Lilian

di Fourever Alone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo. ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo. ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo. ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo. ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo. ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo. ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo. ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo. ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo. ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo. ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo. ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo. ***


 “Basta così ragazze, gli allenamenti sono finiti.”
 Dopo 4 ore di allenamenti le ragazze andarono a cambiarsi negli spogliatoi. Salutai il custode, e mi avviai anch’io dalle altre, spalancai la porta, e scoppia a ridere. Lei. La mia migliore amica. Dalia. Alta, robusta ma non tanto, mora, occhi marroni, piena di vita. Stava cantando e ballando a squarciagola le canzoni del Mondo di Patty, non che lo amasse ma era per divertirsi, senza aspettare mi aggiunsi a lei. E poi il resto della squadra. Eravamo una squadra davvero unita, ci vogliamo un bene enorme, dov’è l’una c’è l’altra. Non per questo andiamo nella stessa scuola, ma purtroppo non insieme in classe. Ho iniziato a giocare, solo per far compagnia Dalia, visto che era una ragazza timida, aveva problemi a socializzare, iniziai con lei,  ma ogni giorno che passava, ogni allenamento, ogni goccia di sudore che cadeva dal mio corpo mi ha fatto apprezzare questo sport che è diventato la mia ragione di vita. Ogni sconfitta mi buttava giù ma ero subito pronta a rialzarmi nuovamente e combattere per una nuova vittoria, sostenuta da ogni  ragazza della squadra che con grinta e determinazione mette in campo tutte le emozioni che questo sport ti può dare. Dopo essere richiamate dall’allenatore, per  la troppa confusione, andai a farmi una doccia.
“Ragazze sapevate che la Ashley si sta frequentando con un tipo, ultimamente?” Esclamò, d'un tratto, Dalia ricevendo da Ashley una sguardo truce e  raccogliendo tutta l'attenzione del gruppo. E allora, scattarono le domande.
“Oddio, sono così felice!”; “Devi raccontarmi tutto!”; “Vi siete già baciati?”; “L'hai portato a letto?”; “Come vi siete conosciuti?!”...
Sembravano tutte euforiche ed io mi trovai sotto la doccia a ridere. Povera Ashley, lei così timida e innocente doveva subirsi un interrogatori da quelle pervertite.
“E' bello? C'è lo farai conoscere?” Come al solito Carlotta era quella più curiosa.
“Via ragazze. Lo conoscete di già” Facendo un risolino.  
“Cosa?? E chi sarebbe?!” Chiese Sarah curiosissima.
“Oh mio dio. Dalia tu sei morta.” La minaccio Ashley.
L’altra si portò una mano sul petto, come per esserne spaventata, per poi scoppiare a ridere.
“Dai allora?” continuarono le ragazze.
“Ashley mi passi l’asciugamano?!” Le chiesi per cambiare argomento.
“Arrivo” urlò felice.
“Scappa pure donzella. Ma dovrai dirci tutto” urlò Micaela ridendo.
“Certo ragazze.” Facendo un risolino. “Io intanto vado a salvare la mia dolce donzella senza asciugamano.” Urlò Ashley dalle docce, facendo scoppiare a ridere tutte le ragazze e me. “Tieni Lily” Porgendomi l’asciugamano sorridendo.
“Grazie Ash” sorrisi per poi avvolgermi nell’asciugamano.
“Grazie a te. Mi hai saltavo da quel branco di assatanate dell’altro sesso”
Scoppia a ridere. Ash non era una ragazza molto chiacchierona ma quando voleva sapeva farti ridere fino a farti venire il mal di pancia.
“Ti ho sentita in difficoltà. Dovere di amica.” Le feci un occhiolino. E inizia ad asciugarmi.
Sorrise. E si sedette su una panchina, fissandomi.
“Ehi, Ash. Tutto bene?!” Chiesi preoccupata. Mentre finivo di asciugarmi.
“Lui è Matteo” Sussurrò, abbassando la testa.
Matteo.
Quel nome, era molto comune nei nostri spogliatoi. Sorrisi per quella rivelazione, che aveva dato solo a me. E lei ricambiò, con un sorriso triste. E sbarrai gli occhi.
Matteo.
Matteo.
Matteo. 
“Mi stai dicendo, che tu Ashley More ti vedi con Matteo Brocchi?!” Chiesi sorpresa. Lei annuì.
“Oh mio dio. Ash. Sono felicissima per te.” Corsi ad abbracciarla, ma lei non ricambiò.
“No Lily” Staccandomi da lei.
“Cosa stai dicendo Ash!? Ti piace dalle medie, non sei felice che ora si sia accorta di una ragazza come te?!”
“Lily” disse abbassando la testa. “Ci sono andata a letto” Sbottò tutto d’un fiato.
A LETTO. Sbarrai gli occhi. O porca puttana.
“Cosa?!” Chiesi sorpresa e incredula. Ma lei non mi rispose. “Va bene. Ti capisco, non né vuoi parlare”
“Non qui.” Disse sorridendomi.
“Allora facciamo così. Ti fai una doccia io in tanto finisco di vestirmi e poi andiamo dritti a casa mia. D’accordo?!” Sorrise, è mi abbracciò.
“Grazie. Davvero” mi sussurrò.
Ci alzammo, lei si avvio a farsi una doccia e io tornai dalle ragazze, che si vestivano.
“Su, Micaela, non essere così crudele con lui! Ricorda che state insieme già da un anno. Lo farai morire così.” Spiegò Carlotta, ridendo.
“Tu non capisci, Carlotta. Lui è davvero fantastico!” Disse sorridendo.
“E' che cazzo aspetti? Che gli asini volano?” Sbottò Dalia, facendo scoppiare a ridere il gruppo e me.
“Lily aiutami per favore.” Mi chiese supplichevole Micaela, gli sorrisi e feci spallucce.
“La nostra piccola Miss, non vuole dargliela” urlò ma non tanto Carlotta.
“Piccola Miss” dissi sorridendo a malapena.
Quel giorno non avevo molto voglia di scherzare. Avevo in testa ancora il discorso con Ash. E mi preoccupava.

“Ehi Lilian”
A quel nome sbarrai gli occhi. Non amo essere chiamata con il mio nome intero. Mi girai di scatto è sbottai: “Lily” dissi con tono duro.
“Che pallosa che sei. Hai un nome stupendo e non vuoi usarlo. Ingrata. Lo avessi io.” Disse sorridendo Carlotta.
“Beh, anche Carlotta non è  brutto” dissi sorridendole.
“Mi prendi per il culo?! Ti piacerebbe essere chiamata Carlo o Carlina?!” Disse con tono esasperato.
“Ok. Non è molto sexy, quindi d’ora in poi ti chiamerò Lottie” Ricevendo un occhiata da lei.
“Certo. Meglio mi sento. Lottie.” disse esasperata. “Lottie, mi sa tanto di VENITE DA LOTTIE E POTRESTE VINCERE ALLA LOTTERIA” Sbottò facendo scoppiare a ridere l’intero gruppo.
“Beh, non immagino cosa vinceranno i ragazzi allora” Risposi sarcastica.
“Cazzo. Lily sei un genio. ” Chiese lei illuminata.
“Sì. Me lo dicono in molti.” Dissi, modesta.
Iniziammo a ridere. Questa è la mia seconda famiglia. Carlotta mi abbracciò e contemporaneamente, bussarono alla porta.
“Ehi ragazze, dovreste muovervi, la palestra serve ai ragazzi” ci avvisò Davide, il nostro allenatore.
“Quei venti fusti non cambieranno mai palestra vero!?” Chiesi ironicamente.
Bene. Sì. E’ vero. La palestra non è nostra. Ma non è possibile che la devono usare ogni volta che ci siamo noi. Sembra una presa per il deretano.
“Lily amore!” mi richiamo Davide ridendo.
“Si amore?!” chiesi facendo un risolino.
Ci chiamavamo sempre così, mi conosceva da quando avevo otto anni, ed era anche il migliore amico di mio padre.
“Muoviti” disse duro, ma con simpatia, facendomi ridere. Sempre ridendo è scherzando, ci vestimmo e si unì con noi anche Ash che era uscita dalla doccia. Sempre a testa bassa. Misi la divisa nel borsone, e continuai a chiedermi perché Ash si vergognasse tanto di essere andata a letto con Matteo. Cosa c’è di strano!? Stanno insieme, no?! Svuotai la testa dai miei pensieri, mi misi il giubbotto, cercavo di attirare l’attenzione di Ash con tosse  finta. Quella ragazza era testarda.
“Ah. Ash dopo vieni a casa mia!? Ieri hai dimenticato i libro di Biologia a casa mia.” Inventai una scusa. Lei mi sorrise.
“Certo. Aspettami fuori, andiamo insieme.” Sorrisi e mi avvia fuori dagli spogliatoi.
Appena svoltai l’angolo mi avvicinai alle macchinette dell’acqua e delle schifezze varie. Presi i soldi, è inizia a far vagare lo sguardo fra tutte quelle prelibatezze. Ok. Davide, voleva che non mangiassimo quelle schifezze. Ma che posso farci senza quelle non vivo. Così dopo una scelta, decisi di prendere due barrette di KINDER BUEN. Misi i soldi, ma stupida che sono non avevo letto il foglio grande come una casa GUASTO. Iniziai a imprecare.
“Ma porca puttana. Oggi proprio non è giornata” Diedi un calcio alla macchinetta.
“Ehi amore” Mi senti chiamare da Davide, mi girai guardandolo male. “A parte che la macchinetta e guasta, spero per te, che tu non abbia scelto quelle schifezze”
Iniziai a ridere istericamente. “Davide, grazie per avermi detto in anticipo che la macchinetta e guasta, non ti preoccupare avevo proprio scelto una bottiglia d’acqua. Contento!?” chiesi con un sorriso più falso della morte.
“Così ti voglio. Io vado, ci vediamo Giovedì.” Disse per poi uscire definitivamente dalla palestra.
Fissai la porta per pochi secondi, per poi concentrarmi sulla macchinetta.
“Ora siamo solo io e te. Allora mi vuoi dare queste cazzo di barrette!? Non ho tempo.”  Continuai a imprecare. Una mano si appoggiò alla macchinetta e gli diede una botta, le mie barrette caddero sane e salve dal distributore. Le afferrai, felice, come una bambina con il suo primo cioccolatino.
Mi girai per vedere di chi era quella mano. Era un ragazzo. Alto, capelli scurissimi neri, occhi azzurri , fisico scolpito. Cazzo. Era uno di quelli che usava la nostra palestra.
Mi guardava, quasi studiandomi, con un sopracciglio inarcato ed un sorrisetto sghembo e provocatorio. Era senza maglietta con tanto di bei pettorali e tartaruga.
“Ti piace quel che vedi?” Chiese a bruciapelo.
Mi schiarì la voce e me ne uscì: “Dipende cosa pensi che io veda”
Sorrise divertito. “Uu. Psicologia inversa. Mi piace.”
“Contento te.” Lo guardai l’ultima volta e mi avviai verso l’uscita della palestra.
“Non dovresti dirmi nulla!?” Chiese malizioso.
“Oh. Cos’è potrei offendere il tuo alto ego?!” Chiesi sarcastica.
“E chiamasi educazione.” Continuo sorridente.
“Lo sono.” Ricevendo un’occhiataccia. “Con chi voglio”
“E non sono nella tua lista.” Sempre con quel sorriso. Ma che cazzo si ride questo!? “Beh, è stato un piacere Kinder Buen” Mi sorrise, e si girò per andarsene, ma lo bloccai.
“Ehi.” Si girò malizioso. “Grazie.” Sorrise ancora di più. “Ma ti conviene toglierti quel sorriso che hai, mi da su i nervi. Ragazzo delle macchinette.” Sorrise e si avvicinò. “Beh io vado eh, ciao” Dissi è uscì definitivamente dalla palestra.
Ero davanti al mio scooter aspettando che arrivasse Ash, che come al solito si era fermata a parlare con qualcuno. Stavo mettendo lo zaino nel bauletto, odiavo tenerlo tra i piedi mentre guidavo, quando qualcuno parlò. 
 “Ehi”  
 Una strana, spiacevole scarica elettrica mi attraversò la colonna vertebrale, fino a raggiungere le gambe e le piante dei piedi. Non poteva essere: mi voltai molto lentamente e tutte le mie paure trovarono conferma, il ragazzo della macchinetta era davanti ai miei occhi con quel suo solito sorriso da coma diabetico. 
 “Cosa vuoi?” dissi in un modo così freddo che l’Iceberg del Titanic sarebbe sembrato un nonnulla in confronto.
 “Mentre uscivi, ti e caduta la divisa dal borsone” disse sorridente. ANCORA?!
“Oh. Beh, grazie allora” afferrai la divisa e la misi nel borsone.
“Mi hai ringraziato due volte in meno di 5 minuti. Dovrebbe essere un record per te.”
“Dovresti esserne lusingato” Risposi sarcastica salendo sullo scooter e mettendo in moto. Ash aveva 15 secondi, se non fosse arrivata l’avrei lasciata a piedi senza tanti complimenti. Non volevo stare a sentire a quello neanche un minuto di più. 
“Oh lo sono. Kinder Buen”
 Mi infilai il casco e stavo per partire, quando lo guardai ancora una volta. 
 “Un’ultima cosa prima di terminare qui il nostro unico discorso”  dissi con sguardo severo. “Se c’è una cosa che mi fa imbestialire è questo sopranome che mi hai assegnato, quindi evita di farlo.” 
 “Credo di poterlo fare solo quando conoscerò il tuo nome” rispose lui sorridendo e incrociando le braccia fingendosi scocciato. 
 “Per me va benissimo che tu non mi chiami affatto!”
La porta della palestra si aprì, è uscirono le mie compagne di squadra tutte che ridevano e scherzavano, appena mi videro spalancarono la bocca. Avevano visto il ragazzo della macchinetta.
“Ehi bellezza, Davide ha detto che ha anticipato gli allenamenti quindi ci vediamo Giovedì” disse Carlotta sorridente, mentre si avvicinava al suo motorino.
“Mi ha già avvisata tranquilla Lottie” dissi per poi far scoppiare a ridere il gruppo, e avevo un sguardo curioso dal ragazzo.
“Vaffanculo Lilian” sbottò Carlotta, e senti il ragazzo fare un risolino. Porca troia. Aveva sicuramente sentito il mio nome, per intero in aggiunta.
“Siete le peggio. Caso chiuso.” Ci schernì Micaela, prima di mettere in moto il suo motorino “Ci vediamo a scuola belle” per poi allontanarsi. Le altre mi salutarono, e diedero gas. Ma porca troia, dov’è cazzo è finita Ash!?
“Ehi Lilian” disse malizioso il ragazzo “So che sono di buona compagnia, ma dovresti andare”
Feci un risolino “Credi che io stia qui per te!?” Lui annui. “Illuso. Aspetto un amica.”
Ash stava correndo verso di me indossando il casco farfugliando “Scusa”
“Dai Sali, ritardataria.” Le dissi.
“ Mi avresti lasciarmi qui?!” chiese lei indignata mentre si sistemava dietro di me. “ E lui? Chi è?” 
 “Credimi, pur di non subire la sua presenza, ti avrei lasciata qui, si” disse sarcastica, per poi dare gas e sentire la SUA risata.


 
Non è un granché. Ma spero che vi piaccia ;)
Vostra Alone e #Menteperversa!!!

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo. ***


Una volta arrivate a casa, parcheggiai lo scooter nel nostro enorme giardino, facendo sempre attenzione a non strisciarlo contro le piante altrimenti mio padre mi avrebbe UCCISA. E’ non sto scherzando sia chiaro. Ash era già fiondata in casa mia, io recuperai il mio borsone; salii i due scalini davanti la porta di casa. Spalancai la porta lasciai il borsone a terra è trovai Ash distesa comodamente sul divano a scompisciarsi dalla risate a guardare Italia’s Got Talent, con e la mia piccola Pulce che appena mi vide mi corse incontro cominciando a saltare da una parte all’altra e a scodinzolare dalla gioia.
"Ciao piccola" dissi accarezzandola e dandole una lunga grattatina dietro l’orecchio, sapevo quanto le avrebbe fatto piacere, è ricevendo in cambio una bella leccatina sulla guancia.
Pulce, un Golden Retrive color panna, era l’unica creatura della mia famiglia con cui stavo di più, l’unica che dopo un allenamento, un ritorno da scuola, dopo un uscita con gli amici, era sempre lì ad aspettarmi.
“Ehi bellezza” mi chiamò riprendendosi dalle risate, mettendosi seduta.
“Dica madame” la presi in giro. “Mi dica” Continuai a prenderla in giro abbandonandomi disperatamente tra i cuscini bianchi.
“Guarda che figo Lily” sbottò Ash, indicandomi di guardare Italia’s Got Talent.
Spalancai gli occhi, è fissai sorpresa dall’affermazione di Ash , non era una ragazza molto facile di gusti, a sentirle quel apprezzamento spontaneo che mi sorprese, è dire poco. Continua a fissarla, capelli biondi mossi, occhi verdi, fisico mozzafiato, ma che conoscevamo solo noi della squadra di pallavolo, ma sempre con la divisa non è il tipo di ragazza che mostra il suo fisico, di solito mette jeans stretti e felpe extra-large, con i suoi bellissimi capelli biondi mossi racchiusi in una crocchia o in una solita coda i suoi occhi verdi coperti da un paio di occhiali alla Patty e con le sue Nike, che non butterebbe nemmeno se le pagassi quattro mesi di pallavolo.
“Perché mi fissi!?” Mi chiese fissandomi divertita.
Scossi la testa è farfugliai un “Pensavo”
“Posso sapere a cosa di preciso?” Mi chiese curiosa.
“Il perché ti nascondi dietro una felpa extra-large è dietro una coda” abbasso la testa abbozzandomi un sorriso
“Che di ordinato non ha nulla, è perché devi coprire quei bellissimi occhi??” Ci fu dei minuti di silenzio, Ash si sedette comodamente sul divano di fronte a me fissandosi le caviglie. La seguii e incrociai le gambe, dopo pochi minuti rialzò il viso è mi fissò con uno sguardo triste e sofferente.
“Devo” sussurrò, continuando a tenere gli occhi su i miei.
“Devi!? Che significa!?” Chiesi non capendo la sua affermazione.
“Devo” sussurrò “Se non voglio far vedere le mie cicatrici e i miei lividi” sospirò, è abbassò lo guardo.
“Ash, si può sapere che stai dicendo?” Uno scatto della serratura ci fece sobbalzare, mio padre, si tolse la giacca e la solita valigetta da lavoro di pelle nera e li posò sulla poltrona accanto al divano, per poi sorriderci.
“Buona sera fanciulle” Chiese in torno divertito. Ash che era sul divano, fissava sempre un punto bianco della parente, è aveva gli occhi pieni di lacrime è cercava di non singhiozzare.
“Ciao Pà” Risposi sorridendogli. Ash gli rispose con uno sguardo è un mezzo sorriso.
“Buonasera Signor Marco” lo salutò. Mio padre di tutta risposta portò gli occhi al cielo e alzo le braccio.
“Oh Ash, quante volte ti ho detto che puoi chiamarmi Marco, con quel signore mi fai sentire vecchio” rispose divertito, mentre rovistava nei cassetti di una delle sue scrivanie.
“Scusa. Lo terrò presente” rispose Ash sorridente. Mio padre abbozzo un sorriso, poi continuò la sua ricerca nei cassetti per poi urlare “TROVATO” Mi girai per capire cosa stesse facendo.
“Cosa cercavi Pà!?” Chiesi curiosa.
“Il libro che ho scritto bella” Mi confessò con gli occhi illuminati. A quelle parole spalancai gli occhi.
“Eh?! Viaaa, non lasciarmi sulle spine. Confessa” Fece un risolino.
“Lo vogliono leggere, e quindi io andrei prima di perdere questa opportunità” Mi diede una pacca sulla spalla e fece lo stesso con Ash
ma più piano, -non essendo sua figlia-, ma lei con nostra stupore, si ritirò il più lontano possibile quasi da cadere dal divano.
La mano di papà, che aveva tentato di avvicinare, rimase sospesa in aria, inorridita, vidi Ash coprirsi la testa con le braccia in uno scatto, quando mio padre alzò lo sguardo da me, agli occhi non più verdi, ma di un grigio spento.
Lentamente, mio padre si girò verso la porta, afferrando la giacca, le chiavi della macchia e il suo amato libro, aprì la porta di casa.
Prima di uscire, si girò per poi farmi capire in uno sguardo che dovevo aiutarla, e poi sparì, chiudendo delicatamente la porta.
Un silenzio irreale scese sul grande salotto, mentre il rumore soffocato dell’auto che abbandonava il vialetto di casa lo riempiva.
Spostai lo sguardo su Ash,ancora immobile, che fissava la porta con occhi sgranati e impauriti, le braccia ancora sollevati vicino alla testa. La chiamai piano, per paura di spaventarla ulteriormente.
Lei mi sguardo come se mi vergognasse per quello che era successo, poi, come se non resistesse più si accasciò sul divano è scoppiò a piangere. Mi avvicinai subito a lei, per capire cose le stesse succedendo, e piano riuscì ad avvicinarmi alla sua guancia per poi asciugargli le lacrime.
“Ashley” la pregai dopo un po’ che era rimasta in silenzio.
“Dimmi cosa ti succede, o qualcosa, basa che mi spieghi cosa ti succede perché non mi piace vederti così” Con gli occhi spiritati, mi guardò, senza che nessuna parole ne fuoriuscisse.
“Okay, sei sotto shock e posso capirlo, credimi. Che ne dici se andiamo in camera mia e ti stendi un po’ sul letto?” le chiesi. Ash annuì e, mano nella mano, arrivammo in camera. Invece di stendersi a letto, si sedette sul puffo verde sotto la finestra e appoggiò la testa alla parete, chiudendo gli occhi. Il suo respiro si era calmato. Io, mi sedetti sul letto a gambe incrociate, aspettando che cominciasse a parlare di sua spontanea volontà.
“Sai Lily” incominciò Ash. “Non ho mai chiesto niente per me stessa. Ora che ci penso non credo di aver mai chiesto qualcosa per me stessa a nessuno. In tutta la mia vita, tutto quello che ho avuto è stato solo un continuo farmi notare dai miei genitori. Non un incoraggiamento, non un complimento, solo continui rimproveri per quello che cercavo di ottenere .. o meglio che già avevo ottenuto.. sai l’altro giorno quando il Prof Bianchi ci consegnò quel progetto di fotografia?” disse tirando su il naso è mostrandomi un sorriso “Ricordi chi dovevano essere i soggetti?!” Mi chiese fissandomi.
“I nostri genitori” sussurrai fissandola. “Le hai anche consegnate, erano davvero belle, ma non capisco dove vuoi arrivare” Fece un risolino isterico.
“Non era la mia famiglia” Sbarrai gli occhi incredula. “Quando tornai a casa, spiegando il progetto ai miei, sai cosa mi disse mio padre? “A che diavolo ti serve fare foto nella vita?” Deglutì. “Ma questo non è niente rispetto al colloquio che c’è stato tempo fa. Mia madre si è presentata completamente ubriaca, biascicando cose come: “Tanto tutto questo non le servirà a niente, quando si ritroverà con un tizio tra le gambe e un mostriciattolo che le farà passare notti insonni.” Lacrime e piene di dolore le scorrevano sulle guance pallide, mentre cercava inutilmente di fermarle premendo le mani contro gli occhi “Non credo di essermi sentita più inutile … nella mia vita.” Incapace di vederla piangere così disperatamente, la andai ad abbracciare, uno di quegli abbracci da orso che mio padre dava a me quando ero triste, che trasmetteva calore, amore.
“È quello che è succede ma due anni non è altro che un altro pezzo del mosaico” singhiozzò sulla mia spalla. Si spostò per poi continuando a piangere, si tolse la felpa. Trattenetti il fiato bruscamente. Un segno grande quando la mia mano le copriva la spalla, violaceo, e tanti altri lividi la ricoprivano.
Bastardo! Come poteva un genitore fare una cosa del genere alla propria carne e al proprio sangue!? Incapace di restare ferma, camminai avanti e indietro nella stanza. Ash continuava a guardarmi, dopo essersi rimessa la felpa apposto, per poi abbassare lo sguardo.
“Non ti azzardare a vergognarti” ordinai, quando mi accorsi delle guance rosse proprio per la vergogna. “Non devi sentirti umiliata. Non permetterti neanche di pensare ad un qualche pensiero di esserti umiliata a causato dall’idea dei tuoi genitori. Non permettergli di avere controllo su di te, più di quanto né hanno già.” Lei di tutta risposta, alzò il viso e mi sorrise, un sorriso vero. Il mento le tremò, mentre una lacrima solitaria cadeva dalla delicata curva del mento.
“Sei una vera amica, Lily.” disse. “Sei leale fino al midollo.” Non sapevo cosa dire.
Forse aveva ragione, non mi ero mai soffermata a pensare a quest’aspetto di me. Ripensai a quando Ash mi aveva detto che era andata a letto con Matteo e quello che le era successo e di come avevo reagito, dei pensieri che mi avevano attraversato la mente. Pensai a come mi ero sentita quando all’asilo vidi due genitori, il loro babbo, che avevo anch’io, ma anche una figura femminile, che chiamavano mamma. La quale, in quel momento, era seduta alle mie spalle sul letto e delicatamente aveva preso una fotografia che rappresentava mia madre presa dal comodino. Sembrava un gesto così naturale, che mi rilassai quasi subito. In poco tempo, erano tornati luminosi e lisci, prima di essere intrecciati dalle sue abili mani.
“E’ davvero bella” annunciò dopo poco. Posai la fotografia sotto il cuscino, come per nasconderla.
“In tutta questa storia, cosa centra Matteo?” le chiesi cambiando argomento. La vidi irrigidire un pochino, ma dopo un attimo annuì. Mi fissò per alcuni secondi, per poi sdraiarsi sul letto, e feci lo stesso, entrambe a guardare il soffitto.
“Lily”
“Sì?”
“Ti sei mai innamorata?” Mi si alzai su un gomito per guardarla in viso.
“Perché questa domanda?”
“Rispondi”
Scossi la testa, prima di riposarla sul cuscino. “No. C’è stata qualche cotta, ma niente di serio.” Una pausa. “Di chi sei innamorata, Ash?” “Non credo sia amore. Anche se, a dirla tutta, non so proprio cosa significhi. Eppure .. quello per provo per Matteo, si avvicina a essa.” “Quindi? Credi o no di amarlo? Amarlo davvero?" Respirò profondamente.
“Non lo so. Non so nemmeno se si ricorda che sono io la ragazza con cui ha fatto sesso l’altra volta”
“Cosa??” chiesi allarmata, alzandomi di scatto dal letto.
“Appunto. Sapevo che sarebbe stata questa la reazione delle ragazze se glielo avrei detto” Sospirò per poi chiudere gli occhi.
“Non capisco. Si hai fatto sesso, ma non state insieme, è per di più non sa che eri tu!?”
“Era ubriaco” cercando inutilmente di fermare le lacrime premendo le mani contro gli occhi.
“Ti ha violentata” costatai.
“No”sbottò “Non mi ha violentata. A iniziato a baciarmi con foga, è io, non so” sospirò esasperata. “Volevo di più, volevo sentirmi amata” scoppiò nuovamente a piangere, comprendoni la faccia.
“Ehi” le scansai le mani. “Tu hai noi, le tue amiche” sorrisi “Amiche da anni, che non ti giudicheranno mai. Non ti giudicherò mai” L' abbracciai, lasciando che si sfogasse, pensando che per nessun motivo al mondo avrei permesso che succedesse di nuovo che suo padre alzasse le mani su di lei, e che si sentisse giudicata per essersi lasciata andare con Matteo.


