Tornerai a trovarmi?
-Tornerai a trovarmi
Peter?-
-Per ascoltare le
storie che parlano di me?- la guardo ancora una volta. Piccola, forse non ha
nemmeno la metà degli anni che ho io... io vivo da così tanto
tempo...
Volo via. Trilli al mio
fianco, come sempre. L'aria mi penetra nelle ossa, fredda più che mai, ora che
lei non c'è. Tornerò a trovarla, si... non vedo l'ora. Domani, o forse la
prossima settimana.
Solo
che... sono passati vent'anni da quando ho lasciato quella finestra. Ed ora mi
ritrovo qui davanti, per la prima volta dopo tutto questo tempo. E non so
nemmeno perchè sono qui. Anzi, nemmeno ero qui la scorsa volta. Sono davanti
alla sua porta, non alla sua finestra.
Perchè?
Perchè
ho venticinque anni ora. O meglio... ne sono passati 15 da quando ho lasciato
l'Isola Che Non C'è.
E non
volo più.
Senza
di lei non ho resistito più di quei cinque anni... poi sono venuto quaggiù, ma
non da lei... no, non ero pronto per lei. Ero solo un bambino.
Mi
feci abilmente adottare da una vecchia fuori
Greenwich che non faceva domande. Lavoravo e lei mi foraggiava. Non ho
conosciuto coccole nè attenzioni, una scodella di minestra era quanto di più
caldo potessi aspettarmi da lei.
Morì
una decina di anni fa, da allora lavorai in una fattoria per pagarmi di che
vivere. Poi il colpo di fortuna: una misera, ma più che sufficiente eredità,
lasciata a me dalla vecchia, in quanto non aveva nessun altro. 1000 sterline. E
una casa che è praticamente una catapecchia. Qui a Londra.
Da
lei.
E in
due mesi che sono qui ho trovato solo ora il coraggio di presentarmi qui
davanti.
Non so
cosa aspettarmi... so solo che devo vederla. Devo capire chi è lei ora, cos'è
stata per me e se potrebbe mai esserlo ancora. Perchè giuro che non c'è stato un
solo giorno in cui non abbia voluto poterla veder crescere, diventare quella
donna che sicuramente ora è.
Traggo
un respiro profondo... suono al campanello.
Dio,
cosa le dico? Sono arrivato fin qua e...
-Ciao!!- un bambinetto spalanca la porta e mi saluta quasi inciampando
nei miei piedi.
-C-ciao... ehm...-
-Eric!
Quante volte ti ho detto di non...- una donna sui trent'anni arriva da dietro al
bambino, lo prende in braccio e lo fa rientrare in casa.
Poi si
gira verso di me e si socchiude la porta alle spalle -Mi scusi... sa, i
bambini..-
-Ah,
non si preoccupi...- rimango lì impalato. È lei. Lunghi capelli castani scendono
sulle spalle dolci di una donna non bella, bellissima. Almeno, lo è per
me.
-Cosa
desidera?- mi domanda, guardandomi bieca.
Titubante mi sporgo -Wendy?-
-Beh... si, sono io... Wendy Darling... perchè?-
Qualcosa di strano mi si muove nello stomaco. È qualcosa di terribile ma
allo stesso tempo stupendo. E rimango muto, la guardo e poi mi guardo le
scarpe.
-Scusi... ha bisogno di qualcosa? Perchè avrei delle cose da fare
e...-
-No
aspetta...- la blocco mentre fa il gesto di rientrare in casa. Mi guarda strano,
le do del tu mentre lei non sa chi sia io. La prendo per un polso.
-Sono
Peter-.
Lei su
due piedi non fa una piega -Peter chi?-.
Sorrido... e la guardo -Peter, Wendy! Peter Pan.-.
Mezz'ora dopo, davanti ad una tazza di tè, scoppiò a piangere.
Era
strano, appena le avevo detto chi ero, senza domandare nulla di più mi aveva
fatto entrare in casa, e mi aveva offerto del tè. Non aveva più detto niente,
era rimasta muta come un pesce.
