So close but so far away di tomlinhoran (/viewuser.php?uid=373740)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** «Oddio» «Cosa?» «Non ci credo» ***
Capitolo 3: *** «Oh oh, non sono io il tamponatore!» ***
Capitolo 1 *** L'arrivo ***
L’arrivo
«Londra.
Non ci posso credere. Finalmente siamo a Londra!»
pensai appena arrivata all’aeroporto.
Come promesso Serena ed io avevamo raggiunto Giulia appena finita la
maturità.
Giulia aveva un anno in più di noi ed era a Londra da circa
un mese. Era
riuscita a trovare un lavoro sia per lei sia per noi, in un locale
vicino
quella che sarebbe stata casa nostra. O almeno così ci aveva
detto l’ultima
volta che l’avevamo sentita, con gli esami non avevo avuto
molto contatto con
il mondo esterno.
«Marti!
Sere!»
ci salutò la nostra amica correndoci incontro.
Era alta, slanciata e semplicemente bellissima. Bellissima, con gli
occhi verdi
che le illuminavano il viso dai lineamenti fini e delicati. Notai che
alla fine
si era decisa a fare dei leggeri colpi di sole sui lunghi capelli
mossi. E il
suo sorriso. Mi ero dimenticata della bellezza del suo sorriso, sincero
come
pochi, con le labbra carnose che incorniciavano i denti dritti e
bianchi.
Lasciammo cadere le valigie e le borse per abbracciare Giulia.
«Oddio!
Ci sei mancata tantissimo!»
esclamai mentre ci dondolavamo tutte e tre
abbracciate in mezzo alla folla divertita e intenerita dalla scena.
«Anche
voi! Non sapete che dramma, la
casa era sempre così vuota»
«Beh,
ora pregherai perché si svuoti!»
sorrise
Serena.
Ci staccammo e raccogliemmo le valigie. Ero al settimo cielo, il cuore
mi
batteva all’impazzata e non riuscivo a stare ferma.
«Pronte
per vedere la nostra umile
dimora?»
ci chiese Giulia fermando un
taxi.
Ancor a non si era abituata alla guida inglese, quindi preferiva usare
mezzi
pubblici e taxi.
«Allora,
com’è Londra?»
chiesi dopo essermi seduta dietro l’autista.
«Bellissima,
e se non siete troppo
stanche vi faccio vedere un po’ ciò che abbiamo
vicino casa»
«Li
hai visti?»
chiese Serena senza riuscire a contenere la curiosità. Gli
occhi azzurri le brillavano alla sola idea.
«Come,
non avete letto i messaggi su
Skype?»
ci chiese sgranando gli occhi.
Cominciai a boccheggiare. Li aveva visti. Così, per strada,
in un giorno
qualunque, belli come sempre.
«No.
Non ci credo»
esclamò la bionda con la voce più
acuta del solito.
«Infatti
non li ho visti!»
rispose scoppiando in una fragorosa risata.
«Che
merda che sei! Mi hai fatto morire!»
dissi dandole una leggera spinta con la
spalla.
Il taxista ci osservava dallo specchietto retrovisore. Non capiva una
parola di
quello che stavamo dicendo.
Gli sorrisi e mi scusai in inglese «Siamo
italiane»
gli feci capire.
Non ero un asso nelle lingue straniere, ma negli ultimi due anni ero
migliorata
moltissimo e il mio “martinglese”, una via d mezzo
tra l’italiano e l’inglese
caratterizzato da parole molto originali, assomigliava sempre
più alla lingua
straniera vera e propria.
Lui annuì e tornò a guardare la strada.
Cercammo di farci raccontare qualcosa in più da Giulia, ma
lei ci spiegò poco o
niente continuando a ripetere: «Lo
scoprirete presto!»
L’avrei volentieri uccisa, ma decisi di lasciarla in vita
solo per dividere
l’affitto.
«È
disumano che tu non ci voglia dire
niente!»
sbuffò Serena all’ennesimo “lo
scoprirete presto”.
Arrivammo davanti ad un enorme palazzo e il taxista fermò
l’auto avvisandoci
dell’arrivo.
«Ed
ecco la nostra reggia!»
ci disse Giulia sorridendo ironica.
«Mi
sarebbe andato bene anche uno
scantinato!».
Presi la mia valigia ed entrai
nel portone. C’era solo una rampa di scale, nessun ascensore
in vista.
«Oh
Marti, sali pure! L’ultimo piano, la
porta sulla sinistra»
«Ultimo
piano?!»
chiedemmo io e Serena in coro.
Giulia scoppiò in una fragorosa risata, prese le nostre due
borse e ci sorpassò
facendoci strada.
Tre piani, due rampe di scale per ogni piano. Niente ascensore. Sarebbe
stata
dura, molto dura.
«Beh,
potremmo perdere l’abitudine di
andare a correre..»
«Con
tutto quello che smaltiamo con
queste maledette scale!»
concluse Serena.
La nostra amica rise: «Mi
mancava il
vostro completarvi le frasi!»
Sorrisi e diedi una pacca affettuosa sul sedere della mia migliore
amica. Ci
conoscevamo da talmente tanto tempo ed eravamo talmente tanto affiatate
da
diventare quasi telepatiche. Pensavamo la stessa cosa nello stesso
momento, ci
guardavamo anche per un secondo e capivamo senza aprire bocca quello
che
l’altra doveva dire, cominciavamo a cantare la stessa canzone
nello stesso
momento. Era la cosa più bella che la vita potesse darmi.
Arrivate all’ultimo piano lasciai cadere di nuovo le valigie
e aspettai,
sedendomi su un gradino, che Giulia aprisse la porta.
«È
stato orribile!»
piagnucolò Serena sedendosi affianco a me.
«Ma
voi due non dovreste essere delle
atlete?»
ci chiese Giulia aprendo
finalmente la porta di casa.
