Tre fili di Rame

di Poppodaja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Sogno di Severus Piton ***
Capitolo 2: *** La felicità ha un prezzo ***
Capitolo 3: *** Profumo di Gigli ***
Capitolo 4: *** Ambrosia ***
Capitolo 5: *** Questione di punti di vista ***
Capitolo 6: *** Chi non muore... ***



Capitolo 1
*** Il Sogno di Severus Piton ***


 ||  Il Sogno di Severus Piton  ||

 
< < Corri Sev, faremo tardi >>
 
Severus Piton si girò nel letto.
 
< < Lascia stare, andiamo al Lago > > Il giovane Severus corre a perdifiato giù per la collinetta, alle sue spalle le serre di Erbologia, davanti a se una magnifica cascata di capelli ramati.
< < Lumacorno ci farà un incantesimo se facciamo tardi di nuovo >> la voce di Lily somiglia tanto al canto delle Sirene.
 
Le coperte si facevano più pesanti. Piton grugnì nel sonno e si voltò di nuovo tra le lenzuola.
 
< < Dai, non stiamo mai in pace a fare due chiacchiere! >> Severus rallenta il passo e Lily si volta a guardarlo. Sorride. Ha un sorriso meraviglioso.
< < Dopo, ti prometto che dopo andiamo al Lago >>. Lo guarda, con quei suoi smeraldi ridenti.
< < Non ci credo, lo dici sempre e poi finiamo sempre rinchiusi in biblioteca a studiare> > si lamenta Severus, ma in realtà pensa a quell'odioso di James che sicuramente a lezione lancerà di nuovo quegli insulsi occhiolini alla sua Lily.
< < Dai, prometto! Ti do questo come pegno > > ride lei e si sfila qualcosa dalla lucente chioma ramata.
< < Un fermaglio? > > domanda scettico Severus < < che me ne faccio? > >
< < Una bella coda per esempio, ti starebbe bene > > Lily sorride di nuovo e consegna a Severus il suo pegno. < < Se dopo non andremo al Lago potrai tenerlo > > sentenzia e di nuovo si lancia in corsa verso il castello.
A Severus  non resta che una ventata di fresco profumo di gigli.
 
Piton spalancò gli occhi nella notte. Un sudore freddo imbrattava la lunga tunica da notte che indossava.
Lily… La ricordava ancora, così giovane, fresca. Subito dopo il ricordo del suo corpo freddo e privo di vita venne a fargli visita.
Si mise a sedere sul materasso duro e bitorzoluto. I capelli gli caddero come un sipario oscuro davanti al viso.
Ricordava ancora la sensazione del metallo di quel bel fermaglio di Lily tra le mani. Lo aveva messo subito al sicuro, nella sua tasca. Erano andati al Lago, lo ricordava, perche Lily manteneva sempre le promesse.
Ma lui aveva mentito a Lily, le aveva detto di aver perso il suo fermaglio e lo aveva tenuto.
Quante volte lo aveva rigirato tra le mani, nel dormitorio silenzioso e l'aveva sognata. Aveva sognato il suo corpo e il suo profumo.
Sapeva bene dove fosse quel fermaglio seppure non lo avesse più guardato dalla morte di Lily.
Lo teneva in una scatola, una scatola bellissima che lei aveva costruito al secondo anno e che gli aveva regalato per il suo compleanno.
Una lacrima cadde sul pavimento freddo. Piton voleva Lily, ancora, subito.
Si alzò senza rendersene conto e si avviò con passi lenti, silenziosi, verso un armadio sgangherato. Lo aprì ed eccola, la scatola.
Coperta di polvere, riposta nel fondo dell'armadio. Da quanti anni giaceva lì, in quella vecchia casa dimenticata in Spinner's End. Dimenticata, come il suo unico proprietario, esule tra quelle mura ammuffite, prigioniero dei ricordi.
L'aprì, armeggiando con il piccolo lucchetto, quasi con gesti maniacali.
Afferrò la bacchetta dal comodino e con un solo colpo aprì la scatola.
Il fermaglio c'era.
L'ondata di ricordi assalì Piton come un onda assassina in una tempesta. L'uomo si piegò su se stesso, cadde a terra carponi.
Una sola lacrima scivolò sul naso adunco. Quante ne aveva piante. Tante da non averne più per nessun altro.
Prese il fermaglio tra le mani e lo accarezzò delicatamente. Quell'oggetto era lei. Lei, tra le sue mani tremanti e assassine.
Il metallo era arrugginito ma nell'oscurità mandava ancora qualche piccolo bagliore. Piton lo portò alla bocca e lo baciò delicatamente.
Il suo profumo non c'era più.
Si sentì sprofondare quando se ne rese conto.
Dopo tutto quello che aveva passato. Anni in cui aveva rischiato la vita, il momento stesso in cui si era trasformato in assassino erano niente, niente in confronto al terribile sconforto di quel momento.
Sarebbe voluto morire, mille e mille volte.
Il sole si affacciò in quel momento tra le imposte sgangherate della finestra. Impietoso, illuminò la scena.
Illuminò Piton, giallastro e logoro nella penombra e nella sconfinata solitudine. Illuminò il fermaglio, arrugginito e morto. Illuminò tre fili di lucente rame.
Piton credette di ingannarsi.
Ma no, il rame c'era, e quei tre capelli erano i suoi e certamente dovevano, dovevano profumare ancora di gigli selvatici.
 
