, a dirla tutta, ma in quei due momenti in cui vi ho visti tutti sobri eravate abbastanza tranquilli sebbene stressati, e per tranquilli intendo in pace con voi stessi o qualcosa del genere. Vi sentivate a posto. E credo che tutto dipendesse dal fatto che eravate sempre voi stessi, quello che sentivate di essere. Non vi nascondevate dietro nulla, c'eravate solo voi, nel bene e nel male. -

Il cervello di Gerard stava producendo scintille che gli facevano tremare i bulbi oculari. Non connetteva. Era ancora abbastanza depresso per il fatto che aveva appena avuto chiara conferma esterna che sì, in effetti stava rovinando i My Chemical Romance, il suo gruppo preferito, il suo gruppo.

- Forse con la storia della band alter ego e tutto il resto state annullando voi stessi. - continuò Lindsey, appoggiando una mano al ginocchio di Gerard.

Gerard la guardò, cominciando ad aprirsi verso la verità.

Lindsey allacciò le dita sulla sua nuca e lo baciò.

Gerard era molto consapevole di stare esagerando di nuovo con le emozioni, ma aveva bisogno di demolirsi per dare del vero senso al ricostruirsi. A dire il vero, era un amante della demolizione.

Le accarezzò una guancia morbida e quando scese con le dita alla base del suo collo smisero di baciarsi.

Gerard la guardò negli occhi rendendosi progressivamente conto che in realtà era venuto lì per aiutarlo, che in fin dei conti non aveva mai voluto lasciarlo: - Dovrei chiudere la parata nera? -

- Ovviamente dovresti prima parlarne con gli altri, ma per quanto ne so, credo sia la scelta migliore. Vi sta limitando o molto semplicemente annoiando. Che senso ha rimanere bloccati qui se potete maturare a un livello più alto e personale? -

- Dovremmo provare a essere noi stessi. - annuì Gerard, continuando a tenere un tono di voce basso.

- E starai meglio. - promise Lindsey, prendendogli le mani, - E mi farai stare meglio. - 

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Capitolo 5
*** Special needs ***


SONO STATA VELOCE A POSTARE DAI.................... ANCHE SE HO L'IMPRESSIONE CHE IL CAPITOLO SIA CORTO............................ ACCONTENTATEVI SU........................................
Che poi sto capitolo l'ho scritto quasi tutto in un giorno, poi l'altro giorno lo volevo postare e l'ho riletto e ho scoperto che faceva cagare quindi l'ho praticamente riscritto tutto ma ci ho messo poco tempo, solo che in sti giorni ero davvero sempre via e non avevo trovato tempo per rileggerlo e postarlo.......... ho più impegni ora che quando avevo scuola :C e a luglio inizio a lavorare....................... zio pino. 
IL TITOLO DEL CAPITOLO E' LA CANZONE DEI PLACEBO (PLASIBO) OVVIO!!!!!!!!!!!!!
Questo capitolo conterrà molto disagio quindi se il disagio vi turba non leggetelo!!!!!!!!!!!!!!!! No okay insomma, solita dose di disagio che c'è in ogni capitolo dai.................
Grazie a chi ha recensito, grazie per le mille e cento e passa visualizzazioni al primo capitolo, voglio dire, qua siamo solo al quinto capitolo uao e grazie alle 23 persone che hanno già messo (in fiducia) la fanfiction fra le preferite, grazie alle 2 persone che l'hanno messa fra le ricordate (POKE MA PUONE) e ai 39 che seguono sta fanfiction........... BELLI VOI! 
Spero che il capitolo vi piaccia :* :* al suo interno cito un casino di roba, tipo cito anche i killers ovvio sono i miei migliori amici non posso non citarli, e poi cito roba che riconoscerete sicuro......... perchè ascoltate le canzoni dei chem........... vero?....................
PRENDO LE MIE COSE E ME NE VADO, DAI <33
CIAU PACE & AMORE

LAZYBONES
(GRAZIE EDITOR PER TUTTE LE BESTEMMIE, ORA DIO MI ODIA E AVRO' UN'ESTATE DI MERDA, GRAZIE TANTE)







 

5. Special needs 




Tutti avevano accolto a braccia aperte la proposta. Il che faceva sentire Gerard ancora più strano riguardo tutto quello che stava accadendo. Faceva schifo vedere l'entusiasmo con cui stavano demolendo quello che si erano impegnati così tanto a costruire. La parata nera era qualcosa che Gerard aveva da sempre desiderato mettere su e ora stavano semplicemente cestinando tutto ciò che costituivano le sue fantasie perchè si erano rivelate forse solo troppo stupide.

Non si sentiva più sicuro su nulla se nemmeno una cosa che aveva da sempre voluto risultava valida. La stavano davvero trattando come merda. Era assurdo. Lo faceva sentire stupido e senza idee.

E anche la tranquillità di tutto il resto del gruppo lo infastidiva. Pensava che anche per loro la parata avesse contato qualcosa.

L'unico vagamente depresso o anche solo pensieroso era Frank, ma per quanto ne sapeva Gerard poteva anche solo aver perso le mutande verde acido.

- Quindi facciamo che si conclude tutto... il sette. - fece il punto della situazione Ray.

- Mh-mh. - annuì Gerard fissando il pavimento.

- Gerard, se non sei convinto... -

Sollevò gli occhi e si accorse che Frank finalmente lo stava guardando. Forse in attesa di una risposta alle parole di Ray.

- Voglio dire, è importante che tu ne sia sicuro, dopotutto sei il frontman... -

- No, Ray, va bene. - . Pensò che era come abbandonare la droga che ti fa male ma di cui hai bisogno dopo mesi e mesi di convivenza nelle stesse vene. Ma si sarebbe abituato anche a quel cambiamento. Del resto, la parata non sarebbe durata comunque per sempre. Avrebbero finito il tour, un giorno, e registrato un altro album cercando di sentirsi bene con tutta la roba nuova che avrebbero creato. Era il naturale corso delle cose, ma la parata era il suo sogno infantile ed era come lasciar morire definitivamente la propria infanzia. Non avrebbe mai pensato di affezionarsi così al cerone bianco e a delle divise nere e soprattutto alla morte. Era un'altra cosa che lo faceva sentire stupido. Ma forse andava bene tenere così tanto a una cosa se per te é davvero importante e reale. Non importava cosa pensavano gli altri e non sarebbe mai importato.

Ma era arrivato il tempo di lasciare andare anche quello. La chiusura di un capitolo che fino al giorno prima Gerard era convinto riguardasse lui e Lindsey, non la band.

Odiava il trascorrere del tempo e le scelte che doveva prendere periodicamente.

Odiava il fatto che il compleanno ad aprile non fosse poi così lontano e poi avrebbe avuto trent'anni e si sarebbe ritrovato più adulto di quanto si sentisse in realtà. Più adulto di quanto potesse sopportare. Non si era mai nemmeno sposato. E non aveva un figlio. E ormai gli anni scivolavano. Aveva avuto un momento del genere anche ai suoi diciassette anni, quando aveva capito di aver passato diciassette anni sentendosi solo e orribile e che forse ormai era davvero troppo tardi. Ovviamente le cose da allora erano cambiate. Forse preoccuparsi era inutile. Forse pensarlo era una scusa per cercare di accettare tutti i lati negativi e fingere che col passare dei giorni non si stiano moltiplicando.

Deglutì e prese a fare dei respiri profondi cercando di calmarsi. Si sentiva gli occhi particolarmente umidi quindi si concentrò per non inumidirli ulteriormente con altre lacrime da testa di cazzo.

Frank si era alzato ed era andato a prendersi una pizzetta dal tavolo dietro a Gerard.

Gerard desiderava che tornasse nel suo campo visivo per guardarlo e basta. Eppure si spaventò quando all'improvviso Frank si sedette sul bracciolo della sua poltrona.

- Stai per piangere, pizza? - chiese porgendogli il suo trancio.

Gerard scosse la testa.

Frank prese un morso dal trancio e lo guardò: - Perchè sei triste? -

- Sto invecchiando, e sono ancora così immaturo. -

- La parata ha qualcosa a che fare con questo? -

- Io credevo che sarebbe stata una buona idea, invece guardaci qua, che ce ne liberiamo in fretta e furia perchè abbiamo semplicemente scoperto che era merda. -

- Gerard. - sospirò Frank scuotendo sommessamente la testa, - Non è vero. E' stata una buona idea, ma dobbiamo chiuderla prima che diventi cattiva. Stavamo cominciando a farci troppo parte, voglio dire, dopotutto siamo persone ed è ovvio che siamo costantemente coinvolti emotivamente dalla nostra band, ma sta volta abbiamo cominciato seriamente a vedere tutto nero e la verità è che noi non facciamo parte di alcuna parata nera, tu sei Gerard Way e hai una mamma che vive in New Jersey e ti preparerà il the quando andrai a trovarla, sei un ragazzo fra virgolette normale, non farai mai parte della parata della morte... abbiamo solo interpretato un ruolo. Non aveva niente a che fare con chi siamo veramente, quindi non dovresti sentirti triste. Ora inizieremo ad essere noi stessi, com'è giusto che sia. E' stato bello perchè la gente ci ascolta e finalmente non ha ascoltato la solita storiella fra fidanzatini adolescenti che si conoscono a una festa e scopano troppo presto; hanno sentito una storia che parla di morte quando nessuno ne stava parlando. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, il mondo aveva bisogno di una cosa del genere. Pizza? -

Gerard scosse la testa un'altra volta. Gli abbracciò i fianchi e appoggiò il viso al suo petto. La maglietta di Frank emanava un forte profumo di detersivo impossibile da disprezzare. Cominciò a convincersi che non stavano cancellando il lavoro di un album, ma solo la sua esposizione, che in fondo non sarebbe mai dovuta contare più di tanto. Cercò di sentirsi meglio.

- E dai... -

- Tu ti senti bene? - chiese Gerard.

- Sto mangiando pizza, non potrei sentirmi meglio. E... e mi sento bene anche riguardo la band, se intendevi quello. -

- E allora che avevi prima? -

- Non so, niente. Lindsey fino a quando...? - . Non sapeva se stesse cambiando argomento o se Lindsey facesse parte dell'argomento.

- Ha l'aereo domani a l'una e trentacinque. - rispose lasciandogli i fianchi.

- Oh, mh. Okay. - annuì fissando il suo trancio di pizza mentre lo arrotolava meglio.

- Che c'è? -

- Jamia viene a trovarmi, oggi. A dire il vero, dovrebbe arrivare fra una decina di minuti... si- mh, si ferma qualche giorno. - corrugò la fronte e infine si decise a prendere un altro morso.

- Cosa? -

- Un paio di giorni. -

- Oh. -

- E dai. Pizza? -

Gerard smise di pensare al forte malessere che Jamia da ovunque si trovasse riusciva a infliggergli e si impegnò per rispondere a Frank: - No. -

- Rifiutare pizza non ti porterà da nessuna parte. - protestò Frank sospirando con gli occhi rivolti al soffitto.

Gerard lo abbracciò di nuovo: - Devo andare. -

Frank gli accarezzò la schiena con la mano libera finché Gerard non si scostò.

- Ciao. - concluse Gerard. Gli baciò una guancia e uscì dall'enorme stanza bianca in cui si erano rinchiusi per discutere immagazzinando calorie su calorie solo perchè c'era del cibo gratis. La roba gratis non andava mai rifiutata.

Lindsey era sul divano con le gambe accavallate e stava fissando con aria annoiata lo schermo del proprio cellulare mentre col pollice faceva scorrere le varie schermate. Quando sentì la porta chiudersi alle spalle di Gerard sollevò gli occhi in fretta e li puntò su Gerard.

- Amore. - disse quando Gerard si fermò di fronte a lei e si piegò sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. Gli baciò le labbra e poi lasciò le mani a reggergli il viso, - Che avete deciso? -

- Erano tutti d'accordo. Il sette chiudiamo tutto. -

- Settimana prossima? -

- Sì. -

- Come stai? - chiese lasciandogli il viso.

- Sto bene. Grazie per non avermi lasciato e al contrario esserti preoccupata di tutto ciò che mi riguarda. - disse prendendole una mano.

- Sono la tua fidanzata. E' quello che le fidanzate dovrebbero fare. -

- Ehi, tu sei fantastica. La mia ultima ragazza ha speso del tempo a scopare con un tizio che nemmeno conoscevo mentre io le compravo un mazzo di fiori, capisci quanto più in alto di lei stai? - chiese Gerard con un sorriso che celava la tristezza.

- Amore. - sospirò lei dispiaciuta, passandogli le dita fra i capelli, - Eliza Cuts è la puttana più puttana che io abbia mai visto. -

- Lo so. - sorrise Gerard, sta volta più sinceramente, - Lo so, lo so davvero bene. - . Sentì la porta che aveva da poco chiuso riaprirsi e voltandosi vide oltre la propria spalla Frank che salutava impacciato Lindsey prima di andarsene a grandi passi per il corridoio laterale. Gerard smise di fissargli il culo e tornò a voltarsi in fretta, - Ehi, amore, hai fame? Facciamo colazione? -

Lindsey sollevò le sopracciglia in un'espressione sorpresa: - Ma sono le undici passate. -

- Non importa. - si alzò e la fece scendere dal divano prendendole anche l'altra mano. La accompagnò lungo il corridoio sentendosi infinitamente irrequieto.

- Fino a che ora sei libero? -

La sua domanda lo costrinse a voltarsi. - Fino alle tre, più o meno. - tornò a guardare di fronte a lui cercando di evitare di sentire sentimenti, - Alle quattro abbiamo un'intervista alla radio, quindi... -

- Capito. -

- Ehi! -

Gerard guardò Jamia comparire dall'angolo del corridoio per mano con Frank. Incrociò gli occhi di Frank per un lungo secondo che gli provocò una ventina di emorragie interne sparse per il corpo, poi guardò inorridendo Jamia che correva ad abbracciare Lindsey.

Fu uno dei momenti più merdosi di sempre.

- Lyn! E' da tantissimo che non ti vedo! - strillava Jamia mentre la abbracciava forte, facendo ridere Lindsey.

- Oh, merda! Sono tipo millenni! - confermò Lindsey, poi si scostarono velocemente per esaminarsi a vicenda alla disperata caccia di complimenti da farsi a vicenda,- Hai cambiato colore di capelli? -

- Sì! Due toni più scuri! -

- Stai benissimo. -

- Grazie! Tu li hai tagliati? - chiese invece Jamia.

- Sì, ho dovuto, le doppie punte avevano cominciato a diventare triple, non potevo fare finta di niente. -

- Beh, guarda come brillano, sono stupendi. -

- Aw, grazie! -

- Ehi, Gerard! Scusa, non ti avevo nemmeno salutato. - gli rivolse improvvisamente l'attenzione Jamia. Con quel sorriso troppo simile a quello di Gerard.

Gerard cercò di non vomitare sangue: - Fa niente. Ciao, Jamia. Come stai? -

- Tutto bene, grazie. Tu? -

- Sì, io sto bene. -

- Stavamo andando a fare colazione, vi va di venire con noi? - propose Lindsey.

Jamia si voltò in direzione di Frank alla ricerca di un suo parere.

Frank sembrava sconvolto dalla piega che stava prendendo la situazione quasi quanto Gerard: - Noi- mhpf, sì. -

- Oh, che bello. - commentò Gerard con una risatina isterica.

Lindsey lo guardò un po' stranita.

- Ho bisogno di caffeina. - spiegò annuendo freneticamente Gerard, e comunque era solo una stronzata per metà, perchè davvero, se avesse avuto della caffeina nelle vene a quell'ora avrebbe retto meglio quella botta di malessere che gli aveva inferito l'idea di fare colazione tutti e quattro insieme. Che poi, Jamia era seriamente la somma portatrice di malessere. Stupida sabotatrice di relazioni gay.

- Starbucks? O andiamo in un bar? - chiese Lindsey a Jamia. Ormai avrebbero deciso tutto loro. Del resto erano donne.

- Uhm, a dire il vero sono le undici e mezzo... forse è un po' tardi per la colazione. -

- Allora potremmo pranzare, chi se ne frega. - scrollò le spalle Lindsey, portandosi una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio. Era abbastanza carina quando lo faceva ma sentiva ondate di sesso arrivargli da Frank mischiarsi alle proprie ondate di omicidio indirizzate a Jamia e non aveva tempo per pensare anche a Lindsey.

- Facciamo il brunch. - propose Jamia. Era così stupida.

- Esiste ancora? -

- Secondo me no, ma fa nulla. E' che ho voglia di toast, credo che il toast sia roba da brunch. - . I toast se li poteva mettere direttamente nel culo e ricagarli a suon di schiaffi. Di Gerard. Tipo tostapane. Scatta lo schiaffo e sbuca il toast caldo. Una cosa così. Quasi rideva al pensiero. Ma era quel genere di risata sadica che può scapparti mentre ti tagli le vene, per intendersi.

- Okay, andiamo al bar e ognuno prende ciò che vuole. - concluse Lindsey, - Fate strada voi. - ordinò poi, prendendo sottobraccio Jamia.

Gerard e Frank si guardarono. Pallidi. Forse già in rigor mortis. Presero a camminare uno di fianco all'altro. Rigidi come se avessero una scopa su per il culo.

Dietro di loro Lindsey e Jamia parlavano di robe frivole. Tipo scarpe e shampoo.

Fosse stato per Gerard e Frank a quell'ora avrebbero iniziato coi pompini e roba così. Invece erano bloccati con le loro fidanzate in un corridoio spoglio e dovevano trovare un posto in cui portarle a mangiare.

Il mondo faceva schifo. Ve ne rendete conto?

Gerard guardò di sottecchi Frank, tormentato dal fatto che, alle sue spalle, Lindsey si potesse accorgere che forse guardava Frank un po' troppo spesso e in maniera un po' troppo strana. Da quel che vide in velocità capì che Frank era bellissimo, pallido e teso: - Stai bene? - provò a chiedere a bassa voce.

- E' una specie di battuta? - sbottò nevroticamente.

- No. Stai bene? -

- Cristo, sii un po' etero. -

Abbassò lo sguardo e a gran sorpresa prese a ridere a bassa voce. Uscirono all'aria aperta e si ritrovarono in mezzo alla forte luce di questo enorme sole di merda che colpiva l'asfalto in maniera irritante. Guardò Frank per vedere se nel frattempo almeno lui si era fatto una mezza idea sulla direzione da prendere, ma rimase sconvolto e basta dal suo viso illuminato così bene. Dalla sua pelle sempre liscia e dai suoi occhi brillanti: - Che facciamo? -

- Amore. -, Jamia corse a prendere la mano di Frank per indicargli dei tavoli sotto un portico, - Andiamo lì? Prima in taxi ci sono passata davanti e sembrava un posto carino. -

Gerard non sarebbe mai riuscito a descrivere verbalmente l'odio che gli provocavano le mani di Frank intrecciate a quelle estranee di Jamia. Era una cosa così sbagliata. E assurda.

- Come vuoi. - disse Frank, e per tutta la merda del mondo, si voltò a guardarla. Cosa cazzo aveva da guardare? Gerard si sentiva tradito. Frank avrebbe dovuto guardare solo lui. E l'unica mano che avrebbe mai dovuto prendere era quella di Gerard. Nessun'altra.

Sentì Lindsey andargli accanto e sentì le sue dita stringersi leggermente attorno alla sua mano.

Si appoggiò alla spalla di Gerard con il capo e gli abbracciò un fianco con l'altro braccio passandoglielo sulla pancia. Lindsey era una ragazza così dolce.

- Andiamo lì? - chiese quindi Jamia voltandosi a guardarli.

- Mh-mh. - confermò Lindsey annuendo.

Frank guardava Lindsey ed era così evidente il fatto che si sentisse triste. Così evidente che Gerard ebbe sincera paura che, all'improvviso, entrambe si sarebbero accorte di loro due.

Si separò leggermente da Lindsey prendendole una mano, perchè il disagio che si sentiva dentro accumulato a quello di Frank stava davvero per esplodere fino al cielo. Per mano con Lindsey seguì Frank cercando di non perdere viscere per strada mentre Jamia gli baciava ripetutamente la guancia. Non era un cazzo di bambolotto. E anche se lo fosse stato non era il suo bambolotto. Li guardò imperturbabile prendere posti a un tavolo lì fuori. Gerard si sedette di fronte a Frank, ma solo perchè Lindsey si era seduta di fronte a Jamia. Doveva fare attenzione.

- Che prendi? - domandò Lindsey a Gerard, sfogliando il menù.

- Insalata di pollo. -

- Che scelta depressa. - commentò con una risata.

- Mi dispiace. - fece spallucce Gerard.

- Piccolo, stai bene? - domandò Lindsey inarcando le sopracciglia nere e accarezzandogli un ginocchio.

- Sì, certo. Tu che prendi? -

- Prendo un toast con la salsa rosa. -

- Ho voglia di patatine fritte. - mormorò nel frattempo Frank.

- Amore. - sorrise Jamia, quasi fosse un commento a quello che aveva detto, - Beh, io mi prendo il mio toast. -

Gerard sentiva il malessere in ogni centimetro del suo corpo. Forse era il caldo, forse erano i rapporti umani.

Arrivò il cameriere e prese le ordinazioni. Quando se ne andò Gerard si accorse di non ricordare cosa aveva ordinato da bere. Gli sembrava di essere in un incubo.

- Come sta andando la band? - domandò Jamia a Frank e Gerard.

- Abbiamo... deciso di abolire la parata nera. - rispose Gerard.

- Davvero? -

- E' stata un'idea di Lindsey, e ci è sembrata buona quindi... sì. - . Sollevò gli occhi dalla tovaglia e si accorse che anche Frank la stava fissando.

- Credo anch'io che sia una buona idea. Potrebbe aiutarvi a liberare la mente. - annuì Jamia.

Gerard la guardò per un po': - Già. - mormorò.

- Ehi, hai sentito di Kat? - domandò Lindsey a Jamia, - Ha un reality show tutto suo! - esclamò. Era così evidente il fatto che avesse cercato di cambiare argomento. Gerard si sentiva vicino all'essere scoperto.

Più guardava Frank più si chiedeva come facesse a starsene così normalmente a parte il lieve pallore e nervosismo. Solitamente, dei due, era Frank quello che non riusciva a trattenere o nascondere le emozioni, e Gerard cominciava ad avere paura che forse la realtà dei fatti era che Frank non aveva nulla da nascondere al momento. Eppure era così stupido pensare che non amasse Gerard.

Arrivarono le ordinazioni e la cameriera sollevò una lattina di Coca Cola Zero e domandò chi di loro l'avesse ordinata. Rimasero tutti in silenzio per mezzo secondo prima che Lindsey intervenisse asserendo un "Lui." indicando Gerard prima di prendere la lattina e piazzarla davanti a lui.

- Sei sicuro di star bene? - sussurrò a Gerard mentre la cameriera passava il resto delle lattine e bottiglie d'acqua a Jamia e Frank.

Gerard si sentiva gli occhi di Frank addosso anche mentre quest'ultimo era preso a versarsi la sua Coca Cola normale: - Sì, sto bene. - mormorò Gerard, sorridendo brevemente a Lindsey per convincerla.

La risposta ovviamente non convinse Lindsey, ma date le circostanze non aggiunse altro dato che non era la sede adeguata per cercare di capire approssimativamente la psicologia di Gerard, e si versò dell'acqua naturale ghiacciata nel bicchiere e dimenticò momentaneamente l'instabilità mentale del proprio fidanzato.

Intanto, Gerard si sentiva sempre peggio. Aveva una paura tremenda di cominciare a darne segni troppo visibili. Aveva paura per esempio di cominciare ad urlare totalmente a random.

Frank stava gestendo la situazione così schifosamente bene. O almeno così pensava Gerard prima che si alzasse in fretta con un "Vado un attimo al bagno, torno subito.".

Gerard ne rimase totalmente sconvolto soprattutto perchè a dire il vero sperava che Frank stesse bene. In ogni singolo momento della sua vita. Si accorse di non aver ancora toccato la sua lattina di Coca Cola Zero e prima di sembrare una specie di disagiato cercò di versarla con le mani tremanti finendo per rovesciarla sui pantaloni.

Era peggio di un cazzo di incubo.

- Gerard! - esclamò Lindsey, guardando le bollicine della Coca Cola entrargli nei jeans.

- Oh, merda. - farfugliò Gerard mentre Lindsey cercava di assorbire tutto con un tovagliolo, - No, è okay, vado un attimo a pulirli con l'acqua... mi ci vorranno due secondi. - le baciò il capo e saltò in piedi tremendamente impegnato a non cadere sui tavoli lì vicini al loro. Entrò nel ristorante urtando appena una cameriera e corse al bagno degli uomini.

Frank era di fronte al lavandino e si voltò in direzione di Gerard prima che Gerard cominciasse a capire cosa stesse facendo di preciso.

- Gee. - mormorò sorpreso. Porca merda, quanto lo adorava quando lo chiamava così.

- Coca Cola Zero sui jeans. Questa merda non scherza. - aggiunse andando accanto a Frank per accendere l'acqua del lavandino.

Frank prese le salviette e cercò di aiutarlo.

Gerard lo fermò e lo baciò.

Dopo lo stupore iniziale Frank strinse le braccia attorno al suo collo e le sue costole sembrarono incastrarsi fra quelle di Gerard da quanto erano vicini.

Si strinsero a vicenda a lungo prima di riuscire a dire qualsiasi cosa.

- Che situazione da schifo. - mormorò Gerard. Appoggiò la fronte alla sua spalla e tirò un respiro profondo. Si chiese perchè, qualsiasi cosa succedesse, si trovassero sempre in mezzo alla merda e sul punto di piangere per lo stress, il nervoso o l'eccessiva circolazione di sentimenti nel sangue. Si chiese perchè tutto quello che lui e Frank facevano durante il giorno era cercare un posto in cui potessero stare loro due da soli. Si chiese perchè si ostinassero ad essere così tanto sé stessi anche con le fidanzate che là fuori li stavano aspettando per pranzare insieme. Infine, si chiese perchè identificasse Frank come parte integrante di sé stesso o di quello che voleva davvero fare.

Perchè non aveva mai davvero voluto stare con Lindsey. Ma era disposto a disarticolare eserciti di persone per stare con Frank.

- Gerard, ti amo. - . Quelle tre parole sembravano la conclusione personale di Frank rispetto a tutto quello che Gerard aveva pensato finora. A volte credeva che gli leggesse nella mente. Oppure decidevano solo di deprimersi negli stessi istanti. Depressione sincronizzata. La cosa più romantica che si sarebbero mai potuti aspettare dal loro rapporto.

Gerard allontanò il viso dalla sua spalla per guardarlo e capire a pieno che se ne stava abbracciato a Frank Iero mentre Lindsey Ballato lo aspettava là fuori seduta a un tavolo con Jamia Nestor: - E' tutto così sbagliato. - sospirò febbrilmente.

- Cerchiamo di renderlo giusto allora. - sussurrò Frank.

Gerard spalancò gli occhi: - F-frank. C'è anche la tua ragazza là fuori. -

Frank sospirò: - Sto impazzendo. -

- No, eri te stesso. -

Frank socchiuse le labbra e lo fissò, sempre più a disagio: - Ma che cazzo- lasciami stare. - . Si allontanò e strinse le braccia al petto fissando il pavimento.

- Non- - si passò una mano fra i capelli. Non avevano tempo per litigare o qualsiasi cosa stessero facendo.

- Non farmi sentire in colpa. Sei stato tu a seguirmi nel bagno. Io stavo solo cercando di non morire in presenza di Jamia. -

- Mi sono versato della Coca Cola sui pantaloni, cazzo. Non sono venuto qui in cerca di limoni. -

- Eppure è la prima cosa che hai fatto appena mi hai visto. - lo accusò Frank, sollevando gli occhi che a volte, colorati di quella cupa tristezza, sembravano chiuderlo troppo dal mondo esterno.

- Non posso farci niente. -

- Va bene, senti, dato che sei venuto qui per i jeans macchiati puliamo sta merda e usciamo da qui. C'è tempo e luogo per ogni cosa, ma al momento non c'è nulla di gay che possiamo fare quindi basta. -

- Mi hai ricordato il professor Oak. -

Frank si grattò la guancia e dopo un po' sorrise: - Vero. Metti via quella cazzo di bici, non la puoi usare nel Centro Pokèmon! - imitò il professore.

- Quel vecchio bastardo. -

Si guardarono per un po' negli occhi, in silenzio.

Il primo a lasciare l'universo gay che stavano componendo fu Gerard, che ne uscì con un profondo sospiro che ritrascinò nel mondo dei vivi anche Frank. Si guardò i jeans: - Okay, aiutami a pulire sta merda. E cerca di non farmi venire erezioni o ci vorranno millenni prima che io riesca ad uscire da qui in maniera dignitosa. -

- Okay. - annuì serio Frank. Ed era esattamente come Gerard lo voleva, perchè non era una cazzo di battuta. Bagnò una salvietta con l'acqua del lavandino e la strofinò sulla macchia umida mentre Gerard prendeva altre salviette e le inumidiva prima di tamponare anche lui la macchia sui jeans.

- Credi che versarci dell'aceto sopra aiuti? - domandò nel frattempo.

- Credo che l'aceto funzioni solo con il vino. - rispose Frank.

- Giusto. Merda. -

- Oh, merda, sta perdendo pezzi... - si lamentò , togliendo con le dita pezzettini di salvietta rimasti sui jeans.

Continuò a tamponare in religioso silenzio mentre Frank con grande concentrazione cercava di liberargli i jeans dai pezzettini bianchi di carta. Gerard avrebbe continuato a cercare di pulire quella macchia per il resto dei suoi giorni se quello avrebbe comportato la costante presenza di Frank. Ma l'evidenza aveva cominciato a- come dire- diventare evidente. La macchia se n'era andata. E il tessuto dei jeans si era anche un po' rovinato perchè avevano strofinato con troppa forza.

- Credo che la macchia se ne sia andata. - dichiarò l'ovvio Gerard, un po' tanto distratto dalla sensazione che gli trasmettevano le dita di Frank.

- Credo anch'io. - ammise Frank.

Quel bagno era così pieno di disagio che le mura si sarebbero potute crepare in quel preciso istante.

Sollevarono entrambi gli occhi e sospirarono sapendo che i loro minuti di tregua erano finiti.

E non avevano nemmeno fatto in tempo a pensare a come sopravvivere al resto del pranzo.


 

L'intervista donò loro due ore e mezza di stacco dalle rispettive fidanzate. Fu un sollievo, anche solo per i cinque minuti in cui i microfoni erano ancora spenti e poterono parlare fra di loro rimembrando i bei tempi, ovvero quelli in cui sborravano nei panini e li davano a Mikey con un sorriso fingendo che fossero sandwich imbottiti di salsa tonnata.

Le interviste alla radio erano meglio di quelle negli studi televisivi. Perchè sapevi che non c'era un pubblico femminile principalmente impegnato a fissarti il culo o il pacco a seconda dell'angolazione in cui si trovava. C'erano tantissime ragazze pervertite al mondo, e sembravano riunirsi tutte negli studi televisivi perchè davvero, Gerard raramente beccava gente così per strada. E poi gli piaceva indossare le cuffie e avere il microfono lì davanti, era come stare in studio di registrazione, e Gerard adorava gli studi di registrazione.

L'intervistatore era un uomo sulla quarantina, il che andava bene. Era anche gentile e aveva una bella risata aperta. Quindi Gerard non capì perchè Frank gli desse risposte secche senza nemmeno sorridergli. Era da stronzi. Nemmeno Gerard lo faceva, e in genere Gerard aveva un debole per gli atteggiamenti stronzi. Soprattutto, comportarsi così nelle interviste era pessimo perchè era esposto al giudizio di tutti coloro che lo ascoltavano. E Frank non era stronzo. Quindi perchè fingeva di esserlo?

Gerard cercò di rubargli tutte le risposte per cercare di non farlo parlare e stronzeggiare ancora molto, rimanendo comunque nei limiti della discrezione.

Ray, seduto di fianco a Frank, lanciava occhiatacce a quest'ultimo mentre l'intervistatore guardava Bob che stava rispondendo a una domanda stupida di una fan riguardo la sua barba.

Frank, malgrado le occhiatacce di tutti, continuò a comportarsi di merda. Non da vero stronzo, a dire il vero, solo da uno a cui non gliene fregava un cazzo di essere lì. E non giocherellava nemmeno col microfono, come faceva di solito quando venivano intervistati alla radio.

L'incubo continuava. Gerard aveva paura che la sua intera vita stesse diventando un incubo.

Finita l'intervista vennero condotti in una stanza e si ritrovarono coinvolti nel secondo buffet personale e totalmente gratis del giorno.

Frank se ne andò al bagno, impedendo a chiunque di parlargli.

- Che cazzo dovrei dire a Frank? - chiese Gerard mentre mangiava degli arachidi a ruota libera.

- Digli di farsi una doccia fredda al culo e di calmarsi. L'altro giorno mi ha urlato dietro solo perchè gli avevo preso la chitarra per tipo... dieci minuti? - disse Ray, prendendosi un'intera scodella di patatine.

- Avresti dovuto dirmelo prima. -

- Non sei nostra madre. Mi sembrava ridicolo dirtelo. - si strinse nelle spalle.

Gerard si sedette di traverso su una poltrona e appoggiò le gambe ai braccioli mentre continuava a parlare: - Sta mattina era parecchio depresso mentre parlavamo della band. Pensavo che avesse litigato con Jamia ma poi abbiamo pranzato insieme e lei era melensa come sempre. No, non depresso, era pensieroso. Ma di quel pensieroso che tende al depresso, avete presente. -

- Secondo me non dovremmo parlargliene e farglielo pesare, che ne so. - disse Mikey, - Ognuno ha i suoi difetti e i suoi brutti periodi, è giusto rispettarli. -

- Oh, aspetta che si incazzi con te per una qualche stronzata. - replicò acidamente Ray.

- No, Mikey ha ragione. Magari ha solo un brutto periodo. - asserì Bob, - Farglielo notare lo farà incazzare ancora di più, quindi direi di lasciarlo sfogarsi alla cazzo sui nostri poveri cuoricini e aspettare che torni ad abbracciarci e a metterci sfondi rosa sul cellulare. -

- Non lo so. - scosse la testa Gerard, - Forse dovremmo dimostrargli che ci importa di lui. Non dovremmo andare lì e dirgli di piantarla con le stronzate, dovremmo solo chiedergli se c'è qualcosa che non va e perchè no, beccarci badilate di merda se la risposta risulterà ovvia. -

- Di ovvio mi vieni in mente solo tu. - disse Ray. Avrebbe fatto prima a prendere un coltello e piantarlo sul petto di Gerard all'altezza del cuore.

- Non è detto che sia io il suo problema. -, e comunque era stanco di essere il problema di tutti.

Rimasero tutti in silenzio, il che voleva dire che nessuno diede ragione a Gerard e quindi tutti sostennero, sebbene silenziosamente, la teoria di Ray.

E Frank entrò nella stanza e li beccò così, zitti e come al solito in tensione.

- Che avete? - chiese, sedendosi sul divano verde scuro.

- Niente. - risposero tutti. In quattro persone, non ce n'era una che non fosse codarda. E la parte divertente era che finora nessuno aveva mai temuto Frank.


 

- Com'è andato il concerto? -

Gerard chiuse la porta e appoggiò le chiavi sul primo mobile che trovò togliendosi la giacca: - Bene. - . Sarebbe rimasto più tempo fuori ma Jamia aveva aspettato Frank nel backstage e subito dopo il concerto se n'erano andati via insieme e Gerard non aveva nessun altro con cui passare il tempo. Se non Lindsey. Che era rimasta nella stanza d'hotel a cenare e guardare la tv. La guardò per la prima volta da quando era entrato e vide che era distesa sul fianco con gli occhi fissi sulla tv regolata a volume basso. Indossava una veste da notte nera lunga fino a sopra il ginocchio ed era molto carina.

- Vieni qui. - . Non era per niente provocante. Soprattutto perchè subito dopo sbadigliò.

Gerard si tolse i pantaloni, si cambiò la maglietta e si distese alle sue spalle per abbracciarla.

- Tesoro, perchè sei sempre così triste? - domandò a bassa voce Lindsey, prendendogli una mano.

- Non sono triste. -

- Amore, lo sei. -

- Non è vero... -

- Gerard. - . Lindsey lasciò la sua mano e si girò dall'altra parte per mettersi di fronte a lui e guardarlo negli occhi, - Che ti prende? A pranzo eri assurdo. Che hai contro Jamia? -

Gerard cominciava a sentirsi morire. Odiava parlare. Perchè non potevano semplicemente fare sesso o dormire? Che palle: - Nulla. E' solo che mi sembra una ragazza stupida e le persone stupide mi innervosiscono. -

- Gerard, Jamia non è stupida. Da nessuna angolazione. -

- Non posso avere una mia opinione? -

- Ma per favore... Che c'è dietro? -

Merda. Merda, merda, merda: - Nulla, Lyn. -

- Perchè non me ne vuoi parlare? Sono la tua ragazza. - . Era assurdo come si rispondesse da sola. E se stava facendo giochetti sadici coi sentimenti di Gerard, beh, vaffanculo.

- Non c'è nulla di cui ti devo parlare, Lindsey. -

Lindsey lo guardò per un po' e Gerard capì di averla offesa. E che non stava tagliuzzando di proposito il suo cuore. Magari era solo un involontario talento naturale di Lindsey. Sospirò: - Fa' come cazzo vuoi. -

- Non arrabbiarti... -

- A volte ho davvero paura di non conoscerti. Affatto. -

- Lindsey, sono più semplice di quel che sembra. Non ho nulla da nasconderti. Non dovresti preoccuparti, va bene? -

Gli occhi di Lindsey erano così pieni di amore e allo stesso tempo tristi da essere illegali: - Okay. -, che ovviamente significava "Col cazzo che ti credo.".

Gerard le baciò la fronte fingendo di non capire l'enorme discorso che stava fra le metaforiche righe.

E Lindsey gli tolse la maglietta e tornò ad abbracciarlo trasmettendogli forse tramite la pelle tutta la silenziosa tristezza che era capace di provare.

Gerard si accorse del televisore ancora acceso. E si accorse che in realtà qualcosa gli importava dello spreco dell'elettricità e prese il telecomando e spense la tv. Poi tornò a stringere Lindsey, pregando silenziosamente che il demone della stupidità la prendesse e le cancellasse dalla mente tutti i più che fondati sospetti su Gerard.

- Non voglio andarmene domani. - sussurrò dopo qualche secondo di silenzio, - Tornerai a mancarmi. - . Ed era sempre la stessa cazzo di storia. Ma almeno non aveva continuato il discorso "Gerard è un fottuto bugiardo e va messo al rogo come le streghe".

- Quando finisco il tour vieni a vivere da me a Los Angeles, okay? - . Era come dare caramelle a una bambina che piangeva per essere caduta ed essersi fatta sanguinare le ginocchia e i palmi delle mani.

- Davvero? -

Gerard si accorse solo in quel momento di aver esagerato. Era una proposta piuttosto grande da fare a una ragazza che forse nemmeno amava: - Sì. - disse in ogni caso. Questo era un gran bel pasticcino, che in realtà non era nient'altro che merda colorata di rosa.

- Oh, dio. Sarebbe stupendo. -

- Sarà stupendo. - replicò Gerard, consapevole di stare morendo sotto il peso delle stronzate che andava a raccontare a Lindsey.

- Amore. - sussurrò lei. Gli accarezzò la nuca con i polpastrelli e poi lo sfiorò fra le scapole facendogli venire i brividi, - Perchè baci sempre Frank quando suonate? -

Si sentì esplodere. Sentiva le guance che si sgretolavano mentre arrossiva in fretta, e si sentiva improvvisamente la schiena ricoperta da sudori freddi: - Per normalizzare l'omosessualità. - bisbigliò, riuscendo a non far tremare la voce.

- Spiega. - disse invece Lindsey. I giochi sadici continuavano in grande stile.

Gerard non sapeva che altro dirle, quindi si limitò a spiegare il minimo indispensabile: - Sai, non vogliamo che al liceo il ragazzo a cui piacciono i ragazzi venga chiamato checca o disprezzato per questo... vogliamo mettere coloro che ci guardano nell'ordine di idee che essere gay va bene quanto essere etero. Niente di più, niente di meno. - . Premio oscar per migliore scusa dalla nascita di Gesù Cristo in persona.

- E' una cosa carina da parte vostra. - . Oh. Che cazzo.

Il sollievo in quel momento era più gratificante degli orgasmi che aveva con Frank: - Grazie. -

- Ho visto ragazze impazzire di fronte ai vostri baci. O di fronte a me mentre me lo raccontavano... come se me ne importasse... voglio dire, del resto è okay. Non mi sento tradita. -

La cosa peggiore che avrebbe mai potuto dire.

Gerard socchiuse le labbra, per un istante davvero convinto di essere pronto a dirle tutto, tutto quanto; a raccontarle di quando dopo il concerto accompagnava Frank nella sua stanza e lo baciava e facevano del sesso assurdamente deprimente e fantastico. Ma la voce non uscì e Dio, fu solo un bene perchè sapeva esattamente che avrebbero causato le sue confessioni. Non avrebbe mai potuto dire nulla a Lindsey. Niente di niente: - Sei una ragazza matura. E bellissima. -

- Ti amo. -

Gerard le abbassò una spallina della veste e le baciò la clavicola percorrendola con le labbra verso il basso.

- La vuoi sapere una cosa interessante? - chiese a bassa voce Lindsey mentre Gerard cominciava a baciarle un seno.

- Non so... -

- Riguarda la mia compagna di avventure lì sotto. Sta sanguinando. -

Gerard socchiuse le labbra sconvolto dalla visione di una vagina ferita, poi, all'improvviso, si ricordò di quella roba strana che avevano le donne ogni mese. Il ciclo mestruale: - Oh. -

- Non ti stavi chiedendo perchè non stavamo già facendo sesso? -

- Io- boh. Ho sonno, credo. -

- Tesoro mio. Il tour è sfiancante, mh? - chiese sollevandogli il viso dal suo petto per baciarlo sulle labbra.

- Già. -

Si sentì la suoneria dei messaggi dal cellulare di Gerard ancora nella tasca dei jeans che ormai non indossava più.

- Chi è quella testa di cazzo che ti manda messaggi a ste ore? - chiese infastidita lei.

- Non so. Non importa. -, era Frank, chi altro altrimenti?

- Sono felice di poter dormire con te. Tralasciando gli assorbenti interni e tutto il resto. Ti fa senso se ne parlo? -

- No. E' solo una vagina. -

- Non capisco se sia una frase gay o estremamente etero. - mormorò lei sistemandosi meglio sotto le coperte. Il che voleva dire che era in procinto di dormire.

- Facciamo che è bisessuale e ciao a tutti. -

- Ragazzo brillante. -

- Splendente. Come il sole di merda. -

Lindsey rise un po' rivolgendo il viso al soffitto.

Gerard era parecchio felice del fatto che un po' di tristezza l'avesse lasciata. Forse il demone della stupidità aveva ascoltato le sue preghiere. Le baciò la guancia e si appoggiò con la testa al cuscino con un mezzo sbadiglio.

- Buonanotte, amore. - sussurrò lei, aggrappandosi alla maglietta di Gerard con una mano che lasciò appoggiata al suo petto.

- Buonanotte, Lyn. -

Ma Gerard non riusciva a dormire. Aveva bisogno di leggere quel cazzo di messaggio, ma non poteva. Cercò di auto-convincersi del fatto che era la compagnia telefonica che lo informava su una nuova promozione o qualche altra stronzata, ma sapeva chiaramente che quello che gli aveva mandato un messaggio era Frank. Lo sapeva e basta.

Il tempo passava, e Gerard rimaneva immobile ad occhi chiusi cercando di immaginare cosa gli avesse scritto Frank. Poi finì per pensare solo a Frank, al suo viso, al suo corpicino, e quasi riuscì ad addormentarsi. Quasi.

Quando sentì che i respiri di Lindsey si erano fatti più profondi e la sua mano appoggiata al suo petto più pesante capì che ormai stava dormendo del tutto. Le tolse la mano dal proprio petto decidendo che se l'avesse scoperto avrebbe detto molto semplicemente che stava solo andando al bagno.

Lindsey non si accorse di nulla.

Gerard cercò il più silenziosamente possibile i suoi jeans e una volta trovato il cellulare lesse il messaggio e si accorse che risaliva a quaranta minuti prima.

"Ti prego, non ce la faccio più. Jamia si è addormentata. Ti aspetto fuori dall'hotel. Per favore.".

Cercò di nuovo di non morire.

Lindsey stava ancora dormendo profondamente. O così gli sembrava. Ma era abbastanza sicuro che fosse la verità.

Senza pensarci un'altra volta si infilò i jeans e una felpa, elaborando la prossima scusa in caso di emergenza. Non riusciva dormire e aveva bisogno di una boccata d'aria e di sigarette. Ecco tutto.

Prese la chiave. Silenzioso come non era mai riuscito ad essere aprì la porta facendo attenzione a mantenere lo spiraglio di luce minimo. S'infilò nello piccolo spazio che la porta aveva lasciato libero e poi la chiuse piano. Infilò la chiave nella serratura e molto lentamente la girò finché non sentì il lieve scatto secco della chiusura.

Sentendosi libero come una cazzo di gazzella appena scappata dai leoni corse per il corridoio e giù per le scale. Sperando con tutto il cuore che Frank lo stesse ancora aspettando. Perchè fosse stato per lui avrebbe aspettato tutta la notte. O finché il suo cuore non sarebbe esploso.

Si fiondò fuori dall'uscita senza nemmeno accorgersi di essere passato di fronte alla reception e trovò una piccola figura che stava fumando seduta sul marciapiede. Gli ci volle qualche istante per capire che era Frank, ma non appena lo capì corse da lui facendolo voltare prima che arrivasse.

- Frank! Da quanto tempo sei qui? -

Frank buttò la sigaretta e scattò in piedi: - Gerard. - fu l'unica cosa che disse prima di stringerlo in un abbraccio non appena lo raggiunse e si fermò di fronte a lui.

Il più grande ricambiò l'abbraccio stringendo le braccia attorno alla sua vita.

- Gerard. - ripeté Frank, e poi cominciò a piangere.

Gerard lo allontanò scioccato. Non si aspettava una reazione del genere. Lo afferrò per le spalle e Frank chinò il capo singhiozzando: - Perchè stai piangendo? -

- Gerard. Non ce la faccio più. Sono dovuto scappare dalla stanza non appena si è addormentata. Mi sento da schifo. Quando facciamo sesso mi sento come se la stuprassi. Non la amo. -

- Allora lasciala. - disse subito Gerard, cercando di non vomitare e urlare all'idea di Frank che faceva sesso con Jamia.

- No! - urlò Frank, e le lacrime scesero dai suoi occhi trascinandosi giù sulle guance, - Okay, a differenza tua per me è difficile scoparmi una persona per cui non provo nulla, ma sai cosa? Anch'io ho bisogno di sentirmi amato. E Jamia è l'unica persona al mondo che mi ama. E ho bisogno di questo. Non voglio lasciarla. -

Gerard capì all'improvviso il punto di vista di Frank. Non era mai arrivato a pensare una risposta simile. Ma ora, all'improvviso, lo poteva capire perfettamente. E faceva schifo perchè voleva dire che non si sarebbe mai liberato di Jamia. Faceva schifo perchè non credeva che Frank stesse così male.

- Non piangere. - farfugliò mentre Frank riprendeva coi singhiozzi sordi. Era così incazzato con chiunque decidesse come dovessero andare avanti le loro vite che avrebbe mollato Frank per correre per le strade della città con come unico proposito fare del sano screamo contro il cielo.

- Perchè non mi ami? - urlò Frank, - E' l'unica cazzo di cosa di cui ho bisogno. Per favore. - aggiunse. Aveva gli occhi arrossati ma le iridi così verdi.

- Frank. - . La voce gli tremava ma non aveva alcuna cazzo di intenzione di piangere, - Non so cosa dire. -

- Senti, va bene. Scusa. Non posso farci nulla. In nessun campo. Non ho. Potere. Su nulla. E' MERDA. Ma sto davvero impazzendo. Non so come tu possa stare con me senza sentirti una merda approfittatrice, e non so nemmeno cosa cazzo provi per Lindsey se sei qui con me invece che a letto con lei. Non so nulla su di te, e tu non vuoi farmi sapere nulla di te. Però ti amo e basta, tutto si risolve qui. E finchè sto qui con te potrei anche riuscire a stare a posto per un po', ma quando mi stai distante e non solo a livello spaziale, realizzo che sto prendendo in giro e usando Jamia e io non sono quel genere di persona. Non sono quel genere di persona che si incazza con i propri migliori amici per delle stronzate, non sono quel genere di ragazzo che si chiude in sé stesso quando persone sconosciute cercano di intervistarlo. Sono sempre stato quello buono e un po' checca ma ora mi sento un mostro. -

- E la colpa è mia. - concluse Gerard, passando le dita sulle sue lacrime.

- No, la colpa è della roba assurda che provo per te. Non ne uscirò mai. E' come quando stai svenendo e cerchi soluzioni ovvie per ritornare a vivere ma ti accorgi che stropicciandoti gli occhi continui comunque a non vedere e allora capisci che probabilmente non ne uscirai mai. E tu non sai quante cose tengo dentro. Tu non sai quanto odio Lindsey. Si è messa in mezzo a questioni che non la riguardavano, a grandi questioni merdose che riguardavano il nostro gruppo e la cosa peggiore è che davvero forse sta riuscendo a risolverle. La odio. Ti sta aiutando e voglio essere l'unica persona in grado di aiutarti, voglio avere un primato in qualcosa con te ma c'è sempre qualcuno meglio di me. Sai cosa? Sono il migliore ad essere il peggiore in assoluto. Sbaglio sempre tutto. -

- Smettila. -

Ovviamente, Frank non aveva finito. E nonostante la sua voce si spezzasse di continuo, continuava ad urlargli imperterrito: - C'è di ovvio che qualcosa mi sta davvero rovinando in questo periodo e non voglio finire per avere raptus e sgozzare Jamia o tagliarti via il pene, ho davvero paura di me stesso. Non hai idea di come io sia incazzato. Ho paura di perdere il totale controllo e non riesco a immaginare un modo per evitarlo. Ho davvero paura, Gee. - . Si allontanò e tirò un profondo sospiro tremante prima di riprendere a piangere prendendosi il viso fra le mani.

Gerard non l'aveva mai visto così. Sembrava davvero folle. Per alcuni versi non lo riconosceva nemmeno più. E la paura che gli aveva letto nello sguardo lo spaventava ancora di più perchè non erano solo parole e non stava cercando la compassione di nessuno, stava letteralmente cercando qualcuno che lo potesse salvare. Qualcuno come Gerard.

- Frank. Hai bisogno di staccare dal gruppo? - gli domandò cercando di togliergli le mani dal viso.

- No! -

- Vuoi-? -

- Sei l'unica cosa che mi tiene in vita quindi la mia risposta è no, non voglio morire e lasciare l'unico pretesto che abbiamo per stare sempre insieme. -

Gerard rimase in silenzio, senza riuscire a scegliere la frase giusta da dirgli in quel momento perchè sapeva che a quel punto della vita di Frank non poteva sparargli passi falsi in culo e sperare che reggesse anche quelli.

Frank si asciugò le lacrime con la manica della felpa e tirò su col naso in un gesto di fragile convinzione: - Jamia resterà qui domani e dopodomani, e non ho la più pallida idea di come riuscirò a sopravvivere a questo. - continuò Frank, - Ma non posso lasciarla, ho bisogno di una come lei. -

- Dimentica i lati negativi. -

- Non posso. Il fine non giustificherà mai i mezzi, se i mezzi sono persone. E mi dispiace per Jamia perchè so come ci si sente. -

- Ma Jamia non sta male. Jamia è convinta che tu la ami. -

- Ma non è vero. -

- Ma non lo sa. Non preoccuparti di problemi che ancora non ci sono. -

Frank si scostò e si allontanò di qualche passo. Andò a sedersi sul marciapiede e scosse la testa: - Non mi capisci... -

- Sto cercando di aiutarti. Sei tu che sei paranoico. -

- Non sono paranoico, sono normale e mi preoccupo dei sentimenti come dovrebbe fare ogni cazzo di essere umano, sei tu che sei anormale. -

Gerard sospirò e si inginocchiò di fronte a Frank. Appoggiò le mani sulle sue ginocchia piegate e lo guardò negli occhi per un po': - Senti, Frank, non voglio litigare. Accetta il fatto che ognuno di noi ha i suoi bisogni speciali. -

Gli occhi di Frank lo fissavano. E sta volta lo stavano guardando per davvero: - Sono un mostro. - concluse in un mormorio, abbassando lo sguardo.

- Tu non sei un mostro. - replicò Gerard, scuotendo la testa, - Tu sei una principessa. -

Frank risollevò gli occhi e dopo qualche istante sorrise scuotendo la testa: - E' la frase più stupida che io abbia mai sentito. -

- E lasciami aggiungere una cosa, Frank. - continuò Gerard, - Sei la principessa più bella del reame. -

- Sono una puttana vestita di rosa a carnevale. Per favore, Gee. -

- Smettila di dire stronzate. - . Gli baciò le labbra sfiorandogli le guance con le dita e rabbrividì quando le labbra di Frank rimasero immobili invece di ricambiare il bacio.

- Come ti sei sentito sta sera con Lindsey? - chiese Frank allontanandolo.

Gerard si sentì preso contropiede. Lo guardò negli occhi, senza riuscire a capire se stesse per accadere qualcosa di grosso o se qualsiasi cosa fosse successa sarebbe stata risistemabile: - Come sempre. - sussurrò dopo qualche secondo di silenzio.

- Cioè? - insistette lui, cercando le sue mani con le dita sottili. Le trovò e le strinse delicatamente e Gerard capì che non si stavano intrufolando in argomenti pericolosamente loschi.

- Un po' di merda. - rispose quindi infine.

- E come ti senti con me ora? -

- In colpa. In colpa e felice. -

- Non potrebbe semplicemente essere la risposta a tutto? -

Gerard sospirò e prese a scuotere la testa corrugando la fronte: - Non è così semplice. -

- Le cose che dovrebbero essere semplici e facili raramente lo sono, non è così? -

Gerard si limitò ad annuire. Si alzò in piedi continuando a tenere Frank per le mani: - Dobbiamo rientrare. -

Frank tirò un sospiro e si alzò. Seguì Gerard stringendogli una mano.

Tornarono in hotel. Si salutarono di fronte alla stanza di Frank e Gerard proseguì da solo verso la sua. Quando aprì la porta e trovò Lindsey ancora distesa sul letto tirò un respiro profondo perchè davvero sarebbe morto lì sul colpo se Lindsey avesse cominciato ad urlargli contro. Si distese al suo fianco e lei si svegliò e gli chiese cosa fosse successo e lui le disse di essere andato al bagno e si addormentarono mentre Lindsey ancora lo teneva stretto fra le braccia. Eppure addormentarsi era così difficile.

Si sentiva sporco e nel torto quanto Frank. Questa era la verità. E già, nemmeno lui sapeva come sarebbe riuscito a sostenere ogni volta gli occhi di Lindsey. E nemmeno lui sapeva perchè si sentisse costretto a sostenerli e non potesse semplicemente inumidirli dicendole la verità.

Non capiva, non si capiva e non voleva capire.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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Capitolo 6
*** We're not equipped to stay unloved, but it's all we've got and we're not at all alright ***


E' stato un parto.
Okay dico subito che nel capitolo cito la lettera di Gerard (HA SCRITTO UNA CANZZZZ MADONna bo non so come reagire a dire il vero) e Be Alone dei Paramore yayayayayayayayaayajajajajajjajajajajaj vabbè. 
Graaaaaaaaaaaaaaaaaazie a tutti i supporterz e i fanz ciao ciao vi abbraccio ciao ciao attente a non emozionarvi uhuh. 
Il titolo è una frase della canzzzz (c'ho preso gusto a dire canz al posto di canzone, SIMO KNOWS *le fa l'occhiolino*) Kill The Music (che bel titolo uau) degli Every Time I Die (che bel nome uauauuuauauau), e nella canz cANTA PURE GERARD PER QUELLO LA CONOSCO E PER QUELLO DOVETE SENTIRLA MA MAgari la conoscete già a finisce che mi gaso in solitudine e basta che imbarazzo...
ciaociaociao 
non so se avete cazzi di recensire onestamente, nemmeno io avrei cazzi vabbè opsss
lazybones (sobria io) (w i broccoli, che buoni porca puttana E NON MI VERGOGNO DI DIRLO) (non riesco a capire se questo capitolo è corto)

 











6. We're not equipped to stay unloved, but it's all we've got and we're not at all alright

 







Aveva esaurito la pazienza e l'erba da fumare. E anche i cruciverba da completare. Aveva già ridotto a brandelli tutte le pagine su cui aveva scritto e ora, sinceramente, non sapeva più che fare.

Scese dal letto e percorse il perimetro della stanza. Si appoggiò al davanzale della finestra aperta e si fumò un paio di sigarette guardando il cielo. Perchè non arrivava la notte? Voleva solo salire sul palco e trovare una scusa per baciare Frank.

Aprì la valigia e prese la coroncina bianca che aveva comprato un volta tornato dall'aeroporto. Non era ancora riuscito a darla a Frank perchè non era capitata occasione in cui si trovassero loro due da soli. Era sempre rimasto con Jamia.

Riguardandola, si rese conto che era un regalo stupido da fare. Ma non importava. Forse l'avrebbe fatto sorridere.

Quando si distese un'altra volta sul letto dapprima sospirò e basta ma poi gli scesero lacrime dagli occhi.

Si mise le cuffie nelle orecchie. Guardò il display che dimostrava chiaramente che Gerard stava ascoltando David Bowie quindi si chiese perchè nelle orecchie sentisse ad alto volume Special Needs dei Placebo.

Si appoggiò al cuscino con gli occhi sbarrati, sconvolto, e fissò il soffitto bianco.

Era sicuro che il volume stesse aumentando. Così tanto da fargli vibrare le cuffiette nelle orecchie e farle fischiare e ringhiare. Provò a muovere le mani per strappare gli auricolari dalle proprie orecchie ma cominciò a sentire la voce di Frank e decise che non voleva davvero sottrarsi a quel frastuono. Sentiva la sua risata. I suoi "Cosa?" e l' "Ha!" di quando rideva brevemente. Sentiva i suoi no. I suoi nervosi "Gerard...". I suoi ti amo. I suoi pianti. La sua voce quando cercava di parlare fra i singhiozzi. Sentiva i suoi rari "Gee". Ancora i "Cosa?". Lo sentiva chiamare il suo nome. Lo sentiva sghignazzare. E poi cominciò a sentire le sue urla che, assordanti, si intrecciarono ai versi distorti della canzone.

"We're nothing, and nothing will help us.". Tornò la voce familiare di Bowie, smorzando per un po' la corsa sfrenata dei battiti cardiaci di Gerard.

Le lacrime si intrufolarono fra i suoi capelli bagnandogli le tempie. Il cuore gli martellava nei timpani. Era terrorizzato.

Aveva male alle ossa. E al cuore. E al cervello molliccio dentro il cranio.

E aveva finito tutta l'erba.


 

Lo afferrò per i capelli. Era abbastanza sicuro di avergli fatto male e abbastanza sicuro che gli dispiacesse. Ma non aveva tempo per quello.

Non sapeva bene cosa voleva fare perchè aveva troppe cose in mente che avrebbe voluto fare. Si accatastavano le une sulle altre dandogli alla testa.

Lo trascinò per i capelli indietro spingendo il suo capo sulla propria spalla. Tenne il microfono stretto fra le dita bianche dell'altra mano. Le parole scivolavano fuori senza che pensasse al loro significato.

- Che cazzo stai facendo? - chiese Frank. Più che altro Gerard vide le sue labbra muoversi e con un po' di fantasia indovinò le parole che stava pronunciando oltre gli amplificatori e le urla assordanti delle prime file.

Gerard gli leccò le labbra fino alla punta del naso e sperò con tutto sé stesso che Jamia li stesse guardando. Spinse via Frank prima che lui potesse farlo al suo posto ed era tutta una cazzo di tattica perchè non voleva che Jamia vedesse Frank respingere Gerard. Doveva far credere a Jamia che a Frank piacesse tutto questo. Doveva rendere evidente che Frank amava tutto questo.

Sapeva che togliere Jamia a Frank voleva dire ferirlo ma era sicuro che a suon di scopate Frank si sarebbe scordato anche questo.

Si tolse il microfono dalle labbra e lo puntò di fronte a sé chiedendosi, a dirla tutta, che canzone stesse cantando. E si accorse di quanto tutto fosse incredibile. Tutte quelle persone che cantavano e sbraitavano. Così aggressivi da essere dolci.

Tutte le cose brutte per cui si sarebbe potuto lamentare non contavano più di tanto, in quel momento.

Frank era il più lontano possibile da Gerard. Dava le spalle al pubblico e suonava a testa bassa, come faceva di solito quando cercava di tagliarsi fuori da tutto quanto. Se quando era piccolo, in piedi sul suo letto, immaginava folle di fan che ora urlavano il suo nome, ora immaginava di essere completamente solo nella sua camera da letto con la sua chitarra. Gerard lo conosceva. Poteva capirlo.

Fissò gli occhi negli obbiettivi delle telecamere che spuntavano dal pubblico come seconde teste. Sapeva di averla fatta grossa a comportarsi così con Frank mentre Jamia li guardava. Non rimpiangeva nulla, in ogni caso. Doveva eliminare il nemico.

Riprese a cantare e dall'altra parte del palco sentì finalmente gli occhi verde-nocciola guardarlo. Si voltò di scatto e sorrise perchè sapeva benissimo perchè Frank aveva il fiato ancora corto. E perchè teneva la chitarra così ferma sul proprio bacino.


 

- Maledetto figlio di puttana, non voglio parlarti. - sibilò Frank, guardandolo con un flacone di shampoo in mano e un solo occhio aperto a causa dell'acqua che gli colpiva il viso.

- Già, nemmeno io. - confermò Gerard, spingendolo lentamente indietro mentre gli mordeva il collo.

L'acqua della doccia era calda. Come Frank. Come tutto.

- Non ti conviene farmi appoggiare al muro o ti strappo le pa- -

- Allora appoggiati a me. -

Frank lo guardò e Gerard notò come le clavicole gli spuntassero ad ogni respiro che gli sollevava il petto: - Perchè sei qui? - . Non aveva nemmeno obbedito, uao. Si stavano facendo una completa doccia di ribellione.

- Perchè non dovrei essere qui? -

Frank abbassò timidamente lo sguardo sul corpo di Gerard. Gli sfiorò un fianco bianco con la punta della dita e appoggiò i palmi sulle ossa sporgenti del bacino.

Gerard smise di osservargli il viso e si avvicinò al suo orecchio: - Ti sono mancato? - chiese accarezzandogli la pancia.

- Sono stato io a mancarti. - replicò lui, - Io sono stato impegnato... non ho avuto tempo per sentire la tua mancanza. -

Non gli credette neanche per un istante: - Stronzate. - . Lo baciò e infilò la lingua nella sua bocca non appena Frank glielo permise. Affondò i pollici sui solchi lasciati dalle costole di Frank mentre quest'ultimo passava dolorosamente le dita fra i capelli annodati di Gerard. Si separarono quando per sbaglio si trascinarono di nuovo sotto il getto d'acqua.

Il più grande tirò indietro i capelli che gli erano finiti sul viso e si passò una mano sugli occhi per liberarli dalle gocce d'acqua intrappolate fra le ciglia. Guardò Frank e sorrise: - Ho un regalo per te. -

Frank sollevò un sopracciglio con diffidenza: - E' qualcosa in stile Dick In A Box...? -

- Dick- cosa? -

- Dai, la canzone di Justin Timberlake. Che nel video c'è lui con un pacco regalo davanti al cazzo il che fa intendere che il suo pene è infilato lì dentro... -

- Un pacco nel pacco. -

Frank scosse la testa ma non riuscì a evitare di ridere: - Già. Non ho intenzione di ricevere un regalo del genere. -

- Non è quello il regalo che ti ho preso. -

Frank continuò a cercare di indovinare: - Mi hai fatto quella statua di marshmellow rosa di cui parlavamo anni fa a Natale? -

Gerard lo guardò sbalordito. Sembravano passati millenni. Ricordava ancora il maglione natalizio blu e bianco che Frank indossava quel giorno. Ricordava i suoi capelli più lunghi e più neri rispetto ad ora e il suo piercing che mordicchiava continuamente.

- Ho indovinato? - chiese sconvolto Frank.

- No. Solo che- Dio. - sollevò le sopracciglia sorpreso da quanti ricordi pensava di aver perso nel corso del tempo e che invece ora rimembrava perfettamente.

- Oh, merda. - , Frank si allontanò, improvvisamente pallido.

- Cosa? - . Sperò che non fosse un ragno alle sue spalle o qualcosa del genere, perchè altrimenti si sarebbe vomitato addosso. Cercò di riavvicinarsi ma Frank lo evitò e lo superò per uscire dalla doccia, - Frank? -

- No. - balbettò lui, prendendo in fretta un asciugamano.

- Ma che cazzo fai. - sbuffò Gerard, chiudendo le dita attorno al suo polso per impedirgli di andarsene. Ma gli occhi di Frank cominciarono a riempirsi di lacrime e, lentamente, Gerard iniziò a sentirsi in colpa. Forse gli stava facendo male. Lo mollò e Frank se ne andò e basta.

Fece per seguirlo ma poi si fermò. Rimase fuori dalla doccia immobile a fissarlo mentre gocce d'acqua fredde gli scivolavano giù dai capelli sulle spalle calde. E impallidì anche lui quando si accorse che era stato lo stesso giorno in cui aveva detto a Frank il suo primo e ultimo incasinato ti amo.


 

La solitudine lo stava uccidendo. Sarebbe potuto andare da Mikey così almeno si sarebbero visti un film insieme ma aveva paura che sarebbero finiti per parlare e non voleva parlare. Con nessuno.

Erano le tre di mattina il che voleva dire che erano due ore e mezza che se ne stava sul letto a girarsi e rigirarsi senza riuscire a dormire. Non riuscire a dormire gli metteva paura. Accese tutte le luci che trovò e si costrinse a non fissare la finestra. Di notte vedeva sempre ombre bianche sui vetri delle finestre ma sapeva che, per quanto spaventose, erano solo illusioni.

Seriamente, avrebbe potuto farsi seghe. Andò nel bagno ma finì solo per fare pipì ed uscire da lì con una smorfia. Si distese di nuovo sul letto canticchiando mentalmente i Queen, e rotolò ripetutamente sulle coperte. Sospirò. Era stanco di tutta quella noia.

Guardò il cellulare per vedere se Lindsey gli aveva mandato altri messaggi oltre l'ultimo di due ore prima della buonanotte, ma non c'era nulla. Rilesse i suoi messaggi con Frank e sprofondò sempre di più nell'ottenebrante e ansiosa tristezza. Avrebbe potuto mandare un messaggio a Frank per chiedergli se Jamia dormiva ma sapeva che se Frank avesse avuto voglia di vederlo gli avrebbe già mandato lui stesso un messaggio per incontrarsi da qualche parte. Quindi non gli scrisse nulla. Magari erano ancora svegli. A fare sesso. Che schifo.

Si vestì e corse giù per le scale fino a raggiungere il marciapiede fuori dall'hotel. Si fermò lì dov'era e guardò il ridicolo numero di macchine che si ostinavano a percorrere le strade buie alle tre di mattina. Vedeva delle sagome sulle panchine del parco che si scambiavano sacchetti in silenzio. C'era l'immancabile gatto randagio che lo fissava mettendogli la pelle d'oca. C'erano le solite ragazze stanche che camminavano scalze per mano con le scarpe col tacco che penzolavano dalle loro dita sottili. C'era il solito ragazzo in fondo alla strada che le attendeva per dir loro qualcosa che le avrebbe fatte tremare e piangere.

Cercò di tenersi in vita in qualche modo nonostante non ci fosse nulla di positivo in quelle strade.

Camminò e per un po' sentì dei passi seguirlo ma poi sparirono. Forse lo avevano scambiato per una ragazza. Si voltò a guardare la strada completamente deserta e scoppiò a ridere.

Si sedette su una panchina di un parco giochi deserto e non guardò le finestre delle case lì accanto e fissò il cielo fumando tutte le sigarette che si era portato dietro e respirò l'aria vuota e fresca pensando che l'erba era fredda e che le altalene cigolavano e che forse nel buio c'era qualcuno che lo stava puntando con una pistola come quell'uomo in fumetteria tredici anni prima.

Ed era vivo da ventinove anni (o forse non lo era mai stato) e non c'era stato momento nella sua vita in cui non si fosse sentito confuso da tutto quanto. Si sentiva così adolescente. E aveva quasi trent'anni. Faceva paura.

Lasciò il parco e cercò per il resto della notte un posto decente in tutta la città ma non lo trovò.

Arrivò la luce del mattino e lo trovò stanco ma ancora vivo. Non per davvero, ma di quel vivo che ti da una seconda chance col fatto di cominciare a vivere per davvero, un giorno.

Prese un taxi e dopo una lunga conversazione con l'autista capirono entrambi in che hotel si trovasse il resto del gruppo e in mezz'ora ci arrivarono.

Gerard tornò nella propria stanza e ora era troppo stanco crollò sul letto vestito e dormì finché Frank non lo svegliò.

Lo guardò totalmente stupito e sollevò una mano per accarezzargli il viso ma Frank lo prese per il polso non appena le sue dita lo sfiorarono e gli riabbassò la mano.

Gerard aggrottò la fronte e notò Jamia in piedi di fronte alla porta aperta. L'odio quasi lo portò a vomitare.

Frank, accanto al letto, gli stava facendo la valigia.

Gerard rimase immobile sul materasso a fissarlo, attendendo pazientemente che Jamia si accorgesse di quanto inutile fosse e si suicidasse lì macchiando di sangue lo stipite della porta. Ma quella stupida ragazzina rimase ferma a guardare a sua volta Frank, e Gerard si chiese perchè Jamia Nestor si ostinasse a vivere.

Frank chiuse la valigia e guardò Gerard.

Gerard si sentì morire. Gli sembrava che fossero passati millenni dall'ultima volta che lo aveva visto.

Frank gli accarezzò velocemente i capelli: - Ti sei ubriacato? -

Lo guardò sconvolto per qualche secondo: - No. - disse infine.

- Ti abbiamo chiamato al cellulare tipo venti volte, pensavamo fossi morto. -

- Sono vivo. -

- Già. -

- E' stato difficile non morire, comunque. -

Frank lo guardò come si deve per qualche istante e in silenzio. Per un istante, Gerard fu sicuro che si stesse illudendo quanto lui che Jamia non ci fosse in quella stanza: - Perchè non indossi il tuo pigiama con lo scheletro? -

Gerard non guardò nemmeno i propri vestiti. Rimase con gli occhi fissi su Frank, a riflettere nel tentativo di ricordare cosa stesse indossando. Poi ricordò tutto e si chiese se davvero nel mentre si fosse ubriacato: - Sono stato fuori tutta la notte- -

- Okay, magari ne parliamo in un altro momento. - borbottò nervosamente Frank.

- Non ho fatto nulla di male. Non mi sono prostituito. Ho camminato e- ripensandoci, credo di aver mangiato un paio di bambini. - annuì.

Frank scosse la testa: - Dai, andiamo. - . Prese la valigia e la trascinò accanto a Jamia.

Gerard guardò un'altra volta quell'essere dotato di vagina e decise che non vedeva l'ora di andare al funerale di Jamia per farsi qualche sana risata. Scese dal letto nonostante desiderasse passarci il resto dei suoi giorni. La chiamavano clinomania.

Si sentiva strano a scendere dal letto già vestito, con le scarpe e tutto il resto, ma cercò di accettarlo e basta e uscire da lì. Passò accanto a Frank e si fermò per baciargli una guancia. E se ne andò lasciandosi alle spalle le reazioni di Jamia. Di cui, onestamente, non gliene fregava un cazzo.


 

Aveva chiesto quando se ne sarebbe andata la puttana e loro di rimando gli avevano chiesto da quando parlava di sé stesso in terza persona quindi lasciò perdere. Non capivano come si sentiva. Non riusciva a sopportare più nessuno.

Aveva intenzione di mutilare tutti quanti quindi era salito nell'autobus della band di supporto ma si era accorto che i ventenni avevano ancora o forse già il cervello pieno di merda. Per quello aveva cercato di dormire e tagliarsi fuori dal mondo.

E aveva male ovunque. Nessuna sorpresa. Del resto si era addormentato di lato su un divano troppo piccolo schiacciandosi il braccio.

Stava davvero andando tutto a puttane quando Frank salì sull'autobus e mentre Gerard cercava di dirgli qualcosa lo baciava.

Gerard accennò a sfilarsi la maglietta ma Frank lo bloccò.

- Ho detto a Jamia che stavi male. - disse Frank mentre Gerard lo fissava offeso. Non era una spiegazione per il fatto che non potevano fare sesso ma con un'attenta riflessione Gerard poteva capire che non era il massimo fare sesso nell'autobus della band di supporto mentre la stessa band era in procinto di rientrare dopo il loro stupido pranzo.

- Beh, ci sei andato abbastanza vicino. -

- Cosa? -

- Sto morendo. E' un scalino sopra il stare male. -

Le labbra di Frank tremarono un po' e poi si serrarono. Come coppia, ci sarebbero stati benissimo in un teen drama col solo difettuccio che Gerard stava per compiere trent'anni e mettersi la dentiera.

- Ti sei divertito in questi giorni? - insistette Gerard, sperando di riuscire a far soffrire Frank anche solo un trentesimo di quanto lui aveva sofferto negli ultimi giorni.

Frank sbuffò e lo fissò negli occhi scuotendo lievemente la testa: - Vaffanculo, Gerard. -

Gerard rimase in silenzio rendendosi conto che a volte sapeva essere davvero irritante. Non capiva come Frank facesse a sopportarlo senza disarticolargli qualcosa nel mentre. Davvero non se lo spiegava: - Va bene. - sospirò infine. Posò i polpastrelli sulla guancia di Frank e lentamente lo fece voltare dall'altra parte così da costringerlo a mostrare apertamente i segni rossi sul collo. La merce in prestito non andava rovinata. A Jamia non era arrivato il promemoria?

Si trattenne dal dirlo ad alta voce perchè definire Frank "merce in prestito" forse non sarebbe stata la mossa migliore da fare a quel punto. Si limitò a tirare un lungo sospiro e lentamente si avvicinò.

Frank rimase immobile.

Gli baciò la pelle rimasta bianca e posò le labbra dove riusciva a sentire le vene sotto la pelle del collo pulsare e pulsare e pulsare: - Ieri avevo bisogno di te. Di sentirti vicino. Perchè sei il mio migliore amico. E ti voglio bene. E mi vuoi bene. -

Frank rabbrividì perchè Gerard gli aveva soffiato involontariamente nell'orecchio. Sapeva che l'orecchio era un suo punto debole. Forse per quello Frank amava così tanto la musica. Per lui ascoltarla doveva essere come lasciarsi scopare le orecchie: - E ti amo. - lo corresse infine Frank, allontanandolo.

- E mi ami. - annuì in un mormorio il più grande.

Lo baciò e gli afferrò la maglietta.

Gerard gli sbottonò i jeans ma come previsto Frank lo spinse lontano da lui.

- Stai scherzando? - domandò Frank.

- Sono abbastanza sicuro che la risposta sia no. -

- Oh, carino, e che facciamo se qualcuno entra e ti trova a capofitto nelle mie mutande? Mh? Pensi mai alle conseguenze, Gerard? Pensi mai- -, la sua voce si ruppe e più o meno da lì Gerard capì che le cose stavano degenerando, - Pensi mai alle cazzo di conseguenze? Prima di fare come cazzo ti pare, prima- prima di farmi innamorare? Pensi mai alle fottute conseguenze?! -

Gerard sentiva il proprio cervello strillare mentre ronzando cercava di decidere se mentire o meno: - No. - si arrese infine alla verità. Sbagliando.

- Grazie. Sai solo dirmi no. -

- Piantala, Frank. -

- Oh, quella è la tua parola preferita. "Piantala". Piantala, piantala, piantala, cazzo. Quando comincio ad avere ragione devo semplicemente piantarla, giusto? E devo fare come stracazzo vuoi. Perchè hai il coltello dalla parte del manico. Se perdi me non perdi nulla me se io perdo te sono totalmente fottuto, e sai che lotterò sempre per averti quindi perchè non trattarmi di merda? Tanto continuerò ad esserci. Hai ragione. Ci sarò sempre. E' questo il nostro problema. Nessun'altra stronzata. Solo questo. - . Si tolse le mani di Gerard di torno, ma Gerard riuscì ad afferrarlo di nuovo all'ultimo.

- Non andartene. Tu non- -

- Cazzo, non ribattere. Sono io quello innamorato. Ti amo e sono abbastanza sicuro in quale misura quindi vaffanculo, non permetterti di dire nulla al riguardo, perchè davvero semplicemente non ne sai nulla in materia. -

- Porca puttana, mi hai mai visto da quando sei entrato? Sono a pezzi. -

- Eppure la prima cosa che ti è venuta in mente è stata chiedermi se mi sono divertito, Mr Simpatia. -

- Beh, se stai insieme a Jamia un motivo ci sarà. -

- La domanda non è se mi sono divertito. La domanda è se sono sopravvissuto. E la risposta è sì e non di certo grazie a te. Non mi divertirò mai quindi non osare chiedermelo. Stronzo. - aggiunse, con una compostezza che la fece apparire quasi una parola elegante.

Si fermarono entrambi per guardare i ragazzi del gruppo di supporto immobili all'entrata dell'autobus.

- Ho finito qui. - li tranquillizzò Frank, - Solo un'ultima cosa. - . Si voltò a guardare Gerard e contrasse la mascella facendo un respiro profondo prima di parlare, - Non osare preoccuparti per questa litigata. O davvero ti strappo le palle. - . Fece per uscire ma dovette fermarsi davanti ai ragazzi bloccati sui scalini per scendere dall'autobus, - Non ho intenzione di strisciare fra i vostri scroti per uscire da qui quindi davvero, per favore, levatevi di torno. -

Gerard si alzò in piedi per scaldarsi del caffé mentre guardava Frank lasciare una volta per tutte il tourbus prima che i motori si riaccendessero e i ragazzi salissero in fretta sull'autobus.

Rimasero per un po' in piedi, in imbarazzo.

- Frank è un ragazzo adorabile. - si limitò a dire Gerard, senza sforzarsi di sorridere mentre si versava il caffé bollente. Lo sollevò a mo' di brindisi e si lasciò cadere sul divano. Avvertì che il ragazzo magro e alto coi capelli neri stava per chiedergli qualcosa quindi prese il cellulare e finse di fare qualcosa di importante cercando implicitamente di allontanarlo. Ma non funzionò.

- Ma- ma state tipo insieme? - domandò il ragazzo, giocherellando nervosamente con la zip della tasca dei jeans.

Gerard apprezzò per un po' l'uso di "tipo" con un spontaneo sorriso prima di sollevare lo sguardo. Guardò il ragazzo e i suoi capelli strani: - Tipo no. - rispose infine.

Il ragazzo annuì stringendo le labbra e abbassò lo sguardo continuando ad annuire impacciato.

Gerard annuì a sua volta e si grattò velocemente la testa prima di bere il caffé.

- E allora perchè litigate? - chiese il ragazzo, confuso. Che cazzo, Gerard nemmeno sapeva il suo nome. In sua difesa, comunque, era sicuro che glielo avesse già detto come si chiamava. Il fatto era che Gerard non era bravo coi nomi, però le facce non le scordava mai. A volte dimenticava le facce delle persone che gli piacevano ma questo era uno dei già conosciuti giochetti del cervello umano. Non rispose male al ragazzo, perchè sapeva che non voleva farsi i cazzi suoi. Probabilmente il ragazzo aveva appena iniziato a capire che il mondo era popolato da persone e che queste persone erano strane e avrebbe fatto meglio a cominciare a capirle, a grandi linee, prima di iniziare coi massacri.

- Perchè non stiamo insieme. - rispose infine con una smorfia.

Il ragazzo lo guardò esattamente come si guarderebbe un bambino che si cimenta a fare un saggio breve sulla situazione economica della Grecia. In maniera un po' strana, insomma.

Gerard non capì cosa significasse.


 

Dovette aspettare un altro giorno prima che Jamia se ne andasse con l'ultimo aereo per Newark. Erano le dieci di notte di una serata tristemente libera.

Gerard aveva aspettato Frank seduto sul marciapiede per un'ora e mezza. Quando lo vide scendere dal taxi si alzò e si fermò alle sue spalle mentre lui chiudeva la porta dopo aver pagato il tassista. Lo guardò riporre il portafoglio nella tasca della felpa.

- Cazzo, di notte costano un casino sti stronzi. - commentò seguendo con lo sguardo il taxi che si allontanava.

- Devono dare passaggi a persone che non conoscono invece di scopare, è ovvio che pretendano qualche soldo in più. -

- Già, è sicuramente per quello. - annuì ironicamente.

Gli baciò le labbra: - Dove andiamo? -

- Supermercato. -

- Ti ho appena spiegato che la notte è fatta per scopare. - esclamò esasperato Gerard.

- Voglio andare al supermercato. - si strinse nelle spalle Frank, senza sorridere.

- Devi comprare qualcosa? -

- Sì. -

- Cosa? -

- Il tuo amore. Ma vaffanculo, dai. Voglio solo fare un giro. -

Gerard lo guardò attonito: - La vagina ti fa strani effetti. -

- Ma piantala. -

- Andiamo, Frank, sono le dieci di notte. Che cazzo di idea è andare al supermercato? -

- Dovresti assecondarmi. -

- Come vuoi. - si arrese, - Ma non ti permetterò di vedere altre vagine dopo questa. -

- Ti piacerebbe. - roteò gli occhi al cielo scuro Frank.

- Smettila, mi fai paura quando fai l'etero. -

Frank si voltò a guardare Gerard e sorrise e poi rise un po': - Tu sei malato. -

- Essere gay non è una malattia. -

- Scopare con le ragazze dichiarandomi assiduamente la tua omosessualità lo è. -

- Mi sei mancato. - sospirò Gerard, prendendogli una mano, - Tu e la tua ovvietà pungente. -

- Jamia è rimasta solo tre giorni. Come faremo quando il tour sarà finito? -

Gerard lo guardò scoraggiato. Pensava di finire il discorso con un bacio contro il muro del pub che avevano appena superato, non con una domanda pesantina: - Che cazzo ne so? - fu la sua sincera risposta.

- Beh, già, ti risponderò così quando mi chiamerai piangendo. -

- Perchè, tu non piangerai? -

- Piangerò a dirotto. -

- Senti, non pensiamoci. E' una gran bella nottata, stiamo andando al supermercato per una qualche ragione e- -

- Non pensarci non farà sparire il problema. -

- Ma almeno evitiamo di perdere tempo. E' inutile pensarci, non troveremo mai una soluzione perchè non c'è una soluzione. Staremo male. Punto. Stiamo sempre male. -

Frank rimase in silenzio.

Gerard si accorse di essere stato magari un po' brusco. Cercò di riparare:- Mi dispiace. Per tutto quanto. -

- Già. -

Cercò con lo sguardo qualcosa di vagamente somigliante a un supermercato ma per ora c'erano solo case.

- Ti manca ancora Eliza? - chiese Frank.

Gerard trasalì: - Non- non proprio? Non ci ho più pensato a lei. Mi viene in mente quando faccio la lista delle cose più merdose della mia vita, ma è da un po' che non la penso più. -

- E la amavi? -

- Immagino di sì. -

Frank sbuffò: - Sei mai stato sicuro di amare davvero qualcuno? Al cento per cento? Del tipo, "ti amo", punto. Senza risse qualche giorno dopo, senza rimpianti, senza stronzate. -

- Non credo. -

- Non sei sicuro neanche su questo. Non sei sicuro su nulla. Sai, l'insicurezza non è indifesa. L'insicurezza può creare tante cose. Al di fuori di te. Soprattutto, l'insicurezza non esiste quindi qual è il punto nel fingere di averne a che fare? Tu non sei insicuro. Nessuno lo è. Tu puoi dare risposte certe e il tuo cervello da qualche parte già te le ha date ma non hai il coraggio di dirle ad alta voce perchè se le dici le cose diventano reali e hai meno tempo per difenderti da esse. -

- Se non l'ho amata allora perchè ho pianto per lei? -

- Hai anche pianto di fronte a un documentario della BBC, Gerard. E non mi sembra che tu fossi emotivamente coinvolto in qualche relazione con quella foca. -

- Non capisci. -

- Non è vero. -

- Frank, sono diverso da te. Sono felice se sei riuscito a capirti a fondo ma io sono totalmente diverso da te, quindi non azzardarti a- -

- Smettila. Non sei così fuori dal mondo. -

- Ma che cazzo ti è preso? -

Frank guardò altrove e fece un respiro profondo: - Non lo so. Qualcosa di cui mi pentirò sicuramente. - . Scosse la testa e fece un altro respiro incredibilmente profondo, - Non so perchè sono fatto così. Sono potenzialmente una persona di merda. E mi sta uscendo tutto ora. Come vomito. Mi sto trattenendo tantissimo ma davvero a volte vorrei picchiarti, Gee. -

- Senti, è okay, a volte capita di sentirsi così. - . Ecco, Gerard lo sapeva che in realtà anche Frank lo odiava un po'. Del resto era davvero davvero difficile non odiarlo.

Frank gli mollò la mano proprio mentre Gerard cominciava a pensare di voler baciarlo. Affondò le mani nelle tasche della felpa e fissò la strada di fronte a lui, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Gerard fece un lungo sospiro. Controllò per un po' i suoi occhi verdi e nocciola illuminati dai lampioni muoversi sui vari soggetti mentre camminavano lontani come se non si conoscessero.

- Ehi, c'è un supermercato. - . Lo indicò agli occhi indifferenti di Frank, - Vuoi ancora andarci, giusto? -

- Certo che voglio andarci. - asserì spazientito.

Gerard fece un respiro profondo per non incazzarsi e seguì Frank nel supermercato. Camminarono nel corridoio delimitato da scaffali riempiti da barrette di cioccolata e pacchi di biscotti.

- E se compriamo dei biscotti al cioccolato? - domandò Gerard, in un disperato tentativo di dare un senso a quella cazzo di passeggiata nel supermercato.

Frank scrollò le spalle: - Come vuoi. - . Sembrava uno di quegli adolescenti trascinati controvoglia in una gita di famiglia nel Vermont dove non prende il cellulare e non c'è connessione internet. La parte più irritante era che era stata sua l'idea di andare in un cazzo di supermercato.

Gerard prese lentamente il primo pacco di biscotti al cacao che trovò e lo abbracciò adagio convincendosi che tutto quello avrebbe portato a del sesso violento e chiusa lì.

Continuarono a trascinarsi nel corridoio e Gerard si sorprese nel vedere Frank fermarsi di fronte ai latticini. Prese un bottiglione di latte e senza degnare di uno sguardo Gerard andò alla cassa.

Gerard smise di camminare e lo guardò allibito cercare il portafoglio. Continuando ad abbracciare con entrambe le braccia il pacco di biscotti si decise ad andare a sua volta alla cassa.

Frank pagò ed uscì dal supermercato. Era la seconda volta che andavano insieme al supermercato in climi ostili. Forse, ormai, il supermercato era diventato la sede ufficiale della loro piccola grande ostilità.

Pagò i biscotti e uscì in fretta sperando che Frank lo avesse almeno aspettato.

Lo trovò che fissava il cielo sotto un lampione e fu quasi agghiacciante.

- Che stai facendo? - domandò nervosamente Gerard.

- Sta per piovere. Sbrigati. - si limitò a dire Frank.

Gerard sospirò e si sistemò meglio il pacco di biscotti sul petto come se fosse un bambino piccolo: - Okay. -

Tornarono indietro e iniziò a piovere a metà strada.

Gerard disse una qualche parolaccia imbarazzante guardando in cagnesco il cielo. Riabbassò lo sguardo e incontrò gli occhi di Frank attraverso la pioggia. E pensavano entrambi alla stessa cosa, forse.

Gerard tenne il pacco di biscotti con una mano e attraversò i tre metri che lo separavano da Frank e lo afferrò e lo baciò: - Prendilo come un pompino. - disse infine mentre le dita di Frank gli stringevano come sempre la maglietta.

Frank fece un piccolo sorriso e gli baciò di nuovo le labbra umide: - Venti volte meglio di un pompino, Gee. -

Gerard si sentì investire da tutto mentre ripensava a quando, forse un anno prima, dopo un pomeriggio nel centro commerciale in mezzo ai fan Frank gli aveva detto le stesse parole sotto la pioggia fredda dopo che Gerard lo aveva baciato: - Anche ventuno. - ribadì le stesse parole che lui stesso quel pomeriggio lontano aveva detto, chiedendosi se Frank se le ricordasse.

Frank arrossì e gli scappò una risatina: - Te lo sei ricordato. -

Gerard avrebbe voluto dirgli che cazzo, ricordava ogni singolo momento passato con Frank. Ogni parola. Tutto. Ma ebbe paura e lo baciò e basta.

Frank ricambiò il bacio e gli accarezzò una guancia prima di afferrarlo per mano e correre sul marciapiede: - Muovi quel cazzo di culo, non ho intenzione di ammalarmi. - .

Gerard sorrise e cercò di superarlo di corsa stringendogli forte la mano bagnata. Raggiunsero il portico di fronte all'hotel e si fermarono sorreggendosi a vicenda col fiatone.

Gerard si aggrappò alle sue spalle ma al primo bacio Frank già lo allontanò mormorando qualcosa.

Il più grande trattenne il respiro e bloccò i pensieri prima di iniziare a urlare quelle cose strane che gli sembrava di provare.

- Credo di aver ingoiato della pioggia. - disse Frank allontanandosi del tutto.

Gerard costrinse i suoi occhi a non lacrimare: - Che sapore aveva? -

- Quello che ti immagineresti sentendo l'odore. - . Si sedette per terra e posò il bottiglione di plastica bianca fra le proprie cosce. Tirò un lungo sospiro e svitò il tappo dell'enorme contenitore: - Ho bisogno di una sbronza. - scherzò fra un respiro affrettato e l'altro prima di tracannare fino a rimanere di nuovo totalmente senza fiato.

Gerard lo guardò e si chiese se si rendesse conto di quanto male gli faceva.

Frank si aggrappò al collo della bottiglia di latte e guardò Gerard negli occhi.

Entrambi perdevano gocce d'acqua dai capelli. Entrambi sembravano rottami umani.

Gerard attendeva che Frank tornasse in sé e Frank continuava a rimanere in silenzio a guardarlo.

- Ti amo. - sussurrò Frank. Lo scrosciare della pioggia aveva ricoperto quasi del tutto il suono della voce di Frank insieme alle strade.

- E' per questo che non mi lasci baciarti? -

- Sì. -

- Già. - finse di capire scuotendo la testa.

