Trouble

di proudofteddy
(/viewuser.php?uid=268544)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


"Dai Aaron va a prendere tutte le decorazioni e inizia a metterle prima che arrivi tua sorella."
"Va bene mamma, ma Tiffany a che ora arriverà?"
"Ha detto verso le 6 di questa sera, ma essendo a casa di Naomi credo che farà più tardi. La conosci no?"
"Si la conosciamo, e dico anche che dovremmo sbrigarci con questa festa sennò non arriveremo mai in tempo."
"Ai suoi ordini comandante Simon ahahah."

La risata così cristallina di mia madre che pian piano vado dimenticando, è la cosa che mi manca di più al mondo.

6:15 p.m.
"Nascondetevi tutti forza sta per entrare Tiffany."
Sentii sussurrare prima di entrare. Avevo già capito tutto ma continuai a far finta di nulla. Era buio e quando accesi la luce un “Buon compleanno Tiffany” mi accolse.
Non potevo chiedere di meglio che una festa tra amici e parenti per festeggiare il mio diciassettesimo compleanno in una serata d'agosto.

Ormai erano le 10:30 di sera e i miei nonni, stanchi e soprattutto vecchi, iniziavano ad andare via. Quando accompagnai nonna Margaret e nonno John al cancello, vidi passare un auto nera con vetri scuri che rallentò di fronte casa mia e subito dopo chiuso il cancello sentii accelerare. Ma non ci feci molta attenzione e tornai alla festa.

Ormai quasi tutti gli invitati erano andati via. Erano rimasti solo Naomi, la mia migliore amica, e i miei zii che abitano accanto casa mia.

Sentimmo dei rumori provenire dalla strada. Un auto. Tra la ringhiera vidi che era la stessa di prima. Cinque uomini armati scesero da essa e il mio cuore iniziò a battere irregolare: sempre più veloce. Avevo un brutto presentimento che cercavo in tutti modi di farmi passare per non sembrare preoccupata agli occhi di tutti; ma anche loro sembravano preoccupati come me. Stavamo fermi a guardare quelle ombre che caricavano pistole e che parlavano tra loro una lingua a me sconosciuta.

Parlavano, parlavano e parlavano indicando la mia casa. Poi presero tutte le loro armi, ormai pronte, e si incamminarono. Avevo paura. Il mio corpo era immobile con gli occhi sgranati che scrutavano ogni loro mossa. Mio padre mi chiamava ma solo dopo la terza volta che disse il mio noma riuscii a girarmi. Non capivo cosa stava succedendo, se fosse reale o no. Mio padre aveva una pistola in mano e ci ordinò di metterci al sicuro in casa.

Erano nel giardino con le facce coperte e attraverso la finestra riuscivo a vedere solo gli occhi.
Ci abbassammo tutti quando vidimo che stavano per sparare.
Coprimmo le nostre teste e ci stendemmo sul pavimento. Il rumore degli spari era assordante. Quando smisero di sparare vidi che il vetro delle finestre rotte era ovunque. Il silenzio regnava. Alzammo le teste in direzione di mio padre nell'attesa che ci dicesse cosa fare. Mandò mio fratello John al piano di sopra. Lui era troppo lontano dalle scale. Mio padre non fece in tempo a controllare se loro fossero ancora fuori. Glielo ordinò e basta. John, il più velocemente possibile si diresse alle scale quando uno sparo lanciò una pallottola dritto al suo petto. Ero intenta ad andare da lui quando mia zia, nascosta accanto a me mi tirò indietro
"Non andare o farai la sua stessa fine!"
Non potevo lasciarlo la. Stava morendo e io ero sua sorella come potevo abbandonarlo nel momento del bisogno? Ma mia zia aveva ragione. Ed io non volevo morire. Almeno non per mano loro.

