Storia di un debole di letyourcolors_burst (/viewuser.php?uid=370403)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Gli sviluppi di una storia straordinaria ***
Capitolo 3: *** La storia è come una foto degli anni '80. Si sviluppa. ***
Capitolo 4: *** Avvenimenti imprevisti ***
Capitolo 5: *** La Scomparsa ***
Capitolo 6: *** La scoperta di un nuovo Mondo | L'inizio (parte 1) ***
Capitolo 7: *** L'inizio (Parte 2) ***
Capitolo 8: *** L'inizio | Parte 3 (Un nuovo alleato) ***
Capitolo 9: *** La Fine | Parte 1 ***
Capitolo 1 *** Come tutto ebbe inizio ***
Austin alzò lo sguardo e scostò il ciuffo di capelli davanti agli occhi. << Sai, non so perché lo faccio. Combattere contro degli energumeni, intendo. Non è mai stato il mio sogno, neanche quando ero un ragazzino innocente ed ingenuo, uno che non conosceva il mondo. Ora sono romantico e sensibile, dolce e tormentato, sfigato e maltrattato, incompreso e deriso da gente che non mi conosce e che crede d’aver capito tutto della vita, gente che non merita nemmeno d’esser guardata in faccia. Gente che pensa che io sia incosciente, spericolato ed imprudente; pensano che io voglia farmi uccidere da dei tipi molto più grossi e forti di me, magari solo per noia. Non sanno niente di me e della mia vita di merda, di quanto io abbia sofferto o di quanto soffrirò ancora, o del fatto che il mio migliore amico pensi che io sia logorroico e mi abbia abbandonato, proprio mentre cercavo di farla finita con una pistola, puntata contro il mio cuore e pronta a perforarlo. Ero arrivato sul punto di esplodere. Lo so, so che sembra una frase fatta, ma non lo è. Le parole non bastano a descrivere quanto io mi senta solo. Solo lei è riuscita a salvarmi. Lei che ora rappresenta il mio sogno, il mio unico punto di riferimento e l’unica spalla su cui potrò piangere quando le persone intorno a me mi abbandoneranno ancora. E so che lo faranno. Ha cercato di farmi ragionare, mi ha fatto capire che la vita non va sprecata, che la mia vacanza sulla terra non deve finire a causa di una pistola. Entrambi, ora, lo pensiamo. Insieme mostriamo le nostre vere facce, le stesse con cui affrontiamo il mondo, con cui assistiamo impotenti alla cattiveria, alla fame, alle guerre che non avranno mai fine, e che l’unica fine che metteranno sarà alla vita delle migliaia di persone che lottano per la pace nel loro mondo, che ora vedono distruggersi poco a poco. Poi, penso che per mantenermi devo lottare, e farmi massacrare ogni giorno, rischiando di non poterla rivedere. E solo per poche centinaia di euro al mese, guadagnate clandestinamente, e totalmente contro la mia volontà. Devo essere pronto a prendere a pugni un uomo losco che, probabilmente, mi farà uscire stasera, dopo l’incontro, con il naso sanguinante e la gamba fratturata. Ma questa sarà solo la migliore delle ipotesi. Sai, vorrei davvero che tutto questo finisse. >> Il cane davanti ad Austin si mise una zampa sul muso e inclinò la testa. Corse via. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo, lo vide fermarsi davanti ad un pezzo di pane caduto a terra ed annusarlo. << Incredibile – disse – trova più interessante un pezzo di pane che i miei discorsi… Cani… >> si appoggiò ad un muro e si infilò il cappuccio, buttò una mezza sigaretta fumante a terra, la spense con la suola della scarpa sinistra. Il suo incontro sarebbe iniziato, di lì a poco. Sarebbe stato distrutto, di lì a poco. |
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Capitolo 2 *** Gli sviluppi di una storia straordinaria ***
Austin cercò di fuggire. Entrato nel capannone clandestino in cui si sarebbe tenuto l’incontro, si guardò intorno, cercando di individuare un suo potenziale avversario. Il più delle volte egli si mostrava come un classico “Hulk Hogan” , alto come una giraffa, forte come un toro, agile come una gazzella. Un animale, insomma. Lo scorse trangugiare un boccale di birra con voracità, prevedibilmente tirare fuori un rutto di dimensioni medie e pulirsi la bocca con l’avambraccio peloso. Istintivamente, Austin uscì dal capannone senza dare troppo nell’occhio. Respirò l’aria gelida di quella sera di gennaio. Accese una seconda sigaretta e compì alcuni passi verso la fine del vicolo da cui si accedeva, attraverso un’entrata secondaria, al tendone in disuso. Vide una figura avvicinarsi.
<< Austin, che ci fai qui? Insomma, sono le undici… E tu sei in una zona di Londra più che sperduta, direi. >>
<< Lo sei anche tu, nel caso non l’avessi notato. Ti sto guardando, quindi vuol dire che siamo vicini. Sei qui anche tu,direi. Cosa vuoi? >> fece per andarsene.
<< So di starti antipatico, ma potresti anche fingere. Ferire gli altri è semplice solo per se stessi. >>
<< Non cominciare, per favore. Cosa vuoi? >>
<< Niente, passavo di qui. In effetti, volevo vederti prendere a pugni qualche bestione. >> il ragazzo sogghignò; cercò di fingersi amico e diede un paio di pugni sul braccio dell’altro. Austin ricambiò. Lo colpì sul naso. L’altro corse via, sdegnato, insultandolo pesantemente. Austin non se ne curò affatto; percorse un paio di metri, sempre verso la fine del vicolo. Senti la porta aprirsi alle sue spalle e si voltò temendo il peggio. Non ebbe il tempo di nascondersi che il buttafuori lo notò. Gli gridò contro. << Mason! Torna qui, maledetto! L’incontro ti aspetta, fesso! Non vorrai mica dartela a gambe come i pisciasotto… >> lo raggiunse a fatica e lo afferrò per il collo. Lo sollevò di peso, lo riportò dentro e lo buttò come un rifiuto a terra. Durante le manifestazioni clandestine nessuno ti guarda in faccia, ti disprezza e ti tratta come fossi una malattia, a meno che tu non sia in alto; a quel punto sei un semidio. Intoccabile. Una voce esterna, forse dell’arbitro, lo invitò a salire sul ring e a battersi da vero uomo, affrontando la vita e accettandola per l’ingiustizia che l’avvolge. Il ragazzo venne barbaramente sconfitto; riportò ferite ovunque, due fratture ed un occhio nero. Durante l’incontro cercò di fare del suo meglio, combatté con tutte le sue forze contro un lottatore esperto e spietato. Fu buttato a terra molte volte, sollevato di peso e lanciato fuori dal ring. Ripulitosi ed uscito all’aria aperta, ormai colorata dall’alba, ne prese una seconda boccata. Corse per centinaia di metri, allo scopo di liberarsi dalla rabbia che lo aveva dominato sin dall’inizio dell’incontro e che non era riuscito, però, a trasformare in pugni. Con il rivolo di sangue colante dal labbro, la chiamò. Arrivò dopo dieci minuti, all’incirca, ed abbracciò con forza il ragazzo, felice di vederlo, ferito ma vivo.
<< Austin… Il peggio è passato. Solo gli eroi affrontano ciò che la vita gli offre a testa alta. E tu sei uno di quelli. Pensa solo che il sole sta sorgendo, e che è bellissimo poterlo ammirare mentre rinasce. So che, di situazioni come questa, ne affronterai ancora tante prima di poter dire di aver chiuso con questa vita, ma non dipende solo da te. >> la ragazza girò lo sguardo verso l’alba.
<< Perché sei ancora qui? Nonostante tutto? >>
<< Cosa vuoi dire? Austin, per me sei importante. Non ti lascerei mai solo in momenti come questi. >>
<< Vedi, mi sento come un rifiuto. A nessuno frega niente di ciò che provo. Non è mai fregato a nessuno. Non fregherà mai niente a nessuno. Che tu sia felice o che tu sia triste. Essere felici significa trascinarsi dietro l’invidia ed i peggiori auguri di tutti; essere tristi significa collezionare le risate ed i sospiri di sollievo come fossero macigni sotto il materasso. >>.
la ragazza lo strinse a sé una seconda volta, più forte. Gli poggiò il polpastrello del pollice sul mento e lo ripulì dal sangue che, nonostante le cure, continuò a colare. Si alzarono in piedi e passeggiarono sino alla spiaggia, che si trovava ad alcune centinaia di metri dalla punta delle loro scarpe. Austin non sapeva che il suo amore sarebbe stato ricambiato, se solo avesse avuto il coraggio di esternare i suoi sentimenti. |
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Capitolo 3 *** La storia è come una foto degli anni '80. Si sviluppa. ***
Storia di un debole (che imparò a non fidarsi)
Capitolo 3. La storia è come una foto degli anni '80. Si
sviluppa.
*Vi ringrazio in anticipo per tutte le visite e/o eventuali commenti,
sia negativi che positivi. Lasciatene, grazie.*
Appena tornato a casa, Austin si sdraiò sul letto. La madre
ed
il padre adottivo lo guardavano, straniti. Era entrato, socchiudendo la porta e
camminando con fare insolito. Non notarono, però, i numerosi
lividi che il ragazzo aveva sparsi per tutto il corpo. E fu una
fortuna, poichè i genitori erano all'oscuro delle lotte
clandestine. Avrebbe approfittato delle poche ore rimaste prima
dell'ennesimo incontro per riposarsi e ripensare al pomeriggio passato
con Avalon. Alle undici uscì di casa. Senza farsi notare o
fare
il minimo rumore, si trovò immerso nella notte e pronto per
farsi massacrare. Arrivò al solito capannone. Avalon
conosceva
dal giorno precedente la storia di Austin. Inutile dire che ne fu
sorpresa e, allo stesso tempo, furiosa con lui, per averle mentito su
una questione così pericolosa ed importante.
