Noi c'eravamo.

di Shizucchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Il diavolo. ***
Capitolo 3: *** Cagnolino ***
Capitolo 4: *** Il sadico. ***
Capitolo 5: *** Ormai gli appartengo. ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


                                                         Noi c'eravamo. 

 

-L'incontro.

 
Era sera, non ricordo bene  il giorno, solo l'attimo in cui la mia anima si perse...
 
Stavo seduta in un bar, a festeggiare la nuova vita da "adulta", fin in giovane età pensavo: "I diciotto , i diciotto sono gli anni dove la vita inizia! Finalmente potrò andarmene e fare grandi cose!".  Buffo, lo pensavo fino a ieri ed invece mi sembra ancora d'averne diciassette, non posso nemmeno andare a votare, per sfoggiare la mia piccola fetta di indipendenza appena  presa. Triste e delusa dalle aspettative che mi ero creata in diciotto anni, stavo in un bar con la mia migliore amica, Stefania. La stessa che mi ha sopportato in tutti gli attuali quattro anni di liceo, e il prossimo anno il quinto, dove mi aveva consolato per le delusione del passato, tenuto i capelli e la fronte durante i momenti più brutti dopo le sbornie adolescenziali, dove si beveva ancora di nascosto e si rientrava a tarda ora, levandosi i tacchi per non far troppo rumore. Forse adesso , dovrei iniziare a mettere la testa a posto?  A preoccuparmi del futuro, dell'università, del lavoro ormai quasi introvabile? Sbuffai, che noia. Gia pensavo a quante scocciature dovevano ancora iniziare a gravare sulle spalle, dove quel "vivere di rendita" stava per finire ed iniziava un "vivi se lavori".Mi spostai un po la frangia rossa che mi dava sugli occhi, presi una ciocca tra le dita e pensai che ormai era ora di rifare la tinta consumata dai troppi lavaggi, lasciava un color rosso biondiccio, per i miei naturali capelli. 
«Giulia!» Ritornai nel mondo reale, e guardai confusa Stefania che mi sventolava la mano davanti il viso , come per dirmi "Ci sei o ci fai?" mi passò una mano tra i capelli.
«Ti stavo dicendo, Marco mi ha chiamata, posso andare?»
Mi chiese abbassando lo sguardo, come qualcuno che aveva commesso chissa quale reato.
«Certo, va pure, ci vediamo domani a scuola, no? » 
Gli feci un grande sorriso per incoraggiala ad andare , senza preoccuparsi troppo, lei si alzò, prese la sua borsa mi diede un piccolo bacio sulla fronte scompigliandomi la frangia , borbottai mentre prendevo la borsa alzandomi verso il bancone del bar, occupando uno sgabello.
«Un Pink Russian, per favore.» 
Era perfetto, Kahlua, la Tequila Rose e la Vodka, si mescolavano tra loro perfettamente, pensai alle mie storie passate e che se le persone si mescolassero bene come gli alcolici, nessuno sarebbe solo! Portai il bicchiere alle labbra e lo bevvi tutto d'un colpo, senza manco permettere al sapore di poggiarsi per bene sulle mie papille gustative.
«Non è un po rozzo per una Lady?»
Mi disse un ragazzo che si era appena seduto al mio fianco.Le guance mi erano diventate leggermente rosse, guardai il barista e ne ordinai il biss. Poggiai il mento su una mano e con l'altra muovevo l'indice sul bordo del bicchiere. 
«Non è da impiccioni guardare i fatti degli altri?» 
Risposi stizzita, e finalmente mi girai verso quel "respira aria a tradimento" vicino a me. 
Lui beveva un normalissimo Whisky, portava il bicchiere alle rosee labbra e beveva a piccoli sorsi, come se non volesse mai finirlo e lo gustasse goccia per goccia. Si spostò gli spessi occhiali da vista, i soliti che si usano al momento, quelli da "nerd", e due freddi e distanti occhi azzurro cielo mi folgorarono.




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Pietàà è la mia prima storia, spero che gusterete questo piccolo capitolo >.<

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Capitolo 2
*** Il diavolo. ***


                                                           Noi C'eravamo.