Secondo capitolo.  
Spero che non faccia schifo senno #Sciaquoneeeeee# ahaha :D
Vostra Alone ♥ ♥

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo. ***


Appena misi piede nel cortile della scuola, il mio cervello si ritrasse dai miei pensieri per via della confusione.  Le troie della scuola sventolavano i loro capelli e sculettavano ammirando i vestiti delle altre del gruppo – che poi a dirla tutta, erano più false della falsità in persona.
LICEO LINGUISTICO. Ecco l’insegna del mio liceo, era una scuola pubblica, non privata, e i ragazzi non portavano la divisa – non l’avrei mai indossata, per precisare- non avrei mai rinunciato ai miei jeans e alle Converse. Parcheggiai il mio motorino bianco in un posto vuoto, accanto ad una moto che faceva sembrare il mio motorino, un nonnulla, recuperai lo zaino dell’Estapak blu, scansasi un cabriolet Smart nera e mi avviai verso il ritrovo di noi ragazze. Mi sedetti sul muretto con il mio Ipod e le mie cuffie ad ascoltare la musica. Sobbalzai appena sentii il mio cellulare vibrare. Un messaggio, pensai. Era Dalia.

-Bellezza, io e Lottie siamo dovute entrare in classe, perché avevamo compito, è dovevamo ripassare, Micaela è malata, le altre sono in gita è Sarah è dovuta rimanere a casa con suo fratello che era malata, Ash non è ho la pallida idea, all’entrata non lo vista. Ci vediamo all’intervallo. Buona giornata Best:) Baci Bacini Bacioni.

Sorrisi dopo averlo letto, bene oggi sono arrivata tardi a quanto vede, ma la cosa che mi preoccupata è perché Ash non sia venuta a scuola, sarà sicuramente a casa, ma la cosa mi preoccupata maggiormente. CON SUO PADRE.
M’incamminai all’entrata in quell’edificio. Degli enormi corridoi per poi degli scalini grandi che mi sarei dovuta fare ogni tantissimo giorno per andare al del piano superiori. Subito all’entrata era esposta, in una teca di vetro, gli orari delle classi, circolari di ogni aula, ed eventi per il nuovo anno scolastico, andai verso gli appositi armadietti di ogni studente in entrambe le file di metallo blu. Ragazzi che chiacchieravano, chi prendeva i libri, chi scherzava con gli amici, chi pensava a studiare seduto per terra davanti agli armadietti, presi i libri, e svoltai verso la porta con su scritto “Didattica”. Dietro la scrivania c’era una signora di mezz’età con un caschetto biondo che incorniciava un viso un po’ esile e un paio di occhi castani con degli occhiali che cadevano sulla punta del naso. .“Salve, Paola. Come sta?” dissi sorridendole
“Oh, buongiorno Lily, che bello vederti di nuovo”  esclamò la donna. “ Va tutto molto bene, grazie. Dimmi ti serviva qualcosa?”
“Sono venuta a consegnarti i documenti d’iscrizione al prossimo anno.” Tirando fuori dallo zaino i documenti.
“Oh bene, aspettavamo solo i tuoi.” Sorrise. “La solita ritardataria eh?!”
Risi. Per poi portarmi il pollice e l’indici sul mento con fare pensieroso “Come si dice?! Il lupo perde il pelo ma non il vizio”
La signora Paola scoppiò in una fragorosa risata, per poi avvicinarsi all’interruttore della campanella e schiacciane il pulsante.
“Oh grazie tante” sorrisi.
“Di nulla Lily”
Salutai la signora Paola e mi avviai verso le scale.
In fondo alle scale, voltai a destra e verso la metà del corridoio mi fermai davanti ad una porta recante il nome “MATEMATICA”. Trassi un respiro profondo e bussai.
C’erano i miei compagni di classe, attenti alla spiegazione del nostro Professore. Un uomo dalla corporatura esile che mi osservava disturbato.
“Guarda guarda chi ci degna della sua presenza” la voce potente e carica come quella di un baritono. “Buongiorno Rinaldi”
E’ vero, sono una ritardataria. Gli sorrisi “Buongiorno a lei Prof.”
“Cerchi un posto libero e si sieda”
Presi posto nella seconda fila, accanto ad una ragazza, con ridenti occhi scuri e con una cascata di capelli neri e lisci. Non l’avevo mai vista frequentare questo corso, e nemmeno nei corridoi così costati che fosse nuova. Misi a terra la mia cartella e alzai gli occhi su di lei.
“Ciao, io sono Lily Rinaldi” mi presentai allungando una mano.
“Kayla Franchi”
Strinsi la mano che mi tendeva.
“Com’è il professore?” chiese.
Scosse la testa e ritrassi la mano di scatto. “Non essere preoccupata.” gli dissi, a stento. “E’ una in gamba” la assicurai.
Lei annuì. “Hai ragione. Lo sembra davvero” fissandomi negli occhi.
Quei capelli mi fecero pensare a un altro paio di capelli di un forte colore nero. Il ragazzo della macchinetta. Scossi la testa per schiarirmi la testa e riportai la mia attenzione alla lavagna. 
La lezione fu molto più interessante di quanto pensassi. Il professore aveva un modo di spiegare molto fluido e faceva diventare degno di attenzione anche qualcosa di noioso come i calcoli matematici, le espressioni algebriche e tutte quelle altre cose di cui, di solito, non capivo un’acca.
Al termine dell’ora, mentre uscivo dalla porta, Kayla mi chiamò e aspettai che mettesse a porto la sua roba e mi raggiungesse.
“Sei nuova vero?” chiesi.
Ci avviamo lungo il corridoio.
“Si capisce vero?!” sorridendomi. Annuii ricambiando il sorriso.
“Sono venuta a vivere con mio fratello da una settimana circa” Il mio sguardo la incitò a continuare a parlare. “Mi sono trasferita qui da mio fratello a causa del lavoro di mio padre, anche se non ho ancora capito di cosa si tratta. Di solito non è mai a casa, è in viaggio per giorni, mesi qualche volta è capitato che rimessi a casa da sola per un anno. Così quest’anno mio fratello è riuscito a guadagnarsi un appartamento è mi ha chiesto se andavo da lui, cosicché nostro padre vedesse la casa, quando torna dai suoi viaggi, rimane da noi. Comunque, e il papà migliore del mondo”
“E tua mamma? Lei cosa fa?”
“Non l’ho mai conosciuta. Ogni volta che parlo di lei, mio padre cambia argomento oppure sparisce”
Il suo viso parve adombrarsi. “E tuo fratello? Non sa niente?”
“Penso di si” abbassò lo sguardo. “Ma anche lui, come mio padre cambia argomento”
“Hai almeno una sua foto?” chiesi.
“Si” mi fissò regalandomi un sorriso. “Sono la sua fotocopia da giovane”
“Quindi devo dedurre che è molto bella”
Rise, portandosi i capelli dietro l’orecchio. “Oh beh, grazie”
“Anch’io non conosco mia madre, ma ho anch’io una sua foto”
Girò di scatto la testa verso di me. “Oh. Mi dispiace” sorridendomi dispiaciuta. “E’ com’è!?”
“Non ho la tua fortuna di assomigliarle, diciamo che sono la fotocopia di mio padre versione femminile!?” facendo un risolino.
Rise, ci guardammo in giro cercando di orientarci e voltammo a sinistra per andare al nostro armadietto.
“Senti Lily, sai dov’è l’aula di Fotografia?!
“Certo. Ti faccio vedere io!”
“Allora prendo il libro e andiamo”
Ero contenta di avere almeno qualcuno che capisse, la mancanza di una madre.
Prese i libri, e Kayla mi seguii proseguendo lungo il corridoio. C’era un via vai di studenti che correvano da classe in classe che mi sarebbe venuto il mal di testa, solo a osservarli uno per uno.
Salimmo le scale, voltammo a destra a metà corridoio ci fermammo davanti ad una porta recante il nome “FOTOGRAFIA”.
“Ecco, è qui.” mi girai verso lei.
“Ti ringrazio tanto, Lily, per l’aiuto che mia hai dato. Spero di incontrarti di nuovo”
“Beh, se vuoi, possiamo incontrarci a pranzo” sorrisi. “Poi abbiamo il corso di matematica insieme, quindi staremo molto tempo insieme”
“D’accordo. Allora ci vediamo”
“A più tardi”
Me ne andai salutandola con una mano e sparì su per le scale.
Kayla aveva un corso che avevo di fotografia mentre io non avevo niente perché ero ancora indecisa su cosa fare, perciò ci salutammo promettendo di incontrarci a ora di pranzo.
Avendo un’ora buca, decisi di girovagare un po’ per la scuola. Andai verso l’entrata principale. Il corridoio erano silenziosi, le pareti erano colorate con un chiaro color panna. Era attaccato qualche cartellone con raffigurata la squadra di calcio, e quella di pallavolo. Mi avvicinai e scorsi subito della foto che rappresentava la nostra squadra di pallavolo, ero con le mie compagne e tenevamo sollevata la coppa in segno di vittoria. I miei capelli mori scompigliati e umidi di sudore e gli occhi verdi luccicanti e ridenti per il buon esito della partita. Guardandomi intorno, decisi di andare nel cortile. Uscì su un piccolo vialetto gustandomi la sensazione di libertà che mi attraversò, l’aria calda d’inizio Marzo varcava ancora le soglie della scuola.
Il cuore si fermò. Semi sdraiato alla luce del sole, intravidi il  Ragazzo della macchinetta.

Comunque, LEGGETE e RECENSIETEPER FAVORE. Sono un pochino a secco.
Voglio sapere cosa ne pensate, è categorico.  
Al prossimo capitolo. 
Vostra Alone:)

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo. ***


Il cuore si fermò. Semi sdraiato alla luce del sole, intravidi il  Ragazzo della macchinetta. Mi girai.
Gli occhi azzurri s’incastrarono nei miei, verdi, squadrandomi dalla testa hai piedi.
“Perché mi fissarmi”proruppe sorridendomi.
Sobbalzai per quel tono di voce di superiorità che mi fece irritare.
“Non ti stavo fissando” dissi allora.
“E così la piccola Lilian, viene nella mia stessa scuola.” Sorrise. “Buono a sapersi”
“Non immagini quanto sia felice, guarda” dissi sarcastica. “E non chiamarmi Lilian” dissi dura.
“Oh.” Mi fissò. “Allora Kinder Buen? Va meglio?”
“Sei irritante”
“Sei antipatica”
“Quelli che mi conosco non dicono così”
“Che cosa fai qui fuori?” chiese all’improvviso, cambiando discorso.
“Perché vuoi saperlo?”
“Possibile che tu risponda sempre con una domanda?”
“Possibile che tu non risponda?”
“Un’ora buca” risposi, tanto per riempire il silenzio sceso tra noi. 
Si alzò dalla panchina e aveva sul volto un’espressione molto seria.
“Non ci siamo ancora presentati” mi allungò la mano. “Io sono Kevin” disse sorridendo.
“Ma quando?!” chiesi divertita.
“Da quando?!” chiese confuso, io sorrisi è lui continuò. “Da quando mia madre mi ha partorito, è insieme a mio padre mi hanno affibbiato questo nome” disse.
“No. Ma quando te lo chiesto” lo fissai è rimase interdetto, io scoppiai in una fragorosa risata, per poi girarmi è tornare nei corridoi della scuola.

Per l’ora di pranzo, io mio cervello era andato. In quel momento ero appena uscita dall’ultima aula in cui ero stata e mi stavo dirigendo verso l’armadietto, quando fui ancorata da Dalia e Lottie, prendendomi a braccetto una a destra e una sinistra.
“Scusa, se non ti abbiamo aspettato stamattina, ma avevamo compito d’inglese” iniziò Dalia, per poi indicare Lottie. “E sai Lily, lei è negata con l’inglese, così l’ho aiutata a ripassare.”
“No ragazze non vi scuso” dissi mettendo il finto broncio.
“Eh dai” cantilenò Lottie.
“So io come farci perdonare” sbottò Dalia. Mi girai a guardarla divertita. “Ti pagheremo il pranzo, via” disse sorridendomi.
“Tu” disse Lottie indicando Dalia. “Tu le pagherai il pranzo, io ho soldi è mi servono per pagarmi a stento un panino e fare benzina” continuò ridendo.
“La nostra piccola indifesa e povera Lottie, senza uno spicciolo di euro.” La presi in giro io. “Comunque, andiamo a mangiare? Oggi ci sono le lasagne”  ci informò Dalia
“Veramente c’è qualcuno che mi sta aspettando. Puoi unirti a noi?” Annuirono vigorosamente per poi farfugliare un “Certo baby”
Volsi lo sguardo intorno fino a individuare Kayla sul lato sinistro dell’entrata alla mensa. Accanto a lei c’era anche una ragazza. I suoi capelli biondi spiccavano come la luce di una stella la notte.
Mi diressi verso di loro e a mano a mano che mi avvicinavo, vedevo il viso di Kayla diventare sempre più sorridente. Lancia un’occhiata a Dalia e a Lottie. Scherzavano fra loro, per poi regalarsi delle gomitate e degli scappellotti.  Arrivata al tavolo, Dalia e Lottie si girarono a guardare sorridenti Kayla e il ragazzo biondo seduto con lei.
“Kayla, eccomi”
Lei la salutò con un cenno del capo e sorridendomi. “Ciao Lily”
“Ho portato delle amiche, spero non ti dispiaccia” dissi sedendomi di fronte a lei, seguita dalle ragazze. “Te le presento, loro sono Dalia Kayla, Kayla Dalia” si strinsero la mano sorridendo. “Lei e Carlotta chiamata da me Lottie” mi guardò in cagnesco, ed io le sorrisi divertita. “Lottie lei e Kayla”
“Piacere” si strinsero la mano,e sorrisero.
“Lei invece e Sasha, una mia compagna del corso di Francese” disse Karen, presentando l’amica.
“Piacere Lily” mi presentai. “Loro sono Dalia e Lottie.” Si strinsero la mano.
“Chi ha fame?”
Quattro paia d’occhi si fissarono di scatto su di me. “Non pensa ad altro, tranquille” spiegò Dalia alle altre, scatenando una risata al gruppo.
“Oh, tu hai avuto un muffin”dissi con il broncio guardando il suo vassoio. E altre risate si scatenarono.
“Sei impossibile Lily” mi disse Lottie.
Una ragazza con minigonna, maglietta a V rossa fuoco, una criniera di capelli rossi, e degli occhi verdi, passò davanti al nostro tavolo agitando il culo e mostrando il suo seno. Lei stronza. Lei arrogante. Lei attraente. Lei Caterina Macchioni, desiderata da ogni ragazzo.
“Quella chi è?” intervenne Karen.
“Caterina la ragazza che al posto della patata ha la riproduzione casearia di ricotta e formaggi.”dissi con serietà mentre continuavo a fissarla, scossi la testa per scacciare i pensieri su quella, è tornai a mangiare, ma vidi le mie amiche che si ridevano senza ritegno. Li guardai confusa: “Ragazza che al posto della patata ha la riproduzione casearia di ricotta e formaggi?! Davvero?!” mi chiese Karen.
Risi anch’io “Davvero. Ha un gruppo di amiche e amici e di sicuro” nego con la testa. “Anzi, scommetto tutto quello che vuoi, che si sia passata tutti i suoi amici”. 
Karen sbatté le palpebre. “Spero che mio fratello non se la sia fatta” chiese con quel suo buffo accento.
“Hai un fratello?” “Di che anno è?!” Le domande curiose di Dalia e Lottie.
“Non ci spererei molto” sbuffai rispondendo al pensiero di Karen.
“Non è il tipo, ne sono sicura” continuò.
“Oh. Caterina è il tipo di tutti” confermai, per ricevere un suo sbuffo divertito.
“Ed io ti dico di no”
“Vedremo baby” dissi divertita da quel battibecco.
Mentre gli altri continuavano a mangiare e a chiacchierare, mi accorsi con la coda dell’occhio che qualcuno ci stava osservando. A due tavoli davanti a noi, vidi Marco Ventri circondato da altri cinque ragazzi, tra il quanto e quinto anno. Riconobbi Claudio un suo amico, più alto della media e con capelli tagliati alla militare di uno strano castano multicolore. Poi un paio di ragazze entrambe con i capelli castani e corpo statuario, probabilmente dell’ultimo anno. Un altro ragazzo con capelli biondi scuri e dall’aspetto molto timido. Marco continuava a fissarmi, ogni anno m’invita a uscire insieme, è io ogni anno rifiuto. Tenemmo gli occhi fissi l’un l’altro, fu lui a distogliere lo sguardo per essere stato chiamato da Claudio. Sembravano indaffarati ma Marco continuava a lanciare occhiate nella nostra direzione ed ebbi l’impressione che fossi proprio io il soggetto di quelle occhiate.
“Marco ha una cotta per la nostra irresistibile Lily, ma lei rifiuta” sentii dire da Dalia.
“Come mai rifiuti?!” mi chiese seria Karen.
“Non è il mio tipo” spiegai.
“Nessuno è il tuo tipo se è per questo”
Risi. Era vero. Non mi piaceva mai nessuno, ero una di gusti difficili, è se qualcosa non mi piaceva in lui, non lo illudevo, così rifiutavo. Marco era troppo arrogante, è io gli arroganti non li sopporto. Diedi un morso al panino. Sorrisi. Vidi Karen, con fare pensieroso.
“Bella, a che pensi?” mi domandò Lottie, al mio posto.
“No, niente. Stavo solo pensando a quanto sarà difficile quest’anno”
In quel momento suonò la campana. Prendemmo i nostri vassoi è buttammo tutta la carta ormai vuota nella spazzatura e ci avviamo all’uscita della scuola.
“Che materia avete?” chiesi.
“Matematica” sorrise Karen. “È la mia materia preferita.”
“Io ho Grafico” disse Lottie
“Io ho Spagnolo” sbuffo sonoramente Dalia. Essendo una materia di cui capiva tutto, è niente.
 “Anch’io” disse sorridente Sasha.
“Sei brava?” chiese felice Dalia.
“Ho la media del nove. Ti basta?!” disse divertita Sasha.
“Se mi basta? Mi avanza anche” rispose felice. “Tu Lily?”
Sorrisi soddisfatta, feci un lungo respiro e poi: “Le mie ore sono finite baby. La Chiavacci manca e usciamo un ora prima” facendo la linguaccia guardando mente rosicavano.
“Stronza” borbottò Lottie.
“Lei libera da questo carcere, io rinchiusa per un’altre due dannate ore con quella vecchia zitella è oltretutto barbuta a seguire una miserabile ora di Spagnolo” disse seria Dalia, facendoci scoppiare a ridere.
“Sapete, dove posso trovare la classe di Matematica?” chiese Karen, riprendendosi dalle risate.
“Ti ci accompagno io, tanto è di strada” si offrì Lottie.
“Ti ringrazio. Questa scuola è un labirinto”
“All’inizio è così, poi ti ci abitui.”
Feci mezzo corridoio con Lottie e Karen, ricordando a Lottie che oggi avevamo gli allenamenti di Pallavolo. Dopo averle salii in motorino accesi l’Ipod e mi misi le cuffie e poi partii.