Scattai in piedi. Ero esaltata all’ennesima potenza e avevo
un sorriso che
partiva da un orecchio e arrivava all’atro.
“Casa nostra. A Londra! È un sogno.”
pensai guardando oltre la porta.
L’appartamento era abbastanza grande, due camere da letto, un
salottino, un
bagno e la cucina.
Serena si era già appropriata della camera da letto lasciata
libera da Giulia,
così mi toccava dormire sul divano-letto in salotto.
«E
io i vestiti dove li metto?»
chiesi posando la valigia vicino a quello che
potevo definire letto.
«Se
vuoi ti lascio un po’ del mio
armadio!»
mi disse Serena prendendomi in
giro.
«Simpatica.
Davvero simpatica!»
le mostrai sorridendo il dito medio.
«Avete
davvero poca fiducia nelle mie
capacità organizzative! Ho trovato la casa?»
Serena ed io annuimmo.
«Ho
trovato il lavoro per tutte e tre?»
ci chiese ancora. Annuimmo di nuovo.
«Lunedì
arriva l’armadio da mettere lì!»
disse sorridendo fiera ed indicando la parete
spoglia.
«Sei
il mio nuovo idolo!»
le dissi facendo girare il mio braccio
attorno alla sua vita.
Ci aiutò a sistemare un po’ la roba e dopo
un’oretta decidemmo di andare a fare
il giro del quartiere.
«Vi
spiace se prima mi faccio una doccia?»
«Sì,
anch’io dovrei farla..»
annuì Serena.
Giulia annuì e andò seguita dall’altra.
Presi l’intimo pulito e l’accappatoio ed entrai nel
bagno buttandomi sotto la
doccia. Mi lavai i capelli, mettendo anche il balsamo.
Avevo dei capelli strani, lunghi fin sotto il seno, castani con i
riflessi
naturali ramati e mossi, più o meno. Non avevano una forma
definita, erano tra
il liscio e il mosso. Li avevo sempre odiati anche se stranamente molte
persone
li trovavano “magnifici”.
Rimasi qualche minuto ferma sotto il getto d’acqua, gli occhi
chiusi e la testa
appoggiata al muro rilassandomi il più possibile.
Dopo essermi sciacquata e asciugata per bene mi misi l’intimo
e andai in sala
in mutande e reggiseno.
Erano entrambe sdraiate sul mio letto, con il portatile davanti.
«Sei
molto sexy con il turbante!»
mi prese in giro Giulia indicando
l’asciugamano che avvolgeva i mie capelli.
«Grazie
mille!»
le risposi io ridendo.
Serena andò in bagno a lavarsi, io guardai fuori dalla
finestra per decidere
cosa mettere. C’era il sole ma notai che i rami degli alberi
si muovevano
quindi decisi di indossare dei pantaloni beige, una canotta nera e un
cardigan
abbinato ai pantaloni.
Dopo essermi vestita mi sdraiai affianco alla mia amica e accesi il mio
computer portatile, regalo dei miei genitori per il diploma.
Entrai nel mio profilo facebook. Quattro persone avevano pubblicato
qualcosa
sulla mia bacheca.
Mia sorella maggiore una nostra foto di quando eravamo piccole, a casa
dei
nostri nonni materni, con una dedica decisamente lunga per i suoi
standard.
“Cara Marti,
non sono mai stata una persona particolarmente dolce nei tuoi
confronti, ma sei
partita da due ore e già mi manchi.
È vero che tra università e lavoro alla fine non
ci vedevamo più di tanto ma il
sapere che quando tornerò a casa tu non ci sarai e che per
cinque lunghi mesi
non ti vedrò, non potrò litigare con te, non
potrò rubarti i vestiti (visto che
ti sei presa tutto quello che mi piaceva!), mi fa venire male al cuore.
Non posso non pensare a quando eravamo piccole, della volta in cui eri
andata
via una settimana con la parrocchia e io mi rifiutavo di parlare al
telefono
con te perché mi avevi abbandonata ed ero arrabbiata, offesa
e tremendamente
cocciuta.
Quando tornasti a casa non litigammo per tutta la settimana, un record!
Ricordo anche della nostra più grande litigata.. quando ho
pensato di averti
davvero persa per sempre. Ricordo che tornata a casa da lavoro tutte le
foto in
cui c’eri tu erano strappate, ti eri tolta da ognuna di esse
e mi avevi scritto
che tu per me non esistevi più.
Non mi avevi più rivolto parola, fino a poco tempo fa.
Un venerdì, mentre stavamo andando a una partita, ricordo
che diluviava e i
tergicristalli non andavano, e noi dovevamo pulire il vetro con i
fazzolettini
di carta e il braccio fuori dal finestrino. Scoppiammo a ridere dopo
circa due
secondi e arrivammo alla partita come se non avessimo mai litigato.
Dopo la
partita uscimmo con la squadra e tornate a casa venni a dormire nel tuo
letto.
Ringrazio il cielo di aver fatto pace con te prima della tua partenza.
Oddio sembra tu sia morta!
Ti voglio bene sorellina, già manca la tua presenza in casa.
Un abraccio da tutta la famiglia
Ps: ho già comprato il biglietto per venire a trovarti!”
Mi
asciugai una lacrima che mi stava colando sulla
guancia. Non sapevo cosa risponderle, era di una tenerezza che non
avevo mai
ricevuto da parte sua.
Mi concentrai e cominciai a scrivere:
“Cara sorellona,
anche voi mi mancate tanto, soprattutto la tua testolina calda e le
nostre
litigate.
Sono finita a dormire su un divano-letto, ma non dirlo a mamma e
papà che poi
si preoccupano!
Mi dispiace di aver strappato le foto, ma quella volta avevi davvero
esagerato,
ne sei consapevole vero?
Ora scappo che devo fare un giro del quartiere. Lunedì
comincio a lavorare e
non vedo l’ora!
