Un imprevisto

di onelux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'appostamento ***
Capitolo 2: *** le cose si complicano ***
Capitolo 3: *** la sera sopra la neve ***
Capitolo 4: *** cominciare a crescere ***
Capitolo 5: *** sangue e pensieri ***
Capitolo 6: *** nel frattempo... ***
Capitolo 7: *** nell'attesa del giorno sta il senso della notte ***



Capitolo 1
*** L'appostamento ***


Il freddo pungente penetrava gli spessi abiti.
Stare fermi ad attendere che gli uomini uscissero dalla casa di legno era estenuante ma non potevano fare altro. Dovevano aspettare che fossero tutti fuori per ucciderli.
Se avessero sparato, ed uno solo della banda fosse rimasto dentro l'abitazione, sarebbero stati troppo esposti, e non li avrebbero presi tutti.

Quindi rimasero ancora nascosti tra alberi e cumuli di neve. in attesa.

Era quasi l'imbrunire che la porta d'ingresso si apri e cominciarono ad uscire gli uomini della banda di William Earp.

William Earp era stato un impiegato postale prima di darsi alla razzia ai furti ed agli omicidi. Aveva cominciato rapinando per ripianare dei debiti di gioco e nel tempo aveva raccolto intorno a sé un gruppo di balordi ed ex delinquenti di basso livello, che però, seguendo le direttive di William, che conosceva bene come funzionavano le poste e i trasporti di valori, avevano cominciato ad essere un serio problema.

Molto serio. Molto grave. Molto pericoloso.

E come diceva il suo amico King.

“più sono cattivi, più alta è la ricompensa”

E la ricompensa era pari alla loro reputazione.

Per il capo banda erano addirittura 2500 dollari, 1000 per Robert Cherries ( per la sua riconosciuta spietatezza durante le rapine) e 500 dollari per ognuno degli altri 7 complici. Per un totale di 7000 dollari in un colpo solo! In un colpo solo perchè dopo vari appostamenti, girovagare e offerte di birre nei vari saloon del territorio erano riusciti a scovare dove si nascondeva l'intera banda. Tutti insieme. Forse pronti ad organizzare un nuovo colpo.

 

Mancava poco.

Lui e King si erano appostati davanti alla casa disposti in un angolo di 45°, per poterli colpire meglio.
Sapevano che erano in 9. Si erano quindi accordati che avrebbero sparato quando l'ultimo del gruppo avrebbe chiuso la porta dietro di sé e fosse salito anche lui sul cavallo.
questi era appena uscito e aveva già dato la spinta al proprio corpo dopo aver messo il piede nella staffa quando, di colpo ritornò a terra. Forse si era improvvisamente ricordato di non aver preso qualcosa o, in previsione di un lungo viaggio, improvvisamente riteneva di dover svuotare la vescica non del tutto sgonfia.

Fatto sta che tutto avvenne in fretta. Troppo in fretta per poter chiaramente capire come mai tutto andò a rotoli.

Non ricordavano chi di loro due avesse sparato il primo colpo, forse avevano sparato in contemporanea. Era strano come ormai si intendessero senza parlarsi, avevano trovato una bizzarra sintonia in questo crudele “lavoro”. Ma stavolta questa sintonia, questa capacità di lavorare in squadra, aveva incontrato un imprevisto.

 

L'imprevisto si chiamava John Scott Watson. Era stato velocissimo a lasciare il cavallo e al primo colpo sparato era già sulla soglia della porta. Fu un attimo. Chiuse la porta dietro di sé e velocemente si diresse verso la finestra. Non capiva chi ci fosse la fuori a sparare ma capì subito che per sopravvivere doveva sparare a sua volta, non sapeva a chi al momento, ma doveva sparare.

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Capitolo 2
*** le cose si complicano ***


il primo colpo di fucile che partì, centrò in pieno petto uno dei ragazzi della banda che stava più vicino a Django. Il colpo fu così potente che il corpo cadde a circa 10 piedi da dove stava con il cavallo.