Entrai in casa, poggia lo zaino sulla poltrona, le chiavi del motorino e quelle di casa sul mobiletto all’entrata è tolsi il giubbotto e lo posai nell’appendi abiti. Di mio padre non c'era traccia.
“Papà” lo chiamai
Niente.
“Papà..” insistetti.
Ancora niente.
Un uomo, alto, con i capelli biondo scuro spettinati e i vestiti stropicciati, mi regalò uno splendido sorriso a trentadue denti.
“Bellezza, ben tornata. Com’è andata a scuola?”
“Bene.” gli dissi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Io ho ancora fame, tu hai mangiato?”
Mi sorrise a mo' di scusa. “Beh, io avrei già mangiato, ma non rifiuto mai i tuoi piatti”.
“Vuoi farmi d'aiuto chef?” chiesi divertita
“Perché? Ti sembro il tipo?”
Marco Rinaldi si eresse in tutto il suo metro e novantacinque, mettendo in mostra un fisico invidiabile anche da un palestrato. 
“Che cosa vuoi da mangiare?” chiesi, girandomi.
“Ah, lascio tutto nelle tue mani. Se una la mia cuoca”
“D'accordo e... papà.” lo chiamai mentre si voltava per tornare nello studio. “Vai a farti una doccia e a raderti la barba”.
Si strofinò il mento valutando se era il caso.
"Se non ci fossi io" mi vantai.
La sua risata riempì la casa e mi fece sorridere ancora di più.
Mi schiocco un bacio sulla guancia e, dopo aver chiuso la porta del laboratorio, si diresse al bagno.
Il mio era il padre migliore del mondo. 


Volevo brevemente ringraziare Pozzione Polisucco per avere inserito la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate, è per la sua recensione. Grazieee:)
Vi lascio al quarto Capitolo. Non mi piace molto ma INCROCIAMO LE DITA. 
Vostra Alone è con l'aiuta della sua fedele amica che non vuole essere nominata;) 

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo. ***


“Problema a ore due” mi avvisò Lottie.
Non mi voltai. “Chi?”
“La ragazza più santa delle scuola” con un tono di sarcasmo.
Cazzo. Che minchia voleva Caterina alle 10 di mattina?
Diedi un altro morso alla mia barretta al cioccolato quando sentii i passi di Caterina dietro di me, non mi voltai.
“Come va, Caterina? Sai mi mancavano le nostre chiacchierate. Di cosa vuoi parlare oggi?” dissi sarcastica.
Sentii i suoi occhi fissarmi con odio come se mi camminasse sulla pelle.
Gli allungai la barretta tendendo il braccio all'indietro,a non la prese.
“Che c’è ha paura che ti possano finire nelle maniglie dell’amore? Povero scricciolo” 
Le mie amiche cercavano invano di non ridergli in faccia, ma Dalia la mia Dalia scoppio a ridere, ricevendo un’ occhiataccia dalla befana. Mi girai a guardare Caterina, per vedere se avesse reagito in modo umano.
Vestita con una mini-gonna bianca, se possiamo definirla tale, una maglietta stretta rosa corta, e delle ballerine bianche, camicia di jeans sopra aperta era davvero …. NUDA. Si vedeva ogni ben di dio.
“Non sono una che va dietro alle calorie” sbuffò Caterina. Stava per caso sbuffando? IO DOVEVO SBUFFARE, PERCHE’ LA SUA PRESENZA MI AVEVA GIA’ INFASTIDITA.
“Non sai cosa ti perdi” disse dando un altro morso alla barretta. “Comuunque” prolungai la “u”. “Come mai oggi mi degni della tua favolosa presenza, nelle mie ore libere?”
Sul suo volto calò un'espressione al quanto maliziosa. “Possiamo parlare in privato?”
Annuii. “Come vuoi.” Mi voltai verso i miei amiche. “Ragazze, vi dispiace?”
“Ti aspettiamo tranquilla”  rispose Dalia per tutti.
Caterina e io ci allontanammo dagli altri, raggiungendo i corridoi della scuola, che in quel momento era quasi deserto. Si fermò di colpa, puntandomi un dito addosso.
“Tu” sbottò.
Io cosa fare divertito, guardai dietro di me, per esse cerca che stesse indicando me, è poi mi puntai da sola un dito
“Stai parlando di me?”  
“Kevin e mio, intesi?” sbottò nervosa.
Kevin? Kevin? Chi cazzo è Kevin?
“So che hai molto affetto nei miei confronti, ma ti ricordo che io non conosco tutti in questa misera scuola” esordì.
“Non fare la finta tonta con me Lilian” mi mostrò un sorriso, facendomi spalancare gli occhi per come mi aveva chiamata. Respira è ispira. Respira è ispira. Sta calma Lily. “Kevin, con il ragazzo con cui parlavi ieri in cortile” Ahhhhhh. Quello. “Devi stargli alla larga intesi?
“Nessun problema” dissi tranquilla.
“Cosa vi siete detti?” chiese irritata è curiosa.
“Ehm, non credo siano affari tuoi.”
“Io penso di sì. Non devi avvicinarti a lui, non devi neanche guardarlo.”
“Mio Dio, tranquilla non te lo rubo”  Scossi la testa. “E’ troppo irritante per essere il mio tipo, te lo lascio volentieri”
“Non scherzare con me”  sbraitò. “Tu stagli alla larga è non ti succederà nulla”
Mi portai una mano sul petto con fare drammatico. “Oh my good. Per favore, non picchiarmi, ti giuro che non lo guarderò, penserò, ne sfiorerò, soprattutto quello. Basta che non mi picchi.” Inizia ad asciugarmi le finte lacrime.
“Ti stai divertendo a prendermi in giro, a quanto vedo” disse con una smorfia.
Mi ricomposi, è sorrisi soddisfatta. “A parte, che adoro prenderti in giro, è il mio hobby preferito, ma mettiamo in chiaro una cosa” dissi seria. “A me di Kayl n..”
“Kevin” mi corresse nervosa.
“Quello che è. Non me né può fregare di meno. Chiaro?”
“Meglio per te”
Le lancia un’occhiata, è me né andai.
“Esci?” mi chiese Leon, il mio fratellino di solo 4 anni, vedendo il mio letto sotterrato dai panni.
“Sì scricciolo, perché?” Gli domandai mentre tentavo di rimettere a posto.
“Ti volevo chiedere se potevi accompagnarmi a casa di Jones” Mi disse lui, entrando e posando un braccialetto sulla mia scrivania.
“Ma se non puoi non fa niente” si affrettò a dire.
“Certo” sorrisi, per poi scompigliarli i capelli. “Perché non dovrei?”
“E’ che in questi giorni non hai mai tempo per me” mi guardò triste.
Piccolo scricciolo, era vero in questi giorni ero sempre fuori con le amiche, o avevo gli allenamenti di pallavolo o dovevo studiare.
“Che dici, se oggi andiamo io è te a divertirci?” gli chiesi sorridendogli.
Scattò in piedi, saltellando. Scoppia a ridere divertita. Leon era la mia felicità, insieme a mio padre.
“Davvero?” mi chiese al settimo cielo. Annui divertita. “Mi compri un gelato?” Sorrisi, come potrei dirgli di no, eh?
“Anche due scricciolo” gli accarezzai una guancia. “Ora però corri a prepararti così andiamo”
Non se lo fece dire due volte, che corse in camera sua a prepararsi. Io chiamai le altre per digli che non sarei uscita, cercarono di convincermi, ma quando si tratta di Leon è difficile farmi cambiare programmi. “Me la pagherai, Lily” sbottò divertita è sconfitta Lottie.

Mi persi nel seguire ogni movimento di Leon, cercando di non perderlo di vista, sperando che non si facesse male, come la maggior parte delle volte che lo porto al parco. Stiamo giocando con la palla, e ci stiamo divertendo come non mai.
“Lily prendila” disse tirando un calcio alla palla.
“Certo capitano” cercai di prenderla, ma a quanto pare io è il calcio, eravamo due cose distinte e separate.
“Lily fai pena” scoppiò a ridere mio fratello.
Battei le palpebre, perplessa è divertita. Tornai accanto a lui che continuava a ridere. “Davvero?”
“Sì, sì  è sì”
“A si eh? Bene te ne pentirai tempistello” lo presi di peso è inizia a fargli i solletico.
“ahhahahahahahha basta basta Lily bastaaa” cercando di liberarsi.
“Come sono a calcio?” chiesi per la ventesima volta, smisi di fargli i solletico per ascoltare la risposta.
“Fai pena” rispose per la ventesima volta. E’ divertita ricomincia a fargli il solletico.
“Okokokok stavo scherzando, sei la migliore, la migliore”
Lo misi di nuovo a terra divertita, è gli scompigliai i capelli. “Non ci voleva mica tanto a dirlo eh?”
“Certo” disse. “Ma dovrai imparare a giocare a calcio sorellona”
“Se vuoi posso giocare io con te, sempre se a tua sorella va bene” disse una voce alle mie spalle. Quella voce. Aghr. Cosa voleva adesso quello? Mi girai, ed eccolo lì, jean scuri, una maglietta a maniche corte verde e delle nike bianche, è quel suo solito sorriso stampato sul volto. ARGH. Quanto vorrei levarglielo.
“Che vuoi?” chiesi dura.
Grugnì. “Brutta giornata?”
“Era bellissima fino a due minuti fa” dissi sorridendo.
Sentii una piccola risatina uscire dalle sue labbra, mentre gli occhi azzurri brillavano divertiti e inteneriti nell’osservarmi. Si passò una mano nei capelli neri, ottenendo un effetto scompaginato che sembrava essere stato creato ad arte da un parrucchiere professionista.
“E’ sempre bello chiacchierare con te Kinder Buen” disse divertito, avendo come risposta una mia occhiataccia. “ Allora ometto, io sono Kevin piacere” gli tese la mano.
“Piacere Leon” la strinse.
“Leon che dici lasciamo le donne in panchine è noi ci facciamo una giocatina a calcio?” disse con lo stesso sorriso, rivolto a mio fratello.
“Lily posso?” mi chiese Leon saltellando. Ci mancava questa.
“Ma non dovevamo andare a prendere il gelato noi due?” chiesi sperando che mio fratello mi assecondasse.
“Dai fa la brava sorella, lascia che tuo fratello faccia 4 tiri con il campione di calcio” si intromise come solito lui.
“Io sono il campione di calcio” disse strizzato mio fratello.
“Potrò dirlo solo se giocherai contro di me ometto” gli disse.
Mai mettersi contro mio fratello, una caratterista che aveva preso da me. LO ADORO.
“Dai Leon, fa vedere come sai giocare” gli dissi precedendolo. Mi rivolse un sorriso è mi abbracciò. “Grazie”
“Poi andiamo a prendere i gelato eh?”
“Certo, prima devo umiliare Kevin”
Quest’ultimo fece una piccola risatina e poi iniziarono a giocare, mi sedetti su una panchina è lì osservai. Leon. Lui era il mio tutto. Era il mio piccolo fratellino, se solo una persona le dava noia ero la prima a difenderlo, non perché era mio fratello, io difendo ogni bambino sulla faccia della terra, ma lui ha avuto un infanzia difficile. Non conosce nostra madre, quando lei se né andata di casa, lui non aveva nemmeno 4 settimane, io sarei come una madre per lui, anche se alcune volte, è così triste, così malinconico. Altre volte torna dall’asilo tutto arrabbiato, per colpa di alcuni bambini che lo prendono in giro dicendogli “Tua mamma è scappata perché non ti sopportava”
“Tua madre non gliene fregava nulla di te, tanto da lasciarti”. Certi bambini sono così stupidi. Vederlo giocare con Kevin, ridendo è scherzando, mi rende felice, non è un bambino molto socievole, ma proprio Kevin deve essere riuscito a conquistarlo. Lì vedo avvicinarsi, Kevin con le mani delle tasche, è Leon che corre verso di me.
“Ho vintooooooooooo” urlò contento, abbracciandomi.
LEON SEI IL MIO MITO.
“Bravo il mio scricciolo”
“Sei un campione Leon, davvero. Tuo fratello è un fenomeno” disse Kevin.
“Chissà da chi ha preso” dissi ovvia, modestamente. Il gioco con la palla, anche se erano sport diversi, sempre di palloni si trattava.
“Tuo padre? Tuo padre gioca a calcio?” mi chiese divertito.
“Antipatico”
“Acida”
“Ehiiiiii” ci interruppe Leon muovendo le braccia per farsi notare. “La smettete di litigare?”
“MAI” rispondemmo insieme.
“Uffa.” Sbuffò Leon, alzando gli occhi al cielo. “Allora andiamo a prendere il gelato?” Annui, prendendolo per la mano. “Vuoi venire anche tu Kevin?”
NO. LEON A CASA NE BUSCHI.
“Certo” è te pareva, che non accettasse, ogni cosa è buona per rompermi le scatole. “Avete mai assaggiato un milk-shake?” propose.
“No mai” disse Leon.
“Bene, assaggerete il più buono milk-shake della regione”
Annuendo, lo seguimmo facendo slalom tra le persone sedute ai tavolini intorno alla piazza e ci fermammo davanti alla vetrina della gelateria per scegliere il gusto per il frappé.
“Quale volete?”  chiese Kevin, mentre si avventurava dalle parti dei gusti a frutta.
Scrutai la vetrina, indecisa tra cioccolato bianco e nocciola.
“Yogurt, posso Lily?”
“Certo che puoi” presi la borsa alla ricerca del portafoglio, lo presi è portai fuori delle banconote.
“Non ci pensare nemmeno, pago io” disse Kevin.
“Cosa? Non voglio avere piaceri da ricambiare ok?”
“Dai non fare l’antipatica, solo per una volta, vi pago solo un frappé solo quello”
“Ok. Grazie”
“Visto che quando vuoi riesci a essere gentile”
“Non farmi cambiare idea” risposi innervosita.  
Kevin pagò i frappé, Leon prese yogurt, è come per casualità prendemmo lo stesso gusto cioccolato bianco è nocciola, dopo aver pagato ritornammo al nostro punto di partenza, miracolosamente ancora libero a dispetto di tutto quel via vai di gente.


Heilààà, bella gente :D
Come va? Piaciuto il capitolo? A me non tanto, anche se abbiamo Cercato di fare del nostro meglio;)
Prima di tutto vorrei ringraziare le persone che hanno recensito
Il capitolo precedente *-*
E soprattutto un GRAZIE enorme a coloro che hanno aggiunto la storia nelle
Preferite/seguite e ricordate. E' A QUANTO A POTUTO NOTARE, SONO IN TANTI. 
MI REDETE GIORNO DOPO GIORNO SEMPRE PIU’ FELICE.

Parlando di questo capitolo abbiamo visto il carissimo Kevin
prendere in giro la nostra Lily, e vi dico solo che la questione fra i due è appena iniziata :P
Ci sentiamo al prossimo capitolo, al quanto ho capito, il prossimo capitolo toccherà scrverlo alla mia compagna #menteperversaon, che mi ha accettato che tornerà la nostra ASh è succederà qualcosinaa .. 

By la vostra Alone è la vostra #menteperversaon. 
XD ♥ ♥

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo. ***


Tornati al parco, Leon trovò dei suoi compagni d’asilo, è dopo avermi assillato di andare a giocare con loro, rimasi sola, seduta su una panchina a godermi il mio frappé al cioccolato bianco è nocciola, con la presenza di quell’antipatico di Kevin. Che se ne stava tranquillo seduto, che seguiva – come me- con lo sguardo tutti i movimenti di Leon. Io continui a bere il mio frappé, innervosita dalla sua presenza.
“Facciamo un giro?”  propose.
“No”
“Facciamo un giro?” domandò nuovamente.
“No”
“Facciamo un giro?” domandò di nuovo.
“Sei sordo o cosa? Ho detto no, falla finita” sbottai.
“Quanto sei antipatica” sbuffo per poi continuare a bere il suo frappé.
“Nessuno ti ha chiesto di rimanere qui” risposi
“Sai di solito, dovresti essere gentile con le persone che ti offrono un frappé”
“Nessuno te lo ha imposto” lo guardai truce.
Si girò verso di me, incrociando i suoi occhi azzurri contro i miei occhi verdi. Mi girai di scatto verso la figura di Leon. Che strana sensazione.
“Ehm .. come conoscevi quella gelateria?” chiesi per cambiare argomento.
“Ogni volta che mio padre tornava da lavoro, mi portava sempre in quella gelateria, è mi comprava sempre il frappé con i miei gusti preferiti.”
Mi voltai a guardare la sua espressione triste e persa nei ricordi.Lo vidi deglutire, come se le parole gli si fossero incastrate in gola.
“Sai, dopo la sua morte, quella gelateria è l’unico posto che mi ricorda lui”
Perché questo discorso? Perché sta parlando con me di queste cose? Perché mi sta dicendo quelle cose personali a me?
Lui si voltò a guardarmi, gli occhi illuminati di sorpresa. “Scusa, sto parlando troppo”
“Scusa tu, non dovevo farti quella domanda”
Abbozzò un sorriso, è tornò a guardare Leon.
Ora che ci facevo caso mi resi conto di altre cose in Kevin che non avevo notato, le poche volte che lo avevo visto e che a primo sguardo avevo classificato sotto la voce “stronzo-ma-carino”.
“Lilian tutto bene?”
La voce di Kevin mi fece sobbalzare, talmente ero concentrata sui miei pensieri. Mi voltai a guardare la sua faccia distorta da righe di preoccupazione.
“Lily” con tono duro.
“Perché” chiese tranquillo.
Perché? Perché cosa? Non risposi, le rivolsi un’occhiata interrogativa, abbozzò come solito un sorriso borbottando
“Perché non vuoi che ti chiami Lilian?”
ECCO.
“Non mi piace” fini lì. Non volevo raccontare la mia storia a nessuno, è di certo no a lui.
“Certo è ci devo credere” disse con una smorfia.
“Fa quello che vuoi, non m’importa”
“Se continui a fare l’antipatica, non troverai  mai un ragazzo”
“Chi ti ha detto che non l’ho già?” chiesi divertita da quella situazione. Che ragazzo impiccione.
“C’è l’hai?”
Mi girai a guardarlo, inarcando un sopracciglio. Sperando che stesse scherzando. Allora fa sul serio, mi sorpresi, osservando la sua espressione.Una sonora risata mi nacque dal profondo del petto e non riuscii a trattenerla, arrivando persino a lacrimare.
“Perché ridi?”
“Sei tu che mi fai ridere, con quell’espressione così seria” Tirai un respiro profondo, cercando di calmarmi.  “Io non ho un ragazzo è a te non deve importare” dichiarai.
“Perché mai?”
“Sei un impiccione ecco cosa sei” dichiarai nuovamente.
“Parla quella scontrosa” disse tranquillo. “E’ mai possibile che ogni volta che parliamo dobbiamo insultarci?” chiese subito, divertito.
Sorrisi divertita. Era vero, ogni volta ci insultavamo, ma era stranamente divertente insultarlo.
Mi alzai di scatto, facendo trasalire Kevin, e gettai il milk-shake nella pattumiera.
Mi risedetti, spostai i capelli che erano riusciti a invadere il mio viso, per via del vento, e lì spinsi dietro, è tornai a sedermi poco accanto a Kevin.
“Lily Lily Lily Lily Lily” mi sentii chiamare da Leon.
“Ehi scricciolo che succede” chiesi preoccupato, è inizia a scrutarlo per vedere se andava tutto bene.
“Andiamo a casa?” chiese, stropicciandosi l’occhio destro. Guardai l’orologio segnavano le 18.40. Cavolo, alle 19.20 sarebbe tornato nostro padre a casa, è io dovevo ancora preparare la cena.
“Certo andiamo” dissi alzandomi, è prendendo la borsa.
“Beh è stato un piacere giocare con te ometto” disse Kevin abbassandosi all’altezza di Leon, scompigliandogli i capelli, per poi tornare alla sua altezza è girarsi verso di me.
“Beh allora Kinder Buen, ci vediamo a scuola” disse con le mani nelle tasche dei jeans.
“Spero di no”  dissi sorridendo.
Sorrise divertito della mia risposta, lo salutammo, presi Leon per mano, è ci dirigemmo verso casa.

Salimmo le scale della veranda, guardando Leon giocherellando con chiavi e facendole tintinnare. Entrammo in casa, tolsi il giubbotto a Leon è lo depositai nell’armadio a posta insieme al mio.
“Ragazzi’
“Si, papà?” risposi atona.
“Tesoro, ti spiacerebbe avvertire quando uscire?” chiese duro, è preoccupato.
“Scusa, pensavamo che arrivavi più tardi”
Sbuffo, togliendosi il peso della preoccupazione. “Dove siete andati?”
“Lily mi ha portato al parco, e poi è arrivato anche Kevin” disse saltellando di qua è di là, il piccolo scricciolo.
“Chi è Kevin?” domandò curioso mio padre.
“E’ simpaticissimo, si è offerto di giocare contro di me a calcio, perché tua figlia è una vera schiappa”
Vedi che scricciolo che ho in casa, ma chi gliele insegna queste parole. Ah l’asilo, non è più come una volta.
“Simpaticissimo, lo dici tu Leon” sbuffando è alzando gli occhi.
“Sei solo invidiosa, che lui sa giocare a calcio é tu no” incrociando le braccia fiero.
“Ragazzi” ci richiamo nostro padre.
“Si?” chiesi con un sorriso raggiante – il più falso che non esista-
“Volevo solo sapere, chi era Kevin, non un debutto” scherzò.
“Si allena nella palestra dopo i miei allenamenti, è poi ho scoperto ieri che viene anche nella mia scuola”
“Ecco vedi, non ci voleva tanto” mi sorrise.
“Papinooooo” urlò Leon
“Sono qui, non c’è bisogno di urlare”
“Scusa” abbassando la testa.
“Dai tempistello, che volevi dirmi”
“Lo sai che ci ha comprato il frappé più buono del quartiere?? Un giorno andiamo tutti è tre insieme, vero?” aggrappandosi al suo braccio è saltellando.
“Certo, quando vuoi piccolo”
Leon corse in camera sua, io mi diressi in cucina, seguita da mio padre. Strano che non parlasse, era un tipo chiacchierone, era sempre il suo solito prendermi in giro per ogni cosa. Oggi era particolarmente silenziose, è avevo già due opzioni in mente: o non era andato bene con il lavoro, o doveva dirmi qualcosa è non trovava le parole.
Iniziai a camminare per la cucina, aprendo ogni credenza, per vedere cosa ci fosse in casa per la cena.
“Papà, perché non mi dici quello che mi divi dire?” sbottai, sbattendo la credenza, innervosita dal silenzio di mio padre.
“Questa sera avremo ospiti a casa”
“Ah. Nuovi colleghi di lavoro?” chiesi curiosa.
“I nonni”
“Dopo tanto tempo si sono decisi a venirci a trovare”
Mi diressi euforica, in salotto, a prendere la giacca, dovevo fare la spesa nonna Carmela è nonno Stefano si meritavano i migliori piatti che sapevo fare.
“Non loro”
E’? Che voleva dire “non loro”?
“Cosa stai borbottando Papà?” Prendendo la sciarpa.
“Vengono i genitori di tua madre”
Feci un risolino nervoso. Mia madre. C’è né avessi una.
“Da quando sapevi che venivano?” chiesi innervosita.
“Da una settimana” borbottò.
Altro risolino nervoso “Bene io vado a mangiare a casa di Dalia stasera” mi misi la sciarpa, è mi diressi alla porta.
“Lilian”
Per un attimo i suoi occhi indugiarono sui miei, carichi di tristezza. Per qualche inspiegabile motivo, forse sotto il suo sguardo indagatore, sofferente e malinconico allo stesso tempo, fui pervasa dalla nausea.
Sentendo la rabbia montare, rimansi lì, con i pugni stretti e senza voltarmi sibilai: “Non chiamarmi Lilian”
“Lily, per favore, rimani, non lasciami solo in questa situazione, ho bisogno del sostegno di qualcuno, Leon lì adora, è ancora piccolo non capisce, ma tu” si avvicino a me “tu sei la mia piccola Lily cresciuta, devi aiutarmi, io non saprei comportarmi, cercheranno in tutti i modi di mettermi in difficoltà è tu sei l’unica che riesce a tenergli testa” appoggiò le mani sulle mie spalle fissandomi, feci un sorriso, senza farmi vedere.
Ero l’unica della famiglia che riuscivo a risponde loro a tono, sentendo quelle parole da mio padre, mi tolsi le sua mani dalle spalle, è mi diressi definitivamente alla porta. Mio padre abbassò la testa, sconfitto. Avrebbe dovuto passare la serata peggiore della sua vita, con i suo ex suoceri – se si possono definire tali-
“Bene” rispose annuendo impercettibilmente. Aprì la bocca per parlare, ma da essa non vi uscì alcun suono. La richiuse, fissando le piastrelle del pavimento del salotto.
“Divertiti a creare una tavola elegante”
“Cosa?” chiese mio padre, riprendendosi dal pensiero che l’avrei lasciato solo.
“Vado a fare la spesa, prepara la tavola”
Non sarei riuscita a lasciare mio padre da solo con i due diavoli in persona. Senti un sospiro di sollievo in sua risposta è: “Subito Chef”

Scoppiai a ridere, corsi ad abbracciarlo, gli diedi un bacio sulla guancia è uscii di casa a fare la spesa. Sarà una serata interessante.