Cercai di sbirciare da uno dei buchi fatto dalle pallottole un po' più in alto di me nel muro dietro al quale ero nascosta con i miei zii. I miei erano dietro il frigo un po' più in dietro di me. E mio fratello, steso per terra da solo che sanguinava. Mi girai di colpo quando sentii mia madre gridare quasi isterica per la perdita di suo figlio di nove anni. Mio padre cercò di abbracciarla per farla tranquillizzare e non rischiare che uscisse allo scoperto anche lei.

La porta si aprì e dei passi lentamente si avvicinavano verso di noi. Io sarei stata la prima ad essere vista e, forse, uccisa. Il mio fiato si fermò e non staccai lo sguardo neanche di un secondo dal buco che era l'unica via per tenere sotto la situazione. Mio zio si alzò mettendosi seduto quando fece un rumore con i calcinacci quasi impercettibile ma che con quel silenzio che sembrava eterno era come un CD a tutto volume di musica rock nella solitudine del deserto. L'uomo più vicino a noi si girò scoprendoci. L'arma puntata a verso di noi. Fece segno agli altri di venire e mi indicò. Mi tirò per il braccio facendomi sbattere la testa nello spigolo del tavolo accanto a noi e le urla di mia zia non fecero altro che peggiorare la situazione. Stavo per perdere i sensi. Lo sentivo perché iniziavo a vedere tutto sfocato e ad non essere più in grado di capire cosa stesse succedendo. Continuavano a trascinarmi verso l'uscita quando un ultimo sparo verso mia zia precedette alla mia completa perdita di sensi.


"E' chiaro il piano no? Vai li e cerchi di portartelo a letto così poi riusciremo a rubargli dei soldi. E rispondimi quando ti parlo!"
"Si è chiaro il piano."
"Bene. Senti puttanella non ho intenzione di perdere tempo con te perché o lo fai o fai la fine di tuo fratello!"
Quelle parole mi ghiacciarono. Ma ormai ero abituata a tutto quello.
"L'hai presa tutte la droga vero?"
"Si."
"Perfetto. E' pronta adesso potete portarla al luogo."
Indossavo dei mini short con calze a rete, un top scolato, una giacca di pelle e stivaletti bassi con tacco. Mi portarono di fronte all'hotel dal quale sarebbe uscito Ed Sheeran. Io dovevo fare il mio lavoro.

Arrivati all'hotel mi fecero scendere e iniziai a dirigermi alla porta d'ingresso per aspettare il cantante.
Dopo 20 minuti circa lo vidi uscire. Mi avvicinai verso di lui con aria sexy. Lui non mi guardava come di solito tutti mi guardano quando sono a lavoro. Nei suoi occhi c'era compassione, il che mi mise in grande difficoltà. Iniziai a fargli delle proposte che chiunque non avrebbe rifiutato ma lui non faceva altro che cacciarmi via. Che diamine voleva? Sapevo che se non fosse venuto con me sarei morta. Non avevo più cosa dirgli. Ero disperata. Cosa avrei raccontato ai miei capi?
"Per favore vieni con me?!" era quasi un obbligo.
Lui mi guardò di nuovo negli occhi capendo che non ero una delle solite prostitute. Capì che io non lo ero.
All'orecchio mi sussurrò di andare alla stradina a fianco all'hotel e che mi avrebbe raggiunto dal retro perché sennò lo avrebbero seguito i paparazzi. Andai li e lo attesi. La droga non durava molto. Circa un ora non di più. Ed erano già passati 45 minuti.

Finalmente Ed arrivò.
"Ehi ciao tesoro, allora cosa ti va di fare?"
"Cosa? Sali."
Lo seguii fino alla sua camera. Tolsi la giacca e stavo iniziando a sbottonarmi i mini short quando mi fermò.
"Cosa stai facendo?"
"Non mi hai portata qui per fare sesso?"
"Non ho la più minima idea di fare sesso con una minorenne."
"Tu che ne sai se sono minorenne o no?"
"Lo so e basta. Adesso rivestiti.” era gentile, mi capiva. E lo ringraziavo infinitamente di non avermi fatto continuare.
"Adesso dimmi una cosa. Perché fai questo? Non hai una famiglia?"
"No io sono sola e indipendente. Qualche problema?"
"Io non ho nessun problema. Qui quella che ha i problemi sei tu. Per quanto mi riguarda potrei anche denunciarti alla polizia perché sei minorenne."

