Cherry B(l)oom

di brightclaude
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Basta tapioca! ***
Capitolo 2: *** No Smoking ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Basta tapioca! ***


Basta Tapioca!




Come dice sempre mia madre, “cara pulce, prima o poi tutto finisce”.
 
Tralasciamo il “cara pulce”.

Tornando a noi, io do sempre ascolto alle parole di mia madre. Insomma, mi ha sempre aiutata ad essere una ragazza educata , a modo, una ragazza migliore. I capelli, il vestiario, il mio ragazzo, le mie amiche. Ci ha sempre preso, in un modo o nell’altro. E poi, è mia madre. Come farei senza di lei?
Eppure, questa volta, non volevo crederle…e quindi eccomi arrivata al giorno del diploma dovendo affrontare una realtà che fino ad oggi ho sempre negato: il liceo che finisce. E ora?
-          Pulce! La tunica! Ti prego, non dirmi che te ne stavi andando senza!
-          Mamma, tutto okay, me ne sarei ricordata…

Non è vero. Mi dimentico sempre di tutto. Almeno delle cose materiali, sicuramente.

-          Gesù, come sei carina, fatti dare un’occhiata…Jack? Vieni qua, vecchio rimbambito!


A quella chiamata non poteva che rispondere mio padre, Jacob Bloom Senior. Il classico uomo di Bloomington. Folti baffi, camicia larga e sporca, stivaloni di pelle…con quell’accento da provinciale che spesso viene preso in giro dagli stranieri, ma che qui adoriamo tutti.

-          Spara il colpo, Wendy! …Per mille codirossi, tesoro, sei proprio da farli stendere tutti a terra!
-          Grazie papà…

In tutto ciò si erano fatte le.. nove e mezza?! Ma io devo ancora finire la colazione…

-          Santissimi numi, ma è tardissimo! Non arriverò mai in tempo per la preparazione! Ci vediamo alle 11, mi raccomando, puntuali!

Correndo verso la porta sento un ticchettio sulla spalla destra.

-          Dimmi, Jake, non vedi che sono in ritardo?!
-          Ti porto io, sorellina.

In un secondo eravamo già nel vecchio e verde pick up di Jacob Bloom Junior, per tutti Junior ma per me Jake, il mio fratello maggiore. Il fratello migliore che si potesse desiderare. Beh, tranne quando qualcosa non gli quadra. Quando non si fida di qualcuno, quando non capisce cosa faccio, chi frequento o con chi esco. Cose che accadono molto raramente (per fortuna) essendo questa città talmente piccola ed essendo le persone che frequento sempre le stesse dai tempi dell’asilo.

-          Grazie Jake. Ci vediamo alla consegna dei diplomi?

-          Penso di sì, cioè, spero di fare in tempo. Il capo mi ha aggiunto altri 30 chili di legna da tagliare e esportare dalla ditta entro mezzogiorno. Chiederò aiuto a Luke, mi deve qualche favorino!
-          Okay…sii prudente!
-          No, sii prudente tu! Sono io il più grande, da quando in qua sei tu a preoccuparti per me?!
-          Da quando a Bloomington  non accade niente di brutto se non nella ditta in cui lavori, fratellone, cioè da sempre!

Scesa dalla macchina, mi rendo conto di quanto sia sempre più vicina la fine di tutto questo. Jake che mi porta a scuola, mamma e papà che bisticciano mentre faccio colazione, Adrie che mi scioglie puntualmente le trecce perché dice che sono troppo “Pippi calzelunghe”, papà che mi saluta chiamandomi “usignolo”, l’onnipresente tapioca di mamma, gli strani discorsi del prof. di algebra.

-          Buongiorno ciliegina! Sei pronta per questa fantastica giornata?

-          Harry…

Mi saluta con un bacio a schiocco sulle labbra e mi accarezza i capelli. Un gesto che continua a ripetersi da circa cinque anni ma che non mi stancherà mai.

-          Come fai a chiamarla “fantastica”? È terribile! Tutto sta per finire! La scuola, le nostre abitudini da una vita, gli amici, le nostre famiglie…io sono terrorizzata.
-          Ma no, ciliegina, devi guardare il lato positivo. Andremo in California, alla Stanford! Nella stessa università, tu ed io con mille altri nuovi ragazzi e ragazze da conoscere… il football, i corsi, il sole, il mare…
-          Sì, infatti, per fortuna avrò te. Penso che da sola non ce l’avrei mai fatta a convincermi di lasciare lo stato dell’Indiana.
-          …Io penso che l’avrei fatto anche se fossi stato solo...

-          Come scusa? Non ho capito!
-          No, no, niente.

La scuola brilla. Tutto è pulito, pieno di fiori e di coccarde. La nostalgia già si sta impossessando di me. Ora piango.

-          Cherry! I tuoi stivali, sono quelli delle medie vero? Mi ricordi quella stupida festa in onore dei padri fondatori… Stai facendo, come al solito, scempio del tuo corpo. Ma che cavolo hai addosso? Ti giuro sembri mia nonna Tonia. Anzi, non credo che nonna Tonia si sarebbe messa quel vestito a balze. Scommetto che l’ha scelto la cara Wendy. Ma dove pensa di stare tua mamma? Nell’Isola che non c’è coi bimbi sperduti? Perché giusto là quel vestito sembrerebbe carino, ti giuro.
-          Sì, esatto, sono quelli, Adrie. E comunque sei gentile e cordiale come sempre! Come stai? Tu sei felice di finire a New York?