Fu il caos.

Alcuni della banda, tra cui William Earp, estrassero subito le pistole e spararono nella direzione da cui avevano sentito arrivare le prime esplosioni, gli altri, quelli non ancora colpiti cercarono di tenere i cavalli che si agitavano.


Ma il vero problema si rivelò essere John Scott Watson. Django si era accorto, sebbene tardi, che questi si era riparato in casa ed era armato. Mentre King no. Quindi quando il bandito cominciò a sparare lo fece con la certezza di essere al riparo e potendo vedere meglio dove fossero, e quanti fossero, gli aggressori. King era quello più vicino a lui ed era anche quello più esposto, visto che proprio per colpa della sua stessa ottima mira era anche rimasto scoperto. Avendo colpito 2 banditi e 3 cavalli che erano sulla traettoria tra lui e l'uomo nascosto nella casa. Per John fu facile individuare la sua posizione e, più per un colpo di fortuna che altro, colpirlo.


Django non smise per un attimo di sparare, colpì 3 banditi. Due li uccise subito perchè li prese in pieno nel cuore, per uno era solo questione di tempo in quanto stava annegando nel suo stesso sangue che gli si spandeva nei polmoni.

Un altro era rimasto a terra sotto il peso del suo stesso cavallo. Impossibilitato a muoversi. Rimanendo li tutta la notte sarebbe morto prima dell'arrivo del giorno. Ucciso dal freddo.


Django realizzò immediatamente che qualcosa era successo a Schultz, in quanto non prevenivano più colpi dalla posizione in cui stava il suo socio ed amico.

Ma che fosse vivo o fosse morto era ininfluente.

Se era morto spostarsi per accertarsene lo avrebbe esposto ai colpi dei banditi rimasti.

Se era vivo non aveva senso andare da lui per controllare ed aiutarlo, visto che la priorità era un'altra al momento.

Uccidere tutti i banditi.


Ma la cosa si stava complicando.


La posizione da cui sparava John Scott Watson aveva dato la possibilità, il tempo e la copertura necessaria a due degli altri ricercati di entrare nella casa.

Tra quelli vi era anche William Earp ed un altro della banda. Cornell Cussler, segni particolari “rosso di capelli”, come diceva il foglio della taglia. Di sicuro Cornell era stato ferito ma solo di striscio, ad un braccio, mentre William Earp era rimasto incolume.


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Capitolo 3
*** la sera sopra la neve ***


Il silenzio regnava.

Dopo la feroce sparatoria improvvisamente non si sentiva più nessun suono.

Qualche flebile lamento dell’uomo rimasto sotto il cavallo ma nulla di più.

Django pensò di approfittare di questo momento in cui i banditi, all’interno dell’abitazione, stavano probabilmente facendo il punto della situazione per capire come comportarsi, per andare a vedere il suo socio.

Decise di farlo tenendosi il più nascosto possibile. Sebbene il buio cominciasse ad avvolgere tutto rimaneva ancora troppo rischioso esporsi.

Si mosse verso la postazione di King. Mantenendo un occhio alla finestra dove, fino a poco  prima,  John Scott Watson sparava.

La neve scricchiolava sotto i suoi passi. Man mano che si avvicinava la preoccupazione aumentava nel non sentir nessun suono provenire dal suo amico.

Era a circa 15 piedi  quando sentì l’inconfondibile rumore del caricamento del cane di una Remington calibro 44...

“fermo, o sparo”

Django non seppe se preoccuparsi o tirare un respiro di sollievo.

Schultz era vivo. Si fermò dov’era. “Sono io. Django. Posso avvicinarmi?”

La preoccupazione espressa nella domanda era evidente.

Senti la tensione di Schultz uscire con un forte respiro a lungo trattenuto. E nessun altro suono o parola emessa. Non gli sembrò un buon segno. Si avvicinò e si chinò sull’uomo.

