Innuendo di Purrrkwood (/viewuser.php?uid=64990)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dancing in the rain. ***
Capitolo 2: *** Blame it on the parrot ***
Capitolo 3: *** Cast a spell ***
Capitolo 4: *** Love in peculiar places ***
Capitolo 5: *** I'm touching and kissing ***
Capitolo 1 *** Dancing in the rain. ***
Niff Week! :D Ok, in realtà dubito di poter completare le
sette shot in tempo, contando che sono al momento solo tre, ma meglio
di niente!
Forse la finirò col tempo xD
Credo che la parte migliore, comunque, non sia la pubblicazione ora, ma
tutto il lavoro, lo sclero, le risate e le stupidaggini della
preparazione. E' stato fantastico! <3
E finalmente anche io riesco a scrivere su questi due tizi puccicarini
*inserire cuoricini qui*
Innuendo
Trough the
sorrow, all trough our splendour
***
Dancing in the rain
[Pioggia]
“A
che pensi?”
Erano
in silenzio da qualche minuto, ormai, seduti su
quella panchina a fissare il vuoto, mentre tra gli alberi soffiava
piano il
vento di luglio. Una folata più insistente fece ondeggiare
piano i loro
capelli, si insinuò tra le pieghe delle maglie leggere,
ancora tiepida
nonostante fosse passata la mezzanotte da almeno venti minuti. Senza
parlare,
Jeff si strinse di più a Nick, cingendogli i fianchi da
dietro e appoggiando il
mento sulla sua spalla. Sentì la guancia dell’
altro accarezzare la sua.
“A
niente” sussurrò Nick, muovendosi appena per
lasciarsi
abbracciare meglio: “Ti sembrerà strano, ma il mio
cervello è vuoto.”
Il
biondo ridacchiò: “Credevo che il momento in cui
il
cervello si svuota implicasse un ambiente più intimo e
qualche vestito in meno”
Inspirò piano, il volto immerso nei capelli del moro,
riempiendosi le narici
del suo odore. Nick profumava di mango, Jeff lo sapeva
perché era stato lui a
regalargli quel bagnoschiuma, ma avrebbe potuto profumare di qualsiasi
cosa,
per lui sarebbe stato comunque l’ odore più buono
e dolce del mondo – ed era
dolce vedere Nick arrossire quando glie lo faceva notare.
Quest’ultimo
chiuse gli occhi, mordendosi il labbro
inferiore, un po’ per l’ allusione poco velata, un
po’ per il gesto: “Pervertito”
“Colpa
tua” Sterling cercò di nuovo il suo collo,
stavolta con le labbra e lasciò un piccolo bacio sulla
pelle, poi un altro e un
altro ancora, con lentezza “Vedi di essere meno sexy nella
tua prossima vita e
ti lascerò stare.”
“Non
era una critica” fu la risposta. Nick continuava a
tenere gli occhi chiusi, se fossero rimasti in quella posizione a lungo
avrebbe
anche potuto addormentarsi; sarebbe stato perfetto addormentarsi
lì, in mezzo
al parco, i corpi perfettamente incastrati: due pezzi dello stesso
ingranaggio,
creati apposta per combaciare. Jeff aveva le braccia lunghe, era alto,
era
perfetto per gli abbracci. Era perfetto in generale, dal modo in cui si
sottraeva alle carezze appena sveglio al suo atteggiamento da bambino
perennemente allegro. Gli sarebbe bastato avere lui per essere a posto
per
tutta la vita.
“Jeff…”
“Mh?”
“Ti
a-” plic. Nick non concluse la frase. Plic.
“Hai
sentito una goccia?” Jeff si scostò di malavoglia
dal suo ragazzo, fissando il cielo. Nick lo imitò e pochi
secondi dopo sul suo
naso cadde qualcosa di bagnato. Uno, due, tre gocce.
“Ma
no, dai!” gridò. Ma i temporali estivi erano
così e
pochi secondi dopo il silenzio del parco pubblico di Westerville era
stato
riempito dallo scrosciare lento della pioggia. Nick trattenne
un’ imprecazione
e si alzò, c’ era un porticato a pochi metro da
loro, un buon posto per
ripararsi. Ma quando tentò di muovere un passo,
sentì una mano afferrarlo per
il polso. Girandosi, vide che Jeff non si era mosso di un centimetro.
“Dove
vai?” glie lo chiese con tono quasi stupito, mentre
l’ acqua gli incollava la frangia al viso. Nell’
insieme, Jeff sembrava un
cucciolo.
“Pioggia,
bagnato, riparo?” azzardò il moro, indicando
con la mano la sua destinazione “Dai, vieni!” e lo
tirò a sua volta. Ma Jeff non
ne voleva sapere.
“Dai,
rimani” gli fece il verso, alzandosi “Ti fa paura
un po’ d’acqua?”
Nick
sorrise e Jeff lo tirò a sé, costringendolo a
ruotare su se stesso in una piroetta. Gli passò un braccio
attorno alla schiena
e, quando si fermarono, i loro volti erano distanti solo pochi
centimetri.
“Mi
concede questo ballo?” e prima ancora che Nick
potesse dire qualcosa, il biondo aveva iniziato a muoversi,
trascinandolo in un
valzer improvvisato, appoggiando un piede dopo l’ altro
seguendo il ritmo
cadenzato delle gocce sul cemento.
“Sta
piovendo, scemo!” Nick cercava di staccarsi, senza
provarci davvero, e nel frattempo aveva iniziato a ridere in modo
incontrollato, abbracciato a lui come se non importasse
nient’ altro. Si lasciò
guidare in quella danza bizzarra e un po’ impacciata; e ad un
certo punto la
pioggia sembrò quasi non esistere più, un
po’ perché erano ormai entrambi completamente
fradici e un po’ perché quel fruscio era diventato
davvero la loro musica. Jeff
era così, avrebbe potuto ballare ovunque, e trascinarlo con
sé come se fosse la
cosa più naturale del mondo. E ogni volta riusciva a essere
tutto perfetto.
Anche in quel momento, mentre cominciava a fare un po’
freddo, era tutto
incredibilmente, terribilmente, assolutamente perfetto.
Il
temporale non durò più di cinque minuti. Quando
l’
ultima goccia colò sui loro vestiti e sulla pelle nuda delle
braccia, erano
ancora stretti l’ uno all’ altro. Si erano fermati
e ora stavano lì, in piedi,
gli sguardi incatenati.
“Allora
sei capace a ballare.” Scherzò Jeff, alzando una
mano per sistemarsi una ciocca di capelli.
“Ho
imparato dal migliore” Nick sorrise e, alzandosi
sulle punte, lasciò che le loro labbra si unissero in un
bacio umido, che aveva
il sapore della pioggia appena caduta. Si mossero perfettamente in
sincronia,
stringendosi per scacciare i brividi di freddo e di eccitazione,
finchè il
bisogno d’ aria non li costrinse a separarsi.
Di
nuovo, Nick non riusciva a pensare a niente. Se non ad
una cosa.
“Jeff?”
“Mh?”
“Ti
amo.”
Plic.
-----------------------------
.....
Ciao
<3
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Capitolo 2 *** Blame it on the parrot ***
Inizierò col dire che questa è la shot
più priva di senso che io abbia mai scritto. No, davvero.
Non ne ha xD Non riesco nemmeno a capre se mi piace o no xD
Comunque, un grazie enormerrimo (?) a chi ha commentato quel mega
cliché che era lil primo capitolo. Vi amo. Vi adoro.
I niff you <3
Innuendo
Trough
the sorrow, all trough our splendour
***
Blame
it on the parrot [Librarian]
Dicono che le cose migliori non
accadano mai per nostra
volontà, ma che siano completamente dettate dal caso. Il
caso è ciò che ti fa
trovare nel posto giusto al momento giusto, che ti fa perdere
l’ autobus ma che
ti fa trovare su quello dopo un amico che non vedevi da anni, che ti fa
pescare
tra mille il biglietto giusto della lotteria.
