A Rich Man's Game

di MissMeriRed
(/viewuser.php?uid=373209)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione & prologo ***
Capitolo 2: *** A volte mentire è l'unica scelta ***
Capitolo 3: *** E a volte, mentire è più semplice ***
Capitolo 4: *** Sempre mentendo, sempre pretendendo ***



Capitolo 1
*** Introduzione & prologo ***


Introduzione

Ci sono regole in ogni gioco. Ci sono linee di guida da seguire. Ci sono cose che non fai. Ci sono cose che non dici. E ci sono confini che non superi. Ma quando sei ricco, questi confini sembrano sfocare. Park Yoochun è nato ricco. Ha potuto fare tutto quello che voleva da quando era piccolo. Poteva andare dove voleva, comprare quello che voleva, poteva fare qualunque cosa. Se lo avesse desiderato, sarebbe stato suo e nessuno avrebbe detto una parola. Viveva nella sua villa, guidava una macchina sportiva, e spendeva il suo tempo con i suoi amici ricchi, parlando delle loro ricche vite e ridendo dei loro ricchi futuri. Yoochun ha capito che era a posto per tutta la vita, non avrebbe mai avuto bisogno di lavorare, mai di preoccuparsi dei soldi, mai di preoccuparsi per niente. Poi, dopo il suo ventunesimo compleanno, le cose cambiarono. Il padre di Yoochun era a capo di una delle più grandi aziende di tutta la Corea del Sud. La loro famiglia era al top del mondo degli affari ancor prima che Yoochun fosse nato e così avrebbe continuato ad essere. Ma in tutto quel tempo, mai una volta il padre di Yoochun ha chiesto a suo figlio qualcosa. Mai ha provato a controllare Yoochun, mai ha forzato Yoochun a fare qualcosa. Ma quando lo ha fatto, ha chiesto qualcosa, qualcosa che Yoochun non voleva dare. Mr. Park chiedeva a Yoochun di dare la propria mano, in matrimonio. Yoochun non ha mai pensato di sposarsi e mai lo ha voluto. È stato innamorato una sola volta, ed era finita tanto tempo prima con entrambi con il cuore spezzato. Non voleva passarci di nuovo e sicuramente non voleva sposarsi. Rifiutò la richiesta del padre e fu subito messo davanti a due scelte, sposarsi o essere rinnegato. Yoochun, che ha vissuto tutta la sua vita come un bambino viziato, non poteva, e non voleva perdere il suo denaro ora. Accettò le condizioni del padre. Così, ora Yoochun era di fronte alla realtà di doversi sposare con un completo sconosciuto, tutto mentre era innamorato di qualcun altro; qualcuno che era fuori dalle possibilità di Yoochun da raggiungere. E qui arriva la domanda del perché il padre di Yoochun gli abbia chiesto di sposarsi in primo luogo? Perché l’uomo avrebbe preso la decisione di controllare Yoochun così all’improvviso dopo tutti questi anni? Stava succedendo qualcosa di sbagliato all’azienda? Yoochun non lo sapeva ed era troppo assillato con il suo nuovo partner  per esserne preoccupato. All’inizio Yoochun ignora semplicemente il fatto di essere sposato, ma con il passare del tempo, inizia ad accorgersi del suo partner, e inizia pure ad importargli del suo partner. A Yoochun questo non piace. Innamorarsi del suo partner non era nelle condizioni. E le cose peggiorano solo, quando capisce che, il suo migliore amico Yunho, è anche caduto nel suo stesso fato; un matrimonio senza amore e forzato. Ma ciò che più preoccupa Yoochun è il fatto che il nuovo partner di Yunho abbia le stesse iniziali della persona di cui Yoochun era innamorato tutti questi anni. Yoochun si chiede se, potrebbe essere la stessa persona? Deve scoprirlo e trovare se la risposta sia sì. Se il partner del suo amico è davvero la persona che Yoochun ha amato, farebbe qualunque cosa per riprendersela. Ma sapeva che, ogni gioco ha le proprie regole e le proprie conseguenze per averle infrante. E per il ricco, le conseguenze possono non essere perdonate e mortali. Questo è un racconto di matrimoni forzati, amori non corrisposti, e ordini del giorno nascosti; un racconto di dolore, ossessione, odio, bugie, segreti, e avidità. Un pericoloso e mortale gioco dove il vincitore riceverà quello che ogni persona ricca sogna e farebbe qualunque cosa, forse anche uccidere, per i soldi. Ci sono regole in questo gioco, e Park Yoochun le ha appena infrante.
 

 
Prologo: Assomiglia ad un matrimonio, ci si sente come ad un funerale.

Park Yoochun stava in piedi in fondo del corridoio. Indossava un abito nero che si adatterebbe sia per un matrimonio che per un funerale. Non era molto sicuro su quale dei due avrebbe preferito. Si trovava in una chiesa; le persone riempivano le panchine vestiti con il loro decorato abbigliamento. Gli uomini tenevano i capelli curatissimi, i colli delle donne e i polsi traboccavano di gioielli, non un solo bambino era presente nello stabile. C’erano fiori appesi ai bordi delle panchine, appesi dalla soffitta, e riempivano vasi dai entrambi lati dell’altare. Il tappeto era rosso cremisi e le grandi finestre colorate mostravano immagini di piangenti donne e uomini in dolore. Yoochun pensò che era adatto alla situazione.
Era il giorno del suo matrimonio e il giorno più brutto della sua vita. Non voleva sposarsi; anzi, era una delle ultime cose che avrebbe voluto fare. Suo padre lo stava forzando a farlo. Il padre di Yoochun, lo stesso padre che non ha mai detto di fare niente a suo figlio, ora lo stava forzando in matrimonio. Di sposarsi un completo sconosciuto! Yoochun non ha mai visto l’uomo con cui è stato forzato a sposare. Sì, l’uomo. Quando suo padre ha menzionato per la prima volta il matrimonio, Yoochun ha creduto che sarebbe stata una qualche noiosa ricca volpe che avrebbe dovuto sopportare. Ma suo padre lo ha sorpreso dicendo che il suo nuovo compagno sarebbe stato un uomo; un ricco ragazzaccio, proprio come lui. A Yoochun non importava, non gli sarebbe importato del suo nuovo partner, che fosse uomo o donna. Aveva già deciso che avrebbe ignorato l’uomo. Non avrebbe sprecato tempo cercando di fingere di essere felice per il matrimonio.

Questo sarebbe il motivo per cui se ne stava rigido in fondo al corridoio, apparendo come se fosse di pietra. Suo padre sedeva sulla panchina in fronte a lui, la madre di Yoochun affianco a lui. Lei stava irradiando felicità. Non sapeva che il matrimonio era non voluto. Non sapeva della scelta che suo marito aveva dato a suo figlio. Credeva che il matrimonio era qualcosa che Yoochun voleva e lui la amava e voleva che fosse felice, così tanto che non poteva dirle la verità. Così poté solo annuire e sorridere quando lei continuava a parlare del matrimonio, tutto mentre la rabbia dentro di lui si incolleriva.

Yoochun si spostò, quando sarebbe iniziato questo dannato matrimonio? Voleva che questo terribile evento finisse il più presto possibile. Ma al tempo stesso, non voleva che questo matrimonio avesse mai avuto inizio. Voleva aspettare per sempre. Il suo migliore amico, Jung Yunho stava al suo fianco, vestito con uno smoking tradizionale. Il matrimonio era un falso ed era una cosa terribile nella mente di Yoochun, ma era l’unico matrimonio che avrebbe mai avuto e aveva promesso a Yunho che sarebbe stato il suo testimone tanto tempo fa. Così era riuscito a mantenere la promessa e ha lasciato l’uomo prendere quell’importante ruolo. Era una delle poche promesse che Yoochun era mai riuscito a mantenere con successo. Si guardò attorno e vide alcuni degli ospiti chiacchierare rumorosamente. Non li conosceva. Certo, poteva prendere qualche faccia a caso che aveva visto alle cene che i suoi genitori avevano organizzato, ma non conosceva veramente qualcuno di loro. Se fosse stato lui ad organizzare questo matrimonio, nessuno di loro sarebbe stato invitato.

Ma non era lui l’organizzatore del matrimonio. Sembrava che non fosse più nemmeno lui ad organizzare la sua vita. Se lo fosse, ci sarebbe qualcuno di molto diverso a camminare lungo il corridoio. Qualcuno che farebbe sorridere Yoochun anche solo esistendo; qualcuno che era la stella del mondo di Yoochun; qualcuno che ora era lontano da raggiungere. Yoochun respirò a fondo e forzò tutto quel dolore così familiare ad tornare dentro. Non avrebbe lasciato che oggi si sarebbe visto il suo dolore. Non con tutte quelle persone a guardare. Se c’era una cosa che aveva imparato dall’essere ricco, era che il tuo aspetto e come le persone lo percepivano, era tutto.

