Tormento.

di Ivan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No Gods for me. ***
Capitolo 2: *** Sip. ***
Capitolo 3: *** Memories. ***
Capitolo 4: *** Sweet Demon. ***
Capitolo 5: *** Useless. ***
Capitolo 6: *** Breathe the Distruction. ***
Capitolo 7: *** Meeting Destiny. ***
Capitolo 8: *** Sunset. ***



Capitolo 1
*** No Gods for me. ***


Tormento, No Gods for me.

 

Tornai in quella chiesa la notte seguente, senza fare rumore, senza che nessuno se ne accorgesse.

La luce della luna piena filtrava dai vetri colorati illuminando fiocamente l'ambiente mentre io me ne stavo seduto sull'ultima panchina, braccia incrociate al petto e gambe sfacciatamente distese sullo schienale davanti.

Alzai lo sguardo sul crocefisso dopo averlo fatto vagare per tutto lo spazio, di dipinto in dipinto, passando sulle vetrate cangianti.

una volta io e te eravamo amici”

stirai le labbra in un sorriso ironico, con quella sfumatura tipica delle mie serate storte, quella traccia sinistra.

ora guardati. I tuoi fedeli sono automi che hai addestrato a cacciarci. Non è bello, no, nemmeno gentile..”

mi osservai le unghie un paio di volte con espressione pensosa, nell'aria aleggiava ancora l'odore della gente uscita da poco di lì, scappata al caldo dopo la messa.

non ho più nessuna fiducia in te, sappilo.”

Mi alzai per camminare lungo la navata centrale con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto scuro, arrivai sotto al crocefisso e naturalmente la sua vista non mi era insopportabile come descrivono i libri moderni.

Sospirai e mi voltai verso l'enorme spazio così vuoto da risucchiare anche il silenzio, silenzio che fui io a spezzare con voce misurata, da dichiarazione vitale “poveri stupidi che credete in un'invenzione creata per potere e denaro, poveri sciocchi.”

Chinandomi arrivai a sedermi sui pochi gradini che conducevano all'altare di marmo imbellito da un'imbarazzante e sfarzosa tovaglia rossa orlata d'oro.

voi che riuscite ancora ad avere fede in qualcosa..”

Sfilate le mani dalle tasche, i gomiti sulle ginocchia piegate, affondai il viso contro i palmi, stringendo gli occhi e i denti per intrappolare un ringhio basso sfuggito alla gola.

Stupidi umani ciechi di fronte alla verità. Così ciechi eppure così sereni.

la mia vista ormai è troppo acuta.”

Così una nuvola coprì nuovamente la luna.

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Capitolo 2
*** Sip. ***


Tormento, Sip.

 

Perchè dev'essere così fastidiosa?

Muove le labbra ininterrottamente parlando a sproposito, vomitando un fiume di parole che per me suonano senza alcun nesso logico.

E dovrei sposarla?

Diceva mia madre “Andate Llewellyn, passate qualche tempo assieme alla damigella, così approfondirete la vostra conoscenza, è così interessante”

pensavo io “per quanto possa suscitare il mio interesse la nuova corrente di moda sui capi d'abbigliamento o magari le nuovissime tendenze in fatto di acconciature oppure -ancora meglio- quanto sdegno dilaghi in città a proposito dei bordelli.

Temo non abbia afferrato il genere di persona a cui si sta rivolgendo.

Starò al gioco solamente perchè questa famigerata fanciulla possiede un grado di nobiltà più elevato del mio, potrei trarne ulteriore prestigio.

Inoltre ogni diceria sul mio conto si smorzerebbe.

Chi ha mai detto che il sottoscritto frequenta di nascosto strade malfamate e quell'adorabile figlio di contadini?

Mai detto.

A vent'anni non si è poi così giovani di questi tempi, le minacce del capofamiglia hanno cominciato a piovere come grandine in pieno Agosto, lamenta che lui a sedici anni era già sposato.

A me non interessa.

I legami fissi non mi piacciono, sono fatto per il mondo, per le esperienze divertenti, per i viaggi rischiosi. Ancora non so quanto tempo avrò a disposizione per far tutto ciò che mi aggrada.

Per ora mi limito ad annuire con aria cordiale, con un lieve sorriso che cela la serpe nera il cui unico e preciso scopo è il programma 'sposami e muori'.

Voglio solo i tuoi soldi e il tuo titolo, donna.

Non mi intrigano quel corpo piatto, quei lineamenti grezzi, quella parlantina infinita.

Non mi ricordo nemmeno come ti chiami.

 

●●●

 

E finalmente eccoti. Che sorseggi tranquillamente il mio vino avvelenato appositamente per te.

Ti ho sopportata cinque lunghissimi anni di chiacchiere inutili, ma ringrazio la tua convinzione che il vino aiuti a dormire. Questo è il prezzo per esserti accorta delle mie tresche amorose, per avermi impedito di vedere il mio caro contadinello che ora rosola sotto il sole con una vanga in mano.

Questo è per colpa tua, ma ringrazio i tuoi soldi che da domani saranno miei.

Sto già facendo scorrere le dita della mia immaginazione tra le monete d'oro quando tu posi il calice e mi guardi con quell'atteggiamento languido che mi da il voltastomaco.

Per l'ultima volta sorrido accomodante e ti raggiungo. Sento già la libertà soffiarmi contro la nuca.

Ed è quando accetto i tuoi capricci senza far lagne che ti accorgi di qualcosa che non gira nel meraviglioso meccanismo della vita di coppia.