Il caso è quella forza
superiore che fa scoppiare un
temporale nell’ unico giorno in cui hai dimenticato
l’ ombrello e che sulla
linea della metro che ti deve portare a casa ci sono lavori per almeno
tre
fermate, lasciandoti con la prospettiva di una camminata di almeno due
chilometri sotto il diluvio, fino alla stazione più vicina.
“E
vaffanculo!” il grido uscì dalle labbra del
ragazzo
biondo con sincera convinzione, mentre si scrollava di dosso, quanto
possibile,
l’ acqua che una macchina gli aveva gettato addosso per la
terza o quarta – o
anche quinta- volta. Cercando di coprirsi il più possibile
con la giacca
leggera che indossava – per quel che serviva a quel punto-
Jeff si guardò
intorno, maledicendo mentalmente il tempo, New York e ogni persona che
la
abitasse. Ci abitava anche lui, a dire il vero, da quasi quattro anni:
era
sopravissuto al traffico, agli uragani, alle campagne elettorali e alle
devastanti feste di benvenuto del college, ma era in quei momento che
si
sentiva terribilmente un “misero campagnolo dell’
Ohio”, come ripeteva sempre
Thad nei loro primi mesi nella Grande Mela. E ora, bagnato fino
all’osso, si
sentiva poco newyorkese, ma molto stupido. Quando il primo starnuto lo
colse,
mandò al diavolo la metropolitana ed entrò deciso
nella prima porta che gli si
presentò davanti. Avrebbe aspettato che migliorasse, oppure
avrebbe chiamato un
taxi. Aprì la porta senza pensare, la aprì
così, per caso, accompagnato dal
tintinnio di un campanello.
Il calore che lo accolse fu la
sensazione più bella che
ricordasse. Ancora stretto nella giacca, lo sguardo fisso a terra, Jeff
non
notò la persona che gli si stava avvicinando.
“Posso
aiutarti?”
Jeff al caso non credeva poi
così tanto. Lo chiamava più
che altro sfiga, perché di occasioni fortunate glie ne
capitavano sempre
veramente poche; eppure, in quel momento, un po’ di fortuna
pensò di averla:
era una libreria quella in cui era entrato, uno di quei negozietti
indipendenti
che non si sa mai come facciano a sopravvivere e che profumano sempre
di carta.
E gli occhi che incontrò sollevando la testa avevano la
più bella sfumatura di
marrone che avesse mai visto. Con le gocce di pioggia che ancora
cadevano
regolari dalla sua frangia, Jeff capì di aver appena avuto
un colpo di fulmine
al confronto del quale Lightning Lad era solo una pila scarica.
“Si, no, io…
mi riparavo dalla pioggia.” Balbettò
cercando di darsi un tono. Probabilmente non gli riuscì, ma
il sorriso
dell’altro non sembrò troppo di derisione.
“Direi che ti ha preso
alla sprovvista, eh” disse,
accompagnando la frase con una risata. Una
bella risata, davvero bell- no, Jeffrey, non incominciare con le
cazzate.
“C’è
un termosifone, se vuoi mettere la giacca ad
asciugare un po’” riprese il commesso, di nuovo con
quel sorriso. Gli tese una
mano: “Io sono Nick, comunque.”
Jeff fissò la mano per
qualche secondo “Cos… ah!
Sì.”
Ricambiò la stretta nervosamente “Jeff. Jeffrey,
in realtà, ma di solito chi mi
chiama così all’ infuori dei miei, fa una brutta
fine.” Non parlare a caso,
perché parli a caso?!
“Jeff, allora. Dai,
dammi quella giacca, ci vorrà un po’
prima che smetta.”
“Un po’
quanto?” il biondo allungò l’ indumento
fradicio
a Nick, sussultando leggermente quando le loro mani si sfiorarono. Si
passò le
dita tra i capelli: “Dovrei andare a casa a studiare, ho un
esame la prossima
settimana.”
“Non prima di sera
credo, ne parlavano poco fa alla radio
“Ti chiamo un taxi, se vuoi. Oppure… no,
niente.”
“Cosa?”
“Oppure puoi fermarti
qui. C’è una stanzetta di là, ci
studio quando qui c’è mio nonno. Così
almeno per oggi ho un po’ di compagnia” e
Jeff giurò di aver visto il ragazzo arrossire
“Cioè! Insomma… viene poca gente
qui, principalmente dei collezionisti che cercano libri rari e cose
simili e
non è che siano campioni di gentilezza e… mi
annoio non poco, sai…”
Fu il turno di Jeff, stavolta, di
sorridere al
comportamento dell’ altro; Ma io ti
faccio compagnia quanto vuo- no, idiota. Lo sai quanta fortuna hai in
queste
cose, quello non è gay, è solo gentile.
Eppure, restare male non avrebbe
fatto: “Si, perché no.
Se non ti disturbo.”
“No, assolutamente!
E’ quella porta lì, dietro allo
scaffale” gli indicò una piccola porta bianca
“Vai pure.”
Quello sarebbe stato un ottimo
momento per rifiutare, per
inventare una scusa come ‘Non ho dietro i libri’.
Ma i libri li aveva. ‘Ho un
impegno’.Non sarebbe mai risultato convincente. E quegli
occhi? Quei pozzi
color cioccolato sembravano gridare con tutta la loro forza
“Resta qui!”. Che
male c’era a volersi godere una ella vista per qualche ora?
Con un’ alzata di
spalle, Jeff abbassò la maniglia della porta e la spinse.
Era ciò che avrebbe
fatto chiunque, perché era una porta come le altre che dava
in una stanza come
le altre. Ma all’ ultimo momento la voce di Nick
arrivò alle sue orecchie:
“Aspetta,no,
lì dentro c’è-“
Jeff capì in quel
momento che non era solo Nick a rendere
particolare quella libreria. Lo capì quando, con la coda
dell’ occhio vide
qualcosa venirgli incontro. Qualcosa di colorato e veloce.
Ma che-
“CRAAAA!”
“ODDIO!”
“Craaa, il prigioniero
è evaso, Cra!”
Jeff impiegò qualche
secondo per riprendersi e
riconoscere la creatura che gli aveva appena provocato un infarto. Non
credette
ai suoi occhi, quando sul tavolo di fronte a lui si posò un
pappagallo
colorato. Il pennuto prese a lisciarsi le piume con noncuranza, mentre
dalla
porta faceva capolino la testa mora di Nick.
“Scusa, l’ ho
lasciato lì prima perché cercava di
mangiarsi i capelli di un cliente!” allungò un
braccio e il pappagallo vi balzo
sopra “Beh, hai conosciuto Crock. Non fare caso al nome, glie
l’ ha dato mia
sorella e ormai ha imparato quello; ma ufficialmente lui è
mio.” Passò un dito
tra le piume verdi. Jeff inarcò le sopracciglia.
“E’
piuttosto… insolito per un posto del genere.”
“Oh, lui è
bravo. Non sporca mai, sa che ha la sua
gabbietta per tutto, ha solo un carattere un po’…
espansivo. Gli piace la gente,
anche troppo a volte! Ma gli animali come lui non possono stare soli
troppo a
lungo, per cui lo porto qui.”
“Craaa, rovesciate i
banchi!”
Jeff scoppiò a ridere
“Che diavolo dice?”
“Ripete le
cose” Nick si unì alla risata “Frasi di
film,
oppure le cose che ripetevo ad alta voce quando studiavo. Devo dire che
ha una
memoria eccellente.”
“Craa, l’
anello va distrutto, Craaaa!”
“Ok, credo di
amarlo.”
