Innuendo

di Purrrkwood
(/viewuser.php?uid=64990)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dancing in the rain. ***
Capitolo 2: *** Blame it on the parrot ***
Capitolo 3: *** Cast a spell ***
Capitolo 4: *** Love in peculiar places ***
Capitolo 5: *** I'm touching and kissing ***



Capitolo 1
*** Dancing in the rain. ***


Niff Week! :D Ok, in realtà dubito di poter completare le sette shot in tempo, contando che sono al momento solo tre, ma meglio di niente!
Forse la finirò col tempo xD
Credo che la parte migliore, comunque, non sia la pubblicazione ora, ma tutto il lavoro, lo sclero, le risate e le stupidaggini della preparazione. E' stato fantastico! <3
E finalmente anche io riesco a scrivere su questi due tizi puccicarini *inserire cuoricini qui*

Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
Dancing in the rain [Pioggia]

“A che pensi?”

Erano in silenzio da qualche minuto, ormai, seduti su quella panchina a fissare il vuoto, mentre tra gli alberi soffiava piano il vento di luglio. Una folata più insistente fece ondeggiare piano i loro capelli, si insinuò tra le pieghe delle maglie leggere, ancora tiepida nonostante fosse passata la mezzanotte da almeno venti minuti. Senza parlare, Jeff si strinse di più a Nick, cingendogli i fianchi da dietro e appoggiando il mento sulla sua spalla. Sentì la guancia dell’ altro accarezzare la sua.

“A niente” sussurrò Nick, muovendosi appena per lasciarsi abbracciare meglio: “Ti sembrerà strano, ma il mio cervello è vuoto.”

Il biondo ridacchiò: “Credevo che il momento in cui il cervello si svuota implicasse un ambiente più intimo e qualche vestito in meno” Inspirò piano, il volto immerso nei capelli del moro, riempiendosi le narici del suo odore. Nick profumava di mango, Jeff lo sapeva perché era stato lui a regalargli quel bagnoschiuma, ma avrebbe potuto profumare di qualsiasi cosa, per lui sarebbe stato comunque l’ odore più buono e dolce del mondo – ed era dolce vedere Nick arrossire quando glie lo faceva notare.

Quest’ultimo chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore, un po’ per l’ allusione poco velata, un po’ per il gesto: “Pervertito”

“Colpa tua” Sterling cercò di nuovo il suo collo, stavolta con le labbra e lasciò un piccolo bacio sulla pelle, poi un altro e un altro ancora, con lentezza “Vedi di essere meno sexy nella tua prossima vita e ti lascerò stare.”

“Non era una critica” fu la risposta. Nick continuava a tenere gli occhi chiusi, se fossero rimasti in quella posizione a lungo avrebbe anche potuto addormentarsi; sarebbe stato perfetto addormentarsi lì, in mezzo al parco, i corpi perfettamente incastrati: due pezzi dello stesso ingranaggio, creati apposta per combaciare. Jeff aveva le braccia lunghe, era alto, era perfetto per gli abbracci. Era perfetto in generale, dal modo in cui si sottraeva alle carezze appena sveglio al suo atteggiamento da bambino perennemente allegro. Gli sarebbe bastato avere lui per essere a posto per tutta la vita.

“Jeff…”

“Mh?”

“Ti a-” plic. Nick non concluse la frase. Plic.

“Hai sentito una goccia?” Jeff si scostò di malavoglia dal suo ragazzo, fissando il cielo. Nick lo imitò e pochi secondi dopo sul suo naso cadde qualcosa di bagnato. Uno, due, tre gocce.

“Ma no, dai!” gridò. Ma i temporali estivi erano così e pochi secondi dopo il silenzio del parco pubblico di Westerville era stato riempito dallo scrosciare lento della pioggia. Nick trattenne un’ imprecazione e si alzò, c’ era un porticato a pochi metro da loro, un buon posto per ripararsi. Ma quando tentò di muovere un passo, sentì una mano afferrarlo per il polso. Girandosi, vide che Jeff non si era mosso di un centimetro.

“Dove vai?” glie lo chiese con tono quasi stupito, mentre l’ acqua gli incollava la frangia al viso. Nell’ insieme, Jeff sembrava un cucciolo.

“Pioggia, bagnato, riparo?” azzardò il moro, indicando con la mano la sua destinazione “Dai, vieni!” e lo tirò a sua volta. Ma Jeff non ne voleva sapere.

“Dai, rimani” gli fece il verso, alzandosi “Ti fa paura un po’ d’acqua?”

Nick sorrise e Jeff lo tirò a sé, costringendolo a ruotare su se stesso in una piroetta. Gli passò un braccio attorno alla schiena e, quando si fermarono, i loro volti erano distanti solo pochi centimetri.

“Mi concede questo ballo?” e prima ancora che Nick potesse dire qualcosa, il biondo aveva iniziato a muoversi, trascinandolo in un valzer improvvisato, appoggiando un piede dopo l’ altro seguendo il ritmo cadenzato delle gocce sul cemento.

“Sta piovendo, scemo!” Nick cercava di staccarsi, senza provarci davvero, e nel frattempo aveva iniziato a ridere in modo incontrollato, abbracciato a lui come se non importasse nient’ altro. Si lasciò guidare in quella danza bizzarra e un po’ impacciata; e ad un certo punto la pioggia sembrò quasi non esistere più, un po’ perché erano ormai entrambi completamente fradici e un po’ perché quel fruscio era diventato davvero la loro musica. Jeff era così, avrebbe potuto ballare ovunque, e trascinarlo con sé come se fosse la cosa più naturale del mondo. E ogni volta riusciva a essere tutto perfetto. Anche in quel momento, mentre cominciava a fare un po’ freddo, era tutto incredibilmente, terribilmente, assolutamente perfetto.

Il temporale non durò più di cinque minuti. Quando l’ ultima goccia colò sui loro vestiti e sulla pelle nuda delle braccia, erano ancora stretti l’ uno all’ altro. Si erano fermati e ora stavano lì, in piedi, gli sguardi incatenati.

“Allora sei capace a ballare.” Scherzò Jeff, alzando una mano per sistemarsi una ciocca di capelli.

“Ho imparato dal migliore” Nick sorrise e, alzandosi sulle punte, lasciò che le loro labbra si unissero in un bacio umido, che aveva il sapore della pioggia appena caduta. Si mossero perfettamente in sincronia, stringendosi per scacciare i brividi di freddo e di eccitazione, finchè il bisogno d’ aria non li costrinse a separarsi.

Di nuovo, Nick non riusciva a pensare a niente. Se non ad una cosa.

“Jeff?”

“Mh?”

“Ti amo.”

Plic.

-----------------------------

.....

Ciao <3


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Blame it on the parrot ***


Inizierò col dire che questa è la shot più priva di senso che io abbia mai scritto. No, davvero. Non ne ha xD Non riesco nemmeno a capre se mi piace o no xD
Comunque, un grazie enormerrimo (?) a chi ha commentato quel mega cliché che era lil primo capitolo. Vi amo. Vi adoro.
I niff you <3

Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
Blame it on the parrot [Librarian]

Dicono che le cose migliori non accadano mai per nostra volontà, ma che siano completamente dettate dal caso. Il caso è ciò che ti fa trovare nel posto giusto al momento giusto, che ti fa perdere l’ autobus ma che ti fa trovare su quello dopo un amico che non vedevi da anni, che ti fa pescare tra mille il biglietto giusto della lotteria.

