Can you be my Nightingale?

di believeinmuffins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno. ***
Capitolo 2: *** Due. ***
Capitolo 3: *** Tre. ***
Capitolo 4: *** Quattro. ***
Capitolo 5: *** Cinque. ***



Capitolo 1
*** Uno. ***


 

Uno.

La sveglia iniziò a suonare facendomi spaventare, stavo sognando, ma mi ero già dimenticata cosa.
Con una mano la cercai sul comodino freddo, tentai di spegnerla, per mia sfiga cadde a terra ma per fortuna si spense. Ritornai con il braccio sotto il piumone e rabbrividii, non avevo voglia di andare al lavoro. Ieri sera er0 tornata a casa alle 3:30 e ora erano già le 8; quel stramaledetto lavoro al bar mi stava uccidendo. Mi chiedo perché dobbiamo essere aperti anche di domenica mattina, dopo aver tenuto aperto il bar il sabato sera fino alle 3, con ragazzi ubriachi da tutte le parti.
Mi alza dal letto e tremando andai in bagno, mi lavai il viso e sbadigliando tornai in camera. Aprii gli scuri e mi ci volle un attimo per mettere a fuoco i vestiti sul calorifero, dopo essermi quasi accecata con la luce dell’alba.
Infilai dei jeans scuri a vita alta saltellando per la stanza e maledicendoli per essere troppo stretti. Presi una delle tante canottiere bianche un po’ larghe dal cassetto dell’armadio e la indossai sopra a un mini top nero con le borchie.
Scesi al piano di sotto e trovai Bob, che leggeva il giornale e beveva il caffè come ogni mattina, mi sentì arrivare e si girò verso di me.
“Buongiorno Annie” mi salutaò in modo allegro, feci una smorfia molto simile ad un sorriso e mormorai un piccolo “Ciao” che rese l’idea di quanta stanchezza avevo addosso. Presi una tazzina di caffè, lo buttai giù di colpo, senza metterci zucchero ne niente. Ero come mia madre, per darsi una buona carica alla mattina lo beveva sempre, magari mischiandolo con qualche intruglio alcolico.
“Sei proprio come tua madre” disse ridacchiando e continuando a leggere il giornale.
Va bene, mi stava prendendo per il culo, ero costretta a vivere con lui per vari motivi, visto che quella pazzoide di mia madre si era guadagnata un bel viaggetto in carcere già due anni fa.
Lo guardai scettica e smise di ridere, non c’è mai stato un buon feeling tra noi, era arrivato poco dopo la partenza di mio padre, da quanto avevo capito mia madre andava con lui già da un paio di volte, sinceramente non mi interessava e non erano affari miei. Fortunatamente lui stava poco qui, faceva la spesa una volta o due alla settimana, pagava le bollette e appena poteva mi lanciava frecciatine squallide per attirare la mia attenzione, peccato che non ha ancora capito che dopo due anni non me ne fotteva un cazzo.
Io non avevo più una famiglia.
Sciacquai la tazzina e la rimisi al suo posto e senza dire niente tornai in camera. Dopo essermi truccata, presi la giacca scura di jeans, recuperai la borsa sulla sedia e tornai al piano di sotto.
"Ciao Bob!" urlai verso la cucina salutandolo.
"Ciao Annie!" disse con lo stesso accento che avrebbe avuto un vero padre.
Uscii sbuffando e chiudendo la porta dietro di me, scesi le scale saltando gli ultimi scalini. Sul pianerottolo mi invase l'aria fresca primaverile. Era un piacere sentirla sul mio viso tristemente pallido.

Arrivai al bar, entrai per il retro dopo aver appoggiato la bici al muro e quasi non ribaltai le scope appoggiate dietro la porta.
"Dio che posto squallido" pensai "Sto iniziando ad odiarlo". Chiusi la porta e mi sistemai i capelli che si erano scompigliati andando in bici.
Appesi la giacca in uno di quei 4 armadietti sudici, indossai il grembiule e raccolsi i capelli in un cocon morbido andai al bancone.
Solito clima, solite urla, solite risate, soliti vecchi guardoni e battutine squallide.
"Ehi BadBoy!" salutai Mattew con una pacca sulla spalla, ridacchiando si girò verso di me e mi lasciò un bacio sulla guancia.
"Come stai Donna?" mi chiese continuando a preparare i due caffè ordinati da due uomini al banco.
"Sono stanchissima" risposi sbuffando "Sta mattina mi chiedevo, perché apriamo anche la domenica mattina? Sono tornata a casa alle 3:30 sta notte e ultimamente dormo pochissimo" lo guardai con aria quasi sconvolta, trattenendo uno sbadiglio lo sentii ridacchiare e girarsi verso di me mentre prendevo un ordinazione da una donna dalle labbra come dei canotti. Mi girai verso di lui, bello come il sole, come sempre, fissava i miei movimenti mentre preparavo un caffè macchiato.
"Perché mi fissi?" dissi atteggiandomi un po', mi piace provocare le persone, con lui era un continuo battibeccare, ci prendevamo in giro ed era anche capitato di trovarci avvinghiati nello sgabuzzino. Peccato che fosse gay e con un tipo come lui, nessuna ragazza avrebbe avuto possibilità di una lunga storia.
Mi ricordai che quando me lo disse, quasi non gli sputai il cocktail che stavo bevendo in faccia, mi aveva fatto tanto ridere, se una persona lo incontra da fuori, non penserebbe mai che lo sia; infatti, molte ragazze ci sono cascate, ma lui non ha mai detto di no a una bella scappatella, lasciandole di stucco quando finiva dicendogli la verità.
"Niente, pensavo.." gli sorrisi, e mentre lui lavava due bicchieri rispose ai miei pensieri sul bar.
"Comunque dovresti saperlo, sono quasi due anni che lavori in 'sto posto, la mattina è per i vecchi guardoni" disse indicando, senza farsi vedere, un tavolo con cinque uomini intenti a squadrare la donna dalle labbra a canotto appena uscita dal bar; "per chi fa una passeggiata ed è il primo bar conveniente che trova" continuò indicando con un cenno della testa due tavoli con signore un po' schizzate mentre sparlavano di qualcuno bevendo i loro cappuccini; "e per noi, poveri venticinquenni, anche se tu ne hai ventidue ma poco importa, che ci riprendiamo dalla nottata." Fini il suo discorso facendomi ridere e dopo aver fatto una faccia molto convinta di quello che aveva detto, rise anche lui.
Mi soffermai a pensare che è stata una settimana piena di impegni, ero sempre qui al lavoro ed è da sabato scorso che non vedo la mia compagnia.
Venni attirata da una chioma rossiccia che stava entrando nel bar seguita da un ragazzo riccio e moro, li riconobbi subito e non potei fare altro che sorridere.
"Sophie" dissi felice, ma questa mia felicità venne interrotta subito dalla sfuriata che stava per farmi.
"Dove sei finita?!" disse con fare minaccioso, pensai si stava riferendo alla sera prima.
"Sophie," dissi a bassa voce con fare molto ovvio "fino a prova contraria sono davanti di te" trattenni una risatina come però non era riuscito a fare Alex alle sue spalle, guadagnandosi un'occhiataccia.
"Questo è irrilevante mia cara Annie!" Disse sedendosi su uno degli sgabelli e appoggiando la borsa sul bancone.
"Ieri sera dovevi uscire con noi a bere qualcosa, perché non c'eri?" disse sorseggiando l'acqua tonica che le ho appena messo davanti.
"Sophie, lo sai che lavoravo. Ho detto a Dylan di avvisarti che non ci sarei stata" mi giustificai vedola rilassarsi sul posto.
"Beh, peccato che quando è arrivato era abbastanza sbronzo ed era anche abbastanza occupato" disse alludendo a qualche sua amichetta del sabato sera. La cosa mi fece rabbrividire.
"Figo!" commentai preparando due cappuccini mentre Mattew le porgeva una brioche alla marmellata.
"Vabbé, l'importante è che c'è stata più cipria per noi" disse ridacchiando e pensando alla sera prima.
Mi girai di scatto e con la mia occhiataccia la feci smettere di ridere.
"Ancora con quella merda?" dissi come se la stessi rimproverando.
"Come se tu non l'avessi mai fatto piccola" disse facendomi l'occhiolino.
Mi misi davanti a lei appoggiando le mani al bancone e sporgendomi verso di lei.
"Senti, testina di cocco frantumata, ti ricordo che siamo in un bar, quindi finiscila di parlare di queste cose!" dissi per poi tornare a fare il mio lavoro.
"Uuuh qua qualcuno si sta scaldando! Cos'è, ti da fastidio l'idea di Dylan incosciente con altre tipe?" Frecciatina. Ok, poteva risparmiarsela. Prima di alterarmi e spaccarle la faccia mi girai di nuovo verso di lei.
"E questo che cazzo centra? Lo sai benissimo che siamo solo migliori amici da anni ormai, ora per favore lasciami lavorare, ci sentiamo più tardi." ribattei innervosita.
"Wooho, Matty vedi di scopartela un po' di più che mi si sta sciupando un pochettino!" disse facendo ridere Alex e Mattew che appena vide il mio sguardo tornò al suo lavoro.
Ora stava proprio esagerando ma prima che le dicessi qualcosa intervienne di nuovo.
"Va bene, va bene..scusa. Sta sera da me alle nove, non tardare. Conto sulla tua presenza" Girò i tacchi e se ne andò mano nella mano con Alex che stava ancora ridacchiando per quello che aveva detto Sophie.
"Meno male che domani siamo chiusi" tirai un sospiro di sollievo e mi concessi un attimo di riposo visto che non c’erano clienti da servire.
"Senti," Mattew catturò la mia attenzione, mettendosi accanto a me "Vedi di non ricaderci più tanto dentro, fumati qualche canna ma non fare altre cagate; lo dico per te" dicsse a bassa voce per non farsi sentire dai clienti.
"Sai come sono Matty, smetto ma poi a volte lo rifaccio.. è un tira e molla.. dipende dell'umore e dalle situazioni" dissi grattandomi la fronte e pensando a quante volte sono stata male.
"Vedi di stare attenta" disse accarezzandomi il viso e sorridendomi.
"Wei, piccioncini, vorrei uno Spritz Aperol. Non vorrete mica strombazzare qui davanti a tutti come ha detto la vostra amica? E tanto per la cronaca a me non dispiacerebbe" disse ammiccando con uno stuzzica dente in bocca, un uomo sulla quarantina, se non di più.
Credo che fossi diventata sulle tonalità del rosso, viola.
Lo mandai a fanculo e me ne tornai nella stanzetta sul retro lasciandolo ridacchiare mentre Mattew gli preparava il drink.
Ero stramaledettamente stanca di 'sti uomini. Luridi maiali!
Calciai uno degli armadietti facendolo aprire, mi misi la giacca ed uscii nel giardinetto del condominio sopra il bar.
Accesi una sigaretta sedendomi su uno dei tre gradini.
Ispirai e inspirai un paio di volte il fumo guardando il cielo macchiato qua e la, da qualche nuvola.
Poco dopo, la presenza di Mattew al mio fianco mi riportò alla realtà.
"Ho chiuso" disse piano, sapeva quanto ero stufa di quei commenti strani e di tutto ciò che mi circondava.


