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di simply_me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Reazione ***
Capitolo 2: *** Piuttosto insolito ***
Capitolo 3: *** Dietro la facciata ***
Capitolo 4: *** Battiti di ciglia ***
Capitolo 5: *** Ostinata fragilità ***
Capitolo 6: *** Possibile? ***
Capitolo 7: *** Stupendo, insoddisfatto ***
Capitolo 8: *** Raccontare per bene. Sta bene? ***



Capitolo 1
*** Prima Reazione ***


Più di... Attenzione, se non avete ancora visto il capitolo 55 o non ne avete ancora notizia fermatevi qui!Questa ff parte esattamente dalla fine del capitolo.

Ed eccomi qui a presentare una seconda ff in tema Host Club. Che posso dire? il 55 mi ha davvero ispirata... mi sta piacendo molto scriverla. Spero che a voi possa piacere leggerla ^__^

Prima Reazione

Chiuse dietro sé la porta e si nascose, rannicchiandosi nell’armadio.

Buio, silenzio, tutto quello che solitamente in casa era riuscita a calmarla questa volta era perfettamente inutile.

Sentiva ancora le guance bruciarle e la testa, lì sulla fronte, pulsare.
Il respiro era regolare, o quantomeno provava a regolarizzarlo, a dispetto di un cuore che invece le batteva all’impazzata.

Calmarsi.
Ecco quello che doveva fare: calmarsi.
Pochi istanti e sarebbe passato via, come un tuono durante un temporale. Si, allo stesso modo.

Provò a contare i secondi, ma non arrivò neppure a dieci che dovette ricominciarne il conto. E ancora e ancora.

Inutile, del tutto inutile.

Il rossore non accennava a scemare, il pulsare a placarsi, il battito a regolarizzarsi.

Si diede della stupida, forzandosi a uscire da lì dentro al pensiero di come avrebbe giustificato la cosa nel caso suo padre fosse tornato: nessun temporale o condizione meteorologia sfavorevole prevista per quella sera, né per i prossimi giorni.

Prossimi giorni…

Si domandò con che faccia sarebbe andata all’Ouran il giorno dopo.
Non spettava a lei raccontare di Tamaki senpai e, dopotutto, lui aveva detto che lo avrebbe fatto sapere agli altri. Probabilmente domattina lo avrebbe ritrovato nella terza aula di musica dedito a dar mostra della sua solita idiozia.

Sentì le guance bruciare a questo pensiero.

Rivederlo il giorno dopo?

Scosse la testa come a voler svuotare la mente.

Beh! Si, certo! Lo avrebbe visto, e poi avrebbero… parlato.

Impossibile.
Come poter pensare di parlargli se fosse rimasta in quello stato?

Quello stato… che cosa era?
Lei, che aveva sempre cercato di evitare ogni coinvolgimento con loro,adesso si ritrovava a quel modo unicamente per un bacio del più folle tra di essi.

A dire il vero già da tempo aveva abbassato le difese, lasciando che quel gruppo eccentrico e strampalato entrasse a far parte di una categoria differente: i suoi più cari amici.
Ma mai avrebbe pensato di poter subire un tale vortice di emozioni.

Come se quello sulla fronte fosse stato davvero il primo bacio che avesse mai ricevuto.

Kaoru l’aveva baciata sulla guancia appena due giorni prima e in passato aveva addirittura baciato sulle labbra una ragazza.

Solo con lui le sue reazioni erano diverse, solo se i baci venivano da lui.

- Perchè? – non potè fare altro che sussurrare confusa.

Poco male, avrebbe dovuto fare come la volta scorsa: smetterla di pensarci troppo e di agitarsi immotivatamente.

Smetterla…

Guadò ancora una volta il suo armadio e quasi in lacrime tornò a chiudervisi dentro.





Camminava lentamente, distrattamente.
Accennò poche volte a sollevare il capo per guardare il tragitto.

Era tutto a posto. Proveniva dal suo papà.
Andava bene così. No?
Nulla di cui preoccuparsi.

Era stato sciocco da parte sua recarsi dove lei abitava; ancora più sciocco se considerava che il suo proponimento di tener tutto nascosto per non farli preoccupare gli si era inevitabilmente ritorto contro.

Tutto sommato però… meglio così.
Almeno aveva potuto constatare che nascondere le cose non serviva a non farli preoccupare.

Essere sincero: questo avrebbe dovuto fare. Questo era ciò che gli riusciva meglio.

Domattina sarebbe tornato a scuola.
Avrebbe parlato anche con gli altri, sarebbe stato sincero anche con loro.

Certo, sarebbe stata una grossa sorpresa, specie per i gemelli le cui reazioni erano sempre particolari, ma non se preoccupava.
Avrebbe raccontato e avrebbero capito; avrebbe aperto loro il suo cuore allo stesso identico modo in cui lo aveva fatto pocanzi con lei.

Allo stesso modo, allo stesso identico modo.

Arrossì improvvisamente.
Andava bene, no?

Gli era venuto dal profondo del suo cuore. Sinceramente, dal profondo del suo cuore.

Lo aveva fatto senza pensarci, per ingraziarla, perchè non aveva resistito.
Non questa volta.

La abbracciava spesso, spessissimo, non curandosi delle sue proteste. Lo aveva fatto ogni volta che aveva sentito di farlo.

Andava bene anche in questo caso, no?
Anche se… l’aveva baciata.

Era la seconda volta che aveva desiderato farlo, desiderato baciarla.

La prima era riuscito a controllarsi, sebbene fosse poi caduto vittima di una febbre alta e delirante.
Così almeno credeva.
Poco ricordava di quella vicenda: la visita caotica dei ragazzi, la venuta di suo padre che l’aveva baciato e le sue parole. Nulla di più.

Questa volta… non era andata allo stesso modo.
Lo aveva fatto: un bacetto innocente, sulla fronte. Nulla di più.

Andava bene, no?
Era… naturale.

Darle quel bacio era stata la cosa più naturale che avesse sentito di fare in quel momento.
Non ci aveva neppure riflettuto.
Era venuto fuori spontaneamente, così spontaneamente che se ne era reso conto solo dopo averlo già fatto.

Ma andava bene comunque, no?
Lui era il papà…

- “È un desiderio naturale di ogni padre baciare i propri figli…” –

Ripeté pensando alle parole che il padre gli aveva detto quella volta, mentre era malato.

- Un desiderio del tutto naturale… – ripeté un po’ incerto.

Anche Haruhi lo aveva capito, sicuramente.
Le avrebbe comunque spiegato domattina, se così non fosse stato, che era naturale… del tutto.

Si arrestò di colpo lungo la strada.

- Del tutto… naturale… - ripeté ancora.

Sollevò le scapole facendo scivolare metà del volto all’interno del cappotto.
Scattò rapido verso la propria abitazione in preda all’imbarazzo.

Così… andava bene?

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Capitolo 2
*** Piuttosto insolito ***


Piuttosto insolito



Era insolito che non fosse ancora arrivata quella mattina.

Da quando era entrata all’Ouran la avevano sempre trovata in classe al loro arrivo.
Era sempre stata lì, seduta al suo posto con un libro aperto sul banco, pronta a salutarli.

Era la prima volta che non la trovavano al suo banco, con suo enorme stupore.

Entrato in aula aveva gettato subito un’occhiata a quel banco e si era bloccato, nel vederlo vuoto.
Si era arrestato sulla porta, mentre il fratello che lo seguiva aveva cominciato a salutarla fermandosi a metà del suo nome, constatando come di fatto fosse assente.

Si erano guardati entrambi dubbiosi.

Francamente sperava, pur non senza un pizzico di disappunto, che Kaoru potesse esserne in grado di darne risposta, ma anche nei suoi occhi era presente lo stesso interrogativo.
Perchè non era ancora lì?

- Magari è da qualche parte… magari è in aula professori. – cercò di giustificarla Kaoru sorridendogli.

Non che avesse avuto davvero intenzione di giustificarla, questo lui lo aveva capito bene, voleva solamente non farlo preoccupare.
Come se fosse l’unico a preoccuparsi…

Ricambiò il sorriso.

- Magari. – gli rispose.

Magari…

Magari avrebbe potuto chiedere al capoclasse.
Non che fosse necessario: era solo curioso.
In fondo non c’era nulla di male nel chiedere di lei, specie considerato che tutti quanti la ritenevano un lui.
Si, avrebbe potuto chiedere, solo per curiosità.

- Oh! Buon giorno Hikaru-kun, Kaoru-kun! – li salutò la vice capoclasse.
- Buon-buongiorno… - rispose all’unisono col fratello.

Avrebbe potuto chiedere a lei, magari.

- K… -
- Kurakano-san! – lo interruppe Kaoru.
- Uh? – fece la ragazza voltandosi nella loro direzione.
- Haruhi… -
- Haruhi-kun? Non è ancora arrivato – rispose sorridendogli – è insolito da parte sua… generalmente arriva presto la mattina –aggiunse un po’ pensosa.

Non era ancora arrivata?
Strano, insolito.

- Ti ringrazio Kurakano-san… - sentì dire al fratello prima che questi si voltasse a osservarlo.
- Beh! Si sarà addormentato… il pigrone! – disse con noncuranza cercando di convincere il fratello prima di andare a prendere posto.
- Hikaru… - gli sentì sussurrare.
- Arriverà – aggiunse sorridendogli dalla propria sedia.

Si era già preoccupato troppo per lui.
Solo da ieri le cose si erano sistemate, non voleva farlo preoccupare ancora.

Del resto, era più che possibile che Haruhi per una volta avesse dormito più del dovuto.
Non c’era nulla di cui preoccuparsi, non era accaduto nulla.

Voltò il capo in direzione dell’ingresso.
Sarebbe arrivata… vero?

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla, si voltò e vide il fratello sorridergli.
Osservò Kaoru prendere posto, un banco oltre il suo e voltarsi a sorridergli ancora.

- Si, arriverà… - gli sentì dire fiducioso.





Non aveva mai tardato così tanto.

Non che ne avesse mai avuto la necessità fino ad allora.
A dire il vero non ne aveva intenzione neanche allora.

Solo… la possibilità di vederlo…
Non era pronta, non ancora.

Beh! Non poteva negare che, tutto sommato, le era servito, chiudersi dentro l’armadio.
Quantomeno le aveva permesso di calmarsi a sufficienza, dopo parecchie ore, da poter parlare serenamente col padre quella mattina.

Come se nulla fosse accaduto, nulla.

Non che desiderasse nascondergli qualcosa, solo… suo padre avrebbe fatto una baraonda immotivata lanciandosi in uno sproloquio interminabile che lei aveva comunque voluto evitare.

Di fatto non era accaduto nulla, no?
Nulla di importante, no?
Quindi… perchè avrebbe dovuto raccontarglielo?

Dalla strada osservò il tetto dell’imponente struttura scolastica, nell’attesa che cominciassero le lezioni.

No, non era nulla di importante.
Anche se lo avesse visto avrebbe dovuto essere la stessa. Non aveva motivo di essere diversa.
Nessuno.

Seguitò ad avanzare lungo la strada con fare deciso.
Uno, due, tre passi.
Si arrestò… di nuovo.

Sospirò.

- E dieci – contò rassegnata.

Era la decima volta che era protagonista della stessa identica scena
. La decima volta che si ripeteva le stesse identiche cose, la decima volta che avanzava di tre passi per poi arrestarsi.

Quasi lo facesse apposta per non arrivare che all’inizio delle lezioni, per evitare di parlare, che Hikaru e Kaoru, forse a quest’ora già informati, le dessero la “novità”, che lei potesse…

Guardò in basso: non andava bene.
Ci stava pensando troppo, si stava lasciando condizionare.
Non andava bene, non era logico.

Doveva smetterla, smetterla.

Osservò il tetto dell’edificio: uno, due, tre passi…





Controllò l’ora sul suo Rolex: mancava veramente poco.

Mise a battere la punta del piede sul pavimento ripetutamente, cercando di non fare rumore.
Nonostante non lo guardasse, poteva ben percepire gli occhi del fratello puntatigli addosso.

Che diamine stava facendo?
Non lo convinceva, questo ritardo, non lo convinceva affatto.

Si alzò in piedi e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

- Hikaru… - sentì dire a suo fratello.
- Provo a chiamarla – gli rispose serio.

Gli rispose la voce automatica dell’operatore.
Chiuse il telefono guardò in basso stritolando con la mano il cellulare.

Diamine! Quella scema!
Che glielo avevano regalato a fare?!

Non era da lei assentarsi, non aveva mai perso un giorno di lezione.

E se si fosse ammalata?

Beh! Che avrebbe potuto farci lui?
Dopo le lezioni sarebbero andati a trovarla, magari insieme ai senpai.
Giusto per appurarsi che stesse bene, che non avesse bisogno di qualcosa, che le sue condizioni…

- Vado a cercarla. – disse deciso al fratello.
- Ti accompagno – rispose alzandosi quest’ultimo.
- Non occorre…- lo fermò – sul serio, vado io.

Si avviò di corsa verso la porta aprendola di scatto, trovandosi davanti una figura minuta in abiti maschili.

- Uh? Hikaru? - chiese perplessa.
- Ha-Haruhi? – fu l’unica cosa capace di dirle, alquanto sorpreso e imbarazzato.

Eccola lì!
Stupido a essersi preoccupato così tanto!
Stupida lei che non lo aveva avvisato del ritardo!
Avrebbe dovuto avvisare.

- Andavi da qualche parte? – gli chiese sgattaiolandogli a fianco per andare a sedersi al proprio posto.
- Tsk! – esclamò tornando anch’egli a sedersi imbronciato – Dove dovrei andare a pochi minuti dalla lezione?! –
- Eh? –

Lo infastidiva vederla così tranquilla.
E lui che si era preoccupato come uno scemo!
Avrebbe dovuto avvisare.

- … Haruhi… - la chiamò Kaoru facendola voltare – è tutto a posto? –
- Uh? – esclamò fingendo di non capire timorosa che le chiedessero.
- Non è da te arrivare a lezione così tardi –
- Ah. Beh! Mi son alzata in ritardo. – disse sorridendo imbarazzata.

Kaoru scoppiò a ridere.
Anche lei rise, prima di aprire il libro sul banco.

Stupida!


Vide entrare in aula il professore: aveva fatto appena in tempo.

Che stupida!
Aveva rischiato di tardare.

Adesso basta, non doveva più pensarci, basta.
Pensarci la faceva solo distrarre.
E poi… non era nulla a cui valesse la pena di pensare così, no?
Non aveva alcuna importanza, strava solo stragionando.
Non era da lei, stentava a riconoscersi.

Adesso basta, basta.
Stava perdendo tempo e stava perdendo la lezione.

Basta, assolutamente.
Era stanca di pensare a qualcosa a cui non avrebbe mai dovuto pensare così a lungo.
Basta.

Chiuse gli occhi un istante.
Il tempo sufficiente a ricaricale le pile.
Fece un respiro profondo e li riaprì cominciando a prendere appunti.


Non lo convinceva.

Forse era solo la sua impressione. Forse era solo seccato del fatto di essersi sentito un idiota e desiderava attribuirle chissà quale malattia.

O forse no.
Vederla sospirare durante la lezione… sicura che stesse bene?

Si allungò sopra la sua testa quel tanto che bastava a guardare Kaoru.
A cogliere certe cose, a capirle, lui era più bravo.
Kaoru ricambiò con lo stesso sguardo: non lo capiva.

Che cosa le era preso?

La guardò ancora, adesso intenta a seguire la lezione.

Evidentemente era solo ancora un po’ assonnata.
Si, probabilmente stava esagerando lui.
Possibile: da quando aveva compreso i suoi sentimenti era diventato ipersensibile nei suoi riguardi.

Beh! Quantomeno non aveva raggiunto il livello di ipersensibilità di qualcun altro.
Al suo posto il Lord avrebbe chiamato Kyoya facendogli mobilitare la polizia privata per cercarla.
Che idiota!

Si, quanto meno non era a quel livello.

La guardò ancora con la coda dell’occhio.

Nulla di cui preoccuparsi.
No?



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Capitolo 3
*** Dietro la facciata ***


nota: questo è l'ultimo dei capitoli stile introduttivo introspettivo, dal prossimo la storia dovrebbe aumentare di dinamismo (e speriamo che non mi incarti XD)
Buona lettura...






Dietro la facciata


Non gliene aveva mai parlato finora, a nessuno di loro.

Non che avesse mai voluto nasconderglielo comunque. Non lo aveva mai ritenuto necessario, non per evitare di farli preoccupare.

A dire il vero nessuno mai glielo aveva chiesto.
Forse perchè questo era un po’ stato il loro accordo; un tacito accordo in cui ciascuno di loro sapeva i tratti più salienti della storia degli altri e nessuno osava chiedere di più.
Come un vaso di Pandora dal contenuto in parte noto: scoperchiarlo avrebbe aggiunto solo sofferenza, tristezza, preoccupazione, in un mondo in cui ciascuno di loro aveva invece scelto di sorridere, in cui lui aveva fatto del sorriso il suo motto di vita, la sua promessa.

Eppure lei…

Di tutti quanti era stata proprio lei l’unica in grado di farlo saltare quel coperchio, in maniera del tutto naturale.

Lo aveva avvertito naturale, probabilmente perchè con le sue parole gli aveva fatto capire che la preoccupazione sarebbe stata ancora più grave senza una base per comprendere.
Una giusta base, per lo meno. Non dei cenni sconclusionati e sparsi, no.