Vi voglio un mondo di bene, soprattutto a te!
Ps: Non vedo l’ora!
Pps: Fatti skype, sfigata!
Ppps: Grazie per il vestito grigio! Lo adoro!”
Sorrisi, glielo avevo rubato e infilato in fondo alla valigia in modo
tale che
non se ne accorgesse.
Carolina aveva pubblicato una foto mia e sue della festa dei diciotto
anni di
Denise.
“Mi mancherai un sacco. Ti voglio
bene
tatona <3”
Misi
mi piace e commentai: “Anche tu mi
mancherai tantissimo, ma spero verrai a trovarmi! Ti voglio
un bene immenso. <3”
Delia aveva pubblicato una foto di noi due la prima volta che andai a
dormire
da lei. Era davvero una delle foto più imbarazzanti che
potesse scegliere,
oltre quella in cui mangiavo un enorme pezzo di lasagna.
Risi ricordando il mio orribile pigiama a cuori.
“Ma dovevi proprio partire?!
Già mi
manchi.. Ti voglio benissimo sfigata! <3”
“Sempre la più tenera! Vuol
dire che verrai a trovarmi
con Caro! Ti voglio bene Coop <3”
Le avevo affibbiato quel soprannome alla festa dei suoi diciassette
anni
perché, per pettinatura e vestito, assomigliava tantissimo a
Misha Barton.
«Ma
quanto ci mette la Sere a farsi una
doccia?»
«Oh,
abituatici! È lenta come un bradipo
quando si deve preparare! -, le dissi sorridendo.
«Ottimo!»
Tornai a concentrarmi sullo schermo del computer.
Claudia aveva pubblicato una foto mia, sua e della Marti risalente alla
scorsa
estate, una delle poche volte che eravamo andate in piscina.
“Ci manchi tantissimo, davvero un
sacco.
Il fantastico trio è diventato ora un duo! (capisci
l’allusione al Re Leone
vero?). Comunque ti vogliamo un mondo di bene e non vediamo
l’ora del tuo
ritorno! <3”
Sorrisi per l collegamento ai cartoni animati, a me piacevano talmente
tanto
che le avevo obbligate a guardarli e a farglieli adorare.
“Come potrei non notare
un’allusione del
genere?! Mi mancate moltissimo anche voi, e spero riusciate a venirmi a
trovare
senza dover aspettare cinque mesi per vederci di nuovo. Vi voglio
davvero bene
ragazze. <3”
Serena uscì finalmente dal bagno.
«Ce
l’hai fatta!»
esclamò Giulia chiudendo il portatile.
I capelli biondi e ricci le ricadevano voluminosi sulle spalle, dandole
un’aria
sbarazzina. Gli occhi color del ghiaccio risaltavano ancora di
più grazie al
sottile filo di matita nera. Le labbra si aprivano in un dolce sorriso
e le gota
erano rosate, probabilmente per un po’ di phard.
Indossava dei pantaloni blu, una canotta bianca e una giacca del colore
dei
pantaloni, che risaltavano i suoi punti di forza, la curva del seno
abbondante
e la pancia piatta. In quel momento era all’apice della sua
bellezza, una
bellezza tra il classico e il selvaggio, una bellezza particolare e
unica.
Le fece una linguaccia prendendo la borsa.
«Bene,
ora che la nostra miss è pronta
possiamo andare!»
dissi sorridendo.
Chiusi il computer mettendolo in standby e balzai in piedi infilandomi
la mie
solite scarpe basse.
Ero euforica.
YEEEP
Salve
bella gente!
E’ abbastanza difficile scrivere uno spazio
autrice…non
so nemmeno da dove cominciare!
Alloooooora..siamo due persone (ma dai, non mi
dire?)..
È una storia scritta a quattro mani, ma il genio
del male è Martina (Martis) tutta una sua idea!
Quindi, se esistono dei complimenti sono tutti per
lei c:
Se invece esistono delle critiche..se le becca lei
lo stesso!
Questo è il primo capitolo, è proprio
l’inizio,
quindi fateci sapere come vi sembra c:
Ciaaaaaaaaao banane<3
martis & giuls
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** «Oddio» «Cosa?» «Non ci credo» ***
«Oddio»
«Cosa?»
«Non
ci credo»
Il
nostro quartiere era semplice ma
bellissimo, le case tutte simili tra loro davano un senso di sicurezza
che non
pensavo di trovare trasferendomi così lontana da casa, o
comunque non così
presto.
C’era un piccolo bar, che faceva anche da tabaccheria, a due
passi da casa, una
lavanderia vecchio stile, di quelle che si vedono nei film e un enorme
parco.
Entrammo al bara prendere qualcosa da bere. Niente di speciale, io un
caffè
macchiato, Giulia un succo di frutta e Serena un drink analcolico alla
frutta.
Giulia sorrise al ragazzo al bancone e notai che le guance le si erano
appena
arrossate. “Carino!”, pensai osservando il loro
scambio di sguardi.
Mi ricordava qualcuno che però in questo momento non mi
veniva in mente.
Qualcuno di terribilmente carino, proprio come lui. Era alto, e i
muscoli della
spalle risaltavano sotto la t-shirt nera aderente. Gli chiari simili a
quelli
della Serena spiccavano grazie alla carnagione olivastra e i capelli
scuri. E aveva
un sorriso da paura, uno di quei sorrisi angelici che ti mandano in
coma.
«Allora
Giuls, non mi presenti le tue
amiche?»
chiese il ragazzo sorridendoci.
«Si
Giuls, non ci presenti?»
ripetei dandole una
leggera spinta con la
spalla. In tutta risposta prima mi fulminò con lo sguardo e
poi arrossì
lievemente.
«David,
loro sono le mie due amiche di
cui ti ho parlato. Serena e Martina»
«Uuuh,
gli avevi parlato di noi?»
le chiese Serena prendendola in giro.