Eccomi qui con una nuova storia, è un genere un pò diverso dagli altri, non volevo cadere per la millesima volta sulla storia "del ragazzo figo della scuola che si innamora di quella sfigata" è un genere un pò particolare dal mio punto di vista.
Spero vi piaccia:)
Baci
Em.

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Capitolo 2
*** Due. ***




Due.
 

Il fumo usciva dalla mia bocca lento annebbiandomi la vista e la mente, il mio riflesso sullo specchio si muoveva piano mentre io mi accasciavo sul pavimento del bagno.
Quanto amavo questa sensazione, tutto girava, tutto volava intorno a me. Mi faceva sentire bene, leggera, libera senza problemi.
Un rumore lontano, simile a un picchiettio mi rimbombava in testa. Mi tirai su piano aggrappandomi al lavandino, mi guardai allo specchio e sorrisi.
“Vaffanculo, vaffanculo a tutti” dissi, “Vaffanculo a tutti quelli che mi hanno lasciata sola, a quelli che mi hanno rovinata.” continuai prendendo un altro tiro dalla canna che avevo in mano.
Sentii chiamare il mio nome e in un piccolo momento di lucidità capii che Bob stava bussando alla porta del bagno. Buttai la canna ormai finita nel cesso, aprii la porta lentamente vedendo Bob che mi guardava.
“Che cazzo vuoi?” dissi uscendo dal bagno e dirigendomi in camera. Non ero poi così tanto messa male, ormai ci avevo fatto l’abitudine. Mi voltai indietro e lo vedi fermo davanti la porta del bagno da cui fuoriesciva tutto il fumo rimasto dentro.
“Non la finirai mai con 'sta robaccia eh, Annie?” disse venendomi in contro. Mi girai sbuffando e ripresi a camminare verso camera mia.
Mi buttai sul letto, cercando con la mano il cellulare, la luce dello schermo mi fece chiudere gli occhi per un po’.
 
Da Dylan:
Ti passo a prendere fra dieci minuti. x
 
Digitai una risposta veloce e buttai di nuovo il cellulare sul letto, mi alzai per cercare nell’armadio qualcosa da mettere. Tiro fuori dal cassetto dei legghins neri e una delle mie tante magliette vintage.
Trucco leggero, sciolsi i capelli e li lasciai ricadere mossi da una parte. Frugai nel cassetto delle medicine in bagno e trovo una boccetta di collirio, lo misi per togliere il rossore dai miei occhi dovuto alla canna di prima.
Tutto intorno a me si muoveva ancora, ma l’effetto stava già svanendo.
Sentii il campanello suonare, mi precipitai giù dalle scale e arrivai prima di Bob che mi guardava quasi scandalizzato ma divertito. La sagoma di Dylan mi apparve davanti, gli saltai addosso stritolandolo.
“Ehi, ehi..stai attenta” rise mettendomi giù e mettendosi la sigaretta in bocca in modo sexy. Risi guardandolo mentre mi scompiglia i capelli, lo feci entrare subito dopo.
Lo sentii salutare Bob, al contrario di me, andavano abbastanza d’accordo, infine lui si era preso la mia responsabilità anche se avevo ventidue anni e sapevo cavarmela benissimo da sola, ma sarebbe stato troppo per me gestire tutta questa casa da sola.
 
Il buio ci circondava, la macchina sfrecciava lungo quella strada che sembrava quasi infinita.
Io e Dylan avevamo appena finito di battibeccare perché mi ero fumata un po’ di roba che dovevo portare quella sera, l’avevamo buttata sul ridere e ora nessuno dei due vedeva l’ora di arrivare a casa di Sophie.
In lontananza si vedevano le luci della villa, man mano che ci avvicinavamo sembrava sempre più grande.
Arrivammo davanti al grande portone in ferro, scesi dalla macchina e mi precipitai al campanello.
Poco dopo il portone si aprì, mi aspettavo che qualcuno rispondesse chiedendo chi ero ma poi feci caso alla telecamera davanti di me, mi venne da ridere ma entrai prima che il portone si sarebbe chiuso.
Vedi Dylan posteggiare affianco alle macchine della famiglia di Sophie, sorrisi avvicinandomi alla sua Audi A1 che perdeva la sua figura vicino alle altre macchine.
“Mi sento un poverello” disse venendomi in contro chiudendo la macchina con il pulsante sulle chiavi. Ci mettemmo a ridere proseguendo verso l’ingresso, la porta si aprì appena saliamo l’ultimo dei tre scalini che portavano al portico.
Una sgargiante Sophie, con il rossetto un po’ sbavato e i capelli un po’ arruffati comparve davanti ai nostri occhi.
Ci mettemmo a ridere vedendola in quelle condizioni e vedendo arrivare dietro di lei Alex che si stava abbottonando la camicia.
“Non volevamo interrompervi, se volete torniamo fra un po’!” disse Dylan facendo l’occhiolino ad Alex senza farsi vedere da Sophie che dopo l’affermazione dell’amico era arrossita.
“Dai scemo!” dissi ridacchiando prendendolo per il gomito e trascinandolo dentro.
Un braccio ci vietò il passaggio verso il soggiorno, io e Dylan ci girammo interrogativi verso Sophie.
“Zona off-limits per sta sera, i miei tornano fra più o meno mezz’ora, ci hanno lasciato la dependance in giardino, non verranno a disturbarci” disse facendoci l’occhiolino e facendoci segno di andare dalla parte opposta.
Appena uscimmo sul retro, un aria fresca mi fece rabbrividire, sentii una stretta leggera attorno le mie spalle, Dylan.
Gli sorrisi felice, evidentemente mi aveva vista rabbrividire e si era preoccupato per me.
Ma dove stiavamoo andando a parare?
 
“Passami la bottiglia, rossa” la voce un po’ alticcia di Alex riecheggiò nella stanza.
Le nostre menti un po’ ovattate non ci facevano capire molto bene ciò che succedeva intorno a noi.
Sophie si alzò barcollando e ridacchiando, fumando una sigaretta praticamente finita, portando la bottiglia di Artic ad Alex che la fece sedere a cavalcioni su di lui. Dopo un paio di sorsi dalla bottiglia, ridacchiando e sbaciucchiandosi con modi poco contenuti, sprofondarono nel divano e iniziarono qualcosa che forse era meglio evitare di guardare.
Mi sistemai meglio sul tappeto, appoggiata con la testa al petto di Dylan, mi girai verso di lui e lo guardai mentre espira il fumo dalla bocca formando dei piccoli cerchi. Abbassò lo sguardo anche lui e mi sorrise, sentii un tocco caldo sulla mia guancia e malapena mi resi conto che mi stava accarezzando e che le sue labbra erano sulle mie.
Ci  baciammo con foga, tutto mi si muoveva attorno, mi sentivo così leggera, sentivo che niente poteva andare storto in questo momento.
Mi spostò di fianco a lui e finimmo con le teste sotto il tavolino per non farci notare da quei altri due, anche se erano abbastanza occupati.
Ci staccammo ansimando e ci fissammo negli occhi, mi guardò come se desiderasse qualcosa di più.
Tutto era così leggero, senza problemi.
“Sei bellissima” soffiò sulle mie labbra facendomi sorridere.
“Tu lo sei” affermai muovendomi forse troppo velocemente visto che andai a sbattere con la testa sul tavolino.
Mugugnai qualcosa prima di sentire le risate dei tre miei amici che guardandomi ridevano a crepapelle.
“Che combini, svitata?” mi rimproverò Sophie, ridendo, per averla interrotta mentre si strusciava sul suo ragazzo.
Iniziai a ridere anch’io, prendendo la canna dal posacenere, dove l’aveva appoggiata, poco prima di baciarmi, Dylan.
Inspirai lasciandomi cadere all’indietro sul tappeto, sprofondando nei cuscini che prima di iniziare a bere e fumare avevamo sistemato, guardando Dylan mordendomi il labbro inferiore per poi passarci sopra la lingua.
Sì, lo stavo provocando e questo mi piaceva.
I due tornarono a fare le loro cose quando sentii una scia calda percorrermi l’interno coscia, guardo in basso espirando il fumo. Sogghignai quando vidi lo sguardo malizioso di Dylan in mezzo alle mie gambe.
Girò la testa verso il corridoio facendomi segno di andare di la, mi aiutò ad alzarmi e barcollando ci dirigemmo verso le camere.
Sentimmo Alex e Sophie ridere, cercando di mettere a fuoco il più possibile li guardammo, ci stavano fissando.
“Non sporcate niente, mi raccomando!” disse Alex guadagnandosi una gomitata da Sophie, ritornarono a ridere e poi a baciarsi come se nessuno dei due riusciva a fare a meno dell’altro.
 