-          Lo so, cara, ma non ti si può guardare veramente…Ma me lo domandi? Non vedo l’ora, cavolo! Basta con tutto questo legno, canzoni country, leggende sugli indiani e tapioca! Voglio andare nella Grande Mela, Cher, conquistare il mondo del giornalismo… conquistare il Times!
-          A volte vorrei avere la tua sicurezza! Io chissà che fine farò a Palo Alto…
-          Tesoro, sarai nella Contea di Santa Clara. Hai idea di cosa voglia dire?
-          Ahhh, la regione si chiama Contea di Santa Clara?
-          Oh Santo Cielo. Beh, lo scoprirai domani.
-          Domani…è così vicino…

-          Reagisci alla vita, cazzo, Cherry! Ché altrimenti ti si mangiano!
-          Sì, lo so, “cazzuta”…
-          Brava, vedi che te lo ricordi? CAZZUTA, HOOSIER!

E corre via. Adrie corre sempre via. Ma che avrà da correre? Sempre con quei jeans attillati e quelle maglie di cantanti rock… È sempre stata più avanti di tutti in questa città. La gente ancora ricorda di quando alle elementari si presentò alla festa dei padri fondatori vestita da Spice Girl e l’anno dopo da Presidente Bush. Sono sicura che finirà in qualche enorme giornale e farà carriera. La mia migliore amica… Già mi viene da piangere, Santi Numi.
-          Indossate le tuniche! Preparatevi in fila! Portate qui i documenti e le tessere della mensa!

Okay, ora dove mi cambio…dove mi cambio…

-          Ci cambiamo insieme?
-          Harry! Che ti viene in mente, se ci scoprono poi…sarà scandalo per tutta la città!
-          Ma quale scandalo e scandalo…partiamo stanotte! Chi ci rivedrà più qui?
-          Tutti! Tutti ci rivedranno! Perché torneremo qua, prima o poi…vero?
-          Oh, ma certo, ciliegina… Stai tranquilla, rilassata, respira…

Mi massaggia le spalle e io gli rispondo sorridendogli spaesata. Questo è l’effetto che mi fa da sempre. Harry è la mia unica certezza, ora più che mai. Sarà il mio punto di riferimento a Stanford, l’unica persona di cui mi potrò fidare. Che bello. Stiamo insieme dalle elementari, sempre insieme, io e lui. A scuola, alle feste, a casa mia, a casa sua. Siamo come già sposati. E adesso Stanford ci unirà ancor di più. Harry…

-          Senti, ciliegina. Guy mi ha lasciato come regalo d’addio le chiavi dello sgabuzzino… Sai, per preparare lo scherzo di fine anno a quelli del Club dei Padri Fondatori. E quindi…
-          Guy? Ma chi il bidello?
-          Ma...non è questo il punto! Ho trovato dove cambiarci…
-          Dove?
-          Ehm. Seguimi.



Okay. Pronta per la consegna dei diplomi. Sudaticcia ma pronta. Cavolo, Harry quando ci si mette a fare il cattivo ragazzo, gli viene proprio bene. È proprio bravo a recitare! È bravo in tutto! È bravo a recitare, a giocare a football… Beh, non proprio in tutto... A scuola non è molto bravino. Sono anni che gli passo i compiti di algebra, diritto e di storia! Vabbe, in compenso però è carino. È così carino, con quel naso imperfetto, quei capelli sempre
 in disordine come se ogni mattina avesse fatto a botte col cuscino e quelle braccia, così… lunghe. Adoro le sue braccia lunghe. Sono così carine!

-          Ti sei incantata.
-          Eh, sì, scusa, sì?
-          Dicevo, ti sei incantata. E poi, perché sei sudaticcia?

-          Ehm, sa-salto ad ostacoli.
-          Salto ad ostacoli? Stamattina? Prima della consegna dei diplomi?
-          Salto ad o-ostacoli. Stamattina. Prima della co-consegna dei diplomi.

Se ne accorge, se ne accorge, se ne accorge…

-          Hai balbettato, Cherry Bloom! La tua è una grandissima stupidaggine! Scommetto che è stato Harry a farti fare quattro salti ad ostacoli!
-          Adrianna Maria Harmony Tolls! Ma cosa ti passa per la testa? Ma che parole usi?
-          Non chiamarmi col mio nome, sai che mi fa incazzare!
-          Allora basta parolacce, Santi Numi!
-          Santi Numi di qua, Gesù dillà… Sei come mia madre, diamine. Che mi ha dato questo nome da suora!
-          Dovresti essere contenta. Il nome Maria ti porterà fortuna nella vita! E dovresti essere un po’ più cortese, signorinella.
-          Ma va, va.

La cerimonia dei diplomi. Mi viene da piangere. No, non piangere Cherry, che altrimenti nella foto dell’annuario del Senior Year vieni male, poi sai che roba con tutte le zie che ti chiedono sei hai litigato con Harry, se ti sei fatta male… Già sei sudaticcia.

 
 
-          Gesù, piccola mia, eri bellissima, uno splendore! Vedi che il vestito a balze rosse e marroni che ti ha comprato mamma ti stava un incanto? Cavoletti!
-          Splendida, usignolo… Uno splendido usignolo.
-          Grazie mamma, grazie papà…
-          Andiamo a casa.
 
 

Promemoria: passare il pomeriggio mangiando un chilo di Tapioca con i biscotti non è consigliabile prima di salire su un’aereo. Perché? Perché sono in aeroporto e devo andare in bagno!

