So close but so far away

di tomlinhoran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** «Oddio» «Cosa?» «Non ci credo» ***
Capitolo 3: *** «Oh oh, non sono io il tamponatore!» ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***


L’arrivo

 

«Londra. Non ci posso credere. Finalmente siamo a Londra!» pensai appena arrivata all’aeroporto.
Come promesso Serena ed io avevamo raggiunto Giulia appena finita la maturità.
Giulia aveva un anno in più di noi ed era a Londra da circa un mese. Era riuscita a trovare un lavoro sia per lei sia per noi, in un locale vicino quella che sarebbe stata casa nostra. O almeno così ci aveva detto l’ultima volta che l’avevamo sentita, con gli esami non avevo avuto molto contatto con il mondo esterno.
«Marti! Sere!» ci salutò la nostra amica correndoci incontro.
Era alta, slanciata e semplicemente bellissima. Bellissima, con gli occhi verdi che le illuminavano il viso dai lineamenti fini e delicati. Notai che alla fine si era decisa a fare dei leggeri colpi di sole sui lunghi capelli mossi. E il suo sorriso. Mi ero dimenticata della bellezza del suo sorriso, sincero come pochi, con le labbra carnose che incorniciavano i denti dritti e bianchi.
Lasciammo cadere le valigie e le borse per abbracciare Giulia.
«Oddio! Ci sei mancata tantissimo!» esclamai mentre ci dondolavamo tutte e tre abbracciate in mezzo alla folla divertita e intenerita dalla scena.
«Anche voi! Non sapete che dramma, la casa era sempre così vuota»

«Beh, ora pregherai perché si svuoti!» sorrise Serena.
Ci staccammo e raccogliemmo le valigie. Ero al settimo cielo, il cuore mi batteva all’impazzata e non riuscivo a stare ferma.
«Pronte per vedere la nostra umile dimora?» ci chiese Giulia fermando un taxi.
Ancor a non si era abituata alla guida inglese, quindi preferiva usare mezzi pubblici e taxi.
«Allora, com’è Londra?» chiesi dopo essermi seduta dietro l’autista.
«Bellissima, e se non siete troppo stanche vi faccio vedere un po’ ciò che abbiamo vicino casa»
«Li hai visti?» chiese Serena senza riuscire a contenere la curiosità. Gli occhi azzurri le brillavano alla sola idea.
«Come, non avete letto i messaggi su Skype?» ci chiese sgranando gli occhi.
Cominciai a boccheggiare. Li aveva visti. Così, per strada, in un giorno qualunque, belli come sempre.
«No. Non ci credo» esclamò la bionda con la voce più acuta del solito.
«Infatti non li ho visti!» rispose scoppiando in una fragorosa risata.
«Che merda che sei! Mi hai fatto morire!» dissi dandole una leggera spinta con la spalla.
Il taxista ci osservava dallo specchietto retrovisore. Non capiva una parola di quello che stavamo dicendo. 
Gli sorrisi e mi scusai in inglese «Siamo italiane» gli feci capire.
Non ero un asso nelle lingue straniere, ma negli ultimi due anni ero migliorata moltissimo e il mio “martinglese”, una via d mezzo tra l’italiano e l’inglese caratterizzato da parole molto originali, assomigliava sempre più alla lingua straniera vera e propria.
Lui annuì e tornò a guardare la strada.
Cercammo di farci raccontare qualcosa in più da Giulia, ma lei ci spiegò poco o niente continuando a ripetere: «Lo scoprirete presto!»
L’avrei volentieri uccisa, ma decisi di lasciarla in vita solo per dividere l’affitto.
«È disumano che tu non ci voglia dire niente!» sbuffò Serena all’ennesimo “lo scoprirete presto”.
Arrivammo davanti ad un enorme palazzo e il taxista fermò l’auto avvisandoci dell’arrivo.
«Ed ecco la nostra reggia!» ci disse Giulia sorridendo ironica.
«Mi sarebbe andato bene anche uno scantinato!». Presi la mia valigia ed entrai nel portone. C’era solo una rampa di scale, nessun ascensore in vista.
«Oh Marti, sali pure! L’ultimo piano, la porta sulla sinistra»
«Ultimo piano?!» chiedemmo io e Serena in coro.
Giulia scoppiò in una fragorosa risata, prese le nostre due borse e ci sorpassò facendoci strada.
Tre piani, due rampe di scale per ogni piano. Niente ascensore. Sarebbe stata dura, molto dura.
«Beh, potremmo perdere l’abitudine di andare a correre..»
«Con tutto quello che smaltiamo con queste maledette scale!» concluse Serena.
La nostra amica rise: «Mi mancava il vostro completarvi le frasi!»
Sorrisi e diedi una pacca affettuosa sul sedere della mia migliore amica. Ci conoscevamo da talmente tanto tempo ed eravamo talmente tanto affiatate da diventare quasi telepatiche. Pensavamo la stessa cosa nello stesso momento, ci guardavamo anche per un secondo e capivamo senza aprire bocca quello che l’altra doveva dire, cominciavamo a cantare la stessa canzone nello stesso momento. Era la cosa più bella che la vita potesse darmi.
Arrivate all’ultimo piano lasciai cadere di nuovo le valigie e aspettai, sedendomi su un gradino, che Giulia aprisse la porta.
«È stato orribile!» piagnucolò Serena sedendosi affianco a me.
«Ma voi due non dovreste essere delle atlete?» ci chiese Giulia aprendo finalmente la porta di casa.
Scattai in piedi. Ero esaltata all’ennesima potenza e avevo un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all’atro.
“Casa nostra. A Londra! È un sogno.” pensai guardando oltre la porta.
L’appartamento era abbastanza grande, due camere da letto, un salottino, un bagno e la cucina. 
Serena si era già appropriata della camera da letto lasciata libera da Giulia, così mi toccava dormire sul divano-letto in salotto.
«E io i vestiti dove li metto?» chiesi posando la valigia vicino a quello che potevo definire letto.
«Se vuoi ti lascio un po’ del mio armadio!» mi disse Serena prendendomi in giro.
«Simpatica. Davvero simpatica!» le mostrai sorridendo il dito medio.
«Avete davvero poca fiducia nelle mie capacità organizzative! Ho trovato la casa?» Serena ed io annuimmo.
«Ho trovato il lavoro per tutte e tre?» ci chiese ancora. Annuimmo di nuovo.
«Lunedì arriva l’armadio da mettere lì!» disse sorridendo fiera ed indicando la parete spoglia.
«Sei il mio nuovo idolo!» le dissi facendo girare il mio braccio attorno alla sua vita.
Ci aiutò a sistemare un po’ la roba e dopo un’oretta decidemmo di andare a fare il giro del quartiere.
«Vi spiace se prima mi faccio una doccia?»
«Sì, anch’io dovrei farla..» annuì Serena.
Giulia annuì e andò seguita dall’altra.
Presi l’intimo pulito e l’accappatoio ed entrai nel bagno buttandomi sotto la doccia. Mi lavai i capelli, mettendo anche il balsamo.
Avevo dei capelli strani, lunghi fin sotto il seno, castani con i riflessi naturali ramati e mossi, più o meno. Non avevano una forma definita, erano tra il liscio e il mosso. Li avevo sempre odiati anche se stranamente molte persone li trovavano “magnifici”.
Rimasi qualche minuto ferma sotto il getto d’acqua, gli occhi chiusi e la testa appoggiata al muro rilassandomi il più possibile.
Dopo essermi sciacquata e asciugata per bene mi misi l’intimo e andai in sala in mutande e reggiseno.
Erano entrambe sdraiate sul mio letto, con il portatile davanti.
«Sei molto sexy con il turbante!» mi prese in giro Giulia indicando l’asciugamano che avvolgeva i mie capelli.
«Grazie mille!» le risposi io ridendo.
Serena andò in bagno a lavarsi, io guardai fuori dalla finestra per decidere cosa mettere. C’era il sole ma notai che i rami degli alberi si muovevano quindi decisi di indossare dei pantaloni beige, una canotta nera e un cardigan abbinato ai pantaloni.
Dopo essermi vestita mi sdraiai affianco alla mia amica e accesi il mio computer portatile, regalo dei miei genitori per il diploma.
Entrai nel mio profilo facebook. Quattro persone avevano pubblicato qualcosa sulla mia bacheca.
Mia sorella maggiore una nostra foto di quando eravamo piccole, a casa dei nostri nonni materni, con una dedica decisamente lunga per i suoi standard.