“Come stai? Sei stato ferito?” la domanda era sciocca lo sapeva. Era ovvio che era stato ferito, ma gli sembrava la cosa più facile da dire.

“Non bene amico. Il nostro cattivo ha fatto un colpo buono”. La voce era stanca e prendeva delle pause tra una parola e l’altra. Si chinò e pose le sue mani sul giaccone di pelliccia. Si chiese che tipo di ferita  avesse e dove. “il braccio…”. Proprio quando l’amico gli disse così senti dell’umido sotto la sua mano nuda, e la tipica fastidiosa vischiosità del sangue. Accidenti.

“Senti ce la fai ad alzarti e camminare, dobbiamo andare ai cavalli e cercare un posto tranquillo. Ormai qui non possiamo fare molto.”

“credo di farcela Django ma ho necessità di un aiuto. Dubito di riuscirci da solo”

Ormai mancava poco al buio completo ma era certo che i banditi rimasti avrebbero sicuramente ancora visto due ombre spostarsi nel bianco della neve, pensò  quindi che prima di alzarsi fosse meglio procedere bassi nella direzione opposta alla casa, finchè gli alberi li avrebbero nascosti.

Raccolse la pistola di Schultz mentre gli lasciò il fucile che fu usato come appoggio.

Cercare di spostarsi rimanendo chini si dimostrò meno facile del previsto.  Django dovette farsi carico di parte del peso dell’uomo debilitato e, mantenendo a tratti lo sguardo verso l’abitazione per ogni evenienza, cominciarono ad avvicinarsi al bosco.

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Capitolo 4
*** cominciare a crescere ***


Il piccolo bivacco era a circa un miglio di distanza da dove erano. Unico suo scopo della sua esistenza era quello non avere troppa distanza. tra le loro cose e i corpi da portare via a lavoro finito.

E i corpi dei ricercati, almeno di quelli che erano stati colpiti, avrebbero atteso il giorno dopo.

Adesso serviva fare il punto della situazione, capire come stava il dottore e organizzarsi per i tre banditi sopravvissuti.

Percorrere quel miglio era stato estremamente difficile. Quando si erano allontanati abbastanza dalla casa ed erano al sicuro coperti dagli alberi avevano acceso una lanterna, Perchè ora mai diventato buio.

Seguirono il percorso lasciato dai loro passi nella neve all'andata, più di una volta Django dovette fermarsi per permettere a Schultz di riprendersi dallo sforzo. Gli ci volle quasi un ora per raggiungere la tenda.

“Forza, ci siamo quasi. Adesso basta entrare e poi potrai riposarti”. Anche Django era stanco. Il freddo, la neve, la sparatoria, la fatica della camminata, la paura per il compagno e lo sforzo nel sostenerlo verso l’accampamento. Si sarebbe volentieri buttato dentro le pellicce senza neppure togliersi gli stivali. Oh e se ne aveva voglia. Era stanco. Era arrabbiato. Era incazzato.

Ma non poteva lasciarsi andare. Il lavoro non era finito.

Dentro la tenda accese un'altra lampada ad olio. Aveva bisogno di luce e, sebbene facesse freddo. Spogliò King.

La pelliccia di lupo.

Il soprabito.

La giacca.

Il gilet.

Il cravattino.

La camicia.

La maglia.


Tutto era intriso di sangue.

Lo coprì con una pelliccia e gli lasciò fuori solo il braccio ferito. Il sinistro.

Prese un po’ di acqua dalla borraccia e bagno un pezzo di stoffa della camicia. E cominciò a pulire.

Subito vide il foro del proiettile. Piccolo. Probabilmente la presenza di tutto quel vestiario aveva in parte fatto perdere la velocità alla pallottola. Perche non era uscita. Era ancora dentro.


“Django. Adesso ti chiedo una cosa.” La voce lo aveva quasi spaventato. Non aveva detto nulla per tutto il tempo della camminata, ed adesso, quasi in un sussurro, gli stava parlando.