Sarà quella schiuma rosata che ti sale alla bocca, mentre io con aria falsamente dispiaciuta ti arriccio il bordo della veste da notte, che mi spalancherà le porte arrugginite che portano a Liberolandia?

Ora si che hai capito tutto.

Non riesci nemmeno a gridare che muori tradita tra le mie braccia mentre io godendo nel tuo corpo ti chiamo sommessamente con il nome di un uomo inchiodato nel sogghigno che mi attraversa il viso.

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Capitolo 3
*** Memories. ***


Achtung: questo capitolo contiene incesto, anche se i due non sono fratelli di sangue, se la cosa vi disturba virate e cambiate rotta, per quanto non sia nulla di spinto.



Tormento, Memories.

 

 

< Fraaaateeeeellooooneeee??! >

Il bambinetto vispo si attaccò alla gamba del ragazzo moro che se ne stava tranquillamente in piedi in veranda, al tramonto.

< Heila, peste >

Sulle labbra del più alto si dipinse un sorriso caldo, affettuoso.

< Ho fame! Mi dai qualcosa da mangiare? >

Gli occhietti azzurri del bambino rimanevano insistentemente puntati verso l'alto, pieni di gioia e speranza. Vitali seppur fosse improponibile definire tale lo sguardo di un freak*.

< Va bene, vieni >

S'avviarono così all'interno della villa, dopo che il moro ebbe appoggiato il libro che stava leggendo prima di essere assalito. L'aveva appoggiato senza farvi troppo caso sul tavolino all'ingresso.

Il grande salone ben illuminato li accolse.

 

{ tetro e cumulo di ragnatele, polveroso e dimora di vecchi fantasmi. Mi raggomitolo nel buio, affondando nell'odore del legno tarlato. }

 

< Lo sai però che non c'è molto qui in campagna.. >

Un sorriso raggiante in risposta, da parte del biondino..

< fratellone Kade, se sei tu a darmela mangerei qualsiasi cosa >

Il piccoletto afferrò la mano dell'altro e lo precedette tirandolo con sè fino alla soffitta, due piani più in alto, due rampe di scale più vicini al cielo.

Dietro di lui Kade sorrideva, osservando la sua allegra figura con languore.

< Calmo Timmy, adesso.. >

Lasciò cadere nel vuoto la frase inutile, catturato da un fruscio fece scattare il braccio.

Uno squittio disperato e una presa stretta.

Porse al bambino un topo grigio, non troppo grande, ma abbastanza per una merenda.

Timothy lo afferrò ignorando i versi che emetteva l'animale, nel quale affondò i denti .

 

{ Ora quella soffitta pullula di ratti che di notte zampettano luridi per tutta casa.

Odio il loro versare acuto e complice.

Grattano le porte e rosicchiano i mobili come a vendicare i loro avi. }

 

< Mi dispiace che non possiamo permetterci di meglio durante il giorno. >

Il biondino lasciò da parte il corpo esangue del ratto, leccandosi le labbra sporche di sangue scuro.

Stirate in un sorriso infantile, così in contrasto con l'aria sinistra dei canini acuminati imbrattati di vermiglio.

< va bene così fratellone >

Tese le braccia per poi avvinghiarle attorno al collo del moro, il quale, un po' sbalordito da quel gesto improvviso, ricambiò leggermente in ritardo cingendogli la vita.

< ti amo tanto fratellone <3 >

 

{ La tua voce non riempie più le mie orecchie con quelle parole che solo da te ammetto.

Solo dalle tue labbra sottili e dal tuo corpo minuti accetto. }

 

Il moro gli accarezzò la schiena, chiudendo gli occhi nel tepore tenero del suo collo, premendo le labbra contro la sua pelle diafana e profumata d'innocenza.

Dalla boccuccia del bimbo uscirono ancora quelle parole, come una cantilena, in soffi di sangue.

< staremo insieme per sempre, e io sarò la tua sposa: Timothy W. Arkwright. >

< certo, sarai la sposa più bella dell'universo >

Rise scompigliandogli la chioma bionda.

< staremo insieme per sempre fratellino, te lo prometto. >

 

{ Invece di fronte agli occhi mi si para il tuo scheletro carminio, fragile e chiuso in una teca fredda.

Se mi concentro posso sentire chiaramente le tue risa cristalline tramutarsi in grida disperate.

Mi siedo sul nostro vecchio letto e ti guardo. In foto sei più paffuto di ora.

< ti ricordi la luna Timmy? Era così grande la sera che hai smesso di soffrire. Così luminosa... >}




 

* Freak: termine ripreso dal manga/anime Hellsing in cui si usa il termine Freak per definire i vampiri

 

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Capitolo 4
*** Sweet Demon. ***


Tormento, Sweet Demon.

 

Mi aggiravo nel salone, cercando il suo profumo tra l'odore della folla. Non mi spiegavo la sua improvvisa sparizione, eppure doveva essere lì. L'avevo persa di vista solo per un attimo, un insignificante battito di ciglia.

Non che il panico si stesse impossessando di me, ma un vago senso di vertigine mi rendeva quasi spaesato. Io, spaesato. Impossibile.

Gettai un'altra occhiata alla folla e finalmente la vidi, la sua chioma bionda raccolta in quella capigliatura elegante da cui scendevano boccoli del color del grano. Sorrisi fra me, sollevato, andandole incontro.

Non mi resi conto di urtare gli altri invitati con ben poca grazia, senza scusarmi, ma con quel sorriso sulle labbra.

La raggiunsi, con il braccio destro le cinsi delicatamente la vita, rimproverandola con lo sguardo quando si voltò verso di me 'Arianne, insomma..'