Non ci aveva mai pensato fino ad allora, fino a che lei con la sua semplicità glielo facesse notare.
Doveva parlare, raccontare.

Beh, prima o poi lo avrebbero scoperto comunque… ma di certo non voleva metterla nella condizione di mantenere un tale segreto.

Non che non si fidasse di lei, tutt’altro: si fidava così tanto e le voleva così bene da non volerla mettere in una condizione di quel genere.

Non se lo meritava, non essendo stata così sincera con lui da ammettere di non sapere cosa fare.

Per questo motivo gli era venuto naturale raccontarle tutto, scusandosi tra l’altro di non averle mai narrato nulla finora. E per questo le aveva promesso che ne avrebbe parlato anche agli altri.

Eccolo lì dunque, già seduto sul divano della terza aula di musica, in attesa che tutti lo raggiungessero, in attesa di parlare loro, di sapere anch’egli.

Si, perché in fondo al suo cuore, era anche preoccupato.

Non che ce ne fosse motivo.
Avevano già fatto pace, così lei gli aveva detto.
Ma era stato serio, molto serio, per averla portata a pensare a quel modo di se stessa.

Se solo lui non avesse mentito…
Probabilmente avrebbe potuto esserle d’aiuto, essergli d’aiuto.

Oppure probabilmente non avrebbe potuto fare nulla neppure lui.
Non sapeva mai cosa aspettarsi neppure lui da quei due.

Beh! Poco importava adesso, presto se ne sarebbe accorto.

Non li aveva avvisati, nessuno di loro, neppure lei, per quanto immaginava che il suo intuito la avrebbe portata a prevedere la sua mossa. Non lo aveva reputato necessario.

Era certo che tra poco si sarebbero riuniti lì, in quell’aula, quella che era in fondo la “loro” aula ormai da due anni.

Li aspettava lì, sarebbero entrati presto.
Tutti quanti: senpai, i gemelli… Haruhi.

Arrossì un istante ricordandolo.

Andava bene comunque, no?
Nulla di cui preoccuparsi.

Non che lo reputasse possibile comunque, ma, se il caso, le avrebbe spiegato.
Era… il papà lui… no?

Si, doveva solo spiegarle, se necessario.

Si alzò, cominciando a passeggiare su e già per la sala.

Lo avrebbe fatto, se il caso… vero?





La porta si aprì facendo uscire il professore.
Era finita.

Sospirò.
Non era stato facile mantenere la concentrazione, anche se di fatto non ne capiva la ragione.

Tutto sommato poteva esserne fiera: si era imposta di non pensarci e ci era riuscita.
Almeno in parte...

Forse in parte era dovuto al fatto che, con suo enorme stupore, nessuno le aveva chiesto.

Non ne avevano parlato che a pranzo.
Un cenno veloce fatto da Kaoru che aveva rischiato di far crollare, chissà perchè, la sua determinazione.

- Chissà che faccia farà il Lord nel vederci così al suo rientro… -

Una frase alla quale aveva risposto con calma apparente dicendogli di non preoccuparsi e sorridendo in maniera forzata prima di alzarsi e tornare in aula.

Si era sentita in colpa in quel momento: lui era lì, non era partito. Lei lo sapeva e non glielo aveva detto.
Era stupita che gli altri non lo sapessero ancora, ma era certa che lo avrebbero saputo oggi stesso.

Alle sue parole… ci credeva.
Che lui sarebbe venuto… lo sentiva.
Sarebbe accaduto, presto.

D’altronde non era comunque compito suo: lei non aveva nulla a che vedere con tutto questo.
Non più del fatto di aver vissuto la cosa con un anticipo di una notte, nulla di più.
Non era compito suo, non questo, non oltre alla sua risoluzione di aspettare che fosse lui a raccontare di quanto avevano parlato la sera precedente.
Tutto, no, solo il necessario della serata precedente.

Scosse la testa.

No, non ci doveva pensare, non adesso.
Avrebbe ricominciato ad arrossire se ci avesse pensato, se avesse pensato al suo sorriso, al suo ringraziamento, a quel…

Arrossì: ecco, ci aveva pensato.

- Haruhi! – si sentì chiamare da Hikaru.
- Eh? – rispose distratta.
- Ci vediamo anche oggi coi senpai? – le chiese annoiato.
- Uh?Ah… si. – rispose ancora esitante, prima di uscire con loro dall’aula.
- … -



Ancora quella sensazione: non lo convinceva.

Sicuramente non ne aveva motivo, ma quel suo esitare adesso… anche quel sorriso forzato a pranzo…
Non lo convinceva.

Qualcosa non andava,
Sicura che stesse bene?

Per quanto si fosse dimostrata impeccabile nell’ascoltare la lezione, nei pochi momenti liberi gli era parsa… soprappensiero, distratta.

Forse aveva qualche problema in casa, con suo padre, quello vero.

Si, doveva essere questo, probabilmente.
Giusto?

Si grattò la testa un istante.

- Hikaru? – sentì chiederle mentre camminavano lungo il corridoio – Tutto bene? –
- Eh? Ah! Si… tutto bene – rispose cercando di dissimulare.

Idiota!
Come poteva andare bene se non sapeva neppure come fare a chiederle una cosa del genere!

- … - la guardò con la coda dell’occhio – e tu? Voglio dire… tu stai bene? –
- Eh? Io?... si… perchè? –
- Ah? Così! –
- … - lo fissò un istante.

Sospirò: non era da lui comportarsi a quel modo. Specie senza la sicurezza che lei stesse davvero male.

Lei non voleva dirgli nulla?
Bene! Lo avrebbe preso per vero.
Oppure era davvero così e suoi sensi lo tradivano?
Poco importava!
Non poteva comunque chiederglielo dopo una risposta del genere. E di certo non era il tipo da insistere come un idiota senza esserne certo, quindi tanto valeva ritenerla sincera senza dubitare che lo fosse.

Alzò il capo e vide il fratello guardarlo negli occhi con aria preoccupata.

Che diamine! Lo stava facendo preoccupare di nuovo.
Idiota!
Adesso basta: meglio cambiare discorso e non pensarci più.

- A proposito Kaoru… hai portato il the neozelandese che nostro padre ha portato dal suo ultimo viaggio? -
- … si. – gli rispose dopo un attimo di incertezza – Vedrai Haruhi ha un gusto davvero particolare… - aggiunse chinando il capo verso la ragazza e ricominciando ad avanzare.
- Davvero? – chiese quest’ultima riprendendo a camminare.
- Uhuh! – annuì Kaoru.

Sembrava esserci riuscito: cambiare discorso prima di rendersi ulteriormente ridicolo e di far nuovamente preoccupare il fratello.
Si, meglio così, meglio non pensarci più… no?


Se ne era accorto?
E adesso?

No, impossibile.
Hikaru non era certo il tipo da dar peso a questi piccoli dettagli, questi piccoli, inutili, superflui dettagli…

Ecco cosa erano: superflui.

Era superfluo arrossire, superfluo sentire il proprio cuore cominciare ad accelerare pin piano che si avvicinavano alla porta di quell’aula, superfluo sentire un’enorme tensione piombarle addosso a quel modo.

Superfluo, estremamente superfluo.
E sciocco.

Più che altro era sciocco non essere in grado di ricacciarla via anche adesso che parlava con Kaoru.
Perchè… non ve era motivo, no?

Era un giorno come tutti gli altri quello, e come tale lei doveva viverlo.
Stava esagerando: non le piaceva, era stanca.

Quindi, tanto valeva mettere da parte tutto una buona volta e vivere quel giorno come uno di quei giorni strampalati che passava in compagnia dei membri del club, uno in cui il King del club…

Si arrestò davanti alla porta chiusa.

Stavolta il senpai non sarebbe stato come gli altri giorni.
E lei… cosa avrebbe dovuto fare?

No, non era tempo di esitare.

Anche gli altri avrebbero compreso, ne era certa, e tutto, tutto, sarebbe ritornato alla normalità, o eccezionalità, come forse era meglio dire nel parlare di quei ragazzi.

Si, tutto sarebbe tornato normale.
Doveva andare così per tutti…
Per tutti... lei compresa… no?

Impugnò la maniglia decisa: adesso basta, niente esitazioni.
Avrebbe visto come sarebbero andate le cose e poi, in base a ciò che avrebbe sentito e reputato si sarebbe comportata.





Sentì la maniglia scattare, sotto il peso di una mano all’esterno dell’aula.

Eccoli: si sarebbe aperta presto e sarebbero entrati.
Toccava a lui adesso.

Deglutì.

Era pronto... no?


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Capitolo 4
*** Battiti di ciglia ***


nota: e dopo una lunga attesa arriva il quanto capitolo! XD vi chiedo di perdonarmi ma gestire i pensieri di più personaggi senza incartarsi e facendo capire chi pensa cosa non mi è stato molto semplice. beh! Buona lettura!
ps. devo ancora inviare una mail... gomen!






Battiti di ciglia


Un battito di ciglia.
Il tempo sufficiente a vedere il suo volto, aldilà di quella porta, sorriderle fiducioso.

Così almeno le sembrava.

Per lo meno sufficiente a farle comprendere: aveva esagerato.
Davvero.
In tutto, soprattutto in sé.

Essere stata così nervosa sino a quel momento pensando a… a quel… quel… mentre invece…

Non era di quello che avrebbe dovuto preoccuparsi tutto questo tempo.

Vergogna.

Forse avrebbe dovuto prepararsi a dargli il suo sostegno invece.
Forse, di certo.

E invece…

Battere le palpebre.
Solo questo aveva fatto: un rapido, subitaneo battito di ciglia prima di chinare il capo.

Non riusciva a guardarlo.

Certo, era consapevole che non spettava a lei la prima parola in quel momento, lo sentiva, ma… isolarsi a quel modo…
Per quel motivo poi!

Non lo faceva perchè aspettava che fosse lui a parlare, no, ma perchè non sapeva come affrontarlo quel sorriso perchè…
Stupidamente non aveva fatto altro che pensarci, dalla sera precedente.

Vergogna.

Basta così.
Forza. Basta così.

Serrò la mascella: capiva perfettamente che avrebbe dovuto alzare il capo.

Doveva forse incoraggiarlo?

Doveva?
No, voleva… sebbene non riuscisse a spiegarsi né il perchè né come.
Di una cosa però era certa: se non avesse alzato il capo, se non gli avesse sorriso anche lei, dimenticandosi una buona volta di tutte quelle riflessioni così… così fuori dal suo essere, così non da lei, non se lo sarebbe mai perdonata.

Doveva solo alzare il capo e sorridergli, in attesa che lui parlasse.
Doveva fare solo questo.
Forza, doveva fare solo questo.





Battè le palpebre un paio di volte, arrestandosi sulla soglia, suo fratello a fianco.

- L…Lord? – bisbigliò all’unisono col fratello.

Era stupito, decisamente,così come Kaoru di certo.

A dire il vero però, ciò che più lo stupiva non era tanto l’averlo trovato lì, quanto il comprendere che di questo non era affatto sorpreso.
Era altro…

Era già successo, che si muovesse all’improvviso.
Lui era fatto così, come per Karuizawa.
Probabilmente non aveva resistito.

Si, non aveva resistito.
Non aveva resistito che nove giorni senza il club, non aveva resistito senza…

Scosse la testa.

No, la folle idea che il Lord fosse tornato prima per lei era troppo, anche per lui.
Si era fermato appena in tempo.

Ma allora perchè?
Perchè quella strana sensazione non passava?

Le diede un’occhiata di sfuggita.
Era ferma lì a fianco capo chino.

Non gli piaceva.

Perchè era a capo chino?
Perchè non lo osservava come facevano lui e suo fratello? Perchè non sembrava sorpresa?

Decisamente, non gli piaceva.

E se… il ritardo della mattina… quel suo essere così distratta… se in realtà fosse stato dovuto a lui?

Non gli piaceva affatto.

Se si fossero già incontrati allora…

Lo guardò, dritto in volto.
Uno sguardo che non si vide ricambiare: lui osservava lei.

Beh! Di che stupirsi?
Dal suo arrivo i suoi occhi erano sempre stati indirizzati a lei. A nessun altro se non a lei, sempre.
Se solo avesse avuto chiaro il motivo per cui era così, se solo lo avesse avuto chiaro, allora anche lui…

No. Basta.
Basta con questi pensieri, basta.

Ridicolo. Pensare tutto questo in pochi istanti.
Il tempo di un misero, crudele battito di ciglia.

Perchè diamine non si precipitava ad abbracciarla come suo solito?

Adesso basta.
Era da paranoici pensarla a questo modo.
E di certo non lo era e non lo voleva diventare.

Meglio parlare e farla finita.
Si, parlare. Doveva fare solo quello.

Lo guardò ancora, rimase in silenzio.





Non aveva pensato, fino allora, di veder proprio il suo volto per primo.

Aveva più volte immaginato, nell’attesa, la scena che avrebbe preso vita all’aprirsi di quella porta, ma mai, neppure una sola volta, aveva pensato all’ipotesi che fosse lei ad aprirla.
Mai.

L’aveva immaginata entrare coi gemelli, questo si, ma mai avanti a loro.
Non che lei lo sapesse, ma si era reso conto che lo avrebbe intuito facilmente.
Per questo, aveva pensato, li avrebbe lasciati entrare avanti, andare per primi.

Almeno così aveva creduto.
O forse così aveva voluto credere.

Rimandare di poco l’idea di vederla, solo qualche istante.
Forse era stato anche questo.
Non sapere cosa, da ieri, lei aveva potuto pensare, non sapere se tutto andava bene.

Beh! Non che avesse motivo di temerlo, comunque.
Solo, in quell’incertezza sugli eventi c’era qualcosa a cui aveva preferito non pensare.

Due le ipotesi sul suo atteggiamento che aveva considerato: indifferenza o rabbia. Solo quelle.
La prima avrebbe significato esattamente quello: tutto andava bene.
Anche se…

La seconda… le avrebbe spiegato.

Così aveva accantonato questo pensiero, preoccupandosi degli altri.

Per questo, quando a far capolino dalla porta era stata esattamente la sua chioma castana, rimase un po’ spiazzato.

In un certo senso anche piacevolmente.

Ciò che aveva pensato, in un battito di ciglia, era che lei, l’unica che sapesse, che potesse immaginare, si fosse presentata lì prima di tutti gli altri forse preoccupata per lui, forse per incoraggiarlo, o forse solo per caso.
Ad ogni modo lo stava davvero incoraggiando, seppur magari inconsapevolmente.

Per questo le sorrise sereno guardandola dritto in volto.

La notò così: un’espressione che potè scorgere a mala pena seguita da un subitaneo battito di ciglia prima che chinasse il capo.

Troppo poco il tempo per identificarla, per comprenderla.
Era proprio la seconda allora?
Una collera tale da non volerlo neppur guardare?

Doveva spiegarle… e il più presto possibile.

Era stato un gesto da papà, no?
Haruhi non era così irragionevole da evitarlo se le avesse parlato.
Lo avrebbe ascoltato, no?

La osservò nella speranza che gli fornisse un minimo segnale.
Se solo avesse alzato il capo…

No, lo avrebbe alzato di certo, a momenti.

Continuò a fissarla, dimentico di tutto il resto.

Avrebbe alzato il capo e lui avrebbe avuto modo di spiegarle.
Doveva solo incontrare il suo sguardo ancora una volta, ancora una.
Oppure… gli sarebbe bastato chiamare il suo nome!
Si, chiamare il suo nome… chiamare…

Aprì la bocca per parlare quando le vide alzare il capo, finalmente.
Le sorrise ancora.





Lo aveva alzato, brava.
Adesso poteva con calma ricambiare il suo sorriso.
Gli sorrise.


Un incrocio di sguardi a cui non avrebbe mai voluto essere testimone.
Ne era certo ormai: nascondevano qualcosa.
C’era qualcosa tra quei due di cui, per l’ennesima volta, non era a conoscenza.
Chiuse gli occhi stringendo la mano chiusa a pugno.


- Har… - riprese a dirle con l’intenzione di chiarire al più presto quando…


- Lord!? – lo interruppe Kaoru a voce alta – sei tornato prima degli altri! –

Un’esclamazione più che dovuta, un tono alto a sufficienza per far riprendere gli altri tre da quella stasi apparente di sguardi e battiti di ciglia a cui stava assistendo.
Tutti e tre, specialmente lui.

Quasi stentava a riconoscerlo!
Starsene così in silenzio pur avendo, e ne era certo poiché era il suo gemello, la sensazione che qualcosa non quadrasse.

Quella condizione così statica non gli si addiceva.

Non era perchè diventasse così che lui aveva fatto tutto quello, ma per poter agire, liberamente.
E se gli serviva qualche input in più… beh! Dopo tutto quello che aveva provocato negli ultimi giorni, Haruhi, l’appuntamento, la lite… dopo tutto questo, non poteva che aiutarlo.

L’avrebbe aiutato comunque a dire il vero.
Perchè… era suo fratello. Lo sarebbe sempre stato.
E perchè anche lui gli aveva insegnato qualcosa da quel litigio.

Si doveva svegliare.
Si doveva svegliare e subito.


Lo aveva aiutato, ancora una volta.
Oramai aveva perso il conto di quante volte lo aveva fatto.
Lo ringraziò, in cuor suo prima parlare: lo aveva svegliato.

- Già… Lord… e Kyoya senpai? Non è con te? – chiese risoluto.


Spostò lo sguardo su di loro, non potendo fare a meno di sorprendersi un po’.