Il caso è quella forza superiore che fa scoppiare un temporale nell’ unico giorno in cui hai dimenticato l’ ombrello e che sulla linea della metro che ti deve portare a casa ci sono lavori per almeno tre fermate, lasciandoti con la prospettiva di una camminata di almeno due chilometri sotto il diluvio, fino alla stazione più vicina.

“E vaffanculo!” il grido uscì dalle labbra del ragazzo biondo con sincera convinzione, mentre si scrollava di dosso, quanto possibile, l’ acqua che una macchina gli aveva gettato addosso per la terza o quarta – o anche quinta- volta. Cercando di coprirsi il più possibile con la giacca leggera che indossava – per quel che serviva a quel punto- Jeff si guardò intorno, maledicendo mentalmente il tempo, New York e ogni persona che la abitasse. Ci abitava anche lui, a dire il vero, da quasi quattro anni: era sopravissuto al traffico, agli uragani, alle campagne elettorali e alle devastanti feste di benvenuto del college, ma era in quei momento che si sentiva terribilmente un “misero campagnolo dell’ Ohio”, come ripeteva sempre Thad nei loro primi mesi nella Grande Mela. E ora, bagnato fino all’osso, si sentiva poco newyorkese, ma molto stupido. Quando il primo starnuto lo colse, mandò al diavolo la metropolitana ed entrò deciso nella prima porta che gli si presentò davanti. Avrebbe aspettato che migliorasse, oppure avrebbe chiamato un taxi. Aprì la porta senza pensare, la aprì così, per caso, accompagnato dal tintinnio di un campanello.

Il calore che lo accolse fu la sensazione più bella che ricordasse. Ancora stretto nella giacca, lo sguardo fisso a terra, Jeff non notò la persona che gli si stava avvicinando.

“Posso aiutarti?”

Jeff al caso non credeva poi così tanto. Lo chiamava più che altro sfiga, perché di occasioni fortunate glie ne capitavano sempre veramente poche; eppure, in quel momento, un po’ di fortuna pensò di averla: era una libreria quella in cui era entrato, uno di quei negozietti indipendenti che non si sa mai come facciano a sopravvivere e che profumano sempre di carta. E gli occhi che incontrò sollevando la testa avevano la più bella sfumatura di marrone che avesse mai visto. Con le gocce di pioggia che ancora cadevano regolari dalla sua frangia, Jeff capì di aver appena avuto un colpo di fulmine al confronto del quale Lightning Lad era solo una pila scarica.

“Si, no, io… mi riparavo dalla pioggia.” Balbettò cercando di darsi un tono. Probabilmente non gli riuscì, ma il sorriso dell’altro non sembrò troppo di derisione.

“Direi che ti ha preso alla sprovvista, eh” disse, accompagnando la frase con una risata. Una bella risata, davvero bell- no, Jeffrey, non incominciare con le cazzate.

“C’è un termosifone, se vuoi mettere la giacca ad asciugare un po’” riprese il commesso, di nuovo con quel sorriso. Gli tese una mano: “Io sono Nick, comunque.”

Jeff fissò la mano per qualche secondo “Cos… ah! Sì.” Ricambiò la stretta nervosamente “Jeff. Jeffrey, in realtà, ma di solito chi mi chiama così all’ infuori dei miei, fa una brutta fine.” Non parlare a caso, perché parli a caso?!

“Jeff, allora. Dai, dammi quella giacca, ci vorrà un po’ prima che smetta.”

“Un po’ quanto?” il biondo allungò l’ indumento fradicio a Nick, sussultando leggermente quando le loro mani si sfiorarono. Si passò le dita tra i capelli: “Dovrei andare a casa a studiare, ho un esame la prossima settimana.”

“Non prima di sera credo, ne parlavano poco fa alla radio “Ti chiamo un taxi, se vuoi. Oppure… no, niente.”

“Cosa?”

“Oppure puoi fermarti qui. C’è una stanzetta di là, ci studio quando qui c’è mio nonno. Così almeno per oggi ho un po’ di compagnia” e Jeff giurò di aver visto il ragazzo arrossire “Cioè! Insomma… viene poca gente qui, principalmente dei collezionisti che cercano libri rari e cose simili e non è che siano campioni di gentilezza e… mi annoio non poco, sai…”

Fu il turno di Jeff, stavolta, di sorridere al comportamento dell’ altro; Ma io ti faccio compagnia quanto vuo- no, idiota. Lo sai quanta fortuna hai in queste cose, quello non è gay, è solo gentile.

Eppure, restare male non avrebbe fatto: “Si, perché no. Se non ti disturbo.”

“No, assolutamente! E’ quella porta lì, dietro allo scaffale” gli indicò una piccola porta bianca “Vai pure.”

Quello sarebbe stato un ottimo momento per rifiutare, per inventare una scusa come ‘Non ho dietro i libri’. Ma i libri li aveva. ‘Ho un impegno’.Non sarebbe mai risultato convincente. E quegli occhi? Quei pozzi color cioccolato sembravano gridare con tutta la loro forza “Resta qui!”. Che male c’era a volersi godere una ella vista per qualche ora? Con un’ alzata di spalle, Jeff abbassò la maniglia della porta e la spinse. Era ciò che avrebbe fatto chiunque, perché era una porta come le altre che dava in una stanza come le altre. Ma all’ ultimo momento la voce di Nick arrivò alle sue orecchie:

“Aspetta,no, lì dentro c’è-“

Jeff capì in quel momento che non era solo Nick a rendere particolare quella libreria. Lo capì quando, con la coda dell’ occhio vide qualcosa venirgli incontro. Qualcosa di colorato e veloce.

Ma che-

“CRAAAA!”

“ODDIO!”

“Craaa, il prigioniero è evaso, Cra!”

Jeff impiegò qualche secondo per riprendersi e riconoscere la creatura che gli aveva appena provocato un infarto. Non credette ai suoi occhi, quando sul tavolo di fronte a lui si posò un pappagallo colorato. Il pennuto prese a lisciarsi le piume con noncuranza, mentre dalla porta faceva capolino la testa mora di Nick.

“Scusa, l’ ho lasciato lì prima perché cercava di mangiarsi i capelli di un cliente!” allungò un braccio e il pappagallo vi balzo sopra “Beh, hai conosciuto Crock. Non fare caso al nome, glie l’ ha dato mia sorella e ormai ha imparato quello; ma ufficialmente lui è mio.” Passò un dito tra le piume verdi. Jeff inarcò le sopracciglia.

“E’ piuttosto… insolito per un posto del genere.”

“Oh, lui è bravo. Non sporca mai, sa che ha la sua gabbietta per tutto, ha solo un carattere un po’… espansivo. Gli piace la gente, anche troppo a volte! Ma gli animali come lui non possono stare soli troppo a lungo, per cui lo porto qui.”

“Craaa, rovesciate i banchi!”

Jeff scoppiò a ridere “Che diavolo dice?”

“Ripete le cose” Nick si unì alla risata “Frasi di film, oppure le cose che ripetevo ad alta voce quando studiavo. Devo dire che ha una memoria eccellente.”

“Craa, l’ anello va distrutto, Craaaa!”

“Ok, credo di amarlo.”