<< Perchè non mi hai mai parlato di questi
incontri, Austin? Sai che è pericoloso, sai di rischiare la
vita ogni volta che affronti qualcuno con un peso doppio rispetto al
tuo? Io non ti capisco. Perchè mai dovresti finire in un
giro clandestino ed illegale? Per divertimento o cos'altro?
>>
<< Avalon... Non lo faccio per divertimento, se
è questo che credi. Lo faccio per riuscire a tirare avanti.
Non ho trovato niente di meglio. In tempi come questi, farsi massacrare
sembra l'unica alternativa per arrivare ad avere qualcosa di
più degli spiccioli in tasca. E, sì. So di
rischiare la vita, combattendo. Ma, come ho già detto, non
ho avuto, nè avrò, altra scelta. >>
<< Mi prendi in giro? Te ed io sappiamo benissimo che una
seconda scelta c'è sempre. Sempre, Austin. E se non
riusciamo a trovarla, è perchè ci accontentiamo
di quella che abbiamo, giusta o sbagliata che sia. L'unica scelta
è la scusa di quelli che non vogliono staccarsi dalla massa.
La ricerca della seconda scelta riguarda pochi, a questo mondo. Include
solo quelli che vogliono davvero cambiare le cose in meglio, a
qualsiasi costo. >>
Austin entrò nel capannone, senza rispondere ad Avalon. Le
sembrò offeso dalle sue parole, ma si consolò
credendo che quelle fossero vere, dall'inizio alla fine. Ancora
infuriata, lo seguì; entrò nel capannone anche
lei, ed aspettò il ragazzo fuori dagli spogliatoi. Come
prevedibile, erano solo maschili, poichè non si riteneva
possibile o, quantomeno, concepibile, far partecipare una donna ad un
incontro di quel genere. Appena uscito, Austin scappò via da
Avalon; salì sul ring, pronto o quasi, ad affrontare il suo
sfidante di routine. Era da sempre chiamato "the Bull", facile intuirne
il motivo. 1,88 di altezza per 95 chili, di cui buona parte erano
muscoli, a 26 anni, "the Bull" era tra i dieci lottatori più
temuti di quel capannone. Anche Austin fu barbaramente sconfitto, come
gli altri lottatori di quella serata che affrontarono il toro. Aveva 20
anni, 1,76 di altezza e 78 chili di peso, ma non riuscì a
sconfiggerlo. Mason fu portato, da un paio di compagni abbastanza in
simpatia, all'ospedale più vicino. Dopo l'operazione, fu
portato in camera, fuori dalla quale Avalon stava aspettando l'esito
dell'operazione. Austin riprese conoscenza tre ore dopo l'intervento,
ed i due ripresero il discorso cominciato alcune ore prima.
<< Dicevamo... Che c'è sempre un'altra scelta.
>>
<< Avrai anche ragione, ok. E se c'è, come
dici tu, dov'è? Ho cercato un lavoro in lungo ed in largo,
ed è giunta l'ora che io me ne vada da casa. Non voglio
aiuti economici nè di nessun altro genere dai miei. Hanno
già fatto troppo per me, non vorrei farmi aiutare in tutto e
per tutto. Cerca di capirmi. >>
<< Già. Credi di aver vinto? Sbagli. Ti
aiuterò a trovare un lavoro per cui non rischi
l'ospedale, ok? Cominceremo appena uscirai da qui. Una settimana,
secondo quanto è scritto sulla tua cartella clinica.
>>
<< Perchè perdi tempo con me? >>
<< Prego? >>
<< Perchè ti ostini a voler cambiare la mia
vita in meglio? Nel senso, cosa ne trai? >>
<< Niente. Ed è questo il bello. Fare qualcosa
per gli altri senza riceverne in cambio niente mi piace un sacco.
E' una delle cose più gratificanti su questa
Terra. E poi, voglio che tu non getti la tua vita come fosse
spazzatura. Devi tenerci come ci tengo io. >>
<< Sei la prima che mi parla così. Nessuno
aveva mai usato parole del genere con me, e ne sono contento,
perchè sono riuscito ad apprezzarle al meglio. Sai, ho
bisogno di dirti una cosa. >>
<< Spara. Sono curiosa. >>
<< Vedi, io... >>
Due voci esterne sopraggiunsero, coprendone una terza, quella
dell'infermiere che imprecava contro di loro. Entrarono furiosi nella
stanza in cui si trovavano Avalon ed Austin. Uno dei due si
scagliò verso il ragazzo.
<< Sul serio? Sei finito all'ospedale a causa di un
incontro clandestino? Ti prego, Austin, dimmi che si sono sbagliati.
>>
Si tirò su con le braccia doloranti, poi disse:
<< M-mamma!? Tu sei qui? E papà, anche tu...
Come l'avete scoperto? >>
Rispose il padre, con ferocia, nonostante fosse più
tranquillo della moglie. << Tu. Sei in guai seri, ragazzo
mio. L'unica cosa che vedrai nel prossimo mese sarà la tua
camera. Non uscirai, non userai il cellulare, non sentirai
nè Avalon nè gli altri. Pensavo di conoscerti
meglio. Mi ero illuso di poter contare sulla fiducia e sulla buona
educazione di mio figlio che, evidentemente, non si considera tale. E,
da oggi in poi, ti considereò anche io un estraneo. O quasi.
Vergognati di ciò che hai fatto, riflettici a fondo.
>>
<< Saresti potuto morire, diamine! Pensaci, ogni tanto!
Austin, sarai sempre mio figlio, sappi. - la madre rivolse uno sguardo
di dissenso verso il marito - Ma considerati mezzo morto. Faremo i
conti quando uscirai di qui. Avalon, quando sarà?
>> rivolse lo sguardo verso la ragazza, rimasta in
disparte nell'angolo della stanza d'ospedale.
<< Fra una settimana, se tutto va bene. Io non vorrei
intromettermi negli affari di famiglia, ma... Austin conosceva i rischi
che correva lottando. Prima mi ha detto che vorrebbe andarsene di casa,
ha espresso chiaramente il desiderio di non voler sovraccaricare la
famiglia con le spese per la nuova casa e così, senza
alternativa, ha voluto cercare un lavoro, anche rischioso. Ma,
credetemi, i suoi propositi erano e sono buoni. >>
<< Ehi, tu. Ringrazia Avalon. E, comunque, i
guai restano. Non adagiarti sugli allori. Da oggi in poi saranno fatti
tuoi. Ricordati che hai perso buona parte della nostra fiducia, Austin.
>> la madre del ragazzo aveva cominciato già
da un po' a versare qualche lacrima. Il padre era diventato paonazzo
dalla rabbia. Entrambi uscirono sotto lo sguardo perplesso
dell'infermiere, che fece uscire anche la ragazza a causa dell'orario
per le visite, ormai finito. Prima di uscire, Avalon rivolse alcune
parole al ragazzo. << Il discorso non è finito
qui. Considerati quasi salvo dai tuoi, ma non da me. I conti li farai
anche con la sottoscritta. >>
<< Non vedo l'ora. E, Avalon... >>
<< Sì? >>
<< Grazie. >> abbozzò un
sorriso, mettendo in mostra le fossette all'angolo sinistro delle
labbra.
<< Come farei senza di te, la tua voglia di ridere e la
tua tenerezza? >>
<< Non faresti, punto. Ciao. >>
<< Tornerò domani. >>
Grazie ancora per la
visita, letyourcolors_burst.
|
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Capitolo 4 *** Avvenimenti imprevisti ***
4.Avvenimenti imprevisti
Una settimana dopo.
Austin uscì dall'ospedale. La sensazione che
provò nel tornare di nuovo a farsi accarezzare dal sole
mattutino di marzo fu indescrivibile. Sentiva dentro un misto di
felicità, voglia di vivere e leggerezza che non aveva mai
provato prima di quel giorno. Uscendo, gettò in aria la
sacca in cui aveva riposto i vestiti e la riprese poco sopra la sua
testa, come un neolaureato fa con il suo tocco. I suoi movimenti erano
ancora impediti dal gesso, ma la sua felicità riusciva ad
ignorare il dolore. Esso si ripresentò quando nella sua
mente si fece spazio il pensiero dei genitori. Ad aspettarlo fuori
dalla struttura c'era Avalon, che decise di accompagnarlo a casa. Per
la strada ripresero il discorso che era già stato interrotto
troppe volte dal suo inizio.
<< Domani cominceranno le ricerche del lavoro.
Che ne dici, potremmo incontrarci alle 9 davanti al bar vicino casa
tua? >>
<< Dobbiamo proprio? Ehi, Avalon... Se
può servire, so già che domani non caveremo un
ragno dal buco. Fidati, lascia perdere, è solo uno spreco di
tempo. >>
<< Io non credo. Quante volte le cose che ti ho
detto si sono rivelate giuste? >>
<< Tutte, tranne una. >>
<< Ah sì? E quale? >>
<< Quella in cui mi hai detto che avrei trovato
un lavoro. Ricordi? >>
<< Non fare lo spiritoso. Senti, Austin, so che
ora sei depresso e che hai altre cose a cui pensare, ma il lavoro serve
proprio a questo: a farti dimenticare tutto per un po'. E' come
dormire, a quel tempo occupato a farlo corrispondono ore in cui la
tua mente è libera dai pensieri, negativi e positivi. Ed i
pensieri positivi torneranno quando stringerai la mano all'agente
immobiliare. >>
<< Va bene. Non mi hai convinto, ma lo
farò per vederti sorridere. Allora, siamo d'accordo. Oh,
ecco casa mia. >>
<< Che noiosi. Yo, belli, vi avessi mai visti sorridere
una volta, da quando vi conosco. Avete sempre quei due musi lunghi,
sembra che il mondo ce l'abbia con voi. Un po' di vita, Santo Cielo!