Ciaooooooooooooooooo a tutti è grazie per aver dedicato un po' di tempo a questa storia. Spero che vi farete qualche risate con i personaggi e le bizzarre vincende di questa storia. Grazie ancora per avere letto e se avete domande o commenti, sono tutti ben accettati! 

By la vostra Alone è la vostra #menteperversaon.  

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo. ***


“Papà è loro che ci fanno qui?” chiedo sconvolta. Che diavolo ci faceva tutta la famiglia di mia madre a casa nostra? Che diavolo volevano da noi?
“Credo di aver fatto male i conti” mi sorrise colpevole.
Agr. Dopo faremo i conti.

“Lilian, cara” mi salutò, mia zia Amabel – che mi odiava a morte insieme a tutta la sua famiglia- , seguita da suo marito Victor – fratello di mia madre- è i miei cugini Allegra e Daniel, lei di diciannove anni e l’altro di ventisette.
“Lily ” ripetei per la venticinquesima volta. Eppure non è difficile da ricordare.
“Oh, lasciate in pace la mia Lily” fece mia salvatrice, nonché l’unica parente alla quale ero davvero affezionata dalla parte di mia madre. Lei, mia zia Candis, gemella di mia madre, era come una madre per me, c’era sempre nel momento del bisogno, l’unica a cui mio padre chiedeva aiuto per crescere due figli.
“Ciao zietta” la salutai anch’io, abbracciandolo più forte che potei. Erano tre mesi con la vedevo, per via del suo lavoro.
“Come sei cresciuta!” segui mia zia Doris, sorella di mia madre, con suo marito Gerrard e le sue figlie Jolanda e Jenna, la prima di diciannove anni e la seconda di venti. – altra famiglia che fanno parte del club contro la famiglia Rinaldi -
“Ehi dolcezza” mi chiamò quella voce. Un sorriso spuntò sulle mie labbra. Lui. Mio cugino, il mio migliore amico, figlio di zia Candis.
“Oh my good!” mi misi le mani sulla bocca con fare teatrale, per poi indicarlo con l’indice con fare minaccioso. “Tu ..tu ..tu ..tu”
“Si sono io Lily” disse divertito.
“Tu..tu non sei una visione, sei reale” sorriso “ma se non vieni ad abbracciarmi nel l’arco di tre secondi sarai davvero una visione”
Nemmeno iniziai a contare che mi abbracciò, solleva sollevandomi da terra.
“Clark mettimi giù” dissi ridendo, è così fece.
“Allora piccola Lily come va?” mi chiese curioso, per poi ricevere da me un cazzotto sulla spalla.
“Sei riuscito a trovare del tempo per la sua cuginetta. Che onore.” dissi sarcastica.
“Dai scusa” mi fece il labbruccio, sapendo che lo avrei perdonato subito con quel viso.
“Sai che diventi sempre più brutto?”dissi divertita pur sapevo la sua reazione. Se lui era brutto io facevo proprio schifo. Era biondo, occhi verdi chiari, ma alcune volte era marroni chiari, alto, ben piazzato, desiderato da tutte le ragazze. Ehh..peccato che era mio cugino, un pensierino c’è lo avrei fatto.
“Brutto eh? Lei mia spasimanti mi dicono altro” rispose malizioso.
“Quando decidi di mettere la testa a posto e di trovarti una ragazza??” chiesi curiosa.
“Quando conoscerò una ragazza che mi ami per quello che sono non per quello che vede” rispose tristemente.
Giusto. Era ancora deluso dalla sua prima relazione con una certa Silvia. Stavano insieme da un anno è lei lo lasciò dicendogli “Se fai più palestra forse, quando mi sarò stufata di Salvador potrei tornare da te”. Per precisare faceva parte del gruppo di Cristina LA RAGAZZA CHE AL POSTO DELLA PATATA HA LA RIPRODUZIONE CASEARIA DI RICOTTA E FORMAGGI.
“Io vado a salutare zio Marco” così anche Clark andò verso il salone.
“Ehi bionda finta” fece, la mia cara cugina Andreea di quattordici anni. Ed era già una troia.
“Bionda finta sarai tu, Andreea” sapendo che odiava essere chiamata con il suo nome intero.
“Acida come sempre eh Lilian?” fanculo troia.
“Riservo questo amato atteggiamento solo con le troie” risposi con un sorriso sornione.
Sta per ribattere quando: “Sempre più volgare è Lilian?” Lei. Madre di mia madre. Diavolo in persona. E che la guerra abbia inizio.
“Oh guarda guarda chi ci degna della sua presenza” dissi con tanta acidità che tutti quelli presenti si girarono verso di me mentre mio padre, mia zia Candis e mio cugino Clark nascondevano un risolino. “Buonasera, come mai ci degnate della vostra presenza?”
“Ahh Lilian..se almeno saresti venuta a passare le tue giornate a casa nostra ti avremmo insegnato un po’ di educazione.” sbottò sorridendo.
“Sarei diventata solo una troia come lei tue cari nipotine” dissi facendo un sorriso sornione, per poi avvicinarmi alla porta di cucina con gli occhi puntati su di me.
“E dopo aver accolto con emozione  i miei cari nonni che come vedete sono sempre stati presenti nella mia vita sfortunatamente, se vogliate seguirmi in sala da pranzo nè sarei felice, prima si inizia è prima se né andranno”
Mi volta cercando Leon ma lo vidi già in mezzo alla nonna e il nonno che lo coccolavano, staranno cercando sicuramente di farlo andare a vivere con loro.
Mentre erano tutti a tavolo, mi precipitai in cucina a prendere le pietanze, appoggia le mani sul bancone è feci un respiro profondo. Sapendo già cosa sarebbe successo appena mi sarei seduta.
“Ehi dolcezza” mi girai è trovai Clark seduto sullo sgabello che cercava di fare il giocoliere con tue mele. Mi ricomposi è sorrisi.
“Che ci fai qui Clark?” mi sorrise è poso le mele nel cestino.
“Andrà tutto bene, tranquilla, è poi ci sono io con te. Il tuo cugino preferito”
“Ovvio, sei l’unico cugino che non mi odia” dissi divertita.
“Io intendevo per il fatto che fossi figo, guarda Daniel ventisette anni è non ha mai baciato una ragazza decente” scoppiò a ridere, seguito da me.
“Come si chiamava quella ha ci ha fatto conoscere a Natale?” cercando di ricordare.
“Lea” risposi alla sua domanda.
“Quanti anni aveva 30?” chiese inorridito.
“Ne aveva ventidue scemo”
“Stai scherzando? Era un orrore! Blech, basta non parliamo di lei che vorrei mangiare le tue buonissime pietanze”
Arrivati in sala pranzo, Clark andò a sedersi vicino a zia Candis è io accanto a mio padre.
“Allora Lily come va la scuola?” mi chiese mia nonna. Stava sicuramente cercando di mettere in difficoltà me è mio padre.
“Benissimo” risposi, è continuai a mangiare.
“Che scuola fa? Che non ricordo?”
“Linguistico-Artistico quarto anno” tutte le volte mi chiedeva la stessa cosa. Che palle.
“Avresti dovuto fare il classico come le tue cugine, almeno avresti fatto qualcosa di importante dopo la scuola” disse cercando di provocarmi.
“Almeno mio padre, fa scegliere a me ciò che voglio dalla vita” facendo sorridere mio padre.
“Infatti, diventerai un nullafacente come tuo padre”
Ah no. No. No. No. Puoi prendere me di mira, ma non mio padre.
“Senti è già tanto che sei in casa nostra, sotto il nostro tetto, nella nostra sala da pranzo, è stai mangiando ciò che mio padre compra con i soldi che guadagna con i suoi lavori, abbi la decenza di mangiare è stare zitta. Grazie”
“Sempre più maleducata” sbuffò.
“Sta zitta”
“Senti ragazzina hai diciassette anni abbassa i toni”
“E casa mia è faccio quello che voglio”
“Ecco l’educazione che hai dato a tuo figlia, Marco”
Mio padre, troppo buono che è, abbassò la testa, è continuò a mangiare.
“Senti faresti il favore di mangiare, bere, è andartene subito? Ne ho abbastanza di te.”
Mia nonna mi fissò, poi stette zitta, è continuò a mangiare.  Ohhh c’è l’ho fatta. L’ho chetata.
“Fai qualche sport, Lily?” Mi chiese mio zio Victor.
“Faccio pallavolo, da quando avevo otto anni ..con le mie amiche”
“Maleducate come te immagino” eccola che torna alla carica.
Sbuffai è alzai gli occhi al cielo: “Tu zitta più di 5 minuti no eh?”
“Lily, sapevi che le tue cugine sono tutte fidanzate?” mi domandò cambiando argomento sorridendo.
“Mi fa piacere” risposi, per poi continuare a mangiare.
“E tu Lily, sei fidanzata?” s’intromise Andreea.
“Io ..”
“Si è fidanzata” rispose Clark sorridendomi.
“Davvero?E come si chiama?” chiese curiosa mia zia Amabel.
E ora che m’invento??????????????
“Kevin” rispose Leon.
KEVIN??? Oh mio dio. Mio fratello si è innamorato di quel cretino.
“Lily? Si chiama Kevin?” chiese mia nonna. Ecco che inizia con l’interrogatorio.
“Si”
“Quanti anni ha?”
Bho. “18”
“Che scuola fa?”
“Linguistico”
“Com’è?” s’intromise Jenna.
“Bello” rimasi sul vago.
“Bello? Sorellina non fare la modesta, è bellissimo, se fossi una ragazza ci avrei già fatto un pensierino!”
Ma..ma sentilo. Oh ma che situazione mi sono cacciata. Ammazzatemi.
“Tu Leon lo conosci?”gli chiese mia nonna.
“Si, Lily è Kevin mi avevano portato al parco, stavamo giocando a calcio, ma lei è una schiappa così Kevin ha giocato con me tutto il pomeriggio è poi ci ha offerto un milk-shake, poi io ho incontrato i miei amici è loro sono stati sulla panchina a fare gli amorosi. Sono davvero belli insieme, è poi si amano tanto.” 
Mio fratello si sta mettendo contro i nonni? Il mondo cambia è mio fratello cresce. Devo ricordarmi di contruire una statua per Leon.
“Che ragazzo gentile”
MIA NONNA HA FATTO UN COMPLIMENTO SUL MIO FINTO RAGAZZO? OH MERDA, DEVO SPOSARLO SICURAMENTE.
“Ma io sono curioso Lily, voglio conoscere il ragazzo che ha rubato il cuore alla mia nipotina?” se né uscì fuori mio zio Victor.
Da quando gliene importava di me? O.O
“L’avevamo invitato, ma non ha potuta perché aveva una cena con la sua famiglia molto importate” rispose mio fratello.
Ma guarda, guarda quante fesserie sta dicendo. Da ora in poi sarà difficile credere a tutto ciò che dice.
“Da quanto state insieme?” chiese mio padre, guardandomi male. Ma che dico .. malissimo.
“Stanno insieme da cinque mesi” rispose Leon.
Ahh fratellino caro ..divertiti finché puoi.
“Cos’è Marco, Lilian non te l’ha fatto conoscere?” s’intromise mia nonna.
“No” rispose, fissandomi ancora.
“Posso capirla, si vergogna di presentare un padre come te”
COSA? RIPETI NON HO CAPITO?
“Cosa? Non gliel’ho presentato solo perché stiamo insieme da poco, non vorrei illudermi o illuderlo.”
Mio padre continuava a guardarmi con sguardo truce, mia nonna s’intromise in una conversazione con lei sue figlie è io tranquillizzai mio padre con un occhiolino è un sorriso.

“Ah Lilian, un giorno di questi voglio conoscere il tuo ragazzo che sia chiaro” ecco come mi salutò mia nonna prima andare via.

“Bene andiamo a letto o rimettiamo a posto?” mi chiese mio padre quando finalmente la casa si era svuotata.
“Io domani torno direttamente la sera ho gli allenamenti” dissi.
“Bene allora metto io domani, domani giornata libera .. Evvai” disse mio padre sorridendo.
“Ok. Io vado a letto. Notte” gli diedi un bacio sulla guancia, per poi avviarmi per prendere Leon addormentato sul divano per portarlo in camera.
“Voglio prima conoscere io questo Kevin” urlò dal salone, facendomi sorridere.

Ero a scuola, quella mattina ero uscita di casa tranquilla, dovevo accompagnare Leon a scuola aveva lezione dieci minuti più tardi di me, così mio padre si offrì volontario per accompagnarla lui, visto che sarebbe andato a lavoro dopo pranzo. Lo chiamarono all’ultimo momento per il libro. Quindi casa mia sarebbe stata un macello, fino a tarda sera. Ero arrivata da sola quindi, col mio bel motorino, presi il mio zaino, è come avevamo deciso con Ash, ci incontrammo nel luogo stabilito. Entrai quindi per la prima volta, nella caffetteria del liceo, in cui regnava un vero caos, dove gli studenti parlavano ad alta voce, si scambiavano appunti e dove le ragazze si davano da fare per attirare l’attenzione dei ragazzi più carini, passandosi il lucidalabbra sulle loro insignificanti bocche da galline. Scossi la testa, con disapprovazione e poi decisi di concentrarmi su cosa ordinare. Perdere le staffe in un luogo pubblico poteva essere pericoloso, avrebbero potuto farmi internare.
“Ehi Lily” mi abbracciò Ash.
“Ehi Ash, quanto entusiasmo” commentai ironica.
“E che ho fame, se non saresti arrivata avrei ordinato è me ne sarei fregata di te” sbottò divertita, facendomi ridere.
“Ciao, posso aiutarvi?” chiese, con un’apatia sconvolgente, un ragazzo, dai capelli color rossi e un ridicolo grembiule addosso.
“Dunque, una brioche integrale con marmellata di ciliegie e un caffè, grazie.” ordinò Ash sorridente.
Il ragazzo segnò la sua ordinazione sul computer per poi rivolgere il suo sguardo a me.
“Una brioche super calorica e una caffè grazie”
“No” sbottò Ash. “Lily, non puoi mangiare queste schifezze lo sai che Davide non vuole”
“Chi se né frega, corpo mio, soldi miei” risposi per poi far segno al cameriere di poter andare con le ordinazioni.
“Ah Lily, dimmi una cosa” la guardi per incitarla a continuare. “Se diventi grassa poi ..”
“Avrete una palla in più con cui giocare a pallavolo”
Quella voce. Agr. Non mi girai, alzai gli occhi a cielo è sbuffai.
“Che vuoi Jevin?” sapendo che non si chiamava così.
“Kevin” mi corresse.
“Si va bene. Che vuoi?”
“Fare colazione, tutti i tavoli sono occupati, così il cameriere mi ha detto che devo sedermi qui”
“Ma noi vogliamo la privacy” dissi.
“Fate finta che io non ci sia.”per poi poggiare il suo piattino con una brioche al cioccolato è il milk-shake. Stronzo, l’ha fatto apposta. Iniziai a fissare il suo milk-shake, è lui che continuava a fissarmi divertito. Stronzo di nuovo.
“Ehi Lily ci sei? Mi senti” mi richiamò Ash.
“Si scusa dimmi” le sorrisi.
“Ecco a voi signorine” il cameriere ci pose il vassoio mi sorrise malizioso è se né andò.
Sbuffai, seguita da un risolino di Kevine è Ash.
Mi avventai sulla mia brioche super calorica.
“Lily, hai visto?” mi chiese Ash.
“Cosa?” domandai, pulendomi i lati della bocca, sporchi di cioccolato.
“Ti ha sorriso” rispose, ovvia.
“Come tutti d’altronde” sorrisi sornione.
“Daii Lily, cavolo ha tantissimi ragazzi dietro te ne dovrà piacere uno no?!”
“Quando mi piacerà qualcuno te lo dirò, contenta?” sorrisi, per poi continuare a mangiare la mia brioche.
“Tu avresti tanti ragazzi dietro?” chiese divertito, lui. Kevin.
“Non avevi detto, che sarebbe stato come se tu non ci fossi? Continua a mangiare è a stare zitto. Impiccione”
Rise divertito: “Ma se mangi coma un bufalo. Non ho mai visto mangiare una ragazza così tanto in vita mia”
“A me non importa quello che pensi. Io ho fame, io mangio” lo zittii.
“Ma lui sarebbe?” chiese Ash, giusto lei non lo conosce, che fortuna.
“Vuoi proprio conoscerlo? Io né farei a meno, ma se proprio devo. Ashley lui è Kevin, Kevin lei è Ashley.” Li presentai, è si strinsero la mano.
“Piacere” risposero all’unisco.
“Insomma, mi dici perché mi hai fatta venire qui oggi?” chiesi.
“Volevo sapere com’è andata ieri?” chiese curiosa.
“Come sempre, una noia mortale”
“Povera stella.” Disse sarcastica Ash.
“Ma poi mi sono divertita, i miei come chiamarli .. ehhh”
“Parenti Lily, parenti” disse Ash.
“Si quelli … mi mettevano sempre in difficoltà, ma Clark e Leon mi salvavano. Anche se devo ancora fare un discorsino con mio fratelo”
“Che ha combinato quell’amore di bambino” con occchi illuminati
“Ash per favore, ha 4 anni” dissi disgustata.
“Ehi per chi mi ha presa? Per una pidofila?”
Risi di gusto, per poi continuare a bere il mio caffè.
“Che ha fatto Leon? E’ chi è Clark? Il tuo ragazzo?” chiese Ash curiosa.
“Non avevi detto di non avere il ragazzo?” s’intromise Kevin.
“Non avevi detto che ti saresti fatti i fatti tuoi? ” Sbuffai, per poi rivolgermi ad Ash. “mia nonna ha iniziato a mettere in mezzo il mio argomento tabu”
“I ragazzi” sottileneò Ash.
“Si. E’ quindi Clark ha messo in mezzo che anch’io ero fidanzata, è per intenderci lui è il mio cugino figo, è quindi hanno iniziato a farmi domande di tutte le specie” sospirai. “ “quanti anni ha?” “com’è? Bello?” “simpatico” “come si chiama” io non sapevo che inventarmi stavo per dire un nome a caso quando mio fratello risponde ..”
Tanto dovevo parlarci lo stesso con Kevin tanto vale, parlarci ora. O la va, o la spacca.
“Risponde?” chiedono curiosi Ash è Kevin, mentre beveva il suo milk-shake. 
“Kevin” rispondo per poi alzami, per andare a pagare.
“Kevin? Chi?” rispose ingenua Ash.
Guardai Kevin, che era rimasto paralizzato con il suo milk-shake in mano, che mi fissava divertito. E io che pensavo che se la sarebbe presa a mele. Guardai Ash è poi rivolsi uno sguardo a Kevin.
“Lui? Oh mio dio.” Scoppiò a ridere.
“Io vado a pagare” ma Kevin mi fermò per un polso è mi fece tornare a sedere.
“Ehi ehi frena, fidanzatina, dove scappi? Dobbiamo mettere le cose in chiaro”
“Quali cose in chiaro?” domandi
“Di la verità, è stato davvero tuo fratello a mettermi in mezzo o no”
Scoppiai a ridere: “Secondo te, avrei fatto il tuo nome? Avrei potuto fare molti nomi dei ragazzi che mi vengono dietro di certo no di uno che è un impiccione”
“Marco” se né uscì Ash.
“Marco?” chiese Kevin fissandola, stringendomi ancora il polso.
“E’ uno  che va dietro a Lily da ben 4 anni, potresti dargli una possibilità, no?”
“Cosa? Non ci penso nemmeno, preferisco dire ai miei parenti che è morto mentre cercavo di parcheggiare il mio motorino” sbottai illuminata.
“Ma che morte mi fai fai, stronza?!” sbottò Kevin. “Marco conosce Leon?”
“No” risposi.
“Quindi tocca farlo a me il fidanzato” disse infastidito.
“Ehi quella infastidita dovrei essere io. Non è che ami molto la tua presenza”
“Neanche a me. Ma tuo fratello mi stima è non vorrei deluderlo.”rispose Kevin.
“Bene. Però tu prima chiarisci con quella Cristina!”
“Cristina? Chi è?”
“La tua ragazza.”
“Io non ho la ragazza” rispose.
“Come? Ma se ieri mi ha minacciata che se mi sarei avvicinata di nuovo a te me né avrebbe fatte passare di tutti i colori?”
“Ah Cristina quella che l’ha da a tutti?”
“Si quella che al posto della patata ha la riproduzione di ricotta è formaggi”
Ash è Kevin scoppiarono a ridere, è mi aggiunsi anch’io.
“Quella sta solo cercando di portarmi a letto da ben 4 anni, credendomi il suo ragazzo” sbuffo.
“Piccolo lui, è fidanzato senza sapere nulla” scherzò Ash. “Ho un idea”
“No, rifiuto l’offerta, ti ringrazio dottoressa, ma non voglio sapere la sua idea” dissi sarcastica.
“Io si” Agr. Kevin. Io è te. Fidanzati? Ahhhhhhh che nervi.
“Fate finta di essere fidanzati semplice”
“No ma davvero? E io che avevo detto scusa? Quando ci saranno i miei parenti fare finta di stare insieme, a scuola due sconosciuti” dissi soddisfatta.
“Io credo di aver capisco l’idea della tua amica. Io ti faccio quel favore, tu farai la mia ragazza anche a scuola”
“COSA?” sbottai.
“Ti prego, almeno mi allontano quella Cristina” si alzò è si mise in ginocchio. “Per favoree” urlò.
Urlò, è tutti coloro che erano presenti in quella caffetteria ci fissavano.
Sotterratemi.
“Okokokkk. Ma non urlare” sorrise. “Ora alzati”
“Allora affare fatto?” mi tese la mano.
“Aspetta .. io avrei delle condizioni?”
“Lily? Non puoi avere delle condizioni è il tuo ragazzo!” Ash. La mia amica si è messa contro di me.
“Finto fidanzato” la corressi.
“Okok. Dimmi queste condizioni dai.”
“Niente baci. Intesi?” lo guardai, è lui spalancò gli occhi.
“E’ come fare a far credere di essere fidanzati? Tenendoci per mano? Come all’elementari?!” sbottò lui.
“Hai ragione. Ma quando dovremmo bac.. blech lo decido io!”
“Io non farei tanto quella faccia disgustata, appena mi bacerai una volta, dovrai soffrire per il secondo” rispose sorridendo. Ma quanto cazzo sarà modesto.
“Si,si va bene. Allora affare fatto?” gli porsi la mano.
“Avrei da dire una cosa anch’io” Sbuffai, per poi incitarlo a parlare. “Quando sarai con me, dovrai vestirti come dico io!”
“Io non mi metterò mai le minigonne, o qualcosa di scollato o di corto. Che sia chiaro!”
“So io cosa farti indossare. Ti fidi?” mi chiese malizioso.
“Quel sorriso prommette male”
“Affare fatto”
NON MI PROMETTE NIENTE DI BUONO.
“Bene amore” lo fulminai “io vado a lezione. Oggi ci vediamo al parco?” mi fisso, per poi guardare altrove. Mi girai. Cristina. Oh no.
“Certo a..amore. A oggi” sorrisi falsamente.
Lui si avvicinò al mio orecchio, ma lo precedetti è: “non azzardarti a baciarmi” lui rise “ non lo farei mai, alle tre al parco” per poi lasciarmi un bacio a stampo, lasciarmi il metà del suo milk-shake è scappare.
Agr. Lo ammazzo.
“Almeno ti ha lasciato il suo milk-shake di cui eri innamorata” disse Ash ridendo.
“Almeno qualcosa di buono l’ha fatta” presi per berlo.
“Toccherai di nuovo le sue labbra”
Cazzo. Ma è milk-shake non posso non berlo. Lo fissai per un paio di minuti.
“Potrei berlo, girando la cannuccia” affermai illuminata.
“Ti ricordi che c’è Caterina, penserò che ti fa schifo baciare il tuo ragazzo”
Cazzo. Ma chi se ne frega io lo bevo lo stesso. Il mio ragazzo? Dovrà sapermi fare un milk-shake.
Mi girai è vidi Ash che sorrideva è Cristina con le due ancelle che mi guarda truce. 