-          Pulce, non piangere, pulce! Ci sentiamo, giuro, tutti i giorni! Una volta la mattina, una la sera, così sei più tranquilla! Ecco, prendi questa vaschetta di tapioca. Ti farà bene alle cervella!

Come fa a dirmi di smettere di piangere mentre anche lei piange? E… la tapioca? Ora vomito… BASTA TAPIOCA!

-          No, mamma, grazie ma basta tapioca.
-          Vedi Jack-Jack? Già sta cambiando, non vuole la tapioca!! Poveri noi, perché abbiamo acconsent…
-          Mamma, mamma, prendo la tapioca. Mi tra-traquillizzerà mentre sta-starò in aereo.
-          Ecco. Brava la mia pulce.
-          Ciao usignolo. Mi raccomando. Mangia tanto e bevi un boccale di birra al giorno. E che provenga da queste parti, sia chiaro, per tutti i galli cedroni.
-          Sì, papà. Mi mancherete… Tanto…

Mi giro. Vedo Harry. Va tutto bene. Più o meno. Devo andare al bagno, mi sto sentendo male!

-          Cherry Bloom!
-          Adrie! Dio, come mi mancherai. Ci sentiamo, vero? Sempre?
-          Certo, tonta. Ci sentiamo via skype. Hai preso il portatile, vero?

Portatile….ecco cosa…

-          Mamma?
-          Eccolo, pulce. Ti scordi sempre tutto, ah ah!

Mi volto verso Adrie. Ha uno sguardo diverso stanotte.

-          Ma, hai gli occhi lucidi?

Si gira velocemente e si strofina gli occhi con le maniche della felpa degli Oasis. Chissà chi sono questi Oasis…

-          Ma cosa ti passa per la testa, scema! Tiè, prendi questi cd, impara qualcosa sulla musica vera.
-          Musica vera? Mi stai contestando Johnny Cash? Gli Oak Ridge Boys? La Carter Family?
-          Ma quale Ridge e Carter, giusto Johnny Cash ti faccio passare. Qua c’è un po’ di tutto. Oasis, Kings Of Lion, Ed Sheeran, The Killers, Lana Del Ray, Britney Spears, One Direction…
-          One chi?
-          Vabbè lasciamo stare. Se non fossi la tua migliore amica avrei abbandonato questa causa persa molto tempo fa! Tu ascolta tutto… E fa buon viaggio, Cher…
-          Ciao Adrie…

Mi volto verso l’imbarco e riconosco la sua voce roca nel sottofondo delle voci estranee.

-          Ti voglio bene, tonta.

Anche io ti voglio bene, Adrianna. E sì, nei miei pensieri uso il tuo nome intero, perché lo trovo bellissimo.

-          Ci siamo, cili.
-          Ci siamo…
-          Pronta?
-          Pronta. Insieme?
-          Come sempre. Stanford ci aspetta…
 

Respira. Prendi fiato. Via. Apnea.





(Dio, non mangerò più tapioca!)
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 2
*** No Smoking ***


No Smoking

 



 
Non credevo che in California ci fosse tutto questo sole.
Insomma, mi avevano raccontato del caldo, mi avevano raccontato del mare e delle palme… Ma qui è proprio il sole ad essere diverso. È più luminoso. Ti brilla in faccia.

-          Dove si prende il taxi?
-          Non lo so, è la prima volta che prendo un taxi!
-          Ecco… Per di qua.
-          Il LAX di Los Angeles è proprio enorme! Guarda quante vetrate! Com’è moderno… E di legno nemmeno una porta!
-          Ma che ti frega dell’aeroporto, andiamo!

Harry mi sembra preoccupato… Ha la faccia imbronciata, scura. Non lo avevo mai visto così!

-          Tutto okay, hoosier?
Mi avvicino per dargli un bacio ed ecco che si scansa e continua a camminare.
-          Ma cosa…?!
-          Voglio arrivare al college, cili. Sono stanco. Voglio arrivare in quello stramaledetto dormitorio, infilarmi la felpa della Stanford e riposare sull’erba. Non mi hai lasciato riposare per nemmeno un minuto con tutte le tue previsioni catastrofiche sul nostro futuro in aereo.
-          Okay, scusa amore…

Ecco il taxi. Già voglio tornare a casa.



Stanford è circondata da una valle di rocce e di palme. Sembra di stare in Messico. O in uno di quei telefilm dove gira la droga e le ragazze sono sempre in bikini. Il taxi ci lascia proprio davanti all’entrata. Un’enooorme entrata di marmo con un altrettanto enorme scritta incisa nella pietra: STANFORD.
Megalomani?

-          Ragazzi sono sessantacinque dollari.
-          Sessantacinque?!
-          Cili, dai non facciamo le solite figure da provinciali, tiriamo fuori i soldi e basta.

Provinciali? Harry non se n’era mai fatti di questi problemi finora. Perché iniziare proprio adesso? Io sono fiera della mia Indiana! E di certo non solo noi dell’Indiana penseremo che sessantacinque dollari per un taxi siano decisamente troppi!

-          Cili, mi prendi la valigia, che mi fa male il braccio?
-          Okay amore!

Valigia uno, valigia due, valigia tre… Borse e via.

-          Ed ecco le indicazioni per i vari dormitori.
-          Ho letto male o il tuo è ad Est ed il mio ad Ovest?
-          Già ti stai alterando, ciliegina, respira.

Si avvicina e mi sospira su una guancia. Quando lo fa riesce sempre a tranquillizzarmi… È così dolce!