Mi sporsi dietro la schiena della nostra amica e le sussurrai in
italiano «Sei
una carogna!»
poi le feci l’occhiolino e spinsi il mio pugno
contro il suo.
Tesi la mano al ragazzo sorridendo
«Piacere
di conoscerti David»
Mi sorrise e fece lo stesso con Serena «Piacere
mio ragazze!»
Arrivò il succo, il cocktail e un’enorme tazza di
quello che doveva essere il
mio caffè e mi maledissi mentalmente.
“Espresso Martina, qui si chiama espresso.”, mi
ricordai acidamente.
Il caffè era decisamente acqua sporca con un retrogusto
dolce di latte, non era
malissimo, ma non si avvicinava nemmeno lontanamente al mio
caffè.
Gonfiai le guance alla vista dei sorrisi divertiti delle altre due
ragazze, che
vedendo la mia faccia offesa scoppiarono a ridere senza controllo.
David ci guardava senza capire «Avevi
detto caffè giusto? Non mi sono sbagliato vero?»
Gli sorrisi «Sì,
tranquillo. Sono loro
che sono due stupide»
dissi dando una
sberla sul coppino alla più vicina.
«Ehi!»
si
lamentò Giulia posandosi la mano dietro la nuca e diventando
subito seria.
Sorrisi soddisfatta di averle finalmente fatte smettere di ridere.
«Allora
David, dove possono andare tre
ragazze di venerdì sera?»
«Beh
ci sono vari posti.. pub o
discoteca?»
«Pub!»
disse subito Serena.
«Discoteca!»
dissi io guardandola.
«No!
Siamo appena arrivate!»
piagnucolò la bionda.
«Appunto!
Non possiamo stare a casa!»
«Infatti
non dobbiamo stare a casa! Ma
non riesco ad andare a ballare, proprio non ne ho voglia!»
«Venerdì
prossimo allora. È obbligatorio»
Giulia annuì alle mie parole.
David invece aveva sempre la solita espressione confusa.
«Dovremmo
smetterla di parlare italiano!»
dissi io sorridendo.
Giulia spiegò brevemente al ragazzo la nostra conversazione.
Lui le sorrise
dolcemente fissando i suoi occhi color mare in quelli color smeraldo di
lei,
che ricambiò il sorriso imbarazzata.
«Come
pub c’è The Victoria che è molto
carino! Se volete stasera devo vedere dei miei amici, potreste unirvi a
noi così
magari conoscete qualcuno!»
disse
aspettando una nostra risposta. Dovevamo decisamente fare amicizia,
anche se
per fortuna eravamo in tre.
«Certo!»
disse la bionda facendo l’occhiolino a Giulia, che prima le
tirò una gomitata e
poi le sorrise.
«Ora
dobbiamo andare, abbiamo ancora
tutto il vicinato da vedere!»
disse
Giulia tirando fuori il portafoglio.
«Tranquille
oggi offre la casa, il grande
arrivo di Serena e Martina è un evento da festeggiare!»
Si mise d’accordo con la nostra amica per l’ora e
il luogo di ritrovo ed
uscimmo dal bar dirette verso il grande giardino di fronte al nostro
palazzo.
«Allora?»
chiese
Serena maliziosa.
«Allora
cosa?»
domandò stizzita Giulia senza però riuscire a
trattenere un
sorriso sotto i baffi.
«Cara,
è vero che non ci vediamo da un
po’. Ma ti conosciamo, e riconosciamo quello sguardo, e quel
sorriso! Sei cotta»
dissi io annuendo con fare solenne.
Giulia sbuffò e scosse la testa «Voi
guardate
troppi film d’amore!»
«Ed
ecco perché sappiamo riconoscere
quando una è cotta a puntino!»
«Ha
parlato l’attrice!»
mi disse dandomi una leggera spinta con la
spalla.
Volevo fare l’attrice da sempre. Mi piaceva la sensazione che
provavo quando
interpretavo un’altra persona e il pensiero di trasmettere
emozioni a chi mi
guardava. Volevo diventare una Keira Knightley, una Angelina Jolie o
ancora una
Julia Roberts, comunque grande per le capacità che possiedo.
Non solo perché ho
un bel fisico e un bel faccino, anche perché se no sarei
rovinata.
«Ah,
a proposito di questo argomento.. Ho
trovato la scuola adatta a me!»
Giulia mi abbracciò non riuscendo a trattenere un breve
gridolino. Alcuni
passanti si girarono verso di noi, Serena si scusò facendo
ruotare il dito
vicino alla tempia per indicare la pazzia della nostra amica.
«Sono
così felice!»
disse stringendomi.
«Ok,
così mi soffochi però!»
la avvisai ridendo e cominciando subito a
spiegarle tutto.
«È
nella città di mia zia, e costa circa
trecento euro al mese, senza contare tutto l’occorrente, e in
più visto che mia
zia ha tre figli e mia nonna da mantenere devo dargli una mano
economicamente,
così ha detto che probabilmente la sua amica, proprietaria
di un negozio di
abbigliamento, mi può assumere con un contratto part-time.
La paga è scarsa, ma
dovrei riuscire a pagarmi la benzina, dare qualcosa a mia zia e
comprare il necessario
per frequentare le lezioni»
«È
un’università?»
volevo davvero andare all’università
di recitazione, ma non
avrei mai chiesto ai miei genitori così tanti soldi.
Costavano davvero un
occhio della testa.
«Emmmh,
no in realtà no. È un’accademia,
infatti dovrò studiare anche canto e danza. E sono
terrorizzata all’idea di
dover studiare canto, sono stonata come una campana e ho paura di non
passare
l’anno per questo. «Oddio
ma è come Paso
Adelante!»
esclamò Giulia esaltata.