Ciaoooooooooooooo:)
Ci scusiamo come sempre per il ritardo, ma diciamo le solite cose, mi hanno impedito di poter postare prima.
Allora, finiranno con l'odiarsi o si ameranno disperatamente?
Aspetto i vostri pareri sperando vi sia piaciuto questo secondo capitolo e soprattutto ringraziando tutte quelle che mi hanno aggiunto ai preferiti, alle storie seguite e a quelle da ricordare, siete meravigliose!

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Alone è con la sua amica #Menteperversa!!!!!! 

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo. ***


“Chi sei tu? Che né hai fatto di mia cugina? …” sbottò sbalordito Clark.
Scoppiai ridere, è ingoiai il boccone di pizza e iniziai a spiegare.
“E tutta colpa tua”
“Mia? È che avrei fatto sentiamo?” disse come se non sapesse niente,mandando giù un pezzo di pizza intero.
“Sei un maiale è che cavolo” lo guardai disgustata.
“Oh dolcezza, tu non sei da meno quando mangi” buttò giù un sorso di coca-cola. “Allora vuoi spiegarmi questa storia?”
“Kevin fa finta di essere il mio ragazzo solo se io faccio finta di essere la sua ragazza a scuola tanto per togliersi di torno di una ragazza che cerca di portarselo a letto, ecco tutto.” Spiegai tranquilla per poi tornare a mangiare.
“Wow. Deve proprio essere brutta questa per non volerla accontentare”
“Oh, ma tu la conosci” risposi. Cazzo, ma io zitta mai!?
“Davvero? Eh chi è?” chiese curioso.
“Caterina” abbassai lo sguardo. “Scusa”
“Oh, allora lo capisco, preferirei uscire con una scopa, la sua compagnia sarebbe molto meglio, di quella troia, che parla solo di minigonne, dove si vede i perizoma, che  assomiglia a una corda di chitarra infilata in mezzo a delle chiappe” disse con sguardo serio, ma io non riuscì a trattenermi è scoppiai a ridere, seguita da lui.
“Non credo che ti dispiaccia vedere un perizoma addosso alle tue spasimanti”
“Oh, sono un bel vedere, ma io fossi una ragazza non riuscire a camminare con quel filo in mezzo ai coglioni” scoppiai a ridere nuovamente, insieme a lui. “Cuginetta” mi chiamò.
Cercai di tornare calma, feci dei respiri profondo è mi ripresi.
“Dimmi tutto baby” sorridendogli, è mangiando un'altra fetta di pizza.
“Lui? Com’è?” mi chiese curioso.
“Bello” risposi.
“Ohhh come sei antipatica. Voglio la descrizione dettagliata. Dai cuginetta non fare la santa” mi tirò una gomitata sulla spalla per incitarmi a parlare.
“Alto, capelli neri, occhi celesti, corpo scolpito, arrogante, pieno di se è molti altri aggettivi che non mi va  di elencare” tornando a mangiare la mia fetta di pizza.
“Figo” se né uscì Clark.
“Ehi ehi, non dirmi che ora sei passato dall’altra sponda eh?” scoppiai a ridere.
“È buttare questo ben di dio?” indicandosi. “Nahhhh … chi potrà mai soddisfare i loro bisogni?!” facendomi un sorriso malizioso.
“CLARK” urlai inorridita.
“Che c’è, anche tu prima o poi avrai i tuoi bisogni, è visto che siamo in tema, potresti utilizzare Kevin, non credo che si tirerebbe indietro”
“CLARK” urlai.
“Ok. Scusa sei troppo piccola. Avvertimi appena alza le mani su di te che lo ammazzo, intesi?” si preoccupò serio.
“Oh. Tranquillo non sono di certo il suo tipo, è lui il mio. Siamo due persone opposte”
“Beh, gli opposti si attraggono”
Fu l’ultima cosa che gli sentii dire, dopo averlo buttato fuori casa.

Erano le tre. Ed ero al parco. Kevin? Nemmeno l’ombra. Mi vibrò il cellulare. Un messaggio: Clark.

“Ehi dolcezza, come va con il boyfriend? :P”

Sorrisi per poi rispondergli: “Ehi, credo che me tornerò a casa, non si ancora fatto vedere, è questa cosa mi sta facendo incazzare più del dovuto”  Inviai. Non feci nemmeno in tempo ad alzare lo sguardo dal cellulare che subito mi arrivo la risposta.

“Ahhahah :D il ragazzo si fa attendere. Mhhh mi piace;)”

“Non è che ti piace? Se vuoi posso proporgli un uscita amorosa tra di voi” Inviai.

“Oh, tranquilla dolcezza, non essere gelosa, lo lascio a te. Che sei una ragazza bisognosa :P”

Scoppiai a ridere. Clark era mio cugino, ma era anche il mio migliore amico.
“Chi è che sti facendo ridere così tanto? Devo conoscerlo” quella voce. Alzai lo guardo. Ecco in tutto il suo splendore. Maglietta a maniche corte verde, jeans bianchi è le sue converse. È cosa che non manca mai.. il suo solito sorrisetto. Arg quanto lo odio.
“Di sicuro non sei tu” risposi a tono.
“Eccola che torna acida” mi sorrise è si sedette accanto a me. “allora che vogliamo fare?”
“Mi pare, che abbiamo deciso tutto stamattina, non credi?” dissi guardandolo truce.
“Infatti. Ma credo, che dovremmo conoscerci meglio, non credi?” disse scimmiottando l’ultime parole.
Sbuffai. “Che vuoi sapere?” dissi più acida che mai.
“Quanti anni hai?” chiese fissandomi.
“Diciassette. Tu?” risposi.
“Diciotto” sorrise. “Hai solo Leon come fratello?” continuò con il suo interrogatorio.
“Si. Non credo di averne altri sparsi per il mondo” risposi sarcastica.
Fece una risatina, per poi tornare a farmi domande.
“Io sono figlio unico” confessò. “Com’è che ti chiami realmente?”
Lo fissai, aveva quel sorrisetto malizioso. L’altra volta non gli risposi, ma ora deve per forza sapere tutto di me. Stronzo fino a midollo.
“Lilian Rinaldi Palmer” lo fissai, aveva uno sguardo curioso. “Ti precedo, mio padre è Italiano”
“Ah ecco. È perché non vuoi che ti chiami Lilian?”
Alzai gli occhi al cielo, esasperata di questa situazione.
“Fatti miei” risposi.
Fece una risatina per poi fissarmi divertito: “Eh no amore caro, non dobbiamo avere segreti. Com’è il detto? Se non c’è fiducia, non è amore”
“Te lo detto che sei uno stronzo?” Scoppiò a ridere. “La smetti di ridere? Mi dai sui nervi”
“Sei tu che mi fai ridere. Allora sto ancora aspettando la tua spiegazione”
“Mi madre mi chiamava Lilian. Adoravo essere chiamata Lilian, ma ora lei se né andata è odio essere chiamata così” confessai abbassando la testa, cercando di non far uscire le lacrime.
“Scusa, non avrei dovuto chiedertelo” posò una mano sulla spalla, alzai lo sguardo è gli sorrisi.
“Tranquillo, tu non sapevi”
“Scusa, forse chiedo troppo, ma .. cos’è successo a tua madre?”
“È scappata” confessai. “Ora però credo che tu sappia abbastanza” cercai di compormi è rivolgergli un sorriso.
“Si scusa. Mia madre io invece, non lo mai conosciuta, credo sia scappata appena mio padre ha scoperto che lo stava tradendo, mio padre invece è morto due anni fa, ora abito con i miei nonni” mi confessò lui.
“Oh beh abbiamo qualcosa in comune” mi guardò senza capire nulla. “Le nostre madri sono scappate”
“Può darsi che si siano ritrovate a festeggiare”
“La mia sicuramente” dissi, sorprendendolo.
“Ti manca” sbottò lui.
“La odio” dissi dura.
“Ma ti manca anche”
“No. Sto bene con mio padre, non mi ha fatto mai mancare niente” guardandolo truce.
“Okk. Non ammazzarmi. Ma come mai non vai d’accordo con i tuoi parenti, è diciamo che mi hai ingaggiato come tuo ragazzo?” chiese tra il divertito è il curioso.
“Diciamo che tra i genitori di quella che dovrebbe essere mia madre non scorre buon sangue, lei cerca sempre di mettere in cattiva luce mio padre è me, ma io sono colei che la zittisce sempre”
“Ohhh.” se né usci. “È io che centro?” chiese.
“Oh mia nonna cercava di mettermi in difficoltà facendomi fare la figura dell’unica nipote che è fidanzata dicendomi come sempre “ ma chi prenderebbe una come te? Sei così volgare” ma quest’anno mio cugino non si è trattenuto è ha messo in mezzo che io ero fidanzata è poi ci si è messo anche mio fratello che ha scelto te come mio ragazzo. Piaciuta la storiella?” raccontai brevemente ciò che era successo la sera prima.
“Ti voleva umiliare, insomma” disse lui, pensieroso.
“Decisamente, con l’aiuto delle sue nipotine”
Silenzio. A che stava pensando? Non che me né importasse, ma questo silenzio mi da fastidio. Diciamola tutta io odio il silenzio.
“A che pensi?” chiesi.
“A noi” disse serio.
“Ah” sussurrai.
“Ho un idea” sbottò all’improvviso, saltando dalla panchina, illuminato.
“Oh no. Basta con queste idee. Troppe in una sola giornata non sono abituata”
Scoppiò a ridere, poi mi prese per mano all’improvvisò è iniziò a camminare.
“Kevin lasciami” cercando di sciogliere la sua presa dalla mia mano.
“Sta zitta” continuando a camminare.
“Che palla che sei. Almeno puoi dirmi dove mi stai portando?” mi arresi, è lo lasciai tenermi per mano.
“Che palla che sei tu. Sei troppo curiosa” disse, volgendomi uno sguardo divertito per poi tornare con lo sguardo avanti.
Mentre camminavamo, capì che mi stava portando a prendere un milk-shake. Ok, forse non era poi così antipatico.
“Credo che tu mi stia viziando” dissi facendolo scoppiare a ridere.
“Credo che questa cosa mi piacerà” rispose lui. “Tu prendi posto, io vado a prendere le ordinazioni”
“Ok. Io milk-shake a c..”
“Caffè, ricordo tutto io” m’interruppe sorridendo.
Sorrisi, è lo vidi entrare dentro, trovai un tavolino è andai a sedermi. Da lì riuscivo a vedere Kevin che parlava con il cameriere. Credevo fosse un idiota, egoista, egocentrico, arrogante, invece era … simpatico. Si era simpatico. Forse non sarebbe stato difficile andare d’accordo.
“Ecco a te,madame” porgendomi il mio milk-shake al caffè, con della panna in più.
“Ok. Tu vuoi proprio viziarmi” dissi ovvia.
“Ahah sei o non sei la mia ragazza?” domando sorridendo.
“Oh, tu conquisti così le ragazze?” domandai.
“Sei l’unica. L’unica che ama così tanto gli milk-shake senza avere la preoccupazione di ingrassare”
“Ecco. Ho capito il tuo scopo. Vuoi farmi diventare un baule” dissi con fare teatrale.
“Nono. Mi sono espresso male, volevo solo dire che è difficile trovare una ragazza che sarebbe capace di nutrirsi solo di questo. Non volevo offenderti davvero. Per perdonarmi ti offrò il milk-shake” disse tutto d’un fiato, cercando di scusarsi.
Scoppiai a ridere di gusto, lui mi guardava abilito.
“Mi spieghi perché stai ridendo? Io mi stavo scusando” disse irritato.
“Eri buffissimo” continuando a ridere.
“Ma sentila. Mi stavi solo prendendo in giro? Brava complimenti, sarai davvero una brava attrice”
“Scusa, è che eri buffissimo è non ho resistito”
“Allora puoi scordarti che ti porti sempre a prendere milk-shake”
La mia risata si bloccò subito. Cosa? Nooooooooo.
“NO” quasi urlai sotto il suo sguardo divertito. “Non puoi”
“Certo che posso”
“Se hai vuoti di memoria, ti ricordo che sono la tua ragazza è da tale mi devi offrire milk-shake a volontà, se non vuoi essere perseguitato da quella Cristina”
“È una minaccia, amore?”
“È una promessa, amore!” 

Prendemmo i nostri milk-shake e iniziammo a camminare per il parco. Abbiamo continuato ancora con il suo interrogatorio. Ora siamo seduto nel parco, sotto un albero, io appoggiata di schiena al tronco è lui tranquillamente disteso per terra verso di me, che ciondolava le gambe.
“Ok Lì, dimmi qualcosa di te. Cosa ti piace?” Fu veramente strano sentirlo chiamarmi con un diminutivo e ancora di più usare quel tono morbido e gentile.
Rimasi rigida e sostenuta, le mani bloccate mentre spezzavo i fili d’erba;  articolai qualche frase generica, descrivendo ciò che mi piaceva come quando si compilano i campi del proprio profilo registrandosi ad un sito.
Mi lasciò parlare per diverso tempo, commentando ogni tanto e non lamentandosi dell’assurdità delle informazioni che gli stavo rivelando: cibo, marche di gelato, gusti di pizza, libri, film.
Ogni tanto interveniva, il più delle volte con frasi del tipo: “Dimmi che stai scherzando? Ti piacciono davvero quelle robe?”
“Com’è stato il tuo primo bacio?” Se ne uscì improvvisamente, dopo avermi ascoltato elencare i miei piatti preferiti.
“Come scusa?” Pensai di aver capito male.
“Raccontami del tuo primo bacio, cosa hai provato, chi era lui, dove è successo … confidami qualcosa di te.” Era davvero un serio, senza rendermene conto, finii per rispondere alla sua domanda e a raccontargli cose che sapevano solo le mia amiche di pallavolo.
“Avevo quindici anni, lui diciassette. Era il classico, figo della scuola. È io la sfigata”
“Tu non sei sfigata Lì” disse lui.
“Ma per lui si. Ci incontrammo durante l’intervallo, non guardai mentre camminavo è lo scontrai, lui fece il solito stronzo, ma io gli risposi a tono, è da allora non riuscì più a levarmelo di torno. Diventammo amici, mi piaceva stare con lui, avevo scoperto un suo lato che i suoi amici non conoscevano, era davvero un ragazzo intelligente è molto simpatico. Dopo un mese di amicizia, se né uscì fuori che provava qualcosa per me, io a stento ci credevo, così uscimmo è lui mi baciò”
Mi osservava e rimase in silenzio, aspettando che continuassi probabilmente; cercavo di evitare il più possibile di fissarlo, non volevo indugiare troppo su quei occhi azzurri, ai suoi capelli neri scompigliati, è il suo sguardo.
La cosa che mi sconvolgeva di più erano i suoi occhi, il modo che aveva di fissarmi in alcuni momenti, soprattutto quando sembrava non capire il senso di qualche mia risposta.
Per riempire il silenzio ed evitare di indugiare ulteriormente in quei pensieri, mi decisi a continuare: “Io nemmeno volevo baciarlo ma poi mi lasciai fare … Dio, mi sentivo così in imbarazzo! Ricordo ancora che il mio cuore sembrava impazzito mentre lo vedevo gattonare verso di me, ero seduta su una panchina, mi aspettavo quasi che tutto si sarebbe svolto al rallenti come nei film d’amore.” Mi sentii catapultata di nuovo indietro nel tempo, era assurdo che lo stessi raccontando a qualcuno che nemmeno conoscevo bene.
“E come è andata? Ti è piaciuto?” Mi chiese con voce rilassata e un po’ divertita, ma non in tono derisorio.
“A quel tempo, si mi è piaciuto, ma solo a pensarci credo che ci siamo baci migliori dei suoi.” Risi, stranamente risi mentre mi sarei dovuta imbarazzare.
“È per quanto siete stati insieme?”
“Quattro giorni” confessai, unico dettaglio che le mie amiche non sapevano.
“Scherzi? Ti ha lasciata?” chiese inorridito.
Sbuffai. “Perché voi dell’altro sesso, partite dal su preposto che siate sempre voi a lasciarci?”
“Beh, non credo di spiegarmelo” disse sincero.
“Comunque una mattina, avevo intenzione di andarlo a trovare in classe, però mi bloccai appena sentii delle voci era sue e dei suoi amici. Che parlavano di me. Così curiosa di sapere come parlavi di me ai suoi amici, rimasi fuori dalla porta ad ascoltare. Sarebbe stato meglio entrare però ..”
“Perché?” chiese per poi mettersi a gambe incrociate davanti a me.
“La sua era solo una scommessa con i suoi amici”
“COSA? Che bastardo! Dimmi che viene nella nostra scuola per favore!” mi guardo truce.
“Si. Perché?” risposi ingenua.
“Davvero? Oh dio è dimmi come si chiama questo!”
“Che c’è vuoi delle lezioni da lui, di come prendere per il culo le tue spasimanti?” dissi disgustata è offesa.
“No solo ammazzarlo” confesso.
Sorrisi. “Ah non ti farebbe piacere scoprire chi è!”
“Beh io non sono, senno mi sarei ricordato di te. Dai dimmi chi è?”
“Se te lo dico, prometti che non lo dirai a nessuno per favore? Se l’unico di cui sappia tutto, alle miei amiche raccontai che non era il mio tipo. Posso fidarmi?”
“Ma qualcuno dovrà spaccargli la faccia .. è ..”
“Prometti sulla nostra am..amicizia?!” dissi titubante.
Lui strabuzzò gli occhi: “Sulla nostra amicizia”
Sorrisi. “David Fith” dissi abbassando lo sguardo.
Iniziò a tossicchiare, lo sapevo, era meglio che mi stavo zitta.
“Scherzi? David Fith?” fissandomi con una sguardo serio.
“Ti sembra che ti stia prendendo per il culo” sputai infastidita da quella domanda.
“È il fidanzato di mia cugina, nonché mio migliore amico da due anni” confessò lui.
COSA? Merda. Merda. Merda. Cazzo. Cazzo. Cazzo.
“Cosa?!” urlai. “Due anni?”
“Io lo ammazzo, quello stronzo!” disse a dir poco incazzato. “Se prova a far soffrire mia cugina lo ammazzo con le mie stesse mani, prima però devo chiarire una cosa”
“Avevi promesso Kevin” gli ricordai.
“Non abbiamo stretto nessuna mano”
CAZZO.
“Vaffanculo”
“Dai Lily, si è comportato da stronzo, è ora che qualcuno gli faccia un discorso, se prova solo ad azzardasi di fare questo a mia cugina, giuro che lo ammazzo” ripete la minaccia.
“Sta calmo Kevin. Da quanto stanno insieme?” chiesi.
“Da una tre settimane?”
“Non credi che sia cambiato? Sarà cresciuto, è avrà messo la testa a posto, non credi?”
Mi fisso, per poi tornare a sedere accanto a me. “Sarà meglio per lui” farfugliò.
“Ci tieni molto a tua cugina”
“L’unica cugina che ho, a parte quell’idiota di suo fratello” confesso con un sorriso.
“Che scuola fa?! La conosco?!” domandai curiosa.
“Non credo si è trasferita da poco, si chiama Kayla è abita con suo fratello, ma fa la nostra scuola, ed ha la tua stessa età.”
Kayla Franchi?? O.O
“Kayla Franchi è tua cugina?” quasi urlai, per ricevere da parte sua una risatina.
“Ma a quanto vedo, tu già la conosci”
“È nel mio stesso corso di matematica è ieri lo invitata a pranzare con me è le mie amiche in mensa visto che non conosceva nessuno” dissi tutto d’un fiato.
“Ehi respira. È come ti è sembrata? Era contenta della scuola?”
“Era solo preoccupata. È molto simpatica, siamo andate subito d’accordo. A parte un piccolo cambiamento di opinioni su Caterina”
“Ha conosciuto quella?” chiese inorridito. Annui. “Poverina, sarà rimasta inorridita”
“Si all’iniziò si ma poi si è messa a ridere per una mia uscita” mi guardò incitandomi a continuare. “Quando passò mi fissò con sguardo di sfida è a me se vuoi sapere la verità non mi fa nè caldo né freddo così continuai a fissarla sorridente, così Kayla si accorse di lei, è voleva sapere chi fosse è io ancora tra i miei pensieri le risposi “Caterina la ragazza che a posto della patata, ha una riproduzione casearia di ricotta è formaggi” è così iniziò a r…..”
Così scoppiò a ridere anche lui.
“Tu mi farai morire. È quale sarebbe il vostro debutto?” chiese continuando ridere.
“Che secondo lei, Caterina non è il tipo per suo fratello, ma diciamo la verità Caterina è il tipo di tutti” dissi ovvia.
“Certo, se il tuo scopo è portatela a letto è basta, ma con lei non potrei mai avere una relazione seria, non né sarebbe capace”
“Perché vorresti farmi credere che tu, uomo, vuoi avere una relazione seria?” chiesi sbalordita.
“Come tutti i ragazzi, ma in questi tempi è difficile trovare una ragazza che ti voglia conoscere realmente è non che ti usi per il tuo aspetto fisico”
Wow. Non mi sarei mai aspettata un discorso del genere. Ma allora anche gli uomini anno un cuore. È io vengo a saperlo così? Potrebbe venirmi qualcosa.
“Oh” Ma sei scema o cosa? Cosa. Ok si sono scema, ma che cazzo di risposta è questa.
Mi rivolse un sorriso, per poi guardare l’orologio. Cazzo, che ore sono?
“Sono le 17.13, io devo andare in palestra”
“Cazzo. È tardi Davide mi ammazza è anche le ragazze”
Mi alzai di scatto, mi pulii i jeans iniziai a incamminarmi verso casa, con affianco Kevin.
“Che devi fare di così importante?” chiese.
“Ho gli allenamenti di pallavolo, se non vado potresti ritrovati senza fidanzata” camminando a passo veloce.
“Se vuoi ti do un passaggio fino a casa per prendere la borsa, è poi andiamo insieme” disse.
Lo fissai. “Lo faresti davvero?” chiesi sbalordita.
“Sono o non sono il tuo ragazzo?” chiese con il solito sorriso mozzafiato.
“Ti stai calando troppo nel personaggio” risposi, per poi scoppiare a ridere, seguita da lui.
È insieme ci avviamo verso casa mia, ridendo è scherzando. 