 

***

Quel pomeriggio gonfio di pioggia sarebbe rimasto per sempre nella sua memoria come la prova di quanto la vita dipendesse davvero dal caso. Perché avrebbe potuto benissimo fare un passo in più, o uno in meno, o attraversare la strada in quel momento in cui aveva scelto invece di tirare dritto; e allora magari si sarebbe rifugiato in un bar, o in un centro commerciale, o sotto a un portico e non ci sarebbe stato nessun odore di carta, nessun termosifone su cui appoggiare la giacca bagnata, nessun Nick ad accoglierlo con il sorriso più caldo del secolo. Soprattutto, non ci sarebbe stata nessuna offerta di restare lì per “quel giorno” da estendere poi a “quella settimana” e a “quel mese”. Jeff non ricordava nemmeno come fosse arrivato a quel punto, a passare tutti i suoi pomeriggi in quella stanzetta, anche quando ormai il famoso esame era già stato brillantemente superato, a sorridere più alla prospettiva di prendere in mano i libri di Nick che il controller dell’ X-box e ad apprezzare la compagnia di Crock più di quella dei suoi compagni di classe. Eppure era successo, e Nick non aveva mai battuto ciglio vedendolo presentarsi in libreria ogni giorno, puntuale, alle cinque in punto dopo la fine delle lezioni.

Non batté ciglio per due mesi, fino a quel giorno. C’ era di nuovo la pioggia, di nuovo il riscaldamento al massimo che riempiva l’ ambiente di un piacevole tepore, ma stavolta Nick era seduto davanti a lui e si rigirava una penna tra le dita, il viso contratto in un’espressione pensierosa.

“Perchè vieni sempre qui?”

Jeff alzò lo sguardo dal libro di economia, e all’ improvviso il calore che sentiva attorno a sé sembrò svanire.

“Cioè, non mi sto lamentando!” il biondo riprese un po’ di colore “Solo…” sembrava non sapere che dire, fissava la penna e il tavolo come a evitare il contatto visivo. Jeff non aveva la minima idea di cosa dire. O meglio, ce l’ aveva eccome, ma dirlo avrebbe potuto rompere la loro bolla di felicità.

“Non so, credevo andasse bene per te, non hai mai detto nulla. Mi piace venire qui.”

“Ma abiti dall’ altra parte della città.” Touchè.

“Anche fino alla biblioteca è un viaggio lungo. Anzi, per venire qui faccio tre fermate in meno”

“E cambi linea due volte” Doppio touchè. Duval: 2 - Sterling:0 e palla al centro.

“E’ solo che…” Nick si morse il labbro. Aveva a che fare con i clienti del negozio da più di un anno, nel tempo libero girava per i teatri e gli studio a fare provini, mai una volta si era trovato senza parole. Ora, davanti a quel biondino con gli occhiali da vista appoggiati sul naso all’ insù, quella frase che si dibatteva nella sua gola non trovava nessun modo per uscire.

“Ti fai più di mezz’ ora di metro ogni giorno e per cosa? Per stare assieme ad un pappagall-”

“ASSIEME A TEEE, CRAAA, A TE!”

Jeff avrebbe ricordato quel giorno come il giorno in cui si era trovato combattuto tra l’ abbattere e l’ abbracciare il variopinto volatile. Lo guardò darsi un’ ultima lisciata alle penne, per poi volare oltre la porta. Quando il fruscio delle sue ali si fu estinto nella stanza calò il silenzio. Il gelo. Mancava un pinguino diretto verso il ripiano di zoologia. In quel momento, Jeff riuscì a pensare solo a una cosa, qualcosa a metà tra voglio morire e aiuto. Non sapeva che anche l’ altro si trovava più o meno nella stessa situazione.

Fu dopo un momento che sembrò durare ore che il biondo osò alzare lo sguardo, e si vide riflesso in quegli occhi che, ora ne era certo, non avrebbe visto mai più. Nick gli avrebbe chiesto di non tornare più, Nick l’ avrebbe sbattuto fuori di lì a poco. Ma Nick fece lì ultima cosa che Jeff si sarebbe aspettato:

Scoppiò a ridere. Jeff lo fissò con gli occhi sgranati, mentre si piegava sul tavolo e rideva come se non ci fosse un domani, e non sapeva se rilassarsi o meno a quella reazione. Infine il moro si raddrizzò, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano.

“Quindi…” esordì “Magari domani che è chiuso potrei offrirti un caffè.”

Dicono che le cose migliori accadano per caso. In effetti Jeff, a distanza di anni, avrebbe dichiarato di aver trovato l’ amore per caso.

Per caso e per un pappagallo logorroico.


-------------

In realtà, la cosa che più mi preoccupa di tutto ciò è l' aver citato D' Annunzio.
Ah, è probabile che domani io non aggiorni. Non è sicuro, dipende da quante ore dormirò dopo il drittone dei cento giorni xD La shot di domani è ancora da finire!
A domani o a giovedì, si vedrà! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cast a spell ***


Ci sono! Scusate il ritardo, ho dormito per tutto ieri xD A questo punto sono ufficialmente sfasata per la week, visto che l' unica shot che ho pronta e finita è la sesta, ma vedrò di limitare il ritardo a un giorno o due, nonostante i prossimi giorno siano un inferno di compiti e interrogazioni. Le sigh ç__ç

Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
Cast a spell [First Kiss]

A diciotto anni di età, Jeff Sterling era ormai uno di quelli conosciuti,  alla Dalton. Era famoso per essere quel tipo di persona in grado di fare qualunque cosa: non necessariamente nel senso effettivo di portarla a compimento, non sempre, ma era di certo uno che non si arrendeva al primo segno di ostacolo e, con tanta buona volontà (e spesso una dose generosa di fortuna), alla fine raggiungeva il suo obiettivo. Agli occhi di tutti, un atteggiamento del genere era qualcosa di invidiabile; in realtà qualcosa che Jeff non sarebbe stato mai e poi mai in grado di fare – almeno dal suo punto di vista- c’era. Più precisamente, le cose in questione erano due: avere una media stabile in chimica e porre fine allo straziante supplizio che era la sua amicizia con Nick Duval, suo storico compagno di stanza e amore più o meno segreto. Più o meno perché, a dispetto del loro presentarsi come studenti perfetti, i ragazzi della dalton erano terribilmente, oscenamente pettegoli. Delle comari. Non si poteva fare un apprezzamento a qualcuno, nella più totale innocenza, che qualcuno ci ricamava sopra una storia. E Jeff di apprezzamenti su Nick ne aveva fatti parecchi, nei due anni passati, non tutti a voce, ma tutti piuttosto evidenti. Jeff sapeva che Nick stesso era a conoscenza dei rumors che correvano tra i corridoi riguardo a loro due, ma per qualche motivo il moro non gli aveva mai fatto domande in proposito, non si capiva se per indifferenza o imbarazzo. Ciò che era evidente, però, era che quella situazione diventava ogni giorno più ingestibile, per Jeff e per chiunque.

“Senti” quella mattina Thad gli aveva fatto trovare una brioche e la tazza di caffè già riempita sul tavolo della colazione, gesto che significava solo una cosa: dobbiamo parlare e tutto il tuo tempo ora lo dedicherai a me. Jeff conosceva Thad abbastanza da sospettare che quell’ atteggiamento sicuro e un po’ arrogante lo avesse preso da Smythe, ma Harwood non gli avrebbe permesso di cambiare discorso.