Per quanto uguali quell’enorme differenza di colore nelle loro chiome non poteva certo passare inosservata.

Certo, era meno ridicola del Rosa Flamingo del loro falso litigio, ma, in accordo con la preoccupazione di Haruhi, la avvertiva più seria, molto più seria.
A maggior ragione considerando il fatto che, nonostante si fossero già riappacificati, quel colore era ancora lì.

Doveva essere stato serio, molto serio.

Meglio sdrammatizzare al momento, gli avrebbe chiesto con calma, dopo.

Scattò come un razzo in direzione di Hikaru mettendogli le mani sulle orecchie.

- Hikaru! – gli urlò serio quasi facendolo indietreggiare di un passo – che cosa è successo ai tuoi capelli?! –
- Eh? –
- Si, i tuoi capelli! I tuoi bellissimi capelli dai riflessi ramati… - indietreggiò portandosi una mano al mento – mmm… però! A pensarci bene… devo ammettere che così moro… Si! Direi che anche con questo colore risulti sorprendentemente affascinate… - si avvicinò di nuovo dandogli una pacca sulla spalla – ben fatto! – aggiunse strizzandogli l’occhio.


Lo guardò sbigottito, incapace di emettere alcun suono sensato.
Precipitarsi a quel modo su di lui per commentare, ignorando la sua domanda, il colore dei suoi capelli?
Certo che era proprio svitato il Lord, senza alcun dubbio.


- Mmm… - riprese serio – certo che adesso si pone il problema di Kyoya… - si voltò dando loro le spalle – Ah beh! – esclamò voltandosi nuovamente a osservarlo – Non preoccuparti Hikaru! Ci penserò io a convincerlo, se mai dovesse essere contrario… certo, basta che non ne risentano gli incassi del club però, altrimenti chi lo sente! – sorrise.


- Pff! Pff! – cercò di non ridere Kaoru – Lord… se proprio… proprio… ahahahahah! – scoppiò a ridere.

“Un idiota!”.
Questo aveva pensato, rilassandosi in un certo senso.

Nel vederlo precipitarsi così all’improvviso sul fratello, per un attimo aveva temuto che potesse fare qualche domanda, che potesse chiederne la ragione, chiedere cosa era accaduto in sua assenza.

Doverlo raccontare proprio a lui…
Si sarebbe infuriato di certo, nel sapere come aveva coinvolto Haruhi, forse anche più di Hika.

Non che fossero affari suoi, ma era logico che si sarebbe infuriato comunque.

Non voleva mettere Hikaru in quella condizione.
Non di nuovo, non adesso.
Le cose si erano appena sistemate. Poco più di tre giorni.
Hikaru aveva appena cominciato a avvertire con consapevolezza i propri sentimenti.
Metterlo nella posizione di doverlo difendere, perchè sapeva che suo fratello lo avrebbe fatto, fosse anche per spirito di intolleranza nel vedere Tamaki senpai rimproverarlo… non era cosa che voleva gli toccasse.

Hikaru non doveva scontrarsi col Lord, non per questo.
Non a causa delle sue azioni.

Vedere il senpai agire così era stato liberatorio, per questo non poteva che riderne di gusto.
Per fortuna!


Anche lei si portò una mano alla bocca, trattenendo, con suo stupore, una risata.

Era strano: un atteggiamento a cui generalmente rispondeva con totale indifferenza, se non con noia, la rallegrava.

E lei che fino a quel momento si era preoccupata di non sapere che fare!

Lui aveva esordito così, con la sua solita idiozia in primo piano, pronunciando con massima serietà e convinzione un discorso così… così stupido che lei… non poteva fare altro che riderne.

Beh! Forse era proprio questo il punto: ne poteva ridere perchè finora si era preoccupata troppo.
Era liberatorio, riderne.

Si, tutto era normale.
Era il solito senpai… anche lei poteva esserlo, no?


Sinceramente, non sapeva come reagire.

Se non lo avesse ritenuto troppo stupido, probabilmente avrebbe pensato che si stava prendendo gioco di lui.
Ma il Lord non era capace di fare una cosa del genere.

Beh! Si, forse avrebbe dovuto riderne, proprio come Kaoru.
Era certo che era scoppiato a ridere pensando a quanto fosse idiota.
E si, anche a lui veniva un po’ da riderne in fondo.

Lo avrebbe fatto, avrebbe riso se solo non si fosse accorto di lei.

Non che ridesse di lui, questo era certo, ma rideva anche lei.
E il fatto che l’origine di quella risata fosse in qualche modo legata al suo nuovo colore di capelli non gli andava a genio.
Non gli andava affatto a genio.

Ok, lei rideva a causa sua. Era il Lord l’idiota.
Ma quella scenetta paradossale non avrebbe certo avuto origine se lui non si fosse tinto i capelli.

Il Lord lo stava sminuendo.
Lo aveva fatto per una ragione più che valida lui.
Certo, non poteva saperlo, ma la sminuiva comunque.
Non gli piaceva, lo irritava.

Serrò la mascella pronto a rispondergli con la sua solita scontrosità quando una figura bionda non troppo alta gli passò a fianco esclamando:


- Ah? Tama-chan? Tama-chan! – gli corse incontro festoso – Bentornato! –


Sospirò.
Honey senpai gli aveva fatto passare la voglia di attaccar briga.

Meglio così in fondo: non sarebbe passato ancora per un immaturo impulsivo.


Lo vedeva guadarlo dal basso con occhi allegri, sorpresi.

- Takashi! Hai visto? Tama-chan è tornato! – gli sentì esclamare.
- Ah! – accennò Mori rimasto sulla porta.
- Però… - riprese a chiedergli timidamente – se tu sei qui… e gli altri ragazzi delle seconde… anche Kyo-chan… allora… -

Gli sorrise, prima di interromperlo.

- Non sono tornato prima Honey senpai. In realtà io… non sono mai partito. –

Continuò a sorridere.
Vide il senpai battere le ciglia, come immaginò stessero facendo anche gli altri.

No, non tutti.
Tutti tranne lei, sicuramente.

Volse il capo per incrociarne lo sguardo un breve istante prima di riprendere a parlare.


Alle sue parole, aveva appena deglutito, silenziosamente.
Lo guardava adesso, con il cuore che sembrava volesse uscirle dal petto, preoccupata.

Era arrivato il momento: Tamaki senpai avrebbe dovuto dirlo per bene anche agli altri.

Era in ansia.
Non riusciva a spiegarsene il perchè, ma non ne poteva fare a meno: davvero, era preoccupata per lui.

Lo vide voltarsi a incrociare il suo sguardo.
Per un attimo rimase senza fiato. Come se il suo cuore si fosse arrestato all’improvviso.


Vide la sue espressione, preoccupata.
Le sorrise sereno: tutto sarebbe andato bene.


A quel sorriso, per quanto fosse ancora preoccupata, sentì l’ansia affievolirsi lasciando il posto a un gran senso di fiducia.
Era davvero ammirevole, il modo in ci riusciva a infondere fiducia negli altri.
Gli era bastato un sorriso, uno solo. Un dolce piccolo sorriso.
Beh! In fondo era proprio questa la sua magia, il suo motto.
Ricambiò il sorriso, fiduciosa.


Solo allora seguitò a parlare, distogliendo lo sguardo da lei.

- Credo che tutti voi sappiate qualcosa… del mio passato… prima che arrivassi qui. Quando ho saputo che il viaggio delle seconde sarebbe stato in Francia… la prima cosa che mi è venuta in mente… è stata mia madre. Non voglio negare che mi manchi, mi manca moltissimo… e davvero io… avrei voluto rivederla. – guardò in basso un istante.


Perchè sentiva quella strana sensazione?
Qualcosa nel fondo del suo stomaco gorgogliava silenziosamente, provocandole un leggero bruciore agli occhi.
Voler rivedere la propria madre… quante volte anche lei lo aveva pensato!


- Hmf! – riprese - non so nemmeno se sarei stato in grado di incontrarla, di trovarla. Però… - sollevò il capo – se lo avessi fatto… allora… il motivo per cui ho accettato di venire qui, quello che ho pensato allora… quello che mi sono ripromesso, la mia promessa a mia madre… tutto quanto sarebbe venuto meno. Voglio che mia madre sia fiera di me… che non biasimi se stessa. Voglio crescere e continuare a sorridere, proprio come adesso… così da poterle dire con certezza quando ci rivedremo: “ torniamo assieme.” Per questo ho deciso di non partire. Adesso… non potrei dirglielo. Riuscire a incontrarla per poi doverci nuovamente separare… non voglio che pianga ancora. – fece una breve pausa – Probabilmente ve lo avrei dovuto dire prima, che non ero partito… che avevo scelto di non partire. Mi spiace di avervelo nascosto. Non volevo farvi preoccupare. Pensavo che questa fosse la soluzione migliore… mi sbagliavo. Mi dispiace. –


Fece spallucce sospirando rassegnato.
Dopo una tale dichiarazione come poteva dirgli qualcosa?
Come poteva esser ancora infastidito?

- Davvero Lord – disse a voce alata andandogli incontro – sei un tonno!-
- Tama-chan è un tonno! Tonno! – ripeté Honey sorridendogli.
- Ah! – si limitò ad aggiungere Mori.


Anche Kaoru li raggiunse.

- Se lo avessimo saputo prima probabilmente saremo rimasti tutti assieme in questi giorni… - gli sorrise.
- Kaoru… - non potè fare a meno di accennare con occhi lucidi dalla commozione - Eh? Kaoru ma che dici? Non scordare – disse in tono canzonatorio – che ci ha mentiti per tutto questo tempo! Nove giorni da solo… sei davvero un bugiardo Lord! –
- Tama-chan è un “uomo bugiardo”! –
- Eh già! Sei un “uomo bugiardo”! chissà che cosa penserebbero le clienti del nostro club se sapessero che il Lord è un bugiardo… - cominciò a prenderlo in giro anche Kaoru – non trovi anche tu Haruhi? –


Se ne stava lì, a osservare la scenetta con enorme sollievo.
Una piccola vendetta per aver loro nascosto la verità.
Sorrise…
Si, se la meritava.
Annuì allegramente.


- Eh? Haruhi! Anche tu?! - esclamò in stato di shock.

Le si avvicinò un istante mettendole le mani alle spalle.

- Anche tu?! – ripeté tenendola con aria melodrammatica – eppure pensavo che almeno tu… -

Tacque all’improvviso notando l’espressione smarrita sul suo viso.
Che le prendeva?


Che le stava accadendo?
Perchè il suo cuore a quel contatto, a quella vicinanza non riusciva a mantenersi regolare?
Perchè non urlava come suo solito “troppo vicino!”?
Anche la sua testa… non riusciva a ragionare.
Il vuoto, vuoto completo.

Schiuse le labbra senza emettere alcun suono.


Lasciò la presa alle sue spalle.
La vide ritrarsi indietreggiando di un passo a capo chino.

Che cosa…


- Haru-chan! Tama-chan! Torta! – li richiamò Honey festosamente.


Esitò un istante prima di voltarsi a raggiungerli accennando un si incerto.

Era forse per quello?
Davvero doveva spiegarglielo?
Allora perchè non lo aveva respinto immediatamente?
Che cosa…?


Lo vide allontanarsi, mentre Hikaru le veniva incontro.

Stupida!
Che le era preso?
Calma, doveva mantenere la calma.


Lo vide passargli accanto con una strana espressione preoccupata.
Che stava succedendo?

- Haruhi? – la chiamò facendole sollevare il capo – tu non vieni a mangiare la torta? –
- Eh? Ah! Si… certo. – rispose cercando di riacquisire il controllo di se stessa – Andiamo? – sorrise avviandosi anche lei.

Annuì sospettoso, vedendola raggiungere gli altri.

Ascoltò distrattamente la voce del fratello e degli altri.

- Per il Lord bugiardo una porzione minuscola! Anzi! Niente torta per Tamaki senpai! –
- Eh? Ma come?! Honey senpai, diglielo tu!-
- Tama-chan, per te niente torta! Punizione del coniglio!
- Eh? –

Non riusciva a riderne.

L’espressione di lui…
L’espressione di lei…

Qualcosa non quadrava.
Non quadrava, ne era certo.


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Capitolo 5
*** Ostinata fragilità ***


nota: Quando ho scritto questo capitolo in realtà avrebbe dovuto essere molto più lungo.
Difatti però, nel ricopiarlo e editarlo, mi son resa conto che inserire tutti gli avvenimenti in un solo capitolo lo avrebbe reso incredibilimente pieno di eventi e particolari che posson esser invece distribuiti meglio su due capitoli senza così affaticare il lettore. Per tale motivo ho preferito scegliere questo momento per la rottura che fa da trampolino al prossimo capitolo che spero di postare questo week end (è già completo, il tempo di ricopiarlo, editarlo per bene e correggerlo prima di postarlo).Temporalmente ho cercato finora di costruire una trama che si possa incastrare con il capitolo 56, per cui questo mio capitolo si pone successivamente ad esso.Spero tanto di non aver fatto un pasticcio! XD
quasi dimenticavo! ho riproposto in maniera differente una scenetta già introdotta nella mia precedente ff... quale? leggete e lo scoprirete XD
beh! buona lettura!


Ostinata fragilità

Fissò con aria stanca la colonnina di mercurio che stringeva tra le dita.
37.5°C, una temperatura indice di uno stato del quale aveva avuto sentore la sera prima, infilandosi sotto le coperte.

Beh! Comunque una temperatura non così alta da indurla a restare a letto.

Non le sarebbe servito comunque.
Più restava a letto più seguitava a pensarci, a discapito delle ore di sonno che avrebbe dovuto consumare.

Osservò il suo riflesso allo specchio: il suo viso era pallido, gli occhi leggermente incavati.

Non aveva dormito molto in quei giorni.
Da quando aveva scoperto di Tamaki senpai, da quando…
Ci pensava in continuazione.
Anche al modo in cui l’aveva trattato il giorno prima, al ritorno di Kyoya senpai.
Non riusciva a fare a meno di pensarci.

Quanto meno, adesso, poteva ritenersi soddisfatta.
Non che ci fosse realmente da esserne fieri, a dire il vero, ma la causa di quel calore, quella sensazione di bruciore, adesso era davvero logicamente giustificabile.

Eccolo qua il vero motivo: aveva la febbre.
Non era colpa di chissà quale reazione immotivata e irrazionale al gesto di Tamaki senpai, erano i sintomi annunciatori di uno stato febbrile.

Ignorò i piccoli semicerchi neri che vedeva riflessi sotto i suoi occhi.
Adesso che aveva trovato la valida risposta poteva benissimo smetterla di pensarci e concentrarsi sull’unica cosa che doveva contare: lo studio.

Da quando Hikaru e Kaoru avevano litigato, da quando Tamaki senpai… la sua concentrazione aveva molto lasciato desiderare.
Doveva ammetterlo: era rimasta indietro.
Certo, c’era ancora tempo prima degli esami, ma ricordava perfettamente la condizione alla quale la sua permanenza all’Ouran era sottoposta: doveva recuperare, e in fretta.
Non poteva permettersi un’assenza, non prima di aver recuperato.

1,5°C non erano sufficienti d’altronde a piegarla.
Era una febbre da nulla, dovuta alla scarsità di ore di sonno delle quali era riuscita a godere.
Ora che lo sapeva però era tutto a posto: di notte avrebbe recuperato anche quello.
Le sarebbe bastato tenere duro solo per quella giornata.

Afferrò lo spazzolino da denti e il tubetto di dentifricio, cominciando a prepararsi.





Non poteva fare a meno di osservarla.
Non ne poteva fare a meno, specie negli ultimi due giorni.

Ne aveva osservato ogni singolo movimento, nella speranza di scorgere qualcosa che avesse potuto cacciar via quella sensazione che, sorta da un dubbio a cui ancora non aveva dato risposta, continuava a martellargli la mente.

Il pensiero di qualcosa di non detto, qualcosa accaduto tra lei e il Lord, qualcosa confermato dalla battuta sugli onigiri del giorno prima, qualcosa della cui natura lui era totalmente all'oscuro.

Certo, non poteva trattarsi di nulla di grave.
Aveva già intuito che la ragione per cui il Lord era apparso alla sede del club due giorni prima era collegata al fatto che lei lo avesse scoperto e che avessero parlato, sebbene non sapesse in quali circostanze.

Ed era proprio questo il punto: quel piccolo omissis sui fatti realmente accaduti tre giorni prima, unito all’osservazione delle reazioni di lei in quei due giorni a stretto contatto con lui, non poteva fare altro che alimentare la sua curiosità.

Voleva capire, capire per bene.
E non poteva chiedere.

L’espressione del suo volto il giorno prima, nel farfugliare una risposta che non ammettesse repliche, era stata del tutto sorprendente.

No, non poteva chiedere.
Per questo non poteva fare a meno di osservarla, ritenendo che fosse l’unica alternativa per poter comprendere qualcosa, di qualunque tipo potesse rivelarsi.

C’era qualcosa però al momento, che, nell’osservarla, lo allontanava da questa spasmodica silenziosa ricerca.

Appariva sempre un po’ pallida la mattina.
Non che lei si preoccupasse mai di nasconderlo comunque, magari con uno di quegli artifici cosmetici che lui e il fratello avevano più volte cercato di proporle.

“è semplicemente il colore della mia pelle. Non vedo il motivo di nasconderlo dietro qualcosa che per il peso non mi permetterebbe neppure di muovere le guance.” Aveva risposto ogni volta.