L'effetto della droga stava per sparire, il che avrebbe significato che avrei fatte una bella dormita di 10 ore. Iniziò a girarmi la testa e in meno di 3 minuti ero già a terra.

 

Ed

Iniziò a girarle la testa e subito dopo cadde a terra. Non capivo cosa le avesse preso. La misi a letto e decisi di aspettare che si risvegliasse. Non so come mai questa ragazza, di cui non sapevo neanche il nome, aveva una vita del genere. La guardai dormire per 2 ore quando, ormai stanco, cercai di trovare un posto per dormire. L'unico divano disponibile era circa la metà della mia altezza “Hotel del cazzo. Serata del cazzo.” dissi fra me e me. Ero troppo stanco per pensare a una soluzione intelligente e mi si nell'altra metà del letto disponibile dove c'era anche la ragazza. Aveva il viso sciupato, capelli lunghi e castano scuro. Gli occhi, stranamente non avevo fatto ancora caso al loro colore, luminosità, intensità. Di solito solo la prima cosa che guardo. Forse ero troppo preso da altri pensieri. Era bella. Davvero bella.

Avvertivo che lentamente i miei occhi iniziavano a chiudersi. Cercai di catturare un'immagine di lei che sarei riuscito a mantenere nei miei sogni per tutta la notte.

 

Tiffany

Erano le 11 passate e avevo un grandissimo mal di testa. Come se la sera prima avessi avuto una sbornia. Ma purtroppo non era così. Sapevo perché avevo la nausea. Vidi Ed accanto a me e non riuscivo a ricordare cosa fosse accaduto.

Dovevo andarmene e scappare finché ero in tempo perché se mi avessero trovata sarei morta, o chissà cos'altro mi sarebbe successo.
Scesi dal letto e andai per mettermi le scarpe quando anche Ed si svegliò e mi vide.
"Che stai facendo?" mi disse ancora assonnato e con un tono di voce dolce e pacato.
"Io, devo andare via. Ho poco tempo non posso più stare qui."
Mi venne in contro.
"Puoi spiegarmi di cosa stai parlando?"

Stavo per rispondere quando iniziai a sentirmi male e corsi subito in bagno a vomitare.
"Stai bene?"
"No, non sto affatto bene! E' tutto uno schifo!"
"Posso aprire la porta?"

Uscii dal bagno con le lacrime agli occhi. Ma non volevo piangere. Non volevo sembrare fragile o indifesa.

 

Ed

Appena la vidi uscire mi venne qualcosa alla bocca dello stomaco. Era messa male e pur volendola aiutare non sapevo come fare: non conoscevo neanche il suo nome.
La abbracciai facendola tranquillizzare e facendole raccontare cosa le fosse successo. Era davvero sconvolta.
"E in più non capisco cosa è la droga che mi danno ogni volta. Mi fa perdere la condizione del tempo. Non so più neanche da quanto tempo manco da casa. Mi fa dimenticare ogni lavoro che faccio."
"Come ogni lavoro? Quante volte ti obbligano a fare queste cose?"
"Non lo so. Non mi ricordo niente." non riuscivo a credere a tutta quella storia. Era troppo assurda e insopportabile per lei.
"Dimmi una cosa. Quando è stata l'ultima volta che hai visto i tuoi genitori?"
"Per il mio compleanno. Il 13 agosto. E' stata quella sera che mi hanno rapita."
"Guardami." si voltò lentamente verso di me guardandomi dritto negli occhi. Finalmente riuscii a capire il colore dei suoi occhi. Erano color nocciola. Grandi e intensi che riesci ad immergertici.
"Non ti hanno toccata vero?" abbassò lo sguardo fissando il vuoto senza rispondere.
Rispondimi. Ti hanno toccata? Te lo hanno fatto fare?"
"Si."
Finalmente rispose anche se non era la risposta che avrei voluto sentire.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