«Yeah
buddy! Ho chiesto a quella scema lì
affianco se voleva farla con me, tanto lei a cantare è
bravissima, e nel canto
e nella recitazione se la cava»
«Ammetto
che mi sento esclusa!»
«Solo
perché ti vergogni di ballare. Ti
abbiamo vista provare e sei davvero brava»
disse
Serena.
«Ma
non è quello che voglio fare …»
«Sì,
lo sappiamo!»
esclamammo io e la mia amica in coro.
Eravamo entrate nel parco senza nemmeno accorgercene.
Giulia aveva ragione, non era grandissimo, ma in compenso era uno
spettacolo.
Le foglie verdi degli alberi erano illuminate dai raggi del sole e si
muovevano
leggere sotto la forza del vento.
L’erba era di uno splendente verde acceso e nonostante fosse
quasi sera era
ancora pieno di gente.
Notai due coppiette che ridevano e si sbaciucchiavano teneramente su
due
panchine. Sorrisi. Amavo vedere le persone innamorate.
«Ancora
innamorata dell’amore?»
mi chiese Giulia osservando la mia
espressione.
«Come
sempre»
rispose Serena al mio posto.
«Acida!l»
e
dissi dandole una pacca sul sedere.
Di qualcosa dovevo pur sempre innamorarmi. Non avevo mai avuto storie
particolarmente importanti, e tanto meno lunghe. Mi ero innamorata, ma
quasi
mai ricambiata e per un motivo o per l’altro le storie
finivano dopo un paio di
mesi.
«Il
parco è bellissimo, e di mattina è
molto tranquillo»
mi spiegò Giulia.
«Ottimo!
È da tantissimo che non vado a
correre di mattina. Mi manca!»
«Oh
no Giulia! Che hai fatto? Ora ci
trascinerà con lei!»
le chiese Serena
curvandosi in avanti fingendosi già sfinita. Giulia
scoppiò a ridere.
«Ci
farà solo bene! Ci sfogheremo e
resteremo in linea!»
affermai io
difendendo le mie splendide corse mattutine.
«Per
quello ci basta fare le scale di
casa nostra»
disse ridendo Serena.
“Casa nostra. È così strano e bello
allo stesso tempo!”.
«Ci
sediamo?»
chiese la bionda indicando la panchina alla fine del
vialetto.
Annuimmo insieme e ci incamminammo perse nei nostri pensieri.
«Non
vi ho ancora chiesto com’è andato
l’esame!»
disse Giulia battendosi la mano
sulla fronte poco dopo essersi seduta tra me e Serena.
«Non
male, almeno per i miei standard!»
le risposi sorridendo.
«Con
quanto sei uscita?»
«Settantatre,
so che non è tanto ma
considerando il mio andamento scolastico degli ultimi anni, direi che
mi è
andata di lusso!»
«Massì,
settantatre è un signor voto! Tu
Sere? Con quanto sei uscita?»
La bionda si girò e rigirò le mani nervosa.
«Sere
sei uscita vero?»
«Certo
che è uscita! Con una media come la
sua come poteva non uscire?»
«E
qual è il problema allora?»
«Novantasei..»
«Novantasei?
Sul serio?!»
chiese Giulia stupita. Poi abbracciò
l’amica «Brava
tu! Davvero brava tu!»
Sorrisi e mi unii a loro. C’era sempre stata questa grande
differenza tra me e
Serena, lei studiava e io no, lei ci arrivava e io no.
«Dobbiamo
festeggiare stasera!»
disse Giulia alzando il pugno in aria.
«Party
hard!»
esclamò Serena scuotendo i riccioli biondi.
«Yeah
buddy!»
scoppiammo
tutte e tra a ridere e
quando tornò il silenzio il mio stomaco protestò
rumorosamente.
«Chiede
cibo!»
spiegai.
Sorrisero e ci alzammo tornando sui nostri passi.
«Dove
mangiamo?»
chiese
Serena
ravvivandosi i capelli. Eravamo ormai fuori dal parco e dovevamo
decidere se
mangiare o tornare a casa.
«Dipende.
Volete una pizza riscaldata o
preferite mangiare al ristorante?»
«Direi
che visto che dobbiamo risparmiare
un ristorante non mi sembra il caso. Però se
c’è qualche fast food sarebbe
perfetto»
«Beh
c’è il Mc o il Burgher!»
«Mc!
Mc! Mc!»
saltellai mentre proclamavo la mia decisione.
«E
Mc sia!»
disse Serena sorridendo alla mia euforia.
Amavo mangiare al Mc. Ok, non era salutare e ci sono vari dubbi, penso
anche
fondati, sulla provenienza e la qualità della carne. Ma era
buono, da morire, e
mangiarlo una volta ogni tanto non aveva mai ucciso nessuno. Almeno
credo.
«Ci
dovrebbe essere qui vicino ma dobbiamo
prendere la macchina»
«In
poche parole stiamo per rischiare la
vita per un panino del Mc?»
chiese Serena
alzando il sopracciglio destro.
«Esatto»
annuì Giulia.
«Ne
vale la pena!»
dissi io con un ampio sorriso, le altre due scoppiarono a
ridere e Giulia tirò fuori le chiavi della macchina. Era nel
parcheggio di
fronte al palazzo, poco distante dal parco e dal bar.
Una Ford Focus vecchia blu metallizzata ci aspettava vicino ad una
grossa
macchina nera. Giulia aprì la macchina con un bottoncino
sulle chiavi ed io mi
andai a sedere prima di tutte davanti. Peccato che mi trovai davanti il
volante. Scoppiammo a ridere tutte e tre e Giulia mi prese in giro.
«Sicura
di voler guidare? La modalità è un
po’ diversa!»
disse Serena.
«Ti
giuro che mi fido di te, ma non
voglio andare all’ospedale, soprattutto a stomaco vuoto!»
