The Art of Subconscious Illusion

di TheREVolutionary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura. ***
Capitolo 2: *** Maestro di menti e spiriti. ***



Capitolo 1
*** Fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura. ***


Anno 521 a.C.
In un punto non identificato della Grecia, due giovani stavano correndo vicino al casolare di famiglia, in una strada circolare alquanto malmessa. Era autunno, e un candido sole faceva risplendere le foglie di una delle rare foreste di querce. Nonostante fosse ottobre, faceva ancora molto caldo. "Fermati, Lito, non ce la faccio più! Fa troppo caldo per me!" gridò uno dei due fanciulli. "Sopporta! La clessidra è quasi vuota. E poi non è così caldo!" rispose l'altro, mentre si asciugava la fronte con il braccio.
Poco dopo, la clessidra fu vuota, e i due si fermarono. "Maledetto, questa è l'ultima volta che corro con te, Lito" disse il ragazzo più piccolo, rivolgendosi al fratello. "Cosa vuoi che siano, due clessidre di corsa. E poi, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?" rispose l'altro, con fare scocciato. Il nome del ragazzo più grande è Eraclito. Non sopporta di essere chiamato Lito per il semplice fatto che adora il suo nome.
Mentre riprendeva fiato, si mise ad osservare il sole. Dei raggi leggeri gli passavano tra i lunghi capelli riccioli, facendoli sembrare ancora più rossi e splendenti di quanto non fossero già. Nonostante l'età, aveva già degli abbozzi di barba sul viso.
Chiuse gli occhi marrone chiaro, fece un respiro a pieni polmoni, e si girò verso il fratello. "Andiamo, Eraconte. Rientrare oltre l'orario stabilito è l'ultima cosa che voglio, in questo momento" disse, inarcando le sopracciglia e facendo un gran sorriso, mentre si avviava verso la strada di casa. Con molta fatica, il piccolo Eraconte lo raggiunse a corsa, prendendolo per mano e trascinandolo a terra con tutto il suo peso. I due ripresero a correre ridendo.
Di fianco alla pietra dove si era fermato Eraclito, giacevano dei frammenti di cenere.

 


“Fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura”.
-
Eraclito

 

 

Anno 428 a.C., fase Archidamica, coste dell'Attica.

Ormai erano tre anni, che questa guerra andava avanti. Gli spartani stavano attaccando assiduamente le difese ateniesi, e i loro attacchi stavano andando a buon fine. Gli ateniesi stavano perdendo la guerra. Le truppe di Sparta erano più numerose, maggiormente addestrate e meglio equipaggiate. Marciavano incessanti verso le mura strenuamente difese, e a breve sarebbero riusciti a sfondare le porte. Sulla cima di queste, schiere di arcieri scagliavano frecce sulle truppe nemiche.
Un arciere, abbastanza giovane, appena arrivò alle mura, fu impressionato dal numero di nemici che vedeva avanzare verso di lui. Scagliò un paio di frecce, ma subito, con gli occhi lucidi, si voltò, e si apprestò a scendere dalle mura. Stava quasi per farcela, quando, ad un tratto, un uomo lo prese per l'elmo, e lo spinse a terra. Era una strana persona: indossava una lunga tunica rossa, gialla e arancione con alcune sfumature di bianco verso il basso; ai piedi, dei sandali leggeri. Nella mano destra aveva un tirapugni d'acciaio, con il quale teneva in mano uno strano bastone scuro. I lunghi capelli riccioli rossi erano raccolti in una coda fatta con un laccio di cuoio. "Ragazzo, brandisci il tuo arco, torna in prima linea, e difendi la tua città, la tua famiglia, i tuoi amici. Non è ancora tempo di ritirarsi!" disse. Le lacrime di paura del ragazzo svanirono e tornò sulle mura. Poco dopo, con passo tranquillo, l'uomo dai capelli rossi si portò vicino al ragazzo. Guardò oltre le mura, e rimase un po' sorpreso. Infinite file di soldati, catapulte e arieti avanzavano verso la porta. Un attimo dopo, notò un' ariete pericolosamente vicina alla porta delle mura. Mise il bastone scuro in verticale. Successivamente, lo spostò in orizzontale. Il bastone, il quale divenne viola per un attimo, sparò dal centro una palla infuocata che colpì in pieno l'ariete, la quale fece esplodere l'ariete in mille pezzi. I frammenti ardenti caddero contro le truppe spartane.

 

I soldati ateniesi cadevano uno dopo l'altro, schiacciati dai sassi delle catapulte. L'uomo dai capelli rossi rimase a fissare una strana costruzione in lontananza. Fu distratto dal grido di un soldato: "In arrivo, levatevi di lì!". L'uomo alzò gli occhi al cielo, e vide il masso di una catapulta in volo verso di lui. Chiuse gli occhi, e con degli strani movimenti del suo bastone, divise in due il masso in arrivo, bruciandolo a metà. Ma ciò non fermò la sua corsa. I due pezzi caddero a lati dell'uomo, rivoltando quel pezzo di mura verso l'interno della città.

Dai macigni caduti dalle mura, si alzò un po' di fumo, e, alla base, si formò un po' di cenere.

 

 

Le cose tra loro distanti sono per opera della mente saldamente unite.”