Mi sorrise dolcemente, come una bambina che si scusa per il suo pasticcio

'non dovresti scapparmi così'

Le sue iridi si tinsero di furbizia e le labbra piene e ben modellate si curvarono in un sorriso più adulto.

Era il suo gioco, adorava farlo, per istigare la mia gelosia. La divertiva sentirsi adorata e cercata.

Appoggiò la sua mano guantata sul mio avambraccio, chiedendomi un ballo, sapendo già che avrei acconsentito.

Certamente era sicura di sé, sapeva di non poter sbagliare nulla, così accadeva nelle cose importanti. Calcolava ogni minimo particolare, era astuta, si destreggiava con maestria nell'alta società, quasi alla pari con me. Così ci eravamo conosciuti, come in quasi ogni unione di quei tempi accadeva. Era bella, invidiata, pareva non invecchiare mai, sempre fresca e splendida, con quella pelle color pesca morbida anche per lo sguardo. Mai scomposta, sempre precisa ed impeccabile. Ricca, intelligente e colta. Tutti la desideravano e odiavano.

Io l'amavo.

Ero possessivo, letale, bramato, affascinante, immortale. Aveva già funzionato una volta, catturata la preda nella mia tela l'avrei sfinita e poi uccisa, impossessandomi di tutto ciò che aveva.

Ma lei... lei aveva qualcosa che col tempo, osservandola, mi attrasse. Diventò fatale e fui io a cadere nella sua trappola. Eravamo persi uno dell'altra, senza vie di scampo. Ne parlai e riparlai con chi era fidato e la sposai.

La coppia dei pettegolezzi, il conte di Arkwright e la bella Delacroix.

Di giorno sulle bocche di tutti, di notte uno sulla bocca dell'amante.

E così passava il tempo.

 

 

●●●

Si era stancata, voleva andarsene. Provai di nuovo quel brivido nel piegarmi al suo volere 'certo, come desideri.' le sorrisi affabile, gentile, come mio solito.

Una voce dentro di me continuava a chiedermi di ucciderla, quello era il mio scopo.

Uccidila e tutto quello che ha sarà tuo. Migliorerai, non hai bisogno di nessuno.

'se diventasse la mia sposa anche nell'altra vita..'

Non ti azzardare.

Quella notte giacemmo nello stesso letto come sempre, consumando ogni passione, sedando ogni bisogno febbrile. Era strano, a volte aveva un bagliore non umano nello sguardo, troppo pungente per appartenere a chi come lei non aveva più di vent'anni.

 

●●●

 

E successe. Mi convinsi di aver perso l'amore per lei dopo qualche anno. Mi ingannai così bene da credere ad ogni parola che mi ripetevo. Non la sfiorai, ma morì. Ricordo la sua stanza, addobbata ordinariamente, uguale a sempre, se non per il suo corpo morto disteso tra le coperte e i guanciali. Ricordo quella stanza, solo in parte, è sfocata nella mente. C'era Savastian con me. Cosa faceva lì? Ma certo, mi aveva raggiunto appresa la notizia.. a quei tempi non potevi viaggiare così velocemente. Mi chiesi come potesse essere già lì.

Ricordo le zie di lei, senza lacrime e con i ventagli in mano. Ricordo l'occhiata che lanciai allo specchio e quella sensazione di trovarmi in un sogno. Era apparsa una ragazzina dai boccoli castani, andai a chiudere la porta e non riuscii, sentendomi assalire da un senso di terrore e nausea. Mi ritrassi, chiedendomi come gli altri potessero non far caso a cosa succedeva. Sembrava non stessi facendo nulla di insolito per loro? Con gli occhi sgranati e il cuore in gola, avrei dovuto suscitare qualcosa. Guardai stordito i sogghigni delle due donne. Mi uscì dalle labbra un rantolo sommesso, loro sapevano. 'Arianne..' sentii il cuore balzare in gola, in un moto di terrore puro mi strinsi alla parete. Gli occhi di lei, due pozzi neri, senza fondo, liquidi, mi fissavano in maniera sinistra mentre si avvicinava. Dov'era finito il suo dolce sorriso? Vedevo solo quel sogghigno troppo largo per il suo viso, i denti aguzzi. Non riuscii nemmeno ad urlare che lei sparì, svanendo addosso a me come un fantasma. Mi chinai in avanti uggiolando, tenendomi il capo tra le mani e tremando. Savastian mi mise una mano sulla spalla poi svenni.

 

 

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L'ultima parte è tratta da un sogno che ho fatto, quindi non so se è resa bene visto che non riesco a dividere la visione di qualcuno che legge dal mio ricordo del sogno.

Fatemi sapere così farò in modo di sistemarlo in maniera decente..

forse è anche ora di spiegare qualcosa: Kade Ivanhoe Llewellyn Arkwright è uno dei miei personaggi più importanti, diventato vampiro a 27 anni ora ne ha 386. Nato il 22 Luglio 1626 a Londra. La sua prima moglie è quella di cui parlo nel secondo capitolo, in questo si tratta di Arianne Olette Delacroix, sua seconda moglie che poi scoprirà essere un demone che si stabilirà nella sua testa rendendolo instabile mentalmente e gli darà problemi con tutte le sue relazioni poiché sarà sotto forma di vocina malvagia nel suo cervello. Lo spingerà a fare cose decisamente controproducenti.