-          Però, scusa, tu sei troppo tranquillo! Io pensavo che avremmo avuto la stessa stanza…

Harry mi blocca il viso con entrambe le mani, lunghe e sottili ma allo stesso tempo ferme e decise.

-          Tesoro. Già siamo un ragazzo ed una ragazza. In più tu sei di medicina, io di legge. Cosa ti ha fatto credere che saremmo stati addirittura nello stesso dormitorio?
-          Ma…

Oh, oh.



Ma quanto pesa questa valigia? Me l’ha chiusa mamma, quindi certamente i 4 chili che ho dovuto pagare per peso extra saranno tutti di tapioca. Certo che Harry una mano me la poteva pure dare… Beh, dai, infondo già dall’aeroporto diceva di essere stanco… Non fa niente, va, lo perdono! Già mi manca. Non vedo l’ora di vederlo. Devo parlargli, poi prima era così strano…

-          Ehi, ma ce la fai?

Senza nemmeno voltarmi per vedere il volto del ragazzo che mi ha appena implicitamente offerto aiuto, gli rispondo di tutta fretta:

-          Ehm, in effetti no, graaaazie!
-          Cosa?  No, volevo solo informarti che ancora non so rianimare in primo soccorso senza adoperare apparecchiature da ospedale…

Lascio cadere le borse e mi volto stupita.

-          Ma dici sul ser…?  STAI VERAMENTE FUMANDO NEL DORMITORIO? È vietato! Vedi? “No smoooking…”. Pensa se fossi tu la causa di un incendio in questo posto!

Ahia. Promemoria 2: mai lasciare le valigie in pendenza sulle scale SOPRA di te.

-          Io almeno riesco a non uccidermi portando delle valigie. Tu invece sì e pensa che non è manco illegale.

Non mi è simpatico. Non mi è per niente simpatico.

-          Ma… Senti un po’. Sei del Texas o sei appena tornata da una festa in maschera?

Ancora accovacciata per terra, osservo dal basso verso l’alto i miei vestiti.

-          Vengo da Bloomington, perché?
-          Da dove?! O merda, non dirmi che sei canadese.

Meglio alzarsi.

-          Ma quale canadese! Sono dell’Indiana, io! E poi perché non ti volti quando parli con le persone? Sai che è da maleducato?!

In effetti, mi ricorda vagamente Adrie.

-          Dall’Indiana! Hai le trecce, un vestito da country girl dei cartoni animati e vieni dall’Indiana. Ora dimmi che ti chiami Pollyanna e stiamo veramente apposto!
-          Pollyanna…che bella… Mia mamma me la raccontava sempre prim…
-          Ma vuoi dirmi come cavolo ti chiami invece di straparlare su Pollyanna?!
-          O Santi Numi, come sei scortese! Sono Cherry… Cherry Bloom.
-          Cherry? Sul serio?
-          Sì… Perché?
-          Non ho mai sentito di qualcuno che si chiamasse Cherry in vita mia. Dai su, portiamo queste maledette borse in camera…

Si gira velocemente e con quel ciuffo pendente e assurdamente decolorato che lo nasconde non riesco a vederlo in faccia.

-          Numero?
-          Ventiquattro.
-          Ah, wow, che emozione…
-          Cosa?
-          Siamo vicini di stanza, Cherry Boom.
-          Cherry Boom? Sono Cherry Bloom, io!
-          Ehm, ho capito, Indiana. Ma Cherry Boom è un film che evidentemente non conosci. Vabbé lasciamo perdere, altrimenti ti confondo ancora di più con tutte queste nozioni sulla vita al di fuori dell’Indiana…

Confermo: non mi è simpatico. Per niente!

-          Quindi… Studi medicina?
-          Ah, ah.

Continua a camminarmi davanti e a portare le mie borse con quella puzzolentissima sigaretta in bocca.

-          Studi medicina e fumi?
-          Ah, ah.
-          Studi medicina e fumi nei dormitori rischiando di uccidere centinaia di persone?
-          Hai finito, santa Cherry?
-          Per favore, sii cortese. Almeno con me!
-          Vabbè senti, la lascio qui. Ecco la porta. Hai la chiave?
-          Sì, ma certamente non mostrerò a te dove la tengo, potresti farmi svenire e derubarmi di tutti i miei beni. Infondo non ti conosco affatto!
-          Ma dico, sei paranoica?
-          Tu sei indiano?
-          No, sono inglese.
-          E perché sei mezzo indiano?
-          Senti. Capisco che sei di Bloomington e non hai mai visto qualcuno diverso dalle mille persone della tua città per tutto l’arco della tua vita. Ma non puoi domandare alla gente che incontri perché è “mezza indiana”. E comunque ho origini pakistane.

-          Ah, capisco. …Ma la vuoi smettere di fumare?!
-          O cazzo, sei l’ansia!
-          Pure? Io… Io ti odio! Sono appena arrivata in questo posto nuovo e mi prendi a parolacce!
-          A chi lo dici!!
-          Addio!
-          Addio! … Addio?! Ma che siamo negli anni Trenta?! Ciao.
-          E non ti far più vedere!

SBAM!! Porta chiusa. Forse troppo forte. Speriamo non si sia rotta!

-          Questa è matta…

Ancora?! Dio, speriamo che le persone qui non siano tutte così antipatiche! Devo chiamare Adrie… Ripensandoci, comunque, nemmeno l’ho visto bene in faccia, quell’arrogante. E nemmeno mi ha detto come si chiama! Che maleducato, che maleducato!

