What makes your heart beat?

di Femb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi sei? ***
Capitolo 2: *** Mi devi un favore ***



Capitolo 1
*** Chi sei? ***


No. Non di nuovo. Il negozio non poteva già aver chiuso. Avevo un colloquio alle 18. Guardai l’orologio: 18.20. D’accordo, questa volta era decisamente colpa mia se il colloquio era andato male. Il problema è che era il sesto colloquio a cui mi presentavo o, in questo caso, non riuscivo a presentarmi.

Ma andiamo con ordine. Mi chiamo Lily, ho 20 anni e tanti sogni nel cassetto. Ho lasciato casa mia qualche settimana fa e mi sono trasferita a Londra nella speranza di riuscire a realizzarli, ma a quanto pare sarà davvero difficile che ci riesca. Divido un appartamento nel cuore della città con una deliziosa ragazza irlandese che sta cercando di sfondare nel mondo della moda. È davvero dolce: mi ha detto che non dovrò pagare la mia parte di affitto finché non troverò un lavoro. Da quando sono qui ho cercato lavoro in cinque posti diversi, ma la risposta è stata sempre la stessa: sei troppo giovane, non hai abbastanza esperienza. E così il college dovrà aspettare. Questa volta speravo fosse davvero quella giusta; dopotutto, per lavorare come commessa in un negozio di musica quanta esperienza dovrò mai avere?

In realtà la giornata era cominciata piuttosto male. La notte non ero riuscita a chiudere occhio essendo troppo in ansia per il colloquio; mi ero quindi trascinata sotto la doccia, ma mi aspettava una brutta sorpresa perché l’acqua calda aveva improvvisamente deciso che avrebbe smesso di uscire, e così ero stata costretta a lavarmi in fretta per sottrarmi al getto gelido della doccia. Come se tutto ciò non bastasse, nel pomeriggio avevo perso l’autobus che mi avrebbe permesso di arrivare in perfetto orario, anzi, in anticipo, perciò avevo fatto tutta la strada a piedi e nella fretta ero inciampata, finendo per rovesciare sulla maglietta bianca quello che rimaneva del delizioso frappuccino che stavo bevendo nel tentativo di rimanere sveglia e sufficientemente lucida da fare una buona impressione al mio futuro datore di lavoro.  

***

Rimasi a fissare la vetrina scarsamente illuminata come nella speranza di vedere il tempo riavvolgersi come per incanto e poter ricominciare dall’inizio questa disastrosa giornata. Purtroppo, però, il mio desiderio era ben lontano dal potersi realizzare, perciò mi lasciai scivolare sui lucidi gradini di marmo davanti alla porta del negozio, incurante dei passanti che, incuriositi, di tanto in tanto si voltavano a guardarmi. Un’anziana signora si fermò persino a chiedermi se avessi bisogno di aiuto.

Fui sopraffatta da un’ondata di tristezza. Perché doveva sempre andare tutto storto? Perché? Sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Cercai di trattenerle, senza riuscirci. Di certo non potevo però rimanermene a piangere sul ciglio di una strada affollata, quindi mi alzai, ancora immersa nei miei pensieri. Un rumore improvviso mi riportò bruscamente alla realtà. Non mi ero accorta che la mia amatissima borsa di tessuto si era impigliata nella ringhiera di ferro, perciò quando mi ero alzata la borsa si era strappata e tutto il suo contenuto si era riversato sul marciapiede.

***

“Magnifico,” brontolai sottovoce. “Avrai mai fine la mia sfortuna?” Mi chinai per raccogliere le mie cose disseminate ovunque, mentre i passanti facevano del loro meglio per non calpestare nulla.

“Penso che questo sia tuo.” La voce più dolce che avessi mai sentito interruppe il flusso dei miei pensieri. Colta di sorpresa, alzai lo sguardo … e restai totalmente paralizzata. La voce più dolce che avessi mai sentito apparteneva al ragazzo più bello che avessi mai visto. I suoi occhi color del ghiaccio mi inchiodarono lì dove mi trovavo.

“Io … io,” balbettai. E poi mi accorsi di cosa reggeva in mano. Avrei riconosciuto quel sacchettino ovunque, visto che era del mio negozio di intimo preferito; e peggio ancora, dentro c’era il completino di pizzo che aveva acquistato la mattina e avevo dimenticato di togliere dalla borsa. Avvampai e, come facevo ogni volta che ero tremendamente in imbarazzo, iniziai a parlare. Troppo. Troppo velocemente. Rendendo incomprensibile ciò che stavo dicendo.       
 
“Ecco, sì, è mio … ma non dovrebbe nemmeno essere qui, ecco, io in realtà dovevo fare un colloquio di lavoro qui, ma sono arrivata tardi e … eccomi qui, è andato tutto a rotoli e, sì , insomma … ok, la smetto di parlare, scusami”.

Abbassai lo sguardo, imbarazzata. Mi resi conto solo allora che peggio di così non poteva davvero andare: me ne stavo a balbettare come una stupida, con un’enorme macchia di caffè sulla maglia, davanti a questo ragazzo stupendo, che ora mi stava fissando incuriosito. Le sue labbra piene si aprirono in un sorriso divertito.