-Il diavolo.
 
Lo guardai, lo scrutai attentamente, quel ragazzo così surreale. La pelle candida e i mori  lunghi capelli erano legati in una piccola coda, ad occhio e croce sciolti dovevano esser lunghi circa fino alle spalle, e nemmeno. Le piccole ciocche ribelli gli incorniciavano il viso, si potevano notare le orecchie, o meglio potevo notare l'orecchio destro , per il lato che mi porgeva, che era pieno di piercing, erano cinque.Di quelli a pallina piccoli, che iniziavano dal lobo a salire. Lo sguardo mi si abbassava verso il suo abbigliamento: lungo cappotto nero, maglia a maniche lunghe a righe bianche e grige, pantaloni a sigaretta ed anfibi del medesimo colore del cappotto. Il suo stile era tutto il contrario del mio, più sobrio. Quella sera portavo una camicia bianca, pantaloni stretti color blu scuro e un cappotto lungo grigio.  
«Sei un Diavolo...»
borbottai, girandomi. Senti la sua buffa risata , e arrossi bevendo il mio secondo Pink Russian, sta volta più lentamente.
« Nessuno mi aveva dato del diavolo.»
Disse ghignando con la sua roca e bassa voce, di chi parla poco. Poggiai la testa sul bancone e iniziai a fare dei versi , che sembravano dei lamenti. 
«mmm...» 
l'unica "risposta " che riusci a dargli.
«Quindi non reggi bene l'alcol.»
Trasse da solo le conclusioni, senza che nemmeno gli confermai le sue ipotesi. Quindi era come sembrava? Un tipo deciso e dominatore. Di certo vestito in quel modo non sembrava il tipo che cammina con un cesto di rose, lanciando petali per aria e accarezzando gattini.Lui finì il suo Whisky e si alzò, infilandosi il lungo cappotto. Girai il viso sempre poggiato sul bancone, verso di lui, non era solo bello ma anche alto. 
«Quanto sei alto , Diavolo?» 
Dissi senza pensarci, con la voce calma e bassa leggermente calante, come di chi ha sonno. 
«cento-ottanta-tre centimetri» scandì bene quel Centoottantatre, in modo che potessi capire, essento un po stordita. Mi sorrise , mettendosi curvato e appoggiando il viso sul bancone un po più distante dal mio. 
«Ma c'è l'hai l'età per bere?» 
Mi disse sarcastico accennando ad una risata, i suoi occhi color ghiaccio mi guardavano, ed in un attimo mi sentì infastidita da quello sguardo così profondo, che sembrava voler mettere a nudo la mia anima, che gli avrei senz'altro ceduto in cambio di bei momenti. Mi alzai , accennando un broncio e gonfiando di poco le guance. 
«Sei un molestatore?» 
Dissi scocciata facendogli una facciaccia, e scoppiammo entrambi in una breve risata.Aveva i denti davvero bianchi.Ogni parte del suo corpo sembrava maledettamente bella.Presi il portafoglio e mi diressi dal cassiere. Gli lanciai un occhiata del tipo :"Su , vieni a pagare uomo diavolo!" e gli sorrisi. 
«Uh paghi anche per me?» Mi fece una linguaccia avvicinandosi e  dandomi una pacca sulla spalla, in quel momento guardai lo specchio dietro il cassiere, l'altezza tra noi era abbastanza, tipo venti centimetri.Sentì il calore della sua mano andar via subito appena la ritrasse, uscendo dalla porta del locale.Solo dopo, quando il cassiere mi presentò il conto mi accorsi che davvero mi aveva fatto pagare per lui! Presi le mie cose, infilato il cappotto e mi precipitai fuori, per cercarlo, ma nulla. Non lo vidi più. Quel diavolo, in un ora tra silenzi e poche parole era già riuscito a farsi spazio tra la mia anima e il mio cuore.
                          
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Secondo capitolo >.< scusate, scriverò di più nel terzo! Promesso!
                             

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Capitolo 3
*** Cagnolino ***


                                                        Noi c'eravamo.




-Cagnolino.