Cara Marti,
non sono mai stata una persona particolarmente dolce nei tuoi confronti, ma sei partita da due ore e già mi manchi.
È vero che tra università e lavoro alla fine non ci vedevamo più di tanto ma il sapere che quando tornerò a casa tu non ci sarai e che per cinque lunghi mesi non ti vedrò, non potrò litigare con te, non potrò rubarti i vestiti (visto che ti sei presa tutto quello che mi piaceva!), mi fa venire male al cuore.
Non posso non pensare a quando eravamo piccole, della volta in cui eri andata via una settimana con la parrocchia e io mi rifiutavo di parlare al telefono con te perché mi avevi abbandonata ed ero arrabbiata, offesa e tremendamente cocciuta.
Quando tornasti a casa non litigammo per tutta la settimana, un record!
Ricordo anche della nostra più grande litigata.. quando ho pensato di averti davvero persa per sempre. Ricordo che tornata a casa da lavoro tutte le foto in cui c’eri tu erano strappate, ti eri tolta da ognuna di esse e mi avevi scritto che tu per me non esistevi più.
Non mi avevi più rivolto parola, fino a poco tempo fa.
Un venerdì, mentre stavamo andando a una partita, ricordo che diluviava e i tergicristalli non andavano, e noi dovevamo pulire il vetro con i fazzolettini di carta e il braccio fuori dal finestrino. Scoppiammo a ridere dopo circa due secondi e arrivammo alla partita come se non avessimo mai litigato. Dopo la partita uscimmo con la squadra e tornate a casa venni a dormire nel tuo letto.
Ringrazio il cielo di aver fatto pace con te prima della tua partenza.
Oddio sembra tu sia morta! 
Ti voglio bene sorellina, già manca la tua presenza in casa.
Un abraccio da tutta la famiglia  
Ps: ho già comprato il biglietto per venire a trovarti!

Mi asciugai una lacrima che mi stava colando sulla guancia. Non sapevo cosa risponderle, era di una tenerezza che non avevo mai ricevuto da parte sua.
Mi concentrai e cominciai a scrivere:

Cara sorellona,
anche voi mi mancate tanto, soprattutto la tua testolina calda e le nostre litigate.
Sono finita a dormire su un divano-letto, ma non dirlo a mamma e papà che poi si preoccupano!
Mi dispiace di aver strappato le foto, ma quella volta avevi davvero esagerato, ne sei consapevole vero? 
Ora scappo che devo fare un giro del quartiere. Lunedì comincio a lavorare e non vedo l’ora!
Vi voglio un mondo di bene, soprattutto a te! 
Ps: Non vedo l’ora!
Pps: Fatti skype, sfigata!
Ppps: Grazie per il vestito grigio! Lo adoro!”