 

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Capitolo 2
*** La felicità ha un prezzo ***


"La felicità ha un prezzo"


Piton chiuse la porta nera e scrostata dell'appartamento e si avviò in Spinner's End. La veste nera sventolava ad ogni passo del mago, mentre si dirigeva sicuro verso un vicolo laterale che mandava esalazioni putride nella mattinata autunnale.
Sapeva perfettamente dove andare e cosa fare. Nella vita aveva bazzicato spesso infimi sobborghi e malfamati e non si sarebbe certo fatto intimidire quel giorno. Proprio quando stava per realizzare il suo sogno.
Si era già procurato la maggior parte degli ingredienti necessari per la pozione di cui aveva bisogno e il calderone era già in ebollizione nel salotto della casa.
Ci stava lavorando da tre settimane, con maniacale abnegazione. Ancora qualche giorno e finalmente...
Sospiro' mente scendeva alcuni viscidi gradini coperti di muschio e voltava a sinistra. L'insegna semi divelta di una bettola penzolava nel vicolo.
Piton si infilo' nel locale e un campanello stonato suono' al suo ingesso.
Gli avventori del locale, sporchi e miserevoli come le sedie su cui erano accasciati, erano già ubriachi seppure fosse solo mattina.
L'oste era il più alticcio di tutti e continuava ad abbracciare e baciare un orso impagliato, chiamandolo "Samantha".
Piton gli lancio un'occhiata sdegnosa. Non aveva bisogno di lui. Sava cercando qualcun altro, qualcuno che mai avrebbe immaginato di ridursi ad ingaggiare.