>> lo slang di strada caratterizzava Lucas, proveniente
da una famiglia di rapper. Suo cugino, suo fratello e tutti i suoi
amici avevano trovato nel rap "uno stile di vita, una religione, ed un
credo sacro", secondo le loro stesse parole. Era inevitabile che
finisse anche lui nelle grinfie della filosofia di vita che vedeva la
strada come amica e compagna di vita. Austin e Lucas si erano
già incontrati, la notte di uno dei suoi incontri
clandestini, alle undici, davanti al capannone, teatro di uno dei loro
numerosi litigi*. Erano coetanei, ma la maturità di uno
distava da quella dell'altro quanto l'America dista dalla Russia. Come
altre volte, Austin prese per mano Avalon e la trascinò via.
<< Dove andate? O meglio, dove credete di andare?
>>
<< Dove
ci pare. Siamo maggiorenni, e tu non sei mia madre. Sparisci,
Lucas. >>
<< Non così in fretta,
piccioncini. Raga, a raccolta! >>
<< Che fai? O meglio, cosa hai intenzione di fare?
Scusa se l'imitazione è scadente, ma questo è il
tuo livello. >>
Lucas tirò un pugno sul naso a Austin, che
incominciò a sanguinare. Gli altri cinque cominciarono a
tirare calci e pugni senza controllo e con ferocia, ed in pochi minuti
furono in grado di stendere Austin. Giaceva svenuto a terra, mentre i
sei violentavano Avalon. Le sue grida attirarono i genitori del
ragazzo, che si precipitarono sulla folla. Riconobbero Avalon
ed Austin. Il padre si scagliò contro uno di loro, quello
che, a giudicare dalla faccia, aveva appena assunto droghe. La madre
rimase in un angolo, impietrita dalla paura e costretta a guardare
quello spettacolo senza precedenti, e senza avere la
possibilità di alzare un dito. Il ragazzo estrasse un
coltello dalla tasca, che andò ad infilarsi nello stomaco
del padre di Austin. Questi finì a terra, mentre la madre
cercò di adoperarsi per chiamare un'ambulanza e la polizia,
che sarebbero arrivate poco dopo, sollecitata l'urgenza dalla donna.
Gli atri continuarono il violentamento di Avalon. Nè la
polizia, nè l'ambulanza arrivarono prima di mezz'ora, per
cause sconosciute, ed il padre morì durante lo scontro con
la gang. Questa, infatti, non risparmiò colui che aveva
cercato di mettere i bastoni fra le ruote ad una "azione di gruppo" , e
continuarono ad accoltellarlo, fino a portarlo alla morte. La casa
della famiglia Mason si trovava in una zona di Londra delle
più emarginate, tanto da avere annesso solo uno squallido
bar di periferia. Nessuno notò, o volle notare niente
dell'accaduto, che regalò altre due settimane di ospedale ad
Austin, lo chok della madre, che restò in quelle condizioni
per mesi, a causa della sua personalità fragile e della sua
impressionabilità, la morte di un uomo, in circostanze da
terzo mondo e la trumatizzazione di una ragazza, appena ventenne.
Niente finì sulle pagine dei giornali, nessuno scrisse di
quella storia. I colpevoli non furono puniti, ogni particolare di
quella mattinata sparì in una bolla di sapone.
<< Non avrei mai pensato che una
cosà così grave sarebbe potuta succedere proprio
a me. Troverò Lucas. La mia faccia massacrata
sarà l'ultima cosa che vedrà. Giuro su Dio,
sempre nel caso in cui esistesse. Lo prometto. >>
*Vedi capitolo 2
Angolo:
Grazie per la visita. Spero che il 4° capitolo sia piaciuto ai
lettori.
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Capitolo 5 *** La Scomparsa ***
5. La scomparsa
<< Sono passate due settimane
dalla morte di tuo padre. Non ti ho visto versare neanche una
lacrima. Sei disumano, Mason. >>
<< Ci tieni proprio a rompermi, vero? Sono
fatti miei. Te l'ho detto due settimane fa, e sarò
più che felice di dirtelo ancora: sparisci. Non farti
più vedere da me, sto lottando contro la più
forte delle mie volontà, quella di conficcare un coltello
nella tua splendida gola. Non ti conviene provocarmi, Lucas.
>>
<< Ma io ci tengo troppo, l'hai detto tu.
>> accennò un sorriso nemico. Lucas era il
tipico rapper-imitato-orrendamente, col suo fido cappello, troppo largo
persino per la sua testa sproporzionata, ed i suoi jeans, anch'essi
spropositati. La direzione del negozio "Oversize", lo avrebbe
certamente ringraziato, se ne avesse avuta l'occasione.
Lasciò cadere la Marlboro a terra, se ne andò
accompagnato dai cinque che avevano contribuito allo stupro di alcuni
giorni prima.
Avalon aveva assistito alla conversazione tra i due e fu
molto orgogliosa di Austin per non aver ceduto alle provocazioni.
Quest'ultimo non sapeva che la ragazza fosse lì ed avesse
sentito ogni parola. Sbucò da un vicolo vicino, e sorprese
Austin alle spalle.
<< Ehi, Avalon... >>
<< Sei strano, oggi. Non sarà per
quella carogna? Lascialo perdere, non merita neanche l'attenzione di un
cane. Con tutto il rispetto possibile per i cani, non è alla
loro altezza. >>
<< La cosa che non sopporto è che
non pagherà mai per un omicidio, cazzo!
Perchè tutti devono pagare per le loro azioni e lui no,
cos'ha di fottutamente speciale quel bastardo? Spero muoia presto.
>> la faccia di Austin aveva la sfumatura tipica della
minaccia. Le sopracciglia inarcate, il piercing sul sopracciglio
sinistro e il ciuffo nero davanti agli occhi, lo rendevano
perfettamente un gangster mafioso.
<< In tanti anni non ti ho mai sentito dire
più di una parolaccia in una frase. Datti una calmata.
Perchè non vai a denunciarlo? >>
<< Crederanno ad un ventenne con questo taglio
di capelli, secondo te? - puntò i pollici verso di
sè. - Probabilmente accuseranno il sottoscritto
dell'omicidio. Sai come va la burocrazia, no? >> Anche se
l'argomento trattato era serio, Austin amava da sempre sdrammatizzare.
La tristezza nei momenti seri non era mai stata il suo forte, aveva
sempre cercato di alleggerire la tensione. Il ventenne era famoso nel
suo quartiere proprio per i suoi interventi spiritosi.
<< Certo che ti crederanno, con le prove,
però. >>
<< Davvero, con le prove? E secondo te dove le trovo, non
c'erano neanche testimoni! >>
<< Già. Sembrava un piano perfetto.
>>
<< A proposito di perfezione... >>
<< Mmm? >>
<< Io... Ricordi tre settimane fa,
all'ospedale? >>
<< Sì. Quindi...? >>
<< Beh, ti stavo dicendo una cosa importante,
prima che entrassero mia madre e mio padre... Oh, Dio, mia madre!
Scusa, Avalon, ne parliamo un'altra volta. Devo correre da mia madre!
>>
<< Perchè? >>
<< Devo chiederle scusa. Volo! >>
Austin corse fino a casa, senza fermarsi mai. Correva circa
un chilometro di distanza fra casa sua ed il luogo in cui si trovava
con la ventunenne. L'abitazione, come già detto, si trovava
in una delle zone più limitrofe di Londra, distante una
trentina di chilometri, in linea d'aria da Buckingham Palace.
Nonostante vivesse a Londra, Austin non aveva mai avuto l'occasione di
visitarlo, come il London Eye o il Big Ben. Con il fiatone,
aprì la porta, e cercò invano la madre,
evidentemente era uscita a fare compere. Il ragazzo si sentì
in colpa per aver lasciato in mezzo alla strada Avalon all'improvviso.
Sempre più deciso a chiedere perdono, ed animato dalla
voglia di vederla, tornò nello stesso luogo in cui si erano
visti un'ora prima, un vicolo vicino ad un stradina brulicante di
negozi, molto visitati verso marzo od aprile. In quel periodo
dell'anno, non troppo tartassato dalle pioggie tipiche
dell'Inghilterra, i visitatori cominciavano a sbucare fuori dalle loro
tane di città, e a far resuscitare il turismo, affievolito
dall'inverno. Certamente, i turisti visitavano Londra anche a Natale,
in misura non molto minore all'estate, ma il settore del turismo
fioriva in altri ambiti commerciali, quali magazzini, centri
commerciali ed altri luoghi simili, mentre con la bella stagione i
luoghi all'aperto li facevano stravedere.
<< Cerchi la tua ragazza? >>
<< No. E poi, non sono fatti suoi. Non avrebbe
il diritto di intromettersi, in realtà, neanche se stessi
cercando della droga. Ma lei chi è? >>
<< Parli bene, usi una buona grammatica, niente
parolacce od imprecazioni... Mi piaci, nonostante dall'esterno sembri
uno di strada. Qual è il tuo nome, ragazzo? >>
<< Ripeterò. Lei chi è?