***
Quel pomeriggio gonfio di pioggia
sarebbe rimasto per
sempre nella sua memoria come la prova di quanto la vita dipendesse
davvero dal
caso. Perché avrebbe potuto benissimo fare un passo in
più, o uno in meno, o
attraversare la strada in quel momento in cui aveva scelto invece di
tirare
dritto; e allora magari si sarebbe rifugiato in un bar, o in un centro
commerciale, o sotto a un portico e non ci sarebbe stato nessun odore
di carta,
nessun termosifone su cui appoggiare la giacca bagnata, nessun Nick ad
accoglierlo
con il sorriso più caldo del secolo. Soprattutto, non ci
sarebbe stata nessuna
offerta di restare lì per “quel giorno”
da estendere poi a “quella settimana” e
a “quel mese”. Jeff non ricordava nemmeno come
fosse arrivato a quel punto, a
passare tutti i suoi pomeriggi in quella stanzetta, anche quando ormai
il
famoso esame era già stato brillantemente superato, a
sorridere più alla
prospettiva di prendere in mano i libri di Nick che il controller
dell’ X-box e
ad apprezzare la compagnia di Crock più di quella dei suoi
compagni di classe.
Eppure era successo, e Nick non aveva mai battuto ciglio vedendolo
presentarsi
in libreria ogni giorno, puntuale, alle cinque in punto dopo la fine
delle
lezioni.
Non batté ciglio per
due mesi, fino a quel giorno. C’ era
di nuovo la pioggia, di nuovo il riscaldamento al massimo che riempiva
l’
ambiente di un piacevole tepore, ma stavolta Nick era seduto davanti a
lui e si
rigirava una penna tra le dita, il viso contratto in
un’espressione pensierosa.
“Perchè vieni
sempre qui?”
Jeff alzò lo sguardo
dal libro di economia, e all’
improvviso il calore che sentiva attorno a sé
sembrò svanire.
“Cioè, non mi
sto lamentando!” il biondo riprese un po’
di colore “Solo…” sembrava non sapere
che dire, fissava la penna e il tavolo
come a evitare il contatto visivo. Jeff non aveva la minima idea di
cosa dire.
O meglio, ce l’ aveva eccome, ma dirlo avrebbe potuto rompere
la loro bolla di
felicità.
“Non so, credevo andasse
bene per te, non hai mai detto
nulla. Mi piace venire qui.”
“Ma abiti
dall’ altra parte della città.” Touchè.
“Anche fino alla
biblioteca è un viaggio lungo. Anzi, per
venire qui faccio tre fermate in meno”
“E cambi linea due
volte” Doppio touchè.
Duval: 2 - Sterling:0 e palla al centro.
“E’ solo
che…” Nick si morse il labbro. Aveva a che fare
con i clienti del negozio da più di un anno, nel tempo
libero girava per i
teatri e gli studio a fare provini, mai una volta si era trovato senza
parole.
Ora, davanti a quel biondino con gli occhiali da vista appoggiati sul
naso all’
insù, quella frase che si dibatteva nella sua gola non
trovava nessun modo per
uscire.
“Ti fai più
di mezz’ ora di metro ogni giorno e per cosa?
Per stare assieme ad un pappagall-”
“ASSIEME A TEEE, CRAAA,
A TE!”
Jeff avrebbe ricordato quel giorno
come il giorno in cui
si era trovato combattuto tra l’ abbattere e l’
abbracciare il variopinto
volatile. Lo guardò darsi un’ ultima lisciata alle
penne, per poi volare oltre
la porta. Quando il fruscio delle sue ali si fu estinto nella stanza
calò il
silenzio. Il gelo. Mancava un pinguino diretto verso il ripiano di
zoologia. In
quel momento, Jeff riuscì a pensare solo a una cosa,
qualcosa a metà tra voglio morire e
aiuto. Non sapeva che anche
l’ altro si trovava più o meno nella
stessa situazione.
Fu dopo un momento che
sembrò durare ore che il biondo
osò alzare lo sguardo, e si vide riflesso in quegli occhi
che, ora ne era
certo, non avrebbe visto mai più. Nick gli avrebbe chiesto
di non tornare più,
Nick l’ avrebbe sbattuto fuori di lì a poco. Ma
Nick fece lì ultima cosa che
Jeff si sarebbe aspettato:
Scoppiò a ridere. Jeff
lo fissò con gli occhi sgranati,
mentre si piegava sul tavolo e rideva come se non ci fosse un domani, e
non
sapeva se rilassarsi o meno a quella reazione. Infine il moro si
raddrizzò,
asciugandosi una lacrima con il dorso della mano.
“Quindi…”
esordì “Magari domani che è chiuso
potrei
offrirti un caffè.”
Dicono che le cose migliori
accadano per caso. In effetti
Jeff, a distanza di anni, avrebbe dichiarato di aver trovato
l’ amore per caso.
Per caso e per un pappagallo
logorroico.
-------------
In realtà, la cosa che più mi preoccupa di tutto
ciò è l' aver citato D' Annunzio.
Ah, è probabile che domani io non aggiorni. Non è
sicuro, dipende da quante ore dormirò dopo il drittone dei
cento giorni xD La shot di domani è ancora da finire!
A domani o a giovedì, si vedrà! <3
|
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Capitolo 3 *** Cast a spell ***
Ci sono! Scusate il ritardo, ho
dormito per tutto ieri xD A questo punto sono ufficialmente sfasata per
la week, visto che l' unica shot che ho pronta e finita è la
sesta, ma vedrò di limitare il ritardo a un giorno o due,
nonostante i prossimi giorno siano un inferno di compiti e
interrogazioni. Le sigh ç__ç
Innuendo
Trough
the sorrow, all trough our splendour
***
Cast
a spell [First Kiss]
A diciotto anni di età,
Jeff Sterling era ormai uno di
quelli conosciuti, alla
Dalton. Era
famoso per essere quel tipo di persona in grado di fare qualunque cosa:
non
necessariamente nel senso effettivo di portarla a compimento, non
sempre, ma
era di certo uno che non si arrendeva al primo segno di ostacolo e, con
tanta
buona volontà (e spesso una dose generosa di fortuna), alla
fine raggiungeva il
suo obiettivo. Agli occhi di tutti, un atteggiamento del genere era
qualcosa di
invidiabile; in realtà qualcosa che Jeff non sarebbe stato
mai e poi mai in
grado di fare – almeno dal suo punto di vista-
c’era. Più precisamente, le cose
in questione erano due: avere una media stabile in chimica e porre fine
allo
straziante supplizio che era la sua amicizia con Nick Duval, suo
storico
compagno di stanza e amore più o meno segreto.
Più o meno perché, a dispetto
del loro presentarsi come studenti perfetti, i ragazzi della dalton
erano
terribilmente, oscenamente pettegoli. Delle comari. Non si poteva fare
un
apprezzamento a qualcuno, nella più totale innocenza, che
qualcuno ci ricamava
sopra una storia. E Jeff di apprezzamenti su Nick ne aveva fatti
parecchi, nei
due anni passati, non tutti a voce, ma tutti piuttosto evidenti. Jeff
sapeva
che Nick stesso era a conoscenza dei rumors
che correvano tra i corridoi riguardo a loro due, ma per
qualche motivo il
moro non gli aveva mai fatto domande in proposito, non si capiva se per
indifferenza o imbarazzo. Ciò che era evidente,
però, era che quella situazione
diventava ogni giorno più ingestibile, per Jeff e per
chiunque.
“Senti” quella
mattina Thad gli aveva fatto trovare una
brioche e la tazza di caffè già riempita sul
tavolo della colazione, gesto che
significava solo una cosa: dobbiamo
parlare e tutto il tuo tempo ora lo dedicherai a me. Jeff
conosceva Thad
abbastanza da sospettare che quell’ atteggiamento sicuro e un
po’ arrogante lo
avesse preso da Smythe, ma Harwood non gli avrebbe permesso di cambiare
discorso.