E' veramente assurdo che una ragazza debba subire certe cose solamente per fare un favore a gente così schifosa.
Gliela farò pagare.
"Andiamo a fare colazione e intanto penseremo a cosa fare. Non la passeranno liscia, e questo è sicuro.”
Si alzò in piedi quai alterata.
"Cosa vuoi fare? Non pensare a vendicarti o roba simile."
"E perché no scusa? Non puoi continuare a fare questa vita, lo capisci o no?"
"Ma perché ti interessi tanto? Neanche ci conosciamo, e poi tu non c'entri nulla. Non ti intromettere, non sono affari tuoi."
"Sbaglio o sei tu quella che mi ha quasi supplicato per portarmi a letto?"
"Di certo non era mia intenzione farlo. Come ti ho già detto avevo preso la droga e non ero io a parlare. Se veramente volessi portarmi a letto tutti coloro con cui lavoro sai veramente una.."
Nessuno dei due disse nulla, quando il mio tono si abbassò.
"Continui a chiamarlo lavoro? Quello non è affatto un lavoro e tu non lo capisci. Ti hanno fatto il lavaggio del cervello quelli la e tu continui a difenderli come se ti avessero salvato la vita. Apri gli occhi!"
"Non venire a dirmi cosa fare e cosa no. Per quanto mi riguarda tu non sei nessuno."
"E per quanto riguarda me puoi anche uscire da questa stanza e sparire per sempre."
Non potevo averlo detto sul serio. Sapevo che non dovevo lasciarla andare, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
A testa bassa si girò e andò via.
"Bene."
Era sparita, proprio come era apparsa: nel nulla. Quel nulla che mi ha fatto sognare, anche se per solo dodici ore. Niente in confronto a tutte quelle che avrei voluto passare ancora con lei. Era la cosa più antipatica, fastidiosa, insopportabile e meravigliosamente perfetta che mi fosse mai capitata.

Decisi di controllare fuori per assicurarmi che tutto fosse sicuro. Ma non era così.
Iniziai a correrle dietro per impedirle di non uscire dall'hotel.

Tyffany

Proprio lui dovevano darmi? Non potevo avere un altro dei soliti miliardari? Mi ha solo complicato la vita, e non potevo neanche uscire da questo hotel senza la paura che ci sia qualcuno che qualcuno potesse spararmi.
Premetti sul bottone per chiamare l'ascensore e lo aspettai per circa 3 minuti. Eravamo al quarto piano.
Quando arrivò e io entrai vidi Ed che correva verso di me preoccupato, ma quando mi raggiunse l'ascensore era già chiuso.
Perché era preoccupato? Non di certo perché ero andata via *troppo bello per essere vero (non credevo di averlo pensato veramente)*. Subito dopo immaginai il perché.
Cercai in tutti i modi di fermare l'ascensore ma non ci riuscii. La porta si aprii e vidi uno degli uomini che mi avevano rapita fuori dall'hotel. Ero pietrificata e con lo sguardo fisso verso di lui. Era dentro un'auto con un arma. Se fossi uscita da li la mia inutile vita sarebbe finita in un soffio di vento. Neanche il tempo di accorgermene e il mio fragile corpo sarebbe caduto a terra privo di vita, proprio come quello di John.
L'uomo mi vide e il panico prese il sopravvento su di me. Non riuscii a controllarlo. La mia mente diceva di scappare ma il mio corpo non ne voleva sapere di ascoltarla e rimasi ferma nella stessa posizione.