Sorrisi, glielo avevo rubato e infilato in fondo alla valigia in modo tale che non se ne accorgesse.
Carolina aveva pubblicato una foto mia e sue della festa dei diciotto anni di Denise.
Mi mancherai un sacco. Ti voglio bene tatona <3”

Misi mi piace e commentai: “Anche tu mi mancherai tantissimo, ma spero verrai a trovarmi! Ti voglio un bene immenso. <3
Delia aveva pubblicato una foto di noi due la prima volta che andai a dormire da lei. Era davvero una delle foto più imbarazzanti che potesse scegliere, oltre quella in cui mangiavo un enorme pezzo di lasagna.
Risi ricordando il mio orribile pigiama a cuori.
Ma dovevi proprio partire?! Già mi manchi.. Ti voglio benissimo sfigata! <3
Sempre la più tenera!  Vuol dire che verrai a trovarmi con Caro! Ti voglio bene Coop <3
Le avevo affibbiato quel soprannome alla festa dei suoi diciassette anni perché, per pettinatura e vestito, assomigliava tantissimo a Misha Barton.
«Ma quanto ci mette la Sere a farsi una doccia?»
«Oh, abituatici! È lenta come un bradipo quando si deve preparare! -, le dissi sorridendo.
«Ottimo!»
Tornai a concentrarmi sullo schermo del computer.
Claudia aveva pubblicato una foto mia, sua e della Marti risalente alla scorsa estate, una delle poche volte che eravamo andate in piscina.
Ci manchi tantissimo, davvero un sacco. Il fantastico trio è diventato ora un duo! (capisci l’allusione al Re Leone vero?). Comunque ti vogliamo un mondo di bene e non vediamo l’ora del tuo ritorno! <3
Sorrisi per l collegamento ai cartoni animati, a me piacevano talmente tanto che le avevo obbligate a guardarli e a farglieli adorare.
Come potrei non notare un’allusione del genere?! Mi mancate moltissimo anche voi, e spero riusciate a venirmi a trovare senza dover aspettare cinque mesi per vederci di nuovo. Vi voglio davvero bene ragazze. <3
Serena uscì finalmente dal bagno.
«Ce l’hai fatta!» esclamò Giulia chiudendo il portatile.
I capelli biondi e ricci le ricadevano voluminosi sulle spalle, dandole un’aria sbarazzina. Gli occhi color del ghiaccio risaltavano ancora di più grazie al sottile filo di matita nera. Le labbra si aprivano in un dolce sorriso e le gota erano rosate, probabilmente per un po’ di phard. 
Indossava dei pantaloni blu, una canotta bianca e una giacca del colore dei pantaloni, che risaltavano i suoi punti di forza, la curva del seno abbondante e la pancia piatta. In quel momento era all’apice della sua bellezza, una bellezza tra il classico e il selvaggio, una bellezza particolare e unica.
Le fece una linguaccia prendendo la borsa.
«Bene, ora che la nostra miss è pronta possiamo andare!» dissi sorridendo.
Chiusi il computer mettendolo in standby e balzai in piedi infilandomi la mie solite scarpe basse.
Ero euforica.

 

 

 

YEEEP

Salve bella gente!
E’ abbastanza difficile scrivere uno spazio autrice…non so nemmeno da dove cominciare!
Alloooooora..siamo due persone (ma dai, non mi dire?)..
È una storia scritta a quattro mani, ma il genio del male è Martina (Martis) tutta una sua idea!
Quindi, se esistono dei complimenti sono tutti per lei c:
Se invece esistono delle critiche..se le becca lei lo stesso!
Questo è il primo capitolo, è proprio l’inizio, quindi fateci sapere come vi sembra c:
Ciaaaaaaaaao banane<3

martis & giuls

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Capitolo 2
*** «Oddio» «Cosa?» «Non ci credo» ***


«Oddio» «Cosa?» «Non ci credo»

 