“Stai bene?” Yunho sussurrò accanto a lui. L’uomo sapeva tutto di Yoochun forzato in un matrimonio. Sapeva delle scelte date all’amico e lo odiava.

Yoochun annuì. Non voleva parlare al momento. Sapeva che se lo avrebbe fatto, avrebbe detto qualcosa che avrebbe fatto arrabbiare suo padre. Non che gli importasse, ma sapeva che avrebbe scosso anche sua madre e non aveva intenzione di farlo. Non oggi, mai.

“Sto bene.” Sussurrò indietro in tono uniforme.

Suo padre gli sorrise dalla panchina di fronte e Yoochun gli mandò un’occhiataccia. Yoochun non ha mai avuto una buona relazione con suo padre, ma ora lo odiava. Lo detestava per quello che ha fatto. All’improvviso si sentì della musica e la stanza si azzittì. Yoochun si irrigidì alla ben conosciuta marcia della sposa, o in questo caso marcia dello sposo, che si udì dagli altoparlanti. Gli invitati si alzarono in piedi e gli voltarono le spalle. Yoochun si raddrizzò e guardò la grande porta doppia alla fine del corridoio. Ecco qui, stava per dare via la sua vita, alla persona sbagliata.

Le porte si aprirono e Yoochun guardò come due figure apparirono. Una un uomo più vecchio vestito in uno smoking nero, il suo braccio collegato al braccio del secondo, un uomo molto più alto. Il secondo uomo, che era giovane, attorno all’età di Yoochun sembrava, era vestito in uno smoking interamente di bianco. I suoi capelli erano neri e lui era giovane, era tutto quello che Yoochun notò prima che distolse lo sguardo. Non voleva vedere l’uomo.

Yoochun si sentiva male. Stava per perdere la sua libertà. Stava per perdere la sua felicità, non che ne avesse mai avuta tanta per cominciare. Ebbe l’improvviso istinto di voltarsi e correre, diritto fuori dalla porta e nelle braccia della persona che amava veramente. Ma sapeva che avrebbe sofferto se avesse fatto così. Suo padre avrebbe già detto chiaro e tondo che se Yoochun si sarebbe rifiutato a fare come gli era stato ordinato, sarebbe stato rinnegato dal patrimonio di famiglia. E per un ragazzo ricco, che ha vissuto tutta la sua vita in lussuria, un ragazzo come Yoochun, era uno delle minacce peggiori con cui lo si potesse ricattare. Yoochun non poteva perdere i suoi soldi. Non i suoi soldi.

Gli uomini si fecero strada per il corridoio, a cui sembrava metterci un secolo per Yoochun. Quando finalmente arrivarono all’altare, il più vecchio dei due diede un abbraccio al più giovane e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il più giovane annuì e sorrise un triste sorriso. Yoochun cercò di non notarlo, ma sentì un piccolo colpo al suo cuore. Si chiese se, l’altro uomo, il suo futuro marito, fosse anche forzato nel matrimonio? Si era preoccupato troppo a sentirsi dispiaciuto per se stesso che non si era nemmeno degnato a chiedere. Oh, beh, non importava. Yoochun non avrebbe, sotto nessuna circostanza, provato alcun tipo di compassione per l’altro uomo se fosse dalla parte disposta al matrimonio oppure no. Non gli sarebbe importato del marito; se lo era già promesso. Non gli sarebbe mai più importato di qualcuno. Fa troppo male. L’uomo vestito di bianco camminò avanti così che si trovasse davanti a Yoochun, l’altro si rifiutava di guardarlo. Yoochun si voltò a guardare il prete, come richiesto, ma non lo vide veramente o ascoltò una parola che disse.

Memorie di un tempo molto più felice danzavano davanti agli occhi di Yoochun, bloccando la realtà del presente. Memorie della persona che tenevano e che ancora tenevano il cuore di Yoochun; la persona che era stata così dolorosamente strappata via da Yoochun. La persona che non avrebbe mai più tenuto. Yoochun poteva sentire le lacrime formarsi dietro ai suoi occhi, ma le forzò indietro. Non avrebbe pianto oggi. Guardò avanti e così avrebbe continuato a fare, se non per qualcuno, probabilmente suo padre, che si schiarì la gola dietro di lui. Guardò la faccia in attesa del prete. Deve aver chiesto a Yoochun di dire i suoi giuramenti. Non c’era niente che volesse dire di meno, ma poteva vedere l’espressione piena di aspettative di sua madre e la sua faccia felice dall’angolo del suo occhio e sapeva anche che suo padre lo stava guardando intensamente. Così si voltò verso il prete e annuì. Ripeté le parole che il prete disse, senza davvero pensarle. Subito appena finì, Yoochun attenuò il rumore. Tutto quello che poté sentire era l’aumento del ruggito del suo dolore attraversargli la mente e il cuore.

Restò fermo, sentendosi vuoto e freddo, mentre l’altro uomo ripeté il giuramento. Poi il tempo degli anelli arrivò. Yoochun ricevé l’anello da Yunho e si allungò prendendo la mano del suo compagno. Aveva pianificato di incepparsi con l’anello e ferire l’altro uomo, ma all’improvviso si sentiva così stanco. Aveva solo la forza di far scivolare l’anello sull’anulare dell’uomo prima di far cadere le proprie mani. Yoochun non guardò l’altro uomo mentre fece scorrere l’anello al dito di Yoochun. Il prete disse ancora un paio di cose che Yoochun non sentì prima che pronunciò le terribili parole.

“Vi dichiaro ora sposati, partner equali, per sempre, finché morte non vi separi.”

Il cuore di Yoochun si chiuse in quel momento. Si chiuse a chiave in se stesso con le memorie del suo amore via, da mai più riportare indietro. Mai avrebbe lasciato entrare qualcuno, mai avrebbe amato. Ora era l’uomo dal cuore di ghiaccio che in molti gli avevano insegnato di essere e l’uomo che una volta era stato, non molti mesi prima. Il suo cuore si era ghiacciato e l’unico che avrebbe potuto scioglierlo, la persona che l’aveva sciolto prima, per Yoochun era perso per sempre.

“Potete baciare lo sposo.” Disse il prete.

Yoochun voleva urlare che non avrebbe mai voluto baciare quell’uomo, colui che ora era suo marito; perché baciare quell’uomo avrebbe sigillato il destino di Yoochun; il terribile fato di un matrimonio forzato e senza amore. Ma Yoochun poteva sentire la voce del padre nella sua testa. ‘Sposalo o perderai ogni centesimo che hai.’ Yoochun non poteva farlo, non poteva essere povero. Strinse i denti e avanzò chinandosi verso l’uomo in bianco per dargli un rigido, insensibile bacio sulle labbra prima di tirarsi via. L’altro uomo rimase fermo, senza fare un solo movimento. Il pubblico di invitati che stava guardando esplose in un grande applauso e si alzò in piedi.  Yoochun girò subito sui tacchi, non volendo sentire le loro congratulazioni o i buoni auguri. Perché ne avrebbe bisogno? Questo matrimonio non aveva niente per cui celebrare.

Si spinse tra la gente e camminò fuori dall’edificio, abbandonando la sua famiglia, il suo migliore amico, e il suo nuovo partner, dietro. La sua macchina sportiva era parcheggiata fuori, aspettava solo di aiutarlo a scappare appena fosse sicuro che potesse. Marciò verso di essa e sbloccò la porta. La aprì e sarebbe entrato, se non fosse stato per suo padre e la sua apparizione in quel momento.

“Yoochun, dove stai andando?” Chiese. Sembrava tutt’altro che compiaciuto.

“Il patto era che mi sposavo, non che dovevo restare per tutte le stronzate che venivano dopo.” Yoochun disse freddo.

Suo padre scosse la testa. “Gli invitati non saranno contenti.”

“Dì agli invitati di andare al diavolo,”

‘E mentre lo fai, dì a loro di portarti con sé.’ Yoochun aggiunse nella sua mente. Stava evitando lo sguardo di suo padre. Non poteva lasciare che l’uomo vedesse quanto tutto questo lo stesse ferendo.

“Va, allora,” suo padre lo sorprese. “Preferisco che te ne vada e spiegare agli invitati, piuttosto che averti qui ad imbarazzarmi  e a fare l’idiota.”

Yoochun credeva che il disappunto di suo padre verso di lui avrebbe smesso di far male tanto tempo fa, ma suo padre sembrava di trovare sempre un modo per far dolorare il cuore di suo figlio. Yoochun annuì rigido e entrò in macchina.

“Sei andato bene, Yoochun. I soldi sono ancora tuoi, fino a quando rimarrai sposato con lui.” Suo padre disse e Yoochun poté sentirlo dal finestrino aperto.

