Memories of an Assassin

di Kurosaki Ichigo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Walking in the Rain ***
Capitolo 2: *** Chapter I: Streets of Rome ***



Capitolo 1
*** Prologo: Walking in the Rain ***



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    Memories of an Assassin: Prologo  
- Walking in the Rain -

 
Nuvole nere e solitarie sovrastavano il cielo notturno, illuminate quasi ossessivamente dalla vorace luce di lambi che agili si districavano in quei grovigli di nubi.
Tuoni rombanti scuotevano il silenzio e la pioggia scorreva dai cieli verso la terra, col suo moto perpetuo ed inarrestabile.
Gocce d'acqua scesero delicatamente su di lui ricoprendolo come un manto cristallino, scorrendo lungo il suo viso, le sue mani e le sue dita.
Il suono della pioggia lo rassicurava, non ne conosceva il motivo ma lo avvertiva, era solo certo di sentirsi in pace con se stesso tenendo lo sguardo verso quelle nuvole così distanti come al voler indicare una libertà negata, distante ma non irraggiungibile.
Era immobile, appollaiato su di alcune assi poste paurosamente sul tetto di un alto edificio poco distante da quella che sembrava essere una zona industriale.
Impavido restava a guardare quelli oscuri cieli e velati lampi come a volerli sfidare, attento ad ascoltare la pioggia in quella lunga e fredda notte di Dicembre.
In quella gelida veglia non si curava del freddo né della paura, era calmo, egli stesso era gelido ma con un vacuo sorriso stampato sulle labbra, il sorriso di qualcuno che ha un obiettivo davanti a se e sta per raggiungerlo.
I suoi occhi si serrarono di fronte a lui, ora non più a fissare quella lontana libertà ma un edificio ben preciso.
Non troppo in lontananza le luci della città danzavano di fronte a lui con colori sgargianti e vivaci.
Ne avvertiva il tepore, poteva sentire le urla allegre dei bambini ed il vociferare di chi vive tranquillamente, incurante ed inconsapevole di ciò che gli sta intorno, inconsapevole del pericolo che si annida tra le ombre di una società malata e contorta.
Strinse saldamente i pugni mentre si alzava su quelle assi e la pioggia iniziava ora assiduamente a sbattere contro i suoi vestiti, rendendoli più pesanti del solito.
In quella notte egli non poteva provare paura, non poteva esitare né vacillare.
Con lo sguardo teso all'orizzonte balzò felinamente dal tetto dell'edificio ove si trovava a quello adiacente, incurante del pericoloso strapiombo che separava i due palazzi.
Corse tenendo saldi i piedi sul cemento dell'abitazione sottostante, mentre il vapore prodotto dalla sua bocca si districava nel vento creando forme antropomorfe prima di scomparire nell'aria e tra le acque.
Saltando facilmente piccoli muretti ed ostacoli si avvicinava a quella ormai non più lontana ed inscrutabile struttura.
I suoi movimenti erano precisi ed istintivi, come se per lui fosse del tutto naturale, come se avesse già fatto tutto ciò nelle sue vite passate.
Con la pioggia che batteva e le vene che pulsavano, continuava a percorrere il suo cammino, ad andare avanti, diritto di fronte a sé e deciso ad affrontare qualunque cosa gli si sarebbe parata davanti ad ostacolarlo.
Sembrava non conoscere la fatica o semplicemente decise di fare volentieri a meno di quella percezione, non ne aveva bisogno; non quella notte, non in quel momento.
Continuava a scattare, ancora ed ancora, con gli occhi fissi sul suo obiettivo.
I tuoni perenni ad echeggiare nell'aria notturna, l'acqua a scrosciare lungo gli edifici, e lui ad essere saldo e deciso nella sua missione, senza vacillare, senza fermarsi, per nessuna ragione.
 
Il suo nome era Desmond Miles.
 
Ed era un Assassino.



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Angolo Autore:

 
Questa serie nasce dall'idea di rendere onore alla poco riuscita e trascurata parte nel presente di Assassin's Creed 3. 
Desmond Miles è da sempre stato un personaggio mal visto dai suoi stessi "creatori" per questo credo sia giusto che si prenda il proprio spazio, anche se in modo non-canon. 
Questa sarà una serie di fic che altereranno gli svolgimenti del presente, dove il tutto sarà partorito dalla mia pazza mente. 
Mi piace considerarlo una sorta di tributo a ciò che poteva essere ma che non sarà mai AC.