>>
<< Nessuno in particolare. Volevo solo
aiutarti. Sembri smarrito. >>
<< E lo sono. Cerco una ragazza di vent'anni
circa, alta un metro e settanta, bionda, ma sul castano, con gli occhi
verdi. L'ha vista qui in giro? Sono dovuto correre via, l'ho lasciata
qui. >>
<< Oh, certo, l'ho vista. E' andata verso il
cinema, lì, guarda. >> L'uomo, non molto alto,
tozzo e con un cappello che nascondeva in buona parte il viso rugoso,
si tolse gli occhiali da sole e li indirizzò verso una
viuzza di medie dimensioni che sbucava in una piccola piazza antistante
il cinema. Era uno dei più grandi di Londra e, come poco
prima, non fu facile individuare Avalon. Austin sperava in un aiuto
simile a quello dell'anziano.
<< Ragazzo, è lei. >>
<< Mi ha seguito? Ma che spera di ottenere da
me? >>
<< Niente, niente di importante. Almeno per te.
>>
<< Potrebbe spiegarsi? >>
<>
<< Non ci pensi neanche. La troverò
da solo. E... Non è la mia ragazza, se lo ficchi in testa.
>>
<< Davvero lasceresti qui un pover'uomo, senza
cibo? >>
<< Già, lo farei. Arrivederci.
>> Dopo qualche passo, il ventenne tornò
indietro. I sensi di colpa ebbero la meglio su di lui, forse aiutati
anche dalle parole beffarde dell'anziano. Probabilmente era tutt'altro
che povero.
<< Tenga, ma se ne vada. Dov'è
Avalon? >>
<< Là. >>
indicò una passante, molto simile alla ragazza per certi
versi, ma molto differente per altri. Austin non pensò ad
una truffa dell'uomo, credette solo che si fosse sbagliato. Lo
congedò; in quel momento decise che la via migliore per
trovarla era telefonarle.
<< Avalon! E' un'ora che ti cerco. Dove sei
finita? Mi stavi facendo preoccupare. >>
<< Ho deciso di venire a casa tua. In fondo,
è anche colpa mia se tre settimane fa è successo
ciò che è successo. >> Non volle
rivangare gli avvenimenti.
<< Ma che...? Arrivo. >>
Corse nuovamente a casa. Ormai la sera stava per calare, ed
Austin sperava di raggiungere casa il più in fretta
possibile. Arrivato dopo venti minuti, a passo svelto, prese Avalon in
un angolo, cominciarono a parlare fra di loro in modo che la madre non
potesse sentirli. La conversazione si incentrò sulla breve
scomparsa della ragazza e sul misterioso uomo anziano. Parlarono non
per molto, poi la conversazione si spostò sulla madre.
<< Mamma, ho bisogno di parlarti. Ricordi tre
settimane fa? Oh, certo che ricordi. >>
<< Già, ricordo. Cosa vuolevi dirmi?
>>
<< Io... Volevo chiederti scusa. Scusa per non
essere riuscito a difendere te, papà o Avalon. Mi dispiace,
io... Io non ce l'ho fatta, ed i sensi di colpa mi assalgono dal mio
rinvenimento. >>
<< Non è stata colpa tua. Sai, da
svenuto è difficile difendere le persone. E tantomeno con
qualche parte del corpo fratturata. >>
<< Sì, ma se non fossi stato nemico
di Lucas, o se non lo avessi provocato, non ci avrebbe aggredito.
>>
<< Non è vero. Non puoi sempre
prenderti la colpa per le azioni degli altri. Ti fai troppi problemi,
sarebbe successo anche se non vi foste odiati. >>
<< Ma... E' più forte di me. La vita
degli altri è sempre più importante della mia;
per questo avrei preferito morire io, e lasciare vivere mio padre.
Scusa ancora. >>
<< Non ripeterlo ancora. Poteva succedere a
chiunque >>
Austin per poco non si commosse. Era contento di sentire su
di sè tutto il calore della famiglia e di Avalon.
<< Mamma, Avalon... Grazie del sostegno che mi
state dando. Invece di darne io a voi, lo date voi a me, è
così ingiusto... Come lo è il resto della vita.
>>
<< Basta, ora. Uscite, dimenticate tutto e
divertitevi. La vita non finisce qui, continua. >>
Salutarono la madre di Austin ed uscirono. Dopo aver
ascoltato le parole della donna, decise di confessare ad Avalon
ciò che provava. Non conosceva ancora le parole che avrebbe
usato, e tantomeno l'esito del piano. In realtà, la sua
mente non aveva neanche materializzata l'idea del luogo in cui avrebbe
racimolato il coraggio. L'eterna indecisione e la straordinaria
mancanza di coraggio avevano da sempre distinto Austin dalla massa,
facendogli ottenere ciò che voleva - diversificarsi dal
resto del mondo - e constringendolo, allo stesso tempo, a diventare
esternamente qualcuno che dalla massa non sarebbe emerso mai. Fuori,
come ogni altro; dentro, unico al mondo. Nessuno conosceva davvero il
suo vero io, neanche Avalon. Quest'ultima conosceva solo una minima
parte dell'intero universo che si nascondeva dentro uno dei ragazzi
più introversi e timidi che conoscesse.
|
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Capitolo 6 *** La scoperta di un nuovo Mondo | L'inizio (parte 1) ***
c
6. La Scoperta Di Un Nuovo Mondo |
L'inizio
Parte 1
Austin ed Avalon passeggiarono per un po'. Con l'auto del
primo
raggiunsero il centro di Londra, molto trafficato nel sabato sera.
Scesero da essa solo dopo aver girato molto in cerca di un parcheggio.
Passarono la serata in centro.
A mezzanotte fecero ritorno nelle loro case, stanchi ma
felici dl
tempo passato assieme. Austin accompagnò sotto casa Avalon.
Lì si salutarono. "Diglielo.
Siete soli, per l'amor del Cielo! Non ricapiterà occasione
migliore, lontano dal traffico, lontano dal mondo."
<< Grazie di avermi accompagnata.
Ci vediamo domani, okay? >>
<< Avalon... Ehm, hai mai pensato che questa
vita fosse in realtà solo un fantastico sogno?
>>
<< Lo penso sempre. Mi capita spesso di
immaginare che in
questo mondo nulla di ciò che percepiamo sia vero.
>>
<< E se fosse davvero così? Nel
senso, e se davvero la nostra amicizia fosse solo immaginazione?
>>
<< Sarebbe opera di qualcuno con una fantastica immaginazione.
>>
<< E questo qualcuno avrebbe immaginato anche
ciò che provo per te? >>
<< Cosa...? Beh, in quel caso sarebbe vero in
tutto e per tutto. >>
<< L'amicizia no e l'amore sì?
>>
<< Già, Austin. Sarebbe vero
perchè lo
proviamo entrambi. Un sogno non è mai uguale per due
persone. Ma
la realtà... La realtà può essere
uguale per
milioni di individui in tutto il mondo. >>
<< Quindi... A-anche tu...? >>
<< Anche io. >> sorrise,
imbarazzata. Le loro labbra
si toccarono. Austin sentì la pelle d'oca, segno del
desiderio
di confessarsi che provava da anni, ormai. Avalon, con le spalle al
muro della villa, sperò che quel
bacio durasse all'infinito, sotto le luci dei lampioni inglesi e lo
sguardo curioso dei genitori della
ragazza. Si erano affacciati dalla terrazza al terzo piano della
bifamiliare che condividevano con due anziani senza figli. I ragazzi
non sapevano, nè potevano immaginare, i genitori della sua
ragazza in qualità di pubblico dello spettacolo. Ann e John
Barker restarono a guardare per alcuni istanti il loro primo bacio, poi
decisero di rientrare. Si guardarono negli occhi, furtivi; non volevano
che i ragazzi sospettassero di loro.
Austin rientrò in casa sua con il cappuccio in
testa. Voleva nascondere l'accaduto dalla madre, poichè le
domande inopportune e sin troppo dettagliate erano al centro del suo
programma di educazione dei figli. Salì le scale; chiuse la
porta della sua camera e si infilò sotto le coperte. Quella
notte non riuscì ad addormentarsi, se non alle tre e mezzo
del mattino. Verso le tre e quaranta, preso dalla terribile sensazione
di cadere nel vuoto, si svegliò. Poco prima aveva provato
una delle peggiori sensazioni che si possono provare dormendo: si era
sentito precipitare senza poter fare niente per fermare la caduta.
Aveva la fronte imperlata quando scostò le lenzuola bianche
e scese dal letto. Nonostante fossero solo le tre inoltrate del
mattino, il sole fuori splendeva più che mai.
Uscì da casa, con indosso solo un paio di pantofole a quadri
perfettamente in tinta con il pigiama e la maglietta nera a maniche
corte. Si guardò intorno. Niente corrispondeva a
ciò che aveva visto tre ore prima, tutto sembrava l'opposto.
Decise di aspettare fino al momento in cui le lancette sul suo orologio
avessero segnato un'ora accettabile per svegliare Avalon.
Il mondo sembrava così diverso, senza alcuna
ragione. Ed era incredibile, perchè la cosa migliore era
arrivata senza invito.
Avalon si svegliò di soprassalto. Sentiva sulla sua pelle di
far parte del mondo. Non l'aveva mai provato prima. Uscì di
casa, non facendo attenzione all'orologio appeso sul muro davanti al
letto nella sua camera. Sembrava una giornata normale, una come tante
altre, banale, noiosa. Tutto normale, tranne per il fatto che splendeva
un sole diverso, quella mattina. Per le strade arrancavano ancora i due
o tre ubriachi reduci dalla notte, e nessun altro. Guardò
l'ora sul cellulare.