Yoochun non disse niente. Non poteva dire niente. Non sapeva cosa dire. Avrebbe dovuto restare sposato con l’uomo in bianco per sempre. Sarebbe dovuto rimanere da solo e infelice per sempre. Ma avrebbe avuto i suoi soldi. Per la prima volta nella sua vita, Yoochun si chiese se i soldi ne sarebbero valsa la pena. Decise che lo era, anche se sarebbe dovuto rimanere sposato con quel…

Yoochun realizzò che non sapeva nemmeno il nome di suo marito. Era sicuro che suo padre lo aveva menzionato prima, ma non gli era importato abbastanza da prestare attenzione. Ancora non gli importava, ma sapeva che avrebbe dovuto imparare il nome del compagno per fare come il padre gli aveva detto di fare e, facendo così, tenendo i soldi. Mr. Park si era voltato e si stava dirigendo verso la chiesa.

“Abeoji,” Yoochun lo chiamò.

Mr. Park si girò. “Sì?”

“Qual è il nome di mio marito?” le parole erano come veleno sulla lingua di Yoochun.

Mr. Park sorrise, vedendo quello che suo figlio stava tentando di fare.

“Shim Changmin.” Disse.

Yoochun annuì, girò le chiavi, e scappò via, più veloce di quanto la legge gli potesse concedere. Ma non gli importava, doveva andarsene. Doveva lasciarsi tutto alle spalle. Doveva lasciare la sua madre felice, il suo padre soddisfatto, il suo preoccupato miglior amico, e il suo nuovo marito dietro. Doveva andar via, via da tutti loro e via dai dolorosi ricordi che riempivano la sua mente. Le memorie di colui che ha veramente amato; colui che non avrebbe mai più rivisto. Colui che aveva perso per sempre. Yoochun doveva andare via da tutto questo.

Park Yoochun schiacciò sul pedale del gas e guizzò via, lasciandosi tutto alle spalle; tutto, tranne il dolore nel suo cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A volte mentire è l'unica scelta ***


Park Yoochun sedeva al bordo del suo letto. Era da solo. Non c’era nessun’altro con lui nella casa. Era silenzioso, e Yoochun non sapeva se gli piacesse o meno. Sedeva con la testa tra le mani. Faceva male, aveva un’emicrania e sapeva che la causa erano le mezze dozzine di bottiglie di Soju che aveva ingoiato la notte prima. Dannazione, non avrebbe dovuto lasciare i suoi amici convincerlo a restare per un altro giro. Finiva sempre così, con Yoochun che se ne andava con un’emicrania e a sprecare il giorno gemendo nel dolore. Non ha mai imparato niente, vero? Almeno questo volta non si è svegliato con accanto una ragazza sconosciuta che non ha mai visto prima. Quello era sempre problematico. Non aveva bisogno di quello in questo momento, suo padre lo avrebbe ucciso.

Yoochun sospirò e si alzò. Secondo suo padre, non doveva più comportarsi in questo modo. Non aveva più il permesso di andare a feste con i suoi amici tutte le sere. Non aveva più il permesso di passare la notte con ragazze a caso. Non aveva più il permesso di essere libero. Ora era sposato. Il solo pensiero lo faceva stare male. Lo odiava, tutto quello che voleva era alzarsi e realizzare che era tutto solo un brutto sogno. Ma, era vero. C’erano testimoni che potevano provarlo. Come poteva essere accaduto tutto questo? Come ha potuto suo padre fargli questo? Come poteva la sua libertà essere rubata così all’improvviso e crudelmente? L’unica consolazione era il fatto che aveva ancora i suoi soldi. Non importava ciò che sarebbe accaduto, i soldi erano la cosa più importante.

Yoochun scosse la testa, e si pentì subito della sua azione. Strinse la testa e barcollò verso la porta. La stanza stava girando e doveva andare lentamente. Andò al piano inferiore scendendo le scale e fu grato di vedere che le tende erano ancora chiuse. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era la luce del sole brillare e penetrare nei suoi occhi. Strizzò gli occhi entrando nell’oscuro salotto e si guardò attorno. Non si era ancora abituato alla nuova casa. Voleva rimanere nella sua vecchia villa, quella in cui era vissuto per i quattro anni passati, ma suo padre e sua madre gli avevano preso una casa come regalo di nozze e hanno insistito perché ci vivesse, solo un altro modo con cui suo padre gli stava rovinando la vita. “È per te e per il tuo nuovo marito per iniziare una nuova vita insieme.”

Questo è quello che la madre di Yoochun gli ha detto con un grande sorriso sulle labbra. Yoochun avrebbe voluto dirle he non aveva intenzione a iniziare nessun tipo di vita con il suo nuovo compagno, ma lei sembrava così felice, Yoochun non ne era capace. Non poteva ferirla. In più, suo padre lo stava fissando da dietro le spalle di sua madre tutto il tempo, minaccioso. Così, Yoochun ha accettato l’avvertimento e si è trasferito nella dannata villa. Ma, come se il fato fosse dalla sua parte, non doveva preoccuparsi di iniziare una nuova vita o il suo piano di pretendere di farlo. Il suo compagno non si era ancora trasferito con lui. Per ora.

Erano passati mesi dall’orribile matrimonio e Yoochun non aveva ancora visto il partner. Aveva imparato da suo padre che il suo compagno era un completo maniaco del lavoro e che aveva insistito per fare ancora degli ultimi ritocchi prima di trasferirsi nella casa. Mr. Park ha detto che l’uomo era partito direttamente dopo il matrimonio per andare in un ufficio a Busan e se ne sarebbe stato lì per almeno due mesi e mezzo. Non che Yoochun importasse; anzi, stava celebrando la sua fortuna. Ancora qualche mese finché la sua libertà sarebbe davvero finita.

Yoochun andò in cucina e camminò verso il frigorifero. Aprì la porta e sbirciò all’interno, ma decise di sentirsi troppo male per mangiare qualcosa. Chiuse la porta e ci si appoggiò, chiudendo gli occhi. Sentiva dolore nella sua testa, ma sentiva anche dolore nel suo cuore. Doveva liberarsi di questa sensazione, doveva fermarla. Il dolore non gli stava facendo nulla di buono. Non avrebbe fatto sparire la terribile realtà che ora era sposato. Non avrebbe fatto tornare la persona che amava. Non avrebbe fatto nulla che fargli del male.

In quel momento il telefono iniziò a squillare, e a Yoochun, sembrava come se il volume fosse stato messo al massimo. La sua testa pulsò mentre andò a prendere la cornetta del telefono.

“Pronto?” sbottò, tenendosi la testa.

“Yoochun-ah?” la voce di sua madre si sentì dall’altra parte della linea. “Sei tu?”

Yoochun abbassò la cornetta dal suo orecchio e sospirò. Non voleva parlare con sua madre in questo momento. Tutto quello che faceva era mentirle. Lei non sapeva la verità, e comunque, bisognava mentirle. Yoochun ci aveva preso l’abitudine, di mentirle, e poteva farlo bene, ma c’era sempre il rimorso che sentiva dopo. Sapeva che non aveva scelta, così riportò la cornetta del telefono all’orecchio.

“Umma, come stai?” cercò di far sentire la sua voce meno abbattuta che poteva. Per sua madre, Yoochun era un uomo felice che si era appena sposato l’amore della sua vita. E anche se non era nemmeno un poco vicino alla realtà, doveva sembrare felice per il suo bene; lui doveva vivere una vita di menzogne per la sua felicità.

“Sto bene, Chunnie-ah,” disse allegramente. “Quello che voglio sapere è, tu come stai?”

C’erano così tante cose che Yoochun voleva rispondere a quello, eppure decise per quello che non era vero.

“Sto alla grande,” Yoochun disse la bugia e poteva sentirla bruciare nella sua gola. Poteva mentire a chiunque e poteva farlo bene, ma le uniche bugie di cui si era mai sentito male, erano quelle dette a sua madre. Lei meritava di meglio.

Sua madre sembrava che stesse sorridendo. “Sono felice di sentirtelo dire.” La sua voce era così alta che feriva la testa di Yoochun, ma rimase in silenzio. “Dimmi, hai parlato con tuo marito?”

‘Tuo marito’ queste parole facevano sentir male Yoochun. Non voleva che fossero reali. Ma lo erano.

“Certamente,” mentì lisciamente. “Mi chiama ogni sera.”

L’uomo non aveva mai chiamato Yoochun. Non sapeva nemmeno il numero di cellulare dell’uomo. Anzi, Yoochun non aveva mai sentito la voce del suo compagno. Ma sua madre non aveva bisogno di saperlo.

