Patto con il Diavolo

di MidnightChaos
(/viewuser.php?uid=241803)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il patto ***
Capitolo 3: *** Primi scontri ***
Capitolo 4: *** E' una persecuzione! ***
Capitolo 5: *** Ricordo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***













Venni svegliata di soprassalto dal trillare della sveglia appoggiata sul mio comodino, proprio di fianco al letto. Tirai fuori un braccio dalle calde coperte in cui ero avvolta e con un colpo lanciai per terra quell’aggeggio infernale che mi stava rompendo i timpani. Maledissi mentalmente mia madre per avermi comprato quel tipo di sveglia, una di quelle vecchie, col martellino in metallo che sbatacchiava da una parte all’altra e che ti faceva passare la voglia di vivere o quanto meno ti incitava a lanciare quell’oggetto diabolico fuori dalla finestra, dritta nel bidone dell’immondizia.
Con dei calci alla Sandra Mondani mi scostai le coperte di dosso e di malavoglia mi alzai dal letto. Arrivai barcollando fino in bagno per lavarmi la faccia e i denti. Mi presi qualche secondo per guardarmi allo specchio, sembravo la gattara pazza dei Simpson, con i capelli sparati in aria pieni di nodi e gli occhi allucinati, neanche avessi sniffato colla per tutta la notte.
- Cassy, sei pronta? – mi chiamò mia fratello affacciandosi alla porta della mia camera, ovviamente senza bussare, come sempre.
-Pronta? Ma che ora sono? – gli chiesi confusa.
Ero convintissima fossero solo le sette, quindi eravamo perfettamente in orario per la scuola.
-Sono le 8, dobbiamo andare, muoviti! – Mi ordinò chiudendosi la porta alle spalle.
Mi catapultai fuori dal bagno e mi fiondai come una molla impazzita verso l’armadio, presi un paio di jeans, una felpa a caso e mi infilai le mie adorate converse color crema. Afferrai la cartella al volo prima di uscire correndo dalla camera, salutai mia mamma, che mi aspettava accanto alla porta con la mia colazione in mano, e mi lanciai all’inseguimento del mio stupido gemello, che ovviamente non poteva aspettare la sua povera sorella per andare a scuola insieme.
Tralasciando il misero dettaglio che cercavamo sempre di metterci i bastoni tra le ruote a vicenda, il mio gemello Niall ed io, eravamo inseparabili. Facevamo tutto insieme, l’uno finiva le frasi dell’altra e viceversa, ci proteggevamo e ci coprivamo a vicenda. Caratterialmente eravamo ai poli opposti, eravamo come il fuoco e l’acqua. Niall, che in un primo momento poteva sembrare il ragazzo più dolce e tranquillo sulla faccia della terra, dopo aver preso confidenza si rivelava per quello che realmente era, un demonio, espansivo, sicuro di sé, vanitoso, arrogante e scalmanato, al contrario di me, molto più tranquilla. Se lui prediligeva le feste in discoteca, io a quelle preferivo serate a guardare film stesa sul divano, se lui vedeva una cosa bianca, io la vedevo nera, se per me era freddo, per lui era caldo. Insomma, eravamo caratterialmente incompatibili, ma il nostro essere gemelli ci legava come un filo invisibile.
-Niall aspettami! –gli urlai dietro mentre lo rincorrevo col fiatone.
-Non ci penso nemmeno mia adorata sorellina- mi rispose ridendo.
Continuò ad andare dritto per la sua strada, con tutta la calma del mondo, col suo passo spavaldo, la cartella nera che gli ciondolava da una spalla e il vento che gli scompigliavano quei capelli da barbone che secondo lui lo facevano più sexy.
Con uno scatto degno di un maratoneta negli ultimi cinquanta metri della sua corsa lo raggiunsi e mi lanciai a cavalcioni sulle sue spalle.
-Ma che sei impazzita? Così caschiamo! – esclamò lui barcollando.
-Così impari a non aspettarmi! – lo rimproverai aggrappandomi ancora più forte alle sue spalle.
-Va bene la prossima volta ti aspetterò! – si arrese ridendo.
-Non mi fido, ma ormai sono qui, quindi mi porti – affermai vittoriosa gesticolando davanti alla sua faccia.
In risposta scoppiò a ridere e senza più protestare mi trascinò fino a scuola.
 
 
 
 
Quando arrivammo davanti all’imponente edificio scolastico, mi lanciai goffamente giù dalle spalle di Niall e mi fiondai tra le braccia della mia migliore amica Lea. La bionda ed io ci conoscevamo dalla prima elementare, quando tirò un pugno dritto in faccia ad una bambina che mi aveva rubato la merenda.
-Dal fiatone di tuo fratello ne deduco che ti sia fatta portare in braccio – constatò puntando lo sguardo su Niall ad una decina di metri da noi.
- Brava sistah! Tosta ti voglio! – esclamò alzando una mano aperta per farsi dare il cinque, che non le rifiutai.
Mi mise un braccio intorno alle spalle e ci avviammo ridendo dentro la scuola. Mi sembrava di essere abbracciata a mia madre, visto quanto era alta, mi superava di almeno una decina di centimetri.
-Cosa abbiamo alla prima ora? – mi chiese svogliatamente.
-Siamo a metà anno e ancora non ti ricordi l’orario? – la presi in giro.
La cosa non mi meravigliava affatto visto il suo odio per la scuola, ogni mattina era la stessa storia, mi aveva preso per un promemoria ambulante.
-La tua materia preferita! – le risposi con più allegria del necessario.
-Ovvero? Perché sai quanto io ami questa prigione e le materie ricreative che siamo obbligati a fare! Come non amare la chimica, la fisica e la matematica? Per non parlare della prorompente simpatia della prof di arte e della sublime fragranza di ascella di….
-Ok, fermati, abbiamo letteratura – interruppi il suo sproloquio che sarebbe potuto durare fino a domattina.
Quando Lea iniziava a parlare non la finiva più, era inarrestabile, ed io avevo il dovere civico di fermarla.
-Oh, letteratura! Che splendida materia! Peccato che non riesca mai a seguirla! Come faccio a concentrarmi sulla spiegazione quando mi ritrovo davanti una così magnifica creatura? – chiese retorica con una lieve vena di sarcasmo nella voce.
La professoressa Adams era una vera befana, la donna più brutta mai vista, tuttavia, nonostante il suo terrificante aspetto, non la trovavo così male come insegnate.
-Come procede con Liam? – cambiai discorso quando raggiungemmo gli armadietti.
In risposta Lea sbattè una leggera testata contro l’anta del proprio armadietto, sospirando rumorosamente.
Sapevo perfettamente che non era cambiato niente dal giorno prima né da quello prima ancora né da quello precedente. Liam era troppo timido e il comportamento sfacciato di lei, che lo metteva solo in soggezione, non aiutava per niente. Erano perfetti per stare insieme, erano gli opposti che si attraevano, dovevano solo riuscire a…trovarsi, ecco.
-Potresti provare a cambiare tattica – le suggerii dopo aver pensato qualche minuto.
Lei sembrò pensarci su ma non mi rispose e riprese a sbatacchiare la testa contro l’armadietto.
Dopo aver preso i libri ci incamminammo verso l’aula dove ci attendeva quel cesso coi pedali.
-Buongiorno – salutai educatamente la professoressa seduta alla cattedra.
-Buongiorno bella al buio! – la salutò la mia amica.
Mi passai una mano sulla faccia in segno di disperazione.
-Come scusi, signorina Scott?! – squittì la prof.
-Ho detto: Buongiorno, non è un po’ buio? – disse indicando con un dito l’aria.
-Vada a sedersi – le ordinò la Adams alzando gli occhi al cielo – Signorina Horan, la prego, faccia qualcosa per la Scott .
-Professoressa, sono anni che ci provo ma è tutto inutile – recitai falsamente rammaricata.
Provocai uno scoppio d’ilarità tra i compagni di classe già presenti mentre io mi beccavo una gomitata nelle costole da Lea.
Andai a sedermi in fondo, all’ultimo banco di fianco alla finestra, mentre la mia amica era costretta a sedersi in prima fila, troppo chiassose e indisciplinata per i professori per occupare qualsiasi altro posto più distante di due metri dalla cattedra.
La mattinata passò con una velocità esasperante, tanto che mi ritrovai a sperare più volte che un gigantesco meteorite si schiantasse sulla scuola. Per non parlare poi delle lezioni pomeridiane, un susseguirsi inesorabile di noiosissime ore che gli studenti passavano agonizzando stesi sul proprio banco. Quando finalmente l’ultima campanella, quella che annunciava la fine delle lezioni, risuonò per tutta la scuola, ci lanciammo tutti, senza troppi complimenti, fuori dalla classe e Lea mi costrinse ad andare a casa sua per pianificare un nuovo attacco a Liam. Ancora non aveva capito che non serviva in nuovo attacco, ma semplicemente un nuovo approccio, o lui se ne sarebbe andato a gambe levate.
 