Ma quella mattina era più evidente del solito.

Era un po’ che ci pensava, mentre la osservava, ascoltando distrattamente la lezione.
E più la osservava, più se ne convinceva.
Quel pallore era troppo evidente, troppo.

- Haruhi! Ps! Haruhi! – la chiamò sottovoce mentre il professore ricopiava alla lavagna delle equazioni.

La vide voltarsi solo un breve istante.

- Va tutto bene? – continuò a chiederle sottovoce.
- Eh? –
- Si, stai bene? – riprese a chiederle sporgendosi un po’ verso il suo banco – sembri piuttosto pallida… -

Il colpo di tosse, volutamente forte, li fece entrambi voltare verso la lavagna.
Il tempo di vederlo riprendere a scrivere prima di voltarsi nuovamente.

Gli sorrideva, dietro due occhiaie violacee.

- Ho solo dormito poco stanotte… - gli rispose anch’ella sottovoce – non ho nulla che un buon sonno non possa sistemare.
- Ma… -

Ancora un violento colpo di tosse.
Le vide voltare pagina del suo quaderno e scrivere qualcosa sul foglio, mentre il professore riprendeva a scrivere.
Gli mostrò il quaderno, sul quale lesse, a caratteri cubitali.

STO BENE.
SUL SERIO.

Mentre lei continuava a sorridergli.

Dovette arrendersi: evidentemente era davvero così.

Annuì prima di riprendere anche lui a copiare gli esercizi.





Alzò la mano sinistra, risistemandosi gli occhiali sul naso, mentre con la destra seguitava a digitare sulla tastiera del suo portatile.

Ogni tanto alzava il capo, gettando una rapida occhiata sugli altri, in piena attività.

Era stata sua la scelta di astenersi dall’intrattenere le clienti quel giorno, adducendo a pretesto la necessità di rivedere la condizione finanziaria del club in vista dei prossimi intrattenimenti speciali che l’Host Club avrebbe offerto alle principesse nei giorni successivi.

In realtà, accantonato il lavoro, peraltro già svolto, era un’altra la sua principale occupazione al momento.

Seguitava a elencare in una lista a punti le informazioni salienti che, frutto delle sue ricerche, era riuscito a ottenere sul compagno di classe, la madre, la condizione familiare di quest’ultima e le relazioni con la famiglia Suoh.
Li stendeva, più o meno casualmente, e poi li ordinava, collegandoli tra di loro nel tentativo di individuarne il tassello mancante.

Anche stavolta il risultato era lo stesso: Yuzuru Suoh.

Non poteva che essere il preside dell’istituto, il padre di Tamaki, a prendersi cura della donna.
Non poteva che essere lui.

E anche stavolta non potè fare a meno di porsi quell’unico interrogativo al quale non riusciva ancora a dare risposta: perchè?

Perchè Tamaki ne era all'oscuro?
Per quanto ci pensasse, l’ipotesi che fosse la spiccata personalità dell’amico a costituire la ragione del silenzio del preside Suoh, non riusciva a sembrargli convincente.

C’era qualcosa sotto, di certo.

Sinceramente, per quanto benevolo apparisse il preside Suoh, cominciava a nutrire il timore che quest’ultimo avesse uno scopo ben preciso che esulasse dai desideri della nonna di Tamaki e da quelli del ragazzo stesso.
Solo… non riusciva ancora a individuarlo.

Si tolse le lenti un istante, massaggiandosi le tempie.
Nonostante la fitta rete di spie e informatori, non ne veniva ancora a capo.

Alzò il capo, osservando il tavolo che aveva di fronte.
Sorrise.
Tutto sommato poteva anche riposarsi un istante.
Anche perchè lo spettacolo, del tutto inatteso, che aveva già intravisto un paio di volte quel pomeriggio, cominciava a rivelarsi inaspettatamente interessante.
Specie per via di chi ne era protagonista.
Inatteso, imprevisto… e particolarmente interessante.


Si diede un pizzicotto alla gamba, sotto il tavolo.
Per quanto la testa le dolesse era stata sua la scelta di venire all’Ouran febbricitante, di nascondere ai gemelli la sua condizione e di partecipare ugualmente alle attività del club.

Beh! Non avrebbe potuto comunque astenersene.
Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto trovare una giustificazione, avrebbe dovuto sopportare le domande dei gemelli, dei senpai, una possibile scenata da parte di Tamaki senpai e, cosa che più temeva, un consenso apparentemente indifferente di Kyoya senpai.

Era stato meglio presentarsi, senza alcun dubbio, per quanto la febbre già a fine delle lezioni avesse cominciato a farsi sentire seriamente.

In fondo doveva stare solo attenta a quello che le ragazze sedute al suo tavolo le raccontavano, sorseggiando una calda tazza di the dal nuovo servizio “Moonlight Rose”
Doveva solamente ascoltarle, fare solo questo: ascoltarle…

Spostò la sua attenzione, così come i suoi occhi, verso quel divano, a fianco del tavolo di Kyoya senpai.

Lo vide.
Sorrideva, dando a una delle clienti l’illusione di un amore romantico.

Era sempre così lui, quando era al club.
Perennemente immerso nell’ideale di amore da sogno.
Melenso e svenevole sino al punto da farle venire il voltastomaco.

Per questo ogni volta si voltava altrove, dando le spalle a uno spettacolo di quel genere, così schifosamente falso.

Si, ogni volta distoglieva lo sguardo. Voltava…

Chissà quali espressioni avrebbe assunto se fosse stato realmente innamorato?

- Haruhi-kun? –
- Mh? – rispose distrattamente mantenendo lo sguardo nella sua direzione.
- Haruhi-kun… qualcosa non va? - le chiese una delle due ragazze sedute al suo tavolo – I nostri discorsi… ti annoiano forse? – chiese timidamente.
- Mh? Eh? – si voltò – ma no! Affatto! – rispose con una punta di imbarazzo alzando la mano come per scusarsi.
- Ecco… - prese a parlare l’altra ragazza – ci sembravi… distratto… -

Colpita.
Avevano proprio ragione.

Nonostante il mal di testa, la sensazione che il capo le scoppiasse, il calore, che poteva avvertire risalirle lungo il corpo, non era questo che la stava facendo venir meno al suo incarico.
Tutto quello che faceva, tutto quello che faceva anziché ascoltarle era… guardarlo.

Era come se un magnete invisibile e eccezionale attirasse inconsapevolmente il suo sguardo a quel divano.
Non riusciva a non osservarlo.

Magari era solo per la piccola lacrima che gli aveva visto versare il giorno prima, quella lacrima così vera.
Si, era solo perchè era ancora preoccupata per lui, no?
Lui che in questo momento flirtava amorevolmente con una delle innumerevoli principesse dell’Ouran…

Basta.
Pensare una cosa del genere… era forse impazzita?

Doveva essere colpa della febbre, della febbre!

Riacquisire la concentrazione: ecco quello che doveva fare. E subito.

- Vi chiedo scusa – cominciò a rispondere loro – la verità è che… non ho dormito molto bene in questi ultimi giorni – sorrise loro dispiaciuta.
- Ah… ci dispiace tanto Haruhi-kun. Stai bene? –
- Sono io che debbo dispiacermi… questa stanchezza mi impedisce di ascoltare con la dovuta attenzione quanto dite. Mi rincresce molto. –

Le vide arrossire.

- Ah! ma… - esordì brillantemente una delle due ragazze – Haruhi-kun… potremmo anche non parlare! Visto che sei stanco, potremmo sorseggiare il the in pace assieme, no? –
- Si, Haruhi-kun! Potremmo fare così, no? A noi… basta la tua compagnia… - aggiunse timidamente l’altra.

Sorrise loro calorosamente.

- Vi ringrazio… - aggiunse dolcemente.

In effetti le ringraziava davvero.
Cominciava seriamenete a pensare che venire a scuola con la febbre non era stata poi una così brillante idea.

Beh! Coraggio!
Doveva solo resistere un paio di ore, poi tutto sarebbe finito.
Doveva dolo sorseggiare il the in loro compagnia, osservando i loro volti compiaciuti e imbarazzati.
Doveva solo sorridere loro e guardarle.
Doveva… guardarle…

I suo occhi si mossero, preda di quel magnete sovrannaturale, puntando in direzione di quella chioma bionda.


Sorrise, nascondendo la sua espressione dietro il riflesso delle lenti.

- Sorprendente. – non potè fare a meno di esclamare tra sé e sé piuttosto compiaciuto – Sono certo che questo potrà avere uno sviluppo del tutto interessante –


- Kyoya! – lo chiamò avvicinandosi al tavolo.
- Uh? – rispose distrattamente, seguitando a guardare nella direzione della ragazza.
- Mi spieghi per quale motivo tutte le principesse delle seconde non fanno che chiedermi se sto bene? –
- Uh? – ripetè voltando il capo verso il suo interlocutore.
- Si, non fanno che chiedermi se sto bene… anche Haruhi, quando mi ha scoperto… figurati che mi preparato il riso bollito per i malati… allora? –
- Riso per i malati – ripetè sottovoce accennando un sorriso compiaciuto, poi a voce alta – ti spiace che si preoccupino per te? –
- Eh? No. Ma non so quale scusa hai inventato… insomma nessuna di loro ha voluto spiegarmi che tipo di malattia dovrei aver avuto – aggiunse sedendoglisi a fianco – so solo che ha a che vedere con la pancia. –
- Nulla di particolare… - rispose richiudendo il monitor del suo pc – ho detto loro che non partivi per un improvviso attacco di diarrea. –

Si sentì pietrificare.

- D… di… diarrea?! –
- Beh! Dovevo pure inventarmi qualcosa di improvviso, non trovi anche tu Tamaki? –
- Si. Ma… ma la diarrea! –
- Era funzionale. Hai qualcosa in contrario? –

Lo guardò con quell’espressione che non ammette repliche.

- N… no. – rispose intimorito.


Lo vide annuire.
Non avrebbe potuto protestare oltre comunque, dopo aver visto quell’espressione.
Se avesse aggiunto qualcosa, una qualsiasi parola in più di protesta, chissà cosa avrebbe dovuto affrontare.

Meglio rimanersene zitti, per quanto quell’immagine fosse un po’ troppo per i suoi gusti.

Sospirò rassegnato accucciandosi sulla sedia.


La osservò ancora.
Seguitava con lo sguardo in direzione del ragazzo che ora gli stava a fianco.
Era davvero, davvero interessante.

I suoi occhi per un attimo cambiarono direzione.
Il tempo sufficiente a incrociarsi con i suoi


Arrossì, con la tipica espressione di chi era stata appena scoperta, prima di voltarsi.

Se non li avesse incrociati, non ci avrebbe fatto caso.

Certo che non vi era alcun motivo di arrossire imbarazzata.

Beh! D’altronde… era più che comprensibile.
Era stato il timore nell’avere incrociato lo sguardo attendo di quell’osservatore, o meglio supervisore, che di certo in seguito l’avrebbe biasimata, dietro un elegante sorriso, per la disattenzione alle clienti che la sorprendeva anche troppo spesso quel giorno.

Si, era il timore di Kyoya senpai.
Non era affatto dovuto all’esser stata sorpresa a sbirciare verso Tamaki senpai.
Non lo era affatto, no?

Tornò a sorseggiare la sua tazza di the, sorridendo, non senza fatica, alle due clienti.


Magari era il caso questa volta di spingere un po’ gli eventi.
Lui era troppo idiota per essersene accorto.
Ne era certo.

- Tamaki… - riprese a parlare.
- Uh?- chiese alzando il capo dalle ginocchia.
- Effettivamente… è stata una trovata meschina. –
- … cos… -
- Si, la storia che mi sono inventato… -


Battè le palpebre perplesso.
Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Sentirlo parlare a quel modo...
No, non era lui.
Doveva essere un alieno impossessatosi del suo corpo.
O, peggio, non si era ancora ripreso dalla mattina.

- Kyoya…sicuro di essere ben sveglio? Non è che ancora non ti sei ripreso da stamattina? –gli chiese, non senza timore.
- Ne devo dedurre che non è necessario che ti porga le mie scuse Tamaki. Quindi anche il regalino che avevo per te non è necessario. –
- Eh? Un regalo? – lo guardò con occhi carichi di commozione – Kyoya! Allora non era vero che non me ne avevi portato uno anche a me! Me l’hai portata davvero allora? La torre Eiffel? –
- Spiacente di deluderti Tamaki – aggiunse nascondendo il suo disappunto per la stupidità dell’amico dietro le sue lenti – ma purtroppo non mi entrava in valigia. –
- Ah… capisco… - commentò rassegnato tornando ad accucciarsi sulla sedia.


Era davvero un caso senza speranza.
Come poteva continuare a chiedergli una cosa così assurda?

Tornò a guardare la ragazza.
Se non l’avesse visto con in suoi occhi probabilmente anche lui non lo avrebbe ritenuto possibile.
Anche se non poteva fare a meno di esserne compiaciuto.
L’unico problema era che qualcuno, stupidamente, era ancora più lontano dal comprenderlo.
E il colmo… era che proprio quel qualcuno forse ne sarebbe stato il più lieto.

- Mmm… Tamaki… - riprese a parlare – stavo pensando… cosa faresti se una delle principesse fosse innamorata di te? –
- Eh? Cosa… farei… – ripeté colto alla sprovvista, poi sorrise – beh! Non potrei che esserne lusingato. D’altronde è naturale… considerato il mio fascino indiscutibile…è mio dovere di host fare in modo che le dolci e tenere fanciulle possano vivere la primavera dell’am… -
- E se questa principessa fosse una particolare principessa? – lo interruppe prima che si perdesse in una delle sue inutili divagazioni – Ad esempio una principessa a cui riuscirebbe difficile persino a lei accettare che sia vero? –


Per quanto si sforzasse, quel discorso così criptico gli risultava del tutto incomprensibile.
Non capiva che cosa volesse dire, né soprattutto chi avesse in mente Kyoya.

- Kyoya… a chi…? –

Si arrestò di colpo al suono di una delle porcellane in frantumi seguita da un tonfo sordo, giusto un secondo prima di sentire una della ragazza del tavolo di fronte urlare preoccupata:

- Haruhi-kun! Haruhi-kun! –

Un istante: il tempo in cui il messaggio giunto alle sue orecchie vanisse registrato dal suo cervello, il tempo in cui i suoi occhi focalizzassero lo spazio vuoto in cui lei avrebbe dovuto essere.

Scattò rapido, in direzione di quello spazio vuoto: la vide allora, a terra svenuta.

- Haruhi! – esclamò fuori controllo precipitandosi su di lei.



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Capitolo 6
*** Possibile? ***


nota:mi scuso del ritardo e di non aver mantenuto la promessa di postare entro il fine settimana, ma lo studio incombe anche sulla mia povera testolina da universitaria ç__ç
beh! non mi dilungo oltre...spero che anche questo capitolo possa piacervi. buona lettura! ^__^

ps. ringrazio akira per avermi fatto osservare quella correzione thanksthanksthanks!



Possibile?

Le sollevò il busto: ansimava, rossa in viso.
Le passò una mano sulla fronte spostandone le ciocche ricadutele sugli occhi: scottava.
Come aveva fatto a non accorgersi di nulla?


La vedeva, lì a terra, il Lord chino su di lei.
Non riusciva a muoversi, a dire nulla, a pensare.
Non andava bene: doveva fare qualcosa anche lui, doveva…

- Mori senpai! – gli sentì urlare – aiutami. Dobbiamo portarla in infermeria. Kyoya! Chiama il medico. Hikaru! Kaoru! Contattate il venerabile papà… subito! –

Ordini perentori, ai quali nessuno replicò.


La sollevò tra le braccia delicatamente e si mosse verso la porta che Mori senpai gli aveva già aperto.

- Tama-chan… Haru-chan… - gli chiese timidamente Honey senpai prima che lui potesse uscire.
- Starà bene… - rispose cercando di mantenersi composto, nonostante le mani gli tremassero, - deve stare bene… Per favore Honey senpai, preoccupati delle nostre clienti. –

Uscì avanzando in fretta lungo il corridoio, scortato da Mori senpai.
Se non fosse riuscito a reggerla sino all’infermeria era certo che lui lo avrebbe aiutato.





Seduto al suo banco, ascoltò per la quarta volta il telefono squillare prima che a rispondere fosse la voce della segreteria.

- Maledizione! – esclamò lanciando in un angolo il cellulare.


- Hikaru… - sussurrò preoccupato.
- Kyoya senpai ci ha dato il numero del cellulare di Ranka-san… Ma come diamine faccio se non risponde?!. – lo sentì urlare – Maledizione! – battè un pugno sul banco.


Nascose la fronte fra le mani.
Non faceva che rivedere la sua figura stesa a terra lì, nella terza aula di musica.
Ripensò alla scena che li aveva visti protagonisti in classe quella mattina.

- Io… lo sapevo. Sapevo che non stava bene… l’avevo vista pallida… che stupida! Se stava così male doveva dirmelo quando glielo ho chiesto! Stupida! –


Non andava bene.
Continuando così non sarebbe stato in grado di fare nulla. Neppure essere di aiuto.
Doveva calmarsi, soprattutto per se stesso.
Così si sarebbe solo fatto del male. Non andava affatto bene.
Quei pensieri non lo avrebbero portato da nessuna parte.
Doveva calmarsi.