“Immagino di sapere cosa vuoi. Ma io non sono capace, non ho mai estratto una pallottola, non so come si …”

“non ti devi preoccupare. È semplice. Prendi un coltello ben affilato lo infili nel foro. Sarebbe stato meglio avere una pinza ed altri strumenti ma al momento va bene così. Non aver paura c’è già il buco”. Sorrise king. Un sorriso sbilenco. “Ovviamente dovrai disinfettare prima il coltello su una fiamma. Non vorrai salvarmi dall’emorragia e farmi morire di infezione vero?”…una piccola risata usci per morire subito sulla sua bocca. “Sbrigati. Sono stanco e immagino anche tu. Quindi prima facciamo prima finiamo. AH!”. Lo guardò serio. “Qualsiasi cosa accada. Qual-si-a-si. Devi finire il lavoro domattina presto.”

“Non capisco?”

“Django. Domattina devi essere davanti alla casa dove sono quegli uomini ricercati. Devi finire il lavoro. Non possiamo permetterci di lasciarli andare.” Django non capiva se dicesse sul serio o era solo una specie di delirio legato alla perdita di sangue ed allo sforzo. “Schultz, io non posso, non sono ancora capace …”

“Sciocchezze. Sei capace e prima o poi dovrai farlo da solo. Tanto vale farlo stavolta. Loro non sanno quanti li aspettano. Non immaginano che tornerai. E più importante. Non sanno quanto è bravo quello con cui hanno a che fare. Ma adesso basta procedi.”

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Capitolo 5
*** sangue e pensieri ***


La fiamma delle lanterne era l’unica cosa che riscaldava la piccola tenda.

Fece scaldare la lama del coltello su una delle fiammelle fino a che non la ritenne abbastanza disinfettata; pulì ancora un ultima volta quella piccola ferita che sembrava aver smesso di sanguinare. Vicino a sé aveva preparato una benda ed una compressa con le parti rimanenti della camicia.

Afferrò saldamente il braccio del dottore per evitare che facesse movimenti improvvisi mentre usava il coltello.

Non era la prima volta che si prendeva cura delle ferite di qualcuno.


Nessun bianco faceva curare da un medico uno schiavo, era quindi normale che gli schiavi si prendessero cura dei loro stessi compagni di sventura. Ed era logica conseguenza che fossero a conoscenza di qualche rudimento di assistenza. Di conoscenze tramandate più che altro e apprese con la pratica.


Ma stavolta era diverso. Non aveva mai assistito una persona che non fosse un nero, e per quanto fosse da Schultz considerato un amico e un suo pari, si sentiva improvvisamente responsabile, per la prima volta, della vita di un bianco.

Realizzò che una vita di schiavitù di violenze di soprusi, non solo lo aveva fatto sentire diverso dai bianchi. Ma per la prima volta si rese conto quanto nella sua anima fosse radicato l’odio per essi.

Di come l’odio genera odio.

Tremava. Non sapeva per cosa. Il freddo.La paura di sbagliare. La paura di non essere all’altezza.

Forse un ricordo della paura di venire punito, se avesse sbagliato.

Guardò negli occhi l’uomo che aveva sotto di se.

Tra le sue mani.

Vide in quegli occhi lucidi di febbre e semichiusi dalla stanchezza non un uomo, ma un amico.

La responsabilità che aveva era la vita di un amico, non di un bianco.

Infilò la punta del coltello nella ferita.

 

Il sangue cominciò nuovamente ad uscire, scese a coprire l’altra sua mano, fece in fretta a cercare la pallottola e, fortunatamente senti subito la presenza di quel pezzo di metallo nel muscolo. Allargò la ferita e vide il luccichio del proiettile nel sangue, lo mantenne in punta di coltello e lo tirò fuori.