 
 
 
“Questa è la segreterie telefonica di Niall, scoreggiate dopo il beep. Prrrrrr!”
-Cretino, sto tornando a casa, dillo a mamma che sennò si preoccupa – dissi all’avvincente segreteria telefonica di mio fratello, che evidentemente si divertiva a non rispondere al telefono.
Dopo qualche minuto sentii il telefono vibrarmi in tasca e risposi senza guardare chi mi stesse chiamando.
-Pronto?
Silenzio dall’altra parte.
-Pronto? – ripetei.
Ancora silenzio. Allontani il telefono dall’orecchio per leggere il nome scritto sul display: mamma.
-Mamma? Che succede? – chiesi preoccupata.
-Cassie… - iniziò prima di scoppiare a piangere.
Ero seriamente preoccupata. Cosa poteva essere successo per farla piangere?
-Che succede mamma? – ritentai.
-Niall…- e altri singhiozzi.
Mio fratello? Niall cosa? Cosa era successo a mio fratello?
- E’ morto Cassie…una macchina… - singhiozzava e piangeva tra una parola e l’altra.
Mi cadde il telefono di mano, che si ruppe al contatto col marciapiede, mentre fissavo, come in trance, un punto indefinito davanti a me.
Come poteva essere morto? Era uno scherzo? Doveva essere per forza così, era uno scherzo di pessimo gusto. Ora sarebbero spuntate delle persone con delle telecamere in mano per dirmi che era una Candid Camera. Perché proprio mio fratello? Perché lui? Non riuscivo a capacitarmene, ero sua gemella, avrei dovuto sentire qualcosa, un brivido, una vertigine, qualunque cosa. E invece non avevo sentito niente.
Senza aver mandato nessun ordine ai miei piedi mi ritrovai a camminare, all’inizio lentamente, barcollando, poi sempre più veloce, fino a correre senza una meta precisa. Correvo e piangevo, finchè non inciampai e caddi rovinosamente a terra sull’erba. Non mi alzai, mi rannicchiai su me stessa e piansi ancora più disperatamente.
Non riuscivo quasi a respirare a causa dei singhiozzi che mi scuotevano il corpo e non sentivo più il mio cuore battere, probabilmente si era fermato, come quello di mio fratello. Non lo avrei mai più rivisto, non ci avrei più potuto litigare, non mi sarei potuta specchiare in quei suoi occhi azzurri identici ai miei e non avrei più sentito la sua allegra risata cristallina.
Era troppo tardi per pregare, per chiedere che venisse salvato? ma chi dovevo pregare? Dio? Lo stesso Dio che lo aveva lasciato morire?
-Salvalo – mi ritrovai a sussurrare tra i singhiozzi, rivolta a nessuno in particolare.
-Riportalo in vita, ti prego – supplicai ancora.
Non volevo muovermi, volevo solo rimanere lì a piangere per sempre, non me ne importava più niente. Non mi accorgevo di quello che mi circondava, non mi arrivavano suoni all’orecchio, era come se mi fossi trovata dentro una bolla di sapone che mi separava da tutto il resto del mondo.
- Io posso aiutarti – disse una voce calda e profonda accanto a me.











GIRONE INFERNALE (Chiamerò così lo spazio autrice *-*)
Askarrambad! (?)
Hola bellissime!
Eccomi a rompere in questo forum per l'ennesima volta con una nuova ff MUAHAHAHAH!
Però stavolta non sarò sola a rompervi in quanto questa ff la scriverò a due mani, con la mia adoratissima sorellina!
(Ho scritto adoratissima solo perchè è accanto a me e sta leggendo quello che scrivo....OUCH!XD)

Allora che dire?
Ovviamente essendo solo il prologo non si capisce ancora una ceppa ma il titolo e la presentazione dovrebbe avervi fatto intuire come conitnuerà la storia! :D
Io e mia sorella ci siamo prese a legnate per decidere chi dovesse "interpretare" il Diavolo in questa storia... e dico solo che nessuna delle due ne è uscita indenne xD
Quindiiiii per ripagarci delle botte prese potreste recensiere e metterci tra le preferite/seguite/ricordate, no? xD
Nel prossimo capitolo metterò una foto della Cassie che abbiamo scelto C;
E scoprirete chi ha vinto il ruolo di diavolo, ameno che non ci siano ripensamenti e sia necessario picchiarci nuovamente xD
Alloraaaa,
Mio Twitter : @LoivissaSvitkon
Twitter mia sorella: @SilviaPoletti2
Se vi va di seguirci noi ricambiamo al volo C:
Su Ask, per qualsiasi domanda sono : MidnightChaos
Per i prossimi capitoli cercherò di fare un banner, ma non prometto niente perchè sono impedita e potrebbe venirne fuori uno schifo assoluto xD
In quel caso eviterei di metterlo xD Oppure lo metterò così, tanto per sputtanarmi da sola xD
Ok, ora me ne vado che ho detto anche troppo, anzi, ce ne ANDIAMO XD
A presto,
Beso :*





Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il patto ***

















- Io posso aiutarti – disse una voce calda e profonda accanto a me.

Sobbalzai per lo spavento e smisi improvvisamente di singhiozzare. Sollevai la testa cercando di capire chi avesse parlato, ma non vedevo nessuno. Ero da sola, seduta per terra, accanto ad un albero in un parco deserto e regnava un silenzio assoluto, quasi surreale, come se mi trovassi in una parte di mondo parallela, in una stanza insonorizzata.
Iniziai a credere di essermela solo immaginata, quando parlò di nuovo.
- Io posso aiutarti – ripetè , con tono suadente.
Mi asciugai le guance e gli occhi con la manica della felpa e mi guardai nuovamente intorno in cerca dell’origine della voce ma non la trovai, era come se provenisse da tutte le parti e da nessuna. Come un rimbombo, un eco, non era possibile capire da dove avesse origine.
-Chi sei? – chiesi spaventata, facendo saettare lo sguardo da un punto all’altro del parco.
Non vedevo bene, il mio sguardo continuava ad essere appannato e sfuocato a causa delle lacrime che continuavano a scendere, lente e silenziose.
-Non è importante chi sono. L’importante è che io posso aiutarti – rispose pacato.
Stavo seriamente iniziando a chiedermi se non si trattasse soltanto di una voce nella mia testa, un’allucinazione uditiva dovuta alla sofferenza che provavo per la perdita di mio fratello. Probabilmente il mio cervello aveva deciso di abbandonarmi a me stessa.
-Come?
Decisi di dare corda al mio cervello, alla voce o a Dio in persona, o a chiunque mi stesse parlando. Se avevo la possibilità di fare qualcosa per mio fratello l’avrei fatta sicuramente, avrei dato la mia vita per la sua, avrei fatto qualunque cosa.
-Un patto – rispose succinto.
-Un patto? Che genere di patto? – continuai a chiedere interessata. Mi sembrava di trovarmi in un film horror ma la curiosità vinceva di gran lunga sul terrore che minacciava di impossessarsi di me.
- Io salverò tuo fratello ad una condizione – iniziò a spiegare.
Mi rendevo perfettamente conto che questa situazione stava sfociando nel ridicolo ma c’era qualcosa in quella voce che mi attirava, che mi spingeva a credere nelle sue parole. Tanto cosa avrei avuto da perdere? Assolutamente niente, tanto valeva tentare.
-Qual è la condizione? La mia anima? – chiesi ironicamente nonostante la tragicità della situazione
Mi venivano in mente una miriade di film in cui il protagonista faceva un patto col diavolo, ridicoli.
-No. In cambio tu non potrai innamorarti di nessuno.
Rimasi allibita. Le labbra dischiuse e gli occhi ben aperti per lo stupore. Non capivo che motivazione si nascondesse dietro questa richiesta. Che condizione era? Che gliene fregava a lui se mi innamoravo di qualcuno o meno? Chi era lui? Mi vorticavano nel cervello una marea di domande. Tutta qui la sua richiesta? Ero molto più che propensa ad accettare se la condizione era solo quella. Avrei dato la mia vita, figuriamoci se non avessi accettato quella ridicola condizione.
 -Accetto – dissi sicura senza lasciarmi il tempo per ripensamenti, che comunque sicuramente non avrei avuto.
Sentii la voce ridacchiare.
All’improvviso, davanti a me si materializzò un’ombra nera, con i contorni non definiti, che mi spaventò a morte, facendomi fare un balzo all’indietro. Ero terrorizzata, potevo quasi sentire il sangue gelarsi nelle vene.
-Non avere paura – mi rassicurò la voce.
Non appena sentii le sue parole mi sentii subito più tranquilla, non ne sapevo il motivo.
L’ombra si avvicinò a me e vidi delinearsi un braccio. Sembrava che mi allungasse una mano per stringerla. Senza che ci fosse bisogno che mi dicesse qualcosa, allungai anche la mia e gliela strinsi e all’improvviso iniziò a ridere convulsamente, era una risata con un chè di diabolico, infernale.
-Complimenti ragazzina, hai stretto un patto col Diavolo. -esultò la voce, vittoriosa
Rimasi senza parole nel sentire quella verità, avevo davvero stretto un patto con il Diavolo?
Un dolore lancinante al bacino mi fece piegare in due, sembrava che mi stessero trafiggendo con una spada. Mi sollevai la maglia nel punto in cui sentivo un milione di aghi pungermi e con orrore scorsi dei profondi segni rossi dai quali colavano goccioline di sangue. Quando non riuscii più a reggermi sulle gambe e sentii le forze abbandonare velocemente il mio corpo, caddi piegata sulle ginocchia.
I miei occhi si fecero più pesanti e le palpebre si abbassarono lentamente, fino a chiudersi.
Poi più nulla, il buio assoluto.
 