"Corri!" la voce di Ed mi risvegliò e vedendolo correre verso di me feci lo stesso, nella medesima direzione. Ci dirigemmo nella sala ristorante, forse la parte più sicura dell'hotel e per non farci vedere dai proprietari e rischiare di farci buttare fuori, ci nascondemmo sotto un tavolo con la tovaglia lunga fino a terra e riprendemmo fiato.
"Grazie Ed. Mi dispiace per quello che è successo oggi, io non le pensavo davvero quelle cose."
"Non preoccuparti, l'importante che tu ora stia bene."
Annuii leggermente accennando un sorriso.
"Ma almeno adesso puoi dirmi come ti chiami?"
Mi misi a ridere.
"Tiffany, mi chiamo Tiffany."
Mi sorrise.
"Che ne dici di trovare un modo di uscire da qui?"
"Va bene. Voglio davvero mettere fine a questa storia. Non riesco più a vivere così."
"Sta tranquilla, adesso proverò a parlare con con qualcuno che conosco così di andare a nasconderci da qualche altra parte."
Ha detto nasconderci? Noi? Non era lui quello che doveva sfuggire alla morte e che doveva a cercarsi una nuova vita. Perché doveva venire con me? Non che desse fastidio ma, cosa c'entrava lui?
Finalmente uscimmo dal nascondiglio e prendendo il telefono Ed mi disse
"Ascolta io adesso vado a chiamare un mio amico per vedere se possiamo andare da lui."
Annuii e lo aspettai seduta su una sedia del ristorante guardandomi intorno. Scrutavo ogni minimo dettaglio. Mi resi conto di quanto mi mancasse casa mia. Gli odori, i colori, gli affetti, le risate. La risata così cristallina di mia madre che pian piano vado dimenticando, è la cosa che mi manca di più al mondo. Ma finché penserò costantemente a lei non potrò dimenticarla, non devo, non voglio.
Immersa nei miei ricordi, fui risvegliata dal suono della voce di Ed.
"Allora, ho parlato con Andrew e mi ha detto che possiamo stare a casa sua per un po."
"Ok va bene. Ma c'è un problema. Come facciamo ad uscire da qui?"
"Ho pensato anche a questo tranquilla. Tempo fa ho affittato un elicottero per provare a fare un giro e sono rimasto in contatto con il proprietario. Sta venendo a prenderci e saliremo dal tetto."
"Davvero sorprendente. Ma qualcosa di meno vistoso no? Sai non vorrei che ci notassero."
Marcai l'ultima parola con tono ironico, ma serio, e poi ripresi.
"Come hai fatto a pensare ad un elicottero? E' davvero assurdo, e poi io non posso salire soffro di vertigini rischio di cadere."
"Non ho mai conosciuto qualcuno che mi desse così tanti problemi e parlasse così tanto."
Lo guardai storto e non dissi nulla con aria di offesa.
Sapevo di essere un bel tipetto perché me lo avevano detto molte volte, ma non pensavo di essere così rompi palle.

Ed

E' davvero carina quando si arrabbia, ma certe volte deve tenere a freno la lingua perché rischia di rovinare tutto.
"Dai adesso non fare l'offesa e vieni che a momenti saranno su."
"Ok."
Ci dirigemmo in all'ascensore. Tiffany era particolarmente nervosa, sicuramente voleva farmi sentire in colpa.
"Non sarai mica ancora arrabbiata con me vero?"
Non rispose.
"Oh, andiamo. Non volevo offenderti era tanto per dire."
Perché doveva essere così permalosa.
"Guarda, ho perso le speranze con te. Basta non ce la faccio più."
Cercai di ribaltare la situazione, ma lei non sembrava molto intenta a parlarmi, e sbuffando decisi di lasciare stare.
Arrivammo sul tetto. Il vento era fortissimo specialmente con l'effetto delle eliche dell'elicottero che stava per atterrare.
Fortunatamente non ci fece aspettare molto, e senza perdere tempo salimmo su di esso.
Una volta chiuso lo sportello, in pochi attimi eravamo già in volo.
Tiffany iniziò a tremare guardando con occhi spalancati fuori dal finestrino. Forse non mentiva quando diceva che soffriva di vertigini.
Subito dopo chiuse gli occhi respirando lentamente per cercare di tranquillizzarsi. Ma non servì a molto.
Le presi delicatamente la mano facendole venire un sussulto. Si girò verso di me guardando prima la mano e poi i miei occhi intensamente.
"Non devi preoccuparti, qui ci sono io e finché rimarrai con me ti prometto che non ti accadrà niente."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