- A volte ho davvero solo bisogno di essere lasciato stare. - si strinse nelle spalle Frank, fissando la bottiglia di latte, - Sai... - . Fece una lunga pausa.

Gerard si chiese se avesse appena dimenticato quello che voleva dire.

Ma Frank riprese a parlare: - Un tempo eravamo più felici. Un tempo... mi voltavo e ti guardavo e tu dicevi qualcosa di osceno e poi ridevi. Odiavo la tua assurda volgarità, mi faceva sentire ancora più usato, ma ora darei tutto ciò che ho e sono per sentirti dire qualcosa di sporco e poi vederti sorridere in quel modo. Perchè sei cambiato? -

- Sono fidanzato con Lindsey. -

- No! - esclamò con la faccia sconvolta dal disappunto, - Anche quando stavi insieme ad Eliza mi dicevi porcate assurde. -

- Ma non facevamo sesso. -

- Quindi? Dire roba oscena è come fare sesso? Tipo... sesso orale? Nel senso che ne parli? E soprattutto... - continuò a ipotizzare sollevando un indice per indurre Gerard a starsene zitto, - Se fai sesso non fai più le battute porche? Gee. - disse in tono lamentoso, - Che fine hanno fatto i nostri progetti di scopare con Bob? -

- Sto cercando di mettermi la testa a posto. -

- Quindi facevo parte del tuo lato immaturo di cui ora ti stai sbarazzando? -

- No, affatto. Solo che mi comportavo come un bambino e sto cercando di smetterla di farlo... -

- Hai intenzione di sposare Lindsey? - domandò Frank con un filo di voce.

- No. - scosse subito la testa, - E' fuori discussione. -

Frank sospirò sollevato e smise di guardarlo. Fissò la pioggia o forse proprio nulla.

Gerard osservò Frank e cercò di prevedere cosa sarebbe successo dopo. Cosa avrebbe potuto dirgli. Ma non ne aveva idea. Tirò un sospiro e aprì il pacco di biscotti.

- Vuoi un biscotto, Frank? -

- No. Non siamo più divertenti come una volta. - aggiunse scuotendo la testa, - Siamo sempre più tristi. -

- Noi due? -

- Forse anche gli altri. Cioè, non siamo mai stati contentissimi ma ridevamo comunque. Dicevamo cose divertenti e ci ridevamo su per dieci minuti buoni. Guardaci adesso. -

- Quando finiremo con la parata nera andrà meglio, ne sono certo. -

- Già, anch'io. E sarà tutto grazie a Lindsey... bello. A volte ho paura che Lindsey sia davvero quella giusta per te. - . Si abbracciò le ginocchia e posò il viso sulle braccia fissando tristemente la pioggia che colpiva i finestrini delle macchina parcheggiate.

Gerard si limitò a infilare impacciato una mano nel pacco di biscotti: - Sicuro di non volere un biscotto? -

- Sì. -

- Vuoi- uhm, una sigaretta? -

- No. -

- Vuoi entrare? - domandò infine indicando con la testa l'hotel.

Frank lo guardò a lungo come se dovesse rispondere alla domanda più difficile del mondo: - Sì. - rispose infine.

Gerard finì di mangiare il biscotto e poi entrambi si alzarono in piedi e raccolsero da terra i piccoli grandi acquisti fatti al supermercato.

Quando Gerard finì di pulirsi i jeans Frank era già di fronte all'entrata e lo stava aspettando.

Capì da subito che ci sarebbe stato un cambio di programma.

- Gee, non credo di voler dormire con te sta notte. -

Tirò un enorme sospiro e distolse in fretta lo sguardo cercando di non crollare lì davanti a Frank. L'unica cosa che poteva fare invece che frignare era arrabbiarsi quindi fece del suo meglio per incazzarsi come si deve: - Okay. -, annuì freneticamente la testa, - Perchè? No, non voglio sapere. Ciao. Buonanotte. -

Frank gli prese il mento e gli baciò le labbra: - Buonanotte, Gee. -, ed entrò nel cazzo di hotel da solo. Lasciando Gerard nel portico bagnato, tagliato fuori da tutto, a chiedersi se Frank stesse cominciando ad avere più controllo di quanto entrambi si sarebbero mai aspettati.


 

Dapprima si era spaventato quando si era svegliato accanto a Mikey e non a Frank. Poi si era lentamente ricordato di come stessero le cose e aveva spento la sveglia proprio quando Mikey stava ricominciando con la lista di imprecazioni.

Calò il silenzio e poi Mikey sbuffò incredibilmente forte mentre Gerard restava immobile sotto le lenzuola bianche.

- Quanto tempo abbiamo? - domandò sbadigliando il più piccolo.

- Quaranta minuti. - rispose mormorando Gerard.

Mikey gli accarezzò la testa: - Dai, vai a fare la pace con Frank. -

- No! - . Scattò a sedere e per sbaglio colpì Mikey che lo guardò come se gli avesse appena amputato un braccio, - Perchè cazzo dovrei fare la pace? Non abbiamo nemmeno litigato! Non è successo assolutamente nulla! Detesto Frank quando si mette delle idee del cazzo in testa e cerca di sospendere la sua vita per qualche giorno evitandomi. Non funziona così. Spero che mi abbia sognato e che nel sogno lo abbia insultato per bene per avermi abbandonato come un cane randagio con la diarrea e i denti al posto delle sopracciglia. -

Mikey si mise a ridere parecchio e si aggrappò alle coperte per non cadere dal letto.

Gerard incrociò le braccia e guardò in cagnesco il muro di fronte a sé cercando di mantenere un'espressione seria.

- Oggi Christa viene a trovare Ray. - sospirò Mikey quando si riprese dall'attacco di risate.

- Davvero? Uao, a volte mi dimentico della sua esistenza... -

- Anch'io. - convenne Mikey, - Anche Ray. - aggiunse, e rise di nuovo. Almeno lui iniziava bene la giornata.

- E Alicia? - domandò Gerard. Si accorse che erano passati millenni dall'ultima volta che aveva parlato per davvero con Mikey.

- Adesso ha un po' di casini, ma ha detto che verrà presto a trovarmi. -

- E ne sei felice? -

- Sì. - si strinse nelle spalle. Non gli sembrava per niente convinto. Forse anche Mikey aveva una fiamma gay che gli faceva dubitare del suo amore etero. Ma Gerard non gli chiese nulla al riguardo perchè immaginò che il fratellino avrebbe preferito così.

Mikey tornò a distendersi e incrociò le braccia sotto la propria testa studiando Gerard.

Gerard lo guardò a lungo attendendo che Mikey distogliesse lo sguardo ma non funzionò e il primo ad arrendersi fu Gerard.

- E' così evidente il fatto che ami Frank. - concluse Mikey. Perchè cazzo non aveva la stessa discrezione di Gerard in fatto di fidanzate?

- Non è vero. - . Prese il pacco di biscotti e aprì la finestra. Si sedette sul davanzale e iniziò a mangiare.

- Che fai? -

- Colazione. -

- Perchè sulla finestra? -

- Così se mi chiedi ancora di Frank mi butto giù. -

Mikey sospirò e prese in mano il cellulare di Gerard: - Sei pieno di messaggi. -

Gerard smise di masticare: - Di Frank? - chiese a bocca piena, sputacchiando quasi sicuramente.

Mikey ridacchiò senza rispondere.

- Fran- Voglio dire, Mikey? - scosse la testa per essersi confuso coi nomi e scese dal davanzale buttando il pacco di biscotti sulle coperte, - Sono messaggi di Frank? -

- No, Lindsey. Ma pensi sempre a Frank, uao. Che gay. -

- Piantala. - . Prese il cellulare. In realtà erano solo quattro messaggi. Essenzialmente buongiorno, ti amo, i piani della giornata e una dettagliata descrizione dei calzini che indossava. Si sedette sul letto e sorrise leggendo l'assurdo accostamento di verde e rosa dei calzini di Lindsey, poi guardò Mikey e si sistemò ansiosamente i capelli quando gli venne in mente che tradiva una ragazza come Lindsey ogni giorno (o meglio, quando Frank glielo permetteva).

- Che c'è? - chiese Mikey.

- Non so che risponderle- ti amo. - mormorò infine digitando le parole. Il t9 sbagliò come sempre e tirò in ballo gli anime. Corresse e poi scrisse una frasetta sui calzini e inviò la risposta al numero di Lindsey.

- Un giorno scoprirà tutto. - mormorò Mikey fissando il cellulare di Gerard.

Gerard si sentì il cuore esplodergli in gola: - Cosa?! -

- Gerard, immaginati la tua vita. A quarant'anni che ne sarà di te? Sarai ancora innamorato di Frank eppure sposato con Lin- -

- No! Smettetela di analizzarmi. Io e solo io so cosa mi passa per la testa quindi smettetela di cercare di indovinarlo. - . Passò qualche secondo a chiedersi se Mikey ci fosse rimasto male ma ormai aveva già detto tutto e cominciò a pensare a modi per farsi perdonare.

- Gerard, non sto cercando di indovinare per il semplice fatto che sono sicuro di quel che dico; punto due, voglio bene sia a te che a Frank e onestamente mi dispiace vedervi litigare per situazioni che con un po' di coraggio potreste risolvere anche adesso; punto tre, ieri notte abbiamo parlato per due ore e da allora devi ancora offrirmi un cazzo di biscotto. -

Gerard rimase in silenzio. Beh, almeno Mikey non si era incazzato. Dopo un po' si accorse che si stava di nuovo dimenticando dei biscotti e gli consegnò il pacco intero. Lo osservò mentre infilava la mano e prendeva il primo biscotto.

- Ma- ieri notte. Perchè se n'è andato senza di me? - insistette Gerard, - Poi sono io quello strano. -

- Forse voleva stare solo. -

- E che cazzo vuol dire? Sono millenni che non stiamo insieme- -

- Tre giorni, Gee. -

- -e l'unica cosa che gli viene in mente è farmi il broncio per nessuna ragione e chiudersi in sé stesso... Ma dai. Non mi ama. - concluse scuotendo la testa, - Avrà cominciato a innamorarsi di Jamia e- -

- Ti rendi conto di che cazzo stai dicendo? Sono anni che è innamorato di te, perchè dovrebbe smettere di esserlo adesso? -

- Perchè ha conosciuto Jamia e io sono fidanzato e magari pensa che ormai non ci sia più speranza per noi. -

- Figurati se gliene frega qualcosa delle vostre fidanzatine. Arthur, fatti una doccia fredda al culo. Voleva solo starsene da solo, alle persone normali succede di voler passare del tempo per cazzi propri. Figurati se è innamorato di Jamia. - scosse la testa e fece un versaccio.

Gerard sbuffò: - Beh, avremmo potuto starcene da soli insieme. -

Mikey si alzò in piedi e buttò addosso a Gerard una camicia e un paio di jeans: - Smettila di dire cose insensate e vestiti. -

- Già, uao, grazie per aver avuto tatto, Mikey. -

- Ehi, venerdì prossimo prendiamo un aereo e andiamo in New Jersey, okay? Torniamo dalla mamma. -

Gerard cadde dal letto: - Cosa cazzo?! Vuoi abbandonare il gruppo per andare dalla mamma in New Jersey? - domandò gesticolando convulsamente.

Mikey scoppiò a ridere: - Stai scherzando? Gli altri verranno con noi. Magari convinciamo pure Bob a venire. Lo potremmo ospitare noi, o Ray, o Frank, fa lo stesso. Così li mostriamo la nostra città. Sarebbe bellissimo. -

- Cosa? E i concerti? Non possiamo cancellarli! Brian ci mangerà vivi. -

- Gerard, ma sei totalmente fuso? Venerdì è l'8. Siamo liberi fino all'11, era uno dei motivi per cui abbiamo deciso di finire con The Black Parade il 7. Così stacchiamo del tutto. -

- Perchè nessuno me l'ha detto? -

- Ma te l'abbiamo detto! E hai anche annuito! - . Rise di fronte alla faccia di Gerard, - Non lo ricordi? -

- Quando me l'avete detto? -

- Quando decidevamo il giorno in cui chiudere l'intera fase di The Black Parade. -

- Oh mio Dio. - sussurrò passandosi le dita fra i capelli.

- Visto? Hai bisogno di una pausa. - concluse togliendogli le mani dai capelli per accarezzarli, - Piccolo bambino confuso e innamorato. - . Gli baciò il capo e andò nel bagno. Quando tornò Gerard era ancora sul letto a cercare di metabolizzare il senso della vita.


 

Gli occhi di Frank erano strani. Se fosse stata una ragazza, Gerard avrebbe pensato che era struccata. Non sapeva perchè Frank dava l'impressione di una ragazza struccata. Però la dava.

Frank smise di parlare con il manager e scese dall'autobus dopo avergli rivolto un'ultima risatina. Andò incontro a Gerard mentre smetteva di ridere e si limitava a sorridere. Ora sembrava una ragazza struccata e felice.

Gerard non sapeva perchè era felice ma andava bene anche così.

- Ciao. -

- Ciao. -

Si fermò di fronte a Gerard e dopo aver rivolto un'occhiata scaltra al parcheggio lo baciò.

Era tutto assurdo. Troppo positivo e distante. C'era troppo sole. E Frank sembrava una ragazza struccata e felice.

- Come stai, Frank? -

- Ti amo. Tu come stai? -

- Ho un po' di raffreddore. -

- Pioggia? -

- Già. - annuì. Si sentiva impacciato. Come se riprendesse a parlare a una persona che non vedeva da quando andava alle elementari.

Frank aveva già iniziato a parlare con Ray e Bob che erano arrivati intonando un coro angelico con Halo 3 e Resident Evil 4 fra le mani.

- Ehi, vieni con noi? Oggi pomeriggio sono occupato con Christa, non possiamo perdere tempo. - spiegò Ray, con gli occhi spalancati e le dita che stringevano disperatamente le custodie dei videogiochi.

- Okay. - annuì Gerard, fingendo di capire la serietà della situazione, - Adesso andiamo a giocare. - continuò picchiettando il palmo della mano su una guancia di Ray.

- Grazie! -

- Dai, andiamo. - li incalzò Frank, accennando un sorriso mentre indicava l'autobus con un gesto veloce della mano.

Bob e Ray salirono subito sull'autobus, Gerard aspettò che Frank lo prendesse per mano prima di muoversi.

Scaldò il latte a Ray che voleva mangiarsi una ciotola di cereali e alla fine rinunciò a giocare ai videogiochi e si addormentò con la guancia contro la schiena di Frank che si era seduto sulle sue cosce.

Non aveva idea di come stessero le cose a quel punto. Sapeva solo che sarebbero tornati in New Jersey, che a giudicare dal comportamento di Frank la notte prima doveva essere stata un'allucinazione e che in caso contrario ci sarebbe stato così tanto da chiarire che forse non aveva nemmeno voglia di iniziare.


 

Frank aveva giocato per tutte e cinque le ore di viaggio ai videogiochi. E quando il tourbus si era finalmente fermato di fronte all'hotel aveva deciso di volere un hamburger vegetariano e avevano dovuto setacciare l'intera città alla ricerca di un fast food disposto a servirgli robaccia simile.

Gerard pensava che avrebbe voluto passare del tempo con lui. Insomma, era da giorni che non stavano insieme da soli.

Se Frank voleva evitarlo, poteva anche farlo. Gerard non gli avrebbe detto nulla. Intanto non era innamorato di Frank. Per lo stesso motivo, se Ray si fosse comportato così con Gerard l'avrebbe lasciato fare perchè poteva anche succedere che per una giornata Gerard non gli andasse a genio. Gerard andava facilmente poco a genio alle persone. Solo che credeva che Frank lo amasse, e questa era l'unica stranezza di cui si preoccupava.

Però a quel punto erano rimasti gli unici due seduti a tavola e Frank continuava a non rivolgergli la parola. Ed era ridicolo. Per questo Gerard aveva improvvisamente deciso di farsi avanti. Non per altro. Assolutamente no.

- Frank. -

Poteva anche essere credibile che stesse davvero rispondendo ai sei messaggi che aveva ricevuto e che magari non stesse cazzeggiando col cellulare solo per non parlargli, ma, in ogni caso, non era educato. E di solito Frank non era quel genere di persona che si comporta da testa di cazzo maleducata. Quindi stava facendo tutto questo per un motivo valido, non a caso.

- Che c'è? - domandò Frank sollevando la testa. Sembrava che Gerard lo avesse beccato a farsi seghe a giudicare dalle sue guance arrossate e il nervosismo nella sua voce.

- Volevo chiedertelo io. Che sta succedendo? -

- Che vuoi dire? -

- Sai benissimo cosa hai fatto e cosa non hai fatto oggi. -

- Cosa- cosa devo giustificare? -

- Non devi giustificare nulla ma... beh, sì, dovresti. Insomma... pensavo che oggi avremmo finalmente passato del- - si bloccò e ricominciò da capo quando si accorse di come disperato suonava, - Pensavo che avresti voluto passare del tempo con me dato che ieri notte mi hai snobbato, invece sembra che tu stia facendo di tutto per evitarmi o anche solo ignorarmi... non capisco. -

Frank strabuzzò gli occhi e si grattò nervosamente la guancia, - Ho un po' di paura. - confessò annuendo.

Gerard lo guardò basito: - Di cosa? -

- Di parlarti. -

Gerard scoppiò a ridere sarcasticamente: - Mi stai prendendo per il culo? -

- No. - scosse la testa spalancando gli occhi, - Non saprei che dirti. -

- Che cosa- che ne so, parlami del tempo. Dimmi che c'è sole ed è una bella giornata. Che cazzo ci vuole? -

- No, intendo- intendo- - si morse il labbro, picchiettò le dita sul tavolo e aggrottò la fronte pensando intensamente, - Spiegazioni! Intendo che non ho ancora trovato spiegazioni per... per quello che ho fatto. -

- E che hai fatto? -

- Mi sono sbronzato con il latte di soia e ho deciso di starti lontano per tutta la notte. - . Uao, non era stata un'allucinazione. Questo era confortante da un lato, perchè significava che a parte le carenze di attenzione il suo cervello non gli stava facendo altri scherzi; ma dall'altro creava un'incredibile gamma di discussioni che le loro bocche incapaci di zittirsi non vedevano l'ora di intraprendere.

- Ti ho detto, è la vagina che ti fa un brutto effetto. - cercò di minimizzare.

Frank sbuffò e il cuore di Gerard prese ad accelerare mentre cominciava a temere che avrebbero iniziato a urlarsi contro in mezzo a tutte quelle persone intente a riempirsi la gola di hamburger. Ma Frank rimase in silenzio e forse fu ancora peggio.

- No, va bene, scusa. - farfugliò in fretta Gerard, afferrando il bicchiere di Coca Cola al posto della mano di Frank e stringendolo forte nel tentativo di scaricare l'ansia.

- Ti interessa davvero il mio problema o ti basta tornare amici come prima? Perchè non mi sembra che tu mi stia prendendo molto sul serio. - . Rovesciò le patatine nel contenitore del panino e prese a giocherellarci nervosamente.

- No, mi interessa. Sul serio. - . Le unghie scivolarono sul bicchiere di plastica graffiandolo rumorosamente e Frank sollevò gli occhi per guardare Gerard stranito.

Fece un respiro profondo: - Sai, sta notte spero di riuscire a parlarti per ore di me. Spero davvero di trovare qualcosa da dire. Non mi sono mai sentito così confuso in vita mia. -

- Lo so, scusa. -

- Forse ho capito che non è colpa tua. Non so. -

- Come può non essere colpa mia? -

- Anche se stessimo seriamente insieme continuerei a farmi problemi perchè dopo tutto quello che è successo è impossibile che tu finisca per amarmi. Siamo onesti. Finiremmo per lasciarci nel giro di qualche mese... Siamo destinati a rimanere così. Mi sono arreso. E comunque sono sicuro che rimarrai insieme a Lindsey a lungo. Molto a lungo. - specificò, e Gerard inorridì quando si accorse che le ragioni per cui Frank avrebbe potuto smettere di amarlo che aveva elencato quella mattina a Mikey coincidevano con quello che Frank stava dicendo, - Non lo so, sono così confuso che fra dieci minuti potrei anche diventare per sempre etero. - . Scosse la testa come se fosse la cosa più assurda del mondo e spinse le patatine sul tavolo in direzione di Gerard, - Le vuoi? -

- Sei sazio? -

- Sì, ho lo stomaco pieno di... depressione e disagio. No, in realtà dev'essere l'hamburger vegetariano. -

- Che comunque è fatto di depressione e insalata, a sua volta deprimente. -

Frank rise: - No, mi piace. - . Vederlo ridere era un sollievo assurdo. Come far cadere accidentalmente il cellulare a terra, riprenderlo fra le mani tremanti e scoprire che lo schermo è ancora intatto. Era una sensazione sorprendentemente magnifica.

- Non diventerò mai vegetariano. - scosse la testa Gerard, prendendo una patatina.

- Ti farò cambiare idea. Mi basteranno un paio di foto di mucche morte e le mie lacrime. Sono bravissimo a piangere. -

- La gente che piange mi rattrista. - disse con una smorfia.

- Sai, ha abbastanza senso. Non mi aspettavo qualcosa di così comprensibile da te. -

- Non sono poi così speciale o strano o in-qualsiasi-modo-la-gente-mi-chiami. -

- Sei speciale. Guarda le patatine. Hai le ciglia così lunghe... - mormorò.

- Sembri così fatto. - commentò Gerard spalancando gli occhi per accentuare l'espressione sconcertata.

Il manager tornò dal bagno e prese senza chiedere quattro patatine.

Gerard assistette senza parole al comportamento incredibilmente punk di Brian e abbassò successivamente gli angoli della bocca in una teatrale espressione impressionata.

- Ragazzi, dobbiamo tornare in hotel. - disse il manager a bocca piena, - Gerard, non ammazzarmi nel sonno per questo. - disse prima di prendere altre cinque patatine.

Gerard socchiuse le labbra turbato e guardò Frank in cerca di aiuto: - Digli qualcosa. -

- Brian, non dovresti prendere patatine senza chiedere, a lungo andare potresti trovarti con qualche costola in meno e nessuna prova per incolpare Gerard e- -

- Va bene, siete inquietanti. - concluse il manager sollevando le mani, - Me ne tiro fuori. -

Gerard sorrise sollevato e tornò a dedicarsi alle proprie patatine mentre Frank gli faceva l'occhiolino. L'occhiolino era un evento raro e importante. Così importante che a distanza di dieci minuti Gerard non trovò ancora un modo per celebrarlo e finì per lasciarsi andare rafforzando i tentativi di Frank di far capire a Brian che sembrava una babysitter.

Sulla strada di ritorno comprarono un pacco di orsetti gommosi e poi attesero sul marciapiede che il manager facesse rifornimento di ricariche per il cellulare.

- Sei ancora gay? - domandò Gerard mentre Frank cercava di accaparrarsi tutti gli orsetti verdi.

- Sì. Perché? - chiese Frank mangiandone due con la stessa frenesia di un australopiteco di fronte a una bacca commestibile.

- Mi accertavo che non avessi cambiato idea. - si strinse nelle spalle Gerard, e mangiò un orsetto rosso chiedendosi perchè cazzo non li producessero in rosa.

Guardò Frank e si accorse di come, a dirla tutta, con quei boxer verde acido che spuntavano da sotto i jeans riuscisse a fare apparire quegli orsetti verdi i più gay di tutti.


 


 

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Capitolo 7
*** Our deal ***


HO ADDIRITTURA RIACQUISITO UN CARATTERE DI SCRITTURA DECENTE ATTINGENDO VECCHIE CONOSCIENZE DALLE MIE DOTI NERD- non so che sto dicendo. 
Ammettiamolo pure che come autrice sono un disastro, e ammettiamolo pure che è di nuovo passato un mese prima che aggiornassi e ammettiamolo pure che fra un po' è settembre e si sa che succede a settembre............... si cantano i green day. E basta. E basta. Sì.  
(no)
vi ringrazio como siempre porquè estoy espanolita e no estoy controliando que escribo porquè soy ignorante UEPPAAA UN APPLAUSO A ME CHE VADO AL LINGUISTICO DA TRE ANNI!!!!!! Grande amante delle lingue io.
Our deal è una canzzzzzz dei best coast e se volete ascoltatevela subito tanto salta fuori nel capitolo (spoiler??? i don't care) L'AVEVA POSTATA FRANK SU TWITTER TANTO TEMPO FA QUINDI ;-))))))))) CAPITO???? ;-))))))))
spero che il capitolo vi piaccia, io pensavo che mi sarebbe piaciuto di più e invece nada :c (non so perchè insisto e inserire parole spagnole)
lazybouououoouojnsnssnns (da leggere con vocalizzo alla bionsè :* :*) 



 
7. Our deal


Guardò tramite la porta aperta del bagno Frank seduto sul letto che scartava una merendina cercando alla tv qualcosa di interessante. 
Gli sembrava strano vederlo lì perchè aveva passato troppi (tre) giorni senza vedere Frank da qualche parte nella sua stanza d'hotel.  
- Non fanno niente alla tv. A meno che... a meno che non ti interessi sapere come si produce il Bacardi. - disse con una smorfia dubbiosa voltandosi a guardarlo.
- Non credo mi interessi. - disse Gerard vestendosi. Uscì in fretta dal bagno e aprì la sua valigia: - Non ti ho ancora dato il regalo. Perchè... sai. Le giornate etero. - annuì fra sé e sé rovistando fra i propri vestiti.
Frank annuì e rise appena. Incrociò le gambe e si afferrò le caviglie nervosamente: - Cos'è? - abbozzò a bassa voce. 
- Ovviamente non te lo dirò finché non lo- ah già, non è incartato. Ehm, chiudi gli occhi. - 
Frank obbedì e serrò gli occhi. 
Gerard prese la coroncina e la guardò e cercò di non ridere. Probabilmente Frank si aspettava qualcosa di romantico. O virile. O forse ormai sapeva più o meno che aspettarsi da Gerard.
Si sedette sul letto e spense la tv ponendo fine a quell'inutile documentario sulla produzione del Bacardi. Seriamente, a chi cazzo poteva interessare una cosa del genere?
Si fermò a guardare le palpebre abbassate di Frank e i lievi movimenti che faceva il suo corpo mentre respirava. Quasi si dimenticò della coroncina. Abbassò fulmineamente gli occhi e si allontanò un po'. Gli prese la mano e distese le sue dita costringendolo ad aprire il palmo dove posò la corona.
Frank la strinse ed aprì gli occhi ridendo: - Cosa? - 
- Già. -
Frank rise di nuovo e se la piazzò in testa: - Cosa- Io- Immagino di essere una principessa adesso. -
- Lo sei sempre stata. Stiamo solo ufficializzando un po' le cose. Pensavo ti sarebbe piaciuta. -
- L'adoro... nella misura in cui un ragazzo può apprezzare una corona da principessa. - aggiunse impacciato. 
- So che la ami. -
Frank scoppiò a ridere di nuovo imbarazzato: - Mh... già. - 
Gerard gli sorrise: - Ti aspettavi qualcosa di meno stupido? - domandò. 
- No. Assolutamente. Ti conosco. Dopo quel cane non mi regalerai più niente di serio. - 
- Può darsi. - convenne. 
- Che poi, le principesse indossano davvero la corona? -
Gerard spalancò gli occhi preso in contropiede dalla domanda e poi scoppiò a ridere: - Merda, è vero! Magari è una cosa da regine. - 
- Non lo so. Mia cugina a carnevale si vestiva da principessa e si metteva la coroncina quindi... -
- Magari è solo un luogo comune del cazzo perchè è da sfigati vestirsi da regine. - 
- Non lo so. - si strinse nelle spalle. Fece un respiro profondo e si sistemò nervosamente la corona. 
Dovevano parlare. 
La corona doveva aver spezzato la serietà di quello che Frank voleva dirgli perchè non sembrava riuscire a parlare. 
Gerard nemmeno voleva stare a sentirlo. La sua mano scattò al telecomando: - Accendo la tv? Magari ci sono i cartoni animati porno- -
- No. - sussurrò Frank.
- -quelli dove il treno entra in un tunnel troppo stretto facendo sanguinare la montagna, offrono metafore davvero molto interessanti e sottili- -
- No. - ripeté Frank.
- Okay. - annuì Gerard. Mollò il telecomando ed evitò di guardare Frank perchè sapeva che l'avrebbe intimidito ancora di più. Se Frank aveva davvero intenzione di parlargli - e sapeva che ce l'aveva - non avrebbe cercato di impedirglielo per merdoso egoismo o anche solo perchè era un codardo. 
Capì dal suo ultimo respiro profondo che aveva finalmente raccolto abbastanza coraggio da parlargli: - Ieri sera ti amavo più di quanto riuscissi a sopportare. Ho provato a stare solo. Ho chiamato al telefono Jamia e le ho detto che non riuscivo a dormire e siamo rimasti svegli a parlare al telefono fino alle quattro di mattina, quando gli sbadigli hanno preso il posto delle parole. L'ho chiamata per cercare di capire se mai avrei potuto sposarla e amarla e metterla incinta e mi è sembrato tutto inverosimile. Non voglio rovinare la vita di Jamia. Non voglio continuare a mentirle, ma so che non resterebbe insieme a me se sapesse la verità. So che non mi starebbe vicino come mi sta vicino adesso se sapesse che da me non può avere nulla, perchè gli esseri umani sono egoisti e credo sia giusto così. Non puoi dare tutto te stesso a una persona che non vuole o anche solo non riesce a darti nulla. Ma non voglio perderla. Lei è sempre lì per me. A volte anche solo per ridere e raccontarci di quando a sedici anni lavoravamo nello stesso negozio senza saperlo. A raccontarci le cose stupide che a volte succedono. E'... mia amica. Non mi ha mai fatto un singolo torto, e so che se mai lo facesse io sarei disposto a perdonarla perchè le voglio bene. L'unico difetto della nostra relazione sei tu. - fece una pausa accorgendosi di quanto brutale e diretto fosse stato. 
Gerard non disse nulla.
Frank forse si era illuso che Gerard non l'avesse presa male perchè continuò a parlare e Gerard era convinto che se avesse saputo come si sentiva avrebbe smesso di parlare: - Ho passato la notte a cercare di capire se sarei mai riuscito ad essere felice in qualche modo, ma non riesco a eliminarti e innamorarmi di Jamia. Non mi è mai successa una cosa del genere. Hai- hai la maglietta al contrario. - notò con una piccola smorfia afferrando l'etichetta. Sfilò la maglietta dalla testa di Gerard e fece per rovesciarla ma finì per lasciarla sulle coperte e alzarsi sulle ginocchia per crollare addosso al più grande. Forse le sue intenzioni erano meno goffe di quanto fossero risultate una volta eseguite ma fece finta di niente e lo baciò.
Innescati da quel primo bacio ruzzolarono sulle coperte. La corona cadde sulle lenzuola.
I strati di vestiti scivolavano via in silenzio, i loro respiri inciampavano gli uni sugli altri. Le ossa si scontravano, la pelle veniva strofinata a volte dolorosamente. Le labbra erano in costante movimento e gli occhi perennemente risentiti ma mai insoddisfatti. 
Feriti perchè in grado di ferire, amati perchè capaci di amare. Perfettamente imperfetti. 

Si diedero la buonanotte ma rimasero svegli a respirarsi a vicenda finché entrambi non se ne accorsero e presero a ridere con leggerezza. Tutto sistemato in precaria armonia. 
Avevano le facce pulite, gli occhi asciutti, le lingue umide, e ottime risate contagiose. Avrebbero potuto essere perfetti in quel momento, e più ci pensava più sapeva che lo stava perdendo. 
Lo baciò sulle labbra mentre scoccavano le quattro di mattina e smise di baciarlo quando le cinque cercarono di illuminare il cielo fuori dalla loro finestra aperta. 
Si addormentò sul suo collo e si svegliò fra le sue braccia. Stretti nella finzione che fossero solo amici ma abbastanza onesti da permettersi di sorridere.

- Sei nervoso? -
- Sì. No. - si corresse con una smorfia.
Lindsey sorrise e si appoggiò alla sua spalla stringendogli il braccio: - Dai. Vai a cambiarti. - aggiunse prima di baciargli le labbra. 
- Okay. Lindsey tu sei- tu mi ami parecchio. - notò cercando di nascondere la paura. Non sapeva come aveva fatto a farsi scappare una frase del genere. Di solito aveva più autocontrollo.
Lindsey si era messa a ridere: - Non dovrei? -
- Sono punti di vista... per quanto ne penso io... non dovresti. - . Non aveva idea di che cazzo stesse dicendo. Probabilmente la prossima frase sarebbe stata una clamorosa dichiarazione su quante cose gay facesse con Frank.
- Perchè non dovrei? -
Pensò a tutti i telefilm che aveva visto. Ai fidanzamenti etero avuti finora. Scavalcò spudoratamente e ad occhi chiusi l'intero capitolo riguardante Eliza prima di iniziare a piangere, ma fece in tempo a pensare di nuovo a quanto sarebbe potuto andare tutto bene con lei. Pensò ai film che aveva visto. Alle commedie romantiche. Alle tragedie. A Romeo e Giulietta e nemmeno si perse a riflettere sulle parole di Jimmy Urine riguardo la loro storia d'amore. Pensò a cosa direbbe un ragazzo etero insicuro e coi capelli neri alla propria fidanzata. E le disse che aveva l'impressione di non esserci sempre quando Lindsey aveva bisogno di lui. 
Una gloriosa cazzata. Sentiva i fuochi d'artificio del suo cervello che scoppiava allegramente. 
- Non è vero. Non preoccuparti. - scosse la testa Lindsey, con quel genere di sorriso addolcito che solo un essere umano dotato di vagina può fare. 
- Davvero, ci vediamo poco, e in qualche modo tu nei momenti più importanti ci sei sempre stata per me e io ho paura di perdermi i momenti in cui tu avresti bisogno di me. - 
- Quando ho avuto bisogno di te ci sei sempre stato. Credimi. E se mai non ci fossi stato non importerebbe perchè è normale che tu abbia la tua vita e i tuoi impegni. E poi so che mi ami, mi concentro su questo. - .  
Si accorse che erano tutti in trappola. Lindsey era in trappola, Frank era in trappola, Jamia era in trappola, Gerard stesso era in trappola, l'intera band era in trappola. Lindsey era intrappolata nell'amore per Gerard, Frank era intrappolato nel bisogno di Gerard e Jamia, Jamia era intrappolata nell'amore per Frank, la band era intrappolata nei casini che Gerard creava, nei suoi dubbi, nelle sue improvvise decisioni di chiudere un progetto senza avere idea di come iniziare quello successivo. Si sentì svenire e indietreggiò per davvero mentre le gambe tremavano e lentamente smettevano di reggere il peso del suo corpo.
- Gerard? - domandò Lindsey spalancando gli occhi.
Gerard vedeva tutto giallo. Non sapeva perchè. Si sentiva sudare. Strizzò gli occhi cercando di schiarirsi la vista ma i puntini gialli offuscavano sempre di più il viso di Lindsey: - Lindsey. - . Serrò le labbra cercando di bloccare il conato di vomito e ci riuscì, - Sono preoccupato. - . Si sentiva spingere verso il basso. Qualcuno stava dicendo "merda" e Gerard come udito si sentiva sotto litri di acqua pesante. 
- Quante dita sono? -
Pensavano fosse un cazzo di scherzo? 
- Che porca puttana ne so, non vedo un cazzo! - . Cominciò a preoccuparsi seriamente del fatto che probabilmente nessuno lo stava prendendo sul serio. Si chiese quanto ci sarebbe voluto prima che l'incubo finisse. Se prima che qualcuno cominciasse a fare qualcosa dovesse vomitare sulle scarpe di Lindsey. Sapeva che molto probabilmente aveva un'incredibile faccia da culo e quasi non gli importava..
Gli buttarono dell'acqua in testa e Gerard si chiese se si fosse seduto perchè si sentiva le chiappe schiacciate. La spina dorsale gli faceva male. Si sentiva schiacciare da qualcosa. 
- Oh, merda. - . Sentì il bisogno di vomitare ma finì per tossire e basta. Sentiva l'acqua fredda gocciolargli dai capelli sul viso bollente. Strizzò gli occhi e vide tutto quanto lucidamente e sospirò sollevato a Ray che aveva una bottiglietta d'acqua in mano mezza vuota.
- Mio-Dio-grazie. - 
Ray sorrise: - Stai bene? Avevi le labbra totalmente bianche e devi ancora metterti il cerone in faccia. Per l'ultima volta. - aggiunse. 
- Avevo le labbra bianche? - domandò Gerard. A dire il vero quel genere di cose lo affascinavano. Raramente gli capitava di svenire, e gli sarebbe piaciuto vedersi mentre sveniva. 
- Sì, terribilmente. - 
Lindsey era inginocchiata al suo fianco e gli accarezzava i capelli: - Che ti era successo? - 
- Non lo so. - 
- Secondo me sei un pochino nervoso per sta sera. - dedusse fingendo di non esserne convinta.
Gerard cercò di ridere: - Un pochino. -, anche se in effetti quello era solo un quinto dei suoi problemi, - E' stato assurdo. -
- Gee, se vuoi possiamo chiudere la parata un altro giorno. Non dobbiamo farlo per forza oggi. Intanto nessuno a parte noi sa dei nostri piani. Magari ci pensi meglio in questi quattro giorni a casa e poi vediamo che fare- -
- Questi quattro giorni a casa? - chiese Lindsey confusa.
Gerard si sentì svenire di nuovo.
Ray in tutta risposta disse un elegante "Eeeh-uhm".  
- Gerard? - insistette Lindsey.
Gerard sperò con tutto sé stesso di perdere coscienza ma non funzionò: - Credo di essermi dimenticato di dirtelo. - disse. Idiota come non era mai stato. 
- Già, lo credo anch'io. - sbottò. 
- Lin- -
- Io pensavo di stare con te domani, invece te ne vai in New Jersey. Cosa ti costava avvisarmi? - 
- Scusa, ti prego- -
- No, è tardi, vai a cambiarti. Non preoccuparti adesso, devi fare un concerto e devi venire filmato, non abbiamo tempo per mandarti nel panico. Ne parliamo dopo. - . Gli prese il viso con entrambe le mani e lo baciò sulle labbra prima di alzarsi in piedi. Se ne andò. 
Gerard si chiese come riuscisse a comportarsi così correttamente in situazioni del genere. Era troppo perfetta per starsene con una merdina zoppa come Gerard.
Ray guardò mortificato Gerard: - Non pensavo di- -
- Fa niente. Andiamo a cambiarci. - . Si mise carponi e lentamente si alzò con l'aiuto di Ray.
Gerard lo ringraziò, lo tranquillizzò di nuovo riguardo Lindsey e andò nel proprio camerino. Frank era già pronto per il concerto e lo aspettava seduto a terra mentre guardava con aria depressa il cellulare. 
- Tutto bene? - chiese Gerard chiudendosi in fretta la porta alle spalle prima che Lindsey scoprisse un altro paio di cose che non sapeva su Gerard.
Frank lo guardò, provò a sorridere e annuì: - Sì. Tu? -
- Sono quasi svenuto e Lindsey mi vuole lasciare. -
- Cosa? - chiese stupefatto. 
- Non ho tempo per spiegarti, piccolo. - . Spalancò gli occhi dopo essersi accorto di come lo aveva chiamato e si sentì mancare il respiro. Pensò che non aveva tempo per svenire e si rovesciò la bottiglietta d'acqua di Frank in testa.
- Che stai facendo? - proseguì a sconvolgersi Frank.
- Cerco di non svenire. - spiegò in fretta Gerard, confortato dal fatto che ci vedesse di nuovo bene. Si asciugò la faccia con un asciugamano e cominciò a truccarsi, - Prendimi la divisa. -
- Hai la febbre? Sembri pazzo. -
- No, Frank, è che sono in un casino assurdo, mi fa male la testa da quanto preoccupato sono per tutto e fra un po' verremo filmati per un concerto intero e non volevo fare tutto con questa fretta! - spiegò sbraitando. In un gesto di stanchezza si passò una mano sulla faccia e per puro culo beccò la parte ancora senza trucco, altrimenti si sarebbe messo a prendere a calci tutto ciò che vedeva. Guardò la faccia sorpresa e spaventata di Frank e riprese a farneticare: - No, per favore, non offenderti. Per favore. Prendimi la vali- no che cazzo, la divisa, per favore. - . Stava confondendo perfino i termini.
- Rilassati, abbiamo ancora dieci minuti. - 
- Frank. - cominciò a spiegare, vicino alle convulsioni per l'attacco isterico che gli stava venendo, - Verremo filmati prima di salire sul palco. - cominciò a spiegare sollevando una mano con la quale gesticolò febbrilmente, - Dovremo fare una camminata solenne e composta, dovremo essere fighi e sicuri di noi, pettinati, truccati, composti, e non ho mai avuto tutto sto stress prima di un cazzo di concerto e doveva venirmi proprio adesso, perfetto! Odio il mondo. - 
Frank si limitò a sospirare e Gerard si costrinse a non pugnalarlo con la matita nera. Odiava quando era in una delle sue crisi isteriche più nere e il mondo non capiva la gravità della situazione. Riprese a truccarsi.
Frank si fermò alle sue spalle reggendo i pantaloni e la giacca. 
- Okay, okay. - farfugliò Gerard smettendo di mettersi il cerone bianco sulle guance, - Odio essere morto! - urlò poi guardando la sua stupida faccia bianca allo specchio.
- Sei totalmente fuori.- disse Frank. 
- Non- tu non- - lasciò perdere e si sfilò in fretta i vestiti per scambiarli con quelli per il concerto, - Abbottonami pantaloni e giacca, grazie. - 
- Okay. - disse Frank mettendosi sulle ginocchia per chiudergli i pantaloni.
Gerard sperò che non gli venisse un'erezione altrimenti era davvero la fine. Finì col cerone mettendoselo pure sul collo e poi si sistemò un po' i capelli mentre Frank cercava di chiudergli tutti i bottoni della giacca stando sulle ginocchia e sollevandosi appena man mano che i bottoni stavano più in alto. Strofinò involontariamente il petto sul pacco di Gerard e Gerard trasalì scioccato.
- Il cazzo! - protestò poco elegantemente.
- Quale cazzo? - chiese confuso Frank.
- Il mio! - 
Frank continuava a non capire e Gerard decise di lasciare perdere: - Ehi, ho finito, torna su. - 
Frank rise e lo imitò: - "Torna su!". - . Si alzò in piedi e rimase di fronte a Gerard a guardarlo con un lieve sorriso, - Ce l'hai fatta in tempo, visto? Mancano ancora cinque minuti. - 
Gerard sospirò sollevato e abbracciò Frank. Percorse con le mani la sua schiena cercando di memorizzare la consistenza del tessuto della giacca: - E' l'ultima volta che- -
- Lo so. - confermò Frank. 
- Un po' mi dispiace. -
- Davvero? Pensavo di essere l'unico. -
- Non sei mai l'unico in questo mondo. C'è sempre qualcun altro coi tuoi stessi problemi. - 
Si scostarono e Frank annuì: - Già. - 
Gerard sospirò di nuovo per scaricare tutta l'ansia accumulata poco prima e poi, addirittura, decise di raccontare a Frank quanto accaduto: - Lindsey ha scoperto che andiamo in New Jersey e non le avevo detto nulla. - sussurrò come se dopo tutte le urla importasse che qualcuno lì fuori non li sentisse.
- Oh. Ti perdonerà. -
- Tu l'hai detto a Jamia? - 
- Le ho detto che staremo lì al massimo due giorni e che non ne vale la pena che venga a trovarmi perchè avrò da fare con la mia famiglia e lei ha capito le circostanze e basta, tutto qui. -
- Le hai mentito. -
- Un po'. Tu hai fatto di peggio. - notò con un sorriso.
- Oh. Vaffanculo. - 
- Perchè l'hai fatto? -
- Perchè voglio scoparti. - 
Frank strizzò gli occhi turbato come se avesse appena visto la Madonna fare un pompino a Satana e subito dopo prese a respirare faticosamente. 
Gerard lo baciò, poco in vena di essergli d'aiuto: - Pensavo ti mancasse. -
- Cosa? -
- La mia assurda volgarità. -
- Infatti è stato... come... - sospirò lasciando nell'aria le sue frasi incomplete e i suoi respiri veloci. 
- Okay. - finse di capire Gerard. 
Frank lo baciò e da qualche strano movimento Gerard capì che voleva andare molto oltre e lo bloccò.
- Dobbiamo andare. - gli ricordò. 
Frank annuì con foga e si allontanò cercando di ricomporsi: - Hai paura? - chiese con gli occhi spalancati. Sembrava lui quello spaventato. 
- Sì. Tu? -
- Anch'io. - 
Sospirarono e sorrisero. 
- Okay, sai una cosa? - disse Frank, agitando una mano nell'eccitazione di esprimere quello che voleva dire, - Non dobbiamo avere paura. I fan sono affezionati ai My Chemical Romance, non alla Black Parade... quindi- andrà tutto bene. Credo. Andrà- sì. - annuì convinto infine. 
Gerard sorrise e lo baciò: - Lo so. -
- Allora di cosa hai paura? -
- Ho paura di uscire da lì e trovare Lindsey furiosa, ho paura di dirle "ti amo" e vederti piangere, ho paura che il problema non si risolverà smettendo con la parata nera e i costumi, ho paura di svenire sul palco, ho paura di morire adesso senza aver concluso nulla. - 
Frank rimase in silenzio per qualche secondo prima di decidere che fare. Gli prese la mano e la strinse forte mentre indietreggiava in direzione della porta: - Non aver paura, okay? Semplicemente non averla. - 
- O-kay. - balbettò prima che si lasciassero la mano ed uscissero allo scoperto nella parte di mondo che conteneva tutti i problemi. 

A dire il vero quando salì sul palco si sentì rilassato. Come se avesse finalmente tutto sotto controllo. Lindsey lo aveva baciato prima di salire sul palco, Mikey, Bob, Ray e Frank lo avevano stretto in un abbraccio di gruppo e Gerard aveva capito che nulla contava più di tanto finché sapeva che nella sua vita reale e quotidiana avrebbe sempre potuto contare su di loro. Capì che nella band stava dando il meglio di sé e se avrebbero fallito allora non importava, non aveva nulla di cui pentirsi. Capì che con o senza My Chemical Romance sarebbe sempre rimasto sé stesso, con gli stessi problemi, gli stessi pensieri, la stessa stretta allo stomaco, gli stessi amici, le stesse mani da stringere e labbra da baciare. Avrebbe continuato a fare del suo meglio perchè era l'unica cosa giusta che avrebbe mai potuto fare.  
Guardò le telecamere volteggiare attorno a lui e gli altri, guardò gli uomini della security cercare di placare l'esaltazione di tutti quegli adolescenti consapevoli di finire su un dvd e forse anche troppo convinti di diventare famosi. Cercò di parlare e fu onesto. Era così semplice amare dei visi per un'ora e poi scendere dal palco e dimenticarli fino a quando qualche anno dopo non li avrebbe rivisti e amati un'altra volta. Era facile amare visi dipinti dall'espressione di chi sta guardando qualcuno di perfetto, visi che non avrebbero mai saputo di quanto marcio si sentisse Gerard. Era sicuro che quei visi rientrassero nella categoria delle cose che lo tenevano in vita. Ed era abbastanza sicuro che non sarebbe mai riuscito ad abbandonarli del tutto.

Si tolse per l'ultima volta la giacca. La coprì con il telo trasparente protettivo e si sfilò i pantaloni. Li appese e guardò la divisa come se fosse la prima volta in vita sua che la vedeva. Guardò i bottoni  con i quali Frank aveva giocherellato, guardò la manica sulla quale Ray aveva accidentalmente rovesciato della birra durante il concerto a Chicago, guardò i pantaloni che una volta Bob si era infilato perchè avevano confuso i camerini, guardò la spalla su cui a volte Mikey aveva appoggiato la mano quando a fine concerto si prendevano qualche minuto per salutare il pubblico. 
Capì che quella divisa conteneva gran parte della sua vita, infanzia compresa. Capì che era quello che aveva da sempre sognato ma allo stesso tempo quello che aveva da sempre temuto. Capì che aveva reso grandi i My Chemical Romance e infine li aveva distrutti. 
Si meravigliò del fatto che dopo tutti i concerti, tutti i casini nel backstage e tutte le distrazioni di Gerard era ancora perfettamente intatta. 
Realizzò che aveva appena chiuso un capitolo e che se ne stava per aprire un altro e ancora non aveva idea di come affrontarlo.
Poi sorrise perchè la vita era fatta esattamente di questo. 
Prese il cellulare e non si spiegò perchè mandò un messaggio a Frank. Voleva solo fargli sapere che aveva ancora paura ma che era stranamente felice e che non provava risentimenti. Voleva che Frank lo sapesse, semplicemente. E gli scrisse di essere felice che facesse parte della propria band insieme agli altri e gli confessò che finché sarebbero stati loro cinque contro il mondo aveva ancora voglia di andare avanti. 
Non aspettò la riposta al messaggio perchè gli bastava che Frank avesse letto e sapesse come Gerard si stava sentendo. Si vestì coraggiosamente e uscì dal camerino e si preparò ad affrontare qualsiasi cosa Lindsey avrebbe mai voluto dirgli.

Quando la raggiunse non la guardò davvero negli occhi perchè non voleva anticipazioni sul suo stato d'animo. Si limitò a prenderla per mano e portarla nel parcheggio senza calcolare i fan che lo stavano aspettando con le transenne fra le costole e dei pazzi e affannati sorrisi. 
Lindsey sorrise nel sentire le improvvise urla e lo incoraggiò ad andare da loro. 
Gerard li raggiunse e le urla non fecero altro che aumentare. Firmò di tutto tranne che parti del loro corpo, cercò di sorridere in tutte le foto nonostante si sentisse terrorizzato dalle incessanti urla e infilò distrattamente in bocca dei pennarelli che gli erano stati imprestati perchè estremamente distratto dalle varie richieste. Il risultato fu che quando domandò di chi fosse quel pennarello rosso alzarono la mano una decina di persone. Non pensava che al mondo esistessero dieci persone desiderose di avere della saliva di Gerard Way sul proprio pennarello. Acconsentì ad abbracciare alcuni di loro tramite le transenne e quando la degenerazione raggiunse le stelle con adolescenti messicane che cercavano di scavalcare le transenne arrivarono di corsa quelli della security con le costolette di maiale ancora in mano. Fu una delle scene più comiche di sempre, considerando il terrore che continuava ad assalire Gerard per delle semplici ragazze sedicenni.
Quando finì di fornire loro prove materiali che avevano incontrato Gerard Way si fermò ad ascoltare i loro resconti sulla loro adolescenza disastrosa e la grande svolta quando scoprirono I'm Not Okay su MTV. Rispose alle loro domande un po' strane e quando arrivarono totalmente spaesati Frank e Mikey e nuove urla vennero innescate decise di lasciarli da soli nel casino ed andare finalmente da Lindsey.
Passò accanto a Frank e guardò il suo sorriso sorpreso nel vedere tutta l'esaltazione che aveva creato facendosi vivo insieme a Mikey. Lo abbracciò e baciò Mikey sulla guancia prima di correre da Lindsey che era rimasta ferma ad assistere il tutto con altrettanta sorpresa. 
- Riuscivo a sentire da qui il rumore umidiccio delle loro mutandine bagnate. - commentò facendo scoppiare a ridere Gerard.
Adorava le volgarità di Lindsey con tutto sé stesso. Era praticamente la versione femminile di Gerard Way. Forse erano state proprio le sue manie narcisiste a spingerlo a scoparsi quella prima volta la bassista dei Mindless Self Indulgence. 
Si sedettero sul marciapiede, nascosti dall'autobus della band di supporto, e cominciarono a parlare per davvero.
- Perchè non me l'hai detto? - domandò quindi Lindsey, accavallando le gambe distese sull'asfalto.
- E' che... so che suona assurdamente brutto, ma vorrei passare del tempo coi miei amici. Come ai vecchi tempi. Nessuna responsabilità, nessun titolo- -
- Nessuna fidanzata. - concluse, spostandosi un po' per guardarlo con quegli occhi così diversi da quelli di Frank.
- Non volevo offenderti. - 
- Perchè siamo fidanzati se non ti va di passare del tempo con me? - . Si portò velocemente una ciocca di capelli dietro l'orecchio nell'attesa e si morse il labbro. 
- Non è vero, amo passare del tempo con te, solo che... ci sono circostanze in cui, sai- - 
- Come farsi vedere in giro mentre fai shopping con mammina? -
- No, non è che mi vergogno di te. Affatto. E' che... sai, il New Jersey. Non è che non ti voglio... io ti amo. Solo che... i miei amici. Non... - . Era incredibile come non riuscisse a spiegarsi. Pensava di essere più bravo a mentire. Sospirò arrendendosi e Lindsey annuì e si abbracciò le ginocchia guardando l'asfalto di fronte ai propri piedi. 
- Mi tradisci. -
- No! - 
- Allora mi vuoi tradire. -
- Non ti voglio- -
- Sai una cosa? Fanculo. Vai in New Jersey dai tuoi amici, scopati un'amica delle superiori e quando tornerai da me continuerò ad amarti. Fa niente. -
- Non fare così. Non mi scoperò un'amica delle superiori e in ogni caso non- -
- No, sai, se lo fai ti lascio. - cambiò improvvisamente idea. Gerard non pensava di essere abbastanza coglione da sballare i pensieri perfino a Lindsey Ballato, - Se- - strinse le labbra e fece un respiro profondo, - Se lo fai me ne vado per davvero. - 
- Okay. - annuì Gerard, - E' giusto così. - 
Lindsey appoggiò il proprio peso sulle mani appoggiate sull'asfalto dietro di lei e guardò di nuovo Gerard: - Davvero vuoi stare solo coi tuoi amici? -
- Beh, sì. Pensaci. Mi vorresti in mezzo a tutte le tue amiche? -
Lindsey sorrise e fu come se il sole tornasse a splendere, letteralmente. Forse l'ansia offuscava per davvero la vista o qualcosa del genere. O forse alla fine era davvero innamorato: - No. - convenne lei, - Considerando che la maggior parte di loro aveva una cotta per te ancora prima che noi due ci fidanzassimo. - 
- Oh.-
Lindsey tornò a sedersi composta e si avvicinò a Gerard e giocherellò con le sue dita: - Okay. Scusa. Posso davvero capirlo. Solo che... quando tieni così tanto a una persona cominci ad avere paura di tutto, e sembra quasi che io lo faccia apposta a tirare fuori problemi dove nemmeno ci sono ma sappi che non c'è modo che io possa evitarlo, né ora né in futuro. Quindi se la situazione comincia a farti schifo sei libero di andartene. Adesso. -
Gerard la baciò: - Non me ne vado. Ti amo. -
Lindsey sorrise di nuovo, così felice da confonderlo fino ai battiti cardiaci, e sollevò le braccia e Gerard si avvicinò impaurito da tutto e si lasciò abbracciare: - Ti amo. -
Del tutto perfetti tranne per il fatto che stavano sbagliando esattamente tutto.

Si accorse di quanto fosse folle il fatto che Frank stesse cercando di rispondere a un messaggio di Jamia mentre Gerard lo scopava pensando che avrebbe distrutto Lindsey come stava facendo con Frank. Si stavano trascinando dietro le relazioni più sbagliate di sempre. Si chiese perchè Mikey, Ray o Bob non li insultassero costantemente per questo. 
Arrivò a strane considerazioni.
Decise che non esistevano bei modi per concludere una relazione, quindi rimandarne la fine era puro altruismo profumato di sesso. 
Capì che non c'era niente di cui stupirsi se lui e Frank erano messi così male. Infondo era da sempre stato nei propri geni essere persone assurde. In pratica, i ragazzi potenzialmente più strani dell'intero pianeta si erano incontrati e si erano innamorati. O meglio, uno di loro si era innamorato. Avrebbero dovuto sapere dall'inizio che sarebbe finita male. Avevano perso stupidamente troppo tempo a sperare che in fondo un modo per tenere tutto in equilibrio esistesse. Insomma, Frank era una ragazzo fatto come si deve: complicato, perennemente perso in indefinibili vortici di sensazioni, imperdonabilmente innamorato della persona più sbagliata di sempre e con un debole per la depressione. Avere a che fare con Frank non era semplice. 
Non che Gerard si reputasse un ragazzo semplice e incline alle buone azioni e all'ottimismo... ma l'amore era la cosa peggiore di sempre e il destino, o Dio, o il karma, o Babbo Natale aveva voluto che il lato più losco delle varie gradazioni di quel sentimento capitasse a loro.
Se Frank non si fosse innamorato di Gerard avrebbero continuato ad essere strani, sì, ma per cazzi loro. Entrambi con i propri problemi di cui nessuno doveva venire a sapere. Invece messi com'erano adesso tutti i loro problemi si mischiavano e buttavano giù entrambi. I problemi di Gerard si cibavano di Frank e i problemi di Frank si cibavano di Gerard.
A volte erano proiettili, a volte erano nauseanti cumuli di ansia, preoccupazioni, false promesse, dolorose verità e un pizzico di voglia di morire l'uno nella mano dell'altro e chiudere lì tutto quanto. 
Sarebbe stato meglio per entrambi non essersi mai conosciuti.
Capì che si sentiva strano quando Frank dormiva e lui rimaneva sveglio a fissarlo. 
Capì che non pensava mai a Lindsey tanto quanto a Frank e che avrebbe voluto che fosse il contrario.
Capì che ogni giorno capiva molte cose eppure rimaneva bloccato sullo stesso punto con le stesse domande.

Salutarono Bob e onestamente fu più brutto di quanto Gerard si potesse mai aspettare. Per un attimo pensò che poteva essere colpa del pre-ciclo prima di realizzare di essere un ragazzo e si chiese perchè riuscisse a pensare così sbadatamente a cose da ragazze. Qualcosa non andava.
Avevano cercato di convincere Bob a venire con loro ma in effetti era comprensibile il fatto che volesse stare con la propria famiglia a Chicago. Però aveva promesso che finito il tour sarebbe andato a dormire da loro così avrebbero potuto mostrargli il New Jersey in tutta la sua merda e alla fine si erano sorrisi e abbracciati e semplicemente separati senza dire più molto prima che il groppo in gola sfociasse in un vero pianto abbastanza stupido. Avevano deciso che Bob avrebbe dovuto mandar loro delle foto della sua vita a Chicago e loro avrebbero fatto lo stesso con lui. Sarebbe stato come sentirsi vicini solo incredibilmente deprimente. 
Un po' stressati avevano preso diverse direzioni in aeroporto e si erano fatti le loro due ore di check-in prima di poter entrare nell'aereo vero e proprio e cominciare a perdere tempo. Le quattro ore di viaggio passarono con Frank che ascoltava quasi sempre musica e dormiva, Mikey che cercava di leggere un fumetto che Gerard gli aveva imprestato, Ray che scriveva canzoni e Gerard che leggeva Cosmopolitan addormentandosi ogni tanto contro il sedile perchè seriamente la spalla di Frank era di qualche centimetro troppo distante per apparire un posto comodo su cui appoggiare la testa.
A un certo punto non aveva resistito all'impulso di svegliare Frank per fargli uno di quei test del cazzo per poi scoprire che Frank era una santarellina noiosa che non si sarebbe mai scopata l'idraulico figo e che non avrebbe mai usato una carota come sex-toy.
Poi Frank tornò ad addormentarsi dopo essersi beccato una ramanzina dalla redazione di Cosmopolitan per essere "una ragazza troppo timida e chiusa" che col tempo "si sarebbe pentita di non aver vissuto la propria giovinezza" con una carota in culo, insomma.
Dopo aver letto i colori che indossavano di più le star lasciò perdere Cosmopolitan e guardò fuori dal finestrino nient'altro che le nuvole. Si guardò intorno e incrociò goffamente lo sguardo della hostess. Distolse lo sguardo e guardò il ginocchio di Frank vicino al suo e sospirò. Glielo accarezzò per svegliarlo ma Frank continuò a dormire imperturbabile. Allora prese una cuffia del suo iPod e se la mise all'orecchio spinto dalla curiosità di sapere che musica stesse ascoltando. Frank nemmeno se ne accorse. Avrebbe anche potuto svestirlo e non se ne sarebbe accorto.
C'era una canzone dei Bright Eyes (il gruppo del poeta depresso che piaceva tanto a Frank e che, a dirla tutta, cominciava segretamente a piacere pure a Gerard). Tornò ad appoggiarsi al sedile giocando a uno stupido gioco che Frank gli aveva scaricato sul cellulare e la canzone dopo attirò la sua attenzione. Più che altro attirò tutte le parti del corpo di Gerard in grado di fargli provare dolore emotivo così grande da diventare parzialmente fisico. Non voleva sapere il titolo della canzone. Non voleva sapere chi fosse la ragazza che la stava cantando. Sapeva solo che il breve testo parlava di loro così onestamente da far male. O meglio, parlava di come doveva sentirsi Frank. Si tolse la cuffia dall'orecchio e semplicemente la lasciò pendere sul petto di Frank mentre in velocità prendeva i propri auricolari per ascoltarsi dei sani Iron Maiden in grado di distrarlo da quelle gialle sfumature di tristezza gay. 
Atterrarono in New Jersey e tutto sembrò andare per il verso giusto. All'uscita dall'aeroporto Gerard lanciò un sacchetto di patatine vuoto in direzione del cestino e fece addirittura centro.
Uscirono dall'aeroporto e si fermarono per guardarsi intorno. Non c'era niente di speciale, c'era la normalità. Era quello che gli mancava. 
Esitarono di fronte a quell'ammasso di roba normale e lentamente presero a ridere. 
Spararono un paio di frasi su quanto tutto fosse assurdo e decisero di assecondare l'amore di Gerard per la guida permettendogli di passare quella sera insieme a Mikey a prendere Ray e Frank per uscire insieme. Si presero qualche secondo per apprezzare l'insolito scambio di battute e infine salirono sui taxi. 
Gerard e Mikey passarono il viaggio a ridacchiare come minorati mentali, proprio come quando erano bambini e nei lunghi viaggi in macchina condividevano gli auricolari e ascoltavano lo stesso cd degli Smiths. 
Si scusarono con l'autista per il flusso di risatine infantili, lo pagarono e scesero dal taxi.
Salirono sul portico di quella che era la loro casa con le dita che stringevano saldamente i manici delle valige. 
Suonarono il campanello e dopo qualche passo affrettato e un "Donald!" urlato la porta si spalancò facendo comparire la madre e subito dopo il padre. 
- Finalmente! - sospirò sollevata la madre abbracciando entrambi, - Al telegiornale dicevano che in Messico c'era brutto tempo- -
- Stiamo bene. - la tranquillizzò Gerard annuendo. 
La madre si portò una mano al cuore: - Grazie a Dio. A proposito, pregate ancora prima di andare a dormire, vero? -
A Gerard venne da ridere a pensare che prima di andare a dormire invece di pregare si guadagnava un posto all'inferno scopando con Frank e distolse lo sguardo cercando con tutto sé stesso di trattenersi mentre Mikey spiegava diligentemente che la stanchezza serale era più forte di ogni divinità. 
Il padre diede loro delle pacche come cenno di saluto con un sorriso un po' emozionato. 
Gerard guardò i propri genitori e si rese conto di quanto confortante fosse il fatto che erano rimasti sempre gli stessi. Che i capelli di sua madre avevano la tinta della stessa tonalità di biondo, che i suoi occhi erano truccati sempre allo stesso modo, che suo padre aveva le stesse rughe e indossava le solite polo della Lacoste. Tremendamente confortante. Perchè era come credere che il tempo non passasse e che non sarebbero mai morti. Che se un giorno avesse avuto voglia di pancake sarebbe potuto andare da sua madre e trovarla sempre disposta a prepararglieli. Che se un giorno avesse avuto bisogno di aiuto con una cassettiera da montare avrebbe potuto chiamare suo padre e lui avrebbe sempre risposto. Non voleva arrivare al giorno in cui suo padre non avrebbe più risposto al telefono e la cucina sarebbe rimasta vuota e i fornelli spenti. Era da quando era piccolo che desiderava che quel momento non arrivasse mai. Perchè non avrebbe mai voluto pensare che un giorno uno di loro due si sarebbe sentito solo senza l'altro mentre lui era da qualche parte nel mondo a cantare e divertirsi come se non gliene importasse nulla. Perchè gli importava. 
Guardò Mikey e si chiese chi fra i due sarebbe morto per primo e come. Era una rottura morire. Implicava tantissime cose e probabilmente era pure stressante. Per gli ultimi momenti di vita prima di diventare un cadavere e per chi rimaneva vivo e doveva organizzare funerali, comprare fazzoletti e fingere di stare bene in pubblico per evitare le facce da culo che vengono durante le crisi di pianto.
- Vi preparo i pancakes. - decise la madre. 
Gerard annuì e cercò di smettere di pensare alla morte. Seguì Mikey con la valigia.
- Lasciatela pure qui, ve la porto in camera. - disse il padre. 
- Okay. Grazie. - dissero obbedendo. Entrarono in cucina e la guardarono. Erano passati sei mesi dall'ultima volta che ci erano entrati, o forse un po' meno, ma sembrava molto di più. 
Guardò gli sticker che Mikey aveva attaccato al frigorifero quando erano piccoli e che nessuno aveva ancora avuto cazzi di togliere con tutta la colla da grattare via che c'era. Guardò addossati al muro quei seggiolini con tanto di ripiano per mangiare che risalivano all'epoca in cui camminavano come ubriaconi senza riuscire a stare dritti. Guardò le tazze che portavano incisi i loro nomi colorati di un giallo ormai sbiadito. Un giallo che gli ricordava le canzoni tristi che ascoltava Frank. 
- Prima ho fatto il caffé, dovrebbe essere ancora caldo. - disse la madre rigirando i pancakes sulle padelle. 
- Oh, perfetto. - disse Gerard prendendo la caraffa tondeggiante del caffé. Prese due tazze azzurre e ci versò dentro il caffé, - Vuoi il latte? - chiese a Mikey mentre versava il caffé nella sua tazza. 
- Sì. - annuì. 
Gerard glielo prese dal frigorifero e riempì la tazza fino all'orlo. Posò sul tavolo il piccolo contenitore con lo zucchero e si sedette a tavola con la propria tazza.
- Dai, raccontatemi qualcosa. - disse la madre versando nuovo impasto nella padella, - E' successo qualcosa di pazzesco durante questo tour? - 
- Uhm, nah. Non proprio. - si strinse nelle spalle Mikey, quasi dispiaciuto dal fatto che non avessero nulla con cui intrattenere la madre, - Cioè, sai, le solite robe pazzesche... i fan che urlano, le folle che vengono ad ascoltarci, tutti i posti che ci facciamo in tourbus, tutte quelle città... la solita ordinaria follia. - 
- Non vi siete fatti male? Avete bisogno di altri vestiti? -
- Mh, no. -
- Che ne dite di invitare a cena Frank e Ray con le loro famiglie? Dopo devo fare la spesa e posso comprare tutto l'occorrente, Frank è vegetariano, giusto? Potrei fare della pasta con- oh, ho ancora le ricette italiane della nonna, magari trovo qualcosa senza carne di buono... magari... pomodoro e... e formaggio. - scrollò le spalle voltandosi coi pancake pronti, - Sciroppo d'acero? - chiese.
- Sì, grazie. - risposero entrambi. 
- Magari vengono anche i fratelli di Ray, è da tanto che non li vedo. Per non parlare della madre di Frank, con il fatto che abita fuori città la vedo raramente, pensate che verrebbe anche il padre a cena? Magari con la storia che sono separati sarebbe imbarazzante. - . A Gerard erano mancati perfino i suoi attacchi un pochetto logorroici. 
- No, credo che i genitori di Frank vadano d'accordo. Altrimenti non credo che Frank sarebbe fiero di suo padre. E lo è, quindi... - annuì Gerard grattandosi la testa. 
- Dopo chiamo la madre di Frank allora, magari suo padre adesso non è nemmeno a Belleville e andrà a trovare Frank un altro giorno. - ipotizzò posando sul tavolo una bottiglia di sciroppo d'acero la cui etichetta sbandierava spudoratamente l'origine canadese. 
- Non serve che la chiami, mando un messaggio a Frank. - disse Gerard.
- Oh, come vuoi. Meglio. Magari evito figure di merda. -
Gerard e Mikey si misero a ridere anche solo perchè aveva detto una parolaccia. 
Il padre entrò in cucina e si mise a preparare altro caffé: - Vi ho messo le valige nelle camere da letto, cercate di non renderle un disastro prima di tornarvene in tour. - 
- Okay! Ehi, mamma, ci puoi lavare tipo- tutti i vestiti? - chiese Mikey.
- Non li laviamo da millenni. - confermò Gerard.
- Come fate ad avere delle ragazze? - domandò il padre, - A proposito, ce le avete? - 
- Sì. - mormorarono entrambi. 
- Ehi, Michael, com'è la ragazza di Gerard? -
- Papà, è Lindsey, te ne ho già parlato. - intervenne Gerard.
- E sembra un uomo? -
- No? - disse infastidito.
- Michael? - 
Mikey sospirò: - Ha le tette e si mette il rossetto e le gonne e le calze. Non sembra un uomo. -
- Quindi non sei gay? - chiese a Gerard versandosi del caffé sulla tazza. Si sedette a tavola mentre Gerard sospirava.
- Non lo sono mai stato. -
- Pensavo che con Frank- -
- Frank è il mio migliore amico. Non il mio ragazzo. -
Il padre lo guardò e tirò un sospiro: - Eppure sembri così gay. -
Mikey scoppiò a ridere e la madre distolse lo sguardo cercando di non fare lo stesso.
Gerard sorrise suo malgrado e riprese a mangiare senza commentare ciò che suo padre aveva detto.
- E tu, Mikey? -
- Sto con Alicia. -
- E' da millenni che state insieme, perchè non ce la fai conoscere? - chiese la madre.
- Perchè non esiste? - propose il padre.
- Esiste. - si limitò a dire Mikey.
- E' anche bella. - aggiunse Gerard. Finì i pancake e mandò un messaggio a Frank.
"Ehi Frank, prendi la tua famiglia e portala a cena da noi sta sera. Abbiamo la pasta vegetariana. 
P.S.: i miei genitori hanno capito che sono gay."

Gerard e Mikey aiutarono i loro genitori a preparare il tavolo in sala da pranzo ma ovviamente si tennero lontani dalla cucina. 
Quando suonarono al campanello erano entrambi nelle rispettive stanze a fissare scioccati come tutto era rimasto uguale. Non avrebbe avuto senso che i loro genitori le avessero riarredate in loro assenza ma rimaneva comunque assurdo il fatto che non fossero cambiate neanche di una virgola. Ogni volta che tornavano a casa ne venivano sconvolti. Guardavano tutti quei poster dei supereroi e si chiedevano che cazzo passasse loro per la testa quand'erano piccoli e avevano insistito così tanto per appenderli. 
Gerard aveva controllato se sotto il letto c'erano ancora quei fumetti per cui non c'era abbastanza spazio nei scaffali. Ricordò quella volta che sua madre era entrata in camera e lo aveva visto prendere un giornaletto da sotto il letto ed era sbiancata pensando che conservasse delle riviste porno invece era solo X-Men. Altro che porno. 
Urlarono dal piano di sotto di andare ad aprire e Gerard fu il primo a sfrecciare giù per le scale. Aprì la porta e si lasciò abbracciare dalla mamma di Ray. 
Strinse la mano ai due fratelli di Ray chiedendo loro velocemente come stavano e poi strinse la mano a suo padre. Infine abbracciò il chitarrista e gli schioccò un bacio in testa accompagnandolo in sala da pranzo mente Mikey trotterellava giù per le scale. Si sedettero a tavola a parlare e Gerard passò il tempo a tamburellare le dita sul tavolo nell'ansiosa attesa che il campanello suonasse di nuovo riportandogli Frank. 
Alle otto e due minuti il campanello suonò di nuovo e Gerard scattò in piedi. Mikey nemmeno si era alzato, tanto lo sapeva che Gerard avrebbe voluto andare ad aprire la porta personalmente. Calò la mano sulla maniglia e sperò che non fosse la polizia o qualcos'altro di assurdo ma semplicemente Frank. Spalancò la porta senza fiato. C'era anche suo padre. Sorrise.
- Ehi! - . Era strano vedere come piccola fosse la loro famiglia davanti a quella porta rispetto ai cinque membri della famiglia di Ray. 
La madre di Frank lo abbracciò come aveva fatto poco prima quella di Ray.
Gerard vide Frank sorridere imbarazzato oltre la sua spalla. Quando Linda lo mollò strinse la mano al padre che gli sorrise.
- Non crescete mai. - disse scompigliandogli i capelli. Da quando Frank stava insieme a Jamia improvvisamente suo padre aveva smesso di detestarlo. Buffo. Se ripensava al casino che aveva creato Frank raccontando tranquillamente ai suoi che stava insieme a Gerard gli tornavano i conati di vomito. 
Si limitò a sorridergli. Non credeva che il padre di Frank fosse falso. Solo che la gente che cambiava così velocemente opinione solo per questioni legate alla sessualità del figlio faceva paura. Gerard non aveva mai cercato di ammazzare Frank mentre "stavano insieme" quindi era stato a dir poco stronzo da parte sua guardarlo come se fosse un mostro. Insomma, facevano solo sesso, non si mutilavano a vicenda. 
Tenne la porta aperta e li fece entrare. Arrivò il padre di Gerard a salutarli e nella momentanea distrazione Gerard baciò sulla guancia Frank.
Frank spalancò gli occhi. Quel giorno erano verdi. 
Il più grande imitò la sua faccia sconvolta imbruttendola di proposito e poi gli diede una pacca sul sedere.
Donald li vide. Gerard gli sorrise. 

C'era un casino assurdo. Erano in dodici ma sembravano un esercito. Però era una frenesia piacevole. Tipo quella natalizia nei negozi. Sopratutto, tutti sembravano così felici.
Ovviamente raccontarono le cose imbarazzanti che facevano quando erano piccoli. Gerard che si vestiva da donna, Frank perennemente malato che offriva da bere sciroppi agli amichetti che lo venivano a trovare a casa, Ray che guardava ogni giorno Bambi e puntualmente piangeva, Mikey che all'asilo fingeva di essere muto perchè non aveva cazzi di relazionarsi col mondo. 
Raccontarono di quanto fossero stronzi Gerard e Mikey da piccoli e di quando quelle volte a casa della nonna scavavano in giardino e la nonna si preoccupava del fatto che potessero trovare il cane che aveva seppellito anni prima e per farli smettere di scavare si inventava che sarebbero arrivati alle fondamenta della casa e la casa sarebbe crollata. E Mikey e Gerard, a maggior ragione, continuavano a scavare appunto perchè erano stronzi.
Saltarono fuori storie che tutti credevano di aver ormai dimenticato. Come la caviglia rotta di Frank perchè aveva cercato di scappare dalla finestra di una stanza di ospedale, i pomeriggi di Ray passati a cantare al parcogiochi come se vivesse in un cazzo di musical, tutte le stupidaggini che aveva fatto Mikey cercando di imitare il fratello maggiore, quella volta che Gerard aveva cercato di ammazzare uno dei ragazzi che erano soliti picchiarlo.
Gerard era impressionato dal fatto che ci fossero momenti che non ricordava perchè li aveva vissuti quando era troppo piccolo. Perchè in quei momenti era esistito proprio come adesso, aveva occupato dello spazio e aveva respirato dell'aria eppure non ricordava assolutamente nulla. Era come vivere a vuoto, senza memoria, senza intenzioni, senza piani.
Finirono sbadatamente nell'argomento videogiochi proprio mentre Gerard cominciava a pensare ossessivamente a scuse per portare Frank nella propria camera. Si inventò di avere in camera una cassetta per Game Boy di Mario Bros del 1983 che Frank gli aveva imprestato e che si era dimenticato di restituirgli e fra una risata sbadata e l'altra lasciarono tranquillamente il tavolo senza nemmeno insospettire il super-omofobo padre di Frank. 
Salirono le scale e Frank lo prese per mano seguendolo. 
Gerard si voltò a guardarlo e gli sorrise mentre raggiungevano il piano di sopra. Aprì la porta della propria camera con la mano libera e fece per distendersi sul letto ma Frank accese la luce e si guardò intorno.
- Oh-mio-Dio-hai-ancora-il-pipistrello-imbalsamato. - disse strabuzzando gli occhi mentre guardava l'animale imbalsamato appoggiato sulla libreria. 
- Lo trovo carino. -
- Non lo è. - . Gli mollò la mano e aprì il primo cassetto della scrivania, - Questi li disegnavi a scuola, giusto? - chiese prendendo dei fogli riempiti per metà da equazioni e per l'altra metà da disegni di X-Men. 
- Sì. - 
- I professori non dicevano un cazzo? -
- No. Almeno me ne stavo in silenzio e non lanciavo i quaderni fuori dalla finestra quando non mi veniva un'equazione. - 
- Chi è che lo faceva? - chiese Frank ridendo.
- Emily Rosenberg perchè era secchiona e sessualmente repressa già a tredici anni. -
Frank sorrise e richiuse il cassetto. Si guardò un'altra volta intorno prima di lasciarsi cadere sul letto: - Sai, questa stanza mi era mancata. Più di quanto potessi immaginare. -
- Lo so. - disse Gerard spegnendo la luce. 

In macchina avevano messo i Dropkick Murphys e si erano affidati a Gerard e basta forse senza capire che i suoi piani non includevano alcuna destinazione. Solo andare in giro, guidare, e ascoltare  cosa avevano Frank, Ray e Mikey da raccontare.
Era tutto quello che gli bastava.
Dopo una quarantina di minuti cominciarono ad accorgersi di non essere ancora scesi dalla macchina e chiesero a Gerard dove stessero andando e lui rispose "Da nessuna parte."e tornarono a parlare di videogiochi e Radiohead. 
Girò intorno a Summit nelle strade perennemente affiancate da boschi e alla fine si infilò nelle strade tranquille di Belleville in segreta ricerca del pub in cui andavano quando avevano diciott'anni e assolutamente nulla da fare. A dire il vero in quel posto ci era andato solo una volta con Frank. L'aveva conosciuto piuttosto tardi. Ma pur sempre al punto giusto per fottergli la vita intera.
Parcheggiò di fronte al Lord Byron interrompendo il racconto di Frank sulla prima volta che aveva visto le tette a una ragazza. 
- E questo che cazzo vuol dire? - chiese Frank senza nemmeno guardare fuori dal finestrino. 
- Siamo arrivati. -
Frank smise di abbracciarsi le ginocchia e tirò giù i piedi dal sedile per scrutare tramite il parabrezza il cartellone verde antico del Lord Byron. Quando lo riconobbe sorrise: - Oh. -
- Siete d'accordo? - chiese voltandosi in direzione di Ray e Mikey che se ne stavano l'uno sull'altro nei sedili posteriori. Fecero spallucce e annuirono.
Scesero insieme dalla macchina e si fumarono un paio di sigarette in fretta parlando del gruppo e della canzone che Ray aveva scritto in aereo.
Gerard guardò il locale. Le finestre erano come sempre serrate, come se il pub fosse chiuso. In realtà quando aprirono la porta si ritrovarono immersi in una luce soffusa insieme a tantissimi altri ragazzi e uomini seduti ai tavoli che si sbronzavano con eleganza. Aveva da sempre amato quel posto. 
Gerard entrò per primo e passò di fronte al bancone. Quando la donna che stava asciugando i bicchieri li notò si portò una mano alla bocca per nascondere in qualche modo la sorpresa ma finendo per accentuarla ancora di più.
- Ragazzi! - esclamò affrettandosi ad accerchiare il bancone per andare ad abbracciarli. 
Gerard non si aspettava qualcosa del genere. Sapeva di aver passato un anno e mezzo intero solo in quel pub ogni cazzo di sera con i soliti quattro cazzoni ma non aveva mai pensato che facesse più di tanta differenza. Non aveva mai pensato che qualcuno l'avesse mai notato e soprattutto, non aveva mai pensato che qualcuno avesse cazzi di non dimenticarlo.
- Come state? Siete cresciuti così tanto. - disse fra il susseguirsi di abbracci, - Proprio l'altra sera vi ho visti in televisione e sono rimasta sconvolta. Avete fatto così tanta strada, sembra impossibile. -
- Che succede? - chiese il marito arrivando con un vassoio colmo di boccali vuoti. Li guardò per bene e poi scoppiò lentamente a ridere, - Non ci credo! Non ci credo. Che ci fate qui? -
- Gli sfigati. - rispose Mikey con mezzo sorriso, annuendo piuttosto soddisfatto di quanto detto.
- Pensavo che non vi avrei mai più rivisti. - scosse la testa con un sorriso stringendo loro la mano, - Se non in televisione, ovviamente. -
- Nah, abbiamo meno da fare di quanto sembra. - sorrise Ray. 
- Sedetevi pure là in fondo, ho appena ripulito il tavolo. Dopo passo a prendere le ordinazioni, datemi solo qualche minuto. -
- Certo. - annuirono andando al tavolo che il signor Matson aveva indicato.
Si sorrisero a vicenda vedendo come li guardavano tutti i presenti. Non come se fossero merde. Non come se fossero alieni. Non come se fossero i tizi più fighi dell'intero pianeta. Solo piacevolmente sorpresi. Niente macchine fotografiche, niente pezzi di carta da firmare. Solo dei sorrisi. Era tutto quello che volevano.
Presero posto nel penultimo tavolo a sinistra. I tavoli erano separati da banche i cui schienali terminavano in una lastra di specchi opachi all'altezza giusta per permettere a quello di fronte di specchiarsi. 
Gerard si guardò intorno e guardò le solite tizie bionde sedute sul lato sinistro del locale. C'erano da sempre. Non erano le stesse, quindi era come se si dessero il cambio col passare degli anni... forse addirittura delle generazioni. Un'antica tradizione tramandata famiglia dopo famiglia. Letteralmente la cosa più inutile del mondo.
- Stai guardando quelle tipe? - chiese Frank a bassa voce, accarezzando con i polpastrelli il tavolo di legno lucido su cui una volta Gerard si era addormentato ubriaco nel bel mezzo della serata.
- Sì. Hai notato che su quel lato si mettono sempre le tipe fighe bionde? Che stracazzo vuol dire? - 
- Non so. Sarà un giochetto psicologico per saltare più all'occhio... - scosse la testa, - Non so. - ripeté, - L'ultima volta che sono venuto qui non ero abbastanza grande per bere birra. - raccontò rivolgendosi anche a Mikey e Ray, - Mi ero seduto, avevo preso una Coca Cola e avevo guardato Chris ordinarsi bicchierini allarmanti di assenzio. - 
- Chris! - esclamò Ray, forse ricordando all'improvviso la sua esistenza, - Che cazzo di fine ha fatto? Scommetto che starà facendo una festa adesso. -
- Già. Magari domani sera potremmo andare da lui. - propose Mikey, - Tanto fa festa ogni giorno quello stronzo. -
Si misero a ridere tutti quattro.
- Vi ricordate quando giravano foto di lui che dormiva nudo sul tetto? - chiese Gerard.
- Tipico di Chris. - annuì Frank.
- Aveva un cazzo enorme. -
- Gerard- - disse Ray.
- Voglio dire, ce l'avrà anche adesso... spero. -
- Gerard. - lo zittì Mikey, - Ti sentono tutti. -
- Chi se ne frega. A volte mi ricordate Bob- ah, a proposito! Mi ha mandato delle foto, le ho notate mentre ero in bagno a pisciare. - disse tirando fuori il cellulare dalla tasca, - Allora, guardate, su una qualche cartina ha trovato Beardtown... dev'essere dov'è nato lui, no? Fa ridere. - disse passando loro il cellulare. 
Scoppiarono a ridere nel vedere la foto.
- Andati avanti, ce n'è un'altra che si è fatto mentre si lava i denti e una con sua nonna. Pensavo di pubblicarne alcune da qualche parte. - 
- Perchè esistono città che hanno nomi del genere? - rimuginò Frank, sollevando entrambi i palmi in un gesto sconcertato. 
- Non lo so, ma dev'essere uno spasso continuo abitare in un posto del genere, scommetto che gli abitanti ci fanno dei giochi di parole assurdi... - 
- Oddio, ti immagini gli slogan dei barbieri del posto? - chiese Ray, elettrizzato.
Spalancarono la bocca sopraffatti dalle tante possibili combinazioni di parole: - Oh mio Dio! - 
- Dopo mandiamo una foto a Bob. -
- Magari quando siamo ubriachi. - annuì Frank, - Potrebbe avere risvolti divertenti. - 
- Ah, ci ubriachiamo? - chiese Mikey.
- Che cazzo volevi ordinare, una gassosa? - chiese di rimando Gerard, prendendogli le guance con una mano, - Frocetto. - 
Mikey scansò la sua mano con un sorriso. 
Arrivò il signor Matson con il suo solito blocchetto di carta e la solita penna blu scuro. Ricordò loro i vari tipi di birra che aveva ma alla fine Gerard e Ray optarono per una semplice birra bionda, Mikey per una birra rossa e Frank azzardò parecchio ordinando una birra al cioccolato. 
Quando arrivarono le birre, inevitabilmente, si passarono il boccale di birra al cioccolato e rimasero tutti con la stessa faccia confusa dopo averne bevuto un po'. 
Aveva un retrogusto strano di cacao e Gerard era abbastanza sicuro che non gli piacesse. Ma Frank se ne ordinò altri due e alla fine andarono al piano di sopra a giocare a biliardo un po' tanto ubriachi e felici. 

Gerard davvero credeva che non fosse stata una cattiva idea leccare il gelato di quel ragazzo. Aveva voglia di gelato. Punto. Che c'era di male? Non aveva malattie, nemmeno una misera influenza. Quindi non capiva perchè all'improvviso si fosse ritrovato per terra con tutti quei dolori sparsi in giro per il corpo. Ora era arrivato un altro calcio e Gerard pensò che era esagerato reagire così. Aveva solo assaggiato il suo gelato, non aveva fatto niente di male. 
Sentì il suo corpo girarsi e si parò istintivamente la faccia eppure il pugno arrivò comunque al naso. O alla mandibola? Da qualche parte.
Decise di lasciar perdere l'autodifesa, era troppo ubriaco per fare belle figure quindi tanto valeva lasciarsi picchiare finchè il tizio non si sarebbe calmato. Dopodiché Gerard si sarebbe alzato, si sarebbe asciugato il sangue che gli colava sulle labbra e sarebbe andato a dormire. Nel suo letto. O forse in quello di Frank. Molto tranquillamente. 
Gli veniva facilmente sangue di naso quindi non era molto preoccupato. 
Frank era totalmente incazzato. Probabilmente non stava picchiando nessuno però era molto arrabbiato. Sentì qualcuno inciampare sulla propria caviglia e sperò di cuore che non fosse Frank perchè altrimenti sarebbero stati i più sfigati del mondo. Uno a terra che si lasciava picchiare e l'altro che cercando di difenderlo inciampava. 
No, Frank stava ancora parlando. Urlando. E la sua voce non era all'altezza di Gerard, era più in alto. Quindi era ancora in piedi. 
Arrivò qualcun altro e Gerard si girò sul fianco e cercò di dormire mentre gli altri risolvevano i loro problemi. Gli arrivò un altro calcio sul bacino. Pensava che a quel punto si stessero solo insultando. Chi era lo sfigato che continuava a picchiarlo? Oh, andiamo. Aveva fatto anche parecchio male. Evitò di sbuffare altrimenti probabilmente sarebbe stato ancora più in culo a tutti e si addormentò con le urla rassicuranti di Frank che sferzavano l'aria a un metro e qualche decina di centimetri sopra di lui.
"Bentornato in New Jersey, Gerard.". 