 
 
 
 
-Cassy! Svegliati che è tardi! – sentii qualcuno urlare.
Quell’urlo sembrò trapassarmi il cervello da una parte all’altra, avevo la testa che mi scoppiava.
Mossi una mano e mi trovai ad accarezzare qualcosa di morbido e caldo, delle coperte.Mi trovavo nel mio letto.
-Cassy alzati porca miseria! – tuonò la voce di mio fratello molto più vicina di prima.
Mio fratello?  Il patto. Il Diavolo.
Aprii gli occhi di scatto, sorpresa di ritrovarmelo davanti per davvero, vivo e vegeto, con quei suoi occhi azzurri che mi guardavano scocciati.
 In un nano secondo mi tornò alla mente tutto quello che era successo soltanto la sera prima. Non avevo idea di come fossi tornata a casa ma l’importante era che mi fratello fosse vivo. Buttai per aria le coperte e mi lanciai in braccio a Niall che per la sorpresa barcollò sotto il mio peso e cadde per terra trascinandomi con lui.
-Oh Niall! – urlai stringendolo forte tra le mie braccia.
-Cassy? Che ti prende?! – mi chiese il biondino cercando in tutte le maniere di allontanarmi da lui ma invano visto che mi ero arpionata alle sue spalle come un koala.
-Sei qui! Sei vivo! – esclamai iniziando a lasciare un miriade di baci sulla sua guancia.
-Ma sei scema? Dove dovrei essere? – sbraitò spazientito.
Forse lui non si ricordava niente del giorno precedente, evidentemente il Diavolo aveva usato qualche strano trucchetto…oppure me l’ero solo sognato.
-Lascia perdere Niall, ti voglio bene! – gli scompigliai i capelli e lo lasciai andare.
Aspettai che uscisse dalla mia camera per iniziare a prepararmi per la scuola.
Forse era davvero stato tutto solo un sogno, forse mio fratello non era mai morto e io non avevo stretto nessun patto col Diavolo. Si doveva essere per forza così, che scema. Non esisteva il Diavolo e se anche fosse esistito non sarebbe di sicuro venuto a fare un patto con me. Che scemenza, era come credere all’esistenza di Babbo Natale. Eppure quel sogno sembrava così reale…potevo ancora sentire la sua voce che mi rimbombava nella testa e mi ricordavo chiaramente del dolore che avevo provato sul fianco.
Alzai la maglia fin sopra l’ombelico per togliermi ogni dubbio e mi scappò un urlo di sorpresa quando scorsi delle incisioni sulla mia pelle.
 
 




4 anni dopo.
-Cassy! Muovi quel grosso culo o a scuola ci vai a piedi!
Mi svegliai di soprassalto per le urla di mio fratello Niall.
Possibile essere sempre così svegli e pimpanti la mattina? Io appena alzata sembravo uno zombie, un fantasma,  l’ombra di me stessa e lui era un fiorellino appena sbocciato. Era anche vero che andavo a letto molto più tardi ma che potevo farci se soffrivo d’insonnia da ormai 4 anni? Se avevo fortuna mi addormentavo intorno alle 3 di mattina, se avevo fortuna….considerando che mi dovevo alzare alle 7…dormivo solo 4 ore…per questo  ormai avevo preso l’abitudine a fare dei riposini pomeridiani. La notte non riuscivo a dormire, appena chiudevo gli occhi mi venivano alla mente immagini terrificante, ombre, strane creature oscure.
Rotolai giù dal letto portandomi dietro le coperte e mi trascinai fino al bagno per lavarmi faccia e denti e per rendermi presentabile con qualche piccolo accorgimento. Mi passai una mano tra i capelli ma mi rimase impigliata in un nodo. Mi pettinai  senza preoccuparmi minimamente di farmi lo scalpo e tornai di corsa in camera per vestirmi :jeans aderenti, stivali neri e cardigan grigio.
-Arrivo eccomi! – esordii entrando in cucina e bloccando le continue lamentele di Niall sul mio ritardo.
-Era l’ora! – mi rimproverò.
-Ma se siamo perfettamente in orario! – ribattei rubandogli il toast che teneva in mano e addentandolo.
-Quante volte devo ripetertelo che mi trovo fuori dalla scuola con i ragazzi!
Sbuffai. Anche troppe volte me l’aveva detto . Tutte le mattine era la stessa storia : Niall che mi urlava di muovermi e io che gli urlavo di darsi una calmata, prendevamo la sua moto e andavamo a scuola.
Mi lanciò il casco che per un pelo riuscii ad afferrare  e me lo infilai.
-Andiamo va’!
 
 
 Arrivammo a scuola in pochissimo tempo, era una pacchia andare a scuola in moto, non era più necessario rincorrere Niall per tutto il tragitto. Scesi dalla moto, mi tolsi il casco e mi ravvivai i capelli con una mano.
Mi guardai intorno e scorsi una figura slanciata che mi salutava. La riconobbi dai calzoni rossi rovesciati all’altezza delle caviglie, era Louis, il mio migliore amico e  amico anche di mio fratello.
-Boo! – urlai un secondo prima di lanciarmi tra le sue braccia.
Lui mi prese al volo senza il minimo sforzo e mi lasciò un dolce bacio sulla fronte.
-Ti lascio nelle grinfie di mio fratello, ci vediamo dopo Boo!
Lo liberai dalla mia presa e mi incamminai verso la scuola.
-A dopo Cassy! – mi salutò con una linguaccia.
Mi diressi al mio armadietto strascicando i piedi per terra e sbadigliando come un bradipo narcolettico. Camminavo senza guardare veramente dove andavo, come sempre, finchè non andai a sbattere contro qualcun altro.
-Scusa – ci scusammo nello stesso momento.
Quando mi voltai per vedere contro chi ero andata a sbattere potei solo vedere un ragazzo di spalle, piuttosto alto, con i capelli corvini.
Ripresi a camminare per la mia strada fino ad arrivare al mio armadietto sul quale trovai Lea, apparentemente addormentata. Dormiva in piedi, come le giraffe. Mi avvicinai a lei senza farmi sentire e le diedi una botta per farla spostare dal mio armadietto. Lei, presa alla sprovvista, sobbalzò e scattò ritta come una molla e disciplinata come un soldato.
-Ho perso 10 anni di vita cazzo! – mi riproverò con tutta la finezza di cui era capace.
-Dovevi pensarci prima di addormentarti sul mio armadietto – ribattei prontamente.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo e io feci lo stesso imitandola.
Presi i libri che servivano per la prima ora e ci avviamo verso l’aula.
-Sentita la novità? – mi chiese improvvisamente tutta eccitata dopo un lungo monologo su quello che aveva fatto durante il week end con l’ultimo ragazzo di turno.
-Che novità? – le chiesi molto svogliatamente.
-C’è un nuovo arrivato a scuola e tutte dicono che sia un gran figo! – rivelò tutta esaltata nemmeno avesse vinto la lotteria.
-Nooo, davvero? Interessante! – esclamai evidentemente ironica.
Non me ne importava niente degli ultimi scoop scolastici, tantomeno di un ragazzo bellissimo di cui tanto non avrei potuto innamorarmi.
-Eddai Cassy! Fingiti emozionata, almeno per me!
-Ma non ti piaceva Liam? – la presi in giro.
Erano passati quattro anni dall’ultima volta che ci aveva provato con Liam ed io ero sicura che quel ragazzo timido le piacesse ancora. Nonostante ciò continuava a passare da un ragazzo all’altro, forse per dimenticarlo e non pensarci.
Fece una smorfia e rimase in silenzio.
Entrammo in classe e ci sedemmo nei banchi liberi in fondo all’aula, lanciando le borse per terra.  Mi accasciai sulla sedia, stesi le braccia sul banco e ci appoggiai la testa sopra. L’unica cosa che volevo fare era dormire, cosa che desideravo ardentemente tutte le mattine.
-Buongiorno – esordì  quella racchia della professoressa Adams quando varcò la soglia. Tutte le volte mi sorprendevo che il suo culo riuscisse a passare attraverso la porta.
Quelle parole, di solito seguite dal silenzio assoluto o da qualche “buongiorno” mormorato, stavolta fu seguito da gridolini e risatine di tutte le ragazze presenti in classe compresa la mia amica che mi strattonava per un braccio trattenendo il respiro.
Alzai pigramente la testa per  capire la motivazione di tutta quella esaltazione e i miei occhi si posarono su un ragazzo con i capelli scuri come gli occhi e un leggero strato di barba. Indossava solo una maglietta a maniche corte grigia che gli fasciava il torace muscoloso e dei jeans scuri. I suoi occhi scorsero tutti i volti degli alunni presenti nella classe fino a soffermarsi sul mio.
-Buongiorno – salutò il ragazzo
Fece una breve presentazione di cui non avevo ascoltato una parola, troppo rapita dalla sua voce e dai suoi occhi ancora piantati nei miei.
La sua voce era bassa e profonda, estremamente sensuale e.... mi sembrava di averla già sentita.

 
 








GIRONE INFERNALE!
Holaaaa! Eccoci qui col secondo capitolo sperando di schiarirvi le idee  :D
Che ne pensate?
Ormai si è capito chi è il Diavolo, il caro Zayn!
Io avevo votato per lui, mia sorella per Harry ma a me Zayn ispirava di più xD
Harry avrà un altro ruolo °L°
Voi chi avreste scelto ?
Secondo me era una dura lotta xD
Quindi…tornando al capitolo, abbiamo scoperto del patto e la clausola.
Clausola interessante, non trovate? :D
Fateci sapere cosa ne pensate se vi va, a noi farebbe davvero piacere C:
Concludo ringraziando MissSaade per il bellissimo banner! *-*
E’ stata gentilissima e disponibilissima! <3
Consiglio di contattare le se vi servisse un banner, è bravissima!
Lo so che avevo detto che privavo a farlo da sola ma era venuto una merda xD sono troppo impedita e quindi alla fine mi sono rivolta a lei xD
E lascio il mio twitter: @LoivissaSvitkon
E quello di mia sorella:  SilviaPoletti2
A presto,
Beso :*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Primi scontri ***
