Il nostro quartiere era semplice ma bellissimo, le case tutte simili tra loro davano un senso di sicurezza che non pensavo di trovare trasferendomi così lontana da casa, o comunque non così presto.
C’era un piccolo bar, che faceva anche da tabaccheria, a due passi da casa, una lavanderia vecchio stile, di quelle che si vedono nei film e un enorme parco.
Entrammo al bara prendere qualcosa da bere. Niente di speciale, io un caffè macchiato, Giulia un succo di frutta e Serena un drink analcolico alla frutta.
Giulia sorrise al ragazzo al bancone e notai che le guance le si erano appena arrossate. “Carino!”, pensai osservando il loro scambio di sguardi.
Mi ricordava qualcuno che però in questo momento non mi veniva in mente. Qualcuno di terribilmente carino, proprio come lui. Era alto, e i muscoli della spalle risaltavano sotto la t-shirt nera aderente. Gli chiari simili a quelli della Serena spiccavano grazie alla carnagione olivastra e i capelli scuri. E aveva un sorriso da paura, uno di quei sorrisi angelici che ti mandano in coma.
«Allora Giuls, non mi presenti le tue amiche?» chiese il ragazzo sorridendoci.
«Si Giuls, non ci presenti?»  ripetei dandole una leggera spinta con la spalla. In tutta risposta prima mi fulminò con lo sguardo e poi arrossì lievemente.
«David, loro sono le mie due amiche di cui ti ho parlato. Serena e Martina»
«Uuuh, gli avevi parlato di noi?» le chiese Serena prendendola in giro.
Mi sporsi dietro la schiena della nostra amica e le sussurrai in italiano «Sei una carogna!» poi le feci l’occhiolino e spinsi il mio pugno contro il suo.
Tesi la mano al ragazzo sorridendo «Piacere di conoscerti David»
Mi sorrise e fece lo stesso con Serena «Piacere mio ragazze!»
Arrivò il succo, il cocktail e un’enorme tazza di quello che doveva essere il mio caffè e mi maledissi mentalmente.
“Espresso Martina, qui si chiama espresso.”, mi ricordai acidamente.
Il caffè era decisamente acqua sporca con un retrogusto dolce di latte, non era malissimo, ma non si avvicinava nemmeno lontanamente al mio caffè.
Gonfiai le guance alla vista dei sorrisi divertiti delle altre due ragazze, che vedendo la mia faccia offesa scoppiarono a ridere senza controllo.
David ci guardava senza capire «Avevi detto caffè giusto? Non mi sono sbagliato vero?»
Gli sorrisi «Sì, tranquillo. Sono loro che sono due stupide» dissi dando una sberla sul coppino alla più vicina.
«Ehi!» si lamentò Giulia posandosi la mano dietro la nuca e diventando subito seria.
Sorrisi soddisfatta di averle finalmente fatte smettere di ridere.
«Allora David, dove possono andare tre ragazze di venerdì sera?»
«Beh ci sono vari posti.. pub o discoteca?»
«Pub!» disse subito Serena.
«Discoteca!» dissi io guardandola.
«No! Siamo appena arrivate!» piagnucolò la bionda.
«Appunto! Non possiamo stare a casa!»
«Infatti non dobbiamo stare a casa! Ma non riesco ad andare a ballare, proprio non ne ho voglia!»
«Venerdì prossimo allora. È obbligatorio» Giulia annuì alle mie parole.
David invece aveva sempre la solita espressione confusa.
«Dovremmo smetterla di parlare italiano!» dissi io sorridendo.
Giulia spiegò brevemente al ragazzo la nostra conversazione. Lui le sorrise dolcemente fissando i suoi occhi color mare in quelli color smeraldo di lei, che ricambiò il sorriso imbarazzata.
«Come pub c’è The Victoria che è molto carino! Se volete stasera devo vedere dei miei amici, potreste unirvi a noi così magari conoscete qualcuno!» disse aspettando una nostra risposta. Dovevamo decisamente fare amicizia, anche se per fortuna eravamo in tre.
«Certo!» disse la bionda facendo l’occhiolino a Giulia, che prima le tirò una gomitata e poi le sorrise.
«Ora dobbiamo andare, abbiamo ancora tutto il vicinato da vedere!» disse Giulia tirando fuori il portafoglio.
«Tranquille oggi offre la casa, il grande arrivo di Serena e Martina è un evento da festeggiare!»
Si mise d’accordo con la nostra amica per l’ora e il luogo di ritrovo ed uscimmo dal bar dirette verso il grande giardino di fronte al nostro palazzo.
«Allora?» chiese Serena maliziosa.
«Allora cosa?» domandò stizzita Giulia senza però riuscire a trattenere un sorriso sotto i baffi.
«Cara, è vero che non ci vediamo da un po’. Ma ti conosciamo, e riconosciamo quello sguardo, e quel sorriso! Sei cotta» dissi io annuendo con fare solenne.
Giulia sbuffò e scosse la testa «Voi guardate troppi film d’amore!»
«Ed ecco perché sappiamo riconoscere quando una è cotta a puntino!»
«Ha parlato l’attrice!» mi disse dandomi una leggera spinta con la spalla.
Volevo fare l’attrice da sempre. Mi piaceva la sensazione che provavo quando interpretavo un’altra persona e il pensiero di trasmettere emozioni a chi mi guardava. Volevo diventare una Keira Knightley, una Angelina Jolie o ancora una Julia Roberts, comunque grande per le capacità che possiedo. Non solo perché ho un bel fisico e un bel faccino, anche perché se no sarei rovinata.
«Ah, a proposito di questo argomento.. Ho trovato la scuola adatta a me!»
Giulia mi abbracciò non riuscendo a trattenere un breve gridolino. Alcuni passanti si girarono verso di noi, Serena si scusò facendo ruotare il dito vicino alla tempia per indicare la pazzia della nostra amica.
«Sono così felice!» disse stringendomi.
«Ok, così mi soffochi però!» la avvisai ridendo e cominciando subito a spiegarle tutto.
«È nella città di mia zia, e costa circa trecento euro al mese, senza contare tutto l’occorrente, e in più visto che mia zia ha tre figli e mia nonna da mantenere devo dargli una mano economicamente, così ha detto che probabilmente la sua amica, proprietaria di un negozio di abbigliamento, mi può assumere con un contratto part-time. La paga è scarsa, ma dovrei riuscire a pagarmi la benzina, dare qualcosa a mia zia e comprare il necessario per frequentare le lezioni»