Quando aprì gli occhi e si accorse di essere nella stanza di Frank si sentì in maniera pazzesca. Sorrise e si mise a sedere. Aveva male al braccio destro, alla spalla, al fianco sinistro, alla faccia e alla tibia destra. 
Niente di che. 
Intanto era felice, chi glielo faceva fare a preoccuparsi del dolore?
Una cosa meno allegra era che Frank non era a letto. Almeno il suo cuscino non era sporco di sangue. Quello di Gerard aveva delle macchioline di sangue ormai secco ma solo su una piccola parte della stoffa.
Niente di che.
Si alzò in piedi e si accorse dei rumori in cucina. Cercò il cellulare nelle tasche dei jeans per terra per mandare un messaggio a Frank per chiedergli se c'erano i suoi genitori in casa ma si rese conto che probabilmente Frank li aveva già avvisati e, soprattutto, che sarebbe stato stupido mandargli un messaggio dato che erano nella stessa casa. Nel frattempo aveva trovato il cellulare. Lo guardò e sbiancò vedendo lo schermo graffiato. Funzionava ancora ma l'amarezza per averlo rovinato rimaneva. 
Abbandonò il letto di Frank e curiosò nella sua stanza. Si guardò intorno attentamente. Anche la sua stanza sembrava rimasta la stessa di sette anni prima. Aprì l'armadio e sentì subito il suo profumo familiare. Richiuse le ante e accarezzò le corde delle chitarre appese al muro. Si infilò una felpa di Frank perchè non aveva assolutamente voglia di mettersi i vestiti del giorno prima coi quali era strisciato sull'asfalto e aprì la porta per uscire dalla stanza. Si ritrovò di fronte il cagnolino bianco che aveva regalato a Frank mille Natali prima. Spalancò la bocca sorpreso e si abbassò sulle ginocchia per accarezzarlo. Dato che erano solo lui e il cane si lasciò andare facendo quei versi del cazzo da ragazza e disse al cane qualcosa di stupido che lo fece scodinzolare. Quel cane aveva passato un giorno a casa Way prima che Gerard lo regalasse a Frank e aveva fatto pipì su una felpa di Mikey. Uno stronzo. Si chiese se il cane si ricordasse di lui o se fosse amichevole con tutti. 
Smise di accarezzarlo e scese lentamente le scale di legno fuori dalla stanza di Frank. La casa Iero era così accogliente da far male. Sapeva sempre di pulito e i colori delle pareti irradiavano sempre luce in qualche modo. Finite le scale si ritrovò di fronte alla cucina. 
Frank era di spalle e indossava una t-shirt e dei pantaloni di tuta che lasciavano intravedere i boxer verde acido. Stava ascoltando musica dalla radio attaccata all'iPhone tramite un cavo. C'erano due dei suoi cani che stavano mangiando i pancakes che Frank gli aveva preparato. Frank preparava i pancakes prima ai propri cani e poi a Gerard. C'era da offendersi. 
Gerard non sapeva se i genitori di Frank erano in casa perchè al salotto si accedeva dalla cucina e da lì non poteva vederlo. Si accorse di non aver controllato com'era messo, probabilmente aveva l'aspetto di un barbone appena uscito da un overdose. Fece una smorfia ed entrò una volta per tutte in cucina. 
- Ehi. - disse grattandosi la testa.
Frank si voltò in fretta, un pochetto spaventato: - Ciao. - 
Gerard aspettò che commentasse il suo stato mentre un altro cane entrava in cucina. Non capiva come facessero a mantenere quella casa così pulita.
- Ti ricordi cos'è successo ieri sera? - chiese invece Frank, spegnendo i fornelli.
- Sì. -
Lo guardò basito e si appoggiò ai fornelli spenti incrociando le braccia: - Davvero? -
- Sì. -
- Hai perso tantissimo sangue. - 
- Lo so. Sanguino facilmente. - fece spallucce.
- Ho notato. - disse arricciando il naso, - Sei anche svenuto. -
- No, mi sono addormentato. - 
- No, sei svenuto. - lo corresse spalancando gli occhi, - Ha guidato Mikey e si è rifiutato di riportarti a casa in quelle condizioni. A un certo punto hai preso a parlare con allarmante calma e quando io e Ray ti abbiamo portato in camera mia sei svenuto di nuovo oppure hai solo dormito. All'inizio pensavamo di portarti all'ospedale. Mikey aveva già iniziato a raccontarci dei modi assurdi in cui muoiono certe persone, guarda troppa tv. Cominciavo a preoccuparmi anch'io. Perchè hai deciso di leccare il gelato di una persona che non conosci? E' ovvio che sarebbe finita male. Non sono cose che puoi fare. - 
- Avevo tantissima voglia di gelato. E lui mi era passato accanto con questo cono gelato, ho pensato che non se ne sarebbe nemmeno accorto se gli avessi dato una leccatina. - 
- Come puoi pensare una cosa del genere? -
- Ero ubriaco. -
- Buongiorno, anch'io ero ubriaco eppure non ho leccato il gelato di nessuno. -
Gerard sorrise colpevole: - Mi dispiace. - si strinse nelle spalle, - Hanno picchiato anche te? - 
- No, mi hanno solo dato qualche spintone. -
- Ah, ti ho macchiato il cuscino di sangue. - 
- Lo so. Ti ho visto mentre strofinavi il naso sanguinante sul cuscino, sei stato davvero gentile. Grazie. - 
- Sono l'ospite più educato del mondo. -
- Più o meno. Hai fame? - chiese riaccendendo i fornelli. 
- Sì. - . Gli baciò la nuca facendolo sobbalzare e andò a sedersi a tavola. Non pensava che si sarebbe mai svegliato trovando un ragazzo carino in cucina che gli preparava i pancakes. Aveva pensato che succedesse solo nei film del cazzo per tredicenni desiderose di pomiciare. 
- Oh, fra l'altro sta notte mi hai buttato giù dal letto. - raccontò Frank, - E non mi hai permesso di risalirci. - aggiunse.
- Davvero? -
- Sì. E invece di incazzarmi ti preparo pancakes. Sono un coglione. - concluse Frank.
- Uao, non ricordo nulla di simile. - scosse la testa Gerard.
Partì la canzone che Frank stava ascoltando in aereo. Quella triste. Gerard sentì un lieve senso d'ansia scivolargli nello stomaco.
"When you leave me the bed is empty 
and I feel crazy cause I didn't say anything"
- Che canzone è? - chiese.
"I wish you would tell me how you really feel."
- Our Deal. Best Coast. - . Che cazzo di gruppo era?
"But you'll never tell me cause that's not our deal."
- E' così gay. - mormorò Gerard sistemandosi i capelli. 
- Solo perchè la canta una ragazza. - sbuffò Frank.
- Solo perchè parla di noi. - replicò Gerard.
Frank si voltò di nuovo a guardarlo coi pancakes pronti sulla padella: - Cos- non dire stronzate. -
- Parla di te. - insistette Gerard.
- Non l'ho scritta io. - 
- Però parla di te. - 
- Non puoi sapere come mi sento. -
- Me l'hai già raccontato mille volte. Solo che tu credi che io non ti ascolti. -
Frank sospirò e fece scivolare i pancakes su un piatto. Lo posò di fronte a Gerard: - Se fanno schifo andiamo da Starbucks. - . Prese un altro piatto con tre pancakes impilati e lo posò su un altro punto del tavolo, probabilmente dove si sarebbe seduto. Riempì due tazze di caffé e le posò a loro volta sul tavolo. 
- Come sono? - chiese vedendo che Gerard aveva già iniziato a mangiarli, - Andiamo da Starbucks? Oppure potremmo andare da Coffee Bean- -
- No, sono buoni. - 
- Sciroppo d'acero? - chiese versandolo sui suoi.
- Nah. Ho la faccia rovinata? - chiese tristemente.
- No. La tua faccia è a posto. - 
- Ti spiace se mi siedo vicino a te? - chiese. 
- Sì, lo detesterei. - annuì sarcasticamente. 
Si sedette sulla sedia accanto alla sua sfiorandogli una spalla.
Frank gli lanciò un'occhiata.
- Dove sono i tuoi? - domandò a bassa voce. 
Frank lo baciò. 
Gerard lo prese per un "fuori casa". 
Il più piccolo si alzò febbrilmente in piedi continuando a baciarlo, e forse erano intenzionati ad andare al piano di sopra quando il cellulare di Gerard sul tavolo squillò. 
Frank si limitò a sbuffare. Tornò a sedersi e ingozzarsi di pancakes. 
Gerard rispose alla chiamata della madre, ricordandosi improvvisamente di avere dei genitori: - Mamma!-
- Gerard. -
- Oh, uhm, ciao papà. - fece una smorfia e guardò Frank sporcarsi di sciroppo d'acero. Non sentì la domanda di suo padre ma immaginò che la risposta giusta fosse "No, sto bene. Sono vivo. Vivissimo." quindi disse proprio questo. 
- Sicuro? Ti sei messo nei guai? -
- No, affatto. Puoi andare al lavoro, davvero. -
- Dove sei? -
- Uhm... Frank. - disse cercando di non suonare gay.
- Che state facendo? -
Gerard sbuffò e appoggiò stancamente il viso sulla propria mano procurandosi una fitta di dolore allo zigomo. Bevve un sorso di caffé: - Uhm, stiamo scopando. - disse infine.
Frank spalancò gli occhi arrossendo. Le sue labbra mimarono un "cosa?" mentre i suoi occhi si riducevano a due fessure. 
Il padre di Gerard sospirò dall'altra parte del telefono: - Certo. - 
- Papà, stiamo facendo colazione. - 
- Dove sono i genitori di Frank? - 
- Non lo so. Non in casa. Saranno... al lavoro. - scrollò le spalle.
- Ieri ti sei drogato, vero? Mikey non è in grado di mentire. -
Gerard scoppiò a ridere: - Cosa? Non mi sono assolutamente drogato! Ero un po' ubriaco. Stavamo guardando un film e mi sono addormentato e Mikey non ha voluto svegliarmi. -
- Già. - sbottò, - Mikey mi ha raccontato tutt'altro. - 
Gerard rise: - Già. Fa lo stesso. Sai cosa? L'importante è che io sia vivo. Se fossi morto non ti importerebbe come sono morto, l'unica cosa che conterebbe davvero è che sono morto. Quindi, se sono vivo, non chiederti tramite quale miracolo. Ringrazia solo il cielo che mi vedi ancora in giro. Non si fanno domande. Ti voglio bene, papà. Vai al lavoro, oppure fai a meno e io e Mikey vi compreremo una casa in campagna dove non metteremo pipistrelli imbalsamati. - 
Suo padre rise. Era una risata sincera. Niente sarcasmo: - Gerard, sei un piccolo bastardo. Ci vediamo sta sera. Non fare cazzate e ricordati della tua fidanzata. - . Che cazzo, nemmeno la conosceva. 
- Rilassati. Farò del mio meglio per restare dentro i limiti dell'eterosessualità e della fedeltà. - 
Frank bevve nervosamente dalla sua tazza di caffé. 
Gerard terminò la chiamata e posò di nuovo il cellulare sul tavolo. Finirono di mangiare e bere il caffé e lasciarono i piatti lì e andarono al piano di sopra a non mantenere le promesse. 

Frank lo accompagnò a casa in macchina alle dieci e mezza e guardarono la tv insieme a Mikey raccontandosi della sera prima finché la madre di Mikey e Gerard non tornò a casa. Frank declinò l'offerta di rimanere a pranzo da loro e se ne andò con la promessa che quella sera sarebbero andati da Chris insieme a Ray.
- Tesoro, che ti è successo alla faccia? - chiese appoggiando le pesanti borse della spesa sul tavolo. 
Gerard si rese conto che al mondo non esistevano scuse per giustificare innocentemente i risultati fisici di una rissa: - Ho- ehi, mamma, per favore, possiamo sorvolare? - 
- Ma hai risolto la faccenda per cui ti hanno picchiato? - chiese spaventata.
- Sì. Totalmente. - annuì. Che cazzo c'era da risolvere? Aveva leccato un gelato ed era stato picchiato duramente per questo. Non c'era nulla da spiegare. E comunque non avrebbe mai smesso di imbarazzarsi al pensiero di aver causato una rissa per un gelato.
- Okay. - sospirò, - Faccio da mangiare. La carne va bene? -
- Carne al sangue. - precisò Gerard.
- Lo so. - 
Mikey era perso nel suo mondo ed evitarono entrambi di disturbarlo. 
Gerard andò al piano di sopra a farsi una doccia e scoprire di essere messo meglio di quanto pensasse. A farsi la doccia gli tornò sangue di naso per qualche assurda ragione e gli ci vollero quaranta minuti complessivi prima di uscire dal bagno intatto e pranzare con Mikey e sua madre. Dopo pranzo guardarono pure la tv insieme e mangiarono il gelato.
Gerard si accorse che era mancato tantissimo a loro madre e si sentì un figlio di merda per non essere andato a trovarla prima. Si chiese se anche Mikey si sentisse così. E il suo impegno nel tenersi coinvolto nelle conversazioni probabilmente la diceva già lunga. 
Il pomeriggio bevvero due tazze di caffé a testa e Gerard andò in camera pensando di avere tuttavia bisogno di dormire ma si ritrovò disteso sul materasso con gli occhi spalancati e il sistema nervoso che tremava costantemente. Era convinto che se in quel momento si fosse tagliato le vene gli sarebbe uscito cappuccino dai polsi. Tralasciando la reale anatomia umana, ovviamente. 
Prese il cellulare e a gran sorpresa chiamò Lindsey. Perchè sì. Perchè sapeva che le mancava tanto. Oppure l'avrebbe solo sorpresa a scaricare l'odio nei confronti di Gerard con un altro tizio a letto. E se Gerard aveva un'idea del genere di tutte le ragazze etero era solo grazie ad Eliza. 
- Gee? -
- Buon pomeriggio, Lyn. - 
- Oh, sto pranzando. - disse parlando effettivamente in maniera strana.
- Che ora è lì? -
- L'una e venti. -
- Che hai fatto oggi? -
- Oggi nulla, ma ieri siamo rimasti in studio di registrazione fino alle quattro di mattina. -
- Mh... - annuì distendendosi sul letto, - Come stai? -
- Sono incazzata. - 
Gerard soffiò fuori dal naso parte della stanchezza nel sentire persone incazzarsi costantemente con lui: - Vai, sfogati. - 
- Allora, calcola che sono in un luogo pubblico e non mi va di piangere o urlare quindi non pensare che io sia in qualche modo vicina all'essere calma solo perchè mi atteggio da tale. - 
- Capito. Vai. - le diede il via con un sorriso che sperò Lindsey non avesse percepito. 
- Mi manchi praticamente ogni giorno. A chiamarti sono quasi sempre solo io- oggi è stata un'epica eccezione alquanto strana che probabilmente non mi spiegherò mai. E Dio, con una riflessione realista che per tua fortuna si sta radicando solo adesso che è troppo tardi, sono arrivata a capire che cazzo, sono la tua fottuta ragazza, sono quella con cui scopi, quella che ami, quella ti ama, quella che dovrebbe mancarti. Mi stai sicuramente tradendo. So quanto ti piace scopare e sono sicura che quella volta alla settimana con me non ti basti. -, e menomale che era in un luogo pubblico, - Ieri notte hai scopato sicuramente con una qualche tua amica di scorta che ti andava di stantuffare di nuovo, perchè non è possibile che alla prima pausa dal tour tu decida di stare con gli stessi amici con cui stai sette giorni su sette in tour. O sei follemente innamorato di loro- -, sbiancò e sentì la carne strapparsi dalle proprie ossa e ammosciarsi sulle coperte, - -oppure hai una ex nel Jersey che si è fatta viva al momento giusto mentre ti facevi seghe guardando porno. Ma non venirmi a raccontare che sei nel New Jersey senza di me perchè vuoi stare con gli amici. E' la cosa più ridicola del mondo. -
- Lyn, ci sono amici che non vedo da millenni. Come Chris, che andrò a trovare sta sera. Seriamente, non avremmo avuto tempo per noi stessi fra famiglia, New Jersey, amici e cene coi parenti. -, stava esagerando, chiaro, - In più i miei ti avrebbero conosciuta e personalmente non ho nulla in contrario solo che mia madre- - abbassò la voce in tempo, - -è da sempre stata una terrorista con le mie ragazze. Non volevo farti passare delle giornate sotto attacchi terroristici. - sussurrò le sue sporche bugie del cazzo. 
- Gerard, non lo so. - . Fece un respiro profondo e rimase in silenzio per un po', - Non riesco più a crederti. - 
- Lyn, chi ti ha messo l'idea in testa che ti sto tradendo? - decise di chiedere Gerard.
- Nessuno. - 
- Non mentirmi. Non ha senso. -
- Okay, le mie amiche- -
- Odio le tue amiche. -
- No, Gerard, vaffanculo. Non ti direi mai che odio i tuoi amici. - 
- I miei amici non si metterebbero mai in mezzo fra noi due. Le tue amiche non vedono l'ora che tu torni a far parte del club del vibratore per single. - 
Lindsey fece una pausa e dopo un po' prese a ridere: - Mio Dio, sei una merda. Le mie amiche mi aiutano a riflettere. Non mi guidano verso i vibratori. E mio Dio, non hai idea di quante quarantenni mi stanno guardando male in questo momento. -
- Salutale. -
- Mai e poi mai. -
- Senti, piccola, dì alle tue amiche che se cominciano a farsi i cazzi propri procuro loro un cazzo vero e proprio, caldo e tutto il resto- -
- Mio Dio, Gerard! - urlò Mikey dal bagno. 
Lindsey stava ridendo di nuovo.
- Con tanto di testicoli e corpo maschile, capito? - continuò Gerard.
- Non glielo dirò mai. Vaffanculo. -
- Fa lo stesso. La morale della favola è che se i cazzi sono tuoi te li ciucci te, non li fai ciucciare agli altri al tuo posto... hai colto in senso della metafora? -
- Sbrigarmela da sola? -
- Sei una ragazza intelligente, Lyn. -
- Già, così tanto che ti ho semplicemente dato il permesso di andare in New Jersey a tradirmi. -
- Non ti fidi di me? -
- Gerard, è questo genere di cose che manda tipicamente tutto a puttane. Non posso fidarmi di te, posso solo amarti e sperare che vada tutto bene. - 
- Mikey! Gerard! - urlò la madre dal piano di sotto, - Venite giù! -
Gerard scese dal letto e andò in direzione della porta chiusa. Ci appoggiò la fronte: - Lyn, credo siano arrivati altri parenti. -
- Capisco. -
- Ti amo. -
- Anch'io. Ci sentiamo stas- ah, no, giusto, sei dal tuo amico. -
- Mi dispiace. -
- Non dispiacerti. Del resto stai mantenendo la tua promessa. Quella di non avere tempo per me. - . Era difficile capirla senza guardarla negli occhi. Ma sapeva che se fosse stato Frank dall'altro capo del telefono probabilmente avrebbe capito una ventina di cose in più. Pensava che il rapporto con Lindsey sarebbe stato più semplice di quello con Frank invece era riuscito a incasinare pure quello. Pensava fosse Frank quello difficile. Credeva che Lindsey fosse quella forte che non si fa buttare giù da nulla e che non avrebbe mai preso troppo sul serio la relazione con Gerard.
Non pensava di arrivare a sentire la sua voce triste e ferita al telefono mentre l'intera America li separava. Aveva da sempre sperato che Lindsey sotto sotto se ne fregasse di lui. Invece si era innamorata. 
Gerard non pensava che le persone potessero innamorarsi così facilmente di lui. Insomma, finora tutti lo avevano reputato uno stronzo egoista. Forse era il fascino del cattivo ragazzo. Non se lo spiegava. 
Tirò un sospiro: - Lyn, non posso farci niente. E' la mia famiglia. - 
- Già. Vabbè, Gerard, vado a fingere di essere una persona forte. Chiamami te quando hai voglia. Ciao. - . Riattaccò. 
Gerard tirò un lungo sospiro. Non era incazzato. Come sempre, era solo stanco di tutto. Voleva smettere di avere una vita sociale per sempre se tutti gli esseri umani a un certo punto diventavano teste di cazzo indecifrabili e intrattabili. Si sarebbe chiuso in una stanza con i fumetti, e un iPod, e il caffé, e dei brownie e avrebbe passato il resto dei suoi giorni lì. Rabbrividì quando si rese conto che gli sarebbe piaciuto avere Frank con lui nella stanza. Solo loro due, da soli, contro il mondo. Contro il nulla. I fumetti, l'iPod, il caffé, i brownie e Frank. Le sue priorità. 

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Capitolo 8
*** Burger Queen ***


 
S C U S A T E
Non vi sto nemmeno a spiegare però giuro che settembre è stato un mese di merda neanche tanto in quanto scuola ma sono successe merdate a dei miei amici e blablabla non sto nemmeno a fare la vittima però sul serio, non insultatemi :c
BASTA COSI' DAI LEGGETE E BASTA
grazie di tutto (?????)
lazybouuunss 
P.S.: omg su twitter ho beccato a caso gente che parlava di sta ff e per i due giorni consecutivi non riuscivo a toccarla perchè tremavo VI AMO GRAZIE







 





8. Burger Queen





Gerard si accorse di quanto tempo avevano passato seduti lì fuori solo quando notò che il cielo si era fatto scuro.
Prima erano passati i vicini di casa con la figlia tredicenne Lisa e Gerard aveva realizzato di aver totalmente dimenticato com'era avere tredici anni. Però si ricordava chiaramente i quindici. Aveva iniziato a incasinarsi un anno prima della media. 
Ricordava tutte le candeline spente ogni anno, sempre più numerose e preoccupanti, con il silenzioso desiderio di non doverlo fare mai più circondato da quelle mura, seduto in quella cucina.
Ricordava quella soffocante sensazione di perdere tempo, anni. Di perdersi qualcosa di meraviglioso mentre era costretto a stare in casa con Mikey e i propri genitori perchè il New Jersey di notte diventava mostruoso. 
Aveva guardato con Lisa le Gilmore Girls, le aveva preparato una tazza di latte e cacao facendo calare un silenzio imbarazzante in cucina mentre i signori Gordon lo fissavano e quando se n'era andata era rimasto in giardino a fumare sentendosi un idiota. Perchè fumava e perchè aveva di nuovo fatto girare le palle a Lindsey. 
Mikey era rimasto con lui a parlare di vestiti.
- Come ci vestiremo adesso? Con la scusa dell'uniforme avevo totalmente ignorato il problema di cosa mettermi. Non ne ho idea. Tutti i vestiti che ho sembrano pigiami per bambini. - si lamentò percorrendo nervosamente il piccolo giardino. 
Gerard si passò una mano fra i capelli chiedendosi chi dei due fosse gay: - Andremo a fare shopping. - fissò la sigaretta accesa e fumante prima di continuare a parlare, - Sei sempre te quello senza vestiti decenti. Dove cazzo li trovi tutti quei vestiti inutili? - 
- Non lo so! Dovevo essere ubriaco l'ultima volta che ho fatto shopping. - 
- Oppure avevi sonno e tutto quello che vedevi erano pigiami. -
- Non lo so. E Alicia mi ruba ogni volta tutti i vestiti decenti che mi rimangono. -
- Ah, ho presente, anche Lindsey se ne va in giro coi miei maglioni. - . Si sentì di nuovo triste.
- Mi fa sentire strano, perchè addosso a lei i miei vestiti sembrano seriamente da donna. -
- Già. - 
Si sedette al suo fianco e fissò l'albero.
Gerard riusciva a sentirlo mentre raccoglieva coraggio prima di cominciare a farsi i cazzi suoi. 
- Hai sentito Lindsey da quando siamo in New Jersey? - . Bam, l'aveva trovato. 
- Sì, l'ho sentita prima. - 
- Tutto bene? -
- No, le sto sul cazzo. -
- Perché? -
Spense la sigaretta: - Solite cose. - 
- Senti, Gerard, lasciala. Sono serio. Non la ami, smettila di costringerti a farlo. E poi sei già praticamente fidanzato con Frank. - aggiunse borbottando.  
Gerard si accorse di quanto doveva averlo stancato con la sua patetica vita sentimentale che oscillava incertamente fra Frank e Lindsey. Gay e etero. Culi e tette. 
- Mikey, non è più una scelta che devo prendere io. Frank ha Jamia- -
- No, Frank non si sarebbe mai messo con Jamia se tu avessi ammesso di amarlo. Ha cercato di sostituirti con Jamia ma chiaramente non ce la sta facendo e non si sta innamorando di lei. Se non foste nello stesso gruppo potrebbe anche darsi che dopo un po' riusciate a dimenticarvi l'uno dell'altro in quel senso, ma cazzo, vi vedete ogni cazzo di giorno, non avete tempo né modo per ignorarvi. Quindi tanto vale farla finita e darla vinta a Frank e alle tizie che scrivono fanfiction su di voi. - 
Gerard sorrise nel sentirlo nominare le fanfiction. Non sapeva come faceva a sorridere dopo essersi sentito dire di lasciare Lindsey per Frank, difatti dopo un po' la sua faccia tornò fredda e morta. 
Tirò un sonoro sospiro: - Mikey, le cose non stanno così per come le vivo io. -
- Gerard, piantala di cercare spiegazioni teatrali alla tua cotta eterna per Frank, accetta la verità dei fatti. E lascia Lindsey alla sua vita. - 
- Ma ormai Lindsey mi ama. -
- Sì, anche Frank. Non cominciare proprio adesso con l'altruismo. Puoi anche sparatelo nel culo, sinceramente. - 
Gerard sospirò. 
- Sto solo cercando di aprirti gli occhi, okay? - aggiunse Mikey, - Sul serio. Rimane una tua scelta, ma davvero mi dispiace vedervi in questa situazione. Sia tu, che Frank, che Lindsey. Succede che le cose non funzionino, quindi non sentirti in colpa a lasciare Lindsey. Non vi siete nemmeno sposati e Cristo, non avete nemmeno figli. Siete praticamente due tredicenni. - 
- Mikey, non voglio nemmeno provare a stare insieme a Frank. -
- Perché? - chiese esasperato. 
- Non sono in grado di stare insieme a qualcuno. -
- Allora okay, almeno abbi la decenza di lasciare Lindsey. -
- Non voglio perderla. La perderei del tutto, non voglio che succeda. E poi mi odierebbe, non voglio che mi odi. - 
Mikey tirò un lungo sospiro: - Non hai la più pallida idea di quanto ci siamo rotti le palle. -
- Chi? -
- Io, Bob, Ray, tutto il mondo... - elencò con leggerezza, - Siete un pneumatico sporco nel culo. - 
- Grazie, lo apprezzo. - 
Mikey gli sorrise: - Sul serio. Non sareste un disastro, insieme. - 
Gerard si vietò di rifletterci su. Non voleva altri problemi. Sul serio. 

Quando passarono a prendere Frank Gerard si sentì profondamente turbato. Non aveva intenzione di innamorarsi di lui. Non l'avrebbe fatto. Rientrava nella categoria delle cattive idee. 
Però cominciò a convincersi del fatto che avrebbe dovuto smettere di prendere in giro Lindsey. Per quanto avesse potuto amarla, rimaneva il fatto che la tradiva costantemente con Frank. Sapeva che da qualche parte nel mondo una cosa del genere era legale e ben accetta, ma Gerard non la considerava etica. Per niente. Non dopo aver pianto come un bambino di cinque anni per colpa di Eliza. Si sentiva stupido per non aver realizzato una cosa del genere prima. Non sapeva dov'era stato il suo cervello per tutto quel tempo, davvero non lo sapeva. Magari da qualche parte nel culo di Frank. 
Pensò quanto tutto fosse diventato ridicolo. Battersi così tanto per due parole. 
In fin dei conti, cosa sarebbe cambiato se aprendogli la portiera invece di salutarlo gli avesse detto di amarlo? Non avrebbe cambiato i loro sentimenti. Se si stavano comportando da innamorati allora potevano anche esserlo. Senza il bisogno di dirselo.
Gli faceva già male la testa e doveva ancora prendere parte alla festa di Chris. 
Quando arrivò di fronte a casa sua si accorse di non essere sicuro di cosa aveva pensato finora. Non sapeva nemmeno esattamente a cosa avesse pensato. 
Entrarono dall'ingresso e lo trovarono sulle scale che urlava e rovesciava delle birre in testa a quelli che stavano accanto alle rampa di scale. Le sue risate si interruppero quando i suoi occhi rossi si posarono sui nuovi arrivati. 
- Non se ne parla! - sbraitò tornando a ridere, - Che cazzo? - chiese scendendo di corsa le scale. Andò ad abbracciarli così furiosamente che per davvero poco non rovesciò loro la birra addosso.
- Ehi, Gerard, che cazzo ti è successo? Il New Jersey ti ha già colpito in faccia? - chiese battendo una mano sulla sua guancia. 
- Oh! - se n'era già dimenticato, - Già... -
- Che ci fate qui? - . Era la domanda più gettonata quando tornavano in New Jersey. 
- Abbiamo qualche giorno di pausa- -
- Non sento nulla! - lo interruppe mentre in salotto mettevano su i Motley Crue, - Andiamo di là. - disse gesticolando come per richiamare l'attenzione di dei cani. Lo seguirono in cucina e Gerard si sentì in soggezione nel vedere quella mezza decina di persone sconosciute sedute al tavolo.
Chris glieli presentò ma Gerard era così concentrato a dire il suo nome e a fissare i capelli azzurri della ragazza che lo stava salutando che non ne ricordò nemmeno uno. 
Conoscevano già alcuni di loro, o almeno questo fu quello che dedusse Gerard nel vederli chiamarli per nome e abbracciarli allegramente. 
Riuscirono a liberare abbastanza spazio da permettere loro di sedersi a tavola.
- La polizia vi scorta alle macchine dopo i concerti? - volle sapere Mitch fumando erba con una faccia fintamente professionale. Era l'unico che Gerard ricordava dagli anni del liceo, ora come ora, perchè era rimasto totalmente uguale. Ricordò che si era fatto fare un pompino da un barbone e che poi l'aveva pagato. E che aveva una macchina verde con la quale lo aveva riportato a casa diverse volte anche se era ubriaco o in ogni caso messo sempre peggio di Gerard.
- Solo a volte. - rispose Gerard. 
- Quindi adesso avete smesso? Prendete i soldi e scappate a casa vostra? - 
- Cosa? No! Abbiamo solo una pausa di qualche giorno dal tour. - 
- Ne siete sicuri? - insistette, gli occhi ridotti a due fessure e la faccia esageratamente interessata, - Siete sicuri che quando ritornerete sul palco troverete qualcuno nel parterre disposto ad ascoltarvi? - 
- Io- -
- E' okay, sto solo scherzando. - rivelò con un sorriso, - O meglio, prima stavo scherzando. Se stessi scherzando adesso significherebbe che prima ti- hai presente. - 
- Ho presente. - asserì. 
- Quanti cd avete fatto? Tre? Quattro? - si interessò Chris scrutandoli oltre la perenne nuvola di fumo che aleggiava sopra il tavolo. 
Gerard trovava genuinamente fantastico il fatto che non lo sapessero e che probabilmente a livello musicale nemmeno li apprezzavano: - Tre. -
- Cosa farete con tutti quei soldi? -
- Comprateci erba! - propose Mitch. 
- Non finanzieremo i vostri trip. - replicò pacificamente Ray. 
- Che palle. I drogati hanno smesso di avere il loro fascino? - domandò facendo sporgere il labbro inferiore in una smorfia dispiaciuta. 
- Già, Mitch, sai cosa fa bagnare le ragazze al giorno d'oggi? I ragazzi pettinati che vanno in chiesa la domenica in blue jeans. - disse ironicamente la ragazza coi capelli azzurri.
- Che Gesù mi faccia spazio nel Paradiso, allora. - 
- Nel paradiso ci sono già troppi froci dalle buone intenzioni, non c'è spazio per i bisessuali come te. - dichiarò lei raccogliendosi i capelli in una coda. 
- E le lesbiche rubafidanzati dove le cacciano? -
- Noi abbiamo un prato tutto nostro. - 
- Stronzate. Io e Gesù non permetteremo una cosa simile. - 
- Non vi darò mai più erba se non la smettete. Sfigati. - li mise a zittire Chris lanciando loro marshmellow. 
- Quand'è l'ora della droga? - intervenne un ragazzo dai capelli lunghi stappandosi una birra. 
- Fra tre ore e venti. -
Lui spalancò gli occhi e sbuffò rumorosamente: - Il tempo passa lento quando si è puliti. - 
- L'ora della droga? - chiese Frank.
- Sì, alle due tiriamo fuori i brownie ricoperti di cocaina. -
- Perchè?- intervenne Mikey.
- Perchè no? - replicò Chris. 
Gerard ebbe l'impressione che fosse la sua risposta a tutto. 
Passarono i minuti, diventando mezz'ore e poi ore. Gerard finì per riconoscere la maggior parte di loro, e fu traumatizzante perchè erano cambiati del tutto. Fra chili persi, capelli stravolti e ferraglia in faccia sembravano copie sbiadite di quelli che erano un tempo. Nel bene e nel male.
In salotto mettevano e toglievano continuamente cd, e a volte alcuni arrivavano in cucina a chiedere se era già ora dei brownie alla cocaina e Chris mostrava loro l'ora e rispondeva sempre di no. Gerard trovava tutto questo patetico, ma non sorprendente.
Qualcuno ordinò la pizza e Frank e Mikey si ritirarono da qualche parte a mangiarla dopo essersi baciati in seguito a delle inconcludenti battute sulla Nutella che avevano trovato nella dispensa. Ray rimase con Gerard. O almeno finché non andò in giardino a vomitare. 
Gerard ormai si sentiva fisicamente ed emotivamente coinvolto da quelle lunghe partite ad Uno sabotate dalla leggerezza con cui certe persone mandavano a puttane l'ordine dei turni o rovesciavano la birra sulle carte. Per certe persone intendeva Mitch che non perdeva una singola fottuta occasione per scaraventare qualcuno giù dalla sedia e molestarlo fino a farlo ragliare piuttosto che ridere. Gerard si accorse di quanto un ragazzo bisessuale e dispettoso potesse essere estremamente pericoloso.
Quando gli arrivò il messaggio di Frank era a quel punto della serata in cui sentiva di aver creato un legame speciale con tutti i presenti anche solo perchè aveva finalmente imparato i loro nomi e parlato almeno una volta con ognuno di loro.
"Gjardino su lretro", aveva scritto Frank.
Gerard annuì fra sé e sé e aspettò il suo turno. Si accorse fra l'ilarità generale che doveva pescare dodici carte e si sentì più propenso di prima ad abbandonare la cucina e insieme ad essa, l'intera partita a Uno. Essenzialmente, unì le carte in un unico mazzo dopo averle inutilmente riordinate un po' mettendo vicini gli stessi numeri. Lanciò un'occhiata seria ai presenti e posò il suo mazzo di carte su quelle giocate al centro del tavolo.
- Uno. - disse alzandosi in piedi. 
Il casino che scoppiò lo soddisfò più di quanto avesse mai potuto immaginare. Fra pacche sul culo o forse sberle di qualcuno troppo ubriaco per avere mira, Chris baciò Gerard sulle labbra prima che se ne andasse dalla cucina e facesse del suo meglio per trovare la porta che dava al giardino sul retro penetrando quel fitto gruppo di persone in salotto. Perse il conto delle manate e delle ginocchiate sui genitali, sul serio. 
Raggiunta la porta-finestra che trovò in una seconda parte più tranquilla del soggiorno riuscì finalmente a lasciare l'ottenebrante casino di quella casa. 
Il cielo aperto e buio e l'aria pulita che trovò uscito dalla casa fu, come ogni volta che abbandonava un posto affollato, la sensazione più bella di sempre. E avrebbe continuato a pensarlo finché non sarebbe rifinito a letto con Frank, probabilmente (dopodiché avrebbe chiaramente cambiato idea). 
Frank era letteralmente disteso a terra. Ma si stava muovendo quindi era ancora vivo. Fumava e sembrava una ragazza che se la tirava troppo. 
Gerard si sedette al suo fianco e prese il pacchetto di sigarette per terra.
- Ciao. - disse a Frank.
- Ciao. - rispose lui. 
- Dov'è l'accendino? - chiese Gerard lanciandosi un'occhiata intorno. 
- Nella mia tasca. - rispose continuando a non fare nulla per cercarlo.
Gerard gli fissò i pantaloni e cercò di distinguere l'accendino. Lo sfilò dalla sua tasca e pensò che avrebbe potuto fare molto di più. 
Si accese la sigaretta e si distese con la testa sulla pancia di Frank dopo essere finito sulle sue costole scomode: - Stai facendo un ottimo lavoro a fingere di non essere ubriaco. - gli disse.
- Lo so. Il segreto è stare zitti. - rispose. 
- Puoi parlarmi, se ti va. - 
- Ne sei sicuro? Potrei diventare sentimentale. - 
- Lo so. -
- Va bene. Ma non esagererò. Voglio raccontarti di Mikey. - 
- Vai. - 
- Allora... prima abbiamo parlato e mi ha detto che quando era piccolo pensava che il sesso orale si facesse parlando... poi ha confuso i termini ed è arrivato a parlare di orecchie dato che parlando lo devi anche ascoltare e ha capito che altrimenti si sarebbe chiamato "sesso orecchiabile", non sesso orale. Orale è più una cosa di bocca, no? La sua faccia faceva ridere. - 
Si presero un minuto per ridacchiare come ritardi.
- Mikey bacia bene? - chiese Gerard, - E' una cosa che non potrò mai provare. - 
- Non è vero, quando ancora non sapevo i vostri nomi ti ho visto baciare un tizio molto simile a lui, infatti ricordo di aver pensato che credevo che foste fratelli. - 
- Non è possibile, non sono attratto sessualmente da Mikey. Un incesto è l'ultimo casino di cui ho bisogno. - 
Frank ridacchiò tastandogli la faccia tanto per fare qualcosa: - Ma eri ubriaco, avresti potuto baciare anche il culo di un cammello e riuscire ad apprezzarlo. - . Finì con le dita sulle sue labbra e Gerard le baciò. 
Frank rimase in silenzio. 
- Perchè sei venuto qui? - chiese il più grande. 
- E' l'unico posto a non essere infestato da gente ubriaca. A parte me. Ma non posso sbarazzarmi di me stesso e comunque non mi sto dando fastidio. - 
- Dov'è Mikey? -
- Non lo so, l'ho lasciato da qualche parte in salotto e me ne sono andato per cazzi miei. A malapena riuscivo a respirare lì dentro, dove trova Chris tutte quelle persone da invitare? -
- Non ne ho idea. -
- Beh, ripensandoci, basta riunire tutte le persone a cui Mitch ha fatto un pompino. - 
Gerard sghignazzò.
- Davvero, se ci prova con te chiamami, voglio esserci anch'io. Voglio vedere la magia. -
- Okay, lo stesso vale per te. -
- Non c'è due senza tre. - disse saggiamente Frank dopo una ventina di secondi di riflessione.
- Mai sentita frase più vera. -
- Oh, Dio, mi manca Bob. Sul serio. -
- Anche a me. Oggi ho visto le Gilmore Girls con la figlia dei vicini e non ho potuto fare a meno di pensarlo. -
- La figlia dei vicini? -
- Ha tredici anni, non abbiamo scopato. -
- Ah, okay. -
Gerard tirò un sospiro: - Frank, ma te te li ricordi i tredici anni? - 
- Uhm, non ricordo niente di specifico o tipicamente tredicenne. -
- Non ricordi come ti sentivi? Cosa pensavi? - 
- Vittima. E pensavo a cose da vittima. Non è stato niente di che avere tredici anni. Così come per i dodici, i quattordici, e i quindici e gli undici... Mi sarei potuto chiudere in una stanza buia e avrei avuto momenti più interessanti. - 
- E la vita quando ha cominciato ad essere figa? -
- Sedici anni. -
- Hai scopato? -
- No, mi hanno regalato una chitarra elettrica vera. -
- E ci hai scopato? -
- In un certo senso, sì. E poi ho cominciato a suonare con i Pencey Prep ed è stato carino. E il resto lo sai, l'abbiamo vissuto insieme. - 
- Beh, "vissuto"... a malapena ho ricordi dei primi due anni. -
- Ah, già. Giusto. - 
Gerard si mise a sedere. Si abbracciò le ginocchia e fissò il buio con il presentimento che qualcosa lo avrebbe terrorizzato a morte. Si accese un'altra sigaretta, si alzò in piedi e fece un giro per il giardino, senza sapere esattamente perchè. Continuò a fumare guardando la macchina scassata di Chris parcheggiata alla cazzo per metà sull'erba. Si sentì male per sua madre. Doveva essere davvero una merda avere un figlio del genere. Non per come era, ma per il fatto che distruggesse tutto. Il giardino, la macchina, il salotto, l'intera casa, se stesso.
Guardò per sbaglio le finestre e si spaventò. Tornò a passo veloce da Frank, in muta e profonda ricerca di sicurezza. Come se davvero Frank, da ubriaco, sarebbe stato capace di salvarlo da un qualche poltergeist. 
Frank si alzò a sedere e lo fissò: - Saremmo perfetti, se non avessimo un antiestetico pene. -
A Gerard venne voglia di piangere: - Anche la vagina sta essere disgustosa, non dovremmo sentirci in colpa a buttarci il nostro coso orrendo dentro di tanto in tanto. D'ora in poi potrei anche iniziare a farlo per ripicca. - 
Frank scoppiò a ridere: - Del tipo, pensi che il mio pene faccia schifo? Beh, vaffanculo, te lo ficco nella vagina così impari. -
- Qualcosa del genere. -
Lentamente, Frank smise di ridere: - Ti manca Lindsey? - 
- No. Prima abbiamo litigato. - 
- Per colpa mia? - 
- Non ancora. Cioè, sì, ma indirettamente. Non sono sicuro che sia ancora incazzata con me, forse sono stato abbastanza convincente da fargliela passare ma ormai sta capendo tutto, quindi possiamo cominciare a contare i giorni alla fine, credo. - 
- Credi che voglia lasciarti? - domandò con gli occhi sbarrati.
- Non ne sono per niente sicuro perchè non capisco niente del suo modo di ragionare, ma ho l'impressione che sta volta non ci rialzeremo. -
- Non credo vi lascerete. - mormorò Frank, distruggendo una sigaretta che aveva tirato fuori dal pacchetto. 
Gerard sorrise sarcasticamente: - Continuo a non capire perchè ci comportiamo come Romeo e Giulietta. - 
Frank distrusse definitivamente la sigaretta facendo cadere il tabacco sul pavimento di legno del portico.  - Che vuoi dire? - 
Si abbassò sulle ginocchia per arrivare all'altezza del viso di Frank e gettò via la sigaretta:- Frank. - . Riuscì a catturare il suo sguardo, - Se ti senti amato probabilmente lo sei. -
Frank spalancò gli occhi lucidi, fra sbronza e lacrime in arrivo. Le sue labbra fremettero prima che le stringesse.
Aspettarono entrambi in silenzio che Frank trovasse qualcosa da dire.
- Non sento niente. - 
- Cosa? - mormorò.
- Non mi stai trattando come farebbe una persona che mi ama. Vuoi fartelo spiegare da Jamia? Davvero, non avresti potuto dirmi cosa peggiore. - 
Gerard socchiuse le labbra, paralizzato e incredibilmente inutile. Era strano come il tempo sembrasse rallentare quando tutto andava di merda.
Era l'ultima cosa che si sarebbe mai aspettato. E questo lo faceva sentire ancora più stupido, così tanto da farlo arrossire. In effetti, come cazzo aveva potuto pensare una cosa simile?  I fatti avrebbero dovuto dimostrare tutto. Tuttavia i fatti avevano continuato a susseguirsi erroneamente, dettati dall'incertezza, quindi a quel punto non avrebbero meritato alcun tipo di considerazione. 
Ma del resto, i fatti erano tutto quello che Frank aveva. Non poteva basarsi su nient'altro. Ma Gerard sì. E decise, come era solito fare, che non gliel'avrebbe detto. 

Gerard non sapeva se Frank lo stesse ignorando di proposito o se, semplicemente, gli interessavano davvero i giochi del cazzo sul cellulare di Mikey. 
Alla tv avevano messo High School Musical ma l'audio era muto o comunque la musica dell'impianto stereo era troppo alta per capire qualcosa. 
Mitch aveva iniziato una specie di gioco in cui dovevano provare a indovinare le canzoni che stavano cantando e cantarle ma stavano giocando solo in quattro ed erano abbastanza intonati quindi il casino era piuttosto ridotto. 
Colpì il ginocchio di Ray per attirare la sua attenzione e gli indicò Frank: - Sai perchè mi ignora? Perchè ho provato a dirgli che lo amo. - . Dirlo ad alta voce fu come dire per la prima volta una parolaccia all'asilo. 
- Tu hai fatto cosa? - esclamò Ray, - L'hai fatto davvero? -
- Quasi! Gli ho fatto intendere che intendevo fargli intendere che lo amo. Pensavo che non aspettasse altro da me. Invece, basandosi su come mi comporto, non mi crede. Ma è ovvio che finora mi sono comportato in un certo modo perchè non riuscivo a spingermi a una conclusione del genere; dovrebbe giudicare i miei comportamenti d'ora in poi ma... beh, a essere sinceri, non ne sono più sicuro. - 
Ray sgranò gli occhi: - Ah- uhm- tu- non lo so, dovresti essere sicuro prima di passare ad affermazioni del genere. Ci siete già passati un millennio e mezzo di anni fa, e non era andata bene... -
- Lo so, era esattamente questo a spingermi a non ricaderci più. E' il mio migliore amico e un membro della mia band, non è una persona qualunque con cui posso litigare. Ma oggi pomeriggio Mikey è stato davvero adorabile a convincermi che sarebbe stata una buona idea dirglielo... domani mattina gli preparo i cereali con il latte scaduto, lo giuro. - 
Ray sorrise: - No, frena. Cosa ti fa pensare di essere innamorato di Frank? -
- Tutto. Tutti quelli che mi parlano. Lindsey si lamenta del tempo che non passo con lei senza sapere che lo passo praticamente tutto con Frank, Mikey mi ha fatto un discorso assurdo sul fatto che non amo Lindsey e sono perso da tempo per Frank, io per primo mi rendo conto che Frank è praticamente tutto ciò che voglio, ma questo non significa che io non tenga a Lindsey. Credevo davvero di amarla fino a qualche ora fa. Sai cosa? Forse sono davvero un po' ubriaco. Perchè non avevo nei piani una cazzata del genere da dire a Frank. E non dovrei considerare il fatto che vengo continuamente attratto da lui, perchè se non fossimo nello stesso gruppo e lo vedessi due volte al mese per caso probabilmente avremmo smesso di scopare da molto tempo e ci limiteremmo a mezzo saluto. Ma è difficile ignorarlo, capisci? Ce l'ho sempre davanti. Sempre. Costantemente. Non posso ignorare la sua carica sessuale, sbaglio? Avrei dovuto passare questi giorni con Lindsey a considerare come mi sento senza di lui. Ma la mia parte gay ha prevalso un'altra volta. Sono stanco di vivere così. - concluse con un sospiro, - Cioè, non sono propriamente stanco perchè a dirla tutta adoro stare insieme a Frank, ma sai... l'etica. - . Si accorse di essere stato logorroico e si sentì seriamente dispiaciuto per la mente ubriaca di Ray costretta a subirsi quella serie infinita di frasi. 
- Già, credo che dovresti aspettare di tornare sobrio prima di decidere qualcosa. - farfugliò arrossendo. 
- Oddio. - mormorò, - Scusa. - 
- Cosa? - chiese con un sorriso confuso. 
- No, davvero... rompo troppo le palle. - 
- No, è okay, sono io che essendo ubriaco non riesco ad apparire nemmeno vagamente interessato. E' okay.  Guarda Troy. Guarda come canta e balla come se non ci fosse un domani e gli etero non esistessero. - 
Gerard lo fissò, sconcertato: - Chi cazzo è Troy? - 
Ray indicò il televisore con la bottiglia di Heineken: - Troy. - ripeté.
Gerard guardò Zac Efron saltare nella palestra e rimase in silenzio. Capì dopo una ventina di secondi che "Troy" era il nome del suo personaggio. Se un liceale fighetto meritava di essere considerato un personaggio, s'intende.
Frank si alzò dal divano e se ne andò con Mikey.
Gerard pensò che avrebbero scopato. Mikey era la persona di cui era meno geloso al mondo, comunque, forse avrebbe anche potuto scopare con Lindsey e non gli avrebbe dato propriamente fastidio. 
Si accorse che Mitch gli stava parlando e annuì un paio di volte sorridendogli e se lo sentì nella faccia che stava risultando convincente. 
Non sapeva bene cosa stava dicendo Mitch, ma pensò che aveva un sorriso dolce e dei bei capelli. A un certo punto smise di parlargli e andò a prendergli una birra e dell'acqua. 
- Perchè l'acqua? - chiese Gerard.
- Disidratazione. - rispose lui con un sorriso e un qualche strano gesto complice.
Gerard annuì fingendo di capire e si stappò la Heineken. Lui e Ray erano gli unici che stavano ancora seguendo High School Musical. Ormai a Mitch non fregava nemmeno più delle canzoni. Sembrava abbastanza soddisfatto del suo nuovo impiego da canta-storie considerando la gioia con cui si era messo a raccontare di quella volta che Chris aveva messo un trancio di pizza su un piatto di plastica a scaldare nel microonde. 
Qualcuno tolse i Pantera dallo stereo e mise i Placebo. A giudicare dalle prime due canzoni, era un cd misto.
High School Musical stava per finire e Gerard e Ray rimanevano dell'idea che era impossibile capire come un film del genere avesse potuto riscuotere quel successo. Dovevano aver fatto leva sugli ormoni delle dodicenni. Zac Efron doveva avere una carica sessuale che loro, quasi trentenni, non avrebbero mai potuto cogliere.
Quasi. Trentenni.
Quasi.
Vecchi. 
Raggelò, letteralmente. Fece per chiedere a Ray se si rendesse conto di quanti cazzo di anni avevano quando scorse la faccia giovane di Frank in fondo al salotto e nemmeno riuscì a desiderare di strappargliela.    Trent'anni erano tanti, considerando che Gerard doveva ancora superare e uscire dall'adolescenza. Sul serio. C'era gente che alla sua età aveva già una famiglia e lui si prendeva ancora le cotte per gente a caso.
Pensò che avrebbe dovuto suicidarsi il giorno del suo trentesimo compleanno, poi tornò in sé e si rese conto di quanto una cosa simile sarebbe stata totalmente ridicola e imbarazzante da raccontare a quelli che sarebbero venuti al funerale. Non voleva morire e lasciare i suoi genitori e Mikey a fare figure di merda per sempre per colpa sua. 
Poi pensò che una volta, ai drogati inizi, si era fatto promettere da Frank che all'età di trent'anni, se non si fosse ancora sposato, si sarebbe sposato con lui. Gay o meno. Frank aveva promesso e poi aveva vomitato sulla maglietta di Clarissa. 
E Gerard all'epoca aveva considerato i trent'anni così lontani. Inimmaginabili. 
E ora era a un passo dal compierli e avrebbe di nuovo fatto una cazzata di scommessa del genere con Frank.
Lo stesso che finalmente gli stava venendo in contro insieme a Mikey con Burger Queen di sottofondo. 
Gli ci volle qualche secondo per capire che non era incazzato con Frank e che nemmeno lui era incazzato con Gerard.
Frank si sedette sulle sue ginocchia: - Ho messo i Placebo. Voglio vedere fino a dove posso spingermi. - 
- Sono tutti troppo ubriachi per realizzare che hai tolto i Pantera. - disse Gerard.
- Beh, Chris mi ha detto che a una certa ora diventano malinconici e mettono su cd di Dido... - disse Mikey sedendosi a fatica nel piccolo spazio fra Ray e Gerard, - Tanto vale mettere su i Placebo. - 
- Oggi mio nonno ha rovesciato il vino e ha detto che è fiero di noi. - raccontò Frank con un sorriso timido. 
Gerard fece per chiedergli cosa c'entrasse il vino ma prima di rendersene conto si unì con naturalezza al coro di "Awww". 
- Io oggi ho guardato Buffy L'Ammazzavampiri mangiando broccoli. - raccontò invece Ray, - E' stato più piacevole di quanto immaginiate. - 
- Broccoli. - ripeté Gerard con uno strano accento indiano che non si accorse di aver assunto. 
Calò il silenzio per un secondo, il tempo per realizzare, prima che cominciassero a ridacchiare.
- Io e Mikey abbiamo guardato le Gilmore Girls e pensato a Bob. -
- Ah, già, a lui piacciono le Gilmore Girls. - rimembrò Ray.
- Beh, Lorelai ha un buon senso dell'umorismo e una bella faccia. - mormorò Mikey, troppo seriamente per essere preso sul serio.
- Quale delle due? - chiese Frank.
- Cosa? - chiese Mikey, assumendo repentinamente una faccia allibita.
- La figlia o la madre? - insistette Frank.
- Ma ti droghi? La figlia si chiama Lory... sfigato. -
- E come si chiama la nonna? - chiese Frank.
A Gerard girava di più la testa per l'albero genealogico delle Gilmore che per la birra.
- Trix. - disse Mikey.
- Eh? - chiesero tutti e tre.
- La nonna. - 
- Cos'è? Il suo nickname? - chiese Ray sghignazzando. 
- Si chiama Trix. - ripeté, comprensibilmente ubriaco.
- No... - replicò Gerard, - Si chiama Emily. -
- Emily Gilmore. - confermò Frank, battendo una mano sul ginocchio a maggiore conferma, - Che nomi perfetti. - 
- Mh. - confermò Gerard bevendo la birra ormai sgasata in contemporanea con gli altri tre.
La scena era divertente ma nessuno a parte Gerard notò che avevano preso a bere tutti nello stesso istante e non avendo voglia di spiegare e beccarsi facce sconcertate rimase in silenzio e guardò negli occhi Zac Efron. 
Prese un altro sorso e si accorse di aver bevuto dalla bottiglietta d'acqua. Rimase sconcertato, inizialmente per essere arrivato a confondere le due bottiglie, successivamente per il sapore strano dell'acqua. Riconosceva vagamente quell'amarezza.
Si sentì prima bollente, poi gelido. Sentì tutto il calore corporeo scivolargli giù dalla schiena e semplicemente andarsene, lasciandolo morto. L'ultima volta che si era sentito così era stato quando aveva visto Mikey ubriaco lanciare l'Iphone del fratello da una parte all'altra del tourbus. Non avrebbe mai dimenticato quei specifici brividi. 
La risata squillante di Ray suonò grottesca nella testa di Gerard perché cazzo, si sentiva sul serio morire.
Capì che nessuno se ne sarebbe accorto a meno che non avesse parlato.
- Credo che ci abbiano messo qualcosa. - mormorò sollevando con la mano fredda la bottiglia.
L'unico a sentirlo fu Frank. Quando si voltò e i suoi occhi si posarono sul viso di Gerard il tempo riprese a scorrere, anche se aveva solo pronunciato un patetico "Eh?". 
- Credo che ci abbiano messo qualcosa. - ripeté. 
Lo sguardo tranquillo di Frank lo ferì: - Okay. - mormorò prendendo la bottiglia.
- Che fai? - 
- Che c'è? - chiese lui. Prese un sorso e guardò la faccia di Gerard e prese a ridere. 
- Sa di acqua. - annunciò Frank, - Idiota. - 
In futuro non si sarebbe mai spiegato perchè avesse creduto a Frank, che si stava ubriacando da qualcosa come cinque ore. E nemmeno si spiegò perchè nel corso della serata finì la bottiglietta d'acqua con noncuranza. Non se lo seppe mai spiegare a pieno. Mai davvero.

Si svegliò con quella particolare sensazione di panico. Come quando hai un appuntamento alle otto, apri gli occhi a letto di tua spontanea volontà e sai benissimo di non aver sentito la sveglia e di essere in ritardo di quattro ore. O come quando la notte prima hai assunto ecstasy. 
Spinto dal panico afferrò Frank disteso al suo fianco e pensò che sua madre doveva averli visti dormire insieme ed essersi convinta del fatto che qualcosa non andasse con l'eterosessualità di Gerard. 
Gli strattonò la spalla con le mani che tremavano. 
Non riusciva a calmarsi. Semplicemente, non poteva. 
Soprattutto, Frank non aveva ancora riaperto gli occhi. 
Lo chiamò ma disse qualcosa di incomprensibile che lui per primo non capì. Non riusciva a capire se Frank era caldo o gelido. 
Respirava così veloce da non respirare affatto. 
E Frank si lasciava spostare senza aprire gli occhi e sorridergli. 
Non riusciva più a parlare. Iniziò a singhiozzare colpendolo di nuovo. 
Non voleva chiamare un'ambulanza. Portarlo in ospedale. E sperare che finisse tutto bene. Non ce l'avrebbe  fatta. 
Strinse le dita attorno ai suoi polsi cercando di capire se le sue vene pulsassero ma si sentiva un pezzo di ghiaccio lui stesso. Si sentiva morto. 
Cercò di controllare l'ansia e capì che in fondo il tempo stava passando così lentamente.
E Frank prese a muoversi, e forse ci mise solo qualche secondo, oppure gli ci vollero interi minuti per farlo. A malapena teneva gli occhi aperti. Cercò di liberarsi dalle mani di Gerard lamentandosi a bassa voce. 
Gerard scoppiò definitivamente in lacrime coprendosi il viso con le mani. I postumi stavano alterando tutto, ne era consapevole, e non avrebbe voluto perdere tempo così, ma non riusciva a smettere. Né a respirare, né a trovare motivi per cui calmarsi.
Si trascinò giù dal letto e cadde a terra sulle ginocchia. Gattonò disperatamente fuori dalla stanza e si aiutò con la ringhiera prima delle scale per rialzarsi e correre nella stanza di Mikey. 
Era vuota. Crollò di nuovo a terra singhiozzando rumorosamente.
Sentì qualcuno correre su per le scale e nemmeno riuscì a riconoscere i passi. 
Qualcuno si accovacciò al suo fianco sfiorandogli la schiena e Gerard pianse ancora più forte accorgendosi che era Mikey. Si chiese per quanto tempo avrebbe reagito al sollievo piangendo. 
Mikey lo abbracciò e Gerard pensò che era esattamente quello che avrebbe fatto se fosse riuscito a muoversi.
- Che c'è? - gli chiese Mikey. 
Gerard non riusciva a smettere. Tremava così tanto da non permettere a Mikey di abbracciarlo decentemente. 
Mikey si allontanò e provò a coprire Gerard con una coperta, senza capire che non era il freddo il problema principale.
- E' tutto a posto. - lo rassicurò Mikey, - Mamma e papà non sono nemmeno in casa, sono dalla signora Derry. E ho raccontato loro che stavate scrivendo una canzone e di non disturbarvi. Non sospettano nulla. -
Gerard l'avrebbe preso per il culo se avesse avuto la forza. Provò a dirgli di chiamare Ray per sentire se stava bene e per qualche motivo Mikey lo capì e lo tranquillizzò anche su questo dicendogli che qualche ora prima era venuto a trovarli per riportare la felpa che Frank aveva dimenticato da Chris. 
Gerard aveva annuito e si era accorto di essersi calmato. 
Poi si era ritrovato nella sua stanza, seduto sul letto vicino a Frank. C'era qualcosa di strano nella luce, e nell'aria. 
Sentiva l'ansia ammontare. 
- Ho la cazzo di febbre. - mormorò Frank a Mikey prima di rigirarsi sul letto.
Gerard non era mai stato così consapevole di avere delle vene. Le sentiva gonfiarsi, tremare contro il materasso. Uno schifo. 
- Andiamo al piano di sotto? -
Gerard, fissando il muro, si dimenticò di esistere per qualche secondo. 
Poi si ritrovò al freddo, sulle scale. In piedi. Si sentiva terrorizzato.
Scesero le scale. I tre cadaveri. Uno morto in braccio all'altro, Mikey che sembrava un becchino affaticato e Gerard che si trascinava giù tremando con la coperta sulle spalle che sfiorava i scalini. 
Probabilmente facevano molto ridere, ma nessuno di loro rise. 
Gerard si sistemò sulla poltrona accanto al divano su cui Frank si era disteso frignando. 
Si appoggiò allo schienale e sollevò il mento, fissando il soffitto bianco. Cercò una posizione più comoda e finì per rannicchiarsi abbracciandosi le caviglie.
Mikey li guardava da lontano, allibito.
- Che cazzo racconto a mamma e papà? - chiese.
Nessuno rispose.
Frank tossì e si lamentò dando loro le spalle e schiacciandosi con il naso contro lo schienale del divano.
Gerard avrebbe voluto confrontare una foto dei sorrisi della sera prima con le loro facce attuali e ridere fino a farsi uscire il sangue dal naso. 
- Frank, a quali medicine sei allergico? - chiese Mikey.
Frank si distese di nuovo sulla schiena e tossì in piena faccia a Mikey: - Dammi un'aspirina. -
- Ti stai atteggiando da suicida o...? -
- Dammi una cazzo di aspirina. - ripeté. 
- Credo che abbia davvero bisogno di un'aspirina. - convenne Gerard.
- Oh, okay. - si arrese Mikey lasciandoli soli.
Gerard guardò il viso pallido di Frank e le sue palpebre leggermente arrossate e chiuse, sentendosi della strana rabbia dentro. I propri battiti cardiaci lo innervosivano perchè se li sentiva in tutte le vene, li sentiva contro il pollice di Frank appoggiato al suo polso mentre si tenevano per mano. Pensò che era dovuto all'ecstasy, o a qualsiasi droga avesse ingerito la notte prima. Forse qualcosa di meno forte. Forse qualcosa di nuovo che nei buoni vecchi anni '90 Gerard non aveva ancora avuto modo di  sperimentare. 
Si sentiva congelare. E si sentiva stanco. E il cielo fuori era buio e non capiva come fosse possibile.
Mikey tornò nel salotto con un bicchiere d'acqua e la confezione di aspirine. 
Gerard lo chiamò a bassa voce e Mikey si spaventò.
- Cos'ha il cielo? - chiese stancamente. Per la prima volta da quando era sveglio, cominciò a chiedersi che aspetto avesse. 
Mikey spalancò ancora di più gli occhi voltandosi a guardare spaesato la finestra: - Non so... - boccheggiò, - Cos'ha il cielo? - domandò incertamente. 
- E' buio. - 
- Beh, sono le otto e un quarto di sera. - disse continuando a fissare fuori dalla finestra, forse ancora segretamente in cerca di qualcosa di insolito.
- Cosa? Abbiamo dormito tutto il giorno? -
- Non tutto... siamo tornati a casa alle sette di mattina. E avete dormito da allora. - 
Calò il silenzio. 
Frank almeno aveva smesso di tossire. 
- Stai scherzando? - chiese Gerard. Retorico e inutile.
- No. - 
Frank tossì e si mise a ridere piano per qualche motivo che solo lui conosceva: - Amo il New Jersey. - 

L'amante del New Jersey pensò bene di vomitare roba simile a schiuma sul tappeto del salotto un paio di volte prima di decidersi a salire sulla macchina della mamma di Gerard e Mikey.
Mikey aveva cercato su Google cosa significasse di preciso quel genere di vomito e quando avevano trovato che era una cosa tipica dei cani si erano seduti sul divano crollando sotto il peso delle risate.  
Dopodiché Gerard aveva trascinato Frank nella macchina scongiurandolo di non vomitare sui sedili. 
Frank nemmeno rispose e si addormentò sul sedile.
Gerard si sentiva di nuovo abbastanza vivo. Era ancora stanco e un po' nervoso ma riusciva a parlare e a pensare cose perspicaci. Aveva anche cominciato a pensare alla prossima tinta che avrebbe potuto farsi, e alla faccia di Brian Molko. 
Guidando fra le strade nella speranza che Frank non scivolasse sul pomello e ingranasse la retromarcia, vide delle persone camminare per strada e si sentì strano quando le riconobbe. Si chiese se loro si ricordassero di lui, perchè in quel caso sarebbe stato inquietante ricordarsi di loro, gente con cui a malapena aveva mai parlato in vita sua. 
Alla fine allungò la strada passando di fronte alla scuola. Decise di fermarsi nel parcheggio e fissarla a lungo. Fissò la palestra dove aveva vomitato e fatto roba strana con Chris negli spogliatoi. Fissò il cortile in cui aveva passeggiato sperando che nessuno se la prendesse con lui. Provò a decidere che sentimenti provasse al riguardo.
Quando svegliò Frank per mostrargli che erano di fronte alla loro vecchia scuola lui in tutta risposta spalancò la portiera e vomitò bile sull'asfalto. A dire il vero, come gli raccontò nel 2002 dopo aver scritto le linee di chitarra di Early Sunsets Over Monroeville, ci aveva passato solo il primo anno e dopo essersi fatto rompere una caviglia e entrambi i polsi aveva deciso di scappare in un'altra scuola.
E mentre lo guardava vomitare si chiese come avesse fatto a non accorgersi già da subito nel 2002 che Frank era bellissimo. 
Si sentì uno schifo quando arrivarono di fronte alla casa di Frank perchè si rese conto che avrebbe dovuto portare a una madre apprensiva un figlio ridotto in quello stato. Si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Magari avrebbe potuto dargli la giacca quando lo aveva raggiunto al freddo e aveva provato a dirgli...
Sussultò. L'aveva dimenticato. 
Era fermo di fronte a casa sua da due minuti e Frank doveva ancora accorgersi che la macchina si era fermata. 
Pensando un po' meno a se stesso e un po' di più a Frank si chiese se fosse morto.
- Sei cosciente? - chiese Gerard sfiorandogli la guancia e il collo bollenti. 
- Di cosa? - domandò Frank aprendo pigramente gli occhi arrossati. 
- Bene. Ricordati di non dire a tua madre che ti hanno drogato. Se vomiti ancora di' che hai mangiato qualcosa andato a male. Non raccontarle di quando scopiamo. E ricordati di tirarti giù i pantaloni prima di fare pipì. - 
Frank annuì: - Okay. - 
Gerard accennò un sorriso e annuì a sua volta: - Bravo. - . Scese dalla macchina e la accerchiò per aprire la portiera a Frank. Sentendosi ancora ansioso e vicino al riprendere a piangere. Sentiva gli occhi pizzicare frociamente nell'accorgersi che avrebbe dovuto lasciare perdere Frank per una decina di ore, se non di più. 
Frank in quell'arco di cinque secondi si era già di nuovo addormentato.
Aprì la portiera dopo essersi accertato che Frank non ci fosse appoggiato sopra e che quindi non ruzzolasse sull'asfalto, gli prese entrambe le mani e lo issò in piedi. Si passò un suo braccio dietro il collo per aiutarlo a camminare e lentamente salirono le scale del portico che avevano da poco rifatto. Suonò al campanello e nell'attesa che qualcuno andasse ad aprire baciò Frank sulla guancia. 
Frank tirò un sospiro di quelli davvero espressivi. E poi iniziò più o meno a piangere.
- Che c'è? - bisbigliò Gerard.
- Che cazzo, non volevo ammalarmi. - disse sollevando gli occhi per cercare di non far scendere le lacrime, - Non so perchè sto piangendo... - 
- Lo so, va bene, sono gli effetti della- -
La porta si aprì. 
- ...febbre. - mormorò Gerard.
Linda Iero fissò scioccata la faccia di Frank: - Che gli è successo? - chiese senza nemmeno guardare Gerard, - L'ho chiamato al cellulare quattordici volte! -
- Ha la febbre, lui- ehm- - . Si schiarì la voce. Come poteva giustificare il fatto che avessero passato una giornata intera in totale isolamento? - Stavamo scrivendo delle nuove canzoni e- mh- evidentemente non ha sentito le chiamate - 
Linda afferrò Frank e Gerard si costrinse a lasciarlo andare. 
- Grazie per averlo riportato a casa. - disse Linda. 
Gerard non si aspettava una cosa del genere. Cominciò a pensare che Linda credesse che Frank si fosse cacciato nei guai da solo, senza l'ausilio di Gerard. Si sentì ancora più in colpa: - Gli abbiamo dato un'aspirina ma non ne sappiamo molto di- -
- Siete uomini, lo so. - . Il solito insulto. Però non gli importava, perchè poteva anche essere uomo ma la verità era che la maggior parte del tempo si sentiva una lesbica fiera e carina. 
- Già. - disse perlopiù mentendo, - Spero che Frank guarisca presto. -
- Certo, non preoccuparti. Saluta i tuoi. -
- Certo. Arrivederci. - 
- Ciao, Gee. - intervenne Frank in un lamento. 
Gerard lo abbracciò in velocità: - Ciao. Arrivederci. - aggiunse salutando Linda. Si voltò e scese dal portico nervosamente. Pensò che doveva decisamente sentire Lindsey. Si chiese dove fosse finito il suo cellulare. Probabilmente era in una pozza di vomito e piscio a casa di Chris. Una volta risalito in macchina decise di andare da lui, almeno per salutarlo decentemente prima di tornare in tour con il resto della band. 
Suonò al campanello e cominciò a chiedersi in che condizioni fosse la casa. 
A gran sorpresa, ad aprire la porta fu la madre di Chris. Gerard era seriamente dispiaciuto al solo pensiero di come doveva essersi sentita una volta tornata a casa e aver visto la casa per cui paga le bollette in quello stato. 
Notò i suoi occhi tristi e per un po' sentì la gelida sensazione che fosse successo qualcosa a Chris.
- Buona sera, Gerard. - disse infine la madre.
- Buona- sera. - si affrettò a dire. 
- Cerchi Chris? - dedusse lei con mezzo sorriso. Okay, era vivo. Amen. Alleluia. 
- Sì. - .
La madre si voltò in direzione delle scale scuotendo i capelli lunghi e biondi. Gerard ricordò com'era bella dieci anni prima quando si aggirava per i corridoi della scuola alla ricerca dei professori di Chris che la convocavano continuamente. Ora sembrava davvero morta. 
Chris scese le scale di corsa, proprio come la sera prima. Ma sta volta ebbe l'accortezza di non rovesciare la birra urlando e ridendo come un pazzo. 
- Ehi, Way. - lo salutò. Passò accanto alla madre e le baciò la guancia. 
- Vuoi entrare? - chiese la madre a Gerard.
- No, non è necessario. Torno a casa subito. -
- Allora vi lascio da soli. E' stato un piacere rivederti, Gerard. - disse con un sorriso inespressivo.
- Lo stesso per me. - disse Gerard, e la guardò allontanarsi con passo veloce e indeciso. 
Chris prese Gerard e lo baciò sulle labbra.
- Ciao, Chris. - disse Gerard. L'aveva già baciato mille volte nei spogliatoi della palestra, non era particolarmente sorpreso che Chris avesse deciso di rifarlo.
- Ti devi ancora riprendere dalla botta, uh? - esclamò con una risatina.
Ricordò improvvisamente chi gli aveva dato la bottiglietta d'acqua: - Prendi a sberle Mitch da parte mia. Come ha potuto fare una cosa del genere? -
- Non l'ha fatto con cattiveria. - si strinse nelle spalle Chris, - Pensava che vi facesse piacere. -
- Ci ho messo anni a lasciare perdere la droga, pensavo fosse abbastanza chiaro che non la voglio più in giro per il mio corpo. - 
- Mitch non capisce- -
- Mitch è uno stronzo. -
- No, non lo è. - dichiarò Chris guardandolo seriamente. 
- Sì, lo so, ma sono incazzato a morte. -
- Lo so. Mi dispiace che sia andata a finire così. -
- Fa lo stesso. Okay, sarò strettamente etero: ho bisogno del mio cellulare per chiamare la mia ragazza dall'altra parte dell'America. - 
- E cosa ti fa pensare che ce l'abbia io? - chiese dopo aver bevuto dalla bottiglia di birra. 
- Beh, ieri notte ero qui. -
- Già, ma Teresa non ha trovato cellulari. Ha trovato solo indumenti. -
- Chi cazzo è Teresa? -
- La donna delle pulizie. Dio la benedica. - 
- Oh... quindi... niente cellulare. - annuì frustrato. 
- Già. Mi spiace davvero, piccolo. L'eterosessualità dovrà aspettare. Fatti un giro da Frank. -
- Ha la febbre. -
Chris fece una profonda smorfia dispiaciuta: - Oh. Il New Jersey l'ha schiacciato. - 
- Qualcosa del genere. - annuì Gerard. 
- Fino a quando restate qui? - 
- Lunedì ce ne andiamo- oh cazzo, è domani. - 
Chris socchiuse le labbra. Così genuinamente rattristito: - Di già? -
- Sì. -
Abbracciò Gerard: - Non andartene. - 
Gerard gli diede qualche pacca: - Dispiace anche a me. - 
Chris lo allontanò e gli accarezzò i capelli: - Guardati. Sei diventato un ometto con le sue cose etero e le sue cose gay, sapevo che saresti diventato qualcosa del genere. - 
Scoppiò a ridere: - Davvero? Uao. - 
Chris tornò a reggere la bottiglia di birra con entrambe le mani: - Torna a trovarmi. Picchierò personalmente chiunque cerchi di drogarvi e portarvi a letto, siete principesse, verrete tutelate dal re. - 
- Grazie, lo apprezzo. - 
- Buona fortuna per il cellulare. Magari ce l'ha Mikey. -
- Ah già, devo ancora chiederglielo... beh, Chris, cerca di starmi bene, okay? Sul serio. Dimezza le cazzate. - 
- E tu divertiti in tour. - 
- Okay. Ciao, Chris. -
- Ciao, piccolo. - disse. Lo abbracciò di nuovo.
Gerard attraversò il breve giardino a passo veloce e prima di salire in macchina guardò un'ultima volta Chris. Un po' preoccupato per se stesso, un po' preoccupato per lui. 

Tornò a casa e dopo aver passato mezz'ora in salotto a fingere di stare bene agli occhi dei suoi genitori scoprì che Mikey aveva da sempre conservato il suo cellulare. 
Si sentì male dopo aver visto le nove chiamate perse di Lindsey e i sette messaggi. Gli aveva lasciato pure un messaggio in segreteria. 
Preferiva non ascoltarlo, sul serio. 
La chiamò non appena riuscì a calmarsi. 
- Gera- -
- Un attimo, non parlare. Sono distrutto. Non urlarmi. -
- Ti ho chiamato venti- -
- Nove. Mi hai chiamato nove volte. So che pensi che io faccia davvero schifo, ma lasciami sorprenderti: ieri notte mi hanno drogato e ho dormito fino alle otto di questa sera per poi svegliarmi e aggirarmi per la casa piagnucolando con la fissa che tutti quelli alla festa con me siano morti, il che vuol dire che non appena ho scoperto che Mikey era vivo sono crollato a terra come un frocio senza palle. -, l'omissione dell'intero capitolo riguardante Frank era pura distrazione, chiaramente, - E credimi se ti dico che davvero non sono dell'umore giusto per tornare a piangere sui miei 29 anni versati. - 
Lindsey rimase in silenzio per un po': - Pensi di farmi pena? - chiese poi, - Sono dodici ore che aspetto una tua chiamata. Per quanto ne sapevo, potevi anche essere morto. -
- Perchè devi farmi pesare ogni singola cosa che faccio?- -
- Stai scherzando? -
- ... io non lo faccio mai con te. -
- Forse perchè non ho mai fatto niente di male? - chiese istericamente, - Gerard, cazzo, è da quando stiamo insieme che sopporto di tutto. Va bene, non sei un vero e proprio mostro, ma rimane il fatto che appena hai l'occasione di dimostrarmi che ci tieni te ne vai da qualche parte con Frank e gli altri. - . Frank. E gli altri. 
- Smettila. Se ti faccio così schifo puoi anche lasciarmi. - 
- Vedi? Non te ne fotte un cazzo. - 
- Non è vero. Ma sono stanco di litigare. -
- Se lo fossi staresti cercando di migliorare le cose. -
- Sto cercando- -
- Non dire stronzate. Riattacco. - 
Gerard rimase in silenzio.
Anche Lindsey rimase in silenzio. Senza riattaccare.
- Vuol dire che è finita? -
- Vuol dire che mi hai rotto le palle. - 
- Corretto. - mormorò. 
- Cosa devo fare per suscitare il tuo interesse? Correre in giro coi polsi tagliati? Mettermi un sombrero? Non depilarmi? -
- E io cosa dovrei fare per convincerti del contrario? - 
Lindsey rimase in silenzio.
Gerard ebbe l'impressione che fosse uno di quei silenzi da ragazze. Uno di quelli che significa una risposta precisa che Gerard a quel punto avrebbe dovuto conoscere. Che Gerard avrebbe già dovuto capire.  
Si accorse che probabilmente non la conosceva affatto se non riusciva a farsi nemmeno una vaga idea di cosa stesse cercando di comunicargli telepaticamente. Oppure Lindsey era solo una ragazza, e andava bene così. Poteva anche arrendersi e accettare che non l'avrebbe capita. 
Forse la storia che le ragazze sono strane era vera. Forse Gerard, in fondo, era più ragazzo di quanto pensasse. Ma solo per i lati meno favorevoli. Perchè era sempre svantaggiato?
- Lascia perdere. - arrivò il mormorio di Lindsey, - Devo andare... - . Da nessuna parte, solo lontano dalla sua voce. 
Gerard evitò di perdere la pazienza anche verbalmente e si limitò a mormorare un saluto e riattaccare troppo tardi. Una frazione di secondo dopo Lindsey. Era come avere perso. 
Girò per la stanza sentendosi piccolo e misero. Scese le scale e tornò in soggiorno dai suoi genitori, perchè in fondo era andato in New Jersey per stare con loro, non per lasciarsi drogare e dormire quattordici ore consecutive. 
Si sedette sul divano dove quella mattina Frank era disteso e accennò un sorriso ai suoi genitori che si erano voltati a guardarlo. Pensò che sapevano benissimo che si era drogato e che Mikey era un illuso di merda. 
Fissò il televisore e si accorse che stavano guardando un film romantico. Uno di quelli esagerati, con troppe scene al rallentatore e troppe battute piazzate con subdola perfezione. Roba inverosimile. 
Si chiese se anche loro il primo bacio se lo fossero dato sotto la pioggia, di notte, come era successo a quei due etero nel film. Se alla prima scopata le scene si erano dissolte in una transizione delicata o se era stato imbarazzante, con imbarazzanti macchie sulle coperte e imbarazzanti versi. E infine, si chiese se prima di arrivare a dov'erano adesso - in una casa che si erano costruiti e che avevano pagato da soli, seduti mano nella mano su un divano che avevano scelto personalmente all'Ikea - fossero passati per dove stava passando Gerard con Lindsey. O con Frank. 



 

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Capitolo 9
*** The forever moments ***


 
(sono una minorata mentale)
lazybonnnnes





 


9.The forever moments




Ascoltavano i Blur e si disperavano, essenzialmente. Per la prima volta si erano ritrovati a scrivere la scaletta da soli. Di solito era Frank a scriverle, ma era sepolto sotto due coperte e poco propenso a svegliarsi e sostenere una conversazione, quindi si sarebbero dovuti arrangiare. In qualche modo. 
Erano già al terzo tentativo. I casi erano due: o le canzoni che scrivevano continuavano a succedersi senza un minimo di logica, oppure finivano per elencarne ventiquattro o venticinque al posto delle diciassette consentite.
Gerard sollevò lo sguardo dal foglio nuovamente vuoto e si accorse di Ray e Mikey che giocavano a tris sul foglio della scaletta appena scartata. Tirò un sonoro sospiro e loro misero velocemente il foglio da parte: - Vi ammazzo. - disse Gerard a bassa voce. 
- Non ci viene in mente niente! - cercò di giustificarsi Ray. 
- Nemmeno vi impegnate. - sbuffò alzandosi in piedi. Si lasciò cadere sul divano fra loro due in modo da separarli e impedir loro di riprendere a fare cazzate. Si accorse di Brian che stava imprecando al telefono e sollevò una mano in sua direzione, - Brian, le tue vibrazioni negative mi stanno sabotando il cervello. - 
- Ma stai bene? - gli chiese il manager, spiazzato e vagamente incazzato per vari motivi, - E' da un'ora che sto cercando di chiamare Bryar, okay? Ho il diritto di spazientirmi se- -
- Intanto è solo mezz'ora, e comunque sono sicuro che Bob sia piuttosto vivo e consapevole di avere impegni con noi sta sera, quindi rilassati. - 
- Non capisci la gravità della situazione. - 
- E tu non capisci che Bob non è un minorato mentale e sa badare a se stesso senza le tue chiamate apprensive delle undici e mezza di mattina. Probabilmente è in un qualche autogrill che fa la cacca, lascialo in pace. - 
Mikey sghignazzò stupidamente e Gerard scosse la testa fra se e se tornando a fissare il foglio bianco e tirò l'ennesimo sospiro. Avrebbe voluto essere al posto di Frank, in un letto pieno di coperte e abbastanza confusione da non capire di essere al mondo. 
Mikey si sporse oltre la sua spalla indicando il foglio: - Iniziamo con Parade. - 
- Okay. - disse Gerard annotando quanto proposto. 
- Mettiamo gli estremi. - propose Ray, - Quale facciamo per ultima? - 
Gerard accennò un sorriso, rassicurato dal fatto che Ray avesse ripreso a collaborare: -Mettiamo Helena? - 
- No! - contestò Mikey, - Così finiamo per fare la stessa scaletta di due anni fa. - 
- Ah... già. - convenne Gerard. 
Rimasero per qualche secondo in silenzio prima che Ray parlasse di nuovo. 
- Stavo pensando che potremmo mettere Cancer alla fine, dato che il palco è piccolo e sarebbe incredibilmente imbarazzante starcene immobili mentre te e James la fate... così io, Mikey e Frank scendiamo dal palco prima e problema risolto. Oppure la potremmo fare all'inizio, ma è decisamente inopportuno iniziare così, giusto? - 
- Geniale. -  confermò Gerard sventolando con approvazione la penna prima di scrivere a lettere cubitali "Cancer" in fondo al foglio, - Scommetto che Frank ci sarebbe arrivato subito. - 
- Ovvio. - asserirono gli altri due. 
Versò del caffé nella tazza di Ray e prese a sorseggiarlo, - Seconda canzone? - 
Rimasero in silenzio per un po'. 
- Venom. - disse il manager, lasciando per un attimo da parte il cellulare. 
- Okay. - annuì Gerard affrettandosi a scrivere.
- Sicuri? - chiese Ray. 
- Sinceramente, non me ne frega più un cazzo. - annunciò Gerard prima di infilarsi la penna in bocca e rosicchiarla come faceva al liceo. 
- Pensavo ti interessasse abbastanza da impedirmi di giocare a tris! - replicò. 
- In fin dei conti, nessuno farà caso alla scaletta. - ribatté Gerard sventolando distrattamente una mano.
- Ma sei serio? -
- Certo. - esclamò scrollando le spalle.
Ray lo fissò, allibito. 
- Pensavo avessi capito che tendo ad essere incoerente. - aggiunse Gerard strabuzzando gli occhi per imitare la sua espressione. 
- Okay, ma in ogni caso- -
- Non è il momento giusto per fare i perfezionisti, Ray. - cercò di zittirlo Gerard.
- Ehi, vi rendete conto di quanto state sottovalutando la mia scelta? - intervenne Brian, - Cioè, ero serio quando avevo proposto Venom. Parecchio serio. Mi state ferendo. - 
- Ma a me Venom piace. - lo tranquillizzò Gerard, spalancando gli occhi, - Va' più che bene. E' Ray che fa la fregnetta guastafeste. - 
- Gerard, veramente, vaffanculo. - sbuffò Ray.
- Fa lo stesso. - sospirò Gerard.
- Ti ammazzerei. - continuò il chitarrista in tono sconsolato.
- Okay, Dead. - scrisse il cantante, - Dopo? - 
Al manager squillò il cellulare.
- Bob! - squittì Brian rispondendo al volo. 
- Quanto siete fregnette oggi. - si lamentò Gerard, - Sharpest Lives. - continuò a scrivere sul foglio, - E' okay? - chiese a Ray e Mikey.
Ray non rispose. 
Mikey annuì: - E se aspettassimo Bob? -
- Hai ragione. - convenne Gerard, - Però Helena la mettiamo penultima, grazie. - decise scrivendola sopra Cancer. Posò con decisione la penna sul tavolo e si appoggiò allo schienale del divano riprendendo a bere caffé. Accarezzò i capelli di Ray con leggerezza, - Non offenderti, Toro. - 
- Non sono offeso, mi stai solo un po' sul cazzo. -
Gerard sorrise: - Capisco. - . Fece per controllare il cellulare ma gli passò la voglia non appena ricordò i sentimenti di Lindsey nei suoi confronti. Non aveva voglia di leggere minacce di morte e simili, quindi il cellulare rimase in tasca, e i messaggi rimasero non letti. Si accorse che la maggior parte delle persone che conosceva lo detestava in un modo o nell'altro. 
- Bob è già a Hoboken. - annunciò il manager, che si era allontanato di qualche metro in direzione dell'autista, - Ci sta aspettando lì con dei cani randagi della zona, non so. Sono sollevato. - dichiarò infine con un lungo respiro profondo e liberatorio. 
- Oh, piccolo Bob. - commentò Gerard, - Fra quanto arriviamo? - domandò all'autista.
- Quattro minuti. - 
Applaudirono forte e l'autista si lasciò andare in una qualche esclamazione anni '70. 
Attesero trepidanti che l'autobus parcheggiasse e andarono di corsa ad abbracciare Bob. 
Bob ricambiò gli abbracci con delle risatine. Era insolito e bello riaverlo di nuovo davanti. 
- Avete dimenticato Frank a Belleville? - chiese deluso.
- No, è nel tourbus sotto le coperte in piena malattia. Febbre. Influenza. -
- La malattia del muco. - la identificò con maggiore precisione Mikey. 
- Oh. - annuì Bob, fingendo di aver capito solo dopo la precisazione di Mikey, - Posso vedere il cadavere prima della sepoltura? - chiese successivamente.
- Certo. E dopo mangiamo tacos. - decise al momento Gerard, - Così posso mangiare carne senza Frank che mi guarda male.- aggiunse gioendo. 
- Che lusso. - confermò Bob annuendo energicamente. 
Lo accompagnarono nel tourbus a vedere la salma di Frank. 
Gerard sollevò i due strati di coperte mostrandolo alla luce. 
Frank reagì come avrebbe reagito un vampiro. Insultò Gerard prima di accorgersi di tutti gli altri. 
- Bob. - bisbigliò Frank, illuminandosi, - Hai fatto un buon viaggio? -
- Oh, Frank. Come stai? - 
- Ho bisogno di più vita. - disse, - Mi portate fuori? Devo camminare e respirare qualcosa che non sia l'odore di detersivo delle coperte misto a Vicks. -
- Fa freddo fuori. - replicò Gerard.
- Non mi interessa. - si ribellò Frank, scansandosi le coperte di dosso. Scese dal letto e si appoggiò alla spalla di Bob per non cadere borbottando qualcosa. Probabilmente aveva dimenticato come si usavano le gambe.
Gerard gli passò una felpa e una giacca in silenzio, con l'impressione che Frank lo detestasse.
Frank le prese senza una precisa espressione e uscì dall'autobus insieme a Mikey. 
Li seguirono e Bob mormorò a Gerard una veloce richiesta di spiegazioni sul comportamento di Frank e Ray gli spiegò che Gerard aveva cercato di dirgli di amarlo. 
- Taci! - esclamò Gerard, cercando di zittire Ray nonostante fosse troppo tardi.
- Sul serio? - chiese Bob, con una ridicola espressione stupefatta.
- Non parlatene mai più. Sto sperando che Frank l'abbia dimenticato fra febbre, droga, alcol e rock'n roll. - finì la frase borbottando, abbastanza convinto che nessuno avrebbe riso di una cosa del genere. Ma si era sbagliato, ed era quella la parte più bella di conoscere gente sfigata come Ray e Bob.

Andarono a mangiare sul serio i tacos, ovviamente senza Frank. A pensarci meglio, Frank non mangiava da qualcosa come una ventina di ore. Il termometro oscillava fra i trentasette e i trentotto e mezzo, e il colorito del suo volto passava da totalmente pallido ad arrossarsi in alcune zone tipo il naso e gli occhi. Sembrava un pokémon in continua evoluzione, come Frank per primo aveva notato dopo essersi accidentalmente imbattuto in uno specchio alle sette di mattina mentre andava in bagno a pisciare.
Quando tornarono dal pranzo con le pance troppo piene e i rutti al posto dei battiti cardiaci andò a controllare come stava Frank mentre gli altri cercavano di preparare del caffé perchè erano troppo pigri per andare a prenderselo da Starbucks. 
Frank dormiva, quindi Gerard fece finta di dover  cercare qualcosa con il solo pretesto di fare abbastanza rumore da svegliare Frank "accidentalmente", ma non funzionò. 
Spostò le coperte dal suo viso preparandosi una scusa per giustificare quel gesto, ma Frank sembrò non accorgersene. 
Gerard lo fissò, chiedendosi quanto tempo ci sarebbe voluto prima che si svegliasse, e infine gli baciò il collo bollente perchè ad essere onesti aveva paura di avvicinarsi al suo viso. Non voleva ridursi come lui, davvero. Al massimo avrebbe finto di stare male e avrebbe dormito per millenni, ma di stare male sul serio non se ne parlava. 
- Oh, uao, ti ho svegliato, mi dispiace. - disse falsamente.  
Frank aprì gli occhi e sorrise appena: - Che c'è? -
Rimasero per un secondo a guardarsi.
- Mi mancavi. - disse di colpo Gerard, esattamente il secondo dopo averlo realizzato.
- Tu non mi sei mancato. - ribatté Frank con aria annoiata. 
- Grande. - 
- Sul serio, torno a dormire. Ci vediamo fra due giorni. - si congedò voltandosi dall'altra parte. 
- Sei serio? - chiese Gerard.
Frank rise e tornò a distendersi sulla schiena: - No. Sta sera voglio suonare. -
- Sei serio?! - ripeté Gerard.
- Sì. - 
- Non puoi. Sul serio. -
- Posso. Sul serio. - aggiunse spalancando un po' gli occhi. 
- Frank, a malapena ti reggi in piedi. Peggiorerai solo la situazione, fatti i cazzi tuoi a letto per qualche giorno e facciamola finita, altrimenti ti ci vorranno settimane per guarire... -
- Che cazzata. Con chi volete sostituirmi? - domandò.
- Non lo so. -
- Un mercenario? -
- Non lo so. - ripeté. 
Mikey sbucò dal corridoio: - Gee, quanti caffé vuoi? -
- Tre. - 
- Tu, Frank? Come stai? -
- Non voglio caffé. -
- Come stai? - insistette. 
- Non sto molto male. - disse dopo qualche secondo. 
Mikey guardò Gerard in cerca di conferma. Ovviamente non gli credeva.
- Sta sera ha intenzione di suonare. - spiegò Gerard con una smorfia di disapprovazione. 
- Cosa? - domandarono Ray e Bob dalla macchina del caffé. 
- Smettetela, sto bene. - sbuffò Frank.
- Vuoi misurarti la febbre? - chiese Gerard iniziando a cercare il termometro.
Frank non rispose e Gerard prese a frugare fra le coperte e felpe sparse in giro. 
- Sì che lo vuoi. - commentò a bassa voce consegnandogli il termometro che aveva trovato sulle sue coperte in fondo alla brandina.
Frank continuò a rimanere in silenzio mentre Gerard tornava a sedersi e prendeva a massacrarsi il labbro screpolato nell'attesa che il termometro suonasse. 
- Scommettiamo su quanta febbre ha o posso andare a fare il caffé con gli altri? - chiese Mikey. 
- Vai a preparare il caffé, non sono oggetto di scommessa. - borbottò Frank.
- Sembri una femminista. - osservò Gerard.
- E tu uno stronzo. - 
- O dormi o mi insulti... meglio se torni a dormire. - sospirò tristemente il cantante.
Il termometro suonò e Frank lo tirò fuori dalla felpa con risoluta serietà prima di passarlo a Gerard, che fece del suo meglio per non ridere della sua espressione.
- Quanto caldo sono? - chiese Frank.
Gerard fece per dire qualcosa di malizioso ma dopo aver visto la faccia bianca di Frank cambiò idea: - Trentasette e uno. - 
- Mi sto raffreddando. - disse tirando su col naso. Gerard si chiese a cosa si riferisse esattamente. Se alla temperatura o all'incredibile produzione di muco.
In cucina rovesciarono qualcosa che fece scattare la risata di Ray e i "nooo" sconsolati e calmi di Bob.
- Vai tu. - disse Gerard a Mikey, come se stessero parlando di dei bambini di tre anni.
Mikey sospirò e andò ad occuparsi dell'intera situazione. Che poi, a dire il vero, lasciare una situazione critica in mano a Mikey era davvero azzardato. Ma Gerard aveva altro da fare.
- Non puoi suonare sta sera. - ripeté Gerard a Frank sferzando l'aria con il termometro mentre gesticolava. 
Frank roteò gli occhi al soffitto. 
- Sul serio, lo dico a Brian. - lo minacciò infantilmente. 
- Io lo dico a Lindsey. -
- Che? - chiese avvampando Gerard, investito da tutto. 
Frank restituì lo sguardo senza parlare mentre Gerard cercava di capire cosa intendesse con addosso la solita fredda sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante.
- Voglio dormire. - si strinse nelle spalle Frank.
- No. - disse fermamente Gerard, bloccandolo al materasso.
Frank strizzò gli occhi e gli sfuggì un lamento che spezzò letteralmente il cuore di Gerard. 
Lo mollò immediatamente, spaventato dal fatto di avergli provocato sul serio dolore fisico.
- Cazzo, le mie ossa. - bisbigliò Frank, - Porca troia... - aggiunse passandosi le dita sui polsi che Gerard aveva afferrato.
- Scusa, me n'ero totalmente dimenticato. - . Non aveva idea di come avesse fatto, dato che ogni centimetro di Frank urlava disperatamente il suo stato di dolorante fragilità .
- Scuse non accettate. - mormorò Frank guardandolo con ostilità. 
- Mi dispiace. -
- Parliamoci chiaro, sono triste. E ora anche più dolorante del solito, ti ringrazio per entrambe le cose. - 
- Che ho fatto? - domandò Gerard, allontanandosi impercettibilmente. Sperando intensamente che non intendesse quello.
- Se pensi di amarmi e il tuo amarmi consiste in questo siamo davvero nella merda. O perlomeno, io lo sono. Per sempre. - 
- Ehi, frena, non ho detto di amarti. Stavo solo cercando di chiarire, e in fin dei conti l'abbiamo fatto, no? -
- Che cazzo stai dicendo? - chiese, genuinamente confuso. 
- Ti ho chiesto come ti sentivi e mi sembrava che entrambi fossimo d'accordo sul fatto che non sono innamorato di te. -
- Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Hai cercato di far scegliere a me se sei innamorato del sottoscritto? Non dipende da me, dipende da te! Non è una scelta mia, è tua. - 
- Lo so, è che per un attimo mi sono sentito confuso e volevo sapere come ti sentivi al riguardo. Ho cercato di basarmi sul modo in cui ci comportiamo, e siamo giunti alla conclusione che no, non stiamo facendo sul serio. O perlomeno, io non sto facendo sul serio. - 
- Significa che per un istante hai creduto di amarmi? - chiese Frank. 
Gerard riusciva a sentire da lì dov'era i suoi battiti cardiaci impazziti. Si sentì confuso, combattuto fra quello che pensava realmente, quello che Frank avrebbe voluto sentirsi dire e quello che lui stesso avrebbe voluto dire. Ma più cercava di darci peso, più i pensieri sembravano vuoti e senza senso: - Frank, stai prendendo tutto troppo sul serio. Stai esagerando. Non aggrapparti più a me. - 
- Cosa? - 
- Non sono la tua anima gemella. Le anime gemelle non esistono. Esiste solo un gruppo di persone che conosciamo, e tutto quello che cerchiamo di fare è costringerci a trovare fra queste qualcuno che ci piaccia più degli altri e forzare il tutto fino a definire quella persona la nostra anima gemella. Sono tutte cazzate. Sono quello che ti piace di più finora, ma sono sicuro che se smettessi di notare solo me troveresti qualcun'altro da amare, davvero. Non siamo legati da nessuna condanna, e va bene così. Sei libero, non comportarti come se non lo fossi. -
- E come ti sentiresti se provassi a cercare qualcun'altro? - 
- Lo accetterei. - rispose. Strinse le labbra non appena si accorse di aver mentito.
- Ma cazzo, ci ho già provato... e Jamia è quello che è rimasto del mio tentativo. -
- Allora lasciala e guardati intorno. Sii libero. -
- Dovrei lasciare anche te. -
- Dovre- sì. - tagliò corto abbassando lo sguardo. 
- Non ci capisco più nulla. - si lamentò Frank con un sospiro. 
"Nemmeno io.". 
Frank scosse la testa: - Non sono libero. -. Si allungò a prendere un pacchetto di medicinali e la bottiglietta d'acqua. Ingerì una pastiglia, bevve un sorso d'acqua e prese il viso di Gerard fra le mani. - Ti amo. - disse prima di baciarlo.
Gerard aveva moltissima voglia di piangere e ridere al tempo stesso. Piangere perchè nessuno dei due aveva capito un cazzo dell'intero discorso nonostante le buone premesse, ridere perchè Frank probabilmente era sinceramente convinto che assumendo una pastiglia mezzo secondo prima di baciare Gerard l'avrebbe salvato dall'influenza. Un ragionamento degno di Mikey. 
Posò i polpastrelli sulla sua guancia bollente e ricambiò il bacio fino a spingerlo contro il cuscino. Si accorse che non facevano sesso da venerdì, il che voleva dire tre notti e due giorni e mezzo. Erano un mucchio di ore. 
Si scostò e gli accarezzò i capelli riflettendo a lungo sull'influenza che gli sarebbe venuta. Prese una pastiglia e la mandò giù con un sorso d'acqua.
- Che cazzo fai? - chiese Frank.
- Prevenzione. -
- A me sembra più una causa di morte prematura. - 
- Non spaventarmi. - mormorò prima di distendersi al suo fianco. Si voltò a guardarlo. Gli prese la mano e quando incrociò gli occhi di Frank si accorse che era uno di quei momenti colpevoli di tutta la confusione al di fuori di essi. Quei momenti in cui tutto combacia, tutto ha senso, tutto è semplice, tutto è così chiaro da portare a chiedersi cosa non avesse avuto senso finora. Quei momenti in cui la cosa più naturale e umana è sperare che durino per sempre, quei momenti che una volta finiti perdono gran parte del loro significato, che vorresti rivivere perchè hai dimenticato come ci si sentiva. Quei momenti.