“Tu e Nick mi state uccidendo con questo gioco del gatto e del topo a cui nemmeno vi rendete conto di giocare” continuò il più basso mentre spalmava del miele sul suo pane imburrato “Visto che, nonostante tutto, io non sono affatto come Sebastian, ma ho un animo romantico, continuerò in eterno a rifiutare la sua proposta di chiudervi insieme nello sgabuzzino delle scope o di rubarvi i vestiti in palestra mentre siete sotto la doccia, ma voi due dovete darvi una mossa, chi non mi interessa.” Concluse la frase addentando con gusto la fetta di pane e lanciando un’occhiata eloquente a Jeff, che si limitò a sospirare e prendere un sorso di caffè.

“Non è una buona idea.”

“Fottiti, Sterling, stressare il mio sistema nervoso non è una buona idea” Thad alzò gli occhi al cielo e versò un cucchiaino di zucchero nel cappuccino “Non devi fartelo stasera, devi solo-”

“Non gli interesso, Thad.” Jeff aveva perso il conto delle volte che aveva ripetuto quella frase in tutte le salse possibili. Thad lo sapeva, visto che in genere era lui il destinatario di quelle lamentele.

“Ti ho già detto fottiti? Credo che tu gli interessi tanto quanto lui interessi a te, è che siete entrambi troppo disgustosamente innamorati per poter anche solo pensare di correre un rischio, anche se quel rischio significherebbe uscire una buona volta dalla zona amici, dove vi siete auto-relegati.”

“Non ci siamo relegati da nessuna parte e-”

“Infatti no, hai ragione: siete nella zona fratelli, che a mio parere è anche peggio. Ascoltami, provaci, fai un tentativo, che se aspettate di sviluppare la telepatia siamo fregati. Lo avvicini in un luogo non affollato, lo inviti a una delle vostre uscite assolutamente da amici etero – che sono più gay delle mie con Seb, beninteso- e poi vedi di trovare il momento perfetto. Per fare cosa decidi tu, hai carta bianca, io non voglio i dettagli. Ti prego. Fallo per me.”

Jeff avrebbe voluto annegare nella sua tazza di caffè, un po’ perché sapeva che cosa Thad intendesse con ‘momento perfetto’ – di nuovo, era probabilmente colpa di Smythe che lo aveva traviato-, un po’ perché l’ idea di fare qualcosa del genere gli era effettivamente balzata in testa più di una volta, nelle sere che lui e Nick passavano al cinema: nel buio della sala, Jeff aveva immaginato tantissime volte di sporgersi di lato quel che bastava per far voltare l’ amico dalla sua parte e posargli un bacio sulle labbra. Quella labbra su cui aveva fantasticato un numero imprecisato di volte e che, ogni volta che vi posava lo sguardo, sembravano incitarlo a gran voce ad aggredirle. Poi succedeva che ci pensava un istante di troppo e l’ adrenalina scivolava via nel suo sangue, facendogli perdere l’ occasione, lasciandolo con l’ amaro in bocca al pensiero che forse, se avesse avuto coraggio, in quel momento si sarebbe trovato ad usare la bocca per attività più soddisfacenti del masticare popcorn.

Sospirò, dando un morso alla brioche e gustandosi il sapore della crema: “Sì, sì, ci penserò.” Che equivaleva a ‘ci penserò, ma poi non farò nulla’. Thad sapeva anche questo, purtroppo.

Quella mattina, Jeff accolse le lezioni quasi con gioia, soprattutto quelle in cui la presenza di Thad e della sua ramanzina non aleggiava nella stanza. E arrivò il momento in cui tutte le sue paranoie su quanto la sua vita sentimentale facesse effettivamente pena dovettero lasciare spazio a cose- relativamente  - più importanti. Per l’ ora di pranzo Jeff si era già dimenticato quasi tutto. La giornata sarebbe andata come al solito, né più né meno.

“Jeff!”

Continuò a crederlo anche quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla e, voltandosi, si specchiò negli occhi che avrebbe potuto rimanere ad ammirare in eterno. Nick aveva il fiato leggermente grosso, come se gli fosse corso dietro.

“Senti, il coach ha spostato gli allenamenti alle sei invece che alle cinque, va bene se rimandiamo a mezz’ ora più tardi?”

A quel punto Jeff, dal suo stato di beatitudine che lo coglieva ogni volta che il moro apriva bocca, cadde nuovamente sulla Terra.

“Che?”

Nick sorrise “Per il cinema, dico, mi serve tempo per fare la doccia. Quando me l’ hai infilato quel biglietto nella cartella, comunque? Non avevamo lezioni insieme, oggi!”

Jeff a quel punto non sapeva da dove iniziare a pensare. Nella sua mente era tutto un mescolarsi di Nick, cinema, Nick, cosa diavolo, ma che, Nick… biglietto. Thad.

THAD.

Ti uccido.

“Jeeeff?”

Il biondo si riscosse “Oh, beh… mica te lo dico.”

Nick sorrise “Dunque…”

“Sì, sì, va bene.” Oh, sì, andava benissimo. Qualunque cosa implicasse un Nick sorridente andava bene. Ed era solo cinema, a quanto pareva. Thad avrebbe potuto regalare loro due ingressi omaggio allo Scandals, per quel che ne sapeva. Ma era solo cinema, cinema con Nick. Tutto regolare.

“E’ perfetto.”

***

Era così, sempre così: Nick passava i suoi venerdì pomeriggio correndo dietro ad un pallone, Jeff li passava nella sua stanza, cercando contemporaneamente di fare i compiti e di non lasciarsi divorare dall’ ansia al pensiero di ciò che lo aspettava quella sera. Ogni volta era sempre peggio, in realtà, perché ogni volta accumulava dentro di sé una maggiore consapevolezza di essere un completo disastro nelle dichiarazioni d’ amore – ed è inutile dire che era proprio questo, alla fine, a farlo puntualmente fallire per l’ ennesima volta. Era quasi divertente osservare come lo stesso ragazzo che si buttava a capofitto e con spavalderia in qualunque impresa, si trasformasse completamente, riducendosi ad avere la sicurezza di un cucciolo, davanti ad una sola persona. In quel momento, davanti allo specchio nell’ intento di scegliere il proprio vestiario, Jeff stava seriamente prendendo in considerazione l’ idea di non provarci nemmeno e di godersi il più possibile la serata.

Certo, fu decisamente più difficile rimanere dello stesso pensiero quando, un quarto d’ora dopo, Nick fece ritorno dal bagno, in Jeans e camicia nera leggermente aperta, i capelli ancora umidi pettinati quel poco che bastava. Jeff davvero non riusciva a capire come Nick non si fosse mai accorto degli sguardi che gli lanciava. C’ erano momenti in cui quasi implorava di essere scoperto: oh, sarebbe stato il momento più imbarazzante della sua vita, ma magari allora avrebbe avuto un motivo per non riuscire a mettere due parole di fila e, soprattutto, non sarebbe dovuto passare attraverso la fase della dichiarazione, il suo peggior incubo. Ma Nick continuava imperterrito a farsi scivolare addosso le sue occhiate languide, quasi non ci vedesse – e Jeff gli aveva dato dell’ idiota non poche volte, nella sua testa.

Sospirando, afferrò le chiavi della macchina. Nel peggiore dei casi si sarebbe concentrato sul film: che uno fosse cotto perso o no, James Franco e il mago di Oz valevano bene una serata di sospiri malinconici.