Il giorno dopo a scuola ero abbastanza assente con la mente, vagavo, pensando a lui. Lo immaginavo con un forcone, lo immaginavo con delle piccole ali e coda appuntita. Lo immaginavo, nudo o vestito. A quest'ultimo pensiero arrossi, toccandomi le guance con le mani. Stefania che sedeva accanto a me mi diede una gomitata.
«Pss pss»
Fece per chiamarmi a bassa voce, cercando di non farsi sentire dalla professoressa. 
«Ti sento Stefy, ti sento.»
Le risposi scocciata. Bhe si, ero davvero scocciata perchè aveva interrotto le mie fantasie.
«Alla fine ieri com'è andata?» 
Mi chiese ansiosa e pretensiosa di risposte,mi guardava con i suoi grandi occhi neri spalancati e si leggeva ancora il rimorso d'avermi lasciato sola la sera precedente, nell'attesa delle mie parole si mordeva le sottili labbra; coperte da un rossetto color ciclamino.
«Nulla. Sono tornata subito a casa.»
Non dissi nulla a Stefania, non avevo voglia di raccontarle di quel ragazzo, di qualcosa che conosco solo io. Guardai fuori dalla finestra, sperando di trovarlo ma ovviamente nulla. L'ora di scienze era passata, tra brevi chiacchiere e disinteresse da parte mia. Girai una ciocca di capelli tra le dita, e continuai a fissare il cortile che si intravedeva dalla finestra, ormai quasi nascosto dagli alberi folti. 
«Giulia, ti cercano!»
Urlò una mia compagna che stava davanti alla porta della classe, mi alzai e presi il cellulare in mano avvicinandomi alla porta...
«Che c'è?» 
Mi appoggiai con una spalla alla porta mentre sporgevo il busto in fuori, guardando chi mi cercava. Era Valerio. Lui, il solito tizio allegro gia di prima mattina, che riesce a dar buon umore anche a chi non vuole scherzare, il tipico ragazzo bello ma scemo,dall'altezza e fisico normale , ma con una faccia d'angelo. Occhi castani scuro, labbra un pò carnose ,un neo vicino l'occhio destro e dei capelli biondi oro, corti ai lati ed una lunga cresta morbida. 
«Giuly, vuoi uscire con me?»
«No.» 
Risposi secca , c'era rimasto un pò male ma ci provava con me da tre anni imperterrito , ormai era abituato. L'attuale motivo per cui non ci uscivo era ,che avevo in testa ancora il ragazzo della sera precedente, così enigmatico, e misterioso che mi veniva voglia di conoscere tutto di lui, oltrepassando ogni suo spazio o privacy. 
«Allora vieni a conoscere dei miei amici venerdì, porta qualche ragazza, ci vediamo alle 18:00 al Rouge cherry. Ti aspetto.» 
Scappò via di corsa senza darmi il tempo di ribattere, senza potermi tirare indietro. Venerdì era tra due giorni, ed a pensarci bene il Rouge Cherry, era un posto abbastanza privato, con tanto di luci suffuse e candele. Che sia il tentativo di uno approccio più intimo? Strinsi il cellulare che tenevo nella mano destra. "Gli e lo dò io l'appoccio intimo, gli taglierò via l'amichetto." Fu la prima cosa che pensai, tornando in classe.
 Il resto del giorno scolastico fu lento, finalmente l'ultima campanella era suonata, misi le mie cose nella mia borsa di stoffa nera della Converse, e scappai via anch'io da quella stanza che mi avrebbe ospitato anche il mattino successivo. Presi la mano a Stefania;
«Sabato alle 18 andiamo ad una festa, porta tuo fratello.» A pensarci bene non avevo mai conosciuto il fratello di Stefania ne ci avevo mai provato un qualche interesse, non l'avevo mai visto. Poichè ci incotravamo sempre fuori casa, nemmeno lei era mai venuta a casa mia, anche se sapeva dove abitavo. 
«Ti passo a prendere o ci vediamo lì?»
«Ci vediamo lì.»
Sorrisi, non volevo darle troppo disturbo, le accarezzai la schiena in modo affettuoso e le diedi una pacca sul sedere, ridendo.
«Oggi ti porto in una nuova gelateria.» 
Le dissi , quando mi girai per guardarla bene in viso , notai che i suoi occhi si erano illuminati gli si leggeva chiaramente :"GELATO, GELATO!" risi ancora, ed arrivati ad un certo punto della strada dovemmo dividerci poichè le nostre direzioni erano opposte.  