A metà concerto, voltandosi verso Bob per sorridergli, si chiese se stessero facendo cagare. Bevve in silenzio un sorso d'acqua mentre tutti gli urlavano richieste di canzoni, dichiarazioni o semplici vocali tanto per fare casino. 
Gerard si mise a ridere brevemente. Si sentiva un po' ubriaco e forse aveva passato più tempo a parlare che a cantare effettivamente. Nessuno sembrava lamentarsi, comunque. 
Ray gli suggerì la prossima canzone. Gerard sorrise anche a lui. 
Lanciò un'occhiata a Frank. Stava sorridendo a qualcuno della folla. I chili di medicinali presi mezz'ora prima di salire sul palco dovevano avergli dato un'ottima illusione di stare benone. 
Gerard mormorò un saluto al microfono passando in rassegna tutti i presenti. 
Rivolse lo sguardo al fondo della sala, dove c'erano i suoi genitori. E altri parenti. Riconobbe qualche cugino di secondo grado e si trattenne dal emettere un gran bel sospiro al microfono. Non voleva parlare con tutta quella gente finito il concerto. Non perchè li odiasse, semplicemente non aveva voglia di impegnarsi a risultare amichevole e educato. 
Una ragazza quasi finì sul palco. 
Il tutto stava diventando molto informale e spassoso. 
Non aveva idea di come stesse cantando perchè stava essenzialmente seguendo quello che stava cantando il pubblico. Avrebbero potuto cantare qualsiasi canzone e Gerard li avrebbe seguiti senza realizzarlo a pieno. 
Il palco era minuscolo, l'aria nella stanza calda e Gerard aveva l'impressione di respirare alcol perchè si sentiva sempre più ubriaco nonostante la bottiglia dalla quale beveva continuamente contenesse acqua. O forse Mitch era passato da quelle parti. A parte gli scherzi, c'era anche lui in fondo alla sala. Seduto in spalla a Chris, che urlava ogni canzone nonostante fosse evidente che non sapeva a pieno le parole. Dopo l'iniziale istinto di scaraventargli l'amplificatore Marshall in faccia, Gerard gli sorrise. Era troppo eletrizzato per portare rancore, probabilmente se avesse visto Eliza l'avrebbe trascinata sul palco e avrebbe ballato e riso con lei. A dire il vero, no. Affatto. 
Smise di pensarci. La sua attenzione venne di nuovo attirata dal fondo della sala. Osservò le nuove arrivate.
Alicia incrociò il suo sguardo e gli sorrise salutandolo con una mano. A seguirla c'erano Christa e Jamia. Sorridenti. 
Gerard attese Lindsey per due canzoni prima di arrendersi e capire che no, non sarebbe venuta. 
Detestava sentirsi ignorato, ma in fondo aveva quattrocento persone davanti che a malapena stavano nella stanza e lo stavano calcolando parecchio quindi dimenticò anche quello. 
A fine concerto, come previsto, Gerard rimase solo sul palco. Guardò Mikey, Ray e Bob scendere dal palco. Era la prima volta che rimaneva solo sul palco. Era strano.
Si voltò e si accorse che Frank era rimasto sul palco.
Gerard lo osservò per qualche secondo, cercando di prevedere se se ne sarebbe andato insieme agli altri o meno.
Ma Frank si sedette contro il muro e rimase lì fermo ad aspettare che Gerard iniziasse a cantare, mentre James continuava a suonare al pianoforte l'inizio della canzone nell'attesa che Gerard si desse una mossa.
Gerard si sentì le labbra tremare mentre tornava a rivolgere gli occhi al pubblico. Si accorse un'altra volta di come erano vicini. I loro gomiti appoggiati al palco gli sfioravano letteralmente le scarpe.
Guardò i sorrisi di Ray, Mikey e Bob in fondo alla sala. Avrebbe voluto piangere. 
Prese il microfono e disse l'unica cosa che al momento si sentiva di dire. Li ringraziò per essere rimasti nel gruppo, senza sentire il bisogno di elencare davanti a tutti le diverse occasioni che avevano avuto per schiaffeggiare Gerard e andarsene e di cui non avevano approfittato. E ringraziò il pubblico, consapevole che nessuno avrebbe mai capito quanto fosse grato ad ognuno dei presenti.
Il fatto era che riusciva a sentirsi di nuovo bene sul palco. Non si sentiva annoiato, non si sentiva deluso. Si sentiva alla grande. Finora non aveva mai pienamente realizzato quanto lo terrorizzasse l'idea di perdere la voglia di continuare su quella strada. Del resto, non riusciva a immaginare nient'altro che quella strada. Nessuna cazzo di alternativa. 
Cantò quell'ultima canzone e fu l'ultima volta che si sentì felice quella notte. 


Non capiva che ci stesse facendo lì. 
Si sentiva le gambe pesanti e non riusciva nemmeno a muovere le spalle. 
Jamia era fottutamente seduta al suo fianco. Riusciva a sentire il suo braccio sfiorare quello di Gerard.
E tutto quello che Gerard riusciva a fare era fissare sconvolto Frank, perchè era tutta colpa sua.
- Dopo andiamo in hotel a dormire? - aveva chiesto lei a Frank, sporgendosi sul tavolo fino a prendergli la mano. 
Frank sorrise, capendo dal mezzo sorriso di Jamia che in hotel avrebbero fatto tutt'altro che dormire e Gerard era sicuro di non essersi mai sentito più schifato.
- Hai ancora la febbre? - gli chiese Jamia.
- Credo di sì. Sono ancora sotto l'effetto di medicinali, non ho le idee molto chiare. - 
- Capisco. Sei sicuro di non voler andare subito in hotel? -
- No, sto bene. - 
Gerard cercò di non ridere per il fatto che Jamia fremeva dalla voglia di scopare e Frank se n'era appena dimenticato.
Rivolse gli occhi ai suoi genitori, seduti fra Frank e Mikey. 
Si accorse che avrebbe fatto meglio a smettere da subito di bere perchè non voleva fare cose volgari e ubriache con loro presenti. Sarebbe stato imbarazzantissimo.
Passarono i camerieri a prendere i piatti vuoti. 
Gerard ricevette un sorriso da sua madre. Era stanca. Fra meno di un'ora sarebbero tornati a casa.
Non le aveva detto il vero motivo per cui Lindsey non era lì. Nè l'aveva detto a suo padre. Si sarebbe sentito umiliato, solo e compatito.
Già era abbastanza avere Jamia seduta al suo fianco. Aveva la nausea. 
Sul serio. Gli mancava Lindsey.
Controllò il cellulare per vedere se gli aveva mandato messaggi ma non c'era assolutamente niente. Nemmeno una qualche dodicenne che era riuscita ad ottenere il suo numero. A dire il vero, quello gli era successo solo una volta. Ma sinceramente sperava succedesse di nuovo perchè era stata la cosa più divertente di quel mese.
Guardò l'icona azzurra di Twitter e decise di darci un'occhiata e passò almeno quattro minuti totalmente immerso nelle domande, nelle dichiarazioni, nelle prese in giro, nei disegni. Avrebbe potuto comportarsi meglio dato che i suoi genitori sarebbero rimasti lì ancora per poco e non li avrebbe rivisti per un altro gran numero di settimane, ma ad essere onesti si sentiva già abbastanza bravo per non avere ancora iniziato a urlare lunghe serie di imprecazioni solo per il gusto di gridare e sfogarsi. 
Si rimise il cellulare in tasca con un incredibile sforzo e osservò i gruppetti che si erano creati a tavola e le diverse conversazioni che stavano avendo.
I cugini di secondo grado avevano rinunciato a cercare di avere una conversazione con Gerard e stavano parlando fra di loro. 
Linda stava parlando a Donna di Frank, il papà di Gerard e Mikey parlava con i genitori di Ray di lavoro, mentre tutti gli altri (fidanzate comprese) ridevano delle battute del padre di Frank.
E poi c'erano Gerard, Frank e Jamia. In fondo al tavolo. Immersi fino al collo nel disagio e troppo lontani dal padre di Frank per sentire quello che stavano dicendo e riderci su. 
Gerard sospirò: - Allora, come va' a scuola? -, chiese a suo cugino Evan.
- Uhm- a dire il vero l'ho finita due anni fa. - 
Gerard socchiuse le labbra, sorpreso: - Oh- -
- Comunque piacere, sono Frank. - esordì il chitarrista allungando incertamente la mano verso i cugini di Gerard. 
Si presentarono e gliela strinsero a turno sorridendo. 
Si presentò anche Jamia. La cosa più assurda è che in fin dei conti la scena non era stata così imbarazzante come Gerard si era aspettato. 
- Quindi lavorate? - domandò Gerard dopo essersi schiarito la voce. 
- Sì, io lavoro in una libreria, Lily fa la commessa e Chad vorrebbe andare al college. - 
- Oh, uao. - disse lanciando occhiate al resto dei cugini man mano che li nominava.
- Sta sera siete stati grandi. - cambiò discorso Lily, - Davvero. -
- Grazie. - le sorrise Gerard. 
- Lo scorso weekend rimettendo a posto la soffitta ho trovato delle vecchie cassette, fra cui quella della famosa recita scolastica in cui interpretavi Peter Pan. -
- Oh, no. - borbottò Gerard coprendosi il viso con teatrale disperazione.
- Sei totalmente irriconoscibile. - 
- I chili di troppo non mi permettevano nemmeno di essere espressivo- -
- Non è vero, stai esagerando. Eri molto timido, tutto qui. Credo sia questa la differenza fondamentale . -
- Del resto, chi non sarebbe timido con addosso una calzamaglia verde aderente? - domandò Frank.
- Come fai a sapere di quel dettaglio? - chiese Gerard.
- Me l'avevi raccontato una volta. - si strinse nelle spalle Frank.
Gerard non riuscì a smettere di sorridere per un po' anche solo per il fatto che Frank non dimenticava mai una singola parola di quello che Gerard gli diceva. Nel bene e nel male: - Devo assolutamente riavere quella cassetta, ho bisogno di vederla. - disse Gerard.
- Non c'è problema, se vuoi il prossimo weekend passo a trovare i tuoi e gliela lascio. - 
- Perfetto, grazie. - 
- Figurati. - 
- Ehi, Gerard! - urlò Chris prendendogli la mano. Lo trascinò in piedi facendolo finire addosso a Mitch. 
- Ragazzi- - farfugliò Gerard, scosso, sentendosi la testa girare. 
- Frank, vieni anche tu? Ah, piacere, io sono Chris. - si presentò a Lily sorridendo improvvisamente. 
- Io sono Mitch. - si affrettò a puntualizzare l'altro, salutandola con un cenno infantile della mano.
- E loro sono Evan e Chad. - continuò Gerard, con l'impressione che Chris e Mitch non sarebbero stati abbastanza educati da chiederglielo.
- Ciao. - li salutò calorosamente Mitch, particolarmente bisessuale. 
- Dicevo, sigaretta? - propose Chris a Frank.
- No, grazie, sto bene così. - rispose compostamente, cercando di far loro notare che era con Jamia tramite una serie di movimenti camuffati. 
- Oh, come vuoi. Gee? Tu devi venire, devo farti i complimenti speciali per il concerto di sta sera. - 
- Certo, come vuoi. Volete venire? - domandò ai cugini.
- Uhm- no, noi non fumiamo. - rispose Lily, sistemandosi nervosamente i capelli biondi.
- Oh, okay. Allora ci vediamo dopo. - li salutò in fretta mentre Chris e Mitch lo trascinavano fuori ridendo come bambini. 
- Mi dai il numero di tua cugina? - domandò Chris prendendogli entrambe le mani, - Per favore. -
- No, vai a chiederglielo te. - rispose lui. 
- I tuoi cugini sono fidanzati? - chiese invece Mitch. 
- Non ne ho la più pallida idea, Mitch. Davvero. Mi sento un po' stronzo a non sapere nulla di loro, uao... - realizzò successivamente. Sentì la porta del ristorante aprirsi e quando si voltò si accorse che Alicia stava andando verso di loro.
- Vi spiace se mi unisco? - chiese con una sigaretta fra le labbra.
- No, figurati. - risposero. 
- Gee, hai da accendere? - gli chiese.
- Sì. - mormorò cercando nelle tasche dei jeans l'accendino. Solo dopo averlo tirato fuori si accorse di quanto imbarazzante fosse. 
Alicia scoppiò a ridere non appena glielo passò: - Che cazzo è? -
- E' un cane su uno sfondo rosa. - rispose, - Me l'ha preso Frank. - 
- Ci avrei scommesso. -
- Gli piacciono i cani? O il rosa? - domandò Mitch.
- Entrambi, temo. - rispose Chris ridendo, - Gerd, stavate insieme l'anno scorso? - 
- Eh? - chiese corrugando la fronte. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, sul serio. Alicia e Lindsey erano parecchio vicine all'essere migliori amiche, Chris non poteva iniziare a dire certe cose. 
- No, niente, avevo quell'impressione... forse me l'aveva detto qualcuno, non ricordo. E poi alla festa- -
- Eravamo tutti ubriachi, Chris. - tagliò corto Gerard, cercando di fulminarlo senza farsi vedere da Alicia. 
- Oh, uao, non credo di voler sapere niente. - esordì Alicia. Per fortuna Dio le aveva donato la capacità di farsi i cazzi  propri. 
- Uh, okay. - 
Si aprì di nuovo la porta. Sta volta erano i cugini. 
- Lì dentro non si respira. - sospirò Lily raccogliendo i capelli lunghi da una parte. 
Chris e Mitch si catapultarono su di lei come cani su una scatoletta di carne, e Gerard si sentì terribilmente sollevato perchè questo significava niente più conversazioni imbarazzanti per qualche decina di minuti.
- Sono i vostri amici del New Jersey? - chiese Alicia. 
- Sì. - 
- Quelli per cui non hai voluto Lindsey con te? -
- Non è andata così. - si limitò a dire irrigidendosi. 
Alicia sorrise soffiando il fumo fuori dalle labbra: - Punti di vista. -
- Hai parlato con Lindsey ultimamente? - chiese Gerard, cercando il proprio pacchetto di sigarette. 
- Sì. Non preoccuparti. -
- Ti riferisci a- - 
- Non ti vuole lasciare, a questo mi riferisco. Sei al sicuro. - 
- Oh. - annuì Gerard, con l'accendino a mezz'aria mentre si prendeva del tempo per metabolizzare il tutto. Non riusciva a fare due cose contemporaneamente. Si sarebbe dato fuoco se avesse tentato di accendere la sigaretta troppo presto.
- Tu la vuoi lasciare? -
Gerard la guardò. Se qualunque altro gliel'avesse chiesto, avrebbe pensato che era una domanda inopportuna e scortese. Ma, in qualche modo, Alicia sarebbe stata in grado di fare qualsiasi cosa senza sembrare sul serio nel torto. Era strana, astuta, intelligente e incomprensibilmente fidanzata con Mikey. Gerard non aveva idea di che cosa parlassero, sembravano totalmente diversi l'uno dall'altra. 
- Non ho intenzione di fare il doppio-gioco, nel caso te lo stessi chiedendo. - aggiunse.
- Non la voglio lasciare. - disse Gerard. Tralasciando il fatto che due sere prima era abbastanza convinto che farlo sarebbe stata la cosa migliore dell'intera annata. 
- Tutto qui? -
- Non voglio prendere decisioni. - si lamentò Gerard, - Sul serio, non ne ho idea... non voglio lasciarla, ma parzialmente nel senso che non voglio creare casini. Faccio del mio meglio, ma a volte ho l'impressione che... non lo so. Non posso nemmeno pensarci. -
- Ho presente. - annuì Alicia. Fra l'altro, sembrava pure abbastanza sincera, - Chi è che ti incasina la testa? -
- Eh? -
Alicia sospirò prima di spiegarsi in altre parole: - Chi ti piace più degli altri, a parte lei? -
- Nessuno. - 
- Stronzate. Se senti il bisogno di abbandonarla è perchè vuoi la compagnia di qualcun'altro, e quel qualcun'altro non sei tu. E' qualcun'altro. Nessuno vuole essere solo, non fingere di essere diverso dagli altri. - concluse prima di lanciare la sigaretta sull'asfalto. La fissò spegnersi.
Anche Gerard la fissò. Si sentiva scoperto e leggermente troppo al centro dell'attenzione. Odiava parlare di se stesso con gli altri perchè si arrivava sempre a imprevisti o rivelazioni tragiche e il suo petto non riusciva più a reggere tutto quel peso sommato al via vai di sangue pompato in maniera innaturalmente veloce. Aveva bisogno di una pausa dal contatto umano e di un paio di morti e poi forse le cose sarebbero andate migliorando. 
- Okay, Gee, torno dentro da tuo fratello. - annunciò Alicia prima di baciargli una guancia, - Tu pensaci su. - . Se ne andò senza dirgli altro. 
Apprezzò incredibilmente il fatto che non le interessasse davvero la risposta ma solo che Gerard ci riflettesse su. Guardò per qualche secondo Mitch e Chris a qualche metro da lui che continuavano con le loro bizzarre tecniche di corteggiamento prima di prendere il proprio cellulare dalla tasca dei pantaloni. Accese la sigaretta che reggeva fra le labbra da prima che Alicia se ne andasse. Sbloccò il display del cellulare. Provò a chiamare il numero di Lindsey un paio di volte, ma non ricevette risposta. Non sapeva con precisione che cazzo significasse, soprattutto non dopo quello che gli aveva detto Alicia. Sapeva solo che era stanco dei suoi comportamenti immaturi. Trovava stupido non rispondere al cellulare o ai messaggi, perché se entrambi i soggetti si fossero trovati nello stesso posto e uno dei due avesse chiesto qualcosa l'altro non sarebbe rimasto in silenzio senza dire assolutamente nulla, quindi per correttezza doveva essere altrettanto logico rispondere a messaggi e chiamate. Le lasciò un sospiro sfinito in segreteria e riattaccando per la sesta volta si accorse di sentirsi solo. Solo da far schifo. 

Passò un'altra ora al ristorante a parlottare un po' e a fare un minimo di compagnia ai propri genitori prima che se ne andassero e abbracciassero forte lui e Mikey. Gerard si sentì un po' triste dopo aver visto quanto erano dispiaciuti. Da una parte, credeva che a ventinove anni poteva anche farsi una sua vita senza sentirsi troppo stronzo, dall'altra era consapevole di non aver idea di cosa significasse vedere i propri figli andarsene. 
Aspettò il taxi per andare in hotel insieme agli altri. Erano tutti con la loro ragazza, tranne Gerard e Bob, che si presero per mano di nascosto dagli altri ridacchiando tristemente. 
Arrivarono in hotel e dopo dei problemi tecnici con le scarpe col tacco di Christa e altri problemi con l'assegnazione delle stanze andarono nelle rispettive camere a dormire (o scopare per i più fortunati). 
Dopo essersi lavato i capelli si distese sul letto a pancia in giù asciugandoli approssimativamente con il phon. Chiamò il servizio in camera e si fece portare dei cetriolini sott'aceto solo perchè aveva voglia e li mangiò fissando alla televisione dei cartoni animati per minorati mentali. Alla fine spense la tv e fissò il cellulare a lungo chiedendosi se avrebbe dovuto chiamare di nuovo Lindsey  e se farlo l'avrebbe reso sfigato oppure innamorato. Decise che era stanco di sentire il telefono suonare a vuoto quindi nemmeno provò a chiamarla. Prese il computer portatile dalla valigia, lo mise in carica e cominciò con l'andare su google. Cercò dei film da guardare in streaming ma si accorse di non avere probabilmente abbastanza tempo per guardarsi un film. Aveva la sveglia fra sei ore e venti, non voleva perderne due in un film che sarebbe potuto non piacergli. Allora andò su youtube a guardare video di gente che vomita e poi a guardare video interamente incentrati su Frank, e cercò di ricordare a che anno risalisse ogni singola foto mostrata nel video e in quale occasione fosse stata scattata. In alcune foto compariva anche Gerard stesso, ma era puro caso perchè Frank era la star, nessun'altro. 
Fu questione di minuti prima che la forte e freddissima consapevolezza di essere patetico cozzasse contro ogni singolo centimetro che lo componeva, corpo e mente, spingendolo a spegnere immediatamente il computer. 
Tornò a distendersi sul letto e si riscaldò con il phon, con Ava Adore nelle cuffie, pensando che prima la doccia se l'era fatta più calda del solito e che si sentiva il cuore spezzato e nemmeno sapeva di chi fosse sul serio la colpa. 

Fu un risveglio orrendo e senza chiamate perse. Si sentiva solo e ammalato. Aveva di nuovo un freddo tremendo e il mal di testa. Pensò al bacio del giorno prima. Frank lo aveva fatto ammalare e poi se n'era andato con Jamia, lasciandolo solo a pomiciare con l'influenza. Davvero adorabile. Non aveva voglia di pensare a un modo per guarire, quindi ignorando il suo stato fisico andò a lavarsi i denti e a vestirsi in fretta. Appena finì di allacciarsi le scarpe gli suonò il cellulare.
Corse a rispondere, in disperato bisogno di contatto umano. 
- Gerard, sono io... - . Lindsey. Non sembrava incazzata. Sembrava dispiaciuta. Per una volta, le cose avevano senso. 
- Ehi. - si limitò a dire. Non stava cercando di farla sentire più in colpa, semplicemente gli veniva naturale comportarsi così in generale.
- Scusa per ieri. Non hai idea del casino, una mia amica è incinta di un tipo a caso e si è fermata a dormire da me e credo abbia avuto una buona decina di crolli emotivi... non ne hai idea. - 
- Un tipo a caso?- ripeté passandosi le dita fra i capelli prima di incastrarsi fra i nodi con una smorfia muta. 
- Già. -
- Uao. - mormorò, un po' per la ciocca di capelli che si era staccato, un po' per il fatto che una delle amiche che si sprecava a dare consigli a Lindsey riguardo Gerard era ancora presa a farsi irresponsabilmente ingravidare dal sesso occasionale. Gente del genere non meritava voce in capitolo sulle relazioni, sinceramente. 
- Credo che ora se la sia finalmente messa via- -
- Niente aborto? -
- No, alle quattro e mezza di questa mattina ha deciso di tenerlo. Ci ha messo venti pacchetti di fazzoletti a decidersi, sul serio, ho il letto cosparso di muco e carta. - 
- Porca puttana. -
- Sono distrutta. E adesso devo andare in studio dagli altri a registrare, credo sverrò. -
- Vita da rockstar. - commentò con un sorriso.
Lindsey rispose con un verso strano che doveva essere uno sbadiglio misto a una qualche imprecazione: - Dobbiamo parlare. -, disse non appena finì di sbadigliare. 
- Non al telefono. Vieni qui. - mormorò appoggiando la fronte al muro freddo. Ci si spalmò un po' sopra ascoltando il sospiro di Lindsey.
- Stai bene? -
- Non molto. - borbottò. 
Lindsey rimase in attesa che aggiungesse qualcosa ma tutto quello che ricevette fu un esile sospiro: - Jamia mi ha detto che anche Frank sta male, mi sembra che abbia detto che ha l'influenza. - . 
Gerard sperò che fosse un tentativo qualsiasi di instaurare un discorso e niente di mirato: - Già, lo so. Sta sera e domani stiamo a New York, che ne dici? Potrebbero venire anche Jimmy e gli altri. -
- Dopo glielo propongo. -
Gerard, fiducioso sul fatto che sarebbe venuta, si lasciò cadere sul letto. Chiuse gli occhi e se li coprì istintivamente con la mano mentre le fitte di mal di testa diventavano più forti. 
- Cos'è successo? -
- Eh? Ah, niente, mi sono disteso... non sto facendo nulla di pervertito, non preoccuparti, ho i jeans ben allacciati. - 
Lindsey rise brevemente: - Okay. Come stai? Hai la febbre? -
- Non so, ho mal di testa. -
- A che ora sei andato a letto ieri? - chiese. Gli ricordò sua madre. 
- L'una e mezza, credo? Ieri sera è stato uno schifo. Abbiamo fatto una megacena con i genitori e un paio di parenti a caso e c'erano anche Alicia e le altre e insomma avevano tutti la propria ragazza con se tranne me e Bob, e davvero, è stato tutto un concentrato d'ansia... non ne hai idea. E non rispondevi al cellulare e non ci capivo più un cazzo e Alicia mi faceva discorsi criptici su di te e- davvero. Un incubo. Poi la faccia triste di mia madre quando mi ha abbracciato, e quando ho salutato Mitch e Chris mi sono reso conto che un po' mi dispiaceva tutta sta cosa del salutarsi come se dovessimo andare in guerra e probabilmente non tornare, non so se sono io che cado facilmente nel tragico o- -
- Chi sono Mitch e Chris? -
- Ah, già, sono due nostri amici di Belleville. - spiegò mestamente passando a coprirsi gli occhi direttamente con il braccio. 
- Mi dispiace che sia andata così. Però se sta sera riesco a venire Bob rimarrà del tutto solo. - notò, probabilmente sorridendo. 
- No, ti prego, gli diamo dei dvd e dei cani e si sentirà a suo agio, vedrai- cazzo, ma dovrei essere giù dagli altri! - ricordò all'improvviso scattando verso la porta. 
- Corri. - 
- Chiamami appena sai dirmi se vieni o meno, così faccio in tempo a preparare il tappeto rosso e il champagne. -
Lindsey rise: - Okay, ciao, tesoro. -
Gerard la salutò e riattaccò. Raggiunse gli altri di corsa e li trovò nella hall che bevevano caffé e sfogliavano riviste. 
Gerard guardò freddamente Jamia seduta sulle ginocchia di Frank mentre le passava davanti prima di raggiungere Brian che stava parlando alla reception con un ragazzo. 
- Mi accompagni a prendere il caffé? - gli chiese incrociando le braccia sul bancone. 
- Gerard, devo pagare la camera in più che abbiamo dovuto prenotare ieri notte- non posso. - spiegò spalancando nervosamente gli occhi. 
- Okay. - sospirò Gerard, deluso, tornando dagli altri. Si sedette su letteralmente l'unica poltrona che avevano lasciato libera.
- Dov'è Bob? - domandò accavallando le gambe su uno dei braccioli. 
- E' fuori al telefono con la sua ragazza. - rispose Christa.
- Ah, uao, ora sì che mi sento solo. -
- Non hai sentito Lindsey? - chiese Alicia.
- L'ho sentita due minuti fa. - rispose. Spalancò gli occhi nell'accorgersi di essersi dimenticato di dirle la cosa più importante. Chiamò il suo numero e nell'attesa che rispondesse incatenò gli occhi di Frank ai suoi con una semplice occhiata. 
- Gerard? - rispose Lindsey. 
Gerard sorrise, continuando a fissare Frank: - Ehi. Mi ero dimenticato di dirti che ti amo. -

Attese nervosamente nel taxi fissando l'uscita dell'aereoporto.
- Ehi, Clark, e se ci fumiamo una sigaretta? - chiese Gerard picchiettando sulla spalla dell'autista con cui aveva parlato finora di musical e attrici. 
- Non posso scendere dalla vettura, ma se ti va esci pure a fumare. - 
- "Vettura". - mormorò Gerard scendendo dall'auto. Si accese una Marlboro con l'accendino che gli aveva preso Frank. Rosa e pieno di facce di cagnolini stampati. Non aveva la più pallida idea di dove avesse trovato un cancro estetico come quello. Sentì l'autista alzare il volume della radio mentre partiva una canzone dei Genesis. 
Controllò il proprio riflesso sul finestrino e si sistemò i capelli reggendo la sigaretta fra le labbra. Sorrise all'autista prima di voltarsi di nuovo in direzione dell'aereoporto. 
Aveva preso 300 grammi di acido acetilsalicilico e si sentiva meglio e propenso alla vita. Scorse prima Jimmy, poi gli altri quattro dietro di lui che si trascivano le borse da viaggio parlando animatamente fra di loro.
Quando gli occhi di Lindsey si posarono su Gerard le scappò un sorriso.
Gerard gettò la sigaretta a terra e le venne incontro mentre lei accelerava il passo. Fino a scontrarsi. Fino a baciarsi. 
Le trascinò la borsa giù dalla spalla avvicinandosi di più. 
Gli era mancata. Ed era tremendamente felice, perchè quella sensazione rendeva tutto tremendamente normale. La trattenne per un altro bacio prima che Jimmy gli calciasse le caviglie.
- Ahia! - protestò ridendo. Raccolse la borsa di Lindsey da terra e se la mise in spalla. Salutò James, Steve, Jennifer e Chantal, abbracciandoli uno alla volta. 
- Come state? - domandò sorridendo. 
- Ci sposiamo. - disse Jimmy, prendendo per mano Chantal.
- Cosa?! - esclamò Gerard, sorpreso, - Oh mio Dio! Grandi! - si complimentò dispensando batti cinque come un bambino di dieci anni. 
Prese per mano Lindsey e si sorrisero. Prese realmente atto dell'argomento in cui si erano cacciati. E cominciò a sentirsi freddo. E a sentire il pavimento sotto i propri piedi diventare morbido. Si sentiva sprofondare.
- Non abbiamo ancora deciso la data precisa ma- sì, gennaio. - continuò a raccontare Jimmy, - Non riusciamo a scegliere le damigelle perchè vorremmo tutti lì all'altare con noi, quindi finiremo per averne davvero troppe... che ne dici, Gerard? Vuoi unirti anche tu al gruppo di damigelle? - 
- Dipende dal colore del vestito. - rispose Gerard con un sorriso, impegnandosi a non svenire.
- Lavanda. -
- Nah, non credo mi doni. - si strinse nelle spalle, - Mi spiace. Sarai fra le damigelle, immagino. - aggiunse rivolgendosi a Lindsey.
- Già. - confermò.
- Perchè non me ne avevi mai parlato? -
- Nelle ultime chiamate eravamo troppo impegnati a litigare- -
- Ah, giusto. Già. - convenne con un sorriso amaro Gerard, - Che ne dite, andiamo? I taxi si fanno pagare anche quando stanno fermi ad aspettare, vi sembra normale? A me no. -
- Anch'io farei così. - si strinse nelle spalle Steve. 
Si divisero in due taxi e andarono in hotel. Tutti gli altri li aspettavano seduti nella hall con bicchieri di caffé del Coffee Bean e dei Nintendo. Ci fu una collisione di abbracci fra il gruppo di quelli che erano appena arrivati e quelli che erano sparsi sui divanetti. Erano tutti così genuinamente felici. Contagiosi. Perfino Frank appariva sospettabilmente felice. 

Avevano camminato ininterrottamente per i marciapiedi del centro di New York per qualcosa come due ore prima di tornare in hotel. 
Gerard aspettò che Lindsey finisse di farsi la doccia fissando fuori dalla finestra le macchine che passavano. Che cazzo, c'era pure il sole e il cielo azzurro. Era tutto abbastanza amichevole da apparire totalmente ridicolo. La giornata era così bella da confondere e deprimere Gerard. 
In fin dei conti, era a New York. Era proprio a New York. Avrebbe sospettato di ogni bella giornata dopo il 2001, probabilmente. Perchè lui si legava le cose al dito, ma il tempo non lo faceva mai. E questo avrebbe dovuto rassicurarlo. Gli avrebbe dovuto permettere di confidare in un futuro meno adolescenziale. Ma più le cose sembravano sistemarsi, più si sentiva terrorizzato.
Un'altra cosa che lo terrorizzava era il matrimonio. Se n'era accorto in aereoporto. Non riusciva già più a pensarci. Avrebbe potuto letteralmente vomitare.
Sentì la porta del bagno aprirsi. Si voltò e osservò Lindsey in accapatoio per qualche secondo.
- A che ora dovete essere al Terminal 5? - chiese lei strofinando con l'asciugamano i capelli raccolti su un lato.
- Sette e mezza. - rispose Gerard richiudendo la finestra, - Vuoi una felpa? -
Lindsey si mise a ridere: - Ho la valigia piena di tuoi vestiti. -
- Lo so, la mia è vuota. - si strinse nelle spalle, passandole una felpa, - Fa lo stesso. Guardiamo un film? - chiese sedendosi sul letto. 
- Okay. - rispose stringendosi nelle spalle. 
Gerard cercò alla tv qualcosa da vedere mentre Lindsey frugava nella sua borsa probabilmente alla ricerca di delle mutande. Quando lasciò finalmente cadere l'accappatoio a terra Gerard interruppe istintivamente lo zapping. 
Lindsey arrossì appena infilandosi velocemente la biancheria intima.
- Perchè ti metti il reggiseno? - chiese Gerard.
- Così possiamo fingere per un po' che ho le tette più grandi. - rispose mentre si infilava la felpa. Si asciugò ancora un po' i capelli prima di sedersi accanto a Gerard. 
- Mi sei mancata. - bofonchiò Gerard, con la mano che reggeva il telecomando ancora inerme sul materasso.
Lindsey sorrise e gli baciò le labbra: - Puoi per favore cambiare canale? I leoni che si accoppiano mi nauseano un po'. - 
Gerard spostò lo sguardo sul televisore e fece una smorfia continuando lo zapping serrato finché non trovò The Goonies. 
- Figo, lascia qui. - disse Lindsey. 
Gerard ripose telecomando e intrecciò le dita alle sue: - Hai fame? - 
- Sì. -
- Dolce o salato? - 
- Non lo so. - si strinse nelle spalle seguendo con lo sguardo Gerard mentre scendeva dal letto e sollevava la cornetta del telefono sul comodino. 
- Salve, scusi... - disse al telefono, ricambiando lo sguardo di Lindsey, - Vorrei un vassoio di pasticcini, se possibile... nessuna preferenza. E- e delle patatine fritte. - 
Lindsey scoppiò a ridere: - E una bottiglia di Coca Cola! - gli suggerì sussurrando. 
- E un litro di Coca Cola. - aggiunse Gerard sorridendo, - Coca Cola Zero, sono a dieta. Ah, e una caraffa di caffé con due tazze, se possibile. - . 
La ragazza dall'altro capo del telefono ripeté le ordinazioni, Gerard confermò, la ringraziò e riattaccò. 
- Romantico. - si complimentò Lindsey battendo le mani.
Gerard si tirò giù i pantaloni.
- Che stai facendo? -
- Mi rendo ridicolo. - rispose togliendosi la camicia. Si tirò su i calzini fino a metà polpaccio e poi prese l'accappatoio che Lindsey aveva lasciato per terra e se lo infilò.
- Che stai facendo? - ripeté Lindsey ridendo. 
- Aspetta, manca il tocco di classe... - mormorò guardandosi attorno. Localizzò degli occhiali da sole da donna nella borsa di Lindsey e se li mise, - Fammi una foto. - ordinò portandosi una mano sul fianco. 
Lindsey gli scattò una foto con il cellulare: - Tu sei strano, Gerard. - disse sghignazzando, - Tieni una sigaretta spenta... così sembri ancora più sfigato. - 
- Grazie, Lyn. Lo apprezzo. - . Prese la sigaretta che gli stava porgendo e si appoggiò sul letto per baciarla ripetutamente finchè non bussarono alla porta. 
Gerard andò ad aprire mettendosi la sigaretta in equilibrio fra le labbra. Aprì la porta e guardò l'uomo calvo da dietro le lenti degli occhiali da sole. 
Il signore sembrava perplesso e vagamente spaventato.
Gerard pensò che avrebbe potuto aggiungere qualche dettaglio rosa o la musica di Britney Spears di sottofondo. Purtroppo, era troppo tardi. Ma confidava che con il tempo si sarebbe progressivamente specializzato in quel genere di figure di merda consenzienti. 
- Le vostre ordinazioni. - si limitò a dire. 
- Grazie. - disse con difficoltà Gerard, tenendo stretta la sigaretta fra le labbra. Riusciva a sentire dal letto i rumori di Lindsey che rideva contro il cuscino. 
- Le ricordo che è vietato fumare nelle stanze dell'hotel. - disse pacatamente l'uomo. 
- Lo so. - si limitò a farfugliare Gerard, continuando a stringere il filtro della sigaretta spenta fra le labbra.
- Le auguro una buona permanenza. - si congedò infine il signore. 
- Già, grazie, anche a le- sì, insomma- arrivederci! - lo salutò goffamente prima di chiudere la porta.
Scoppiò a ridere insieme a Lindsey.
- Sei una figura di merda. - sghignazzò Lindsey indicandolo.
- Credo che i calzini gli siano piaciuti. - replicò Gerard sogghignando, - Madame. - disse poi porgendole l'enorme piatto di patatine fritte. 
- "Madame" si dice quando la donna è sposata! - puntualizzò Lindsey. 
Gerard si sentì i capelli diventare bianchi.
- O almeno credo! In ogni caso, sir, dovresti chiamarmi "mademoiselle". - continuò lei prendendo il piatto e posizionandoselo di fronte alle gambe incrociate sul materasso, - Le vuoi anche tu? -
- No, preferisco i pasticcini. - esordì Gerard prendendosi il vassoio, - Oh, guarda, ci ha portato anche dei dolcetti per il caffé. - 
- Che classe. - si complimentò Lindsey. 
Gerard si versò del caffé nella tazza con la scritta dorata in corsivo dell'hotel e si sedette sul letto vicino a Lindsey portando con se i pasticcini. 
- Non dovrei mangiare prima del concerto. - notò con mezzo cannolo alla crema in fase di masticazione in bocca.
Lindsey arricciò il naso scherzosamente disgustata: - Non importa. - 
- Come sono le patatine? - chiese Gerard rubandole quella che stava per mangiare. 
- Come piacciono a me. Croccanti ma non dure. - 
- Uao, che schifo. - sghignazzò Gerard dopo aver mandato giù quel groviglio di dolce e salato.
- Squilibrato. -
- Come sta la tua amica? - domandò prendendo la tazza di caffé. 
- E' a pezzi. - rispose, anche lei a bocca piena.
- Ma la conosco? -
- Sì, credo che sia già uscita con noi, è quella coi capelli ricci scuri... si chiama Diana. -
- Non ne ho idea. - 
- Meglio così, significa che quando usciamo con le mie amiche guardi solo me. - disse soddisfatta mostrandogli di proposito tutte le patatine che aveva in bocca. 
- Quanto sei bella. - disse Gerard, - Riesco quasi a contare le patatine che stai mangiando. -
Lindsey scoppiò a ridere e si coprì la bocca per non sputare. Deglutì ridacchiando: - Facciamo schifo. - . Gli afferrò un lembo del calzino a metà polpaccio, - Guarda che cazzata. -
- Non mi interessa. - scrollò le spalle Gerard. Si rialzò per riempirsi di nuovo la tazza di caffé.
- A quanti caffé sei oggi? - domandò Lindsey.
- Questo è il quinto. - rispose dopo una breve riflessione, - Una volta ne ho bevuti undici e mi sentivo il culo tremare. -
Lindsey scoppiò a ridere. Era di nuovo a bocca piena.
- Sei un disastro. - scosse la testa Gerard sorridendo.
- Undici?! - ripeté Lindsey.
- Sì. Letteralmente. Ero disteso e sentivo qualcosa muoversi... ed era la mia chiappa destra. Ho dovuto dormire sulla pancia ma giuro che sentivo le coperte sul culo muoversi. - 
Lindsey tossì continuando a sghignazzare: - Gerard Way, esci dalla mia vita. -
Gerard le lanciò una fragola: - Stronza. -
- Non lanciarmi merdate. - disse abbassando lo sguardo sulla fragola persa fra le pieghe della felpa troppo larga, - Guarda, ti sei macchiato la felpa. - 
- Quella felpa ha visto di peggio, credimi. - 
- Che merda. - 
- Se ti fa schifo toglila. - 
Lindsey puntò gli occhi sul suo viso: - Opportunista. -
- Cagnetta. - 
Gli lanciò una patatina in faccia. 
Gerard ripose il vassoio di pasticcini sul carrello mentre Lindsey spostava il piatto di patatine sulla piazza del letto vuota. 
Si tolse l'accappatoio e Lindsey si sfilò la felpa. Silenziosamente d'accordo.
E tutto riprese ad essere troppo poco gay per piacergli sul serio. 

Quando arrivarono nel backstage del Terminal 5 e vide Frank si sentì personalmente a repentaglio. 
Entrambi si notarono subito da lontano ma nessuno dei due accennò anche solo mezzo saluto. Erano abbastanza infantili da arrivare a questo.
A Lindsey ci volle qualche minuto in più prima che li notasse e andasse da loro trascinandosi dietro Gerard, che lanciava occhiate annoiate a Jamia canticchiando mentalmente "You Ain't Woman Enough". 
Per fortuna arrivarono Ray, Christa, Mikey e Alicia a riempire un po' i pensieri piatti di Gerard e a creare abbastanza confusione da permettergli giochi di sguardi protetti con Frank. Perchè sì, erano fra i pochi sfigati al mondo che dovevano usare le prevenzioni anche solo per guardarsi.
Nei camerini si parlarono e si baciarono ma in fin dei conti non si dissero niente di niente e si baciarono troppo in fretta, e Gerard non poté far altro che sentirsi un po' tanto di merda quando Lindsey gli baciò le labbra venti secondi prima che cominciasse a correre sul palco immerso nelle urla.

Passarono qualcosa come un'ora e mezza a ingozzarsi al Stardust Diner e a fare ubriacare Ray e Bob mentre Gerard e Frank tenevano i loro loschi pensieri chiusi a chiave nella loro mente lucida. Avevano troppi segreti per permettersi una sbronza, decisamente. 
Gerard invidiava quelli a posto con se stessi. Quelli che non si fermavano a metà discorso col cuore a mille per essersi lasciati scappare qualcosa. 
Avrebbe voluto che esistesse il diritto di astenersi da ogni tipo di scelta e forma di pensiero, e a pensarci meglio si stava avvalendo del primo ma non del secondo, ed era quello il problema. Per una frazione di secondo pensò di bruciarsi totalmente il cervello come ai vecchi tempi. Non lo pensò davvero, era come quando a scuola il professore decide di fare un test a sorpresa e automaticamente chiedi al cielo se puoi per favore morire in quel preciso istante (e poi non succede mai). La frazione di secondo successiva pensò di lasciare Lindsey. Scacciò il pensiero e pensò di lasciare Frank. Cambiò nuovamente linea di pensieri e pensò di lasciare se stesso da qualche parte su delle rotaie.
Quando finirono di cenare vagarono per i marciapiedi del centro di New York per un bel po' di tempo e finirono anche di fronte alla fumetteria in cui Gerard aveva lavorato per un periodo prima di trovarsi qualcosa di decente ma non lo disse a nessuno perché non aveva buoni aneddoti da raccontare. Né buoni ricordi. Niente di niente.
Era parecchio complicato avere nello stesso campo visivo Lindsey e Frank, soprattutto quando per qualche motivo guardando le vetrine finivano vicini. Doveva aver fumato un pacchetto e mezzo di sigarette per la pesantezza emotiva che si sentiva addossdo e di cui nessuno si era accorto (a parte forse Frank). Non capiva se stesse prendendo tutto troppo sul serio o se finora, per essere arrivato a quel genere di situazione, avesse preso tutto troppo alla leggera.
Quando tutte le ragazze si fiondarono su una vetrina di scarpe, Gerard afferrò la mano di Frank.
Frank la ritrasse sussultando: - Ma sei fuori? - bisbigliò.
- Se non lo accettano non dovremmo farlo. Mai. - sospirò Gerard.
Frank impallidì: - Che stai dicendo? Hai intenzione di discutere su questo adesso? - 
- No. - rispose scuotendo la testa, - Credo di aver bisogno di scriverti un'altra lettera... -
- No! - sibilò Frank, - Mettitele nel culo le tue lettere, dimmi le cose in faccia. -
- Lo sai che non ce la facciamo a parlare- -
- Se non ce la facciamo è perchè non lo vogliamo davvero. Problema risolto. Non lasciarmi. - aggiunse in un mormorio prima che Lindsey chiamasse Gerard. 
Gerard sospirò e andò da Lindsey dopo aver lanciato una veloce occhiata a Frank durante la quale cercò di lasciarsi tutto alle spalle. 
- Se mi prendo queste me le allarghi? - chiese Lindsey indicando delle scarpe con il tacco.
- Vuoi che io metta le tue scarpe con il tacco? - chiese Gerard con un sorriso spiazzato. 
Lindsey annuì sorridendo. 
- Non sono il tuo giocattolo sessuale a cui puoi mettere le scarpe col tacco. - protestò Gerard fingendosi offeso.
- Ma amore- - protestò Lindsey afferrandolo per il braccio, - Per favore. Domani mattina passiamo a prenderle? - 
- Okay. - le concesse, - Ma dopo ti levi dalle palle e torni a Los Angeles. - aggiunse scuotendo un indice.
Lindsey scoppiò a ridere: - Sei uno stronzo, non ho parole. - 
- Io sono ancora in fase ballerine, ho qualcosa che non va'? - chiese Jamia osservando le scarpe col tacco stringendo le labbra. Davvero non capiva che le ballerine erano il suo ultimo cazzo di problema?
- No, tesoro, io sono ancora in fase gothic adolescenziale. - la rassicurò Alicia. 
- E io vivo di sneakers. - si strinse nelle spalle Christa.
- Siete delle fallite che stanno insieme a dei falliti. - concluse Gerard, - Sogni d'oro, non pensateci troppo. - 
- Gerard, io ti sfascio la famiglia. Sai che posso farlo. - lo minacciò Alicia con un sorriso volutamente dolce. 
- E io ti sfascio il ragazzo. Sai che posso a farlo. A dire il vero, potrei farlo con il ragazzo di tutte voi. Ho il potere. -
- Per "sfasciare" intendi fottere? - domandò Jamia. Era ironico il fatto che l'avesse chiesto proprio lei.
- Esattamente, Jamia. - rispose Gerard con un sorriso gelido. 
- Gerard, smettila di essere volgare con le signore. - gli tappò la bocca Frank prima di andare a cingere i fianchi di Jamia. 
Gerard si portò un dito alle labbra e gli sussurrò un "shhh" socchiudendo minacciosamente gli occhi.
- Ho fame. - si lamentò Chantal. 
- Oh, piccola Chant. - disse Ray, - Vuoi un kebab? Io voglio un kebab. -
- Anch'io lo voglio. - intervenne Jimmy.
- Non esistono kebabbari aperti a ste ore. - notò Bob.
- Ehi, amico, siamo a New York. - replicò Jimmy.
- La città che non dorme mai. - confermò Mikey. 
- Pensate davvero che sia vero? - 
- Certo. - 
Non era vero. 

Lindsey era in bagno che pisciava a intermittenza al telefono con quella sua amica nella merda e continuava a ripetere "No, tesoro, non è vero". 
Gerard era sul letto che beveva Coca Cola e fissava la tv chiedendosi se quella ragazza avrebbe mai smesso di insultarsi. In fin dei conti aveva solo un feto nell'utero, e con ogni probabilità non era nemmeno il figlio di Satana. Non c'era motivo di disperarsi oltre le 48 ore di accettazione che una persona mediamente debole avrebbe necessitato. Odiava quelle scenate, sinceramente. Si chiese se sotto sotto anche Lindsey le odiasse. 
Ripose la lattina vuota di Coca Cola e ne aprì un'altra. Tornò a sorseggiarla con un avambraccio appoggiato alla pancia e l'altro braccio piegato sul petto per reggere la lattina. Sorrise pensando a quanto sfigato e ciccione si sentiva. Magari lo era, magari no. In entrambi i casi, avrebbe continuato a ridacchiare in silenzio nonostante la sparatoria nel deserto del western in tv. A dire il vero odiava i western. 
Cambiò canale e si prese un'aspirina non appena si accorse di sentirsi di nuovo male. 
Lindsey tirò l'acqua.
Cambiò di nuovo canale. Tette europee. 
Lindsey sbuffò lavandosi le mani.
Cambiò canale. That's So Raven. Canticchiò la sigla. 
Lindsey uscì dal bagno con delle salviette struccanti in mano.
- Ho voglia di ciambelle del Mc. - le urlò Gerard.
- Gee, non urlare. - borbottò lei, scossa. 
- Vuoi dormire nella città che non dorme mai? - le domandò.
- Certo- che cazzo, stai guardando That's So Raven? - 
- Sì. - 
Lindsey si sedette sul letto e cominciò a strofinarsi la salvietta sull'occhio destro: - Jodie è disperata. Che faresti al suo posto? -
- Al posto di Jodie? -
- Sì. -
Gerard sorrise e tornò a guardare il televisore: - Comincerei a cercare qualcosa di punk da mettere addosso al bambino. E' un maschio o una femmina? - 
- Gerard, non puoi saperlo prima delle 14 settimane di gravidanza. -
- Ah, giusto. - finse di averlo saputo.  
Lindsey sospirò passando all'occhio sinistro e prese a ridere guardando Raven mettersi in imbarazzo come sempre: - Che merda  il 2002. - 
- Era il 2003. -
- Che merda il 2003. - si corresse, - Hai finito tutta la Coca Cola? -
- No, ci sono ancora due lattine. - 
Lindsey scese dal letto e andò a prendersele: - Che ora è? - 
- Le due e cinquantadue. - rispose Gerard dopo aver dato un'occhiata al cellulare.
- Dormiamo? -
- Sai che non dormo a comando, vero? - le chiese Gerard.
Lindsey sorrise: - Dormiamo? - ripeté spingendolo sul letto. 
Gerard la baciò passando le dita fra le ciocche dei suoi capelli neri. 
- Va tutto bene? - chiese in un sussurro Lindsey, fissandolo nella penombra con gli occhi ancora leggermente neri dal trucco che non si era tolta come si deve. 
- Cosa? Certo. - annuì Gerard, leggermente a disagio per la domanda. Nemmeno si era fermato a pensarci, aveva risposto e basta. Ormai si era abituato così. 
- Sta sera non stavi bene. - lo incalzò prima di mordersi nervosamente il labbro. Gerard pensò che ogni volta che qualcuno si mordeva il labbro di fronte a lui era perchè era insicuro. Alle elementari gli avevano detto stronzate riguardo la connotazione sessuale di quel gesto. Oppure era Gerard che disseminava insicurezza in chiunque gli rivolgesse la parola.
- Mh? - bofonchiò allibito, sentendo un po' troppo caldo. 
- Eri chiaramente giù di morale. Ho fatto qualcosa di sbagliato? -
- Cosa- no... è... New York. E' stato difficile non pensarci dato che c'ero totalmente in mezzo... - . Si rese conto di aver omesso tutti i soggetti e guardò il viso di Lindsey cercando di capire se avesse colto ciò che intendeva. 
- Ne sei sicuro? - insistette. 
- Sì. Certo. - annuì lui.
Lindsey annuì a sua volta: - Okay. - mormorò, - Scusa. - 
Gerard la trattenne per baciarla. 
Lei sorrise appena intrecciando le dita sulla sua nuca.
- Ti amo. -
- Anch'io. - 
La guardò distendersi con quel suo pigiama rosso che le stava un po' grande e una forcina che probabilmente aveva dimenticato di togliersi dai capelli.
Gliela sfilò con delicatezza e pensò che un giorno, quando avrebbe dimenticato di mentire, Lindsey lo avrebbe odiato a morte e a lungo. E gli ci vollero quattro ore per addormentarsi. 

La prima cosa che gli venne in mente aprendo gli occhi fu schiaffeggiare chiunque l'avesse svegliato perchè si sentiva a pezzi e a malapena il cuore si degnava a pompare sangue. Ma Lindsey sorrideva e tutto il resto e finì per non schiaffeggiarla.
- Andiamo a prendere quelle scarpe? - gli chiese Lindsey zampeggiando in giro per il letto troppo velocemente per essere le nove di mattina. O qualsiasi ora fosse. 
Gerard si voltò dall'altra parte sperando che Lindsey si dimenticasse di lui e andasse a comprarsi le scarpe da sola. Ma non funzionò. Nella sua vita non era mai funzionato un cazzo con nessuno.
- Lindsey, mi viene da piangere. - si lamentò coprendosi il viso con le coperte.
- Perchè? - chiese sorpesa.
- Ho sonno. Non ho dormito- -
- Se stai cercando di svegliarti significa che hai dormito. - replicò.
- Dai. - sbottò Gerard levandosi le coperte dalla faccia per guardarla male.
Lindsey sorrise e sghignazzò accarezzandogli i capelli: - Non mi interessa. - 
- Ti strappo i capelli. - 
- Perchè non hai dormito? -
- Perchè sono paranoico, peggio di mia madre. - 
- A che pensavi? - 
- A tutto quanto. A non lo so- tutto quanto. - continuò a borbottare ricordando all'improvviso a cosa aveva effettivamente pensato, - Andiamo a prendere ste cazzo di scarpe, Cenerentola. - . Era abbastanza a disagio da preferire le scarpe a qualsiasi forma di conversazione, - Vado a lavarmi i denti, ci vediamo fra quattro ore. - 
- Non azzardarti a chiuderti in bagno a dormire! - esclamò Lindsey ridendo, lanciandogli dietro dei calzini.
Gerard si voltò: - Vuoi sentire che ha fatto la Coca Cola delle tre di notte alla mia alitosi? - le chiese in tono vagamente minaccioso. 
Lindsey si sedette sulle coperte fra le quali Gerard aveva dormito posandosi una mano sullo stomaco mentre rideva: - No. Una volta una mia amica ha passato la notte a fare pompini a una festa e quando ci siamo svegliate aveva l'inferno in bocca. Hai presente? Hai mai assaggiato? -
Gerard trasalì: - N-no- che merda. - aggiunse cercando di mascherare l'esitazione. 
- Dovresti. Chiedi a Bob. - 
- Se ne andrebbe dal gruppo. - rifiutò scuotendo la testa. 

New York di mattina era affollata esattamente come lo era cinque anni prima alla stessa ora. I marciapiedi erano pieni di gente che più che passarti accanto era intenzionata ad amputarti la spalla. Tuttavia Lindsey era esaltata, e sembrava che strattonare la mano di Gerard fosse diventato il suo nuovo passatempo preferito. Gerard dormiva in piedi e reggeva con la mano libera un bicchiere di caffé riflettendo pacatamente su come un paio di scarpe fosse in grado di mobilitare una come Lindsey. 
Arrivarono al negozio mezz'ora dopo la sua apertura. Ebbene sì, Lindsey aveva osato svegliarlo alle otto meno venti di mattina. Si provò le scarpe che aveva visto la notte prima e a furia di baciare Gerard lo convinse sul serio a prometterle che dopo in hotel le avrebbe indossate per qualche ora per allargargliele. 
Alle dieci e mezza andarono a mangiare toast e bere birra fissando la fumetteria sull'altro lato della strada finché non si decisero a darci un'occhiata. Andarono a Times Square a farsi delle foto ricordo da mandare a numeri a caso in rubrica con il solo fine di procurarsi figure di merda e cattive reputazioni con gente con cui non parlavano da un po'. Tornarono in hotel e Gerard dormì quaranta minuti con le scarpe di Lindsey ai piedi finché Bob e il manager non lo costrinsero a svegliarsi con l'aiuto di Lindsey per un'intervista in un qualche programma televisivo. Dieci minuti dopo si ritrovò seduto in un taxi schiacciato contro Frank con le Converse slacciate. Non c'era molto di cui lamentarsi, a dirla tutta. Realizzò che né Jamia né Lindsey erano presenti. Si sentì di un bene vergognoso. 
Continuò a fissare Frank in silenzio. C'era anche Ray in macchina, da qualche parte schiacciato fra il finestrino e Frank.
Gerard sapeva che non sarebbe successo assolutamente nulla ma gli bastava l'involontaria pressione del braccio di Frank contro il suo. Davvero. 

Nello studio televisivo c'era cibo gratis e fuori dallo studio televisivo qualche centinaia di fan urlanti. Gerard si sentiva a casa. 
L'intervistatrice era simpatica e sia quando entrarono che quando uscirono dallo studio televisivo vero e proprio ricevettero tanti urletti emozionati dai giovani spettatori (perlo più spettatrici), e il tutto fu abbastanza piacevole tralasciando l'innato disagio che assaliva Gerard quando veniva filmato da una telecamera. 
In ogni caso, non riuscì a ritagliare nemmeno un minuto in cui stare da solo con Frank prima di tornare a schiacciarsi contro di lui nel taxi. Quasi si addormentò. Si sentiva totalmente distrutto. 
Arrivati in hotel bevvero un caffé tutti e cinque insieme in gran fretta e poi tornarono a dividersi nelle varie stanze. Ironia della sorte, le stanze di Gerard e Frank erano allo stesso piano. 
Non presero l'ascensore. Del resto, erano solo due rampe di scale. Non c'era bisogno di andare nell'ascensore a far scoppiettare la tensione sessuale. 
Gerard si fermò di fronte alla porta della propria stanza.
Frank si fermò con lui. 
Gerard lo percorse con lo sguardo e gli abbassò la felpa che si era un po' sollevata scoprendo i suoi boxer: - Neri? - domandò sorpreso. 
- Mh, già- non sono ancora pronto a mostrare a Jamia la mia intensa serie di mutande imbarazzanti. - 
- Le ho viste solo io finora? -
- Uhm- beh, sì. - asserì infilandosi impacciatamente le mani in tasca.
Gerard sorrise e si appoggiò alla parete: - Mi manchi. - sussurrò. 
Frank socchiuse le labbra, spiazzato. E arrossì, come Gerard si era aspettato. 
Si avvicinò e gli chiuse le labbra con un bacio.
La porta si aprì un secondo dopo che si scostasse. 
- Ehi, avevo- sentito parlare. - borbottò Lindsey, arrossendo. 
- Ehi. - la salutò Gerard, tentando disperatamente di restare tranquillo.
- Tutto- okay? - chiese nervosamente.
- Sì. Io- stavo tornando nella mia stanza. Se non vi dispiace- - cercò di congedarsi Frank, che dall'essere arrossito era passato ad avere un colorito cadaverico. 
Lo salutarono entrambi. 
Gerard si voltò a guardarla, con i battiti cardiaci nei timpani e nei polsi come non mai.
Lindsey lo guardò arcuando le sopracciglia, confusa: - Che stavate- ? -
- Uhm? Niente- l'ho abbracciato. -
- Oh. - annuì Lindsey corrugando la fronte, - Come- com'è andata l'intervista? - chiese facendosi da parte per lasciarlo entrare.
Gerard entrò nella stanza togliendosi la giacca: - Bene. -. Si sedette sul letto e si slacciò le scarpe mentre Lindsey richiudeva la porta a chiave. 
Lindsey tirò un sospiro appoggiandosi alla porta con le braccia incrociate sotto il seno. 
- Che c'è? - chiese Gerard dopo aver lanciato le scarpe in direzione della valigia. 
Lindsey non rispose.
Gerard si avvicinò, le sciolse i capelli raccolti con un elastico e la baciò. 
- Jamia me ne aveva già parlato. - sospirò lei allontanandosi. A volte anche Gerard avrebbe voluto allontanarsi da se stesso.
- Cosa? - mormorò, sperando di rimanere il più a lungo possibile senza avere la "minima idea" di quello che Lindsey stava dicendo. 
- Oh, non fingere di non saperlo. - scosse la testa stringendosi le braccia al petto con un sorriso. Non l'aveva mai vista meno felice. 
- Eh? - insistette Gerard, chiedendosi fino a che punto potesse spingersi senza cadere nella pateticità. Si accorse di aver già oltrepassato quel punto qualcosa come cinque anni prima cominciando a parlare spensieratamente a Frank del suo concetto di "amicizia". 
- Tu e Frank. - .
L'elastico per capelli gli scivolò dalle dita. L'imbarazzo lo pungeva in ogni angolo. Passò decisamente troppo tempo ad accertarsi che non stesse sognando. Avrebbe dovuto saperlo. Frank non era quel genere di persona in grado di nascondere efficacemente cose del genere.
Pensò che quella volta non ne sarebbe uscito vivo: - Si può sapere di che stai parlando? -, chiese, sperando che Lindsey non notasse il suo nervosismo.
- Non lo so! - esclamò, - Non ne so i dettagli, e se li sapessi al settanta percento ti avrei già mollato. So solo che c'è qualcosa, e che me n'ero accorta vagamente da prima che Jamia mi accennasse l'argomento. - 
- Qualcosa? - ripeté Gerard, sentendosi sempre più nella merda. Ne sentiva quasi l'odore, - Che cazzo? - 
- Ora capisco perchè volevi tornare in New Jersey senza di me. - . Merda.
- Lyn, non cominciare con i viaggi mentali. Te l'ho già spiegato mille volte il perchè, e io e Frank siamo amici e- basta, tutto qui. Non so quale tipo di perversione passi per la testa di Jamia, ma se si diverte a fantisticare su me e Frank io credo davvero che- -
- Ma per favore. - sbottò Lindsey interrompendolo bruscamente, - Quando ti ho conosciuto nel 2003 ero convinta che tu e Frank steste insieme per una serie di cose e- Cristo, avrei dovuto saperlo che c'era da sempre stato qualcosa fra voi. Sul serio. Non so cosa mi abbia fatto pensare che ti piacessi- - 
- Lindsey, ma che cazzo stai dicendo? Perchè pensi che io stia insieme a te? - chiese con una risata isterica, - Per pietà? - 
- Non urlarmi. - 
Gerard fece per contrariarla istintivamente di nuovo prima di accorgersi di stare effettivamente urlando: - Scusa. -, farfugliò cercando di riabbassare la voce. Lindsey sospirò sedendosi sul letto: - Stavate insieme nel 2003? -
- Cosa? Nemmeno ricordo che cazzo è successo in quell'anno- in ogni caso immagino che la risposta sia no dato che io e Frank non abbiamo mai- non ci siamo mai- messi insieme. Lindsey, ehi. - si inginocchiò di fronte a lei e le prese entrambe le mani posate sulle ginocchia, cercando di non pensare troppo, - Non voglio perdere tempo a discutere su una cosa del genere, okay? Sei totalmente fuori strada. Sono innamorato di te. Tutto qui. Non c'è nient'altro di cui parlare. - 
Lindsey lo guardò a lungo negli occhi. Alla fine non disse niente però lo abbracciò. E se ne andò in bagno. Gerard si appoggiò al letto con la testa distendendo le gambe sul pavimento. Chiuse gli occhi e sentì le lacrime rigargli le guance. Non voleva che finisse così. Non voleva ferirla. Nemmeno per un istante. 

Quando si svegliò la prima cosa che fece fu sorprendersi del fatto che fosse riuscito ad addormentarsi per terra. Soprattutto con tutto quel casino nella testa e quell'ansia nello stomaco. La seconda cosa che fece fu spaventarsi nel vedere Lindsey che preparava la sua borsa da viaggio. 
- Lindsey! - la chiamò alzandosi velocemente in piedi. Aveva il culo e la schiena a pezzi.
Lindsey si voltò e iniziò a piangere.
- Che succede? - chiese Gerard, impaurito e ferito. 
- Me ne vado. - rispose asciugandosi frettolosamente le lacrime.
- No! - 
- Sono stanca di essere trattata così. Non cercare di farmi restare. Sono stanca. - 
- Lyn, credimi- -
- No! - urlò scoppiando definitivamente a piangere, - Non ho mai controllato il tuo cellulare per la paura che mi stessi tradendo, non ho mai cercato di origliare niente, non ho mai letto un singolo giornale, non ti ho mai cercato su google, ho fatto di tutto per isolarmi dalla possibilità che mi stessi mentendo. Ho fatto di tutto. Perchè ero disposta a perdonarti qualsiasi cosa stessi facendo, ma non posso trattarmi così. Non posso. Non mi stai rispettando. Non è ciò che merito, e non lo dico perchè sono io, nessuno merita una cosa del genere. Nemmeno tu te l'eri meritato con Eliza, come puoi fare la stessa cosa a qualcun'altro? Sei uno stronzo. - concluse chiudendo con un gesto secco la cerniera della borsa. 
- Lindsey, no, ti prego- - si ritrovò a balbettare Gerard con le lacrime agli occhi, - No. - ripeté, trattenendo il più gran numero possibile di singhiozzi, - Non farmi questo. -
- Sei tu che non devi farmi questo! - replicò colpendogli il petto. 
Gerard si costrinse a non sfiorarla nemmeno con un dito. Non voleva obbligarla. Tuttavia, non voleva nemmeno perderla. Si accorse che trattenere le emozioni era il peggior modo di affrontare il tutto. Si sentiva a pezzi, e aveva il diritto di farlo sapere sia a Lindsey che a tutti quelli del secondo piano dell'hotel che lo avrebbero sentito piangere a dirotto. 
- Lindsey, ti amo. - dichiarò con la voce spezzata. 
- No, sii sincero. -. Si asciugò le lacrime allontanandosi ulteriormente.
- Ti amo. - ripeté. 
- Non ti credo. - scosse la testa afferrando la tracolla della borsa. 
- Lindsey, io- -
- Ho già chiamato Jimmy. -
- No, non mi interessa, io sono innamorato di te. Voglio sposarti. -
- Cosa? - chiese. Non era lusingata, era sconvolta. Anche Gerard era sconvolto. Forse anche quelli delle stanze accanto che sentivano tutto erano sconvolti.
- Voglio sposarti, perchè ti amo. - ripeté singhiozzando. Si sentiva terrorizzato. Confuso. Disperato. Nel torto, - Te ne stavi andando senza dirmi niente. Come puoi trattarmi così? Ci tengo a te. - 
- Ti avrei svegliato. - ribatté Lindsey. 
Gerard tirò un lungo sospiro tremante.
Lindsey lasciò cadere la borsa a terra e andò ad abbracciarlo. 
Piansero entrambi. E si strinsero forte. Troppo squarciati per permettersi di stare lontani.






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Capitolo 10
*** What a shame the poor bride's groom is a whore ***


 
E rieccociii, decimo capitolo! Ci ho messo tipo un anno ad arrivarci, come direbbe una mia amica che non sa il latino ma finge di conoscerlo "velox, velocis" (ah uau ho appena controllato su google ed esiste, a volte l'ingoranza premia!!!!!!!!)
E niente, AUGURI FRAAAAAAAAA HELP TI POSTO IL CAPITOLO TIPO QUARANTA MINUTI IN ANTICIPO PERO' OKAY, BUON COMPLEANNO <3 (HO DATO LETTERALMENTE BUCA AI MIEI AMICI PER POSTARE QUESTO CAPITOLO OK DOVE STA FINENDO LA MIA VITA??) 
E basta, il titolo è il riadattamento/riadattazione (a ste ore a malapena mi ricordo come si respira) di una frase della canzzzzz dei P!ATD (vi rendete conto che ho dovuto consultare iTunes perchè non mi ricordavo il loro nome? Mi ritiro per sempre) (ma poi c'è davvero qualcuno che sta leggendo?), ma immagino che già la conosciate perchè noi emo ci passiamo sempre le stesse canzoni e gli stessi gruppi (oh non offendetevi, nel 2014 essere emo è un privilegio raro) (sapete che vvb)
non so bene dove voglio andare a parare quindi CIAOO + graziegraziegrazie a chi si caga ancora la fanfiction e prima ho riletto le recensioni del capitolo postato dopo lo scioglimento di voi-sapete-chi E VI PENSO E DESIDERO ABBRACCIARVI PICCOLE SCRICCIOLE (?!?!?="e)"(eijkhdkjdw) SIATE FORTI
ciaociciosdiosiodsif (leggete "cicio" ad alta voce e sorridete, dai) (era meglio quando non scrivevo introduzioni) (ho dovuto modificare due volte il capitolo da quando l'ho pubblicato perchè ho fatto su casini RENDIAMOCI CONTO)
lesibounz

 



10. What a shame the poor bride's groom is a whore



Non si era mai sentito più debole. Era sicuro di avere la febbre, oppure stava solo cercando di convincersi che no, un paio di sentimenti più forti del solito non erano in grado di ridurlo in quello stato. Non aveva intenzione di crederci. 
Uscendo dalla hall sperò che nessuno alla reception facesse la spia o qualcosa del genere. 
Si sedette sul marciapiede e nell'attesa che Frank lo raggiungesse si limitò a fissare i lampioni, alti e immobili. Era troppo nervoso per fumare. E poi stava già abbastanza male senza riempirsi i polmoni di altro schifo. 
Non ebbe idea di quanto tempo passò a fissare il nulla assoluto, ma quando Frank si sedette al suo fianco sentì come una scossa.
Lo guardò chiudersi la cerniera della felpa e appoggiarsi con gli avambracci alle ginocchia prima di rivolgere un mezzo sorriso a Gerard.
- Devo dirti due cose. - sussurrò Gerard.
- Una buona ed una cattiva? - tirò a indovinare, accendendosi una sigaretta. 
Gerard fissò il fumo che gli era uscito dalle labbra disperdersi nell'aria. - No. -, riuscì a mormorare. 
Frank spense la sigaretta con un lieve sospiro: - Mi sento già male. -
Gerard avrebbe voluto sorridergli e rassicurarlo ma quella volta non poteva fare assolutamente niente del genere. Tirò un flebile sospiro. Si sentiva tremare ogni singolo organo.
- Va tutto bene? - chiese Frank scompigliandogli alcuni ciuffi di capelli.
- Lindsey e Jamia sanno di noi. -
La mano di Frank ricadde sulle coscia di Gerard: - Cosa? Come fanno- ? -
- E' stata Jamia la prima a tirare fuori l'argomento. - puntualizzò.
Frank spostò lo sguardo vitreo sull'asfalto, impallidendo: - Qual è la seconda cosa? -, chiese con un filo di voce.
Gerard fece un respiro profondo: - Io e Lindsey ci sposiamo. - 
Frank socchiuse le labbra e sollevò impercettibilmente le sopracciglia: - Cosa? - mimò con la bocca senza emettere alcun tipo di suono. 
Gerard si voltò nella direzione opposta e strizzò gli occhi di nuovo colmi di lacrime. Non riusciva a guardare Frank negli occhi. Si sentiva già abbastanza deluso da se stesso, non avrebbe sopportato altra disapprovazione. 
Frank lo afferrò per la spalla e lo costrinse a voltarsi. Non appena i loro occhi si incontrarono scoppiò in lacrime. 
Gerard fece per scusarsi ma si fermò in tempo. Sarebbe stata la cosa più stupida da dire al riguardo. 
- La ami così tanto? - 
- Affatto. - . Gerard si dava personalmente quarantotto ore al massimo prima di cominciare a pentirsi di averglielo detto, - Ma non voglio perderla. Non voglio deluderla. - . Anzi, ventiquattro. 
- Ma sei impazzito? - domandò Frank singhiozzando, - Avresti potuto regalarle dei pasticcini. O dei fiori. - 
In circostanze normali avrebbe riso della disperazione con cui Frank diceva cazzate consenzienti. 
- Frank, non voglio- non voglio perderla. - ripeté cercando di fissargli nella mente il senso di ogni singola parola. Perchè la proposta si era basata su questo. Che era poco, ma in quel momento, mentre la guardava preparare le valigie, era significato più di ogni altra cosa. 
Frank si allontanò da Gerard e si alzò in piedi. Strinse le braccia al petto tremando mentre le lacrime cadevano pesanti dalle guance sulla felpa. Si asciugò freneticamente il viso voltandosi improvvisamente: - Mi stai dicendo la verità? - domandò a voce alta e rotta.
Gerard annuì. Aveva la gola così bloccata che a malapena riusciva a trattenersi dal vomitare. 
- Come puoi fare una cosa del genere? - bisbigliò Frank, asciugandosi la nuova serie di lacrime con le dita, - Sai cosa vuol dire? Ha intenzione di mentirle ufficialmente il giorno più importante della vostra vita? -
Gerard nascose il viso fra le ginocchia singhiozzando così forte da spaccarsi una costola. Perchè il dolore al petto non poteva essere tutto a causa dei sentimenti, giusto? Nemmeno erano palpabili, che cazzo. 
Strofinando le guance umide di lacrime sul tessuto dei jeans pensò che quand'era piccolo e aveva fantasticato sul suo matrimonio non si era immaginato una cosa del genere. Si era immaginato una Christina Ricci sorridente e tanti coriandoli e fuochi d'artificio. Non un marciapiede di New York, una crisi di pianto e un amante gay a cui giustificare l'infondata proposta di matrimonio alla bassista dei Mindless Self Indulgence. 
Frank si inginocchiò di fronte a lui e lo prese per i capelli: - Mi vuoi lasciare? - 
Gerard scosse freneticamente la testa. 
Frank lo baciò tirandogli dolorosamente i capelli per avvicinare i loro visi.
Si sentiva la pelle bruciare. E ogni battito cardiaco sembrava una martellata che propagava il dolore ovunque. 
Quando si distese accanto a Lindsey nemmeno si ricordò la strada che aveva fatto per tornare nella stanza d'hotel. La fissò per quasi un minuto mentre si accertava che non stesse facendo finta di dormire e che quindi non si fosse accorta della sua assenza. Non aveva idea di come gliel'avrebbe giustificato, nel caso l'avesse trovata sveglia. Si accorse che quello che aveva fatto era stato parecchio, troppo irresponsabile. Probabilmente aveva messo Frank nei guai. Non ne era sicuro, e comunque non lo voleva sapere. Aveva già abbastanza problemi.

Si svegliò per colpa delle coperte. Si sentiva soffocare, e le coperte sembravano immense e stranamente bianche, considerando la scarsa illuminazione della stanza. Confuso e spaventato scivolò giù dal letto, sentendosi al posto del cranio delle maracas piene di pezzi di vetro. Si appoggiò al muro, che era molle e umido. Che cazzo, non si era nemmeno drogato. 
- Gerard? - 
Si accese una luce e tutto riprese ad avere senso, o quasi. 
Lindsey scese in fretta dal letto e si inginocchiò di fronte a lui. Come aveva fatto Frank la notte prima, pensò Gerard. 
- Hai fatto un incubo? -
Vide con la coda dell'occhio qualcosa cadergli addosso. Si coprì istintivamente il viso prima di accorgersi che non c'era nulla alla sua destra. Incontrò lo sguardo allibito di Lindsey e si sentì mortificato. 
- Ehi? - lo chiamò Lindsey salutandolo incertamente con una mano. 
A Gerard uscì una strana risata e Lindsey sorrise riabbassando la mano.
- Sei un po' sudato. - notò educatamente tirandogli indietro i capelli appiccicati alla fronte. Gerard non pensava che le ragazze fossero in grado di toccare i ragazzi sudati senza
vomitare per una buona mezz'ora. 
- Sei caldissimo. - si accorse successivamente posandogli la mano sulla fronte.
Gerard si appoggiò con la testa al muro con un sospiro: - Che ore sono? -
Lindsey prese il cellulare per controllare: - Le cinque. - 
- Cosa? Le cinque di mattina? - chiese Gerard, strabuzzando gli occhi e provando istintivamente sonno, mal di testa e disperazione, tutto al tempo stesso.
Lindsey annuì: - Hai delle aspirine da qualche parte? -
Gerard rimase in silenzio qualche secondo a riflettere. Pensò a tutte le cose legate a Frank che aveva in valigia e quasi gli venne un conato di vomito: - No, non ho nulla. - disse, ringraziando la stanchezza nella voce per aver nascosto il nervosismo. 
- Vado a cercare una farmacia aperta? - chiese. 
- No, resisto fino alle otto e dopo le chiediamo a qualcuno degli altri. - 
- Ne sei sicuro? Magari peggiori- -
- Non peggiorerò. - tagliò corto passandosi le dita fra i capelli vagamente umidi. Si sentiva uno schifo. Sperò con tutto se stesso che Lindsey non pensasse di nuovo a Frank e al fatto che avessero le malattie stranamente sincronizzate. 
Lindsey lo aiutò a rimettersi a letto: - Spengo la luce? -
- No. - borbottò scuotendo la testa.
- Ti spiace se accendo la tv? -
Gerard scosse di nuovo la testa, osservandola dal cuscino. Troppo stanco di tutto per chiedersi se la stesse mettendo a disagio. Detestava la febbre. 
Lindsey prese il telecomando e si appoggiò con la schiena alla testata del letto cambiando continuamente canale in silenzio. A un certo punto sorrise: - Ti va una prostituta giapponese? - . Si voltò per lanciargli un'occhiata e Gerard dapprima sorrise e poi iniziò a ridere piano soffiando aria fuori dal naso. 
- Mi sento morire. - sospirò infine. 
- Di solito gli uomini reagiscono sempre così al dolore. - commentò lei riprendendo pacatamente lo zapping.
- Non generalizzare. - sbottò Gerard lanciandole un'occhiataccia.
Lindsey gli pizzicò una guancia: - Scusa. - 
Gerard si trascinò sul materasso fino a riuscire ad abbracciarle la vita e addormentarsi con la faccia sul cuscino. Gli sembrò di avere chiuso gli occhi per due minuti ma quando si svegliò l'illuminazione della stanza era totalmente diversa, Lindsey non indossava più il pigiama ed era truccata e Gerard aveva nuovo sudore sulla fronte. Allontanò nauseato la coperta e si tolse la maglietta che gli stava attaccata al petto. 
- Frank mi ha dato le aspirine. - disse Lindsey. Le due cose di cui aveva più bisogno in quel momento nella stessa frase. Pensò all'intenso momento di disagio che doveva essersi perso. Cominciò a sentire freddo e afferrò incertamente le coperte prima di lasciarle di nuovo lontano da lui. 
- Puoi aiutarmi a lavarmi? - chiese sconsolato.
Lindsey sorrise della sua faccia sofferente: - Devo lavarti come se fossi un cane? -
- Sì, per favore. - 
- Vieni. - disse prendendogli le mani per aiutarlo ad alzarsi in piedi. Si svestirono entrambi ed entrarono nella doccia.
- Ho l'impressione che ti ammalerai. - commentò a bassa voce Gerard appoggiandosi alla parete piastrellata nell'attesa che l'acqua diventasse tiepida. 
- Anch'io. - convenne lei raccogliendosi i capelli, - Mi sono messa l'eyeliner e ci ho messo letteralmente mezz'ora, se si rovina me lo rimetti te. -
- Posso truccarti meglio di quanto tu sia capace. -
- Sinceramente, è decisamente plausibile. - . Prese il soffione della doccia, - E non bagnarmi i capelli. - 
- Davvero ti preoccupi dei capelli? Sei in procinto di passare la prossima settimana a letto con l'influenza per colpa del tuo ragazzo, non te ne farai niente di una bella acconciatura. - 
Lindsey ridacchiò con leggerezza ricoprendo la testa di Gerard di acqua: - Cerco di vivere al massimo i miei ultimi momenti sani. Che shampoo vuoi? - 
- Quello rosa. - 
Lindsey sospirò sconsolata ma non disse niente. Gli insaponò i capelli e Gerard era abbastanza sicuro di essersi addormentato un paio di volte perchè non aveva veri e propri ricordi di quella doccia. 
Due aspirine dopo, ricevette visite da Brian, che toccò Gerard come se fosse stato una medusa morta arenata su una qualche spiaggia. 
- Quante interviste? - domandò Gerard da sotto le coperte. 
- Tre. -
- Stai scherzando? -
- No. Una in hotel, una alla radio e una in uno studio televisivo. - 
Gerard rabbrividì istintivamente: - Non voglio alcun tipo di telecamera puntata sul mio cadavere. -
- Capisco. Peccato. -
Gerard si alzò a sedere, affannato: - No, ehi, pensavo che avresti insistito. Certo che farò le interviste, mi sentirei in colpa a stare a letto a delirare. - 
- Davvero? - 
- Sì. -
Brian sorrise e gli baciò il capo: - Sei il sogno di ogni manager. - 
- Grazie, Brian. Lindsey finora si è limitata a darmi del cane. -
Lindsey rise: - Non è vero! I miei occhi dicevano molto di più. -
- I tuoi occhi specificavano la razza. Carlino. - sussurrò assottigliando lo sguardo.
Lindsey gli cinse la cassa toracica in un abbraccio riempendogli di baci la guancia e i capelli.
- Ahia, non stringere. - farfugliò.
- Femminuccia. - gli sussurrò all'orecchio in tono dolce. 
- A quanto pare è ora che me ne vada. - notò Brian, - Tieni il cellulare acceso, Gerard. Fatti trovare pronto per le due e mezza, okay? -
- Che ore sono? -
- E' l'una. - 
- Oh, okay. - 
- Hai abbastanza aspirine? -
- Ho abbastanza aspirine? - inoltrò la domanda a Lindsey, che lo stava ancora abbracciando.
- Sì. - 
- Sì. - comunicò a Brian. 
- Sì, grazie, Gerard. Ora, se non vi spiace, uscirò impacciatamente da qui. -
Gerard sorrise e lo guardò uscire dalla stanza accompagnato da Lindsey. Dopo qualche minuto passato a guardare la tv il cellulare di Lindsey suonò e lei tirò un sospiro e andò in bagno. 
Gerard nemmeno origliò. Non gli importava. Al contrario, sperava che Lindsey avesse un qualche amante e che si innamorasse abbastanza di lui da lasciare Gerard, perchè Gerard non sarebbe mai riuscito a lasciarla. Lindsey non meritava una cosa simile. Non avrebbe mai permesso a niente e nessuno (se stesso compreso) di ferirla. 

Frank non gli rivolse mai la parola e Gerard pensò che doveva essere finita. Si sentiva infinitamente triste. E malato. 
Durante le interviste Frank rimase quasi sempre in silenzio e Gerard parlò a vanvera nonostante il mal di testa, la stanchezza e il lieve delirio che le aspirine avevano in parte attutito. A volte si chiedeva se fosse normale stare così sotto per una cazzo di febbre. Aspettava solo che la gola gli cedesse prima di dichiararsi ufficialmente morto. Mikey e Bob come sempre si disinteressavano alle domande e Ray probabilmente pensava che a Gerard piacesse parlare anche in quelle condizioni. Alla reception dello studio televisivo si liberarono dell'ultima intervistatrice e alle sei e mezzo erano già seduti nel taxi diretti all'hotel. 
- Resta fuori a fumare. - sussurrò Gerard a Frank mentre si avvicinavano all'hotel.
- Non voglio fumare. -
- Non mi interessa. - 
Frank sbuffò. Aveva uno strano odore di camomilla. 
Gerard abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia incrociando le braccia. Non voleva quel genere di problemi. Soprattutto perchè, che simpatizzassero o meno l'uno per l'altro, continuavano a suonare nello stesso gruppo. 
Scesero dal taxi e Frank disse brevemente qualcosa a Bob, che lo stava aspettando come una ragazzina aspetterebbe l'amica per andare in bagno insieme. 
Gerard, dal basso della sua miseria, non riuscì ad apprezzare come si deve la comicità della situazione.
- Non ti interesso più? - gli chiese quando rimasero relativamente soli. Non si era nemmeno acceso una sigaretta perchè gli era di nuovo passata la voglia.
Frank, invece, che "non voleva fumare", se l'accese all'istante: - Cosa ti aspetti che faccia? - 
Gerard immaginò che quell'odore di camomilla doveva essere il profumo di Jamia. Quella teiera. Lo guardò a lungo in attesa dei vecchi effetti indesiderati ma Frank non demorse: - Per quanto ti stia antipatico, avresti almeno potuto chiedermi come sto. -
- Hai la febbre, è ovvio che tu non stia bene. - 
- Allora potevi chiedermi se sto meglio. -
Frank sbuffò: - Perchè mi rinfacci queste cazzate? Pensavo avessi cose più importanti per la testa in questo momento. Sai, Lindsey ha già detto a Jamia che vi sposate. - . Si bloccò e rise mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime, - E' ridicolo. - 
- Non è ridicolo. - sibilò Gerard, mettendo per un attimo da parte la spossatezza per costringersi a non perdere il filo del discorso. 
- Gerard, questo gioco sarebbe dovuto finire molto tempo fa. - 
- Pensavo non volessi che ci lasciassimo. - 
- Infatti non lo voglio. -
Gerard rimase in piedi a fissarlo: - Quindi che c'è? -
- Lascia Lindsey. Non farti prendere da queste cazzate, dovresti sposarti con chi ami, non con chi ti fa più pena. - 
- No, non capisci- -
- Non c'è nulla da capire. Non stai valutando le cose come si deve, credimi, è più semplice di quel che sembra. Stai sbagliando. Punto. Invece di continuare a chiedermi se voglio lasciarti, perchè non mi dici se vuoi chiuderla con me? -
Gerard aggrottò la fronte, avvertendo il pericolo: - No. -, farfugliò.
- Pensi che non le farà male scoprire una seconda volta che non le sei fedele? - chiese allora.
- Non ci sarà una seconda volta- -
- Certo che ci sarà. - replicò Frank, spazientito. 
- A dire il vero non credo pensi sul serio che vado a letto con te o cose del genere- -
- Gerard, per piacere. - 
- No, Frank, io davvero non credo di doverti spiegazioni. Se ti vado bene resta, altrimenti sei libero di lasciarmi. - decise all'improvviso Gerard.
- Sei davvero uno stronzo. - 
Gerard gli prese la sigaretta di colpo, spaventandolo, e la gettò a terra. Lo tirò per la felpa fino a baciarlo. Sembravano passati mesi dall'ultima volta che gli era stato concesso di sfiorare le sue labbra. Lunghi mesi stracolmi di trenta giorni e ventiquattro pesanti ore in ognuno di questi. In realtà, non era nemmeno passato un giorno.
Lo allontanò dopo pochi secondi perchè in fin dei conti erano nel bel mezzo del parcheggio sotto le finestre delle loro stanze d'hotel. Sollevò le mani con noncuranza: - Lasciami se ci riesci. - disse indietreggiando prima di voltarsi ed entrare in fretta nell'hotel. 