Oggi siamo state di buon animo è abbiamo postato il capitolo 8. Spero che vi piaccia è recensiate sempre in più. Un grazie, per tutti colori che hanno recensito i capitoli precedenti, è chi l'ha aggiusto fra le preferite/ricordate/seguite. 
Grazie di cuore. 
Vostra Alone è #Menteperversa. 
♥ 

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo. ***


“Cosa!? Una festa!? Stasera?!” Sbottai, incazzata.
“Su, Lily, adesso non farla così lunga! La festeggiata ci ha già segnate poco fa. È da tanto che non usciamo la sera a divertirti, sempre su i libri o chiuse in quattro mura a far palleggiare una palla” Spiegò speranzosa della mio cambiare idea.
“Di chi sarebbe ques …” Ma non riuscii nemmeno a finire la mia lamentela che lei m'interruppe.
“Caterina” confessò ridetta.
“Cosa?! Oddio ma siamo pazzi?Cioè sei impazzita?Io alla festa di quella non ci vado nemmeno se ..” “Per favore” piagnucolò “Ti prego, ti prego ti prego, ti prego, fallo per la tua cara amica, per favore”
“Non se ne parla, da sole, con gli amici di quella” dissi inorridita.
Entrai, finalmente in camera mia, con dietro Lottie, che mi seguiva con lo sguardo supplicante. “Non fissarmi con quella faccia” sbotto girando di scatto verso di lei, che sobbalza.
“Per favore Lily” è come suo fare, nel suo viso si espande un viso angelico. Agr, sa che non resisto.
“Ma non puoi chiedere alle ragazze?!” chiese già senza speranze.
“Micaela stasera esce con quel povero ragazzo che sta per morire di astinenza” fece una smorfia “Il padre di Sarah non la fa uscire perché ha due insufficienze, è le altre non avevano voglia” spiega brevemente, molto brevemente.
“È perché io dovrei avere voglia?!” chiese sbalordita.
“Perché sei la migliore amica, tenera, affettuosa, sempre disponibile per le proprie amiche bisognose di divertirsi” dice mentre mi stritola un polso.
 “Va bene, va bene, d’accordo. Ho capito l’andazzo. Mi sacrifico anche questa volta e ti porto a quella benedetta festa.”
“Oh sei un tesoro Lily” esultò lei.
“E tu una ruffiana ma immagino che questo lo sapevi già!” commentai sorridendo acida.
“Dai dai dai … devi chiedere il permesso al grande Marco” iniziò a urlare per camera.
La fissai divertita: “Spero tanto che mi dica di no”
Detto è fatto, ci fosse una volta che io riesca a prevedere il futuro.
“Certo amore che puoi andare” rispose tranquillo è sorridente.  “Basta che non torniate molto tardi, per le tre vi voglio a casa, già sotto le coperte, intesi?” diventò all’improvviso serio.
“Sicuro?” facendogli gli occhi dolci, ma lui insensibile com’è annuii divertito. 
“Grazie Marco” ringraziò, Lottie, mio padre, dandogli un sonoro bacio sulla guancia. “ Dai Lily andiamo a cambiarci, su” esultò euforica.
Ma perché tutte a me?! :O
Lottie, mi trascinò in camera, erano le 20, ero distesa tranquillamente a fissare il soffitto bianco, quella sera mi pareva così dannatamente interessante, mente una pazza, metteva sotto sopra camera mia, per cercare un vestito decente da farmi mettere. Cosa impossibile, nel mio armadio c’è solo presenza di jeans, canottiere di tutti i colori, felpe, giacche di jeans, ma, di vestiti non ne troverà neanche una in fotografia. A parte, si dovrei qualcosa da mettere in discoteca, l’ultima volta che lo misi era al  compleanno di Clark, in discoteca, ma sicuramente anche se li troverebbe ora mi staranno troppo corti.
“Eccoli” esclamò Lottie euforica. “Trovati baby” disse cantilenando l’ultima frase stile
–attentachetistupro-. Cavolo, ma cos’ha il radar?
“Dai vecchia, vallo a provare, muoviti” li presi controvoglia, è andai in bagno.
“Ma che sei caduta del cesso Lily? Muoviti dai” mi riportò alla realtà Lottie.
Avevo messo i vestiti, si vedeva ogni ben di dio. Avevo addosso un top con il davanti largo, dove era disegnata la bandiera inglese, è dei jeans striminziti che non mi coprivano un accipicchia.
“Ho fatto, io esco, ma ricordati queste parole” sentii Lottie trattenere un risolino. “io questa specie di jeans non li metto ok?!” sbottai irritata.
“Se esci, ti dico la mia” rispose tranquilla lei, feci un respiro è usci dal bagno.
“Sei una bomba Lily” squittì lei, mentre continuava a fissarmi meravigliata.
“Scordatelo, non me lo metto quel coso!” protestai.
“Vuoi sembrare una ragazza o preferisci fare l’asociale anche stasera?”
“L’asociale va benissimo.”
“Oh andiamo Lily, non ci credo neanche un po’ che in fondo non ti piace che un ragazzo di guardi. E se vuoi che sia uno in particolare a farlo, allora devi sistemarti in modo da attirare la sua attenzione e poi, hai un fisico da urlo, sei magra e hai delle tette che io me le sogno, quindi per favore, indosserai questo e stai zitta.”
Incredibile,era riuscita a convincermi. In quel caso aveva ragione. In fondo anche io avevo una minuscola parte vanitosa, che mi faceva fermare davanti allo specchio a chiedermi quanto potessi essere carina e a scegliere una maglietta piuttosto che un’altra.
“Allora?” chiese Lottie sorridendomi.
“Non farci l’abit..” non devi nemmeno i tempo a finire la frase che mi saltò addosso felice.
“Dai vieni a vederti allo specchio” mi trascinò, di nuovo, in bagno.
Sorrisi,vedendo l’immagine di me riflessa. È poi quel pantaloncino non era poi così tanto corto.
“Bene, ora passiamo a trucco è parrucco.” Decretò Lottie facendomi sedere sulla sedia della mia scrivania.
“Lottie, mi raccomando, vacci piano!” lanciandogli un’occhiata truce.
“Ti fidi di me?” annuii convinta, sorridendole. “Allora, innanzi tutto, via questo.” Disse, tirando via l’elastico che fermava i miei capelli in una coda. Li scosse, e questi presero volume e qualche onda. Di solito non li lasciavo mai completamente liberi, ma sapevo che spiegarlo alla mia amica sarebbe stato inutile, così la lasciai fare. Si dedicò con cura al mio viso che trasformò completamente con polverine e pennelli e alla fine il risultato finale fu incredibile. Non sembravo io con lucidalabbra e ombretto e quando mi obbligò a mettere delle scarpe con un mezzo tacco, sembravo davvero una di quelle ragazze da copertina.
“Allora, ti piaci?”
“Cavolo! Sono davvero io?!” guardavo il mio riflesso sbalordita.
“Ricordati che mi devi un favore.” Esordì lei.
“Mi pare che te lo stia già facendo visto che ti accompagno ad una festa a cui io non sarei mai andata.”
“Oh è vero. Allora siamo pari. Adesso prendi le tue cose e andiamo però, che è tardissimo.”
Eseguii ancora un volta l’ordine, è scendemmo da mio padre che ci aspettava da ben un ora. Salimmo in macchina con direzione discoteca.
C’era la musica parecchio alta, che proveniva da un palco posto all’inizio della sala. C’erano parecchie facce che avevo già visto nei corridoi di scuola, alcuni ballavano, altri erano in fila allo stand delle bibite. Lottie non faceva altro che ripetere che tutto era ‘eccitante’, ‘figo’ mentre a me sembrava solo un ammasso di corpi che non sapevano come meglio spendere il loro tempo.
“Vado a salutare una mia compagna di corso, vuoi venire?” urlò nel mio orecchio.
“Tu va, ti aspetto lì.” Dissi urlando anch’io, indicando un muretto sul quale avevo in mente di mettermi seduta visto che quelle maledette scarpe mi stavano già facendo male. Così restai da sola, mentre Lottie raggiungeva la sua amica. Mi guardai intorno ma non riconobbi nessun volto familiare con cui poter scambiare due chiacchiere. Incrociai le braccia al petto e presi a ticchettare con un piede per terra, ero nervosa e spazientita, mi ero già stufata di stare lì.. Una serata peggiore non poteva esserci. Sapevo che avrei dovuto impormi e fissarmi sul divano tutta la sera a vedere la mia rassegna di film d’autore.
“Ehi piccola, ti va di ballare?” una voce, a me sconosciuta, soffiava sul mio collo e quando mi voltai, cercò di baciarmi. Cavolo, quando ha bevuto.
“Ehi che fai?” sbottai, urlando, cercando di allontanarlo da me, ma continuava a stringermi i polsi ed ad avvicinarmi a lui.
“Dai piccola, voglio solo divertirmi” urlò vicino al mio orecchio, con una mano mi blocco i due polsi è l’altra si fece strada sotto il top, sopra al mio reggiseno.
“Leva immediatamente le mani da li, stronzo” è con tutte le forze che avevo riuscì a dargli un calcio, nella sua parte intima, così riuscì ad allontanarlo. Lui dolorante, barcollava fra i ragazzi, è imprecava, io mi alzai innervosita da quella serata è mi girai per uscire da li.
“L’hai steso, amore” Una voce profonda, quella inconfondibile di Kevin, sopraggiunse alle mie spalle e quando mi voltai, lui stava sorridendo.
“Così sembra.” Risposi, senza troppa voglia.
Lui si piazzò davanti a me e come al solito, prese a scrutarmi. Stavolta ero seriamente in imbarazzo, vestita per niente consono al mio stile, con le gambe scoperte e la pancia scoperta.
“Cavolo Lì, stasera devo stare attento o il primo che passa rischia di innamorarsi di te. Stai ..stai bene.” Disse, sfregandosi il naso, leggermente in imbarazzo anche lui. Quello era il primo, vero complimento che Kevin faceva alla sottoscritta.
Sorrisi, stavolta senza forzature e per la prima volta senza il sospetto che stesse approfittando del suo fascino per far colpo su di me, avevo capito che era sincero dal tono della sua voce.
“Grazie.” Risposi dolcemente.
“Allora” continuò lui, mettendosi accanto a me sul muretto. “Ti diverti?”
“Da morire, non si vede?” chiesi, con un mezzo sorriso e voltandomi verso di lui che ridacchiò e poi fissò i miei occhi verdi. Un groppo mi si fermò in gola, era veramente bello. Aveva una camicia grigia chiara e i jeans erano neri. I suoi capelli disordinati facevano fatica a starsene buoni sulla fronte e gli donavano un aspetto ancora più da strafottente, anche i capelli erano ribelli.
“E tu come mai sei qui?” chiesi.
“Mio cugino mi ha costretto ad accompagnarlo” disse sbuffando.
“Anch’io sono stata costretta da una mia amica” dissi sbuffando anch’io.

Sbuffò infastidito e me accorsi.
“Che succede?” gli sussurrò nell’orecchio mentre cercavo di seguire il suo sguardo.
“Niente … solo che la troia mi sta fissando da ben 20 minuti buoni” disse.
“Ovviamente oggi è il suo compleanno vuole il suo regalo” dissi sorridendogli maliziosa.
“Ma che si trovasse un Gigolò” sbottò lui, facendomi scoppiare a ridere, con lui di seguito.
Alzai lo sguardo, per osservare Caterina, come se fosse stata invocata, stava sculettando verso di noi.
“Parli del diavolo.” Sibilai contrita.
“Mhm … Reggimi il gioco.” Sussurrò pianissimo, tanto che annuii appena, non comprendendo veramente cosa volesse fare.
“Ti prego, amore, andiamocene non sopporto questa confusione”  Esclamò a voce alta, facendomi sobbalzare. Che avrei dovuto fare?
Mi mimò un no con le labbra, facendomi l’occhiolino.
“No, Kevin, stasera mi voglio divertire non fare il guastafeste” Ero risoluta ma non avevo la minima idea di cosa avesse in mente.
“Ho casa libera, ti faccio divertire io” alzò la voce, tanto che lo avrebbe potuto sentire anche mio padre. Iniziò a lasciarmi piccoli baci sul collo, iniziai a perdere la ragione, cavolo il mio punto debole. Ma lo allontanai subito, è fissai i miei occhi nei suoi che erano decisamente divertiti da quella situazione.
“Ma che ti salta in mente, non puoi pensare sempre a quello, stasera il tuo amichetto se ne starà buono buono accuccia. Intesi?”dissi fissandolo, cercando di rimanere più seria possibile.
Che scena comica, peccato che io dovessi trattenermi dal ridere, anche perché vedevo con la coda dell’occhio Caterina che ci fissava sbalordita.
Kevin mi fisso divertito per poi continuare questa commedia.
“Ok, amore. Oramai il mio amico dei piani bassi si è messo la fascia nera a lutto …” abbassò la testa. 
Trattenermi dal ridere fu durissima, mi sentivo la protagonista di una soap opera.
Caterina continuava a fissarci, la sua mascella arrivava al pavimento.
“Ohh, va bene. Ma che sia una cosa veloce eh” dissi senza nemmeno pensare, tanto che lui sollevò di scattò inchiodando i miei occhi nei suoi sorridendomi malizioso, mi inchiodò al muro e facendomi un sorriso divertito, continuando con la sua scia di baci sul collo.
“Non qui, dai” lo allontanai divertita. Mi fissò, mi prese per mano è iniziammo uno zigo zago fra tutti i presenti.
Uscimmo dal locale, è ci dirigemmo su un parco lì vicino, arrivati, mi accascia ridendo sul prato.
“Lo sai vero che domani lo saprà tutta la scuola, è io morirò?” dissi tra le risate.
“Oh spero solo che si sia rassegnata che non stiamo insieme. Siamo stati bravi no?” continuai a fissare il cielo, ma percepii che si era steso accanto a me.
“Tu caro mio ti sta prendendo troppe libertà” dissi alzandomi sui gomiti è picchiettando l’indice sul suo torace.
Scoppiò a ridere per poi borbottando “Senno non si levava dalle palle” facendomi scoppiare a ridere.
Restammo in silenzio, per non so quanto tempo, finché non sé né uscì improvvisamente con:
“ Voglio portarti in un posto”  annunciò tutto contento, alzandosi in piedi e fissandomi speranzoso.
Alzai gli occhi al cielo. “Tutto qui?” sbuffai, incredula e vagamente risentita. “Mi aspettavo qualcosa di più... tipo un bel milk-shake” dissi pregandolo.
Tutta la gioia di Kevin parve sgonfiarsi come un palloncino bucato, ma divertito. “Ma...” balbettò, boccheggiando. “Se impossibile, sei fissata!”
Gli sorrise. “Allora me lo offri?” gli dissi.
Incastro i suoi occhi nei miei, è mi fissò per un paio di minuti, io odio essere fissata.
“Prima però andiamo dove voglio io”  
“E sentiamo, dov'è che vuoi portarmi?”
Lui prese a fischiettare, dondolandosi sul posto. “Oh, beh... nei dintorni” rispose, piuttosto vago.     “Allora, amore, vieni o no?”
“Vengo, vengo” sbottò, fingendosi annoiata anche se sorrideva. “Guidami. Su” e gli porse la mano.
Kevin sorrise raggiante è i due presero un sentiero piuttosto buio sulla sinistra, circondato da cespugli e piccoli arbusti. Ma per strada, c’eri presenti alcuni lampioni. Menomale.
“Kevin, non voglio andare in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, d'accordo?” gli dissi, è  inciampai su un grande masso e andando a sbattere sulla schiena di Kevin, che riuscì a sorreggerla. “Scusami” mi affrettai ad aggiungere. “Stavo per cadere...”
Lui rise e scosse il capo. “Basta che non ti sei fatta male” la tranquillizzò. “Adesso però non lamentarti e chiudi gli occhi. Siamo quasi arrivati”
“Di già?” domandai spaesata, guardandomi intorno. “Siamo ancora nel bel mezzo del nulla, lo sai, non è vero?”
Kevin non mi rispose mi tappò delicatamente gli occhi.
“Se sto dietro di te, non vedo e potrei farti cadere, quindi se ti lascio, prometti che non apri gli occhi?? chiese.
Annuì senza parlare, così  Kevin fece scivolare via la mano. Camminammo per qualche altro metro, lui mi guidava affinché non inciampassi, io gli stringevo il braccio ogni volta che mi pareva di barcollare. Avevo sempre odiato il buoi.
“Eccoci”  disse dopo un po’. “E' qui, puoi aprire gli occhi “
Io obbedì, serrai le palpebre per un momento e quello seguente le spalancai, guardandomi curiosamente intorno. Alberi li circondavano, e dai rami infiniti, mentre al centro di quel paesaggio vi era un piccolo laghetto d'acqua, quieto e rilassante al solo sguardo. Nell'aria frizzante di quel freddo inverno si avvertiva un' aroma di fiori.
“E' meraviglioso”  mormorai dopo un po', ammirata, e mi voltai a guardare il ragazzo dietro di me, sorridendo. “E' davvero, molto bello”
Lui ricambiò il sorriso in maniera ancor più ampia.
“E’ solo la natura! rispose, riflettendo “Un posto come questo deve esserci più o meno ovunque... è solo che noi non ci facciamo caso”
Ascoltai con attenzione, e annuì lentamente.
“ Vieni” disse, Kevin,  con un'improvvisa ondata di panico imbarazzo “Sediamo un po'”
Si avvicinarono alla riva del lago e Kevin, disteso sul prato, iniziò a fissare il cielo, l’osservai meravigliata. Sembrava felice.
“Allora” ripresi poi, sorridendo ancora. “Come mai mi hai portata qui?” chiese.
Kevin mi fisso, come se mi stesse studiando. “Amo questo posto” mi spiegò infine, candidamente. “Tuo padre non ti ha mai portata qui?!” 
 Feci spallucce. “Non credo ... “ dissi lentamente. “Oh, sì, adesso ricordo, ma certo! Non sono mai venuta, però. Mio padre mi parlava sempre di un posto, è dalla sua descrizione, mi sembra proprio questo” iniziando a fissarmi intorno, felice. Felice, di aver scoperto il posto che mio padre mi ha sempre raccontato.
Kevin poggiò i gomiti alle ginocchia e fissò il lago. “Abitavo qui da piccolo” mi raccontò. “Sai, i miei genitori hanno deciso di sposarsi quand'erano ancora giovani, solo che hanno... beh, avuto qualche difficoltà a generare questo splendore che hai di fronte. Alla fine ce l'hanno fatta, però”  scherzò, e mi vide alzare gli occhi al cielo. “Abitavano già qui da tempo, proprio accanto alla quella villetta.”
Lo fissai, sorridendo appena, e ritrassi le gambe contro il petto. “Come mai non abitate più qui, allora?” chiesi, incuriosita dal suo racconto.
Lui mi rivolse un rapido sguardo. “Siamo andati via quando avevo più o meno sette anni” rispose.
“Mio padre scoprì che mia madre lo tradiva, lei scappò è così lui non voleva più vivere in una casa dove le ricordava lei, così andammo dai miei nonni .. all’iniziò era solo per un periodo di tempo ma alla fine non siamo più ritornati, abbiamo venduto la casa”
“Quindi tu, ricordi tua ma...?” esordì lei, le sopracciglia aggrottate.
“No” concluse lui. “Io la vedevo pochissimo, era sempre indaffarata con il lavoro, come diceva lei, non ho mai ricevuto una caretta, una coccola, un consiglio, niente, certe volte mi ritrovavo a pensare se sapevi che esistevo. Ma ora, credo solo che il suo pensiero sia stato solo sul suo amante” aggiunse, con un sorriso triste. “Venivo qui a giocare quasi tutti i giorni, con Kayla e mio cugino. Ci fermavamo per un po' al parco giochi qui vicino, e quando eravamo stufi correvamo qui al lago e tornavamo a casa sempre zuppi. Era... davvero bello”
Lo guardai incantata. “Non devi mai aver sentito la mancanza di un fratello, allora”  dedussi, avvicinandosi a lui. “Da piccolo hai avuto loro, poi... poi anche Faith”
Kevin  annuì con entusiasmo. “Diciamo che sono il figlio unico con la famiglia più numerosa del mondo” scherzò, eliminando le poche lacrime che stavo vagando per il suo viso, e io rise. “Ed è fantastico, sul serio. Provi sempre quella sensazione un po' strana che ti dice che questo non cambierà mai... ed è così che vai avanti”
Si distese sull'erba, le braccia dietro la testa, non so dove.
Come se gli avesse letto nella mente o si fosse voltata a guardarlo, gli disse: “Mi piacciono i tuoi cappelli” io sorrisi e scossi il capo.
“Sono orribili, deformi, inguardabili...”
Ma, mentre contavo sulle dita delle mani gli attributi affibbiati ai miei capelli, avvertì un braccio cingermi la vita e tirarmi giù, verso l'erba.
“Ti decidi a star zitta, Lily?” disse, ridendo della mia espressione sconvolta.
Distesa sul prato, i capelli sparsi confusionariamente, guardò il suo volto che la sovrastava e rise, le guance un po' più rosse di prima.
“Solo se lo fai anche tu, Ken” replicò con aria allegra, stringendo il tessuto della sua camicia per tirarlo giù di fianco a lei.
Lo sentì ridere. La risata di Kevin era un suono inconfondibile, così profonda.
“Dobbiamo rimanere in silenzio tutto il tempo, allora?” mi chiese, e io annuì con aria furba e insolente, con le braccia incrociate al petto. “Oh, beh, sarà divertente” commentò, ironico. «
 “Possiamo sempre guardarci” e voltò il capo verso di me, che lo fissavo con una risata impressa sul mio volto.
Erano vicini. Entrambi sentivano un gran desiderio di ridere, di dire qualcosa e spezzare il silenzio, di riscaldare l'aria che aleggiava su di loro. Entrambi si sentivano inevitabilmente attratti l'uno verso l'altra, gli sguardi allacciati, dei sorrisi soltanto una traccia.
“Hai gli occhi da cucciolo, non vale” risi infine io, distogliendo lo sguardo. “Non è giusto, non ci riesco!”
Kevin scoppiò a ridere. “Non è colpa dei miei occhi, è che non sei una persona seria quanto me..” disse vantandosi, e io in risposta gli rifilai una gomitata.
“Ma sta' zitto”  feci, agitando una mano a mezz'aria. “Sei la persona meno seria che conosco e che abbia mai conosciuto in vita mia, davvero”
Lui diede in un sospiro fintamente esasperato e si distese nuovamente accanto a me.
“Questa me la segno” disse, rassegnato. “Tanto so benissimo che non ne sentirò uscire mai uno da quella boccuccia di rosa che ti ritrovi”
Risi di gusto e scossi il capo, ma non dissi nulla.
“Allora” fece di nuovo Kevin dopo un po', “ti propongo qualcosa che sicuramente ti piacerà”
“Come lo sai?” ribattei, mettendolo alla prova.
“Beh”  iniziò a spiegare lui, “perché qualcosa in te che mi dice che sei una secchiona”
A quelle parole, scattai come una molla e mi misi seduta sull'erba, strizzando gli occhi e fissandolo come se avessi voluto annientarlo con lo sguardo. Presi un profondo respiro e, senza neanche una parola, cominciai a prendere a pugni il petto e lo stomaco di un, fino ad allora, rilassatissimo e compiaciuto Kevin,  facendolo contorcere per evitare i suoi colpi. 
“Lì... oddio, Lì, sta' calma!” esclamò lui, schivando un mio destro ben assestato. “Non ho detto nie-” un colpo allo sterno lo lasciò senza fiato, “non ho detto niente, fermati!”
Con uno scatto, Kevin riuscì ad afferrarmi i pugni e a tenerli stretti tra le sue mani, tanto che iniziai a divincolarmi per liberarmi, senza successo.
“Ah, è così?” rispose, furiosa. “Non hai detto niente? Io. non. sono. una. secchiona”  scandì, Kevin n scoppiò a ridere, cosa che mi fece arrabbiare ancor di più.
“Ridi?” gli domandai, aggressiva. “Io ti prendo a pugni e tu ti permetti anche di ridere?”
Lui continuò a farlo, battendosi una mano sullo stomaco, e a me risultò molto difficile continuare a mantenere quell'espressione seria e furibonda che era decisa a palesare di fronte alle sue dilaganti risa.
“Questo appellativo ti manda in bestia, buono a sapersi.” Continuando a ridere. “Non puoi capire quanto sei sexy quando sei arrabbiata”
Inizialmente, all’iniziò non capì, ma l'impressione durò poco, perché qualche secondo più tardi un la mia mano colpì la guancia di Kevin senza alcun preavviso.
“Cazzo Lilan” imprecò lui, massaggiandosi la parte lesa.
Solo in quel momento dentro di me un leggero, lievissimo senso di colpa, a causa del quale decisi ad abbandonare la mia espressione per dar libero sfogo ad un sorriso.
“Accidenti, ... picchi di brutto” mi informò lui con una certa veemenza. “Preso a botte da una ragazza ... che tragica fine per Kevin Smith”.
Io scoppiai a ridere, una risata leggermente sadica.
“Ho sempre picchiato i maschi” dissi poi, tranquilla. “Sin da piccola. Una volta, alle elementari convocarono i miei genitori a scuola. Io non raccontai nulla di quello che era successo, quindi loro iniziarono a pensare che fossi troppo traumatizzata e che qualcuno mi avesse fatto uno sgarbo molto grave”
Kevin, si sistemò meglio le braccia dietro la testa e continuò ad ascoltarmi, curioso di sapere, sicuramente, impiccione com’è.  
“Arrivarono dalla maestra con il piede di guerra” proseguì “pronti a difendermi, quando si ritrovarono di fronte al fatto compiuto. Ero stata io a picchiare un mio compagno ».
Kevin scoppiò a ridere, e io lo seguì. “Josh Worth, me lo ricordo ancora!” esclamai tra le risate. “E non puoi immaginare perché l'ho picchiato”
“Ti avrà fatto una proposta indecente...”  la buttò lì lui.
“Esatto!” feci sorprendendolo, sbarrando gli occhi, e Kevin rimase colpito.
“Cioè, indecente per dei bambini di otto anni, intendiamoci... mi aveva mandato un bigliettino dove mi chiedeva di diventare la sua fidanzata. Io, non so perché, ma ho preso quella proposta come un insulto, come un'offesa! Allora, a ricreazione, mi sono avvicinata, facendogli credere di dovergli dare una risposta, invece l'ho picchiato, ero anche  una bambina molto acida”
Kevin si asciugò le lacrime. “Oh mio dio, è io che pensavo che fossi acida solo con me” disse, mentre ancora rideva. “Eri un terremoto da molto prima, invece! I ragazzi era già un argomento tabù già da bambina, allora”
“No, l'allergia è tutta farina di mia nonna” lo rimbeccai subito. “Comunque, pensavo che avessi già la mia fama di lottatrice contro il "sesso forte"” e a quelle parole accompagnò una smorfia scettica.
“Non né sai niente di un ragazzo che due anni fa, nella nostra scuola, andò all’ospedale?!”
 Kevin fissò il cielo per fare mente locale. “Oh, sì che me lo ricordo”  rispose con una nota di terrore nella voce. “Ho saputo che era stato pestato violentemente da Christian, povero”
Io risi di gusto,mi distesi nuovamente, rinfrancata e soddisfatta.
“È questo che centra?!” domandò quando si fu sistemato bene sull'erba, anche lui. 
“Beh, fatti i conti” dissi soddisfatta.
Kevin mi fissò, disorientato..ma poi capì è scoppiò a ridere, seguito da me.
“È cosa ti avrebbe proposto da far uscire in la Lily violenta?!” chiese continuando a ridere.
“Oh, mi aveva palpato il culo, è poi mi disse testuali parole “Ti aspetto in bagno, dolcezza” è così lo pestato, Chris non centrava nulla, è stato lui ad allontanarmi senno lo avrei davvero ucciso, ma anche lui ha fatto la sua parte, gli sferrato un cazzo nello stomaco. Conosci Chris no?!” domandai in fine, sorridendo. Lui annui.
“Lui, per non metterlo in ridicolo, di quanto lo fosse già, mise voci che lo aveva pestato lui, per difendere la sua ragazza”
Kevin scoppiò a ridere nuovamente. “Che ragazza violenta, caspita!”
Feci un risolino, poi calò silenzio. Quella sera tirava vento, anche troppo, per i miei gusti. Mi strinsi le gambe al petto, è strofina le mani, per far calore alle gambe.
Dopo un po' anche lui decise di mettersi a sedere, allora si tolse il giacchetto, che poggiò sulle miei spalle tremanti. A quel tocco inaspettato, mi voltò a guardarlo.
“Oh... grazie” mormorò, stringendomi nella sua giacca. “Tu non hai freddo?”
Lui sorrise. “Sono di ferro io” rispose, annuendo e passandosi una mano fra i capelli arruffati. “Tu sei troppo nuda, copriti, io sto bene” 
Sorrisi, è appoggia la testa sulla spalla. 