-Parmenide

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Capitolo 2
*** Maestro di menti e spiriti. ***


Anno 508 a.C.
Eraclito aveva ora 27 anni, ma nonostante questo, il suo svago preferito non era cambiato.
Era sera, e stava rientrando a casa dalla sua solita corsa giornaliera. Però questa volta era solo, perché il (non più) piccolo Eraconte era rimasto a casa, visto che aveva l'incontro con il suo nuovo insegnate privato.
Eraclito passò tutto il viaggio di ritorno e rimuginare sul suo passato. Pensò a cosa era cambiato, come, ed in che modo... E perché.
All'età di 23 anni rinunciò alla già decisa carica di sacerdote, per favorire il fratello, al quale la cosa interessava decisamente di più. Lui si era più che altro concentrato sulla ginnastica e sulle sue conoscenze personali. Nonostante fosse così giovane, aveva una grandissima capacità di vedere il vero, e sviluppò presto una sua verità, riassumibile con il concetto di “panta rei”, ovvero “tutto scorre”. Nella sua verità, nulla rimane uguale. Più il tempo passa, più le cose cambiano. E ciò non esclude niente e nessuno. Sopra ogni cosa si staglia, sovrano, lo scorrere del tempo, il quale porta tutto al mutamento. Lui lo sapeva bene.
Nel frattempo, era arrivato a casa. Una bella casa, grande, con un gran giardino perfettamente curato.

Entrò salutando a gran voce: "Sono a casa!". Nessuna risposta. In lontananza, sentiva alcune voci. Riconobbe quella di Eraconte, ma non l'altra. Allora si incamminò verso la fonte di quei rumori, passando per il corridoio migliore della casa, anche se a lui non piaceva molto, per il semplice fatto che, da quando ha memoria, non è mai cambiato di una virgola.
Uscito dal corridoio, si ritrovò nella sala degli studi del padre. Davanti a lui, il fratello, preso in un'animata discussione con un'altra persona che non aveva mai visto. Era un uomo alto, non giovanissimo. Indossava una lunga tunica grigia e bianca, con una cintura nera in vita. Era calvo, e portava uno strano copricapo. Appena si accorse del ragazzo, smise di interloquire con Eraconte, e si fermò a guardarlo. Lo squadrò da capo a piedi per almeno tre volte. Dopodiché, disse: "Giovane, fisicamente ben messo, capelli rossi... Eraclito, dico bene?". Il ragazzo non fece in tempo a rispondere, perché fu preceduto dal fratello. "Si, è mio fratello. Come suo solito, si era recato al casolare per sviluppare le sue abilità motorie". Poi fece, rivolgendosi al fratello:"Eraclito, ho il piacere di presentarti Parmenide, il mio nuovo insegnate privato". L'uomo fece un cenno di saluto con la testa, al quale Eraclito rispose in egual modo. "Anche se non è il suo miglior campo di specializzazione" continuò Eraconte "mi aiuterà ad approfondire le mie conoscenze per la carica vescovile. È davvero molto abile, è un onore poter apprendere al suo cospetto". Parmenide rispose: "Oh, mi stai sopravvalutando. Ti aiuterò con anima e corpo perché sei figlio di tuo padre. Gli devo davvero molto". Eraclito non sembrava riuscire a seguire bene il discorso. Ci fu un attimo di silenzio, ma dopo poco Parmenide riprese: "D'accordo, ormai la lezione di oggi è terminata. Ci vediamo domani, Eraconte. Eraclito, in quanto a te, è stato un piacere" e si avviò verso l'uscita, passando per lo stesso corridoio usato dal fratello maggiore poco prima.

Appena fu lontano, Eraclito si girò verso Eraconte, e disse: "Come ti sembra?". "Non è male. Ha un metodo d'insegnamento tutto suo, ma ci sa fare, anche se non penso che possiate andare molto d'accordo" rispose il fratello. Insospettito, chiese: "E perché mai? Mi sembra la classica persona con la quale fare discorsi intelligenti". Subito, Eraconte fu rapido a rispondere, come un cacciatore che attacca fulmineo la sua preda: "Questo è vero, ma da quello che ho capito oggi, le vostre concezioni di vita e di realtà sono molto differenti. Oserei dire opposte. Da un primo dialogo, pare che il centro della sua credenza sia l'essere in prima persona, e per lui, quindi, ciò che non esiste. L'esatto contrario del tuo “panta rei”, visto che ti piace tanto chiamarlo così". "Se la metti su questo piano, non posso che darti ragione" rispose lui. "In ogni caso, appena avrò modo di incontrarlo nuovamente, constaterò di persona ciò che è in grado di fare. Mi hai incuriosito". Sul viso di Eraconte si disegnò un piccolo sorriso, e alzando il braccio destro in segno di resa, disse: "Bah, fai come ti pare. Io faccio un salto alle terme, ne ho proprio bisogno. Spero di tornare in tempo per la cena". "Male che vada, verremo sgridati in due , perché vengo con te!" rispose Eraclito. Così dicendo, i due si allontanarono da casa, per concedersi insieme un po' di meritato riposo.
 

 

Dove gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità; poiché essi pagano l'un l'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.”

-Anassimandro

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