La scelse a caso tra le streghe sedute in un angolo. Tutte vestite con abiti scuciti e stropicciati, con i volti coperti da una maschera di cipria e gli occhi lascivi che si chiudevano per la stanchezza.
Lei era la più giovane probabilmente. Minuta in quell'ampia gonna scarlatta che indossava.
Piton si avvicinò in silenzio, il viso composto in un espressione di superiorità.
- Tu - chiamo' con voce atona. Provo' una certa vergogna quando gli sguardi arrossati delle donne si posarono su di lui. Alcune sorrisero, altre portarono le mani al petto con fare malizioso.
-Bellezza, hai voglia di compagnia?- chiese una strega piuttosto attempata, con una grande parrucca ricciuta sul capo.
Piton la ignoro' e continuò a rivolgere lo sguardo catrame sulla prescelta.
-Tu- ripete' atono.
La ragazza si voltò piano. Sorrise provocante.
Aveva un viso ovale, truccato pesantemente, che aggiungeva parecchi anni a quella che doveva essere la sua giovane età.
- Ce l'hai con me?- chiese pigramente. Aveva una voce roca, graffiante. Gli lancio' uno sguardo indagatore che a Piton non piacque.
- Con te esatto, seguimi- indico' la porta e si avviò con passo svelto. La puzza di alcolici cominciava a dargli il voltastomaco.
Sentì la ragazza salutare le colleghe e seguito con passo pesante nel vicolo.
- Allora dove andiamo?- chiese quando la porta si fu richiusa alle loro spalle.
Piton si volse a guardarla. Era più alto di lei di tutta la testa.
-Da nessuna parte, non oggi almeno- rispose biascicando.
-Senti tesoro, non ho tempo da perdere...- iniziò la ragazza, lisciandosi inutilmente l'abito dimesso.
Piton provo' un misto di pena e di disgusto nel guardarla.
Sarebbe stata bella con meno trucco e più stoffa addosso, ma al momento appariva una strega malandata, con gli occhi grigi arrossati e le pesanti occhiaie sul viso pallidissimo.
- neanche io ed è per questo che voglio mettere subito in chiaro le cose- inizio' a dire con tono autoritario, attirando subito l'attenzione della strega.
-mi paghi anche la chiacchierata?- chiese quella sorridendo dispettosamente
Piton la ignoro' e riprese a parlare con tono sommesso.
-Tra una settimana fatti trovare in Spinner's End, da sola- disse gettando uno sguardo lungo il vicolo deserto - a quest'ora-. Concluse.
La ragazza sorrise beffarda, portandosi le mani tra i ricciuti capelli biondo sporco, che le circondavano il viso come una criniera.
-Senti, non inventarti cose strane tesoro...- iniziò ma Piton la zittì con un gesto.
-Smettila di chiamarmi così- la minacciò, fissandola severo.
La strega rispose con uno sguardo di sfida. -Come dovrei chiamarti allora?- domandò beffarda.
Piton sbuffo' sonoramente. - Non hai bisogno di chiamarmi. fai come ti ho detto e verrai pagata bene. Tra una settimana- ripete' - e non parlarne con nessuno- concluse.
La ragazza si passò la lingua tra i denti ridacchiando. - sei strano tesoro, ma se paghi-. Si strinse nelle spalle.
Piton le lancio' un ultima occhiata indispettita e si avviò lungo il vicolo.
Per tutto il tragitto di ritorno non fece altro che pensare all'enorme pazzia che stava facendo. Mai si era ridotto a pagare una donna e mai avrebbe pensato di poterlo fare.
Ma date le circostanze...il fine avrebbe giustificato i mezzi, ne era certo.
Sperava solo che avrebbe funzionato, doveva funzionare. Se avesse fallito era certo che sarebbe impazzito.
Della ragazza non gli importava, una volta conclusa la faccenda le avrebbe cancellato la memoria. Sarebbe stato semplice.
Credeva.


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Capitolo 3
*** Profumo di Gigli ***


 < < Profumo di Gigli > >


Il calderone ribolliva pacato in un angolo della stanza buia. I vapori della pozione avevano disteso un pallido velo di condensa sulla superficie del tavolo su cui erano disposti con ordine maniacale i pochi ingredienti rimasti.
Piton sedeva in una poltrona sfondata, silenzioso e assorto.
Sulle ginocchia era adagiata la scatola di Lily, ripulita dalla polvere con lacrime e devozione.
All'interno custodiva ancora il suo prezioso segreto, il fermaglio con quei tre, splendidi, fili di rame intrappolati nella ruggine e rimasti nascosti fino a quel momento.

Piton non riusciva ancora a capacitarsi di come non avesse potuto trovarli prima. Quante volte aveva tenuto tra le mani quel fermaglio, sognando Lily.
Da quando aveva stretto il suo cadavere tra le braccia lo aveva però messo via. Vent'anni erano passati.
La vecchia pendola battè le sei. Piton si alzò e con movimenti lenti e sicuri gettò gli ultimi ingredienti nella pozione fumante. L'indomani mattina tutto sarebbe stato pronto e lei sarebbe tornata.
 