Grazie infinite a tutti per le meravigliose recensioni: le leggiamo SEMPRE e TUTTE QUANTE con immenso piacere e gratitudine.
Grazie infinite a tutti quelli che la visitano. 
Grazie infinite a tutti voi che l'avete registrata nelle preferite. 
Grazie infinite a tutti voi che l'avete registrata delle seguite. 
Grazie inginite a tutti voi che l'avete registrata delle ricordate. 
GRAZIE. GRAZIE. GRAZIE. 

Vostra Alone 
♥ e #Menteperversa ♥. 

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo. ***


“Sarà meglio andare.” Dissi, cercando di ricompormi e tirandomi su. Era tardi, ma che dico tardissimo erano le 2:40. Cavolo, passa veloce il tempo.
“Si, credo che sia meglio tornare dentro”
“Devo trovare Lottie, Kevi” dissi assonnata.
“Come mi hai chiamato?” chiese, con le sopracciglia aggrottate e un sorriso divertito sulle labbra.
“Kevi. Ho il vizio di accorciare tutti i nomi, è toccato anche a te.”
“Mi piace Kevi”
“Quindi posso chiamarti così?” chiesi, mentre mi tiravo su e allungavo la mano verso di lui, per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Lui la strinse e dopo aver massaggiato col pollice il dorso della mia sorrise e disse: “Certo, a patto che io possa chiamarti Lì”
“Buffone. Con o senza patto mi avresti chiamata comunque così, quindi affare fatto” dissi sicura e sancimmo il nostro accordo con una stretta di mano, visto che erano ancora unite.
“Adesso prendi la giacca, io mi sono riscaldata abbastanza.”
“Sei sicura?” chiese serio. Annui.
“Ti riscaldi facilmente” disse con il solito sorrisetto malizioso.
Rimasi un po’ interdetta, per poi incamminarci di fianco l’un l’altro verso la discoteca.
Si fermò davanti alla discoteca, il viaggio fin lì trascorse in silenzio, io ancora scombussolata dalla bella serata che avevo passata, lui perso in chissà quali pensieri.
“Io non entro, manderò un messaggio a mio cugino, dicendogli di uscire” Disse, con quella sua voce profonda.
“Beh allora grazie per aver risollevato le sorti della serata, ora mi imbucherò a cercare la mia amica sbronza” risposi, sorridendo, è sicura.
“Figurati, grazie a te di avermi fatto compagnia. Ci vediamo a scuola, notte Lì”
“Notte”

Dopo aver trovato Lottie, distesa su un divano, più ubriaca del solito, prendemmo l’ultimo autobus è tornammo a casa.
Rientrate in casa ove fortunatamente regnava il più assoluto silenzio, segno che mio padre, la sentinella, dormiva e che, sperai, mia fratello fosse già a letto. Salì le scale con Lottie appoggiata a me, quando riuscì ad arrivare in camera senza nessun rumore, automaticamente la lascia cadere sul letto, le tolsi i tacchi i vestiti e la infilai sotto le coperte. Mi avviai al mio armadio, afferrai il primo pigiama è andai a cambiarmi in bagno. Uscita, decisi di andare a dormire nel letto insieme a Leon. Il mio caro fratellino bugiardino.
Appena entrai in camera, lo trovai, rannicchiata da una parte del letto, con Lupi è un lupo di peluche, anche se vedendolo per bene, ora potrei dire che è un husky, è lungo una cinquantina di centimetri e largo circa venti, in posizione di “cuccia”. Il suo pelo è medio- lungo di un bel grigio alternato al bianco più limpido, Leon è così legato a Lupi anche perché assomigliava moltissimo a Yanko il cane di nostro nonno. Gli occhi di Lupi sono di un azzurro ghiaccio, sono occhi che, anche se finti, fanno trasparire molte emozioni, sono occhi bellissimi. Le orecchie sono piccoline, non molto alte e in punta arrotondate, all’interno sono bianche mentre all’esterno di un grigio un po’ più scuro di quello del pelo generale. Il nasino è abbastanza piccolo e nero e il tenero musetto si conclude con la bocca semi aperta che lascia la lingua semi arrotolata a penzoloni, donando alla faccia di Lupi un’espressione scherzosa, felice e solare! La sua coda è abbastanza lunga e spessa e quindi robusta -pensate che è resistito sino ai miei undici anni, per cui è molto ma molto resistente- , però è molto morbida al tatto.
Con Lupi ho condiviso moltissime emozioni, momenti belli e momenti brutti, mi ha fatto compagnia in diverse notti, soprattutto all’inizio quando ancora avevo paura del buio lui è stato un vero amico. Ricordo che mi era stato regalato in occasione di un Natale, anche se precisamente non ricordo di che anno, dai mia madre.
Compiuti undici anni, sapendo che mio fratello né era innamorato, glielo regali per il suo primo compleanno, ricordo che appena lo vide lo strinse a sé sorridente, è poi mi abbracciò mio ringraziandomi. Era lì, mio fratello lo stringeva stretto, Leon ha sempre avuto un sorriso così profondo è sincero che ogni volta mi rilassavo. Alzai le coperte, è mi strinsi a lui, gli lasciai un bacio sulla fronte, per poi addormentarmi, felice.

“Ho la testa che mi scoppia”
Lottie aveva iniziato entrando in cucina, lamentandosi per il mal di testa, dopo la sbronza.
Si portò le mani sulla faccia per poi sedersi di fronte a me, portandosi le mani alla testa.
“Ha una faccia da spaventapasseri, dei capelli che non capisco in che direzioni stiano andando, puzzi di alcool da far schifo è devo dire che anche l’alito non scherza” dissi tra lo schifato e il divertito.
“Grazie dell'informazione, amica” fece lei, sbuffando per camuffare una risata. “Sempre molto comprensiva”
Sorrisi e scrollai le spalle, indifferente. “Tieni, ti ho preparato una tisana” porgendogli la tisana calda. 
Borbottò qualcosa, ma che non riuscì a comprendere afferrò la tazza, è sorseggiare piano il contenuto.
“Tu dove diavolo eri finita ieri sera?” chiese curiosa.
“Ero al parco accanto” risposi tranquilla.
Lei mi fissò insospettita, accigliò le sopraciglia con fare TU NON ME LA FAI.
“Da sola?” domandò sorridente.
“Con un amico” risposi sul vago.
“Amico eh?” chiese maliziosa.
Roteai gli occhi divertita per poi dire: “Vado a farmi una doccia”
“Ma io voglio sapere” la sentii piagnucolare mentre mi dirigevo a farmi la doccia, fischiettando.

Avevamo lezione questa mattina e volevo arrivare puntuale, così mi preparai in fretta, per poi lasciare il bagno libero a Lottie e scesi in cucina per mettere qualcos’altro sotto i denti. Stranamente anche Leon era già di sotto e mio padre come al solito era seduto al tavolo e leggeva il giornale. Avrebbe potuto fare la rassegna stampa di qualche casa editrice, visti i quotidiani che si leggeva ogni giorno.
“Buongiorno” dissi, approdando in cucina.
Leon era tutto sorridente, seduto al tavolo con la sua tazza di latte caldo dei teletapis dove cercava invano di riuscire a prende un biscotto ormai sciolto.
 “Ciao piccolo, non mangi i pancake?” lo salutai con un bacio sulla fronte, andando a prendere il piatto da forno.
“Pancake?” domandò senza nemmeno salutarmi, sorpreso.  
“Uhm, si li ho fatti stamattina, appena mi sono svegliata.” dissi, prendendo posto accanto a lui e posando il piatto sul tavolo dove lui si servi direttamente dal piatto, fece la sua entrata Lottie, rimessa a nuovo, sorridente, è si sedette anche lei a tavolo.
“Buongiorno” farfugliò, ricevendo uno sorriso da mio padre è da mio fratello.
“Fofo fuofiffime Loffie, defi affaggiarfe affolufamenfe” squittì mio fratello, con la bocca piena, facendo scoppiare a ridere tutti.
“Solo metà, ho le calorie contate, non posso lasciarmi tentare da questi biscotti, oggi mi aspetta una allenamento di quattro di pallavolo e non ho intenzione di andarci con del grasso in più” risponde lei, fissandomi, come per dirmi –ehi, anche tu hai gli allenamenti controllati-
“Lottie sono le otto di mattina, fino alle sei che andiamo agli allenamenti ho digerito abbondantemente.”
“Appunto, i biscotti, a quel punto, si sarà trasformata in un cattivo 
grasso che si accumula sui miei fianchi. Che orrore!”
Scossi la testa, mentre la guardavo rassegnata, non c’era speranza con lei, nonostante non fosse affatto grassa, solo scema.
“Che donna triste!” commentai a bocca piena.
Io ero l’esatto contrario, avevo i fianchi e la corporatura meno esile di Meggie e me ne fregavo se i biscotti erano una bomba calorica, o se la cioccolata faceva venire i brufoli, non avevo intenzione di privarmi dei piaceri della tavola. Certo, non esageravo mai, ma non ero nemmeno fissata col conteggio delle calorie e davvero non riuscivo a capire Lottie, è le altre ragazze della squadra, Davide, colpa sua ha messo in mezzo questa dieta da seguire, ovviamente io nemmeno avevo aperto il libretto, dovrebbe essere disperso nell’armadio o sarà ancora nel borsone nell’anno scorso. Chissà.  Ma anche, molto probabilmente era colpa di quelle stupide riviste di moda che leggevano, insieme, o del cervello bacato che si era ritrovate quando erano nate.
“Lili, mi sono ricordato solo ora di dirti che io è Leon, andremo a far visita ai nonni. Resteremo fuori due giorni. Pensi di sopravvivere due giorni senza il tuo paparino?” chiese, ironico come sempre.
“Posso invitare le ragazze?” chiesi subito.
“Dimenticalo.” Rispose secco papà e io sorrisi divertita. Ogni volta che lui mi lasciava casa libera, si presentava la stessa scenetta e io non riuscivo mai ad averla vinta, per colpa di una volta che torno è trovò casa sotto sopra.
“E dai papà, siamo grandi ormai, non facciamo disastri in casa!”
“Ho detto no!” disse, diretto e secco.
“Papà!” protestai.
Lui lanciò uno sguardo, e capii che non c’era niente da fare, era irremovibile.

“Rinaldi, Pece, potete pure tornare a posto” 
 Finita quella maledetta interrogazione, mi diressi insieme a Dalia nell’atrio della scuola, giusto per prendere un po’ d’aria. 
“Dai, Dali sei stata fantastica all’interrogazione” dissi sorridendo. 
 “Ma dove?”  esclamò Dalia. “Avrò risposto a metà delle sue domande accidenti”
 “Il sette te l’ha dato, no?!” lei annui “È che cazzo ti lamenti”
“Ehi ragazze” disse una voce.
Ash. *____*
“Ehi bella pulendrona, che buon vento ti porta a passare l’intervallo lontana dai libri?” le chiesi ironica.
 “Sto morendo di fame” continuò Ash.“Io vado alle macchinette a prendermi qualcosa da mangiare, venite anche voi?”  
 “Anch’io ho fame” confessai, facendo girare gli occhi a Dalia e ridere Ash.
“Come se tu non mangiassi mai” disse la prima. Poi continuò. “Io mi avviò in classe di storia. Voi che avete alla prossima?”
“Biologia” rispose Ash annoiata.
“Matematica” risposi sorridente. La matematica ragazzi, è il mio forte, toglietemi tutto ma no la matematica.
Così, salutammo Dalia e noi due andammo verso le macchinette con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia: avevo fame, è  tra poco avrei mangiato la mia buonissima barretta di cioccolato. Quella giornata era cominciata alla grande ed ero sicura che niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinarla. Naturalmente non ero mai stata una cima nella predizione del futuro. 
Appena svoltai l’angolo mi bloccai: davanti alle macchinette c’era l’ultima persona che avrei mai voluto vedere.  Cristina è le sue ancell erano appoggiate alle macchinette e stavano facendo salotto con due che mi sembrarono quinto anno.
“Come va con Kevin?” mi chiese Ash, sapendo il patto eliminare Caterina.
“Benissimo, benissimo” risposi sorridente.
Cristina fece finta di non sentire, è non si mosse dalla macchinetta, mentre le sue ancelle voltavano lo sguardo da lei a me, da me a lei. Sbuffai, era a soli pochi centimetri da quel gruppetto idiota ma ancora non mi avevano fatto il piacere di levarsi di torno.
“Siete davvero una bella coppia” esordi divertita la mia amica
“Beh, grazie” risposi. Diedi un leggero colpo di tosse: “Scusate” dissi alla fine. 

Caterina decise di voltarsi, fortunatamente sembrava possedere un neurone. 
“Serve qualcosa?” chiese con un sorriso strafottente. 
“Falsa” pensai.
“Sì, dovrei prende da mangiare per me e per la mia amica, se vi spostate mi fareste un enorme favore”  dissi con uno sguardo che li avrei potuti disintegrare.
“Che c’è il tuo ragazzo, oggi non ti ha offerto la colazione?” domando lei con uno strano sguardo. “Già ti ha mollata?” continuò.
Che stronza.
“Ehi amore” mi chiamò LUI. Mi lascia un bacio all’angolo della bocca e il suo braccio si posa nei miei fianchi. Ahhhhh menomale che c’è lui, che voglio nemmeno pensare cosa sarebbe successo. “Ti ho mandato un messaggio, dicendoti di aspettarmi in classe” continuò sorridente.
“Oh” risposi. Oh?? “Scusa, è che ero interrogata, è non sentito il cellulare”
“Fa niente, andiamo a fare colazione?” chiese, senza degnare di uno sguardo a Caterina, che lo fissa innervosita.
“Certo, amore” risposi sorridendo, lasciandogli un bacio anch’io all’angolo della bocca, sorprendendolo. Sorrise. “Ash, io vado con Kevin, ci vediamo oggi agli allenamenti?” domandai a lei, che si tratteneva dal ridere.
“Oh, certo. Vai pure, divertitevi piccioncini” sorrise, è se ne andò sventolando una mano.
“Allora, andiamo?!” chiese lui. Annuisco per poi voltarmi verso la stronza: “Ciao Caterina” dissi con un sorriso falso.
Eravamo nel bar della scuola, Kevin mi offrì un cornetto al cioccolato, visto che aveva sentito il brontolino del mio stomaco.
“Siamo o non siamo degli attori da Oscar?” esordì lui felice.
“Oh fi, hai fisto la fua faffia?” chiesi con la bocca piena. Kevin scoppiò a ridere, poi mi guardò dritto negli occhi, stavolta dolcemente.
“Sei un disastro ambulante” disse facendomi ridere.
“Oh scusa” dissi ricomponendomi. “Eh, che mangio così spesso, che non me ne accorgo nemmeno” risposi seria, facendolo ridere.
“Stavo pensando ..” continuò lui, sorridendomi.
“Oh, non farlo per l’amor di dio, potresti eliminare anche l’ultimo neurone che ti rimane” dissi per poi scoppiare a ridere.
Lui mi fissò, sorpreso, poi sorrise malizioso. Tsz, te pareva.
“Non ti conviene prendermi in giro, secchiona” disse, sottolineando l’ultima parola.
“Ti odio” sbottai, facendolo ridere. “Dobbiamo chiarire un paio di così, bel fusto” dissi indicandolo.
“Oh mio dio. Cosa sentono le mie orecchie, mi hai appena fatto un complimento, appena arrivo a casa me la segno sul calendario” disse prendendomi in giro.
“Non vantarti, scemo, dicevo, ti stai prendendo troppe libera, vieni mi baci, mi metti il tuo lurido braccio intorno ai fianchi, manco fossimo fidanzati davvero” dissi più seria che mai, fissandolo.
Lui mi fissò in silenzio, poi posò il suo sguardo in un punto a me non visibile per poi uscirsene fuori con: “Che fai stasera?” posando lo sguardo su di me.
“Ma che cen..” non finila frase che mi interruppe.
“Che fai stasera?” ripeté.
“Torno dagli allenamenti, mi tuffo sul divano, guardare la televisione e mangio pizza” dissi fissandolo, confusa.
“Ti va di uscire?” continuando a guardarmi, con uno sguardo a dir poco strano.
“Ehm.. scusa, ma stasera tornerò tardi, per via del motorino rotto è sono costretta a farmela a piedi tornerò a casa sicuramente stanca” dissi abbassando lo sguardo sul piattino dove prima esisteva una brioche.
“Vuoi un passaggio?” chiese, eliminando quello sguardo strano.
“Dici sul serio!?” chiedo abilita, sta per ribattere ma lo precedo. “Non provare a dire sono o non sono il tuo ragazzo, che sai già la mia risposta” dissi, scimmiottando le parole che disse l’altra volta.
“Ti stai calando troppo nel personaggio” mi scimmiottò lui, e ridemmo. “Allora lo vuoi o no questo passaggio?” chiese di nuovo.
“Va bene” risposi.
“A che ora hai gli allenamenti?” chiese lui.
“Alle quattro, casa mia e in via Monte 24, la villetta gialla” lo informai.
“Che me lo dai il tuo numero? Sai essere fidanzati da cinque mesi senza nemmeno avere i nostri numeri è una relazione al quanto strana” disse divertito.
Ci scambiammo i numeri di cellulari, lui di diresse a pagare, e andammo insieme nei corridoi della scuola, annoiati ti tornare ad ascoltare delle noiosissime lezioni, ci salutammo è mi diressi in classe. 