Le sue labbra percorrevano l’incavo del mio collo, rabbrividii al tocco delle sue mani sui miei seni.
“Che stiamo facendo?” sospirai stringendolo a me; si fermò appoggiando la testa sul mio petto che si alzava e abbassava velocemente.
“Qualcosa di molto..” mi baciò “molto..” ancora “bello” disse e con un movimento non troppo brusco, facendomi ridere, mi portò sopra di lui.
Lo baciai, ancora e ancora, non potevo farne a meno.
“Ho paura” sussurrai vicino alle sue labbra vergognandomi, mi alzai sostenendomi con le braccia teste e le mani appoggiate accanto alla sua testa. I miei capelli ricadevano sul suo viso raccogliendo il calore dei nostri respiri.
“Di che?” mi guardò sorpreso “Non sei vergine” affermò fissandomi ancora più confuso.
“Ma dai cretino!” risi abbassandomi per lasciargli un bacio a stampo “Non è questo..”
“E allora cosa?” mi chiese.
“E se dovessimo rovinare tutto? Ci tengo così tanto a te e..” prima di iniziare a parlare a vanvera Dylan mi fermò posizionando l’indice sulle mie labbra.
“Ci tengo anch’io a te, avevamo fatto una promessa anni fa, saremmo sempre stati assieme, qualsiasi cosa sarebbe accaduta” mi tranquillizzò facendomi sorridere nel ricordare noi da piccoli.
“Ti voglio Annie” continuò “Ti voglio più di qualsiasi altra cosa” sussurrò per poi tornare a baciarmi.
Le sue mani vagavano sul mio corpo portandomi piacere a ogni tocco, mi tolse la maglietta cercando di staccare il meno possibile le sue labbra dalle mie.
“Non stiamo rovinando niente, lo stiamo solo migliorando” affermò guardandomi negli occhi, era sicuro di se e io mi fidavo di lui.
“Oh Dylan..” gemetti stringendolo a me quando cambiammo posizione e io tornai sotto di lui; catturò le mie labbra mordicchiandole per poi passarci delicatamente la lingua per alleviare quel leggero fastidio che mi aveva provocato il suo morso altamente eccitante.
“Sei così bella” sussurrò sulle mie labbra.
Armeggiai con il bottone dei suoi pantaloni forse per troppo tempo, ma tremavo e non potevo farci nulla.
Lo sentii trattenersi dal ridere “Faccio io” disse per poi togliersi i pantaloni da solo e sfilando anche i miei legghins che seguirono a ruota i suoi jeans sul pavimento.
Arrossi di colpo quando tornò su di me iniziando ad accarezzarmi tutto il corpo.
Mi tolse il reggiseno continuando a guardarmi negli occhi, credo avesse paura di fare qualche cosa di sbagliato o di troppo affrettato.
Gli sorrisi tranquillizzandomi e alzando leggermente il bacino per farlo scontrare con il suo.
Notai che nel togliersi i pantaloni, si era tolto anche i boxer liberando l’amico che premeva per uscire.
E che amico!
Arrossi ancora più di prima, se possibile.
Nascosi il mio viso nel suo collo per non farmi vedere alla luce fioca dell’ abat-jour sul comodino accanto al letto.
Mi spostò delicatamente le mutandine di lato e entrò in me.
Una scarica di sentimenti e calore mi riscaldò a ogni suo movimento sempre più veloce.
Non ci stavamo più baciando già da un po’, ma era così bello guardarlo negli occhi cercando di leggergli dentro ciò che stava provando.
La risposta ai miei pensieri non tardò ad arrivare quando velocemente uscì da me e un liquido caldo ricoprì la mia pancia.
Si accasciò di fianco a me cercando di calmare i respiri.
Non so da quanto tempo stavamo fissando il soffitto, quando mi liberai dai miei pensieri che stavano cercando di capire cos’era successo, decisi di andarmi a pulire. Mi misi a sedere portando le mani sulla mia pancia cercando di impedire al suo liquido ormai freddo di sporcare il resto del mio corpo.
Lo baciai in fretta a fior di labbra e mi diressi velocemente in bagno, meno male che era vicino alla nostra stanza.

Salve salvino:)
Eccomi di nuovo qui finalmente.
Ho revisionato il capitolo, per gioia mia e di molte altre di voi (spero) Dylan non se ne va.
Evviva Dylannie(?)
Spero vi piaccia, recesite e se avete domande fatevi sentire(?) ahah:)

Un bacio.
Em

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Capitolo 3
*** Tre. ***


Ebbene, sì, sono viva!
Dopo 5 mesi ce l'ho fatta. Preparatevi ad una bufera di neve nei prossimi giorni!
Mi dispiace un sacco *sigh* çç
Che dire, vi lascio al capitolo, alla prossima (giuro non fra 5 mesi ahaha).
Em  



Tre.

Un leggero raggio solare illuminava la stanza in quella calda mattina di aprile, aprii gli occhi piano abituandomi alla luce.
Dylan dormiva sereno di fianco a me, cercai quindi di alzarmi facendo meno movimenti possibili e spostando il suo braccio dal mio corpo senza svegliarlo.
Speranza vana visto che dopo due movimenti aveva fatto un rumore strano, riuscii comunque a spostargli il braccio e quando mi misi a sedere mi stiracchiai leggermente.
“Che fai? Scappi?” la voce assonnata di Dylan mi bloccò nello stesso momento in cui mi accorsi di non essermi rivestita la sera prima e di essere andata a dormire tra le sue braccia completamente nuda, come lui d’altronde.
“Eh..no” dissi confusa guardandolo “Stavo andando in bagno” arrossii leggermente voltandomi dall’altra parte.
“Vieni qui” sussurrò e premendo una mano sul mio fianco destro mi fece tornare accanto a lui. Mi strinse forte e lo sentii sorridere tra i miei capelli.
Rimanemmo così per un po’, senza parlare, senza dire nulla riguardo a noi. “Cos’eravamo ora?” mi chiesi tra me e me.
Dopo un paio di minuti che per me sembrarono infiniti ma allo stesso tempo troppo pochi, ci alzammo dal letto.
Recuperai le mie mutande ai piedi del letto e me le misi e di seguito anche i pantaloni, mi guardai attorni in cerca del reggiseno e della maglietta.
Quando mi girai vidi Dylan che giocava con il mio reggiseno mettendoselo il testa imitando topolino.
"Dammi qua, scemo!" dissi ridendo mentre mi alzavo e gli andavo in contro con un braccio che mi copriva i seni.
"Perché ti copri?" mi chiese allontanando dietro di se il mio reggiseno tenendolo in aria con una mano.
"Sono nuda Dylan" dissi con tono ovvio.
"Anche sta notte lo eri e mica ti coprivi" sorrise guardandomi mentre mettevo il broncio.
"Sono dettagli" gli feci la linguaccia, purtroppo non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere e lui mi segui.
Approfittai del momento e gli saltai addosso recuperando il mio reggiseno dalle sue mani.
Solo dopo mi accorsi che mi stava coprendo i seni con le sue mani grandi.
"Che ti serve se ci sono io?" ammiccò.
Avvampai e mi staccai da lui rivestendomi veloce.
Quando mi rigirai vidi che era pronto anche lui e aveva anche sistemato il letto.
"Andiamo da quei altri due, se li facciamo aspettare ancora ci sputtaneranno ancora di più dopo" disse raggiungendomi.
Mi prese per mano e mi trascinò con lui in soggiorno, non c'era nessuno.
"Saranno tornati in casa" gli dissi e senza rispondermi mi trascinò di nuovo con se verso la cucina della casa.
Alex e Sophie stavano facendo colazione con pancake e latte e quando ci videro si scambiarono un occhiata per poi riguardarci.
Alex mandò giù il boccone di pancake che si stava gustando tutto contento
"Allora piccioncini? Fatto casino?" ridacchiò facendo l'occhiolino a Dylan che sciolse la sua stretta di mano dalla mia.
Feci finta di niente e mi avvicinai a Sophie che mi guardava curiosa.
"Che c'è?" le sussurrai prima di bere un pò di latte che gentilmente Alex mi aveva preparato in un bicchiere.
Sophie non rispose e continuava a guardarmi, era imbarazzante come cosa. "L'hanno fatto! Alex sgancia i soldi!" urlò voltandosi verso il ragazzo che quasi si strozzò bevendo il latte.
Io non fui da meno e neanche Dylan che infatti iniziò a tossire.
Che vuol dire 'sgancia i soldi', Sophie?" le chiesi guardandola male.
"Ehm..niente" mi sorrise tranquilla.
"Sophie.." la richiamai continuando a guardarla male.
"Vabbè niente di che, abbiamo solo scommesso se avreste prodotto oppure no" confessò con naturalezza.
Spalancai leggermente la bocca guardandola scioccata.
"E come fai a saperlo?" chiesi posando il bicchiere sul tavolo davanti a me.
"Già con il fatto che non mi hai detto che non è vero, è sicuro; e poi basta guardare il tuo viso" disse per poi dare un morso al suo pancake.
"Oh mio dio" sospirai alzando gli occhi.
 
Il momento imbarazzante era finito, continuammo a parlare del più e del meno come facevamo di solito senza rientrare nel discorso fino a quando non finimmo la colazione.
"Io dovrei andare a casa, alle tre inizio a lavorare in bar e vorrei anche farmi una doccia e sistemarmi.” dissi “Dylan, mi accompagni a casa?" mi votai verso di lui e incrociai i suoi occhi scuri.
"Certo" Salutai Sophie baciandola sulla guancia
"So che vuoi sapere ma non ti dirò nulla" le sussurrai senza farmi sentire da Alex e Dylan che si salutano in disparte.
"Cattiva" mi rimproverò dandomi un pizzicotto sul fianco.
"Ahi!" urlai attirando l attenzione degli altri due.
Massaggiandomi il fianco la guardai male e mi allontanai facendole una piccola smorfia.
Salimmo in macchina e partimmo diretti verso casa mia. Nessuno dei due osava parlare, guardavamo la strada davanti a noi pensierosi.
"Senti per quello che è successo sta notte" dicemmo all'unisono.
"Oh scusa" di nuovo.
"Prima tu" ancora.
Scoppiammo a ridere e tornammo a guardare davanti a noi.
"Stai tranquilla, siamo amici no?" disse voltandosi versi di me e sorridendomi.
"S..si" ammisi facendo una piccola smorfia e alzando leggermente il sopracciglio sinistro.
"Che c'è che non va?"
"Eh? No niente..nulla..davvero..è tutto apposto" gli sorrisi voltandomi verso di lui, per poi tornare a guardare la strada pensierosa.
 