- Hikaru, calmati. – si decise a parlare.
- Cal…marmi? Calmarmi?! Kaoru! Era lì… a meno di un metro… e non sono stato capace neppure di muovere un muscolo. Se non ci fosse stato il Lord… -

Eccoli i pensieri che aveva temuto.
Se suo fratello ne fosse stato preda non sarebbe riuscito a uscirne più.

Sapeva che era preoccupato per lei, anche lui lo era.
Ma stare lì a compiangersi dannandosi che Ranka-san non rispondesse non sarebbe comunque servito a nulla.

Avevano un incarico?
Beh! Avrebbero dovuto mantenerlo ad ogni costo per il bene di Haruhi… e per il suo bene.

Si alzò, raccogliendo da terra il cellulare del fratello.

- Hikaru, - disse porgendoglielo – prova a chiamare ancora. Io vado da Kyoya senpai. Se non riusciamo a rintracciare Ranka-san al telefono… che ne diresti di andare dove lavora? –


Guardò il volto sorridente del fratello.
Si, aveva ragione lui: non era il momento di scoraggiarsi quello.

Afferrò il cellulare dalle sue mani, gli sorrise, annuì.
Nessun compianto: doveva agire.





L’osservava, stesa sul letto dell’infermeria, sedutole a fianco su una sedia.
Sembrava dormire adesso, fortunatamente.

Era quasi passata un’ora.
Mori senpai era tornato da Honey senpai dietro la sua istruzione di occuparsi del club in attesa di notizie. I gemelli erano andati a cercare il venerabile papà a lavoro, seguendo le indicazioni fornite loro da Kyoya.

Chinò in avanti il busto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e avvicinandosi così al suo corpo.
La avrebbe anche presa per mano, se solo non avesse avuto paura di svegliarla.

Le osservò il volto: guance rosse, espressione affaticata.

- Perdonami. – sussurrò – Ti avevo detto che ti avrei tenuta d’occhio sempre, che avrei capito quando… non mi sono accorto che stavi male. Perdonami. –

Solo allora si accorse con la coda dell’occhio della figura in uniforme poggiata a uno stipite della porta.

- K… Kyoya! – esclamò voltandosi verso l’amico.
- È solo febbre, Tamaki. – gli disse entrando e affiancandolo – Probabilmente dovuta a uno stress eccessivo. Nulla che un buon riposo non possa eliminare. –

Sospirò sollevato: non era nulla di grave.

- Il medico le ha fatto una iniezione… per far scendere la febbre. Dovrebbe riprendersi tra non molto, anche se deve riposare. – gli sentì aggiungere.

Sorrise.
Tornò a osservarle il capo.

- Mi hai fatto prendere davvero un grosso spavento, Haruhi… - le disse dolcemente - cerca di riprenderti in fretta, ok?- aggiunse sfiorando appena la coperta del letto di fianco alla sua mano, prima di ritirarsi ancora sulla sedia nel timore di svegliarla.


Lo vedeva lì, seduto al suo capezzale, dimentico di tutti gli altri.
Seguitava a osservarla, senza muoversi, per quanto il gesto precedente, quel suo sfiorare la coperta, gli avesse ben fatto intuire il suo desiderio di stringerle almeno la mano.

Che stupido… possibile che non riuscisse ad accorgersene?

- Torno dai senpai… - gli disse – do anche a loro la notizia. –

Lo vide annuirgli senza voltarsi.

Prima di uscire si arrestò un istante sulla porta.

- Tamaki… - disse dandogli le spalle.
- Uh? – rispose distrattamente.
- Ricordalo: tutte le fanciulle dell’Ouran sono principesse… anche quelle che fingono di non esserlo. – aggiunse prima di sparire svoltando l’angolo dietro la porta.


- Eh?- fu l’unica cosa in grado di dire voltando il capo verso la porta ormai vuota.

Che cosa voleva dire?
Lo sapeva bene anche lui: tutte le fanciulle erano delle principesse.
Tutte, nessuna esclusa.
Era quello che aveva sempre pensato anche lui, no?
E lui le trattava sempre come tali.

I suoi occhi tornarono su di lei.

Lo avrebbe fatto anche con lei, se lei glielo avesse permesso.

A dire il vero era un bene che non lo avesse fatto: con lei tutto era sempre diverso.
Lei era oltre gli schemi.
Schietta e spontanea, di una sincerità a volte incredibilmente graffiante.
Era questa la sua… era questa Haruhi.

Sorrise.





Aprì gli occhi, alla luce giallastra di una stanza che ebbe difficoltà a riconoscere dal soffitto.
Si guardò attorno, puntando infine sulla figura che le stava a fianco.

Giusto il tempo di mettere a fuoco l’immagine.

- Tamaki senpai! – esclamò sorpresa rizzandosi a sedere sul letto, poi si guardò intorno - Uh? Dove… -
- Sei svenuta per la febbre… sei in infermeria. – rispose anticipando la domanda – va un po’ meglio? –
- Eh? Ah… si… - rispose non senza imbarazzo.

Era davvero in imbarazzo.
Un incredibile errore di previsione, pensare che la febbre non l’avrebbe piegata.
E adesso, oltre alla tensione di trovarsi da sola in infermeria proprio con lui, c’era la vergogna di aver appena realizzato che gli era svenuta davanti.

La tensione di stare sola con…?

Sentì le guance infuocarsi mentre, era certa, assumevano un acceso colorito.

Sollevò la coperta e cominciò a indossare le scarpe.
Doveva uscire da quella stanza, doveva uscire subito.

Si alzò in piedi quando si sentì afferrare da un braccio.

- Ehi! – la fermò – dove pensi di andare Haruhi! –

Sentì i battiti del suo cuore aumentare.
Rilassarsi, prendere fiato e rispondere razionalmente. Non doveva fare altro.

- A casa.- rispose apparentemente calma – Adesso che sto meglio ne approfitto prima di perdere l’ultimo autobus.-
- Autobus? – gli sentì ripetere scioccato – Non se ne parla! Ti accompagno io. –
- Eh? No! – rispose secca – No… no… ecco.. non occorre. –

Cercò di accennare un sorriso.
Le era davvero difficile in quel momento. Avvertire quegli occhi, che raramente aveva visto così seri, osservarla… non riusciva sostenerlo, quello sguardo.
Chinò il capo.


- Haruhi… - cominciò a chiederle serio – tu… non vuoi farci preoccupare, vero? –

Doveva essere per questo che stava agendo a quel modo.
Era gentile da parte sua, ma non poteva permetterlo.

A dire il vero non avrebbe voluto comunque.
Aveva già sbagliato, venendo meno alla sua promessa di tenerla d’occhio, quel giorno.
Non lo avrebbe fatto ancora.
La avrebbe tenuta d’occhio sul serio, specie adesso che, per quanto rifiutasse di ammetterlo, ne aveva davvero bisogno.

O forse era lui ad averne bisogno.
Era lui ad aver bisogno di tenerla sott’occhio, di accertarsi che fosse tutto a posto, che tutto andasse bene.

Non lo evitava esplicitamente, questo era vero, ma da quella sera c’era qualcosa nel suo atteggiamento…
Non era la solita Haruhi, certi istanti era piuttosto distaccata. E per quanto sperasse che non fosse dovuto a quella ipotesi, per quanto desiderasse che davvero non fosse dovuto a quella ipotesi, non poteva fare ameno di temerlo.

Forse per questo finora, col pretesto di non poter parlarle soli, aveva anche lui evitato l’argomento.
Perchè si, aveva sperato di essersi sbagliato all’inizio, che avesse sbagliato la valutazione sul suo atteggiamento, e poi perchè sperava che lei tornasse quella di sempre.

No, non poteva pensare che fosse adirata, infastidita da quel gesto così…

Avrebbe dovuto chiederle scusa? Spiegarle?

E se si stesse sbagliando?
Se non era rabbia?
Ma allora cosa?

No, non ne era ancora certo, che fosse rabbia.
Si, era questo il motivo per cui ancora non le aveva spiegato.
Insomma, era impossibile andare da lei e dirle che il suo era stato un bacio… senza la certezza che lei se ne curasse e fosse questo il motivo del suo atteggiamento.
Si, non poteva certo fare una cosa del genere!

- Ah beh! Haruhi… - riprese allegro e spensierato – ma non occorre! E poi che razza di gentiluomo sarei se ti facessi andare a casa in autobus con la febbre? No no! Stavi scherzando, vero? –
- Uh? Beh… ecco… -


In realtà aveva risposto a quel modo perchè…
Perchè?
Forse perchè più gli stava vicino più sentiva la febbre risalire.
Eh si! Doveva essere una brutta influenza la sua, per farla pensare a quel modo.

- Ecco… io… ecco… - ripeté cercando di trovare una spiegazione più che razionale a quella risposta concisa.
- Tama-chan ha ragione Haru-chan! – esclamò interrompendola la voce del piccolo senpai la cui figura era appena sbucata dalla porta – Non va bene tornare in autobus, no? –
- Ah! – annuì Mori senpai dietro di lui, con a fianco Kyoya senpai.
- Ma… - provò a controbattere
- Ma certo! –vide esclamare entusiasta a Tamaki senpai – mi è venuta un’idea! Veniamo tutti a casa tua in attesa che arrivino Hikaru e Kaoru con il venerabile papà e ci occupiamo tutti di te! –
- Eh? –
- Si Haru-chan! Facciamo come dice Tama-chan, eh? Eh? –

Se non li avesse conosciuti così bene avrebbe di certo gioito della proposta. Il problema era che si trattava dei membri dell’Host Club.
L’unica cosa che riusciva pensare era al caos che ne sarebbe derivato in casa. Specialmente considerando la minacciosa proposta di prendersi cura di lei.
Si, avrebbe dovuto fermarli in tempo.

- Senp… -
- Kyoya! – gli sentì esclamare senza neppure ascoltarla – Avverti i gemelli. Ci vediamo a casa di Haruhi. –

Si voltò, giusto il tempo di vedergli estrarre il cellulare dal taschino della giacca e comporre il numero.
Osservò nuovamente il volto sorridente de senpai biondo che le stava accanto.
Sospirò rassegnata: non aveva alternative.





Chiuse gli occhi.
Come al solito si dovette dare ragione: avere in casa i membri dell’Host Club generava solamente caos.
Specie in considerazione degli elementi.
Aldilà di Kyoya senpai, messo lì di guardia, tra l’altro con un libro della sua modesta libreria tra le mani, perchè lei restasse stesa, il rumoroso armeggiare di Tamaki senpai, Honey e Mori senpai nella sua cucina le arrivava alle orecchie come un suono terrificante.

A giudicare dalle voci e, soprattutto, dal continuo urtare di stoviglie e ceramiche non poteva che temere che presto qualcosa si sarebbe rotto.

Perchè mai non aveva trovato il modo di rifiutare apertamente?
E adesso perchè non li cacciava fuori, in attesa di suo padre?

Beh! Sostanzialmente perchè era troppo debole per imporsi con la forza.
E anche perchè le sarebbe stato un po’ difficile al momento, considerato il fatto che, per tenerla al caldo, Honey e Mori senpai l’avevano fatta stendere sul futon ricoprendola con tutte le coperte che aveva in casa.
Sotto quella coltre faceva fatica anche solo a respirare.

Sospirò, non senza fatica.

CRACK!

Spalancò gli occhi: avevano rotto qualcosa, ne era certa.
Era accaduto proprio quanto prevedeva.

Osservò Kyoya senpai, che, impassibile, seguitava a leggere silenziosamente.
Pregò che il messaggio telepatico che cercava disperatamente di inviargli potesse raggiungerlo.
Qualcuno li doveva fermare.

- Suppongo… - lo sentì cominciare chiudendo il libro – che occorrerà ricomprare qualsiasi cosa abbiano rotto. –
- Eh? –
- Penso che la addebiterò sul conto di Tamaki –
- Eh? – ripeté ancora più perplessa.
- D’altronde è ammirevole la disponibilità di Tamaki e dei senpai nel provvedere prepararti qualcosa, non trovi? – le chiese sorridendole al suo solito modo.
- Eh…eheh… - accennò sarcasticamente lei.

Lo vide riprendere a leggere il libro che aveva ancora tra le mani.

Come volevasi dimostrare: era perfettamente inutile sperare che Kyoya senpai, mosso da chissà quale onda di buonismo, le venisse in aiuto.

Se solo suo padre fosse stato lì…


- Haruhi! – esclamò felicemente precipitandosi nell’altra stanza con un vassoio in mano – Guarda! Io e i senpai ti abbiamo fatto il the! –

Le si inginocchiò a fianco posando sul tavolino, spostato precedentemente per fare in modo da poter stendere il futon della ragazza, il vassoio, preso a discapito del crollo di un paio di pentole sui suoi piedi.

- Come ti senti adesso? – le chiede dolcemente.

La osservò stesa, appena visibile sotto le coperte.

- Mmm… - aggiunse – forse non sei abbastanza coperta. –
- Senpai… - le sentì rispondere – credimi: sono fin troppo coperta. Piuttosto…dov’è la zuccheriera? –

Indietreggiò ginocchioni.

- L… la… zuccheriera? – chiese terrorizzato – beh… ecco… ecco… bwhaa! - scoppiò in lacrime – Perdonami Haruhi! Hai sicuramente sacrificato parte dei tuoi modesti risparmi per comprare questo piccolo servizio da the plebeo perchè non potevi permetterti altro e io… io… ho fatto cadere la zuccheriera! Bhwaa!!! Perdonami! –

Si riavvicinò, aggrappandosi in lacrime alla coltre di coperte.


Si ritirò istintivamente, mettendosi a sedere.

Non che avesse toccato lei, era impensabile che facesse una cosa del genere, e non sarebbe stato comunque un gesto che, se si fosse verificato, avrebbe dovuto turbarla a quel modo.
E tuttavia aveva generato in lei l’improvvisa energia di mettersi a sedere.

Perchè?

Gli vide battere le palpebre perplesso, così come probabilmente aveva fatto anche Kyoya senpai.

- Ecco… il the. Non posso mica berlo distesa. – cercò di giustificarsi.


La fissò ancora perplesso.

- Il the…Ah! si! Certo! Il the! – le sorrise – Honey senpai! Mori senpai! –

Entusiasta dell’eroica impresa appena compiuta, preparare del the plebeo, si era precipitato nell’altra camera lasciando che i senpai provassero a mettere ordine a quella baraonda che, insieme a lui, avevano generato nella cucina, ognuno di loro incapace di metter mano a un fornello.


Vide Honey senpai entrare battendosi le mani nel tentativo di rimuovere qualcosa da esse, mentre Mori senpai, subito dietro aveva una vistosa chiazza sulla maglietta, probabilmente causata da qualcosa che inavvertitamente si era rovesciato addosso.

Si passò una mano sulla fronte: chissà quanto le sarebbe toccato pulire in seguito?

- Haru-chan? Ti senti ancora poco bene? – le chiese il piccoletto avvicinandosi.

Si limitò a sorridergli.

Prese la tazza dalle mani di Tamaki senpai e la avvicinò alle labbra, mentre quest’ultimo, dopo averle detto di averlo già zuccherato, attendeva trepidante un suo cenno di approvazione, cosa che tra l’altro le metteva addosso una certa tensione.


Era la prima volta che metteva piede in una cucina plebea per cucinare, anche se si trattava di semplice the.
Sperava che ne apprezzasse il gesto.
Chissà?
Magari sarebbe servito anche sciogliere quella sottile tensione che poteva avvertirle nutrire nei suoi confronti.
Magari.

Le vide sorseggiare la bevanda un solo istante, prima di rimetterlo giù a capo chino.

- Haruhi? – cominciò a chiederle guardandola scoraggiato – il the è ancora troppo caldo? Ci ho messo troppo zucchero? –

Non gli rispondeva.

- Haru… ah! ho capito! Ti sei commossa per le premure che i senpai ti rivolgono? Ah ma non devi! Diglielo anche tu Honey senpai! –


- Haru-chan – gli sentì dire – tutti quanti ti vogliono bene, sai? Non vogliamo che tu stia male… eh? Vogliamo che tu ti riprenda in fretta. – le sorrideva.
- Senpai… - non potè fare altro che sussurrare.
- Quindi… - riprese a parlarle Tamaki senpai – pensa soltanto a riposare. Il mio cuore non reggerebbe a vederti crollare di nuovo come questo pomeriggio. –

Dilatò le palpebre a quelle parole.

Perchè le veniva da piangere?
Possibile che una singola frase di Tamaki senpai, detta tra l’altro senza secondi fini o chissà che, fosse in grado di ridurla in quello stato?

Beh! Era normale commuoversi nel sentire quanto gli altri si preoccupassero per lei, no?
No, non era solamente a causa di Tamaki senpai.
Era per tutti, no?

Si sentì in colpa.
Come avrebbe fatto ora?
Come avrebbe detto loro che non andava bene?

Vide Kyoya senpai avvicinarsi al tavolo e prendere una delle tazze.
La sorseggiò.

Lo guardava con addosso una tensione crescente: se ne era accorto anche lui?

- Tamaki… - gli sentì dire.
- Si? –
- Dove hai preso lo zucchero dato che la zuccheriera si è rotta? –
- Eh? Ah beh! C’era un barattolo trasparente a pois rossi vicino al piano cottura… perchè? –
- Tamaki… hai controllato prima di metterlo nel the, vero? –
- Eh? No… ma di certo era zucchero. Piuttosto… – disse prendendo anche lui una tazza – temo di aver esagerato e che sia diventato troppo dolce. – la avvicinò alle labbra sorseggiandone un po’ – PRRRRR!!!!! – sputò irrazionalmente – era sale! –

Kyoya senpai si limitò a guardarlo senza dire altro.