Il vicolo era deserto. Silenzioso e umido nella nebbiosa mattina autunnale.
La ragazza spuntò quasi dal nulla, bianca ed evanescente come la nebbia stessa.
Portava sul viso i segni di una nottata di lavoro. Il trucco sbavato, i ricciuti capelli biondi, scompigliati. Indossava un abito vistoso, color smeraldo, stretto in vita da un corpetto di pelle.
-Mi pagherai il doppio per l'alzataccia bellezza!- annunciò con graffiante voce roca non appena individuò Piton, curvo e nero nell'ombra del vicolo.
-Dubito che tu abbia dormito- sentenziò egli in tutta risposta e senza aggiungere altro le diede le spalle.
La condusse con discrezione in un intricato dedalo di piccole viuzze fino a riportarla nella medesima Spinner's End in cui si erano dati appuntamento.
La ragazza non sembrò accorgersi del depistaggio. Continuava a sfregarsi gli occhi e a macchiarsi ancor di più il viso stanco di trucco scuro.
-Entra- le disse Piton, tenendo aperta la porta del suo appartamento. La richiuse di scatto non appena quella ebbe oltrepassato la soglia.
-Ma che amore di casetta! Le ha ricamate tu le tende!?-. Piton sembrò non apprezzare il sarcasmo della ragazza. Quella sbuffò e si lasciò cadere nella poltrona sfondata.
-Tu non parli molto- constatò sbadigliando.
-Tu troppo- fu la secca risposta.
Piton aprì una vetrinetta e ne estrasse una bottiglia di liquido ambrato assieme a due bicchieri. La mano gli tremò mentre posava il tutto sul tavolo.
La ragazza parve non accorgersene, impegnata com'era ad esaminare il dimesso e triste ambiente del salotto. L'indelicata smorfia sul suo viso tradiva i suoi pensieri.
Piton si concesse un solo istante per controllare che ogni traccia del calderone e della pozione fossero effettivamente spariti a dovere. Tranquillizzato prese a versare con un colpo di bacchetta il liquido nel bicchieri.
-Da bere- annunciò. Non era un invito, ne la cortesia di un ospite. Era un ordine.
La ragazza dovette cogliere il tremolio nella voce o quel lampo di euforia che gli attraversò gli occhi corvini. Si fece accorta.
-Stai cercando di avvelenarmi?- domandò seria.
Piton deglutì con freddezza. Aveva dovuto affrontare situazioni ben più pericolose e tese di quella per lasciarsi intimidire.
-Non vedo perché dovrei- rispose.
La strega convenne. -Vuoi drogarmi allora, nella speranza di non dover pagare- concluse saggiamente, stuzzicandosi i ricci scomposti.
-Sarebbe senz'altro più sensato- fu il lento biascichio di risposta -ma non è mia intenzione. Il tuo compenso è lì- e indicò il piccolo gruzzolo di Zellini e qualche Falce.
La ragazza li prese e li esaminò con cura, sfiorandoli con gli attenti occhi grigi.
-Sono ben pochi, ci fai un ora- lo avvertì alzando lo sguardo su di lui.
Piton non battè ciglio. -Non ho bisogno di un minuto di più-.
-D'accordo allora, non ho tempo da perdere- riprese quella, alzandosi e iniziando ad armeggiare con il corpetto con gesti sicuri e veloci.
-Ferma- La voce di Piton si incrinò curiosamente nel pronunciare quelle parole.
-Vuoi farlo tu?- domandò la strega, avvicinandosi con passo felino.
Piton sentì l'orlo della sua voluminosa gonna sfiorargli le caviglie.
-Da bere- ripeté, lanciando uno sguardo ai bicchieri colmi sul tavolo e protendendosi verso di esi.
-Non ne ho voglia- rispose lei, fissandolo dal basso in su. Piton iniziava a spazientirsi.
- D'accordo- sbuffò e con un colpo di bacchetta sfiorò uno dei bicchieri. Il contenuto ambrato di quello si tramutò in un composto fangoso. -Un Galeone se lo berrai-.
La strega indietreggiò di un passo. Non sembrava troppo stupita dalla proposta. -Tutto qui?- chiese, dando in una risata -vuoi che beva della Pozione Polisucco?-
Piton non seppe come interpretare quella reazione.
-Non sai in quanti me lo chiedono, alcune mie colleghe lo inseriscono nelle offerte di listino- spiegò quella. -Tu chi hai scelto?- chiese poi.
Piton deglutì. Le sue mani ebbero un tremito. -Non è affar tuo- sibilò, prima di sfilarsi qualcosa dalle tasche.
Aprì con estrema delicatezza l'involto di stoffa e ne estrasse un filamento ramato che brillò nella fioca luce della stanza. Lo fissò per qualche istante, in silenzio.
Tutta la sua felicità era racchiusa in quel capello.
Avrebbe di nuovo respirato il profumo di gigli e rivisto quegli occhi. I suoi occhi, così unici, così splendenti. Quegli occhi che Voldemort gli aveva portato via e prima di lui quel Potter.
Strinse i denti con rabbia. Ma ora sarebbe stata unicamente sua, l'avrebbe avuta con se, per un ora.
Ancora.
 