«È un’università?» volevo davvero andare all’università di recitazione, ma non avrei mai chiesto ai miei genitori così tanti soldi. Costavano davvero un occhio della testa.
«Emmmh, no in realtà no. È un’accademia, infatti dovrò studiare anche canto e danza. E sono terrorizzata all’idea di dover studiare canto, sono stonata come una campana e ho paura di non passare l’anno per questo. «Oddio ma è come Paso Adelante!» esclamò Giulia esaltata.
«Yeah buddy! Ho chiesto a quella scema lì affianco se voleva farla con me, tanto lei a cantare è bravissima, e nel canto e nella recitazione se la cava»
«Ammetto che mi sento esclusa!»
«Solo perché ti vergogni di ballare. Ti abbiamo vista provare e sei davvero brava» disse Serena.
«Ma non è quello che voglio fare …»
«Sì, lo sappiamo!» esclamammo io e la mia amica in coro.
Eravamo entrate nel parco senza nemmeno accorgercene.
Giulia aveva ragione, non era grandissimo, ma in compenso era uno spettacolo. Le foglie verdi degli alberi erano illuminate dai raggi del sole e si muovevano leggere sotto la forza del vento.
L’erba era di uno splendente verde acceso e nonostante fosse quasi sera era ancora pieno di gente.
Notai due coppiette che ridevano e si sbaciucchiavano teneramente su due panchine. Sorrisi. Amavo vedere le persone innamorate.
«Ancora innamorata dell’amore?» mi chiese Giulia osservando la mia espressione.
«Come sempre» rispose Serena al mio posto.
«Acida!l» e dissi dandole una pacca sul sedere.
Di qualcosa dovevo pur sempre innamorarmi. Non avevo mai avuto storie particolarmente importanti, e tanto meno lunghe. Mi ero innamorata, ma quasi mai ricambiata e per un motivo o per l’altro le storie finivano dopo un paio di mesi.
«Il parco è bellissimo, e di mattina è molto tranquillo» mi spiegò Giulia.
«Ottimo! È da tantissimo che non vado a correre di mattina. Mi manca!»
«Oh no Giulia! Che hai fatto? Ora ci trascinerà con lei!» le chiese Serena curvandosi in avanti fingendosi già sfinita. Giulia scoppiò a ridere.
«Ci farà solo bene! Ci sfogheremo e resteremo in linea!» affermai io difendendo le mie splendide corse mattutine.
«Per quello ci basta fare le scale di casa nostra» disse ridendo Serena.
“Casa nostra. È così strano e bello allo stesso tempo!”.
«Ci sediamo?» chiese la bionda indicando la panchina alla fine del vialetto.
Annuimmo insieme e ci incamminammo perse nei nostri pensieri.
«Non vi ho ancora chiesto com’è andato l’esame!» disse Giulia battendosi la mano sulla fronte poco dopo essersi seduta tra me e Serena.
«Non male, almeno per i miei standard!» le risposi sorridendo.
«Con quanto sei uscita?»
«Settantatre, so che non è tanto ma considerando il mio andamento scolastico degli ultimi anni, direi che mi è andata di lusso!»
«Massì, settantatre è un signor voto! Tu Sere? Con quanto sei uscita?»
La bionda si girò e rigirò le mani nervosa.
«Sere sei uscita vero?»
«Certo che è uscita! Con una media come la sua come poteva non uscire?»
«E qual è il problema allora?»
«Novantasei..»
«Novantasei? Sul serio?!» chiese Giulia stupita. Poi abbracciò l’amica «Brava tu! Davvero brava tu!»
Sorrisi e mi unii a loro. C’era sempre stata questa grande differenza tra me e Serena, lei studiava e io no, lei ci arrivava e io no.
«Dobbiamo festeggiare stasera!» disse Giulia alzando il pugno in aria.
«Party hard!» esclamò Serena scuotendo i riccioli biondi.
«Yeah buddy!»  scoppiammo tutte e tra a ridere e quando tornò il silenzio il mio stomaco protestò rumorosamente.
«Chiede cibo!» spiegai.
Sorrisero e ci alzammo tornando sui nostri passi.
«Dove mangiamo?»  chiese Serena ravvivandosi i capelli. Eravamo ormai fuori dal parco e dovevamo decidere se mangiare o tornare a casa.
«Dipende. Volete una pizza riscaldata o preferite mangiare al ristorante?»
«Direi che visto che dobbiamo risparmiare un ristorante non mi sembra il caso. Però se c’è qualche fast food sarebbe perfetto»
«Beh c’è il Mc o il Burgher!»
«Mc! Mc! Mc!» saltellai mentre proclamavo la mia decisione.
«E Mc sia!» disse Serena sorridendo alla mia euforia.
Amavo mangiare al Mc. Ok, non era salutare e ci sono vari dubbi, penso anche fondati, sulla provenienza e la qualità della carne. Ma era buono, da morire, e mangiarlo una volta ogni tanto non aveva mai ucciso nessuno. Almeno credo.
«Ci dovrebbe essere qui vicino ma dobbiamo prendere la macchina»
«In poche parole stiamo per rischiare la vita per un panino del Mc?» chiese Serena alzando il sopracciglio destro.
«Esatto» annuì Giulia.
«Ne vale la pena!» dissi io con un ampio sorriso, le altre due scoppiarono a ridere e Giulia tirò fuori le chiavi della macchina. Era nel parcheggio di fronte al palazzo, poco distante dal parco e dal bar.
Una Ford Focus vecchia blu metallizzata ci aspettava vicino ad una grossa macchina nera. Giulia aprì la macchina con un bottoncino sulle chiavi ed io mi andai a sedere prima di tutte davanti. Peccato che mi trovai davanti il volante. Scoppiammo a ridere tutte e tre e Giulia mi prese in giro.
«Sicura di voler guidare? La modalità è un po’ diversa!» disse Serena.
«Ti giuro che mi fido di te, ma non voglio andare all’ospedale, soprattutto a stomaco vuoto!»
«Ah ah, siete proprio simpatiche!- dissi spostandomi sul sedile affianco senza uscire dall’abitacolo .
Partimmo verso il McDonald cantando a squarciagola “Oath” di Cher Lloyd e “Want u back”, il fastfood era a dieci minuti da casa nostra e per fortuna non incontrammo traffico.
Giulia ebbe la grandiosa idea di schiacciare sull’acceleratore all’entrata del parcheggio, proprio mentre la macchina davanti inchiodava.