I giorni successivi passarono in fretta tra l'ansia di "Che mi metto Venerdì" o "Chi saranno i suoi amici", io e Stefania ci cruggiolavamo nel dolce far nulla, tra casa e scuola. Alla fine non c'era da stupirsi se i voti erano mediocri, del resto se si ha una vita sociale non si è bravi nello studio e viceversa.
La fatidica sera del venerdì, mi fissavo allo specchio prima di uscire, i neri e lucidi pantaloni in pelle mi stavano benissimo con delle scarpe alte col tacco, dello stesso colore dei pantaloni, la maglia era bianca, lunga  fino ai fianchi, con il simbolo dei Paramore in nero, attualmente il mio gruppo preferito. Sopra una giacca in pelle , con le maniche lunghe nere e il busto bianco e delle piccole borchiette dorate sulle spalle, la borsa era una piccola pochette, che conteneva solo il necessario: cellulare e soldi. Il trucco era semplice, ombretto bianco brillantinato di sfondo e l'eyeliner nero, in fine un pò di mascara. Mi spruzzai un dolce profumo di caramella della Pink sugar. E andai in macchina , dove ma sorella mi accompagnò. Il nostro rapporto era stabile, non litigavamo, ma nemmeno parlavamo tanto, infatti la macchina si riempiva del nulla, il silenzio di chi sa apprezzarlo. 
Arrivati al locale aspettai fuori Stefania, non volevo di certo entrare in quel branco di lupi da sola! Tardò di dieci minuti, si faceva aspettare eh? Salutai il fratello. Tipo normale, occhiali, alto ,occhi neri, capelli castano scuro e ricci. Feci spallucce, alla fine mica mi aspettavo chissà che. Entrati Valerio ci aspettava a braccia aperte guardando il nostro look, io vestita in pelle e la mia amica con un elegante vesto a fiori rosa su uno sfondo bianco.Il locale non era come me lo aspettavo...Era affollato e troppo, gente ovunque.Mi sedetti vicino a Stefania, il tavolo era poco più distante dall'entrata, stava in un angolino. D'un tratto il dolce odore di colonia all'Muschio intrecciato dolcemente con qualche goccia di vaniglia. Fu come un fulmine a ciel sereno. Mi voltai verso l'entrata e mi alzai di scatto dalla sedia, afferrandolo da un polso. La mia testa restava bassa con la paura di incontrare il suo confuso sguardo azzurro. 
«Che ci fa una bimba fuori a quest'ora? Di nuovo a bere?» 
Disse ridento con la sua suadente voce. Gonfiai le guance imbarazzata e infastidita al tempo stesso, la mia presa sul suo polso, si allentava sempre di più, ma lui stava fermo, non mi negava quel contatto, nè lo approfondiva. 
«C-ciao...»
Biascicai, mi accarezzò la testa e rise dolcemente. 
«Vuoi starmi attaccata tutta la sera?» Rispose sarcastico , notando la mia mano ancora ferma sul suo polso. Alzai la testa di scatto con gli occhi che brillavano.
«Sì! »
Escalamai arrossita, e stringendomi al suo braccio, forse troppo audace? Avevo risposto al suo scherzo con serietà. Mi guardò divertito iniziando a camminare verso il mio tavolo e fermandosi difronte.
«Ve la posso rubare?» Chiese docemente con un tono che sarebbe stato un crimine negarglielo. Valerio guardava infuriato il ragazzo a cui mi stringevo, Stefania arrossiva e annuiva contenta per me.
Si spostò rapido, a passi ampi come se io non ci fossi, andò dai suoi amici sedendosi sul divanetto ad angolo che stava attaccato al muro.Salutai e sorrisi, mi fece un piccolo gesto con la mano per dire "Volevi starmi attaccata no? Allora siediti" e come un cagnolino seguivo ogni suo ordine incantata da lui.  Poggiò uno braccio sulla mia spalla e mi schiacciai col viso sul suo petto, con il cappotto di pelle che anche lui aveva ancora addosso non riuscivo a sentirgli il cuore, ma sentivo il suo buon odore, che mi entrava di forza nelle narici e lo respiravo e inspiravo ripetutamente , come una droga.
«E quella ragazza da dove arriva?» 
Risero i suoi amici ed io arrossì, lui sorrise anche , mi passò una mano tra i capelli. 
«Lei? Lei è il mio cagnolino.» Disse con un leggero ghigno sadico che mi fece sbiancare. "C-cosa?" ......
--- Scusate ho corretto i piccoli errori di battitura >q<