 Arrivati davanti a casa mia si fermò per farmi scendere.
"Beh..grazie del passaggio" lo ringraziai aprendo la porta della macchina.
Feci per uscire ma mi bloccò prendendomi per il polso.
"Non mi saluti?" mi chiese.
"Oh.." sussurrai "Scusa" ritornai alla posizione di prima e mi sporsi verso di lui che mi prese per la nuca con una mano e mi baciò la fronte.
"Ci sentiamo più tardi scricciolo" mi sorrise.
 
Entrai in casa leggermente confusa, mi appoggiai con la schiena alla porta e mi toccai la fronte, con la mano sinistra, nel punto dove mi aveva baciato.
"Siete solo amici Annie, che pensavi?" mi ammonii da sola a voce alta staccandomi dalla porta e andando verso camera mia.
Bob non era in casa quindi approfittai di fare le cose con calma, mi spogliai e mi misi sotto la doccia.
Mi massaggiai il corpo insaponandomi, cercai di rilassarmi il più possibile ma ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo il suo viso e non andava bene.
Non andava assolutamente bene.
 
Arrivai a lavoro in orario ed entrai come al solito dal retro. Misi la borsa nel mobiletto e indossai il grembiule nero che strinsi in vita.
Raggiunsi Matt che stava pulendo e sistemando alcuni tavoli.
“Ciao” lo salutai mettendomi di fianco a lui, mi sedetti su una delle sedie del tavolo che stava pulendo.
“Ciano Annie, come stai?” mi rispose facendomi un sorriso e posizionando al centro del tavolino una scatolina rossa con i fazzoletti.
“Bene, credo” risposi corrucciando la fronte.
Si fermò e mi guardò analizzandomi il volto.
“Ma perché mi fissate tutti quanti?” dissi esasperata alzandomi dalla sedia e dirigendomi dietro il bancone.
“Semplicemente perché dal tuo viso si capisce come ti senti, non so spiegarmelo, ci conosciamo da un sacco e l’ho sempre fatto” disse venendomi dietro con in mano lo straccio che usava per pulire.
“Se c’è qualcosa che so per certo è che i tuoi occhi non mentono ed è sicuramente successo qualcosa, sputa il rospo.”
Sbuffai appoggiandomi con la schiena al muro vicino la porta del retro, e iniziai a raccontargli tutto.
“Eh si, beh..è stato fantastico ma..non lo so, siamo amici l’ha detto anche lui, quindi non c’è nulla da risolvere, è tutto ok!” finii la frase sorridendo, sperai che non si accorgesse quanto stessi mentendo quindi mi girai e andai a prendere le ordinazioni di due signore appena entrate.
 
Ero a lavoro solo da due ore ma mi sembrava di essere li da cinque. Continuavo a servire ai tavoli cordialmente e con un sorrisino stampato sul viso.
Il campanellino sopra la porta attirò la mia attenzione, alzai lo sguardo per vedere chi era appena entrato e rimasi senza fiato.
“Cosa ci fa qui Dylan?” pensai e il mio cuore iniziò a battere più forte.
Raggiunse il bancone e si sedette davanti a me e mi sorrise.
“Ciao” mi salutò senza levarsi il sorriso dalla faccia.
“C..ciao” risposi, mancava solo che non mi ricordassi come parlare e avrei fatto sicuramente una bellissima figura di cacca.
“V..vuoi qualcosa?” gli chiesi abbassando lo sguardo e cercando assolutamente qualcosa da mettere apposto accanto a me, tutto pur di non guardarlo e di non morire dalla voglia di baciarlo.
“Ciao Dylan!” la voce contenta di Matt fece capolino alla mia sinistra.
“Ciao Matt” gli rispose “Un caffè può andar bene, Annie”
Com’era bello sentire il mio nome pronunciato dalle sue labbra.
"Faccio io" si offrì Matt e mi sorpassò andando alla macchinetta del caffè.
"C..come mai da queste parti?" gli chiesi.
Mi schiaffeggiai mentalmente
"Finiscila di balbettare!" intervenne la vocina nella mia testa.
Non era facile non guardarlo, soprattutto dopo quello che era successo la notte scorsa; mi imbambolai a guardarlo mentre lui si guardava attorno tranquillo.
“Annie mi passi un piattino?”
Tastai il bancone senza togliere lo sguardo da Dylan, quando ne presi uno alzai il braccio verso destra e per sbaglio colpii in pieno viso Matt.
“Oh mio dio!” urlai, non sapendo più per cosa, se per lo spavento, se per il caffè che mi bruciava la pelle e che mi aveva macchiato la maglietta sul petto o per il fatto che avevo fatto male a Matt.
“Tranquilla, non mi hai fatto male, tu invece..” si trattenne dal ridere “Dai vieni qui”
Prese un pezzo di Scottex e iniziò ad asciugarmi dove mi ero macchiata.
Mi guardai e mi maledissi di non essere stata attenta, poi mi maledissi ancora perché stavo passando il resto della giornata a rimproverarmi mentalmente.
Se non fosse stato per Dylan..“Dylan?”
Guardai oltre il bancone proprio dov’era seduto prima, non c’era.
Mi guardai attorno, era sparito. Conclusi quindi che doveva essere andato via. Ma perché?
Strattonai via il braccio dalla presa di Matt e corsi verso la porta.
“Annie dove vai?” urlò lui alle mie spalle.
Non mi fermai e uscita dal bar guardai a destra e a sinistra più volte fin quando non lo vidi oltre la strada che camminava allontanandosi dal bar.
Corsi oltre la strada cercando di non farmi investire e poi sul marciapiede senza investire le persone che ci camminavano fin quando non lo raggiunsi.
“Dylan!” dissi con il fiatone “Perché te ne sei andato?” respiravo veloce e il mio cuore batteva all’impazzata.
“Niente, ho da fare.” mi dileguò così e tornò a camminare, lo richiamai ma non si girò.
Forse aveva veramente qualcosa da fare e decisi di non disturbarlo una seconda volta.
Tornai quindi al bar dove finii il turno di lavoro spiccicando ogni tanto qualche parola con i clienti, non ero dell’umore adatto.
 
La vibrazione del cellulare sulla mia pancia mi fece sobbalzare. Mi stropicciai gli occhi e mi misi a sedere raccogliendo l’oggetto che era finito sulle mie cosce. Ero stanchissima e quando ero arrivata a casa mi ero buttata sul letto.
 
Da Sophie:
Preparati che sta sera usciamo, so che sei stanca ma vieni comunque a bere qualcosa con la tua bellissima migliore amica. Fra 15 minuti sono li. xx
 
Stavo per digitare qualsiasi cosa che sarebbe passata come scusa, ma sapevo che nulla avrebbe retto con Sophie. Sbuffando mi alzai dal letto e frugai nell’armadio alla ricerca di qualcosa da mettere.
Optai per dei semplici jeans scuri, una canottiera bianca e un cardigan nero di lana con dei piccoli teschi bianchi ricamati sopra.
Uscii di casa sistemandomi la sciarpa e la borsa sulla spalla. Percorsi il piccolo vialetto di ciottoli e raggiunsi Sophie che mi aspettava in macchina.
Appena mi sedetti mi voltai verso di lei sorridendo leggermente, ma quando guardai il suo viso capii che qualcosa non andava.
“Che ho fatto ora che mi guardi in quel modo?” sbuffai.
Oggi mi fissavano tutti, non ne potevo più.
“Più scazzata di così non potevi vestirti” mi ammonì accendendo il motore e mettendosi in carreggiata diretta verso il centro.
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai “Ma se ho messo pure i tacchi!” indicai le mie Jeffrey borchiate voltandomi verso di lei con la bocca aperta.
Continuò a guidare tranquilla, senza rispondere, iniziai quindi a guardare fuori dal finestrino, sembrava giorno per quanto era illuminata la città.
“A che pensi?” mi chiese continuando a guardare la strada.
“Niente” risposi sospirando e abbassando lo sguardo sulle mie mani appoggiate sulle mie gambe.
“Centra Dylan?” ecco, una delle grandi caratteristiche di Sophie che si faceva avanti, era sempre così diretta, non girava mai in torno alle cose; sorrisi leggermente al ricordo di quando eravamo a ballare al Club vicino casa di Dylan, per come aveva chiesto a Alex di scopare lasciando me e Dylan come due babbei ad aspettarli per ben un ora e mezza fuori dal locale perché i due si erano allontanati in macchina; da quel giorno, o perlomeno, da quel periodo stanno assieme.
“No figurati” feci una smorfia cercando di ridere.
“Ironia portami via bellezza!” esclamò svoltando a sinistra e posteggiando velocemente prima che la macchina che proveniva dall’altro lato le fregasse il posto.
Scendemmo dalla macchina e riconobbi subito il posto.
Quando eravamo più piccole venivamo sempre in questo parco di sera, Sophie prima abitava in un attico qui vicino, ma poi i suoi genitori decisero che era troppo piccolo per loro tre e si trasferirono in una villa enorme.
Percorremmo il vialetto di sassolini fino al centro del parco dove in una delle tante panchine c’erano gli altri.
Alex appena ci vide si alzò di scatto e venne verso Sophie, prendendola in braccio e baciandola come solo loro sapevano fare. Decisi di andare avanti senza fare la terza incomoda.
“Annie!” esclamarono all’unisono Hanna e Monique venendomi incontro sorridenti. Mi avvicinai a loro e sorridendo anch’io, le abbracciai.
Quando ci staccammo incontrai gli sguardi divertiti di Fred e Josh.
"Ciao ragazzi!" dissi ridendo e sedendomi affianco a Fred.
Conoscevo Hanna e Monique fin da quando eravamo piccole e assieme a Sophie andavamo alle elementari ed eravamo sempre assieme. Fred e Josh invece sono due gemelli, non si direbbe visto che sono completamente diversi, assieme a loro abbiamo passato i piu bei anni delle superiori; inizialmente non pensavo di volerci fare amicizia, ma Dylan era sempre con loro e da sua grande amica dovetti aggregarmi al gruppo pure io.
"Ehi Dylan! Siamo qui!" urlò Alex ancora abbracciato a Sophie che gli diede una sberla sul sedere per aver smesso di baciarla e aver dato retta all'amico.
Insomma, si parla del diavolo.....
Forse era meglio smetterla di pensare a lui, perché i recenti avvenimenti mi avevano portato a conseguenze che mai avrei pensato di ottenere.
Abbassai lo sguardo e iniziai a fissarmi le scarpe nere che con la polvere chiara dei sassolini si erano sporcate ai lati.
"Ciao ragazzi" salutò e gli altri ricambiarono, mentre io restai in silenzio.
Forse però non era la cosa giusta da fare, così avrebbe pensato che ci stavo male e non era così. Alzai lo sguardo e sorrisi leggermente nella sua direzione dicendo un leggero ciao.
Fred e Josh si alzarono e si affiancarono a lui iniziando a parlare del più e del meno.
Anche Alex si staccò da Sophie per andare dall'amico, la ragazza borbottò qualcosa che alle mie orecchie risuono come uno dei suoi soliti insulti ridicoli.
Hanna e Monique si sedettero di fianco a me guardando divertite i ragazzi che ridevano tra loro e facevano battutine stupide.
Si aggregò a noi anche Sophie che, ormai, aveva perso le speranze di tornare a farsi le coccole con Alex.
"Annie ma...c'è qualcosa che non va?" mi chiese Hanna appoggiando la testa sulla mia spalla destra.
"No no" risposi "Sono solo stanca" era la miglior scusa di sempre per non dare spiegazioni a ogni persona presente sulla terra.
"Non glielo dici?" mi sussurrò all'orecchio Sophie.
"Che?!" la guardai sconcertata.
"Sai di che parlo Annie" disse facendo un cenno con la testa verso i ragazzi, capii ciò che intendeva.
"Di cosa parlottate voi due?" intervenne Monique appoggiando la schiena alla panchina e abbracciandosi le gambe al petto dondolando leggermente.
"Niente d'importante" dissi fulminando con lo sguardo Sophie che scuotendo la testa e guardandomi con rimprovero imitò Monique.
Alzai lo sguardo verso i ragazzi e incontrai gli occhi di Dylan che abbassò subito lo sguardo e salutando i ragazzi si allontanò mettendo le mani nelle tasche dei jeans. "Perché se ne va?" chiese Hanna appoggiando il mento sulla mano appoggiandosi alle ginocchia.
"Non lo so"
Era diverso e guardandolo allontanarsi sempre di più da noi, capii che forse si era pentito di quello che era successo tra noi.
 