La febbre gli peggiorò durante la notte e lo portò a svegliarsi nel bel mezzo delle cinque di mattina. Rimase sveglio da solo con le aspirine perchè era stanco di dipendere dalla compagnia degli altri. Aspettò che la sveglia di Lindsey suonasse e la spense in fretta per svegliarla personalmente approfittando del temporaneo e illusorio stato di decenza in cui il suo organismo credeva di trovarsi. Lyn avrebbe dovuto prendere l'aereo insieme a Jimmy e gli altri alle dieci della stessa mattina e dopo non aveva idea per quanto non l'avrebbe rivista. La sua futura moglie. Si sarebbe schiaffeggiato. 
- Lyn. - le bisbigliò passando le dita fra i suoi capelli neri. 
- Sei già sveglio? - domandò con un sbadiglio. 
- No, sono sonnambulo. - 
Lindsey sorrise e si mise a sedere: - Devo fare la valigia. - si ricordò prima di baciare le labbra di Gerard, - Dov'è il mio reggiseno? - chiese poi tastandosi il petto.
- Perchè lo perdi sempre? - domandò Gerard iniziando a cercarlo sotto il letto. 
- Perchè sei un pervertito e non fai nulla per nasconderlo. - 
- Non è colpa mia! Sei tu che quando ti agiti ti si slaccia il reggiseno. - 
- Sta notte giuro di non essermi agitata. - esordì lei. 
Gerard passò in rassegna il pavimento: - Non è sotto il letto. - annunciò poi rialzandosi in piedi. 
Lindsey lo cercò fra le coperte e sotto i cuscini: - Guarda! Era sotto il tuo cuscino! -
- Non ci credo. -
- Guarda! Pervertito. - 
- Non l'ho fatto apposta! -
Lindsey glielo lanciò in faccia: - Mettilo nella borsa! Devo lavarmi i denti. - disse zampettando frettolosamente in bagno con il pigiama arrotolato fino al ginocchio della gamba destra.
- Fai ridere. - disse Gerard.
- Ha parlato quello che si mette i boa piumati. - replicò lei con lo spazzolino già infilato in bocca, - Mettimi i festiti nella borfa da fiaggio. - 
Gerard buttò i maglioncini vari che aveva lasciato in giro per la stanza nella sua borsa e ricevette un urletto di orrore quando Lindsey tornò.
- Cos'è sta merda? -
- Sono un ragazzo. - si strinse nelle spalle Gerard, - Non so cos'è l'ordine. - 
Lindsey gli schiaffeggiò piano il capo prima di baciarlo con dolcezza: - Hai ancora la febbre? - chiese prima di posare il palmo sulla sua fronte.
- Sì. -
- Hai già preso l'aspirina? -
- Sì, è per quello che sono ancora vivo. - 
Gli cinse il collo e gli baciò la guancia. Si chinò sulla borsa e cercò di sistemare alla meglio i vestiti mentre Gerard seduto sul letto la fissava muoversi ignorandolo. 
Sentiva uno strano senso di perdita. Per qualche motivo, non voleva che se ne andasse. Non voleva stare da solo con Frank e Jamia. O ancora peggio, solo con Frank. Aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere. Aveva paura che sarebbe effettivamente riuscito a lasciarlo.
Piastrò i capelli di Lindsey mentre lei chiamava Jimmy e Chantal al cellulare per svegliarli e poi aspettò con lei sui divani della hall che si facessero tutti vivi. Si sentiva sempre peggio e si addormentò sia sul divano che sulla spalla di Lindsey in taxi.
Aiutando Lindsey a tirare giù la borsa dal sedile del taxi, sperò di non avere più problemi con lei per almeno due mesi e mezzo. La baciò ripetutamente con tutti i suoi trentotto gradi di febbre e aspettò che sparisse oltre il check-in per poterle sorridere un'ultima volta da lontano prima di uscire dall'aereoporto sentendosi tutte le ossa spezzate. 
Incontrò due ragazze che gli chiesero degli autografi e una foto prima di salire in taxi. Quasi gli veniva da piangere. Aveva bisogno di Lindsey, non voleva restare da solo. 
Quandò arrivo all'hotel andò diretto nella camera di Bob e mentre guardavano alla tv Lizzie McGuire scoppiò pure in lacrime. Bob gli chiese solo una volta - al quarto abbraccio - cosa avesse ma Gerard non rispose e non insistette. Avrebbe voluto fermarsi da Bob a dormire ma non voleva né farlo ammalare né trarlo involontariamente in inganno gay per colpa dei suoi capelli che quel giorno gli stavano particolarmente bene. Davvero, non aveva bisogno di un altro amante. 

Quando si svegliò sulla brandina del tourbus venne a sapere da Mikey che erano a mezz'ora da Philadelphia. Si preparò il caffé ringraziando il cielo che almeno Frank e Jamia erano nell'altro tourbus. Guardò Buffy The Vampire Slayer con Mikey e Alicia e poi giocò contro Alicia all'Xbox, parlandole distrattamente di quanto si sentiva triste e ricevendo risposte troppo brillanti per quel genere di vita confusa che Gerard cercava inconsciamente di alimentare.
Arrivarono in anticipio e quando Gerard iniziò a sentire i piani delle due ore libere concretizzarsi decise di tornare a dormire, o perlomeno di lasciarlo credere agli altri. Per nessun motivo al mondo avrebbe continuato a vivere nella stessa regione di spazio in cui Jamia osava trovarsi.
Alla fine ascoltò musica e parlò al telefono con Lindsey mangiando gelato, confortato dal fatto che ora come ora sentiva più la mancanza di Lindsey che quella di Frank. Nutriva uno strano odio per lui. Uno di quelli striati di affetto, comunque. 
Con la speranza che tutto si stesse allineando bevve una birra e poi una Coca Cola, alternando le lattine alle sigarette. 
Sapeva che non sarebbe per sempre potuto scappare da Frank e da quella strana cosa che gli stava appiccicata addosso di nome Jamia, infatti quando tornarono e Bob andò a chiamarlo si costrinse ad andare a mangiare con loro. 
- Che hai fatto tutto questo tempo? - chiese Christa mentre Gerard scendeva dal tourbus accendendosi un'altra sigaretta solo per tenersi occupato.
- Dormito. - mentì, con la sagoma di Jamia lì davanti che spiccava fastidiosamente come una mosca morta su un muro bianco. Si trattenne dal contare da quanti giorni non faceva sesso con Frank per colpa sua perchè altrimenti avrebbe davvero potuto perdere goffamente le staffe provocando un lago di sangue. Rabbrividendo, si chiese se avesse smesso di fare sesso con Frank per il resto dei suoi giorni.
Andarono in un ristorante e ordinò una bistecca al sangue perchè intanto Frank non l'avrebbe baciato comunque per altri vent'anni, o meglio fino a quando quella puttana vaginata non si sarebbe degnata di levare il culo dal raggio di due chilometri che accerchiava Frank e riprendere a farsi i cazzi propri a casa sua in New Jersey con quel cane di merda di cui parlava sempre. 
C'era una lunga serie di occhiate che avrebbe voluto dedicare a Frank ma sinceramente non ne vedeva più il motivo. Aveva l'impressione di essere morto, o peggio, di essere stato sconfitto. Mancava il complemento d'agente, e non era sicuro di volerlo trovare. Ne aveva già avuto abbastanza di finire in vicoli cechi di pessimismo. 
Tuttavia non poté fare a meno di pensare che come coppia facevano schifo e che c'entrava anche il sorriso di Jamia simile a quello di Gerard. Glielo copiava. Non c'era altra spiegazione. 
Si sentiva pigramente arrabbiato. Si sarebbe anche sfogato con Bob se solo avesse saputo cosa dirgli. In fondo i problemi di Gerard erano gli stessi di sempre, troppo grandi per permettergli di costruire frasi attorno ai singoli dettagli. Allo stesso modo, il giorno prima si sarebbe anche confidato con Bob se solo avesse avuto idea di quale fosse concretamente il suo problema. 
Quando finirono di mangiare andarono fuori a fumare e le ragazze in bagno. E Gerard aveva Frank davanti che fumava e non aveva idea di come comportarsi. Esattamente come se si trovasse in presenza di quel nuovo amico appena conosciuto di cui sai troppo poco per permetterti un qualsiasi genere di battuta. 
Frank teneva lo sguardo basso oppure guardava le macchine alle spalle di Gerard.
Gli unici a parlare erano Ray, Bob e Mikey, che sghignazzavano parlando continuamente di un qualche videogioco demenziale che aveva a che fare con dei messicani e delle macchine. 
Jamia tornò prima che riuscissero a guardarsi negli occhi e Gerard si sentì a pezzi. Dieci minuti dopo si accorse chiaramente che gli era salita la febbre, e con il viso arrossato dal calore tornò nel tourbus con Bob a scongiurare il malessere, motivati dal fatto che fra quasi quattro ore Gerard doveva essere in grado di cantare i versi giusti sul palco. Già da sano sbagliava le vocali, figurarsi con la confusionaria follia della febbre in mezzo alle ossa e ai pensieri. 
- Per caso hai idea di quando cazzo se ne vanno tutti? - domandò Gerard dal divano mentre Bob leggeva il foglio illustrativo della tachipirina alla ricerca della dose massima che gli era consentito somministrare a Gerard senza mandarlo in coma. 
- Intendi le ragazze? - chiese grattandosi la barba bionda.
Gerard grugnì affermativamente, facendolo sorridere. 
- Jamia dovrebbe andarsene domani mattina. Ti interessa davvero sapere quando se ne vanno le altre? -
- Certo che no. - borbottò.
- Quattro compresse! - esclamò indicando il foglio illustrativo non appena trovò la parte che stava cercando, - Quante te ne ho date prima? -
- Dieci. -
- Ehi, sono serio. -
Gerard sospirò: - Due, credo. - 
- Vuoi prenderne altre? -
- Non so, non mi va di prendere tutte quelle pastiglie. - 
- Okay, vuoi che ti prepari qualcosa? -
Gerard sospirò e sollevò gli occhi dai suoi calzini rossi: - Mi basta il tuo sorriso. - 
Bob si portò una mano sul cuore fingendosi commosso mentre Gerard ridacchiava brevemente. Andò a sedersi sull'ultima parte del divano lasciata libera dal corpo disteso del cantante e posò una mano sul suo ginocchio piegato: - Vuoi misurarti la febbre? -
- Per farci due risate? - chiese sarcasticamente. 
- Non so. -
- No, non lo voglio. - . Spostò di colpo il ginocchio nel tentativo di far scivolare la mano di Bob fra le sue gambe ma le dita del batterista rimasero sul suo ginocchio e fallì nell'intento ricevendo uno sguardo interrogativo dallo stesso, che nemmeno aveva capito cosa aveva cercato di fare. Povero, piccolo ingenuo. 
- Bob, perchè non mi racconti mai della tua ragazza? - chiese Gerard posando la testa sul bracciolo del divano mentre chiudeva gli occhi. Aprì un occhio in tempo per vedere Bob stringersi nelle spalle. Si sollevò un po' dal divano e si appoggiò lateralmente allo schienale, - Ehi, hai bisogno di parlarne? - 
- Parlare di cosa? -
- Della tua ragazza. -
- Ho capito, ma non ho nulla da raccontarti. Facciamo le cose da fidanzati... -
- Sesso? -
- ...ma non ci sentiamo fidanzati. -
- Non vi amate? -
Bob sorrise leggermente per le continue interruzioni: - Sì... e sì. - 
- E la cosa è reciproca? - domandò appoggiando la tempia al cuscino del divano continuando a guardarlo nell'attesa che rispondesse.
- Non lo so, non mi va di chiederglielo. -
Gerard annuì e abbassò lo sguardo non appena si accorse di come lo avesse fatto sentire a disagio fissandolo così a lungo: - Ma a te rattrista, giusto? -
- Uhm- sì. -
Gerard strinse le labbra e tirò un lungo respiro profondo: - Ho presente. - 
- E' che tu magari hai Frank che ti svia, io non ho nessun motivo per non interessarmi completamente a lei. -
Annuì di nuovo: - Vero. Almeno non hai i sensi di colpa. -
- Ehi, nessuno ti costringe a tradirla. - gli fece presente.
Gerard fece del suo meglio per non offendersi: - Lo so. Ma non riesco ad evitare Frank, come fai ad evitarlo? E' così- non lo so. - 
- Senti, io sono amico di Frank e ti assicuro che è fattibile- -
- Nel senso che te lo faresti? -
- No! Nel senso che diventare amico di Frank è un'ottima idea, ed è molto più semplice di quanto tu possa immaginare- -
- Ma tu sei etero. E Frank non è innamorato di te. Sono a metà, e Frank colma l'altra... - sollevò le mani gesticolando confusamente prima di avvicinarle e unirle, - E ci incontriamo al confine delle due metà e bam. - 
- Bam cosa? -
- Bam! - ripetè simulando un'esplosione. 
Bob si mise a ridere piegandosi appena in avanti: - Ma dai. - 
- E' così. - si strinse nelle spalle. 
Sentirono Frank, Alicia, Mikey e Ray salire sul tourbus parlottando.
Gerard si preparò lo sguardo freddo che avrebbe rivolto a Frank ma vide prima Ray e si sentì disorientato e alla fine si limitò a guardarlo come un procione in catalessi.
Si salutarono con degli "ehi!" imbarazzanti.
- Come va? - domandò Ray aprendo il frigorifero. 
- Un po' meglio. - borbottò Gerard. 
- Christa e Jamia sono andate a fare shopping. - disse Alicia prendendosi una lattina di birra, - Avete delle patatine da qualche parte? -
- Non lo so. - disse Frank mettendosi a cercarle.
- Ho fame. - si lamentò Gerard. 
- Ci sono solo delle barrette dietetiche... vuoi caffé? - aggiunse prendendo le cialde. 
- No, dammi le barrette dietetiche. -
Frank gliele lanciò ed entrambi evitarono accuratamente di guardarsi negli occhi.
Si scartò una barretta mentre Frank continuava a rovistare nei vari cassetti. Prese un morso osservando i jeans di Frank, assorto: - Sanno di vagina. - annunciò successivamente.
Alicia scoppiò a ridere.
- Cosa? - chiese Frank, mentre Mikey e Ray si univano alla risata di Alicia. 
- Sanno di vagina. - ripeté Gerard, sempre più convinto.
- Non ho mai mangiato una vagina. - disse Alicia allungandosi per prendere un morso dalla barretta di Gerard.
- Ho la febbre, idiota. - 
Ma Alicia era troppo emozionata per dargli ascolto. Mandò giù e guardò Gerard, esitante: - Cioccolata? -
- No, il retrogusto dolciastro... sa di vagina. - 
- Smettila di ripeterlo! - lo colpì Bob con un cuscino, sghignazzando. 
- Dai, non ci credo... - mormorò Frank ridacchiando e prendendo una barretta. La scartò in fretta per assaggiarla. 
- Dopo aver mandato giù il retrogusto si fa più forte. - gli dettò Gerard sollevando una mano.
Frank fissò il soffitto per concentrarsi assaporando la propria lingua e poi scoppiò a ridere: - Ma dai. -
- E' vero. - 
- E' vero. - convenne con un'altra risata.
- Che c'è scritto negli ingredienti? - domandò Gerard riprendendo la carta plastificata della barretta dietetica, - Liquido vaginale? Aroma di vagina? - continuò a snoccolare ipotesi. 
Alicia era piegata in due che sghignazzava contro il petto di Mikey.  
- Che merda. - concluse Gerard accartocciando la cartaccia prima di lanciarla per terra, - Grazie, Kellogg's. - 
- Mi ricorda il tramezzino allo sperma che preparammo a Mikey. - commentò Ray. Rimembravano davvero troppo spesso quell'episodio.
Gerard si mise a ridere: - Cos'era? Tonno e sperma. - 
- Qualcosa del genere. - confermò sghignazzando come un bambino. 
- Vi avrei aperto il culo in due. - borbottò Mikey scuotendo la testa.
Gerard lo ignorò: - Ehi, Frank, hai trovato qualcos'altro? -
- No. - rispose, sorridendo ancora per il tramezzino allo sperma.
- Andiamo a fare la spesa? - propose Alicia, - Ho visto una Tesco qua vicino. Dai. - insistette alzandosi in piedi con un battito di mani. Prese una mano di Mikey, una di Ray e chiamò Bob. 
- Ah, okay. - commentò con un sorriso nervoso Frank vedendo gli unici rimasti. 
- Torniamo subito, ciao. - li salutò Alicia uscendo in fretta con gli altri ragazzi. 
- Troietta. - la apostrofò Frank calciandole il sedere prima che se ne andasse. 
Rimasero in silenzio ascoltandoli scendere dal tourbus. Quando si allontanarono abbastanza da lasciarli immersi in un silenzio assordante Gerard sospirò. 
- Passata la febbre? - domandò a Frank senza guardarlo.
- Sì, abbastanza. - . Si avvicinò e affondò i polpastrelli nelle sue guance avvicinando il suo viso fino a riuscire a baciarlo.
- La rivuoi indietro? - sussurrò Gerard.
Frank sorrise ma non rispose. 
Gli lasciò un bacio umido sulla guancia e il più piccolo si sedette al suo fianco lasciandosi cadere a peso morto per metà su Gerard.
- Che casino. - sbuffò Frank prendendolo per mano.
- Già. -
Si appoggiò alla sua spalla e Gerard si appoggiò con una guancia sui suoi capelli. Sospirarono all'unisono.
- Perchè pensi che abbiano voluto lasciarci da soli? - chiese a bassa voce Frank.
- Alicia l'ha voluto. - puntualizzò l'altro sfiorandogli il dorso della mano con il pollice. 
- La domanda è comunque valida. -
- Beh, sono giorni che non ci parliamo perchè Jamia è sempre in mezzo alle palle. -
- Beh, almeno io non le ho chiesto di sposarmi. - sbottò sprezzante. 
Gerard sbuffò sollevando gli occhi al soffitto e Frank gli lasciò la mano per incrociare le braccia al petto. A volte era sorprendentemente immaturo. 
- So che è una situazione difficile, ma è stata una mia scelta, e a te non spetta credere di poterla cambiare. - lo apostrofò Gerard, -  Quindi smettila coi tuoi giochetti da tredicenne. - 
- Stai zitto, che cazzo. Io Lindsey ce l'avrò in mezzo alle palle per tutta la mia vita perchè hai deciso di prometterle di amarla per sempre. Non so quanto ti ci vorrà a realizzare cosa stai causando, ma spero davvero che tu non venga a piangere sulla mia spalla quando capirai. - 
Gerard sospirò.
- Ah, e hai intenzione di sbuffare quando la metterai incinta e della tua piccola dolce bugia entrerà a far parte un figlio? Non riuscirai a sostenere una cosa del genere. Smettila di metterti nei guai. Non sto parlando in alcun modo di me, sto solo cercando di farti capire, va bene? - 
- Ascolta, tu hai i tuoi motivi per stare insieme a Jamia e io ho i miei per stare insieme a Lindsey, d'accordo? Puoi anche smetterla di aggredirmi. - 
- Non capisci. -
- No, tu non capisci. Non ti ho chiesto consigli, né opinioni, né motivi per cui litigare. Smettila di incazzarti con me. Sembriamo una coppia sposata in crisi. - 
Frank strinse le labbra e si alzò dal divano. 
Gerard allungò istintivamente una mano per trattenerlo ma la ritirò in fretta prima che Frank, voltandosi, se ne accorgesse. 
- Ne ho avuto abbastanza. Saranno due anni che litighiamo sulla stessa cazzo di cosa. - esclamò Frank, molto ma molto vicino all'urlare. 
Gerard si soffiò il naso: - Sai, è colpa tua se adesso ho la febbre. -
- E quindi? Vuoi un pompino? - chiese in tono acido.
Gerard finse di non notarlo e si strinse nelle spalle quando invece si sarebbe alzato e lo avrebbe schiaffeggiato per venti lunghi secondi.
Frank tornò a voltarsi, irrequieto, guardandosi nervosamente intorno  prima di esordire con la risata più sarcastica dell'ultimo mese: - Guardaci! Nascosti in un autobus a litigare con delle barrette dietetiche che sanno di vagina e una proposta di matrimonio che ti pende sulla testa. Che gran bel momento. -
Gerard ripose il fazzoletto sporco arricciando il naso: - Se smetti di fare caso a tutto ciò che ti circonda non c'è nulla che non vada. -  
- E con questo che vuoi dire? -
- Esattamente quello che ho detto. Rilassati. - 
- Vuoi quel pompino, vero? - tirò a indovinare.
Gerard rise: - No. -
Frank sospirò e spostò il fazzoletto sporco per sedersi sul tavolino di fronte a Gerard. Si prese il viso fra le mani e lo fissò negli occhi tramite le fessure lasciate dalle dita: - Mi mandi fuori di testa. - 
Accennò un sorriso e l'afferrò per i polsi: - E dai... - . Gli portò le mani dietro il proprio collo e lo prese in braccio, - Sei ingrassato? - chiese sorridendo mentre lo portava sul divano più spazioso.
- Io non ingrasso, è solo il mio cuore che diventa più grande. - 
- Questa è la mia nuova frase preferita. - decise con una risata lasciandolo scendere. Tirò le tende dei finestrini sopra il divano. 
- Sei serio? - chiese Frank, seguendo ogni suo movimento.
- Sì. - 
- Jamia e Christa potrebbero tornare da un momento all'altro. - 
- E io potrei morire da un momento all'altro. -
- C'è qualche probabilità in più che- -
Lo zittì con un bacio e diede un batticinque alla patta dei jeans di Frank facendolo sobbalzare vistosamente: - E in ogni caso, dove vuoi andare messo così? - 
- Fanculo. - concluse Frank prima di sbottonarsi i pantaloni.

Gerard si soffiava continuamente il naso e Frank controllava al finestrino se Jamia stesse arrivando. Era snervante.
- Che hai intenzione di fare quando arriverà? - chiese Gerard appallottolando con una smorfia il fazzoletto, - Nascondermi nel ripostiglio insieme a Dewie? - 
- Ma smettila. - lo zittì insolentemente. 
- Ti preferivo quando facevamo sesso. - si lamentò Gerard, - Almeno eri educato. Dicevi "per favore", "ti prego"- -
Frank lo colpì ridacchiando: - Dai. - . Tirò su col naso e lanciò un'occhiata accusatoria a Gerard prendendo un fazzoletto per soffiarselo. 
Gerard si strinse nelle spalle: - E' un circolo vizioso. - . Non aveva intenzione di scusarsi per uno stupido raffreddore dopo aver passato ventiquattro ore infernali a fare proposte di matrimonio con trentotto gradi di temperatura gentilmente donati da Frank che non avevano fatto altro che fottergli largamente l'organismo e complicargli ulteriormente la vita.
Frank spalancò gli occhi e arrossì all'improvviso.
- Che c'è? - chiese Gerard. 
Frank si tolse il fazzoletto dal naso e Gerard si coprì la bocca sorpreso prima di riuscire a scoppiare fragorosamente a ridere: Frank si era soffiato il naso con il fazzoletto con il quale Gerard si era precedentemente pulito. 
- Perchè cazzo non l'hai buttato via? - chiese Frank, furioso. 
Gerard non rispose e continuò a ridere.
In tutta risposta, Frank gli passò il fazzoletto sui capelli.
- No! - esclamò Gerard cercando di tenergli ferma la mano afferrandolo per il polso. Ma il danno ormai era fatto. Cercò di togliersi un po' del liquido dai capelli e di spalmarlo in faccia a Frank, come se quello sul naso non fosse bastato.
Frank lo allontanò ridendo suo malgrado: - Che merda, smettila. - 
Sentirono delle voci avvicinarsi e spalancarono gli occhi. Sbiancarono entrambi. Saltarono letteralmente giù dal divano.
Frank corse al lavandino della cucina e Gerard in bagno. Dopo una decina di secondi, il più piccolo corse a sua volta in bagno per asciugarsi la faccia con l'asciugamano.
- Sono ancora sporco? - chiese affannato strattonando Gerard per la spalla.
Nel voltarsi a guardarlo, gli entrò dello shampoo negli occhi: - Oh, cazzo. - bisbigliò risciacquandoseli, - Guardati a quella merda di specchio. - 
- Ah, giusto. - 
Jamia e Christa ormai erano salite. 
- Che succede? - . Jamia.
- Piccola, eccomi. - disse Frank uscendo in fretta dal bagno.
- Che c'è? - ripeté a bassa voce lei. 
- Niente, Gerard si sta lavando i capelli. - 
Sentì il rumore umidiccio del loro bacio. Continuò a lavarsi i capelli con gli occhi che bruciavano serrati. E cercò di non ridere a pensare che erano stati a poco così dal farsi beccare con della sborra in faccia e fra i capelli. Se li risciacquò in fretta e prese un altro asciugamano per asciugarseli. Pensò a quanto Christa doveva sentirsi a disagio con i due fidanzatini di merda e senza Ray, quindi si costrinse ad andare di là da loro. 
Le salutò continuando ad asciugarsi i capelli con l'asciugamano e si sedette accanto a Christa, che era sul serio adorabile. Non come Jamia. 
- Hai gli occhi rossi, tutto bene? - gli chiese Christa.
- Sì, mi è entrato dello shampoo negli occhi. - . Guardò per sbaglio Frank e cercò di non scoppiare a ridere e pensò che era pallido come un lenzuolo. Sporco di sborra. 
Accese la tv e lasciò scegliere a Christa cosa vedere, intanto si sarebbe addormentato  nel giro di qualche minuto. 
Quando gli altri tornarono e lo svegliarono si vestì in fretta, salì nel taxi insieme a loro e rispose ai messaggi di Lindsey. Una volta riposto il cellulare si mise a pensare e pensò che aveva l'impressione di essere ammalato da mesi interi. Poi si sistemò i capelli alla cieca con le dita, ancora immerso nei suoi pensieri stagnanti. 
Si era dimenticato di prendere un'altra aspirina e ora si sentiva in un sogno, circondato da quattro pareti illusorie su cui erano dipinte le facce dei suoi amici e le strade fuori dai finestrini. 
Al manager bastarono quaranta secondi di conversazione con Gerard per decidere di andare a comprargli una confezione di aspirine nella farmacia più vicina.
Aspettò che Brian tornasse e poi si sedette fuori dal camerino di Frank con una lattina di Coca Cola in grembo e un'altra chiusa sul pavimento accanto a lui.
Frank aprì la porta e lo guardò sorpreso: - Ehi. - 
- Stavi andando da Jamia? - 
- No, stavo andando da te. - . 
Si guardarono con un mezzo sorriso. La perfetta sintesi di tutto. 
Frank si aprì la lattina di Coca Cola e si sedette al suo posto accanto a Gerard. 
- Hai preso le aspirine che Brian è andato a comprarti? - chiese lanciandogli un'occhiata.
- Sì. Avrei dovuto portarmele dietro dall'hotel... - 
- A volte hai carenze di astuzia. - 
- Grazie tante. - 
- Non ci posso ancora credere che mi stavo soffiando il naso in un fazzoletto pieno della tua sborra. -
Gerard scoppiò a ridere e quasi gli andò di traverso la Coca Cola.
- Questa è l'ultima volta che non butti via i fazzoletti dopo averli usati. Io li butto sempre via. - 
- Pensi che potrei vendere uno dei miei fazzoletti su eBay? - 
- Li comperei solo io per farteli mangiare mentre dormi. - 
Gerard gli soffiò un bacio nonostante fossero solo a mezzo metro l'uno d'altro e ritirò le gambe per far passare un gruppo di tecnici. 
- Sei davvero incredibile. - borbottò Frank. 
Gerard appoggiò la testa al muro e si voltò a guardarlo: - Domani sera vieni da me? -
- Che hai in serbo questa volta, un'intera vasca di liquido seminale? - 
- Senti, non era pianificato, okay? - esclamò ridendo di nuovo.
- Sì, certo. So quanto può essere stronzo il tuo subconscio. -
- Certo. A che ora va via Jamia? - 
Frank allungò un braccio fino ad accarezzargli i capelli: - Tu pensa a guarire. -, disse con un sorriso.
- La mia voglia di guarire dipende dalla tua risposta. - 
- Ha un aereo alle nove da Philadelphia. - confessò in un sussurro.
- Nove di mattina? -
- Sì. - . Si alzò in piedi appoggiando una mano al muro e finì di bere la lattina di Coca Cola in un unico sorso. Gettò la lattina in un cestino e si esibì in un sonoro rutto prima di abbassarsi sulle ginocchia di fronte a Gerard, - Ma intanto tu sei un uomo sposato, giusto? - bisbigliò prima di baciargli le labbra e dedicargli il sorriso più beffardo della storia del mondo prima di andarsene.
Gerard non aveva parola per esprimere quanto lo detestava.

Stava facendo un'intervista al telefono quando vide Jamia baciare Frank e prendere quel stramaledetto taxi che l'avrebbe levata definitivamente dalle palle per un po'. Si sentì così felice che scoppiò semplicemente a ridere sotto lo sguardo perplesso di Frank, a quindici metri da lui. 
- Scusi? - domandò confusamente la voce del giornalista. Gli sembrava di ricordare che si chiamasse James. 
Gerard rimase in silenzio per un secondo, chiedendosi se avrebbe incluso quella risata nell'intervista: - No, niente. - lo liquidò in fretta. Non aveva intenzione di raccontargli la verità, né di perdere tempo a inventarsi una stronzata. Doveva risparmiare le forze per la prossima volta che si sarebbe messo nei guai con Lindsey.
Osservò Frank ritornare sui suoi passi con le mani affondate nelle tasche della felpa e si appoggiò alla fiancata dell'autobus. Trattenne un sospiro per educazione, costringendosi a continuare ad ascoltare il ragazzo e a non distrarsi. Era stanco di raccontare la storia del paziente. Porca troia, doveva essere letteralmente la quarantaduesima volta che perdeva un minuto della sua vita a raccontare le solite vecchie cazzate. Il che voleva dire che aveva già perso quasi un'ora della sua vita ad accostare le solite tre frasi base per raccontare ciò che era già abbastanza evidente se solo James avesse mosso quella merda di culo e avesse perso venti secondi a cercarla su Google o se si fosse anche solo degnato ad ascoltare quel cazzo di album, che magari nemmeno gli avrebbe fatto schifo. 
Frank lo sentì iniziare a raccontare la storia del paziente e scoppiò a ridere, consapevole dell'ultima schiera di imprecazioni che erano passate per la mente di Gerard, che gli fece il dito medio e si voltò dall'altra parte per evitare di ridacchiare di nuovo al telefono. 
Concluse pazientemente l'intervista e riattaccò con un sospiro immenso che al suo interno racchiudeva i tre trattenuti negli ultimi cinque minuti. 
Si accese una sigaretta con quella merda di accendino imbarazzante.
- Fra un'ora e mezza abbiamo un servizio fotografico. - disse Frank, attirando l'attenzione di Gerard e portandolo a voltarsi verso di lui.
- Davvero? - 
Frank prese un fazzoletto e se lo chiuse attorno al naso per soffiarselo. Guardò il contenuto del fazzoletto e arricciò il naso ripiegandolo. Guardò Gerard, - E' pieno così di muco. - 
- Non mi interessa. - 
- Quanto ti prenderei a schiaffi. -
- Tu e il tuo bacio della morte mi avete fatto passare una serata di merda all'insegna dei trentotto gradi. Dopo questa, dovresti evitare di rinfacciarmi cazzate per almeno due mesi. - 
Frank infilò il fazzoletto sporco nella tasca della propria felpa e si abbracciò le ginocchia facendo un respiro profondo: - Scusa se sono insistente e ti insulto a non finire ma mi sento davvero perso dall'altro ieri. So che non mi puoi capire, ma mi sento triste. -
- No, lo so. Non devi scusarti. Però ho il diritto di incazzarmi, sai. -
- Sì, lo so, ma ad essere onesti non c'entro davvero nu- - 
- No, Frank, è che anch'io mi sento triste. - . Si voltò per soffiare il fumo lontano dal viso di Frank. Contrasse gli angoli delle labbra fissando l'asfalto. Gli veniva un po' da piangere, e le labbra gli tremavano. Fece un respiro profondo e buttò la sigaretta a terra.
Frank si alzò in piedi e lo strinse fra le proprie braccia. Ed ebbero il buon senso di non dirsi assolutamente nulla.

Fissò allo specchio la parrucchiera che gli stava sistemando i capelli. Abbassò in fretta lo sguardo quando la ragazza si spostò e si mise di fronte a lui. Tenne lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia, percependo i continui cambiamenti di temperatura corporea man mano che passava in rassegna i ricordi. Se avesse fisicamente potuto, avrebbe sbriciolato fra due dita quella parte di cervello in cui il viso di Eliza si ostinava a persistere. Era come se Eliza non esistesse più al di fuori della sua mente. Aveva amato così tanto il suo viso che ora nemmeno lo ricordava con precisione. 
Scacciò i pensieri cercando di non muoversi fisicamente. Gli venne in mente quella volta che Frank gli aveva tinto i capelli di nero. La lotta nella doccia sfociata in un bacio e poi in un paio di insulti. Ricordò come si era sentito confuso ma come avesse preferito comportarsi da stronzo. Improvvisamente, rivide Frank totalmente fradicio con le lacrime agli occhi e lo risentì chiedergli "Come posso lasciarti stare?". 
A distanza di mesi, anni, non poteva credere che fosse esistito un tempo in cui a un certo punto riusciva a rifiutare il contatto fisico di Frank. Non aveva idea di come ci fosse riuscito per tutta la durata della relazione con Eliza. Si chiese se l'avesse amata più di quanto stesse amando Lindsey adesso, se fosse quella la semplice spiegazione di tutto. Okay, non aveva mai lasciato totalmente perdere Frank, ma, sinceramente, da quando stava insieme a Lindsey non faceva altro che assalirlo non appena erano soli. Forse anche quando a Frank non andava, se mai fosse esistito un momento del genere. Mentre quando era stato insieme ad Eliza era sempre successo l'esatto contrario. Tranne a quel compleanno di Frank, ma ehi, si erano messi d'accordo sul fatto che quello era stato solo un regalo (a entrambi). 
- Ho fatto. Ti piace o cambio qualcosa? - chiese gentilmente la ragazza spostandosi per permettergli di guardarsi allo specchio. Gli aveva accorciato un po' i capelli sui lati e spinti all'indietro con della lacca, - No, vanno benissimo. Grazie. -, aggiunse con un veloce sorriso prima di alzarsi. 
Guardò allo specchio la propria camicia elegante con la cravatta. Sembrava si stesse per sposare. Sentì l'ansia propagarsi nel petto e nello stomaco come un fiume di sangue bollente. 
Uscì dalla stanza e vagò per il corridoio sfiorando con un polpastrello gelido la superficie ruvida del muro. 
Brian lo fermò: - Ehi, gli altri sono già di là. Stai bene? - 
- Sì. -
- Sei pallido. -
- No, sto bene. - . Si chiese per quanto tempo avrebbe continuato così. 

Vennero superati dal solito gruppo di adolescenti alcolizzati ed entrambi scossero la testa in silenzio.
- Oh, cereali. - esclamò Frank facendo uno scatto in avanti, - Quanti pacchi dovrei prendere? - . Domanda retorica. Più che altro, a volte parlava ad alta voce da solo. 
- Frank, stai di nuovo esagerando... - esordì Gerard guardando i quattro pacchi di cereali che stringeva fra le braccia. 
- Non è vero. - negò stringendoli gelosamente, - Tu non prendi niente? - 
Gerard osservò come la luce si rifletteva sul suo viso e sulle sue occhiaie: - No. - 
- Sei a dieta? - chiese impilando due confezioni di Pop-Tarts in cima a uno dei pacchi di cereali. 
- No. -
- Guarda, ci sono i Frankenberry. - 
- E va bene, al diavolo. - disse prendendone due pacchi. 
- Ehi, mi aiuti a portare tutta sta roba? Devo prendere anche il latte alla mandorla. -
- Cristo, Frank, ti serve davvero tutta quella roba? Nemmeno abbiamo il microonde in hotel. - disse accennando con un gesto del mento alle due confezioni di Pop-Tarts.
- Questi sono per domani, li mangiamo in autobus. - spiegò spalancando gli occhi di fronte alla resistenza di Gerard, - Per piacere, mi prendi i cereali? - chiese porgendoli con l'aiuto della schiena arcuata che spingeva la pancia all'infuori. Sembrava quasi incinta. 
Gerard sospirò e li accolse fra le proprie braccia per poi inseguire Frank fino al reparto latticini. 
Mentre lo guardava scegliere il latte ricordò quando avevano litigato in un supermercato chissà dove per colpa di Lindsey. Ricordò anche di avergli preso il latte di soia dopo che se n'era uscito furioso... e poi erano andati insieme in hotel, dagli altri, a guardare film di Tim Burton e poi a collassare in gruppo sulla vasca da bagno. Si chiese se fosse la giornata mondiale del ricordo sparti-culo o se era solo il problema del giorno con il quale avrebbe avuto a che fare finché non sarebbe scoccata la mezzanotte (che, a dire il vero, era già scoccata da trentotto minuti). 
Frank si decise ad afferrare un cartone di latte alla mandorla e poi si voltò a guardare Gerard con un sorriso melenso, stringendolo fra le dita tatuate: - Fatto. - 
Andarono alla cassa a pagare e aspettarono un taxi fuori dal supermercato. 
Venti minuti dopo erano già sul letto con la televisione accesa e le coperte piene di cereali.
- Frank, quel tuo metodo di mangiare cereali a manate non mi sembra il massimo. - borbottò Gerard scrollando l'ennesimo cereale dalla coperta. 
- Di che ti preoccupi? - chiese.
- Beh, non voglio ritrovarmi un cereale nel culo mentre dormo. - 
Frank deglutì l'ultimo boccone di cereali: - Non parlavo di questo. - . I suoi occhi erano così seri da fare paura. 
Gerard si cinse le ginocchia e guardò la televisione pensando a cosa dire prima di voltarsi di nuovo in direzione di Frank: - Ho ripensato ad alcune cose. - 
- Che vuoi dire? - 
- Non vorresti sentirle. - disse scuotendo la testa con un sorriso amareggiato. 
Frank gli colpì insistentemente una spalla: - Dai. - 
- No, davvero. Non mi va di parlarne. - 
Frank esalò un sospiro e si appoggiò con la testa alla sua spalla: - Che palle, non fanno un cazzo in tv. - brontolò, cambiando continuamente canale, - Andiamo nel tourbus a mangiare Pop-Tarts? - implorò.
- Non abbiamo le chiavi dell'autobus. - gli fece notare sistemandogli i capelli con le dita. 
L'altro sbuffò sollevando gli occhi al soffitto: - Che palle. E se cerchiamo l'autista? - 
- No, ho sonno. - 
Frank gli tirò una guancia afferrandola fra il pollice e l'indice: - Sei vecchio. - 
Gerard gli scompigliò di nuovo i capelli: - No. -
- Sì. - 
- Hai ragione. - ammise tristemente.
Frank sorrise avvicinando il suo viso al proprio: - No. - . Lo baciò. Si sollevò sulle ginocchia e si appoggiò con gli avambracci alle sue spalle. Gli tenne il mento sollevato con una mano per continuare a baciarlo finchè Gerard sorridendo lo allontanò involontariamente. 
- Sai di zucchero e coloranti. - disse arricciando il naso. 
- Lucky Charms. - si strinse nelle spalle Frank, appoggiandosi di nuovo al materasso. 
- Come fa ad essere legale quell'ammasso di merda colorata? - 
- Hanno i marshmallows, sono buoni. - disse immergendo una mano nel sacchetto di cereali. Si svuotò in bocca la manata e prese a masticare intensamente cercando nel frattempo il cartone di latte, - L'hai assaggiato? - chiese con la bocca perlopiù piena. 
- No. - 
- E' buonissimo. -
- Lo dici anche del latte di soia. - disse con una smorfia disgustata scuotendo la testa.
- No. - si limitò a farfugliare Frank passandogli il cartone dopo aver mandato definitivamente giù i cereali con un sorso di latte. 
Gerard bevve dal cartone mentre Frank sorridendo iniziava a raccontare di quando Mikey aveva svuotato mezza bottiglia di latte in un sacchetto di cereali mezzo vuoto e poi se l'era calato in gola interamente nel giro di un minuto. 
Si distesero a letto e Frank impostò la riproduzione casuale sul cellulare e se lo appoggiò sulle costole e ascoltarono per un po' la musica in silenzio. 
Gerard aveva avuto l'impressione di non aver ascoltato nulla e disegnato niente per troppo tempo. Questo lo rendeva un po' triste e un po' felice. E adorava fare una delle sue due cose preferite con la sua persona preferita. E il latte era pure buono, e i Lucky Charms sulla lingua di Frank avevano un buon sapore. E i ricordi non avevano più importanza.





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Capitolo 11
*** Leave out all the rest ***


 
EHILA'????????? STO MIGLIORANDO??? Sono passati 29 giorni credo, grandi progressi (avevo scritto gandi, che ridere)
Lascio perdere che sto ascoltando gli smiths e mi viene da piangere, grazie mille a chi sta ancora seguendo sta cosa brutta brutta, e grazie (senza mille!!!!!!!!!!) a chi ha avuto cazzi di seguirla per un po' e ora si dedica a cose socialmente utili ciaociaoooooo
Per la cronaca, da qualche parte cito Lime Tree dei Bright Eyes, mi sarei sentita in colpa se non l'avessi precisato (???)
vabbè spero non faccia schifo cieoiocieoie
lazybonnnes 
 




 
11. Leave out all the rest


Non sapeva bene perchè fossero andati in un ristorante elegante dal momento in cui entrambi detestavano e venivano detestati da posti del genere.
- Gerard, siamo troppo emo per stare qui. - borbottò a testa bassa Lindsey, raccogliendo una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio. 
Gerard rise nervosamente lanciandosi un'occhiata intorno. Sembravano tutti sulla quarantina e, in ogni caso, quelli che avrebbero dovuto abbassare l'età media si comportavano a loro volta come quarantenni, quindi la sensazione era quella di essere finiti alla cena di una riunione sindacale o qualcosa del genere. Fra l'altro, bevevano vino. Con la pizza. Gerard non pensava che esistesse gente così: - Ormai ci siamo dentro, tanto vale fingersi gente di classe. -, mormorò. 
Lindsey vide il cameriere avvicinarsi: - Oddio, dici che posso ordinare una birra? - 
- Certo. -
- No, non è vero, prendiamo dell'acqua fr- -
- No! Prendiamo birra. - 
- N- -. Si zittì in fretta in tempo per non farsi sentire dal cameriere, che si fermò di fronte al loro tavolo con un blocchetto in mano.
Gerard ordinò in fretta una pizza alla diavola, una con le patatine fritte e due birre grandi ancor prima che Lindsey facesse in tempo a riaprire la bocca. 
- Classe un cazzo.- commentò a bassa voce Lindsey non appena il cameriere si allontanò.
Gerard sorrise e Lindsey infilò le dita fra le sue. 
- Mi fanno male i piedi. - bisbigliò. 
- Ti avevo detto di non metterti quelle scarpe di merda. - le rinfacciò Gerard.
- E quando mai dovrei mettere le scarpe col tacco se non in occasioni come queste? - chiese spazientita.
- Io ho le mie Converse nere e non rimpiango nulla. - obbiettò sistemandosi distrattamente i capelli.
- Sì, ma non sei una ragazza. - 
- Sì, ma tu sei la mia ragazza. Sono Gerard Way, non Michael Bublé, non devi vestirti elegante. - 
- Beh, guarda dove cazzo mi hai portata. - sbottò accennando alla candela in centro al tavolo.
- Eri raggiante quando te l'avevo proposto. - 
- Sono una ragazza, è ovvio che ricevere inviti romantici dal proprio ragazzo mi faccia andare fuori di testa. - . Gli lasciò la mano e prese uno specchietto per controllarsi le labbra.
- Il rossetto è a posto. - la rassicurò in tono annoiato Gerard.
Lindsey ripose lo specchietto nella borsa, mise un gomito sul tavolo e appoggiò il mento sulla base della mano.
- Credo che tu stia sfidando il galateo. -
- Ah, la cosa del gomito? Pensavo valesse solo per quando mangi. -
- Beh, non mi interessa. Dopo andiamo in un locale di quelli sporchi per compensare, okay? -
Lindsey sorrise: - Okay, basta che non sia un night club. -
- Garantito. - 
- Sta sera che fanno gli altri? - 
- Credo siano rimasti in hotel a fare gli sfigati. - 
- Cioè? -
- Staranno guardando un film, oppure giocando a Call Of Duty, oppure sono nelle loro stanze singole a scrutare il muro e le interazioni di Twitter a intervalli regolari. Roba così. - concluse con un'alzata di spalle.
Lindsey sorrise: - Beh, magari se dopo andiamo da qualche parte potresti chiamare anche loro. -
- No, non se ne parla, ce ne stiamo da soli. -. Più che altro, non avrebbe mai fatto una cosa del genere a Frank. Avrebbe vomitato sangue e bile nel giro di mezz'ora. 
- Come vuoi. - si strinse nelle spalle Lindsey.
Arrivarono le birre e ringraziarono impacciatamente.
- Che cazzo, stanno bevendo tutti vino. - sussurrò Lindsey abbassandosi appena sul tavolo per guardarsi velocemente intorno. 
- Fingi di non averlo notato e cerca di non ubriacarti. - . Gerard bevve un lungo sorso e fissando la tovaglia bordeaux iniziò a pensare a tutto quanto. Pensò che aveva fame, troppo poco tempo, che non disegnava più da Natale o qualcosa del genere e che dovevano decidere la data del matrimonio. Nemmeno aveva ancora capito che era coinvolto in prima persona e che non lo stava organizzando ad un amico. Era tutto ancora troppo surreale.
Sollevò lo sguardo dalle clavicole bianche di Lindsey, che spiccavano così tanto quella sera che aveva i capelli raccolti dietro la testa. E incontrò il suo sguardo interrogativo. Sorrise: - Sei bellissima. - 
- Grazie. Ci ho messo cinque minuti a truccarmi. - aggiunse fieramente con un veloce movimento di sopracciglia. 
- Pensi che se la prossima volta che usciamo insieme mi trucco anch'io raggiungeremo la parità dei sessi? -
- Oppure potrei fare a meno di depilarmi. - disse facendo spallucce, - Come Frida Kahlo. -
Gerard arricciò il naso: - Mh. - 
- O forse penseresti di stare baciando Frank. - disse con una lieve smorfia dispiaciuta. 
Rimediò alla gola improvvisamente bloccata con un semplice sorriso. 

Faceva freddo. Lindsey si era ubriacata prima che Gerard potesse iniziare a darci dentro con i cocktail quindi finì per rivestire il ruolo di quello sobrio dei due. Avevano passato a malapena un'ora nel locale, il tempo necessario per far sfiorare a Lindsey il coma etilico. 
- Ti fanno male i piedi? - chiese Gerard sostenendola con un braccio attorno ai fianchi.
- Non sento più nulla. - lo rassicurò a voce un po' troppo alta. 
- Chiamo un taxi, okay? -
- No. - 
- Che altro vuoi fare qui? Fa freddo, ti verrà la bronchite o qualcosa del genere. - 
- Alle puttane il mal di gola. - confermò sollevando la borsetta come per fare un brindisi.
Gerard scoppiò a ridere abbassandole il braccio: - Ma no, non sei una puttana.-
- Le puttane hanno sempre il mal di gola. - borbottò Lindsey prima di sbadigliare. Infilò un braccio dietro al collo di Gerard e roteò attorno ad esso fino ad appoggiarsi al suo petto e baciarlo, - Pensi ancora che io sia bella? -
- Certo. - 
Lindsey si allontanò e scosse la testa, rassegnata. Si sedette a terra, lì dov'era.
- Che fai? - le chiese Gerard.
- Aspetto un taxi. - 
- Certo... - borbottò. 
- Ehi, mica mi si vedono le mutande se sto cosi? Non sia mai che passando qualcuno pensi che io sia una prostituta o qualcosa del genere... -
- No, stai tranquilla, non si vede niente. - . Si voltò in direzione della strada, scrutando fra le macchine che stavano passando alla ricerca di un taxi.
- Ho cambiato idea, mi aiuti a venire lì da te? - 
Gerard la afferrò per le mani e la aiutò ad alzarsi in piedi. 
Lindsey si strinse contro i suoi fianchi: - Era da un po' che non mi ubriacavo, sai perchè? -
Gerard scosse la testa.
- Perchè tendo ad essere troia e non voglio fare la troia con nessun'altro che te. Per sempre. Mi hai sentito? Sempresempresempre. - ripeté molleggiando la testa.  
Gerard sorrise e la baciò. 
- Sai che mi piacciono davvero i tuoi capelli. Non lo dico mai per dire, lo intendo sul serio. E mi piacciono le tue narici e tutta l'aria che ci passa dentro e ti tiene in vita. Grazie, narici. - 
Scoppiò a ridere.
- E anche i tuoi denti piccoli. E le tue labbra. -
- E i miei occhi? -
- Nah. - . Ridacchiò e gli prese le mani, - Però mi piacciono le tue dita. Sai cosa? La tua faccia sta avendo davvero un bel periodo, voglio che tu lo sappia... e poi ti amo. Così tanto che se quando vivremo insieme vorrai comprare un pappagallo te lo permetterò anche se i pennuti sono quello che c'è di più orrendo al mondo. Però non potrei mai sopportare che tu non sia mio. Va bene? -
Il sorriso di Gerard si affievolì e decise di premere le labbra contro il suo collo: - Lo so. - mormorò riempiendola di baci. 
- Gerard, andiamo in hotel. - mugolò passando le dita fra i suoi capelli fino alla nuca.
- Se mi lasciassi degnare di uno sguardo i taxi... - disse in tono di rimprovero voltandola in modo da poter controllare la strada da oltre la sua spalla.
- Potevo controllarli anch'io. - si lamentò lei mordendogli un orecchio.  
- Non sei credibile. - 
- Sono incredibile. - 
- Quanto sei stupida. - le disse in tono affettuoso prima di allontanarla e prenderle la mano, - Guarda, un taxi. - . Sollevò una mano per attirare l'attenzione del tassista e poi aiutò Lindsey a salire senza andare a sbattere con la testa o cadere da qualche parte. 
Passò il viaggio a tenerle la mano e ridacchiare insieme all'autista per i suoi lunghi discorsi sul gran bel sindaco che quella città si meritava.
Alla fine pagò l'autista il doppio solo perchè gli stava simpatico e aveva generosamente dato corda a Lindsey e la portò in braccio attraverso la hall guadagnandosi i sospiri sognanti delle ragazze alla reception fino all'ascensore, dove Lindsey lo molestò più di quanto avrebbe fatto Frank. 
Si fecero la doccia insieme con ovvie conclusioni prima ancora dello shampoo, e tornarono a letto stanchi e svuotati. 
Gerard pensò che si fosse già addormentata quando invece la sentì parlare.
- Non mi baci mai. - 
Smise di accarezzarle un braccio. Non era sicuro di aver capito bene: - Cosa? -, sussurrò.
- Ti bacio sempre io, tu non mi baci mai. - mormorò lei.
- Non è ve- -
- Mi hai baciata forse quattro volte da quando stiamo insieme, e se lo fai è per zittirmi. Non ti piaccio sul serio. - 
Gerard si spostò costringendola a sollevare il viso dal suo petto: - Ma lo vuoi capire che ti amo? -
Lindsey strinse le labbra prima di inziare a singhiozzare. Gerard si sentì abbastanza disorientato, ma immaginò che in quei casi avrebbe dovuto abbracciarla, quindi la strinse a se mentre lei continuava a singhiozzare: - Sei strana, Lyn. -, mormorò contro i suoi capelli. Solo venti minuti dopo scoprì che era in pre-ciclo.

Andare in Europa era un po' come scappare a gambe lavate da Lindsey. Si sentiva in colpa e ora che sapeva che Lindsey era paranoica quanto lui e Frank messi insieme avrebbe voluto tagliarsi la gola per aver messo in una situazione di merda una ragazza come lei.
Una cosa che si sentiva dentro era che, una volta tornato dall'Europa, si sarebbero sposati. Soprattutto perchè al prossimo tour, il Projekt Revolution, avrebbero preso parte anche i Mindless Self Indulgence. Avevano già parlato di come avrebbero voluto che il loro matrimonio fosse. Non avevano intenzione di andarsene in chiesa o cazzate, e questo migliorava infinitamente le cose perchè sinceramente Gerard non voleva vedersela con sua madre. Ad essere onesti, era abbastanza sicuro che quella scelta di rendere il matrimonio il più informale possibile fosse dettata dall'insicurezza di fondo, e ancora stava a chiedersi che cazzo ci facesse al mondo uno come lui con una come lei in un mondo come quello con un lavoro del genere e un migliore amico del genere. Non avrebbe mai pensato di finire così incasinato.
Inoltre, aveva il terrore che a Lindsey, ormai, ci sarebbero voluti più o meno cinque anni prima di dubitare del suo amore per Gerard. Perchè un giorno si sarebbe accorta che si meritava di più, giusto? Gerard era disposto a presentarle tutti i ragazzi carini delle band di supporto, e in estremis pure le loro ragazze. Non sapeva bene quale occhiata dedicare ai suoi prossimi dieci anni di inferno, ma già la sentiva inumidita di lacrime e a malapena il suo cuore avrebbe retto fino al giorno dopo, figurarsi che gli sarebbe successo al matrimonio. Un ictus. 
- Gerard, stai bene? - . Frank con il mal di gola aveva una voce ancora più roca e omosessuale. 
Gerard respirò a fondo fissando lo schienale del sedile di fronte al suo sul quale era fissato una specie di piccolo televisore. 
- Ehi. - insistette spostandosi appena per girarsi a guardarlo, - Stai avendo un attacco di panico? - .
Più che altro era un attacco di vita, bambam, perchè il suo cervello era ancora funzionante? Avrebbe voluto essere una pianta e vivere in funzione della fotosintesi clorofilliana e basta, niente umani, niente pensieri, niente di niente, solo le foglie e il sole e l'ossigeno. Non chiedeva altro. 
- Devi vomitare? - 
Gerard prese la bottiglietta d'acqua e svitò in fretta il tappo di plastica. Nemmeno si sentiva più le dita. Bevve un sorso. Deglutì ed esalò un altro respiro profondo. 
Frank gli prese una mano gelida.
Gerard si voltò a guardarlo e poi guardò le loro dita. I tatuaggi di Frank spuntare sotto le sue dita bianche. Guardò le proprie unghie mangiate e pensò che un uomo era morto perchè se le era mangiate troppo. Gerard nemmeno si accorgeva di mangiarsele. Ora gli veniva davvero da vomitare. Si coprì il viso con la mano libera facendo del suo meglio per pensare a cose sterili e pulite che non gli facessero venire voglia di svuotarsi lo stomaco in bocca. 
Frank aveva rinunciato a cercare di parlargli e lo stava guardando come se si aspettasse che all'improvviso si trasformasse in un Pokémon leggendario. 
Quando smise di sentirsi lo stomaco sottosopra riprese a osservare fuori dal finestrino nient'altro che le nuvole. Tirò fuori il Cosmopolitan dalla borsa: - Test? -
Frank scoppiò a ridere: - Non ci posso credere. Pensavo stessi- -
- Già, ma è inutile soffermarsi sui problemi, giusto? - 
Frank lo guardò sorridendo, con quell'espressione assorta che il suo viso assumeva quando si metteva a riflettere su chi stava guardando.
- Sono una nuova persona, Frank. - dichiarò aprendo il Cosmopolitan all'indice.
- A me non sembra. - disse accennando con un gesto alla rivista.
- Vediamo le star più hot. - borbottò Gerard cercando la pagina, - Guarda, Jared Leto. -
- Che cazzate. - disse Frank prendendogli il giornale di mano. Lo sfogliò in fretta e poi lo buttò a terra.
- Ehi, l'ho pagato. -  
Frank prese il suo zaino e tirò fuori il primo libro di Harry Potter: - Leggi questo. -
- Devi smetterla di costringermi a leggere Harry Potter, sul serio... - mormorò aprendolo.
Gli lasciò un bacio sulla guancia. 
- Ho fame. - 
- Chiamala tu la hostess, io ho già fatto abbastanza figure di merda. - 
- Che hai fatto? - chiese richiudendo il libro. 
- Sono andato in bagno con Bob e mi era venuto in mente di lanciargli la carta igienica addosso e la porta si è aperta e ci hanno visti tutti. - 
- Quanto sei infantile. - 
- Invecchio ma non cresco. - 
- Scusi? - disse Gerard sporgendosi oltre Frank per richiamare l'attenzione della hostess, - Vorrei due pacchetti di Skittles. - 
La hostess farfugliò qualcosa e andò a portarglieli. Doveva essere il suo primo giorno di lavoro o il suo primo giorno al mondo o qualcosa del genere. 
- Come stai? - domandò Frank, guardando Gerard sgranocchiare i confetti.
Gerard scrollò le spalle: - Ti riferisci a prima? -
- Mi riferisco all'andamento dei tuoi ultimi dieci anni di vita. - 
- Beh, questo è complicato. - disse scuotendo appena il sacchetto per rimescolarlo. 
- Oggi come stai? - 
- Sembri uno psichiatra. - osservò riponendo il sacchetto. Non aveva più fame, davvero, - Sono preoccupato. Jamia verrà a trovarti mentre siamo in Europa? Mi chiedo se Lindsey lo farà. - 
- No, stiamo lì solo venti giorni. -
- "Solo venti giorni" dovrebbero essere tanti per due innamorati. - 
Frank sollevò le sopracciglia con un sospiro affranto. 
- Penso che ci sposeremo quando torniamo. - disse in un sussurro Gerard. 
- Non avete deciso una data? -
- No. -
- Vi sposate in chiesa? -
- No. -
- Dove cazzo vi sposate? - 
- Non lo so, Frank. - sbuffò, - Non stressarmi. -
- Ma allora non è nemmeno un matrimonio... è tipo giurin giurello. - 
- Credimi, varrà un peletto di più di un cazzo di giurin giurello. - borbottò guardandolo in cagnesco. 
Rimasero in silenzio, un pochetto incazzati. 
Frank sospirò e prese a snodare le cuffiette del cellulare:  - Con la storia del matrimonio credo che Jamia non sospetti più nulla... - 
- Già, lo davi per scontato anche prima. - disse accigliato Gerard.
- Scusa se non siamo tutti bravi attori come te. - replicò acidamente l'altro. 
- Da cosa credi l'abbia capito, in particolare? -
- Sinceramente, non ne ho idea. Non credo ci abbia mai visti insieme, altrimenti a quest'ora sarei già single- -
- Ne sei sicuro? -
- Sì. Non è quel tipo di persona che perdona cose del genere, quindi al massimo credo che pensi che abbiamo un rapporto strano. Il fatto è che non ne abbiamo mai parlato, lei nemmeno sa che io so. - 
- Mh. Lindsey è la più sveglia delle due, allora. -
- Avete litigato di nuovo? -
- Non è che abbiamo litigato, è stato peggio. Ha pianto. -
- Cazzo. -
- Non fingere che ti dispiaccia. - borbottò incrociando le braccia al petto prima di rivolgere il viso di nuovo al finestrino. Capì dal silenzio di Frank il grado di perplessità in cui si trovava.
- Io non ho parole. - mormorò infine infilandosi le cuffie nelle orecchie. Gerard lo sentì da lì dov'era iniziare ad ascoltare il primo cd dei Green Day. 1990. Forse per ripensare ai tempi in cui non sapeva ancora dell'esistenza di Gerard.

Quando tornò nel taxi espresse in un sospiro quanto esattamente ne avesse avuto abbastanza di sentire intervistatori parlargli in spagnolo. Rispose a un messaggio di Lindsey e ricevette subito dopo un messaggio da Bob che gli diceva che si erano buttati in piscina. Gerard sollevò lo sguardo dal cellulare, prese un morso di brownie e guardò fuori dal finestrino un gruppo di tredicenni passare, totalmente ubriachi alle cinque del pomeriggio. Poi sollevò l'orlo della propria maglietta e controllò quanto si era lasciato andare negli ultimi anni e con un sospiro smise di mangiare il brownie che si era comprato dieci minuti prima, confidando sul fatto che le sue diete di mezz'ora funzionassero. In hotel scoprì di non aver alcun tipo di costume da bagno in valigia, motivo per cui chiamò affannato Ray, l'uomo con un piano, che gli imprestò il costume di ricambio che si era portato dietro. 
Li raggiunse in piscina e capì tre cose. Il sole da quelle parti tramontava alle otto e mezza; Ray doveva avercelo molto più grosso di Gerard a giudicare da quanto gli stava grande il suo costume e, infine, stava passando quello che era approssimativamente il suo ultimo mese da celibe a cercare rogne da Frank. Quattro birre dopo, comunque, non ci fece più caso. 

- Intendo dire che non abbiamo ancora molto tempo... - borbottò prima di appoggiarsi frontalmente al muro. La testa gli scoppiava. Non era stata una buona idea affrontare un concerto in post-sbronza, davvero. Bob gli aveva praticamente spaccato il cranio direttamente dai timpani. 
- Perchè, con il matrimonio non ci frequenteremo più? - . Il verbo frequentarsi era davvero un verbo strano. Soprattutto in quel contesto, soprattutto se pronunciato da quelle labbra. 
Gerard si inginocchiò di fronte al muro sfregandosi significativamente la fronte e uno zigomo e infine cadde disteso a terra. Voltò la testa indietro fino a riuscire a riavere Frank nel proprio campo visivo, anche se ora lo stava guardando al contrario. Si sentiva i bulbi oculari così rovesciati che era sicuro che il prossimo passo sarebbe stato guardarsi dentro la testa. Quand'era piccolo aveva visto un ragazzo rovesciarli del tutto, ma ripensandoci non poteva essere fisicamente possibile e poteva anche darsi che quello si trovasse solo a quel punto strano dell'adolescenza in cui Satana ti possiede e ci ridi e bevi su: - Certo che no. - disse prima di serrare gli occhi e strizzarli. 
Frank si distese sul pavimento al suo fianco e si passò distrattamente una mano sulle costole, fissando il soffitto.
- E' che sarà diverso. - continuò a bassa voce Gerard, fissando il suo profilo, - Ci sentiremo diversi. - 
Frank sorrise. Uno dei suoi sorrisi tristi: - Ci sentiremo male. E continuerà ad andare avanti così, sempre peggio. Arriverà il primo mese di matrimonio, e poi il primo anno, e poi il primo figlio e non finirà mai. Ora come ora non credo che sarò in grado di darci un taglio, ma spero davvero di farcela, in un modo o nell'altro. Con le buone o con le cattive. Magari mi innamorerò di qualcuno che ricambierà e ti dimenticherò. -
Si sentiva il petto così sinceramente aperto che non si sarebbe meravigliato nel sentire una sirena di una qualche ambulanza suonare sarcasticamente. Si girò su un fianco e afferrò Frank per il bacino spingendolo a fare lo stesso. Posò una mano dietro il suo orecchio, fra i suoi capelli morbidi. Fissò attentamente ogni singolo centimetro del suo viso: - Non voglio che questo finisca. - 
Frank gli tirò uno schiaffo. 
Gli mancava una gamba rotta e si sarebbe sentito al culmine del dolore fisico. Come se il mal di testa non fosse già stato abbastanza. 
- Vuoi avere tutto e non vuoi mai scegliere un cazzo. Prendi le patatine e successivamente i pasticcini. Vai a letto con una ragazza e subito dopo vai a letto con un ragazzo. Scegli l'alter ego e dopo richiedi la vecchia band indietro. Non ti fai mai mancare un cazzo. -
Gerard continuò a reggersi la guancia esprimendo in gemiti il suo dolore costante a intervalli regolari.
Frank lo afferrò per la maglia e con uno strattone lo fece sedere: - Cazzo, ti amo. Devi smetterla. - esordì esasperato prima di baciarlo. Non specificò bene cosa doveva smettere di fare, ma Gerard aveva qualche possibile risposta in mente ma troppi baci ancora da dargli per fermarsi sul serio a pensare. 
Frank si sedette sulle sue cosce e nel passare le dita fra i suoi capelli gli graffiò la nuca, sistemando tutto con le sue labbra che erano come morfina: - E poi lo sai che ti perdono sempre, non è giusto... - sussurrò con rabbia.
Gerard lo costrinse a stare zitto riprendendo a baciarlo con il forte e disperato desiderio che Frank non reagisse provocandogli altro dolore fisico. 
- Frank, sei mio... e dev'essere davvero scoraggiante. - aggiunse Gerard, fissandolo negli occhi con le costole che a ogni affrettato respiro si infilavano fra quelle di Frank come dita intrecciate, - Ma per molti sorprendenti versi anch'io sono tuo, non devi preoccuparti. -
Frank sorrise di fronte agli occhi sbarrati di Gerard.
- La merda schizza da entrambe le parti, non sto scherzando. - continuò Gerard, accennando un sorriso perchè a volte al posto della faccia aveva uno specchio che rifletteva tutto ciò che il viso di Frank lasciava trapelare. 
- Che intendi per merda? -
- I sentimenti. - lasciò la frase nell'aria, a creare un po' di casini. Prima di ricevere un altro schiaffo si sfilò la maglietta, ma lo ricevette comunque insieme ad approssimativamente due miliardi di baci, tutti completamente diversi.

Avrebbe per sempre ricordato l'Europa per l'ansia che si sentiva addosso, per il punk celtico che si sparavano nei viaggi fra una città e l'altra e le nottate sveglio a ridere con gli altri o a letto a mormorare con Frank. Fu una merda, ma fu anche bellissimo. 
Aveva la casella dei messaggi bombardata da Lindsey e Mike Shinoda e non aveva mai avuto così tanta paura di tornare in America.
L'ultima notte passata a Londra lui e Frank nemmeno dormirono. Guardarono tre film e piansero due volte. Una per il finale di The Notebook e l'altra perchè si erano fermati a pensare a come stavano messi.
A Heathrow temette di svenire per davvero. 
Si fermò solo di fronte a Lindsey, a pensare a come il tempo passava in fretta mentre Frank, a quindici metri da lui, implorava Jamia al telefono di venire in tour con loro.
Con un pollice contava le costole di Lindsey e le ore che aveva passato a dormire negli ultimi due giorni. Cinque. E la ascoltava sussurrare. 
- C'è questa donna, nello staff... si chiama Annie. - 
Si voltò in cerca dei suoi occhi. Si chiese come facesse Lindsey a non accorgersi di quanto si stesse trascinando in mezzo a quel pesante malessere. 
- E' un ministro ordinato. -
Gerard rimase in silenzio a fissarla. Si sentiva le orecchie fischiare. Doveva avere gli occhi totalmente neri per quanto si sforzasse di guardarla in mezzo al buio: - Che cazzo significa? - sussurrò. 
Lindsey sorrise e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, come faceva sempre: - Può sposarci. - 
Si accorse di averle chiesto di sposarlo ma di non avere una fede nuziale. Quell'impressione di aver dimenticato qualcosa che lo aveva assalito negli ultimi vent'anni doveva riferirsi sicuramente a quello. C'era da immaginarselo, che uno come Gerard Way sarebbe stato in grado di finire al proprio matrimonio senza essersi procurato delle cazzo di fedi nuziali.
Mentre Lindsey era in bagno a pisciare (aveva notato che le scappava la pipì quasi sempre quando avevano finito) rotolò sul letto, forse alla ricerca di un qualche senso da dare alla propria vita. Cominciò a chiedersi affannosamente quando cazzo l'avrebbe trovato il tempo per le fedi nuziali- e se si sarebbero addirittura sposati la sera stessa, alla prima data del tour. Pensò a modi per convincerla che era meglio sposarsi l'ultimo giorno. Pensò a cosa era fisicamente disposto a fare per procrastinare il più possibile l'intera faccenda. 
Alla fine, quella sera, si addormentò ancora in vesti celibi. Il giorno dopo costrinse Alicia a portare Lindsey a fare shopping nell'altra parte della città mentre lui andava in gioielleria con Mikey mentre Ray, Bob e Frank se ne restavano barricati nel tourbus a giocare a videogiochi (si era ripromesso di non coinvolgere più Frank nei regali per le sue ragazze ancora dai tempi di Eliza). 
Quando uscì dalla gioielleria si sentì definitivamente morto. Cercò di convincersi che nulla sarebbe cambiato. Che un certificato di matrimonio in fin dei conti non certificava proprio un cazzo. Che era abbastanza forte da riuscire a sostenere una cosa del genere. Che per una volta non avrebbe fatto l'egoista e invece di aspettarsi cose buone dagli altri le avrebbe date lui stesso. Aveva passato troppo tempo a considerare nient'altro che se stesso, era ora di chiudere quel capitolo. Era un adulto. Aveva ventinove anni- c'era chi a quell'età aveva già un figlio a cui insegnare le buone maniere, non poteva permettersi più alcun tipo di bambinata. 
Quindi tornò in hotel con nella tasca interna della giacca le fedi nuziali che sembravano scottare e nel petto la pesante consapevolezza che di morto in lui c'era solo la sua adolescenza, che avrebbe dovuto lasciare andare molti anni prima. 
Portò Lindsey a cena fuori e quella volta bevvero vino e uscirono sobri e si limitarono a passeggiare mano nella mano sotto i lampioni e la troposfera. E si illuse di essere pronto ad accettare il futuro. 

Quando nel voltarsi incontrò gli occhi di Frank capì immediatamente che aveva intenzione di fare. Continuò a cantare, cercando di dissuaderlo telepaticamente dall'idea di creare un gran bel casino.
Lo guardò salire sull'amplificatore sul quale si era appoggiato con un piede e piazzarsi di fronte a lui. Nel guardarlo negli occhi si chiese cosa lo avesse portato a incazzarsi così tanto. Spaventato dalle ragazze dietro di lui che urlavano e dalle luci che continuavano a lampeggiare insieme alla batteria di Bob, lo guardò scacciare la chitarra spingendola dietro la sua schiena e infine lasciarsi cadere su di lui stringendolo in un abbraccio. L'abbraccio si trasformò in una spinta, alla quale Gerard rispose afferrandolo per le braccia e allontanandolo. Non aveva idea di che cazzo stesse passando per la mente di Frank, ma non c'era alcun modo che si mettesse ad assecondarlo, non quella sera, non con Lindsey che li guardava dal lato del palco. Sapeva chiaramente che Frank l'aveva fatto per indispettirla, e sapeva altrettanto bene che se quella sera ci fosse stata Jamia sarebbe rimasto nel suo lato del palco a suonare e basta. 
Frank oppose resistenza e Gerard gli assestò un ultimo spintone che lo fece cadere a terra. Nemmeno si sentì dispiaciuto. 
Si voltò in fretta in direzione di dove doveva trovarsi Lindsey ma era così incazzato che non vide proprio un cazzo. Afferrò nervosamente la bottiglia, sotto lo sguardo basito di Ray e Bob, e infine scaraventò anche quella a terra in direzione di Frank, che si era rialzato esattamente come se nulla fosse accaduto. Nemmeno si voltò a guardarlo.
Gerard decise di comportarsi allo stesso modo e riprese a rivolgere l'attenzione al pubblico, che stava ancora urlando. Gli urlò di rimando prima che Ray riprendesse a suonare inducendo Gerard a cantare automaticamente la prossima canzone. 
Quando finì il concerto agì molto rapidamente. Controllò che Lindsey non fosse né nella zona a lato del palco né nel suo camerino ad aspettarlo, dopodiché aggrappò Frank e lo sbatté dentro il proprio camerino.
- Che cazzo ti è preso? - chiese esasperato. Non si sentiva più molto incazzato. Però un po' sì. 
- Pensavo che ti piacesse fare finta di niente! - rispose urlando. Lui doveva essere incazzato da due ore buone, nella stessa misura. 
- Che cavolo stai dicendo? - . Sì, si sentiva abbastanza confuso da aver detto "cavolo", - E abbassa la voce, Lindsey potrebbe- -
- Taci! - sbraitò ancora più forte. Gerard si immaginava canzoni in cui avrebbe potuto incanalare la voce roca di Frank in uno scream di quelli sporchi e imprecisi, - Perchè non mi hai detto della data? Pensi che tenermi all'oscuro di tutto risolva qualcosa? -
- Quale data? - domandò, facendo del suo meglio per esternare lo smarrimento.
- Dio mio, quanto sei patetico. - sbottò Frank voltandosi in direzione dello specchio prima di dedicare un sospiro al proprio riflesso.
Gerard rimase in silenzio prima di provare a indovinare: - M- matrimonio? -
- E' ovvio. - rispose acidamente l'altro allontanandosi per sedersi sul bancone vicino ai trucchi di Gerard. 
- Cosa? La data del matrimonio? - rimise freneticamente insieme i pezzi.
- Sì- -
- Ma non abbiamo deciso una data. - 
- Sì che l'avete decisa. - . Era un'altra di quelle volte in cui avrebbe voluto schiaffeggiare appassionatamente Frank.
- No. - scandì per bene. 
Frank scese dal bancone e si avvicinò esageratamente a Gerard: - L'ultima. Data. Del tour. - 
- Cosa? - balbettò.
- Me l'ha detto Jamia. Gliel'ha detto Lindsey, non Babbo Natale. - 
- Lindsey non me ne ha nemmeno parlato, Jamia spara stronzate- - 
Frank lo colpì: - Non parlare così di lei. Sei tu che spari stronzate tutto il tempo. E ti odio. -
- Pensi che stia recitando? - gli domandò indicandosi con un gesto frettoloso. 
- Me l'avresti detto? - chiese invece. 
- Certo che te l'avrei detto. Che senso avrebbe nascondertelo? - 
- Non lo so- cazzo, mi sento così stupido. - 
Gerard lo afferrò per i capelli e lo baciò sulle labbra: - Lo sei. - . Non si sentiva per niente di buon umore, più pensava a Lindsey più si sentiva immerso nell'ansia, - Adesso come minimo fingi di essere ubriaco perchè- - abbassò la voce e gli sibilò all'orecchio, - Non ti sarebbe dovuto importare. Già abbiamo rischiato grosso, non avresti dovuto farlo. - . Si separò da lui di qualche centimetro per potergli guardare il viso, - Dio, come li crei i casini tu non lo fa nessuno. -
- Lo fai tu. - 
Fece un mezzo sorriso e lo baciò di nuovo prima di uscire dal camerino. Cercò Lindsey per i corridoi cercando di togliersi Frank dalla testa. La trovò che beveva birra con la fidanzata di Brian. 
- Ehi, tesoro, mi faccio la doccia e dopo facciamo quello che vuoi. - le disse in fretta prima di stamparle un bacio sulle labbra (visto che "non la baciava mai").
Lindsey non sembrava aver preso troppo bene il concerto. O forse era giù di morale per altri motivi e nemmeno li stava guardando quando era successo il tutto. Si limitò ad annuire e ad accennare un sorrisetto a Gerard. In genere, quando era incazzata con lui, nemmeno si sforzava di sorridere quindi la situazione era migliore di quanto si aspettasse.
Andò a lavarsi velocemente e Frank entrò nelle docce poco dopo ma nemmeno si guardarono. 
Tornò da Lindsey sperando che desiderasse dormire quanto lui. La prese per mano e uscirono insieme a prendere un taxi.
- Tutto bene? - le chiese Gerard alzando il cappuccio della felpa per non farsi venire il mal di testa dato che aveva i capelli ancora umidi. 
- Sì, e tu? -
Sbarrò gli occhi. Stava utilizzando quella tattica sottile in grado di dargli abbastanza libero arbitrio da riempirsi di merda da solo senza aiuti esterni: - Sì, mh, Frank era un po' ubriaco- comunque sta sera è stato bello, mi sono divertito, nel senso che il pubblico era- buono. -
Lindsey corrugò la fronte e annuì intensamente sembrando una giornalista fintamente interessata: - Cos'è successo? -
- Non ci hai visti? -
- No. -
- Mi è saltato addosso e mi ha spaventato, prima ne abbiamo parlato ed era chiaramente ubriaco ma va tutto bene, avevo reagito un po' male però- in qualche modo mi sento in colpa. -
- Sono sicura che ti perdonerà. - lo tranquillizzò appoggiando la testa alla sua spalla.
- Ti amo. - sussurrò fissando l'asfalto mentre posava la guancia sui suoi capelli.
- Anch'io. Pensi di voler approfittare di Annie? -
- Per sposarci? -
- Sì. -
- Sì. Sarà figo. - aggiunse annuendo con un sorriso. 
Lindsey tirò un sospiro felice scoprendo i denti in un sorriso emozionato: - Non vedo l'ora. - 
Gerard le circondò la vita con le braccia e la baciò. Quando si scostò Lindsey gli accarezzò il viso.
- Comunque vi ho visti. Volevo solo accertarmi che fossi ancora dell'idea di amarmi. -

Ultima data. Fede nuziale al dito. Dita intrecciate. 
Pronunciò la promessa, calibrando un sorriso nella speranza che il soffitto crollasse. Con il pubblico lì fuori che cantava Leave Out All The Rest. Con Ray alle sue spalle. Con Lindsey forzata dentro il suo petto. Con la promessa che lei stava ripetendo ad alta voce. 
E poi il bacio, e gli applausi assordanti che anche Frank, dal suo camerino, avrebbe sentito.
Avrebbe voluto gettare l'anello a terra e scappare e si chiese se lo volesse davvero o se fosse solo uno di quei momenti in cui la tua mente, per istinto, viene attratta dalla scelta più forte e sconvolgente che potresti fare in quel momento. Come quando ti affacci dal decimo piano e vorresti buttarti giù anche se hai avuto una bella giornata. 
E Lindsey quella sera aveva il sorriso più grande e bello del mondo, e Gerard non riusciva a sopportare di averglielo regalato con una bugia e non con la verità. 
Sorrise e parlò come fanno gli attori per tutta la notte, ed era pronto a giurare che se quella notte fosse durata solo un'ora in più avrebbe totalmente ceduto. 
Al risveglio, guardò la fede nuziale al suo dito così attonito che gli occhi quasi gli scivolarono fuori dalla faccia. Svegliò Lindsey sussurrandole all'orecchio il suo nuovo cognome e lei lo guardò con quei suoi occhi brillanti prima di baciarlo. In fin dei conti, non era nemmeno da tutti sposarsi con Chester Bennington che ti canta Leave Out All The Rest, anche se non era stato del tutto intenzionale. 
- Dormito bene? - chiese Lindsey mentre Gerard si faceva da parte per lasciarla raccogliersi i capelli con un elastico.
Lo sguardo di Gerard si posò sulla fede di Lindsey. Capì che non c'era più via di ritorno. Che era arrivato a quel preciso punto irreversibile. 
La lasciò baciarlo e svestirlo e ignorò la chiamata che aveva ricevuto con una risata agghiacciante quando era già dentro di lei. 
Nel rivestirsi decisero di fare colazioni fuori da qualche parte a Denver. Usciti dalla stanza d'hotel incontrarono Ray.
- Perchè cazzo non rispondi al telefono? - chiese a Gerard.
- Che succede? - 
Ray abbassò la voce: - Il nonno di Frank è morto. - 
- Cosa? - sussurrò. Le sue dita scivolarono via da quelle di Lindsey.
- Ha avuto un infarto due ore fa. Frank è nella stanza 385, dobbiamo andare da lui. - 
Gerard si voltò a guardare Lindsey, in cerca di una qualche indicazione su cosa fare. 
- Le altre ragazze sono giù nella hall. - le suggerì Ray, - Se vuoi- -
- Sì, certo. - annuì in fretta lei prima di posare un leggero bacio sulle labbra di Gerard, - Ci vediamo dopo. - 
Ray trascinò Gerard via prima che potessero aggiungere altro. 
- Tu e quella merda di cellulare. - borbottò Ray in tono di rimprovero.
- Stavamo facendo sesso. - farfugliò disperatamente Gerard, in tono di scuse. 
- Eravamo tutti lì, sono dovuto uscire a cercarti. - continuò a rovinargli la vita. 
- Mi dispiace. - esclamò esasperato, - Mi dispiace. - 
Ray non aggiunse altro e rimase in silenzio finché non aprì la porta 385 rivelando a Gerard il piccolo gruppo di persone strette attorno al letto oppure sedute sul materasso accanto a Frank, che aveva gli occhi arrossati e stava ripiegando il fazzoletto su cui doveva essersi soffiato il naso. 
Gerard non sapeva da dove iniziare per descrivere quanto si sentiva male. 
Frank si accorse della sua presenza e riprese a piangere prima che Gerard si decidesse ad abbracciarlo piegandosi sulle ginocchia. Non poteva nemmeno immaginare come si sentisse fra la sera prima e la notizia di quella mattina. Davvero non poteva.
Con il mento ancora posato sulla spalla di Frank, incontrò gli occhi lucidi di Mikey. Si chiese cosa pensasse di lui. Cosa stesse pensando Brian, cosa stesse pensando Bob, cosa stesse pensando Steve, cosa stesse pensando Jimmy, cosa stesse pensando... beh, sapeva già quanto stava esattamente sul cazzo a Ray.
Si sentiva un mostro. Si sentiva in colpa. La fede al dito gli faceva formicolare l'intera mano. Non avrebbe dovuto rovinare ulteriormente la vita di nessuno, non avrebbe mai dovuto illuderlo, non avrebbe mai dovuto lasciarlo legarsi a lui, perchè in un giorno come quello sarebbe stato per un quarto più semplice rimettere i pezzi a posto . Non c'era nemmeno Jamia con lui. E abbracciarlo non stava facendo altro che ricordargli quanto si era sentito deluso, solo e abbandonato la notte prima. Il tutto sommato alla perdita del nonno paterno, quello a cui Frank era più legato in assoluto. Gerard lo avrebbe sul serio drogato se gli fosse stato anche solo un po' d'aiuto per superare la cosa, ma immaginò che in fin dei conti quella era una delle idee peggiori che avesse mai avuto quindi scartò anche quella soluzione, arrivando alla conclusione che di soluzioni non ce n'erano e che in quei casi quattro ore di sano pianto erano tutto quello che puoi concederti nell'attesa che il tempo ti risistemi. 
Sciolse l'abbraccio quando sentì Frank allentare la presa e se ne andò lontano, accanto a Mikey, dove sarebbe dovuto stare da sempre. 
Frank rispose a una chiamata. Era sua madre. Le disse che aveva l'aereo alle undici e che sarebbe tornato a casa per cena, e quando riattaccò buttò i pochi vestiti che aveva sul letto nella valigia e la richiuse con l'aiuto di Brian. 
Uscirono tutti dalla stanza e attesero fuori che Frank andasse in bagno a darsi una sistemata. 
- Va subito in aereoporto? - chiese Gerard a bassa voce, guardando mortificato Brian. Si sentiva come doveva sentirsi il cane di sua zia quella volta che aveva cagato liquido su tre divani più il muro. 
- Sì. Lo accompagniamo io e Mikey. -
- Posso venire? -
Brian sorrise sarcasticamente: - Non credo sia una buona idea. E poi ti sei sposato ieri sera, dovresti passare un po' di tempo con tua moglie, no? -
Gerard rimase in silenzio. E si trattenne dal rispondergli male. Lindsey non c'entrava proprio un cazzo in quel momento, nominarla era servito solo a ricordare a Gerard quanto avesse fatto male a Frank. A volte Brian si comportava di merda. 
Aspettarono in silenzio che Frank uscisse dalla stanza, tutti intenti a fissare allo stesso modo la regione di pavimento oltre i loro piedi. Quando finalmente ricomparve con il viso di tre toni più pallido rispetto a prima e gli occhi molto meno arrossati presero tutti a parlare sommessamente nell'accompagnarlo al piano terra. 
Rimasero in disparte a guardarlo mentre si lasciava abbracciare dalle ragazze e quando Gerard vide Lindsey abbracciarlo pregò tutti i dei esistenti che non lo facesse stare male. Calcolò il movimento minimo del braccio di Frank che ricambiava impercettibilmente l'abbraccio esattamente come aveva fatto con tutte le altre e capì che forse in quel momento non gliene fregava proprio un cazzo di Lindsey. E andava bene così.
Aspettò il taxi che avrebbe portato Frank in aereoporto insieme a lui, Brian, Mikey, Ray e Bob. 
Osservò Frank di nascosto. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. Gli occhi si riempivano e poi si asciugavano di nuovo, e avanti così. 
Arrivò il taxi e Ray e Bob lo abbracciarono un'ultima volta. Gerard si avvicinò e lo cinse forte per qualche secondo prima di lasciarlo salire sul taxi con Brian e Mikey senza che nemmeno i loro occhi si incontrassero. Il modo in cui la portiera si chiuse di colpo gli fratumò il petto in mille pezzi. 

Due giorni dopo ripresero tutti e cinque insieme l'ultimo mese di tour. 
Frank non sembrava stare molto meglio e Lindsey lo aspettava a Los Angeles. Lindsey. Sua moglie. 
Ogni concerto sembrava l'ultimo, e Gerard non poteva pensare di lasciare il palco per più di una settimana. Per mesi interi. Conoscendo il tempo che ci mettevano a muovere il culo e incidere canzoni, sarebbe stata letteralmente questione di anni. Chiuso in casa con Lindsey. Si sentiva ancora più emotivamente instabile di quanto si era sentito in Europa. 
Gli unici che sembravano accettare serenamente la fine di quell'ultimo tour erano Bob, Ray e Mikey; per non parlare di Brian, che era elettrizzato all'idea di non beccare più le occhiatacce di Gerard per mesi interi. Frank... beh, era Frank. Anche se era così giù di morale che a malapena parlava e spostava lo sguardo dal pavimento.
Gerard non aveva più il coraggio di baciarlo. Non dopo quello che aveva fatto. 
E Frank non aveva più il coraggio di cercarlo. 
Quindi se ne restavano bloccati negli studi televisivi, sul palco, in autobus, in taxi, a guardarsi senza fare e dire assolutamente nulla. A perdere tempo, a costringersi a stare male. 
E ogni volta Gerard resistiva all'impulso di chiedergli spiegazioni. Perchè non gli sarebbe dovuto interessare.
Ma alla fine di un soundcheck trovò un pretesto e più di tutto il coraggio, mentre Ray, Bob e Mikey andavano a prendere da bere. Si avvicinò a Frank, che era seduto sull'orlo del palco con le gambe a penzoloni e la chitarra sulle cosce. 
- Come stai? - 
- Non credo di essermi mai sentito peggio. - 
Non si aspettava così tanta onestà. E ancora, nemmeno aveva potuto guardarlo negli occhi. 
- E posso esserti d'aiuto in qualche modo? - chiese fissandolo ossessivamente. 
- A essere realisti, non proprio. - mormorò con quel tono incolore.
- Se ti va possiamo smettere di essere realisti per qualche ora. - 
- Queste sì che sono le parole di un uomo sposato. - 
Gerard sospirò appena guardando l'arena vuota: - Frank, lo sai che non ci sono linee nette. - 
- E io rientro in quelle tratteggiate. - 
- Non generalizzare. - . Tornò a guardargli il viso mentre Frank continuava a fissare l'ombra delle proprie scarpe oltre il palco, - Ti faccio stare bene. Hai bisogno di stare bene. Quindi dobbiamo stare insieme. - concluse prendendogli la mano, - Non sei costretto a eliminarmi. C'è sempre l'amicizia e cose così, in fondo a volte facciamo gran bei discorsi. Cose che fanno ridere. Siamo molto di più di quel che credi. Non siamo costretti a fare cose da gente che sta insieme. Mi sta bene così. A grandi linee. - 
Frank si voltò e lo guardò per la prima volta in una settimana intera negli occhi: - Ti manco? -
- Sì. - . Cercò di non crollare o di reagire in maniera imbarazzante all'emozione di riavere le sue pupille un po' dilatate puntate sul serio addosso. 
- L'altro ieri ho deciso che non accetterò più monosillabi da te. - borbottò tornando a fissare il pavimento.
- Eravamo abituati a un certo tipo di cose, mi sento mutilato. - aggiunse allora, attendendo impazientemente la prossima occhiata di Frank. 
- Non ci vedremo per qualcosa come tre mesi. -
- Lo so. - 
Frank strinse le labbra e Gerard capì che stava per piangere.
Sorrise e infilò le dita fra le sue portando la sua mano sulla propria coscia: - Ehi, ma dopo ci rivedremo. - 
Frank scoppiò in lacrime voltandosi nella direzione opposta per nascondere il viso da Gerard. Gli mollò pure la mano per coprirselo.
Gerard gli sfilò la tracolla della chitarra e la tolse dalle gambe di Frank per posarla a terra al suo fianco. Si inginocchiò alle sue spalle e gli cinse le costole. Da lì non poteva vedere il viso di Frank, e sapeva che questo lo confortava. 
- Dai. - gli sussurrò all'orecchio prima di baciargli la nuca, - Che ti prende? - 
- Non puoi- -, si interruppe per soffiarsi il naso. Non era mai una buona idea piangere con il raffreddore, - Non puoi comportarti così. Almeno fai schifo prima di andartene. -
- Eh? - balbettò Gerard.
Frank si voltò senza nemmeno asciugarsi le guance dalle lacrime: - Non essere così meraviglioso o mi mancherai troppo. - 
Gerard lo guardò negli occhi e si morse un labbro nel sentirli bruciare: - Non dire così. Sai, forse stare lontani ci farà bene. Siamo stati troppo- -
- A te, forse. Gli unici momenti in cui sto male è quando non ci sei. Non venirmi a raccontare che starò bene. Cioè, che cazzata, in realtà mi fai stare male anche quando ci sei, ma immagino che mi ostini a lottare per le false speranze che mi dai e- e che ne so, e magari anche per la bella visuale, che cazzo vuoi che ti dica. - 
- Reagisci troppo negativamente. Devi essere positivo. -
- A volte mi sembri una merda di hippy. - 
- Beh, era quello che volevi, no? - 
- Eh? -
- Farti schifo. -
Frank posò il mento ossuto sulla sua spalla: - Se solo sapessi quanto ti amo. Nemmeno un matrimonio è riuscito a cambiare qualcosa. - 
Il formicolio alla mano si stava trasmettendo dappertutto. Sulle sue braccia. Sulle sue guance. 
Si chiese di quanti anni avesse bisogno per accettare la situazione in cui era finito. 
Di quel passo gli sarebbe venuto un tumore, e nei giornali avrebbero scritto brevi articoli con spiritosi titoli che alludevano al concept dell'ultimo album e un paio di stronzi in giro per il mondo avrebbero riso di lui e questo gli faceva venire voglia di ridere istericamente oppure di strapparsi via la pelle. 
Quattro ore dopo, cercando su Google se era veramente possibile schiattare per lo stress, gli venne in mente il modo più semplice e patetico per scaricarlo e si chiese da dove avrebbe dovuto iniziare per trovare uno spacciatore a Chicago. Forse Bob ne conosceva qualcuno. Ma non aveva davvero voglia di farci una figura di merda. Sospirò e si chiese se ci fosse una minima possibilità che trovasse per caso un po' di erba da qualche parte in valigia, ma era davvero improbabile. Venne tentato dal chiamare Mitch, ma pensò che non sarebbe stato così stronzo da fargli attraversare più di mille chilometri solo per tre grammi di erba. O forse sì.
- Mitch? - azzardò quando agli squilli si sostituì uno strano silenzio.
- Ehiii oooh. - rispose un coro di almeno cinque persone. 
- Cosa? - chiese Gerard ridendo.
- Abbiamo ordinato la pizza con i peperoni. - sentì la voce di Mitch, un po' troppo vicina al microfono. Il fatto che stesse cercando di parlare con un accento italiano rendeva il tutto uno spasso, - E Chris ieri ha comprato un cane nuovo e non siamo sicuri sul nome da dargli, pensavamo Melchiorre oppure un nome russo. Come sta Frank? Siamo andati al funerale ed era uno straccio. -
- Sta un po' meglio, ma non sta nemmeno bene. - 
- E tu come stai? - 
- Sto- be-? Uhm, sai, mi sono- aspetta, ma con chi sei? -
- Con Chris. -
- E gli altri? -
- Quali altri? Ti ho detto che sono con Chris. -
- Mi sembrava di- in due fate davvero così tanto casino? -
- Quale casino? Siamo educati. -
- Cazzo, Mitch, mi sono sposato e ho bisogno di erba. - . Svuotare l'intero sacco in una frase era decisamente meglio di perdersi in futili subordinate.
Sentì un rumore strano dall'altra parte del telefono e poi un coro di "wooo".
- Cos'è successo? -
- Mi è caduto il telefono- -
- Ma chi hai sposato? - intervenne Chris, praticamente urlando. 
Gerard inarcò un sopracciglio per la domanda stupida: - Lindsey. - 
- Ma Dio mio, che cazzo, non l'avevi nemmeno presentata ai tuoi. - 
Gerard sbiancò: - Cazzo, hai ragione. Un attimo. Siamo nel 2007. La società sta cambiando, okay? Siamo proiettati nel futuro, la moglie è mia, non ho bisogno dell'approvazione dei miei, giusto? -
Chris e Mitch, nel New Jersey, rimasero in silenzio per qualche secondo.
- Sì ma che cazzo, Gerard... - mormorò Mitch, - Nemmeno io farei una cosa del genere... - 
- Oh, smettetela, voglio solo un po' di erba, non consigli. -
- Io ti consiglio di non drogarti. - intervenne Chris.
- Ma siccome non vuoi consigli, ti diamo tutta l'erba che vuoi. - terminò per lui Mitch, e Gerard li ascoltò sghignazzare insieme. Erano dei completi coglioni.
- Ma dove ti trovi? - domandò Chris.
- Chicago. Mi chiedevo se per qualche assurdo motivo conosciate qualcuno della zona. - 
- Quanto tempo stai lì? - cambiò domanda Mitch.
- Uhm, fino a dopodomani. - rispose.
- Bene, allora veniamo lì e ti troviamo qualcosa noi. -
- Portiamo anche Melchiorre. - annunciò Chris.
- Hai deciso di chiamarlo Melchiorre? - gli mormorò Mitch. Era incredibile come riuscissero a farsi i cazzi propri anche al telefono con Gerard. 
- Sì, credo sia fantastico. -
- Lo è. Gerard, adesso saliamo in macchina- aspetta, che ora è? -
- Le dieci. - rispose Mitch. 
- Aspetta, Gerard, c'è fuso orario diverso? -
- Sì, uhm, dovremmo essere un'ora indietro qua a Chicago. -
- Perfetto, guadagnamo tempo. Allora io direi che dormiamo due ore e poi veniamo lì, mandaci un messaggio così sappiamo dove cercarti. Sarà divertente. -
Gerard sorrise: - Ragazzi, sul serio, non vi ho chiesto nulla del genere- -
- No, ehi, non ci senti? Sarà divertente. -
- E' impegnativo. - obiettò. 
- Stai zitto, ti sei appena sposato e sei già un vecchiaccio di merda senza spirito di avventura. - 
Scoppiò a ridere: - Grazie. - 
- Ci becchiamo fra mezza giornata, buonanotte. - lo salutarono prima di riattaccare.
Gerard ripose il cellulare e fissando l'ora sul display calcolò che sarebbero dovuti arrivare nello spazio di tempo che andava dall'alba alle otto di mattina. 
Guardando la piazza del letto vuota si chiese quando Frank sarebbe tornato dall'intervista, perchè davvero cominciava ad avere sonno. 
Dopo quasi un'ora davanti alla tv accesa la porta si aprì svegliandolo da quel sottile coma in cui era finito. Si strinse dentro il pigiama da scheletro, confortato dal fatto che Frank fosse tornato. 
- Non serviva che mi aspettassi sveglio. - borbottò Frank, guardando sbrigativamente il viso di Gerard o forse solo le sue occhiaie. 
- Domani Mitch e Chris vengono a trovarci. -
- Come mai? - 
Gerard sbadigliò producendo un rumore strano con la gola. Strinse le labbra, disgustato da se stesso, mentre Frank ridacchiava: - Erba. -, rispose infine. 
- Per chi? Per noi? -
Gerard scrollò le spalle: - Sì. - 
Frank sospirò ma non disse nulla per rifiutarla. Si sfilò le scarpe e i vestiti e si mise una felpa di quelle da coglione daltonico che non avrebbe mai indossato in pubblico prima di distendersi a pancia in giù accanto a Gerard. 
- Portano anche il nuovo cane di Chris. L'hanno chiamato Melchiorre. -
Frank sghignazzò: - Non ci posso credere. - . Si girò sulla schiena e si fermò a guardare il soffitto, - Porca troia, ho bisogno di piangere. -
Gerard corrugò la fronte, sconcertato dall'improvviso cambio di toni. Si arrampicò sulle coperte e si appoggiò sul suo petto. Gli baciò la punta del naso: - Non pensarci. Domani avremo l'erba. -
- Non fa alcuna differenza. Sento di essere nel periodo più brutto di tutti anche se so che non è affatto così e che un giorno mi succederà di peggio, ma qui e adesso mi sento male ed è tutto ciò di cui mi importa, tutto ciò a cui riesco a pensare. E nulla può cambiarlo. Nè due grammi di erba, nè i tuoi consigli. Quindi davvero, basta cazzate. - . Se non altro, non stava ancora piangendo.
Gerard scese dal letto e Frank si alzò a sedere d'istinto. Si sapeva che lo avrebbe sempre seguito.
- Rimettiti i jeans. -
- E' tipo la prima volta che me lo dici. - 
- Dai, veloce. - lo incalzò.
- Che cazzo vuoi fare? - chiese, continuando a rimanere seduto sul letto. 
- Non farti pensare più. Dai. - gli rivolse un sorriso incoraggiante e Frank andò a rimettersi i jeans.