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Capitolo 4
*** Il sadico. ***


                                                                                                            Noi c'eravamo.

 
-Il sadico. 
 
 
La sua mano che mi stava sulla spalla accarezzava e tirava un pò i miei capelli, in modo delicato. Sorrideva spensierato ai suoi amici , tra uno scherzo ed un altro, mi lanciava qualche occhiata leggermente scocciata, e il mio sguardo si abbassava. Le mie mani iniziavano a giocherellare con la borsetta stringendola e graffiandola leggermente. Sì, ero nervosa ed avevo come l'impressione di averlo giudicato prima di conoscerlo.
«Cosa desideri, da mangiare?» 
Se non avesse sprecificato il da mangiare, avrei tranquillamente risposto :" una pala e della terra, per sotterrarmi. Grazie". Ero imbarazzata per esser stata così infantile, mi sono comportata come una bimba che vede una bellissima caramella e se la fa comprare, ma quando è pronta per assaggiarla la richiude, per paura che il gusto non le piaccia.Alzai il Menù, cercando di coprirmi il viso, la prima cosa che lessi fù la parola pizza. Il cameriere mi guardava come per dire "Brigati così finisco presto". 
 «Pizza margherita, ed una Cola.» 
Gli consegnai il menù e il ragazzo mi guardò sorridendo.I suoi amici ordinarono un panino, lui no, lui era diverso anche nell'ordinare. Chiese del pesce spada grigliato, con del vino bianco. Del resto era un ristorante carino, mi sentii imbarazzata e fuori luogo, come i suoi amici che lo guardavano come per dire: "perchè non ci ho pensato anche io?!". Tirai fuori il cellulare dalla borsetta per controllare l'ora, erano le dieci e tre minuti. 
«Me lo dai un attimo?» Mi chiese lui, guardandomi con occhi di ghiaccio.Guardò qualcosa nella rubrica, lo vidi scrivere, bloccò lo schermo del cellulare e me lo diede sfoggiando un sorriso gentile. Il mio primo pensiero fu; il guaio che precedeva quel sorriso, avrà combinato qualcosa? Non guardai il cellulare, per non mostrare una certa mancanza di fiducia nei suoi confronti, mi limitai a posarlo nella borsetta.Nella mezzoretta successiva , la cena era quasi del tutto sparita dai piatti, nel mio erano rimasti due spicchi di pizza, era sempre un bene lasciar qualcosa nel piatto, una ragazza non deve mangiare troppo, la pensavo sempre così, ma sopratutto adesso che volevo sembrare più attraente agli occhi di colui che mi sedeva accanto, guardando tutto con un certo distacco. 
«Ragazzi noi dobbiamo andare!»
Dissero i due che ci stavano difronte, dandogli un batti cinque sulla mano. Sembravano dei bambini, ridevano  tanto e pensavano poco. Io li salutai con un semplice ciao ed un gesto di mano. 
«Non dovresti tornare dai tuoi amici?»
Disse rude, infilandosi le mani in tasca e distogliendo lo sguardo dal mio. 
«Quel tizio lì mi guada male da prima, sei forse la sua ragazza o qualcosa di simile?» 
Arrossì, Valerio non smetteva di mandargli occhiatacce.
«No, non siamo assolutamente nulla, tranne che compagni di scuola.»
Ad occhio e croce, sembrava della mia stessa età forse un anno più piccolo, aveva un viso così dolce che non riuscivo a smettere di guardarlo quei corvini capelli passati dietro le orecchie e quel ciuffo corto gli veniva davanti , cercando di farsi spazio  nel suo campo visivo. Le sue guance erano leggermente rosse, per il caldo che faceva nel locale, i suoi vestiti erano semplici, jeans , All star color verde acido e maglia bianca ,con uno scollo a V. 
«Come ti chiami e quanti anni hai?» 
Chiesi titubante in cerca di risposte, volevo sapere. Cercai di incrociare il suo sguardo, ma nulla , era fuggente.
«Mi chiamo Ryuu, e ho diciannove anni.» 
Mi guardò con superficialità facendo spallucce e poi una linguaccia, alzandosi e infilandosi il cappotto che, si era levato precedentemente per il troppo caldo.Mi infilai anche io la mia giacca e mi alzai con lui prendendo la mia borsa e controllando di non aver perso qualcosa. Andammo a pagare, salutai Stefania ed uscì con lui. 
«Non dovresti fidarti così delle persone.» Il suo tono era cambiato, sembrava annoiato della mia presenza.Fece una pausa per poi continuare. 
«E' davvero scocciante prendersi cura di qualcuno.» Lo guardai spiazzata come chi viene pugnalato alle spalle. Il suo discorso sembra non esser finito, si bagnava le labbra leggermente secche con la lingua.
«Posso sembrare anche un bel ragazzo, ma i tuoi genitori non ti hanno mai insegnato che non si giudica un libro dalla copertina?» Si avvicinò a me stringendomi i polsi con forza, ero spaventata e lo guardavo con gli occhi sbarrati. Si avvicinò con le labbra al mio orecchio sussurrandomi parole che non scorderò mai. 
«Sei il mio cagnolino adesso.Devi far come il tuo padrone ti dice.» Mi accarezzò la testa mollando la presa alla mia mano sinistra e staccandosi poco a poco da me. 
«Perchè un cane?!» Quasi gridai, guardandolo con occhi increduli e leggermente spaventati.
Lui ghignò sadicamente passandosi una mano nei capelli. 
«Perchè i cani sono stupidi e fedeli. Non importa quante volte li maltratti loro ti ameranno sempre, verranno lì a coccolarti e a farti festa con i loro occhioni. Sono così adorabili , da disgustarmi.» 
Mi guardò freddamente , camminando. Arrossì, è proprio un sadico ed io in quel momento capì di esser leggermente masochista a voler star con lui...
 