“Omo!” esclamò felice. Yoochun dovette strattonare il telefono via dal suo orecchio, la sua testa faceva così tanto male. “Meraviglioso,” Yoochun non disse niente. Non c’era niente da dire.

“Chunnie,” sua madre iniziò eccitata. “Stavo pensando, tu e tuo marito state assieme da due mesi ormai! Il tempo vola così velocemente.”

Due mesi. Yoochun affondò nel pavimento. Già due mesi gli erano stati presi via. Come poteva essere già così tanto tempo?

“Ho sentito da tuo padre che tuo marito sarà presto di ritorno e volevo organizzare una festa in onore del tuo anniversario di due mesi.”

Yoochun non rispose. Non voleva una festa, non voleva festeggiare. Voleva piangere ed essere arrabbiato. Voleva essere libero e voleva stare con colui che amava veramente. Ma era impossibile. Forzò la sua voce a non tremare e disse,

“Sarebbe fantastico, Umma. Grazie.”

“Assa!” esultò felice. *Grazie, Chunnie. Non preoccuparti; mi assicurerò che sarà una bellissima festa. Mi prenderò cura di tutto; tutto quello che dovrai fare sarà portare tuo marito.”

“Sì, Umma.” Disse debolmente.

“Yoochun? Stai bene?” chiese, triste che il suo entusiasmo non era condiviso.

“Sì,” disse cercando di suonare più eccitato. “Ci vediamo presto.”

“D’accordo,” sua madre disse. “Ti voglio bene, tesoro.”

“Ti voglio bene anch’io.” Disse e attaccò.

Non poteva più parlare; non voleva più mentire. Lasciò cadere il telefono per terra e fece cadere anche la sua testa ancora dolorante tra le mani. Sentì una singola lacrima scivolare giù per il suo volto. Non voleva sentirsi così, non voleva vedere il volta che ora stava danzando dietro ai suoi occhi. Yoochun poteva sentirsi trascinato ancora una volta giù nell’oscurità.

No. Aprì i suoi occhi e asciugò la faccia. No, non si sarebbe sentito così, o se le facesse, avrebbe finto che non lo fosse. Si alzò in piedi e, ignorando il dolore lancinante alla testa, si vestì e si assicurò di essere presentabile, nessuno avrebbe creduto alla sua bugia se avesse un aspetto orribile. Prese poi la giacca e il cellulare prima di andare fuori dalla porta e entrare in macchina. Accese  il motore e si preparò a guidare via.

Se c’era qualcosa che i ragazzi ricchi facevano meglio di spendere soldi; era mentire. Yoochun mentirebbe a chiunque, anche a se stesso. Mentirebbe e fingerebbe di essere okay. Lo ha fatto prima, e lo farebbe di nuovo. Premette il pedale del gas e partì.

Avrebbe mentito. Doveva mentire.


 




Yoochun buttò indietro la testa e mandò giù il contenuto del bicchiere. Era la sua terza bottiglia di alcool nell’ultima ora. Si ritrasse quando il bruciante liquido toccò la sua gola, causando una forte esplosione e sensazione di bruciore. Sbatté la bottiglia sul tavolo.

“Wow, vacci piano, Hyung.” Cho Kyuhyun disse, prendendo la bottiglia dalle mani dell’uomo.

Yoochun sbeffeggiò. “Perché? Siamo ricchi, facciamo quello che vogliamo, ricordi?”

Lo disse come una battuta, ma lo intendeva veramente. Era seduto all’interno di un club, nella stanza al piano superiore che era stato prenotato e preparato specialmente per loro, come sempre. Si incontravano sempre in questa stanza quando volevano bere e parlare e fuggire dalle loro famiglie e regole. Yoochun sedeva al tavolo che ora traboccava di bottiglia e Kyuhyun era seduto accanto a lui. Han Geng, o Hankyung come era meglio conosciuto, stava appoggiato alla parete, una bottiglia chiusa nelle sue mani. Il loro amico, un uomo chiamato Kim Jongwoon, ma chiamato da tutti Yesung, stava parlando forte al telefono vicino all’angolo della stanza.

Yoochun conosceva gli uomini da anni, avendo frequentato la scuola con sia Kyuhyun che Yesung. Hanno incontrato Hankyung più tardi, quando la sua famiglia si è trasferita nella Corea del Sud dalla Cina per prendere controllo di un’altra azienda. A Yoochun piacevano e a loro piaceva lui. Ma non erano niente come Yunho. Lui avrebbe ascoltato qualunque cosa Yoochun avesse detto e lo avrebbe aiutato con i suoi problemi, ma questi ragazzi, erano quelli a cui Yoochun piaceva chiamare compagni di bevuta. A loro piaceva ubriacarsi e festeggiare e così era; non parlavano molto dei loro sentimenti. E, sotto le circostanze presenti, questo si adattava perfettamente a Yoochun.

“Perché sei così frustrato?” Hankyung chiese. Yoochun lo guardò. L’uomo era alto e aveva i suoi capelli sbiancati di un biondo platino, con cui si scontrava orribilmente al suo vestito grigio che indossava. Ma questo non sarebbe stato importante per il Chinaman. Yoochun sapeva che anche se l’uomo dava l’impressione di essere calmo e docile, in realtà era ribelle e non gli importava niente di quello che chiunque, famiglia inclusa, avesse detto su di lui.

Yoochun si strinse semplicemente nelle spalle come risposta. Afferrò un’altra bottiglia e la aprì. Era lì per dimenticare quello di cui era frustrato, non per parlarne.

“So cosa gli frulla per la testa.” Kyuhyun disse con un sogghigno.

Yoochun lo guardò e gli mandò un’occhiataccia. “E cosa sarebbe?”

Kyuhyun scosse le spalle e si chinò in avanti. “Sei preoccupato che ora che sei sposato, non potrai più divertirti.”

Yoochun gli mandò uno sguardo e sorrise falsamente. Non erano i migliori osservatori del mondo, ma anche se lo fossero, non sarebbero mai riusciti ad indovinare il vero problema. Nessuno lo sapeva oltre a Yunho, Mr. Park, e ovviamente, Yoochun stesso.

“Certamente,” Yoochun mentì. Mentiva così facilmente.

Yesung che stava parlando al telefono fece una pausa dalla sua chiamata per dire,

“Forza, Chun, non è così male.”

“Fa silenzio, Jongwoon.” Kyuhyun sbottò. “Tu non sei nemmeno sposato.”

Yesung alzò le spalle e tornò alla sua chiamata. Kyuhyun lo guardò per un attimo prima di tornare a Yoochun.

“Solo perché sei sposato, non significa che la tua vita è finita. Credimi.” L’uomo disse, prendendo un sorso del suo drink.

Yoochun scosse la testa. Non vedeva come l’uomo potesse aver ragione, ma di nuovo, Kyuhyun era già sposato da due anni mentre Yoochun, da poco più di due mesi. Kyuhyun era stato fidanzato da quando aveva dieci anni. Era stato deciso dall’azienda di suo padre e di quella di un vecchio amico di famiglia che volevano fondersi e creare una, gigante azienda. I Cho avrebbero preso il controllo e l’avrebbero gestita, ma l’altra famiglia, i Lee, avrebbero condiviso la ricchezza. Mr. Lee voleva garantire che la sua famiglia ricevesse il denaro a cui erano promessi, così gli era stato suggerito di far sposare suo figlio e quello dei Cho. Mr. Cho accettò e i loro figli si sposarono appena entrambi ebbero l’età per farlo, Kyuhyun diventando uno.

Kyuhyun annuì. “Credimi; puoi ancora divertirti quando sei sposato. Puoi fare quello che vuoi, basta che non lo fai sapere alla tua e alla famiglia del tuo compagno.”

Yoochun sorseggiò il suo drink e lo guardò. Non poteva importargli di meno di quello che stava dicendo, ma doveva fingere che lo stava ascoltando.

“Cosa intendi?” chiese.

“Intendo  che, io sono sposato con Sungmin da due anni e lui e la sua famiglia non hanno mai scoperto niente su quello che ho fatto. Non sa neppure di Seohyun.” Kyuhyun disse, nominando la sua nuova ragazza. Yoochun l’ha vista e la odiava. Non ha mai conosciuto il compagno di Kyuhyun, ma anche se lo avesse fatto, non gli avrebbe detto delle opere del marito. Non era un suo problema. Hankyung stava fissando Kyuhyun, ma il più giovane non poteva vederlo avendo la schiena voltata verso di lui.

Yoochun annuì. Non voleva parlare dell’essere sposati; non voleva parlare di libertà. Voleva solo dimenticare. Iniziò a bere di nuovo e gli altri si aggregarono a lui molto presto. Yesung finì la sua chiamata e si avvicinò al tavolo. Parlarono del più e del meno, niente di importante e niente che avrebbero ricordato la mattina dopo. Dopo un po’ Yesung, che era diventato completamente ubriaco, menzionò qualcosa sulla conversazione fatta prima.