                 -Tic toc…il tempo passa-
 
Piton sollevò lo sguardo di scatto. -Cosa?- domandò.
-Non ho tutto il giorno- sentenziò la strega. Fissò il suo sguardo intelligente su Piton e lo scrutò.
L'uomo si ritrasse come punto da uno spillo.
Senza indugiare oltre lasciò che il capello scivolasse nel bicchiere. Lo vide galleggiare per un momento sulla superficie grumosa e scura della Pozione e poi affondare.
Un istante dopo il composto si era tramutato in una splendente sostanza vellutata, di un caldo color caramello.
Il profumo di gigli che ne scaturì sembrò scuotere la casa dalle fondamenta e Piton vacillò.
Lily era lì, tutta in quel bicchiere.
La mano screpolata ed evanescente della strega lo afferrò, con così poca grazia che Piton avrebbe voluto strappargliela.
Sollevò lo sguardo sulla ragazza mentre quella si portava il bicchiere alle labbra.
Era piccola, stravolta; così misera in quella veste da adulta svenduta che non le apparteneva. Piton si pentì per un solo istante di ciò che stava facendo.
Poi la vide tremare. Il bicchiere cadde a terra con un tonfo.
Schegge di vetro saettarono in ogni direzione mentre i contorni della ragazza mutavano.
I capelli si lisciarono e scivolarono come cascata di rame lucente su spalle esili. Il viso si colorò di rosea freschezza e due occhi verdi come i prati in primavera ammiccarono dietro le palpebre delicate.
Piton sentì un tuffo al cuore. Un sudore freddo lo invase.
 
E furono gigli.

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Capitolo 4
*** Ambrosia ***


 < < Ambrosia > >

Ed eccola Lily, la sua Lily.
Splendida, in fiore, come lo era in una calda mattina di tanti anni prima.
Soave, candida e pura.
Bianca e rossa e verde.
Un arcobaleno di sensazioni.
Piton rimase attonito a fissarla, mentre il cuore prendeva a martellare prepotente nel petto, risvegliandosi da un torpore troppo antico.
Le ragnatele del suo amore venivano spazzate via, mentre il petto si gonfiava di un nuovo respiro vitale.
 
La rappresentazione stessa della morte lo riportava in vita.
 
Piton sentì qualcosa di caldo scivolargli lungo il viso. Grandi lacrime perlate chiocciarono sulle assi del pavimento.
Quanto aveva sognato quel momento, quanto lo aveva invano desiderato, stringendo al petto un frammento di foto e di affetto.
E ora era suo quel momento, solo suo.
Suo e di Lily.
 
Lily lo fissava con quei suoi smeraldi verdi e gli perforava l'anima.
Piton si scoprì ad aver paura.
Paura di averla ora, lì, per poco.
Paura di doverla perdere di nuovo.
Perché non era vera, non era Lily.
Eppure lo era.
Rimase silente e assorto, con la bocca socchiusa e il cuore stretto.
Lily gli venne incontro, con passo lento e leggero.
Lo guardava, come mai lo aveva guardato in vita.
Nei suoi occhi c'era una scintilla di provocazione. Una perversione profonda.
Mai Lily avrebbe potuto guardarlo così.
Eppure era allo stesso tempo lei.
Suo era il viso, suo il profumo, suoi quegli occhi meravigliosi.
Lily avanzò di un passo ancora, portando avanti le candide mani.
Gli sfiorò il viso, asciugandogli le lacrime.
Sorrise e Piton si sentì esplodere il cuore.
Il suo era un sorriso dolce, era il suo vero sorriso.
Gli tremavano le mani, abbandonate lungo la veste scura.
Nero e verde si mescolavano in quello sguardo eterno e impossibile.
Così vero, tangibile, toccante, struggente.
Eppure finto. Mera illusione.
Lily si fece più vicina. Il suo respiro gli scaldò il viso.
Oh quanto fredde erano state le sue labbra fino ad allora, mai se n'era reso conto.
Mai prima di quel bacio.
 