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Capitolo 12
*** 4500 km ***


Ohi!!!!!!!!!!!!!! Scusate............. in mia difesa, giuro che ho avuto da fare!!!!!!!!!!
Grazie a chi è rimasto (e a fanculo ogni nemico......... per citare nesli/moreno/emis killa/non ricordo) (ho cercato su google e noto che la gggente scrive "affanculo", mi sento confusa) (era una cit di nesli comunque)
Sono troppo disorientata per commentare Action Cat, ci si becca nelle recensioni spero,ah e un salutino languido a EmilyWinters per gli scleri per mp, sapete che vi amo e accetto completamente quando li fate, vero???
Pace & amore (per citare i miei vecchi saluti, nemmeno ricordo perchè mi sia venuto in mente di scrivere pace e amore, dal vivo non utilizzo proprio mai la parola pace, sono strana)
ZAAAAAOOOOOOOO (fra qualche anno mi pentirò di averlo scritto)
leisibons



 
12. 4500 km


Quando arrivarono il concerto doveva già essere iniziato. 
Gerard individuò da subito la locandina appesa fuori dal locale, e scavalcò Frank per scendere per primo dal taxi. Atterrò sul marciapiede e Frank rimase seduto, appoggiato al sedile davanti, collassando o forse ridendo. Era stata una pessima idea fermarsi a quel pub irlandese. 
Gerard si rialzò, sentendo le ginocchia brucianti iniziare a sanguinare sotto il tessuto rovinato dei jeans mentre si appoggiava alla portiera aperta per sostenersi in preda alle risate.
- Paga l'autista. - ricordò a Frank, che se ne stava per scendere.
- Eh? Oh! - . Si frugò nelle tasche in cerca del portafoglio, - Credo di averlo perso. -
Gerard sospirò rassegnato tirando fuori il proprio portafoglio. Porse all'autista un paio di banconote assieme a delle scuse brontolate mentre Frank gli colpiva ripetutamente il sedere. Lo afferrò per le mani e lo fece scendere. Chiuse la portiera con il piede serrandogli gli occhi con le dita, anche se probabilmente Frank era in ogni caso troppo ubriaco per accorgersi di qualsiasi cosa. 
- Che fai? Mi vuoi stuprare? Mi vuoi chiudere in uno stanzino buio e stuprare? - ripeté a voce troppo alta, attirando l'attenzione di un paio di persone. 
- Non avei bisogno di tutte queste accortezze per quello. - . Quella troietta.
C'era una coda di qualcosa come tre minuti all'entrata. 
Frank dopo venti secondi era già stanco di essere cieco, quindi Gerard lo fece voltare in sua direzione in modo che non potesse vedere la locandina quattro metri oltre le sue spalle e gli tenne il viso fermo per impedirgli di girarsi a curiosare. 
- Cos'è? - insistette Frank, impaziente.
- Che cazzo me lo chiedi a fare? - 
Frank sospirò e quasi cadde indietro.
Gerard lo riafferrò e lo baciò per il resto dell'attesa per evitare che crollasse da qualche parte o scoprisse a che concerto stavano andando. Quando arrivò il loro turno, spinse la faccia di Frank contro la propria clavicola e fronteggiò da solo l'uomo all'entrata.
- Siete maggiorenni? - chiese, serio.
A Gerard venne così tanto da sganasciarsi che gli ci vollero tre secondi prima di essere fisicamente in grado di iniziare a ridere: - Dio mio, sì! Ho quasi trent'anni. -, aggiunse sussurrando gravemente all'uomo, - Sono vecchio. -
L'uomo strinse le labbra e scosse la testa: - Carta d'identità. -
- Non ci crede? Oh mio Dio, non ci crede. - si ripetè Gerard, sghignazzando, - Mi lusinga, sul serio... -
- Carta d'identità o ve ne andate. - 
Gerard gli consegnò la sua, ridendo ancora. 
- E la sua? - domandò accennando a Frank, che cercò di separarsi da Gerard per partecipare attivamente alla conversazione.
- No, non voltarti- gli sto facendo una sorpresa. - spiegò all'uomo, rivolgendogli un'occhiata complice, - Frank, la carta d'identità. -, aggiunse poi ripuntando gli occhi su quelli lucidi di Frank. Vecchio ubriacone. 
- Ti ho detto che ho dimenticato il portafoglio. - urlò sussurrando. Sì, Frank faceva quel genere di cose quand'era ubriaco.
- Dai, scemo, te l'eri messa nei boxer, l'ho visto prima. - sospirò, estremamente bravo a mentire anche da ubriaco. Gli infilò una mano nei pantaloni, sollevato dal fatto che l'uomo non potesse vedere la faccia confusa e sovraeccitata di Frank. 
- No, sentite, fa niente. - borbottò il signore, disgustato, - Entrate. - 
Gerard riprese la propria carta d'identità con un enorme sorriso ed entrò nel locale in fretta prima che Frank potesse guardarsi intorno. 
Ad ogni modo, riconobbe dopo trenta secondi la canzone che stavano suonando e cominciò a frignare mentre Gerard lo trascinava ai tavoli al piano di sopra.
- Oddio, ti prego, mi viene da piangere. - balbettò Frank, affacciandosi dalla ringhiera per vedere al piano di sotto i Bright Eyes suonare sul palco. 
Gerard sorrise e si infilò nello spazio millimetrico fra Frank e la ragazza al suo fianco che sembrava altrettanto coinvolta emotivamente dalle parole di Conor Oberst. 
La verità era che Gerard aveva visto la locandina del concerto quella mattina dal taxi, al ritorno da un'intervista alla radio. Mentre Lindsey, al telefono, lo aggiornava su cose che non lo interessavano minimamente, tipo la sua amica incinta (la vita coniugale lo aveva già logorato e ancora doveva propriamente iniziare). Ma dal momento che, al tempo, non era ancora nemmeno riuscito a rivolgere la parola a Frank, aveva istintivamente declinato la prospettiva di portarlo a un concerto. Ma, come sempre, non aveva messo in calcolo che fra lui e Frank le cose non erano mai andate secondo i piani. E infatti... 
- Gee... - mugugnò Frank, con gli occhi effettivamente colmi di lacrime, - Ma cosa hai fatto? -, gli chiese senza nemmeno guardarlo, - Guardali. - 
- Cos'hanno? -
- Sono perfetti. Il cantante è un poeta. -
Gerard rise: - Lo so. Me lo dici ogni volta. - 
Frank si asciugò le guance nonostante non fosse ancora scesa alcuna lacrima e Gerard lo abbracciò da dietro in modo da non coprirgli la visuale. Innamorato di quel momento. 

La sveglia del cellulare prese a spaccargli i timpani e Gerard desiderò con tutto se stesso di dormire. Detestava svegliarsi. Più degli aghi, più del nu metal, più di Paris Hilton.
Nell'allungarsi per spegnerla andò a sbattere contro la schiena di Frank, che doveva già essersi seduto. Si decise ad aprire gli occhi, confuso, con il naso ancora schiacciato contro la maglietta di Frank e le dita allungate verso il suo cellulare. Riuscì finalmente a spegnere quella merda di suoneria. Crollò sul materasso circondando con un braccio la pancia del più piccolo. Sapeva che sarebbe stata una pessima idea mettersi a dormire per quaranta minuti. Avrebbe dovuto continuare a bere caffé fingendo di non essere umano.
- Cosa non si fa per l'erba. - commentò Frank a mezza voce.
- Spero per loro che siano già arrivati o inizio a piangere. - si girò a pancia in su, accarezzando distrattamente la schiena di Frank, - Vado a lavarmi i denti, credo che potrei stendere qualcuno con il mio alito. - . Gli batté un colpo sulla schiena a conclusione dei grattini e si affrettò ad andare in bagno. 
Si lavò i denti cercando di sistemarsi contemporaneamente i capelli. Ripose lo spazzolino e si lavò in fretta le mani prima di tornare nella camera da letto. 
Guardò prima i due cartoni di latte di soia vuoti a terra, poi Frank, che era ancora seduto e fingeva di essere impegnato a fare qualcosa al cellulare. O forse stava rispondendo ai messaggi di Jamia, non aveva importanza.
Gerard raccolse uno dei due enormi bricchi di plastica vuoti infilando un indice sotto l'impugnatura per lasciarlo oscillare di fronte al viso impassibile di Frank. 
- Il tuo alcolismo sta prendendo una strana piega. Cos'ha il latte che l'alcol non ha? - 
- Mi stai rimproverando? -
- No, penso solo che sia strano. - disse riposandolo a terra, - Non hai dormito, vero? - 
Frank annuì. 
- Come mai? - indagò nell'avvicinarsi.
Frank scosse la testa e si rifiutò di rispondere.
Gerard gli accarezzò i capelli sedendosi sulle sue ginocchia. 
L'altro sobbalzò, spaventato dall'improvviso contatto. 
- Perchè ieri piangevi? - gli chiese all'orecchio.
- Mi fai sentire patetico... -
- Rispondi. -
- Ti avevo dedicato tutte le loro canzoni.- 
Si sentì triste e, dopo tre secondi, anche mortificato. Gli stava rovinando tutto, perfino le canzoni preferite. Frank doveva odiarlo davvero molto, in mezzo a tutto il resto. 
Aveva appena iniziato a stringerlo fra le braccia quando lo schermo del cellulare sul letto si illuminò nel ricevere la chiamata di Mitch. 
Gerard si allungò a prenderlo fino a far distendere Frank sotto di lui e rispose in fretta prima di farsi venire voglia di svestire Frank: - Mitch? - 
- Ehi, abbiamo oltrepassato il cartello con scritto Chicago quindi immagino che a questo punto ci siamo proprio entrati, no? -
- Non fa una piega. - si complimentò, - Vi siete già fumati tutta l'erba? -
Mitch rise: - Macchè, due bombe. - 
Gerard fece una smorfia cercando di immaginare cosa significasse:- Senti, Mitch... noi siamo al Langham. Hai presente? -
- Che cazzo- ci pisciano in bocca se ci mettiamo piede. Vi aspettiamo fuori. -
- Sei sicuro di sapere dove sia? 330 North Wa- -
- Ma sì, siamo uomini di mondo. Le sappiamo tutte. Ciao! - riattaccò all'improvviso. 
Gerard guardò lo schermo del cellulare per accertarsi che avesse effettivamente riattaccato e infine ributtò il cellulare sulle coperte, sconcertato e vagamente divertito. Baciò Frank sulla punta del naso, - Credo siano abbastanza vicini. Andiamo giù? Magari facciamo in tempo a prenderci un caffé. - 
- Okay. -
Si vestirono e scesero al piano di sotto per poi ricevere dieci minuti dopo un'altra chiamata da Mitch, che annunciò che si erano persi.

Si chiusero nel tourbus a fumare e parlare e mangiare cereali. Fu un'ora e mezza sul serio piacevole e anni novanta finché l'autista non li trovò. Frank gli aveva rubato le chiavi e lasciato un biglietto, ma a quanto pare la storia che avrebbero visto un film e mangiato Pop-Tarts con i loro amici del New Jersey non doveva averlo convinto. 
Quello che fece fu, essenzialmente, fiutare vistosamente l'aria prima di sbraitare "Erba?!" e chiamare Brian, che sembrò più turbato dal fatto di essersi svegliato alle otto piuttosto che aver trovato due membri della band di cui era manager stravaccati a fumare canne.
Gerard li guardò con un sorriso affettuoso preoccuparsi dell'accaduto, comodamente disteso sulle gambe di Mitch, con Melchiorre che gli mordicchiava i calzini. L'autista rimproverò il manager per il suo apparente disinteresse, senza capire che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Che se Gerard si sentiva meglio non era per le canne. Avevano passato l'ultima ora e mezza a strapparsi sorrisi a vicenda e non era di certo stato grazie all'erba. Gerard aveva bisogno di cose del genere. Aveva bisogno di sentire di che colore si era fatta i capelli la cameriera bella del bar dietro casa di Chris, e di chi si era scopata l'ultimo Capodanno. E dell'antenna della nonna di Mitch che non funziona più perchè Mitch l'aveva rotta una di quelle volte in cui finiva sul tetto a ridere ubriaco con un qualche amico speciale. 
Quando gli altri salirono sul tourbus l'autista e Brian stavano ancora discutendo anche se Gerard non avrebbe saputo dire da quanto tempo. 
Bob e Mikey risero di nascosto contro la porta del bagno mentre Ray cercava di trovare la forza per restare sveglio in fondo a una caraffa di caffé. 
Frank andò ad abbracciare Melchiorre, che sembrava più fatto di tutti i presenti.
- Fra due ore avete tutti quanti un'intervista. - ricordò loro Brian, trascinando Frank lontano dal cane, - Almeno andate a lavarvi. - 
Gerard sospirò e scese dal divano. Sollevò Frank da terra e lo sorresse fra le braccia finché scendendo dal tourbus non perse l'equilibrio e cadde sull'asfalto. 
Frank era troppo occupato a ridere per preoccuparsi dei jeans strappati di Gerard e del suo gomito sanguinante. 
Gerard era troppo occupato a guardare il suo sorriso per fare qualsiasi cosa.

La fine del tour arrivò, forte, nonostante i conti alla rovescia avessero preannunciato il suo arrivo già da un po'. Eppure non si sentiva preparato. 
In aereoporto contava i secondi. In cui si tenevano per mano, in cui Frank restava in silenzio, in cui Frank sorrideva, in cui non incontrava i suoi occhi. 
Il volo per Los Angeles era prima degli altri. Si strinsero in un abbraccio. Bob, Brian, Ray, Frank. Gli baciò la guancia prima di seguire Mikey al check in. Nemmeno sentiva più il peso della valigia che stava trascinando. Né sentiva alcun rumore. Sentiva solo il dolore allo stomaco, fra le costole, sulle dita. 
Ottomilasettecentoventiquattro secondi dopo era seduto sull'aereo. Con una sola cuffia alle orecchie per permettere eventuali interazioni con Mikey, che si stava aprendo il secondo sacchetto di patatine. E che, per la seconda volta, glielo stava porgendo in un muto invito a prenderne una.
- No, grazie. - ripeté Gerard con un lieve gesto della mano e Frank nelle parole delle canzoni che ascoltava. Qualsiasi merda di canzone. Si susseguivano. 
Si arrese ad ascoltare nient'altro che Hans Zimmer per il resto del viaggio. Niente parole. Niente cazzate.
Lindsey e Alicia li aspettavano in fondo al via vai di gente che si affrettava per prendere parte ai check in. Sorridevano, e sembrava sul serio che stessero guardando ciò che c'era di più bello al mondo. 
Si avvicinarono e le ragazze corsero loro incontro, come nei film. E si abbracciarono e baciarono e Gerard riconobbe il profumo di Lindsey, che credeva di aver dimenticato.
Lindsey. Sua moglie. Con la fede al dito che lui in persona le aveva infilato.
- Com'era il viaggio? -
- Tutto bene. - annuì Gerard, con le labbra allargate in un sorriso perchè quando Lindsey iniziava a sorridere così tanto era impossibile non farsi trasmettere un po' di cazzo di buon umore. Avrebbe dovuto aprire un gruppo di terapia in cui tutto ciò che faceva era rivolgere sorrisi ai membri fino a farli uscire dalla stanza saltellando allegramente. Ci sarebbe riuscita, ci avrebbe scommesso. 
Salutarono Alicia e Mikey promettendosi di cenare insieme il giorno dopo e andarono nell'ampio parcheggio dell'aereoporto, che sembrava più un'esposizione ufficiale di macchine ridicolosamente costose. Maledetta Los Angeles.
Caricarono la valigia nel bagagliaio della Mini Convertible e Lindsey salì al volante dopo aver visto la faccia stanca di Gerard.
Gerard si sentiva disorientato dal fatto che Lindsey - sua moglie - guidasse la sua macchina. Era una specie di grande passo, per lui, il fatto che condividessero ogni cosa come se appartenesse nella stessa misura a entrambi. 
- Ho passato tutta la mattinata a sistemare la casa. - raccontò Lindsey, infilandosi degli occhiali da sole.
- Uao, non avresti dovuto. - commentò Gerard con un lieve sorriso.
- No, sai una cosa- una cosa che devi promettermi? -
- Dimmi. -
- Che non chiameremo mai delle donne delle pulizie per pulirci la casa. Mai e poi mai. Anche se diventassi così ricco da farti fare pompini da Beyoncé. -
Gerard scoppiò a ridere: - Sono d'accordo, per me è okay. Non vedo l'ora di avere l'occasione di passare l'aspirapolvere. -
- E pulire le finestre. - puntualizzò lei sollevando un indice.
- Oh, sì, le finestre. - gemette compiaciuto, - Fino a stare male. - 
Lindsey si mise a ridere e Gerard si appoggiò al cruscotto dell'auto, abbassandosi di poco per osservare attraverso il parabrezza le foglie delle palme altissime che affiancavano la strada. E il cielo azzurro. E l'enorme quantità di SUV incolonnati di fronte a loro. 
- Quei SUV saranno la nostra morte. - borbottò a mezza voce Gerard tornando ad appoggiarsi al sedile. 
- Perchè? - 
- Probabilmente nemmeno ci vedono. - scosse la testa con un sorriso amareggiato, - Siamo dei Chihuahua in mezzo a... un branco di cani di San Bernardo. - 
- Pensi che dovremmo cambiare macchina? - 
Gerard fece un gesto affermativo con le sopracciglia.
- E che vorresti comprare? -
- Non ne ho idea, mi è appena venuto in mente. - scrollò le spalle. 
- Non credo sia necessario comprare una nuova macchina... -
- Preferisci aspettare la nostra prima ammaccatura? O portiera sfondata? - le chiese sedendosi sul sedile in modo da poterla guardare meglio, con la schiena rivolta al finestrino. 
- Vorrei cinquemila dollari di danni prima, sì. - 
Gerard sollevò le spalle: - Come vuoi. - . Le rivolse un sorriso smagliante e si infilò a sua volta gli occhiali da sole, - Immagino che a un certo punto ci ritroveremo ad andare al mare... - 
- Beh, sì, sai... Los Angeles. - fece spallucce lei, guardando fuori dal finestrino come per accertarsene. 
- Non credo che l'abbronzatura mi doni. -
- A nessuno dei due donerà. - lo rassicurò Lindsey. 
Si infilarono con la macchina nella breve strada che portava alla loro casa. Pareti di stucco, travi in legno a vista, costruita negli anni Trenta. Ricordava di averla scelta con Mikey mentre mangiavano pizza sul tappeto del salotto dei loro genitori, subito dopo essersi accorti di essere diventati abbastanza grandi per vivere da soli. All'inizio, dall'alto della loro vita prevalentemente single, avevano pensato di andarci a vivere loro due insieme, come due artisti omosessuali, ma poi erano arrivate Alicia e Lindsey e i loro piani si erano genuinamente dissolti senza una singola parola. 
Tirò giù la valigia dal bagagliaio, molto confuso dalla situazione in cui si stava per cacciare. Prese una mano di Lindsey e nell'infilare le dita fra le sue incontrò la fede nuziale che portava al dito e da qualche parte per l'effetto farfalla l'abisso che si era sentito formare nello stomaco doveva aver creato uno tsunami. 
Non aveva idea da dove iniziare per entrare in quella casa per mano con Lindsey, figurarsi rimanerci dentro per più di dieci secondi. Avrebbe dato di matto e incendiato la casa mentre Lindsey dormiva, probabilmente. Come sempre, si immaginò i titoli sui giornali. 
- Ehi, signora Way. - disse all'improvviso, mollando la valigia. 
Lindsey si voltò immediatamente, e fu agghiacciante. 
- Un minimo di tradizionalità. - la apostrofò prima di prenderla in braccio. 
Lei scoppiò a ridere portandosi una mano alla bocca.
- Dov'è la chiave? - chiese Gerard, cercando inutilmente di aprire la porta.
- Aspetta... - squittì Lindsey, cercandola nella tasca della felpa che indossava. La infilò nella serratura e la sbloccò.
Gerard aprì la porta calando pesantemente una mano sulla maniglia e infine trasportò Lindsey nella loro casa. 
Salirono le scale, con la valigia ancora fuori e la porta spalancata. Entrarono nella prima camera da letto che trovarono. Si sentiva così fuori posto che a malapena riusciva a respirare.

- Sta mattina ho svuotato il supermercato, che mangiamo a cena? - chiese Lindsey, aggirandosi per la cucina con una naturalezza inquietante.
Gerard doveva ancora realizzare che si erano sposati. Da quando avevano varcato la soglia aveva guardato la fede al proprio dito diciassette volte, anche mentre se ne stavano a letto. E doveva essere passata al massimo un'ora. E non l'aveva guardata affettuosamente. 
- Ehi? - lo chiamò Lindsey.
Gerard si rimproverò mentalmente: - Uhm, non potremmo ordinare una pizza? -
- No, non se ne parla. E' la nostra prima cena, qui. Non puoi sputtanarla così. - lo ammonì sistemandogli i capelli.
Gerard le prese il viso fra le mani per avvicinarla fino a raggiungere le sue labbra: - Spaghetti. -
- Che romantico. - 
- Spaghetti con le polpette. - 
Lindsey sorrise e scese dalle sue ginocchia: - Ho delle polpette avanzate da ieri, devi sapere che ho passato gli ultimi due giorni a fare pigiama party con le mie amiche e abbiamo cucinato di tutto. - 
- Lindsey, ma quanti anni avete? - domandò esasperato Gerard.
Lei unì le mani e se le portò al petto in un gesto colpevole: - Ma è così divertente. - 
Gerard scoppiò a ridere e scivolò giù dalla sedia per andare ad abbracciarla. Era il lato di Lindsey che amava di più in assoluto. 
Cercarono di cucinare qualcosa di decente ma finirono per lanciarsi spaghetti a vicenda e per mangiare le polpette dalla pentola per poi ordinare cinese alle undici perchè avevano ancora fame. 
Guardarono la tv e mangiarono popcorn per qualcosa come quattro ore, e Gerard scoprì che forse convivere con Lindsey - che cazzo sua moglie - non sarebbe stato poi così male. Forse. 
In realtà, alle cinque di mattina con gli occhi ancora spalancati a letto capì che non si sentiva al suo massimo. Prese il cellulare dal comodino e andò in uno dei tre bagni. (Non era ancora sicuro sul perchè avesse scelto di comprare una casa con tre bagni.)
Ad ogni modo, si sedette nella vasca da bagno col cuore che martellava e i polpastrelli che iniziavano a sudare sul nome di Frank nel display. Si interrogò su quanto immorale sarebbe stato chiamarlo nel cuore della notte con Jamia che dormiva al suo fianco o ancora peggio, che gli stava addosso. Decise che era abbastanza immorale, ma che aveva fatto sicuramente di peggio in passato. Come quella volta che mentre stava scopando si era messo a parlare al telefono con Mikey. Anche Frank l'aveva fatto una volta. Lo sapeva perchè quello con cui stava scopando quella volta era Gerard Way in persona.
Lo chiamò con il numero sconosciuto, perchè intanto l'indecenza nel mondo di Gerard non aveva più nessun cazzo di limite. 
Rispose dopo parecchio.
- Che cazzo- pronto? - farfugliò. Quel mormorio lì per lì sembrò il suono più bello che avesse mai sentito.
- Sono Gerard. - sussurrò contro il microfono del cellulare.
Frank rimase in silenzio per qualche secondo prima di riprendere a parlare: - Zia Becky?! Sono le due di mattina! - 
Gerard si portò una mano alla fronte e scosse la testa ridendo piano. Lo ascoltò scendere dal letto e blaterare qualcosa a "Jam" prima di uscire dalla stanza. Ci mise qualcosa come venti secondi a trovare un posto in cui poter continuare a parlargli. Andò pure a sbattere due volte contro chissà cosa.
Infine sentì un suo sospiro forte: - Che cazzo. Sono le due di mattina. -
- Lo so, l'hai già detto a zia Becky. - 
- Perchè cazzo mi hai chiamato? - 
Gerard rimase in silenzio a cercare qualcosa di brillante con cui rispondergli. Ma ehi, a Los Angeles erano già le cinque di mattina, e Gerard cominciava a sentirsi stanco: - Che cazzo di domanda è, ma ti pare? -
- Guai a te se ti manco. - 
Arrossì violentemente e ringraziò tutti i dei esistenti per il fatto che Frank in quel momento non poteva vederlo: - Appena sveglio sei davvero il tizio più ostile di questo mondo. - 
- Tu sei uno stronzo a tutte le ore. -
- Eh, appunto. - 
Frank sospirò di nuovo.
- Che hai fatto oggi? - chiese Gerard abbassando la voce e fissando terrorizzato la porta, in netto contrasto con il tono amichevole che aveva adottato. All'improvviso, si era ricordato di essere nella stessa casa di sua moglie. 
- Abbiamo portato i cani a spasso, siamo andati al cinema e poi abbiamo mangiato gelato fino a stare male. Sul serio. Ho vomitato. - 
Gli scappò una risatina.
Sentì Frank ridere di riflesso. 
- Idiota. -
- E i signori Way che hanno fatto? - 
- Abbiamo cercato di cucinare qualcosa ma è andato tutto a puttane, quindi abbiamo ordinato cinese ridendo di noi stessi e poi ci siamo buttati sul divano davanti alla tv accesa. Domani dovremmo cenare con Mikey e Alicia. Spero che non si metta a farmi giochetti psicologici. Alicia, dico. -
- Oh, ho presente, quando tipo si mette ad analizzarti tutto fino al culo... - 
- Già, quello. -
- Cerca motivazioni a tutto ma penso che a volte non ce ne siano, no? Ci sono cose che sono così e basta. -
- Già. -
- E situazioni che sono così e non si possono cambiare... -
Rimasero in religioso silenzio. Gerard si sentì come a un funerale. Confuso e con un'incredibile voglia di piangere.
- Che cazzo... - borbottò Frank. Gerard immaginò che fosse più o meno nel suo stesso stato d'animo.
Cercò di ascoltare il suo respiro attraverso il ricevitore del cellulare ma non ci riuscì. Odiava non averlo vicino e doversi accontentare dei suoi mormorii a tarda notte. Lo odiava sul serio. 
- Gee, vorrei essere lì. - . Erano così telepatici che a volte Gerard si sentiva fisicamente male. 
Sollevò una mano e si guardò la fede al dito. Con la spalla resse il cellulare contro il proprio orecchio per sfilarsela. La appoggiò sul bordo della vasca con un breve tintinnio: - Anch'io ti vorrei qui. - 
- Mi fai un sacco incazzare. -
- Certo, ne sono consapevole. -
- Tirati uno schiaffo. -
- Non se ne parla. -
Frank sbuffò piano.
- Sono davvero così stressante? -
- Mi dai fastidio. - . Si sentiva dal suo tono di voce che stava cercando di non sorridere.  
- Sai- ci sono i balconi chiusi, no? E c'è l'accappatoio nero che Lindsey mi ha ironicamente comprato appeso alla porta bianca, e il contrasto è sul serio notevole, e si riflette sul vetro della finestra e sembra che una figura nera stia volteggiando in aria, è terrificante. Ogni volta che lo guardo per sbaglio mi spaventa come la prima. - . Lasciò cadere la mano che aveva sollevato per gesticolare come un forsennato, provocando la rovinosa caduta della fede.
- Che cazzo é? - chiese Frank, nervoso, - Gerard? -
- Uhm. - la raccolse dalla vasca da bagno con le dita tremanti, - La fede... shhh. - . Rimase in ascolto, cercando di capire se Lindsey si fosse svegliata. Dopo quindici secondi di assoluto silenzio si chiese se Frank avesse riattaccato. 
- Frank? - mormorò.
- Sei in bagno? -
- Sì. -
- Anch'io. Nella vasca da bagno? -
- Sì. -
- Anch'io. - 
Si prese un secondo per sorridere e basta, e nella sua testa Frank fece lo stesso. Si accorse del proprio battito accelerato. Di come le sue dita inermi sorreggessero la fede nuziale senza stringerla. Che a letto pensava ai respiri di Frank, a quattromilacinquecento chilometri da lui, e nemmeno sentiva quelli di Lindsey a mezzo metro di distanza.

Scese le scale fissando torvo le pareti di quella casa. Le travi di legno a vista, che gli piacevano sul serio tanto ma che lo spaventavano come tutto il resto. Pensò a Mikey, e pensò che aveva bisogno di risentire la sua voce per sentirsi un po' di più a casa, perchè si stava accorgendo che la sua casa erano le voci e risate dei suoi amici, le brandine che con il tempo sembravano addirittura comode e le mille camere d'hotel diverse che ogni notte avevano reso proprie. Non quell'enorme casa costosa a Los Angeles. 
Varcò la porta della cucina, vide Lindsey di spalle e pensò a quella volta che aveva visto Frank di mattina, a casa sua in New Jersey, già sveglio che gli preparava i pancakes. Lindsey stava facendo lo stesso. Aveva il cellulare in vivavoce appoggiato accanto ai fornelli, e stava ascoltando la sua amica parlare con voce squillante di chissà quale cazzata.
Si avvicinò e la abbracciò mentre stava iniziando a risponderle, facendola urlare.
- Tesoro?! - la chiamò la sua amica. 
- Ciao, uhm, Whitney. - disse Gerard dopo aver letto il suo nome sullo schermo, - Sono il tesoro di Lindsey. - 
- Aw, Gerard! - strillò lei, facendolo sorridere.
- Mi hai spaventata. - sussurrò agitata Lindsey.
Gerard le posò una mano sul cuore con un sorriso per ascoltare i suoi battiti cardiaci a mille: - Uao. - 
- Ragazzi, qualsiasi cosa stiate facendo, credo sia il caso che io- -
- Oh, Whitney... - esclamò mortificata Lindsey, rigirando il pancake sul padella prima di prendere il cellulare in mano.
- Non è un problema, davvero. - 
- Ma allora la ceretta? - chiese Lindsey.
Gerard corrugò la fronte e sollevò appena le sopracciglia, nauseato dai discorsi da ragazze.
- Non riesco nemmeno a pisciare! -
- Oh, piccola! Ti ha aiutata Frances? Ti ha messo una mano sopra? Giuro che aiuta...  - 
Perchè le ragazze potevano chiamarsi con tutti i nomignoli del mondo e Gerard si sentiva moralmente inopportuno a chiamare Frank "piccolo" in presenza di Lindsey? 
- Sì, tesoro, tant'è che mi sentivo abbastanza positiva... ma mi brucia ancora... Gerard sta- sta ascoltando? -
- Sì, tesoro. - rispose in tono mieloso Gerard.
Lindsey lo schiaffeggiò piano: - Oh, piccola, non preoccuparti, è solo Gerard... -
- Che cazzo significa? - bisbigliò Gerard, quasi senza emettere suono.
Lindsey gli posò un indice sulle labbra.
- Oh, beh, credo vi lascerò alle vostre cose allora... buona colazione, giornata, decennio, vita, o quel che è. - 
Gerard sorrise: - Grazie altrettanto, te- -, Lindsey lo colpì, - Whitney. - . Schiacciò subito sul tasto rosso. 
- Come ti permetti? - chiese indignata Lindsey, tirandogli un altro dei suoi schiaffi che non facevano male. 
Gerard si limitò a sghignazzare e baciarla spigendola indietro.
- Vuoi darmi fuoco? - chiese Lindsey allontanandolo per separarsi dai fornelli, - Oh, cazzo, i pancakes. - . Scaraventò il pancake ancora sulla padella nel piatto lì accanto, - E' bruciato? -
Gerard lo sollevò per metà prendendolo per l'orlo: - No, è di una sana sfumatura dorata. -
- Siediti a tavola, finisco di cucinare i pancakes. -  
Gerard obbedì, sentendosi un bambino di cinque anni. Poi cambiò idea e andò a prepararsi un caffé, imbarazzato dai sei diversi tipi di cialde che avrebbe potuto scegliere.
- Come stai? Non ti svegliavi più... -
- Ho mesi interi di sonno arretrato da recuperare. - si giustificò con un'alzata di spalle, fissando la macchina del caffé ronzare mentre riempiva la tazza blu della sua bevanda preferita. 
- Se non sto attenta finisci in letargo, insomma. - 
Gerard sorrise: - Qualcosa del genere. -, anche se era abbastanza sicuro che avrebbe dato buca pure a un invitante letargo pur di stare al telefono a borbottare con Frank. 
- Sono pronti, riesci a prendermi la bottiglietta di sciroppo d'acero? - chiese dirigendosi al tavolo con i due piatti di pancakes in mano.
Gerard aprì cautamente la prima anta che trovò, rendendosi conto che nemmeno sapeva dove si trovassero le cose in quella cucina. E quella sarebbe dovuta essere la sua casa. La richiuse con nonchalance dopo aver scoperto che conteneva infinite pile di piatti e aprì quella accanto, dove trovò il sciroppo d'acero in piena vista di fronte a delle scatole di cereali e del cacao in polvere. E non cereali qualunque, i Franken Berry. Lindsey lo conosceva così bene. Era Gerard la parte problematica della loro relazione, del resto.
- Vuoi del caffé? - le chiese posando la bottiglietta di sciroppo d'acero sul tavolo. 
- Espresso, grazie. - 
Le preparò il caffé, o meglio, fissò la macchinetta prepararle il caffé sorseggiando il proprio. Che era buono, ma anche strano, come tutto. Anche la Coca Cola avrebbe avuto un sapore strano in quella casa. 
Finita colazione a Gerard squillò il telefono. Iniziò ad andare in paranoia. Controllò con finta tranquillità chi fosse e si sgonfiò del tutto dal sollievo quando lesse il semplice nome di Mikey.
- Ehi, Micheal. - rispose al volo.
Mikey aveva iniziato a salutarlo per nomignolo ma concluse dicendo il suo nome per intero trasformandolo in un imbarazzante "Girard Arthur Way": - Allora per sta sera? -, incalzò il fratello.
- Non so- Lindsey, sta sera ci va di avere Mikey e Alicia in giro per casa? -
- Nah. - rispose lei con un sorriso sistemando le cose raccolte dalla cassetta della posta.
- Nah. - ripeté al telefono Gerard, - Facciamo a meno. - 
- A che ora? -
- Sette, otto... Lyn? -
- Mh? Vanno bene le sette. - 
- Sette, Michael. Mi manchi già, lo sai? -
- Mi sta bene. - asserì Mikey, facendolo ridere un po', - Ci vediamo fra undici ore e mezza. - 
Gerard si sentì impressionato dall'abilità dei suoi calcoli, che tuttavia non controllò, quindi poteva anche darsi che avesse sbagliato clamorosamente ma Gerard non l'avrebbe mai saputo. Era quel genere di privilegio ignorante che gli piaceva concedersi. Per pigrizia mentale, ma anche perchè non ci trovava più gusto a smontare le persone: - Perfetto, a dopo. - . Riattaccò.
- Gee, hanno già trovato il tuo indirizzo... - mormorò Lindsey raggruppando delle buste piene di scritte.
- Chi? - chiese, vagamente preoccupato.
- Le tue ammiratrici. Non voglio nemmeno aprire. - disse spingendo tutte le carte in sua direzione. 
- Mh, le guardo dopo... - borbottò Gerard sistemandole cautamente.
- Come stai? - gli chiese Lindsey, appoggiandosi ai palmi delle proprie mani come faceva sempre.
- Bene, perchè? - chiese insospettendosi. Che poi avevano appena iniziato con la sfilza di "bene" buttati lì e già si sentiva disgustato da quella routine apparentemente funzionante basata su parole vuote. 
- Ikea? - 
Gerard si sentì la gola stringere. Era risaputo che se esisteva qualcosa in grado di persuadere le ragazze a dedicargli una media di quattro ore in più del necessario (oltre allo shopping) quella era l'Ikea. 
- Dobbiamo comprare dei bicchieri. - aggiunse con tono lieve. A cui si sarebbero affiancati un nuovo divano, delle nuove sedie, un nuovo letto e qualche lampada del cazzo. 
- Il nostro matrimonio dipende dalla tua risposta. - dichiarò Lindsey sollevando il mento per rivolgergli l'espressione più seria che riuscì a simulare. 
- Certo che andremo all'Ikea, tesoro. -

Tre ore e venti. E solo perchè Lindsey, rispetto alle altre ragazze, era piuttosto fantastica. Erano usciti da lì con in più dei strani spremi agrumi che facevano rabbrividire Gerard solo a guardarli (sembravano strumenti di tortura per spezzare dita o roba del genere), una scarpiera che a quanto pare avrebbe custodito premurosamente l'unico paio di Converse di Gerard (le stesse da cinque anni a quella parte) e l'infinito numero di scarpe di Lindsey (che forse erano solo otto paia, ma erano comunque molte rispetto alle misere Converse nere consumate di Gerard), e uno specchio per il bagno. In conclusione, i bicchieri furono ciò a cui dedicarono meno cura nella scelta in assoluto.
Pranzarono alle due in un ristorante cinese e poi passeggiarono per la spiaggia, con gli sguardi sollevati a fissare le foglie delle palme e il cielo azzurro. 
Rientrarono alle sei, prepararono il pollo al curry per la cena e poi si sedettero di fronte al tramonto con una birra a testa in attesa che Mikey e Alicia arrivassero. 
Osservarono con un sorriso la Grand Cherokee di Mikey parcheggiare accanto alla loro stupida Mini. Che accanto alla Jeep, era seriamente "mini". 
- Mi sto abituando a sta cosa di essere piuttosto ricchi. - disse Mikey appena le ragazze rientrarono in casa per finire di apparecchiare la tavola.
- Non voglio essere ricco. - 
Mikey prese la bottiglia che Lindsey aveva lasciato sul portico e ne bevve un sorso sogghignando. 
- Voglio avere soldi, ma non voglio essere ricco. Capisci? - 
Mikey scosse la testa. Gerard non capì a pieno se fosse perchè non aveva capito o perchè non fosse d'accordo, e comunque non gli lasciò nemmeno il tempo di chiederglielo. - Come sta andando? -, gli domandò invece, guardandolo dritto negli occhi. 
Gerard abbassò la voce: - E' tutto così strano... però credo di stare bene. - 
Mikey annuì: - Hai sentito qualcuno del gruppo? - 
Gerard alzò gli occhi al cielo per lo sforzo di Mikey di non nominare Frank, come se fosse morto o ricercato dalla polizia: - Sì, Mikey, ieri notte sono stato al telefono con Frank. - 
- E che avete fatto? -
- Fatto? Abbiamo parlato. - asserì indignato, riavvicinando la bocca della bottiglia alle proprie labbra, - Noi non scopiamo al telefono. Che poi ci vuole coraggio a chiamare quello "sesso", piuttosto lo definirei autoerotismo contemporaneo. -
- Nessuno ha nominato il sesso al telefono. - 
- Fino a prova contraria, i tuoi occhi l'hanno fatto. - 
- Beh, ho un bel po' di prove contrarie, tanto per iniziare gli occhi non parlano. - 
- Oh, ma piantala. -
- Di che state parlando? - chiese Alicia, uscendo dalla porta.
- Non lo vorresti sapere. - 
- Come volete, è pronto da mangiare. - 
Mikey si alzò e accompagnò Alicia in cucina prendendola in braccio.
Gerard ripensò a quando il giorno prima aveva fatto la stessa cosa con Lindsey (anche se con destinazione diversa), e per l'ennesima volta si sentì un po' confuso da tutto quanto. Raccolse la bottiglia che originariamente era di Lindsey, poi era diventata di Mikey e che ora sembrava appartenere al porticato di legno dato che Mikey non si era degnato di buttarla via dopo essersela svuotata in gola. Non che Gerard si sorprendesse delle sue buone maniere, a dirla tutta. 
Gettò le due bottiglie di vetro nel cestino in cucina mentre Mikey e Alicia continuavano ad amoreggiare agevolmente in piedi vicino al tavolo. 
Gerard abbracciò Lindsey mentre lei distribuiva il pollo al curry nei quattro piatti.
Lei si voltò appena per sorridergli, facendo sfiorare la sua guancia morbida contro quella di Gerard. Gli lasciò un bacio sull'angolo della bocca prima di allontanare le sue mani dai propri fianchi: - Aiutami a portare i piatti. - 
Si allontanò in velocità e afferrò saldamente due piatti, eppure nel portarli al tavolo andò quasi a sbattere contro Alicia.
- Tutto bene? - gli chiese, sorridendo ancora per l'ultima stronzata che Mikey aveva fatto.
- Sì. - rispose. Occhi spalancati, sorriso finto. Pensò che Frank, al suo posto, avrebbe fatto qualcosa di isterico e potenzialmente distruttivo.
- Pollo al curry! - strillò con gioia Alicia prima di sedersi a tavola accanto a Mikey.
- Roba che non si potrebbe mangiare se Frank fosse qui. - disse Mikey.
Gerard si trattenne dal rovesciargli sulla testa i quattro litri di bevande sul tavolo. 
Alicia rivolse a Mikey il suo sguardo da Oh-mio-Dio-che-cazzo-ti-passa-per-la-testa mentre Lindsey cercava di far stare i piatti per l'insalata in mezzo a quel casino. 
Ad ogni modo, quell'occhiata di Alicia fu la conferma superufficiale che sapeva esattamente tutto quello che era e non era successo fra Frank e Gerard, e molto probabilmente l'aveva pure capito senza aiuti esterni. Ed era abbastanza fico il fatto che non si fosse presa la briga di mettere Lindsey al corrente dei dettagli che le erano sfuggiti. 
Il che fece tornare in mente a Gerard che, anche se a volte se lo dimenticava, era sotto stretta osservazione di Lindsey. Sua moglie. 

Sembrò sfuggirgli di nuovo di mente quando l'idea di andare in bagno a stabilire contatti telefonici con Frank lo sfiorò nell'osservare come i tre presenti fossero impegnati a sparecchiare la tavola. 
Aveva bisogno di Frank quasi quanto le sigarette. Quel bisogno fastidioso, che ti colpisce di continuo, chiamato "dipendenza" da quelli troppo schietti e senza cuore. O in certi casi, troppo sentimentali per questo mondo. Piuttosto paradossale, no? Se avesse avuto quindici anni in meno e l'occasione di presentarsi a qualcuno di totalmente sconosciuto, si sarebbe definito un collezionista di paradossi e poi avrebbe accettato di buon grado i conseguenti atti di bullismo inflitti. 
Ma per ora, si sarebbe accontentato di trattenere tutto all'interno della propria mente. Ripensò al fatto che se voleva mantenerla un luogo sicuro avrebbe fatto meglio a fingersi astemio per i prossimi vent'anni, o perlomeno accanto a Lindsey.
Alicia convinse Lindsey a scegliere il film che avrebbero visto insieme a Mikey mentre Gerard si occupava di caricare la lavastoviglie. 
Fu abbastanza sveglio da capire i suoi piani ancor prima di avere il tempo di sviluppare sentimenti di offesa.
- Gerard, hai qualcosa da dire? - gli chiese a bassavoce mentre di là Mikey e Lindsey parlottavano di registi di cui Gerard non aveva mai sentito parlare.
- Uh? - chiese ad Alicia, sistemando febbrilmente un bicchiere nella lavastoviglie.
Alicia indicò con un gesto le quattro mura che li circondavano: - Vi siete sposati. -, sussurrò attonita.
- Me n'ero già accorto, grazie. - . Si schiaffeggiò mentalmente dopo essersi accorto del tono di voce che aveva usato, - Cioè, scusa... -, balbettò, - Uhm... -
- Quando Lindsey mi ha chiamata ero nell'ordine di idee che vi stavate lasciando, invece mi ha detto del matrimonio e... uao, sei un uomo dalle mille sorprese, immagino. -
- Voglio permetterle di amarmi. - 
- Non ha alcun senso. - 
- Oh, credimi, lo so... l'ho capito. -
- Gerard, non si gioca così con i sentimenti... -
- Non sto giocando con i suoi sentimenti, sto giocando con i miei. Sta mattina l'ho portata all'Ikea, va bene? Ho intenzione di fare qualsiasi cosa per lei. - disse, abbassando la voce, - Se lo merita. E' fantastica. Sono io il problema. - 
- Gerard, non tutti riescono a innamorarsi della perfezione, o qualsiasi cosa dovrebbe essere giusta per noi. Non devi costringerti a farlo. -
- Mi stai chiedendo di lasciare mia moglie, Alicia? - le chiese sibilando con tono di voce più basso possibile.
- Sei stato tu a cacciarti in questa situazione- -
- Non ti sto chiedendo di salvarmi. Me la cavo da solo. - concluse chiudendo lo sportello della lavastoviglie.
- Sto solo- -
- "Cercando di aiutarti", lo so. - concluse per lei Gerard, - E lo apprezzo, ma davvero, nessuno al di fuori di me può capire. - . Si sentiva estremamente cretino a dire frasi del genere. 
Alicia si limitò a sospirare e Gerard quattro ore dopo si rifugiò nello stesso bagno della sera prima mentre Lindsey continuava a dormire credendo ancora di avere disteso accanto suo marito.
- Ero chiuso in bagno da mezz'ora in attesa di questo momento. - mormorò Frank rispondendo all'istante, - Eppure il numero privato mi mozza sempre il fiato. -
- Il brivido del pericolo. - 
- Ciao, Gerard. -
- Ciao, Frank. Alicia l'ha fatto di nuovo... -
- Si è improvvisata psicologa? -
- Sì... non so bene che farne della mia vita dopo le conversazioni con lei. - 
- Oh, Dio, non pensarci. - 
- Come stai? - . Si appoggiò meglio alla parete della vasca da bagno, cercando di non singhiozzare.
- Così così... ti ricordi quando alle elementari si rispondeva "seduto", "in piedi" o roba così? - 
- Già... chiedimi come sto. -
- Come stai? -
- Seduto nella vasca da bagno. -
- Anch'io. - 
Fecero una pausa, durante la quale Gerard cercò di nuovo di ascoltare il suo respiro, senza esito.
- Domani andiamo a New York. - disse Frank.
- Chi? - 
- Io e Jamia. - . Aveva stupidamente sperato in un insensatissimo "noi". 
- Che fate? -
- Niente, spendiamo soldi e forniamo panorami diversi ai nostri occhi. - 
- Fico. - . Pensò che la vita di coppia di Frank e Jamia era molto più programmata della sua. Che forse il "matrimonio" (qualsiasi cosa fosse) comportava davvero la morte di qualcosa. Forse si trattava solo della garanzia che avrebbero avuto molto più tempo da passare insieme e che non c'era motivo di affrettarsi a fare qualcosa di specifico e divertente (che alla fine, nonostante il vantaggio di anni, non veniva comunque compiuto). O forse c'era scritto da qualche parte nelle stelle che gente come gli esseri umani avrebbe fatto meglio a non promettersi nulla.
Tirò un sospiro: - Non lo so, Frank. -
- Mh? -
- Mi... -, "manchi?", - Mi... fa piacere che vi divertiate e cose così. - 
- Così tanto che sto chiuso in bagno ad aspettare di risentire la tua voce, già. - 
Strinse più forte il telefono, dato che non poteva stringergli la mano­­: - Com'è il tempo in New Jersey? - . Voleva raggiungere un livello di testa di cazzo più alto.
- Lento. - 
- Eh? - 
- Scorre lento, Gerard. - . Se l'avesse detto chiunque altro l'avrebbe preso in giro per il resto dei suoi giorni. Ma era Frank, erano entrambi seduti in vasche da bagno che distavano quattromilacinquecento chilometri e si era di nuovo tolto la fede e non aveva intenzione di ridere per i prossimi dieci anni, figurarsi in quel momento. 
- Esci con Ray? -
- Non l'ho ancora sentito. Sarà con Christa e roba così, e sai, sono una coppia sana, non mi va di mettermi in mezzo così presto. - . "Sana".
- A Ray non dispiace averti intorno, lo sai... a nessuno dispiace. - 
- Avrei qualcosa da ridire. - sbottò.
Gerard sollevò gli occhi al soffitto trattenendo un sospiro.
- Quindi domani non potremo sentirci. - 
Fu come sentire una porta sbattere all'improvviso: - Uh? -
- Stiamo lì fino a tardi, siamo invitati a cena da Jon. - 
- Intendi Jonathan? -
- Mh. -
- Salutamelo. -
- Gerard, sai che non potremo stare al telefono ogni notte, vero? -
- Mh? -
- Lo sai... non è davvero il caso. Propongo di non sentirci per un po'. -
Si sentì di tutto nello stomaco. Letteralmente di tutto. 
- Okay? -
- Okay. - 

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Capitolo 13
*** Heaven knows I'm miserable now ***


Holaaaaaaa
non ho assolutamente nulla da dirvi, a parte grazie <3<33<3<3<3<3<33<<33<3 spero che stiate passando una buona estate non troppo sudaticcia e con una giusta dose di aria condizionata, mi raccomando però a non esagerare!!!
Ci si becca nella recensioni, se avete cazzi 
laaaaaaaaaaazybones ;) ;) ;)




14. Heaven knows I'm miserable now


Si svegliò alle otto insieme a Lindsey. Prepararono la colazione e rovesciarono un po' di cose in cucina, dopodiché alle nove e qualche decina di minuti Gerard scivolò silenziosamente fuori dalla sua nuova routine e salì nella propria macchina in cerca di una fumetteria. 
Aveva le lettere dei fan sul sedile accanto al proprio, e aveva intenzione di darci un'occhiata una volta parcheggiato. Non sapeva perchè, ma lo innervosiva aprirle in presenza di Lindsey. Quando parcheggiò di fronte alla piccola fumetteria si accorse di non essere dell'umore giusto per leggere di cose che già immaginava e chiuse la macchina a chiave. Entrò nella fumetteria e cominciò a stabilire il suo rapporto di amicizia con l'uomo sulla quarantina alla cassa. Nel suo immaginario era sempre presente un forte legame di amicizia con il fumettista locale, e non vedeva l'ora di vivere il sogno. Riempì una borsa di plastica di fumetti di cui non aveva mai sentito parlare ma che l'uomo gli aveva consigliato con occhi spiritati e poi tornò nell'auto. Vagò per Los Angeles e poi decise di fermarsi a bere un caffé. Passò una buona mezz'ora a fissare - probabilmente in maniera ostile - i passanti, riflettendo. Studiando. Temporeggiando. A un certo punto pensò di essere addirittura dell'umore giusto per le lettere ma poi si ricordò di averle lasciate in macchina. Per un qualche motivo, perse qualche secondo a immaginare come la luce del sole delle undici doveva averle illuminate e riscaldate. Sì, aveva tempo per pensare anche a quello. Pensò che quella notte avrebbe fatto meglio a dormire. Che avrebbe fatto meglio a stancarsi nel corso della giornata al punto di arrivare a letto senza forze. Non voleva ritrovarsi alle tre di mattina in mezzo a riflessioni, ripensamenti e cazzate. L'unica soluzione era svegliarsi presto, devastarsi, e morire puntualmente intorno alle dieci di sera. Sì. Sarebbe stato il suo ritmo di marcia. Sveglia, devasto, morte. Ogni giorno. Fino a quando Frank non l'avrebbe richiamato con un paio di scuse borbottate. Gli venne da piangere.
Si raddrizzò sulla sedia, strinse le labbra e sollevò gli occhi fingendo di interessarsi al cielo. Cose divertenti. Avrebbe dovuto chiamare Bob. Nessun motivo richiesto, solo vedere dove finiva la conversazione. Voleva sapere della sua ragazza, se alla fine era finita. Aveva anche bisogno di andare a casa di Mikey, prenderlo in giro per mezz'ora, accertarsi di che colore avesse scelto alla fine la carta da parati e in conclusione, tornare a "casa". Anche se era l'unica cosa della lista di cui non sentiva propriamente il bisogno.
Cose divertenti. 

Rientrò in casa per l'ora di pranzo e abbracciò confuso il gruppetto di amiche di Lindsey che trovò in cucina. Baciò sulle labbra sua moglie e poi si congedò con disinvoltura, stringendo le buste e dicendo che aveva "cose da sistemare". Andò al piano di sopra, nella sua stanza. Aveva le pareti dipinte di rosso scuro, una libreria piena di libri e fumetti vecchi che Gerard aveva trasferito dalla sua camera in New Jersey, una scrivania, una sedia, un computer e un paio di cassettiere ricolme di tutto ciò di cui un "fumettista" ricco poteva disporre. Finora si era limitato a chiamarla (non ad alta voce) "la Stanza Rossa", e aveva deciso che se mai avesse iniziato a riferirsi a questa chiamandola "studio" o "ufficio" si sarebbe schiaffeggiato in piena faccia (a meno che non fosse diventato per qualche motivo architetto o qualcosa del genere). 
Si sedette a terra, poi si rialzò rendendosi conto di quello che aveva fatto e si sedette alla scrivania. Le buste contenevano parole, frasi, disegni. Ritratti. C'era troppo spesso il viso di Frank (vagamente distorto) accanto al suo. Dopo un minuto di fiato totalmente trattenuto raccolse tutto ciò che aveva ricevuto in un mucchio disordinato e cercò una scatola in cui mettere tutto quanto. Le avrebbe riviste insieme agli altri. Non ce la faceva da solo. 
Accese il computer e cercò di capire a che punto si trovasse l'America, su più o meno ogni campo, finché qualcuno non bussò la porta.
Gerard la guardò, allibito. Si alzò e la aprì. 
Lindsey lo guardò, colta di sprovvista.
- Che cazzo fai? Non sono Bill Clinton. - 
Lindsey scoppiò a ridere e si morse il labbro inferiore, leggermente in imbarazzo: - Uhm, non lo so... - 
Le abbracciò i fianchi sospingendola delicatamente nella stanza.
- No, ho una domanda... - disse lei.
Gerard sorrise e la baciò.
- Hannah può fermarsi a pranzo? - 
Strinse le labbra e osservò la parete, pensieroso, riprendendo ad abbracciarla: - Okay... però sta sera invito Jimmy e facciamo pigiama party. - 
- A patto che venga anche Chantal. - 
- Mi sembra ovvio. Sai che lei e Jimmy sono un binomio. -
- Stavi tipo scherzando, comunque? - si informò, guardandolo da vicino. 
- Ti riferisci al pigiama party? Non saprei. - 
- Dai, scendiamo. Ho paura a lasciare Hannah e il pesce fritto nella stessa stanza. - 
Gerard rise e la accompagnò fuori dalla stanza, chiudendo la porta.
- Che stavi facendo, comunque? - chiese Lindsey, prendendogli la mano.
- Davo un'occhiata all'America. - 
- Bastava aprire la finestra. - 
Arricciò il naso in sua direzione: - Spiritosa. -
Lindsey arricciò il naso a sua volta per imitarlo e infine gli lasciò la mano per correre in cucina. 

Scoprì con l'80% di sorpresa e il 20% di orrore che Jimmy e Chantal stavano passando il weekend in montagna. O meglio, siccome era domenica, lo stavano giusto concludendo. Tentò di non fingersi così smontato come realmente si sentiva ma Lindsey lo derise comunque abbracciandolo.
- Ci tenevi così tanto a quel pigiama party? -
- Sì. - . Più che altro, ci teneva a passare la notte sveglio a parlare con qualcuno che non fosse Lindsey nel tentativo di non pensare alla prima notte senza il minimo contatto con Frank. In quella nuova casa in cui ancora non riusciva a trovare i tovaglioli. 
- Dai, lo facciamo noi due. Mettiti il pigiama. Sta notte guardiamo film, mangiamo popcorn e gelato, e dormiamo sul divano. - disse alzandosi in piedi.
Gerard la seguì con lo sguardo: - Davvero? -
- Sì. Vado a prendere le coperte rosa che di solito do alle mie amiche. - 
Si accorse che gli andava sul serio bene e sentì le proprie labbra distendersi in un sorriso. Si allungò oltre il divano mentre Lindsey si avviava verso le scale e la fermò afferrandola per i fianchi: - Ehi, ti amo. -, disse avvicinandola fino a riuscire a baciarla. 
Lindsey gli lasciò una carezza sulla guancia e poi salì al piano di sopra. 
Gerard si risedette sul divano. Si guardò intorno, un po' sorpreso di sentirsi così felice. Poi decise di andare in cucina a cercare i popcorn e il gelato, e tornò mentre Lindsey stava gettando le coperte rosa scuro sul divano. 
- Ho il cibo. - annunciò mollandolo sul tavolino fra il divano e il televisore. Valutò con lo sguardo e qualche tastata dove avrebbero dovuto dormire, - Forse avremmo fatto meglio a comprare un divano letto... -
Lindsey, che era seduta a terra di fronte al televisore con il telecomando in mano, si voltò per guardarlo con disappunto: - Scherzi? Dormire su dei divani scomodi è l'essenza del pigiama party. Altrimenti che gusto c'è? -
- Vivere con te sarà economico. - realizzò ad alta voce, - Data la tua passione per le cose fottute. - 
- Come te. - 
- Non farmi venire crisi esistenziali... oh, aspetta, immagino che anche quelle siano una fase del pigiama party, giusto? -
- Sì, ma siamo in anticipo. Di solito si va in crisi verso le tre di mattina, qualche minuto prima di dormire. -
- Oh, c'è anche una scaletta. -
- Chiaro. Stiamo per vivere la parte più positiva della cosa, dopodiché la felicità sfumerà diventando sonno e il torpore del sonno si trasformerà in densa ansia che porterà uno dei due a fare domande scomode sulla vita all'altro. Sei pronto? - 
- Alla grande. - confermò infilandosi sotto una coperta rosa. 
Lindsey fece partire il dvd che aveva scelto e si avvicinò carponi velocemente a Gerard. Gli prese il viso per il mento e lo costrinse a voltarsi in sua direzione, impedendogli di guardare il televisore: - Devi sapere che ai pigiama party si mettono i film ma non si guardano sul serio. Si parla per tutta la durata e poi alla fine ci si lamenta di non aver capito la trama. Mi segui? -
Annuì, fingendo di prenderla sul serio: - Si fanno anche dei giochi durante il film? -
- In alcuni casi, sì. -
- Tipo, potremmo fare il gioco della bottiglia, no? - propose.
Lindsey scoppiò a ridere: - Fatta. Non hai preso da bere? - domandò, sorpresa.
- No. - si strinse nelle spalle.
Lindsey corse in cucina e tornò con una cassa di birra: - Per il gioco della bottiglia la bottiglia deve essere vuota? - 
- Credo di sì. - 
Stappò una birra con un apribottiglia a forma di gufo e ne bevve metà in due sorsi prima di passarla a Gerard ruttando piano. Nemmeno lo commentarono perchè, giustamente, chi se ne frega. 
Gerard bevve a sua volta in fretta e poi, una volta svuotata, la riconsegnò a Lindsey, che la distese a terra fra loro due. 
- Okay, questo è molto importante. - disse lei con finta serietà.
- Vedi di non barare. - 
- Okay. - . La fece girare. Il collo della bottiglia smise di ruotare fermandosi a puntare il divano, - Dovrei... baciarlo? - chiese girandosi lentamente a guardare il divano di pelle.
- Non so, a dire il vero la bottiglia è leggermente indirizzata a m... - 
Lindsey si era già arrampicata sulle sue spalle. Lo baciò. Dolce, morbida, leggera.

Lindsey uscì di casa intorno alle dieci, sotto lo sguardo di Gerard, che la osservò abbandonare la casa dalla finestra come un nobile ottocentesco osserverebbe la sua amata lasciarlo a bordo di una carrozza. L'unica differenza era che subito dopo accese il computer e con una smorfia si accasciò sulla tastiera guardando su Youtube qualche video degli anni '90 (e anche che Lindsey se n'era andata a bordo di una Mini). Pensò a un po' di cose. Controllò piuttosto ossessivamente il cellulare. 
Lo confortava il fatto che Lindsey fosse fuori casa. Passare troppo tempo con lei lo rendeva strano. (Non che in solitudine si comportasse normalmente.)
Spinse giù lo schermo del portatile, richiudendolo. Si accorse di essere noioso e annoiato. 
Avrebbe voluto chiamare qualcuno tipo Jimmy, ma era in studio di registrazione con Lindsey a finire di registrare le tracce, o perlomeno questo era quello che aveva capito dai mormorii sconnessi (fra l'altro cosparsi di lamenti per il torcicollo) di una Lindsey appena svegliata.
Vagò per la casa, e si fermò in bagno a guardare la vasca da bagno, fisso, per tre minuti prima di decidersi ad andare al piano di sotto. Si distese sul divano e guardò attraverso l'apertura all'ingresso del salotto il resto visibile del primo piano. Si sentì triste.
Accese la tv e decise di mettere un po' a posto il salotto. Buttò via i sacchetti di popcorn vuoti e lavò i cucchiai che avevano usato per mangiare il gelato e la Nutella. Ripiegò le coperte rosa e si accorse di non sapere dove avrebbe dovuto metterle. Si risedette sul divano, frastornato. 
Guardò la tv, senza sapere che altro fare. Scrubs. Era una delle serie tv con cui Bob era più fissato in assoluto (dopo "le Gilmore Girls"). Guardò tutte e tre le puntate che trasmisero. Non aveva assolutamente nient'altro da fare, sul serio. Avrebbe potuto scrivere qualcosa, ma di cosa avrebbe voluto e potuto parlare, dopotutto? Della vasca da bagno? Della casa di cui non capiva un cazzo? Del gelato? Del fatto che finalmente si sentiva triste esattamente tanto quanto credevano i media? 
Quindi se ne restò lì. Con la testa vagamente incassata nelle spalle, come gli succedeva quando guardava per troppo tempo e con troppo interesse la tv. Era come se dimenticasse di avere un collo e per qualche secondo riusciva sul serio ad annullarlo. Avrebbe voluto che funzionasse con molte altre cose. Studiò il rapporto fra J.D. e Turk, e si chiese perchè non andasse bene fra lui e Frank comportarsi così (con qualche bacio in più). Se loro si volevano così tanto bene senza amarsi perchè Gerard doveva sentirsi in colpa a sentirsi ossessionato dall'idea di sentire Frank? Sapeva che J.D. e Turk erano personaggi inventati, eppure si sentì meno solo. Perchè se Bill Lawrence ci aveva pensato, significava che un po' c'era passato anche lui, con qualche suo amichetto.
Si alzò in piedi e camminò quasi furiosamente per la casa in cerca del cellulare. Lo trovò in cucina, accanto al lavello. Digitò il numero di Frank (vergognosamente imparato a memoria) e nemmeno aspettò che parlasse per dirglielo.
- Non stiamo facendo nulla di male. -
- Uh? - . Solo dopo si accorse di aver rischiato grosso. Per un qualche motivo, Jamia avrebbe potuto rispondere al suo posto. Gerard si spaventò in ritardo. Non per Jamia, ma perchè qualsiasi casino creasse al difuori dei suoi momenti con Frank diventava dominio pubblico e arrivava alle orecchie e al cuore figurato di Lindsey. Quello che si spezza, non quello suddiviso in atri e ventricoli.
- Hai mai visto Scrubs? - 
- Gerard... - . Riusciva a sentirlo sorridere. Quasi riusciva a vederlo.
- Io ti voglio tanto bene e voglio sentirti ogni giorno per assicurarmi che tu non sia morto. Che c'è di male? Non stiamo facendo niente di illegale o immorale, cioè, parliamo. Solo parole. Va bene? - 
- Sei incredibile. Riusciresti a giustificare perfino un omicidio. - . Aveva abbassato la voce. Chissà quanti metri lo separavano da Jamia. Forse solo qualche parete.
- Finchè so argomentare c'è vita. - 
Frank rise. 
- Com'era New York? - 
- Caotica. Abbiamo mangiato pizza. - 
- Noi abbiamo fatto una specie di pigiama party. -
- Chi avete invitato? -
- No, non hai capito... solo io e Lindsey. Eravamo in due. - 
Scoppiò a ridere di nuovo: - Ma dai. -
- Davvero. -
- Che figata- è Gerard. - . La sua voce si era improvvisamente allontanata dal microfono. Doveva essersi voltato per parlare con Jamia. 
Riuscì a sentire un "salutamelo". Rabbrividì.
- Ti saluta. -
- Ho sentito, grazie. - recitò, nel dubbio che Jamia potesse in qualche modo sentirlo. Improvvisamente, si sentì controllato. Fu come ritrovarsi nudo in un'area videosorvegliata. Una doccia fredda. Scoprire che la Nutella che stai mangiando è scaduta. Trovare una gomma da masticare dove hai appoggiato la mano.
- Sei a casa da solo? - . Probabilmente, andava bene chiedere cose del genere ed era solo un problema di Gerard il fatto che l'avesse da sempre trovata una domanda sottilmente lasciva (tranne quando gliela facevano i genitori). 
- Sì, stanno finendo di registrare l'album. L'hanno praticamente finito. -
- E il nostro nuovo album? -
Sobbalzò: - Dio mio, Frank... corri troppo. -
- Fosse per me lo staremmo già registrando. -
- Già, simpatico, perchè non sei tu a dover scrivere i testi. - 
- Sfaticato. - 
- Lo sai che non permetterei mai a nessun adolescente di scriversi frasi scontate sulle braccia... ho bisogno di tempo per partorire le cose giuste. - 
- E stamparci magliette e scriverle sui muri o in corsivo su un qualche quaderno... giusto? - 
- Esatto. - 
- Sai, anch'io sto scrivendo testi. -
Spalancò gli occhi, sorpreso: - Uh? - 
- Non per noi... sto... uhm, cioè, in realtà ci sono molti testi vecchi, alcuni li ho scritti anni fa... altri negli ultimi mesi... okay, comunque, sto... tipo... ho un gruppo. Cioè, non proprio? Io, James e un mio amico qua, non so se te lo ricordi, Ed... praticamente, lui e James hanno un gruppo. Te lo ricordi? James ce ne aveva parlato. E ho sentito delle loro canzoni, ma il cantante è incasinato, non ce la fa proprio, dico in generale, praticamente credo sia già uscito dal gruppo... comunque... il nuovo cantante sono io. Avevo dei testi, e a loro piace come grido. Ci chiamamo Leathermouth. - 
Gerard sorrise per la breve presentazione incasinata: - Ho sempre pensato che gridi in maniera piacevole. - 
- Piacevole non è esattamente l'aggettivo giusto, comunque... - borbottò, leggermente imbarazzato.
- Così, hai un nuovo gruppo? - incalzò Gerard, determinato ad alimentare il disagio di Frank. 
- Dai... non stiamo facendo assolutamente nulla, noi del gruppo. Bob starà guardando serie tv, Mikey si fa viziare da Alicia, Ray cerca di sposare Christa e tu sei a casa da solo che guardi Scrubs... ho un po' di tempo libero e pensavo che sarebbe stato bello tenermi occupato. Lo sai, detesto sprecare tempo, mi piace avere cose da fare. Quando ci rimetteremo al lavoro sai che il gruppo con James finirà in secondo piano... sarò anche stronzo, ma voi siete prioritari. -
- Opportunista. - 
- L'amore è cieco. -
- E rende stronzi. - aggiunse.
- Sai chi è stronzo? -
- Io, sempre io. - . Ascoltò le sue risatine. Poi lo sentì salutare Jamia, e sentì il rumore di un bacio. Qualche imprecazione da parte di entrambi perchè i cani si erano messi ad abbaiare. Altri saluti, una porta che si chiude, altre imprecazioni per i cani.
- Sti cani di merda. - concluse Frank ritornando a parlare al telefono, - Jamia se n'è andata. -
- Perchè? - domandò dopo qualche secondo di esitazione.
- Deve uscire con delle amiche. - 
- Mi fai sentire qualcosa di quel tuo gruppo, quando registrate? -
- Mh... sì. - 
- Com'è che vi chiamate? -
- Leathermouth. -
- Fico. - 
- Senti, aspetta. - . Riattaccò.
Gerard, sorprendentemente ferito, fissò il display del cellulare. In attesa di spiegazioni. Una ventina di secondi dopo ricevette una videochiamata da parte di Frank.
Trasalì, irrimediabilmente emozionato. Rispose alla chiamata.
- Ehi. - lo salutò Frank, mentre il suo volto da sgranato diventava riconoscibile. Sorrideva.
Gerard lo guardò, senza parole. Sconvolto dalla tecnologia ma anche da lui: - Ciao? - 
- Non te l'aspettavi? - . Indossava una maglietta verde e doveva essere seduto sul divano, a giudicare dallo schienale che gli spuntava dietro.
Gerard, invece, era in cucina mezzo seduto sul tavolo. Cercò di vedere tramite il riquadro più piccolo in che condizioni si trovasse e come si stava inquadrando. Sollevò immediatamente di qualche centimetro l'inquadratura. Come se potesse ingannare qualcuno che lo conosceva di persona di essere più magro di quanto fosse in realtà: - No! Dio mio, sei così indelicato. Non mi aspettavo una cosa del genere... se mi avessi avvisato avrei... che ne so, mi sarei pettinato. -
- Ti saresti truccato. - lo prese in giro Frank, continuando a ridere. 
Gerard sorrise. Si sentiva stupido a innamorarsi così di dei cazzo di pixel. 
- Sei in cucina? - chiese Frank.
- Oh, sì, guarda. - . Fece ruotare il cellulare per inquadrarla. 
- Cazzo, Gerard. - sentì la sua voce, - E' costosa. -
- Tutto è costoso qui. - disse preoccupato, tornando a inquadrarsi aggrottando la fronte. 
- La casa che mi sono preso qui invece è deliziosamente nella media. - disse mostrandogli il salotto, - E' arredata come piace a me, ha abbastanza chitarre da sfamare tutti gli ex chitarristi degli Iron Maiden, un bel televisore... cose così. - 
- Sembra carino. - 
- Un giorno ti mostro la casa di persona. Dista mezz'ora da casa dei tuoi, e una quarantina di minuti da casa dei miei. Quanto basta per evitare che mia madre passi qui ogni giorno. -
- Beh, anche tu sei invitato qui. - 
- Con la scusa che registriamo a Los Angeles finirò per vederla sicuro. Ti avviso, potrei pisciarti sui muri. -
- Almeno puliremmo noi. Io e Lyn abbiamo deciso che non ci affideremo mai a donne delle pulizie o cose così. -
- Che persone umili. - commentò con un sorriso sarcastico. 
- Fanculo, Frank. - 
- Non avete cani lì? -
- No. -
- Non so allora se mi va di venire... -
- Beh, ho l'impressione che fra poco Lindsey ne vorrà uno. -
- Poi sai cosa vorrà? -
- Cosa? -
- Un figlio. - 
Trasalì: - No... -
- Sì, l'ho imparato guardando la tv. Le donne funzionano così. -
- Che cazzata, Lindsey non è una donna convenzionale... - 
- Lo è più di quanto tu sia disposto ad ammettere. - 
Gerard strinse le labbra, fissandolo: - Sembri Alicia a volte. - 

- Com'è andata? - . Lo aveva sconvolto parecchio il fatto che Lindsey avesse le chiavi di casa e fosse entrata così, senza nemmeno bussare. Non si sarebbe mai abituato a nulla del genere, davvero. 
Lindsey fece un ampio sorriso buttando gloriosamente la borsa sul divano: - Bene! L'abbiamo finito. Dopodomani riesco a portare a casa una copia. - 
- Ma è fantastico! - si complimentò prima di ricevere un bacio da Lindsey.
- Lo so! Jimmy era così gasato che ha pisciato sul tavolo. - disse togliendosi la giacca prima di buttarla sopra la borsa.
- Stai scherzando. - disse Gerard. Non una vera e propria domanda, ma quasi.
- Chiaro. Non è un fottuto cane. - 
- Allora sei invitata a riporre qualsiasi forma di ironia o sarcasmo in un posto in cui non possa colpire le mie stanche membra. -
- Che hai fatto oggi? - chiese cercando qualcosa in frigorifero.
- Nulla. -
- Oh, capisco, dev'essere stato sul serio stancante. -
- Che ti avevo detto riguardo il sarcasmo? -
Lindsey sorrise e si stappò una birra prima di appoggiarsi alla porta del frigorifero chiusa: - Jimmy ci ha invitati a una festa. - 
- Che festa? -
- Siamo a Los Angeles. Una di quelle feste da Los Angeles. - 
- Droga, sesso, tequila e glam metal? - 
- Togli droga e aggiungi vandalismo ingiustificato nei bagni. -
Gerard rise: - Cosa? -
- E' quello che Jimmy ha intenzione di fare. -
- Non ci posso credere. - 
Lindsey gli passò la bottiglia di birra e poi si dedicò al proprio cellulare con una mano e con l'altra a una ciocca di capelli.
- Ci saranno celebrità? - domandò, ritirando in ballo l'argomento appena chiuso. 
- Alla festa? Sì. -
- Russell Brand? -
- Può darsi. -
- Paris Hilton? - 
- Non lo so, ma di sicuro ci sarà qualcuno di altrettanto inutile. - 
- Wow... - mormorò, pensieroso, - Odio Los Angeles. -, concluse prima di bere un sorso di birra.
Lindsey ripose il cellulare e sorrise: - Tu sì che sei una persona grata. -, disse carezzandogli una guancia.
- Sta sera sei particolarmente sarcastica. Cucino io. -
- A caso? - chiese, sorpresa. 
- Sì. Non vorrei che del sarcasmo finisse nei miei spaghetti. -
- Qualsiasi scusa mi va bene. -
- Certo, non ti permetterò mai di cucinare sarcasticamente una nostra cena. - 
- Okay, non preoccuparti, credo che ora andrò sarcasticamente sul divano. Sono stanca. -
- Sarcasticamente stanca. - la corresse.
Gli baciò le labbra: - Ti amo. -
- Sarcasticamente? -
- No, sul serio. - 

Andarono per davvero alla festa. C'era sul serio Paris Hilton. O almeno, Jimmy aveva dichiarato di averla vista. Tuttavia, era ubriaco. Gerard aveva quel vizio di ostinarsi a credere alla gente ubriaca, sobria e via dicendo. 
Anche Lindsey era poco sobria. 
Quindi le conversazioni finirono per concentrarsi fra Chantal e Gerard. Scoprì che amava il surf pop, le boyband, l'ammorbidente e che sua cugina di nome Jessica stava affrontando un virus intestinale.
- Ti spiace accompagnarlo al bagno? - chiese a un certo punto, reggendo Jimmy per un braccio.
- Come fai a sapere che deve andare in bagno? -
- Si regge il pacco. Come i bambini. - disse, così seria da far male. 
Gerard cercò di non ridere e fece scendere Lindsey dalle proprie ginocchia per prendere Jimmy per mano: - Ti accompagno in bagno. -
Jimmy si alzò in piedi e seguì Gerard, tenendogli docilmente la mano. 
- Quanto spesso ti ubriachi? - chiese guardandosi allo specchio mentre Jimmy andava all'orinatoio.
- Quanto basta. - 
Gerard sorrise per la risposta. 
- Ehi, parla. Non ascoltarmi mentre piscio, è inquietante. - 
- Di cosa dovrei parlare? - chiese ridendo.
- Della vita coniugale. Che ti sembra? -
- Non lo so, stiamo sempre insieme. -
- La mia pisciata dura un po' più di una frase. - lo sgridò. 
- Uhm... è tutto un po'... la casa, dico, è impersonale. Non lo so. Mi sento ospite, non proprietario. E... non sappiamo cucinare. E abbiamo tre bagni. Se ti va puoi vandalizzarne uno... che cazzo, siamo in due e abbiamo tre bagni. -
Jimmy si ritirò su i pantaloni: - Giusto in tempo. - si complimentò con Gerard, voltandosi per rivolgergli uno dei suoi sorrisi da scoppiato. Andò al lavandino e aprì il getto d'acqua, - Sai, Gerard... - disse in tono saggio, - Tu e Lindsey non sarete per sempre in due... se sai cosa intendo. -, aggiunse guardandolo in velocità per fargli l'occhiolino, - Avete già iniziato a fare quelle cose? -
- Eh? - 
- Le vostre cose... -
- Cosa? -
- Avete già avuto- rapporti sessuali? - chiese Jimmy.
Gerard fece del suo meglio per non ridere, - Beh, sì. -, borbottò.
- Usate la protezione? -
- James, tu hai delle strane sbronze. - 
- L'ultima persona a chiamarmi James è stato il mio avvocato, mi spaventi. - spense il getto dell'acqua e si asciugò le mani sui pantaloni prima di avvicinarsi un po' troppo a Gerard. Sul serio, si appoggiò al suo petto con il proprio, - Ora, a parte gli scherzi... -
Gerard indietreggiò leggermente.
Jimmy colmò con facilità e senza ripensamenti la distanza. - Lindsey era molto preoccupata. -
- Uh? - 
- Pensava che saresti scappato e cose così. -
- Sul serio? -
Annuì.
- Jimmy, mi spaventi. - 
- No, tu spaventi lei. -
- Ma mi sono comportato bene. -
- Hai intenzione di farlo per il resto dei tuoi giorni? -
- Sì... -
- L'avete promesso al matrimonio, ricordi? -
- Sì. Sì. -
- Bene. - disse allontanandosi, - E mi raccomando la protezione. Non siete in grado di tenere bambini. -, borbottò prima di svuotare il container di sapone sulle proprie mani per poi imbrattare tutti gli specchi. 

Tornò a casa dal supermercato alle undici e diciassette. Parcheggiò la Mini borbottando e rimase seduto sul sedile a fissare il muro oltre il parabrezza. Si accese una sigaretta e pensò che era l'unica cosa familiare e quindi confortante che gli era rimasta. Provò a immaginare che avrebbe fatto per il resto della giornata. Non gli venne in mente nulla. Ne venne deluso. 
Finì di fumare, prese le sportine di plastica e si trascinò giù dall'auto. La chiuse con il telecomando della chiave, reggendo le borse con fatica con un unico braccio. Come se fossero un bambino. 
Si ficcò la chiave in tasca e ridistribuì il peso della spesa su entrambe le braccia. Si diresse alla porta e appoggiò tutto a terra per cercare la chiave. E infine scoprire che la porta era aperta. Cercò di capire con chi incazzarsi di più entrando goffamente in casa. Decise di prendersela con la serratura e chiuse violentemente la porta a chiave. Fece un respiro profondo.
- Tesoro? Non- -, si accorse della possibilità di stare parlando con assolutamente nessuno. O con qualcuno di sconosciuto, - Non dovresti lasciare la porta aperta. -
- Oh, scusa! - 
Seguì la voce di Lindsey e si affacciò al salotto. Guardò il bambino che stava reggendo in braccio e cullando di fronte a un libro aperto. Si schiarì la voce: - Tesoro, non mi avevi detto che avevamo un figlio. - 
- Non è nostro. E' di Louise. - 
- Chi è Louise? - chiese, guardando a dovuta distanza il bambino coi capelli castano chiaro. 
- Una mia amica. -
- Quante amiche hai, Lindsey? - 
- E tu quanti amici hai? - domandò lei di rimando, fulminandolo dal divano.
- Non li ho mai contati. -
- Già, lo stesso qui. - 
Gerard si avvicinò di qualche passo: - Quanti anni ha? -
- Quattro. - rispose il bambino.
Gerard sobbalzò. 
Lindsey coprì le orecchie del bambino: - Non guardarlo come se fosse un cazzo di mostro. -, ordinò, prima di baciare il capo di quella piccola bestiolina e scoprirgli di nuovo le orecchie. 
- Ciao, mi chiamo Gerard. - decise di presentarsi lui. 
Il bambino sorrise e basta.
- Tu come ti chiami? - chiese quindi con insistenza. 
- Dewie. - 
Gerard si coprì la bocca, cercando di non scoppiare a ridere.
Lindsey lo guardò, stranita, mentre il bambino tornava a dedicarsi al libro con un mezzo sorriso, apparentemente disinteressato al motivo del divertimento di Gerard.
- Si chiama come il peluche che abbiamo nel tourbus. - spiegò a Lindsey, ridacchiando convulsamente. 
- Il cosa? - domandò lei, con un sorriso confuso. A quanto pare, il contagio da sorriso era reciproco. 
- L'orsacchiotto! Te lo spiego dopo. - 
- Okay. - annuì lentamente Lindsey, - Hai fame? - . Per un attimo, Gerard si illuse che lo stesse chiedendo a lui. Fino a quando Lindsey non spostò appena Dewie per farsi guardare in faccia dallo stesso.
Dewie scosse la testa, sempre con quel suo sorriso appena accennato. Sembrava che la stesse prendendo in giro. 
- Vuoi delle caramelle? - 
Il sorriso di Dewie si allargò vistosamente mentre annuiva ripetutamente. 
Gerard sorrise suo malgrado. 
- Non muoverti. - disse quindi Lindsey, sollevandolo per metterlo a sedere sul divano, - Torno subito. - . Guardò Gerard. Uno sguardo ricco di sottintesi. Di ordini. Di raccomandazioni.
Gerard sollevò le mani in segno di resa e Lindsey gli stampò un bacio sulle labbra prima di andare in cucina. 
- Quanto tempo stai qui? - chiese Gerard, avvicinandosi al bambino fino a riuscire a sedersi al suo fianco.
Il bambino si limitò a guardarlo. 
- Fino al pomeriggio? - incalzò Gerard.
Dewie annuì.
Anche Gerard annuì, fissandolo in quei occhi un po' troppo grandi finché lui non tornò a guardare il libro. 
All'improvviso, le sue labbra si aprirono in un ampio sorriso mentre gli porgeva il libro, stringendolo forte con quelle sue dita corte: - Me lo leggi? -, chiese a bassa voce, quasi con timidezza.
- Oh, okay... - . Guardò rapidamente la pagina, che rappresentava un coniglio vestito come un essere umano che saltellava in direzione di un bosco. Passò al piccolo paragrafo scritto a lettere grandi in alto a sinistra della prima pagina, - Harry il coniglio va a trovare i nonni. Corre velocemente attraverso il bosco, schivando saggiamente gli alberi e i loro lunghi rami. Harry ama correre. -
Dewie sorrise, soddisfatto dall'interessantissima descrizione della scena. Indicò un albero: - Il bosco. - disse toccandosi timidamente la testa.
- Già. - annuì, chiedendosi che senso avessero quei libri. 
Dewie si allungò e girò la pagina di carta spessa e colpì la pagina seguente, in un silenzioso invito a continuare a leggere.
- Harry il coniglio saluta i nonni. Nonna Betty sta preparando una gustosissima marmellata di carote, la preferita di Harry il coniglio. - 
Dewie interruppe Gerard con una risata acuta.
Gerard sorrise appena, guardandolo con sorpresa: - Che c'è? -
- Marmellata di carote. - ripeté il bambino, arricciando il naso disgustato.
- Ah, già. Che mer- che schifezza. Nonno Tony... -, continuò a leggere, - Sta leggendo il giornale, comodamente seduto sulla sua poltrona di muschio. Harry il coniglio ama andare a trovare i nonni. - . Si chiese perchè concludessero ogni paragrafo così. Era di una monotonia infernale. 
Dewie riprese il libro, fissò per un po' l'immagine e infine lo richiuse e sollevò il viso per sorridere brevemente a Gerard. Così, senza motivo. E poi riprese a sfogliare le stesse pagine del libro, studiandole per conto suo.
- Ho trovato gli orsetti gommosi. - annunciò Lindsey entrando in salotto. 
Dewie raddrizzò improvvisamente la schiena, con un sorriso elettrizzato. 
Lindsey sorrise e gli accarezzò i capelli prima di sedersi al suo fianco e aprire il sacchetto di Haribo.
Il bambino immerse prontamente la mano nel sacchetto. Cercò di prendere più orsetti possibili con una sola manata e sorrise con aria colpevole nel vedere di averne acchiappati cinque. Doveva essere un numero considerevole considerando le dimensioni del suo stomaco. E Dewie lo sapeva. 
Lindsey sorrise accarezzandogli di nuovo i capelli lisci e puliti: - La mamma impazzirà se glielo dici. -
Dewie cercò di metterseli tutti in bocca, forse per paura che qualcuno glieli rubasse.
- Che ci fa qui? - chiese in un sussurro Gerard, da sopra la testolina del bambino.
- Louise ha una visita in ospedale e ha bisogno che glielo teniamo fino a sta sera. -
- E' grave? - 
- Nah. - scrollò le spalle, sistemando il sacchetto di caramelle sul tavolino, fuori la portata di mano di Dewie. Balzò in piedi, - Vado a cucinare qualcosa, hai preso i pomodori? - 
- Sì. -
- E il latte per domani mattina? -
- Sì. -
Si esibì in un sorriso smagliante: - Perfetto. -, concluse, chinandosi oltre Dewie per baciargli prima la guancia e poi le labbra, - Voi guardate la tv, vi chiamo quando è pronto. - 
- Okay. - 
Lindsey sparì di nuovo in cucina, e Gerard, nel guardarla, si chiese se un giorno sarebbe mai successo a loro. Se un giorno, al posto di Dewie, ci sarebbe stata una loro creazione. Prese il telecomando con la mano tremante e accese la tv.