Nel capitolo precedente parlo di Timothy Walker che poco prima della seconda guerra mondiale diventa fratello adottivo di Kade, innamorandosi di lui e venendo ovviamente ricambiato. In seguito verrà preso dall'esercito e verranno fatti esperimenti su di lui, quindi Tim verrà ucciso da Kade alla fine della guerra durante una delle sue crisi in cui perde il controllo di ciò che fa. Kade non si perdonerà mai per averlo ucciso e continuerà a tormentarsi. Per ucciderlo utilizzò il suo potere di cristallizzare il sangue, coreografico ahn?

Sessantasei anni dopo, ossia ai giorni nostri, ritrova la sorellastra che comparirà nelle prossime storielle.

Savastian Lovinescu invece è un vampiro che incontrò circa a centouno anni, con cui ha conservato una sorta di storia basata sull'odio-amore da parte sua e la devozione incondizionata da parte di Sav.

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Capitolo 5
*** Useless. ***


Tormento, Useless.

 

 

Cosa resterà di me nel tempo?

Sopravvivo infinito tra le ere, ma cosa resterà di me?

Non si avrà un corpo, se morissi diventerei polvere.

Saranno forse i ricordi di un qualche mortale destinato a perire?

O i ricordi di un mio simile menefreghista e altezzoso, senza sentimenti, che mi mischierà ad altri mille?

Sarà la mia villa divorata dalle rose?

Magari sarà trovata e ristrutturata, poi venduta a qualche ricco che non vi passerà un sol minuto.

O magari andrà in rovina consumata dalle ore e si sbriciolerà mischiandosi al fango.

Non resteranno foto perchè una pellicola per quanto efficiente non può catturare la mia immagine; resteranno forse scritti ingialliti e dimenticati da tutti che mi ritrarranno come una delle tante leggende poco credibili, uno dei tanti oscuri figuri della storia.

Ogni cosa, materiale o immateriale che sia, è destinata a dimenticarmi.

Ed è per questo che sopravvivo.

Per ricordare agli altri che piaga sono, che esiste qualcuno indubbiamente meglio di loro capace di schiacciarli a suo piacimento e capriccio.

Solo io ho memoria di me stesso.

 

 

Mi sposto stancamente da questa scrivania consumata (anche lei mi sta già abbandonando) e accartoccio questo foglio inutile.

I miei pensieri sono senza valore trascritti su una cosa così effimera.

Lo getto nel camino e il fuoco lo brucia, lambendolo con le sue fulgide fiamme, come brucerebbe me se solo allungassi una mano.



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ps. il mio vampiro non è ignifugo.

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Capitolo 6
*** Breathe the Distruction. ***


Devo dare ancora spiegazioni prima che leggiate questo capitolo, magari più avanti ne rivedrò l'ordine, ma per ora è poco chiaro il filo cronologico anche per me.
Isabelle è un demone della vendetta dai capelli mori che si presenterà nella vita di Kade per sfizio.
Comparirà senza uno scopo per poi trovarlo nel tormentare lui e la sua famiglia, dando problemi soprattutto a lui in quanto naturalmente gli ricorderà Arianne -sua seconda moglie-.
Stan invece è Stanley Stevenson, ragazzino umano di diciassette anni che ha raccolto dalla strada in quanto padrone di un sangue piuttosto raro e prelibato, essendo Kade il Master della città ha deciso bene di accaparrarsi questo dolcetto. Stan è perdutamente innamorato di Kade e continua ad esserlo nonostante questi lo tratti male e a volte lo ferisca anche fisicamente in maniera molto pesante, sempre a causa delle sue “crisi”.
Questo capitolo è collegato allo scorso 'Sweet Demon', si scoprirà il ruolo di Savastian, che tra l'altro non so se spiegare dopo la storia o scrivere un capitolo vero e proprio, magari un parere potrebbe essere d'aiutino TAT So che scrivo in modo contorto, questo perchè lui è contorto. Fatemi sapere se è davvero incomprensibile allora cercherò di migliorare. ò_ò

 



Tormento, Breathe the Distruction.

 

Carponi sul pavimento, gli occhi spalancati e il sangue che dalla bocca e dal naso gocciola sul pavimento ad alimentare la pozza che ho tossito poco fa.

La guardo, mi ci vedo riflesso e sogghigno.

Tendo una mano e con l'indice tocco la mia guancia riflessa, dapprima in una carezza lenta, poi con un ringhio distorco l'immagine con l'intera mano, la stessa che subito dopo mi stringo al petto, sporcandomi i vestiti.

Respiro a fatica, in rantoli lenti, come la bestia ferita che sono.

Ferita sia nell'animo che nel corpo, martoriato e tremante.

Ora che faccio mente locale in un folle attimo, mentre rivolgo lo sguardo fuori dai vetri opachi della finestra per adulare la luna -bella e sempre spiatata- , mi rendo conto che poco fa stavo scappando.

Ah, già, scappavo e come una ragazzina da film horror sono inciampato nelle scale, proprio all'ultimo gradino, finendo a terra lungo il corridoio.

Se io sono qui fermo a pensare.. dov'è la cosa che mi ha messo tanta ansia da permettermi di sentire ancora il tonfo accelerato e pieno di terrore del mio cuore?

Mi volto di scatto e punto lo sguardo quasi offuscato in fondo alla scalinata: eccola là.

Mi fissa, ghignando, con la fila di denti aguzzi ben in vista. La conosco, sì, l'ho già vista da qualche parte.

Assomiglia a quella donna demone che mi ha creato tanti problemi, Isabelle, eppure nei miei occhi la sua immagine si sovrappone a quella di Arianne, quell'Arianne del mio sogno che mi odiava con gli occhi neri e liquidi.