La musica che proveniva dal bar si sentiva forte e chiara anche al di fuori. I ragazzi entrarono parlottando tra loro e andando verso il bancone per prendere qualcosa da bere. Noi quattro invece andammo verso un tavolino vuoto nel fondo della stanza.
Facendo lo slalom tra gli altri tavolini arrivammo al nostro accomodandoci raffreddate sui divanetti.
Affondai il viso nella sciarpa come facevo sempre quando avevo freddo e Dylan mi prendeva sempre in giro.
Ecco che tornavo a pensare a lui, non riuscivo a togliermelo dalla testa, ero preoccupata per la nostra amicizia, non volevo finisse per stupide incomprensioni.
Alzai lo sguardo e vidi ciò che non mi sarei mai aspettata di vedere.
"Hai visto quello che ho visto io?" chiese Sophie guardando davanti a noi. Anche le altre si girarono e stranite si voltarono verso di me.
"Sei sicura che non devi dirci nulla Annie?" mi chiese Monique rigirandosi e guardando ciò che insistentemente guardavo io.
"Non ora" risposti e mi alzai senza dire niente e mi diressi verso l'uscita. Inconsciamente passai vicino a Dylan e la ragazza aggrappata a lui che rideva dandosi arie. Abbassando lo sguardo continuai ad andare avanti fino a quando mi sentii richiamare.
"Annie!" mi richiamò e questa volta mi raggiunse fermandomi per un braccio.
"Cosa c'è?" chiesi irritata e strattonando il braccio liberandomi dalla sua presa.
Non rispose e abbassò lo sguardo per poi tornare a fissarmi negli occhi.
"È mia cugina, non la vedo da anni"
"E tua cugina si stringe a te così?" dissi spostando lo sguardo velocemente dietro di lui notando la ragazza seduta di schiena con lunghi boccoli castano chiari che le ricadevano sulle spalle.
"È una persona particolare" sospirò mettendosi le mani in tasca e guardandomi dall'alto con uno sguardo vago.
Abbassai lo sguardo e sospirai, facendo una piccola smorfia rialzai lo sguardo.
"Io vado" dissi, indietreggiando di due passi per poi girarmi e uscire dal bar.
Non ero per niente convinta che mi stesse dicendo la verità.

 

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Capitolo 4
*** Quattro. ***



Quattro.

 

Le lacrime cominciarono a rigare il mio viso appena entrai in casa, avevo camminato per mezz'ora con i tacchi e avevo i piedi distrutti.
Mi accasciai per terra appoggiandomi al muro e tirando su con il naso iniziai a slacciare le scarpe e di tanto in tanto mi pulivo il viso dalle lacrime con il dorso della mano.
Mi alzai in piedi e mi diressi verso camera mia camminando piano per non svegliare Bob.
Prima di entrare in camera la porta del bagno in fondo al corridoio si apri, ed uscì un Bob completamente assonnato.
"Annie.." disse venendo verso di me e strizzando gli occhi per mettere a fuoco nella penombra "Sei tornata" sentenziò affiancandomi.
"A quanto pare" sussurrai abbassando lo sguardo e aprendo la porta della mia camera.
"C'è qualcosa che non va?" mi chiese appoggiandosi allo stipite della porta con la spalla. Entrai sospirando e appoggiando la borsa sulla sedia.
"Non ho nulla che non va" mi guardai in giro in modo da non sentirmi più di tanto osservata e pregando che la lucina dell’ abat-jour che avevo acceso appena entrata, non mi illuminasse tanto il viso in modo da far vedere che avevo pianto.
"Anzi, si..l'unica cosa che non va sono io. Non per farmi compatire, ma è così, mi sento uno schifo e in questo momento vorrei solamente sdraiarmi su questo cazzo di letto.." dissi facendolo "..magari con una bella canna e anche una bottiglia di Jegermeister, ma sarebbe comunque tutto inutile."
Sbuffai portandomi le mani sul viso e sfregando gli occhi che mi bruciavano.
"Annie, riposati e se vuoi domani ne parliamo" non mi ero accorta che si era avvicinato e seduto accanto a me sul bordo del letto, lo guardai e soffocai una piccola risata.
"Non c'è nulla di cui parlare, voglio solo rimanere sola. Ora, se te ne vai, sono quasi le 3 di mattina e vorrei dormire perché domani devo andare in bar." dissi duramente voltandomi verso il muro.
Lo sentii alzarsi e sospirare, non disse niente, uscì dalla camera spegnendo la luce e socchiudendo la porta e mi pentii all'istante per come l'avevo trattato.
Chiusi gli occhi ancora umidi di lacrime e dopo alcuni respiri profondi mi calmai e riuscii ad addormentarmi, con la speranza che il giorno successivo sarebbe stato migliore.
 
Mi stiracchiai sonoramente e sbuffai togliendomi le coperte, aggrovigliate, di dosso. Andai in bagno cercando di non andare a sbattere contro qualcosa, mi sciacquai il viso più volte con l'acqua fredda e poi lo affondai in un asciugamano.
Mi diressi verso la cucina dove trovai Bob, che leggeva il quotidiano locale bevendo, ogni tanto, qualche sorso del suo caffè latte.
Un senso di colpa mi invase e abbassando lo sguardo lo superai sistemandomi vicino ai fornelli dove la moca del caffè fumava ancora.
Recuperai una tazzina e ne versai dentro quello che rimaneva e ci aggiunsi due cucchiaini di zucchero.
Mi girai verso Bob appoggiandomi al piano con la mano libera e la parte bassa della schiena.
Bevvi un piccolo sorso cercando le parole adatte per cominciare un discorso.
Non mi sono mai aperta tanto a lui, nonostante mi abbia cresciuta e si sia sempre preso cura di me, anche nei momenti in cui, la persona essenziale avrebbe dovuto essere mia madre. Ma quello era un tasto dolente, meglio non pensarci.
Spostai piano la sedia accanto alla sua e mi ci sedetti sopra, appoggiando la tazzina sul tavolo e me rigirandola piano tra le dita facendo muovere il caffè all'interno. "Mi dispiace per ieri sera" dissi piano.
Sapevo che stava aspettando un mio intervento, avevo reagito male e non se lo meritava.
"Fa niente - disse - ma se ne vuoi parlare, io sono qui" disse prima di finire in un sorso, il caffè latte che rimaneva nella tazza. Ripiegò il giornale su se stesso appoggiandolo sul tavolo e si alzò recuperando la tazza per lavarla.
"Veramente, ho reagito male, non avrei dovuto. Tu non centri niente."
Si girò verso di me subito dopo aver riposto la tazza al suo posto, lavata e asciugata.
"Annie - iniziò - non sono arrabbiato, mi dispiace per qualsiasi cosa sia successa" disse appoggiandomi una mano sulla spalla sorridendomi leggermente.
Sospirai e ricambiai il sorriso abbassando il capo sulla tazzina ancora stretta tra le mie mani.
Bevvi l’ultimo sorso di caffè e subito dopo aver depositato la tazzina nel lavandino lo raggiunsi in soggiorno. Si era seduto sulla sua amata poltrona posizionandosi gli occhiali quasi sulla punta del naso, per continuare a leggere il giornale.
“Senti, se vuoi sta sera possiamo ordinare giapponese e mangiamo assieme” dissi appoggiando le mani sui fianchi e stringendomi nelle spalle.
Si girò a guardarmi attraverso gli occhiali, mi fissò per un attimo e poi acconsentì, rendendomi, quella mattina, più serena.
 