Solo una cosa: SIETE FANTASTICHEEE!
Siamo felicissime per i commenti e le nuove arrivate,
ci fate sempre tornare il sorriso dopo una stancante giornata di scuola :S

Vi dedico questo nuovo capitolo e scusate ancora per gli eventuali errori ortografici >.< 

Scusateci anche per il capitolo, non è prorpio un granchè, ma spero vi piacciaaa .. RECESIETE ;) 
Grazie a tuttiii davvero .. 

Vostra Alone è #Menteperversa! 

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo. ***


Dopo aver salutato Kevin con un bacio sulla guancia, mi diressi in classe.
Feci un paio di passi, prima di fermarmi sorpresa: Evelina e Caroline, due mie compagne di squadra, erano davanti a me, e mi stavano guardando in un modo molto strano, tra il curioso e l’imbestialito. Ok, credo che ora tutta la scuola sappia della mia “relazione amorosa con Kevin”. Oh santo cielo.
“Ci siamo forse perse qualcosa?” chiese Evelina incrociando le braccia. 
Accidenti al prof di religione che non arrivava sempre dopo lo strillo della campanella.
Spalancai gli occhi a dir poco spaventata: dovevo rispondere e subito anche. Le esitazioni potevano solo confermare la mia colpevolezza.
“Ciao ragazze, oggi abbiamo gli allenamenti, vero?” chiedo cambiando argomento.
“Prima all’intervallo, abbiamo sentito un nomignolo amoroso da parte di quel figo di quinta, ed era diretto a te, signorina hoiniziatoadaveresegreticonleamiche eh? Dai spiegaci”
“Ah, beh ci siamo conosciuti in palestra, ma siamo solo amici, contente?” confessai non tutta la verità.
 “Amici, si! E lui ti ha dato un bacio a stampo perché ..? ”  mi incoraggiò a continuare Caroline 
“Ragazze non sono ancora capire come funzionano gli unici neuroni che hanno i ragazzi. Non ho idea del perché l’abbia fatto” dissi mettendo. Quando odio mentire cavolo! Ma se vengono a sapere quello che sto facendo, mi ammazzerebbero.
“Lilian” tuonò Evelina, io la fissai truce. “O ci racconti tutto come si deve, o non rispondo più delle mie azioni” mi minacciò lei.
“Siamo amici ho detto” ripeto cercando di convincerle.
Fecero un sospiro per poi: “Mia cara” disse con il tono di una madre affettuosa.
Il mio sopracciglio sarcastico, si alzò di scatto.
“Se c’è una cosa tremendamente palese in tutta questa storia è che tu e Kevin vi state frequentando” 
 “Prego?” la mia sorpresa doveva essere abbastanza evidente, perché Eve e Caroline mi guardarono ancora più esasperate. 
 “Non ci vuole di certo cupido in persona per capirlo! Abbiamo visto tutti che sguardi ti ha dato un bacio a stampo, il fatto che ti ha cinta i fianchi, poi, ne è la conferma definitiva, per non parlare che ti ha portata a fare colazione”
 “Voi non state bene” dissi scuotendo la testa. “Per il bacio si è scusato appena siamo andati a fare colazione, e l’offerto di offrirmi la colazione e un gesto da amici, come io faccio colazione la mattina con alcune di voi”
“Stai mentendo” disse Eve con semplicità. 
 Ma perché dovevano sempre capitare tutte a me? Adesso persino la mia migliore amica cercava di mettermi in difficoltà. 
 Ok, basta, non mi va di andare avanti con questa storia, sono le mie amiche noi? Allora devono sapere. Le fissai per qualche secondo, dopo tutto non era successo niente di particolare. Quando ebbi finito la cronaca del mio patto con Kevin sentii molto meglio. Però gli sguardi che mi riservarono le mie amiche, mi lasciarono il dubbio che i loro cervelli stessero cominciando a ricamarci sopra qualche enorme panzana. 
“Sei sicura di quello che fai?” mi chiese premurosa Caroline.
“No, per nulla. Ma mia nonna è una tale agonia, è lui ha bisogno di allontanare Caterina”
“Ok. Ma perché non c’è l’hai detto prima?” chiese Evelina
“Oh, avevo paura che vi sareste arrabbiate, non è una cosa che fanno in molti” dissi fissando il pavimento.
“Ma che cazz.. ti droghi?” sbottò Caroline, facendo ridere me ed Eve.
“Se per te è la cosa giusta, noi ti avremmo sostenuta” disse Eve, sorridendomi. “Siamo o non siamo le tue amiche!?” chiese per poi stritolarmi in un abbracciaccio, seguita da Caroline.
Ah siamo o non siamo amiche, quella frase mi fa pensare a Kevin, siamo o non siamo fidanzati?
“Posso aggiungermi anch’io ragazze?” appena sentimmo quella voce, ci staccammo di scatto, le ragazze andarono a sedersi io mi composi e mi sedetti avvicinando la sedia al banco, consapevole che dovere assorbire due ore di matematica. Si poteva anche essere la mia materia preferita, ma il nostro professore, te la faceva schifare.
Dopo due ore, di sonnellini sul mio banco nelle ore di matematica, uscii dalla classe con Eve e Caroline salutandole con “Oggi ho troppo da studiare, credo che non verrò agli allenamenti”
Nel cortile, tutte le ragazze mi fissavano cavolo, tutti ora pensano che io stia con Kevin, cioè si è così, oddio non è così deve pensarlo solo Caterina. Accidenti a quella vipera di mia nonna, se non fosse per lei, io avrei avuto tutti questi problemi.
Ero davanti al mio scooter stavo mettendo lo zaino nel bauletto, odiavo tenerlo tra i piedi mentre guidavo, quando qualcuno parlò. 
 “Lilian”  
Mi irrigidii sul posto, sia per lo spavento sia per il come vi aveva chiamata.
Mi voltai molto lentamente e c’era lui, con il sorriso, con lo zaino in spalla che camminava verso di me. Ma che cavolo, sa che odio essere chiamata con il mio intero, giuro che lo strangolo appena si avvicina, deve stare molto attento.
 “Che?”dissi in un modo anche troppo freddo.
Il suo sorriso, scompari e mi guardò sospettoso.
“Che hai?” continuando a fissarmi. Odio essere fissata
 “Fatti miei” dissi in un modo freddo, anche troppo.
 Mi guardò sorpreso, aggrottando le sopraciglia.
“Non ci credo. Sei arrabbiata, dai siamo o non siamo amici?” chiese facendomi un mezzo sorriso.
“Ma che avete oggi tutti con la solita, frase. Siete monotoni!” sbottai, per poi salire sul motorino e mettendomi il casco.
“Vedo che oggi sei proprio di buon umore” cominciò lui sarcastico, per poi mettersi davanti al mio motorino. “Dimmi che succede” disse serio fissandomi.
“Ho preso un insufficienza a matematica” gli mentii.
“E’ la fai così tragica, io cosa dovrei dire scusa? Ho avuto cinque insufficienza oggi, ma sono splendido e simpatico come sempre” disse facendomi spuntare un sorriso, che lui notò. “Hai sorriso” mi puntò un dito contro.
“Sempre il solito modesto tu eh?” chiesi ironica.
 “Ovvio” rispose lui senza scomporsi di una virgola. “Allora a che ora devo venirti a prendere oggi che non ricordo?”
 Appena pronunciò quella frase tutti gli individui nel raggio di alcuni metri avevano sentito quelle parole. Nel nostro liceo i ragazzi della nostra età diventano particolarmente fantasiosi quando si tratta di storie d’amore.
“Ti dispiace abbassare la voce” mormorai preoccupata.
Ebbi l’impressione che chi ci stava intorno si fosse bloccato all’improvviso con l’intenzione di non perdere neanche una sillaba della nostra conversazione. 
 “Che c’è hai l’udito fragile oggi?” scherzò lui. “Non ti vai di uscire oggi? Rimaniamo a casa?”
 “Tu hai il volume della voce a mille oggi” pensai disperata.
 “Secondo te scopano da molto?” chiese un ragazzo a uno era con me nel corso di letteratura.
Spalancai gli occhi incredula.
 “E’ che ne so, però devo ricredermi: quello se lè scelta bona, hai visto che tette ha quella?”  
 “No, ero impegnato a guardare altro” disse l’altro puntando lo sguardo sul mio fondoschiena.
Il mio sguardo da infuriato divento diabolico, sarei riuscita con un solo sguardo a sterminare decide di persone.
“Che cavolo guardate, eh stronzi”  tuonò Kevin, avvicinandosi ai  due. Oh cavolo!  “E’ la mia ragazza, non osate mai più fare degli apprezzamenti quando ci sono io nei paraggi, anzi non fateli  proprio” disse guardandoli infuriati e facendoli indietreggiare fino a farli combaciare a un finestrino di una macchina. 
Ok, ora è ufficiale tutto il liceo crede che abbiamo una relazione.
“Adesso basta” esclamai. “Andiamo Kevin”
 Scesi dal motorino è lo afferrai per un braccio e lo trascinai il più lontano possibile.
 “Ma che stai facendo?” mi chiese lui mentre lo tiravo verso di me. 
 “Sta zitto” il miotono era stato molto convincente visto che non fiatò 
 Dovevo far capire a Kevin come stava la situazione prima che per l’intera scuola diventassila sua ragazza.
Lo trascinai fino al mio motorino, poi, lo lasciai andare e mi parai davanti a lui con le braccia incrociate e un’espressione che di amichevole aveva ben poco. 
“Che ho fatto adesso? Mi spieghi che hai oggi” chiese infuriato.
“Che hai fatto? Lo vuoi proprio sapere?” alzai il tono di voce, lui annui. “Tutta la scuola domani penserà che stiamo insieme, ora hai capito?” urlai.
“Ma noi stiamo insieme” urlò lui esasperato. Lo fissai, lui sospirò e continuò. “Non stiamo davvero insieme, ma tanto prima o poi lo venivano a sapere lo stesso, Caterina la conosci e una pettegola molto conosciuta nella nostra scuola, e poi già stamattina mentre venivo da te già circolavano voci che noi sabato siamo ci siamo chiusi in macchina e abbiamo scopato come conigli”
“Cosa?” quell’urlo soffocato fu la mia unica reazione. Lui annui.
 Non avevo assolutamente parole; immaginavo che sarebbero arrivati a delle conclusioni completamente sbagliate ed esagerate ma non avrei mai pensato che la mente dei miei compagni di scuola fosse deviata a tal punto da inventare una storia così assurda. 
“Oh mio dio. Basta io non voglio, non voglio essere fissata da chiunque solo perché credono che stiamo insieme, non voglio che tutti pensano che io sia una facile, non voglio e basta” dissi sbuffando.
Mi fissò incredulo: “Vuoi scogliere il patto?”
“No” dissi secca. “Ma non voglio tutte queste attenzioni”
“E cosa vorresti fare, sentiamo?” chiese Kevin.
“Io qualcosa in mente ce l’avrei” cominciai sorridendo. “Che ne dici di si continuare il patto ma a una condizione”
“Aspetta aspetta, le tue condizioni le ha già dettare l’altra mattina ricordi”
Cavolo!
“Ma questa e per una giusta causa. Facciamo credere agli altri che stiamo insieme, ma devi smetterla di baciarmi sulle labbra, puoi usufruire della mia guancia, nei ho due do a te la scelta e ..”
“Avevi detto che avevi solo una condizione” mi ricordò lui.
“Ne un'altra, io sforno condizioni” ridacchiò. “ La secondo condizione e che devi eliminare  immediatamente le voci che noi scopiamo come conigli, intesi?” lo minaccia.
“Va bene allora” disse lui con calma. “Ora però torniamo a noi, a che ora devo venirti a prendere?”
“Ehm, volevo avvisarti, ma credo di non avere il tuo numero” dissi
“Cosa dovevi dirmi” chiese.
“Ho troppo da studiare, e poi devo rimettere a posto casa mio padre e mio fratello sono fuori per due giorni, e non vorrei lasciarmi lavoretti all’ultimo momento, prima li finisco meglio è” lo informai.
“Va bene. Dammi il tuo cellulare” mi tese la mano.
Ci scambiammo i numeri di cellulare, salì sul motorino misi casa quando mi senti nuovamente chiamare da lui.
“Sei brava a biologia?” domandò all’improvviso.
“Ho 8. Ti basta?” risposi.
“Te lo dicevo io che eri una secchiona” stavo per ribattere ma lui continuò. “Potresti darmi delle ripetizioni?”
Cosa?! Ma lui non era in quinta? Ha un programma diverso dal mio essendo in quarta.
“Come faccio? Tu sei molto avanti con gli argomenti” risposi.
“La prossima settimana avrei compito su tutti gli argomenti che abbiamo svolto dalla prima alla quinta, dei miei argomenti non ho problemi, ma degli altri ne ho anche troppi. Avevo un prof che non si e mai accorto che avevo il quaderno nascosto sotto lo zaino, ma questo e tosto un movimento involontario e rischio la maturità” si avvicinò “Per favore” mi supplicò.
“Ehhh va bene. Vieni a casa mia, almeno rimetto a posto. A che ora sei libero?”
“Che dici se vengo fra due ore?”
“Ok. Io abito Regent Street n ° 14”
“Afferrato! Compro da mangiare?”
“Mi faresti un favore, mi risparmi di cucinare”
Mi fissò: “Perché tu saresti capace di cucinare? Non prendermi in giro” scherzò.
“Prendimi una con crema di fughi e prosciutto cotto” dissi prima dare gas al motorino e partire verso casa.
 
Entrai in casa, buttai lo zaino vicino al divano e io mi buttai a peso morto su di esso.
La testa mi stava letteralmente scoppiando, avrei dormito per tutto il pomeriggio, se solo non sarebbe venuto Kevin. Mi alzai di poco e mi tolsi la felpa, per poi stendermi sul divano con accanto Pulce, che già dormiva, chiusi gli occhi e sprofondai nelle braccia di Morfeo.
Sentire un tintinnio, collegai il cervello senza tuttavia aprire gli occhi per capire se quel tintinnio che mi disturbava fosse reale o frutto della mia immaginazione. Ci misi alcuni istanti per rendermi veramente conto che qualcuno stava suonando il campanello. Scostai con molto dispiacere Pulce prima di dirigermi, trascinando i piedi, all’entrata. Aprii la porta senza pensare allo stato obbrobrioso in cui mi trovavo fino a quando non notai la faccia spaventata che assunse Kevin quando mi vide.
“Ti hanno mangiato la lingua?” domandò sorridendo divertito mentre si accomodava in casa mia, sedendosi dove io prima riposavo, poggiando le pizze sul tavolino.  
“Non mi sento bene, mi scoppia la testa” bofonchiai quando riuscii a mettere insieme alcune parole. “Tu che ci fai qua? Non dovevamo incontrarci tra due ore?”
Kevin iniziò a giocare con Pulce - che gradiva la sua presenza - ancora un po’,  prima di voltarsi verso di me.
“In realtà ho suonato per ben dieci minuti, credevo fossi morta” mi fece notare lui.
Sospirai constatando che aveva ragione.
“Cos’hai? Sembri tornata dagli inferi” continuò lui, alludendo allo stato in cui ero.
Osservai la maglia verde tutta stropicciata prima di guardarlo in cagnesco, “che c’è? Hai paura delle pieghe?” gli domandai.
Lui scosse la testa divertito “Più che altro ho paura dei panda, in particolare te, hai i capelli talmente spettinati che sembra che hai toccato la spina della corrente con le mani bagnate”
Gli tirai un pugno sul braccio con tutta l’energia che avevo in quel momento, senza tuttavia notare segni di cedimento sul suo viso, stando ad indicare quindi che ero allo stremo delle forze.
“Mi sono addormentata, ero stanca” cercai di giustificarmi stringendomi nelle spalle e accendendo la tv.
Kevin probabilmente si accorse  della nota di malessere che c’era nella mia voce perché si voltò a guardarmi con un’espressione intenerita che non gli avevo mai visto assumere.
“Se non c’è la fai con le ripetizioni non fa niente.” Disse premuroso lui.
Scoppiai a ridergli in faccia avvicinandomi al tavolino e iniziò a mangiare tranquilla la pizza.
“Fai con comodo eh” scherzò
“Mi reggo a malapena in piedi, ma aspetta che mi nutra e poi vedi come chiederai pietà di smettere”  
Kevin alzò le spalle, divertito “Ti nutri anche troppo”
“Che palle, c’è l’avete tutti con il mio corpo, è il mio? Bene mangio ciò che voglio, non mi rompete la minchia” sbottai incazzata.
“Calma, non intendevo quello è che ..” lo interruppi.
“Non hai mai visto una ragazza mangiare come me, lo so lo so, io valgo per due persone lo ammetto”
“Che modesta che sei cavolo” disse lui sorridendomi.
“Allora iniziamo subito con biologia?” cambiai argomento.
Presi il suo zaino, mentre lui continuava a mangiare la pizza, apri il libro e inizia a leggere gli argomenti che doveva studiare, cose che fra poco nemmeno io ricordavo.
Mi girai di scattò verso di lui, sentendomi fissare, ma lui a sua volta spostò lo sguardo sul libro, sospirai e chiusi il libro, poggiandolo sul divano.
“Vado a cambiarmi, non provare ad alzarti da questi divano e salire al piano di sopra che ti ammazzo” lo minacciai.
Alzò le mani colpevole farfugliando: “Mi hai scoperto”.
Sali le scale due a due, ed entrai in camera mia, mi tolsi i jeans e la maglia verde, e indossai dei pantaloncini bianchi e una maglietta a canottiera grigia, mi avvolsi i capelli in una crocchia, e scesi scalza saltando per le scale, trovandomi una scesa esilarante di Kevin che cercava invano di liberarsi da Pulce, che cercava in tutti i modi di leccargli la faccia.
“Lily, aiutami mi vuole violentare” cercando con le braccia di allontanarla.
“Non ci penso nemmeno” dissi per poi scoppiare a ridere.
Ridevo così tanto che stavo per perdere l’equilibrio, poi andai in suo soccorso accarezzai Pulce e lei si allontanò dirigendosi al piano di sopra, sicuramente nel letto di Leon.
“Non credevo che il mio fascino colpisse anche gli animali” scherzò lui. “Devo essere proprio bello” 
Scoppiai a ridere, tenendomi la pancia e buttandomi a peso morto sul divano, accanto a lui.
“Ho bisogno di acqua” dissi, ricomponendomi e alzandomi dal divano per dirigermi in cucina.
Sentii dei passi dietro di me, Kevin mi stava seguendo dedussi.
Mi avvicinai alla credenza, e afferrai un bicchiere.
“Hai sete?” gli chiesi, senza nemmeno girarmi.
“No” sussurrò.
“Mh”
Andai verso il frigorifero, è presi una bottiglia d’acqua naturale fresca e né versai un po’ nel mio bicchiere, per poi girarmi verso Kevin, bevendo la mia acqua, e notai che mi sta fissando.
Silenzio. Troppo. Finì la mia acqua e andai a posare il bicchiere nel lavello, quando mi girai era vicino, troppo, tanto che per la prima volta mi sentii in imbarazzo e abbassai lo sguardo.
Sento una sua mano agguantarmi per un fianco e meno di due secondi dopo sono con la schiena attaccata al lavabo. Con l'altra mano mi alza la testa che continuo a tenere bassa ed infine si decide a parlare.
“Guardami” mi ordina.
Sollevo lo sguardo e faccio incontrare i miei occhi coi suoi.
Non so chi fra noi due abbia lo sguardo più serio in questo momento, potremmo fare una gara.
“Che c'è?” chiedo, con la poca voce che mi rimane.
“Ho voglia di baciarti”
COSA?! Sono decisamente spiazzata, non solo io, ma anche il mio cuore che credo si sia fermato per un tempo fuori dal normale.
“Cosa? Non ci provare che ti ..” mi interruppe.
“Non lo farò”
Mi rilassai. “ Allora perché non iniziamo a studiare biologia?” chiesi, senza staccare i suoi occhi dai miei.
“Non lo farò” ripeté. “Se tu non vorrai” disse per poi poggiare le sue mani sul marmo della cucina, così per incastrarmi.
Ma a che gioco stava giocando? Mi sono persa qualcosa?
“Certo che non voglio, e ovvio noi non stiamo realmente insieme e ..” inizia a sparare parole a raffica.
 “Smettila di fare la bambina” mi riprende serio.
“Non faccio la bambina, e ora spostati” dissi dura.
Porta entrambe le mani sui miei fianchi e mi spinge completamente contro il lavabo. Fa un piccolo passo avanti e lo sento sospirare agitato sul mio viso. Istintivamente cerco di scappare dalla sua presa, ma mi attira ancor di più a sè. Si avvicina alle mie labbra, non un semplice bacio, dischiude le labbra, in cerca delle mie. Non appena sento le sue mani stringermi con più forza, ci spostammo dal lavabo per sbattermi delicatamente contro il muro. Allaccio le braccia intorno al suo collo, per sorreggermi, nonostante sia attaccata al muro e non corra il rischio di cadere, si allontana dalla mia bocca per riprendere fiato.
Punta i suoi occhi nei miei per poi, avvicinare nuovamente il suo viso al mio e mi bacia. Inizia con un bacio dolce, nel quale le nostre labbra s'incastrano come a volersi conoscere meglio, poi riesco a riprendere conosciernza di ciò che sta succedendo.
“Non dovevamo fare biologia?” farfugliai, staccandomi dalle sue labbra.
Kevin, si allontanò e alzò le spalle regalandomi uno dei suoi sorrisi perfetti.
“Ho qualcos’altro per la testa” mi prese in giro.
Feci per ribattere ma lui si avventò sulle mie labbra per lasciarci tanti piccoli baci su di esse che mi fecero morire le parole in gola.
“Kevin smettila” riuscii a dire soltanto, e lui, a mia sorpresa, obbedì.
“Scusa” si allontanò, per poi abbassare lo sguardo. “Credo sia meglio, rimandare le ripetizioni. Ciao Lily”
L’osservai dalla cucina, prese il suo zaino, aprì la porta mi guardò l’ultima volta e andò via. 

SCUSATE IL RITARDOOO. (non uccideteci per favore ahahahah)
Purtroppo la scuola ci ha tenuto abbastanza occupate e quando avevamo tempo libero non riuscivamo a mettere qualcosa che ci piacesse :/ ... 
 Comunque speriamo di esserci fatte perdonare col il nuovo capitolo *__________* 

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