 

Il sangue dalla ferita scorreva come un fiume in piena. Il tempo di prendere un tampone fatto di stoffa, premerlo sopra la lacerazione, che già la pelliccia su cui giaceva King si era insanguinata.

 

Django prese un profondo respiro. E cominciò a fasciare il braccio.

Compresse il più possibile la ferita per fermare l’emorragia.

Guardò il dottore. “Come va?” … Nessuna risposta. Chinò la testa sul torace dell'uomo e senti il battito. C’era.

Non forte e potente ma c’era. Questo contava. Si pulì le mani dal sangue e dal sudore, tocco il viso di King e lo trovò insolitamente caldo per il freddo che faceva.


Sistemò l’uomo nelle coperte, spostò la parte sporca di sangue, lo adagiò in una posizione più comoda. Si sdraiò nelle coperte di pelo anche lui e lo strinse a sé. Faceva troppo freddo per stare distanti.

Come lo cinse con il braccio lo sentì mormorare qualcosa. Ma non capiva le parole, forse era tedesco, forse era un miscuglio di lingue, forse erano solo suoni senza senso.

Ma una cosa la sentiva. La paura nel tono della voce.


Sarebbe stata una lunga notte.


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Capitolo 6
*** nel frattempo... ***


“Quanti pensi che fossero la fuori?” chiese Cornell Cussler mentre si guardava la ferita sul braccio.
“Non credo più di due. Ed uno di sicuro è ferito!!”  rispose  John Scott Watson.
Dentro la casa di legno la temperatura cominciava ad essere confortevole grazie al  fuoco acceso.
“Sono sicuro di averlo ammazzato! Bastardi cercatori di taglie, pensavano di fregarci eh!! Idioti!!! Li abbiamo fregati noi!!!” John rideva istericamente fino alle lacrime.
“TACI! Non ti sei accorto che la maggior parte dei nostri compagni stanno fuori morti nella neve!? E tu pensi di averli fregati!!! Quei bastardi, di sicuro, che sia uno o più, torneranno di certamente. Non sono così idioti da lasciare dei soldi nella neve. Domani saranno di sicuro qui. Ma saremo pronti. Stavolta.” William Earp era lucido nella sua esposizione. Sapeva perfettamente che sarebbe rimasto vivo solo se avesse agito in fretta e specialmente se avesse fatto l’unica cosa saggia da fare.
Scappare.
Cornell guardo con aria stupita “Li facciamo fuori? Vendichiamo i nostri amici giusto!?”
“No scappiamo” Lo sguardo perso tra le fiamme del camino e la mano che puliva la pistola. “non ho nessuna intenzione di morire e diventare il contante di qualche d’uno che vuole fare denaro in fretta. Nossignore. Ho rubato per potermi garantirmi IO un futuro più tranquillo da qualche altra parte di questo paese. Non per diventare il futuro più tranquillo di altri. Intesi!”
Si guardarono in faccia e convennero che si, questa era la soluzione migliore. Più sicura.
Questo non voleva dire che non fossero pronti ad ogni evenienza, ma di sicuro l’obiettivo era scappare evitando qualsiasi possibilità di rimanere feriti, o peggio. Uccisi.
Cominciarono a prepararsi per il mattino dopo.
Sacca con dentro il necessario, pistole pronte e cariche. E turni per dormire. Si sarebbero alzati presto. Ancora con il buio. in quel momento in cui il sole non è ancora sorto ma è già pronto per farlo, sarebbero usciti velocemente diretti verso il bosco. Se aveva funzionato da riparo per i bounty hunter avrebbe funzionato anche per loro. Sarebbe stato più difficile essere colpiti ed essere visti tra le ombre del mattino in mezzo a tutti gli alberi. Conoscevano la zona molto meglio di chi li cercava, ed era di fatto l’unico loro grosso vantaggio. Avevano perso i cavalli, fuggiti durante la sparatoria. Dovevano quindi percorrere il bosco a piedi fino al paese più vicino, circa 10 miglia.


questa è la mia prima storia.
mi farebbe piacere avere un ritorno, sia sulla storia che sulla esposizione.
grazie  a chiunque leggerà e recensirà  : )

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Capitolo 7
*** nell'attesa del giorno sta il senso della notte ***


Tentare di dormire si mostrò impossibile.