Quei sospiri, rigorosamente mentali, iniziarono nel momento in cui si sedettero in macchina, continuarono durante la cena e terminarono durante il film. Jeff lo ammetteva, esagerava sempre un po’ quando si trattava di lamentarsi. Non al punto da battere i drammi di Kurt, nel lontano tempo in cui si struggeva d’ amore per un ignaro Blaine, perso chissà dove nella top 40, ma quasi. Non ci poteva fare niente, ogni volta che uscivano si rendeva conto di quanto fosse diventato più difficile rimanere due ore seduto accanto al ragazzo che amava, cercando in tutti i modi di non sobbalzare quando i loro gomiti si toccavano sul bracciolo della sedia, o quando allungavano entrambi la mano verso il bicchiere dei popcorn, finendo con l’ intrecciare le dita. Era difficile, maledettamente difficile, resistere all’ urgenza di tenere le dita intrecciate per davvero. Quella sera, però, Nick sembrava non avere voglia di snack, la sua mano si ostinava a rimanere immobile e rigida, così come il resto del corpo. Il moro fissava o schermo senza mai voltarsi verso di lui, come faceva di solito ogni tanto, per fare qualche commento. Era assorto nella visione, sembrava. Jeff cercò di fare altrettanto.

Non ti muovere, non fare niente. Dio, quando mai ho accettato di guardare la Sirenetta con Julie domenica, com’è che faceva quella canzone? Kiss the girl? Kiss the boy… oh, Thad, vai a quel paese!

E non si accorse di nulla. Non si accorse che Nick non era poi così tanto preso dal film, che aveva in realtà passato quella prima mezz’ ora a spiarlo con la coda dell’ occhio da dietro gli occhiali 3D e che ora si era definitivamente voltato verso di lui. Successe un po’ quello che il biondo aveva sempre immaginato di fare. Si girò, spinto da chissà quale voce nella sua mente, e ciò che trovò, nel buio della sala, furono un paio di labbra perfettamente appoggiate alle sue. E, prima che potesse anche solo rendersi conto di ciò che stava accadendo, una mano dietro la nuca che lo spinse in avanti e lo tenne ben saldo in quella posizione. In un remoto angolo della sua mente decise che doveva essere tutto un sogno: perché non potevano essere di Nick quelle labbra così soffici, così calde, così perfette sulle sue. Non poteva essere Nick quello che ora si stava muovendo timidamente sulla sua bocca, quasi non  sapesse cosa fare di preciso, che stringeva piano la sua maglia e il suo collo per non lasciarlo scappare. Eppure, se era un sogno, era davvero il migliore che potesse vivere. Come se una scossa elettrica lo avesse svegliato di colpo, Jeff strinse a sua volta la presa sulla vita dell’ altro e approfondì quel bacio, troppo casto per soddisfare i bisogni repressi per tanto tempo. Lasciò che la sua lingua indugiasse per qualche secondo sulle labbra del moro, in una muta richiesta; e quando essa fu accolta si divertì ad esplorare con lentezza quella bocca, che era esattamente come l’ aveva immaginata. Quando Nick ricambiò il gesto sentì l’ adrenalina scorrere furiosa nelle sue vene. Oh, se era davvero un sogno voleva morire lì.

Quando si staccarono avevano entrambi il fiatone e sullo schermo le immagini continuavano a scorrere, completamente indifferenti a loro. Con le fronti unite si fissarono per qualche secondo, o forse minuti, o ore. In quel momento davvero non importava più. Jeff non seppe dire quanto tempo fisse passato quando ritenne di riuscire di nuovo a parlare.

“Devo dirti una cosa” sussurrò “Quel biglietto… non te l’ ho mandato io.”

Nick sorrise – e arrossì, anche- “Lo so. Thad fa schifo a imitare le scritture degli altri.”

Il biondo avrebbe voluto dire mille cose in quel momento, ma tutto ciò che potè fare fu scuotere la testa. Di tempo per le spiegazioni ne avrebbero avuto a volontà più tardi. Ricambiando il sorriso annullò quel poco di distanza che li separava, ormai libero da ogni paura.

“Ci perdiamo il film” Nick mormorò quelle parole tra un tocco di labbra e un altro.

“Mmhh…”

“Te ne” bacio “frega” bacio “qualcosa?”

“Mmh..no” Jeff gli tirò appena i capelli “Parla di meno”

E Nick ubbidì, senza indugio.

--------------------

Wuuuuuu...(?)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Love in peculiar places ***


Alloooora *ehm* rieccomi qui. So di essere in ritardi di circa sei mesi per questa raccolta, ma ad un certo punto ho deciso di interrompere tutto causa stress scolastico e beghe varie. Ho accantonato fanfiction, traduzioni e chi più ne ha più ne metta, perciò ora sto cercando con fatica di ricominciare xD

In realtà non sapevo se avrei mai ricominciato la week, ma sono contenta di averlo fatto :D A questo punto è una raccolta a caso, ma va bene xD

4 capitolo con prompt “cioccolato”. E con cioccolato intendo ovunque, sul serio.  Il bello è che io nemmeno mangio cioccolato, non mi piace *fugge dalle sassate*

Lavatevi i denti dopo.

Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
Love in peculiar places [Chocolate]

“Così questa è Waverly. E’ carina!”

“E’ carina perché siamo di passaggio e domani ripartiamo, fidati. Non so perché tu abbia insistito tanto a venire qui.”

Il tono annoiato del suo ragazzo fece sorridere Jeff. Ma non potè negare che, forse, un fondo di verità in quelle parole c’ era: quella in cui si trovavano era effettivamente una cittadina minuscola, di quelle decisamente vecchio stile, con la larga via principale semideserta e le case basse che accompagnavano il viaggiatore dal cartello d’ ingresso a quello d’ uscita, i muri coperti da un vecchio strato di vernice chiara e anonima. Jeff dubitava largamente che quel paese di appena duemila abitanti fosse un fedele ritratto del West Virginia, ma quando Nick gli aveva fatto la strana proposta di venire con lui, avvertendolo del poco che avrebbe trovato, non ci aveva pensato due volte prima di accettare. Ora, mentre camminavano lungo il marciapiedi mano nella mano, a Jeff sembrava quasi impossibile che uno come Nick, il suo Nick, che sembrava nato per vivere in una metropoli, potesse provenire da un puntino così piccolo sulla carta. Eppure il ragazzo che camminava a passo spedito accanto a lui sapeva perfettamente dove stesse andando, con la sicurezza di chi ha già calpestato quel suolo.

“Però è tranquilla, no? Stare qui per un po’ deve essere rilassante. Non c’è traffico, non c’è confusione-”

“Non c’è niente.”

“Cercavo di dirlo in modo carino” Sorridendo Jeff diede una leggera spallata all’ altro “Se fa così schifo, perché mi ci hai portato?”

“Non ho detto che fa schifo. Ma vengo qui una volta all’ anno se va bene, di solito sono i miei nonni che ci raggiungono in Ohio, e per fortuna. Comunque” Nick ricambiò la spallata, mettendoci una dose maggiore di forza e sorridendo a sua volta “Ti ho portato qui perché, in realtà, un posto che vale la pena di essere visto c’è.”

“Addirittura!”

“Strano ma è così. Però devi fare una cosa.” Il moro allungò un braccio, per trattenerlo. Quando Jeff si voltò lo vide sempre sorridente, ma quel sorriso era illuminato da uno sguardo serio, lo sguardo di chi ha qualcosa in mente.

“Cosa?”

Nick non rispose. Rovistò nella borsa a tracolla e ne tirò fuori una striscia di stoffa scura. Sorrideva decisamente di più, ora.