 «Merda!» esclamò qualche secondo prima di tamponare una tanto bella quanto costosa Lamborghini grigio metallizzato.
«Cazzo Giulia! Cosa hai fatto?» urlò Serena con un tono di voce più acuto del solito.
«Dai Serena, Giulia avrà sicuramente l’assicurazione, vero?» chiesi girandomi verso la mia amica.
«No, non ancora» bisbigliò. Era bianca cadaverica, le tremavano le mani ancora poggiate al volante e guardava diritto davanti a se. Non aveva nemmeno notato il ragazzo che era sceso dalla macchina con espressione preoccupata.
«Oddio» sussurrai io osservando il ragazzo.
«Cosa?» chiese Serena slacciandosi la cintura e spostandosi nel sedile centrale.
«Non ci credo» disse senza riuscire a trattenere un sorriso.

 

 

 

 

YEEP

 

Ciao bella geeeente c:

Non sapendo cosa fare, Martina ha pensato bene di aggiornare, perché comunque se aspettiamo una recensione fa in tempo a finire il mondo (no dai)

Comunque anche questo capitolo è “tranquillo” diciamo..

Incontriamo David, il barista. Avrà qualche ruolo importante nella storia? NON NE HO LA PIU’ PALLIDA IDEA AHAHAHAH

Ci farebbe veramente un sacco piacere se lasciaste una recensione c: potete anche dire che non vi piace, insomma, la colpa resta sempre della Martina :3

Al prossimo capitolo bananeeeee

 

martis & giuls

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Capitolo 3
*** «Oh oh, non sono io il tamponatore!» ***


«Oh oh, non sono io il tamponatore!»