“Tu e Nick mi state
uccidendo con questo gioco del gatto e del
topo a cui nemmeno vi rendete conto di giocare”
continuò il più basso mentre
spalmava del miele sul suo pane imburrato “Visto che,
nonostante tutto, io non
sono affatto come Sebastian, ma ho un animo romantico,
continuerò in eterno a
rifiutare la sua proposta di chiudervi insieme nello sgabuzzino delle
scope o
di rubarvi i vestiti in palestra mentre siete sotto la doccia, ma voi
due
dovete darvi una mossa, chi non mi interessa.” Concluse la
frase addentando con
gusto la fetta di pane e lanciando un’occhiata eloquente a
Jeff, che si limitò
a sospirare e prendere un sorso di caffè.
“Non è una buona
idea.”
“Fottiti, Sterling,
stressare il mio sistema nervoso non è
una buona idea” Thad alzò gli occhi al cielo e
versò un cucchiaino di zucchero
nel cappuccino “Non devi fartelo stasera, devi
solo-”
“Non gli interesso,
Thad.” Jeff aveva perso il conto delle
volte che aveva ripetuto quella frase in tutte le salse possibili. Thad
lo
sapeva, visto che in genere era lui il destinatario di quelle lamentele.
“Ti ho già detto
fottiti? Credo che tu gli interessi tanto
quanto lui interessi a te, è che siete entrambi troppo
disgustosamente
innamorati per poter anche solo pensare di correre un rischio, anche se
quel
rischio significherebbe uscire una buona volta dalla zona amici, dove
vi siete
auto-relegati.”
“Non ci siamo relegati da
nessuna parte e-”
“Infatti no, hai ragione:
siete nella zona fratelli, che a
mio parere è anche peggio. Ascoltami, provaci, fai un
tentativo, che se
aspettate di sviluppare la telepatia siamo fregati. Lo avvicini in un
luogo non
affollato, lo inviti a una delle vostre uscite assolutamente da amici
etero –
che sono più gay delle mie con Seb, beninteso- e poi vedi di
trovare il momento
perfetto. Per fare cosa decidi tu, hai carta bianca, io non voglio i
dettagli.
Ti prego. Fallo per me.”
Jeff avrebbe voluto annegare nella
sua tazza di caffè, un
po’ perché sapeva che cosa Thad intendesse con
‘momento perfetto’ – di nuovo,
era probabilmente colpa di Smythe che lo aveva traviato-, un
po’ perché l’ idea
di fare qualcosa del genere gli era effettivamente balzata in testa
più di una
volta, nelle sere che lui e Nick passavano al cinema: nel buio della
sala, Jeff
aveva immaginato tantissime volte di sporgersi di lato quel che bastava
per far
voltare l’ amico dalla sua parte e posargli un bacio sulle
labbra. Quella
labbra su cui aveva fantasticato un numero imprecisato di volte e che,
ogni
volta che vi posava lo sguardo, sembravano incitarlo a gran voce ad
aggredirle.
Poi succedeva che ci pensava un istante di troppo e l’
adrenalina scivolava via
nel suo sangue, facendogli perdere l’ occasione, lasciandolo
con l’ amaro in
bocca al pensiero che forse, se avesse avuto coraggio, in quel momento
si
sarebbe trovato ad usare la bocca per attività
più soddisfacenti del masticare
popcorn.
Sospirò, dando un morso
alla brioche e gustandosi il sapore
della crema: “Sì, sì, ci
penserò.” Che equivaleva a ‘ci
penserò, ma poi non
farò nulla’. Thad sapeva anche questo, purtroppo.
Quella mattina, Jeff accolse le
lezioni quasi con gioia,
soprattutto quelle in cui la presenza di Thad e della sua ramanzina non
aleggiava nella stanza. E arrivò il momento in cui tutte le
sue paranoie su
quanto la sua vita sentimentale facesse effettivamente pena dovettero
lasciare
spazio a cose- relativamente -
più
importanti. Per l’ ora di pranzo Jeff si era già
dimenticato quasi tutto. La
giornata sarebbe andata come al solito, né più
né meno.
“Jeff!”
Continuò a crederlo anche
quando sentì una mano posarsi
sulla sua spalla e, voltandosi, si specchiò negli occhi che
avrebbe potuto
rimanere ad ammirare in eterno. Nick aveva il fiato leggermente grosso,
come se
gli fosse corso dietro.
“Senti, il coach ha
spostato gli allenamenti alle sei invece
che alle cinque, va bene se rimandiamo a mezz’ ora
più tardi?”
A quel punto Jeff, dal suo stato di
beatitudine che lo
coglieva ogni volta che il moro apriva bocca, cadde nuovamente sulla
Terra.
“Che?”
Nick sorrise “Per il
cinema, dico, mi serve tempo per fare
la doccia. Quando me l’ hai infilato quel biglietto nella
cartella, comunque?
Non avevamo lezioni insieme, oggi!”
Jeff a quel punto non sapeva da dove
iniziare a pensare.
Nella sua mente era tutto un mescolarsi di Nick,
cinema, Nick, cosa diavolo, ma che, Nick… biglietto.
Thad.
THAD.
Ti uccido.
“Jeeeff?”
Il biondo si riscosse “Oh,
beh… mica te lo dico.”
Nick sorrise
“Dunque…”
“Sì,
sì, va bene.” Oh, sì, andava benissimo.
Qualunque cosa
implicasse un Nick sorridente andava bene. Ed era solo cinema, a quanto
pareva.
Thad avrebbe potuto regalare loro due ingressi omaggio allo Scandals,
per quel
che ne sapeva. Ma era solo cinema, cinema con Nick. Tutto regolare.
“E’
perfetto.”
***
Era così, sempre
così: Nick passava i suoi venerdì
pomeriggio correndo dietro ad un pallone, Jeff li passava nella sua
stanza,
cercando contemporaneamente di fare i compiti e di non lasciarsi
divorare dall’
ansia al pensiero di ciò che lo aspettava quella sera. Ogni
volta era sempre
peggio, in realtà, perché ogni volta accumulava
dentro di sé una maggiore
consapevolezza di essere un completo disastro nelle dichiarazioni
d’ amore – ed
è inutile dire che era proprio questo, alla fine, a farlo
puntualmente fallire
per l’ ennesima volta. Era quasi divertente osservare come lo
stesso ragazzo
che si buttava a capofitto e con spavalderia in qualunque impresa, si
trasformasse completamente, riducendosi ad avere la sicurezza di un
cucciolo,
davanti ad una sola persona. In quel momento, davanti allo specchio
nell’
intento di scegliere il proprio vestiario, Jeff stava seriamente
prendendo in
considerazione l’ idea di non provarci nemmeno e di godersi
il più possibile la
serata.
Certo, fu decisamente più
difficile rimanere dello stesso
pensiero quando, un quarto d’ora dopo, Nick fece ritorno dal
bagno, in Jeans e
camicia nera leggermente aperta, i capelli ancora umidi pettinati quel
poco che
bastava. Jeff davvero non riusciva a capire come Nick non si fosse mai
accorto
degli sguardi che gli lanciava. C’ erano momenti in cui quasi
implorava di
essere scoperto: oh, sarebbe stato il momento più
imbarazzante della sua vita,
ma magari allora avrebbe avuto un motivo per non riuscire a mettere due
parole
di fila e, soprattutto, non sarebbe dovuto passare attraverso la fase
della
dichiarazione, il suo peggior incubo. Ma Nick continuava imperterrito a
farsi
scivolare addosso le sue occhiate languide, quasi non ci vedesse
– e Jeff gli
aveva dato dell’ idiota non poche volte, nella sua testa.
Sospirando, afferrò le
chiavi della macchina. Nel peggiore
dei casi si sarebbe concentrato sul film: che uno fosse cotto perso o
no, James
Franco e il mago di Oz valevano bene una serata di sospiri malinconici.