 
---
 
Ch ne pensateee?? *w* 

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Capitolo 5
*** Ormai gli appartengo. ***


Noi c'eravamo.
                                         

                O
rmai gli appartengo
.


Quella sera mi accompagnò a casa, era di poche parole e tanti sguardi. I suoi occhi, che non mi davano la minima importanza, a momenti mi scrutavano attentamente, non mi teneva la mano, c'era una leggera distanza tra di noi. Del resto perché mai tra estranei ci si dovrebbe toccare? Muovevo le dita della mano in modo da non farle addormentare, come un ciao ciao. Un lento apri e chiudi.   
«Hai freddo?» 
Guardava le mia goti, il naso e le labbra secche per il freddo , in fine le mani rosse.  Eravamo pur sempre a Gennaio. Cercai di immaginarmi in uno di quei paesi caldi , tropicali. A quest'ora sarei stata a maniche corte tuffandomi in mare per rinfrescarmi. Immaginai anche il mare, adesso. Un brivido mi percosse la schiena, sarei senz'altro morta assiderata.  
«Un po'...» 
Risposi  vagamente , con un sorriso alzando il pollice come per dire "tutto ok!". Il mio cappotto non aveva nemmeno le tasche, della serie "bello ma non pratico" come una macchina sportiva, ti ci piace sfrecciarci ma, non ci entrano nemmeno quattro buste della spesa. Non andava bene, per nulla. Forse l'idea di raggiungere casa mia a piedi solo per star un altro po' con lui, era stata sbagliatissima. Ma più o meno ero arrivata, ed in ogni caso non si poteva tornar indietro. Altri pochi passi mi dividevano dalla mia dimora, dal mio soffice letto , che dopo una serata pesante mi avrebbe consolato. 
Mi fermai indicando con l'indice, e poggiando una mano sulla ringhiera del cancelletto.
«Beh questa è casa mia.»  
Abbassai lo guardo, aprendo il cancello di casa con le chiavi. Mi fermai, pensando a quando l'avrei rivisto. Mi piaceva, non era un ragazzo ordinario  di quelli che ti si appiccicano non lasciandoti più...Lui , lui era tipo un gatto. Sì! Proprio un gatto, che si nascondeva ed usciva fuori solo per la pappa o che pretendeva affetto solo quando LUI lo desiderava, strusciandosi un po' addosso. E quando lo andavi ad accarezzare fuggiva. Sorrisi all'idea, lui un gatto ed io un cagnolino. Come si potrà mai instaurare un rapporto? Lo guardai sventolandogli la mano per salutarlo, si si girò di schiera, salutandomi.
 