Il cellulare suonava ininterrottamente da due minuti sulla scrivania, disturbando il mio relax mattutino.
Mi alzai dal letto contro voglia e recuperai l'arnese che continuava a fare casino. Il numero del bar lampeggiava sullo schermo: 3 chiamate perse.
Strano, era appena mezzogiorno e sarei dovuta andare al lavoro appena alle due. Stavo per richiamare io ma chi mi cercava non mi diede un attimo di tregua, richiamando all'istante.
"Pronto?" risposi stranita, solitamente Matt mi avrebbe scritto un messaggio o chiamata con il suo numero, mai con il numero dell'ufficio del proprietario.
"Pronto, parlo con la signorina Annabeth Richards?" la voce maschile gracchiò dall'altra parte del telefono facendomi sussultare.
"S-si, sono io!"
"Oh bene, volevo comunicarle che dovrebbe venire un pò prima sul lavoro oggi" dichiarò duramente.
"Si certo, ma come mai?" chiesi, non capivo cosa voleva questa persona da me, ma appena realizzai fosse il signor Moritz il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. "Dovrei parlarle del suo rendimento di questo periodo, ha fatto molte assenze, lasciando al signor Reed straordinari su straordinari." mi rimproverò.
Stavo andando in panico, e ora, cosa dovevo fare?
"I-io mi dispiace.." beh, alla grande Annie, questa sì che è una risposta!
Alzai gli occhi al cielo maledicendomi mentalmente.
"Se c'è qualcosa che posso..."
"No, mi dispiace. Io esigo rispetto e non ho tempo e soprattutto soldi da perdere con gente che se ne approfitta come lei. Poteva pensarci prima, le consiglio di trovarsi un lavoretto part-time se ha poco tempo o almeno avere la decenza di avvisare prima. Buona giornata signorina Richards." disse lasciandomi senza parole. "Ah si, venga a ritirare le sue cose nel pomeriggio. Arrivederci."
Rimasi con il telefono in mano, a fissare lo schermo che si era ormai oscurato.
Brava Annie, ora non hai più neanche un lavoro.
Proprio ora doveva mettersi a tormentarmi la coscienza?
Mi sedetti sul letto immobile pensando alle parole del signor Moritz. Mi aveva licenziata.
"Oh cazzo!" imprecai portandomi le mani sulla fronte chiudendo gli occhi.
E adesso?
 
"Si può sapere perché non rispondi?" mi urlò al telefono Sophie.
"Avevo da fare..."
"Si certo, deprimersi sul divano con il gelato e un film strappa lacrime non è un buon motivo per non rispondere!"
"Ma come.." cercai di parlare ma dedussi che Sophie era veramente incazzata; beh, come potevo biasimarla?
"Niente ma! Ti conosco! Vengo da te e ne parliamo, okay? A fra poco!" riattaccò senza lasciarmi parlare.
In compenso ero veramente davanti alla tv, stavo guardando uno dei tanti film strappa lacrime di Sparks abbracciata al vaso di un chilo di gelato al cioccolato. Guardai il vaso in questione e feci una smorfia pensando a quanto fosse buono ma al contempo non risolveva nulla oltre che a farmi ingrassare. Mi alzai dal divano e riposi il gelato nel freezer, sistemai i cuscini sul divano e mi misi a cambiare canale. Non c'era niente di decente quindi optai per guardare qualche video su mtv. Presi il cellulare per controllare l'ora ma per mia sfiga non notai i quattro numeretti bianchi in alto, bensì la foto che non avevo ancora cambiato.
Dylan sorrideva cingendo le mie spalle con un braccio e io ridevo appoggiata con la testa alla sua spalla e la mano sulla bocca. Sospirai e rimisi il cellulare sul divano accanto a me.
 
"I cant sleep tonight, wide awake and so confused."
 
La canzone attirò la mia attenzione riportando alla mente il ricordo che la scorsa notte avevo dormito malissimo pensando a Dylan che mi aveva sicuramente mentito. Se fosse stata sul serio sua cugina, perché non me ne aveva mai parlato?
 
"Eveything is in line, but I am bruised"
 
Sembrava che tutto andasse per il meglio quando invece non era così. Ero così confusa, che cos' aveva significato per me la scorsa notte?
 
"I need a voice to echo, I need a light to take me home."
 
Erano così credibili le tue parole, che cos' aveva significato per te la scorsa notte?
 
"I kinda need a hero, is it you?"
 
Lo credevo sul serio, eri l'unica persona oltre a Sophie che mi era stata sempre accanto nei momenti in cui cedevo e non ce la facevo più. Trovavo sempre la tua mano pronta ad rialzarmi e ora, eri tu che mi spingevi via da te.
 
Il campanello mi fece sussultare sul posto, mi alzai e mi diressi verso la porta.
Aprii senza chiedere chi fosse perché sapevo fosse Sophie. Me la ritrovai poco dopo sulla porta, entrò senza dire niente e si sedette sul divano accanto a me dopo essersi tolta le scarpe.
"Lo so che centra Dylan, ma perché? Se ti ha fatto o detto qualcosa giuro che.."
"Sophie, calmati." la bloccai.
Feci un respiro profondo e le raccontai tutto; della notte passata con lui, della sua scenata (se si può definire così) quando è venuto al bar e della sera prima, quando sembrava arrampicarsi sugli specchi e la prima scusa che gli era venuta in mente me l'aveva detta, pensando forse di non farmi del male.
"Quel ragazzo è cotto di te, Annie."
"Sophie! Ma mi hai ascoltata? Mi ha mentito, era con un altra, come può essere cotto di me?" sgranai gli occhi gesticolando mentre parlavo.
"Lo vedo da come ti guarda" disse con una scrollata di spalle.
"Okay, non ci siamo."
Mi alzai e andai in camera a passo spedito, mentre cercavo dei vestiti da mettere, Sophie mi aveva raggiunto e si era seduta sul letto.
"Non voglio che tu fraintenda quello che ti ho detto, ho capito come ti senti e.. lo so che non c'è alcuna spiegazione per quello che ha fatto, magari se vi parlate.."
"Si, bell'idea Sophie! E cosa gli dico? Non so neanche cos'è stato per me la scorsa notte, non posso piombare li e avere pretese su di lui quando in tutti questi anni non abbiamo mai parlato di una cosa del genere!"
Indossai una maglietta e un paio di jeans scuri e mi chiusi in bagno il tempo necessario per darmi una sistemata al viso e ai capelli. Tornai in camera e ritrovai Sophie dove l'avevo lasciata.
"Andiamo?"
Mi guardò alzando un sopracciglio, con tutto il discorso che avevamo fatto mi ero dimenticata della cosa più importante.
"Mi hanno licenziata." sbuffai "E non guardarmi così, non mi piaceva quel posto, aveva degli orari assurdi e ci andavo solo per Matt"
Mi guardò divertita dalle mie parole e quando feci caso a quello che avevo detto arrossii.
"Lo sai che ora è totalmente gay! Eravamo piccoli e stupidi, va bene?"
"Io non ti ho detto nulla, hai fatto tutto tu!" scoppiò a ridere e mi segui in soggiorno.
"Sono contenta che tu sia venuta, non so cos' avrei fatto quando la bilancia avrebbe segnato due chili in più"
 
Il parco era pieno di gente, bambini che correvano e giocavano sugli scivoli, coppiette che passeggiavano mano nella mano e gente che faceva jogging. Da quando eravamo uscite di casa, stavamo parlando del più e del meno. Era una bella giornata di sole quindi decidemmo di fare il giro lungo ed attraversare il parco.
"Lo sapevo che prima o poi tu e Bob avreste trovato un modo per andare d'accordo"
"Sì beh, non è poi così male." le sorrisi indicandole una bancarella con le caramelle.
"Eddai, lo so che le vuoi anche tu!" le presi la mano e la trascinai con me facendola ridere.
Comprammo un paio di caramelle e iniziammo a mangiarle strada facendo.
"Mi sembra un dejavu!" esclamò lei mettendosi in bocca l'ultimo pezzetto di una strisciolina frizzante.
"Certe cose non cambiano mai no?" le sorrisi rubandole il sacchetto.
"Forse" sussurrò bloccandosi di colpo.
"Forse cosa?"
"Niente!" esclamò prendendomi per un braccio e trascinandomi con lei verso la strada sulla nostra destra.
"Sophie?"
Non mi rispose quindi strattonai il braccio per staccarmi da lei, mi sistemai la borsetta sulla spalla e la guardai interrogativa. Abbassando lo sguardo indicò con il dito dietro di me, ma prima di potermi girare mi bloccò.
"Promettimi di non fare cose affrettate e di non metterti a piangere" sospirò guardandomi negli occhi.
Mi girai e capii di cosa, o meglio, chi stava parlando.
Mi affiancò senza dire una parola.
Ormai sembrava fosse diventata un abitudine vedere Dylan per caso.
Era con la bionda della sera prima e come ben sapevo non era affatto sua cugina. Iniziai a camminare nella sua direzione seguita da Sophie che mi sussurrava di non fare cazzate.
"Ciao Dylan!" dissi facendo ciao con la mano e avvicinandomi ancora di più a loro.
Lo guardai e gli sorrisi tranquilla, quando invece gli avrei voluto spaccare in testa qualcosa.
Spostai lo sguardo su di lei che mi guardò stranita e subito dopo guardò Dylan aspettando qualcosa da parte sua.
"Che bello vederti!" gli baciai la guancia continuando a sorridere.
"Ieri sera non mi sentivo tanto bene e sono andata via, allora.." spostai lo sguardo su di lei che mi guardava senza capire "Mi presenti tua cugina?"
La bionda fece una strana smorfia tra lo sconvolto e l'incazzato.
"Che cosa stai cercando di fare, Annabeth?" il modo in cui disse il mio nome per intero mi fece aggrovigliare lo stomanco.
"Non lo so, dimmelo tu!" non sorridevo più, lo guardavo senza far trasparire ciò che stavo provando dentro di me e anche lui mi guardava, sicuramente in attesa di qualche gesto avventato da parte mia, ma che non sarebbe mai arrivato.


Buonasera a tutti :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, la storia sta prendendo forma e finalmente è come voglio io.
Enniente, alla prossima!
Un bacio,
Em.

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Capitolo 5
*** Cinque. ***



Cinque.

