What makes your heart beat? di Femb (/viewuser.php?uid=360675)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi sei? ***
Capitolo 2: *** Mi devi un favore ***
Capitolo 1 *** Chi sei? ***
No. Non di nuovo. Il negozio non poteva già aver chiuso.
Avevo un colloquio alle 18. Guardai l’orologio: 18.20.
D’accordo, questa volta era decisamente colpa mia se il
colloquio era andato male. Il problema è che era il sesto
colloquio a cui mi presentavo o, in questo caso, non riuscivo a
presentarmi.
Ma andiamo con ordine. Mi chiamo Lily, ho 20 anni e tanti sogni nel
cassetto. Ho lasciato casa mia qualche settimana fa e mi sono
trasferita a Londra nella speranza di riuscire a realizzarli, ma a
quanto pare sarà davvero difficile che ci riesca. Divido un
appartamento nel cuore della città con una deliziosa ragazza
irlandese che sta cercando di sfondare nel mondo della moda.
È davvero dolce: mi ha detto che non dovrò pagare
la mia parte di affitto finché non troverò un
lavoro. Da quando sono qui ho cercato lavoro in cinque posti diversi,
ma la risposta è stata sempre la stessa: sei troppo giovane,
non hai abbastanza esperienza. E così il college
dovrà aspettare. Questa volta speravo fosse davvero quella
giusta; dopotutto, per lavorare come commessa in un negozio di musica
quanta esperienza dovrò mai avere?
In realtà la giornata era cominciata piuttosto male. La
notte non ero riuscita a chiudere occhio essendo troppo in ansia per il
colloquio; mi ero quindi trascinata sotto la doccia, ma mi aspettava
una brutta sorpresa perché l’acqua calda aveva
improvvisamente deciso che avrebbe smesso di uscire, e così
ero stata costretta a lavarmi in fretta per sottrarmi al getto gelido
della doccia. Come se tutto ciò non bastasse, nel pomeriggio
avevo perso l’autobus che mi avrebbe permesso di arrivare in
perfetto orario, anzi, in anticipo, perciò avevo fatto tutta
la strada a piedi e nella fretta ero inciampata, finendo per rovesciare
sulla maglietta bianca quello che rimaneva del delizioso frappuccino
che stavo bevendo nel tentativo di rimanere sveglia e sufficientemente
lucida da fare una buona impressione al mio futuro datore di lavoro.
***
Rimasi a fissare la vetrina scarsamente illuminata come nella speranza
di vedere il tempo riavvolgersi come per incanto e poter ricominciare
dall’inizio questa disastrosa giornata. Purtroppo,
però, il mio desiderio era ben lontano dal potersi
realizzare, perciò mi lasciai scivolare sui lucidi gradini
di marmo davanti alla porta del negozio, incurante dei passanti che,
incuriositi, di tanto in tanto si voltavano a guardarmi.
Un’anziana signora si fermò persino a chiedermi se
avessi bisogno di aiuto.
Fui sopraffatta da un’ondata di tristezza. Perché
doveva sempre andare tutto storto? Perché? Sentii gli occhi
riempirsi di lacrime. Cercai di trattenerle, senza riuscirci. Di certo
non potevo però rimanermene a piangere sul ciglio di una
strada affollata, quindi mi alzai, ancora immersa nei miei pensieri. Un
rumore improvviso mi riportò bruscamente alla
realtà. Non mi ero accorta che la mia amatissima borsa di
tessuto si era impigliata nella ringhiera di ferro, perciò
quando mi ero alzata la borsa si era strappata e tutto il suo contenuto
si era riversato sul marciapiede.
***
“Magnifico,” brontolai sottovoce. “Avrai
mai fine la mia sfortuna?” Mi chinai per raccogliere le mie
cose disseminate ovunque, mentre i passanti facevano del loro meglio
per non calpestare nulla.
“Penso che questo sia tuo.” La voce più
dolce che avessi mai sentito interruppe il flusso dei miei pensieri.