Serena cominciò a sbattere la mano sulla mia spalla balbettando cose senza senso mentre il ragazzo si avvicinava al finestrino di Giulia, che dal suo canto non si era accorta di niente.
Louis Tomlinson bussò al nostro finestrino, ma nemmeno così riuscì a far uscire Giulia dalla sua trance.
Notando che la mia amica non accennava a muoversi mi allungai, evitando le sue braccia tese verso il volante, e abbassai il finestrino.
Serena era rivolta verso di lui, con la bocca spalancata e la mano alzata a mezz’aria dopo i colpi dati alla mia spalla.
«Ciao ragazze, penso abbiate appena tamponato la mia macchina» disse con un mezzo sorriso.
Il suono della voce di Louis fu come un toccasana per Giulia che scosse la testa e si girò a guardare il ragazzo sbarrando appena gli occhi. Senza dire una parola rivolse uno sguardo sbalordito prima a me e poi a Serena.
«Oddio scusa, io.. io non so come ho fatto! Ero sovrappensiero e non ho visto che..»
«Giulia, stai parlando italiano» le feci notare.
Tomlinson ci guardava senza capire cosa stessimo dicendo così Giulia, dopo essere diventata color pomodoro gli ripeté il tutto in inglese.
Si aprirono due portiere della macchina e scesero Liam e Niall, si avvicinarono a Louis e Niall disse: «Dai Tommo, ho fame» io sorrisi guardandolo. Era ancora più bello dal vivo. Lui mi guardò e mi regalò un bellissimo sorriso divertito.
«Io.. cioè, lei.. cioè noi! Comunque ci dispiace molto!» dissi ai ragazzi.
Niall buttò indietro la testa ridendo, Louis lo imitò e Liam tese le labbra nel suo solito sorriso dolce.
«L’unico modo per farvi perdonare è farmi andare a mangiare! Vi unite a noi?»
Sbiancai. Tre quarti dei One Direction ci avevano chiesto di mangiare con loro. Amavo Londra! Profondamente.
Serena e Giulia fecero una risatina nervosa, che provocò un’altra risata dei ragazzi, e annuirono sorridendo.
«Perfetto, allora parcheggiamo e ci troviamo all’entrata. Pensi di riuscire a parcheggiare senza tamponare nessuno?» chiese Louis facendo l’occhiolino a Giulia.
Giulia sorrise «Se nessuno inchioda, si!»
I ragazzi entrarono nella loro macchina e andarono. Giulia trovò un posto due parcheggi più in là.
Spenta la macchina nessuna delle tre si mosse di un millimetro.
«Non ci credo»
«E’ tutto un sogno. Bellissimo, ma pur sempre un sogno!» disse Serena.
«Forse dovremmo andare a vivere questo sogno!» sussurrai io con gli occhi che mi brillavano. 
«Ad un patto però» le ragazze mi guardarono con gli occhi sgranati.
«Niente scenate, saremo noi stesse, allegre e simpatiche come sempre»
Serena e Giulia annuirono ed aprimmo tutte le portiere nello stesso momento, i ragazzi ci stavano davvero aspettando davanti all’entrata, accerchiati da una decina di ragazzine che chiedevano foto e autografi.
«Non ci credo» ripeté Giulia.
«E’ tutto un sogno»
«Ok, mi state mettendo ansia! Lo sono già abbastanza» dissi io ridendo.
Aspettammo che tutte ebbero fatto una foto e preso l’autografo e poi ci avvicinammo.
«Ommiodio! Posso avere un autografo?» chiesi io ridendo.
«Se siete brave a fine serata!» disse Liam ridendo con noi.
«Potrebbe sembrare una brutta cosa!» rispose Giulia sempre ridendo.
Liam aprì la porta e ci fece passare tutte e tre, precedute da Niall che stava morendo di fame.
«Che gentleman!» gli disse Serena passandogli affianco.
Entrati andammo dritti alla cassa, pronti a ordinare. Molti si girarono verso di noi cominciando a bisbigliare.
«E’ inquietante» sussurrai a Niall.
«Ci si fa l’abitudine, più o meno»
Arrivati alla cassa io e Niall fummo i primi a ordinare.
«Allora.. visto che è da molto che non mangio qui direi che posso esagerare» dissi osservando i tabelloni con i vari panini.
«Mmm per cominciare un BigMac Menù grande e un ChickenBurger, e intanto che ci sono anche CheesBurger grazie»
Io e Niall andammo al tavolo e ci sedemmo uno di fronte all’altra.
«A chi hai preso da mangiare?» mi chiese.
«A me..»
«E..a chi altro?»
«Solo a me.. non mangio al Mc da parecchio tempo!»
«Potrei amarti» mi disse sorridendo.
“Niall Horan ha detto che potrebbe amarmi. Ora posso morire felice” pensai. Continuava a guardarmi, probabilmente in attesa di una mia reazione, una qualsiasi.
Abbassai la testa imbarazzata e sentii la sua risata.
«Non ridere!» gli dissi fingendomi offesa. Questo scatenò un’altra volta le sue risa, solo più forti. “Amo la sua risata” pensai ridendo con lui.
Arrivarono gli altri e si sedettero accanto a noi.
«Di che parlavate?» ci chiese Louis.
«Oh niente di che. Niall mi dichiarava il suo amore! Stavamo organizzando le nozze!» dissi io sorridendo.
«E’ sbocciato l’amore» continuò Niall.
«Sarebbe anche ora» affermò Liam suscitando le risate delle mie due amiche e di Louis.
«Ehi!» esclamò Niall con un paio di patatine in bocca.
«Io muoio di fame, quindi.. buona abbuffata!» augurai io prima di dare un enorme morso al mio BigMac.
Gli altri mi imitarono e cominciammo a parlare del più e del meno.
«Non ci siamo ancora presentate!» fece notare Serena.
«Allora lei è Martina, lei è Serena e io Giulia» ci presentò quest’ultima.
«Niall, Liam e Louis»
«Lo sappiamo!» dicemmo tutte e tre in coro.
Dopo qualche minuto di silenzio, Louis parlò.
«Non siete inglesi, vero?»
«Italia!» dissi io alzando i pugni al soffitto.
«Amo l’Italia!» disse di rimando Niall.
«Da quanto siete qui?»
«Oggi, tranne Giulia che è qui da un mesetto» spiegò Serena.
«Quindi non conoscete molte persone…»
«Quasi nessuno in effetti»
«Allora siete invitate alla festa di stasera, così saremo sicuri che conoscerete la gente giusta!» disse Louis sorridendo beffardo.
«E la gente giusta sareste voi?» gli domandai prendendolo in giro.
«Certo, siamo il meglio del meglio!»
Finimmo di mangiare tra le risate.
Avevano ragione le riviste, erano dei normalissimi, simpaticissimi e senza dubbio bellissimi ragazzi con milioni di fan in tutto il mondo, ma con i piedi ben piantati a terra.
«Visto che vi abbiamo tamponato..»
«Li hai tamponati!» la corresse Serena con un sorriso.
«E’ lo stesso.. stavo dicendo. Visto che vi abbiamo tamponato, ora andiamo a prendere un gelato e ve lo lasciate offrire» disse Giulia sottolineando la parola ‘abbiamo’.
I ragazzi scoppiarono a ridere lasciandoci stranite.
«Che c’è?»
«Ma state scherzando vero?»