Quei sospiri, rigorosamente mentali,
iniziarono nel momento
in cui si sedettero in macchina, continuarono durante la cena e
terminarono
durante il film. Jeff lo ammetteva, esagerava sempre un po’
quando si trattava
di lamentarsi. Non al punto da battere i drammi di Kurt, nel lontano
tempo in
cui si struggeva d’ amore per un ignaro Blaine, perso
chissà dove nella top 40,
ma quasi. Non ci poteva fare niente, ogni volta che uscivano si rendeva
conto
di quanto fosse diventato più difficile rimanere due ore
seduto accanto al
ragazzo che amava, cercando in tutti i modi di non sobbalzare quando i
loro
gomiti si toccavano sul bracciolo della sedia, o quando allungavano
entrambi la
mano verso il bicchiere dei popcorn, finendo con l’
intrecciare le dita. Era
difficile, maledettamente difficile, resistere all’ urgenza
di tenere le dita
intrecciate per davvero. Quella sera, però, Nick sembrava
non avere voglia di
snack, la sua mano si ostinava a rimanere immobile e rigida,
così come il resto
del corpo. Il moro fissava o schermo senza mai voltarsi verso di lui,
come
faceva di solito ogni tanto, per fare qualche commento. Era assorto
nella
visione, sembrava. Jeff cercò di fare altrettanto.
Non ti
muovere, non
fare niente. Dio, quando mai ho accettato di guardare la Sirenetta con
Julie
domenica, com’è che faceva quella canzone? Kiss
the girl? Kiss
the boy… oh, Thad, vai a quel paese!
E non si accorse di nulla. Non si
accorse che Nick non era
poi così tanto preso dal film, che aveva in
realtà passato quella prima mezz’
ora a spiarlo con la coda dell’ occhio da dietro gli occhiali
3D e che ora si
era definitivamente voltato verso di lui. Successe un po’
quello che il biondo
aveva sempre immaginato di fare. Si girò, spinto da
chissà quale voce nella sua
mente, e ciò che trovò, nel buio della sala,
furono un paio di labbra perfettamente
appoggiate alle sue. E, prima che potesse anche solo rendersi conto di
ciò che
stava accadendo, una mano dietro la nuca che lo spinse in avanti e lo
tenne ben
saldo in quella posizione. In un remoto angolo della sua mente decise
che
doveva essere tutto un sogno: perché non potevano essere di
Nick quelle labbra
così soffici, così calde, così
perfette sulle sue. Non poteva essere Nick
quello che ora si stava muovendo timidamente sulla sua bocca, quasi non sapesse cosa fare di
preciso, che stringeva
piano la sua maglia e il suo collo per non lasciarlo scappare. Eppure,
se era
un sogno, era davvero il migliore che potesse vivere. Come se una
scossa
elettrica lo avesse svegliato di colpo, Jeff strinse a sua volta la
presa sulla
vita dell’ altro e approfondì quel bacio, troppo
casto per soddisfare i bisogni
repressi per tanto tempo. Lasciò che la sua lingua
indugiasse per qualche
secondo sulle labbra del moro, in una muta richiesta; e quando essa fu
accolta
si divertì ad esplorare con lentezza quella bocca, che era
esattamente come l’
aveva immaginata. Quando Nick ricambiò il gesto
sentì l’ adrenalina scorrere furiosa
nelle sue vene. Oh, se era davvero un sogno voleva morire lì.
Quando si staccarono avevano entrambi
il fiatone e sullo
schermo le immagini continuavano a scorrere, completamente indifferenti
a loro.
Con le fronti unite si fissarono per qualche secondo, o forse minuti, o
ore. In
quel momento davvero non importava più. Jeff non seppe dire
quanto tempo fisse
passato quando ritenne di riuscire di nuovo a parlare.
“Devo dirti una
cosa” sussurrò “Quel
biglietto… non te l’ ho
mandato io.”
Nick sorrise – e
arrossì, anche- “Lo so. Thad fa schifo a
imitare le scritture degli altri.”
Il biondo avrebbe voluto dire mille
cose in quel momento, ma
tutto ciò che potè fare fu scuotere la testa. Di
tempo per le spiegazioni ne
avrebbero avuto a volontà più tardi. Ricambiando
il sorriso annullò quel poco
di distanza che li separava, ormai libero da ogni paura.
“Ci perdiamo il
film” Nick mormorò quelle parole tra un
tocco di labbra e un altro.
“Mmhh…”
“Te ne” bacio
“frega” bacio “qualcosa?”
“Mmh..no” Jeff
gli tirò appena i capelli “Parla di meno”
E Nick ubbidì, senza
indugio.
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Wuuuuuu...(?)
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Capitolo 4 *** Love in peculiar places ***
Alloooora *ehm* rieccomi qui. So di
essere in ritardi di
circa sei mesi per questa raccolta, ma ad un certo punto ho deciso di
interrompere tutto causa stress scolastico e beghe varie. Ho
accantonato
fanfiction, traduzioni e chi più ne ha più ne
metta, perciò ora sto cercando
con fatica di ricominciare xD
In realtà non sapevo se
avrei mai ricominciato la week, ma
sono contenta di averlo fatto :D A questo punto è una
raccolta a caso, ma va
bene xD
4 capitolo con prompt “cioccolato”.
E con cioccolato intendo ovunque, sul serio. Il
bello è che io nemmeno mangio cioccolato,
non mi piace *fugge dalle sassate*
Lavatevi i denti dopo.
Innuendo
Trough
the sorrow, all trough our splendour
***
Love
in peculiar places [Chocolate]
“Così questa
è Waverly. E’ carina!”
“E’ carina
perché siamo di passaggio e domani ripartiamo,
fidati. Non so perché tu abbia insistito tanto a venire
qui.”
Il tono annoiato del suo ragazzo fece
sorridere Jeff. Ma non
potè negare che, forse, un fondo di verità in
quelle parole c’ era: quella in
cui si trovavano era effettivamente una cittadina minuscola, di quelle
decisamente vecchio stile, con la larga via principale semideserta e le
case
basse che accompagnavano il viaggiatore dal cartello d’
ingresso a quello d’
uscita, i muri coperti da un vecchio strato di vernice chiara e
anonima. Jeff
dubitava largamente che quel paese di appena duemila abitanti fosse un
fedele
ritratto del West Virginia, ma quando Nick gli aveva fatto la strana
proposta
di venire con lui, avvertendolo del poco che avrebbe trovato, non ci
aveva
pensato due volte prima di accettare. Ora, mentre camminavano lungo il
marciapiedi mano nella mano, a Jeff sembrava quasi impossibile che uno
come
Nick, il suo Nick, che sembrava nato per vivere in una metropoli,
potesse
provenire da un puntino così piccolo sulla carta. Eppure il
ragazzo che
camminava a passo spedito accanto a lui sapeva perfettamente dove
stesse
andando, con la sicurezza di chi ha già calpestato quel
suolo.
“Però
è tranquilla, no? Stare qui per un po’ deve essere
rilassante. Non c’è traffico, non
c’è confusione-”
“Non
c’è niente.”
“Cercavo di dirlo in modo
carino” Sorridendo Jeff diede una
leggera spallata all’ altro “Se fa così
schifo, perché mi ci hai portato?”
“Non ho detto che fa
schifo. Ma vengo qui una volta all’
anno se va bene, di solito sono i miei nonni che ci raggiungono in
Ohio, e per
fortuna. Comunque” Nick ricambiò la spallata,
mettendoci una dose maggiore di
forza e sorridendo a sua volta “Ti ho portato qui
perché, in realtà, un posto
che vale la pena di essere visto c’è.”
“Addirittura!”
“Strano ma è
così. Però devi fare una cosa.” Il moro
allungò
un braccio, per trattenerlo. Quando Jeff si voltò lo vide
sempre sorridente, ma
quel sorriso era illuminato da uno sguardo serio, lo sguardo di chi ha
qualcosa
in mente.
“Cosa?”
Nick non rispose. Rovistò
nella borsa a tracolla e ne tirò
fuori una striscia di stoffa scura. Sorrideva decisamente di
più, ora.