- La scena è stata questa... - borbottò Gerard cercando di non rompersi niente nel sedersi nella vasca da bagno, - Entro in casa e trovo un cazzo di bambino seduto sul divano. Uscito totalmente dal nulla. -
- Oh mio Dio. - sussurrò impressionato Frank. 
Gerard riportò gli occhi sul display del cellulare. Sul suo viso: - Ti giuro. Cioè, in realtà Lindsey lo stava tenendo addirittura in braccio. E' stato terrificante. Non avevo idea di chi fosse. Era uno sconosciuto, in braccio a mia moglie. Non aveva un fottuto senso, ho quasi dato di matto, davvero. - 
Frank accennò un sorriso, grattandosi la testa: - E chi era? -
- Il figlio di una sua amica! -
- Pazzesco. Come cazzo c'è finito a casa vostra? -
- Lei aveva una qualche visita. Frank, ho paura. - confessò.
- A che ti riferisci? -
Fissò lo schermo. Il cuscino bordeaux a cui era appoggiato Frank, in contrasto con le sue scapole nude e i suoi occhi chiari. Quel lieve accenno di barba. I capelli ancora troppo corti per essere disordinati. Controllò il piccolo riquadro in basso, in cui poteva vedere il proprio viso come riflesso a uno specchio, e si sistemò con qualche veloce gesto i capelli neri. Sospirò, accorgendosi di stare cercando di guadagnare tempo: - Non voglio avere un figlio. Non con lei. Non con me. Non in questa casa. Non in questo mondo. Non in questa vita. -
- Insomma, non lo apprezzeresti. - tirò le conclusioni Frank con un sorrisetto. 
- Affatto... o almeno ora mi sento così al riguardo. Magari per gli ottanta mi convincerò a mettermi la testa a posto. -, riprese a sistemarsi istintivamente i capelli, per qualche stupido motivo, - Dov'è Jamia? -
- Mi meraviglio che tu non me l'abbia chiesto prima. Comunque è a casa sua. Ha invitato a cena i suoi e non le sembrava il caso di passare qua solo per dormire. -
- Anche a me non sembra il caso. - confermò Gerard. 
Frank sospirò e si spostò per qualche secondo dall'inquadratura per prendersi il pacchetto di sigarette e accendersene una.
- Fumi in casa? -
- Certo. -
- In camera? -
- Sì, cazzo. Era al primo posto nella lista di motivi per cui dovevo comprarmi una casa tutta mia. -
- E cosa c'era al secondo? -
- Posso girare in mutande a qualsiasi ora del giorno. Anche se questo comporta rovinarsi la vita non appena qualcuno suona al campanello e sei costretto a correre in camera a vestirti in meno di dieci secondi altrimenti sembrerà che chiunque sia al campanello ti abbia disturbato mentre facevi qualcosa di impegnativo. Perchè essere socialmente accettabili è così difficile? -
- E' casa tua, Frank, credo sia okay se apri la porta in mutande. Magari tieni appeso in cucina un accappatoio in caso di emergenza. -
- Un accappatoio? - chiese Frank, ridendo.
- Uno di quelli leopardati. -
- E un sigaro e un paio di occhiali da sole da portarmi dietro. - aggiunse ironicamente.
- Una volta quand'ero con Lyn sono andato ad aprire al servizio in camera ridotto così. - 
- E come l'hanno presa? -
- Non ricordo, credo con diplomazia. Mi sentivo così tanto in imbarazzo... -
- Chissà qual è stato il loro primo pensiero quando ti hanno visto. -
- Credo un "ma che cazzo?". - 
Frank ridacchiò sollevando appena il viso.
E Gerard, tanto per cambiare, si sentì triste. Per quant'era bello il suo sorriso, per il fatto che stesse reggendo un cellulare di fronte al proprio viso e perchè era solo all'inizio di un lungo periodo di confusa merda. E per la millesima volta, si lasciò schiaffeggiare dalla verità. Che era colpa sua, che era stato lui a mettere in piedi il tutto. Intrappolato in quelle scelte incasinate fatte senza alcun criterio, se non a disordinata e affrettata esclusione. E ancora non ci poteva credere che era di nuovo nella vasca da bagno, nascosto dalla propria moglie e affacciato tramite quel portale di pixel nella camera da letto vuota di Frank.

Guardò cupamente il mare, infilandosi degli occhiali da sole. 
- Fa freddo. - mormorò Lindsey, gli occhi fissi sul mare. 
- Ci verrà il cagotto. - confermò Mikey con una smorfia rigida mentre cercava di non tremare.
- Ti fa sentire il culo vivo. - disse Alicia prima di assestargli una pacca al sedere. 
- Shhh, entrata scenica. - ricordò loro Gerard in tono di rimprovero, - Ora siamo californiani. - . Prese la mano di Lindsey e quella di Mikey, il quale intrecciò le proprie dita a quelle di Alicia prima che muovessero qualche passo sulla sabbia tiepida, sospinti dalle folate di vento che li portavano a rabbrividire incontrollatamente. Aumentarono il passo nella fretta di raggiungere il mare e farla finita. Già mentalmente proiettati al momento in cui si sarebbero rimessi i vestiti e avrebbero dannato il meteo, presero a correre. E a ridere. Cioè, a dire il vero Mikey aveva iniziato a ridere e aveva proprio una risata di merda e allora si erano messi a ridere tutti. Arrivarono finalmente a bagnarsi i piedi con l'acqua, schizzandosi a vicenda per l'improvviso arresto. 
Urlarono scappando fuori dall'acqua. Corsero disordinatamente in direzione dei vestiti che avevano lasciato all'inizio della spiaggia e si rivestirono in fretta. 
- Che cazzo di senso ha avuto? E soprattutto, chi è che aveva detto che oggi avrebbe fatto caldo? - chiese Alicia, saltellando nel tentativo di mantenere l'equilibrio mentre si metteva le scarpe.
Gerard la guardò con un sorriso colpevole.
 - Stupido Gerard. - sospirò lei. 
- Ci siamo consacrati come californiani. Il mondo aspettava questo momento. - replicò Gerard. 
- Già, ne parleranno sta sera al telegiornale. - asserì sarcasticamente Lindsey.
- Io l'ho trovato figo. - si strinse nelle spalle Mikey, con addosso solo la maglietta e apparentemente nessuna intenzione di infilarsi il resto dei vestiti. 
- Finalmente qualcuno che apprezza le mie idee. - lo ringraziò Gerard.
- Tesoro, sembri uscito da un manicomio. - disse invece Alicia, sghignazzando, - Rimettiti i pantaloni, mi spaventi. - 
- Hai appena detto la frase più offensiva del mondo maschile. - 
Alicia gli abbracciò i fianchi e si alzò sulle punte per baciarlo. 
Gerard, nel forzare la cerniera dei jeans in guerra contro la sua pancia, si sentì vecchio. Era ingrassato, ma non era solo quello. C'erano un mucchio di altre cose che non andavano. 
- Che c'è? - chiese Lindsey, avvicinandosi. 
Gerard accennò un sorriso: - Niente, sono ingrassato. -
- Significa che cucino bene. - disse dandogli qualche leggera pacca sulla pancia, - O che il cibo che ordiniamo è buono. - 
- Di solito sono le donne che ingrassano dopo il matrimonio. - notò con un sospiro rassegnato. 
- Dammi ancora qualche giorno. - sospirò a sua volta Lindsey, tastandosi la pancia. 
A Gerard, per un istante, ricordò il fatto che era femmina, che aveva un utero e che c'era la possibilità che rimanesse incinta. 
- Uao, guarda chi viene. - disse Alicia, probabilmente rivolta a Mikey. Ma attirò comunque l'attenzione di Gerard, che seguì con lo sguardo dove il suo indice puntava. Riconobbe la locandina di un concerto e già arrossì. Scoprì che erano i Black Keys e temette di morire. 
- Sono quelli che piacciono a Frank, giusto? - chiese Lindsey. 
Gerard annuì. Si chiese come cazzo facesse a saperlo. Probabilmente Frank ne parlava più spesso di quanto ci facesse caso.
- Figo, potremmo invitare Frank e Jamia qui qualche giorno così andiamo insieme al concerto. -
- Pensi che ci siano ancora biglietti disponibili? - balbettò Gerard.
- Ehi, abbiamo Jimmy, la troia dei concerti. Non si ferma di fronte a nulla. Una volta ha comprato un biglietto per il concerto di Beyoncé il giorno stesso del concerto. -
- Beyoncè? - ripeté Gerard, ridacchiando. 
- Jimmy è sul serio strano. - commentò Mikey. 
Gerard incrociò lo sguardo serio di Alicia e sobbalzando prese realmente atto della proposta di Lindsey.
- Perfetto, allora sta sera chiamo Jamia. - . E si accorse che la proposta era già stata confermata. Spostò lo sguardo sulla sabbia, deglutendo a fatica. 
- Non trattenere l'entusiasmo. - 

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Capitolo 14
*** Miss Atomic Bomb ***


OHIII AD ESSERE SINCERI L'ESTATE E' FINITA!!!!!!!!!! COME VI SENTITE AL RIGUARDO??? A ME FA MALE LA PANCIA E LA SCHIENA AKA CICLO E MI SENTO ANCHE INCAZZATA AKA CICLO + TUTTO QUANTO
Ahaaah ho appena notato che nel vecchio cap avevo scritto capitolo 14 al posto di 13, il devasto è alle stelle.
Basta vado a incazzarmi e mangiare cioccolata e piangere
Lesssssssy bones (ossa lesse o più che altro Tiny Taco mi chiama les sui dm e mi sta bene)


14. Miss Atomic Bomb

Iniziò ad andare in palestra, a fare amicizia con i vicini, a fare schifo in cucina ogni volta che Lindsey tornava a casa troppo tardi per avere il tempo di cucinare. Si accorse che il tempo passava meno lento quando aveva un punto di arrivo. Quei trentasette giorni passarono incredibilmente veloci. Scanditi da chiamate, giornate con Mikey e Alicia, cene fuori, e quella singolare volta che passarono una giornata nel deserto e Gerard, fissandolo, si ritrovò stranamente affascinato. 
Quindi, quella sera, quando suonò il campanello, si sentì come precipitare mentre dal divano guardava Lindsey correre alla porta. 
Si alzò lentamente, con la sensazione che l'aria attorno a lui fosse diventata più densa. Si fermò brevemente di fronte allo specchio per sistemarsi i capelli e poi avanzò come un fantasma in direzione della porta, immerso in quel silenzio innaturale che la sua mente aveva creato per lasciare spazio a solo tre parole "Non. Fare. Cazzate.". 
Continuò a ripeterlo finché, affacciandosi oltre lo stipite, il suo silenzio mentale venne disturbato e perforato dalle voci acute di Jamia e Lindsey. 
I suoi occhi si trascinarono lentamente dalle Vans nere che stava fissando, su per i jeans, oltre la felpa rosso scuro fino al suo viso. Avrebbe voluto più tempo per imprimere nella propria mente il suo sorriso e il colore dei suoi occhi che definire nocciola era riduttivo ma Jamia decise di pararsi di fronte al metro e sessantotto di Frank per abbracciare Gerard. Come se a qualcuno dei due fregasse qualcosa di quell'abbraccio. Fra lui e Jamia c'erano intere praterie di distanza, era così palese. 
Le carezzò nervosamente le scapole borbottando un qualche saluto in attesa che si allontanasse. Avrebbe almeno voluto come primo abbraccio Frank.
Il suo petto tornò scoperto e sentì freddo e poi caldo quando incontrò quello di Frank. Lo strinse piano fingendo di non sentirsi morire, simulando moderata gioia ma cercando allo stesso tempo di archiviare febbrilmente la morbidezza dei suoi capelli e il profumo della sua felpa. Solo Frank riusciva a non puzzare di aereoporto dopo averci passato quattro ore dentro. Di lunedì, fra l'altro. 
Sciolse la stretta minuziosamente studiata e tornò vicino a Lindsey. Si accorse di avere un braccio attorno alle sue spalle e si complimentò fra se e se per l'impeccabile comportamento da marito che ultimamente stava avendo. Davvero, due giorni prima aveva pure inseguito Lindsey che stava andando in cucina scalza con le pantofole in mano per non farle prendere freddo ai piedi. E a volte lavava i piatti di sua spontanea volontà. Era davvero notevole. 
E Jamia non la smetteva di parlare. - Abbiamo visto questa casa enorme e abbiamo dovuto ricontrollare due volte l'indirizzo perchè- insomma, senza offesa, ma chi l'avrebbe mai detto? - 
- Già. Ci sono tre bagni, lì dentro. - annunciò in tono tragico Gerard, indicando con un pollice l'interno della casa. 
- E siete in due. - si congratulò sarcasticamente Frank. 
- Non è detto che sia per sempre così. - lo apostrofò Jamia. 
Gerard provò a ridere e si chiese perchè tutti si aspettassero un figlio da loro due.
Lindsey si toccò istintivamente la pancia e Gerard, nel fissarla minacciosamente, temette che stesse per annunciare qualcosa di molto poco gradito davanti a tutti.
- Entriamo? Ho fame. - cercò di salvare la situazione Frank, con esiti più o meno pessimi. 
- Oh, okay. - borbottò Gerard, cercando di dissimulare quel pesante mezzo secondo di disagio collettivo. Si spostò a lato e fissò avidamente Frank mentre entrava dopo Jamia inciampando sulle valige. Richiuse la porta e sospinse Lindsey dietro loro due.
- Le valige le portiamo su dopo cena? - chiese Jamia. 
- No, le facciamo portare su dagli uomini mentre prepariamo la cena. -
- E per preparare la cena intende comporre il numero della pizza a domicilio. - puntualizzò Gerard, mollando i fianchi di Lindsey per dirigersi alla valigia di Jamia. La afferrò e iniziò a spingerla verso le scale mentre Frank faceva lo stesso con la propria e Lindsey prendeva le loro giacche. Salirono a fatica alcuni scalini tenendo i bagagli sollevati.
- Ehi, che pizza volete? - urlò Lindsey. 
- Patatine fritte. - risposero all'unisono. Si guardarono negli occhi, arrossendo come se avessero appena fatto una proposta indecente. 
Gerard tornò a concentrarsi sulla valigia e riprese a percorrere le scale a suon di grugniti e scalini mancati. Finite le scale si appoggiò alla ringhiera, lasciandosi andare con un sospiro a un'appassionata osservazione di Frank che continuava a faticare trascinandosi dietro la valigia.
- C'hai messo dei cani dentro? - chiese in assoluta serietà.
- Non li lascerei mai senza ossigeno e vicino alle mie mutande. - rispose con altrettanta serietà, raggiungendo l'ultimo scalino con un sonoro sospiro. Il suo sguardo si scontrò in maniera davvero unica con quello di Gerard prima che entrambi sorridessero, quasi ridendo. Non significava assolutamente nulla, lo fecero e basta.
Gerard riprese la valigia e la portò a fatica nella camera da letto che Lindsey aveva deciso essere per gli ospiti. Notò con una nota di piacere che Lindsey aveva messo loro le lenzuola marrone scuro come Gerard le aveva consigliato. Sul serio, nel contesto, con le travi a vista e il parquet doussié dal colore caldo si abbinavano davvero bene. 
Mollò con un grugnito la valigia di Jamia. E meno male che faceva palestra. 
Frank arrancò attraverso la porta aperta sorreggendo a stento la valigia: - Non mi aiuti? -
- No. - 
Sbuffò e sganciò la propria valigia calciandola in direzione del letto. 
- Niente facchino, eh? - esordì Gerard, cercando di sistemare in maniera più ordinata i bagagli. 
- Come al primo tour. - confermò con un sorriso malinconico Frank, grattandosi la testa mentre fissava il parquet, - Quando non ero il tuo migliore amico ma il tuo... -
- Amico preferito. - dissero all'unisono. 
Frank sorrise debolmente, ancora perso nei suoi pensieri. Sollevò all'improvviso il viso, - Comunque bella sta- -, in tempo per essere buttato a forza sul letto. Spalancò gli occhi avvampando, - Giuro su Dio che se adesso entra qualcu- -
- Rilassati, non siamo in trappola. - cercò di rassicurarlo, aspettando col fiato corto il millesimo di secondo perfetto per iniziare a baciarlo. Lo trovò quando gli occhi di Frank si posarono timidamente sul suo viso. Portò le labbra sulle sue, baciandole piano in attesa che Frank iniziasse a baciarlo con quell'imprecisa e tenera violenza che lo prendeva a volte. Risentire il suo corpo sotto i propri polpastrelli gli sembrava ancora inverosimile, dopo tutte quelle serate di pixel. Il suo calore, associato al suo profumo. La sua faccia, e i suoi denti. Era così assurdo averlo lì, seduto sul letto, di nuovo a respirare la stessa aria.
- Sei sordo? - chiese Frank, spingendolo dolorosamente giù dal letto. L'aveva colpito sotto le costole, all'altezza dello stomaco, e Gerard temette di vomitare. 
- Siete morti? - . Jamia.
- No, stiamo- - urlò Frank, ancor prima di pensare effettivamente a qualcosa da dire, - Il computer. Il caricabatterie. -, si coprì il viso con una mano, rendendosi conto di quello che stava dicendo. 
Gerard si fiondò il più silenziosamente possibile nell'armadio, fingendo di essere impegnato a cercare qualcosa. Due secondi dopo erano entrambe già nella stanza. 
- Hai già disfatto il letto? - chiese Jamia.
- Ci ho saltato sopra. - . Che disastro.
- Pensa di essere in hotel. - commentò Gerard con distaccata disapprovazione, continuando a interessarsi eccessivamente al contenuto dell'armadio.
- Tesoro, che stai cercando? - chiese Lindsey, avvicinandosi con discrezione.
- Cercavo... delle coperte più calde nel caso in cui faccia freddo. -
- Ma le coperte non sono lì. L'armadio è vuoto. -
- Lo so, l'ho notato. Quando arrivano le pizze?  - 
- Fra mezz'ora. Se volete disfare le valige, intanto... - disse Lindsey, rivolgendosi agli altri due.
Ricevette risposte positive, quindi uscì dalla stanza prendendo Gerard per la mano per costringerlo a fare lo stesso. 
Andarono in cucina ad apparecchiare la tavola e Gerard cercò di baciarla un paio di volte ma lei sembrò solo triste. O perlomeno finchè Frank e Jamia non si sedettero a tavola, anche se probabilmente si stava solo sforzando di essere positiva.

Passò la notte a farle strane promesse col risultato che Lindsey alla fine, a differenza di Gerard, si addormentò. Gerard si limitò ad addormentarsi a metà mattinata mentre guardava un film con Frank. Jamia e Lindsey erano in veranda a raccontarsi di tutto. 
Gerard si risvegliò sobbalzando dopo aver percepito la propria testa cadergli sul petto e si chiese istericamente come facessero le ragazze a trovare sempre cose di cui parlare. Prese a muovere la testa, facendo scricchiolare il collo.
Frank lo stava fissando, a braccia conserte, con aria disgustata. - Che hai fatto invece di dormire? - chiese quindi.
Gerard si prese qualche secondo per guardarlo e basta. Perchè poteva farlo, perchè andava fatto. 
Il più piccolo sorrise appena. Esalò un lieve sospiro cambiando per qualcosa come l'ottava volta canale. Dopo essersi ritrovato di fronte all'ennesimo reality show sbuffò spazientito e spense la tv. Colpì Gerard al petto, voltandosi di nuovo a guardarlo: - Rispondi? Sei lento! -, sbottò, dandogli un'altra pacca.
- Non mi va di parlarne. - borbottò, cercando di trovare una posizione comoda per rimettersi a dormire restando seduto. 
Frank sospirò e afferrò il telecomando. Riaccese la tv. - Appoggiati a me, no? - 
Gerard riaprì gli occhi: - No, sei matto? -
Frank lo guardò con un'espressione a metà fra l'infastidito e il perplesso: - Non parlarmi con quel tono. -
Gerard commentò quanto detto roteando gli occhi al soffitto. Sbuffò: - Frank, siamo in trappola. -
- Non dirmi. - 
- Non prendermi in giro. -
- Ieri hai detto l'esatto contrario. -
- I mezzi giustificano il fine... no, era il contrario. - 
- Beh, in fin dei conti è reciproco. -
- Non proprio, Frank. -
- Quanto mi stai sul cazzo. Non sei nemmeno in grado di dormire. - sbottò, alzandosi per andare a sedersi sulla poltrona, - Ti lascio il divano così almeno stai zitto. -
- Sono davvero felice di averti qui. - disse Gerard, sorprendendosi nel notare l'improvvisa totale mancanza di sarcasmo nella sua voce. 
- Anch'io. - disse Frank, soffiandogli scherzosamente un bacio. 
- Se vuoi ci sono dei dvd nel mobile sotto la tv. - lo informò, distendendosi sul divano con uno sbadiglio.
- Sono tuoi o di Lindsey? - 
- Di Mikey. - rispose. Sorrise, - Ma deve ancora scoprirlo. - 
- Li hai presi dalla sua camera in New Jersey? -
- Certo. Non li apprezzava sufficientemente. - 
- Infatti deve ancora accorgersi che glieli hai fregati. - 
- Appunto. - 
Si sedette a terra, aprì l'anta del mobiletto e iniziò a leggere in un mormorio sommesso i titoli dei film.
Gerard si distese sul fianco e riprese a guardarlo. Era anche meglio di dormire. 
- Ehi, Frank. - lo chiamò.
- Nemmeno un film con Hilary Duff? - mormorò lui, rassegnato. 
- Hai portato le demo del tuo gruppo? - 
Frank smise di esaminare i dvd e si voltò. Osservò Gerard per qualche istante prima di stringere le labbra e annuire. 
- Posso ascoltarle? - domandò, vagamente spaventato dalla sua reazione. 
- Sì, certo. Vuoi ascoltarle adesso? Pensavo volessi dormire. - 
- Sono resistito ai tour europei, resisterò a un'altra ora di vita senza dormire. - lo rassicurò. 
Frank si strinse nelle spalle e Gerard si alzò in piedi. Avrebbe aiutato Frank ad alzarsi prendendogli una mano ma Lindsey e Jamia avrebbero potuto vederli dalla veranda. Tutto grazie a quell'enorme vetrata di merda. 
Frank doveva aver pensato la stessa cosa perchè, nel voltarsi in direzione della veranda, assunse un'aria avversa. Si alzò in piedi e Gerard gli posò le mani sulle spalle, spingendolo piano verso le scale.
- Dai, dopo ti lascio guardare un film con Hilary Duff. - 
Frank rise e gli tolse le mani dalle spalle, senza tuttavia lasciarle: - In quale delle ventimila stanze andiamo? -
- Nella Stanza Rossa. - . Era piuttosto felice del fatto che il primo che l'avesse sentito chiamarla così era stato Frank. Avrebbe davvero regalato tutte le sue prime volte a Frank. O quasi.
- Cos'è, la stanza del sesso? -
- No, è solo che ha le pareti rosse. - 
- Mi aspettavo qualcosa di più creativo. Ti stai rammollendo. - 
- E' il matrimonio. - sospirò tristemente prima di mollare una mano di Frank per accompagnarlo più facilmente su per le scale.
- Palle mosce. - 
- Le tue. - 
- Non avevi alcun diritto di concludere la frase con un insulto indirizzato al sottoscritto. Davvero nessun diritto. - ripeté. 
Gerard lo zittì con i "sh" più aggressivi che riuscì a pronunciare.
- Sai, forse prima dovremmo passare a prendere il cd delle demo. - osservò Frank, cinque metri dopo la stanza che condivideva con Jamia.
- Giusto. - convenne Gerard, scuotendo un indice, prima di tornare sui suoi passi.
- Non ci hai fatto caso perchè pensavi alla stanza del sesso. - continuò a parlottare Frank, - Altrimenti ci avresti pensato. Sapevo che quella stanza non poteva essere solo una stanza dalle pareti rosse. - 
- Ne resterai molto deluso, Frank. - esordì, lasciandogli la mano una volta entrati nella stanza. Guardò il letto e cambiò idea riguardo il fatto di aspettare lì dentro che Frank trovasse le demo in mezzo alle sue mutande (per qualche motivo, l'unica cosa rimasta in valigia insieme ad alcune felpe). Uscì dalla stanza.
- Dove vai? - chiese Frank, spostando le fatidiche mutande verde acido. 
- Oh, no. - gemette, coprendosi gli occhi.
- Che hai? -
- Non puoi- le mutande verdi sono una cosa che riguarda noi. Non puoi inserirle in contesti etero. -
- Abbassa quella merda di voce. - sibilò.
- La mia voce non è una merda. - 
- Ti ricordo che tua moglie è nella cazzo di veranda con la mia ragazza. - continuò a sussurrare aggressivamente. 
- Non ci sentono da là, hai davvero bisogno di una vacanza, Frank. -
- E chi ti dice che sono ancora là? -
- Sì, già, ci stanno inseguendo. -
Frank sbuffò e tornò a cercare il cd, borbottando cose antipatiche su Gerard. 
Gerard, dalla porta, si esibì in uno dei suoi sospiri esasperati. 
L'altro trovò finalmente le demo. Richiuse la valigia. 
- Perchè hai lasciato le mutande in valigia? - domandò Gerard.
- Non ti rispondo perchè sei davvero scortese a cercare di metterci nei guai tutto il tempo. - borbottò sbrigativamente percorrendo il corridoio.
- Non sto cercando di fare nulla- Frank, dove stai andando? Nemmeno sai arrivare al bagno, figurati alla Stanza Rossa. -
Frank si fermò lì dov'era e aspettò che Gerard lo superasse per seguirlo.
Gli prese il cd di mano e se lo rigirò fra le dita finché non lo posò sulla scrivania della Stanza Rossa, fra lo stereo e il portatile.
Frank si stava guardando intorno. - A me sembra ancora la stanza del sesso. -, concluse dopo aver studiato la stanza per qualche secondo.
Gerard sorrise e inserì il cd nello stereo.
- Cos'è? - chiese Frank, indicando la scatola sotto la scrivania.
Gerard si accorse che, in effetti, contrastava parecchio con l'asettico ordine generale. In fin dei conti, non aveva ancora fatto una singola cosa produttiva in quella stanza. Nemmeno una buona idea. Niente di niente. Si era quasi dimenticato di quella scatola. Scrollò le spalle, - Aprila. - 
Fece partire la prima traccia mentre Frank raccoglieva uno ad uno i disegni. Li osservava con un lieve rossore delle guance e li riposava in fretta nella scatola come se se ne vergognasse.
Gerard per primo si era stupito di vedere così tanti disegni che rappresentavano loro due insieme.
Si sedette sulla poltrona vicino alla finestra per lasciare eventualmente la sedia della scrivania a Frank, anche se lui sembrava momentaneamente intenzionato a restare in piedi. 
Gerard avrebbe voluto non farlo, ma finì per impressionarsi inevitabilmente nel sentire Frank urlare dallo stereo di tutto. Letteralmente di tutto. Fissò la schiena di Frank, turbato. 
Lui continuò a sfogliare i disegni senza dire una parola.
Era uno dei momenti più assurdi e senza senso che avesse mai vissuto.
Rimase in silenzio per un paio di tracce, o forse per tre quarti di cd. A un certo punto si sistemò meglio sulla sedia, cercando una posizione più comoda dopo aver pensato erroneamente che gli mancasse il respiro a causa di come se ne stava seduto. Azzardò un sorriso, pateticamente rivolto alla schiena di Frank, - Si può sapere con chi sei così incazzato? -
Frank lo guardò da oltre la propria spalla destra. 
Si fissarono a vicenda.
Non si dissero più nulla finché Lindsey non annunciò loro che era pronto il pranzo. 

Guardò ossessivamente Frank mentre saliva in macchina. Un po' perchè aveva un bel aspetto, un po' perchè stava cercando di capire di che umore fosse dopo aver passato il pomeriggio in giro per negozi con i due amori della sua vita più La Quarta Incomodo Lindsey. Quelle orrende uscite a quattro. 
Chiuse la portiera piuttosto piano, quindi non doveva essere in preda ad emozioni forti. O forse stava solo cercando di rispettare quella merda di Mini che avrebbero in ogni caso cambiato. Si allacciò la cintura e buttò la propria giacca nei sedili posteriori. Tirò un sospiro guardando di fronte a lui prima di voltarsi.
Si guardarono a vicenda.
- Volevo dirti che non mi dispiace di aver scritto quelle canzoni, né di avertele fatte sentire. - dichiarò, facendo susseguire con velocità e chiarezza le parole, - Non ha senso mortificarmi al posto tuo. - 
Gerard si inumidì le labbra e annuì: - Okay, e io vorrei dirti che per me è okay. Mi piacciono. Davvero. - 
Frank annuì fra se e se, tirando nervosamente la cintura di sicurezza: - Okay. - 
- Voglio dire, già lo sapevo che un po' mi odi quindi non è una gran sorpresa. - 
Rise appena, annuendo di nuovo: - Già. - 
- Dai, chiama Michael e digli che arriviamo. - 
- Va bene, Arthur. -
Restò al telefono in vivavoce con Mikey per tutto il viaggio fino a casa sua.
Una volta salito in macchina, scoprirono che erano già andati ad un concerto dei Black Keys anni prima ma che a quanto pare all'epoca erano troppo ubriachi e fatti per accorgersene.  Mikey dichiarò di avere ancora qualche foto di quel concerto e Frank ne rimase così spiazzato che a malapena parlò per il resto del viaggio. 
C'era un mucchio di gente fuori dal locale. 
Si unirono alla coda all'entrata. 
- Fra quanto aprono? - domandò Mikey, togliendosi con una smorfia la felpa. Faceva piuttosto caldo. 
- Fra tre ore. - rispose Gerard, distratto da Frank che si stava togliendo la maglietta. 
Si sedettero a terra. Gerard si sentiva piuttosto soddisfatto del fatto che dopo qualcosa come cinque anni si era messo seriamente in fila per il concerto di un gruppo che gli piaceva. Negli ultimi anni aveva visto più concerti dal backstage che dall'altra parte del palco. E in fin dei conti, all'ottavo concerto consecutivo dei Linkin Park inizi a preferire le partite a Dungeons & Dragons con Ray e i suoi amici quarantenni dello staff.
- Come cazzo ha fatto Jimmy a trovarci tre biglietti? - chiese Frank, scrutando la lunga fila disordinata di persone perlopiù svestite. 
- Non c'è nulla che Jimmy non possa ottenere. -  
- Passami l'accendino. - disse Frank, infilandosi una sigaretta in bocca.
- Non ho sentito la parola magica. - 
- Frocio. - 
Gerard sorrise e glielo passò dopo essersi acceso una sigaretta. 
Di fronte a loro, due ragazzi di non più di vent'anni affermavano di amare le canzoni in dieci ottavi. 
E Gerard e Frank si cercavano con lo sguardo per vedere se anche l'altro stava origliando. E sorridevano, nel scoprire di aver condiviso pure quell'esatto momento, fra tutti gli altri. Significava qualcosa. 
E Mikey mangiava pomodori.
E quando finalmente aprirono il locale Frank sussurrò a Gerard che quella volta non avrebbe pianto. Sigificava qualcosa.

Frank sbadigliando decise di essere troppo stanco per affrontare il viaggio fino in New Jersey e riuscirono a ritagliarsi un altro giorno insieme. Che poi il loro "insieme" significava solo guardarsi di tanto in tanto, con un tavolo o una ragazza a separarli. 
Intorno alle cinque sfuggirono di casa dicendo a Lindsey e Jamia (che avevano ripreso a fare biscotti dopo aver bruciato con una risata isterica un'intera teglia di biscotti una decina di minuti prima) che sarebbero andati da Mikey. (Mikey ancora non lo sapeva.)
Lo chiamarono dopo essersi nascosti dietro a un SUV per baciarsi. 
Nessuna risposta. 
Frank osservava la faccia immobile di Gerard, e Gerard lo sapeva anche senza il bisogno di guardarlo. 
Lo chiamò un'altra volta. Non rispondeva.
- Ops. - affermò Gerard, allontanando il cellulare dal proprio orecchio per smanettare inutilmente sul registro chiamate.
- Nessuna risposta? - 
- Già. -
- Oh... ops. -
- Diciamo che la cazzata a Lindsey e Jamia l'abbiamo detta in buona fede... - si giustificò Gerard con un gesto svogliato. Chiamò Alicia per accertarsi che Mikey fosse vivo e venne a sapere che stava semplicemente dormendo sul divano mentre Alicia e le sue amiche prendevano il sole in costume a bordo piscina. Tipica risposta che puoi aspettarti da un abitante di Los Angeles. Frank, che aveva il New Jersey dall'interno del labbro fino ai piedi, fece una smorfia.
S'incamminarono nella strada assolata, togliendosi passo dopo passo strati di vestiti mentre osservando le varie ville facevano commenti ad alta voce e cercavano di indovinare chi potesse viverci. Uno scultore, un architetto, Ashlee Simpson... 
Trovarono finalmente un parco in cui fermarsi e si sedettero a terra sotto un albero enorme (passarono almeno quaranta secondi a interrogarsi su che tipo di albero fosse, e giunsero solo alla conclusione che non era un pino). 
- Ci saremmo dovuti portare dei biscotti o qualcosa del genere... - commentò con un sospiro Gerard, sistemando la felpa su cui sedersi a terra.
- Che stai facendo? - chiese Frank, seduto con noncuranza in mezzo al prato.
- Non voglio sporcarmi i jeans. Li ho appena lavati. -
- Oh, wow, tu non puoi rilavarli, giusto? Fai economia. Hai tre bagni e il salotto più grande della mia casa però fai economia. Mi sembra lineare come ragionamento. - 
Gerard si sedette sulla felpa con una risata. - Sono così tanto ipocrita? -
- Sembri una celebrità qualsiasi con quei tre water in casa. -
- Almeno continuo a lavarmi i capelli una volta alla settimana. -
- Rincuorante. - . Frank sorrise e si voltò a guardarlo con un occhio socchiuso per la forte luce e il naso arricciato. La cosa più esteticamente bella dell'ultimo mese. Poi distolse lo sguardo per osservare qualcosa oltre la strada, e quel momento, come letteralmente tutto quanto, finì. Ma forse non era il momento più adatto per riflettere con un'espressione duramente corrucciata e antiestetica sul senso della vita e della morte, dell'inizio e della fine. 
- Avremmo davvero dovuto portare dei biscotti. - riaffermò, senza ricordarsi a pieno di averlo già detto.
Frank si voltò di nuovo a guardarlo, un peletto meno bello di prima solo a causa dell'irripetibile perfezione delle prime volte, - Stai diventando vecchio. - 
- Anche tu, tecnicamente. Ogni secondo che passa. - 
- Sì, ma tu sei proprio vecchio. - 
Gerard gli rivolse un'espressione ferita, la voce mentale che gli suggeriva che dire che arrancava in mezzo a capelli bianchi, calcoli renali e dentiere. Si schiarì la voce, - Si dice- maturando. Sto... diventando più saggio... si dice... evoluzione. Mi sto evolvendo. -
- Non sei un Pokémon. - disse in tono serio, guardandolo con una nota di dispiacere.
- Ti sbagli. -
- Cosa saresti? Un Pokémon di tipo buio... -
- Di tipo emo. - 
Frank annuì: - D'accordo. Vai a dirlo ai giornalisti. - 
- Magari un'altra volta. -
Sospirarono all'unisono e si sorrisero brevemente. 
- Sono felice di essere rimasto un giorno in più. Ha cambiato tutto. -
Gerard inarcò un sopracciglio. 
- Da quando ho mosso il culo dal New Jersey non siamo mai stati più soli di adesso. -
- Pensavo fossi venuto qui solo per i Black Keys. - 
- Ma per piacere. - disse soffiando aria fuori dal naso in una specie di risata. Gli prese una mano in una specie di gesto disperato. Come se volesse giocarsi tutto prima di andarsene di nuovo. Forse non sapeva che, segretamente, erano entrambi d'accordo sul fatto che andasse bene. Nessun rimpianto.  - Non puoi capire quanto sia diverso tenerti per mano da quando hai quel coso al dito. - 
- Intendi la fede? - chiese, guardandola immediatamente con sguardo accusatorio. Perchè la verità era che erano in tre lì, lui, Frank e la fede; e non sarebbero mai più stati in due. 
- Sì... la fede che ti rende formalmente fedele. - 
Gerard si spaventò un po'. Pensò che Frank a volte era cattivo-sincero. Risollevò lo sguardo per rivolgere a Frank tutto il disappunto finora accumulato. - Aspetta di ritrovartela tu al dito. -
- Non sono così stupido da cacciarmi in una situazione del genere. - 
- Non darmi dello- -
- Ti ricordo che sposarsi è stata una tua idea. -
Per un attimo si illuse fantascientificamente che stesse parlando del loro matrimono. Cioè, di loro due. Frank e Gerard. Gerard e Frank. Quasi vomitò. 
- Perchè sorridi? -
Avrebbe sorriso vomitando, in alcuni casi. 

La mattina dopo niente scuse. Le valige tornarono a riempirsi e le cerniere a chiudersi. Gerard e Frank le trascinarono giù dalle scale, sta volta nessuna farfalla nello stomaco, solo muta tristezza nel chiedersi per l'ennesima volta perchè dovesse succedere. 
Lindsey e Jamia, ai piedi delle scale, si stringevano e dondolavano in un abbraccio, e trovavano sempre qualcosa da dirsi. Non per generalizzare, ma sul serio, com'erano strane le ragazze. 
Frank e Gerard se ne stavano appoggiati alle valige, un po' scomposti, fissandosi a vicenda ma non proprio, intimiditi dalle volte in cui gli occhi di Lindsey e Jamia si spostavano per guardare sbrigativamente quei due ragazzi che forse in realtà erano diventati uomini. Magari già da un po'. Insomma, le femmine avevano il ciclo mestruale come primo gradino, i maschi che avevano? Il primo pianto privo di sensi di colpa di fronte a un film romantico? Gerard pensò di capire perchè a volte Lindsey osservando Gerard pisciare per sbaglio sulle tende mormorasse con un sospiro che gli uomini sono inutili. Tende a parte. Il fatto era che Gerard pisciava un po' dappertutto.
Avvertì l'abbraccio fra le due volgersi al termine e questo significava solo una cosa ed era disposto a riportare in gioco i pancakes appena mangiati facendoli atterrare dalla bocca al pavimento senza l'ombra di un sorriso.
La piccola marcia funebre di Frank e Gerard percorse lo spazio che li separava dalla porta, le valige pesanti come bare contenenti cadaveri a peso giustamente morto. 
Si scambiarono un abbraccio piuttosto misero, impegnati com'erano a non sembrare totalmente suicidi agli occhi delle loro compagne. E Gerard credette di non riuscire a perdonare la qualità di quel abbraccio per almeno le prossime sette ore.
Fissò la felpa nera di Frank finché non sparirono nel taxi che Lindsey aveva chiamato mentre Gerard preparava pancakes con trasporto emotivo. Da quando Lindsey aveva scoperto che l'unica cosa che Gerard era in grado di cucinare senza incendiare la cucina erano i pancakes, lo faceva sempre alzare dal letto per primo e lo spediva in cucina a preparare la colazione. Ogni mattina. Per il resto della giornata, invece, Gerard tendeva a passare le ore seduto da qualche parte a osservare tutte le cose che non sapeva fare senza mettere in pericolo nessuno e che Lindsey faceva al suo posto con incredibile facilità. Le chiamate a Mikey per accertarsi di non essere il più maldestro al mondo presero a far parte della routine. A volte Mikey aveva cose molto emozionanti da raccontargli, come quando nel prepararsi i popcorn aveva bruciato l'intero microonde.
Richiusero la porta e tornarono alle vecchie abitudini.
- Ti spiace mettere i piatti in cucina in lavatrice? Io devo richiamare Jimmy. - 
- Okay. -
Un bacio sulle labbra e sparì in soggiorno. 
Gerard andò in cucina e controllò dalla finestra la strada, di nuovo vuota.
Sospirò e tornò a voltarsi. Percorse con lo sguardo le pareti della cucina, ciò che riusciva a intravedere del salotto e i piatti lasciati sul tavolo. Rimase per un attimo immerso nel silenzio, a sentirsi pesante. Come se le ossa sotto la propria pelle stessero scivolando piano verso il pavimento. Poi Jimmy rispose al telefono e la voce di Lindsey sembrò riempire la casa, e tutto sembrò meno immenso.
Scorse un foglietto sul tavolo, in mezzo ai piatti. Lo afferrò e lesse ciò che c'era scritto. Nient'altro che un "grazie" con sotto due firme. Non era la scrittura di Frank. Nemmeno la firma che recitava il suo nome era stata fatta da lui. La beffa al danno. Jamia che se ne andava portandosi via Frank e lasciando un "grazie" in un cazzo di pezzo di carta strappato da chissà dove. 
Oh, beh, prego. 
- Non hai fatto ancora niente? - 
Sobbalzò e spostò lo sguardo su Lindsey che era appena entrata in cucina con un maglioncino diverso addosso. 
Gerard emise un verso qualsiasi e poi un altro più sincero nell'accorgersi quanto tempo doveva essere passato.
- Che hai in mano? - . Grandioso. 
- Un... uhm... -, tanto era già arrivata. Abbassò lo sguardo mentre lei prendeva il foglietto e cercò di fare del suo meglio per dare l'impressione di essere sano di mente, - I piatti! -, disse a voce un po' troppo alta, iniziando a impilarli facendo un gran baccano. 
- Gerard. - lo chiamò Lindsey, gli occhi socchiusi per il casino, - Tutto bene? - 
Pensò che glielo chiedeva più o meno ogni giorno, con la stessa connotazione, negativa e retorica. Fece per smentire, poi si accorse che a quel punto avrebbe fatto meglio a fingere di stare perlomeno un po' di merda, così da potersi sedere da qualche parte e ritornare al suo vecchio ruolo di inutile osservatore.
- Sì, a dire il vero mi gira un po' la testa. Cioè, per sì intendevo no. - . Si appoggiò al tavolo, con l'impressione che la situazione non fosse assolutamente migliorata. 
Lindsey si appoggiò al lavandino, stringendo ancora il foglietto. - Cioè... Frank se ne va e ti gira la testa? - . Cazzo. Il suo subconscio doveva avere parecchio materiale archiviato per arrivare così in fretta a parlare di Frank.
- Che stai dicendo? - chiese, cercando di trasformare la propria espressione assonnata nell'espressione di chi sta sottilmente soffrendo di emicrania. 
- Assolutamente nulla. Dove siete andati ieri? - . Una catena di frasi fortunate.
- Siamo stati con Mikey. -
- Ieri Alicia mi ha chiamata e non ha accennato minimamente al fatto che tu e Frank eravate da loro. -
- Non... eravamo da loro. Cioè, siamo usciti. Io, Frank e Mikey. Abbiamo fatto un giro. -
Lindsey sorrise. Era di pessimo umore. Sollevò le mani e buttò via il foglietto, - Sì, va bene. Senti... fra tre settimane inizia il tour. Quindi starò fuori casa per un paio di settimane consecutive, divertiti. - concluse in tono amaro. 
- Lindsey- -
- Che c'è? -
- Non mi divertirò. Cioè, non sai di cosa stai parlando. Mi piaci da morire e- e ti amo, anche. - 
Lindsey sospirò, rassegnata. Incrociò le braccia al petto. - Gerard, ci sono troppe cose- non voglio trattenerti. Non c'entra il fatto che ti amo e voglio il tuo bene, è che non ha assolutamente senso. Se non mi ami, smettila di comportarti come se lo facessi. Non è colpa di nessuno, ma sarà colpa tua se deciderai di restare senza volermi sul serio. E non sto parlando di Frank né di nessun'altro, solo di noi due. Se mi ami, resta, se per qualche motivo non mi ami, vattene, oppure più che altro me ne andrò io dato che la casa è tua. - si corresse con un mezzo sorriso sbiadito. 
- Non se ne parla. -, fu la sua dichiarazione finale. Bambam, voleva esplodere come un petardo. 
E Lindsey probabilmente nemmeno gli credette e cazzo, per quello la adorava. Era innamorata, non stupida. Ed era davvero un gran bel casino, ma una ragazza semplice, sottomessa, e lineare non l'avrebbe trattenuto in quella casa nemmeno per un secondo. Insomma, Lindsey era una cazzo di bomba atomica. E Gerard il solito vecchio detonatore in cerca di esplosioni. E nulla era mai cambiato.

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Capitolo 15
*** You must be a Weasley ***


Raga date le ore e il mal di testa non so nemmeno cosa volevo dirv- scrivervi, penso qualcosa tipo SCUSATE se c'ho messo tanto (senza se, c'ho messo quasi un anno / un zayn uscito dai 1d / un altro concerto dei placebo in italia / le elezioni regionali / un gianni morandi (avevo scritto morendi) che diventa incredibilmente simpatico e autoironico) Continuo a pubblicare solo perchè so che si sono almeno un paio di persone che ancora ci tengono a sta cosa, altrimenti eviterei di fare una figura di merda con me stessa a prendermi la briga di accedere all'account efp, andare sulla voce "aggiungi capitolo" (vado a memoria, probabilmente sto scrivendo baggianate), usare l'editor :)))))))))))) e poi smanettarmi con sti millemila caratteri. Sono abbastanza sicura che a breve modificherò questo schifo di commentino iniziale, chiedo scusa a chi lo sta sul serio leggendo mamma mia.
E scusate se a volte nel capitolo non ho avuto voglia di cancellare i frutti della mia demenzialità da maturanda (che tanto matura non è) ma oggi, sto anno, sta vita va così.
Spero con tutto il cuore che, se non altro, non faccia schifo.
Buona lettura bestiacce e ricordate di prendere le pastiglie quando avete mal di testa che se no non passa.
Parola di maturanda ;)
Devo smetterla di sbandierarlo ai quattro venti che poi finisce che mi bocciano...................... vado a dormire nella mia pozza d'ansia

Lazybones
 






15. You must be a Weasley

Tamburellò le dita sul volante e poi tirò un forte sospiro, così annoiato da essere vicino all'arrabbiarsi. 
- Vado a vivere nei boschi. - dichiarò con tono di voce basso, cercando con tutto se stesso di non prendere a pugni il clacson.
- Non sopravviveresti un giorno. - lo zittì Lindsey.
- Grazie per la fiducia. Mi preme sapere cosa deve fare tutta questa gente su una cazzo di strada secondaria, non è possibile trovarci traffico a tutte le ore. Ora scendo e chiedo a ognuno di loro perchè diamine si trova qui. - 
- Magari c'è stato un incidente... Gerard. - disse dopo una ventina di secondi Lindsey, guardandolo nel suo modo un po' strano. Come se non lo conoscesse e avesse appena indovinato il suo nome. O forse la mente di Gerard era ingannevole e molto, molto fantasiosa. 
- Beh, avrebbero potuto schiantarsi da un'altra parte. O in un altro momento. - borbottò cinicamente. 
- Ti stai davvero lamentando con eventuale gente morta per essere morta sulla tua via di casa? - 
- Beh, sì. Sai cosa? Quando morirò spero di non rompere il cazzo a nessuno. -
- Per una volta. - borbottò Lindsey, infilandosi degli occhiali da sole insieme a quella ventina di sottointesi.
Gerard nemmeno si sforzò di alimentare la conversazione. Si interrogò su molte cose, passando a rassegna l'inventario delle sue cattive azioni. Si impressionò di alcune in particolare e poi controllò l'autoradio e si imbestialì di nuovo nel notare che erano passati venti minuti. - Ma stiamo scherzando? - chiese, tirando una sberla all'autoradio.
- Gerard. - lo richiamò pazientemente Lindsey. Nessuna stronzata da sconosciuti al primo appuntamento, Lindsey lo conosceva e sapeva altrettanto bene quanto Gerard tendesse ad esagerare e forse era fidanzata con i suoi capelli e basta, non con lui in persona, perchè come poteva amare un ragazzo simile? I capelli sì, ma il ragazzo? Aveva anche la scoliosi e con qualche ruga in più e capello in meno sarebbe passato senza troppi problemi per un noioso vecchietto tumefatto.
- Lindsey. - invocò il suo nome in un lamento, afferrando il volante e dimenandosi come se fosse tutta colpa sua.
- Attento che così ti spettini. - lo apostrofò Lindsey. Era letteralmente fidanzata con i suoi capelli.
- Tu non sai quanto mi hai punto sul vivo. - dichiarò passandosi sinuosamente una mano sul capo.
Lindsey iniziò a fare del suo meglio per spettinarlo e a gran sorpresa baciò Gerard al posto della capigliatura.
- Fai le onde con il braccio fuori dal finestrino. - gli suggerì tornando al suo posto.
- Ma non è divertente se la macchina è ferma. - protestò l'altro.
- Non è vero, provaci. - 
- Dai, mi metti a disagio. - borbottò come un bambino messo in imbarazzo dalla madre.
- Fallo. - 
Gerard strinse le labbra e cercò freneticamente una canzone decente alla radio. Trovò Time To Pretend, alzò il volume fino a farsi male alle orecchie e ondeggiò insieme a Lindsey il braccio fuori dal finestrino abbassato, continuando a mantenere un'espressione corrucciata solo per farla ridere. La canzone terminò ma non riuscendo a farsi passare la voglia di continuare ad ascoltare gli MGMT Gerard mandò Lindsey in spedizione a cercare la scatola dei cd fra le scatole nel bagagliaio rimaste lì dal trasloco. Erano due culi pesanti quando si trattava di mettere le cose in ordine. Ma non avrebbero mai pagato qualcuno per farlo al loro posto. Mai.
- Ho trovato delle merendine. - 
- Veloce con quei cd, penso stiano mandando una canzone dei Maroon 5. -
- Ma sono merendine... pensi che siano scadute? - 
Gerard sbuffò e la raggiunse nei sedili posteriori varcando a sua volta (con poca coordinazione) lo spazio scarso fra i due sedili anteriori. - Controlla la data di scadenza, io cerco la musica piratata. - organizzò la situazione in tono pratico. Non sapeva con esattezza perchè nessuno dei due non fosse semplicemente sceso dalla macchina per controllare cosa ci fosse nel baule dell'auto con maggiore comodità. 
- Sei la persona peggiore del mondo. Detto da musicista a musicista. - commentò con un certo ritardo Lindsey.
- Non mi importa. Ti ho mai detto che Mikey anni fa vendeva cassette Disney piratate? - 
- Che due pezzenti. - 
- Io non c'entro nulla. Trovato. - tirò fuorì la pesante scatola di custodie colorate vuote e cd graffiati e rovistò facendo ancora più disordine. 
- Sono ancora buone. - disse Lindsey scartandone una.
Gerard aprì la bocca per farsi imboccare e Lindsey gli ficcò l'intera merendina dritta in gola, facendolo quasi vomitare. Le premette una mano sulla faccia e la allontanò solo perchè era una ragazza. In tutta onestà, fosse stato Frank lo avrebbe mandato in ospedale (con affetto). 
Cercò di non sputare niente sulla propria nuova maglietta di Star Wars mentre Lindsey ridacchiava perchè era stronza.
- La prossima volta ti tiro i capelli. - la minacciò una volta ripreso da quelle cinquecento calorie improvvise e nauseanti. 
- E quella dopo? - si informò mangiando con grazia la sua merendina, un pezzetto alla volta.
- Tutti in ospedale. - 
Lindsey rise. 
Gerard sentì forti vampate di calore quando si accorse che alla radio stavano parlando di tradimenti. Si sentiva lo stomaco scondinzolare dalla voglia di vomitare. La placò un'altra volta. Avesse assecondato quegli impulsi, con la frequenza che gli si presentavano sarebbe passato per bulimico nel giro di tre giorni. 
Cercò di capire se anche Lindsey stesse ascoltando e la risposta arrivo con brutale rapidità. 
- Sai cos'è moralmente discutibile? - asserì Lindsey, improvvisamente seria, riprendendo quanto appena detto alla radio.
Gerard aspettò che continuasse. E il tempo fece una delle sue solite stronzate e decise di rallentare. Pareva infinito. Fu estenuante. 
- Pisciare sul lavandino. - 
Doveva imparare a lasciare assolutamente perdere la propria vita insensata. Di certo non era fisicamente pronto a credere all'eventualità che Lindsey lo odiasse perchè pisciava sul lavandino e non perchè la tradiva.
- Non è moralmente discutibile, è pratico. - . Si riferiva a quella volta che aveva sonno e più alcol che globuli rossi e compagnia bella nel sangue e aveva quindi preso l'incauta decisione di urinare nel lavandino piuttosto di ricorrere al tradizionale water.
- Non avevo dubbi che avresti detto una cosa del genere. - 
Ripensandoci, era stato incredibilmente imprudente quella volta che aveva deciso di ubriacarsi di mercoledì sera con Jimmy per festeggiare il cane che aveva pisciato per la prima volta in giardino anziché sul tappeto in salotto. Era così sbronzo che evidentemente a casa si era sentito abbastanza cane alle prime armi da decidere di non pisciare dove la società avrebbe voluto che pisciasse e si era semplicemente fermato di fronte al lavandino. Ricordò di essersi anche guardato allo specchio. Ma non ricordava assolutamente nulla di quanto doveva aver detto a Lindsey. Nemmeno che tipo di saluto le aveva rivolto una volta sceso dal taxi. Chissà quante cose si era lasciato scappare.
Poi realizzò che, semplicemente, nulla ormai faceva più differenza. E aveva quel forte bisogno di chiedere a qualcuno di competente se fosse normale o se era solo la sua vita ad avere quel difetto di sfasciarsi e ricomporsi con snervante disinvoltura. Che aveva la fede al dito e tradiva la moglie e questa lo accusava delle pisciate sul lavandino.
E che qualcuno l'aveva già detto, su Dawson's Creek o qualcosa del genere, che le cose cambiano senza mai cambiare davvero; e che Gerard aveva cambiato canale, pensando solo che era stato coraggioso da parte dei produttori far dire una frase del genere a un personaggio di una serie tv. 

- Buon compleanno! - 
Cosa? 
Spalancò gli occhi.
Cosa significava "buon compleanno"? 
Lindsey lo afferrò per le spalle e lo scosse forte. - Auguri! - 
- Quanti anni? - cercò di informarsi Gerard, balbettando. 
- Trenta! Stai testando se sono una vera fan? - 
Si sentì come cadere, sotto la propria pelle, nello spazio infinito. Trenta. Anni. Erano molti giorni. Molte ore. Molti ricordi. Molte parole. Quando cazzo era successo? Non riusciva a pensare a nulla di sensato, tantomeno qualcosa da dire, per cui continuò a stare in silenzio.
- Sul serio l'avevi dimenticato? - domandò. Allentò la presa e Gerard sentì la sua ormai vecchia pelle tornare a rilassarsi. 
Annuì, e distolse lo sguardo per prendere atto del mondo al di fuori della sua finestra e dei suoi trent'anni. Cercò di fare mente locale e comprendere che si stava comportando più stupidamente del solito. Ma avrebbe avuto bisogno di più minuti di quelli che le pause che faceva Lindsey gli concedevano. 
- Ieri sera quando ci siamo augurati la buonanotte io ti ho sorriso e tu mi hai sorriso e ho pensato che fossimo tacitamente d'accordo sul fatto  che oggi avresti compiuto trent'anni. Scusa se ti ho spaventato. - 
- Stavo sorridendo dei procioni sul tuo pigiama. Se l'avessi saputo avrei pianto. - 
- Se cerchi di rovinare anche solo con un'altra parola il tuo compleanno chiedo il divorzio. -
- Penso di aver smesso di parlare per oggi. A domani- - 
- Tesoro, sei una merda. Ho un anno in più di te, okay? - 
- Lo so, ma su di te non sembrano così plateali. Era da un po' che avevo l'impressione di stare perdendo qualcosa e ora ho capito cos'era. -
- La giovinezza? Giuro su Dio che ti faccio male. Il tempo scorre, che cazzo vuoi farci? Che siano due giorni o trent'anni, fa lo stesso. -
- Ci penso su e poi ti faccio sapere. - 
- Davvero non riesco a pensare a nulla di cui tu ti possa lamentare. -
Per la prima volta, Gerard si sentì la mente completamente svuotarsi per un secondo. Nessuna idea, nessun pensiero. Poi si riempì dolorosamente, di nuovo. Gli faceva male tutto. In effetti non serviva avere cose che non andassero per buttarsi giù. 
- So che sei pessimista ma sii realista. - continuò Lindsey. La chiara luce del mattino le illuminava i capelli neri, dandole un'aria malinconica.
Gerard provò a sorridere. - Iniziamo i trenta con le rime? -
- Mi basta inziarli. - sospirò lei. 
Gerard si rese improvvisamente conto di quanto fosse stato noioso e inutile negli ultimi cinque minuti e la baciò in una specie di richiesta di perdono. Oppure oblio. A volte avrebbe preferito che la gente si dimenticasse letteralmente di certe cose che faceva e diceva. Per evitare che ci ripensassero in futuro, in un momento di noia o di insonnia. 
- Vado a prepararti la colazione o a chiamare lo psicologo? - 
Gerard sorrise. - Se vuoi facciamo colazione fuori. -
- Ma non darò fuoco alla cucina. -
- E' che non voglio irritarti ulteriormente. -
- Cucinare non mi irrita. -
- Allora va bene. Prepara quel che vuoi. Io vedo di farmi una doccia nel frattempo. - . Si chiese se una volta tolti i vestiti si sarebbe ritrovato il corpo del fauno seduto alla tavola imbandita in quella scena del film di Guillermo del Toro. E scivolò nuovamente nel suo personale vortice di angoscia proprio mentre Lindsey scivolava fuori dalla stanza. Si sollevò la maglietta di qualche centimetro con circospezione e a parte i chili di troppo che gli facevano sembrare la pancia una medusa morta spiaggiata non trovò strane grinze o rughe raccapriccianti. 
Risistemò la maglietta con un sospiro. Si grattò la testa e fissò per qualche secondo la porta aperta, pensando a Frank. Andò in bagno e si fece una doccia. La sua doccia trentenne. Ebbe l'accortezza di aspettare di essere uscito per fare pipì e poi, con un certo vergognoso orgoglio, prese il cellulare in mano. Ignorò le cinque chiamate perse e chiamò Frank. Rispose dopo quattro secondi.
- Gee? -
Era davvero il caso di chiamare un trentenne "Gee"? Non aveva più l'età per quel genere di cose. Ogni singola piastrella del bagno gliel'aveva praticamente urlato. - Ehi. Ho trent'anni. -, lo informò nervosamente.
- Lo so. Me l'ero segnato da qualche parte nella mia agenda, in mezzo a una miriade di cuori rosa. - 
In quel momento avrebbe fatto carte false per abbracciarlo. Ma per qualche motivo non disse assolutamente nulla al riguardo. - Mi era totalmente passato di mente. Trent'anni... sono nato trent'anni fa. -
- Già. L'hai presa melodrammaticamente, vero? - indovinò.
Gerard rimase in silenzio. 
- Non è così tragico. - aggiunse. 
- Oh, ma smettila. - lo aggredì, - Che fino ai ventinove mi dicevi che coi trenta sarei diventato vecchio eccetera. -
Frank scoppiò a ridere. - Gerard, stavo scherzando. -
- Non proprio, Frank. - 
- Senti, okay, quando compierò trent'anni buttami in un pozzo, sul serio, scriverò alle autorità che sono pienamente d'accordo con ciò che hai fatto e avrai anche il diritto di deridermi fino al mio ultimo respiro. -
- Grazie. -
- So quanto parlare di violenza e morte ti faccia sentire meglio. -
- Mi conosci. - blaterò spalmandosi contro le pareti del bagno. 
- Quanto ti stressi. Faccio una mappa concettuale di consolazioni e poi ti richiamo io? O vuoi qualcosa di più genuino e spontaneo? -
- Genuino e spontaneo. - scelse con un piccolo sorriso.
- Sei essenzialmente lo stesso di cinque anni fa. -
- Okay, buona, sparane un'altra. - 
- Okay... hai sempre voluto morire, tecnicamente lo stai ottenendo. -
Rise. - Questa è da denuncia. - 
- Questa è d'oro. Scommetto che sei così impegnato a fingerti vecchio che non ti sei nemmeno ricordato di richiamare i tuoi genitori. - 
- Non credo mi abbiano già chiamato. -
- Io credo di sì. E per l'amor del cielo, esci da quella merda di bagno e vai nel mondo reale- sei nel bagno, vero? -
- Sei tu il mio mondo reale. - 
Rimasero entrambi in silenzio e poi Gerard scoppiò a ridere. Un po' istericamente, perchè per un attimo c'era cascato pure lui. 
- Pelle d'oca, Frank? - 
- Quanto sei stronzo. Fanculo. - 
- Ora credo uscirò dal bagno. - 
- Ecco, bene, esci dalle mie orecchie. - 
- Dalle tue orecchie, ma non dal tuo cuore. -
- Gerard, nel mio cuore ci sono atri, ventricoli e sangue, non tu. -
- Sei la cosa migliore che esista al mondo. - 
- Persona. - lo corresse bofonchiando.
- No, intendevo che sei anche meglio di tutte le cose migliori al mondo. - 
- Gerard, stai di nuovo abusando delle iperbole. -
- Come preferisci. -
- Ciao, Gerard. Ci sentiamo al prossimo crollo emotivo. -
Scoppiò a ridere. - Grazie. Ciao, Frank. -
- Ah, Gerard? Buon compleanno. - 
Si ritrovò incredibilmente triste per il fatto di non aver ricevuto un abbraccio. Decise che non era proprio il caso di pensarci. - Grazie. - . Riattaccò e andò di fronte allo specchio, in tempo per vedere il suo sorriso affievolirsi e lasciargli semplicemente qualcosa di diverso negli occhi. O forse era solo un'altra esagerazione. 

Sinceramente, non riuscì a spiegarsi come non gli fosse nemmeno passata per la mente la possibilità di una festa a sorpresa, dato che Gerard, in prima atemporale persona, non aveva organizzato un bel niente.
Non si era sul serio posto alcuna domanda quando Lindsey lo aveva piazzato sul divano di Mikey e se n'era andata via insieme ad Alicia, lasciandoli a guardare la tv per almeno cinque ore. Il giorno del suo compleanno. Si interruppero solo una volta quando, mangiati vivi dalla malinconia, decisero di videochiamare Bob, Ray e Frank nonostante Gerard li avesse già sentiti tutti quella mattina. Trovarono Bob con un'impressionante barba incolta, Ray con almeno due succhiotti sul collo e Frank in forte dipendenza da nicotina e torta al cioccolato.
E a dirla tutta, guidando verso casa nel buio che a Los Angeles non è mai davvero buio, nell'immaginarsi a grandi linee la conclusione della serata aveva immaginato che si sarebbe preparato una tazza di caffè e avrebbe visto un film horror con Lindsey assumendo calorie vuote. 
Per cui, si sentì sinceramente spiazzato quando, nell'aprire la porta, una ventina di persone iniziò ad urlare. I trenta continuavano a schiaffeggiarlo in piena faccia. 
Sorrise e ricambiò un mucchio di abbracci, rendendosi conto che anche se la maggior parte dei presenti stava simpatica solo a Lindsey si sarebbe sentito davvero triste se nessuno si fosse preso la briga di organizzare qualcosa del genere. Nessuno può sul serio odiare le feste a sorpresa. 
Alcune persone davvero fantastiche finsero di amare abbastanza Dungeons & Dragons da giocarci con uno come Gerard e fecero le quattro di mattina fra aberrazioni magiche e facce confuse.
Caricando la lavastoviglie con Lindsey e Alicia, ricevette la notizia che avevano prenotato un weekend per i Way e relative compagne da qualche parte a Palm Springs e Gerard passò l'intera notte a sognare strane figure correre nel deserto e macchine costose uscite dai fumetti per rimpiazzare quella merdosa Mini che tanto odiava.

Hotel California. Motivo per cui, ogni qualvolta capitasse loro di posare gli occhi sul nome dell'hotel scritto da qualche parte, finivano per cantare puntualmente l'omonima canzone degli Eagles, diventando forse i clienti più originali di sempre (quelli della reception avevano iniziato a guardarli con odio). Ma non importava.
Lindsey gli aveva regalato la serie completa di Akira, ciecamente convinta che gli sarebbe piaciuto, ed effettivamente quel manga divenne il motivo per cui Gerard passava un'infinità di tempo in bagno. E non si trattava di masturbazione, solo di lunghe letture coinvolgenti sulla postazione più pratica del mondo.
Riprese a scrivere, ma Lindsey fu l'unica a venirlo a sapere. Non voleva le aspettative di nessuno.
Mangiavano pizza più o meno ogni giorno e a volte Alicia faceva giochetti mentali a Gerard mentre se ne stavano come mozzarelle scadute a bordo piscina a parlottare degli aspetti negativi della vita.
- Sei felice? - gli chiese una volta Lindsey, scivolando fuori dall'acqua buia. 
Gerard ingurgitò il boccone di pizza e bevve dalla lattina di Coca Cola. - Sì. - . Guardò Lindsey zampettare come una bambina insicura avvolta nel suo asciugamano bordeaux.
- Con me? - . Si sedette al suo fianco e si strizzò i capelli.
- Sì. -
Le cadde l'asciugamano che si era legata attorno al petto e Gerard la aiutò a risistemarlo. Incontrò i suoi occhi e si sporse con ammirabile naturalezza a baciarla. Poi riprese a mangiare la pizza, silenziosamente compiaciuto del sorriso che le aveva lasciato sulle labbra.
Osservò l'acqua silenziosa illuminata in alcuni punti da dei faretti a led e pensò che la vita dopotutto era stata generosa con lui. Gli aveva fissato sul collo una testa di cazzo però se non altro aveva abbastanza soldi da potersene stare a bordo piscina in un qualunque hotel a cinque stelle alle due di notte a mangiare pizza ancora calda.
- Domanda legittima. - disse Lindsey, di punto in bianco.
Gerard si voltò a guardarla e si chiese se si fosse perso qualcosa. Capì che sarebbe stato meglio evitarlo. Pensò che se Lindsey aveva calcolato tutto avrebbe chiesto il divorzio senza il minimo risentimento.
- Cosa pensi di fare mentre non ci sarò? - 
Aveva già chiamato Frank. Pigiama party mattina, pomeriggio e sera. Lo avrebbe fatto piangere una volta al giorno per svariati motivi e poi avrebbero mangiato pizza e passato la maggior parte del tempo a letto. E prima che se ne andasse avrebbero avuto un crollo emotivo a testa e poi Gerard avrebbe aspettato che Frank togliesse la modalità aereo per rispondergli ai messaggi e che Lindsey tornasse riportando tutto alla vecchia routine. - Aspetterò il tuo ritorno. -
- Hai appena citato Spongebob. Hai appena citato Spongebob, cazzo. -
- Non è vero. - ribatté senza poter evitare di sorridere.
- Lo hai fatto, cazzo. -
- No, questa è tirata per i capelli... ho solo detto una cosa. -
- L'aveva detto a Patrick- -
- E' come se mi accusassi di copiare il "ciao" ad Angelina Jolie solo perchè anche lei lo usa come saluto- -
- Quando doveva andare a scuola. -
- Non ha assolutamente senso. -
- Ho ragione? - 
- Hai ragione. - confermò serenamente, grato della piacevole manciata di secondi. Riprese a mangiucchiare la pizza che si stava raffreddando. Dopo pochi secondi si accorse che Lindsey lo stava guardando in maniera strana.
- Perchè mi stai guardando? - le chiese.
- Sei tu che mi stai guardando. -
- Ho appena inziato, tu lo stavi facendo da molto prima. - 
Lindsey gli fece il verso.
- Ti getto in acqua. - la minacciò, stringendo autoritario il trancio di pizza tra le dita.
- Gettami. - 
- Non ti dispiacerebbe, sei in costume e tutto il resto. -
- Già, mi hai praticamente suggerito cosa fare per farti smettere di mangiare pizza. - 
- No. Non sottovalutare l'importanza della digestione. -
- Non mi interessa. -
- Non siamo in un film, non esiste che mi butti in acqua. Ti vomito nell'orecchio se lo fai. - 
Lindsey rise.
- Vuoi un po' di pizza? -
- Sì. -
- Era questo che volevi da quando ti sei seduta, non è così? -
- Ci hai messo tre discussioni su argomenti diversi per arrivarci, non è così? - 
- Non ci posso credere, che maligna. - farneticò spostando il cartone della pizza in modo che anche Lindsey potesse raggiungerlo.
- A casa Way nessuno si è preso la briga di insegnarti la buona educazione? -
- Ti pare? C'è chi si scrive sul braccio che sono il suo eroe. Mi prendono come modello. Riflettici su, Lindsey. - 
- C'è chi si prende come modello Britney Spears, che significa? E poi non ti conoscono. Nemmeno io ti conosco. -
- Siamo sulla stessa barca, Linds. Nemmeno io mi conosco. - 
- Ma quindi chi ti conosce? -
- Non lo so. -
- Gesù? -
- Non lo so... comunque non prenderti troppo gioco di lui. -
- Cosa? -
- Ho notato una nota di sarcasmo nella pronuncia del suo nome... Un po' come se non esistesse... -
- Sono credente, coda di paglia. -
- Ci siamo sposati senza che io abbia pienamente saputo che sei credente? -
- Sinceramente non lo trovo così importante.Tant'è che non me n'è fregato un cazzo del fatto che non ci siamo sposati in Chiesa sotto lo sguardo inquisitore di Dio. E Gesù. - 
- Penso sia stato meglio così. -
- Lo credo anch'io. - 
Fu una delle cose più sincere che le avesse mai detto. 
Rientrati in hotel, fecero una doccia e Lindsey si addormentò mentre Gerard sceglieva che dvd guardare. 
Lasciò perdere il dvd di Blade Runner che aveva così accuratamente selezionato e immaginò che avrebbe dovuto passare la notte a guardare Lindsey. 
Pensò che non si era mai fermato a guardarla sul serio, mentre dormiva. Di solito lo faceva con tutti, perfino con Ray. 
Era un po' diversa. Sembrava meno buona. Frank era l'esatto contrario. Forse perchè ogni volta che Gerard lo vedeva da sveglio Frank ricambiava l'occhiata e lo odiava costantemente un po' e lo si notava in una certa misura nella sua espressione. E quando dormiva e non si ricordava di Gerard ritornava ad essere una creaturina buona e comprensiva.
Provava l'urgente impulso di sistemarle quella ciocca che le ricadeva sulla fronte e che si spostava leggermente ad ogni occasionale fremito delle palpebre. Dopo qualche minuto si decise a sistemarle i capelli cercando disperatamente di non svegliarla. Poi però ci prese gusto e riuscì a carezzarle una guancia bianca senza essere scoperto. 
Pensò a quanto sarebbe stato patetico sussurrarle adesso, mentre dormiva, qualcosa che importasse. Sorrise al solo pensiero e poi si morse il labbro inferiore.
Aspettò qualche minuto in silenzio il nulla. Si chiese che ora fosse ma prima di controllarla decise di punto in bianco che bisbigliare qualcosa di importante al suo subconscio in un momento così vulnerabile era ciò di più cauto e fruttuoso che avrebbe mai potuto fare.
- Spero che tu smetta presto di amarmi. Buonanotte. - 

Si svegliò alle quattro e mezza insieme a Lindsey. 
Controllò l'ora e il letto e si accorse che erano le cinque meno dieci e il letto era vuoto. Si chiese che fine avesse fatto il tempo. 
Andò in bagno a prendere la piastra per capelli e la attaccò alla presa della camera da letto, cercando sbrigativamente un posto su cui posarla senza incendiare la casa. 
Scese le scale facendo scricchiolare le caviglie ad ogni passo, neanche fossero fatte di legno. Pensò per qualche secondo a un universo parallelo in cui le sue caviglie erano fatto di legno e le scale di ossa e tendini umani.
Si abbandonò svogliatamente alla porta del frigorifero e pensò a quella volta che Ray aveva pensato che Mikey avesse detto "che frigata" e sogghignò cercando i cereali.
- Sono sul tavolo, tesoro. - gli comunicò Lindsey, seduta a tavola in pigiama ma relativamente sveglia di fronte alla solita tazza di latte e cereali.
- Buongiorno. Ho provato a svegliarmi insieme a te ma il letto aveva qualcosa che non andava. - 
- Ah-ha. - emise finti versi di convinzione, sgranocchiando nel mentre l'ultima cucchiaiata di cereali. Versò un paio di millilitri di latte nella tazza insieme ad altri cereali. Lindsey ci teneva a non farli rammollire, quindi ne mangiava un poco per volta e non se ne parlava di farli sguazzare nel latte. Conosceva altre persone che utilizzavano quella tecnica ma Lindsey era l'unica ad applicarla con precisione quasi matematica.
- Nel frattempo ho attaccato la piastra per capelli alla presa. - annunciò Gerard, muovendo ogni singolo centimetro del proprio corpo per liberare il potente sbadiglio che lo stava mangiando nel petto. 
- Grazie. Devo chiederti anche un altro favore. -
- Oltre ai capelli? -
- Sì. -
- Cosa? - domandò, sulla difensiva. Pensò distrattamente al fatto che aveva già invitato Frank a stare da lui a insaputa di Lindsey e si chiese troppe cose tutte insieme, così tante che alla fine non si domandò proprio nulla. 
- Te lo dico dopo. - 
- L'attesa mi sta uccidendo. Mi sto quasi svegliando. - cominciò a lamentarsi, portandosi le mani alla gola.
Lindsey rise ma riprese a mangiare cereali.
- Lindsey, sei seria? -
- Di che ti preoccupi? - 
- Voglio sapere. -
- Io credo che tu voglia i cereali. - replicò, trascinando la confezione sul tavolo in sua direzione.
- Perchè fai la ragazza misteriosa alle cinque di mattina? Ti sembra il caso? -
- Cristo, rilassati, sono solo stupide scarpe col tacco. -
- Cosa? - 
Sospirò. - Avrei bisogno che tu mi allargassi delle scarpe col tacco. - 
- Posso farlo a pugni? -
- Non sei in grado di tirare pugni. -
- Dovrei indossarle? -
Lindsey si strinse nelle spalle, versandosi due gocce di latte. 
Gerard era elettrizzato. Ma aveva come l'impressione che avrebbe fatto meglio a nasconderlo. 
- Dove lo trovi uno come me? - chiese quindi, lanciandole un'occhiata torva mentre svuotava metà scatola di cereali nella propria tazza. 
- Letteralmente ovunque. - rispose con un ampio sorriso.
- Che stronza. - 
- Puoi disegnare baffi sulle mie foto mentre non ci sono. - 
- Farò riti voodoo e celebrerò messe nere sulla tua piazza di letto. - 
- Non mi interessa. - dichiarò sollevando le sopracciglia con aria altezzosa. 
- Ti interesserà quando mi troverai con le tue scarpe col tacco conficcate negli occhi. - 
- Dai, finisci di mangiare i cereali. Ho bisogno delle tue doti da parrucchiere. - 
- Come continui ad usarmi fino all'ultimo. - si complimentò Gerard, mollando un attimo tazza e cucchiaio per dedicarsi a un lento applauso. 
- Fra un'ora e mezza dobbiamo essere in aeroporto- - 
- Okay, okay. - si arrese in fretta, lasciando lì il resto della sua colazione lì dove stava. Salirono al piano di sopra e si sedettero sul letto. Gerard iniziò a sistemarle i capelli mentre lei si truccava e Gerard pensava di non essersi mai sentito più gay che in quel momento. E osservando allo specchio appeso alla parete i loro riflessi gli parve di vedere due amici. E per un attimo si sentì bene prima di sentirsi terribilmente in colpa.
Sistemata la parte estetica, Lindsey iniziò a riempirlo di raccomandazioni controllando continuamente di non aver dimenticato cose e violentando la valigia per controllare di avere tutti i caricabatterie necessari. Dulcis in fundo, estrasse dal suo armadio il suo nuovo paio di scarpe col tacco troppo strette.
- Terrificanti. - mentì Gerard. Erano favolose. 
Trasportò la valigia a fatica fino al piano di sotto mentre Lindsey controllava per la quinta volta i vestiti che aveva lasciato nell'armadio. Gerard ne approfittò per lavare i piatti come le casalinghe ossessivo-compulsive e poi caricò la valigia nel bagagliaio della Mini. Lo richiuse con un sospiro prima di guardare Lindsey negli occhi.
- Quando torni compriamo una nuova macchina. - 
- Ma la Mini è attraente. - 
- Mi mette in imbarazzo. - concluse Gerard, infilandosi gli occhiali da sole. 
Il traffico  sembrava voler trattenere Lindsey a Los Angeles, ma Gerard di sicuro non era intenzionato a farle perdere l'aereo. Soprattutto perchè fra quattordici ore e una quarantina di minuti le chiappe di Frank sarebbero dovute atterrare nello stesso aeroporto e Gerard non voleva destabilizzanti triangoli amorosi. 
Quindi dopo aver parcheggiato la sua Mini sporca di fango fra una Porsche e una Jaguar spinse la valigia in direzione di Lindsey, chiedendole silenziosamente di andarsene dalla sua vita. Per qualche giorno. Per favore.
- Non fare patti col diavolo mentre non ci sono. - fu la sua raccomandazione accompagnata da un bacio. 
Gerard le sorrise e non si tolse gli occhiali da sole e rimase lì finché Jimmy e Chantal non arrivarono (in ritardo). Li abbracciò e si lamentarono insieme del sole e fissò Lindsey intesamente finché non sparì definitivamente dal suo campo visivo con carta di identità fra i denti e cellulare in mano.
E Gerard ricevette per messaggio un ti amo lacrimogeno che gli fece battere forte il cuore. Per l'angoscia.

- Che le hai detto? - domandò, cercando di non suonare insistente. Era la terza volta che provava a chiederglielo, ma Frank si distraeva fin troppo facilmente. La prima volta aveva scrutato lo schermo e gli aveva chiesto se si era fatto qualcosa ai capelli, la seconda era stato distratto da qualcosa alla tv.  
Frank guardò Gerard dritto negli occhi, come se quei quattromilacinquecento chilometri di distanza non significassero poi molto; e Gerard ebbe un esagerato fremito nel realizzare che era arrivata la volta buona che Frank lo degnasse di una risposta.
- Che avremmo registrato qualche demo con gli altri. - 
- Con gli altri? - ripeté, quasi facendo cadere la tazza di caffé, - Frank! Ray vive a tre-virgola-due chilometri da te! Che succede se Jamia lo trova al supermercato? -
- Quattro virgola tre. - lo corresse con calma, giocherellando col tappo di una bottiglia posato sul tavolo, - Senti, Ray sa di sta cosa quindi al peggio si inventerà qualcosa se la incontra da qualche parte. Di certo non gli chiederò di rinchiudersi in un bunker per quattro giorni per supportare il nostro nido d'amore del cazzo a quattromilacinquecento chilometri da lui. - 
Avrebbe voluto correggere a sua volta il numero di chilometri ma Frank li aveva azzeccati.
- Non sei nervoso? - 
- Ho fame. - borbottò, guardando di sottecchi il frigorifero. 
Gerard sospirò e fissò ciò che gli era permesso di vedere, ovvero il gomito di Frank sbucare a lato del display mentre apriva il frigorifero e cozzava contro contenitori di plastica. La porta del frigorifero si richiuse e ricomparve Frank, che tuttavia non aveva ancora finito di procacciarsi lo spuntino.
- Perchè? - chiese Frank ad alta voce, frugando in giro.
- Non fare quello calmo. - 
- Hai ragione, sono irrequieto e infelice. - disse sarcasticamente. Ma solo per l'occasione, perchè chiunque si interessasse abbastanza a Frank da sapere correttamente lo spelling del suo cognome sapeva con altrettanta certezza che era effettivamente irrequieto e infelice il novanta percento del tempo. 
- Io sono nervoso. - 
- Si dice emozionato. - lo corresse risedendosi di fronte al portatile con un pacchetto di patatine.
Gerard si voltò e percorse con gli occhi l'ampio spazio vuoto che si ostinava a chiamare "casa". E trovò strano pensare che in una qualche manciata di ore non sarebbe stata più così vuota. Nell'attesa, avrebbe sul serio noleggiato qualcuno per riempirla. Gerard non sarebbe mai riuscito a vivere da solo, a dispetto di ciò che urlava a tredici anni ai suoi genitori dalla porta della sua camera. Rivolse di nuovo gli occhi al display e si accorse di aver passato gli ultimi secondi rivolgendo il suo profilo migliore a Frank e che si vedeva in ogni centimetro del suo viso che si era innamorato un po' di più del solito della sua faccia. 
Evitò di fargli notare che si era accorto di quello a cui stava pensando per risparmiare a entrambi bisticci di mezz'ora con frecciatine su roba risalente anche al 2002.
- Hai fatto le valige? - 
Frank riprese a mangiare le patatine che aveva momentaneamente abbandonato. - No. - 
- Okay. -
- Vuoi? - chiese, avvicinando le patatine alla webcam. 
- Ti prego, Frank, che tristezza. - 
- Tristezza generica. Quante ore mancheranno? -
- Dodici. - rispose prontamente, prima di pentirsene disgraziatamente con meno velocità. 
- Ah ha. Beccato. - 
Gerard si mise semplicemente a cantare Take On Me degli A-HA.
Frank continuava a mangiare patatine in silenzio, aspettando pazientemente che Gerard si calmasse.
Gerard si interruppe alla fine del secondo ritornello per bere una Coca Cola Zero.
Si guardarono per almeno mezzo minuto, mangiando e bevendo senza dirsi nulla. Così, per cazzi loro.
- Porta comunque la chitarra. - 
Quando interruppero con relativa decisione la videochiamata Gerard si infilò scarpe e giacca e andò a casa di Mikey in macchina, così perso nei propri pensieri che nemmeno si accorse di stare ascoltando Teenagers alla radio. Sobbalzò e cambiò velocemente stazione, agitato. Non sopportava più quella canzone. 
Bevve té con Mikey senza parlare più di tanto. Quando Alicia rientrò a casa e scoprì che quella sera Frank sarebbe atterrato a Los Angeles iniziò a implorare Gerard affinché andassero tutti e tre a prelevarlo in aeroporto e una volta ricevuto il consenso di Gerard iniziarono a fare dei biscotti a tema Halloween per Frank nonostante fossero solo ad aprile. 
- Gli piaceranno. - fu l'unico commento di Mikey, occhi ridotti a fessure e tubetto di colorante alimentare nero in mano.
- Immagino di sì. - borbottò Gerard.
Si fermò a cena da loro e bevvero Fanta come se fossero a una cazzo di festa di compleanno, con quei biscotti colorati in forno, e alle nove Gerard montò dietro nella macchina di Mikey e guidarono fino all'aeroporto con così tanto entusiasmo che la macchina pareva trotterellare. 
Aspettarono una ventina di minuti con uno stupido cartello con scritto "Frankenstein". Gerard si sentiva lo stomaco annodato e nemmeno riusciva a calcolare la differenza di ore in cui si stava per imbattere Frank. Maledetti fusi orari. 
E poi comparve. Felpa dei Misfits,  jeans strappati, Converse nere e custodia della chitarra fissata sulla schiena. Sembrava uscito dal primo tour dei My Chemical Romance. 
A Gerard quasi cadde il cartello di mano, ma poco importava perchè Alicia aveva preso a sventolarlo concitatamente.
Frank li localizzò e sorrise e Gerard quasi si sorprese del fatto che non portasse più il piercing al labbro. Riprese aderenza con la realtà attuale e guardò l'anello che si era dimenticato di togliere, allibito. 
Frank sballottò il suo bagaglio, facendo del suo meglio per correre senza provocare troppi danni.
Gerard non fece caso né alla prima, né alla seconda, né alla terza cosa che si dissero. Sinceramente, non avrebbe saputo spiegare a cosa stesse effettivamente facendo caso in quel momento.
Gli prese la valigia, come si fa con le signorine.
Si voltò a guardarlo smettendo di camminare, e Frank quasi gli andò a sbattere contro. - Ti abbiamo fatto i biscotti. - 
- Sul serio? -
- Doveva essere una sorpresa! - esclamò Alicia, picchiando la testa di Gerard con il cartello con cui avevano accolto Frank.
Salirono in macchina, Gerard al margine del quadro euforico che andava dipingendosi ogni chilometro più intensamente. Era uno di quei momenti in cui la vita lo lasciava attonito. Non che l'arrivo di Frank fosse stata una sorpresa, però l'aveva ugualmente investito. Aveva brutti presentimenti e non era sicuro che fosse una buona idea. E' che davvero non sapeva che cazzo stava combinando, con tutte quelle case, persone, letti, città e stati. 
Rimasero seduti in cucina forse un paio di ore, bevendo decaffeinato e mangiando biscotti e, una volta esauriti, patatine. Ufficialmente, stavano guardando una Commedia Del Cazzo con Ben Stiller, in realtà parlavano di eventi da organizzare, persone sparite dalla loro personale circolazione e generi musicali ridicoli. 
Quando fuori dalla casa di Mikey e Alicia rimasero soli, Gerard capì con qualcosa di simile a un glorioso e brutale scoppio di trombe che era arrivato il momento di uscire a passo felpato dalla propria testa e riprendere ad occupare consenzientemente perlomeno un metro dei 510 milioni di chilometri del Pianeta Terra. Pensò di iniziare con un "Ehi.", e pensò male. 
- Sei in botta? -
Rimasero fermi nello stesso metro in cui Gerard aveva ripreso a interessarsi a ciò che lo circondava, e un angolo remoto della sua mente pensò futilmente che non era ancora fuori dai limiti dei suoi buoni propositi di non "menteggiare" troppo (gliel'aveva detto una volta Mikey, quando aveva qualcosa come quattro anni, nel vedere Gerard passare più di cinque minuti sulla stessa pagina di un libro). Non aveva la più pallida idea del perchè gli fosse venuto in mente quello stupro di verbo in quell'esatto momento. Magari era sul serio "in botta". Qualsiasi cosa significasse. 
- Sicuro di volermi qui? - 
Non doveva spaventarsi. Non doveva spaventarsi. Non- era terrorizzato. - Sono solo preoccupato. -
- Di cosa? - chiese, esageratamente esasperato.
Scrollò le spalle. - Non lo so. - . Cercò le chiavi della macchina nelle tasche e poi uscì dal suo metro ma non riprese a isolarsi nella propria testa. Prese la mano di Frank e si ritrovarono a baciarsi nell'aria fredda.
Senza motivo, provò a farlo cadere sorreggendosi sulle sue spalle mentre si abbandonava a peso morto e poi lo derise. 
- Perchè ti comporti così? - chiese stancamente Frank, più o meno sorridendo. 
- Lo faccio per la simpatia. -
- Che culo. - asserì sarcasticamente.
Salirono in macchina e prima di partire persero almeno due minuti a scegliere la stazione radio. Mise in moto la macchina e cercò di evitare la siepe di Mikey.
- Hai qualcosa di privato da dirmi? - domandò a Frank, gli occhi fissi sulla strada. 
- Privato? Vuoi che ti faccia dei complimenti? - 
Gerard sorrise. 
- Sei un pessimo guidatore. -
- Non è vero. -
- Hai gli abbaglianti accesi. - 
- Stai parlando dei miei occhi? -
- Ger- - . Scoppiò improvvisamente a ridere, battendosi una mano sul ginocchio, - No. Ti prego. Togli gli abbaglianti. - 
Obbedì con un sorriso dopo essersi beccato qualche meritato colpo di clacson. 
- Guarda, sembra che ci sia scritto LGBT. - disse Frank, sghignazzando stupidamente nell'indicare il nome del modello dell'Audi di fronte a loro. 
Gerard ridacchiò sommessamente ma poi Frank si colpì di nuovo il ginocchio ridendo forte e finì per scoppiare a ridere a sua volta. 
- Mi fa male la pancia. - dichiarò Frank, smettendo di dimenarsi sul sedile per abbracciarsi lo stomaco.
- Farai davvero meglio a non ammalarti. - 
- Quali sono i nostri piani? - 
- Non ho pensato nemmeno per un secondo a cosa potremmo fare in questi giorni. -
- Sei sarcastico? -
- No, disinteressato. - . Vide l'Audi di fronte a lui rallentare dietro a una vergognosa fila di macchine e si preparò a riunire tutte le sue forze per imprecare un'altra meravigliosa volta contro Los Angeles. 
- In New Jersey queste cose non accadono. - blaterò Frank con orgoglio, sollevandosi sul sedile per osservare le macchine ferme. 
- Risparmiami le tue stronzate da ragazzo di campagna. - 
Frank sospirò e sprofondò nel sedile, abbassandosi ad altezza bambino-di-dieci-anni.
- Che fai? - chiese Gerard, guardandolo male. 
- Mi appisolo. - 
- Non provarci nemmeno. - 
- Ci sto provando proprio adesso. - 
- Sei in cerca di violenza. -
- No, ho tre ore di sonno in più di te. C'è differenza. - 
- Allora ciao. Dormi male. - 
- A dopo. - lo salutò Frank, incrociando le braccia al petto e posizionandosi in modo da far pendere la testa leggermente a destra.
Gerard scosse appena il capo, trasformando con il passare dei minuti le sbirciate in approfondita osservazione. 
Dopo quello che doveva essere stato un quarto d'ora, la fila di macchine iniziò a dileguarsi e Gerard guidò rapidamente verso casa, rischiando un paio di volte di perdere uno specchietto o una ruota sul marciapiede. Era tre ore meno stanco di Frank, ma era comunque stanco. Parcheggiò la macchina e guardò Frank ritornare miracolosamente nel mondo dei svegli. 
- Dì la verità, hai recitato per tutto questo tempo? -
Si passò le dita su un occhio. - Di che stai parlando? - 
Gerard pensò dispiaciuto che avrebbe voluto svegliarlo lui. - Niente, andiamo a letto. -
- A fare cosa? - chiese Frank, guardandosi in maniera strana la felpa.
- Dormire. - . Pensò alle alternative parecchi secondi dopo. Il suo cervello si stava pallidamente omologando alla vita da trentenne. Pensò che quella era la precisa sensazione del diventare vecchi. 
Sbuffò rassegnato, aprendo la portiera a Frank. 
- Mi prendi in braccio? - chiese Frank.
- No, sono vecchio. - sospirò. 
L'altro lo guardò con uno strano disprezzo e scivolò giù dal sedile. Richiuse la portiera e si precipitò di fronte alla porta di casa mentre Gerard chiudeva la macchina. Cercò le chiavi e nel guardare Frank sgattaiolare dentro attraverso la più minima fessura lasciata dalla porta che si stava aprendo pensò che sembrava di avere a che fare con un cane. 
Frank corse energicamente su per le scale. - Dormiamo! - gridò correndo senza meta per i corridoi che probabilmente aveva già dimenticato.
Gerard era perplesso. Come pensava di riuscire a dormire, con tutta quella adrenalina addosso?
- E' un bagno! Ci sono bagni ovunque. -, lo sentì lamentarsi.
Richiuse la porta e salì le scale. 
- Frank, rilassati. Così ti passa il sonno. -
- No, no, ho tantissimo sonno. - lo rassicurò freneticamente, - Trovami un letto. -
- Uhm, quale? -
- Cosa? - 
- Ho tre- fa niente, seguimi. - 
- Non il letto in cui scopi con Lindsey e non il letto in cui ho dormito l'altra volta con- -
- Lo so. - . Si fermò in mezzo al corridoio per rivolgergli un'occhiataccia e scoprì che Frank l'aveva preceduto. Si guardarono male per qualche secondo, dopodiché ripresero a percorrere il corridoio come se nulla fosse successo. 
- Non ci ha dormito mai nessuno? - indagò Frank, sedendosi in fondo al letto sulla sua perfetta metà. Si stava già togliendo le scarpe.
- Ci ha dormito una volta Mikey. - . Guardò l'incredibile intrattenimento che Frank nel svestirsi gli offriva. Si chiese se fosse minimamente consapevole del fatto che il suo bagaglio fosse ancora in macchina. 
- Sono ingrassato. - spiegò Frank con noncuranza, togliendosi la maglietta. Era vero, per la cronaca. Ma che importava? 
Si tolse l'ultimo capo rimasto, ovvero i jeans.
- Io però non ho sonno. - si decise a dire Gerard. 
- Non mi int- -
Gli balzò con abbastanza poco fascino addosso per baciarlo. Frank lo assecondò per due lunghi secondi, dopodiché in qualche modo finirono separati e il più piccolo si distese su un fianco sotto le coperte. 
- Sei serio? - domandò indignato Gerard, strattonandogli la coperta giù da una spalla nuda.  
Frank se la ricoprì con veemenza. - Mi spiace. - borbottò in tono conclusivo. 
- Vado in bagno a masturbarmi. - 
Frank continuò a ignorarlo.
Tirò un sonoro sospiro e uscì dalla stanza. Era troppo emozionato per dormire. Scese le scale e si fermò di fronte al portone, chiedendosi se avesse intenzione di prendere la valigia a Frank, e soprattutto se se lo meritava. Si arrese sbuffando e tornò in macchina a prendere le cose del nanetto di merda. Ritornò in casa in tempo per ricevere una chiamata da Lindsey, che aveva appena finito il concerto.
Nel portarsi il cellulare all'orecchio, Gerard puntò gli occhi sulle scale, promettendosi che se Frank si fosse azzardato a scenderle e dirgli qualcosa lo avrebbe letteralmente ucciso. 
Quando riattaccò si accorse di aver ricevuto un messaggio da Mikey.
"Stavo andando a dormire e mi è venuta in mente questa... quando Lindsey non c'è i froci ballano. Buonanotte!"