“La differenza tra il matrimonio di Kyu e quello di Chun è che, Chun voleva sposarsi mentre Kyu no.” Mormorò prima di cadere sul tavolo, inconscio. Yoochun, che era anche ubriaco, guardò all’uomo caduto e rise.

“Voleva sposarsi?” ripeté. Scosse la testa. Non voleva sposarsi. Non amava il suo compagno; odiava per la sua sola esistenza. “Credi che io abbia voluto sposarmi?”

Kyuhyun e Hankyung lo guardarono. Kyuhyun era ubriaco, ma gli occhi di Hankyung sembravano allerti.

“Non volevi?” Kyuhyun chiese sorpreso. “Tua madre ha detto che tu e il tuo compagno siete innamorati e volevate sposarvi.”

Gli occhi di Yoochun si spalancarono alla realizzazione di aver quasi rotto la promessa che aveva fatto con suo padre, la promessa di fingere come se avesse amato il suo partner. La promessa che aveva fatto per proteggere la felicità della madre.

“C…Certo,” Yoochun assicurò velocemente. “Ovvio che volevo.” Cercò di farlo sembrare convincente, ma era troppo ubriaco per sapere se avesse fatto un buon lavoro o meno. Gli altri gli credettero o erano, come lui, troppo ubriachi per notare la bugia. Kyuhyun appoggiò la testa sul tavolo e chiuse gli occhi. Hankyung continuò a fissare Yoochun con uno sguardo ricercatore. All’improvviso tutto quello che Yoochun voleva fare era tornare a casa. Sapeva che era troppo pericoloso guidare, così digitò il numero di Yunho. Yunho non era contento di sentire dove si trovava Yoochun, ma accettò di venire a prenderlo. Yoochun lo ringraziò e attaccò, rimettendo il cellulare nella sua tasca.

Si voltò per vedere come Hankyung lo stesse ancora osservando. “Cosa?” Chiese, sentendosi a disagio sotto il suo sguardo.
Hankyung  mosse le spalle. “Niente.”

“Bene, me ne vado.” Yoochun disse alzandosi a fatica sui suoi piedi. Afferrò il suo cappotto e iniziò ad incamminarsi verso la porta. Era quasi arrivato quando Hankyung parlò.

“Ami davvero il tuo compagno, Yoochun?” L’uomo più grande domandò.

Yoochun si fermò e non si voltò a guardarlo. No, non lo amava. Questa era la risposta alla domanda. Yoochun non amava il suo compagno. Ma nessuno aveva bisogno di saperlo. Nessuno poteva saperlo.

“Con tutto il mio cuore,” Yoochun  lasciò scivolare la bugia dalla sua bocca e poté sentire il suo cuore schiacciato di nuovo. Non aspettò una risposta e si avviò davanti alla porta per aspettare Yunho. Il suo amico arrivò un momento più tardi e aiutò Yoochun a entrare in macchina senza dire una parola. Più tardi stavano viaggiando sulla strada verso la nuova villa di Yoochun. Erano quasi arrivati quando Yunho ruppe il silenzio.

“Stai bene, Yoochun?” il suo amico chiese piano.

Yoochun si limitò a guardare fuori dalla finestra. “Sto bene, Yunho.”

Yunho annuì e lasciò perdere, anche se non gli credeva. Sapeva che non c’era nessun modo per far dire la verità a Yoochun, nessun modo per lasciarli far uscire il dolore. Sapeva che Yoochun era fissato nella sua bugia. Yunho sapeva, se c’era una cosa che i ragazzi ricchi potevano fare meglio di spendere soldi, era mentire.

Sapeva che se c’era qualcosa che Yoochun poteva fare meglio di chiunque altro; era la sua abilità di mentire e di mentire bene.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** E a volte, mentire è più semplice ***



Era tardo mattino quando Yoochun aprì gli occhi per la seconda volta quel giorno. Si era svegliato qualche ora prima, quando era ancora buio, aveva un così forte mal di testa che ha dovuto prendere alcuni antidolorifici e poi tornare a dormire. Questa volta svegliarsi era stato meglio. I postumi della sbornia erano passati. Il dolore nel suo petto rimase però. Ma Yoochun sapeva che non c’era modo di liberarsi di quella sofferenza; il dolore era lì per restare. Sospirò e, mantenendo la testa nel cuscino, si guardò attorno nella stanza. Il sole si versava dalla finestra, illuminando la stanza con un vivace calore che non era il benvenuto da Yoochun. Le pareti erano spoglie e niente decorava gli scaffali o la parte superiore dei mobili. Nessuna immagine, tranne per un quadro, che sarà costato probabilmente una fortuna, appeso sulla parete. Se non fosse per le lenzuola aggrovigliate del letto, la stanza apparirebbe completamente priva di vita; come se nessuno ci vivesse. Yoochun sperava che fosse vero.

Si alzò dal letto e camminò verso la finestra. Era splendente e allegro fuori; troppo allegro per Yoochun. Faceva male solo a guardare. Quella persona, quella che aveva il cuore di Yoochun, amava questi tipi di giorni. Ricordarsi di questo lo feriva; si voltò dalla finestra disgustato e camminò verso il bagno. Si preparò in fretta e si avviò giù per le scale. Passò via l’entrata principale e fu sorpreso di vedere che tutte le tende erano state tirate e i noiosi raggi del sole entravano da tutte le parti. Questo fece arrabbiare Yoochun. Aveva chiesto al personale di aprire le finestre? No, non lo aveva fatto di sicuro. Tutto il personale sapeva che preferiva una casa oscura. Si guardò attorno sperando di vedere una cameriera o due per urlarle contro. Urlare ai domestici lo faceva sempre sentire meglio. A suo disappunto non vide nessuno. Bofonchiò una maledizione e entrò in cucina. Si gelò sul posto.

Lì, accanto al bancone, vi era un uomo; una persona che Yoochun non aveva mai visto prima, ma sembrava il minimo familiare. Ma familiare o meno, di certo non apparteneva alla casa di Yoochun.

“Chi diavolo sei tu?” Yoochun reclamò.

L’uomo alzò lo sguardo e Yoochun fu sorpreso di vedere che non sembrava il minimo preoccupato.

“Io?” L’uomo chiese, indicando se stesso.

Yoochun gli mandò un’occhiata feroce. A chi altri poteva parlare?

“Sì, chi diavolo sei?” ripeté.

L’uomo scosse la testa. “Non lo sai?”

Yoochun gli diede un’occhiata da più vicino, ma niente attirò la sua attenzione dell’uomo o gli diede un indizio sulla sua identità. La sua faccia sembrava mostrare i suoi pensieri, e l’uomo scosse di nuovo la testa.

“Sono tuo marito.”

La confusione era sparita ed era rimpiazzata dalla rabbia. Yoochun guardò l’uomo con puro disgusto. Quindi era questa la persona con cui era stato costretto a sposarsi. Questo era l’uomo a cui era stato legato contro il proprio volere. Questo era l’uomo che lo stava fermando dall’andare dalla persona che amava davvero. Yoochun lo odiava a vista. Odiava l’uomo che era ora suo marito.

“Cosa diavolo ci fai qui?” ringhiò.

L’uomo si voltò di nuovo verso il giornale che stava leggendo.

“Vivo qui ora, come te.” Rispose semplicemente.

Yoochun non voleva essere ricordato di quello.

“Quando diavolo sei arrivato?”

“Questa mattina, attorno alle nove,” l’uomo disse “Ho già portato le mie cose nella stanza da letto in fondo al corridoio.”

Yoochun annuì. Bene, l’uomo non aveva nemmeno provato a condividere la stanza da letto principale con lui. Camminò verso il frigorifero e aprì la porta e afferrò una bottiglia di succo d’arancia. Non gli piaceva molto il succo d’arancia, ma a quella persona, quella che amava, piaceva e Yoochun lo beveva ogni mattina come un patetico tributo all’amore che una volta avevano condiviso. L’altro uomo, suo marito (faceva ancora star male Yoochun a pensare a quelle parole) lo ignorò e si concentrò a leggere il giornale.