<< Le quattro? Ma come è possibile
che ci sia il sole? Magari l'ora sul cellulare è cambiata da
sola. >>
Continuò a camminare, e a pensare a quanto appena accaduto.
Non sentì Austin fino alle otto, ora in cui di solito il
ragazzo apriva gli occhi ogni mattina. "Magari mi sbaglio io."
pensò, incuriosita dalla faccenda.
Austin ricevette la chiamata di Avalon. Era sempre più
intenzionato a scoprire il motivo di quell'insolita giornata. Nessuno
sembrava essersi accorto di niente. A nessuno, forse, importava il
sorgere del sole alle tre di mattina. Altra cosa strana,
pensò, la misteriosa scomparsa della madre per cui non si
era, però, preoccupato affatto. Ogni mattina, prima del
lavoro, correva per un'ora circa.
<< Avalon? Ti sei accorta di quanto...
>>
<< ... Sia diverso il sole stamattina? Eh,
già, bello. Ma non riesco a capire perchè. Ne sai
qualcosa in più? >>
<< Quanto te, ma so per certo che non ha
sbagliato il cellulare a segnare l'ora. >>
<< Come lo sai? Nel senso, come fai a sapere
che io l'abbia detto? >>
<< Non lo so, ma ti conosco fin troppo bene. La
razionalità vince sempre per te. Ho indovinato?
>>
<< Alla perfezione. Cosa facciamo adesso?
>>
<< Niente, il sole non dipende da noi. A quello
ci pensa Dio, sempre data la Sua esistenza. >>
<< Quindi vuoi fregartene? >>
<< Assolutamente, Avalon. Ma ho cose
più importanti e belle del sole a cui pensare.
>>
<< Sarebbero? >>
<< Te e la tua vita. Mi interessano di
più. >>
<< Mmm? Se è una strategia per
rimorchiare, non funziona. Provane un'altra. >>
<< Sai da quando sono inamorato di te? Da
quando ho scoperto il mondo che nascondi dentro di te. Sei la persona
migliore che abbia mai incontrato. Tutte quelle in cui mi hai tirato su
il morale, tutte quelle in cui ho pensato al suicidio, e tu mi hai
salvato, sono state le volte in cui mi sono sentito più
felice, in tutta la mia vita. Speravo da anni che tu mi parlassi, che
mi dicessi anche la cosa più banale, solo per capire se per
te esistevo. Solo per realizzare e calcolare le mie
possibilità con te, non ne avevo molte, e mi sono presto
disilluso. Non sai quanto ho cercato i giri di parole per arrivare a
farti capire che ti amo. E quando finalmente ho trovato il giro di
parole giusto, ti ho parlato. Il coraggio non so dove l'abbia preso, ma
sono felice di essere qui con te a cercare di capire come va il mondo.
E a come affrontarlo insieme alla persona per cui voglio fare da scudo.
Ti amo, Barker. >>
<< E io mi farò fare scudo da te,
cercando di non farti fare troppo male, però.
>>
<< Mi vuoi allora, eh? >> sul
viso di Austin apparve un sorriso misto di speranza e finta
beffardaggine.
<< Puoi scommetterci, Mason. >> "
Ecco perchè lo amo. " Si baciarono, seduti
sull'estremità polverosa del muretto che da sempre faceva
parte delle loro vite da amici. Ora avrebbe fatto parte delle loro vite
da innamorati. Il muretto offriva una vista sul Big Ben che, di notte,
poteva benissimo competere con le sette meraviglie del mondo antico e
moderno.
<< Ma il problema è che...
>>
<< Oggi Londra mi sembra troppo divesa dal
solito. Ehi, vuoi ancora scoprire il motivo di questa giornata
così... Diversa? >>
<< Austin, certo. Proviamo a parlare con
quello. >> indicò un anziano con un
impermeabile ed un cappello che gli copriva parzialmente la vista. Dava
l'errata impressione di essere cieco, poichè il cappello non
permetteva di guardare avanti, ma solo in basso, verso le scarpe.
<< Scusi! Lei! Anche a lei oggi Londra sembra
diversa? Intendo, insolitamente spopolata? >>
<< Ragazzo, ci si rivede! Londra è
così piccola... >>
<< Insomma... Ma è quello della
piazza, l'altro giorno! Che ci fa lei qui, se posso? >>
<< Ci vivo. E comunque io so perchè
la città è così, oggi.
>> se ne andò. Il cappotto che svolazzava ed
il cappello gli conferivano un'aura di mistero. Austin non fece in
tempo a rispondere all'uomo.
La settima pagina del " The Times " del giorno cercava di
liberarsi dalla morsa di un cespuglio in cui si era impigliato,
totalmente in balìa del vento sino a pochi minuti prima.
<< Avalon, guarda! Il giornale! Magari
riusciamo a sapere qualcosa. Lo prendo. >>
Lessero insieme le notizie riportate nelle pagine interne, di
solito, quelle meno importanti, come il matrimonio di qualche
celebrità finita nel dimenticatoio dopo gli anni '70, in cui
aveva dato il massimo ai suoi fan, che erano però, stati
presi da qualcuno più al passo coi tempi, o qualche record
sportivo di poco conto.
<< Niente di importante. Ti pareva...
>>
<< Non disperare, là c'è
la prima pagina, Austin! >>
Di nuovo, niente di interessante, almeno per la situazione in
cui si trovavano. Attentati, sparatorie, morte di personaggi politici
ultracentenari. L'occhio di Austin cadde sulla data del giornale,
affianco cui era riportato anche il luogo di stampa.
<< Il giorno è questo... Non ci
aiuterà molto questo giornale. Meglio cecare da un'altra
parte. >>
<< Aspetta... Avalon, non disperare neanche tu,
qui c'è il luogo di stampa. "Lamhion" Cos'è
"Lamhion"? Mai sentito prima, non credo ci sia un luogo attorno a
Londra che ha quel nome. Sarà uno scherzo? >>
<< No, la scritta del " The Times "
è originale. Ho imparato a riconoscere i loghi finti da mio
padre. Compreso il denaro. >>
<< Allora, non ci resta altro da fare che
trovare quel pazzo e farci dire tutto. Scopriremo anche l'ultima pagina
di questo mistero. Intanto proviamo ad andare verso il centro. Da qui,
il muretto, si vede bene il Big Ben. Dieci minuti di camminata e
troveremo il centro davanti ai nostri nasi. >>
<< Già, Austin. Conosco bene la
zona. Basta scendere per quella strada e girare alla seconda curva.
>>
Fecero quanto detto. Il sole, nonostante fosse alto, non era
così caldo come potesse sembrare.
Avalon tirò la manica della felpa del ragazzo per
ottenere la sua attenzione.
<< Austin... >> sembrava
preoccupata. Austin non aveva mai passato quella zona più di
due volte in vita sua, perciò non si era accorto di niente.
<< Sì...? >>
<< Questa
non è Londra! >>
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Capitolo 7 *** L'inizio (Parte 2) ***
capitolo 7. SDUDCIANF
7. Questa non è Londra.
L'INIZIO | PARTE 2
<< Questa
non è Londra!
>> gli occhi di Avalon avevano assunto il colore del
terrore.
Austin non aveva ancora realizzato nulla di ciò che gli era
appena stato detto, perciò non riuscì a
trattenere un
sorriso. Non pensò affatto che quella potesse davvero essere
un'altra città. "Questa
è Londra". La voce nella sua testa
marcò il verbo.
<< So che non sei il tipo di persona che crede
alle apparenti
cazzate, ma devi fidarti di me. Le relazioni non si fondano forse sulla
reciproca fiducia? >>
<< Non essere ridicola. Anche se non fosse
Londra, come
avremmo fatto a ritrovarci in una città forse a migliaia di
chilometri di distanza in tre ore? Perchè, ti ricordo, ci
siamo
salutati a mezzanotte, e ci siamo svegliati entrambi alle tre!
>>
<< Sei impossibile. Non ti fidi, eh? Ma lo dici
solo
perchè non hai mai passato questa zona. Non sai dove siamo,
cazzo! Senza di me ti ritroveresti a Bath, passando per il centro! Vuoi
capire che se sono così convinta di una cosa, lo faccio
perchè forse è vera? >>
<< Okay, okay. Calmati, ora. Diamo per
supposto che tu abbia ragione. Perchè affermi questo?
>>
<< Uno, siamo in un posto in cui i giornali non
sono
intitolati col nome di sempre. Due, qui ci vivo quasi. Terzo, Su
quell'albero, Keane ha inciso le nostre iniziali. E qui -
toccò
la corteccia - di incisioni non ce ne sono. Convinto, adesso?
>>
<< Keane? Chi
è questo? >>
<< Il mio ex. >>
<< E me lo dici così?
>>
<< Così come? >>
<< Così... Naturalmente.
>>
<< Non sarai geloso? >>
<< No. >>
<< Sicuro? >>
<< Mmm. >>
Avalon scostò il ciuffo riccio e nero dagli occhi
di
Austin. Non credeva davvero che fosse geloso, voleva una reazione
tipica dei film. Si baciarono. Era bello vedere come i fidanzati,
quelli veri, sapevano amarsi anche quando dovevano fronteggiare delle
avversità. E sapevano farlo davvero bene, insieme ed
innamorati
come mai. Si baciarono di nuovo.