“Voltati. Voglio farti una
sorpresa.” Sorrideva, abbassando
timidamente lo sguardo sul terreno, mentre le sue guance si
imporporavano
leggermente. A quella vista Jeff si sentì catapultare
indietro nel tempo, al
loro secondo anno, in quei primi giorni della loro relazione in cui
ancora non
riuscivano a tenersi per mano senza arrossire fino alla punta dei
capelli,
quelli in cui entrambi erano così inesperti da ridacchiare
imbarazzati al
minimo sfioramento di pelle, ed erano certi che non esistesse
sensazione più
bella al mondo. Obbedì e diede le spalle a Nick, mentre le
sue labbra si
aprivano a loro volta in un enorme sorriso a quel ricordo terribilmente
dolce.
Quando la benda gli coprì gli occhi non potè fare
a meno di sorridere ancora di
più e a chiedersi se non fossero davvero tornati indietro
nel tempo ai loro
stucchevoli giochi da nuovi innamorati. Ricordava di come Nick
riuscisse a
rendere tutto una sorpresa e non trovò difficile pensare che
sarebbe riuscito a
stupirlo perfino in un luogo solitario come quello in cui si trovavano.
Si
lasciò condurre attraverso la città, con il cuore
gonfio di aspettativa ed
eccitazione, aggrappandosi con più forza alla mano che lo
guidava ogni volta
che svoltavano, mordendosi la lingua per non chiedere indicazioni che
tanto non
avrebbe mai ricevuto. Nick camminava velocemente, costringendolo ad
affrettare
il passo e ad affidarsi completamente a lui per evitare di inciampare
in
qualcosa. Jeff giurò di aver sentito il suo battito
accelerare, mentre gli
stringeva il polso, mano a mano che avanzavano. Lui stesso si sentiva
eccitato
come un bambino.
Quando si fermarono avevano entrambi
il fiatone e attorno a
loro l’ ambiente si era fatto decisamente più
tranquillo e silenzioso. Non
c’era rumore di macchine, solo un chiacchiericcio indistinto
di cui Jeff non
riusciva a intuire la direzione da dietro la benda. Ma non ebbe bisogno
della
vista per accorgersi del dettaglio più importante: il
profumo.
Nell’ aria, leggero ma
decisamente presente, aleggiava un
dolcissimo odore di cioccolato. La bocca gli si riempì di
saliva, mentre
inspirava profondamente e si riempiva naso e polmoni di
quell’ aroma.
“Siamo arrivati”
la mano di Nick corse a slacciargli la
benda che occultava ai suoi occhi la fonte di quel paradiso per
l’ olfatto e,
quando Jeff fu finalmente libero di vedere, il suo primo pensiero fu di
essere
stato teletrasportato in un’altra città: la strada
principale, con la sua
polvere e i suoi edifici tutti attaccati, aveva lasciato il posto alla
vetrina
di quella che sembrava una piccola caffetteria, con i tavolini in legno
e le
sedie di vimini nascoste all’ occhiata più
superficiale dai una lunga fila di
fioriere. La porta di apriva e si chiudeva con regolarità,
facendo entrare e
uscire i clienti e l’ odore dei dolci. Jeff si rese conto di
essersi perso
nella contemplazione di quel piccolo angolo di paradiso,
così diverso dall’
ambiente un po’ anonimo a cui si era abituato, quando alle
sue orecchie giunse
il chiarissimo rumore del suo stomaco che brontolava, svegliato da
quell’
immensa dolcezza.
Nick dovette aver sentito il suono a
sua volta, perché ridacchiò
e gli strinse dolcemente la mano.
“Se ti piace da fuori
aspetta che siamo entrati.” gli disse,
prima di tirarlo con sé verso l’ entrata. Jeff non
riusciva a capire come una
caffetteria potesse stupirlo in quel modo. Non riusciva a capire
nemmeno come
potesse esistere un luogo del genere dove si trovavano. Locali
così particolari
era certo si trovassero nelle grandi città, dove bastava
svoltare in un vicolo
più nascosto per scoprire un mondo a parte, ma Waverly nel
West Virginia non
era né grande né particolare.
Ma tutti i suoi pensieri si
interruppero quando furono all’
interno e Jeff si rese conto di ciò che Nick aveva inteso
con le sue parole. Il
profumo di cioccolato che aveva sentito all’ esterno non era
nulla in confronto
alla sinfonia di aromi che invase le sue narici.
Non era cioccolato, erano tanti tipi
di cioccolato, decine e
decine di varietà diverse, le cui confezioni posavano in
bella mostra su alcune
mensole sulle pareti, accanto a sacchetti di erbe e tisane, petali di
fiori
essiccati e chissà cos’ altro. Seduti ai tavoli di
legno scuro, i clienti
tenevano tra le mani tazze fumanti di ogni sfumatura. Tende sottili e
chiare
coprivano parte della vetrina, lasciando passare la luce del giorno e
rendendo
allo stesso tempo quel posto raccolto e confortante. Era un vero e
proprio
mondo parallelo, decorato di fiori rosa e bianchi e pieno, strapieno di cioccolato. Se non era il
paradiso vi somigliava
molto, Jeff ne era sicuro.
“E’…
E’ stupendo.” si limitò a dire infine,
scuotendo la
testa, come svegliatosi da un sogno “Non credevo esistesse un
posto del genere
qui, insomma…”
“Sì,
è piuttosto curioso, vero?” Nick sembrava
comprendere
il suo stupore “Ma a dire il vero è proprio per
questo che è così popolare. E’
qui da quando ero piccolo e in tutta la vita non l’ ho mai
visto vuoto, nemmeno
di notte. Vengo raramente da queste parti, ormai, ma è
sempre pieno fino all’
orlo, la gente addirittura fa una deviazione dal percorso per fermarsi
a
provare la cioccolata di Annie. Ne ha decine di tipi
diversi!” Nick parlava e
Jeff si accorse che gli brillavano gli occhi e che il suo sorriso era
decisamente più largo di prima.
“Ha l’ aria di
essere speciale per te.” disse.
“Lo è. Quando mi
annoiavo venivo sempre qui, sempre da solo.
Non volevo che mi accompagnasse nessuno, non so perché, ma
era diventato il mio
luogo speciale. Entravo qui, mi sedevo in quell’ angolo
laggiù” indicò un
tavolino in quel momento libero, vicino alla finestra, ma leggermente
nascosto
alla vista da un vaso di fiori “E ci rimanevo delle ore a
fare qualsiasi cosa.
Facevo i compiti, disegnavo, scrivevo storie, tutto. Oh, e bevevo
cioccolata,
ovvio. Ho provato tutte le varietà sai?”
“Tutte?”
“Tutte tranne una.
E’ per questo che siamo qui, oggi. Finirò
la mia collezione assieme a te!” e detto questo si diresse
verso il tavolino.
Jeff lo seguì e gli sembrò che in effetti
quell’ angolino avesse qualcosa di
magico che gli altri non avevano. Non sapeva se fosse effettivamente
così o se
quell’ impressione fosse dovuta al trovarsi lì con
Nick, visto che il suo
ragazzo aveva il potere di rendere bello qualunque luogo visitassero. In quel momento, con il volto
incollato al menù,
Nick sembrava perfettamente parte di quel mondo.
“Mi manca solo…
quello all’ arancia!” esclamò ad un
tratto
l’ altro, posando il listino davanti a sé con
soddisfazione. Jeff storse il
naso.
“Qual è il senso
del cioccolato all’ arancia?”
Nick fece spallucce: “Non
lo so. Però magari è buono. Alcuni
dei tipi che hanno qui sono del tutto assurdi e sono quasi imbevibili e
immangiabili, ma è diventata una questione di principio che
io li assaggi
tutti.”
“Quante varietà
hanno qui?”
“Un centinaio. Alcuni sono
particolari, altri invece si
somigliano molto e vengono distinti solo da un palato
esperto.”