La tensione delle ore trascorse era difficile da smaltire e l’uomo che aveva tra le braccia non tranquillizzava per niente.

Il dottore alternava silenzi pesanti a momenti di agitazione. Entrava ed usciva continuamente dall’incoscienza. E la febbre sembrava bruciarlo. Ogni tanto si alzava e prendeva un po’ di neve fuori dalla tenda, l’avvolgeva in una pezzuola e gliela poneva sulla fronte nel tentativo di abbassargli la temperatura.

Per un paio d’ore sembrò calmarsi. Sembrava meno caldo. Appariva più tranquillo.

“Django….”

Gli sembrava che qualcuno lo chiamasse.

“Django…..”

No. Qualcuno lo stava chiamando.

Aprì gli occhi. King lo stava chiamando. Girò la testa e incrociò gli occhi del dottore a pochi pollici dai suoi.

“Sei sveglio? Dovresti dormire.” Disse Django guardandolo perplesso.

“Django. Se mi muoio voglio che tu prenda tutti soldi, che vai a liberare Broomhilde, e che andiate via da qui. Lontano” gli occhi di King si riempirono di lacrime. La voce tremava. “In California. È bello. In riva all’oceano si sta bene. Gli inverni non sono mai freddi. Si vive bene dicono. Voglio che andiate lontani. Ti prego. Lo farai?”

Django guardo l’uomo che aveva vicino. Sentì un’emozione crescergli dentro.

“Lo farete?!” ripeté King, con un'urgenza nella voce che sembrava che la tutta la sua esistenza avrebbe avuto un senso solo alla risposta dell'uomo.

“Lo farete!?” le lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi. Sentì la mano del braccio sano stringergli i vestiti.

“Si. Si certo. Lo faremo. Ma tu sarai con noi. Non ti preoccupare, non è niente questo, passerà , è solo un momento, domani mattina sarà passato tutto.”
King stava già chiudendo gli occhi continuando a piangere in silenzio.

Django lo guardò e lo strinse a se. “Domani sarà tutto passato. Adesso dormi.”

Senti il respiro di King farsi più lento e superficiale. E lentamente lo sentì rilassarsi continuò a cullarlo e a sussurrarli parole rassicuranti.

Forse più per se che per lui.

Se Schultz moriva era certo che anche un pezzo di sé moriva con lui.

Oltre alla possibilità di liberare la sua amata Broomihilde.

Sapeva che da solo non ne sarebbe mai stato capace. E sapeva che aveva ancora molto da imparare. Sapeva inoltre che sarebbe stato gravemente esposto andando in giro da solo. Essere un negro libero era più pericoloso che essere un negro schiavo in queste terre.

Aveva bisogno del suo dottore per tanti motivi.

Alcuni nobili, altri un po’ meno. Ma non per questo meno forti e validi.

Cercò di riposare un po’.

Sapeva che doveva alzarsi presto per finire il lavoro.

L’indicazione del dottore era giusta. Non poteva permettersi di lasciare liberi quei banditi.

Anche perché nel freddo della tenda si chiese se i banditi non stessero pensando anche loro di alzarsi presto. Ma con l’intento di cercarli e finirli.

Questo pensiero gli girava nella mente. Finire morti per mano delle loro prede.

Niente soldi. Finire come carne per i coyote o i lupi.

La prospettiva non lo allettava.

Mancavano poche ore all’alba. Voleva riposarsi ancora un po’ poi si sarebbe preparato.

King sembrava essersi addormentato, non pareva più agitato né parlava più. Anche la febbre sembrava scesa. Sempre alta ma non più come prima. Chiuse gli occhi sperando di rivederlo di vivo.

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