Il mattino dopo si svegliò su un letto vuoto ma non pensò nemmeno per un istante di essersi immaginato l'arrivo di Frank. Aveva trent'anni ormai. Babbo Natale non esisteva, mangiare spinaci non ti fa diventare verde, all'uomo nero non interessa la tua condotta e Frank Iero era effettivamente tornato nei dintorni.
Lo trovò seduto in cucina, con un berretto di Gerard piazzato sulla testa. 
- Cosa- - 
- Avevo freddo. - rispose Frank, fissandolo con serietà. Si accorse, a dire il vero, di quanto fosse cambiato. Non che il passare degli anni lasci anche solo una singola persona nell'intero universo immutabile, chiaro. Non avrebbe mai voluto il vecchio Frank indietro, perchè era abbastanza soddisfatto di quello presente; ma se avesse potuto decidere avrebbe voluto che da lì in poi restasse per sempre uguale. E questo solo perchè ancora non poteva sapere cosa sarebbe potuto diventare. Nel bene e nel male. Ma non aveva nemmeno uno straccio di voce in capitolo, quindi si arrese allo scorrimento temporale.
- A volte mi emozioni. - quasi urlò, sedendosi accanto a lui per cingergli le costole con le braccia.
- Pazzo, furioso e fuori di testa. - lo descrisse con dolcezza l'altro, passando un braccio attorno alle sue spalle. - Prima mi sono fatto una doccia. - raccontò, - Pensi che io abbia usato il docciaschiuma di Lindsey? Ha un profumo un po' strano... -
- No, è quello che uso io. -
- Ancora i docciaschiuma da donna? - 
- Quelli da uomo sono un pugno ai chemiorecettori olfattivi. - . Si pulì il naso sulla sua maglietta ma Frank non se ne accorse, - Nemmeno ti ho sentito farti la doccia. Abbiamo i fusi orari così sballati che finiremo per vederci mezz'ora al giorno finché a uno dei due non verrà sonno. - presagì drammaticamente Gerard, scivolando progressivamente lungo il petto di Frank fino a schiacciarsi il naso contro la sua gamba. 
- Ho visto che hai il primo cd di Avril Lavigne. - 
- Hai visto bene. - 
- Se lo metti su ti faccio i pancakes. -
- Mi sta bene. - . Inserì Let Go nello stereo in soggiorno e passò direttamente a "Complicated". Tornò in cucina canticchiando e molleggiando bellamente, quando si accorse delle mutande gialle di Frank che stava cercando gli ingredienti nei vari mobili della cucina. Realizzò di sentirsi assolutamente bene. Che gli stava sul serio bene tutto. La giornata con poco sole, il docciaschiuma, Avril Lavigne, i pancakes, anche solo di aver trovato Frank Iero nella propria cucina. Anche di non avere voce in capitolo.

Nel passare di fronte al reparto macelleria si voltò per vedere la reazione di Frank e si accorse che non c'era più e di stare sorridendo a un perfetto sconosciuto sulla cinquantina.
Turbato, si spostò a lato cercando di non cadere addosso all'uomo e si allontanò facendo del suo meglio per scrollarsi di dosso l'imbarazzo. Localizzò Frank e lo scosse afferrandolo per la maglia.
- Mi hai fatto sorridere a un uomo che non conosco. - disse dandogli uno scossone ad ogni parola. Arrivò a fine frase che stavano ridendo entrambi. Si accorse di essere circondato da tinte per capelli. - Oh, no... che vuoi fare? - domandò piano a Frank, mollandogli la maglietta.
Frank sorrise prendendo una confezione di tinta rossa per poi accostarla al viso di Gerard.
- Di che stai parlando? - domandò nervosamente l'altro allontanandosi.
- Non sto parlando. - disse con un sorriso eccitato Frank. 
Gerard prese a scuotere la testa. - No, no, n- -
- 12 aprile 2006. -
- No. - 
- Ti avevo appena tinto i capelli di nero. -
- No. -
- Mi dicesti che- -
- No. -
Frank lo zittì posandogli un dito sulle labbra e alzò la voce. - Mi dicesti che saresti stato bene anche con i capelli rossi. -
- Il 12 aprile? Sei serio? - 
- Ho totalmente inventato la data, ma ricordo con chiarezza qualsiasi cosa tu mi dica. Non mentire. Non negare. Non fumare. - aggiunse a caso.
- Prima che finissimo nella doccia. -  ricordò Gerard. 
Frank arrossì. Istintivamente. Specchio-riflesso-se-ti-muovi-sei-un-cesso. Ma questo non c'entrava davvero nulla. 
- Frank, tutto ciò è davvero romantico, ma ormai sono vecchio. - 
Frank lo afferrò con rabbia per il polso per strattonarlo - Non farmi urlare- -
- Ma almeno prendimi la mano. - 
Lo guardò per un istante, senza capire. 
- Non il polso. - 
- Se vuoi puoi prendermi la mano mentre decido quale esatta gradazione di rosso voglio riversarti in testa. -
Gerard infilò subito le dita fra le sue.
- Hai firmato il contratto. - lo informò prima di mettersi a studiare la ventina di tinte di fronte a lui.
L'altro si mise a fissarlo nel tentativo di distarlo ma non funzionò, perchè ormai era vecchio e non affascinava più nessuno.
- E' davvero molto acceso. - commentò tetramente Gerard nel vedere il colore che Frank aveva scelto.
- Beh, non ricordo che Ariel avesse i capelli bordeaux. - 
- La mia anima è troppo nera per quei capelli. - continuò a borbottare. 
- Tu hai bisogno della maestra di sostegno. - lo insultò gelidamente. 
Gerard lo seguì piagnucolando lungo la corsia.
Ma Frank prese i due flaconi di acqua ossigenata e andarono a pagare e tutto era già stato deciso. Andarono al cinema con Mikey e Alicia e cenarono con pop corn e Dr Pepper. 
Tornarono a casa piuttosto presto e si misero da subito al lavoro. 
Frank preparò la miscela decolorante e Gerard latte e biscotti, che consumarono nella vasca da bagno da cui Gerard era solito chiamare Frank. 
- La facevo più luminosa, come stanza. - commentò Frank, poco prima che un biscotto troppo zuppo si spezzasse per il peso e cadesse nel suo latte. - Merda. - 
Gerard ridacchiò nel suo angolo, continuando a riempirsi la gola di biscotti. 
- Un po' sei emozionato. - blaterò compiaciuto Frank, dandogli una gomitata.
- Mi sto suicidando, non vedi? - 
Rise schizzandogli la faccia di latte. 
- Non daremo inizio a un'altra rissa. - 
- Non era mia intenzione farlo. - lo rassicurò, facendo un'insicura leva sulla sua spalla per alzarsi in piedi. 
Gerard chiuse gli occhi, decisamente non pronto a vedere il bicchiere finire in frantumi e i denti di Frank saltare contro il bordo della vasca da bagno. Sentì il rumore del piede di Frank che scivolava appena, un "Ops" e poi tutto sembrò finire lì, quindi riaprì gli occhi. 
- Temevi per la mia arcata dentale? - indovinò Frank.
- Mi terrorizzi. - 
- Metti via i biscotti. Dammi il bicchiere. - . Lo posò da qualche parte e lo prese per mano per aiutarlo ad alzarsi. 
Gerard scavalcò la vasca da bagno e gli morse il labbro inferiore. - Scusa, scivolato. - 
- Idiota. No, dai, è stato davvero carino. - ammise subito con un sorriso dolce e le guance arrossate. Vivevano in un anime. - Siediti. - ordinò mettendosi i guanti di plastica trasparente.
- No, un attimo, prima voglio fare la mia ultima foto coi capelli neri. - disse correndo come una stupida ragazzina a prendere il cellulare. Non trovò il suo quindi usarono quello di Frank. Entrambi optarono per una posa autoironica e poi iniziarono effettivamente l'intero processo.
Fissò allo specchio i suoi capelli decolorarsi e diventare arancioni e si accorse che non ci aveva affatto riflettuto prima di cimentarsi in quel drastico cambiamento di capelli. Decisero di fare un'altra foto e Gerard cercò di rassicurarsi inultimente promettendosi che se non gli sarebbero piaciuti c'era pur sempre il taglio di capelli alla Eminem. 
- Sembra sangue. - disse Frank, usando molto professionalmente l'indice per rimescolare la tinta nel piattino di plastica che avevano trovato in cucina.
- L'ultima volta l'avevi fatto a mani nude. - commentò a mezza voce Gerard, in una specie di tono di sfida.
- Vuoi che lo rifaccia? -
- Non lo so. - sollevò il mento, - Lo voglio? -
- Ti faccio ingoiare il lavandino. - disse togliendosi improvvisamente i guanti.
- Così almeno alla fine di tutto questo saremo entrambi diversi. Io con un caschetto rosso improponibile e tu senza mani. - 
- E ricorderemo per sempre la mia permanenza qui come una bella vacanza sana all'insegna del divertimento. - 
Gerard arrossì al pensiero di quanto stessero rischiando grosso e una parte della sua mente si augurò che Frank non facesse la battuta scontata di comparare la sua nuova tinta e il colorito della sua faccia. Decise di sbiancare nel dubbio. - Oh, cazzo. - 
- Ora che hai i capelli rossi devi dire "miseriaccia". - lo prese in giro in Frank. 
- Che cazzo penserà Lindsey quando mi vedrà così? -
- Cercherà sacchetti di metanfetamina nei cassetti delle mutande. -
- Sul serio, che le dico? - 
- Dille che sei così emo che i tuoi capelli stanno avendo un'emorragia esterna. -
- Smett- -
- Lindsey, tu non capisci, mi sanguinano i capelli da una settimana! - lo imitò scuotendo le mani in aria e macchiandosi il viso di goccioline rosse.
Gerard cercò di esternare il disappunto che stava provando ma finì per unirsi alla sua risata. - Sei davvero stupido e infantile e sembri sporco di sangue. -
Frank si esaminò allo specchio, sollevando e abbassando inutilmente le sopracciglia un paio di volte. - Penso mi cadrà la faccia. -
- Diagnosi professionale. Continua a spalmare quella merda dappertutto. - gli ordinò Gerard indicandosi la testa.
Frank gli premette un indice sporco di tinta sulla guancia. 
- Grazie. Ora avrò per sempre una gota rossa e l'altra bianca come la morte. - 
- Prova a vendere dischi ridotto così. - 
- Prova a suonare la chitarra senza mani. - 
- Perchè non ficchi anche le tue di mani in questo ingrumo vermiglio? - chiese annodandogli ulteriormente i capelli sfregandoli di cattiveria. 
- Perchè sono già abbastanza sfortunato ad avere i capelli di un rosso accecante, almeno lasciami le mani con cui coprirmi gli occhi. - 
- Penso che ti verranno i rasta. - mormorò continuando ad annodarli.
- Ti rompo le dita se non la smetti di scorticarmi il cuoio capelluto. - 
Frank aprì la bocca in un'espressione di meraviglia sollevando improvvisamente le mani. - E' arrivato il momento della posa. - 
- Per quanto possa essere utile lasciare un cumolo di capelli morti zuppi di tinta in posa sul mio cranio nudo. - 
- Non ti ho strappato nemmeno un capello. - 
- Non dire stronzate. - 
- Vado a ordinare la pizza, a dopo. - si congedò insensibilmente lasciando in velocità la stanza.
Gerard si fissò allo specchio per tutta l'attesa, senza prendersi la briga di sistemarsi l'espressione facciale apatica che aveva quando non stava guardando nulla di interessante. E la sua faccia da qualche anno era davvero diventata noiosa. Pensò ai periodi adolescenziali che aveva vissuto intorno ai venticinque anni, quando una settimana si credeva attraente e quella dopo incredibilmente brutto e strano; e avanti così fino ai trenta, quando aveva capito di non essere solo strano, ma anche vecchio. Il che, ad ogni modo, era strano. 
Ad un certo punto si rese conto che Frank non stava parlando da cinque minuti con il ragazzo delle consegne, bensì con "Jam", a periodi alterni soprannominata anche "tesoro". A metà fra la seccatura per la pizza non ancora ordinata e uno spesso strato di gelosia di fondo, pensò di uscire dalla stanza e piazzarsi di fronte a lui per metterlo sotto forte disagio finché lo scheletro non gli fosse scivolato fuori dalla bocca e scappato via; poi però si rese conto che non aveva alcun diritto di fare niente del genere. Tornò a sedersi cercando di non fare rumore e si detestò un po'. Cercò di ignorare l'imbarazzo che gli stava di nuovo colorando le guance canticchiando in strani sussurri Teenage Dirtbag dei Wheatus. 
Frank rientrò dopo qualche minuto, con piccole macchie rosse ancora sul viso.
- Hai ordinato la pizza? -
Si bloccò all'entrata. - Uhm. -
- La chiamata a Jamia era programmata o è semplicemente capitata? - insistette Gerard, andando in cerca del suo cellulare, - Perchè se era programmata e hai fatto finta di ordinare la pizza io davvero... -, controllò nella sua camera, - Davvero... -, ripeté osservando il salotto dalle scale, - Io davvero... - . Si accorse di aver perso il cellulare di vista da minimo quattro ore. - Dov'è il mio cellulare? - 
- L'hai lasciato da Mikey? - 
- Nooo... - rantolò, allontanandosi improvvisamente dal muro su cui voleva appoggiarsi dopo essersi ricordato della testa imbrattata di roba che non si sarebbe mai levata dalla parete.
- Sul serio? - chiese Frank. 
- Non lo so. - 
- Almeno sei sicuro di averlo avuto oggi pomeriggio mentre eravamo da Mikey? - 
- Sì, avevo mandato un paio di messaggi. Chiama Mikey e chiedigli di cercare a casa sua, non ho voglia di mettere tutto sotto sopra qua... poi non so rimettere in ordine. - 
- Non sai rimettere in ordine? -
- Proprio non riesco. La casa ha qualcosa di strano, non si fa sistemare. - 
Entrambi si voltarono a guardare in silenzio il corridoio in penombra. 
Gerard non voleva suonare così inquietante. Si era spaventato da solo. 
Tornarono spediti in bagno, entrambi segretamente terrorizzati, e Frank chiamò al telefono Mikey mentre Gerard cercava nel foglio illustrativo quanto tempo doveva ancora aspettare prima di poter risciacquarsi i capelli.
- Ha detto che mi richiama. - disse Frank riponendo il cellulare.
- Ancora un quarto d'ora di tempo. - lo informò Gerard, indicandosi la testa. 
- Okay. - . Accese l'acqua del lavandino e iniziò a grattarsi via le gocce rosse dalle guance.
Gerard non smise di osservarlo per un secondo, mentre un campanello d'allarme risuonava in lontananza da qualche parte nel suo cervello, mandandogli freneticamente immagini delle 20 chiamate perse di Lindsey, dei 13 insulti per messaggio e della discussione che avrebbero avuto. 
Suonò il telefono di Frank e se non altro ebbero la conferma che il cellulare di Gerard aveva passato la serata ficcato fra due cuscini del divano di Mikey.
Gerard si fece una doccia e uno shampoo in fretta e furia mentre Frank giocava con il telefono oppure gli faceva foto - la scena fra il vapore generale non era chiara. Si strofinò i capelli con un asciugamano per liberarli dall'acqua e quando si guardò allo specchio non riuscì a capire come si sentiva al riguardo.
Si voltò in direzione di Frank, sulla cui faccia pareva riflettersi l'espressione di Gerard. - Dobbiamo andare. -
- Neanche il tempo di apprezzare il tuo nuovo colore di capelli? -
- La rabbia di Lindsey potrebbe sfociare in violenza domestica. Andiamo. Per favore. -
Frank ridacchiò e basta.
Gerard andò a vestirsi in velocità, prese le chiavi della macchina e trotterellò giù dalle scale insieme a Frank. - Ti do altri due minuti per elaborare un giudizio sui miei capelli. -
- Non mi servono. -
- Shhh, pensaci ancora due minuti. - 
- Li amo. - disse guardando Gerard stuprare con la chiave di casa la serratura della porta che non si apriva. 
- Altri due minuti, ti ho detto. - insistette l'altro. 
- Ti ho detto che- -, la porta si spalancò, - Ti amo. - . Gerard tornò dentro casa come sospinto lungo un percorso naturale che qualcuno aveva deciso per lui e ritardarono di due minuti per baciarsi e spegnere le luci di troppo. 
Salirono in macchina e un altro minuto perso perchè gli occhi di Gerard erano fisicamente bloccati sullo specchietto e quei ciuffi rossi arruffati. - Credo mi piacciono. - . Mise bruscamente in moto la macchina e andò aggressivamente in retromarcia.
Al primo rettilineo abbassarono i finestrini e si accesero una sigaretta. Capitava che gli occhi di Gerard si posassero sbadatamente sullo specchio retrovisore e venissero puntualmente sorpresi da quell'insolito aspetto. Con il passare dei minuti, gli occhi di Gerard finirono per focalizzarsi più sul suo riflesso che sulla strada. Si vedeva così diverso, e pensava di sentirsi lui stesso molto diversamente. 
Frank risistemò lo specchietto in modo che Gerard potesse al massimo vedersi la fronte ma dopo cinque minuti Gerard lo ri-indirizzò alla sua testa, spericolatamente narcisista.
Arrivarono a casa di Mikey intorno alle dieci. Suonarono al campanello ridendo su qualcosa e quando Mikey aprì guardò spaventato Gerard.
Gerard si era di nuovo più o meno dimenticato dei suoi capelli, quindi all'inizio si allarmò anche lui.
- Cioè, perdi il telefono per cinque ore e decidi di tingerti i capelli di rosso? Ti manda così fuori di testa? - 
- Non ci vedevo più, Mikey. Dovevo fare qualcosa. - annuì con sentimento Gerard, stringendogli con forza la mano. 
Alicia comparve alle sue spalle, in pigiama. Indicò i capelli di Gerard con un'unghia dipinta di nero. - Che significa? - 
- E' stata una mia idea. - dichiarò con soddisfazione Frank, passando le dita sulla sua opera d'arte. 
- Il tuo cellulare. - disse Alicia, porgendolo a Gerard, - Volete entrare? - aggiunse dopo, mentre Gerard se lo infilava in tasca. 
- Okay, però restiamo poco. Dobbiamo ancora cenare e oggi vi abbiamo già visti. - disse Gerard entrando con strafottenza, - Devo andare in bagno. -
Lasciò Frank a loro due, mentalmente proiettato alle scuse che avrebbe dovuto registrare in segreteria perchè Lindsey probabilmente nemmeno voleva più avere conversazioni con lui. Si chiuse la porta del bagno alle spalle. Notò distrattamente dalle pareti umide che qualcuno doveva essersi appena fatto la doccia, poi estrasse il telefono della propria tasca destra e chiuse per un istante gli occhi, facendo un respiro profondo. Sbloccò lo schermo del telefono. Solo due messaggi e una chiamata persa. Nessuno di questi apparteneva a Lindsey. Riavviò il telefono e aprì la porta, sentendo improvvisamente caldo. 
Il cellulare si era riavviato e continuavano a non esserci né messaggi né chiamate perse di Lindsey. Si sentì sprofondare. Non sapeva cosa fare. Non sapeva più cosa fare. Si sedette a terra e si appoggiò allo stipite della porta con una tempia, e quasi provò ad abbracciarlo.
Digitò nervosamente il suo numero e pensò che anche se avesse risposto sarebbe rimasto in silenzio. 
Lindsey rispose e non riuscì a starsene zitto. 
- Avevo perso il telefono. - farfugliò, - Come- stai- - chiese meccanicamente, ancora troppo sconvolto dal fatto che stessero effettivamente parlando insieme. 
- Dove l'avevi perso? Sto bene. - . Non sembrava minimamente incazzata. 
- A casa di Mikey. Pensavo che avrei... -, gli andò via la voce.
- Mh? -
- Niente. Come stai? -
Lei rise, però suonava triste. - Te l'ho già detto. Tu come stai? - 
- Non molto- no, cioè, benino. Bene. - . Gli venne di nuovo paura, nel guardare il corridoio, che arrivasse Frank. Si ripromise, come sempre con tremenda serietà, che al primo rumore udibile a Lindsey lo avrebbe assassinato. 
- Mi manchi. - 
- Come hai fatto a non preoccuparti? -
- Oggi è una giornata un po'... s-strana. - 
- Avevi detto di stare bene. -
- Mi manchi, tutto qui. - 
- Ti manco così tanto che non sei riuscita a preoccuparti della mia assenza? - . Non sapeva perchè, all'improvviso, perdere il suo affetto lo spaventasse così tanto.
- E' già successo che non ci sentissimo per cinque ore di fila. Anche per dieci. - 
Gerard rischiò le convulsioni per la figura di merda. Oh mio Dio. Oh mio Dio. - Giuro su Dio che il tempo è plastico e fuori dal mio controllo. - . Stava solo peggiorando le cose, ed era davvero divertente il fatto che ogni volta se ne accorgesse solo dopo aver iniziato la frase. 
- Ormai non importa. - . Nel senso che non stavano già più insieme? Avesse avuto una moneta l'avrebbe usata per decidere se fingere di non capire o addolorarsi esageratamente. 
- Avete scritto qualcosa in questi giorni? - chiese Lindsey, sollevandolo dal peso di scegliere come reagire.
- Qualcosetta, sì... -, un'altra stronzata e gli sarebbe esplosa la testa, - Voi vi state divertendo? -
- Mh, più o meno... Dobbiamo prendere un taxi, devo lasciarti. Ci- Ti amo, ciao. -
Avrebbe potuto passare anni interi a confrontare le sue aspettative mentali con ciò che accadeva nella realtà. Anni interi. Si promise inutilmente che non si sarebbe  mai più aspettato niente dalla sua vita. Che qualsiasi cosa lo avrebbe ugualmente sorpreso o ugualmente lasciato indifferente. Nessuna via di mezzo.
Passò per la cucina vuota e disordinata e li trovò sul divano che guardavano un film. 
- Frank, torniamo a casa? - chiese Gerard, osservandolo dalla porta con occhi sbarrati. 
Si voltarono tutti e tre a guardarlo e la frase rimase sospesa nell'aria, suonando più intima di quanto tutti loro avessero voluto. 
- Okay. - squittì Frank. Si alzò e invece di accerchiare il divano lo scavalcò. - Ci vediamo. - borbottò goffamente, voltandosi di nuovo in direzione di Mikey e Alicia.
- Gerard, tutto okay? Sei sicuro di voler guidare? - domandò Alicia, sollevandosi appena dai cuscini per guardarlo meglio. 
- Oh, sì, figurati. Buonanotte. Se volete domani passate a fare colazione da noi. - . Percepiva nell'aria le vibrazioni del panico di Frank, che probabilmente in quel momento stava sguazzando nei mondi paralleli in cui viveva normalmente con Gerard e avevano una macchina che faceva i popcorn vicino alla televisione e un allevamento di cani bruttini e adorabili.
- Per che ora? - chiese Mikey. 
- Provate per le undici. Se ancora non diamo segni di vita ripassate tre ore dopo. Se non riusciamo ancora a svegliarci chiamate la polizia. -
- I tuoi inviti si rivelano sempre farse. Vaffanculo. Buonanotte. - lo salutò Mikey, soffiandogli un bacio.
Lasciarono definitivamente la casa. Era mezzanotte. Erano quasi arrivati a casa quando Gerard sentì lo stomaco di Frank brontolare. Inchiodò in mezzo al viale, con gli specchietti ancora alterati dal suo narcisismo e la strada fortunatamente vuota.
- Non abbiamo cenato. Avresti dovuto ricordarmelo. - esclamò mortificato, sventolando le mani in giro.
- Pensavo che il tuo apparato digerente fosse già stato abbastanza chiaro e fossi nell'ordine di idee di assecondarlo magari preparando qualcosa a casa. E poi sei visibilmente giù di morale e non so bene come comportarmi, perchè so che c'è di mezzo Lindsey e non voglio essere offensivo però nemmeno riesco a mentirti. -
Gerard sospirò azzardando un'inversione di marcia. - Cosa direbbe Jamia se sapesse che ti tengo in ostaggio senza nemmeno nutrirti? -
- Penso imprecherebbe. - rispose con comica serietà, accarezzandosi il lieve accenno di barba che gli era spuntato da quando stava a Los Angeles, - Dove stai andando? Pensi di trovare qualcosa di aperto a ste ore? -
- La mia vicina di casa ha quarantatre anni e la lista completa di tutti i kebabbari di Los Angeles. Penso di ricordare l'indirizzo di quello che il weekend sta aperto fino alle otto di mattina per assecondare la fame chimica di certi ragazzini drogati. - 
- Che gioia. - 
Non trovarono il kebabbaro. Finirono in una farmacia, dove comprarono un pacchetto di caramelle ricche di vitamina D e poi passeggiarono sulla spiaggia fino a che trovarono un supermercato, dove si comprarono venti dollari di patatine, biscotti e bibite gassate che avrebbero più tardi ruttato in una sottospecie di gara amichevole trascinando i piedi scalzi in mezzo alla sabbia fresca. 
Si sedettero a terra e Gerard cinse l'altro per le spalle per avvicinarlo a se. Gli ruttò all'orecchio e Frank annuì battendo un po' le mani.
- Gerard, te lo devo proprio dire. - disse a un certo punto, evidentemente stanco di ascoltare le onde alternarsi ai rutti di Gerard.
Gerard si sentì sinceramente dispiaciuto.  Poteva darsi che lo avesse disgustato. Aveva davvero esagerato, in effetti.
- Davvero non mi importa nulla di Lindsey. E non farmi aggiungere altro, è già abbasta- - 
- Stai davvero bene con la barba. -
Frank se la toccò istintivamente. - Oh, sì, beh, a Jamia non piace. - 
- Stupida. -
- Almeno lei si prende la briga di nutrirmi. Volevi sul serio mandarmi a letto senza cena? -
- E tu volevi sul serio stare zitto per tutto quel tempo? E' anche colpa tua. - dichiarò ridacchiando piano e rigirando la Coca Cola Zero nella lattina come se si trattasse di un buon vino.
- Cos'è successo con Lindsey? - chiese timidamente. 
Gerard finì la lattina e si voltò dall'altra parte per ruttare forte. Si rigirò in direzione di Frank e si sporse vistosamente fino a portare le labbra sulle sue. - Disinteresse reciproco. - . Gli baciò una guancia ispida e si avvicinò al suo orecchio. - Mi sento diverso. - sussurrò in tono grave.
- I rutti ti stanno dando alla testa. -
- No, cioè, prima mi importava ma ha di nuovo smesso di importarmi. -
- Siamo tornati alla fase in cui mi ripeti cose dolci senza motivo, giusto? Non puoi capire quanto ti detesto. - 
- Non sono più lo stesso. - dichiarò. Passò i palmi della mano di fronte alla propria faccia simulando in un sussurro un fruscio. - Riesci a sentire la magia? - 
- Sei serio? - 
Gli prese le mani e cercò di farlo alzare ma Frank si oppose. 
- Che vuoi fare? -
- Una passeggiata. Dai. -
Frank raccolse le cartacce e andò a buttarle diligentemente prima di prendere la mano di Gerard e incamminarsi con lui lungo la spiaggia. 
- Sta mattina ho letto un'altra cazzata su Twitter. - raccontò Frank, ridacchiando.
- In stile pompino sotto la pioggia? -
- Sì. Faceva tipo così: "Scopiamo?", "No, sono una ragazza seria.", "Non ti ho mica chiesto di ridere.". - 
Scoppiarono a ridere, piegandosi appena per poi andare a sbattere l'uno contro l'altro. 
Frank si appoggiò alla spalla di Gerard e ridendo sguaiatamente lo spinse accidentalmente in acqua. 
Gerard balzò fuori e atterrò addosso a Frank. Si accertò velocemente di non averlo fatto cadere e si tolse le scarpe fradice. 
- Vuoi farti il bagno? - chiese Frank, sconvolto. 
- Cosa? N- -, finì di sfilarsi i calzini umidi e le parole di Frank si trasformarono in una sfida, - Sì. - . Scaraventò felpa e pantaloni a terra, restando in mutande e maglietta a maniche corte. 
- Stai avendo una crisi di mezza età? -
- Mezza età a chi? Non morirò a 60 anni. - replicò l'altro, stringendo le dita attorno alle sue. 
- Ma è fredda! - protestò, cercando disperatamente di allontanare Gerard dall'acqua. 
- Smettila. - 
Frank cedette all'improvviso proprio mentre Gerard aveva deciso di lasciarsi cadere indietro a peso morto nel tentativo di avvicinarlo all'acqua con maggiore efficacia. Gerard atterrò sul proprio sedere, Frank di faccia (non dopo aver avuto l'accortezza di colpire con il gomito il naso di Gerard). 
Gerard si infilò un dito nella narice con urgenza mentre Frank si rialzava sulle proprie ginocchia sputando. 
Si passò le dita sugli occhi per liberarli dall'acqua salata e poi si girò a guardare Gerard, furioso. 
- Ti sembra il momento adatto per scaccolarsi? - esclamò. 
- Sto controllando se esce sangue, coglione. - 
- Coglione io? Sei serio? - 
Gerard mostrò a Frank il polpastrello sporco di sangue. - Vedi?! - 
L'espressione di Frank cambiò radicalmente. Lo guardò con un'espressione a metà fra il disgusto e il dispiacere. Sollevò bruscamente il viso di Gerard. - Stai gocciolando! - lo accusò, alzandosi in piedi di scatto rischiando di staccare il mento a Gerard. 
- Che delicatezza. -
- Parla quello che mi ha scaraventato in acqua con meno venticinque gradi. - 
- Ma per piacere, ce ne saranno almeno quindici sopra lo zero. - 
- Non è vero niente. Copriti il naso. - aggiunse nauseato voltandosi dall'altra parte, per qualche stupido motivo con le dita ancora strette ai lati del mento di Gerard. 
- Se mi molli la faccia non ti faccio immergere nel mio sangue, eh. - borbottò l'altro, portandosi una mano a coppa sotto le narici. 
Frank lo mollò e si allontanò schizzando acqua dappertutto. - Dovresti tenerti chiuse le narici. - gli consigliò accigliato, gesticolando sbrigativamente prima di stringersi le braccia al petto nel tentativo di scaldarsi. - Ci verrà l'influenza. - farneticò cupamente, guardandosi intorno.
- Aiutami ad alzarmi, non mi sento più le gambe e spero di non aver già iniziato a pisciare ciò che avevo in sospeso da un po'. -
- Hai freddo, Gerard? - chiese arrogantemente. 
- Sì, Frank, ho freddo. Ho fatto una cagata, Frank. Mi aiuti ad alzarmi? Cazzo? - 
Frank lo prese per la mano pulita e si trascinarono fuori dall'acqua tremando. 
- Devo fare pipì! - schiamazzò battendo i piedi a terra. 
Frank si coprì l'orecchio che Gerard gli stava assordando e lo guardò con astio. 
- Ho bisogno di aiuto! - insistette Gerard cercando di abbassare la voce e di riguadagnare la sua simpatia con un sorriso di circostanza. 
- Vuoi che ti tenga l'uccello? - sbraitò, portando le mani nell'aria in un gesto di rabbia.
Gerard scoppiò a ridere e Frank riabbassò le mani, con gli angoli delle labbra che lottavano per non allargarsi nel sorriso che cercava impazientemente di spuntare.
Cercarono un muretto dietro cui nascondersi e Frank gli tirò giù le mutande. Per il resto Gerard se la sbrigò da solo mentre Frank ridacchiava suo malgrado per la scena. Tornarono in riva alla spiaggia e Gerard si ripulì la mano sporca di sangue nell'acqua tenendosi le narici serrate con l'altra. Aspettarono qualche minuto che le piastrine facessero il loro dovere e poi tornarono in macchina tremando con la stessa frequnza nonostante Gerard avesse ceduto a Frank la sua felpa asciutta. Accesero il riscaldamento e tornarono a casa fra insulti sinceri e risatine isteriche. 
Si fecero una doccia calda e poi rimasero distesi sul divano a controllare ciò che si erano persi al cellulare e a guardare Top Gear. I messaggi di Lindsey ricordarono a Gerard che sarebbe tornata due giorni dopo. Guardò Frank e sospirò. 
Frank ricambiò l'occhiata. - Sono rosso? -, domandò. 
- Un po'. - 
- Mi sento ancora caldo dalla doccia. - 
- La doccia era fredda, ero io ad essere caldo. -
- Vai a raccontarla a qualcun'altro. - farfugliò Frank tornando a passare il pollice sullo schermo del telefono leggendo attentamente qualcosa.
Gerard sorrise a totale insaputa di Frank e si sentì come quando erano al telefono e durante i silenzi prolungati sorridevano di qualcosa. 
Frank andò a letto una quarantina di minuti prima di Gerard, che si trattenne di fronte al televisore a vedere le repliche di Letterman in tv.
Quando salì in camera trovò Frank scoperto quindi pensò di coprirlo senza immaginare che 
il mattino dopo si sarebbe svegliato con i suoi 35 gradi e 9 contro i 39 gradi e 2 a cui il corpo di Frank stava momentaneamente bollendo. 
Mentre si passavano con aria grave tachipirine e termometri nessuno dei due pensò di spendere una singola parola su quanto buona fosse stata l'idea di sguazzare in acqua la sera prima, né il fatto che Frank l'avesse totalmente previsto. 
- Senti. - disse Frank, facendo uno strano rumore col naso. Se lo soffiò su un fazzoletto già sporco, - So che ti preoccupa, ma domani me ne andrò via comunque. Ho pagato il biglietto dell'areo e torno in New Jersey. Che io stia bene o male. Non preoccuparti. -
- Frank, se lo stai dicendo perchè non vedi l'ora di tornare da Jamia lo posso capire e per me è okay, ma se lo fai per scappare da Lindsey- non è necessario. Sul serio. Stiamo già andando a puttane, casino in più casino in meno... -
- Non hai intenzione di giustificarlo? - 
- Penserò a qualcosa di patetico, non voglio farla sentire... sai. - 
Non parlarono per un po'. L'unico rumore era la tv a volume basso e Frank che si soffiava intensamente il naso. Appallottolò il fazzoletto e lo soppesò con le dita. - Senti che pesante. - disse, porgendolo a Gerard.
Gerard rimase in silenzio ad osservarlo con un sorriso, in attesa che Frank realizzasse quello che stava facendo e si disgustasse abbastanza per entrambi. 
Ci mise qualche decina di secondo in più rispetto a quanto Gerard si era immaginato, però ritirò effettivamente la mano abbassando gli angoli della bocca in un'espressione raccapricciata. Dopotutto, un po' erano cambiati. Non potevano pretendere di conoscersi come un tempo. 
Gerard interruppe i suoi sghignazzamenti per lasciargli un bacio sulla fronte bollente prima di alzarsi e andare a prepararsi un caffé.
- Vuoi un té? - urlò a Frank dalla cucina.
- No, ho già abbastanza caldo. - 
Gerard gli fece il verso fra sé e sé mentre smanettava con la macchinetta del caffé e poi tornò in salotto gridando Downtown di Petula Clark. Frank si unì per qualche secondo prima di interrompersi con un'incontrollabile serie di colpi di tosse. 
Gerard assistette interessato alla scena bevendo dalla sua tazza.
Terminata la raffica di microbi che stava riversando un po' sul divano un po' in faccia a Gerard, Frank si abbandonò contro lo schienale del divano e si addormentò quasi all'istante in una specie di inquietante coreografia malaticcia.
Il più grande (o meglio vecchio) gli scattò un paio di foto per poi inviarle a Mikey e intraprendere una catena più o meno lunga di messaggi che spaziavano da Frank a cosa stavano trasmettendo in televisione.
Dopo qualche decina di minuti Gerard andò al piano di sopra a prendersi una coperta perché aveva freddo e non voleva usufruire del termosifone batterico che costituiva il corpo di Frank. Chiedendosi assentemente se quei brividi fossero in realtà indice di una qualche malattia, posò gli occhi sulle scarpe col tacco di Lindsey rimaste di fronte al comodino proprio dove le avevano lasciate giorni prima. Si sedette sul letto per togliersi i calzini. Forzò il proprio piede dentro la scarpa destra, sentendosi come le sorelle antipatiche di Cenerentola e ringraziò il cielo per il fatto che nessuno potesse vederlo mentre gli veniva caldo e diventava paonazzo per la fatica. Sistemato il primo piede per le feste passò a quello sinistro e lo martoriò senza ritegno finché le sue dita accartocciate non arrivarono in fondo alla suola. Quasi vomitò nel guardare le cordicelle mortali della scarpa aperta stritolargli il piede.
Si alzò i piedi e temette che le unghie gli saltassero per aria. Tornò a sedersi sul letto con una smorfia di dolore e sentì dei strani passi irregolari sulle scale di legno.
Fissò la porta aperta con il cuore in gola finché Frank non comparve, sudato, con la coperta sulle spalle. 
Guardò apaticamente Gerard. - Sto delirando? -
- Se ti riferisci alle scarpe, no. Se ti riferisci al fatto che te ne vai in giro sudando con una coperta- beh, sì. - 
Frank lasciò semplicemente cadere la coperta a terra, e poi andò in bagno. Come Gerard dedusse dal rumore, a fare pipì.  Poi tornò a osservarlo asciugandosi le mani appena lavate sui pantaloni del pigiama.
- Hai bisogno di aiuto? - chiese Gerard, senza capire il suo silenzio.
- Non è che sei tu ad avere bisogno di aiuto? -
Gerard sospirò e Frank si passò un suo braccio attorno al collo per aiutarlo ad alzarsi.
- Lindsey mi ha chiesto di mettermele per allargargliele. - 
- Che stronza. - 
Gerard fece per ribattere ma poi pensò che beh, sì, era stata un po' stronza a farglielo fare. 
Scesero le scale e poi entrambi si distesero sullo stesso divano, dal quale tolsero i cuscini dello schienale per guadagnare più spazio. Gerard raccolse le gambe e le lasciò a penzoloni oltre lo schienale per lasciare ulteriore spazio a Frank e poi prese il cellulare dalla propria tasca per mandare un messaggio d'odio a Lindsey. 
- Mi trovi attraente? - chiese a Frank, voltandosi e ritrovandosi con il naso contro il suo accenno di barba. 
- Affatto. -
Ritornò a rivolgere gli occhi al soffitto e sbuffò. Poi cambiò idea e gli baciò la guancia calda. - Mi piace davvero tanto vederti con la barba. - 
- Fattela piacere in un altro momento se non vuoi farti venire la febbre. -
- Il karma mi castigherebbe comunque, del resto sono stato io a fartela venire. -
- Già. Grazie, a proposito. - 
- Sì, grazie a me. - 
- Cosa aspetti per avvisare Lindsey? -
- Cazzo, hai ragione. - 
- Dio mio, Gerard. Pensavi di aspettare che arrivasse per sventolarmi davanti alla sua faccia e chiedere "possiamo tenerlo?"? -
- Tu e le tue metafore canine. Te hai avvisato Jamia? -
- Certo che l'ho avvisata. - borbottò, chiudendosi la felpa fino al collo come una vecchia signora indignata.
Gerard si alzò a sedere e sospirò. - Che le dico? - chiese appoggiando la mano sulla pancia di Frank, che ebbe una specie di convulsione. - Che hai? -
- Hai toccato troppo in basso. -
- No, ti ho toccato la pancia. O è erogena anche quella? - 
- Non farmi passare per- ho troppo mal di gola per continuare. - 
- Sapevo che ti piaceva vedermi coi tacchi. - disse, parlando più ai suoi pantaloni che alla sua faccia.
Frank balzò a sedere andando a sbattere con la testa contro quella di Gerard, probabilmente per nascondere le sue parti intime da occhi indiscreti. 
Iniziò a reggersi la testa e scusarsi e Gerard lo afferrò per le guance per impedirgli di evitarlo e lo baciò. 
Frank gli prese il gomito piegato senza un vero motivo e trattenne le labbra di Gerard sulle sue, spingendogli la lingua e avvicinandosi sempre di più. Irradiando quell'assurdo e genuino amore che lo animava a sprazzi e che lasciava da parte almeno per qualche minuto qualsiasi altro pensiero. Gli tappò la bocca e si voltò dall'altra parte per tossire.
Gerard gli baciò le dita e poi sorrise prendendole fra le sue. 
Frank abbassò lo sguardo, con le guance ancora più arrossate di prima. - Dicevamo? - 
- Devo chiamare Lindsey. Le dico che avevi prenotato la camera d'hotel fino a domani mattina e che quindi hai bisogno di un posto dove stare nell'attesa che tu sia abbastanza lucido da prendere l'aereo da solo senza farti fregare il portafoglio. - 
Frank lo guardò con quegli occhi liquidi e Gerard pensò che molto probabilmente nemmeno aveva capito quello che gli stava dicendo. Lo abbracciò e dopo una quarantina di secondi Gerard capì che si era addormentato quindi rimandò la telefonata di un'ora, durante la quale gli carezzò i capelli, lesse tutto il leggibile su Twitter e spostò la faccia di Frank sul suo petto per cercare di richiudergli la bocca che gli stava gocciolando saliva sulla maglietta. 
Quando Lindsey rispose al telefono aveva ancora il petto bagnato. 
- Ehi, come stai? - le chiese, mollandosi subito la maglietta. 
- Tutto okay, tu? - 
- Io bene. Hai presente che- -, improvvisamente ricordò che nella versione ufficiale dei fatti anche Ray era a Los Angeles con loro. Osservò la copertura del loro piano sgretolarsi. - Uhm... hai presente che... -
- Gerard? -
- Uhm, sì, scusa, mi ero distratto. Hai presente che... Frank ha... Frank è a Los Angeles al momento. Siamo usciti con Mikey e abbiamo scritto- -
- E Ray? - . Il fatto che l'avesse notato così in fretta significava che era estremamente sospettosa e che da lì in poi sarebbe stato tutto un fallimento. 
- Sì, appunto, avevamo calcolato che venisse anche lui ma ha avuto un impevisto- gli si sono rotte le tubature mi sembra. Il guaio è che Frank è bloccato in hotel con la febbre e domani mattina dovrebbe lasciare la stanza libera ma non penso sia in grado di affrontare il viaggio in aereo da solo. E' un problema se sta da noi qualche giorno? -. Al terzo secondo di silenzio si sentì senza aria. 
- No, affatto. - 
Non sapeva che dire. Calò uno strano silenzio. In un certo senso significativo. Fece mente locale e cercò qualcosa di innocuo e inerente da dire. - Mh, okay. Domani... domani mattina passo a prenderlo. - si schiarì la voce. - Tu per che ora torni? -
- Tardo pomeriggio. -
- Quindi sei a casa per cena? -
- Sì. - 
- Pizza? -
- Okay. -
- Passo a prenderti all'aereoporto? -
- No, pensa a Frank. -
Non ci capiva un cazzo dal suo tono di voce. Esitò mortalmente prima di passare a chiederle della sua giornata e detestarsi nel percepire la totale noia che traspariva dalla voce di Lindsey.
Quando tornò in soggiorno Frank spense la tv e lo guardò, il suo interesse inversamente proporzionale a quello di Lindsey di poco prima. 
- Hai combinato? - chiese.
Gerard tirò un sonoro sospiro, un po' esagerato. - Solo- sii malato, okay? - 

- Dammi le pastiglie. - 
- No, deve vederti al tuo peggio. - disse Gerard, spostando la mano nell'aria in modo che Frank non potesse afferrarla. 
- Giuro che ti uccido. - 
- Con quali forze? - lo canzonò.
- Dove hai nascosto le pastiglie? - insistette. Era davvero incazzato e sotto sotto Gerard era davvero mortificato ma sopra sopra doveva ancora giungere notizia quindi continuò a divertirsi. 
- Non te lo dico. - 
- Gerard, non è divertente, sono malato. -
- Ed è proprio così che deve vederti Lindsey. -
- Stai giocando con la mia salute. -
- E tu con il mio matrimonio. -
- Tu stai giocando con il tuo matrimonio. E questo ancora prima di sposarti effettivamente. - 
- Troppa lucidità per uno con la febbre a trentotto. - disapprovò Gerard in un mormorio.
- Che vuoi fare, mettermi la testa nel freezer? - 
Gerard rise e si sedette sullo schienale del divano, intrappolando Frank con le gambe piegate. I suoi occhi si posarono sullo specchio appeso accanto all'attaccapanni di fronte all'ingresso e si ricordò di avere i capelli rossi. Sobbalzò e se li toccò disperatamente. Che ne avrebbe pensato Lindsey? Come si sarebbe sentita al riguardo? Doveva comportarsi con naturalezza. 
Frank gli stava giusto dichiarando il suo odio quando il campanello suonò. Gerard quasi cadde. Cercò di muovere correttamente le gambi tremanti e scese goffamente.
- Sii malato. - disse aggressivamente a Frank, continuando a indicarlo con l'indice mentre andava alla porta. 
Si sistemò nervosamente i capelli con il cuore in gola. Si stirò la maglietta sui fianchi respirando a fondo. Aprì la porta.
Lindsey indietreggiò appena, guardandolo piuttosto scioccata. 
- Sorpresa! -

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Capitolo 16
*** The Muppet Show ***


Come smepre (e certo) tempi di attesa molto brevi. Nel frattempo ho giusto fatto in tempo a fare la maturità e iniziare l'università... per dirne due......... ma non preoccupatevi, la prossima sarà la vostra ultima straziante attesa. Penso di riuscire a concluderla nel prossimo capitolo. Sono fusa, ma penso di farcela.
Come sempre mi auguro che vi piaccia e chiedo scusa se da qualche parte ho lasciato pezzi che non c'entrano ma c'ho messo due giorni a rileggere tutto perchè per l'appunto sono fusa e ho cambiato come sempre cazzatine e ora non voglio passarci altri due giorni (e certo, direte, mesi di attesa e manco controlla che cazzo ha scritto. S c u s a t e.)
Sucate anche la carenza di coerenza e filo logico. ( non so se apprezzare di più il sucate involontario o la rima altrettanto involontaria..... ci dormirò su )
Passate belle giornate,

lazybones
(vedete, mica scherzavo, sono proprio lazy)


 
16. The Muppet Show



C'era un'atmosfera bizzarra. Sembravano tre coinquilini (due sani e uno morente), ed era così terribilmente sbagliato, ma allo stesso tempo così facile da gestire che nemmeno aveva voglia di pensarci più di tanto. Era seduto sul divano, a prudente distanza da Frank, con la televisione accesa e guardava Lindsey mettere a posto la cucina in silenzio attraverso uno scorcio lasciato da una fortunata combinazione di mobili e mura. Spostando lo sguardo un altro po' a destra trovò Frank, che lo guardava senza ritegno ma con un briciolo di lucidità in più rispetto a mezz'ora prima, quando aveva detto una cosa strana su Gerard che per questione di culo si era esaurita lì, nella sua incomprensibilità. 
- Che situazione. - gli sussurrò Gerard.
Frank annuì una sola volta, e Gerard si chiese se avesse anche solo capito di essere al mondo. Sospirò e tornò ad osservare Lindsey, provando sensazioni che spaziavano dal senso di colpa all'affetto passando per un briciolo di istinto suicida. Perchè sì, c'è chi ha l'istinto di sopravvivenza e chi ce l'ha di autodistruzione. Gerard rientrava nella seconda categoria, e avrebbe meritato una pacca sulla spalla da Dio in persona per essere ancora in circolazione. Per una serie di associazioni si ricordò dell'esistenza di Jamia e a quel punto della sua vita provò pena addirittura per lei, quindi si alzò dal divano e fece per andare in cucina. Ma notò qualcosa di sospetto negli occhi di Frank che lo seguivano dappertutto quindi si prese un attimo per mettere le cose in chiaro.
Si portò un indice sulle labbra. - Shhh. -, gli fece segno con aria minacciosa.
- Nel senso sexy? - . Cosa?
- Nel senso che ti faccio a brandelli se dici qualcos'altro su di me. -
Frank corrugò la fronte, confuso. - Nel senso sexy? - ripeté dopo qualche istante.
- Che diavolo vuol dire? - borbottò, - Cerca di calmarti. - 
- Scusami tanto se i 39 gradi mi stanno accaldando. - disse, rinvigorito dall'improvvisa irritazione che Gerard gli aveva provocato. Poi, come spegnendosi all'improvviso, chiuse gli occhi senza dire nulla. Probabilmente aveva deciso di dormire.
Gerard sbuffò, esasperato dal nonsense di cui Frank era capace non appena gli veniva l'influenza. Era anche peggio di quando era ubriaco. Entrò in cucina e si fermò dietro Lindsey, che stava sistemando i piatti puliti.
- Ehi. -
Lindsey sobbalzò e lo colpì allo stomaco con il gomito, ma in realtà non fece molto male. - Mio Dio. Da quando hai il passo così leggero? -
- Non lo so, però considerando il mio peso mi sembra un buon traguardo. - . La baciò e gli parve di sentire qualcosa cadere in salotto. Quello stronzo nemmeno stava dormendo. Gli avrebbe lanciato la lavastoviglie. Fece per allontanarsi ma Lindsey posò la testa sul suo petto e lo imprigionò in un abbraccio. All'inizio perse tempo a chiedersi se l'avesse fatto per fare ingelosire Frank prima di ricordare che si trattava di Lindsey, e che Lindsey non avrebbe mai fatto nulla di simile. L'abbraccio non si scioglieva e immaginò di essersi perso qualcosa. Forse un qualche lutto familiare? Si sentì pervadere dalla tristezza. 
- Va tutto bene? - chiese a bassa voce.
Si sentirono altri movimenti dal salotto.
Lindsey si scostò e si sistemò i capelli tenendo gli occhi bassi. - Non ne voglio parlare adesso. -
- E' grave? -
Sollevò mestamente gli occhi castani. - Non insistere. - 
- Okay. - borbottò e si tirò su i pantaloni nervosamente, non sapendo che dire.
- Come mai qui? Immagino che tu non sia venuto per i piatti. - . La cucina continuava ad essere pervasa da un silenzio sordo, non importava quanto parlassero. Sembrava che qualcosa avesse smesso di fare rumore dopo un'intera vita di ronzio. Stava avendo uno dei suoi momenti metafisici. Forse c'era così dentro da stare con un piede già nell'aldilà.
- Ger- -
Riscivolò nel mondo reale con brutale velocità. - Ti spiace avvisare Jamia della condizione di Frank? Quell'altro è troppo incosciente per occuparsene. - disse accennando con la testa al salotto, - Sarà- sarà preoccupata. - 
Lindsey guardò in direzione del salotto senza dire nulla. Forse si stava facendo pure lei un giretto nel mondo metafisico.
- Mi occupo io dei piatti. - la incoraggiò con un bacetto sulla guancia.
Lei riprese a guardarlo. Gli toccò i capelli, tirandoli piano. - Sei bello coi capelli rossi. Però fatteli crescere che così sembri quello del Muppet Show. -
- Beaker? -
- Gli somigli. -
- Grazie di cuore. - 
Lindsey rise e ritirò la mano. - Vado a chiamare Jamia. -
Gerard la seguì con lo sguardo mentre usciva dalla cucina e come in un film horror riuscì a distinguere nell'oscurità il volto di Frank, che lo stava fissando dalla sua zona in penombra.
Non sapendo bene come reagire, si ritrovò a fargli il dito medio. 
Frank ricambiò e la loro breve interazione finì lì.
Sistemò i piatti e non capendo se la cucina fosse pulita o meno, passò uno straccio su tutte le superfici piane che non fossero il pavimento e poi tornò in salotto, abbastanza soddisfatto.
- Come va? - chiese a Frank.
Frank si strinse nelle spalle.
Gerard sospirò di fronte alla consapevolezza che, per la prima volta, era il meno depresso della situazione.
Guardò Frank ignorarlo e pensò che se non ci fosse stata Lindsey nella stessa casa si sarebbe rannicchiato vicino a lui e gli avrebbe baciato le guance per tutta la sera. Abbassò lo sguardo sulla fede che si era rimesso e ci giocherellò spingendola avanti e indietro sull'anulare. 
- Lindsey sta chiamando Jamia. - gli comunicò dopo qualche secondo di silenzio.
- Ho sentito. - 
- A proposito, non mi piace essere osservato mentre sto con mia moglie. - 
- A me non piace tua moglie. - 
Non dissero nulla per un po'. A Gerard veniva continuamente da ridere istericamente.
Lindsey scese le scale, con uno dei suoi pigiami con i pupazzi di neve e le ghiande nonostante fossero ad aprile. - Ho chiamato Jamia. -
Frank la ringraziò, appallottolato nell'angolo del divano.
- Ti manda tanto amore e quelle cose lì. - . Fece per sedersi sul divano fra loro due, ma Gerard la cinse con un braccio e la fece sedere sulle sue gambe. Lindsey si sistemò di lato, leggermente a disagio. - Sono le due, non avete sonno? Mi si chiudono gli occhi da soli. -. A tal proposito, si esibì in un impressionante sbadiglio al quale Frank assistette apaticamente, come assisteva a tutto, del resto. L'influenza sembrava cancellargli per qualche giorno buona parte di anima, coscienza o in qualsiasi modo la si voglia chiamare.
- Sì, già, credo sia meglio che io- - Frank si alzò dal divano e si fermò in piedi, ad occhi chiusi, con le braccia tese come un'equilibrista. Gli scivolò la coperta dalle spalle e riaprì gli occhi. - La co- -
- Lascia stare, faccio io. Riesci a salire le scale da solo? - chiese Lindsey, allarmata.
- Sì, ho solo avuto un attimo di- buona notte, ragazzi. -
- Dai, accompagnalo. - borbottò Lindsey, rialzandosi.
Gerard arrossì. Lindsey stava forse scherzando? Com'era passata dall'ottenebrante gelosia a questo
Prese Frank per il polso e questo, delirante, riuscì a prendergli la mano ancor prima che arrivassero alle scale. Nel corridoio gli mollò la mano per togliersi la maglietta. 
- Ho caldo. - si lamentò, facendo per buttarla a terra.
Gerard la prese al volo e lo rimproverò in un borbottio confuso.
Frank si lasciò cadere sul letto con l'ennesimo lamento. - Penso di avere tutte le ossa sbriciolate. Mi gira la testa. -
- Vuoi che ti porti su dell'acqua? -
- Sì, e apri la finestra. - 
- Dopo ti viene freddo e stai ancora peggio. Fatti una doccia piuttosto. - 
- Ho sonno, lasciami stare. - 
Sbuffò e scese al piano di sotto a prendere una bottiglia d'acqua e un bicchiere di plastica (Frank sarebbe stato in grado di rompere quello di vetro ancor prima di prendere un singolo sorso). Glieli lasciò sul comodino.
Frank stava già più o meno dormendo nella stessa posizione in cui si era ritrovato lanciandosi sul letto. Era quasi fuori dalla stanza e aveva giusto giusto appena spento la luce quando Frank lo fermò con un verso primitivo. 
- Lasciala accesa. -
Gerard borbottò spazientito.
- Gli incubi. - aggiunse Frank, prima di tornare ad addormentarsi.
Si fermò a guardarlo per qualche istante, impietosito, finchè Lindsey non passò a trascinarlo via con un abbraccio.

L'indomani, intorno alle dieci di mattina, si accorsero che le scorte di pastiglie e sciroppo si stavano riducendo pericolosamente e Gerard ebbe l'accortezza di andare in farmacia a fare rifornimenti dopo aver goffamente consultato Jamia per venire a conoscenza di eventuali allergie.
Guidando verso casa con la sportina di medicinali che sembrava scuotersi da sola ad ogni minima fermata si augurò che l'intera faccenda finisse presto. Probabilmente si era ammalato a sua volta ma era così sotto pressione da non accorgersene nemmeno. 
Toccò il fondo non con un singolo dito ma con ogni singola cellula che lo componeva quando, aperta la porta, trovò Frank addormentato sulla spalla di Lindsey. Fu come vedere un supereroe della Marvel in fumetto firmato dalla DC. Insostenibile. Incredibile.
Lindsey gli rivolse un sorrisetto colpevole. Come se fosse lei quella che tradiva il marito con Frank. Un attimo. E se...? Va bene. No. 
- Si addormenta in continuazione. -
Gli faceva venire la nausea. Non riusciva a capire se sembravano di più una coppia o madre e figlio, il che era infinitamente peggio considerando le cose che faceva con entrambi. Provò il forte bisogno di mettersi le dita nei capelli e urlare una qualche vocale prendendo a calci il muro e cercò di dissimulare lo stress togliendosi con movimenti meccanici la giacca. La strinse forte o perlomeno nella misura che gli era consentito senza spezzarsi le dita o farsi saltare le unghie in aria; sorrise alla donna che si era preso la briga di sposare attingendo a doti recitative inesistenti ma preoccupantemente efficaci e la appese all'attaccapanni come un vecchietto qualsiasi. Cercò con pacata disperazione qualcosa che contenesse caffeina con lo sguardo ma Lindsey interruppe la sua ricerca.
- Ci è scaduta l'assicurazione della macchina. - disse tetramente, diligente nel mantenere un tono di voce basso. 
Gerard smise di respirare e la guardò, immobile e inespressivo.
- Okay, non giocare a fare il cadavere. Vado io. So che preferisci Frank a quelli dell'ufficio assicurazioni. - 
Turbato, andò in cucina ad aprire la confezione di cioccolatini al cocco che aveva conservato per due mesi con il proposito di aprirla nei momenti importanti. Adorava troppo i cioccolatini al cocco per consumarli in un momento qualsiasi e, come c'era da aspettarsi, i suoi propositi erano andati a farsi fottere, per mano di Lindsey e con un pizzico di Frank, che riusciva a creare casini o comunque rompere le palle pure mentre dormiva. 
Non aiutò Lindsey a levarsi Frank di torno senza svegliarlo, perchè per quanto riguardava Gerard, Frank poteva anche svegliarsi e beccarsi qualche parola da Beaker in persona. Era anche colpa sua se quella confezione era finita aperta in un martedì qualunque. 
Tornò in salotto con i cioccolatini, consapevole del fatto che Lindsey avrebbe commentato la faccenda. 
Difatti, nel cercare la borsa posò gli occhi sulla scatola scoperchiata che Gerard teneva silenziosamente in grembo e spalancò la bocca, indignata. Sollevò l'indice accusatorio, assottigliando lo sguardo. - Avevi detto che erano per le occasioni importanti. Pensavo che- -
- Lo pensavo anch'io. - . Avrebbe potuto sussurrarle che aveva quindici giorni di tempo per rinnovare l'assicurazione dalla sua scadenza ma se lo tenne per se. In ogni caso, probabilmente Lindsey lo sapeva e aveva semplicemente scelto quel momento per allontanarsi da quel cadaverino di Frank. 
Lindsey prese un cioccolatino e baciò Gerard sulle labbra. 
- Mi fermo a comprare qualcosa di già pronto per pranzo? -
- Io ho voglia di kebab. Cosa diamo da mangiare a Frank? - . Proprio come se fosse un cane. Se Frank non si fosse di nuovo addormentato sul bracciolo, avrebbe con ogni probabilità addirittura apprezzato lo scambio di battute. 
- Gli compro altra zuppa vegetale. -
- E delle patatine fritte. Non si sa mai. -
- E burger di quinoa. Non ce la faccio più a sussurrare, me ne vado. - disse buffamente, senza l'ombra di un sorriso. Gerard si chiese di nuovo che gli stesse nascondendo.
- Va bene, ciao. - la salutò rovistando languidamente fra i cioccolatini prima di afferrarne un altro mentre Lindsey chiudeva piano la porta. Dopo il rumore irritante della Mini di merda calò il silenzio, lievemente spezzato dal suono musicale che le narici tappate di Frank emettevano. Per un attimo si perse a pensare a quella volta che un'amica poco attraente di Ray nel raccontare qualcosa si era confusa e si era giustificata con un "Scusate, mi ero intasata." definendosi da sola un cesso. Al momento dell'accaduto nessuno aveva osato ridere ma Gerard si era quasi rotto una costola nel cercare di non emettere suoni mentre rideva silenziosamente contro la schiena di Frank. 
Lasciò le risatine fluire e poi sospirò vergognosamente felice con un "aaah" liberatorio. Non fu abbastanza per riportare Frank nel mondo dei vivi, quindi gli scrollò svogliatamente una spalla. - Oh, Frank. - 
- Che c'è? - grugnì, muovendosi freneticamente sotto le coperte. 
- Prima hai dormito su mia moglie. -
- Cosa? - 
Posò la scatola di cioccolatini sul tavolo e si avvicino a Frank a carponi. - Ti sei addormentato addosso a Lindsey. - gli sussurrò violentemente, entrandogli praticamente nell'orecchio. 
Frank si allontanò rabbrividendo e si portò le mani all'orecchio. - Gerard. - si lamentò, strofinandoselo. 
Si avvicinò di nuovo e dopo un primo momento di terrificato rifiuto da parte di Frank riuscì a posargli le labbra sulla fronte calda. - Ma quando cazzo guarisci? - 
- Conoscevo una ragazza che ha avuto la febbre per mesi. - 
- Sei serio? -
- Questo è ciò che mi diceva. - . Si sistemò meglio e si sedette con la schiena appoggiata al bracciolo del divano. Spostò le coperte con un'espressione sofferente. - Penso di avere caldo. - spiegò borbottando. Allargò le braccia in attesa e Gerard lo abbracciò. - La febbre mi rende emotivo. Non stringermi, mi fanno male le ossa. -
- Non credo sia possibile. -
- Beh, allora i muscoli. - 
Si voltò appena e gli morse il collo.
- Perchè? - domandò stancamente Frank, cercando invano di scacciarlo. 
- Ho letto da qualche parte che la dolcezza o tenerezza ispira anche violenza. Sai, tipo quando vedi un cane carino e dici di volerlo stritolare... magari lo dici sorridendo però lo intendi davvero. - . Si allontanò per assicurarsi che Frank fosse ancora vivo.
Era vivo, e scioccato. - E' tutto vero. - 
- Dove hai lasciato la chitarra? - 
- Nella camera dove ho dormito, contro una delle quattro pareti, non so... perchè? - 
- Vado a prenderla. - disse, scendendo dal divano, - Ah, cioccolatini? - gli chiese, indicandogli il tavolino dove li aveva lasciati mentre saliva le scale. 
Frank emise un verso che a Gerard ricordò Jurassic Park. Trovata la chitarra, aprì le finestre della sua stanza che sapeva di morto e Vicks e poi scese le scale di corsa.
Frank stranamente non si era appisolato e lo guardava con i suoi occhi lucidi e strani.
Si sedette e cercò di impugnare la chitarra come si deve sotto lo sguardo poco concentrato di Frank, il quale iniziò presto ad avere un attacco di tosse.
Gerard rimase immobile ad aspettare che si placasse e non appena ritornò il silenzio riposizionò le dita sulla chitarra. - Guarisci. - disse accompagnando l'ordine con un accordo a caso. 
Frank ridacchiò piano. - Che cosa vorresti suonare? -
- La cosa più scontata di sempre. Cosa suonerebbe un adolescente del cazzo con la sua prima chitarra? -
- Wonderwall. -
- Prima e unica canzone che io abbia mai completamente imparato. - confermò.
- Perchè vuoi metterti a suonare? - chiese Frank, confuso, massaggiandosi le palpebre abbassate.
- Il piano di copertura era che venivi qui con scopi musicali, cantiamoci almeno due stronzate. - 
Suonò Wonderwall in maniera umiliante e la cantò in maniera altrettanto penosa ma fu divertente per entrambi. Così divertente che la suonarono altre due volte, cantando ancora peggio. Frank in un growl poco professionale, Gerard con tremendi acuti purtroppo non sempre intenzionali. Senza pensare alle parole, senza sguardi malinconici al rallentatore e pioggia che batteva  metaforicamente sulla finestra. Fu divertente.
Terminato il mini concertino, Gerard infilò il termometro sotto l'ascella di Frank fingendo di pugnalarlo. 
- Perchè devi sempre spaventarmi? - domandò Frank, abbandonandosi stancamente contro il divano.
- Per migliorarti la circolazione sanguigna. -
- Non ha senso. - 
- Conosci la sigla di The Saddle Club? - chiese accompagnando la domanda con un altro accordo.
Frank lo guardò con una smorfia.
- Andiamo, Frank. - lo incalzò con un accordo impertinente. Batté il ritmo e poi iniziò a suonarla andando ad orecchio. Lasciò presto perdere e si limitò a cantarla.
Frank aveva rovesciato la testa indietro ridendo. - Ahia. - disse, raddrizzandosi per poi riprendere a ridacchiare come un ritardato. 
- Vuoi da bere? - gli chiese, riponendo la chitarra per alzarsi in piedi.
- No, grazie. Mi basta lo sciroppo zuccherato per la tosse. - 
Passando per la cucina accese lo stereo sull'ultimo album inserito e nel versarsi la Coca Cola scoprì che si trattava dei Placebo. Riconobbe presto il cd e nel tornare in salotto cercò la sua traccia preferita. My Sweet Prince.
Riprese la chitarra e cercò di seguire la canzone. Anni prima era riuscito a impararla quasi decentemente.
Frank si accorse di che canzone si trattasse relativamente tardi, intorno alla fine della prima strofa. Non appena lo fece si gettò su Gerard.
- No, ti prego, questo no. - si lamentò, appoggiandosi instabilmente al divano e al ginocchio sinistro di Gerard.
- Ma sono i Pla- -
- Ma si tratta del mio- di me. - 
Gerard sorrise della titubanza con cui Frank si riferiva al "cuore" come fonte di sentimenti. Gerard, analogalmente, preferiva citarlo come organo vitale e nulla di più, ma lui per primo spesso cadeva nella rete sentimentale dei cuoricini rossi e rosa svolazzanti.
Gli baciò l'angolo della bocca e Frank, nel tentativo forse di abbracciarlo, lasciò cadere il termometro a terra. 
Gerard lo raccolse, sorpreso. - Non aveva ancora finito di misurarti la temperatura da prima? -
- La stavo misurando una seconda volta. Segnava trentanove e mezzo e volevo ricontrollare. - abbassò gli occhi gonfi sul termometro, - Okay, quaranta. - disse pacato.
- Oh, cazzo. Come stai? -  si preoccupò l'altro, cercando di appiattirgli i capelli arruffati.
- Meglio. Prima di scendere sale. - 
Gerard gli prese bruscamente il termometro per accertare la diagnosi, - Stai morendo! - 
- Mi hai visto in faccia? Sto bene. Dammi mezzora e giuro che mi raffreddo. -
- Sì, fino a diventare un cadavere. Confortante. Grazie, Frank. Morire sul mio divano sarebbe proprio l'ultima pigna in culo. - 
Frank gli sorrise affettuosamente. Trascinò il sedere più in avanti e ripose mollemente le mani sul petto lasciandole pendere verso il basso, in una rappresentazione a metà fra un ordinario adulto gay e una mantide religiosa.
Avrebbe voluto chiedergli che diamine stavano combinando le sue mani ma poi ci passò sopra. Dopotutto aveva la febbre a quaranta. 
- Sicuro di stare bene? - domandò guardandolo di sottecchi.
- Sì. Non pensi che essere attratto da una celebrità mentre stai insieme a un'altra persona è tradimento? -
- Stai parlando di me? - 
- Cosa? Oh, già, wow, tecnicamente sei una celebrità. Più o meno... - .
Gerard lo guardò, sconcertato e un po' offeso, ma non disse nulla.
- No, parlavo di Jamia. L'altro giorno mi ha detto cose su Leonardo Di Caprio e per carità, sono d'accordo, ma da come ne parla... sai... sembrerebbe che ci farebbe volentieri cose... capisci cosa intendo? Quindi, metti che un giorno mi suona al campanello Leonardo Di Caprio. Anzi, metti che suona mentre io sono fuori con i cani e trova Jamia da sola. Quella se lo porterebbe a letto. Garantito. E non sarebbe sorprendente- voglio dire, ne è attratta, giusto? Se sei attratto da qualcuno significa che te lo scoperesti, e non è dunque rilevante confessare al proprio ragazzo l'attrazione per un qualche attore sexy? Cioè, quell'attore è una persona, perchè dovrebbe essere meno importante di uno di noi, al contrario è una persona di un certo spessore- cioè, anche se fosse una sedia fai comunque pensieri sporchi su roba che non è il tuo fidanzato- -
- Frank... ti rendi conto che noi andiamo a letto insieme in continuazione dal primo giorno in cui ti sei messo insieme a Jamia? - . Era sinceramente orgoglioso del fatto di essere riuscito a seguire il filo folle e inconcludente del discorso di Frank.
- Sì, lo so... c'ero anch'io quando facevamo sesso. Stavo solo pensando a un controattacco. - 
- Cosa? Nel caso in cui Jamia ci scopra? -
- Tecnicamente l'ha già fatto... sto parlando di quando le verrà in mente di parlarne. O di attaccarmi. -  
- Frank, devi stressarci? Abbiamo la febbre a quaranta. Cioè, tu ce l'hai. - aggiunse dopo un'occhiata confusa di Frank. - Mi hai almeno detto come stai? Fra una stronzata su Leonardo Di Caprio e l'altra? -
- Avevo risposto che sì, sto bene. Ti sono caduti gli occhi? Non riesci a valutare a occhio e croce il mio stato? -
- So solo che fino a mezz'ora fa sembravi uscito dal Centro di Salute Mentale  e adesso che hai la febbre a quaranta pensi di sentirti addirittura meglio. -
- Sei realisticamente tre volte peggio di mia madre. - 
- Da segnare sulla pagina che consulti quando pensi che io sia uno stronzo per convincerti del contrario. -
- Non ho nulla del genere ma penso sia il caso di rimediare. Ultimamente mi fai venire molti dubbi e mi prudono le mani dalla voglia di picchiarti. - 
- Si da il caso che "ultimamente" mi sia preso cura di te, stupida merdina. -
- Intendevo tutte le cose che hai fatto prima. Ho la febbre a quaranta, lasciami in pace. - 
- Ti consiglio di stare zitto e aiutarmi a mettere in ordine il tuo campo di battaglia batterica. - 
- Ho detto che ho la febbre a quaranta. -
- Avevi anche detto di stare benone. Sta notte ti butto in una vasca di ghiaccio così ritorni docile e demente. - 
Frank si scosse dal suo torpore mentale. - Non pensarci nemmeno. Ho già avuto la mia dose. - 
L'altro gli mostrò il dito medio e si avvicinò rapidamente con la lingua di fuori nel tentativo di disgustarlo e farlo allontanare, invece Frank si lasciò leccare la guancia. Assodata l'inefficacia del suo piano di azione abbandonò il divano senza trovare resistenza da parte di Frank e si mise al lavoro mentre l'altro si distendeva semplicemente per smanettare il cellulare con noncuranza.
Gerard gettò via i suoi fazzoletti sporchi e ripiegò le coperte che in passato Frank, forte della sua temperatura elevata, aveva snobbato. Il tutto canticchiando My Sweet Prince, alla faccia di Frank. Si chinò vicino a lui per raccogliere un foglio illustrativo spiegazzato e il più piccolo lo trattenne prendendolo per la maglietta. Gli stampò un bacio sulle labbra. 
- Il bacio della morte. -
Gerard sorrise e lo baciò di nuovo. Abbastanza a lungo da fare cadere il telefono dalle dita di Frank, che atterrò con un tonfo sul suo petto.
Gerard finì di raccogliere la cartaccia e gettò il tutto nel cestino in cucina. Si lavò le mani un paio di volte, come se ormai avesse fatto una qualche differenza. 
In salotto rifece il pieno di microbi con un abbraccio di Frank.
- Sai, nonostante tutto... non ti sono grato per avermi buttato in mare. - concluse ridacchiando. Dirottò appena il viso dalla faccia di Gerard per tossire oltre la sua spalla, che finì per essere colpita ripetutamente dal mento di Frank con la stessa delicatezza di una scarica di proiettili. 
- Stai diventato piuttosto coerente. - si complimentò Gerard, ruotando la spalla per controllare che fosse ancora attaccata.
- Già... attenzione. -  aggiunse allegramente.
- Il nostro rapporto si fonda sull'incoerenza. -
- Esatto. Domani torno in New Jersey, chi s'è visto s'è visto. - . Fece un respiro profondo e mollò Gerard per rimettersi sul divano. - Se ricevo telefonate solo quando hai le tue crisi adolescenziali cambio numero. - 
- Che c'è, dovrei chiamarti per parlarti dell'insalata che ho comprato al supermercato? -
- No, per chiedermi come sto. -
- Mi pare che anche tu non l'abbia mai fatto con me. - 
- E' diverso. - 
- Solo quando ti pare. -
- Sì. -
- Avverto un filino di incoerenza. - 
- Ci tiene in vita, non dovresti lamentarti. - 
Gerard scosse la testa e sorrise abbassando lo sguardo.
Rimasero in silenzio per un po', in un'insolita atmosfera distaccata, anche se Gerard non riusciva a spiegarsi con precisione il motivo. Certe cose accadono e basta, probabilmente. 
- Dai, ti faccio vedere quanto bene sto. - decise Frank, sembrando una maestra dell'asilo che acconsente a dare l'ennesima caramella a un bambino. Riposizionò il termometro sotto il suo braccio.
- Se ciò che sostieni è vero, sei guarito piuttosto in fretta. - asserì Gerard, fissando come incantato la bottiglietta marrone di sciroppo sul tavolino.
- Il mio fisico fa così. Forse per compensare l'eternità che mi ci vuole per guarire emotivamente. 
- Anima a pezzi, Frank? - domandò Gerard in tono confidenziale. Come quelli nelle pubblicità. Solo che loro subito dopo fingono di aver trovato una soluzione, pur di venderti qualcosa. Gerard non si spingeva così lontano.
Frank prese la bottiglia di sciroppo e la sollevò a mo' di brindisi. - Frantumata. - confermò prima di prendere un vittorioso sorso.
Risero piano. 
Riaccesero la tv che per qualche motivo si era spenta e aspettarono qualche manciata di secondi il familiare e irritante richiamo del termometro. Gli stava effettivamente scendendo la temperatura, e un'ora dopo fu in grado di mostrare a Lindsey il termometro fermo a un rassicurante trentacinque e nove. 
Chiamò Jamia al telefono dopo essersi fatto una doccia e Gerard assistette con un certo disappunto la vecchia noiosa normalità ricomporsi. 
Una volta la notte si svegliò e passò nella camera di Frank a controllare nulla di specifico e provò l'istinto di svegliarlo prima di capire che sarebbe stato parecchio sbagliato. Tuttavia non riuscì a fare a meno di scattargli una foto e inviarla a Mikey, senza nemmeno associare allo scatto una qualsiasi frase o spiegazione.

Il mattino dopo Frank dovette salutare Lindsey di fronte alla porta di casa dopo l'improvvisa decisione da parte di quest'ultima di restare lì e non accompagnare Frank in aereoporto insieme a Gerard.
Gerard la scrutò mentre abbracciava Frank e gli augurava buon viaggio e quando gli occhi di Lindsey incontrarono i suoi provò ad abbozzare un sorriso, esclusivamente per vedere se era dell'umore di ricambiarlo e barrare qualche opzione sull'incredibile gamma di emozioni umane disponibili nell'inventario di Lindsey. 
Lindsey strinse le labbra e ne sollevò appena gli angoli con un sospiro più simile a quel genere di respiri profondi che fai per calmarti. 
Spaventato dalla battaglia interiore che stava corrodendo Lindsey  e che avrebbe riguardato anche Gerard non appena si fossero liberati di Frank, si diresse alla macchina trascinandosi dietro la valigia del chitarrista. Si sentiva come se camminasse nell'aria, sospeso e separato dal suolo. Sarebbe potuto sembrare poetico se non avesse avuto l'impressione di stare sollevato da terra a causa di un cappio che gli stringeva il collo.
Chiuse il baule della Mini con un sospiro simile a quello emesso poco prima da Lindsey e nel voltarsi in direzione dell'ingresso si accorse che Frank doveva già essersi seduto in macchina. Oppure se l'era mangiato Lindsey. Non che stesse commentando le curve più pronunciate di Lindsey da quando era ritornata dal breve tour... 
Siccome ormai era di nuovo invischiato nello sguardo di Lindsey fece qualche passo veloce verso di lei, le baciò la guancia e le bisbigliò un "a dopo", pentendosi di quanto fosse sembrato un bambino di cinque anni. Salì in macchina, e afferrò il cambio accanto al silenzioso Frank. 
Frank guardò la sua mano e Gerard colse al volo a cosa stava pensando quella testolina calda ma per fortuna intorno ai sani 36 gradi Celsius. Avrebbe voluto ricordargli che c'era sua moglie a qualche metro da loro, ma decise di non metterlo in imbarazzo proprio l'ultimo giorno. L'ultimo giorno. Per quanto tempo? 
- Dicono che non si dovrebbe guidare con stati emotivi alterati. - buttò lì Gerard, trattenendo un altro sospiro. 
- Quando mai non hai uno stato emotivo alterato? - chiese Frank, invece che preoccuparsi dei sentimenti di Gerard come quest'ultimo si aspettava che avrebbe fatto. Pensò che conosceva Frank abbastanza da sapere che non era possibile conoscerlo davvero. Però era orgoglioso del 98% di trasparenza che costituiva agli occhi di Gerard. E che quanto appena pensato gli avesse distrattamente ricordato Socrate. 
Guidò fuori il viale di casa, sentendosi annegare. Rimasero in silenzio qualche minuto. 
Frank alternava occhiate alle unghie cortissime e alle ville costose che fiancheggiavano la via in cui abitavano Gerard e Lindsey.
- E' successo qualcosa con Lindsey? - fu la prima cosa che chiese, con voce un po' roca, dopo quel malinconico silenzio. Dalla leggera noncuranza con cui gli rivolse la domanda, Gerard capì che non era scaturita in alcun modo dal suo respiro corto e gesti nervosi. Gli era semplicemente passata per la mente.
- A mia insaputa, ma sicuramente. -
Frank annuì vistosamente in un gesto di sarcastica ammirazione. 
A Gerard irritava il sarcasmo nelle faccende serie. Sapeva di essere il primo a fare l'erroraccio di sparare bombe sarcastiche durante discussioni importanti ma questo non lo dissuadeva dall'odiare chiunque altro lo facesse... e anche se stesso.
Si grattò la testa e nel riportare le mani al volante notò qualcosa di rosso sotto le unghie. Poteva essere sangue... oppure tinta per capelli rimasta sulla cute. Si dimenticava continuamente di aver cambiato colore. Forse era quello che turbava così tanto Lindsey... no?
- In ogni caso, Lindsey è davvero a posto. Cioè, meravigliosa. Sei un ragazzo fortunato. - borbottò confusamente.
Si trattenne dal ringhiare un "ma che cazzo?" e si prese qualche attimo per tornare in se. - Anche tu sei un ragazzo fortunato, Frank. - disse con un lieve sospiro purificatorio.
- Sì, lo so... era per dire... cioè, sai, ho sempre preferito detestarla. Era più semplice così, più comodo. Invece ripensandoci non mi ha mai fatto un singolo torto. Mi dispiace di aver pensato così male di lei, è... è una ragazza fantastica. Immagino che l'odio per le ragazze con cui ti frequenti mi parta di default da quando è apparsa in scena Eliza- -
- Cosa? Hai davvero deciso di nominare Eliza Cuts a questo punto della mia vita? Oh mio Dio... - esclamò, ancora più a corto di fiato, - Che ti avevo detto riguardo gli stati emotivi alterati? Cazzo? - 
- Scusa, hai bisogno di accostare? -
- Non lo so, in ogni caso sono io al volante, non puoi farlo al mio posto, quindi perchè chiedere? - . Le sue parole rimasero, forti, nel silenzio che si era creato. Si voltò a guardare Frank, mortificato, - Scusa... -
Frank allungò una mano a raddrizzare il volante che Gerard aveva accidentalmente spostato nel rivolgergli lo sguardo, e nel farlo gli baciò le labbra. 
Arrivarono in leggero anticipo quindi decisero di andare in un bar in aereoporto a fare una seconda colazione. 
Provando una certa tenerezza, guardò Frank mangiare la sua ciambella abbracciato alla chitarra per paura che qualcuno passando gliela rubasse mentre Gerard invece gli tutelava la valigia distendendoci le gambe sopra.
Condivisero una confezione di pastiglie per il mal di gola. A dire il vero la trachea di Gerard stava piuttosto bene però avevano un buon sapore. Gli ricordavano le caramelle che suo nonno teneva sempre in macchina. Forse non erano caramelle...
Quando arrivò il momento si salutarono con un abbraccio. 
- Immagino che ci rivedremo qui quando tornerò con Ray e Bob per registrare. - disse Frank, tenendo la voce bassa per non sforzare la gola dolorante. 
Gerard annuì e basta, masticando nervosamente una gomma.
- Non preoccuparti per Lindsey, scommetto che non è nulla... - borbottò. Era evidente che nemmeno lui riuscisse a credere alle proprie parole.
L'altro distolse lo sguardo scuotendo piano la testa. - Non penso. - . I suoi occhi vagarono alle spalle di Frank e si posarono sul tabellone, - Fra venti minuti chiude il gate. - annunciò in tono conclusivo. Gli prese il mento con una mano e gli baciò una guancia. - Buon viaggio. - 
Frank lo strinse in un altro abbraccio e infine si allontanò, trascinando debolmente il suo trolley con la chitarra fissata alla schiena.
Gerard fissò ossessivamente la sua figura fino a che non si disperse nella folla. Pensò a come quegli stupidi correvano con le loro valige senza accorgersi di avere Frank Iero a qualche metro, di avergli magari urtato la spalla... senza accorgersi di quanto fosse meraviglioso e speciale e ambiguamente buono.
Con un sospiro decise di raccogliere i pezzi del suo cuore spezzato ed uscire da lì. Si sentì vulnerabile, così solo, con quei capelli sgargianti, quindi tirò su adagio il cappuccio della felpa. Per qualche istante, la riflessione sui propri capelli deviò completamente i suoi pensieri dal piccolo inferno personale che lo attendeva a "casa", ma quando il forte presentimento gli si ripresentò ci andò giù decisamente pesante. Quasi si sentiva le vene svolazzare contro la manica della felpa nera tanto quanto il suo immediato futuro. 
Parcheggiando la macchina ancora da cambiare nel proprio giardino pensò a quanto fosse assurdo innervosirsi a tal punto per qualcuno che ti ha teoricamente promesso amore eterno a suon di fedi nuziali. Cercò di non pensare a quanto poco sul serio avesse preso lui stesso la decisione di sposarsi. Ma ovviamente fallì e si odiò improvvisamente a morte. Se aprendo la porta avesse trovato Lindsey con un coltello puntato al suo petto sarebbe decisamente corso ad abbracciarla per infilzarsi deliberatamente. Invece trovò la moglie seduta al tavolo in cucina e il set di coltelli al proprio posto, sul ripiano vicino al tostapane.
- Sono tornato. - annunciò inutilmente, sbattendo troppo forte la porta. Era sicuramente passato un po' di tempo dall'ultima volta che si era comportato così goffamente. Se sposarsi con una promessa di amore eterno significava vivere da lì in poi in costante terrore che questa venisse infranta, avrebbe iniziato una vera e propria campagna di scoraggiamento rivolta alla dissoluzione di qualsiasi forma di vita coniugale sul pianeta Terra.
Avvicinandosi al tavolo in cucina, tentò di indovinare se Lindsey avesse appena smesso di piangere o appena iniziato. Entrambi. 
Gerard cercò di ricordarsi che, in qualsiasi modo sarebbero andate le cose, rimaneva pur sempre un puntino del cazzo recentemente dipintosi il capo di rosso in un immenso universo infinitamente noncurante. A conti fatti, nulla importava davvero.
- Lindsey, per qualsiasi motivo tu stia piangendo, a meno che non si tratti di morte, sappi che è rimediabile. Non è così importante. - cercò di rassicurarla Gerard, posando le proprie mani sui suoi pugni stretti sul tavolo.
Lindsey ne sottrò e sciolse uno per coprirsi la faccia mentre piangeva più forte. 
Gerard si chiese se avesse paura di una sua eventuale reazione, e si sentì importante ma mortificato... ma importante. O forse era semplicemente dispiaciuta per qualcosa che era successo. Di sicuro era successo qualcosa di cui non voleva parlare in presenza di Frank, se aveva aspettato così a lungo per parlarne. Se si fosse trattato di una "semplice morte" (per fortuna non pensava ad alta voce) di un qualche parente gliene avrebbe già parlato prima.
- Ho fatto... - si interruppe per singhiozzare assordantemente, - Abbiamo fatto... - si corresse, continuamente ostacolata dai singhiozzi che le stavano facendo sobbalzare il petto, - Un terribile... terribile... - si prese la libertà di sottolineare, - Casino... -
Avevano ucciso qualcuno e per lo shock Gerard se l'era dimenticato? Era l'assicurazione della macchina? Le bollette? Chi pagava le bollette? Gerard non ci pensava mai, pensava che lo facesse Lindsey... 
- Oh mio Dio... - si lasciò sfuggire Gerard, sentendosi contagiato dal pianto incontrollabile di Lindsey.
- Sono così stupida. Non so perchè sto piangendo... meriterei delle grosse pedate in culo. - 
- Sul culo... - la corresse flebilmente Gerard, continuando a coprirle la mano con la propria mentre si sentiva il naso pizzicare preannunciando un imminente attacco di pianto.
- No, no, in... Non voglio girarci intorno, sono incinta. -  
Gerard spese qualche secondo a cercare di capire la battuta prima di realizzare che, a dire il vero, non si trattava proprio di una battuta. Gli si accapponò la pelle. Quasi sentì i propri capelli rizzarsi come sotto un improvvisa forza elettrostatica. Avvertì del sudore freddo formarsi sui propri polpastrelli. 
Si guardarono negli occhi. Lindsey tremava completamente e con il pollice aveva preso a torturare il dorso della mano di Gerard, scaricando un'altra volta in nervosismo su di lui. Gerard avrebbe avuto bisogno di ben più di nove mesi o quanti ne rimanevano per metabolizzare il tutto. Cercò di concentrarsi sulla situazione invece che su quanto non sarebbe riuscito a uscirne vivo e disse l'unica cosa inerente che gli passava per la mente. - Ma abbiamo sempre usato- -
Lindsey lo interruppe. - No. Non li abbiamo sempre usati. Non ho sempre preso la pillola quando avrei dovuto e... che cazzo, non è nemmeno quello il punto. Perchè mai dovrebbe importarci? Il punto è che non sono andata a letto solo con te, nell'ultimo periodo... -
Gerard non riusciva a farsi un'opinione. Non che importasse, si intende. Aveva la testa improvvisamente così piena di colpi di scena che a malapena riusciva a stare fermo. Aveva un forte bisogno di correre e scaricarsi. Pensò di capire perchè i criceti si rifugiassero dallo stress correndo all'impazzata nella loro ruota. Aspettò che Lindsey continuasse, confidando sul fatto che avesse almeno qualcos'altro da aggiungere prima di dargli la parola.
- Non so perchè l'ho fatto... cioè, perchè non ho sempre preso contraccettivi... forse per incastrarti in qualche modo? Per farmi notare? E non so nemmeno perchè non li abbia presi dopo essere andata a letto con... con... -
Ricatturò gli occhi di Gerard con quei singhiozzi. La curiosità era pungente e dolorosa. Più i secondi passavano più Gerard temeva che fosse andata a letto con Mikey... o addirittura con Frank, quella volta che Gerard si era assentato per andare in farmacia. In un qualsiasi altro momento avrebbe giudicato quelle ipotesi ridicole, ma ora come ora era pronto anche a credere di non essere mai nato. Si accorse di non tenere più la mano su quella di Lindsey. Ora l'aveva posata sopra il proprio ginocchio e serrata a pugno.
- Un ragazzo della troupe... che cazzo, nemmeno mi importa di lui. Non mi sto giustificando, anzi... Avrei preferito tradirti con qualcuno per cui ne sarebbe valsa la pena. Ma non ho nessuno. E tu nemmeno hai il diritto di rinfacciarmelo. - . Gli si ruppe la voce e riprese a piangere forte.
"Non ho nessuno. E tu nemmeno hai il diritto di rinfacciarmelo.". Gerard si sentiva terribilmente in colpa, perchè era vero... e Lindsey l'aveva capito. Si alzò dalla sedia e andò al suo fianco. Si inginocchiò a terra e le tolse con delicatezza i gomiti dalle cosce per farsi spazio e abbracciarle la vita.
Lindsey gli abbracciò le spalle chiudendosi su di lui.
Gerard si accorse, all'improvviso, di avere l'orecchio premuto contro il suo potenziale figlio. Doveva essersi a malapena formato perchè la pancia di Lindsey era ancora relativamente piatta, ma poco importava. Si accorse che nulla di quello di cui stavano discutendo importava. Non importava con chi Lindsey l'aveva tradito, non importava chi cazzo era il padre effettivo, non importava quanto tempo fa era successo... nulla importava davvero se non il fatto che si stesse plasmando una forma di vita nell'utero di sua moglie. Un esserino che un giorno avrebbe avuto un nome, dei capelli... sempre che Lindsey non avesse già deciso di stroncarlo. Di certo Gerard non sarebbe stato pronto ad affrontare anche questo. 
- Sono così stupida. - disse Lindsey quando i singhiozzi le diedero la possibilità di farlo.
- Non è assolutamente vero. - . Le prese le mani e la guardò negli occhi. Qualcuno, passando, avrebbe potuto pensare che Gerard le stesse per chiedere di sposarlo. Ironico come la realtà delle cose vertesse sul senso completamente opposto. Gerard nemmeno le aveva chiesto di sposarlo in ginocchio... possibile che la loro separazione fosse più romantica della loro unione?
- Sì, invece... non ci posso credere di averlo fatto. Non era così che volevo finire. - 
- Lindsey, non è una condanna... tutt'altro. Tecnicamente, hai ancora il controllo della situazione- -
- Voglio tenerlo. - disse subito Lindsey, abbracciandosi il ventre con aria protettiva. 
Gerard chiuse gli occhi e sospirò profondamente, sollevato. Le strinse più forte le mani, guardandola infinitamente intenerito dai suoi occhi arrossati. - Lindsey, diventerai una madre e questo bambino o bambina che sia avrà bisogno di un padre, e tu di un aiuto. E se per te va bene, posso esserlo io. Indipendentemente dal codice genetico del bambino. O bambina. - si corresse con un lieve sorriso.
Lindsey scoppiò di nuovo a piangere, ma sta volta con una specie di sorriso esasperato.
Gerard la abbracciò e aspettò di nuovo che si calmasse.



 

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