Scoppiò a ridere.
Non potè fare a meno di intuire quello che gli passava per la mente in quel momento : “Sei un’idiota!”

- Mi spiace tanto Haruhi! Lo rifaccio! – esclamò cercando disperatamente di rimediare.
- Eh? –
- Si, lo rifaccio! –

Si alzò in piedi e si mosse verso la cucina, salvo poi essere travolto da un’improvvisa figura che, entrata spalancando la porta, si era precipitata ad abbracciare la ragazza, seguita da altre due figure, pressoché identiche eccetto che per il colore di capelli.


- Oh Haruhi! Amore del papà… - le disse l’uomo in abiti femminili continuando a tenerla stretta
- Papà… non riesco a respirare se continui così. – gli rispose.

Gli sentì allentare la presa, la guardò dritto in volto.

- Ma perchè non mi hai dettocce avevi la febbre? –

Non rispose.
Se avesse detto di esser rimasta un po’ indietro con lo studio avrebbe fatto preoccupare il padre e non solo.
Chissà cosa si sarebbero inventati i senpai per farla recuperare?

Lo sentì sospirare rassegnato.
Poi lo vide voltarsi verso tutti quanti.

- Beh! – gli sentì esclamare – e voi altri che ci fare ancora qui? Forza tutti fuori! La mia Haruhi ha bisogno di riposare… - soffermò lo sguardo sui senpai – e a giudicare dal vostro aspetto direi che la cucina ha bisogno di una sistemata. Haninozuka, Morinozuka… ma che avete combinato? Avete un aspetto… Oh!- esclamò notando le tazze sul tavolino – che teneri! Le avete preparato il the! Vedo che c’è ancora qualche tazza… - ne prese una.


- Ah! no, asp… - provò a fermarlo allungando una mano verso di lui.

Troppo tardi: aveva già bevuto.
Gli vide riposare la tazza in silenzio.

Deglutì in attesa di chissà quale reazione del venerabile papà.

- Haruhi… - lo sentì riprendere a parlare apparentemente sorridente – immagino che chiunque abbia fatto questo the abbia avuto intenzione di avvelenarti… dubito che esista qualcuno così idiota da scambiare il barattolo di sale con quello dello zucchero. Voglio dire, c’è anche scritto sopra! –

Eccolo lì! Un fulmine a ciel sereno appena piombatogli sulla testa.
Non solo aveva confuso zucchero e sale pur essendoci scritto sopra, ma il venerabile papà lo considerava anche un idiota.
Si rintanò in un angolino a coltivare funghi.

- Meno male che sono arrivata io Haruhi… adesso ci pensa il papà… ma prima… tutti fuori! Anche tu Tamaki! Smettila di coltivare funghi!. –

Lo vide alzarsi e con gentilezza, ma altrettanta forza, accompagnarli letteralmente fuori dalla porta uno ad uno.

- Ah! Ranka-san! – disse arrestandosi sulla porta – la prego, si prenda cura di lei. –

Lo vide bloccarsi un istante prima di sentirsi spingere fuori dalla porta mentre gli diceva:

- Ne ho certo tutte le intenzioni anche senza la tua raccomandazione. Adesso và via avvelenatore di povere fanciulle malate! – aggiunse richiudendogli la porta in faccia.

Sospirò rassegnato, percependo alle sue spalle i lamenti dei gemelli che, appena arrivati, erano stati subito cacciati via.

Si voltò.

- Coraggio ragazzi! Ripasseremo domani dopo le lezioni, ok? – sorrise loro – adesso non possiamo fare altro che andare a casa. –

Con un pizzico di riluttanza, li vide tutti acconsentire.





- Haruhi tesoro, non hai idea del caos che c’è qui dentro! – gli sentì esclamare dalla cucina

Si alzò, con l’intenzione di dargli una mano.

- E tu che ci fai qui? – le chiese – coraggio torna sotto le coperte… -
- Ma va bene papà, non c’è bis… -
- Eh no! Hai la febbre e sei anche svenuta! Quindi… - disse mettendole le mani alle spalle e accompagnandola con vigore al futon – stattene qui buona buonina… -
- Ma… -
- No no, nessun ma. Pensa solo a riposare, intanto che preparo la cena. –
- Ma… -
- AH! ho detto nessun ma.-

Si mi se a sedere rassegnata.
Sentì gli occhi del padre puntati sul suo volto, mentre la figura si era seduta a suo fianco.

- Pa…pà? –
- Oh! – disse di soprassalto – scusa, stavo pensando una cosa. –
- Cosa? –
- Stavo pensando… che a volte mi ricordi proprio tua madre. –
- La mamma? – gli chiese curiosa.
- Beh! Si… anche lei sapeva essere molto testarda, se si convinceva di qualcosa. Un po’ come hai fatto tu oggi: sei andata a scuola nonostante stessi male. –

Era uno strano rimprovero quello del padre.
Più che altro non lo era esattamente… un rimprovero.
Era più un perdersi nei ricordi come non faceva molto spesso, probabilmente proprio per evitare che anche lei soffrisse nel ricordare la mancanza della madre.

Come se avesse mai potuto smettere di mancarle…

- Mi… dispiace papà. – si scusò tristemente.

Lo vide sorriderle.

- Oh beh! – esclamò alzandosi – ma non è che avesse torto ogni volta… il problema nasceva solo quando doveva valutare la sua salute… ora che ci penso… ricordo che quando si rese conto di essere innamorata di me le venne anche la febbre… - sorrise.
- Eh? –
- Ma si! e lei scambiò batticuore e rossore alle guance per i sintomi di una stato febbrile! - rise – Eh Si! Kotoko era incredibile : cercava sempre di razionalizzare tutto quello che non conosceva bene! -

C’era qualcosa nelle parole che suo padre aveva appena pronunciato che le fece risuonare un campanellino d’allarme in testa.

E se… anche lei…come sua madre… no!
Non poteva essere.
Non poteva essere.

- Mmm… Haruhi? –
- Eh? Cosa? – esclamò saltando in aria
- Non è che ti sei innamorata? –
- EH?! – esclamò sconvolta
- Ma no! Scherzavo! – le disse il padre ridendo – anche perchè la mia bambina è ancora piccola per certe cose… - le strizzò un occhio – su adesso, mettiti sotto le coperte che io torno di là a sistemare. –

Lo vide entrare in cucina.
Si nascose sotto le coperte.

Sentiva il cuore batterle ancora più forte e la febbre risalirle.
Le tremava anche la gola, per quanto non avesse la necessità di dire nulla.

L’unica cosa che in quel momento riusciva a pensare era solo quella.
Allora per Tamaki senpai lei…

Possibile?





Agganciò la cornetta del telefono, soddisfatto di aver convinto Kyoya a sospendere le attività del club per fare visita ad Haruhi il giorno successivo.

Si sedette innanzi a pianoforte.
Quasi senza rendersene conto cominciò a suonare.

Era proprio la stessa melodia, quella allegra melodia che suonava per far compagnia alla mamma.

Non lo faceva per lei stanotte: lo faceva per qualcun altro.
Per qualcuno che tra l’altro non poteva sentirlo in effetti, non essendo in quella casa.

Beh! Forse lo faceva per tirare su di morale anche se stesso.

Anche se in cuor suo sperava che quelle note potessero in qualche modo raggiungerla…
Perchè potessero…beh! Non lo sapeva neppure lui.

Haruhi era così particolare che era difficile riuscire a immaginare una sua reazione!
Così particolare che…

Arrestò le dita improvvisamente sui tasti...
Le parole di Kyoya gli balenarono alla mente: una ragazza particolare, una ragazza che fa finta di non esserlo, una ragazza dell’Ouran, una principessa, una ragazza innamorata di lui.

Arrossì vistosamente, sentendo il cuore risalirgli in gola.

Possibile che…?


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Capitolo 7
*** Stupendo, insoddisfatto ***


nota: questo è il primo capitolo che effettivamente si distacca dai ch attuali di Host club, anche se in un certo senso ne richiama la sostanza per alcuni aspetti.
beh! spero tanto che possa piacervi quindi... buona lettura!






Capitolo 7: Stupendo, insoddisfatto.


Sentì l’automobile arrestarsi, come di consueto, ai piedi della struttura scolastica.
Scese, non senza riluttanza.

Era preoccupato.
Un po’ triste… anche contento peraltro, ma sostanzialmente preoccupato.

Sospirò rassegnato, richiudendo lo sportello non prima di aver lanciato un’occhiata all’interno dell’automobile.

Salì i gradini dell’ingresso a capo chino: poteva sentire distintamente il suono del motore dell’auto che pian piano si allontanava.

Gli altri non ne sarebbe stati felici, ne era certo.
E questo bastava a farlo preoccupare.

Come avrebbe fatto a dirlo?

Beh! Forse esagerava.
In fondo non c’era bisogno di grandi spiegazioni: l’avrebbero intuito tutti, nonappena si sarebbero visti.

O almeno quasi tutti.
Quell’unica persona…

Non gli piaceva questa parte, non gli piaceva affatto.
Se quando se ne fosse accorto…

No, adesso basta pensarci: non avrebbe potuto cambiare le cose comunque.

O forse non aveva voluto.
Beh! Il risultato in fondo era comunque quello quindi basta, basta pensarci.

Se ne sarebbe preoccupato al momento adatto.





“Innamorato: condizione o stato nel quale viene a trovarsi una persona che è presa d’amore per qualcuno o qualcosa.
Innamoramento: complesso di sentimenti e azioni, spesso involontari, determinato da un forte coinvolgimento nutrito nei confronti di qualcuno o qualcosa. Nella sua eccezione romantica esso indica la fase che determina la consapevolezza di nutrire un sentimento d’amore”*


Battè le palpebre perplessa un paio di volte.

- Che?– si chiese a voce alta.

Chiuse rassegnata il volume dell’enciclopedia che stringeva tra le mani.
Ormai ne era certa: non avrebbe trovato lì dentro la risposta alla domanda che le ronzava in mente.

Che cosa voleva dire essere innamorata?

Sinceramente, finora, non se ne era mai preoccupata.

Non che credesse di rimanere single in eterno, comunque.
Immaginava ragionevolmente che prima o poi anche lei, in un lontano futuro, in cui sarebbe stata un avvocato di successo, avrebbe avuto una propria famiglia e, chissà, magari anche dei figli.

Ma era proprio questo il punto: era un futuro lontano, troppo lontano, per cominciare a preoccuparsene alla sua età.

O almeno così aveva sempre pensato.
Ancor più considerato il fatto che, se lo avesse fatto, avrebbe dovuto delineare una presenza maschile, tracciarne i contorni.

Quali erano i suoi gusti?
Beh! Semplicemente… non ne aveva.

D’altronde, perchè mai delineare una figura ideale che probabilmente non avrebbe mai corrisposto alla realtà?
E perchè poi farlo proprio adesso?
E, infine, basandosi poi su quali modelli?

L’immagine di Tamaki senpai le balzo in mente.
Arrossì, prima di scuotere la testa.

No, non ne valeva decisamente la pena.
Non era da lei pensare all’amore: aveva altro di cui occuparsi.

Un sogno, un obiettivo da raggiungere.
Era sempre stata indirizzata a quello, per porsi altre domande. Soprattutto di quel genere.
Ed era questo il motivo per cui, adesso, si ritrovava in piedi, davanti alla sua libreria, con un tomo dell’enciclopedia in mano alla ricerca di una risposa sensata che mai, comunque, avrebbe potuto leggere lì dentro.

Sospirò rassegnata, riposando il volume.

Era davvero possibile?
Che cosa era l’amore?
Poteva ritenersi innamorata?
Considerarsi “presa d’amore” per Tamaki senpai?

No.
No… no,no!
C’era di certo una spiegazione logica, anche perchè, a conti fatti, lei la febbre l’aveva ancora addosso.

Paradossalmente però, non riusciva a spiegarsi perchè, nonostante i medicinali, il bruciore alle guance, il fiato corto e le palpitazioni le fossero aumentati incredibilmente da quando suo padre le aveva parlato la sera prima.

E più il tempo passava, più cercava razionalmente di capire cosa fosse, perchè... non poteva essere no?
Di Tamaki senpai lei non poteva…

Sentì ancora le guance arrossarsi prima di esser riportata alla realtà dal suono del campanello.

Probabilmente era suo padre.
Si era lasciato convincere con riluttanza ad andare a lavoro.
Sapeva che avrebbe preferito stare a casa a prendersi cura di lei, ma aveva preferito che andasse a lavorare. Così, dopo parecchie proteste e solo dopo avergli promesso che avrebbe riposato e non studiato, lo aveva visto andar via.
Probabilmente adesso era tornato indietro con chissà quale scusa per accertarsi che davvero lei stesse riposando.

- Arrivo! – gli gridò dall’interno avvicinandosi alla porta – che cosa hai scord.. –stava per chiedergli quando si accorse che non era suo padre – uh? – fu l’unica cosa in grado di dire a quel volto sorridente.
- Come stai Haruhi? – gli sentì chiederle.





Uscì dall’aula camminando lungo il corridoio con l’aria un po’ assonnata.

Era sempre stato fiero di dormire ben dieci ore ogni notte.
Lo suggeriva spesso anche agli altri, perchè, si sa, una pelle riposata è una pelle più bella.
Eppure, da quando la sera prima quell’idea era apparsa nella sua mente, neppure la stanchezza era valsa a permettergli di riposare, di dormire.

Che Haruhi potesse essere innamorata di lui?
Che le reazioni della ragazza fossero dettate da una terza ipotesi che lui neppure aveva considerato?

Gli sembrava troppo assurdo, inverosimile e… oltremodo stupendo.

Ed era proprio questo il punto: perchè stupendo?
Era questa la domanda che lo aveva tenuto sveglio tutta la notte.

Certo, non poteva negare che avrebbe fatto piacere a chiunque, specialmente a lui, sapere di esser l’oggetto delle attenzioni di una ragazza.
Ma come poteva considerare stupendo il fatto che Haruhi potesse vederlo come un ragazzo di cui innamorarsi quando lui aveva deciso da sé di considerarla una “figlia”?

Era come se ci fosse qualcosa, qualcosa che non quadrava.
Una piccola stonatura in un magnifico spartito.

La sua dolce figlioletta innamorata del paparino,e il paparino che ne era entusiasta.

Beh! A dire il vero non ci sarebbe stato alcun problema nel gioirne se lui per Haruhi avesse ammesso di…

No, che andava pensando?
Era un pervertito, era malato.
Avrebbe dovuto vergognarsi miseramente al pensiero di…

Però di fatto ne gioiva, ne gioiva davvero.
Perchè?

Scosse il capo, come a volerne cacciare via il pensiero.

Magari non era così.

E se Kyoya si fosse sbagliato?
No, era più probabile che fosse stato lui a fraintendere le sue parole sbagliando principessa.

Solo che, se così non fosse stato, allora lui…

- AHHHH! – urlò grattandosi la testa con violenza.

Così non andava, non andava bene.
Ad ogni modo avrebbe visto Haruhi nel pomeriggio, subito dopo le lezioni, quindi avrebbe potuto appurarsene personalmente, no?
Si, non era il caso di continuare a tormentarsi prima di esserne certo.

Al momento doveva solo occuparsi di fissare con gli altri l’orario per la visita di gruppo, solo questo.
Ovviamente sarebbe stato subito dopo le lezioni, ma sempre meglio ribadirlo a tutti. Per questo stava facendo il giro delle classi prima che cominciassero le lezioni.

Entrò in prima suscitando non poco fervore tra i presenti.

- Hikaru! Kaoru! – chiamò mentre sorrideva alle principesse che lo stavano attorniando.

Solo allora indirizzò il suo lo sguardo verso i banchi dei due ragazzi.
Lo notò.
- Vogliate scusarmi. – disse sorridendo alle ragazze per poi avvicinarsi ai banchi dei due ragazzi.


Deglutì, vedendolo arrivare: il momento era arrivato prima di quanto si aspettasse.
Non era ancora pronto, non proprio a lui.

- Kaoru? – gli sentì chiedere – Hikaru… dove? –

Coraggio.
Non aveva nulla da nascondere.

- Non c’è Lord. – fece una breve pausa, il tempo di lasciargli assorbire il primo colpo – Ha preferito andare a trovare Haruhi direttamente stamattina. –





Fissò il campanello bianco un paio di vote, fermo lì davanti.

Se lo avesse saputo, sua madre non ne sarebbe stata contenta forse e lui, di certo, era preoccupato: per la prima volta si sarebbe preso un rimprovero probabilmente.
E non soltanto da lei.

Beh! Non che gliene importasse al momento.
Probabilmente non era la migliore delle decisioni, come spesso lo erano le sue del resto, ma aveva pur sempre il diritto di sbagliare a suo modo, no?
E che male c’era in quello che stava per fare?

Ciò che più lo aveva stupito quella mattina però, era stato il silenzio di Kaoru quando, prima di scendere dall’auto, dopo avergli comunicato la sua intenzione, lo aveva visto arrestarsi un istante a guardarlo.

Non approvava ed era di certo preoccupato… e anche lui lo sarebbe stato del resto.
Eppure, contrariamente a quanto lui avrebbe fatto, lo aveva lasciato andare senza dire nulla, nulla oltre quell’espressione un po’ triste nascosta da un sorriso accennato e quel sospiro.