Non avevo ascoltato nemmeno una singola parola della spiegazione della professoressa da quando il nuovo ragazzo si era seduto nel banco davanti al mio. Le sue spalle e la sua schiena trattenevano i miei occhi come una calamita, non avevo guardato altro per tutta l’ora. Lea stava continuando a passarmi bigliettini che puntualmente ignoravo, quindi si era rassegnata a parlarmi nell’orecchio per  tutta l’ora.
-Ma non trovi che sia incredibilmente figo? – mi squittì nell’orecchio verso la fine della lezione.
Mi sembrava che pure il moro avesse sentito perché non appena Lea aveva parlato aveva inclinato lievemente la testa da una parte. Non le risposi continuavo a studiare i movimenti del ragazzo.
La sentii sbuffare al mio fianco e ripetere la domanda con tono scocciato.
-Non saprei – le risposi neutra.
Ci stava sicuramente ascoltando e non volevo che lui sentisse cosa pensavo di lui. La mia ipotesi ebbe conferma quando ridacchiò dopo la mia risposta.
-Non esporti troppo mi raccomando! – mi disse ironica.
Sentii ridere di nuovo il ragazzo.
C’era qualcosa in lui che mi affascinava, o meglio tutto di lui mi affascinava. Da quegli occhi profondi e scuri alla sua voce profonda.
Ma poco importava che fantasticassi su di lui, non potevo innamorarmi e quel marchio sul mio corpo era sempre lì a ricordarmelo, quindi non mi permettevo nemmeno più di pensare ai ragazzi in quel senso. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo se avessi violato il patto ma non volevo nemmeno rischiare la vita di mio fratello per scoprirlo. Ormai era così e basta, non mi ponevo più domande.
Finalmente la campanella che annunciava la fine della prima ora risuonò per la scuola. Infilai i libri che non avevo nemmeno aperto nella borsa e quando alzai la testa alla ricerca del moro questo era già sparito. Uscii dall’aula seguita da Lea e ci inoltrammo nei corridoi.
-Secondo te è fidanzato? – mi chiese subito la mia amica.
-Non ne ho idea – le risposi tranquillamente – perché non glielo chiedi?
-Non vorrei sembrare invadente…
Scoppiai a ridere. Non voleva sembrare invadente? Lea risultava invadente anche solo quando ti guardava, il nuovo ragazzo poi l’aveva letteralmente spogliato con gli occhi.
-Che materia abbiamo ora? – cambiò discorso all’improvviso.
-Inglese, andiamo nel laboratorio linguistico – le risposi in un sospiro.
L’ora d’inglese il lunedì era una pacchia perché avevamo laboratorio linguistico e il più delle volte ci trovavamo a guardare film in inglese o ascoltare registrazioni.
Entrammo nella grande aula e ci fiondammo subito nelle postazioni in fondo dove trovammo Louis a tenerci i posti.
-Bellissime! – ci salutò sorridendoci.
Mi sedetti accanto a lui e Lea dall’altra parte, feci per mettere la borsa nella postazione vuota accanto a me quando Lou mi fermò.
-Quella è occupata!
-Da chi? – gli chiesi incuriosita.
Piegai la testa all’indietro, sporgendomi sulla sedia che si reggeva ormai su due gambe e mi stiracchiai in attesa della risposta del castano.
-Da me – rispose alla mie spalle il moro.
Sobbalzai sulla sedia in bilico e sarei caduta indietro finendo per rompermi la testa sul pavimento se il corpo del ragazzo non avesse fermato la mia sedia.
-Stai attenta – mi sussurrò in un orecchio mentre mi rimetteva in equilibrio.
-G-grazie – balbettai in risposta. Sicuramente ero anche arrossita.
Il suo viso era così vicino che potevo scorgere le pagliuzze dorate che gli contornavano la pupilla, sembrava di guardare una pietra preziosa.
La professoressa ci annunciò che quel giorno avremmo guardato una rappresentazione dell’ Amleto. Mi appoggiai allo schienale della sedia sospirando e mi misi al collo le enormi cuffie nere sciupate dal troppo utilizzo in modo da sentire sia il film sia quello che si dicevano Lea e Lou. Non appena le luci erano state spente quei due si erano messi a spettegolare, erano come due vecchie comari.
Zayn seduto nella postazione accanto alla mia aveva anche lui la schiena appoggiata allo schienale della sedia e le lunghe gambe stese sotto il banco. Sembrava seguire davvero il film ma teneva le cuffie come me quindi probabilmente ascoltava anche lui i gossip che si scambiavano Lou e Lea.
Furono due ore strane. Alla fine della prima ora avevo già cambiato posizione una cinquantina di volte. Cercavo di seguire il film o i due accanto a me ma tutti i miei sensi si ritrovavano concentrati sul ragazzo nuovo, come se una forza misteriosa mi attirasse verso di lui. Non avevo fatto altro che studiare i suoi movimenti con la coda dell’occhio per tutto il tempo e se se ne era accorto non me lo aveva lasciato intendere.  Era una situazione esasperante, come se mi fossi trovata rinchiusa in un posto ristretto e non ne capivo il perché. Ero rimasta in silenzio per tutto il tempo tranne le poche volte in cui Lou mi aveva rivolto delle domande. Non vedevo l’ora di scappare da quell’aula e così feci non appena la campanella suonò.
-Ci vediamo dopo – liquidai i miei amici prima di uscire con passo veloce dall’aula.
Avrei avuto un’ora di buco. Aspettai che tutti gli studenti si dirigessero nelle rispettive aule e mi trascinai per i corridoi come uno zombie finchè senza pensarci mi infilai dentro il bagno delle ragazze. Aprii la finestra per arieggiare l’ambiente, appoggiai i palmi delle mani su uno dei lavandini e sospirai rumorosamente. Aprii il rubinetto, lasciai scorrere l’acqua per qualche secondo poi ne presi un po’ tra le mani e mi ci sciacquai il viso. Non mi asciugai, lasciai che le fredde goccioline d’acqua mi scorressero sul collo per poi scendere dentro la maglia provocandomi dei brividi. Alzai lo sguardo sullo specchio e sobbalzai dopo aver tirato un urlo. Insieme al mio riflesso nello specchio, c’era anche quello del ragazzo nuovo dietro di me che mi guardava divertito. Mi voltai di scatto ma non c’era nessuno, ero completamente sola in quel bagno. Mi voltai di nuovo verso lo specchio ma c’era solo il mio riflesso che mi rimandava uno sguardo allibito.
Ora avevo anche le allucinazioni. Avevo bisogno di aria.
Uscii in giardino e mi allontani dai rumori provenienti dall’edificio scolastico. Mi fermai solo quando arrivai troppo lontana per sentire qualsiasi suono. Lanciai la mia borsa per terra, mi tolsi la giacca e la stesi sull’erba . Mi ci sdraiai sopra appoggiando la testa sulla borsa e chiusi gli occhi. Feci dei respiri profondi per schiarirmi le idee e lasciai che i raggi del sole mi accarezzassero il corpo scaldandomi. Era impossibile che l’arrivo del nuovo ragazzo mi avesse scombussolata al punto da farmelo vedere in uno specchio, era una cosa da malati, non assolutamente da me. Certo, era oggettivamente un bel ragazzo ma aveva qualcosa che non mi convinceva del tutto e più ci pensavo più mi convincevo che in lui ci fosse qualcosa di familiare ma non riuscivo a capire cosa, ero sicurissima di non averlo mai visto.
Un chiacchiericcio interruppe i miei pensieri. Mi sollevai puntellandomi sui gomiti e scorsi il ragazzo nuovo circondato dal gruppo delle oche. Queste continuavano a starnazzargli intorno mentre lui sembrava non considerarle minimamente, si limitava a camminare con le mani infilate nelle tasche e a guardare dritto davanti a sé. Era appena arrivato e già aveva tutte le ragazze della scuola ai suoi piedi. Come richiamato dal mio sguardo si voltò verso di me e un ghigno di dipinse per l’ennesima sul suo volto.
Ma che aveva sempre da ghignare quando mi guardava?
Quel ragazzo mi rendeva irrequieta, c’era qualcosa in lui che non mi piaceva. Una voce nel mio cervello suonava come un campanello d’allarme e mi consigliava di stargli lontana.
 
 
 


 
Avevo passato tutta la mattina ad evitarlo, quando lo incontravo per i corridoi cambiavo strada, quando non potevo farlo evitavo il suo sguardo e mi costringevo a guardare da un’altra parte.
Arrivata a casa mi lanciai sfinita sul divano. Era più faticoso evitare quel ragazzo che spuntava da tutte le parti come un fungo che fare una maratona. Mi lasciai cadere sul divano ancora vestita e senza accorgermene mi addormentai.
Non sapevo esattamente quanto tempo dopo, sentii delle voci parlare piano vicino a me e un buon odore provenire dalla cucina ma ero troppo stanca per muovermi e mi lasciai ricedere in un sonno profondo.
Mi risvegliai di colpo quando mi sentii appoggiare sopra qualcosa di morbido aprendo gli occhi di scatto. Con mia grande sorpresa mi ritrovai la faccia del ragazzo che avevo cercato di evitare per tutta la mattina a pochi centimetri dalla mia. Mi guardai velocemente intorno. Eravamo in camera mia e non avevo più il giacchetto addosso e nemmeno le scarpe. Riportai subito lo sguardo su di lui.
-Ciao – mi disse sorridendomi come se fosse scontato che lui si trovasse lì.
Che cavolo ci faceva lui in camera mia? Chi l’aveva fatto entrare in casa? E perché mi aveva portato in camera?
-Ti eri addormentata sul divano, mi sembravi stare scomoda… – aggiunse quando vide che non gli rispondevo.
-Come sei  entrato? – lo interruppi brusca.
-Mi ha fatto entrare tuo fratello – spiegò spostandosi di lato per lasciarmi scendere dal letto.
-E adesso dov’è?
-E’ uscito per una commissione veloce – mi rispose tranquillo.
Annuii un po’ titubante senza guardarlo negli occhi, mi infilai le pantofole e mi diressi giù per le scale verso il salotto seguita dal moro. Non mi ricordavo nemmeno come si chiamava.
E ora cosa avrei dovuto fare? Accidenti a mio fratello! Non poteva portarselo dietro?
Mi lasciai sprofondare sul divano e accesi la televisione, dopo pochissimo mi raggiunse.
Avevo cercato di evitarlo per tutta la mattina e poi me lo ritrovavo a casa! Avevo sprecato un sacco di energie inutilmente.
 