-          Voglio Harry…
-          ¿qué es este lío…?

Mi volto di scatto quasi impaurita.

-          Eh?!
-          Cos’è questo casino…
-          E tu che ci fai nella mia stanza?! Chi sei? Che ci fai nel mio letto!!
-          Ma chi sei te… Yo estaba durmiendo, ieri ho fatto tardi, che ore sono…
-          Io sono Cherry, Cherry Bloom; Bloomington, Indiana. Sono appena arrivata e mi hanno dato la stanza ventiquattro del dormitorio di medicina. Tu chi diavolaccio sei?!

La osservo bene. È infilata sotto le coperte fino al naso, i capelli arruffati danno l’idea di essere un post acconciatura rovinati da una sbronza. Eh, come lo so? Zia Ulma. Si ubriacava sempre alla festa dei padri fondatori! E quei capelli erano il risultato di una nottata folle all’insegna del gin. Insomma, dicevo, i capelli arruffati… Sono castani, castani scuri. Lunghi e sembrano lisci… Ma soprattutto lunghissimi. E poi... Non si è struccata prima di andare a dormire? Sembra un panda, santissimi numi!

-          Hai finito di fissarmi, seis ansiosa.
-          Ehm, sì, scusami… Solo non credevo di avere una compagna di stanza…
-          Non siamo mica a Yale, niña . Comunque, hai qualche cosas da mangiare?

Domanda insolita. Non ha paura che possa avvelenarla? Nemmeno mi conosce!

-          Ehm… Ecco, ho della tapioca. Tieni.
-          Tapioca? Mai mangiata. Fammi sentire, va… Mmm… Buena, sì, si può fare.

Ancora con la bocca piena, continua a rivolgersi a me con parole per niente chiare.

-          Che cosa stai dicendo? Manda giù il boccone, Gesù santissimo!
-          Mmm, dico, yo soy Vanessa Nevàrez.
-          Spagnola?
-          Se. Puertorico, niña.

Multietnica questa Stanford.

-          Beh, piacere allora!
-          Ah, ah. Buenas noches.
Buonanotte… Chissà questa che aveva fatto ieri sera per stare così alle 11 di mattina… Meglio riposarsi va. Una bella doccia e poi chiamate varie!




-          Pronto, Harry?
-          Pronto? Ma perché mi chiami? Vieni in dormitorio, no?
-          Perché non mi cerchi? Non mi chiedi come sto o non vieni tu nel mio dormitorio?
-          Ma perché siamo arrivati da quattro ore, cavolo! Fammi un attimo ambientare!
-          Passa la palla, Jim!
-          Attento!

Risate. Ma chi è che ride così? Ma con chi sta in camera Harry?!

-          Ma chi c’è lì con te, santissimi numi?!
-          Ehm, un po’ di amici… Jim, Chris, Theo… dofvkxskk, Puck che mi picchia mentre ti parlo...
-          Amici? Ma non siamo arrivati da quattro ore? Già hai degli amici?
-          Senti, Cherry, ora devo andare, ci si vede, okay?
-          Ci si vede? … Cherry?! Non mi hai mai chiamata Cherry in vita tua!

Silenzio.

-          Pronto? Pronto?!

Oddio. E adesso?

-          Ma la pianti di urlare, sì o no?!
-          Ancora dormi tu? E che capperi, alzati!
-          Vabbé ho capito vado a farmi una doccia…

È un perizoma quello? Wow, che fisico perfetto… E quell’altro è un tatuaggio?

-          Fai palestra?
-          Sì, perché? Si vede?
-          Sì, insomma, hai un bel fisico, Vanessa!
-          Grazie, muñequita. Anche tu non saresti male se ti togliessi quella tenda di dosso. Parece una delle suore del convento dove yo soy cresciuta.

Vanessa. Vanessa in un convento. Mmm… Un paradosso.

-          E… Il leone…
-          Pantera. È una pantera.
-          Eh, la pantera. È… vera?
-          Beh, di certo no muerde, ah ah ah!

Simpatica. Un po’ diversa da come immaginavo la mia ipotetica compagna di stanza al college (ovviamente dopo aver realizzato che non sarebbe stato Harry), ma poteva andare bene. Almeno sembrava sincera!

-          Che fai oggi? Sai parlare senza usare parole spagnole? Non capisco!
-          Frequento fisica e poi vado a mangiare un boccone in mensa.
-          Capito…

Un silenzio imbarazzante. Certo che questo letto però è proprio comodo! Meno male.

-          E te che fai, Cher?
-          Non lo so… Non conosco nessuno e il mio ragazzo mi ha abbandonata per i suoi nuovi amici…
-          Ragazzo?! Cher ha un ragazzo e ancora non lo ha detto a Van? Racconta tutto, muñequita, sono tutta orecchie… Ti estai facendo interessante!
-          Beh, ecco… Si chiama Harry e viene come  me dall’Indiana…

Si apre la porta all’improvviso. E ora chi è?!

-          Uh, ecco el mi niño preferito! Como estas, mi amor?!
-          Tutto okay, Van.

Tra abbracci e sbaciucchiamenti generali riesco a riconoscere l’arrogante…di stamattina?!

-          Tu!!! Che ci fai in camera mia e come conosci il posto della chiave?!
-          Ah, dimenticavo che da oggi condividi la stanza con Indiana.
-          La conosci?
-          Sì, tu dormivi. Mi ero svegliato per una sigaretta e l’ho vista dimenarsi sulle scale con quattro borse.
-          Ah, capisco… Fumavi nel pianerottolo, eh, viejo zorro!!
-          Ah ah ah, esatto, come sempre...