«Ah
ah, siete proprio simpatiche!- dissi
spostandomi sul sedile affianco senza uscire dall’abitacolo .
Partimmo verso il McDonald cantando a squarciagola
“Oath” di Cher Lloyd e “Want
u back”, il fastfood era a dieci minuti da casa nostra e per
fortuna non
incontrammo traffico.
Giulia ebbe la grandiosa idea di schiacciare
sull’acceleratore all’entrata del
parcheggio, proprio mentre la macchina davanti inchiodava.
«Merda!»
esclamò qualche secondo prima di tamponare una tanto bella
quanto costosa
Lamborghini grigio metallizzato.
«Cazzo
Giulia! Cosa hai fatto?»
urlò Serena con un tono di voce più acuto del
solito.
«Dai
Serena, Giulia avrà sicuramente
l’assicurazione, vero?»
chiesi girandomi
verso la mia amica.
«No,
non ancora»
bisbigliò. Era bianca cadaverica, le tremavano le mani
ancora
poggiate al volante e guardava diritto davanti a se. Non aveva nemmeno
notato
il ragazzo che era sceso dalla macchina con espressione preoccupata.
«Oddio»
sussurrai
io osservando il ragazzo.
«Cosa?»
chiese Serena slacciandosi la cintura e spostandosi nel sedile centrale.
«Non
ci credo»
disse senza riuscire a trattenere un sorriso.
YEEP
Ciao
bella geeeente c:
Non
sapendo cosa fare, Martina ha
pensato bene di aggiornare, perché comunque se aspettiamo
una recensione fa in
tempo a finire il mondo (no dai)
Comunque
anche questo capitolo è “tranquillo”
diciamo..
Incontriamo
David, il barista. Avrà qualche
ruolo importante nella storia? NON NE HO LA PIU’ PALLIDA IDEA
AHAHAHAH
Ci
farebbe veramente un sacco piacere
se lasciaste una recensione c: potete anche dire che non vi piace,
insomma, la
colpa resta sempre della Martina :3
Al
prossimo capitolo bananeeeee
martis
& giuls
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** «Oh oh, non sono io il tamponatore!» ***
«Oh
oh, non sono io il tamponatore!»
Serena
cominciò a sbattere la mano sulla
mia spalla balbettando cose senza senso mentre il ragazzo si avvicinava
al
finestrino di Giulia, che dal suo canto non si era accorta di niente.
Louis Tomlinson
bussò al nostro finestrino, ma nemmeno così
riuscì a far uscire Giulia dalla sua trance.
Notando che la mia
amica non accennava a muoversi mi
allungai, evitando le sue braccia tese verso il volante, e abbassai il
finestrino.
Serena era rivolta
verso di lui, con la bocca spalancata e la
mano alzata a mezz’aria dopo i colpi dati alla mia spalla.
«Ciao
ragazze, penso abbiate appena tamponato la mia macchina»
disse con un mezzo sorriso.
Il suono della voce
di Louis fu come un toccasana per Giulia
che scosse la testa e si girò a guardare il ragazzo
sbarrando appena gli occhi.
Senza dire una parola rivolse uno sguardo sbalordito prima a me e poi a
Serena.
«Oddio
scusa, io.. io non so come ho fatto! Ero
sovrappensiero e non ho visto che..»
«Giulia,
stai parlando italiano» le feci notare.
Tomlinson ci
guardava senza capire cosa stessimo dicendo così
Giulia, dopo essere diventata color pomodoro gli ripeté il
tutto in inglese.
Si aprirono due
portiere della macchina e scesero Liam e
Niall, si avvicinarono a Louis e Niall disse: «Dai Tommo, ho
fame» io sorrisi
guardandolo. Era ancora più bello dal vivo. Lui mi
guardò e mi regalò un
bellissimo sorriso divertito.
«Io..
cioè, lei.. cioè noi! Comunque ci dispiace
molto!»
dissi ai ragazzi.
Niall
buttò indietro la testa ridendo, Louis lo imitò e
Liam
tese le labbra nel suo solito sorriso dolce.
«L’unico
modo per farvi perdonare è farmi andare a mangiare!
Vi unite a noi?»
Sbiancai. Tre quarti
dei One Direction ci avevano chiesto di
mangiare con loro. Amavo Londra! Profondamente.
Serena e Giulia
fecero una risatina nervosa, che provocò
un’altra risata dei ragazzi, e annuirono sorridendo.
«Perfetto,
allora parcheggiamo e ci troviamo all’entrata.
Pensi di riuscire a parcheggiare senza tamponare nessuno?»
chiese Louis facendo
l’occhiolino a Giulia.
Giulia sorrise
«Se nessuno inchioda, si!»
I ragazzi entrarono
nella loro macchina e andarono. Giulia
trovò un posto due parcheggi più in là.
Spenta la macchina
nessuna delle tre si mosse di un
millimetro.
«Non ci
credo»
«E’
tutto un sogno. Bellissimo, ma pur sempre un sogno!»
disse Serena.
«Forse
dovremmo andare a vivere questo sogno!» sussurrai io
con gli occhi che mi brillavano.
«Ad un
patto però» le ragazze mi guardarono con gli occhi
sgranati.
«Niente
scenate, saremo noi stesse, allegre e simpatiche come
sempre»
Serena e Giulia
annuirono ed aprimmo tutte le portiere nello
stesso momento, i ragazzi ci stavano davvero aspettando davanti
all’entrata,
accerchiati da una decina di ragazzine che chiedevano foto e autografi.
«Non ci
credo» ripeté Giulia.
«E’
tutto un sogno»
«Ok, mi
state mettendo ansia! Lo sono già abbastanza»
dissi
io ridendo.
Aspettammo che tutte
ebbero fatto una foto e preso
l’autografo e poi ci avvicinammo.
«Ommiodio!
Posso avere un autografo?» chiesi io ridendo.