Sento nell'aria un gemito di paura, flebile, che sfuma quasi subito e mi rendo conto solo in un secondo momento che era la mia voce. Tento di alzarmi e in una scena pietosa scivolo con la mano sul sangue, perfetto.

Rido sommessamente, poi gradualmente alzo il tono finché la mia risata malsana spezza il parziale silenzio, prima rotto solo dal mio respiro affannato.

La cosa senza smettere di sfoggiare quel sorriso agghiacciante mi raggiunge, mi tira verso di sé per una caviglia, io cedo, continuando a ridere, tra la disperazione e l'orgoglio che mi impedisce di scappare vigliaccamente.

Mi giro sulla schiena e prendendo una manciata di coraggio -tentando quindi di ignorare il groppo alla gola che mi spinge a piangere- la fisso negli occhi.

Quei pozzi d'ebano per i quali sento salire lungo la schiena un brivido quasi doloroso, vorrei distogliere lo sguardo e gridare con quanto fiato ho.

Invece la indico mentre la mia risata scema in un sibilo isterico

'povera illusa.. io sono il Master di Londra.'

i suoi occhi mi dicono che non le importa, lo so da me, è stata una cosa stupida da dire tra tutte quelle che potevo scegliere.

Ho quasi fame, così debole e circondato dal sangue. Se mi vedessi dall'esterno sarebbe esilarante, ma che dico?, lo è anche così.

Sto steso a terra impiastricciato di sangue rappreso dalla testa ai piedi, con un'espressione chiaramente terrorizzata che pretende di essere spavalda, aggrappato al pavimento con le unghie -ehi, non ci avevo fatto caso- il demone che sfila dalla cintura dei pugnali con la lama d'argento.

So che sembrerà assurdo, ma quello funziona e fa maleUn dolore immane quando me li pianta nelle spalle e io grido, se fossi la causa, l'artefice di questo magnifico verso ne sarei compiaciuto.

Bruciano, la carne frigge e fuma, quasi come se mi trovassi sotto i cinquanta gradi di un sole mediterraneo.

Mi sfugge un altro lamento quando la creatura infierisce girando un paio di volte entrambe le armi, scavando l'osso che sento sbriciolarsi sotto la forza impietosa.

È allora che si inginocchia accanto a me, senza paura che io reagisca, visto che non riesco più a muovere nemmeno un dito e mi sfiora la mascella con l'indice, in una dolce carezza prima di afferrarla con forza per chinarsi a mordermi la guancia.

Avverto i denti affondare fino a scontrarsi coi miei ed è allora che si risolleva con un sonoro rumore di strappo e sento colare il liquido viscoso fino al mio orecchio, urlo di nuovo, la mia carne nella sua bocca che in poche distratte masticate finisce nel suo stomaco.

Non mi ucciderà subito, si godrà il mio dolore soffocato bevendolo come un liquore pregiato. D'altro canto sto diventando il suo pasto.

Mi osserva minuziosamente come si guarderebbe una tavola imbandita e solo allora mi sfila i jeans ridotti a brandelli. Non guardo, per questo sento distintamente le sue dita affusolate infilarsi con prepotenza nella carne e strapparne una manciata dalla coscia, sento le sue unghie raspare contro l'osso nel tentativo di far presa su quel fascio di muscoli e sangue. Mi gira la testa, faccio fatica a tenere le palpebre aperte, tanto vale abbandonarsi al proprio destino.

Ingerita quella parte di me si diletta nel prenderne una porzione del fianco, solo dopo aver frugato appassionatamente tra i miei organi, che di tanto in tanto ha assaggiato, evitanto il cuore s'intende.

Ho sputato nuovamente sangue quando mi ha morso un polmone, mi chiedo che razza di sapore debba avere, mi rispondo sicuramente disgustoso.

Banchetta stando attenta a lasciarmi in vita, tuttavia abbondantemente, il dolore è talmente insostenibile che ho smesso di sentirlo qualche ora fa, quando ha pensato di cominciare e rosicchiare il midollo della mia spina dorsale, scegliendo le vertebre con cura.

Non avrei mai immaginato di essere così lento da mangiare.

Volto gli occhi pieni di lacrime verso di lei, in quel momento mi accorgo che non è la mora, bensì proprio Arianne.

Rido sommessamente, per quanto risulti un suono vuoto.

Ironia della sorte, a volte tira davvero dei brutti scherzi. Me lo sono meritato.

'vedo che non sei cambiato Llewellyn, sei sempre patetico. Vai in crisi con niente. Ci sono vampiri che hanno resistito molto più a lungo di te. E tu invece già piangi. O è perchè sono io? Ma ti amo ancora.'

la nota allegra nella sua voce è quella che mi ferisce di più.

Allora sono i demoni a decimare noi immortali. Si nascondono fin quando gli va poi ci divorano. Ad averlo saputo non avrei attentato alla sua vita, forse mi avrebbe concesso come pasto a qualcun altro.

Le sue dita morbide si chiudono attorno al mio cuore come io abbasso le palpebre prendendo un faticoso respiro

'è stato bello passare con te gli ultimi duecento anni'

un allarmato punto di domanda mi fulmina la mente.

'non mi sarei divertita tanto se non fosse stato per...'

 

 

Trasalisco. Sono nel mio letto, seduto, affannato col cuore che martella nelle tempie. Mi vuole un attimo per capire che sono vivo, intero e accanto a me un respiro pesante da sonno mi segnala la presenza di Stan. Piego le ginocchia, mi chino in avanti e vi appoggio la fronte. Stringo gli occhi esasperato emettendo un debole lamento. Mi sfugge la solita singola lacrima, prima delle altre mille che verso in silenzio, nella solitudine del corridoio.