 
Questo silenzio mi stava uccidendo, proprio come era successo questa mattina nel laboratorio linguistico.
-Da dove vieni? – gli chiesi nel tentativo di rompere quello strano silenzio.
Mi guardò per qualche istante prima di rispondere.
-Ha importanza? – mi chiese a sua volta.
Era pure un maleducato.
-Era solo per fare conversazione – ribattei acida.
-Pensavo avessi  acceso la televisione apposta per non parlarmi veramente…
Colpita e affondata. 
-Senti…ehm…
-Zayn – mi suggerì.
-Senti Zayn, fai un po’ come ti pare!
In un attimo allungò la mano e mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio facendomi sobbalzare leggermente.
-Io faccio sempre “un po’ come mi pare” – mi rispose ghignando.
Si alzò e senza aggiungere altro si diresse in cucina.
Quel ragazzo era strano. Maleducato, strafottente e strano.
 
 


 
 
-Che ci fa quello a casa nostra? – attaccai Niall non appena aveva messo piede in casa. Il moro era ancora in cucina, lo potevo sentire mentre sgranocchiava patatine.
-Quello chi? – mi domandò a sua volta con un sopracciglio alzato.
-Quello nuovo Niall, sveglia! Zaino! – lo strattonai per le spalle come una bambola.
-Zaino? – scoppiò a ridere nemmeno gli avessi raccontato una barzelletta.
-Che minchia ti ridi?
-Si chiama Zayn, non Zaino! – e scoppiò a ridere di nuovo.
-Si quello che è! Che minchia ci fa qui? – gli chiesi scocciata per la seconda volta.
-L’ho invitato io. E’ simpatico, non trovi?
-Si, simpaticissimo. Come un cactus infilato nel culo – gli risposi seria.
Mi fissò per qualche secondo prima di parlare.
-Ma un cactus infilato nel culo non è simpatico…
A volte mi pentivo di aver stretto quel patto. Ma si poteva avere un fratello così coglione?
-Come è possibile che condivida i tuoi stessi geni? – sbraitai esasperata.
-Rimane anche a cena – mi informò.
Fantastico. Poi magari vuole rimanere anche a dormire?
-Perfetto, io non ceno - annunciai
Girai i tacchi, feci le scale due a due e mi tuffai nel letto, dove sarei rimasta per tutta la giornata per evitare di vederlo.
 














Girone infernale!
Eccoci qua con il nuovo capitolo!
Come state? Tutto bene? Buon per voi xD
La lunghezza del capitolo mi frega sempre. Scritto su word sembra abbia scritto un papiro, poi arrivo qua e ho scritto due righe xD
Vedrò di rimediare impegnandomi di più e scrivendo ventordici pagine su Word, abbiate pazienza.
Allora, riguardo al capitolo.
Cassandra cerca di evitare Zayn ma se lo ritrova sempre tra i piedi.
Cosa ha in mente il ragazzo?
Ho letto nelle recensioni e nei messaggi privati le vostre prime ipotesi e devo dire che alcune ci sono andate vicine C:
Un ringraziamento speciale a  mi55  rixxy   che mi sopporta anche su Twitter xD
E' stata gentilissima e mi ha suggerito nuove idee :)
Visto che mia sorella mi sta già abbandonando xD
Il suo programma di ff scritta a quattro mani è che io scrivo e lei mi guarda. Grazie, molto utile! xD
Twitter per chi volesse seguirmi, ricambio al volo: @LoivissaSvitkon
Su Ask : MidnightChaos   
Premetto che ogni tanto mi dimentico di avere ask xD
Per chi mi seguisse anche su Exchange of body, entro stasera o domani sera massimo aggiorno anche quella! C;
Mi sembra di non avere altro da dirvi anche se sicuramente appena avrò cliccato su pubblica mi accorgerò di essermi scordata qualcosa ma va beh...
Lasciatemi una recensione per dirmi cosa ne pensate che mi, anzi CI, fa davvero piacere C:
A presto,
Beso :*







Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** E' una persecuzione! ***




















Zayno era rimasto tutto il maledettissimo giorno a casa nostra. Sentivo il suo vociare unito a quello di mio fratello provenire dal salotto, probabilmente stavano giocando a quello stupido gioco di calcio. Come mi aveva detto mio fratello era rimasto anche a cena e poi finalmente se n’era andato. Mentre la sottoscritta, come aveva preannunciato , non si era mossa dalla camera. Avevo passato tutto il pomeriggio a fare i compiti e davanti al computer. Stranamente quella notte avevo dormito serenamente, come non succedeva da anni. Niente incubi, niente risvegli bruschi e improvvisi nel bel mezzo della notte. La mattina mi alzai, fresca e rilassata come una fiore appena sbocciato, senza dover aspettare mio fratello che mi faceva da sveglia vivente. Stavolta sarei stata io a svegliarlo.
Trotterellai fino al bagno e feci una doccia veloce, mi asciugai ancora più velocemente e mi piantai davanti all’armadio. Presi un paio di jeans grigio chiaro, una felpa color crema e mi infilai le converse dello stesso colore della maglia. Sotto lo sguardo sorpreso di mia madre, che reputava incredibile un mio risveglio così mattiniero, mi infilai senza farmi sentire dentro la camera di mio fratello. Mi richiusi la porta alle spalle lentamente e mi ritrovai chiusa nella camera completamente immersa nell’oscurità. Non riuscivo a vedermi nemmeno i piedi da quanto c’era buio ma non avevo bisogno della luce per sapere dove si trovava il letto di mio fratello. Feci un sospiro profondo, mi molleggiai sulle gambe e presi la rincorsa per lanciarmi come una matta sopra il letto. Atterrai su di lui con l’eleganza di un ippopotamo legato ma non diede segni di fastidio, rimase immobile. Mi sdraiai totalmente sopra di lui e gli infilai le mani nei capelli per poi spettinarlo violentemente e iniziare a cantilenargli in un orecchio.
-It’s time to get up, brother! Fratello sorgi e brilla!
Due grandi mani che mi afferrarono improvvisamente i polsi e mi bloccarono mi fecero sobbalzare. La risata che ne seguì mi fece gelare il sangue.
-Io non sono tuo fratello – mi sussurrò all’orecchio.
Mi paralizzai. Quella voce. Non poteva essere la sua. Non era statisticamente possibile ritrovarmelo sempre tra i coglioni!
-Però. Sei intraprendente – mormorò troppo vicino al mio viso.
 Ancora confusa sbattei più volte le palpebre sperando di trovarmi in un brutto sogno, magari mi sarei svegliata. Ma così non fu. Una fila di denti bianchi e perfetti apparve proprio sotto di me e riconobbi le sue labbra carnose e quel  ghigno diabolico.
Mi divincolai e scattai all’indietro ma persi l’equilibrio e caddi rovinosamente dal letto picchiando una culata madornale per terra. Lo sentii ridere di gusto. Avvampai e mi alzai più veloce che potevo.
-Che cazzo ci fai qui? – sbottai.
-Dormivo finchè non mi sei saltata addosso – mi rispose in tono malizioso.
Oh….Fanculo!
-Ma non ce l’hai una casa? – sbraitai acida.
-Certo .        
-Perfetto! Vacci e togliti dai coglioni! – sbottai.
Non sentii nessuna risposta, ero riuscita a zittirlo. Ora potevo girare sui tacchi e fare la mia uscita trionfale. Ed è quello che avrei fatto se un braccio non mi avesse cinto la vita e sollevato di peso.
-Che cazzo stai facendo? – urlai mentre scalciavo all’aria e tentavo di divincolarmi, senza risultato.
- Voglio spengere i tuoi bollenti spiriti – mi rispose perentorio.
Che cazzo voleva fare questo coglione? Era incredibile che mio fratello non si fosse svegliato per le mie urla, era in  coma? Uscimmo dall’oscurità della camera di Niall ed entrammo nella mia, che si trovava proprio di fronte alla sua. Chiuse con eleganza la porta e mi portò senza fatica fino al mio bagno. Capii troppo tardi quello che voleva fare. Entrò nel box doccia e mi fece scivolare giù dalla sua spalla. Cercai di scappare con uno scatto che di felino aveva ben poco ma come era prevedibile mi bloccò col suo corpo. Allungò una mano dietro la mia schiena e aprii il rubinetto. Mi scappò un urlò quando venni investita dal getto dell’acqua gelata. Lui rise probabilmente per la mia espressione e io gli diedi un pugno sul petto per farlo smettere di ridere.
-Ouch! – mi prese in giro, fingendo un’espressione sofferente quando era palese che non gli avessi fatto nemmeno il solletico. Lo stavo maledicendo in tutte le lingue a me conosciute e non. Ma non se ne era andato? Che ci faceva a casa mia?
Dei brividi di freddo iniziarono a scuotermi il corpo e iniziai a battere i denti.
Lui si avvicinò ancora di più a me, stringendomi a sé e avvicinando ancora di più il viso al mio. La voce che aveva risuonato nella mia testa per tutta la giornata precedente adesso esplose nella mia testa come una sirena. Non sapevo cosa mi spinse a chiudere gli occhi ed a tentare di allontanarmi da lui, appiccicandomi il più possibile alla parete alle mie spalle.
-Non avere paura – mi soffiò a pochi millimetri da un orecchio.
 
All’improvviso, davanti a me si materializzò un’ombra nera, con i contorni non definiti, che mi spaventò a morte, facendomi fare un balzo all’indietro. Ero terrorizzata, potevo quasi sentire il sangue gelarsi nelle vene.
-Non avere paura – mi rassicurò la voce.
 