 

Dylan continuava a fissarmi negli occhi aspettando una risposta, il sorriso finto che mi ero stampata sulla faccia avvicinandomi a loro era scomparso, lasciando spazio ad una linea rigida e seria.
La bionda aggrappata al suo braccio mi guardava stranita. La guardai di traverso spostare lo sguardo su Sophie che ancora accanto a me, guardava in cagnesco Dylan.
"Dylan.." lo richiamò la bionda a bassa voce alzando un sopracciglio.
"Tesoro.." mi venne la pelle d'oca e gli occhi iniziarono a bruciarmi per l' irritazione.
"Perché ha detto che sono tua cugina?" alla sua domanda spostai gli occhi su di lui inarcando leggermente le labbra in una specie di sorriso.
"Appunto, perché mi hai detto che è tua cugina?" la ragazza era sempre più stranita e io sempre più incazzata.
Continuai a guardarlo negli occhi notando tutta la sua rabbia e sospirai scuotendo leggermente il capo, abbassandolo.
"Sei gelosa Annabeth?"
Lo guardai sbalordita, non poteva aver detto veramente una cosa simile.
"Stai scherzando spero!" dissi alludendo a quello che c'era stato tra di noi, rimanendo con la bocca leggermente aperta e gli occhi spalancati che bruciavano per la rabbia.
"E meglio che te ne vai"
"Non serve che tu me lo dica."
Mi girai stizzita e incominciai a camminare stringendo a pugno la mano aggrappata sul manico della borsetta e l'altra nella tasca della giacca.
Sophie mi affiancò e senza dire nulla mi seguì fino in bar dove raccattai tutte le mie cose dall'armadietto, salutai Matt abbracciandolo e promettendogli di venire a trovarlo presto.
 
"Ragazze, la cena arriva fra poco!" urlò Bob dalla cucina.
"Arriviamo!" rispondemmo noi all'unisono.
Ci alzammo dal letto dove eravamo bellamente spaparanzate a guardare dei video sul mio laptop e andammo in cucina dove Bob, tutto contento, stava preparando la tavola.
Io e Sophie non avevamo più parlato di quello che era successo nel pomeriggio, se c'era qualcosa che però avrei voluto dirle era che volevo mandare tutto a fanculo.
Avevo perso il lavoro, Dylan e ora cosa mi restava? Sophie era l'unica persona che volevo tenermi stretta, non ce l'avrei fatta senza di lei.
 
Suonarono al campanello due volte di seguito e Bob posando l’ultima forchetta sulla tavola si precipitò ad aprire.
“Secondo piano” rispose al citofono e aprì la porta, recuperando il portafoglio dal retro dei pantaloni.
Pagò il ragazzo che gli porse la borsa con la cena e ritornò in cucina sistemando tutto sulla tavola.
“Mmh che profumino!”
Sophie raggiante si sedette accanto a me, portando le mani sul viso; seguiva ogni movimento di Bob ed io, trattenendo una risata, la guardavo incrociando le gambe sulla sedia; non l’avevo mai vista così affamata.
“Allora, qui ci sono i Nigiri” Bob passò il contenitore di carta a Sophie che intanto spezzava le bacchette sempre più felice.
“Il mio pollo alla griglia e qui i tuoi Maki”
Spezzai le bacchette e iniziai a mangiare in tranquillità guardando Bob che per la millesima volta non si arrendeva nel provare a mangiare con le bacchette.
“Abbiamo ancora un po’ di salsa di soia in frigo?” chiesi alzandomi e andando verso il frigo.
Bob annuì con la bocca piena, aprì il frigo e presi il flaconcino con la salsa scura e tornai al mio posto.
“Mamma mia, ma non sono buonissimi? Credo che potrei morire per un affarino del genere” sentenziò Sophie mettendosi in bocca il terzo Nigiri in pochi minuti.
La guardai sconvolta “Ma stai bene?”
“Mai stata meglio” rispose con la bocca piena.
Spostai il braccio facendo una faccia schifata e lei scoppiò a ridere dopo aver mandato giù il boccone.
“Ma si è fumata qualcosa?” intervenne Bob bevendo un sorso di birra giapponese.
“Sinceramente spero” ridacchiai guardandola mentre iniziò a tenermi il broncio e continuando a mangiare la sua cena.
 
Poco più tardi eravamo sistemati tutti e tre in soggiorno, Bob sulla sua poltrona e io e Sophie raggomitolate sul divano.
“Sophie non è il film di tua mamma questo?” le chiesi selezionando il film “One way to love” dal menù di Sky.
"Sì sì, è uno dei più vecchi, è quello in cui si è innamorata di mio padre" sorrise a quelle parole accocolandosi di più sul divano.
La mia famiglia e quella di Sophie sono sempre state differenti, i suoi genitori erano spesso lontani da casa ma quando erano con lei si comportavano da vera famiglia. Io ho sempre e solo avuto -per così dire- mia mamma; fino a quando non fu sbattuta dentro per rapina due anni fa. Le ho sempre voluto bene, a modo mio però. Non sembravamo madre e figlia, io non riuscivo a confessarmi con lei, a dirle i miei problemi e lei soffriva ancora, dopo 20 anni, l'abbandono di mio padre cercando di placarlo bevendo e prendendo medicinali strani. Bob è stato una mano dal cielo -se così si può definire- è un amico d'infanzia di mia madre, è sempre stato vicino a lei e si è preso più volte lui cura di me che lei.
Bob si schiarì innervosito la voce e si sistemò meglio sulla poltrona, capii subito che c'era qualcosa che non andava e gli chiesi subito se andava tutto bene.
"Si si, a meraviglia"
"Bob non dirmi balle, cosa c'è che non va?"
"Okay, te lo devo dire" parlò tra se e se e fece un respiro profondo.
"Domani sono 26 mesi esatti da.."
"No" sussurrai "non può essere" mi misi a sedere e guardai sconcertata Bob.
"Lo so Annie, è un sacco di tempo che non la vedi e sarà difficile, ti chiedo solo di non cadere, di farti forza e non entrare più in quel giro"
"Non sono una pazza psicopatica come lei Bob, se mi fumo ogni tanto erba non vuol dire che sono una drogata!" alterata mi alzai dal divano.
"No no, Annie non hai capito. Non ho detto questo."
Ammiravo molto Bob, aveva sempre una grande pazienza con tutti, e soprattutto con quella testa calda della sottoscritta.
"So che sei arrabbiata con lei.."
"Arrabbiata? Sono furiosa! Mi ha abbandonato a me stessa e non solo da due anni. Da quando mio padre l'ha piantata sul ciglio della strada! Per quanto io possa ricordare c'eri sempre e solo tu, non lei!" mi bruciavano gli occhi e le mani mi tremavano.
Domani l'avrei rivista e cos'avrei dovuto dirle dopo due anni? "Ciao"? Sarebbe bastato? No, e lo sapevo benissimo.
Sophie mi affiancò mettendomi una mano sulla schiena e tirandomi verso il suo petto per abbracciarmi, soffocai un singhiozzo.
Ero a pezzi.
Bob la imitò e si sedette affianco a me accarezzandomi i capelli.
"So di non essere il tuo vero padre, ma tu per me sei come una figlia Annie, non ti lascerò rovinarti la vita per l'egoismo di altre persone."
Parole più adatte non c'erano e anche se non sapeva tutto ciò che mi aveva piano piano spezzato negli ultimi giorni, lo vedeva, lo sentiva, proprio come doveva fare un genitore.
"Annie," Sophie richiamò la mia attenzione "se ti può fare star meglio puoi venire da me un paio di giorni, lo sai che c'è posto e casa mia è come se fosse la tua."
"Non ho bisogno di compassione, Sophie" singhiozzai tornando di nuovo tra le sue braccia.
La sentii sospirare e continuò ad accarezzarmi la schiena finché non mi calmai.
 
Il suo telefono squillò risvegliandomi leggermente dai pensieri che mi annebbiavano la mente.
"Fra 10 minuti Alex passa a prendermi, non ti dispiace che me ne vado vero?" mi chiese con una voce dolce e dandomi un buffetto sulla guancia facendomi sorridere.
"Tranquilla, vai pure"
"Non me ne vado finché non mi fai un sorriso" incrociò le braccia al petto fissandomi, la guardai e mi veniva da ridere, ma cercai di trattenermi, abbassai lo sguardo e sospirai.
"E no, non ricominciare!" mi alzò il viso delicatamente.
"Eddai, fai un sorriso alla più bella migliore amica di tutti i tempi" scoppiai a ridere vedendo la sua faccia da cucciolo mentre mi pregava di renderla felice.
"Brava cocorita!"
"Cocorita?" alzai un sopracciglio guardandola divertita.
"Dai, sempre che ti lamenti, stai zitta e abbracciami!"
"Ecco, mi sembrava troppo strano che fossi dolce" ridemmo entrambe e ci abbracciammo di nuovo.
"Annie puoi accompagnare Sophie giù e porti le immondizie mentre io vado a farmi una doccia?" mi chiese Bob con aria stanchissima.
Acconsentii e prendendo il sacco bianco dall'angolo della cucina accompagnai Sophie da Alex.
"Amore mio!" si salutarono baciandosi come se non si vedessero da mesi ed io non potei che sorridere anche se quella sensazione mi lasciò un leggero amaro in bocca.
"Ehi Annie, perché sei scesa?" mi chiese Alex, salutandomi con un bacio sulla guancia.
"Ah niente di che, dovevo portare queste giù" dissi alzando il fatidico sacco.
"E non potevi darlo a lei?" mi chiese con una punta di nervosismo nella voce.
Gettai il sacco nel bidone e tornai accanto a loro.
"Perché scusa? È roba mia, non faccio portare agli ospiti la spazzatura!" mi venne da ridere per quanto fossi sconvolta dalle sue constatazioni.
"Vabbè, torna su, ci si vede!" mi salutò trascinando Sophie alla macchina nera parcheggiata dall'altra parte della strada.
"Alex che ti prende?!" urlò la rossa liberandosi bruscamente dalla sua presa.
"Non trattarla.."
"Soph lascia perdere, non fa niente."
Mi girai per tornare nell'atrio del condominio ma il rumore di una porta sbattuta alle mie spalle attirò la mia attenzione.
Non potevano averla già raggiunta se erano a due passi da me.
"Ecco perché" ringhiò tra i denti il riccio lasciando il polso di Sophie.
Dylan si avvicinò a noi instabile, dedussi che aveva bevuto, sicuramente non poco.
"Allora, la principessa è scesa?" cantilenò quest'ultimo rivolto a Sophie.
Il mio cuore iniziò a battere sempre più forte, mi immobilizzai sul posto fissando la scena scioccata.
"Fa che non si accorga di me, fa che non si accorga di me, fai che.."
"Ciao Annie" ridacchiò e mi si parò davanti.
Indietreggiai schifata dall'odore di alcool che proveniva dal suo alito.
"L'amichetto dove l'hai lasciato questa sera?" mi prese in giro.
Inizialmente non capii a cosa si stava riferendo, ma poi collegai tutto.
Matt.
"Ma sei stronzo?" gli chiesi con voce esasperata. “Tu credi veramente che..oh mio dio! Senti, prima di farmi innervosire ancora di più, sparisci da qui e mi raccomando.." mi avvicinai al suo viso "salutami la tua cara cuginetta!" e lui iniziò a ridere barcollando all'indietro.
"Dylan è ora di andare" lo richiamò Alex con voce dura, staccandosi dalla presa di Sophie.
"Ma la senti?" rise ancora "mi scarica tutte le colpe! Ma guarda te!"
Si avvicinò al mio viso imitando lo sguardo che avevo tenuto io quando mi ero avvicinata a lui.
"Tu sei la santa vero Annabeth? Quella che non sbaglia mai. Quella che fa tutte le cose giuste. Quella che non si rende conto che magari qualcuno ci può anche rimanere male!" alzò la voce alla fine della frase facedomi corrugare la fronte per il fastidio.
Lo guardai accigliata e presa dalla rabbia gli tirai una sberla.
"Che cosa vuoi da me Dylan?!" alzai la voce "Perchè non sono cretina! Prima mi scopi, poi ti fai un altra e hai pure il coraggio di venirmi a dire qualcosa?" ripresi fiato aspettando che mi urlasse ancora contro.
 "Ho bisogno di te, Annie."
L'odore dell'alcool mi stava dando la nausea, lo allontanai da me sbuffando.
"Vai a casa Dylan."
E non se lo fece ripetere due volte, girò i tacchi e barcollando tornò alla macchina, seguito da Alex che era piuttosto incazzato.
Sophie mi guardò senza sapere cosa dire e si avvicinò a me, mi accarezzò il viso e promise che l'indomani ci avrebbe parlato lei.
"Non voglio che vi mettiate in mezzo tu ed Alex, è un problema nostro."
"Non chiuderti in te stessa Annabeth."
La guardai raggiungere la macchina e salire nei posti dietro.
 