«Se siete
brave a fine serata!» disse Liam ridendo con noi.
«Potrebbe
sembrare una brutta cosa!» rispose Giulia sempre
ridendo.
Liam aprì
la porta e ci fece passare tutte e tre, precedute
da Niall che stava morendo di fame.
«Che
gentleman!» gli disse Serena passandogli affianco.
Entrati andammo
dritti alla cassa, pronti a ordinare. Molti
si girarono verso di noi cominciando a bisbigliare.
«E’
inquietante» sussurrai a Niall.
«Ci si fa
l’abitudine, più o meno»
Arrivati alla cassa
io e Niall fummo i primi a ordinare.
«Allora..
visto che è da molto che non mangio qui direi che
posso esagerare» dissi osservando i tabelloni con i vari
panini.
«Mmm per
cominciare un BigMac Menù grande e un ChickenBurger,
e intanto che ci sono anche CheesBurger grazie»
Io e Niall andammo
al tavolo e ci sedemmo uno di fronte
all’altra.
«A chi hai
preso da mangiare?» mi chiese.
«A
me..»
«E..a chi
altro?»
«Solo a
me.. non mangio al Mc da parecchio tempo!»
«Potrei
amarti» mi disse sorridendo.
“Niall
Horan ha detto che potrebbe amarmi. Ora posso morire
felice” pensai. Continuava a guardarmi, probabilmente in
attesa di una mia
reazione, una qualsiasi.
Abbassai la testa
imbarazzata e sentii la sua risata.
«Non
ridere!» gli dissi fingendomi offesa. Questo
scatenò
un’altra volta le sue risa, solo più forti.
“Amo la sua risata” pensai ridendo
con lui.
Arrivarono gli altri
e si sedettero accanto a noi.
«Di che
parlavate?» ci chiese Louis.
«Oh niente
di che. Niall mi dichiarava il suo amore! Stavamo
organizzando le nozze!» dissi io sorridendo.
«E’
sbocciato l’amore» continuò Niall.
«Sarebbe
anche ora» affermò Liam suscitando le risate delle
mie due amiche e di Louis.
«Ehi!»
esclamò Niall con un paio di patatine in bocca.
«Io muoio
di fame, quindi.. buona abbuffata!» augurai io
prima di dare un enorme morso al mio BigMac.
Gli altri mi
imitarono e cominciammo a parlare del più e del
meno.
«Non ci
siamo ancora presentate!» fece notare Serena.
«Allora
lei è Martina, lei è Serena e io
Giulia» ci presentò
quest’ultima.
«Niall,
Liam e Louis»
«Lo
sappiamo!» dicemmo tutte e tre in coro.
Dopo qualche minuto
di silenzio, Louis parlò.
«Non siete
inglesi, vero?»
«Italia!»
dissi io alzando i pugni al soffitto.
«Amo
l’Italia!» disse di rimando Niall.
«Da quanto
siete qui?»
«Oggi,
tranne Giulia che è qui da un mesetto»
spiegò Serena.
«Quindi
non conoscete molte persone…»
«Quasi
nessuno in effetti»
«Allora
siete invitate alla festa di stasera, così saremo
sicuri che conoscerete la gente giusta!» disse Louis
sorridendo beffardo.
«E la
gente giusta sareste voi?» gli domandai prendendolo in
giro.
«Certo,
siamo il meglio del meglio!»
Finimmo di mangiare
tra le risate.
Avevano ragione le
riviste, erano dei normalissimi,
simpaticissimi e senza dubbio bellissimi ragazzi con milioni di fan in
tutto il
mondo, ma con i piedi ben piantati a terra.
«Visto che
vi abbiamo tamponato..»
«Li hai
tamponati!» la corresse Serena con un sorriso.
«E’
lo stesso.. stavo dicendo. Visto che vi abbiamo tamponato,
ora andiamo a prendere un gelato e ve lo lasciate offrire»
disse Giulia
sottolineando la parola ‘abbiamo’.
I ragazzi
scoppiarono a ridere lasciandoci stranite.
«Che
c’è?»
«Ma state
scherzando vero?»
Vedendo che non
rispondevamo Liam continuò «Siete molto
gentili, davvero. Però, anche se il nostro lavoro non paga
tantissimo,
riusciamo ancora a pagare il gelato. E poi oggi offre Niall!»
disse dirigendosi
verso l’uscita.
«Ehi!»
protestò lui per la seconda volta nella stessa serata.
C’era una
gelateria proprio di fronte al Mcdonald’s, entrammo
ed uno alla volta ordinammo il dessert.
«Fragola e
panna»
«Cioccolato
e stracciatella»
«Io
anche!» dissi subito dopo Louis.
Pian piano uscimmo
tutti ed andammo a sederci ad un tavolino
al quale dovemmo aggiungere due sedie.
«Siamo una
compagnia un po’ troppo grande per questa
gelateria»
«E mancano
all’appello due persone!»
«Io non ho
ancora capito una cosa!» disse Niall guardando noi
ragazze.
«Cosa?»
«Siete
nostre fan o no?»
Ammetto che per un
momento pensai seriamente di far finta di
non esserlo per non spaventarli o non so bene cosa. Ma alla fine dopo
aver
guardato in faccia le mie due amiche capii che era un pensiero stupido.
«Si!»
«Volevamo
anche venire ad uno dei vostri concerti in
Italia...»
«Ma come
al solito è successo un casino...»
«E
venivano a costare una cifra come duecento euro...»
«O anche
di più!»
«Ed era
davvero troppo per noi!» concluse Serena. I ragazzi
avevano fatto passare le sguardo da me alla mia amica come in una
partita di
tennis.
«Tranquilli,
dopo un po’ ci si fa l’abitudine» li
rassicurò
Giulia dando una pacca sulla spalla a Liam.
Finito il gelato ci
incamminammo verso le macchine.