“No, continua. Non smettere di parlare. Mi piace il suono della tua voce.”

“D’accordo,” sussurrai, sentendomi ancora più stupida. Il ragazzo inclinò leggermente la testa, come per riuscire a vedermi meglio. Rimanemmo così, i miei occhi incatenati nei suoi, finchè il ragazzo sembrò riscuotersi da chissà quali pensieri. Mi porse il sacchettino che aveva tenuto in mano fino ad allora.

“Grazie” dissi, abbassando gli occhi, imbarazzata. Non ottenendo risposta, alzai di nuovo lo sguardo. Il ragazzo non c’era più. Mi guardai intorno, sorpresa, ma non riuscì a vederlo da nessuna parte. Sembrava scomparso nel nulla. Da dove veniva e soprattutto chi era quel ragazzo che aveva fatto vibrare ogni singola parte di me per poi sparire senza lasciare nessuna traccia? Non sapevo neppure come si chiamava.

***

Tornata a casa, aprii l’armadio e iniziai a riporvi i nuovi acquisti fatti quella mattina. Fui molto sorpresa nel trovare un bigliettino nel sacchetto che era scivolato fuori dalla mia borsa. Era semplice, bianco, senza un nome né un numero di telefono. Diceva semplicemente:

Domani. Stesso posto. Stessa ora.   

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Capitolo 2
*** Mi devi un favore ***


Domani. Stesso posto. Stessa ora.

Inutile dire che quelle parole continuavano a infilarsi tra i miei pensieri, per quanto cercassi di scacciarle. Forse non erano le parole in sè a stuzzicarmi, ma ciò a cui erano legate. Avevo trascorso soltanto pochi minuti in compagnia di quel ragazzo, eppure il suo viso non voleva allontanarsi dalla mia mente. Il suo sorriso. I suoi occhi. Non trovavo parole per descriverli.

***

Beth, la mia coinquilina, era tornata tardi e non avevo ancora avuto modo di raccontarle quello che era successo. Come ogni mattina, il viso della mia spumeggiante amica fece capolino dalla porta della cucina. L'odore del caffè appena preparato era l'unica cosa che aveva il potere di farla scivolare fuori dal letto di buon'ora.

"Buongiorno, tesoro! Allora, è andato bene il colloquio ieri? Su, racconta un po'!"

Il suo buonumore era così contagioso che mi trovai a sorridere senza volerlo.

"In realtà è andata peggio del solito," le risposi, passandole una tazza di caffè fumante. "Però ..."

Beth sgranò gli occhi. "Però?"

Mi limitai a sorridere ancora.

"Osssantocielo! Hai incontrato qualcuno, vero? Magari un bel londinese, ricco sfondato, che fa lo stilista, si è innamorato perdutamente di te e ti ha chiesto di sposarlo seduta stante!"

Scoppiai a ridere. "No, Beth, quello è il tuo principe azzurro, che lì fuori sta aspettando solo te!"

"Ah, lo so. Su, muoviti e racconta, che devo uscire a caccia di questo pover'uomo. Non posso mica farlo aspettare in eterno, no?" aggiunse con fare teatrale.

"In realtà non c'è molto da raccontare. Non so nemmeno come si chiama. Però abbiamo un appuntamento, o almeno credo."

"In che senso credi?"

"è complicato. Ma tu dici che devo andare? Insomma, non so davvero nulla su di lui."

"Sai, se c'è una cosa che ho imparato su questo genere di cose è che c'è una sola cosa di cui devi fidarti." Si alzò, sciacquò la sua tazza e si diresse verso la sua camera. "Il tuo cuore."

***

Questa volta ero in orario. Non avevo perso l'autobus e soprattutto non mi ero rovesciata niente sulla maglia. Avevo deciso di tenere un profilo basso, optando per un look curato, ma semplice. Non volevo dare l'impressione di averci messo troppo a preparmi nè di aver curato ogni minimo dettaglio. Anche se in realtà era andata proprio così. Per tutto il tragitto mi ero ripetuta di stare tranquilla e mi ero ripromessa di non farfugliare cose senza senso come il giorno prima. Volevo sembrare sicura di me.

Ogni buon proposito andò in fumo quando arrivai abbastanza vicina da poter intravedere i gradini di marmo su cui mi ero seduta il pomeriggio precedente. L'agitazione si impadronì del mio stomaco ... ma fu ben presto sostituita da una delusione cocente. Davanti al negozio non c'era nessuno ad attendermi. Nessun meraviglioso ragazzo con un mazzo di rose rosse, pronto a stringermi tra le sue braccia come avevo sognato. Nulla.

Forse mi ero sbagliata, avevo frainteso le parole scritte nel biglietto. Magari non era quello il posto giusto. O l'orario giusto. Mi rigirai il biglietto tra le mani. Stesso posto. Stessa ora. Stesso posto. Stessa ora. No, non c'era altra spiegazione. Si era preso gioco di me. Era uno stupido scherzo. Non aveva nessuna intenzione di presentarsi. Del resto, non potevo davvero aspettarmi che un ragazzo così uscisse con una come me, no?