Tornai in casa chiudendomi la porta alle spalle e appoggiando la testa al legno freddo con ancora la mano sulla maniglia. Feci un respiro profondo e mi allontanai da li, dirigendomi in camera.
Aprii il secondo cassetto del comodino e tirai fuori una scatola di metallo, l'appoggiai sulla scrivania e la aprii.
L'occorrente c'era e mi misi a rollare una canna, quando finii me la misi in bocca sistemando tutto il resto al suo posto.
Sedendomi sulla sedia di fronte alla scrivania recuperai l'accendino, ma non l'accesi subito. La tolsi dalla bocca e la esaminai percorrendo con due dita da estremità a estremità.
"Ti chiedo solo di non cadere" aveva detto Bob, e io glielo dovevo.
La gettai sulla scrivania e mi alzai dalla sedia sbuffando, indossai il pigiama e raccogliendo i capelli in una treccia mi misi a letto e iniziai a fissare il soffitto.
"Chissà se contare le pecore mi farà addormentare" pensai e iniziai "1..2..3..".
Niente da dire, aiutò a non farmi pensare a tutto quello che mi era capitato ma prima di addormentarmi arrivai oltre le 200 pecore.
 
L'indomani mi svegliai con il suono insistente del campanello e con Bob che dal bagno mi urlava di alzarmi ed andare ad aprire.
Scocciata mi alzai dal letto e strascicando i piedi a terra raggiunsi la porta pronta ad imprecare a chiunque stesse facendo tutto quel casino.
Aprii la porta e mi affacciai sulle scale per vedere chi saliva. Sentii una voce fin troppo familiare che indicava il piano, rientrai ed aspettai sul ciglio della porta per essere sicura di aver sentito bene. Un carabiniere mi si presentò davanti dopo pochi minuti e io rimasi impietrita ripensando alla canna rimasta sulla mia scrivania. Pensai a tutte le cose peggiori per cui l'uomo davanti a me si trovava li, ma fino a quando lei non apparse al suo fianco con un altro poliziotto alle sue spalle mi ricordai la cosa più importante.
Era tornata.
Indietreggiai nell'appartamento e senza dire nulla chiusi di scatto la porta in faccia ai tre e mi precipitai in camera.
Correndo quasi mi schiantai contro Bob che era appena uscito dal bagno e preoccupato mi guardava.
Recuperai il borsone da sotto il letto e lo gettai di sopra, mi girai e frugando nell'armadio recuperai più cose possibili e le feci stare tutte dentro al borsone.
Mi cambiai con le prime cose che mi passarono di mano e uscii di fretta dalla stanza.
Trafelata giunsi in soggiorno dove Bob teneva la mano a mia madre che cercava di sorridergli anche se il suo sguardo emanava solo tristezza. Gli passai davanti e con mia grande sorpresa colsi solamente i loro sguardi, ma nessun commento. Bob sembrava triste, ma comprensivo mia mamma..beh, era meglio se non la guardavo troppo in faccia, avrei rischiato un attacco isterico.
Uscii di casa e recuperai la bici legata accanto al portone, percorsi il vialetto e iniziai a pedalare senza meta.
 
Ritrovandomi davanti a casa di Sophie, suonai il campanello.
Mi venne ad aprire Lauren, sua mamma, e mi fece entrare abbracciandomi felice.
"Come stai Annabeth? Fatti guardare, sei sempre più bella!" si fermò a guardarmi dopo avermi abbracciato, con un leggero sorriso sul volto. "C'è qualcosa che non va?"
"Annie!" Sophie comparve dalla cucina con un grembiule azzurrino legato in vita.
Feci un respiro profondo guardandola e lei capii.
"Oddio" sussurrò.
"Qualcuno mi vuole spiegare cos'è successo?" chiese Lauren spostando lo sguardo da me a sua figlia.
"Mia mamma è tornata a casa" le risposi con voce ferma; non ci credevo ancora fino a quando non lo dissi.
Sophie mi raggiunse e prendendomi per il polso mi accompagnò in soggiorno dove ci sedemmo sul divano. Lauren senza dire nulla, prese il mio borsone e sparì al piano di sopra.
"Come stai?"
"Non credo di volerne parlare, appena l'ho vista ho provato un senso di rabbia dentro di me e le ho sbattuto la porta in faccia, poi sono venuta qui..sto bene, almeno credo" mi passai la mano sulla fronte sospirando.
"C'è qualcosa che dovrei dirti, ma forse è meglio parlarne più tardi"
"Tanto non potrebbe andare peggio Sophie, dimmi"
“Quando siamo saliti in macchina, Alex ha iniziato ad insultare Dylan perché era sceso dalla macchina dopo che l’aveva avvisato di non farlo, lui continuava a dire che se non l'avesse fatto tu ti saresti arrabbiata perché sei la sua migliore amica e poi, preso da un attacco di nervosismo si è messo a piangere come un bambino ripetendo che ha bisogno di te e che aveva rovinato tutto.”
"Ci sto capendo sempre meno" sospirai.
"Annie, te l'ho già detto, gli piaci"
"Sono la sua migliore amica, l'ha detto anche lui"
"Avete fatto sesso, non puoi essere solo la sua migliore amica" constatò incrociando le braccia al petto e sbuffando.
"Avevamo bevuto e fumato Sophie" spazientita mi alzai dal divano.
"Non centra, ma.."
"Nessun ma, quello che è stato è stato, ne parlerò con lui perché ora non capisco proprio cosa vuole da me."
Sospirando Sophie si alzò dal divano e circondandomi le spalle con un braccio mi abbracciò.
"Vieni a finire la torta con me?" mi chiese cambiando discorso, annuii e la seguii in cucina.
 
Mi infilai il grembiule di Lauren che, dopo essere tornata in cucina e avermi detto che aveva lasciato le mie cose in camera di Sophie, ci lasciò da sole.
“Imburro la teglia?”
"Si si, il burro è ancora in frigo e prendi anche lo yogurt"
Presi il tutto e imburrai la teglia per poi iniziare a preparare una crema con lo yogurt mentre lei sistemava il pan di spagna nella teglia.
"Oddio, assaggia che buona!" esultai felice, porgendole il cucchiaino pieno di crema.
"È perfetta!" disse prendendosene ancora un pò.
"Ehi, non mangiarla tutta, ci serve!" risi togliendole dalla portata la ciotola e avvicinandomi alla teglia.
Versai tutto contenuto aiutandomi con un cucchiaio che poi diedi, assieme alla ciotola, a Sophie che tutta contenta ripulì mangiandosi ciò che era rimasto nei bordi.
"Se non fossi arrivata io non l'avresti neanche finita di fare che avevi già mangiato tutto!" constatai ridendo e lei mi fece la linguaccia.
Presi le fragole che poco prima aveva tagliato a metà e le misi sopra ricoprendo tutta la superficie.
"È bellissima" commentò Sophie con la bocca tutta sporca di crema, risi e la sistemai in frigo.
"E ora puliamo tutto sto casino che hai fatto!"
"Ehi! Io non ho fatto nessun casino!"
Mi girai a guardarla male indicando con un dito il bancone sporco di granella e fragole.
Nello stesso momento suonò il campanello e Sophie sussultò sulla sedia su cui si era sistemata a mangiare.
"Uh, questo dev'essere Alex!" saltò in piedi e si avviò all'entrata mentre iniziai a lavare la ciotola e le posate.
"Amo...Dylan?!" la sentii esclamare con il solito tono con cui solitamente salutava Alex che però si trasformò in un gridolino appena cambiò nome.
Mi cadde di mano la ciotola, che finì nel lavandino.
"Oh cazzo"


Buonasera gente!
E insomma, tralasciando il fatto che ci ho messo come sempre troppo tempo per pubblicare, voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto i primi 4 capitoli!
Enniente, dovrei smettere di finire i capitoli in questo modo vero? ahaha 
Spero vi sia piaciuto, alla prossima!
Em.

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