Ma… Fanno finta che io non ci sia?! Ma che tipi! Che tipi, dico io!!

-          Ehi?! Ci sono anche io, eh!
-          Frequenti fisica, mi amor?
-          Sì, te pure, no?
-          Claro.
-          Ce la portiamo dietro?
-          Va bien, està sola, aiutiamola un poco.

L’essere arrogante si avvicina a me e si piega all’altezza del mio orecchio. Lentamente piega il collo e si avvicina sempre di più al lato destro del mio viso. Io rimango bloccata di fronte a questo gesto inaspettato ma soprattutto di fronte alla sua bellezza altrettanto inaspettata. I suoi occhi da cerbiatto sono spariti dalla mia visuale e tutto ciò che riesco a vedere sono le sue scapole che fuoriescono dalla linea curva della sua schiena, coperta, ma non del tutto, da una maglia nera, un po’ sporca. Con le dita mi tamburella sulle spalle, e mi sussurra qualcosa del genere nell’orecchio.

-          Mi sa che oggi ti tocca passare la giornata con noi ragazzacci…


 
Credo proprio che a questo punto avrei potuto accettarlo.

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Capitolo 3
*** Rivelazioni ***


Rivelazioni

 
 



Ed eccoci qua in aula di fisica. Ma è enorme! Tutta in legno brillante…ci saranno almeno 350 posti. E 350computer! Sembra di essere in uno di quei film polizieschi in cui c’è un brillante professore che chiede aiuto ai suoi studenti sottoponendoli a dei test intuitivi per risolvere un misterioso caso di omicidi… com’è che si chiama? “88 ore” con Al Pacino, ecco. Ho letto che anche lui abita qui vicino, a Los Angeles. Beh, non l’ho letto io, l’ha letto mamma tempo fa su “Casalinga perfetta” e poi me lo ha raccontato durante una delle nostre merende a base di tapioca. Resta il fatto che mi sembra di essere in uno di quei film… chissà che non ci facciano risolvere qualche formula strana che ci faccia scoprire un importante verità nel mondo della fisica! Dio, come mi sento estranea a tutto questo. Qui sono tutti in shorts e canottiera, alcuni in infradito, sciolti, sorridenti, liberi, che camminano parlando e scherzando. Io mi sento frenata. Mi sento un pesce fuor d’acqua. Mentre tutti passano e mi buttano addosso un’occhiata veloce…chissà… lo capiranno che sono dell’Indiana? Mi vedranno strana per i loro standard? Mi guardo dal basso verso l’alto. Mocassini marroni di pelle vissuta, abito a balze con una fantasia di fiori rossi e arancioni, giacchetto a righe marrone e rosso con un grande fiore rosso e velato sul lato sinistro. Concludo sfiorandomi la collana di ambra che si era impigliata in mezzo alla treccia destra. Dai, sto bene! E poi mi sono cresciuti tanto i capelli! Meno male. Arrivano quasi a toccare il sedere (sempre se tiro indietro le trecce). Ritorno a osservare quello che mi circonda.

- Ahhh...

Vanessa e “quell’altro” si girano verso di me con la faccia di chi non ha capito.

- Ehm, l’aula. È enorme! È più grande del nostro salone delle fiere!
- Ah, è vero. Tu vieni dal Kentucky.
- Veramente vengo dall’Indiana.
- Vabbè, è uguale.
- No, non lo è! Brutto maleducato. A proposito di maleducazione, non mi hai ancora detto come ti chiami.

Si avvicina verso di me. Perché a un certo punto della conversazione si avvicina? Mmm. Profuma. Sento… del muschio… e del fumo! Bleh, che schifo! 

- Per ora ti lascerò col dubbio.

E mi da un bacio sulla fronte. Ma mi ha preso per una bambina?! Ah, lo odio!

- Allontanati che puzzi!!
- Strano. Stamattina ho fatto la doccia.
- Sì, nella mia doccia, confermo!

Ehi. Aspetta un attimo… nemmeno ci penso troppo, e esclamo:

- …Ti sei lavato nella nostra doccia?!
- Non mi sembra che tu ti sia mai fatta dei problemi, Van…

E ghigna. Grrr... ...momento. Si è fatto la doccia nel nostro bagno. Vanessa non è sconvolta che lui si sia fatto la doccia nel nostro bagno. Lui afferma che lei non si sia mai fatta problemi quando lui si faceva la doccia nel nostro bagno. Quindi… si è fatto la doccia CON Vanessa nel nostro bagno?! Okay. Devo trovare un altro bagno in cui lavarmi. Quante volte ho detto “nostro bagno”?!

- Ah, non mi sono mai fatta problemi perché ormai sono abituata a vederti nudo! Poi tutte le volte che ti ho messo a letto ubriaco…
- Ah ah ah, la stiamo traumatizzando, guardala!

In effetti è vero. Io non penso di essermi mai ubriacata in vita mia. 

- Scommetto che non hai mai neanche bevuto un bicchiere di birra!

Come ha fatto a leggermi nel pensiero?

- Ehm… sì invece! E anche parecchio, se proprio vuoi saperlo!!

Gesù, perdonami se ho mentito, stasera pregherò di più!