 
Un flebile ricordo si fece spazio di prepotenza nella mia mente.  Sbarrai gli occhi e li piantai nei suoi. Mi ricordò qualcosa quella frase. Era come se fosse la chiave che aveva aperto un cassetto ma non riuscivo a vederne il contenuto perché tutto troppo sfuocato. Quelle parole mi ero familiari ma non riuscivo a ricordare dove, quando e da chi le avessi sentite pronunciare. Lui mi guardò serio, scrutava i miei occhi. Sembrava cercarci dentro la risposta ad una domanda che non mi aveva posto. Spostò il rubinetto sull’acqua tiepida e finalmente smisi di tremare.
Uscì dalla doccia afferrò un enorme asciugamano azzurro e me lo posò sulla testa e sulla spalle. Prese a frizionarmi  delicatamente i capelli, per non farmi male. Sembravo una bambola tra le sue mani, una bambola senza vita. Guardavo il suo volto senza guardarlo veramente, in realtà cercavo tra i ricordi nella mia memoria. Sapevo che mi stavo dimenticando di qualcosa di importante ed ero frustrata perché non riuscivo a ricordare cosa fosse. Mi risvegliai solo quando sentii il rumore del phon come sottofondo ai miei pensieri, come se fossi uscita improvvisamente da uno stato di trance.
-Vattene a fanculo, faccio da sola – ringhiai strappandogli il phon di mano.
Lui alzò le mani in segno di resa e si allontanò senza aggiungere niente.
 
 
 
 
Dopo essermi asciugata i capelli, ritruccata e cambiata scesi in cucina per fare colazione. Con mio enorme disappunto ci trovai Zayno, Borsa, Tracolla o come cavolo aveva detto di chiamarsi a fare tranquillamente colazione, neanche si trovasse a casa sua.
-Ti ho preparato un toast – mi disse con un tono che a qualcun altro sarebbe potuto sembrare gentile.
Cosa si aspettava? Un ringraziamento? Avrebbe aspettato a lungo. Afferrai il toast dal piatto che aveva davanti e lo addentai lasciandoci un buco che solo un morso di Gozzilla avrebbe eguagliato.
Mi sedetti al tavolo nel posto più lontano possibile dal suo e mi versai della spremuta d’arancia nel bicchiere.
-Buongiorno Zayn – salutò allegramente mia madre quando entrò in cucina.
Ecco come si chiamava, Zayn. Non che mi importasse, non mi sarebbe mai stato necessario sapere il suo nome visto che non avevo intenzione di parlargli.
-Dov’è Niall? – chiesi a mia madre-  è tardi, dobbiamo andare a scuola.
-Niall è già andato a scuola tesoro – mi informò.
-E io come cavolo ci vado a scuola? Volando? – sbottai.
-Zayn si è gentilmente offerto di accompagnarti con la sua moto.
Cosa? Piuttosto sarei andata a piedi. Non avevo la minima intenzione di salire in moto con quel tipo.  Finii in pochi morsi il toast e terminai in abbondanti sorsate la spremuta. Mi alzai spostando rumorosamente la sedia e sparecchiai.
-Ah tesoro – richiamò la mia attenzione la donna – domani mattina presto io e tuo padre partiremo per qualche giorno quindi tu e tuo fratello sarete da soli. Vi prego…non litigate…o almeno provateci!
Annuii poco interessata. Lo sapeva perfettamente anche lei che in quei giorni non avremo fatto altro che litigare come cane e gatto.
-Zayn se vuoi puoi stare qui e controllare i miei due angeli  – propose mia madre.
Mi girai di scatto e la fulminai. Poi guardai il moro e gli feci segno con la testa di non accettare.
-Ma con piacere signora! – gli rispose il paraculo, ignorando palesemente le mie smorfie.
Alzai gli occhi al cielo, sbuffai e uscii con passo svelto dalla cucina. Afferrai la cartella al volo e uscii di casa. Mi aspettava una lunga camminata.
Camminavo con spasso spedito verso la scuola, Il vento mi scompigliava i capelli e mi faceva socchiudere gli occhi. Sentii il rombo di una moto in lontananza avvicinarsi sempre di più fino ad affiancarsi a me. Mi fermai per vedere chi fosse. Il ragazzo si sollevò la visiera del casco e mi ritrovai davanti gli occhi di Zayn, chi altro?
-Dai, Sali che ti offro un passaggio.
-Piuttosto vado fino a scuola strisciando – gli risposi acida mentre riprendevo a camminare.
- Sali – mi ordinò.
-Perché non te ne vai al diavolo? – ringhiai.
Lui mi fissò per qualche istante serio e poi scoppiò a ridere. Cosa avevo detto di tanto divertente? Gli piaceva essere insultato? Lo trovava divertente? Evidentemente si perché era piegato in due dalle risate e si teneva la pancia.
Però aveva una bella risata. Ma che me ne fregava a me se aveva una bella risata? Niente, appunto.
Senza considerarlo ulteriormente girai i tacchi e ripresi a camminare.
-Fermati – mi ordinò la sua voce seria.
E lo feci, mi fermai e mi voltai di nuovo verso di lui. Non ne sapevo il motivo ma mi fermai. Il mio cervello autonomamente aveva deciso di sottomettersi a quel comando.
-Mettiti questo – disse porgendomi un casco – e sali che ti porto a scuola – concluse con tono autoritario.
Ancora una volta il mio corpo agì prima che potessi  formulare un contrordine. Il tono della sua voce non permetteva repliche e mi sentii obbligata ad ubbidirgli. Mi infilai il casco e salii sulla moto, dietro di lui.
-Tieniti.
Cosa? Tenermi a lui? Non ci pensavo nemmeno, era già tanto se gli avevo consesso di salire sulla sua stupida moto.
Quando capì che non mi sarei mossa ripetè l’ordine e io obbedii per la terza volta. Che mi stava succedendo? Perché non potevo resistergli? Non volevo neppure vederlo ed ora ero seduta sulla sua moto abbarbicata a lui per non cadere.
Arrivammo a scuola perfettamente in orario. Scesi dalla moto e mi tolsi il casco. Mi ravvivai i capelli con una mano e lui fece lo stesso. Mi prese il casco di mano e li legò entrambi alla moto. Feci scorrere velocemente lo sguardo sul cortile, ci fissavano tutti. O porca miseria. Le ochette che l’avevano seguito il giorno prima mi fulminavano con lo sguardo e borbottavano tra di loro, coprendosi la bocca con la mano, nemmeno fossi capace di leggere il labbiale. Alzai loro il dito medio e  queste mi guardarono sconvolte. Che esagerazione. Il moro mi raggiunse e quando vide quello che stavo facendo e a chi lo stavo facendo scoppiò a ridere. Lo facevo ridere questo ragazzo, quello era sicuro.
-Andiamo? – mi chiese sorridendomi.
- No, vai da solo.
Mi incamminai verso l’ingresso senza aspettarlo, camminando veloce, sperando inutilmente che non mi raggiungesse, cosa che, appunto, fece in pochi secondi.
-Guarda che è inutile che scappi, abbiamo le stesse lezioni  - mi afferrò un lembo della felpa per farmi rallentare.
Mi fermai e lo guardai scioccata.
-Sempre? – gli domandai disperata ed esasperata allo stesso tempo.
-Sempre – mi confermò sventolandomi davanti alla faccia l’orario delle sue lezioni. Mi bastò una rapida occhiata per rendermi conto che stava dicendo la verità, il suo orario era identico al mio.
Vidi delle onde bionde ondeggiare in lontananza.
-Leaaaaaaaaaa! – la chiamai correndole incontro, sperando così di liberarmi di Valigia. Sperando, appunto, perché in realtà mi seguì come un cagnolino ubbidiente, con la differenza che io non glielo avevo chiesto.
La mia amica spalancò gli occhi quando mi vide arrivare seguita da Marsupio. Il suo sguardò saettava da me a lui e mi lanciò un’occhiata come per chiedermi cosa ci facessi in sua compagnia. Con un gesto della mano le feci intendere di lasciar perdere.
-Lea! Perché non fai fare a…quello – gli indicai il moro – un giro della scuola? – le proposi sorridendole.
-Ma certo! – le si illuminarono gli occhi.
Lo prese a braccetto senza troppi complimenti e lo strascinò via con sé. Prima che si allontanassero troppo sentii chiaramente Lea chiedergli se avesse una fidanzata ma non riuscii a sentire la risposta.
Mi stiracchiai, finalmente libera da quella piattola e mi diressi verso il mio armadietto, lo aprii, presi il libro di fisica e mi diressi alla velocità di un bradipo zoppo verso l’aula.  La classe era quasi piena, era rimasto solo un posto in fondo libero e qualche altro in cima. Mi fiondai subito in quello nell’angolo in fondo vicino alla finestra, non sarei stata accanto a Lea ma nemmeno accanto al moro. Lanciai la cartella sopra il banco per usarla come trincea, appoggiai i gomiti sul banco e la testa sulle mani. Lea e quello nuovo entrarono in classe qualche minuto dopo. Lei sprizzava gioia e felicità da tutti i pori, nemmeno avesse vinto la lotteria, Zayno, non appena varcò la soglia, si guardò intorno, forse alla ricerca della sottoscritta e storse la bocca quando constatò che non c’erano posti liberi accanto a me. Ma che peccato. Ero affranta dal dispisacere.
-Oddio…lo scoperei dall’alba al tramonto! – sentii dire da una voce acuta alla mia destra. Mi voltai e solo allora mi accorsi che mi ero seduta accanto ad una delle oche.
-Perché, dal tramonto all’alba no? – aggiunse un’altra oca nel banco accanto.
Oh santo cielo. Va bè, meglio queste due oche che lui.
Afferrai il cellulare ed entrai su twitter per distrarmi dalla noiosa lezione che non avevo la minima intenzione di seguire.
-Signorina Stevens, se deve stare in fondo solo per chiacchierare è pregata di venire qua, al posto di Malik – riprese la professoressa.
Oh porco cazzo. Spalancai la bocca per protestare ma non mi uscì nessuna parola, fissavo la professoressa sotto lo sguardo divertito di Zayno mentre l’oca accanto a me prendeva le sue cose e faceva cambio di posto col moro.
Non era possibile! Era una persecuzione!
 