Le labbra di Lily erano morbide contro le sue, così leggere, vellutate.
Una carezza di petali contro ghiaccio fuso.
Piton era paralizzato, immobile. Rigidamente impettito.
Lily era morbida, rilassata e così dolce.
Il viso di lei lo sfiorava mentre le labbra rimanevano giunte nel silenzio.
I suoi capelli di vivo rame, gli solleticavano le palpebre.
Poi Lily dischiuse le labbra e il suo sapore lo invase.
Mai avrebbe pensato di poter assaggiare qualcosa di così ristorante e goloso.
Ambrosia era.
Ambrosia che sapeva di gigli.
 
Piton sentì qualcosa incrinarsi da qualche parte nella sua anima e scoprì di averne ancora una.
Pensò al passato, al presente e al futuro in un istante.
Pensò a lei, a se, a loro in quel bacio che si accendeva man mano di passione.
Ritrovò la voglia di vivere. Per un attimo pensò d'avvero che fosse possibile per lui provare cosa fosse la felicità.
Lui che mai nella vita aveva avuto un bacio o una carezza.
E ora aveva l'ambrosia.
 
Il bacio si dilatò nel tempo e nello spazio mentre i due corpi si cingevano l'un l'altro con infinita dolcezza.
Le labbra di lei lo riempivano di un soffio di energia, di leggerezza.
Era felice.
Non riusciva a saziarsi di lei e più le sue mani assaporavano il calore del corpo di lei, più se ne sentiva assuefatto.
L'ambrosia gli entrò nelle vene, ristorando il sangue imputridito.
Salì fino al cuore e lì sciolse il suo astio verso il mondo, la sua impotenza.
Dissolse la sua malvagità, la sua invidia, il suo desiderio eterno di dimostrare che anche lui, in fondo, valeva qualcosa.
E in quel momento, quel suo momento, lui esisteva davvero.
Lily gli accarezzò il viso, ancora e ancora, lo attrasse a se, lo tenne stretto.
 
E fu amore.


//Piccola nota: vi consiglio di ascoltare Halleluja cantata da Rufus Wainwright. E' stata la mia colonna sonora mentre scrivevo ed è davvero qualcosa di...indescrivibile  :' )

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Capitolo 5
*** Questione di punti di vista ***



< < Questione di punti di vista > >

La Pozione Polisucco fece immediatamente effetto.
Betty lasciò cadere il bicchiere mentre un tremore la scuoteva.
Schegge di vetro volarono ovunque.
Il viso prese a formicolarle, così come gli altri brandelli del suo corpo.
Non poteva vedersi, non c'erano specchi nella stanza.
L'unico specchio erano gli occhi neri di quell'uomo che le stava davanti.
Non sapeva niente di lui, come del resto non sapeva mai nulla dei suoi clienti.
A lei bastava che pagassero.
Non poteva sapere in chi si fosse trasformata. Si rendeva solo conto di essere più alta, più robusta e di avere splendidi capelli ramati.
Si chiese chi fosse in quel momento.
Si chiese chi fosse in qualunque momento.
Chi era lei in fondo? Una svenduta, una qualunque, una delle tante violentate dall'amore.
Betty…non era neppure il suo vero nome.
Era una donna senza nome e senza anima.

L'uomo dai capelli scuri aveva un colorito giallognolo, che sapeva di malattia.
Quando i loro occhi si incontrarono sembrò impallidire ancora di più.
Non sembrava felice di vederla. Piuttosto pareva meravigliato, scioccato.
La ragazza non riusciva a capire cosa provasse, cosa dicessero quegli occhi imperturbabili, pozzi scuri di solitudine e silenzio.
In fondo, pensò, si somigliavano.
Con entrambi la vita era stata inclemente. Poteva immaginarlo dalle condizioni in cui versava la casa di quell'uomo, così misera e vuota.
Non c'era una foto, ne una traccia di vita vissuta.