A breve sarebbe scesa la sera, imprevedibile a causa
dell'insolita giornata quasi del tutto trascorsa, ed Avalon ed Austin
non avevano ancora trovato alcuna soluzione. Avevano continuato a
discutere a lungo sulla faccenda, ma senza cavarne un ragno dal buco;
avevano deciso di riunirsi e passare la notte a casa della ragazza.
Cosa ancora più insolita, come se non ce ne fossero state
altre,
era che le loro case si trovavano esattamente nel punto in cui erano
sempre state. Riassumendo, capirono che la città era
diversa,
non era la solita Londra,
che
tutto era diverso fuorchè loro stessi, e che dovevano
assolutamnte cercare di uscire da quell'incubo che li aveva avvolti
sino al collo.
Il giorno dopo fu solamente notte; il sole non sorse mai. I
due
cominciarono ad elaborare le loro teorie riguardo quella specie di
universo parallelo in cui erano misteriosamente ed involontariamente
finiti.
<< Oggi il sole non sorge. Forse qui i giorni
si alternano?
Magari fosse un sogno... Significherebbe che non dobbiamo preoccuparci.
>>
<< Ma se fosse un sogno non durerebbe
più di tanto.
Sono già trascorsi due giorni. Chissà
che il tempo
qui non trascorra più lentamente. >>
<< Austin, hai ragione! Potrebbe essere la
spiegazione al fatto che non ci siamo ancora svegliati! >>
<< No. >>
<< Perchè no? >>
<< Perchè un sogno non è
mai per due. La
realtà è uguale per milioni di persone, il sogno
interessa un singolo individuo. Ricordi? >>
<< Già, è stato
confermato. Due persone, a
maggior ragione nella stessa ora, non sognano mai due cose
completamente uguali. >> sul volto di Avalon si
disegnò
un'espressione delusa. Parevano vicini alla soluzione, presto tutto
sarebbe finito. Secondo loro.
<< E se io stessi sognando te? >>
<< Impossibile. >>
<< Impossibile? >>
<< Già. I sogni nient'altro sono che
proiezioni
involontarie del subconscio umano. Se avessi sognato di essere con te,
lo avrei fatto in una circostanza molto più allegra. Non di
certo in una dimensione in cui qualche estraneo ci corra incontro con
un'ascia... >>
<< Un'ascia? Avalon, ma che dici?
AVALON, QUELLO HA UN'ASCIA IN MANO! SCAPPA! >> tirò
la ragazza per la manica della giacca, stavolta. Cercò di
avvertirlo.
<< Ma va'? Perchè avrei fatto
questo esempio, altrimenti? >>
<< Okay. Possiamo discuterne dopo? Per la terza
volta, QUELLO HA UN'ASCIA IN MANO, CAZZO! VUOI DARTELA A
GAMBE O VUOI RESTARE QUI A FARTI SPEZZETTARE? Corri!
>>
<< Corro! >>
Riuscirono con difficoltà a seminare il tizio. Si
nascosero nel primo vicolo poco illuminato che incontrarono. Speravano
con tutto il cuore che quell'incubo finisse presto.
Entrarono in un'edicola non molto distante dal vicolo, e
acquistarono il quotidiano del giorno, ancora una volta si trovarono
davanti il "Lamhion News". Non avevano la minima idea di cosa volesse
dire quel nome. L'unica cosa da fare era trovare l'uomo del giorno
prima, sperando in una sua risposta plausibile. Girarono tutto il
giorno, fino a sera, quando trovarono degli indizi che sarebbero potuti
essere utili, se solo avessero conosciuto il posto da cima a piedi. Il
problema che si poneva era quello del fatto che non conoscevano
nè cima nè piedi di quella "città",
fantasma.
Erano infatti giorni che non vedevano un'anima in giro, fatta eccezione
per il tizio con l'ascia, l'uomo con l'impermeabile ed il cappello, di
cui non conoscevano neppure il nome, e loro stessi. Lamhion sembrava
popolata da quattro abitanti. Altra cosa strana. Mentre cercavano
disperatamente un particolare che potesse auitarli a capire il luogo in
cui si trovavano, scorsero, davanti ad una modesta fontana, una figura
simile all'uomo. Arrivarono correndo. Lo fermarono ed incominciarono a
chiedergli alcune cose riguardo ciò che stava succedendo
loro.
<< Senta, o ci risponde, o lei stasera finisce
dentro quella fontana. Dove
diavolo ci troviamo? >>
<< Perchè dovrei risponderti, invece
che rovinarmi
il divertimento nel vedere voi due che vi piangete addosso?
>>
Austin lo prese per il colletto dell'impermeabile e lo
sollevò
di peso, grazie ai suoi muscoli sviluppati combattendo e alla bassa
statura dell'uomo.
<< Perchè altrimenti sono cazzi
tuoi. Fidati, non ti
conviene scherzare con me, lotto da sei anni clandestinamente contro dei
tizi che strappano la pelle a morsi. >>
Avalon gli si avvicinò, sussurrando per non farsi
sentire dal tizio: << Ma non erano due, gli anni?
>>
L'altro, sempre sussurrando, abbozzò un mezzo
sorriso: << Già. Ma così lo
spavento! >>
<< Se avete finito di blaterare, avrei deciso
di dirvi una minima parte di quello che so. >>
<< Parla, siamo tutto orecchi. >>
<< Questo posto si chiama Lamhion. Fine della
storia, baci! >>
<< Ma dai? Lo sappiamo, genio. Non vedi il
giornale? >>
<< Si, non sono cieco. Ma non vi
dirò niente. Adiòs, chicos! >>
"Devo acchiapparlo e convincerlo, è la nostra
unica speranza per uscire di qui."
<< Ehi! Dove vai, torna qui, non abbiamo finito
con te! >>
Si lanciarono all'inseguimento con foga sempre crescente; avrebbero
voluto uscire da quell'incubo che li aveva ingoiati il più
in fretta possibile.
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Capitolo 8 *** L'inizio | Parte 3 (Un nuovo alleato) ***
Capitolo 8.
L'inizio
Parte 3 (Un nuovo alleato)
Austin ed Avalon cominciavano ad avere la fronte imperlata di sudore.
L'uomo, nonostante la sua limitata statura, riusciva a correre
più velocemente dei due ragazzi. Calpestarono sterrati,
prati verdi e sentieri in ghiaia prima di riuscire a trovare, dopo
ventiquattro ore di ricerche, l'essere che si nascondeva dietro
l'impermeabile ed il cappello. Giaceva su una collinetta per
metà già fiorita e per metà ancora
ricoperta dalle tipiche foglie gialle e marroni autunnali. Sonnecchiava
supino, forse sicuro di essere ormai riuscito a seminare i ragazzi.
Questi ultimi si avvicinarono in silenzio, cercando di non svegliare il
tizio. Non si accorsero, però, della sua recita; stava,
infatti, solo fingendo di dormire. Apeena furono abbastanza vicini al
tronco di un albero che riposava in quel luogo ed osservava le stagioni
cambiare da cento anni, corse di nuovo via, ancora più
rapido di prima, allo scopo di lasciare i due cadere nella trappola che
aveva appositamente preparato. Il tronco dell'albero si stagliava
dietro una trappola delle più rudimentali: il classico buco
nel terreno camuffato. Caddero nel buco, profondo, forse, circa cinque
metri. Non appena fu certo che i due fossero caduti nell'inganno, si
affacciò dalla superficie erbosa, tenendosi
all'estremità del buco. Lanciò uno sguardo
soddisfatto alla trappola, fece dietrofront e se ne andò.
Avalon ed Austin, nel frattempo, cercavano di uscire. Non
riuscendo nel loro piano, si rassegnarono leggermente a rimanere in
quella trappola tutto il tempo necessario all'uomo per portare a
compimento il suo piano, rimasto oscuro ai due. Austin si sedette sul
fondo terroso del buco. Nascose la testa fra le ginocchia. Avalon
notò la reazione del ragazzo, gli si avvicnò.
<< Austin... Riusciremo ad uscire di qui.
Quante altre sventure abbiamo affrontato insieme? Un migliaio. E siamo
ancora qui. Ci riusciremo. >> posò una mano
sulla spalla del ragazzo.
<< Il problema non è questo, Avalon.
Il problema sta nel non riuscire a scampare. Per colpa mia finiamo
sempre in casini da cui potremmo anche non uscire vivi. Capisci? Non
voglio che tu rischi per me. >>
<< Okay, rischio. Ma rischio consapevole di
stare accanto a quel qualcuno che non riesce a non strapparmi un
sorriso anche quando la situazione è tragica. E tu questo lo
sai. Austin, non credo che possa aiutarti a sentirti meglio, ma... Sei
la persona migliore che abbia mai conosciuto, sei persino migliore di
me. >>
<< Questo dipende dai punti di vista... Sai,
certe volte penso che il destino sia come le manette cinesi. Sai,
quelle con cui ci si incatenano le dita; non riesci ad uscirne, se non
con l'aiuto di qualcuno che ti capisce. >>
<< Questa era bellissima, davvero.
>>
<< Io... Questa me la segno. Questa
è la parte del classico "ti amo". Vorrei riuscire a dirtelo
in altri modi, ci sto lavorando. >>
<< Ma a me basta. Il classico certe volte
è il migliore. Vale anche per me, lo sai. >>
<< Mentre voi stilate il testamento con le
vostre volontà, vi dico che non vi ucciderò;
risparmiate la carta per i bisogni. Rimarrete lì dentro
ancora per un pò. >> la voce dell'uomo
risuonava per tutto il buco.
<< Noi non resteremo qui dentro un altro
secondo. Sei una specie di nano, non ci fai paura. Te l'ho
già detto: lotto da sei anni contro gente che sarebbe
disposta a cavarti gli occhi con le tue stesse costole, pur di
guadagnare venti sterline! >> Austin si alzò e
si rassettò i pantaloni, impolverati dai residui di terra.