“Voltati. Voglio farti una sorpresa.” Sorrideva, abbassando timidamente lo sguardo sul terreno, mentre le sue guance si imporporavano leggermente. A quella vista Jeff si sentì catapultare indietro nel tempo, al loro secondo anno, in quei primi giorni della loro relazione in cui ancora non riuscivano a tenersi per mano senza arrossire fino alla punta dei capelli, quelli in cui entrambi erano così inesperti da ridacchiare imbarazzati al minimo sfioramento di pelle, ed erano certi che non esistesse sensazione più bella al mondo. Obbedì e diede le spalle a Nick, mentre le sue labbra si aprivano a loro volta in un enorme sorriso a quel ricordo terribilmente dolce. Quando la benda gli coprì gli occhi non potè fare a meno di sorridere ancora di più e a chiedersi se non fossero davvero tornati indietro nel tempo ai loro stucchevoli giochi da nuovi innamorati. Ricordava di come Nick riuscisse a rendere tutto una sorpresa e non trovò difficile pensare che sarebbe riuscito a stupirlo perfino in un luogo solitario come quello in cui si trovavano. Si lasciò condurre attraverso la città, con il cuore gonfio di aspettativa ed eccitazione, aggrappandosi con più forza alla mano che lo guidava ogni volta che svoltavano, mordendosi la lingua per non chiedere indicazioni che tanto non avrebbe mai ricevuto. Nick camminava velocemente, costringendolo ad affrettare il passo e ad affidarsi completamente a lui per evitare di inciampare in qualcosa. Jeff giurò di aver sentito il suo battito accelerare, mentre gli stringeva il polso, mano a mano che avanzavano. Lui stesso si sentiva eccitato come un bambino.

Quando si fermarono avevano entrambi il fiatone e attorno a loro l’ ambiente si era fatto decisamente più tranquillo e silenzioso. Non c’era rumore di macchine, solo un chiacchiericcio indistinto di cui Jeff non riusciva a intuire la direzione da dietro la benda. Ma non ebbe bisogno della vista per accorgersi del dettaglio più importante: il profumo.

Nell’ aria, leggero ma decisamente presente, aleggiava un dolcissimo odore di cioccolato. La bocca gli si riempì di saliva, mentre inspirava profondamente e si riempiva naso e polmoni di quell’ aroma.

“Siamo arrivati” la mano di Nick corse a slacciargli la benda che occultava ai suoi occhi la fonte di quel paradiso per l’ olfatto e, quando Jeff fu finalmente libero di vedere, il suo primo pensiero fu di essere stato teletrasportato in un’altra città: la strada principale, con la sua polvere e i suoi edifici tutti attaccati, aveva lasciato il posto alla vetrina di quella che sembrava una piccola caffetteria, con i tavolini in legno e le sedie di vimini nascoste all’ occhiata più superficiale dai una lunga fila di fioriere. La porta di apriva e si chiudeva con regolarità, facendo entrare e uscire i clienti e l’ odore dei dolci. Jeff si rese conto di essersi perso nella contemplazione di quel piccolo angolo di paradiso, così diverso dall’ ambiente un po’ anonimo a cui si era abituato, quando alle sue orecchie giunse il chiarissimo rumore del suo stomaco che brontolava, svegliato da quell’ immensa dolcezza.

Nick dovette aver sentito il suono a sua volta, perché ridacchiò e gli strinse dolcemente la mano.

“Se ti piace da fuori aspetta che siamo entrati.” gli disse, prima di tirarlo con sé verso l’ entrata. Jeff non riusciva a capire come una caffetteria potesse stupirlo in quel modo. Non riusciva a capire nemmeno come potesse esistere un luogo del genere dove si trovavano. Locali così particolari era certo si trovassero nelle grandi città, dove bastava svoltare in un vicolo più nascosto per scoprire un mondo a parte, ma Waverly nel West Virginia non era né grande né particolare.

Ma tutti i suoi pensieri si interruppero quando furono all’ interno e Jeff si rese conto di ciò che Nick aveva inteso con le sue parole. Il profumo di cioccolato che aveva sentito all’ esterno non era nulla in confronto alla sinfonia di aromi che invase le sue narici.

Non era cioccolato, erano tanti tipi di cioccolato, decine e decine di varietà diverse, le cui confezioni posavano in bella mostra su alcune mensole sulle pareti, accanto a sacchetti di erbe e tisane, petali di fiori essiccati e chissà cos’ altro. Seduti ai tavoli di legno scuro, i clienti tenevano tra le mani tazze fumanti di ogni sfumatura. Tende sottili e chiare coprivano parte della vetrina, lasciando passare la luce del giorno e rendendo allo stesso tempo quel posto raccolto e confortante. Era un vero e proprio mondo parallelo, decorato di fiori rosa e bianchi e pieno, strapieno di cioccolato. Se non era il paradiso vi somigliava molto, Jeff ne era sicuro.

“E’… E’ stupendo.” si limitò a dire infine, scuotendo la testa, come svegliatosi da un sogno “Non credevo esistesse un posto del genere qui, insomma…”

“Sì, è piuttosto curioso, vero?” Nick sembrava comprendere il suo stupore “Ma a dire il vero è proprio per questo che è così popolare. E’ qui da quando ero piccolo e in tutta la vita non l’ ho mai visto vuoto, nemmeno di notte. Vengo raramente da queste parti, ormai, ma è sempre pieno fino all’ orlo, la gente addirittura fa una deviazione dal percorso per fermarsi a provare la cioccolata di Annie. Ne ha decine di tipi diversi!” Nick parlava e Jeff si accorse che gli brillavano gli occhi e che il suo sorriso era decisamente più largo di prima.

“Ha l’ aria di essere speciale per te.” disse.

“Lo è. Quando mi annoiavo venivo sempre qui, sempre da solo. Non volevo che mi accompagnasse nessuno, non so perché, ma era diventato il mio luogo speciale. Entravo qui, mi sedevo in quell’ angolo laggiù” indicò un tavolino in quel momento libero, vicino alla finestra, ma leggermente nascosto alla vista da un vaso di fiori “E ci rimanevo delle ore a fare qualsiasi cosa. Facevo i compiti, disegnavo, scrivevo storie, tutto. Oh, e bevevo cioccolata, ovvio. Ho provato tutte le varietà sai?”

“Tutte?”

“Tutte tranne una. E’ per questo che siamo qui, oggi. Finirò la mia collezione assieme a te!” e detto questo si diresse verso il tavolino. Jeff lo seguì e gli sembrò che in effetti quell’ angolino avesse qualcosa di magico che gli altri non avevano. Non sapeva se fosse effettivamente così o se quell’ impressione fosse dovuta al trovarsi lì con Nick, visto che il suo ragazzo aveva il potere di rendere bello qualunque luogo visitassero. In  quel momento, con il volto incollato al menù, Nick sembrava perfettamente parte di quel mondo.

“Mi manca solo… quello all’ arancia!” esclamò ad un tratto l’ altro, posando il listino davanti a sé con soddisfazione. Jeff storse il naso.

“Qual è il senso del cioccolato all’ arancia?”

Nick fece spallucce: “Non lo so. Però magari è buono. Alcuni dei tipi che hanno qui sono del tutto assurdi e sono quasi imbevibili e immangiabili, ma è diventata una questione di principio che io li assaggi tutti.”

“Quante varietà hanno qui?”

“Un centinaio. Alcuni sono particolari, altri invece si somigliano molto e vengono distinti solo da un palato esperto.”