 













Girone infernale!
Askarrambad!
Come vi va la vita? Spero bene! Qui si tira avanti u_U
Allora, per prima cosa, vorrei ringraziarvi per le recensioni e per aver messo la storia tra le seguite,ricordate,preferite.
Seconda cosa, mia sorella se l’è presa perché ho detto che era utile quanto…non so quanto cosa, ma era inutile insomma. Quindi stavolta dico: Silvia, graZie mille per il tuo immenso aiuto, mi hai dato così tante idee che questa ff durerà più di Beautiful e hai scritto così tante pagine da fare invidia a Dante, Graie Davvero!
AHAHAHAHAHAH
Ok, basta babbaloccare e parliamo di cose serie.
Che ne pensate di questo capitolo?
Zayn è ovunque e Cassy non riesce a liberarsene.
Che ne pensate del loro incontro mattutino? xD
E quella frase che fa eco nei pensieri di Cassy?
Riuscirà a rinvenirsi prima del nuovo anno?xD
Vi lascio come sempre il mio Twitter: @LoivissaSvitkon
E quello della principessa sul pisello : @SilviaPoletti2
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, se avete voglia…
A me NOI farebbe un sacco piacere *W*
A presto,
Beso :*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ricordo. ***


 
*Mi sono dimenticata il Banner* <_<





Ovviamente chi trovai dentro casa mia? Quel maledetto babbuino persecutore.
-Che cosa diavolo ci fai qui?!- sbottai furiosa con la voce più alta di qualche ottava rispetto al normale.
-Non ricordi? Tua madre mi ha detto di tenervi d’occhio- mi rispose con ovvietà tornando a giocare alla xbox di mio fratello.
-Non abbiamo bisogno di un babysitter, grazie dell’interesse!-replicai gettando la cartella per terra in mezzo alla stanza. In realtà era diretta verso il moro ma avevo dosato male le forze.
-Ne sei così sicura?
-Ne sei così sicuro?- lo scimmiottai.
Alzò un sopracciglio e mi lanciò uno sguardo carico di sarcasmo.
-Si può sapere perché mi odi così tanto?- mi domandò serio.
-Ma Chicco….-iniziai.
-Zayn…- mi corresse lui, infastidito dal fatto che ancora non mi ricordassi il suo nome.
-Io non ti odio affatto! Per provare odio verso qualcuno deve esserci un interessamento, un minimo di trasporto emotivo,un qualsiasi tipo di contatto umano,cosa che tra noi non c’è assolutamente, la tua presenza mi è indifferente. Mi stai solo sui coglioni, che è molto diverso. Ovunque io mi giri ci sei tu, come diamine è possibile?- gli spiegai gesticolando vistosamente.
-Non sarà che magari tu vai ovunque vada io?- mi aveva ribaltato la frittata sperando di fregarmi.
-No, ti assicuro che cerco sempre di evitarti molto accuratamente!- m’infervorai.
-Ma non avevi detto che la mia presenza ti era indifferente?- mi aveva fregato.
-Oh, fottiti!- sbottai inacidita.
Ora ero arrabbiata anche con me stessa perché non ero riuscita a tenergli testa.
-Ti propongo un patto- iniziò con voce suadente.
Ah-ah.
-Un patto?Che genere di patto?- gli chiesi in un sussurro.
Una sirena esplose nella mia mente. Avevo già vissuto questa scena.
 -Niente più litigi o fughe, cerchiamo di conoscerci,semplicemente, che ne pensi?- propose mentre spegneva la console.
-Come se avessi accettato!- gli risposi poco prima di lanciarmi su per le scale per raggiungere la mia camera.
 Se sperava che saremmo diventati grandi amici si sbagliava di grosso.
 
 
Mi chiusi la porta alle spalle, mi appoggiai ad essa e mi lasciai scivolare fino a ritrovarmi seduta sul pavimento.
Un patto.
Il mio patto.
Mi sembrava di aver già vissuto quella scena perché l’avevo vissuta davvero. Un mare di ricordi si rovesciarono nella mia mente come un cassetto svuotato. Quella voce era molto simile alla sua voce.
Quella voce era la sua.
Ora ricordavo tutto. Ogni singolo dettaglio.
Questo significava che…
Zayn era lui.
Zayn era il diavolo.
 
“Ci sei arrivata finalmente. Pensavo non te lo saresti più ricordato” esplose una voce nella mia testa e un brivido mi percorse la spina dorsale.
Mi guardai intorno ma ero da sola in camera, me l’ero forse immaginata?
“Non te la sei immaginata” mi lesse nella mente.
Ero terrorizzata e la testa sembrava scoppiarmi da un momento all’altro. Perché il diavolo aveva preso forma umana? E che cosa ci faceva qui? Voleva annullare il patto? Era venuto per riprendersi la vita di mio fratello?
“Non è così”
-Esci dalla mia testa!- gridai con le lacrime che cominciavano a farsi strada.
Sentire la sua voce nella mia testa era inquietante, mi sentivo indifesa, senza controllo alcuno, mi faceva venire i brividi.
“Come desideri”- disse accondiscendente.
-Così va meglio?
Il moro si materializzò all’improvviso davanti ai miei occhi, per la paura feci un balzo all’indietro andando a sbattere la testa contro la porta e lanciai un grido, più di paura che di dolore.
-Calmati- mi ordinò.
Mi si posizionò davanti e si piegò sulle ginocchia fino ad arrivare alla mia altezza.
-Non ti farò del male, stai tranquilla- disse più gentilmente.
Avvicinò una mano al mio viso e mi tornò alla mente quando, tempo fa, allungò la mano verso di me per stringere quel dannato patto.
Sobbalzai quando la sua pelle calda sfiorò la mia guancia.
-Va tutto bene- mi tranquillizzò con voce carezzevole.
-Non mi sono mai innamorata di nessuno, te lo giuro! – lo supplicai, riferendomi ai termini del patto.
Ed era vero. Da quando avevo stretto quel patto avevo chiuso il cuore con un lucchetto e avevo gettato via la chiave. Una volta stavo quasi per innamorarmi di un ragazzo, mi piaceva molto e io piacevo a lui e iniziai ad avere visioni tremende, incubi, che messi a confronto con quelli che faccio ogni notte erano niente. Mi allontanai subito da lui, sparii dalla circolazione e dal quel giorno non provai ad avvicinarmi più a nessuno. Appena vedevo che qualcuno si interessava a me mi allontanavo.
-Lo so, sei stata brava- mi sorrise.
Si sedette davanti a me a gambe incrociate e mi guardava serafico.
-Sono sempre il ragazzo a cui urlavi contro fino a 5 minuti fa,sai?
Erano evidenti i suoi tentativi di tranquillizzarmi ed era sorprendente quanto fossero efficaci. Smisi di piangere e feci dei respiri profondi. Mi asciugai il viso con la manica della felpa e lo osservai meglio.
Visto così pareva tutto tranne che un diavolo.
-Cosa vuoi allora?- mi decisi a chiedere- Perché sei qui?
Mi guardò per qualche istante senza rispondere.
Si sporse in avanti, appoggiandosi sulle ginocchia, appoggiò una mano sulla porta, proprio di lato alla mia testa e con l’altra prese una cioccia dei miei capelli e iniziò a giocarci.
-Mi annoiavo…- sussurrò con le labbra che sfioravano la mia guancia.
D’istinto afferrai il ciondolo a forma di croce che avevo al collo e lo porsi verso di lui.
-Vade retro Satana! – gli urlai in faccia.
Lui mi guardò per un attimo confuso e poi scoppiò a ridere e a rotolarsi per terra. Stava ridendo così tanto che gli occhi iniziarono ad inumidirsi.
Evidentemente avevo visto troppi film horror.
Sbuffai rassegnata e mi diedi della stupida per l’idiozia del mio futile tentativo ma almeno potevo dire di averle provate tutte.
-Innanzitutto…- iniziò lui- non sono Satana. Sono Lucifero.
-E non è la stessa cosa?
-No…lo so, in molti si confondono. Sono uno dei figli di Satana- mi spiegò.
Non ero una grande appassionata di religione ma…da quando Satana aveva dei figli?
-Secondo…- afferrò il piccolo crocifisso e se lo appoggiò sulla fronte. Il crocifisso evidentemente non aveva effetto su di lui.
-L’acqua santa?- domandai.
-Potrei farci il bagno.
-Il sale?
-Fa alzare la pressione.
-La chiesa?
-Guardi troppi film – concluse ridendo.
-L’aglio?-ritentai.
-Ti confondi con i vampiri.
-Proiettili d’argento?
-Quello è per i licantropi.
-Non c’è un modo per farti fuori?- indagai sinceramente incuriosita.
-Non verrò di certo a dirlo ad un umana, non credi?- effettivamente aveva ragione.
Senza rendermene conto avevo iniziato a rilassarmi e la sensazione che mi opprimeva il petto era sparita. Tirai un sospiro di sollievo, appoggiai la testa alla porta e chiusi gli occhi.
-Tutto questo è senza senso- affermai sospirando profondamente.
-Posso capirlo
-Perché sei qui?- ritentai.
Non capivo perché Lucifero avrebbe dovuto scomodarsi solo perché si annoiava e iniziare  a tormentare un’umana. Doveva esserci per forza qualcos’altro dietro e io dovevo scoprire cosa fosse.
-Sai come sopravviviamo noi…?- mi domandò lasciandomi intendere il soggetto della frase. Ovviamente non si aspettava una risposta, quindi proseguì.
-Mi nutro di anime. Questo non significa che faccio delle stragi di essere umani solo per nutrirmi – ridacchiò. Per lui era una cosa divertente? Per me un po’ meno.
-Un’anima può bastarmi per tantissimi anni…Il mio lavoro è stringere dei contratti con le persone. Se l’umano viola il patto, io mi prendo la sua anima. Allo stesso modo, alla sua morte, la sua anima diventa mia.
Zayn si fermò, un po’ per riprendere fiato, un po’ per constatare il mio stato d’animo. Io ero glaciale, una statua di marmo. Per me era una cosa inconcepibile ma allo stesso tempo ero come ipnotizzata e affascinata dalle sua parole, quindi non potevo fare altro che stare in silenzio ad ascoltarlo.
-Sai…quando mi nutro di un’anima è come se rivivessi la vita di quella persona, acquisisco tutti i suoi ricordi. Immaginati che un’anima sia come una pellicola di un film, quando la faccio mia vivo tutto quello che hanno vissuto loro, quello che provavano, tutto…- il suo tono era diventato malinconico ma io tuttavia non riuscivo a provare pietà per lui.
-Sono gli esseri umani che mi cercano, che chiedono il mio aiuto, che decidono di stipulare un contratto con me, è tutta una loro scelta. Una volta stipulato un contratto io entro al servizio del suddetto essere umano.
-E lo stesso vale per me?
-Lo stesso vale per te- confermò.
-Quindi non andrò in paradiso…- conclusi.
-Come non andrai nemmeno all’inferno. Semplicemente cesserai di esistere.
La vita oltre la morte.
In quanti andavano in chiesa solo per questo motivo? Per assicurarsi un’esistenza, da qualche parte, dopo la morte. Da sempre l'uomo credeva e sperava che la vita non terminasse quando il suo cuore smetteva di battere. Pur senza averne prove, tutti noi in fondo eravamo convinti che non potesse finire tutto così e che qualcosa di noi restasse. Certo, tutte le culture del mondo dicevano che esisteva l'Aldilà e ciò nasceva essenzialmente dal desiderio di sopravvivere a questa realtà materiale che tra l'altro neppure conosciamo fino in fondo.
Ma dove finiva la nostra anima quando morivamo? Chi non si era posto questa domanda almeno una volta nella vita? Veniva dispersa e finiva nello spazio oppure restava in qualche modo composta e andava da qualche altra parte, in una dimensione che l'accoglieva? Oppure finivamo veramente all’Inferno o in Paradiso? Avrei potuto passare delle ore a ragionare su queste cose e da una domanda me ne sarebbe nata sicuramente un’altra. Una cosa era certa. Per me  ci sarebbe stato solo un baratro nero e avevo venduto l’anima a questo diavolo senza capire davvero ciò che questo comportasse.
-Vivrai comunque la tua vita normalmente se rispetterai il patto.
La cosa non mi confortava per nulla. Vivere una vita sapendo che dopo non ci sarebbe stato niente, avrei potuta farcela?
 