Lo ringraziò in cuor suo, poiché sapeva che se solo avesse aperto bocca, se solo gli avesse detto qualcosa, si sarebbe lasciato convincere a non farlo, a non presentarsi proprio lì a quell’ora del mattino.

Insoddisfazione, forse era proprio a causa di quella che si trovava davanti a quella porta.
Insoddisfazione, oltre alla dovuta preoccupazione.

Non che non confidasse nella capacità di Ranka-san di prendersene cura, ma aveva comunque preferito andare lì e accertarsi delle sue condizioni, a dispetto delle lezioni a scuola.

Chissà? Forse perchè il pomeriggio precedente era stato a suo avviso sbattuto fuori da quella casa troppo presto.
In fondo lui e suo fratello erano appena arrivati!
Si, era decisamente insoddisfatto.

E poi, non aveva potuto fare nulla per lei, nulla.
O quantomeno nulla di personale, mentre il Lord...

Scosse la testa.

No, meglio non pensarci.
Farsi prendere da quella stupida gelosia non era proprio il caso, al momento.

Doveva solo bussare, sorriderle e accertarsi che stesse migliorando, soltanto questo.

Prese fiato, prima di premere con mano tremante il campanello.

Per un attimo, prima che lei gli aprisse la porta, ebbe il desiderio di andarsene, di nascondersi.
Si, così lei avrebbe pensato a uno scherzo di un bambino.

Sentì la sua voce provenire da dietro la porta.
Fu come se una colla invisibile stesse tenendo i suoi piedi immobili.
Le vide aprire la porta.

Sorrise, con un leggero imbarazzo.

- Uh? – le sentì dire alquanto confusa.

Se gli avesse fatto anche una sola domanda sarebbe scappato via di corsa come un’idiota.
O, peggio, le si sarebbe dichiarato.

No, non era ancora il momento, e non voleva di certo fare la figura del cretino.
Meglio parlare prima che lei si riprendesse.

- Come stai Haruhi? – le chiese.





Chiuse gli occhi.

Lo aveva detto.
Semplice, coinciso, schietto.

Si stupì di quanto poco fiato c’era voluto.

Ora non gli restava altro che essere testimone della sua reazione.
Già lo immaginava urlare come un pazzo, afferrarlo per le spalle e biasimarlo,prima di precipitarsi fuori dall’aula urlando di dover correre a difendere l’onore della sua adorata figliola.

Per questo non potè fare a meno di restare sorpreso di quel silenzio.

Aprì un occhio, cercando di sbirciare l'espressione sul suo volto.
Non riuscì a notare l’espressione dei suoi occhi, nascosta dal ciuffo biondo.

No, non andava bene.
Non era la reazione che si aspettava e, soprattutto, non lo aveva mai visto così silenzioso.

- L… Lord? - gli chiese incerto.
- Kaoru… - gli sentì dire a voce bassa – c’è una cosa… una cosa che vorrei sapere da te adesso. – gli vide sollevare finalmente il capo e puntare i suoi occhi verso di lui – quando io non c’ero… no, scusa. Dopo le lezioni, prima di andare da Haruhi… vorrei che mi raccontassi del tuo litigio con Hikaru. Vorrei che mi raccontassi tutto… devi dirmi tutto quanto Kaoru, tutto. –

Si sentì sprofondare.

Qualunque reazione sarebbe stata migliore di quella calma, di quella apparente compostezza e, soprattutto, di quella richiesta.




(*)parte di queste definizioni è tratta da Wikipedia e dal dizionario Palazzi

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Capitolo 8
*** Raccontare per bene. Sta bene? ***


Documento senza titolo

Raccontare per bene. Sta bene?

 

“Dopo le lezioni, prima di andare da Haruhi… vorrei che mi raccontassi del tuo litigio con Hikaru. Vorrei che mi raccontassi tutto… devi dirmi tutto quanto Kaoru, tutto.”

Difficilmente aveva sentito quel tono nella sua voce.
E mai, mai le sue orecchie erano state le uniche a udirlo, mai finora.

Chissà? Forse era proprio questo il motivo per cui aveva sentito le gambe tremargli a quella richiesta.

Non era preparato ad agire da solo, non su questo punto, non ancora.

Certo, sapeva che sarebbe stato inevitabile, prima o poi.
Lo aveva sempre saputo, da quando aveva deciso di mettere in scena tutta quella storia, da quando aveva capito che era necessario per Hikaru.
Ma adesso si sentiva… davvero… solo.

Non che non riuscisse a comprendere che comunque, nonostante tutte le parole che Hikaru gli aveva rivolto qualche giorno prima, un momento come questo sarebbe dovuto pur arrivare.
Al contrario: non aveva fatto altro, fino a quel giorno, che ripromettersi di accettarlo con estrema serenità… senza troppa sofferenza, insomma, e di gioirne, se possibile.

Ed era proprio quello che aveva voluto fare di mattina, solo che…

Parlare adesso a Tamaki senpai, raccontagli, essere proprio lui a dirgli che Hikaru… non ce l'avrebbe mai fatta da solo.

-  Hikaru… - sussurrò appena, quasi volesse richiamare a sé il fratello.

Sospirò, lanciando una rapida occhiata ai due banchi vuoti accanto al suo.

Era davvero singolare che il Lord chiedesse questo proprio adesso che lui si era allontanato, che lo aveva lasciato solo.

Beh! Forse questa era la sua condanna.
In fondo, era stato lui volerlo, no?
Era stato lui a premere gli eventi perché una cosa del genere accadesse.

No, sarebbe accaduto comunque.
Doveva accadere.

Era sempre stato il loro desiderio.
Tamaki senpai, l'Host Club, Haruhi, lo stavano solo rendendo possibile.

Non era una condanna in fondo, era un'opportunità.
Un punto di partenza per un mondo più aperto, più vasto.

Si, forse anche per lui questo era un punto di partenza.
Cominciare ad agire da solo, indipendentemente da Hikaru, non restare lì indietro a guardare le sue spalle allontanarsi, ma muoversi anche lui, a modo suo, assumendosi le proprie responsabilità.

Anche lui doveva cominciare a crescere, dopotutto.

Ne avrebbe affrontato le conseguenze.
Avrebbe parlato col Lord, sinceramente, anche rischiando di prendersi una bella strigliata.


-  H… Hikaru? - domandò sorpresa – che ci fai qui a quest'ora? –

Una visita inaspettata: non aveva idea di quale motivo lo spingesse lì.

Gettò un'occhiata alle sue spalle: non riuscì a vedere Kaoru.

Oltretutto solo.
Che fosse successo di nuovo?

-  Te l'ho detto poco fa: sono venuto avere come stavi. – gli sentì rispondere.
-  Ma… non dovresti essere all'Ouran? –


Sbuffò seccato.
Era appena cominciata, lui era appena arrivato e lei, invece che esser contenta che fosse andato a trovarla, se ne stava intontita sulla porta e a poco non gli faceva una ramanzina.

-  Come non detto. Me ne vado –


Che avessero litigato nuovamente?

-  Ah! No! – esclamò – Aspetta! – aggiunse afferrandolo per un braccio.

Da quando era entrata all'Ouran li aveva sempre visti assieme, eccezion fatta per il finto litigio e per qualche giorno prima.

Non era stato finto però, quello recente.
Qualunque cosa fosse accaduta, temeva, forse era ancora lì, non era scomparsa del tutto, nonostante avessero già fatto pace.
Se fosse stato così allora…

Voleva fare qualcosa.
Anche un po' per riscattarsi, poiché non era stata in grado di fare nulla prima.
Non voleva più… sentirsi a quel modo.

Avvertì il rumore di passi che lentamente risalivano i gradini della costruzione.

-  Hikaru… perchè non entri un attimo? – chiese.

Se davvero voleva scoprire qualcosa, non era il caso di farlo sulla soglia.
Meglio sedersi dentro e parlarne con calma.


Con lei così aggrappata, un'espressione che lo esortava a rimanere, poteva davvero andarsene?

No, non era così, lo sapeva bene.
Sarebbe rimasto comunque, anche se lei lo avesse mandato via, perchè voleva rimanere.

D'altronde era il minimo che potesse fare, invitare a entrare qualcuno che era stato così gentile da venirsi a informare della sua salute personalmente!
Eh si! Glielo doveva.

Beh! Che fosse stata l'una o l'altra, non aveva importanza: gli bastava poter passare del tempo con lei.

Annuì sorridente, entrando in casa con apparente disinvoltura.


Abbassò lo sguardo, osservando con leggero stupore la penna ricadutagli sul quaderno.

Mosse le dita della mano, cercando apparentemente di sgranchirle, per quanto sapeva non fosse necessario. Le sue mani erano perfettamente a posto. Solamente… non riusciva a spiegarsi per quale motivo avesse già fatto cadere la penna una ventina di volte quella mattina.

Se non le avesse contate non ci avrebbe creduto neppure lui.
Venti circa dall'inizio delle lezioni e la quarta in quell'ora.

Un'ora tra le più lunghe della sua vita, come, temeva, sarebbero state anche le poche rimanenti.

Sorrise amaramente, nascondendosi dietro al ciuffo biondo.
Per quanto si stesse sforzando di prestare attenzione, di comportarsi in maniera del tutto serena, questa volta non gli era così apparentemente facile come al solito.

Chissà? Forse perchè a differenza del solito la sua reazione era stata del tutto inconsueta.

A dire il vero il suo primo istinto era stato quello di urlare, precipitarsi in aula da Kyoya e lamentarsi platealmente, sostenendo a spada tratta la necessità e l'urgenza di salvare Haruhi dalle grinfie di quello sconsiderato di un gemello.
E lo avrebbe anche fatto, se solo l'immagine di Haruhi che gli accennava il litigio non gli fosse apparsa innanzi agli occhi.

Proprio per questo si era fermato.
Improvvisamente era scattato qualcosa dentro di lui, qualcosa che gli aveva fatto collegare il breve racconto di Haruhi, quel differente colore dei capelli tra i gemelli e la risposta di Kaoru di poco prima.

I gemelli avevano litigato, della ragione Haruhi era ancora allo scuro e i senpai non ne avevano fatto parola neanche con lui.
Non che avesse mai preteso una loro chiamata in quel momento, d'altronde erano convinti del fatto che lui fosse in Francia, ma sperava che almeno adesso qualcosa sarebbe saltata fuori.
Certo, era pur vero che lui di fatto non aveva chiesto finora, ma riteneva che se fosse stato necessario lo avrebbero comunque informato.

Beh! Forse non lo ritenevano necessario proprio perchè Hikaru e Kaoru avevano comunque fatto pace.
Ma… avevano mantenuto chiome differenti, avevano accennato al voler essere diversi e Hikaru quella mattina era andato da Haruhi da solo, senza Kaoru soprattutto.

Ed era proprio questo il punto: poteva davvero essere una pura coincidenza?

Era come se un impercettibile campanello d'allarme avesse cominciato suonare al ricordo dell'espressione di Haruhi e delle sue parole e da allora non avesse più smesso.
Era solamente una sensazione, una stupida sensazione, ma aveva avvertito quasi come il suggerimento che il fatto che Haruhi non ne fosse tuttora a conoscenza potesse implicare che forse proprio lei ne fosse stata la ragione.

Se fosse stato così allora, il recente atteggiamento di Hikaru, il fatto che lui fosse andato da solo a casa di Haruhi… allora forse questo avrebbe potuto significare che…

Si grattò la nuca, nel tentativo di cacciar via questi pensieri così sconclusionati.

Sospirò, riafferrando la penna: un'enorme differenza dagli assurdi pensieri entusiasti della mattina, dalla felicità illogica di poche ore prima.
Come se una pioggia di catrame gli fosse improvvisamente piombata addosso.

Eh?!
Perché adesso pensava una cosa simile?

Scosse il capo.
Strinse con forza la matita tra le dita, osservando il volto imbronciato di Kuma-chan su di essa.

Comunque… non era il caso di pensarci adesso.
Si, non era il caso di allarmarsi a questo modo prima di sapere.

Doveva solo aspettare, ancora un paio d'ore.
Sarebbero finite presto, forse.


Guardò la superficie liscia del tavolino al quale ormai era rannicchiato da ore.
Era già da un bel pezzo che avvertiva una leggera tensione, ma non per la posizione salva spazio suggeritagli tempo fa dal Lord in cui si era costretto a rimanere.

Non riusciva a credere che fosse così difficile parlarle, trovare un argomento, insomma, che potesse permetter loro una conversazione più lunga di quattro o cinque battute.

Eppure al club ne era sempre stato in grado.
E dire che le clienti non gli importavano neppure!

Beh, forse era proprio per questo che era così facile con loro.

A dire il vero, anche con Haruhi c'era sempre riuscito.
Solo, adesso, tutti e due soli… non era in grado di farlo.

Parlarle del tempo?
Chiederle della sua salute?
Chiederle di Ranka-san?
Tutti argomenti già trattati.

Chiederle dei suoi studi?
Che cosa ridicola!
Erano compagni di classe, lo sapeva benissimo come andava.

Picchettò con la mano un paio di volte la superficie del tavolo.

Che cosa poteva dirle?
Di cosa potevano parlare loro due?

Se solo ci fosse stato Kaoru… di certo avrebbero trovato qualcosa di cui parlare tutti assieme.

A pensarci bene, finora, c'era sempre stato Kaoru con lui, a sostenerlo.
Forse era stata una pessima idea andare da Haruhi senza di lui…

Certo che però anche lei poteva sforzarsi un po'!
Che eroina non collaborativa!

-  Hikaru… - si sentì chiamare – tu e Kaoru… va tutto bene? –

Batté le palpebre sorpreso.

-  Eh? –
-  Si. Voi… non avete litigato di nuovo? Vero? –

Esitò un attimo nel risponderle.

-  Hmm… No… perchè? – le chiese.


Già, perchè?
Era del tutto assurdo che lei di punto in bianco gli facesse una simile domanda.
Forse era soltanto perchè, dalla volta scorsa, le era rimasto il timore che non riuscisse a capire, a fare nulla.

Però, se non avevano litigato…

-  Ma… allora… Kaoru? – chiese non senza un pizzico di esitazione.


Era quello il motivo allora: era preoccupata.
Se finora era stata più taciturna del solito era proprio per quello.

Beh! Effettivamente era insolito vederlo in giro senza il fratello e, effettivamente, non conoscendo la situazione, Haruhi non poteva che temere che avessero di nuovo litigato.

Sorrise: era gentile da parte sua preoccuparsi, gli piaceva che si preoccupasse.
Rise.

-  Kaoru è a scuola. Sul serio Haruhi, non abbiamo litigato. –
-  Hmm… -
-  Non è che ogni volta che non stiamo assieme vuol dire che abbiamo litigato! – esclamò seccato – E poi… prima o poi… dovevamo… cominciare. – aggiunse timidamente.
-  Eh? –

Rimase in silenzio, accennando un sorriso impacciato.

Non era certo facile spiegarle una cosa del genere.
Si era anzi ripromesso di non parlarne, perchè era troppo presto.
Dopotutto non sapeva neppure come affrontarlo.
Però anche lei… poteva sforzarsi di capirlo!
Come faceva a dirle che…

-  Meglio così… - le sentì dire.

Si sorprese nel notarle quell'espressione rassicurata sul volto.
Possibile che si fosse preoccupata per loro sino a questo punto la volta scorsa?

-  Haruhi… tu…eri così… - prese a chiederle timidamente.

Non sapeva se gioirne o esserne in imbarazzo.
Lo metteva a disagio.

-  Beh! Non c'era poi bisogno che ti preoccupassi così! – disse fingendo indifferenza per nascondere l'imbarazzo.


Gli sorrise.

Era vero in fondo, o almeno così lo riteneva.
Se tutto si era risolto adesso, non aveva motivo di preoccuparsene ancora.

Tuttavia era proprio la sensazione che aveva avuto del loro litigio, la portata della gravità di esso, ancor più accentuata dalla mancanza di consapevolezza che la bloccava.
Avrebbe voluto essere in grado di capirlo, non poteva fare a meno di desiderarlo.

-  Tu e Kaoru… - cominciò a parlare – quando litigate io… - si fermò un istante - So bene che siete diversi, per quanto abbiate gusti simili… e immagino che tra fratelli possa capitare che si litighi, però… voi due... quando litigate… come l'altra volta io… non vi capisco… non so che fare. – aggiunse scoraggiata più parlando tra sé e sé che con lui.


Trattenne il fiato per un istante.
Sinceramente, non era capace in quel momento di definire le sue emozioni.
Gioia, imbarazzo, senso di colpa… non riusciva a capire quali tra queste prevalesse.

-  Har… - cominciò a chiamarla istintivamente
-  A volte vorrei essere come Tamaki senpai…. - le sentì sospirare distrattamente.
-  Eh? –


Si, davvero lo voleva essere.
Essere capace come lui di comprendere quando ai propri amici occorreva davvero qualcosa.
Un po' come aveva fatto per Kyoya senpai alla gara sportiva.
Capace di riuscire a interessarsi dei problemi degli altri, di riuscire a sollevarli e dare loro una via d'uscita, senza che questi gliene parlassero o gli chiedessero aiuto.

-  Lui… è un perfetto idiota. – riprese a parlare – è esageratamente narcisista e ha tutte quelle idee strampalate su come sia la vita di noi gente comune, ma… ha qualcosa, un cuore… capace di comprendere l'animo degli altri più di quanto io stessa riesca a immaginare. Si preoccupa degli altri… senza che questi glielo chiedano e riesce ad aiutarli, coinvolgendoli nelle sue idee del tutto folli ma che alla fine li fanno sorridere… nonostante proprio lui stia… - si arrestò di colpo, pensando a quello che Tamaki senpai aveva vissuto e stesse ancora attraversando – nonostante che… -

Si interruppe, notando Hikaru alzarsi di scatto al suo fianco.