Vedendo che non rispondevamo Liam continuò «Siete molto gentili, davvero. Però, anche se il nostro lavoro non paga tantissimo, riusciamo ancora a pagare il gelato. E poi oggi offre Niall!» disse dirigendosi verso l’uscita.
«Ehi!» protestò lui per la seconda volta nella stessa serata.
C’era una gelateria proprio di fronte al Mcdonald’s, entrammo ed uno alla volta ordinammo il dessert.
«Fragola e panna»
«Cioccolato e stracciatella»
«Io anche!» dissi subito dopo Louis.
Pian piano uscimmo tutti ed andammo a sederci ad un tavolino al quale dovemmo aggiungere due sedie.
«Siamo una compagnia un po’ troppo grande per questa gelateria»
«E mancano all’appello due persone!»
«Io non ho ancora capito una cosa!» disse Niall guardando noi ragazze.
«Cosa?»
«Siete nostre fan o no?»
Ammetto che per un momento pensai seriamente di far finta di non esserlo per non spaventarli o non so bene cosa. Ma alla fine dopo aver guardato in faccia le mie due amiche capii che era un pensiero stupido.
«Si!»
«Volevamo anche venire ad uno dei vostri concerti in Italia...»
«Ma come al solito è successo un casino...»
«E venivano a costare una cifra come duecento euro...»
«O anche di più!»
«Ed era davvero troppo per noi!» concluse Serena. I ragazzi avevano fatto passare le sguardo da me alla mia amica come in una partita di tennis.
«Tranquilli, dopo un po’ ci si fa l’abitudine» li rassicurò Giulia dando una pacca sulla spalla a Liam.
Finito il gelato ci incamminammo verso le macchine.
«Visto che la festa non è proprio vicino, vi passiamo a prendere noi tra un’oretta e mezza, d’accordo?»
«Okay, noi abitiamo... » cominciò Giulia, l’unica che sapeva il nostro indirizzo di casa.
«Oh no, sono una frana a ricordarmi le vie. Vi da fastidio se vi seguiamo fino a casa?» la interruppe Louis aprendo la macchina con un bottoncino sulla chiave.
«No, nessun problema. Ma... sai che esistono i navigatori?»
«Si che lo so. Ma ora non ce l’ho dietro e arrivati a casa mi sarei già dimenticato il nome della via!»
«Sei strano» affermò Giulia salendo in auto «Cerca di starmi dietro, senza incidenti grazie!»
«Oh oh, non sono io il tamponatore!» ribatté Louis prima di chiudere la portiera.
Arrivammo a casa in totale silenzio, troppo agitate all’idea di quello che era appena successo. Salutammo i ragazzi con la mano e salimmo le scale.
«Voi. Siete. Il. Mio. Portafortuna!» scandì Giulia saltellando da una parte all’altra della stanza.
Serena aveva le lacrime agli occhi.
«Non ci provare nemmeno» la avvertii.
«Li abbiamo incontrati...»
«Serena, non farlo!»
Ma lei non mi ascoltò. Scoppiò in un pianto unito ad una risata isterica, saltellando da un piede all’altro per tutta la stanza urlando in continuazione frasi come “Oddio li abbiamo incontrati” o “Ora posso morire felice!”. Eccola, la mia migliore amica in preda alla solita reazione da One Direction.
Giulia la guardava con gli occhi spalancati, indecisa se scappare via urlando o scoppiare in una fragorosa risata.
«Oh tranquilla, dopo un po’ ci si fa l’abitudine» la scimmiottai io ridendo.
«Mentre tu cerchi di calmarla, e tanti in bocca al lupo per questa missione, io vado a fare la doccia!» poggia una mano sulla sua spalla in segno di compassione e presi dalla valigia l’intimo pulito.
Chiusi la porta del bagno e anche dopo essermi spogliata sentii i gridolini sommessi di Serena.
Scossi la testa e mi buttai sotto la doccia. Mi ero già lavata i capelli prima di uscire al pomeriggio, quindi non aveva senso lavarli di nuovo.
Li legai in una morbida coda e dopo essere entrata nel box aprii l’acqua e la regolai come piaceva a me.
“Ho incontrato Niall Horan, Louis Tomlinson e Liam Payne. Ho incontrato tre dei miei idoli. Ma che dico?! Non li ho solo incontrati. Li ho conosciuti, ci ho mangiato insieme e andrò a una festa con loro!”
“Sempre se verranno a prendervi..”, mi ricordò la vocina acida nella mia testa.
«Pensi sempre male tu. Perché ce l’avrebbero chiesto se sapevano che ci avrebbero dato buca?»
“Per ridere?”
«Oh andiamo sarebbe cattiveria pura!»
“E con questo? Cosa c’è di tanto strano? Sono ragazzi e per di più ricchi, belli e famosi. Che motivo hanno di invitare NOI ad una festa da sballo? A cui ci sarà tantissima gente?”
«Devo smetterla di parlare con te!»
«Ma con chi stai parlando?» mi chiese Giulia dalla parte opposta del bagno.
«Emmm..io… -.
«No non mi interessa, sbrigati che mi devo lavare i capelli»
«Scusa!» mi sciacquai dalla schiuma restante e uscii avvolgendomi nell’asciugamano proprio mentre Giulia entrava nel bagno.
«Ti da fastidio se mi lavo mentre tu ti trucchi?»
«Tesoro ho giocato per otto anni a pallavolo, ho visto più donne nude io di Harry Styles!» le dissi io ridendo mentre spogliava per entrare nella doccia.
«Non so come vestirmi!» esclamò Serena entrando nel piccolo bagno.
«Oh entra pure!»
«Non so che festa sia!» continuò la bionda ignorando l’amica.
«Merda!» urlò Giulia.
«Beh Giuls, è una reazione un po’ esagerata non credi?» dissi guardando il box doccia dal riflesso nello specchio.
«Shampoo!»
«Non c’è lo shampoo?» chiese Serena confusa.
«No! Shampoo! Shampoo negli occhi! Brucia, brucia, brucia!»
Io e Serena ci guardammo in faccia e scoppiammo a ridere senza riuscire a trattenerci.
«Sciacqua bene! Butta la faccia sotto l’acqua!» riuscii a dire tra una risata e l’altra.
«Utile Martina, sei davvero utile!» mi rispose lei ironicamente.
«Ragazze il problema persiste!» ci richiamò all’attenzione Serena.
«Aspettiamo di vedere come arrivano i ragazzi. Prepariamo tre completi, uno casual, qualcosa di impegnativo e una via di mezzo e poi decidiamo»
«Sei quasi furba..» affermò la mia migliore amica dopo essersi soffermata qualche secondo sull’idea.

 

 

 

 

YEEE

Salve bella gente c:

Non so veramente cosa scrivere D:

Martina mi lascia sempre questo compito difficile, infame.

No dai, seriamente. Fateci sapere cosa ne pensate, noi andiamo avanti lo stesso. A meno che qualcuno scriva “che schifo, è orripilante” oppure “buttatevi da un ponte” ..beh in questo caso cercheremo di cambiare qualcosa c:

Come sempre, se fa schifo è colpa della Martina (sempre con molto affetto martis)

 

martis & giuls

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