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Capitolo 7
*** Meeting Destiny. ***


 

Tormento, Meeting Destiny.

 

Ci troviamo davanti ad un Savastian ventenne che cammina per la città di Londra.

Sicuro, fiero, con lo sguardo fisso e l'incedere di chi si sente potente.

I capelli castani, scuri, gli occhi violacei, la corporatura ben tornita fasciata da un completo elegante.

Si trova lì, lontano dalla sua terra natia per una delle solite riunioni delle classi nobili di vampiri, per assistere ad interminabili discorsi sull'andamento della stirpe e delle varie diatribe intestine.

Un noioso ritrovo di aristocratici noiosi ed altezzosi tipico dei vecchi non-morti (noiosi sia chiaro).

Per questo ha deciso di allontanarsi dal ritrovo prima del tempo per prendersi una pausa e fare una passeggiata, una breve ricognizione in giro per la città, per conoscerla meglio e scovarne gli angoli nascosti. 

Anche se a dirla tutta quella camminata non è del tutto casuale. Era stata innescata l'idea da un ragazzino ancora umano, quello che aveva attratto l'attenzione di tutti i presenti.

Capelli insolitamente lunghi fino a metà schiena e neri, un paio di occhi notevolmente freddi e di un azzurro penetrante, non alto e corporatura minuta.

E ora ammettiamo pure che lo stia pedinando.

Da lontano, guardingo, prestando attenzione a non farsi notare. Comincia a sentirsi un predatore impiegato in una caccia silenziosa, respira l'aria dilatando le narici, carpendo l'odore del sangue anche da quella distanza.

 

Passiamo allora a questo Kade sedicenne, che di anni ne ha davvero sedici e non li dimostra soltanto, quel ragazzino che per ora è ancora Llewellyn del casato Arkwright. Il classico soggetto pieno di sé con una certa arroganza, il ragazzino che sgattaiola via dalle feste inutili a cui lo portano i suoi genitori.

'Per l'immagine' dicono 'per trovarti un buon partito' ribadiscono.

Ma a lui cosa importa? Sa cosa l'aspetta, e non vuole ancora avere nulla a che fare coi suoi doveri.

Ne tanto meno con la vita da vampiro, per quanto gli piaccia la notte.

Per questo semplice motivo gira a quell'orario improponibile, è alla ricerca di esperienze, come ogni piccolo ribelle che si rispetti.

Ogni tanto indugia, si perde a guardare il cielo, tergiversa indeciso se girare per le strade ancora o tornare indietro, nel nido sicuro che hanno costruito attorno a lui.

Spesso alla fine opta per continuare. Come anche questa sera e d'improvviso sparisce giù per una stradina.

Si è accorto di essere seguito, naturalmente, il contatto con altri della loro specie l'ha reso sensibile in questo senso, gli ha acuito i sensi, possiamo dire che percepisca quando è vicino ad uno di loro.

Infatti poco dopo sorprende il ragazzo alle spalle, senza ancora proferir parola, sa di esser stato notato per l'odore dolciastro del proprio sangue ancora caldo.

< Mi state seguendo. > afferma con voce piatta alzando lo sguardo algido in quello del moro che si volta lentamente, rivolgendogli un sogghigno tipico di un vampiro ventenne ed affascinante.

Con un cenno del capo quest'ultimo china il busto in avanti, schiude le labbra per lasciare che la propria voce s'infranga bassa e calda nell'aria.

< Ammetto che avete attirato la mia attenzione.. >

Il ragazzino squadra l'individuo, ne soppesa le parole, arcua il sopracciglio destro sbilanciandosi leggermente all'indietro per evitare anche solo l'aria mossa dal movimento dell'altro, come se potesse essere gravida di peste nera.

Per l'esattezza: non cede a quel fascino che finora con molta probabilità non aveva mai fallito. E sibila con una costante nota ironica inadatta al suo corpo ancora piuttosto puerile < vi è forse qualcuno a cui non è accaduto? >

il più alto sorride per poi guardarsi intorno assicurandosi che non ci sia nessuno nelle vicinanze, anche se a causa del severo coprifuoco dubita che altri -vampiri esclusi- siano in giro.

< Non mi sono spiegato bene, sicuramente avrete frainteso.. Non avete attirato la mia attenzione per il fatto che siete ancora chiaramente umano, è stata la vostra bellezza. Sarò schietto fin dal primo istante, sono interessato solo alla vostra innocente bellezza. >

Al che, se possibile, il più piccolo alza maggiormente il sopracciglio scuro che poco dopo viene raggiunto dall'altro a descrivere un secondo arco sulla fronte del ragazzino.

Si scosta una ciocca di capelli da davanti al viso: < innocente? >

< Innocente. Non lo siete forse? > il vampiro non può fare a meno di sorridere nel vedere il suo stupore, stuzzicandolo apposta per sincerarsi che la cosa lo smuova un po' e lo incuriosisca.

< O forse la vostra le è già stata strappata da qualcun'altro? > e sorride furbo con arroganza appena accennata.