-  Uh? – accennò.

Appena in tempo.
Che le stava prendendo?
Perchè si era messa a parlare di Tamaki senpai?

-  Oh! Hika… -
-  Io... – lo sentì dire a voce alta interrompendola, poi con più calma – io… ecco… mi chiedevo se ci fosse qualcosa di cui hai bisogno. –


Non era riuscito a farne a meno.
Nonappena si era accorto di quell'espressione, così dolce, nel parlare del Lord, non aveva resistito.
Aveva desiderato era alzarsi e scappare, non sentire Haruhi parlargli di lui, non proprio a lui, non proprio ora che aveva pensato a quanto era stata dolce a preoccuparsi per loro.
Non voleva sentire.
Era crudele da parte sua, non voleva sentirla.

Poi però si era reso conto che poteva sembrarle uno stupido, a mettersi in piedi così all'improvviso mentre stavano parlando tranquillamente.
E come se non bastasse l'unica idea idiota che gli era venuta in mente era chiederle se avesse bisogno di qualcosa!
Idiota!

-  Voglio dire… - riprese con leggero imbarazzo - Kaoru e i senpai verranno qui tra non molto, quindi… mi chiedevo se potessi andare a prendere qualcosa per te, prima che loro arrivino. Ecco… insomma… questo. –
-  Uh? – le sentì esclamare – Ah! – la vide fermarsi un istante a riflettere - No, non credo di avere bisogno di nulla. – le vide battere le palpebre prima di sentirle aggiungere - Ma perchè vengono tutti qui? –
-  Eh?! – esclamò perplesso – Perché ti vogliono fare visita tutti quanti, no? Che razza di domande! – esclamò ridendo.

In fondo era sempre la solita, totalmente disinteressata a venire coinvolta nelle loro stramberie.

Però… nel parlare del Lord… no, basta.
Non doveva pensarci.

-  Allora, c'è nulla che posso prendere prima che arrivino gli altri? – riprese a chiederle – Haruni! Non avrai mica intenzione di offrirci qualcuna di quelle bevande plebee che non hanno alcun sapore! -


Lo guardò storto per un breve istante, poi sospirò rassegnata al pensiero che anche quel pomeriggio non avrebbe potuto riposare in pace.

A ben pensarci non lo avrebbe fatto comunque.
Se di mattina Hikaru non avesse bussato sarebbe rimasta tutto il tempo a crogiolarsi sull'idea di lei che per Tamaki senpai…

No, che andava pensando!
Non era così, non poteva, era assurdo!

-  Haruhi? - la richiamò.
-  Uh? –
-  La spesa… non sta bene non ascoltare quando uno parla, non lo sai? –
-  Eh? Ah! Si… la spesa… - la sentì rispondere riconcentrandosi - credo che un buon the basti, penso che Honey senpai porterà qualche dolce. Ah! Ci vorrebbe anche una zuccheriera, considerato che ieri Tamaki senpai l'ha rotta. Ma non prendere nulla di troppo costoso. –
-  Non preoccuparti per il prezzo… il the lo offro io e la zuccheriera… la faccio ripagare al Lord. Dopotutto è il minimo che possa fare ripagarla dopo avertela rotta. – aggiunse con un pizzico di malignità.

Le vide battere le palpebre perplessa, senza aggiungere nulla.

Prima di voltarsi per un attimo non potè fare a meno di chiedersi che cosa stesse pensando poco prima, quando si era distratta. Pazienza!
Sarebbe saltato fuori prima o poi, no?
E poi, mica poteva preoccupasi di ogni sua azione!
Era da paranoici, paranoici!

-  Beh! Meglio che mi sbrighi, manca poco più di mezz'ora all'orario di uscita degli altri… nel frattempo a te conviene riposare. - aggiunse prima di aprire la porta e uscire richiudendosela dietro.


Vide la porta chiudersi dietro le sue spalle.

Lanciò una rapida occhiata all'orologio alla parete.
Mancava davvero poco alla fine delle lezioni.
Tra non molto avrebbe visto tutti quanti, tutti, anche Tamaki senpai.

Sentì le guance arrossarsi ancora una volta.

Doveva essere uno dei sintomi della febbre.
Meglio sdraiarsi un po' prima che gli altri arrivassero.



Percorreva il corridoio in silenzio, in compagnia dei senpai, allontanandosi dall'aula di musica.

-  Kyo-chan… - sentì il più basso dei tre cominciare a chiedergli – Tama-chan… andrà tutto bene, vero? –

Difficile rispondere con certezza a quella domanda.
L'espressione di Tamaki, mentre poco prima aveva detto loro di andare avanti, che lui e Kaoru li avrebbero seguiti da Haruhi dopo non molto, era stata diversa.

Poche volte lo aveva visto parlare a quel modo e, soprattutto, poche volte lo aveva visto agire come quella mattina.
Certo, apparentemente era stato il solito idiota, ma il suo modo di sorridere era stato… diverso.

Anche quel fare cadere la penna così spesso, quel fastidioso rumore sordo che era venuto fuori dal suo banco per tutta la mattina, quel continuo vederlo scuotere il capo...
Difficile non accorgersene.

D'altronde era stato in grado di intuirlo subito, che qualcosa era diverso, nonappena lo aveva visto rientrare da quella sua spedizione in prima A, prima ancora che cominciassero le lezioni.

Eppure sino a che non si era reso conto, come i senpai, dell'assenza di Hikaru a pranzo, sino a che non aveva notato lo sguardo di Tamaki, indirizzato a Kaoru, di poco prima e il tono della sua voce mentre diceva loro di andare avanti, non aveva ben compreso cosa.

Adesso però tutto gli era più chiaro.
C'era qualcosa che Tamaki voleva sapere dal più cortese dei gemelli, e di certo era legata all'assenza del meno cortese dei due, assenza che lui stesso poteva ragionevolmente pensare fosse legata a qualcun altro.

E chi, se non Haruhi, era in grado di provocare inconsapevolmente tutto questo?

Si risistemò gli occhiali scivolati lungo il naso.

Se solo Tamaki fosse stato in grado di comprenderlo…

Da tempo i sentimenti di Hikaru per l'unico membro femminile dell'Host Club non erano più un mistero né per lui, né per senpai.
Solo Tamaki sembrava del tutto incapace di rendersene conto.

Che fosse finalmente successo?
Che avesse finalmente compreso?

Beh! Ad ogni modo la conversazione con Kaoru sarebbe potuta essergli illuminante, senza alcun dubbio.

E, non poteva negare, anche lui nutriva una discreta curiosità per quali ne sarebbero stati i risvolti, considerati i sentimenti che attribuiva con relativa sicurezza all'amico nei confronti della ragazza.

Sarebbe stato interessante, senza alcun dubbio.
Un piacevole diversivo da quelle ricerche che finora lo avevano condotto a un vicolo cieco.

Accennò un sorriso al piccolo senpai, prima di chinare il capo per annuirgli.

- Andiamo, Honey -senpai? - gli domandò proseguendo a camminare.

Vide il senpai annuirgli ancora incerto pur seguendolo mentre svoltava l'angolo del corridoio.




Osservò l'orologio a pendolo sulla parete.
Da quanto tempo erano lì in silenzio?
Probabilmente i senpai erano già partiti in auto, allontanandosi dall'istituto.

Spostò lo sguardo su Tamaki senpai.
Non riuscì a fare a meno di indietreggiare di un passo.
Mai lo aveva visto quell'espressione così seria, quello sguardo così attento.

Ne aveva paura?
Sinceramente… un po'.

Quello che al momento si trovava innanzi non era il solito Tamaki-senpai, il solito Lord idiota iperottimista. Era un ragazzo maturo e attento, aldilà di quello che mai si sarebbe aspettato che fosse, aldilà di quello che avrebbe mai pensato di fronteggiare.
Anche il tono della sua voce prima, mentre diceva ai senpai che li avrebbero raggiunti dopo, era stato diverso dal solito, non sopra le righe come durante i suoi esilaranti sfoggi di principesca cavalleria, ma pacato e grave al contempo.
No, non era il senpai che loro conoscevano: quello che aveva davanti in quel momento era un ragazzo del tutto differente.

Deglutì.
Se solo Hikaru fosse stato lì ad aiutarlo!
Come, da dove avrebbe dovuto cominciare a raccontargli tutto?

Chinò il capo in silenzio.


Non sarebbe stato in grado di definire la propria espressione in quel momento, né il proprio stato d'animo.

Non che gli interessasse, a dire il vero: quello che gli importava era solamente sapere, rendersi conto se quel piccolo campanello d'allarme che tuttora sentiva martellare fosse motivato o meno.
Voleva capire, capire per bene.

Perchè il timore che Haruhi fosse coinvolta…

No, non era timore per lei, ma per lui stesso.
Perchè?

Doveva smetterla di pensare alle parole di Kyoya, alle strane idee e sensazioni che gli avevano fatto nascere.
Adesso basta. Doveva solo concentrarsi su quello che Kaoru gli avrebbe detto.

Lo guardò: indietreggiava di un passo, chinando il capo.
Possibile che fosse a disagio?
Non doveva…
Davvero incuteva una tale sensazione?
Non andava, così Kaoru non gli avrebbe raccontato.

Sospirò.

-  Senti Kaoru… - cominciò a chiedergli sorridente – perchè non provi a partire da un punto qualsiasi? –

Sperava di rassicurarlo.


Alzò il capo istintivamente.

Partire da un punto qualsiasi?
Si… ma quale?

No, doveva spiegare per bene, altrimenti il Lord… altrimenti tutto sarebbe stato…

-  I-io Lord… – provò a dire – credo di non sapere bene… No. Scusa… così non va. –

Doveva calmarsi, doveva essere se stesso, il solito Kaoru, doveva essere sincero.
Dopotutto si era ripromesso di muoversi anche lui no? Di fare il primo passo, no?

Coraggio, coraggio...

-  Tamaki senpai, ricordi a Karuizawa? Quando Hikaru e Haruhi sono usciti assieme? – riprese a raccontare.
-  Si… - gli sentì rispondere attento.
-  Quella volta… quella volta ti dissi che credevo fosse un bene che aumentassero le cose a cui Hikaru tiene. Io… sentivo che Haruhi sarebbe potuta essere una di queste –
-  … - lo vide attento concentrato.
-  Lei… è stata la prima a distinguerci da subito, a considerarci diversi… Per questo ha suscitato il nostro interesse. Così la abbiamo trasformata nel nostro giocattolo. – vide il senpai serrare la mascella – Ma Haruhi non è un oggetto. È una persona. E più stavamo con lei più lei… ci piaceva. Ai tempi di Karuizawa, nonostante già ritenessi che a Hikaru lei piacesse molto, non avrei davvero immaginato che potesse accadere… ma è successo. Col passare del tempo Hikaru, ma anche io… noi…ci siamo innamorati di lei! – esclamò.

Si fermò un istante, a guardare l'espressione del Lord.
Vide i suoi occhi spalancati guardare un punto imprecisato dietro le sue spalle.


Non riusciva a muoversi.

C'era qualcosa… quello strano nodo in gola che gli impediva di parlare… qualcosa che lo stava paralizzando.
Avrebbe voluto credere di aver sentito male, di aver frainteso, ma Kaoru era stato abbastanza chiaro.

Forse ci sarebbe stato qualcosa da dire, da chiedergli, ma non riusciva a pensare a nulla.
Era come se quel nodo, che gli paralizzava la gola, si stesse espandendo lungo tutto il suo corpo, penetrandogli pure il cervello.
Solo le orecchie erano ancora attive, pronte a ascoltare, per quanto in quella pausa sentisse come un martellare sordo su di esse.

Che gli stava prendendo?
Possibile che la sorpresa di questa scoperta gli provocasse una tale sensazione?
Avrebbe dovuto gioire del fatto che finalmente qualcuno era davvero entrato nel mondo dei gemelli… ma allora perchè avvertiva una tale tristezza?

Haruhi… Haruhi.
Perchè… proprio… lei?
Perchè lui…ora… così…?


Doveva continuare, doveva andare avanti e subito, prima che il Lord dicesse qualcosa, perchè non aveva ancora finito e non sarebbe stato più in grado di continuare, se lo avesse interrotto.
Lui… doveva raccontare per bene.

-  Io… - riprese a parlare – sono stato il primo ad accorgermene, il primo a realizzarlo. Ma per un po' ho accarezzato l'idea che mi potessi sbagliare e che quel sentimento non crescesse oltre quella dolce simpatia, che il nostro giocattolo potesse solamente entrare nella nostra sfera, nel nostro guscio, fondendosi con noi, diventando il nostro terzo… la nostra “sorellina adottiva”. - aggiunse fingendo di ridere, poi tornò serio – Ma Hikaru… lui non se ne rendeva conto, però… più passavano i giorni più se ne innamorava. E più in lui cresceva questo sentimento più io me ne accorgevo: lui… non stava bene così. Non riusciva capirlo, si domandava che cosa fosse a renderlo così nervoso, così… Ma io lo sapevo, lo sapevo bene: mentre io guardavo lui, i suoi occhi per tutto il tempo erano rivolti ad Haruhi. Anche lui era innamorato di Haruhi, anche più di me. –
-  Ed è questo il motivo per cui avete litigato? Per Haruhi? – gli sentì chiedere grave.
-  No! No, Lord, no. Io non ho litigato con Hikaru per Haruhi, ma perchè non sopportavo che lui mentisse. A me, ma soprattutto a se stesso. Quando lui l'ha capito, quando ha capito di amarla, quando ha capito che anche a me piaceva, Hikaru… ha mentito. Con indifferenza ha detto che sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano. Ma non era così.! Io lo so bene, lui ci stava male. Era una scelta sbagliata per lui. Non poteva ignorare i suoi sentimenti, non a causa mia. Io non voglio tenerlo indietro. È sbagliato. Non mi andava giù. –


Avvertì la sua voce tremare mentre pronunciava quelle ultime parole a capo chino e pugni chiusi .
C'era ancora una cosa che doveva chiedergli ancora, per quanto dentro sé preferisse non saperla.

- Kaoru… se tu sei innamorato di Haruhi… perchè non sei andato con tuo fratello oggi? Hai già rinunciato? Tu… ti stai sacrificando per lui? –

Gli vide alzare il capo.

- Non pensare, Lord, che io abbia deciso di nascondere i miei sentimenti, di reprimerli… Quando sono uscito con Haruhi, mentre pensavamo che tu fossi in Francia, le ho detto che mi piaceva, – lo vide sorridegli – ma dubito che lei lo abbia capito. Beh! Se la persona alla quale mi dichiaro non comprende i miei sentimenti, vuol dire che non gli interesso, no? –

Lo vide sorridergli dolcemente, poi gli sentì aggiungere sereno:
- Ma c'è una cosa che avevo già compreso, prima ancora di dichiararmi. Per me, la persona che conta più di tutti non è Haruhi… è mio fratello Hikaru. E quindi una storia tra me e Haruhi non sarebbe mai potuta nascere. –


Lo osservò un istante.
Non riusciva a decifrare la sua espressione, non riusciva a capire cosa stesse pensando.


Probabilmente, agli occhi di Kaoru, la sua era un'espressione intontita.
In realtà non sapeva che dire, che pensare.

Quel campanellino non era solo un'illusione: Hikaru era innamorato di Haruhi e adesso era con lei.
Chissà, probabilmente presto si sarebbe dichiarato.

Avvertì una improvvisa stretta al cuore.

Reazione illogica…

Per quanto Hikaru non primeggiasse tra le sue simpatie di certo voleva davvero bene ad Haruhi e avrebbe fatto di tutto per renderla felice, se lei avesse accettato.

Se lei avesse accettato…
Perché era questo il pensiero che lo feriva di più?
Perché il pensiero di Haruhi con Hikaru, Haruhi forse innamorata, gli faceva così male?
No. Non aveva motivo di non gioirne…no?

Anche Kaoru… si meritava un incoraggiamento.
Si sforzò di sorridere, per lui.

-  Sei stato bravo… - gli disse – sei stato davvero bravo Kaoru. Sei cresciuto tanto, - gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla – bravo. –


Lo vide toccargli la spalla sorridente.
Probabilmente avrebbe dovuto gioire di quel complimento, di quel sorriso, però…
No, non andava bene.

Certo, lui tifava per Hikaru, Hikaru era suo fratello, ma…

Afferrò la mano del Lord, ancora sulla sua spalla.


Lo vide assumere un'espressione seria, attenta.
Che gli prendeva?

- E a te sta bene? – gli sentì chiedere – A te sta davvero bene così, Lord? -




nota dell'autrice: pensavate che questa ff fosse finita nel dimenticatoio? fosse stata abbandonata? NO, tranquili non è così...
Ho solamente avuto tanti e tanti casini, nonchè un momento di crisi... che dura ancora...che schifo!
Bè! comunque... adesso son tornata... e non ho intenzione di non completare questa ff...
come ben sapete gli sviluppi in giappone di HC son un pò diversi da questi... soprattutto da come li svilupperò io... direi che si è trasformata in una what if... spero solo di mantenere IC i personaggi...
vi dò appuntamento al prox capitolo...
Bye! (^__^)/

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