<< Staremo a vedere. Niente è mai
come sembra. >>
<< Cosa? Che sei venuto a fare, qual
è il tuo scopo? >> intervenne Avalon.
<< Lo scoprirete fra poco, geniacci.
>>
<< Guarda che devi dircelo! >>
<< Okay, se ci tenete tanto... Voglio uscire da
qui, vi ho intrappolati per cercare di capire come uscire estorcendo
informazioni da voi due. E' un incubo. Ormai sono passati ventidue anni
dal giorno in cui mi sono ritrovato in questo mondo. Ho scoperto molte
cose riguardo Lamhion. Siamo sotto Londra, mille chilometri
sotto il suolo. Ho sperato invano di riuscire ad usicre da qui, ma le
speranze si sono esaurite subito. E' una specie di "mondo sotto il
mondo", come vedete il cielo esiste, nonostante siamo sotto terra. Non
vi dirò come ho scoperto queste cose, non lo so neanche io.
So solo che posso uscire per due ore al giorno, poi ritorno
automaticamente qui, anche se contro la mia volontà. Come
una calamita, questo mondo mi attrae a sè, e non
c'è niente che io possa fare per evadere. >>
<< Ehm... Noi sappiamo molto meno di lei, siamo
qui da una settimana. Cosa vorrebe dire Lamhion?
>>
<< E' Irlandese; è un miscuglio di
tre parole: talamh, terra, imeacht, evento e iontach, fantastico. Letteralmente
"terra dagli eventi fantastici". Finora non ho visto niente di
fantastico. >>
<< Idem. Ora che sappiamo di più, ci
resta solo da cercare di capire, pe la terza volta, come diavolo uscire
da qui. >>
<< Perfetto. Accadono eventi fantastici qui,
eh? Perfetto. Ci toccherà trovare un abitante di questa
terra. Uno vero. >> Avalon guardò l'anziano.
<< Sarà difficile, credo. Ricordate?
In ventidue anni non ho mai visto anima viva, a parte quel tizio con
l'ascia in mano. >>
<< Ma che problemi avete voi due? QUELLO HA
UN'ASCIA IN MANO! PERCHE' NON
SCAPPIAMO? PER LA SECONDA VOLTA, QUELLO VUOLE AFFETTARCI!!! >>
<< Ah, già. HA
UN'ASCIA IN MANO E CORRE VERSO DI NOI!!! >>
l'anziano ed Austin gridarono all'unisono.
<< Sono due ritardati. >>
<< Ti abbiamo sentito, comunque.
>>
<< Pensate a correre! >>
Corsero a perdifiato. Nonostante la paura, avevano guadagnato
un nuovo alleato: l'anziano di cui non sapevano praticamente nulla, a
parte la sua lunga permanenza in Lamhion e la sua voglia di tornare
alla vita reale. Si fermarono davanti ad un palazzo di sei piani, una
sorta di mini-grattacielo. Questo dava tutta l'aria di una biblioteca
di fine Ottocento od inizio Novecento. Il legno si intravedeva dalle
finestre affacciate sulla piazza. Da quelle del primo piano si poteva
scorgere un ì'enorme libreria, anch'essa di legno. Una sola
targa d'oro accanto la porta d'ingresso indicava che quella era la
principale biblioteca di Lamhion, intitolata ad un certo "Mante".
Entrarono. Davanti a loro tre si stagliavano le immense librerie e i
lunghi tavoli da lettura classici delle biblioteche. Dentro non c'era
nessuno. Aspettarono al riparo e nella semi oscurità che il
tizio con l'ascia se ne andasse da quella zona, poi uscirono. Quello
era il giorno dedicato alla notte. La loro teoria fu confermata, anche
dall'uomo anziano. In Lamhion, i giorni notturni ed i giorni solari si
alternavano fra loro.
<< Senta, non abbiamo neache avuto modo di
presentarci. Noi siamo Avalon e Austin, piacere di... Ehm... Trovarci
qui insieme, credo. >>
<< Voi potete chiamarmi Dohor. Non è
il mio vero nome, ma è quello con qui tutti mi conoscono.
>>
<< Okay, Dohor. Da oggi inizia la ricerca della
verità. >> Austin sembrava apprezzare il nuovo
arrivato.
<< Ci sto. Io tornerei alla biblioteca.
Potrebbe aiutarci qualche leggenda popolare, chissà, magari
si racconta della nostra situazione. >>
<< Sì, si può provare.
Un'ultima domanda. Perchè qui il giorno e la notte occupano
un giorno intero singolarmente? >>
<< Oh, questo è uno dei misteri
più affascinanti di Lamhion. Ve lo racconterò un
giorno di questi. >>
Cominciarono ad avviarsi verso la biblioteca. Speravano
davvero di trovare qualche leggenda o storia reale che potesse aiutarli
a capire come andarsene e, magari, tornare qualche volta in visita.
Senza la pressione della possibilità del non ritorno,
Lamhion sarebbe sembrata molto più ospitale ed amichevole.
Entrarono nella biblioteca. La seconda libreria a sinistra della porta
portava incisa una scritta: "Storie popolari e racconti leggendari". I
tre si guardarono, soddisfatti. << Fa proprio al caso
nostro! >>.
Presero un vecchio volume; ad occhio, avrebe superato le mille pagine.
La carta era ormai ingiallita ed, a tratti, strappata, ma le parole
riuscivano ancora ad essere lette con facilità. Verso la
metà del libro, intitolato "Intrappolati in Lamhion - volume
1" si raccontava una laggenda che vedeva protagonista un ragazzo
intorno ai venti anni rimasto intrappolato in Lamhion.
<< Ragazzi! - Avalon posò il volume
su un tavolo e chiamò a sè i due restanti del
gruppo - penso di aver trovato qualcosa! >>
<< Avalon! Sei fantastica! >>
<< Già, i miei complimenti, ragazza.
>>
<< Leggete qui, si racconta di come questo
ragazzo sia rimasto intrappolato qui. Vado alla fine del volume...
Ecco, pagina novecentosettantasei. Ma cosa...! Il libro finisce qui,
con il ragazzo che scopre come mai è caduto qui. Basta, non
c'è nient'altro. >>
<< Aspetta, qui, sulla copertina,
c'è scritto "volume 1". Significa che nel volume due ci
sarà il resto della storia. Dobbiamo solo trovarlo.
>>
<< Brutte notizie. >>
<< Che c'è? >>
<< Il volume 2 non è qui.
>>
<< Cosa?! >>
I tre si guardarono, sconvolti.
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Capitolo 9 *** La Fine | Parte 1 ***
Capitolo 9. SDUDCIANF
Capitolo 9.
La fine | Parte 1
<< Nel caso non ve ne foste accorti, dovremmo cominciare
sul
serio ad uscire dalla biblioteca. Non avete ancora capito che qui
dentro non c'è niente? >>
<< Già, dovremmo proprio. Che ne dice, Do?
>>
<< Do?
Oh, ma per
favore, ragazzo. Cerca di chiamarmi Dohor e non Do, Re, Mi, Fa, Sol o
qualsiasi altra cosa ti passi per la testa. Mi pare che tu abbia
passato il periodo della deficienza.>>
<< Sì, infatti. Era solo per non ripeterlo
ancora. Sa, mi
sembra di avere davanti un Sid, ogni volta che la chiamo col suo nome.
Non ho mai visto Guerre Stellari, ma il suo aspetto -si fidi di me- non
aiuta di certo. E non sia così offensivo... >>
<< Voi due, finitela. Ora. Cerchiamo di uscire da questo
incubo!
>> quella fu la prima volta in cui Austin poté
constatare
la determinazione di Avalon.
Austin, Avalon e Dohor si avviarono verso l'uscita della biblioteca.
Il sole splendeva più che mai. Alternativamente al
precedente, quel giorno il sole occupava tutta la terra di Lamhion.
Avalon, incredula, aggrottò le sopracciglia, socchiudendo
gli
occhi. A terra qualcosa si agitava in balìa del vento. Una
pagina ingiallita giaceva sotto un masso. Austin la prese in mano, la
rigirò un po', poi cominciò a leggere le parole
incise a
penna. La pagina sembrava essere molto vecchia.
<< Ehi, qui c'è il nome del ragazzo
del volume 1...
Un momento, questa è la prima pagina del volume 2!
>>
I due si girarono. Sbarrarono gli occhi e chiesero ad Austin
di
ripetere ciò che aveva appena detto. Con
curiosità sempre
crescente, il gruppo stava cominciando a leggere l'incipit del
racconto. Sul retro del foglio, una scritta cubitale capeggiava, nera.
<< E qui che c'è scritto?
>> chiese Dohor. Forse non vedeva bene.
<< Dohor, sarò lieto di annunciarti
che questo
foglio rappresenta il primo passo della via d'uscita. Sembra essere una
specie di indizio. Per una caccia al tesoro, giurerei. Dice: "Questo
non è un labirinto, babbei... -Babbei?!-
La via d'uscita è più semplice da trovare di
quanto
pensiate. Mettetevi al lavoro, scansafatiche. Con affetto, Mante."
Mante? Ma non è quello della biblioteca? Bene, ora dobbiamo
trovarlo, affinchè possa dirci perché ci ha
chiamato
babbei scansafatiche... Non capisco davvero. Comunque, gente, chiunque
sia questo Mante, giurerei che ci stia spiando e che, per qualche
oscura ragione, voglia aiutarci. >>
I tre, sempre più decisi, continuarono il loro cammino.