TIFFANY
"Non devi preoccuparti, qui ci sono io e finché rimarrai con me ti prometto che non ti accadrà niente"

Ormai non facevo altro che ripetermi quelle parole nella testa, così velocemente e ripetutamente che non mi ero resa conto che lo stavo fissando dritto negli occhi fino a quando lui non mi lasciò la mano ed io tornai sul pianeta terra. Quel pianeta che sembrava essere sparito per pochissimi attimi, attimi che mi avevano fatto sentire viva, cosa che da tanto ormai non accadeva più.
Voltai immediatamente lo sguardo fuori dal finestrino sentendo le guance andare a fuoco e notando che stavamo atterrando
"Siamo arrivati. Vuoi un aiuto per scendere?"
"No grazie ce la faccio." gli risposi timidamente.
Una casa a due piani si apriva di fronte a me e non riuscii a non restare a bocca aperta.
Ed rise
"Bella vero? E' tutto nostro, l'abbiamo comprata insieme l'anno scorso e ci veniamo ogni estate per rilassarci e per stare lontani dai paparazzi."
"E' meravigliosa, davvero."
Da fuori non riuscivo a vedere molto per via del muro di cinta intorno alla casa.
Ed suonò il campanello e senza neanche rispondere Andrew uscì fuori.
"Ehi Ed! Quanto tempo amico, come stai?" diede una pacca sulla spalla a Ed in segno di saluto.
"Ciao Andrew, mi sei mancato anche tu."
Temevo che fossero andati avanti per molto perché già iniziavo a sentirmi in imbarazzo quando finalmente Ed se ne rese conto.
"Lei è Tiffany. La ragazza di cui ti ho parlato."
"Piacere, grazie mille per aver accettato di ospitarmi." ma da dove cavolo mi erano uscite fuori quelle parole?
"Piacere mio tesoro." mi sorrise e subito dopo continuò
"Coraggio entrate non state li impalati."
La casa era meravigliosa. Appena entrati eravamo in un grande salone con un divano in pelle bianca di fronte a un camino con il fuoco acceso. Immersa nel mio osservare ogni minimo particolare fui interrotta da Ed.
"Tif se vuoi puoi andare di sopra a fare una doccia."
"Si certo, va bene."
"Ti accompagno alla tua camera allora. Andy noi andiamo di sopra a fare una doccia."
"Va bene, di alla tua ragazza che nella sua camera ci sono dei vestiti che ho fatto portare per lei. Spero le vadano bene. Oh, e se volete vi do le chiavi della camera grande così potete stare insieme."
"Cosa?" non vedevo la mia faccia ma riuscivo a capire che era sconvolta, e molto anche.
"Amico non siamo fidanzati, come ti passa per la testa?" era ovvio che Ed non gli aveva detto nulla della mia situazione.
"Oh scusate, quando hai detto che andavate a fare una doccia ho pensato che .. beh non importa andate che è meglio."
Ridacchiai tra me e me.
"Forse ha ragione, meglio andare Ed sono esausta."
"Si andiamo, ti mostro la tua camera."
Salii le scale seguendo Ed e arrivati in cima percorremmo un lungo corridoio con 5 stanze. Ed si fermò davanti ad una porta e la aprì.
"Ecco questa è la tua camera, spero ti piaccia."
Entrai e mi buttai immediatamente sul letto chiudendo gli occhi.
"Stai scherzando? E' meravigliosa, grazie di tutto."
Riaprii gli occhi e mi sollevai rimanendo seduta.
"Mi manca tutto questo. Un letto, qualcuno che si prenda cura di me, una casa. La mia casa."
Ed si avvicinò sedendosi a fianco a me sul letto e mi prese il viso con le mani delicatamente facendomi girare verso di lui.
"Ehi, tornei a casa ok? Farò di tutto pur di ridarti la tua vita di prima."
"Solo che io non mi ricordo più com'è la mia vita di prima. Non mi ricordo più niente. Non so chi sono, chi ero, chi sono i miei e mio fratello. La mia vita ormai è finita, e non può più tornare come una volta."
Ed mi fece segno di fare silenzio.
"Non dire così. So che hai subito un trauma, ma la tua vita non è finita. Devi fidarti di me."
"Fece una pausa continuando a guardarmi negli occhi e poi riprese."
"Tu ti fidi di me?"
I battiti del mio cuore accelerarono. Perché mi comportavo così lo conoscevo appena.
Abbassai lo sguardo facendo togliere le sue mani dal mio viso le quali scivolarono lentamente sulle mie guance. Rialzai lo sguardo su di lui e risposi.
"Si. Si io mi fido. Ma non voglio metterti in mezzo. Tu non sei coinvolto e non voglio che ti accada qualcosa, non me lo perdonerei mai."
"Ti non devi preoccuparti di me. L'importante è solo che tu torna a casa e che stia bene."
"No, non se ti uccidono o chissà che cosa ti fanno."
"Non mi accadrà niente, e tu devi stare tranquilla. Ora basta pensarci va a farti la doccia e riprenditi ok?" annuii e mi diressi al bagno.