«Visto che
la festa non è proprio vicino, vi passiamo a
prendere noi tra un’oretta e mezza,
d’accordo?»
«Okay, noi
abitiamo... » cominciò Giulia, l’unica
che sapeva
il nostro indirizzo di casa.
«Oh no,
sono una frana a ricordarmi le vie. Vi da fastidio se
vi seguiamo fino a casa?» la interruppe Louis aprendo la
macchina con un
bottoncino sulla chiave.
«No,
nessun problema. Ma... sai che esistono i navigatori?»
«Si che lo
so. Ma ora non ce l’ho dietro e arrivati a casa mi
sarei già dimenticato il nome della via!»
«Sei
strano» affermò Giulia salendo in auto
«Cerca di starmi
dietro, senza incidenti grazie!»
«Oh oh,
non sono io il tamponatore!» ribatté Louis prima
di
chiudere la portiera.
Arrivammo a casa in
totale silenzio, troppo agitate all’idea
di quello che era appena successo. Salutammo i ragazzi con la mano e
salimmo le
scale.
«Voi.
Siete. Il. Mio. Portafortuna!» scandì Giulia
saltellando da una parte all’altra della stanza.
Serena aveva le
lacrime agli occhi.
«Non ci
provare nemmeno» la avvertii.
«Li
abbiamo incontrati...»
«Serena,
non farlo!»
Ma lei non mi
ascoltò. Scoppiò in un pianto unito ad una
risata isterica, saltellando da un piede all’altro per tutta
la stanza urlando
in continuazione frasi come “Oddio li abbiamo
incontrati” o “Ora posso morire
felice!”. Eccola, la mia migliore amica in preda alla solita
reazione da One
Direction.
Giulia la guardava
con gli occhi spalancati, indecisa se
scappare via urlando o scoppiare in una fragorosa risata.
«Oh
tranquilla, dopo un po’ ci si fa
l’abitudine» la scimmiottai
io ridendo.
«Mentre tu
cerchi di calmarla, e tanti in bocca al lupo per
questa missione, io vado a fare la doccia!» poggia una mano
sulla sua spalla in
segno di compassione e presi dalla valigia l’intimo pulito.
Chiusi la porta del
bagno e anche dopo essermi spogliata
sentii i gridolini sommessi di Serena.
Scossi la testa e mi
buttai sotto la doccia. Mi ero già
lavata i capelli prima di uscire al pomeriggio, quindi non aveva senso
lavarli
di nuovo.
Li legai in una
morbida coda e dopo essere entrata nel box
aprii l’acqua e la regolai come piaceva a me.
“Ho
incontrato Niall Horan, Louis Tomlinson e Liam Payne. Ho
incontrato tre dei miei idoli. Ma che dico?! Non li ho solo incontrati.
Li ho
conosciuti, ci ho mangiato insieme e andrò a una festa con
loro!”
“Sempre se
verranno a prendervi..”, mi ricordò la vocina
acida nella mia testa.
«Pensi
sempre male tu. Perché ce l’avrebbero chiesto se
sapevano che ci avrebbero dato buca?»
“Per
ridere?”
«Oh
andiamo sarebbe cattiveria pura!»
“E con
questo? Cosa c’è di tanto strano? Sono ragazzi e
per
di più ricchi, belli e famosi. Che motivo hanno di invitare
NOI ad una festa da
sballo? A cui ci sarà tantissima gente?”
«Devo
smetterla di parlare con te!»
«Ma con
chi stai parlando?» mi chiese Giulia dalla parte
opposta del bagno.
«Emmm..io…
-.
«No non mi
interessa, sbrigati che mi devo lavare i capelli»
«Scusa!»
mi sciacquai dalla schiuma restante e uscii
avvolgendomi nell’asciugamano proprio mentre Giulia entrava
nel bagno.
«Ti da
fastidio se mi lavo mentre tu ti trucchi?»
«Tesoro ho
giocato per otto anni a pallavolo, ho visto più donne
nude io di Harry Styles!» le dissi io ridendo mentre
spogliava per entrare
nella doccia.
«Non so
come vestirmi!» esclamò Serena entrando nel
piccolo
bagno.
«Oh entra
pure!»
«Non so
che festa sia!» continuò la bionda ignorando
l’amica.
«Merda!»
urlò Giulia.
«Beh
Giuls, è una reazione un po’ esagerata non
credi?» dissi
guardando il box doccia dal riflesso nello specchio.
«Shampoo!»
«Non
c’è lo shampoo?» chiese Serena confusa.
«No!
Shampoo! Shampoo negli occhi! Brucia, brucia, brucia!»
Io e Serena ci
guardammo in faccia e scoppiammo a ridere
senza riuscire a trattenerci.
«Sciacqua
bene! Butta la faccia sotto l’acqua!» riuscii a
dire tra una risata e l’altra.
«Utile
Martina, sei davvero utile!» mi rispose lei
ironicamente.
«Ragazze
il problema persiste!» ci richiamò
all’attenzione
Serena.
«Aspettiamo
di vedere come arrivano i ragazzi. Prepariamo tre
completi, uno casual, qualcosa di impegnativo e una via di mezzo e poi
decidiamo»
«Sei quasi
furba..» affermò la mia migliore amica dopo
essersi soffermata qualche secondo sull’idea.
YEEE
Salve
bella gente c:
Non
so veramente cosa
scrivere D:
Martina
mi lascia
sempre questo compito difficile, infame.
No
dai, seriamente. Fateci
sapere cosa ne pensate, noi andiamo avanti lo stesso. A meno che
qualcuno
scriva “che schifo, è orripilante”
oppure “buttatevi da un ponte” ..beh in
questo caso cercheremo di cambiare qualcosa c:
Come
sempre, se fa
schifo è colpa della Martina (sempre con molto affetto
martis)
martis
& giuls
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1677652
|