Sicuramente non si sarebbe mai aspettato la risposta che ora gli scalfisce le orecchie duramente, coronata dal leggero inclinarsi del capo corvino e la curvatura infinitamente falsa di un sorriso.
< Forse ad uno come voi occorrerebbe capire quand'è opportuno tener a freno la lingua piuttosto che parlare a sproposito riguardo cose che non vi competono e in tutta sincerità il vostro interlocutore potrebbe andare a riferire a chi di dovere con lo scopo di farvi finire sul lastrico. >

Fa un passo verso di lui, il ragazzino, e premendo il dorso della mano guantata contro il suo braccio lo scosta per proseguire lungo la strada, rendendo ben chiaro un < con tutto il rispetto. >

 

Savastian scatta, gli prende il polso che poi gli rivolta dietro alla schiena. Si china per annusare dietro l'orecchio del ragazzino, l'odore del sapone che usa per lavarsi,sussurrandogli sulla pelle < Ma non lo farete. Ottengo sempre quello che mi interessa. Ed il mio interlocutore sconosciuto non me lo impedirà. >

 

Llewellyn si irrigidisce alla presa ferrea sul proprio polso che manda un accenno di dolore, per cui volta il viso di tre quarti e scocca un'occhiata di puro odio al proprio interlocutore

< giù le mani. Non osate toccarmi, ne sottovalutarmi. Per quanto possa essere giovane ho affossato più avversari di quanti ve ne aspettiate, non mi farò scrupoli solo perché siete uno straniero. >

Si libera dalla sua stretta con uno strattone stizzito e sfoderando la versione acerba del suo sogghigno si volta e adagia molto gentilmente uno schiaffo in pieno viso all'altro, con la mano inanellata che quindi gli spacca l'angolo del labbro inferiore.

Il vampiro com'è logico ringhia a quel suo gesto, prendendo l'umano per i fianchi per spingerlo contro al muro, senza fare altro, solo respirando contro alla sua pelle, vicino al suo orecchio una seconda volta. < Che ne dite di darmi il vostro nome? >

L'impatto con le pietre umide e fredde della costruzione alle sue spalle trasfigura il ghignetto del ragazzino in una smorfia tra l'infreddolito e il disgustato

< sono il figlio del Conte Arkwright, Llewellyn Arkwright. >

v'è aria di sfida nel suo sollevare il mento, nell'assottigliare lo sguardo.

< voi siete Savastian Lovinescu, dacă nu mă înşel... > {se non mi sbaglio.. ndA.}

e questi lascia la presa sorpreso dal fatto che lo conosca così bene. Ripete mentalmente il nome del ragazzino, deglutendo.

Si lecca il sangue dal labbro, primo avvertimento ricevuto, forte e chiaro.

Riporta l'attenzione al moro e gli prende il mento tra due dita: < E ditemi, signorino Arkwright, io non interesso vossignoria neanche un po'? >

e nuovamente la risposta arriva senza indugi, senza farsi desiderare.

< Vi aspettavano tutti quaggiù, c'era un gran fermento tra tutte quelle sanguisughe rattrappite. Naturalmente mi interessate, ma questo non vi autorizza a credere che mi getterò tra le vostre braccia come una donnina qualsiasi. > si sfila il guanto macchiato dal sangue dell'altro e in un paio di gesti si è scostato le sue dita dal viso e gli ha piazzato sul palmo il suddetto accessorio.

 

Non capisce, davvero non capisce, Savastian, cosa ci sia di così affascinante in quel moccioso. Non capisce come possa essere così svelto, così pieno di sé ed arrogante.

prende il guanto per portarselo al viso ed annusarlo con un sorriso raddolcito, lo sguardo piantato in quello del Conticino Arkwright, con la speranza che legga in essi il proprio interesse

< Cosa dovrò fare per attirare la vostra attenzione? >

 

Dal canto suo l'umano si diverte, si diverte sempre a prendere in giro chi si prostra ai suoi piedi, per qualsivoglia motivo lo faccia. Trova esilarante sentirsi così importante e vedere che effetto sortisce sugli altri individui la propria superiorità.

< Per esempio giurarmi eterna fedeltà con una spassionata confessione d'amore, o magari accettare un patto scritto col sangue riguardante eventuali aiuti in una rivolta contro lo scarso governo della Popolazione Notturna. Ad uno di questi due brillanti individui imboscati in una strada secondaria e malfamata -che non siete voi- non aggrada affatto la maniera di governare degli attuali aristocratici. >

E si stringe nelle spalle come se non avesse appena dichiarato di avere un ego mostruoso legato ad idee ribelli, il tutto rilegato in quello sguardo così gelido da sembrare inadatto montato su un corpo caldo.

 

< Indubbiamente avete delle idee...'particolari'. Se mi permette di giurarle fedeltà in una possibile rivolta, lo farò. Riguardo all'Amore ci andrei cauto, siete affascinante ma farvi una confessione così su due piedi lo trovo azzardato. >

Un inchino, sorridendo e porgendogli la mano, per poter aver l'onore di baciare quella del ragazzino sul dorso.

 

< E voi avete un inglese niente male. >

Vi aspettereste mai che un ragazzo di nobili natali si chinasse leggermente a leccare il palmo della mano di chi gliela porge con reverenza? E' quello che fa, ridendo, per poi riprendere davvero a camminare, questa volta diretto verso la campagna.

< i giuramenti non valgono nulla, ho assistito ad abbastanza trattati per sapere che a stento quelli riescono a resistere. I vampiri degli attuali piani alti lasciano molto a desiderare in fatto di onore e lealtà e noi ci siamo rivolti la prima parola giusto dieci minuti fa. >

 

< Questo sì ma se vi dicessi che ho le vostre stesse idee sul piano sociale? >

camminandogli dietro a passo svelto si avvicina incredibilmente al suo orecchio per sibilarvi dentro provocando all'umano un brivido che gli corre veloce a fior di pelle lungo la spina dorsale, svegliandogli i sensi

< Aspetterò che diventiate un vampiro e poi vi servirò.Così vi farò vedere che non sono uno di Loro. > aggiunge il più grande superandolo per camminargli ora davanti, soddisfatto di aver trovato un soggetto così interessante.