“Come il tuo?”

“E’ un complimento o un’ allusione?” Nick gli lanciò uno sguardo provocante da dietro le mani intrecciate. Jeff non potè fare altro che ricambiare.

“Dipende. Comunque, penso che io rimarrò sul classico, senza offesa.”

“Non sai cosa ti perdi.”

Quando la cameriera arrivò al loro tavolo Jeff comunicò il suo ordine distrattamente, senza soffermarsi sulla breve chiacchierata che la donna intrattenne con Nick e sul sorriso raggiante che gli rivolse prima di dirigersi in cucina. Non riusciva proprio a togliersi dalla mente quell’ atmosfera di sogno che tutto il locale sembrava avere. Non si trattava solo di Nick, c’era qualcosa di speciale in quel posto: gli occhi di Nick brillavano, brillavano come diamanti. Quando si posarono su di lui, Jeff si sentì sciogliere – come cioccolato al sole, fu l’ unico paragone che riuscì a pensare.

Nick allungò la mano per stringere la sua. Aveva l’ espressione di qualcuno in procinto di dire qualcosa di importante.

“C’è…” iniziò, ma non sembrò trovare un seguito e abbassò lo sguardo, scuotendo la testa imbarazzato e lasciandosi scappare una risatina “Non è un caso che siamo venuti qui, sai?”

Jeff strinse la sua mano “Hai detto che era un luogo speciale.”

“Ti ho anche detto che venivo qui sempre da solo. Avevo sei anni la prima volta. Fu un caso, in realtà, perché tutti i miei amici erano ancora in vacanza e l’ unico rimasto in città quel giorno era malato. Venni qui, mi sedetti a questo tavolo e ordinai una semplicissima cioccolata calda con la panna. Non feci nulla, rimasi quasi due ore a guardare fuori e… non lo so, a fantasticare?” Sorrise, lo sguardo distante di chi è perso nei ricordi.

“C’ erano questi due ragazzi, seduti poco distanti da me, che bevevano la loro cioccolata tenendosi per mano. Lui ogni tanto diceva qualcosa a bassa voce e lei sorrideva e le loro mani non si lasciavano nemmeno per un attimo. Ricordo che li trovai perfetti, perché erano insieme, stavano bevendo della cioccolata in tazza, che per il me bambino era la cosa in assoluto più buona del mondo, e sembravano felicissimi, perciò pensai che anche io un giorno avrei dovuto fare la stessa cosa, che se mai avessi trovato una bambina che non avesse i pidocchi l’ avrei invitata a bere cioccolata con me. Beh, poi ho scoperto di avere altri interessi, ma il concetto rimane lo stesso.” concluse, arrossendo lievemente.

Jeff, a quel punto, aveva capito ormai dove Nick volesse arrivare e il pensiero fece accelerare il suo cuore come un matto.

“Il punto, se riesco a smettere di arrossire e parlare a vanvera, perché so che lo sto facendo, è che… mano a mano che crescevo quella decisione è diventata sempre più seria. Non ho mai permesso a nessuno di accompagnarmi qui, perché avevo deciso che vi avrei portato soltanto una persona: quella speciale, quella che mi avrebbe tenuto la mano sorseggiando cioccolato come facevano quei due ragazzi, una persona a cui sarebbe bastata una sola parola, un solo sguardo, per farmi sentire il più felice e fortunato del pianeta. So che, essendo la prima volta che vieni qui, per te questo posto può sembrare una semplice caffetteria, ma l’ averti portato qui, per me, è la prova definitiva che… che tu sei tutto. Che ti amo più di ogni altra cosa al mondo e per questo posso condividere con te il mio luogo speciale.”

Nick aveva le guance arrossate e Jeff si scoprì stupito di non sentire il proprio volto bagnato dalle lacrime. Sapeva di stare guardando il suo ragazzo con l’ espressione più trasognata possibile per un essere umano, perché ogni suo sforzo di costruire una frase sensata si traduceva in un miscuglio di versi strozzati, come il miagolio di un gatto con qualcosa di grave.

“Io…” esordì. C’ erano tantissime cose che avrebbe voluto dire, idee che lampeggiavano nella sua testa e si spegnevano all’ istante.

“Ti amo.” disse infine, dopo non sapeva quanto tempo “Tutto questo è… è perfetto. Tu sei perfetto e io non riesco a trovare un modo per dirtelo nel modo che meriti. Io…” si bloccò, incapace di proseguire, perché qualunque cosa avesse detto sarebbe risultata una banalità. Abbandonò infine l’ idea con una scrollata di spalle e fece l’ unica cosa che desiderava davvero fare: spinse la sedia all’ indietro, si sporse verso Nick e posò le proprie labbra sulle sue, rispondendogli nel miglior modo possibile. Sentì Nick rispondere al bacio con un sospiro tremante, ma durò tutto troppo poco, perché il rumore di un paio di scarpe sul pavimento di legno li distolse dalla loro attività: la cameriera di poco prima era di ritorno, reggendo un vassoio con due tazze fumanti. Le posò davanti ai due, sorridendo complice a Nick, che arrossì nuovamente, stavolta assieme a Jeff che cercò inutilmente di nascondersi dietro la candela spenta. Si guardarono per qualche secondo quando la donna se ne fu andata, prima di abbandonarsi a una risata imbarazzata.

“Poteva andare peggio” disse Nick, prendendo in mano il cucchiaino e rigirandolo nella propria bevanda. Jeff inarcò le sopracciglia, annuendo.

Abbassò lo sguardo sul tavolo: la mano di Nick era abbandonata a pochi centimetri dalla sua. Senza esitazione la afferrò, stringendola piano e attirando l’ attenzione dell’ altro.

“Te lo prometto” dichiarò “Ti stringerò la mano ogni volta che andremo a bere della cioccolata. Te la stringerò sempre in realtà, ma in questo caso la stringerò ancora più forte, ovunque ci troveremo. Dalla Dalton al bar del college, fino a dove arriveremo nella nostra vita, berremo cioccolata con una mano sola.”

Nick sorrise e ricambiò la stretta: “Mi sembra un ottimo piano.”

E in quel momento realizzò che il cioccolato all’ arancia avrebbe conservato per sempre un posto speciale dentro di lui.

“Fa schifo?”

“Sì.”

-----------------------------

Non ho pronto il quinto capitolo.Ho il sesto, ma non il quinto, cercherò di farmi venire un' idea faiga perché, come ho già detto ad altri, la mia capacità di scrivere rosse scarseggia. O forse semplicemente mi vergogno troppo XD

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I'm touching and kissing ***


Dunque: ho barato. Questo è il sesto prompt, ma capitemi, io questa raccolta non so proprio come mandarla avanti xD Ho la testa piena di idee, ma riguardano tutte altri progetti a cui tengo molto e non riesco a trovare l' ispirazione anche per queste piccine.

Inoltre, questa shot è nella cartella della week dai tempi della week stessa, mai pubblicata, con la convinzione che tanto sarei riuscita in breve a scrivere i due capitoli che mi servivano per postare questo. Ahahahah. NO. Per cui è scritta con la foga della week, è pure corta xD
Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
I'm touching and kissing [Beccati!]

Con il senno di poi, Nick avrebbe evitato di cascarci.

Avrebbe preso un respiro profondo, raccogliendo tutta la propria convinzione, e avrebbe gentilmente declinato l’ offerta di Jeff con una scusa ben architettata e a prova di inganno, cercando in tutti i modi di ignorare le sue proteste e le sue lamentele riguardanti il fatto che ‘non lo aiutava mai a studiare, maledetto secchione’.