Colta di sorpresa, alzai lo sguardo … e restai totalmente
paralizzata. La voce più dolce che avessi mai sentito
apparteneva al ragazzo più bello che avessi mai visto. I
suoi occhi color del ghiaccio mi inchiodarono lì dove mi
trovavo.
“Io … io,” balbettai. E poi mi accorsi
di cosa reggeva in mano. Avrei riconosciuto quel sacchettino ovunque,
visto che era del mio negozio di intimo preferito; e peggio ancora,
dentro c’era il completino di pizzo che aveva acquistato la
mattina e avevo dimenticato di togliere dalla borsa. Avvampai e, come
facevo ogni volta che ero tremendamente in imbarazzo, iniziai a
parlare. Troppo. Troppo velocemente. Rendendo incomprensibile
ciò che stavo dicendo.
“Ecco, sì, è mio … ma non
dovrebbe nemmeno essere qui, ecco, io in realtà dovevo fare
un colloquio di lavoro qui, ma sono arrivata tardi e …
eccomi qui, è andato tutto a rotoli e, sì ,
insomma … ok, la smetto di parlare, scusami”.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata. Mi resi conto solo allora che peggio
di così non poteva davvero andare: me ne stavo a balbettare
come una stupida, con un’enorme macchia di caffè
sulla maglia, davanti a questo ragazzo stupendo, che ora mi stava
fissando incuriosito. Le sue labbra piene si aprirono in un sorriso
divertito.
“No, continua. Non smettere di parlare. Mi piace il suono
della tua voce.”
“D’accordo,” sussurrai, sentendomi ancora
più stupida. Il ragazzo inclinò leggermente la
testa, come per riuscire a vedermi meglio. Rimanemmo così, i
miei occhi incatenati nei suoi, finchè il ragazzo
sembrò riscuotersi da chissà quali pensieri. Mi
porse il sacchettino che aveva tenuto in mano fino ad allora.
“Grazie” dissi, abbassando gli occhi, imbarazzata.
Non ottenendo risposta, alzai di nuovo lo sguardo. Il ragazzo non
c’era più. Mi guardai intorno, sorpresa, ma non
riuscì a vederlo da nessuna parte. Sembrava scomparso nel
nulla. Da dove veniva e soprattutto chi era quel ragazzo che aveva
fatto vibrare ogni singola parte di me per poi sparire senza lasciare
nessuna traccia? Non sapevo neppure come si chiamava.
***
Tornata a casa, aprii l’armadio e iniziai a riporvi i nuovi
acquisti fatti quella mattina. Fui molto sorpresa nel trovare un
bigliettino nel sacchetto che era scivolato fuori dalla mia borsa. Era
semplice, bianco, senza un nome né un numero di telefono.
Diceva semplicemente:
Domani. Stesso posto.
Stessa ora.
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Capitolo 2 *** Mi devi un favore ***
Domani. Stesso posto.
Stessa ora.
Inutile dire che quelle
parole continuavano a infilarsi tra i miei
pensieri, per quanto cercassi di scacciarle. Forse non erano le parole
in sè a stuzzicarmi, ma ciò a cui erano legate.
Avevo
trascorso soltanto pochi minuti in compagnia di quel ragazzo, eppure il
suo viso non voleva allontanarsi dalla mia mente. Il suo sorriso. I
suoi occhi. Non trovavo parole per descriverli.
***
Beth, la mia
coinquilina, era tornata tardi e non avevo ancora avuto
modo di raccontarle quello che era successo. Come ogni mattina, il viso
della mia spumeggiante amica fece capolino dalla porta della cucina.
L'odore del caffè appena preparato era l'unica cosa che
aveva il
potere di farla scivolare fuori dal letto di buon'ora.
"Buongiorno, tesoro!
Allora, è andato bene il colloquio ieri? Su, racconta un
po'!"