Non lo rividi più  da allora.  
 
La scuola era noiosa come al solito. C'era la lezione di educazione fisica, ultima ora. FINALMENTE! Esclamai tra me e me, guardando l'orologio a tratti, mentre aspettavo che qualcuno mi lanciasse la palla. Odiavo pallavolo , ma era l'unico gioco che ci faceva fare la professoressa. Mancavano 5 minuti, ghignai laciando la palla ad un mio amico, il quale la non si accorse prendendola in pieno volto. 
«Che riflessi, Fabio!» 
Risi, risi tantissimo. L'ho incontrato solo al liceo, ma subito siamo diventati amici stretti, ormai ci conoscevamo da tutti gli anni scolastici. La campanella suonò, e io e Fabio andammo al cancello principale insieme scherzando. C'era una massa di folla radunata, andammo a guardare anche noi.  
 
«Chi sarà quello...»
 
Questo sussurravano le persone bisbigliando tra loro, mi feci spazio e lo vidi. 
Lui , perfetto come al solito, aveva tagliato i capelli, erano corti dietro, e leggermente rasati ai lati con un ciuffone nero morbido a galletto, veniva voglia di toccarlo! Ma faceva anche paura, aveva un sopracciglio inarcato , come stupito per la folla. I suoi occhi azzurri chiaro si guardavano intorno. Forse il suo modo di vestire impauriva: Giubbotto in pelle con una tasca sul lato destro del petto, jeans stretti neri, converse bianche e una maglietta rossa. Era appoggiato ad una moto ,con le braccia conserte e una gamba dritta e una piegata poggiata sulla moto.Mi individuò con lo sguardo e si avvicinò, a me , che stavo vicino a Fabio ridacchiando un po'. Si mise davanti a me dritto, mostrandomi tutta la sua altezza con le spalle larghe, da uomo, anche se magro, ad occhio e croce gli davo all'incirca  69 kg.  
Si abbasso stando distante, in un semi inchino giapponese, avvicinava le labbra alle mie orecchie. Sentivo l'odore del suo Shampoo, era buonissimo, sapeva di fragola. Allora anche i ragazzi cattivi hanno un dolce odore? Mi sussurrò parole che, mi fecero battere il cuore fino a scoppiare:
 «Tu sei il mio cane, non dovresti scodinzolare a nessun'altro che non sia io. » 
Si alzò , mentre mi guardava impassibile, con lo sguardo color ghiaccio , mi prese da un polso, e iniziammo ad andare verso la moto. La gente mi guardava sbalordita, facendoci largo. 
«Aspetta...Come sapevi che scuola frequentavo? »
Le sue labbra si piegarono in un sorriso, il più bel sorriso mai visto. 
«Che padrone è uno che non sa nemmeno dove si trova il suo cane?»
Sentì perdere uno o due battiti...Ormai ero sua.
Scusate, erano mesi che non postavo... Scusate se trovate errori. Ma ultimamente ho trovato solo questo poco tempo... Il capitolo era iniziato da un bel po', salvato su un file di testo, non riuscivo a concluderlo in modo decente. Spero vi sia piaciuto. :3

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