Yoochun si versò un bicchiere e rimise la bottiglia al suo posto. Il pensiero di offrirne un po’ all’altro uomo non lo aveva nemmeno toccato. A Yoochun non importava, e non gli sarebbe mai importato abbastanza, per farlo. Camminò verso il tavolo e si lasciò cadere su una delle sedie in legno. Bevve un sorso del succo agrodolce e guardò verso il suo nuovo compagno. L’uomo aveva i capelli scuri, tagliati corti in uno stile pratico ai due lati e un po’ più lunghi sopra. Era alto, molto più di quello che era Yoochun. Ripensò al suo orribile matrimonio e pensò che l’uomo doveva essersi chinato per permettere a Yoochun di toccargli le labbra. Yoochun non lo considerava come un bacio. L’uomo aveva la faccia ben formata e le orecchie che sporgevano leggermente fuori. Aveva gli occhi scuri e una pelle chiara. Nel complesso, era bello. Qualcuno che Yoochun vedeva essere preso di mira da sia un sacco di uomini che donne. Era anche giovane, sembrava forse un anno più giovane di Yoochun.

Yoochun odiava l’apparenza dell’uomo. Odiava tutto di lui all’istante. Odiava la sua faccia, i suoi capelli; odiava il modo con cui si appoggiava casualmente al bancone, quasi come se niente nel mondo fosse sbagliato. Yoochun lo odiava e lo avrebbe continuato a fare. Avrebbe odiato l’uomo, ma non lo avrebbe ferito. No, Yoochun non avrebbe sprecato il suo tempo e fatica per ferirlo. Aveva già deciso che lo avrebbe semplicemente ignorato. Yoochun si alzò e, dopo aver ingoiato il resto del succo, si avviò fuori dalla stanza.

“Tua madre ha chiamato,” L’altro uomo disse, fermandolo. Yoochun si voltò. Come osava parlare a sua madre!

“Perché diavolo stavi parlando con mia madre? Cosa ha detto?”

L’uomo scosse la testa. “Onestamente, sei incapace di parlare senza sbraitare? Hai imprecato in ogni frase da quando sei arrivato qui.”

Yoochun gli mandò un’occhiataccia. Cosa importava come parlava? L’uomo era fortunato che Yoochun gli stesse parlando del tutto.

“Cosa voleva mia madre?” ripeté.

L’uomo alzò lo sguardo verso di lui. “Voleva ricordarti che ora che sono tornato, tratterà una festa per celebrare il nostro matrimonio.”

Yoochun notò che l’uomo teneva attentamente una faccia impassibile, ma c’era qualcosa quando disse quelle parole. Yoochun non poteva dire cosa e non gli importava così tanto per scoprirlo. Chiuse gli occhi e sospirò. Aveva dimenticato dei piani di sua madre per la festa. Sapeva che non era possibile evitarle e non ci avrebbe provato. Non avrebbe ferito sua madre in quel modo. Aveva sperato solo che il suo stupido compagno ci avrebbe messo di più a tornare di quando abbia fatto; solo un’altra ragione in più per odiarlo.

“Ha detto che si sarebbe tenuto questo week-end. Ha già fatto iniziare le preparazioni.” Disse l’uomo. “Ha detto che dovremmo arrivare un po’ prima, così che saremo là quando gli invitati arriveranno.”

Yoochun aprì gli occhi e guardò l’uomo. Qual era il suo nome? Yoochun non se lo ricordava.

“D’accordo,” disse Yoochun. Sarebbe andato alla festa, non c’era altra scelta. “Non parlare mai più a mia madre.” Yoochun iniziò a camminare fuori dalla stanza.

“Credo che sarà difficile, visto che sono tuo marito e sarò indubbiamente a contatto con lei ad un certo punto.” L’uomo disse, dietro di lui.

“Questo non è un mio problema.” Yoochun uscì dalla stanza. Forse se sua madre avrebbe pensato che il suo partner era un egocentrico, idiota asociale, l’avrebbe lasciato divorziare. Lo sperava, ma sapeva che non sarebbe successo. Mentre salì le scale, di ritorno alla sua stanza, pensò a com’era bloccato con questo destino per sempre. Sarebbe stato per sempre infelice e senza colui che amava.

Così era il fato di Park Yoochun.

 

 
 




Jung Yunho allungò la mano e si aggiustò la cravatta. Diede un’occhiata al suo riflesso allo specchio e decise che andava bene. Era vestito in uno di quei vestiti eleganti costosi da lavoro che indossava sempre, una lunga cravatta rossa appendeva dalla sua gola. I suoi capelli castani erano pettinati attentamente, come si assicurava che fossero sempre. Suo padre pensava che fossero troppo lunghi, ma a Yunho piaceva come cadevano vicino alle sue orecchie. Credeva che andavano bene così e si diede un ultimo cenno d’acconsentimento prima di uscire dalla stanza e iniziare ad incamminarsi per il corridoio verso lo stabile del suo ufficio.

Era diretto a uno delle tante riunioni che aveva quel giorno. Da quando suo padre gli aveva acconsentito di prendere parte a gestire l’azienda, Yunho era diventato molto occupato, ma non gli importava. Sapeva che rendeva suo padre fiero ed era quello che importava.

Yunho camminò velocemente, annuendo a tutti gli impiegati che incontrò lungo la strada. I lavoratori gli sorrisero e lui ricambiò i cenni. A loro piaceva il ‘giovane signorino’ e la sua attitudine imbattibile. Sentivano di essere visti come persona, e non solo lavoratori. Yunho raggiunse il suo ufficio esterno e fece un cenno di testa alla segretaria.

“Salve, Luna,” la salutò.

Lei alzò lo sguardo e sorrise.

“Buongiorno, Mr. Jung.” Era carina con i capelli tinti di un colore biondo miele, che le arrivavano alle spalle. Era stata assegnata a lavorare per Yunho quando aveva attivamente aderito all’azienda.

“Ho ricevuto qualche messaggio mentre ero via?” chiese mentre camminò oltre alla scrivania.

Lei annuì e diede un’occhiata al foglio che aveva di fronte. “Sì, un promemoria di vostro padre della cena di stasera,” Yunho annuì. Non se n’era dimenticato. “E una chiamata da Mr. Choi,”

Yunho annuì di nuovo. “Grazie,”

Luna ricambiò il cenno e guardò il suo capo mentre si dirigeva dentro al suo ufficio.

Yunho era deluso e un po’ preoccupato che non ci fosse stata nessuna chiamata da parte di Yoochun. Yunho non aveva sentito del suo amico da quando lo aveva chiamato per venirlo a prendere quando era ubriaco. Yoochun di solito chiamava Yoochun il giorno dopo, così che l’uomo non si preoccupasse e sapesse che stava bene. Ma non aveva chiamato, così Yunho era preoccupato. Sapeva che il suo amico era arrabbiato per il matrimonio e sapeva come poteva diventare quando era arrabbiato per qualcosa.

Yunho allungò la mano e prese il telefono. Digitò il numero di Yoochun e si appoggiò indietro sulla sua sedia. Guardò fuori dalla finestra mentre ascoltava gli squilli. Contò fino a cinque prima che ci fosse il bip e la voce  rigida di Yoochun si sentì sulla linea, il messaggio preregistrato che chiedeva a coloro che chiamavano di lasciare un messaggio e la falsa promessa di richiamarli. Yunho sospirò. Perché non stava rispondendo? Si sentì il secondo bip e Yunho lasciò un messaggio.

“Yoochun-ah, perché non mi chiami? Sono preoccupato; non mi piace come ti sei comportato l’altra notte. Chiamami.”

Yunho agganciò. Non si era preoccupato di dire il suo nome. Yoochun conosceva il numero del suo ufficio, di casa e del suo cellulare. Sapeva quando Yunho cercava di contattarlo. I due si conoscevano da quando erano bambini. Si conoscevano abbastanza bene  da sapere quello che l’altro pensava e per questo Yunho era preoccupato.

Sapeva che Yoochun non avrebbe gestito bene il fatto del matrimonio. Non che un matrimonio potesse mai essere gestito con facilità. Yunho sapeva che Yoochun avrebbe trovato un modo per vendicarsi su suo padre. Avrebbe trovato un altro modo per rendere la vita del suo partner miserabile. Yunho sapeva che l’altro uomo aveva i suoi modi per una tenue ed esigente vendetta. A Yunho non piaceva, ma odiava il fatto che Yoochun era stato forzato a sposare qualcuno che non amava un migliaio di volte in più.

Yunho ancora si chiedeva cosa aveva causato al padre per fare questo a suo figlio. Si chiese qual era l’origine di questa improvvisa decisione. Sentiva come se ci fosse una ragione dietro al terribile destino di Yoochun, ma non sapeva quale fosse. Faceva arrabbiare Yunho. Odiava il fatto che il suo amico stava male, odiava il fatto che il suo amico aveva perso la sua libertà. Ma sapeva che, anche se Yoochun non si sarebbe sposato, sarebbe comunque ferito.