E lui se ne stava in silenzio, pensoso, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa.
Betty decise di avvicinarsi. In fondo, era un giorno di lavoro come tanti.
Gli andò incontro ostentando un passo sensuale.
Ammiccò, fissandolo intensamente.
Lacrime.
Si rese conto che l'uomo stava piangendo.
Ebbe un momento di spaesamento, non sapeva che fare.
Non le era mai capitato di vivere una simile situazione.
Sentì un sorriso sincero nascere sulle proprie labbra, che non erano le sue.
L'amore che trasudava dallo sguardo dell'uomo, l'affetto che gocciolava insieme a quelle lacrime.
Si sentì stringere il cuore cedendo solo per un momento all'illusione che potessero essere per lei.
Si avvicinò ancora, gli sfiorò il viso.
Era freddo, così rigido.
Ma le lacrime che lo rigavano e che gli sgorgavano dal cuore erano piacevolmente calde.
Continuava a sorridergli, intenerita, mentre gli carezzava il viso.
Lo trovò così dolce e indifeso.
Una strana combinazione con l'aspetto cupo e trascurato e i suoi modi bruschi.
Eppure ora, nel momento in cui tutti i suoi clienti si mostravano per quello che erano:
violenti,
irrefrenabili,
bestie,
insensibili verso l'altro e se stessi;
lui se ne stava lì, fermo, eppure dentro doveva essere agitato da mille sensazioni.
Betty provò un misto di orgoglio e contentezza al pensiero che fosse lei la fonte di quella tempesta luminosa.
La voglia di baciarlo le salì spontanea alle labbra.
Mai aveva dovuto prendere l'iniziativa con un cliente.
Fu una sensazione strana. Calda e strana.
Lui era ancora inerte sotto il suo tocco.

Dischiuse le labbra e lo baciò con passione.
Lo sentì rilassarsi, sciogliersi.
Le cinse la vita con le mani.
Aveva un tocco lieve, rassicurante.

Betty si strinse a lui mentre un calore sconosciuto le riempiva il petto.
Fu lei a guidarlo. A insegnargli l'amore e si sentì coinvolta,

pericolosamente coinvolta.

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Capitolo 6
*** Chi non muore... ***


 

< < Chi non muore… > >

Piton aprì gli occhi lentamente.
Una fioca luce illuminava l'ambiente silenzioso.
Si poteva udire il gocciolio lento e instancabile della pioggia su tetto.
Lily…
I ricordi tornarono tutti insieme, assalendolo come un fiume in piena.
Scattò a sedere sul letto, era nudo, ciò che rimaneva del marchio nero era l'unica nota di colore sul suo corpo diafano.
Percorse la stanza con lo sguardo, con l'insensata certezza che l'avrebbe vista lì, seduta su quella sedia sgangherata o in piedi vicino alla finestra, illuminata nelle sue morbide forme.
Piton si sentiva stranamente calmo, svuotato.
Poteva ripercorrere con estrema precisione quanto era accaduto la sera prima.
Da quando aveva rivisto gli occhi della sua Lily a quando aveva assaporato le sue labbra.
Ricordava ancora la sensazione inebriante della sua pelle sotto le mani, così morbida e calda.
Tutta quella meravigliosa ora d'amore era impressa come fuoco nella sua mente, eppure la fiamma era addormentata, in cova sotto le braci.
Le coperte erano sfatte, gli abiti ammonticchiati a terra.
Ma lei non c'era.
Non c'era mai stata veramente.
Piton si sentì sprofondare.
Il cuore sembrò svincolarsi dalle catene che lo tenevano fermo e riprese a battere forte contro le costole.
Lei non c'era.
Era stata una parentesi, un'ora di follia.
Lily era morta. Giaceva fredda e grigia sotto una lapide e solo la terra poteva carezzare le sue ossa scarnificate.
Quanto sciocco era stato. Credeva davvero di potersi liberare di quel tormento soffocante e dolce
allo stesso tempo.
Credeva forse che avrebbe smesso di desiderarla così ardentemente se avesse assaggiato il suo amore.
E invece ora ne voleva ancora.
Si sentiva irrequieto, frenetico. Le mani gli tremavano, il cuore martellava.
Si alzò. I piedi scalzi contro il pavimento gelido.
Si aggirò nudo nella fredda penombra della casa.
Inciampava nei tappeti, urtava il mobilio, ma non sentiva dolore. Non sentiva niente se non quell'assurda voglia di vederla.
Per quanto sapesse che era stata tutta l'illusione di una pozione, inconsciamente frugava gli angoli della casa, in cerca di una traccia del suo passaggio.
Tonfi sordi coprirono per un momento il tacito scroscio della pioggia.  
Piton si riebbe.
Sbattè le palpebre una, due, tre volte.
Tutto riprese contorni reali.
Ancora dei tonfi. Qualcuno bussava alla sua porta.
Piton corse nell'ingresso, agguantò un mantello dall'attaccapanni e vi si avvolse.
Ancora tonfi.
Piton afferrò la maniglia e l'aprì con tanta energia da far cigolare i cardini.
Uno strano senso di attesa lo aveva pervaso, se ne rese conto solo ora che lo sentiva scemare, cedendo alla delusione.
A sopraggiungere subito dopo fu la sorpresa.
Una figura ammantata se ne stava sulla soglia. Una figura massiccia, di uomo.
-Piton- una voce roca scaturì da sotto il cappuccio mentre due occhi di ghiaccio mandarono un bagliore.