Mi
alzo e la raggiungo vicino al fornello: -Che ti succede?-
Lei
alza le braccia, cerca di liberarsi dal mio abbraccio. Mi molla dei pugni
insistenti al petto: -Pensavo non tornassi più!- urla soffocata dal mio maglione
grigio -Tu... da quanto tempo sei qui?-
-Quindici anni...- rispondo riluttante
-E non
sei mai venuto da me! Dove sei stato- si scansa bruscamente da me guardandomi
spaventata
-A
Greenwich... da una v...-
-Non
me ne fotte un cazzo di dove sei stato!- quasi strilla, Wendy. Poi mi guarda,
accenna mezzo sorriso, forse osservando i miei capelli biondi ai quali non ho
mai cambiato taglio, indugia un attimo nei miei occhi verdi, e nessuno ha mai
saputo guardarmi negli occhi come ha fatto lei. Da sempre, ho amato i suoi occhi
castani dal primo momento che li ho visti.
-Tu...- non finisce la frase, mi si lancia addosso e mi abbraccia più
forte che mai -Sei una merda, una vera merda Peter- sibila.
La
guardo, mentre con un fazzoletto si asciuga gli occhi sorridendo.
-Beh...- le dico -Vedo che sei venuta su più che bene...-
-E tu
sei diventato un po' troppo sgaio per i miei gusti...-
-Sgaio?-
-Si,
lo dicono gli italiani... sgaio è uno che fa il furbetto con le ragazzine
ingenue ed indifese... che si veste bene per poi ingannare chiunque non lo
conosca bene-.
-E con
questo che vorresti dire?-
-Che
sei sei venuto su più che bene... ma non hai segreti per me- mi dice, poi suona
il campanello. Wendy sorride, mi si avvicina e mi da un bacio sulla guancia. Un
bacio naturale, infantile, quasi ingenuo. Esce dalla stanza e va ad
aprire.
La
sento parlare con un'altra donna.
-Eric!!-
-...-
-Eeeeric!! C'è la mamma!!-
Sento
un tumulto e dei passi pesanti correre nel piccolo ingresso.
-Grazie ancora Wendy...-
-Dora,
nemmeno dirlo... mi raccomando, ogni volta che hai bisogno tesoro...-
-Ok...
Eric, si saluta!!-
-Ciao
Wendina!!-
-Si
si, ciao birbante...-
La
porta si chiude.
L'aspetto seduto sul tavolo, una gamba che penzola e l'altra sotto la
coscia.
Lei
entra, mi guarda e ride.
-Che
c'è?-
-Le
buone maniere forse si rifiutano di essere imparate da te...- replica
lei.
-Beh,
scusa. Sono rimasto scioccato dal bacio a sorpresa...- la stuzzico
io.
-Adesso sai anche il vero nome?-
-Direi
di si...- mi gratto la testa -Anche piuttosto bene, oserei dire-.
Forse
fa finta di non aver colto l'ironia, o forse semplicemente decide di non darmi
soddisfazione, fatto sta che prende una sedia e comincia a sorseggiare il tè,
fissandomi.
Ora,
potrebbe sembrare stupido, ma quel gesto su di lei aveva qualcosa di
incredibilmente sensuale. Le sue labbra carnose si appoggiavano alla fine
porcellana increspandosi leggermente.
-Pensavo fossi già preparato ai miei baci-
-Sono
passati vent'anni- le dico. E, come una fina cortina di pioggia, mi appare
davanti quella scena. Le sue labbra morbide che si posano sulle mie, un bacio
innocente ma per niente velato. Quello era un bacio vero, non timido. Non lo
considererò mai come un bacio da bambini. Come non riuscirò mai a vedere lei
come una cotta.
Perchè
lei è la mia Wendy. Ricordo come Uncino fosse riuscito per qualche istante a
farmi credere di averla persa. Mi sentii morire. Come nei cinque anni
seguenti.
Eppure... era come se non riuscissi a staccarmi dall'Isola. Appartenevo a
lei. In qualche modo, le appartengo ancora. Come appartengo a
Wendy.