Yunho sospirò e chiuse gli occhi. Sapeva che il cuore di Yoochun farebbe male ad ogni modo. Questo era quello che succedeva quando ti innamoravi di una persona che non dovresti. Ti facevi del male e di ferivi. Era un fatto di vita, ma faceva sempre male a Yunho vedere il suo amico con il cuore spezzato. Yoochun poteva mentire bene; poteva prendere in giro chiunque, pure i suoi genitori. Poteva dire una bugia e farla credere a chiunque, tutti tranne Yunho. Yunho lo conosceva da troppo tempo per cascare alle sue menzogne; lui non ci era mai cascato e mai lo avrebbe fatto per le scuse di Yoochun e le sue storie. Sapeva sempre quando l’uomo mentiva. Yunho era felice che lo sapeva, ma a volte, in momenti come questi, quando il suo amico veniva ferito così profondamente e non c’era niente che Yunho potesse fare, sperava che potesse cascare per le sue bugie. Yunho sperava che potesse essere preso in giro dal suo amico. A volte era più facile credere alle bugie e nascondersi dal dolore. Era più semplice, ma finiva sempre per ferirti ancora di più.

Yunho sopirò di nuovo e aprì gli occhi, guardando fuori dalla finestra all’allegra giornata. Le menzogne a volte erano più semplici, ma la verità era quella che veniva sempre rivelata. Yoochun poteva mentire, ma non poteva cancellare la verità. Ma quello che spaventava Yunho di più era che Yoochun poteva prendere in giro chiunque con le sue bugie. Poteva far credere a chiunque se voleva che lo facessero, anche a stesso.

Se c’era una cosa che Park Yoochun poteva fare meglio di mentire agli altri, era la sua abilità di mentire a se stesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sempre mentendo, sempre pretendendo ***


I primi giorni con il suo compagno erano meglio di quanto Yoochun si aspettasse. Non ha parlato con l’altro e non hanno mai mangiato insieme. Raramente si vedevano, a meno che non era mentre passavano per il corridoio nello stesso momento o qualcos’altro di simile. Si comportavano come se non fossero sposati e non avessero nessuna connessione tra loro, oltre a condividere la stessa casa. A Yoochun andava benissimo così e sembrava che andasse bene anche al suo compagno.

Yoochun prestava poca attenzione all’altro uomo, ma quando lo faceva (che era raro) notava che non era quasi mai a casa. Doveva essere vero quello che suo padre gli aveva detto su suo marito dell’essere un maniaco del lavoro. L’uomo si alzava, si vestiva,  andava al lavoro e arrivava a casa tardi. Era tutto quello che Yoochun notò. Oltre a questo, ignorò completamente suo marito. Passava i giorni fuori con Kyuhyun e gli altri, dimenticandosi dei suoi problemi e mentendo; sempre mentendo.

Sembrava che era tutto quello che faceva ora, mentire. Questo era quello che era prima, prima che una persona arrivasse e gli insegnasse l’importanza della verità. Ma quella persona ora era andata e aveva preso la verità con sé. Colui che Yoochun aveva amato  aveva portato via tutto quello che c’era di buono nella sua vita, mesi fa. Quanto tempo era passato esattamente? Yoochun non ricordava. I giorni si mescolavano tra loro.

Yoochun era in piedi nella sua stanza, a guardare fuori dalla finestra. Era tarda sera e sapeva che presto se ne sarebbe dovuto andare. Era la notte della festa che sua madre aveva organizzato, quella che avrebbe celebrato l’unione di Yoochun; il suo falso matrimonio. Se n’era completamente scordato, ma la chiamata dell’eccitata madre di quella mattina glielo aveva fatto ricordare. Non c’era nessuno posto dove voleva andare di meno, ma sua madre sembrava così contenta. Non poteva ferirla, mai avrebbe potuto renderla triste. Così sarebbe andato e avrebbe preteso di essere felice. Avrebbe mentito… di nuovo.

Sospirò e camminò verso il bagno. Venti minuti dopo era vestito in uno smoking nero e i suoi capelli scuri erano elegantemente curati, stava bene in quel modo e lo odiava. Non gli importava come sarebbe sembrato per questa festa. Fissò il suo riflesso allo specchio e si chinò verso di esso scrutando il suo volto, la sua pelle chiara e i suoi scuri occhi. C’era qualcosa di differente nel suo aspetto, sembrava più vecchio, più triste. Sembrava come se avesse perso l’amore della sua vita. L’amarezza lo pervase, l’aveva perso e faceva malissimo. Yoochun mandò uno sguardo feroce al suo riflesso prima di voltarsi ed incamminarsi fuori dalla stanza per andare nel salotto al piano inferiore. Camminò verso la porta alla fine del corridoio, la porta della stanza del suo compagno era chiusa. Bussò.

“Ehi,” Iniziò a dire bruscamente. Non voleva parlare con l’altro uomo, ma sarebbero arrivati in ritardo se non fossero partiti presto. “È tempo di andare.”

Vi fu un momento di silenzio e poi la porta si aprì e l’alto uomo uscì. Era vestito con uno smoking e i suoi capelli erano ben pettinati. La sua faccia era rigida, non mostrava emozioni. Abbassò lo sguardo verso Yoochun che gli mandò un’occhiataccia.

“È tempo di andare.” Disse e il marito annuì.

“Lo so.”

“Bene.” Yoochun sbottò e mostrò le spalle all’altro. Andò verso l’entrata e, dopo aver afferrato la giacca, uscì. Non aspettò suo marito ed entrò direttamente nella sua macchina rossa sportiva facendo girare le chiavi. Scaldò il motore e si avviò con l’automobile lungo la strada, lasciando che l’altro uomo andasse con la propria auto; lasciando che trovasse da solo la strada per la dimora dei suoi genitori. Forse si sarebbe perso e Yoochun non avrebbe dovuto passare la serata a pretendere di esserne innamorato.

Yoochun gasò, molto più di quello che avrebbe dovuto, ma non gli importava. Voleva solo che la notte passasse e che anche la festa finisse. Soffrire quello che doveva, e poi tornare a casa, dove avrebbe potuto dormire e fingere che la sua vita non era un inferno. Poteva pretendere di non essere da solo e che non doveva mentire; che il suo cuore non era a  brandelli. Mentre guidava, diede un’occhiata allo specchietto retrovisore e fu sorpreso di vedere una corvetta nera che lo stava seguendo. Fu ancora più sorpreso di vedere che colui che la guidava era suo marito.

Come aveva fatto a raggiungerlo così in fretta? Yoochun imprecò e fece andare l’automobile ancora più veloce. La corvette accelerò per essere a passo con lui. Yoochun vide che suo marito portava un’espressione calma nonostante stessero entrambi andando ad una velocità pericolosa lungo la strada. Finalmente la grande dimora dei Park iniziò ad intravedersi e Yoochun dovette lentamente fermarsi. Parcheggiò di fronte all’edificio e uscì dall’auto nel momento stesso che la corvette gli arrivò accanto, si fermò poi e la porta si aprì. Yoochun mandò un’occhiataccia al suo compagno mentre usciva dalla macchina, l’uomo non gli degnò nemmeno un po’ d’attenzione. Invece rivolse la sua attenzione alla grande dimora di fronte a loro, era una visuale che Yoochun aveva potuto ammirare molte volte e ormai non gli diede nemmeno un’occhiata.

Due uomini vestiti di velluto rosso corsero fuori dallo stabile e si offrirono di prendere le chiavi delle loro macchine. Yoochun annuì e consegnò la sua, suo marito fece lo stesso.

Lasciando che i due uomini spostassero le automobili, Yoochun iniziò a fare i primi passi facendosi seguire dal compagno. Raggiunse la porta ed era sul punto di entrare, quando gli venne in mente una cosa. Si voltò verso l’uomo dietro di lui, il suo partner lo stava guardando in attesa.

“Ascolta, tutta questa festa è una grande cazzata per me, ma per mia madre è molto importante. Progetta tutto questo da molto tempo e voglio che si diverta. Quindi—“

L’altro uomo lo interruppe.

“Non ho intenzione di rovinare la festa di tua madre. Non lo farei mai.” Guardò Yoochun come se pensava che avrebbe fatto solo quello. L’altro gli mandò un’altra occhiataccia.
“Bene.”

Si girò verso la porta e suonò il campanello, che fu aperta all’istante dal maggiordomo dei suoi genitori. L’uomo dai capelli grigi si inchinò vedendoli.

“Signorino, prego, entrate. I vostri genitori vi attendono.”

Yoochun annuì ed entrò passando accanto al maggiordomo che sentì salutare suo marito. Non ascoltò quello che il compagno disse avendo appena scorto sua madre. Pensò che era incantevole con un vestito da sera d’oro e con i suoi capelli neri legati insieme per formare un elegante chignon. Davvero non sembrava la madre di un ventunenne con la sola eccezione delle sue sottili strisce di grigio tra i capelli e le rughe accanto agli occhi. Si irradiò subito nel vedere suo figlio.