Il suo buonumore era così contagioso che mi trovai a
sorridere senza volerlo.
"In realtà è andata peggio del solito," le
risposi,
passandole una tazza di caffè fumante. "Però ..."
Beth sgranò gli occhi. "Però?"
Mi limitai a sorridere ancora.
"Osssantocielo! Hai incontrato qualcuno, vero? Magari un bel londinese,
ricco sfondato, che fa lo stilista, si è innamorato
perdutamente
di te e ti ha chiesto di sposarlo seduta stante!"
Scoppiai a ridere. "No, Beth, quello è il tuo principe
azzurro, che lì fuori sta aspettando solo te!"
"Ah, lo so. Su, muoviti e racconta, che devo uscire a caccia di questo
pover'uomo. Non posso mica farlo aspettare in eterno, no?" aggiunse con
fare teatrale.
"In realtà non c'è molto da raccontare. Non so
nemmeno
come si chiama. Però abbiamo un appuntamento, o almeno
credo."
"In che senso credi?"
"è complicato. Ma tu dici che devo andare? Insomma, non so
davvero nulla su di lui."
"Sai, se c'è una cosa che ho imparato su questo genere di
cose
è che c'è una sola cosa di cui devi fidarti." Si
alzò, sciacquò la sua tazza e si diresse verso la
sua
camera. "Il tuo cuore."
***
Questa volta ero in
orario. Non avevo perso l'autobus e soprattutto non
mi ero rovesciata niente sulla maglia. Avevo deciso di tenere un
profilo basso, optando per un look curato, ma semplice. Non volevo dare
l'impressione di averci messo troppo a preparmi nè di aver
curato ogni minimo dettaglio. Anche se in realtà era andata
proprio così. Per tutto il tragitto mi ero ripetuta di stare
tranquilla e mi ero ripromessa di non farfugliare cose senza senso come
il giorno prima. Volevo sembrare sicura di me.
Ogni buon proposito andò in fumo quando arrivai abbastanza
vicina da poter intravedere i gradini di marmo su cui mi ero seduta il
pomeriggio precedente. L'agitazione si impadronì del mio
stomaco
... ma fu ben presto sostituita da una delusione cocente. Davanti al
negozio non c'era nessuno ad attendermi. Nessun meraviglioso ragazzo
con un mazzo di rose rosse, pronto a stringermi tra le sue braccia come
avevo sognato. Nulla.
Forse mi ero sbagliata,
avevo frainteso le parole scritte nel
biglietto. Magari non era quello il posto giusto. O l'orario giusto. Mi
rigirai il biglietto tra le mani. Stesso
posto. Stessa ora. Stesso
posto. Stessa ora. No, non c'era altra spiegazione. Si era
preso gioco
di me. Era uno stupido scherzo. Non aveva nessuna intenzione di
presentarsi. Del resto, non potevo davvero aspettarmi che un ragazzo
così uscisse con una come me, no?
Una voce alle mie spalle mi fece trasalire. "Cerchi qualcuno?" Era lui.
Soltanto la sua voce aveva il potere di risvegliare certe emozioni
dentro di me. Era una strana sensazione sentirsi così
coinvolti
da un perfetto sconosciuto. Una sensazione strana, ma piacevole. Mi
faceva sentire incredibilmente viva.
Contai fino a dieci prima di voltarmi. Una ragazza sicura di
sè, giusto?
Se ne stava lì, appoggiato al muro, le braccia incrociate
sul petto, come se fosse in quella posizione da sempre, come se fosse
la cosa più naturale del mondo, ma ancora una volta non
riusciva a nascondere un sorriso divertito. Divertito di me. Mi trovava
divertente.
Stava giocando con me.
Bene, allora. Giochiamo. "In realtà sì, cercavo
te." Un luccichio nei suo occhi azzurri. Estrassi con noncuranza dalla
tasca dei jeans il biglietto. "Ho trovato questo e volevo
restituirtelo. Immagino ti serva spesso."