Nonostante per contratto l’unica condizione fosse che non dovevo innamorarmi, il prezzo rimaneva comunque la mia anima.
 
 

 
                                                     
 
 
 
 
 
Sbadigliai e mi stiracchiai allungando le braccia oltre la mia testa. Afferrai la sveglia sul comodino per controllare l’ora, non era ancora suonata ed io ero già sveglia.
Le 5 e mezzo. Un orario alquanto improbabile per svegliarsi ma ero crollata nel letto che non erano ancora le 22 e mi ero addormentata subito, totalmente sfinita. La nottata era passata tranquillamente, senza incubi stranamente. Scesi dal letto e mi scappò un flebile lamento quando i miei piedi toccarono il pavimento gelato.
Aprii lentamente la porta della camera per fare il meno rumore possibile e scesi in cucina.
Accesi la luce e mi trovai a sbattere le palpebre per far abituare gli occhi quando tra un battito e l’altro apparve all’improvviso la figura del moro a pochi centimetri da me.
Per lo spavento lanciai un urlo e balzai all’indietro.
-Ma sei impazzito? Mi farai venire un infarto cazzo!- gli urlai contro.
-Scusa, non era mia intenzione- ridacchiò palesemente divertito.
Non me ne fregava niente se non era sua intenzione, avevo perso 10 anni di vita, fanculo.
Ero ancora così rincoglionita dal sonno che per un po’ avevo messo da parte la sua esistenza ma ora che era rientrato così di prepotenza nella mia realtà non potevo fare altro che tornare ad odiarlo.
-Come mai sei scesa? – mi domandò mentre si rigirava tra le dita il ciuffo. Chissà se quello era il suo vero aspetto o era fittizio, usato solo per palesarsi agli umani.
Non gli risposi, aprii il frigo, presi il cartone del latte, lo rovesciai in un pentolino e lo misi sul fuoco.
-Te non dormi?
-Non mi è necessario, ma qualche volta lo faccio.
Mi sembrava di parlare con un alieno, ce l’aveva qualcosa di umano?
-Come mai sei venuto a cercarmi proprio ora?- cambiai discorso.
Non capivo il motivo che l’avesse spinto a cercarmi proprio ora, dubitavo altamente che un diavolo si “annoiasse”.
-Il contratto stretto prima del tuo si è….concluso-  confessò esitante.
Non mi scollava gli occhi di dosso, forse per cercare di carpire ogni mia singola reazione.
-E’ morto…- annuì per dare conferma alle mie parole.
-Hai ucciso una persona…-sussurrai.
Questo era quello che faceva quindi. Passava da un essere umano all’altro prendendosi la sua vita e adesso era arrivato il mio turno. Era abominevole, chissà quante persone aveva ucciso finora. Come poteva convivere con la propria coscienza?
-Lo so cosa stai pensando. Te lo leggo in faccia- affermò guardandomi dritta negli occhi.
-Ho ucciso molte persone se è questo che ti stavi chiedendo ma è nella mia natura. Sono gli esseri umani che vengono a cercarmi,che mi chiamano, non sono io. Io mi limito a fare quello che mi viene chiesto ma ovviamente tutto ha un prezzo.  Non modifico il corso dell’esistenza del contraente se non è necessario, lascio che la sua vita scorra fino alla fine.
-E quando è che risulta necessario?- gli domandai dura.
-Quando il patto viene violato.
-Io non ti stavo cercando- dissi riferendomi a quel giorno lontano.
Lui alzò un sopracciglio.
-Tu mi hai chiamato, hai disperatamente chiesto il mio aiuto ed io te l’ho concesso. La tua voce mi risuonava molto chiara in testa…il tuo pianto…il tuo dolore….li sento sempre…
L’espressione malinconica era tornata sul suo viso e ancora una volta non riuscivo a provare compassione per uno che viveva uccidendo chissà quante persone.
-Forse dovresti ignorarle le prossime!- proruppi acida.
-Non posso, è nella mia natura- sospirò.
-Piuttosto che uccidere delle persone mi lascerei morire io stessa.
Ormai ero incontenibile, ero pervasa da una rabbia e una frustrazione che non riuscivo a controllare, poco importava se stavo andando contro una creatura che poteva prendersi la mia vita solo schioccando le dita, tanto ormai ero segnata.
-Io non uccido le persone, io do loro una seconda opportunità.
Lo guardavo senza dare segni di cedimento, non mi avrebbe convinto, era impossibile.
-Il latte.
Aggrottai le sopracciglia e lo guardai confusa. Cosa c’entrava adesso il latte?
-E’ pronto – specificò.
Mi girai e trovai il latte fumante già nella tazza con un bastoncino di cannella che ne spuntava.
Mi voltai nuovamente verso di lui che mi sorrise e mi fece un occhiolino. Ridicolo.
Non me ne importava un accidente dei suoi giochetti del cavolo. Carica d’ira afferrai la tazza e ne rovesciai il contenuto nel lavandino. Lo fissai seria, senza nessuna traccia di emozione nel volto, apatica e lui mi guardò serio di rimando.
-Fanculo te e il latte – gli dissi prima di voltarmi e andare in salotto. Era inutile tornare a letto, ero così piena di adrenalina che non mi sarei riaddormentata nemmeno sotto effetto di calmanti.
Mi lanciai sgraziatamente sul divano, presi un cuscino che iniziai a stringere tra le braccia e iniziai a fare zapping. Ignorai completamente il moro che con passo lento si avvicinava a me e mi si sedeva accanto senza proferire parola. Forse aveva capito che era meglio lasciarmi stare, almeno per il momento.
Ironia del destino, mi fermai ad un horror che si intitolava “Devil”.
-Prima o poi capirai- disse con voce così flebile che feci fatica ad udirlo nonostante si trovasse a nemmeno un metro da me.
Come no…per me sarebbe stato come giustificare Hitler. Poverino, aveva avuto un infanzia difficile e quindi per vendicarsi sul mondo aveva fatto soffrire migliaia di esseri umani? No, grazie. Preferivo mantenere la mia collera e il mio rancore. Era ingiustificabile. Era un demonio.
E io non volevo averci niente a che fare.
 
 
 
 
Ma quanto mi sbagliavo…
 
 

 
                                      
 
 





Salve a tutte!
Si, lo so, il mio ritardo è imperdonabile ma se sapeste tutto quello che sto combinando in questo periodo mi perdonereste XD
Passando al capitolo…la nostra cara Cassie finalmente si è rinvenuta e si è ricordata del patto e ha reagito un po’ malino…ma dopotutto che ci potevamo aspettare? Era sconvolta poverina!Ho provato a spiegare un po’ l natura di Zayn anche se ovviamente ci sono un po’ di cose da dire. Qualcosa si lascia intendere visto che è sempre triste quando parla di quello che fa, quindi magari cattivo non è ma per il momento la fanciulla lo vede come il male universale.
Voi che ne pensate?
Spero di aggiornare presto.
Intanto mi faccio un auto-applauso perché ho già aggiornato due storie, magari tra poco aggiorno pure le altre due che sono ferme da un periodo di tempo vergognoso…
Purtroppo vado a periodi. Le idee le ho sempre se mi ci metto un po’ a pensare ma a volte non ho voglia di metterle nero su bianco. Devo essere ispirata per farlo e in questo ultimi periodo ho avuto così tante cose da fare che mi era passata del tutto.
 
 
Silvia, sorella mia,grazie come sempre dell’aiuto che mi hai concesso per questo capitolo…sei stata utilissima come non mai.
Grazie davvero. Senza le tue idee non ce l’avrei mai fatta.
Silvia…grazie davvero, per non aver fatto un’emerita sega come al solito,GRAZIE TANTE!
xD
Va beh, ormai si sa che mia sorella mi ha crudelmente abbandonato XD
Alla prossima ;)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1659449