Una voce alle mie spalle mi fece trasalire. "Cerchi qualcuno?" Era lui. Soltanto la sua voce aveva il potere di risvegliare certe emozioni dentro di me. Era una strana sensazione sentirsi così coinvolti da un perfetto sconosciuto. Una sensazione strana, ma piacevole. Mi faceva sentire incredibilmente viva.

Contai fino a dieci prima di voltarmi. Una ragazza sicura di sè, giusto?

Se ne stava lì, appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, come se fosse in quella posizione da sempre, come se fosse la cosa più naturale del mondo, ma ancora una volta non riusciva a nascondere un sorriso divertito. Divertito di me. Mi trovava divertente. Stava giocando con me.

Bene, allora. Giochiamo. "In realtà sì, cercavo te." Un luccichio nei suo occhi azzurri. Estrassi con noncuranza dalla tasca dei jeans il biglietto. "Ho trovato questo e volevo restituirtelo. Immagino ti serva spesso."

Il suo sorriso si allargò. "In effetti mi serviva. Spero tu non abbia frainteso, pensando fosse indirizzato a te." Ok. Uno a zero per il sexy pallone gonfiato. Mi sembrava di giocare un gioco che ero destinata a perdere, costantemente. "In realtà era indirizzato a lei," aggiunse, indicando con un cenno del capo qualcuno alle mie spalle.

Che faccia tosta. La persona in questione era una ragazza così perfetta da sembrare uscita direttamente da un catalogo di moda. Si stava avvicinando con fare spedito. Era gelosia quella che mi stava strizzando lo stomaco? Probabile.

La ragazza ci raggiunse e lo salutò con due baci sulla guancia. Sembrava si conoscessero da sempre. Non ci poteva credere. Era una situazione irreale. Mi aspettavo quasi che da dietro l'angolo sbucasse qualcuno gridando che era una candid camera. La ragazza si rivolse quindi a me, sorridendo amichevole. "E tu sei Lily, avevi un colloquio qui ieri, giusto?"

Come scusa? Come faceva a saperlo? E soprattutto cosa c'entrava con lui?

"Lottie è mia sorella, nonchè proprietaria del negozio in cui vorresti lavorare. Visto che ieri non sei arrivata in tempo, ma mi sembravi molto motivata e il negozio ha bisogno di una ragazza giovane e spigliata, beh ... il posto è tuo. Sempre che tu sia ancora interessata."

Ecco. Non uno, ma due a zero per il sexy pallone gonfiato dal cuore d'oro. Colpita e affondata. Senza possibilità di replica.

Fu Lottie a rompere il silenzio. "Lo prendiamo per un sì, d'accordo? Una cosa soltanto. Quanto te ne intendi musica?"

Ops. Lo sapevo che non tenermi aggiornata sulle ultime tendenze in fatto di musica prima o poi mi avrebbe causato qualche guaio. "Ehm ... ecco, diciamo che la musica mi piace molto, ma non sempre riesco a tenermi aggiornata sui nuovi artisti." Speravo di essermela cavata dignitosamente e diplomaticamente, senza aver perso il lavoro prima ancora di iniziarlo.

I due fratelli si scambiarono uno sguardo e un sorrisetto complici. Bene, sempre meglio. Ora mi prendeva anche in giro con sua sorella.

"Uhm, diciamo che l'avevo immaginato. Bene, allora ti aspetto la settimana prossima, pronta per cominciare, lunedì  alle 8. Ora devo andare, ho mille commissioni da sbrigare. Ci si vede!"

Che ragazza pratica. Decisamente diversa dal fratello. Ma cosa aveva voluto dire con l'avevo immaginato? Ce l'avevo forse scritto sulla fronte o si capiva dal fatto che accanto a lei sembravo una bambina il primo giorno di scuola?

Non ebbi tempo di trovare una risposta perchè la mia attenzione fu richiamata su di lui. "A questo punto direi che mi devi un favore." Cosa potevo rispondere? Era la verità, gli dovevo un favore. E nemmeno tanto piccolo.

Si avvicinò. Sentivo il suo respiro sul collo. Il suo profumo sulla pelle. Il battito del mio cuore accelerò. Batteva così forte che temevo potesse sentirlo.

"E ho intenzione di ricuotere subito. Ti chiedo solo mezz'ora."

Mi porse la mano.

"Vieni?"

***

Piccolo p.s: Nell'introduzione ho anticipato che Lily avrebbe dovuto fare una scelta, ma chiaramente arriverà gradualmente ad un bivio. Non voglio correre e fare tutto di fretta, prima si approfondiranno un po' di più le "dinamiche" tra i personaggi principali, tanto che, senza anticipare troppo, all'inizio non sarà nemmeno chiaro qual è il  bivio in cui Lily dovrà fare una scelta. A presto! xx
 

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