Il suo sorriso si allargò. "In effetti mi serviva. Spero tu
non abbia frainteso, pensando fosse indirizzato a te." Ok. Uno a zero
per il sexy pallone gonfiato. Mi sembrava di giocare un gioco che ero
destinata a perdere, costantemente. "In realtà era
indirizzato a lei," aggiunse, indicando con un cenno del capo qualcuno
alle mie spalle.
Che faccia tosta. La persona in questione era una ragazza
così perfetta da sembrare uscita direttamente da un catalogo
di moda. Si stava avvicinando con fare spedito. Era gelosia quella che
mi stava strizzando lo stomaco? Probabile.
La ragazza ci raggiunse e lo salutò con due baci sulla
guancia. Sembrava si conoscessero da sempre. Non ci poteva credere. Era
una situazione irreale. Mi aspettavo quasi che da dietro l'angolo
sbucasse qualcuno gridando che era una candid camera. La ragazza si
rivolse quindi a me, sorridendo amichevole. "E tu sei Lily, avevi un
colloquio qui ieri, giusto?"
Come scusa? Come faceva a saperlo? E soprattutto cosa c'entrava con lui?
"Lottie è mia sorella, nonchè proprietaria del
negozio in cui vorresti lavorare. Visto che ieri non sei arrivata in
tempo, ma mi sembravi molto motivata e il negozio ha bisogno di una
ragazza giovane e spigliata, beh ... il posto è tuo. Sempre
che tu sia ancora interessata."
Ecco. Non uno, ma due a zero per il sexy pallone gonfiato dal cuore
d'oro. Colpita e affondata. Senza possibilità di replica.
Fu Lottie a rompere il silenzio. "Lo prendiamo per un sì,
d'accordo? Una cosa soltanto. Quanto te ne intendi musica?"
Ops. Lo sapevo che non tenermi aggiornata sulle ultime tendenze in
fatto di musica prima o poi mi avrebbe causato qualche guaio.
"Ehm ... ecco, diciamo che la musica mi piace molto, ma non sempre
riesco a tenermi aggiornata sui nuovi artisti." Speravo di essermela
cavata dignitosamente e diplomaticamente, senza aver perso il lavoro
prima ancora di iniziarlo.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo e un sorrisetto complici.
Bene, sempre meglio. Ora mi prendeva anche in giro con sua sorella.
"Uhm, diciamo che l'avevo immaginato. Bene, allora ti aspetto la
settimana prossima, pronta per cominciare, lunedì
alle 8. Ora devo andare, ho mille commissioni da sbrigare. Ci
si vede!"
Che ragazza pratica. Decisamente diversa dal fratello. Ma cosa aveva
voluto dire con l'avevo
immaginato? Ce l'avevo forse scritto sulla fronte o si
capiva dal fatto che accanto a lei sembravo una bambina il primo giorno
di scuola?
Non ebbi tempo di trovare una risposta perchè la mia
attenzione fu richiamata su di lui.
"A questo punto direi che mi devi un favore." Cosa potevo rispondere?
Era la verità, gli dovevo un favore. E nemmeno tanto
piccolo.
Si avvicinò. Sentivo il suo respiro sul collo. Il suo
profumo sulla pelle. Il battito del mio cuore accelerò.
Batteva così forte che temevo potesse sentirlo.
"E ho intenzione di ricuotere subito. Ti chiedo solo mezz'ora."
Mi porse la mano.
"Vieni?"
***
Piccolo p.s:
Nell'introduzione ho anticipato che Lily avrebbe dovuto fare una
scelta, ma chiaramente arriverà gradualmente ad un bivio.
Non voglio correre e fare tutto di fretta, prima si approfondiranno un
po' di più le "dinamiche" tra i personaggi principali, tanto
che, senza anticipare troppo, all'inizio non sarà nemmeno
chiaro qual è il bivio in cui Lily
dovrà fare una scelta. A presto! xx
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