Avalon non poteva fare a meno di contare i suoi passi: non mancava mai
di farlo quando era nervosa. Austin, intanto, rimuginava sulla pagina.
Magari quel Mante, tanto oscuro quanto misterioso, stava davvero
cercando di aiutarli, anche se non aveva nessun apparente movente per
agire in quel modo. Non riusciva a raccapezzarsi. Calciò un
ciottolo che finì vicino ad un secondo foglio sbiadito, dopo
aver rotolato per alcuni metri. Con sicurezza, Austin lo
avvicinò al viso, cerando di analizzarlo.
Richiamò Avalon alla realtà, con cui sembrava
aver perso il contatto già da alcuni minuti. La ragazza si
svegliò da quello stato di trance. << Che?!
Oh, Austin. Non avresti dovuto chiamarmi, stavo numerando i miei passi
ed ora ho perso il conto. Cosa c'è? >>
<< Vedi, Avalon, non ti avrei distratta da
quella cosa evidentemente così
importante per te, senza un buon motivo. >>
<< Uhm... E quale sarebbe questo buon motivo?
Oh... Capisco. Ci sono messaggi di Mante?
<< Uno, qui sul retro, come prima. Sai, Avalon,
comincio a sospettare che Mante abbia appositamente fatto sparire il
volume 2 dalla sua biblioteca. Ma non so ancora a quale scopo.
>>
<< Hai ragione, lo penso anche io. Ad ogni
modo, vediamo di capire il prossimo indizio. "Continuando a camminare
risolverete il mistero. Ma, badate, gli amici nascondono la propria
faccia.". >>
<< Cosa?! "Gli amici nascondono la propria
faccia"? Che diavolo vuol dire questa cazzata? Perchè questo
idiota non ci dice direttamente come si esce da questo fottuto posto?
Un incubo non potrebbe essere peggiore, cazzo! >>
<< Okay, abbiamo capito. Austin, è
meglio che tu ti riposi un po'. Facciamo una pausa, e cerca di sbollire
la rabbia. Dohor, si è fatta ser... Ehm... Il mio orologio
dice che sono le otto. Potremmo cercare un rifugio e continuare
domattina. Che ne pensi? >>
<< Austin ha sicuramente bisogno di una pausa.
Quando fa così, è meglio non girare il coltello
nella piaga. >>
Detto ciò, i tre trovarono rifugio in una casa coloniale
abbandonata non molto distante da loro. La casa aveva le pareti esterne
interamente ricoperte di carta da parati verde e decorazioni
Ottocentesche. I mobili sembravano non essere stati mai spostati dai
loro posti originari. La polvere ricopriva la maggior parte della casa.
Nonostante fosse accogliente e molto luminosa, i tre si sentirono a
disagio, quella notte. Forse agitati dal biglietto di Mante, non
chiusero occhio. Ci fu un periodo in cui Dohor sembrò aver
preso sonno. Avalon si avvicinò con discrezione ad Austin,
lo strattonò delicatamente e si avvicinò al suo
orecchio, perchè potesse sentire nonostante sussurrasse.
L'oscurità avvolgeva ogni parte della stanza, e proprio per
quel motivo, cacciò un urlo soffocato vedendo una figura
nera davanti a lui. Appena i suoi occhi si furono abituati al buio,
cominciò a distinguerla: Avalon lo stava chiamando.
<< Austin, shh! Non vorrai mica svegliarlo?
>> indicò il letto in cui Dohor sonnecchiava
pesantemente.
<< Ma no, solo che ho avuto un mezzo infarto!
Dimmi, qual buon vento ti porta a svegliarmi - se così si
può dire - alle... Tre e undici di mattina - sempre se
così si può dire -? >>
<< Ho... Dei dubbi su Dohor. Non so, qualcosa
mi dice che di Mante ci si può fidare. E se, secondo lui,
gli amici nascondono la loro faccia, c'è qualcuno che non ha
esattamente dei buoni propositi fra noi. E dato che io e te
non potremmo mai essere - senza ombra di dubbio -, il terzo
è coinvolto fino al collo. Oggi Dohor mi ha spiazzata.
Seguimi: a parte poco fa, davanti a lui non hai mai "dato i numeri",
no? >>
<< Va' avanti, ti seguo. Nonostante i tuoi
discorsi da filosofa non siano il massimo alle tre di mattina... Ehi,
senza offesa, intendo "filosofa" nel senso buono. >>
<< Sì, lo avevo capito. Comunque
sia, mi ha detto, riportando letteralmente le sue parole, che quando
fai così, è meglio non girare il coltello nella
piaga. Come fa a saperlo? Non gliene abbiamo mai parlato, né
tantomeno, datogli l'opportunità di vederti sclerare.
Sospetto, no? Credo non sia esattamente un uomo di buoni propositi. Per
questo dobbiamo evitare di parlare di qualsiasi cosa riguardi la nostra
fuga in sua presenza. Cerchiamo piuttosto di dargli informazioni false,
intuizioni sbagliate, eccetera. >>
<< Uhm... Siamo sicuri di non star prendendo un
granchio? >>
<< Più che sicuri. Allora? Che ne
dici, sei con me? >>
<< Non potei darle torto, signora Mason.
>>
<< Ehm... Da quando sarei la signora Mason? Ho
perso qualche puntata? >>
<< Nah, non si preoccupi. >>
<< E perchè mi dai del "lei"?
>>
<< Sarebbe solo una strategia per farmi dare un
bacio. Potrebbe funzionare? >>
<< Ah, in questo caso... Ci hai visto giusto,
Mason. >>
Dohor si girò lentamente. Qualche rumore lo aveva svegliato.
Aprì leggermente gli occhi, li strofinò e li
aprì del tutto. Si guardò intorno; non vide
niente. Sistemandosi di nuovo sotto le coperte, fece cadere lo sguardo
su Austin ed Avalon. Si stavano baciando. Con un rumore secco di
coperte scostate, Dohor sperò che, facendo notare loro il
fatto che fosse sveglio, non andassero oltre. Poi tossì
bruscamente ed emise un gemito di dissenso: "Puah...". Si
accasciò sul cuscino. Era impressionante come riuscisse a
dormire con il cappello e l'impermeabile addosso. Da quando lo
conoscevano, Austin ed Avalon non lo avevano mai visto senza. Altro
motivo per cui non ispirava certo fiducia alla ragazza: Austin lo aveva
sempre visto come un uomo affidabile, simpatico e totalmente onesto. Ad
Avalon tutto era sembrato, fuorchè onesto.
Il mattino seguente, ovvero il giorno dedicato alla notte, le ricerche
avevano ripreso il loro corso. "Si ragiona molto meglio quando si
è riposati, no?" Austin non si era mai sentito
meglio in vita sua. I baci di Avalon riuscivano sempre a
metterlo di buon umore. La luna era al suo ultimo quarto. L'orsa
maggiore spiccava tra le altre costellazioni minori.
<< Bene, ragazzi. Ora che abbiamo questa
seconda pagina, cosa dovremmo fare? >>
<< Una sola cosa: poco fa ho trovato un altro
biglietto. A quanto pare, Mante ha deciso di aiutarci una volta per
tutte: ci ha dato l'indirizzo di casa sua. Ecco, prendete.
>>
<< Wow, fantastico. Ora potremo finalmente
uscire di qui. Dopo ventidue anni non vedo l'ora di tornare sul London
Eye. Chissà quanto è cambiato, ora... Prima era
tutto rosso, negli anni Novanta. Ora, me lo immagino tutto bianco, al
massimo grigio, fa più stile moderno. Il rosso fa tanto
secolo scorso. >>
<< Okay, Dohor, bando alle ciance. Tu e Avalon,
seguitemi. Speriamo di trovare presto questo posto. >>
<< A proposito, dov'è?
>>
<< Uhm... Si chiama Villa Mante, c'è
scritto che si trova ad undici chilometri da qui. Probabilmente si
troverà in un prato, dato che un signore non ama certo la
città... >>
<< Eh? >> ripeterono in coro i
due.
<< Immagino che debba trovarsi in una zona
collinare o pianeggiante... Cosa c'è da capire?
>>
<< Oh, okay... >> i due si
guardarono e scrollarono le spalle. Molte volte Austin diventava
incomprensibile.
Qualche tempo dopo
Austin, che li aveva guidati fino a quel momento, si fermò
di getto. Sollevò in aria la pagina con l'indirizzo e
gridò ai due che si trovavano parecchio dietro di lui:
<< Ragazzi! Dovremmo essere arrivati! >>
Avalon e Dohor si guardarono intorno. Non c'era niente. Ma come faceva
allora Austin ad affermare di essere arrivati?
Angolo
dell'autrice
Buonsalve, o popolo! Già, mi piace iniziare
così i commenti. Sì, sì, non sono del
tutto sana di mente, ieri mi è arrivata a casa la lettera
del manicomio di Arkham... Dicevano che la mia presenza era richiesta
lì, dato quello che mi frulla in testa. Vabbè,
lasciamo i commentacci a dopo. Ho voluto inserire quest'angolo per
chiedervi di recensire le storie e darmi consigli su come migliorarmi,
ci tengo davvero. Dopo aver letto alcune storie con angoli degli autori
in ogni capitolo, ecco il più *figo* angolo di EFP! *Tutti
si chiedono quale sia l'autore*
Detto questo, spero vi sia piaciuto. Anticipazione sui
prossimi capitoli: tra poco tutto tornerà alla
normalità a Londra.
Adiòs, gente de Mexico, Espana, Argentina y otras!
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