Mi infilai sotto la doccia facendo scorrere l'acqua tiepida sulla mia pelle. Finalmente potevo rilassarmi un po'. Potevo avere un po' di pace che non avevo avuto per più di tre mesi. I tre mesi più lunghi della mia vita.

Una volta uscita dal bagno misi il pigiama, e mi distesi sul letto addormentandomi subito dopo.

 

Ed
"Allora cosa hai intensione di fare con lei? Andrai fino in fondo?" raccontai tutto ad Andrew, d'altronde era il mio migliore amico.
"Si, non ho intenzione di abbandonarla, almeno non anche io. Ha passato troppe cose che una ragazza come lei non DEVE passare. Io la riporterò a casa, costi quel che costi."
"Io ti conosco Ed e so che quando ti metti in testa una cosa la fai, ma devi stare molto attendo perché non sai contro chi ti stai mettendo. E io ti aiuterò."
"Grazie mille amico." mi diede una pacca sulla spalla prima di alzarsi.
"Dimmi una cosa, ma cosa intendevi quando hai detto una ragazza come lei?”
"Non fare lo stronzo! Non volevo dire niente. E guai a te se dici un'altra volta che è la mia ragazza perché non lo è, chiaro?"
"Ed Sheeran che dice stronzo?? E' da scrivere." rise.
"Sta zitto se non vuoi che te lo ripeta." risi anche io.
"Adesso vado a vedere come sta e poi vado a fare la doccia anche io. Ci vediamo dopo"
"Si certo ci vediamo dopo, se non rimani nella sua camera per chissà quanto tempo."
"PIANTALA Andrwe! Mi hai rotto già"
"Ok scusa."
Certe volte è davvero testardo e insistente che solo con le cattive riesce a star zitto.
Salii al piano di sopra dirigendomi nella camera dove avevo lasciato Tiffany. Aprendo la porta la vidi sul letto che dormiva. Mi avvicinai e le misi la coperta sopra.
Il volto rilassato, la pelle perfetta e morbida al ricordo delle mie mani su essa alcuni minuti prima e i suoi capelli lunghi mi ricordavano la prima volta; quando la guardai dormire per ore sapendo che avrei potuto continuare in eterno senza stancarmi mai.
Con quell'immagine di lei tornai indietro a passi silenziosi e guardandola per un'ultima volta prima di chiudere andai in camera mia.
Facendo una doccia veloce mi misi a letto anche io e mi addormentai distrutto da quella giornata infernale.



 

Ciao a tutti c:
Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo..
Pleaseeeee lasciate tante recensioni!!
Aggiorno a 10 recensioni in questo capitolo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1675924