“Come il tuo?”
“E’ un
complimento o un’ allusione?” Nick gli
lanciò uno
sguardo provocante da dietro le mani intrecciate. Jeff non
potè fare altro che
ricambiare.
“Dipende. Comunque, penso
che io rimarrò sul classico, senza
offesa.”
“Non sai cosa ti
perdi.”
Quando la cameriera arrivò
al loro tavolo Jeff comunicò il
suo ordine distrattamente, senza soffermarsi sulla breve chiacchierata
che la
donna intrattenne con Nick e sul sorriso raggiante che gli rivolse
prima di
dirigersi in cucina. Non riusciva proprio a togliersi dalla mente
quell’ atmosfera
di sogno che tutto il locale sembrava avere. Non si trattava solo di
Nick,
c’era qualcosa di speciale in quel posto: gli occhi di Nick
brillavano,
brillavano come diamanti. Quando si posarono su di lui, Jeff si
sentì
sciogliere – come cioccolato al sole, fu l’ unico
paragone che riuscì a
pensare.
Nick allungò la mano per
stringere la sua. Aveva l’
espressione di qualcuno in procinto di dire qualcosa di importante.
“C’è…”
iniziò, ma non sembrò trovare un seguito e
abbassò lo
sguardo, scuotendo la testa imbarazzato e lasciandosi scappare una
risatina
“Non è un caso che siamo venuti qui,
sai?”
Jeff strinse la sua mano
“Hai detto che era un luogo
speciale.”
“Ti ho anche detto che
venivo qui sempre da solo. Avevo sei
anni la prima volta. Fu un caso, in realtà,
perché tutti i miei amici erano
ancora in vacanza e l’ unico rimasto in città quel
giorno era malato. Venni
qui, mi sedetti a questo tavolo e ordinai una semplicissima cioccolata
calda
con la panna. Non feci nulla, rimasi quasi due ore a guardare fuori
e… non lo
so, a fantasticare?” Sorrise, lo sguardo distante di chi
è perso nei ricordi.
“C’ erano questi
due ragazzi, seduti poco distanti da me,
che bevevano la loro cioccolata tenendosi per mano. Lui ogni tanto
diceva
qualcosa a bassa voce e lei sorrideva e le loro mani non si lasciavano
nemmeno
per un attimo. Ricordo che li trovai perfetti, perché erano
insieme, stavano
bevendo della cioccolata in tazza, che per il me bambino era la cosa in
assoluto più buona del mondo, e sembravano felicissimi,
perciò pensai che anche
io un giorno avrei dovuto fare la stessa cosa, che se mai avessi
trovato una
bambina che non avesse i pidocchi l’ avrei invitata a bere
cioccolata con me.
Beh, poi ho scoperto di avere altri interessi, ma il concetto rimane lo
stesso.” concluse, arrossendo lievemente.
Jeff, a quel punto, aveva capito
ormai dove Nick volesse
arrivare e il pensiero fece accelerare il suo cuore come un matto.
“Il punto, se riesco a
smettere di arrossire e parlare a
vanvera, perché so che lo sto facendo, è
che… mano a mano che crescevo quella
decisione è diventata sempre più seria. Non ho
mai permesso a nessuno di
accompagnarmi qui, perché avevo deciso che vi avrei portato
soltanto una
persona: quella speciale, quella che mi avrebbe tenuto la mano
sorseggiando
cioccolato come facevano quei due ragazzi, una persona a cui sarebbe
bastata
una sola parola, un solo sguardo, per farmi sentire il più
felice e fortunato
del pianeta. So che, essendo la prima volta che vieni qui, per te
questo posto
può sembrare una semplice caffetteria, ma l’
averti portato qui, per me, è la
prova definitiva che… che tu sei tutto. Che ti amo
più di ogni altra cosa al
mondo e per questo posso condividere con te il mio luogo
speciale.”
Nick aveva le guance arrossate e Jeff
si scoprì stupito di
non sentire il proprio volto bagnato dalle lacrime. Sapeva di stare
guardando
il suo ragazzo con l’ espressione più trasognata
possibile per un essere umano,
perché ogni suo sforzo di costruire una frase sensata si
traduceva in un
miscuglio di versi strozzati, come il miagolio di un gatto con qualcosa
di
grave.
“Io…”
esordì. C’ erano tantissime cose che avrebbe
voluto
dire, idee che lampeggiavano nella sua testa e si spegnevano
all’ istante.
“Ti amo.” disse
infine, dopo non sapeva quanto tempo “Tutto
questo è… è perfetto. Tu sei perfetto
e io non riesco a trovare un modo per
dirtelo nel modo che meriti. Io…” si
bloccò, incapace di proseguire, perché
qualunque cosa avesse detto sarebbe risultata una banalità.
Abbandonò infine l’
idea con una scrollata di spalle e fece l’ unica cosa che
desiderava davvero
fare: spinse la sedia all’ indietro, si sporse verso Nick e
posò le proprie
labbra sulle sue, rispondendogli nel miglior modo possibile.
Sentì Nick
rispondere al bacio con un sospiro tremante, ma durò tutto
troppo poco, perché
il rumore di un paio di scarpe sul pavimento di legno li distolse dalla
loro
attività: la cameriera di poco prima era di ritorno,
reggendo un vassoio con
due tazze fumanti. Le posò davanti ai due, sorridendo
complice a Nick, che arrossì
nuovamente, stavolta assieme a Jeff che cercò inutilmente di
nascondersi dietro
la candela spenta. Si guardarono per qualche secondo quando la donna se
ne fu
andata, prima di abbandonarsi a una risata imbarazzata.
“Poteva andare
peggio” disse Nick, prendendo in mano il
cucchiaino e rigirandolo nella propria bevanda. Jeff inarcò
le sopracciglia,
annuendo.
Abbassò lo sguardo sul
tavolo: la mano di Nick era
abbandonata a pochi centimetri dalla sua. Senza esitazione la
afferrò,
stringendola piano e attirando l’ attenzione dell’
altro.
“Te lo prometto”
dichiarò “Ti stringerò la mano ogni
volta
che andremo a bere della cioccolata. Te la stringerò sempre
in realtà, ma in
questo caso la stringerò ancora più forte,
ovunque ci troveremo. Dalla Dalton
al bar del college, fino a dove arriveremo nella nostra vita, berremo
cioccolata con una mano sola.”
Nick sorrise e ricambiò la
stretta: “Mi sembra un ottimo
piano.”
E in quel momento realizzò
che il cioccolato all’ arancia
avrebbe conservato per sempre un posto speciale dentro di lui.
“Fa schifo?”
“Sì.”
-----------------------------
Non ho pronto il quinto capitolo.Ho
il sesto, ma non il quinto, cercherò di farmi venire un'
idea faiga perché, come ho già detto ad altri, la
mia capacità di scrivere rosse scarseggia. O forse
semplicemente mi vergogno troppo XD
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Capitolo 5 *** I'm touching and kissing ***
Dunque:
ho barato. Questo è il sesto prompt, ma capitemi, io questa
raccolta non so proprio come mandarla avanti xD Ho la testa piena di
idee, ma riguardano tutte altri progetti a cui tengo molto e non riesco
a trovare l' ispirazione anche per queste piccine.
Inoltre, questa shot è nella cartella della week dai tempi
della week stessa, mai pubblicata, con la convinzione che tanto sarei
riuscita in breve a scrivere i due capitoli che mi servivano per
postare questo. Ahahahah. NO. Per cui è scritta con la foga
della week, è pure corta xD
Innuendo
Trough
the sorrow, all trough our splendour
***
I'm
touching and kissing [Beccati!]
Con il senno di poi, Nick avrebbe
evitato di cascarci.
Avrebbe preso un respiro profondo,
raccogliendo tutta la
propria convinzione, e avrebbe gentilmente declinato l’
offerta di Jeff con una
scusa ben architettata e a prova di inganno, cercando in tutti i modi
di
ignorare le sue proteste e le sue lamentele riguardanti il fatto che
‘non lo
aiutava mai a studiare, maledetto secchione’.