- Ehm, immagino…
- È vero, brutto antipatico!
- Mmh. Non me lo sarei aspettato da un esserino come te.
- Esserino? Non sono mica un cane!
- Ah ah ah, come sei permalosa…
- Vanessa, ma anche con te fa così?? Non capisco! Oppure mi ha preso di mira! O gli sto antipatica! O vuole farmi venire un esaurimento nervoso! Nessuno è mai stato così maleducato con me… beh, tranne quella volta alle elementari quando Mary Trestin mi tirò una dozzina di lego in testa. A pensarci mi fa ancora male!
- Ma quanto parli, Cherry?
- Zitto! Parlo con lei!
- In effetti parli un pochino tanto, cariña.
- …Uffa…

Mi guarda. Intendo lui. Che stress senza sapere il suo maledettissimo nome. Mi guarda, è seduto accanto a me e mi guarda. Prende la penna e inizia a giocarci con la bocca. E continua a guardarmi. Rabbrividisco. … Riprenditi, Cherry! È proprio un peccaminoso. Già immagino quante ragazze avrà fatto cadere ai suoi piedi facendo questo giochetto… Muovo le labbra come per dire “cosa vuoi”. Lui replica allo stesso modo ma non riesco a comprendere le parole mimate. Ero troppo presa dal movimento delle labbra senza coglierne il senso. Come fa ad essere così odioso e allo stesso tempo… come si dice… mah!

- Cosa hai detto??

Sento qualcuno da dietro:

- Shhhh!!

Silenzio. 

- Seguiamo, va.
- Una volta che sento qualcosa di sensato uscire dalla tua bocca puzzolente.
- Ecco, così mi piaci, bambolina. Aggressiva. 
- Ti odio…

Sorride soddisfatto. Se non fosse così odioso e puzzolente di fumo sarebbe anche molto carino. Si veste un po’ trasandato, eh, ma comunque riesce ad avere classe e leggerezza nel camminare e nel muoversi. Poi ha due meravigliosi occhi verdi. Veramente meravigliosi. Ti tolgono il fia…basta! Lo odio. Santi numi, quanto lo odio.
 
 

Fa caldo. Fa veramente caldo. È fine settembre, si stava in maglione, lì in Indiana. Qui invece sembra ancora estate. La piazza centrale del campus è molto spaziosa, sembra il centro di una cittadina di mare: aiuole verdi dove sdraiarsi circondate da piante fiorite, palme altissime, panchine e chioschetti dove poter mangiare. Tutt’intorno la circondano i vari edifici delle facoltà, quelli dove si frequenta, si studia, con biblioteche e tutto. I dormitori invece sono immersi nelle stradine interne, verso le mura delimitanti il perimetro del college stesso. Sono all’incirca quattro o cinque e ospitano una miriade di studenti, non saprei dire quanti esattamente. Il tutto è incredibilmente dispersivo, tanto che circolano piccole golf cars elettriche che ti permettono di spostarti con velocità. Ad averne una… costano troppo! E comunque c’è tantissima gente. Troppa. Uno ci si perde, se non conosce ancora il posto! Ragazzi che vengono, ragazzi che vanno, ragazzi che giocano a football o basket in mezzo alla piazza. Ma dico, ci sono i campi (li ho visti sulla cartina, ecco perché mi sento così esperta), perché non li usano! Potrebbero far male a qualcuno, dico io. Gesù santo, guarda come volano quei palloni! Poi ci sono quelli che suonano. C’è addirittura un’impalcatura in costruzione con una batteria sopra. Forse stanno preparando un concerto. Magari una festa. Quelli laggiù cantano, dall’altra parte ci sono le cheerleaders della squadra di football  che fanno le prove per la prossima partita(stavolta sono esperta solo perché ho letto il depliant del college all’ingresso), e dall’altra ancora gente che… non capisco che cosa stiano facendo sinceramente. Uno è a terra, l’altro parla da solo, il terzo fa finta di filmarli…

- È il gruppo di teatro. Sono strani, lasciali perdere.

Ecco la risposta. Grazie, Van! E poi c’è… lui. Chi è? Cammina, va chissà dove e ha una chitarra. Magari è un bravo musicista, magari suonerà lui sull’impalcatura. Magari è amato da tante ragazze perché sa suonare bene e magari, dico magari, suona addirittura country! Dio, magari. Poi sembra un tipo a posto…

- Chi è quello?
- Quello quale?
- Quello roscio con la canotta blu!
- No dirme que te gusta el roscio.
- Ehm, no, dico solo che è carino. Sembra dolce.
- Dolce? Es moscio como un burrito!
- Vanessa! Ma cosa dici!!
- Ah ah ah, l’hai provato quel burrito, Van?

Mi giro verso quell’essere ridondante. Ancora fuma! Morirà per quel fumo, santissimi numi!

- No, es scaduto, me lo siento!
- Ah ah ah, poveraccio…

Che cattivi. A me piace. Lo trovo carino. Ha un’espressione dolce, comprensiva… cammina da solo, con la chitarra dietro la schiena, la canotta blu, i jeans slargati e un paio di scarpe da ginnastica anonime. I capelli rossi sono il tocco magico. Di un rossiccio sbiadito tendente all’arancione, scompigliati, che quasi gli coprono gli occhi grandi e spalancati. La pelle è bianchissima ma arrossata per tutto quel sole che la tocca. Non si può definire bello, ma soggettivamente può piacere!