Studiare un accidente!  Pensava in quei casi, perché sapeva benissimo che, sotto la copertura del bravo ragazzo che si impegna a recuperare le proprie insufficienze, Jeff in realtà mirava a far finire i loro incontri di studio sempre nello stesso modo: non seduti alla scrivania, ma ad un paio di metri da essa e in una posizione decisamente più orizzontale.

Nick sapeva che a Jeff dello studio importava meno che della salute dei propri capelli, perennemente sbiancati, al punto che il moro si chiedeva come potessero essere ancora così morbidi e perfetti; lo sapeva benissimo, ogni volta che si lasciava convincere da quegli occhi da cerbiatto, lucenti e falsissimi, o da quella voce da bambino dall’ altro capo del telefono, che l’ unica geografia che al biondo interessava studiare era quella dei loro corpi. E puntualmente accettava, un po’ per ingenuità e un po’ perché d’altra parte la geografia gli era sempre piaciuta, specie quella del suo ragazzo e dei suoi muscoli da ballerino, lo ammetteva. Alla fine Jeff otteneva sempre quello che voleva da lui, non per egoismo, ma perché era capace di farsi desiderare anche senza volerlo veramente. Nick non poteva fare a meno di desiderarlo, di volerlo, era naturale come dormire e respirare.

Certo era che la cosa era reciproca perché, in fondo, a Jeff piaceva terribilmente provocarlo per farlo uscire da quel guscio che lo avvolgeva in condizioni normali, per svelare il vero Nick che aveva paura di mostrarsi agli altri, ma che con lui non si costruiva barriere attorno. Jeff amava entrambi i lati del suo ragazzo e non avrebbe mai e poi mai permesso che uno dei due prendesse il sopravvento sull’ altro: perché Nick era così- aperto, disinibito, leggero- solo con lui, e solo con lui voleva che fosse tale. Jeff Sterling era possessivo, dannatamente possessivo, al punto che, ogni  tanto, voleva avere la precedenza perfino sui libri, sui quali Nick amava così tanto passare i pomeriggi. Quando Nick cedeva e decideva finalmente di stare al gioco, sottolineava la propria importanza con baci continui e carezze più o meno gentili. E Nick cedeva spesso perchè diamine, avevano diciotto anni, c’ era un momento in cui la compostezza andava a finire a quel paese ed era normale per tutti.

Il moro arrivava a casa dell’ altro puntuale, ogni volta con i libri diligentemente riposti nello zaino e dal modo in cui Jeff gli apriva la porta calcolava il tempo in cui sarebbero stati effettivamente usati. Non era fisso, poteva andare dai pochi minuti all’ incredibile record di due ore e mezza, ma in ogni caso finiva sempre nello stesso modo, con una strusciata di troppo che faceva crollare quel poco che rimaneva della sua voglia di studiare. E anche quel giorno era andata esattamente allo stesso modo: Jeff lo aveva chiamato su skype, lui aveva attraversato la strada e la porta degli Sterling, avevano fatto finta di studiare per poco più di un’ ora, ed erano finiti come per magia sul letto, intenti a scambiarsi una vasta gamma di effusioni.

In quel momento il calcolo differenziale era finito relegato in un angolo remoto della mente di Nick, mentre cercava di decidere se concentrarsi sulle labbra del biondo che gli torturavano il collo, o sulla sua mano che vagava senza meta sotto la sua maglia. Si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione- mista anche a qualcos altro- e per ripicca strinse la presa sul capelli di Jeff, tirandoli un po’, godendo dentro di sé sapendo che quel gesto era riservato solo e soltanto a lui. Jeff non amava particolarmente farsi toccare i capelli, li considerava qualcosa di estremamente personale.

“Jeff non…” non era facile connettere i pensieri in quella situazione “Non dovremmo.”

“Tranquillo” la risposta del biondo arrivò con un soffio al suo orecchio facendolo rabbrividire “Per quello voglio aspettare il weekend-”

“JEFF!”

“Sto scherzando” Jeff si sollevò sui gomiti “Sei adorabile quando arrossisci.”

Nick arrossì, se possibile, ancora di più, poco abituato ai complimenti nonostante Jeff glie ne riservasse sempre una dose generosa: “Non dovremmo esagerare” ribadì “I tuoi non sanno nemmeno che stiamo insieme, se ci scopr-”

“Oh, lo sanno, credimi, lo sanno eccome” Jeff depositò un altro bacio dietro all’ orecchio del moro. Sentendolo tendersi si affrettò a spiegare: “Io non gli ho detto niente, ancora, ma lo sai che mia sorella ha praticamente fondato il nostro fan club, da quando ti ha conosciuto al primo anno. Che io sappia ci ha già fatto entrare mia madre e mia zia e si sta dedicando a mio padre, che però sembra più difficile da convincere. Sai com’è, è un po’ all’ antica. E comunque!” proseguì alzando la voce “Mi è stato fatto capire che nessuno sarà a casa prima di cena, altrimenti non ti avrei disturbato. Abbiamo il tempo che ci pare per fare quello che ci pare.” Concluse la frase con un sorrisino malizioso e Nick non potè impedire agli angoli della propria bocca di sollevarsi.

“Sì?” Sollevò lentamente l’ indice, andando a percorrere il contorno della mandibola dell’ altro. Aveva avuto un brutto presentimento in realtà, ma era questo che gli faceva Jeff, gli faceva mandare tutto al diavolo solo parlando. Nick, in quel momento, voleva solo impedirgli di parlare in un modo ben preciso “Che aspetti allora?”

E Jeff di certo non si fece pregare. Nick lo sentì aumentare la velocità delle carezze, come se quel loro scambio di battute gli avesse infuso nuova energia. Le loro labbra si unirono e si separarono, mentre le mani toccavano ogni centimetro di pelle disponibile. E il moro sapeva che c’ era qualcosa da qualche parte che non andava, ma non gli importava più di tanto. Sarebbe rimasto lì in eterno.

“Jeff…”

“Nicky…”

“Je-ODDIO!”  e in un attimo le labbra di Jeff non erano più su di lui. Nick si voltò di scatto verso la fonte di disturbo e, semplicemente, gli si gelò il sangue nelle vene. Perché sulla porta c’ era quella che sembrava la copia femminile di Jeff con qualche anno in più: la signora Sterling reggeva una pila di vestiti con gli occhi sgranati e le labbra che si muovevano senza far uscire alcun suono.

“Io… cioè.” Tentò, il volto rosso dall’imbarazzo “Ti ho ritirato le divise dalla tintoria. Quando… quando hai fatto mettile a posto.” Abbandonò il malloppo sulla scrivania accanto con una fretta evidente e si precipitò al piano di sotto. Nick, sicuro di essere diventato di pietra, continuò a fissare il rettangolo di luce del corridoio. Riuscì soltanto a muovere appena le dita sul braccio di Jeff, come a chiedergli cosa fare. In realtà Jeff stava pensando esattamente la stessa cosa che pensava lui.

“Cazzo.” Si lasciò sfuggire infine in un sussurro. Era veramente il caso di dirlo.

---------------------------------------

Il succo, anche a distanza di mesi dalla stesura del capitolo, è: i niff che si strusciano prima di passare ad altro sono cosa buona e giusta.
Per cui, Ryan falli strusciare e poi falli passare ad altro.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1676750