Studiare un
accidente! Pensava
in quei casi, perché sapeva benissimo
che, sotto la copertura del bravo ragazzo che si impegna a recuperare
le
proprie insufficienze, Jeff in realtà mirava a far finire i
loro incontri di
studio sempre nello stesso modo: non seduti alla scrivania, ma ad un
paio di
metri da essa e in una posizione decisamente più orizzontale.
Nick sapeva che a Jeff dello studio
importava meno che della
salute dei propri capelli, perennemente sbiancati, al punto che il moro
si
chiedeva come potessero essere ancora così morbidi e
perfetti; lo sapeva
benissimo, ogni volta che si lasciava convincere da quegli occhi da
cerbiatto,
lucenti e falsissimi, o da quella voce da bambino dall’ altro
capo del
telefono, che l’ unica geografia che al biondo interessava
studiare era quella
dei loro corpi. E puntualmente accettava, un po’ per
ingenuità e un po’ perché
d’altra parte la geografia gli era sempre piaciuta, specie
quella del suo
ragazzo e dei suoi muscoli da ballerino, lo ammetteva. Alla fine Jeff
otteneva
sempre quello che voleva da lui, non per egoismo, ma perché
era capace di farsi
desiderare anche senza volerlo veramente. Nick non poteva fare a meno
di
desiderarlo, di volerlo, era naturale come dormire e respirare.
Certo era che la cosa era reciproca
perché, in fondo, a Jeff
piaceva terribilmente provocarlo per farlo uscire da quel guscio che lo
avvolgeva in condizioni normali, per svelare il vero Nick che aveva
paura di
mostrarsi agli altri, ma che con lui non si costruiva barriere attorno.
Jeff
amava entrambi i lati del suo ragazzo e non avrebbe mai e poi mai
permesso che
uno dei due prendesse il sopravvento sull’ altro:
perché Nick era così- aperto,
disinibito, leggero- solo con lui, e solo con lui voleva che fosse
tale. Jeff
Sterling era possessivo, dannatamente possessivo, al punto che, ogni tanto, voleva avere la
precedenza perfino sui
libri, sui quali Nick amava così tanto passare i pomeriggi.
Quando Nick cedeva
e decideva finalmente di stare al gioco, sottolineava la propria
importanza con
baci continui e carezze più o meno gentili. E Nick cedeva
spesso perchè
diamine, avevano diciotto anni, c’ era un momento in cui la
compostezza andava
a finire a quel paese ed era normale per tutti.
Il moro arrivava a casa
dell’ altro puntuale, ogni volta con
i libri diligentemente riposti nello zaino e dal modo in cui Jeff gli
apriva la
porta calcolava il tempo in cui sarebbero stati effettivamente usati.
Non era
fisso, poteva andare dai pochi minuti all’ incredibile record
di due ore e
mezza, ma in ogni caso finiva sempre nello stesso modo, con una
strusciata di
troppo che faceva crollare quel poco che rimaneva della sua voglia di
studiare.
E anche quel giorno era andata esattamente allo stesso modo: Jeff lo
aveva
chiamato su skype, lui aveva attraversato la strada e la porta degli
Sterling,
avevano fatto finta di studiare per poco più di
un’ ora, ed erano finiti come
per magia sul letto, intenti a scambiarsi una vasta gamma di effusioni.
In quel momento il calcolo
differenziale era finito relegato
in un angolo remoto della mente di Nick, mentre cercava di decidere se
concentrarsi sulle labbra del biondo che gli torturavano il collo, o
sulla sua
mano che vagava senza meta sotto la sua maglia. Si lasciò
sfuggire un gemito di
frustrazione- mista anche a qualcos altro- e per ripicca strinse la
presa sul
capelli di Jeff, tirandoli un po’, godendo dentro di
sé sapendo che quel gesto
era riservato solo e soltanto a lui. Jeff non amava particolarmente
farsi
toccare i capelli, li considerava qualcosa di estremamente personale.
“Jeff
non…” non era facile connettere i pensieri in
quella
situazione “Non dovremmo.”
“Tranquillo” la
risposta del biondo arrivò con un soffio al
suo orecchio facendolo rabbrividire “Per quello voglio
aspettare il weekend-”
“JEFF!”
“Sto scherzando”
Jeff si sollevò sui gomiti “Sei adorabile
quando arrossisci.”
Nick arrossì, se
possibile, ancora di più, poco abituato ai
complimenti nonostante Jeff glie ne riservasse sempre una dose
generosa: “Non
dovremmo esagerare” ribadì “I tuoi non
sanno nemmeno che stiamo insieme, se ci
scopr-”
“Oh, lo sanno, credimi, lo
sanno eccome” Jeff depositò un
altro bacio dietro all’ orecchio del moro. Sentendolo
tendersi si affrettò a
spiegare: “Io non gli ho detto niente, ancora, ma lo sai che
mia sorella ha
praticamente fondato il nostro fan club, da quando ti ha conosciuto al
primo
anno. Che io sappia ci ha già fatto entrare mia madre e mia
zia e si sta
dedicando a mio padre, che però sembra più
difficile da convincere. Sai com’è,
è un po’ all’ antica. E
comunque!” proseguì alzando la voce “Mi
è stato fatto
capire che nessuno sarà a casa prima di cena, altrimenti non
ti avrei
disturbato. Abbiamo il tempo che ci pare per fare quello che ci
pare.” Concluse
la frase con un sorrisino malizioso e Nick non potè impedire
agli angoli della
propria bocca di sollevarsi.
“Sì?”
Sollevò lentamente l’ indice, andando a percorrere
il
contorno della mandibola dell’ altro. Aveva avuto un brutto
presentimento in
realtà, ma era questo che gli faceva Jeff, gli faceva
mandare tutto al diavolo
solo parlando. Nick, in quel momento, voleva solo impedirgli di parlare
in un
modo ben preciso “Che aspetti allora?”
E Jeff di certo non si fece pregare.
Nick lo sentì aumentare
la velocità delle carezze, come se quel loro scambio di
battute gli avesse
infuso nuova energia. Le loro labbra si unirono e si separarono, mentre
le mani
toccavano ogni centimetro di pelle disponibile. E il moro sapeva che
c’ era
qualcosa da qualche parte che non andava, ma non gli importava
più di tanto.
Sarebbe rimasto lì in eterno.
“Jeff…”
“Nicky…”
“Je-ODDIO!” e in un
attimo le labbra di Jeff non erano più su di lui. Nick si
voltò di scatto verso
la fonte di disturbo e, semplicemente, gli si gelò il sangue
nelle vene. Perché
sulla porta c’ era quella che sembrava la copia femminile di
Jeff con qualche
anno in più: la signora Sterling reggeva una pila di vestiti
con gli occhi
sgranati e le labbra che si muovevano senza far uscire alcun suono.
“Io…
cioè.” Tentò, il volto rosso
dall’imbarazzo “Ti ho
ritirato le divise dalla tintoria. Quando… quando hai fatto
mettile a posto.”
Abbandonò il malloppo sulla scrivania accanto con una fretta
evidente e si precipitò
al piano di sotto. Nick, sicuro di essere diventato di pietra,
continuò a
fissare il rettangolo di luce del corridoio. Riuscì soltanto
a muovere appena
le dita sul braccio di Jeff, come a chiedergli cosa fare. In
realtà Jeff stava
pensando esattamente la stessa cosa che pensava lui.
“Cazzo.” Si
lasciò sfuggire infine in un sussurro. Era
veramente il caso di dirlo.
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Il succo, anche a distanza di mesi dalla stesura del capitolo,
è: i niff che si strusciano prima di
passare ad
altro sono cosa buona e giusta.
Per cui, Ryan falli strusciare e poi falli passare ad altro.
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