“Chunnie-ah, sei qui.” Si fece strada verso di lui e diede un caldo abbraccio a Yoochun. “Sono felice che tu sia venuto.”

Yoochun si chinò per darle un bacio sulla guancia. “Certo.” Disse. Era genuinamente felice di vederla, come lo era sempre, amava sua madre, ma suo padre era una storia completamente diversa. La madre sorrise e guardò oltre le spalle di lui.

“Omo, così affascinante.” Disse appena vide il marito del figlio. Yoochun si esasperò senza darlo troppo a vedere, non aveva nessun interesse nel guardare la madre parlare con la persona con cui era stato forzato a sposarsi, così disse,

“Vado a cercare Aboeji,” e si allontanò per evitare di vedere la nauseabonda scena della loro conversazione. Camminò per la sala, i suoi passi che echeggiavano sul duro pavimento. I servitori facevano avanti e indietro portando vassoi e vasi colmi di fiori, non prestò molta attenzione a loro mentre procedeva. Si era allontanato dal marito e da sua madre, ma ora era incastrato a ‘cercare’ suo padre. Il problema è che lo trovò.

“Yoochun,” suo padre disse appena scorse il figlio, il più giovane imprecò silenziosamente e voltò lo sguardo verso il padre prestandogli attenzione.

“Aboeji,” Annuì salutandolo. Mr. Park sorrise e si diresse verso il figlio per scambiarsi una stretta di mano. Che tipo di uomo stringe la mano a suo figlio invece di dargli un abbraccio? Suo padre lo faceva.

“Come stai?” Mr. Park chiese. Yoochun sapeva che aveva fatto la domanda per assicurarsi che stesse mantenendo il loro accordo o meno.

“Bene,” Yoochun disse con uno sguardo feroce, la quale Mr. Park ignorò.

“Ottimo, hai portato tuo marito?”

‘Tuo marito’, oh, quanto odiava queste parole.

“Sì.”

“Eccellente, allora andiamo a salutarlo.”

Mr. Park guidò suo figlio di nuovo all’entrata principale, dove trovarono la signora Park parlare al compagno di Yoochun. Si infuriò nel vedere che l’uomo non stava parlando a sua madre, ma si limitava semplicemente ad annuire o a sorridere quando la madre di Yoochun diceva qualcosa. Yoochun lo guardò con uno sguardo in fiamme mentre lui e suo padre si avvicinarono a loro, la madre si voltò a guardarli.

“Oh, caro, eccoti. Questo è il marito di Yoochun.” Gesticolò al giovane uomo accanto a lei, Mr. Park allungò la mano per stringergliela.

“Ti riconosco dal matrimonio,” il padre disse. “È un bene vederti dopo così tanto.”

Il marito di Yoochun sorrise e gli strinse la mano. “Sì, mi dispiace per quello, ho avuto un paio di cose da fare per l’azienda, ma ora sono tornato.”

Mr. Park sorrise. “Bene, bene. Forse avremo una possibilità di conoscerti meglio.”

Il marito di Yoochun sorrise di nuovo facendo roteare gli occhi al compagno che fece attenzione a non farsi vedere dal padre. Perché suo padre si comportava in modo così falso? Non era mai così, a cosa stava giocando?

“Sì, diventeremo buoni amici.” La signora Park aggiunse e il compagno di Yoochun annuì.

La donna aggrottò le sopracciglia chiedendosi perché non volesse parlare con lei. Yoochun era arrabbiato, come poteva l’uomo comportarsi così con sua madre? Come osava rifiutarsi di parlarle? Marciò verso di lui e gli afferrò il braccio.

“Scusateci un attimo.” Ringhiò prima di trascinare il compagno fuori dalla portata d’orecchio dei suoi genitori, lo liberò poi spingendolo via brutalmente.

“Cosa diavolo credi di fare?” Yoochun reclamò.

L’altro si limitò a guardarlo con calma ricevendo un’altra occhiataccia da Yoochun.

“Perché diavolo non parli con mia madre?”

Il compagno scosse la testa. “Onestamente, cos’è questa cosa del continuo imprecare? Non parlo a tua madre perché tu mi hai detto di non farlo.”

Gli occhi di Yoochun si spalancarono per l’incredulità, l’altro aveva davvero appena detto quelle parole? Gli lanciò un’altra occhiataccia solo per rivenire ricambiato dal marito.

“Tu…” Yoochun aveva parecchie cose cattive e rude  da dire, ma fermò se stesso. Diede un’occhiata ai suoi genitori e vide che li stavano osservando attentamente. Li mandò un sorriso prima di rivolgersi di nuovo al compagno.

“Senti, devi essere gentile con mia madre. Puoi parlare con lei e con mio padre. Convincili che siamo davvero innamorati, capisci?” sbottò.

L’altro uomo alzò i sopraccigli. “Certamente,”

Yoochun sospirò; sollevato che l’altro aveva accettato a giocare il suo stesso gioco. Non poteva, sotto nessuna circostanza, lasciare scoprire a sua madre che il suo matrimonio era falso.

“E non osare ad utilizzare le mie stesse parole contro di me in questo modo.”

“Non farla così facile.” Disse l’altro uomo, sorprendendo ancora di più Yoochun. Chi credeva di essere per parlargli a quel modo? Voleva urlargli contro, ma sentiva lo sguardo di sua padre alle sue spalle, così rimase in silenzio. Prese un bel respiro.

“Andiamo, e ricorda, siamo sposati.” Faceva male dirlo, quanto odiava dirlo.

L’uomo annuì. “Certo, Yoochun.”

Era la prima volta che il compagno aveva detto il suo nome e a Yoochun non piaceva. Lo fissò e realizzò che ancora non sapeva il suo di nome, aveva bisogno di conoscerlo se voleva davvero convincere sua madre sul fatto che fossero innamorati. Guardò l’uomo e aprì la bocca per parlare.

“Il mio nome è Changmin.” L’altro rispose alla sua domanda non fatta. Yoochun gli lanciò un’occhiataccia e fu ricambiato con un piccolo ghigno.

“Andiamo.” Tornarono dai genitori di Yoochun. La madre sembrava preoccupata e il padre lo stava fissando intensamente, Yoochun gli diede un falso sorriso.

“C’è qualcosa che non va, Chunnie?” Sua madre guardò uno e poi l’altro.

“No, certo che no,” disse Changmin. “Yoochun mi stava solo ricordando di una cosa che ho scordato. Stiamo bene.”

La signora Park tornò radiosa al fatto che l’uomo le stesse parlando. “Oh! Bene allora, andiamo. Gli ospiti arriveranno  molto presto.” Ci condusse verso la stanza dove potevamo sederci, la quale era grande quanto una piccola casa, e offriva posti a sedere. Tutti declinarono l’offerta.

“Devo andare a controllare gli ultimi ritocchi per la festa. Scusatemi,” disse lei e sorrise agli altri prima di andarsene dalla stanza. Mr. Park li guardò per un lungo momento e poi si scusò anche lui.

Yoochun lo guardò mentre usciva dalla sala, lasciandolo da solo con il compagno.

L’altro stava osservando le pile e pile di libri sopra ai scaffali, senza toccarli, ma leggendo probabilmente i titoli. Yoochun gli diede un’ultima occhiataccia. Non era interessato a rimanere nella sua stessa stanza, così se ne andò senza dire niente, lasciando il marito accorgersi da solo che l’aveva abbandonato da solo, a Yoochun non importava.

Camminò per il lungo corridoio, dando un’occhiata al cielo che si stava oscurando velocemente. Non voleva trovarsi lì. Non voleva essere ad una festa che celebrava il suo matrimonio falso e senza amore. Voleva tornare a casa e dormire, voleva nascondersi dalla verità e dal dolore. Voleva essere libero dalla pretesa di amare una persona che non amava, voleva essere tra le braccia della persona che amava. Ma tra quelle braccia non ci sarebbe più stato, mai più.

Yoochun sospirò e chiuse gli occhi. Una singola lacrima scorse lungo il suo viso e il dolore tornò nel suo petto. Sembrava come se il male era sempre presente, aspettava solo l’opportunità di uscire e ferirlo. Non sapeva per quanto tempo rimase lì in piedi, a rammentare vecchi ricordi, prima che suo padre lo trovò.

“Yoochun, eccoti qui.” L’uomo disse bruscamente. “Gli invitati sono arrivati, andiamo.”

Yoochun sospirò e lo seguì. Ora poteva sentire gli invitati, poteva sentire le loro voci, ma non riusciva a comprendere le parole, non che gli importasse comunque. Arrivò all’enorme sala da ballo dove si sarebbe tenuta la festa, e preparò se stesso a confrontarsi con tutte le persone presenti. Preparò se stesso a sorridere e a ridere.

Preparò se stesso a mentire.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1675098