- Beh, dai, poverino, non insultatelo così! Magari è anche simpatico! Come si chiama?
- Insultarlo? Zucchero, se questo è insultare dovresti partecipare a qualche festa con rissa inclusa. E comunque, questo è uno di quei casi in cui si può dire “sensibilità fra rosci”!
- Ah ah ah, aquì si esta raggiungiendo l’apice del divertimento!
- “Raggiungendo” non “raggiungiendo”, Vanessa…
- Raggiungendo! Y io que ho detto!
- Mmm… vabbè. Insomma, come si chiama?
- Se llama Eduardo.
- Per noi inglesi/americani, Edward, Cherry cara.
- Edward…

. . . . . 

- Ehi, ti sei fissata?

Sento una botta dietro la nuca.

- Ma che modi sono di trattare una ragazza??
- Come sei noiosa… meno male che hai una compagna di stanza come Vanessa, almeno lei potrebbe aiutarti un po’ con la socializzazione, anche se non ho molte speranze, sembri un caso umano..
- Cosa vorresti dire?
- Che sei una giovane vecchia, cazzo.

Credo che abbia avvertito il mio sguardo tra il perso e il dubbioso.

- Sei lenta, vedi? Non ci arrivi. Sei troppo ingenua, innocente... non dici una parolaccia, ti sconvolgi se ne senti una…parli con delle parole a volte veramente assurde, da bimba …per non dire poi che sei una credulona… ecco, sei una bambina. Cresci, cazzo!

Non ci credo che una persona che mi conosce da meno di cinque ore mi abbia detto una cosa del genere. Come si permette di giudicarmi così crudelmente? Cosa sa di me e della mia vita? È solo un arrogante e da arrogante si comporta… non devo crederci… non posso crederci…

- Come ti permetti di giudicarmi così? Tu non sai niente di me!! Niente!!
- Dove scappi? Mierda, Zayn, que has hecho? Hai exagerado!
- Non ho esagerato, le ho solo detto ciò che penso. E se sono arrivato a pensarlo io che la conosco da quattro cazzo di ore, pensa chi la conosce da una vita.
- Vado io. Tu quedas aquì! Hai ya fatto troppi daños.
- Ora corri anche tu?! E smettila di parlare spagnolo quando ti incazzi!



- Ehi… ci ho messo mezz’ora por trovarti…
- Non ci voleva molto a capire che fossi in camera.
- Non sierve che t’asciughi le lacrime. Jo posso capirti…anche io da niña ero un poco come ti.
- Da “niña”? Davvero? E quanto tempo fa era?
- Beh... avevo tredici anni.
- Ah. Grazie per avermi paragonato ad una tredicenne. Ora mi sento molto meglio.
- Ehm… muñequita... quello che vorrei spiegarti è che le parole che lui ha usato sono sbagliate ma forse il concetto è giusto...ti stava solo suggerendo, ripeto, nel modo meno appropriato, di analizzarti e renderti conto che magari dovresti maturare un poco...

Allora sa parlarlo l’inglese…e anche bene…

- Io non lo so… secondo te sono una niñ...ehm...una bambina?
- Secondo me dovresti renderti conto che non sei più in Indiana con tua mamma che ti fa la tapioca, mi amor. Ora sei una studentessa che è al college e per di più sei in California… se continui così ti mangeranno tutti en la cabeza!
- Allora forse per questo mi ha lasciata Harry…. Perché si era accorto che non ero abbastanza matura… non ero più abbastanza matura per lu-u…..

Lacrime. Come potevano essersi accorti di questa “me” di cui non mi ero mai accorta neanche io? Perché nessuno mi ha mai parlato in modo così schietto e sincero? Adrie aveva ragione. Dovevo essere “cazzuta”… non lo ero mai stata. Sono sempre stata ciò che volevano mamma e papà. Sono sempre stata “pulce” per mamma, “usignolo” per papà, “ciliegina” per Harry, “tonta” per Adrianna, la “piccola Bloom” per tutti… Ma non sono mai stata ciò che volevo per me. Non ci avevo nemmeno mai pensato. Devo diventare quello che voglio, devo pensare a ciò che voglio e ciò di cui ho bisogno. Devo ritornare ad essere Cherry. Anzi, devo diventare Cherry e basta. Perché Cherry e basta non lo sono mai stata. 

- Non piangere… sii forte, dolce muñequita...

Mi tampono le lacrime con le maniche del giacchetto a rombi che mi comprò mamma due anni fa al mercato. Dopo di che me lo slaccio e lo getto per terra.

- Hai ragione, Van… basta piangere.
- Così mi piaci, sorridente! Saremo care amiche, me lo siento dientro la cabeza! E, se puedo, hai fatto muy bien a iettare quella giacca! Sembravi la mia cara nonna Carmencita!
- “Gettare”, niña, non “iettare”...
- Jettare! Y io che ho detto?

Sorrido guardando quel sorriso rilegato da morbide labbra ricoperte di rossetto rosso shock, che, nonostante la folta chioma scura e spettinata e quegli occhi verdi smeraldo truccati pesantemente di nero, non la rendono assolutamente volgare. È di una bellezza sconvolgente. Sono certa che stia dicendo la verità, benché la conosca da cinque ore, benché non la conosca affatto. Ma posso dire una cosa: lei e l’arrogante senza nome in queste dannatissime cinque ore, al contrario di me, sono riusciti a conoscermi come nessuno era mai riuscito. E, soprattutto, sono riusciti ad esumarmi. Ad esumare il mio vero lato, quello mai adoperato, quello all’angolino della mia testa, con ancora l’etichetta sopra.
Cherry e basta”.
Confezionata il: 27 settembre 2012. Da consumare preferibilmente il…

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