< in tal caso vi prenderei già più in simpatia. Anche se un vampiro non ne serve mai un altro davvero, sono tutti troppo altezzosi. Ovviamente a meno che uno non raccolga abbastanza potere per imporsi, per esempio >

si ferma in mezzo al selciato a fissare le spalle del vampiro che ora lo precede, riflette qualche istante su una risposta all'altezza da potergli lanciare come contentino, una risposta che possa distrarlo dal fatto che sta per saltargli sulla schiena.

< cominciate da ora. La vedete quella lucina là in mezzo agli alberi? >

E infatti eccolo arrampicarsi con un saltello sulla giacca sfarzosa dell'altro che incassa quel colpo senza ribattere, anzi, lo asseconda, lo sorregge su di sé. Porta lo sguardo al punto indicatogli concedendosi l'ennesimo sorriso dal quale esala

< cosa volete che faccia Signorino Arkwright? Farò tutto ciò che desiderate. >

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Capitolo 8
*** Sunset. ***


Non so se alzare il rating per questo capitolo, occhio.

Tormento, Sunset.



Un gemito che fende l'aria, un sospiro lamentoso e l'arcuarsi di una schiena liscia e coperta da un'impercettibile patina di sudore lucido.


Uno sfregare del bacino sull'altro, una spinta lenta e profonda, un ringhio rauco che scappa da un paio di labbra schiuse, arricciate a scoprire i denti nel contrarre l'espressione dal piacere.


Una risata sommessa si accalca subito dietro ad un verso basso.

La presa del più grande sui fianchi del vampiro sempre più stretta, quasi dolorosa e rovente.


< Perchè ti fermi? >


un altro ringhio frustrato da parte del castano, stavolta, coperto quasi totalmente dalla risata del moro che prosegue cristallina, ma velata di furbizia.


< Perchè mi piace vedere la tua faccia e godermela senza saltellare sui tuoi lombi come una scolaretta in calore.. >


nonostante le parole che soffia in tono ironico riprende i movimenti con una cadenza sensuale, facendo in modo di soddisfare entrambi, toccando i propri punti di piacere e contraendosi attorno all'erezione pulsante che sprofonda nel suo corpo ogni volta che desidera, attratta magneticamente dalla morsa quasi bollente delle sue viscere.


< mi ami, Savastian? >


gli graffia il petto, sottolinea così con estrema chiarezza con quanta cattiveria pone la domanda, quanto ardentemente e passionalmente desideri una risposta, trascinando le unghie dentro la pelle verso il basso, verso gli addominali tesi del rumeno.


< mi ami alla follia? >


proferisce con tono di chi sembra aver bisogno di acqua nel deserto, di luce in un inverno polare, di aria dentro una scatola di metallo. Si porta una mano alla bocca e si lecca la parte inferiore delle dita, ora macchiate di sangue. Fa scorrere il muscolo tiepido contro i polpastrelli per assaporare la linfa ferrosa proveniente proprio dal corpo dell'uomo sotto di sé, quello che ha appena sfregiato.


Un tremito, un affondo brusco, un ribaltarsi di posizioni.

Un bacio sulle labbra ansimanti, un morso sulla mandibola.


< Sì, ti amo da impazzire. >


Si sente ancora l'eco della voce calda del vampiro più grande che a quel punto accelera i movimenti del bacino, lanciandosi anima e corpo nella brace ardente del suo amante.
Si concentra sul punto che sente far letteralmente tremare di goduria il ragazzo sotto di sé, vi insiste sopra, schiacciandosi col peso del suo stesso essere sul suo.

Si china a succhiargli le labbra strappando via il sapore di sangue che ancora vi indugia sopra, scostandosi poi per guardarle diventare rosse. Più fa scorrere le proprie iridi sul suo viso, sulla tensione dei muscoli del moro che si tende ed arcua ad ogni spinta, più ascolta i suoi respiri affannosi, i propri mischiarsi ad essi, e più vorrebbe distruggere quella bellezza insopportabile.

Vorrebbe dilaniare le sue membra, vederlo implorare e supplicare, ma sa che non otterrebbe mai e poi mai tale risultato, perciò si accontenta di intensificare al limite del sopportabile la forza con cui penetra le sue carni, tenta di annullarsi in lui, nel vampiro moro, nel suo Llewellyn, dargli tutto e morire stremato.

Liberarsi dalla prigionia di quell'amore eterno senza scampo.


< Tu mi ami, Catelus? >


Chiede con serietà, in parte pentendosi di aver posto la domanda, in quanto sa perfettamente che non riceverà risposta alcuna, ma purtroppo di quando in quando gli salta in mente di ritentare quella dolce pazzia, sperando spesso e volentieri invano.

Una risatina infatti si leva stridula in risposta, chiara e dolorosa, interrotta a metà da un gemito più alto degli altri, da macchie biacastre che finiscono con l'imbrattare il ventre contratto del più giovane.

Ecco dove va a parare il suo amore.

In un ammasso di cellule frenetiche senza futuro, sprecate sullo sterno bisognoso d'aria di un morettino impertinente.

Ecco cosa riceve in cambio, solo una stretta sulle spalle, un morso per ripicca.

Così è, la sua dannazione.

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