-Malfoy- fu la risposta.

I due rimasero a scrutarsi per qualche secondo, mentre la pioggia cadeva nel vicolo deserto.
-Devo parlarti- riprese l'uomo celato, lasciando cadere all'indietro il cappuccio e rivelando una liscia cascata di capelli platino.
Piton si stupì di come fosse invecchiato in così poco tempo.
Lucius aveva il volto stanco, segnato da profonde rughe di preoccupazione.
-Entra-. Piton si fece da parte per lasciar passare Malfoy.
Richiuse la porta e cadde il silenzio.
-Siediti- disse ancora l'ospite, prima di muoversi, spinto dall'abitudine, verso la vetrinetta dei liquori.
Si arrestò a pochi passi da essa, mentre un brivido di sudore freddo lo attraversava.
Sul tavolo c'era ancora la bottiglia di Polisucco, a terra i frammenti del bicchiere che l'aveva contenuta.
Piton si voltò verso Malfoy. -Perchè sei qui?- gli chiese brusco.
Non era dell'umore per ricevere visite.
-Non sarei venuto se non ce ne fosse stato estremo bisogno…-iniziò quello, respirando a fondo.
Piton rivisse la stessa scena di pochi anni prima, quando Narcissa era venuta ad implorarlo.
-vedi…prima che…insomma…Prima che venisse sconfitto, Lui…- Malfoy sembrava avere un groppo in gola
-Non voglio più sentir parlare di questa storia Malfoy!- gridò Piton senza lasciarlo continuare -e credevo che anche tu avessi imparato la lezione!-
Malfoy deglutì -non è come pensi- si affrettò a ribadire -si tratta di qualcosa di più grande!-
Piton cedette per un attimo alla curiosità e Malfoy approfittò del suo silenzio.
-Aveva un progetto Piton! Se io riuscissi a portarlo a termine, se noi, noi Piton! Ho bisogno di te per farlo- parlava animosamente ora, il rossore gli accendeva il viso pallido -ci ricopriremo di gloria! La nostra immagine sarà rivalutata! Potremo tornare a mostrare il viso e verremo osannati!-
Piton era sempre più attento. - Di che si tratta?- domandò in un soffio.
Ma Malfoy non ebbe il tempo di aprire bocca.
Altri colpi si abbatterono sulla porta.
-Chi è la?- gridò Piton oltre il legno scrostato.
Sentiva in risposta solo il rumore scrosciante della pioggia.
Si decise ad aprire uno spiraglio.
Sulla soglia stava una minuta figurina, ammantata anch'essa in un soprabito scuro e incappucciata.
-Chi sei?- sputò Piton.
-Betty- fu la risposta.
-Chi?- ripeté l'uomo.
Biondi capelli ricciuti e occhi di metallo apparvero.
-Ho dimenticato il mio compenso- si spiegò la ragazza accennando uno strano sorriso.
-Non è il momento- fece Piton, ma Betty sgusciò agilmente oltre il suo braccio proteso e fu in casa.
-Non è il momento- ripeté Severus, voltandosi con il cuore in gola.
Se quella sgualdrina si fosse lasciata sfuggire una sola parola…
 
-TU!-
 
La ragazza sguainò la bacchetta con un gesto rabbioso.
Malfoy scattò in piedi, sconcertato.
 
-Melanie?-

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