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Capitolo 2
*** Chapter I: Streets of Rome ***



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    Memories of an Assassin: Chapter I  
- Streets of Rome -

 
Una volta sceso in quel disagevole vicolo la cui glacialità era tangibile alla stregua di quella fredda pioggia trasportata dal vento, che inesorabile dirompeva su di lui, si ritrovava ora privato della fioca luce lunare che sino ad allora lo aveva accompagnato.
Era un posto angusto con rifiuti di ogni genere sparsi per il terreno, lo stesso terreno in cui l'acqua tentava di slegarsi da quella che pareva una discarica a cielo aperto, illuminata solo fugacemente dalla pallida luce emanata da un lampione posto al di sopra di una grossa saracinesca bluastra. 
Il flebile miagolio di un gatto si fece largo tra le tenebre andando poi a perdersi in quell'eternità di suoni e trambusto proveniente dalla strada adiacente.
Il suo manto così nero e liscio pareva risplendere alla debole seppur calda luce di quello stretto luogo.
Esso protese dolcemente il capo verso quell'uomo incappucciato che stanziava d'inanzi a lui, attento ad osservare scrupolosamente l'inaspettato ospite.
Stille d'acqua cadevano dal suo folto pelo mentre stabiliva di non curarsi dell'esordiente presenza, intento ora a frugare in cerca di sostentamento e riparo, disperdendosi  in seguito lentamente tra le ombre.  
Dopo aver salutato quell'intrepido gatto con un cenno della testa, Desmond s'incamminava ora per la strada che li vicino si estendeva ad una zona più aperta, ritrovandosi contro il fragore della gente che scattante camminava contro di lui.
Parevano tutti gioire senza un apparente motivo, come se i problemi del mondo scivolassero loro addosso come la pioggia di quella notte, come se nulla potesse turbare o anche solamente intaccare la loro marmorea spensieratezza.
Ma lui sapeva...
Aveva la cognizione di quell'illusoria serenità, egli stesso in passato s'era crogiolato in tali pensieri distorti dalla realtà, cercando conforto dall'aspra verità, scappando dal suo passato che celere lo perseguitava.
I giovani anni alla fattoria passati ad allenarsi senza conoscerne lo scopo, senza discernere i suoi pensieri da quelli che gli venivano serviti.
Tutto era distorto; la confraternita, i templari, gli assassini, il credo.
Non prestava molte attenzioni a tutto ciò quanto alla recisa libertà in cui credeva di vivere crescendo in quel posto, tendendo la mente oltre quei costrutti di vita che tanto odiava.
Ma ora egli sapeva, era a conoscenza che tutto ciò che aveva passato, tutto ciò che aveva subito presentava il solo fine di prepararlo ad affrontare la dura e cruda realtà dei fatti: il mondo era schiavo e soggiogato da folli menti bramose d'inebriarsi di potere.
La realtà costruita in quegli anni di fuga s'era come sgretolata di fronte ai suoi occhi... ma ora era pronto, preparato ad affrontare la realtà, temprato dalla conoscenza e dal credo, lo stesso credo che aveva a suo tempo rinnegato ma che ora sembrava trovare finalmente un posto nella sua critica e cinica mente.

 
« Desmond!? » Si sentì richiamare.
Rinsavì da quella visione del passato, portandosi la mano destra all'altezza dell'orecchio ed accostando le dita sull'auricolare che aveva posto sopra di esso.
« Si, si ci sono Rebecca. » ribatté ancora mezzo assorto nei suoi pensieri.
Si fece largo una voce che pareva saccente ed ironica al tempo stesso:
« Sicuro che tu non te la stia facendo sotto, Desmond? »
«Fottiti Shaun! » Contestò di pronta risposta Desmond.
« So cosa devo fare ma c'era davvero bisogno di tutto quel casino per superare il posto di blocco? »
« Non c'era altro modo, oppure volevi farti catturare e liberarti una volta dentro la struttura di ricerca? » rispose sarcasticamente Rebecca, vocalmente tesa ma temprata alla causa.
« Già, mi sà che hai ragione. » terminò Desmond. 

 
Portava ora entrambe le mani all'altezza delle cosce, riponendole dentro le tasche dei jeans bluastri che aveva addosso, intento a farsi largo nel fragore della folla, tra i colori brillanti di luci che riflettevano il proprio bagliore in pozze d'acqua piovana, e tra i dolci profumi di cornetti abilmente preparati e serviti nel bar li accanto.
Gli ombrelli della gente sembravano come colorati fari danzanti in quella notte di pioggia, uniti al solito vociferare dei passanti; ma non aveva tempo per soffermarsi su tali momenti di gaudio mentale.
Aveva una missione da compiere.

 
« Occhio alle telecamere, se ti fai individuare nella zona sono cazzi. » riprese Rebecca, ammonendolo.
« Ne sono consapevole, starò attento; e credo sia meglio limitare le conversazioni per ora, almeno qui all'esterno, non sia mai qualcuno origliasse o altro. » esordì  Desmond, tenendo lo sguardo fisso alla sommità degli edifici presenti nella zona ove si trovava, in cerca di telecamere da evitare.
« Hai ragione, stai all'erta. » disse Rebecca, prima del silenzio radio che da li a poco oltre ci sarebbe stato.  

 
Scrutando minuziosamente l'ambiente ad ogni passo che lesto ponderava sul terreno, Desmond s'apprestava ad entrare in un altro vicolo, lasciandosi alle spalle l'ora chiassoso brusio della folla che sino a quel momento aveva avvolto nell'ombra i suoi spostamenti.
I lampi che ancora perpetravano fasci d'abbagliante luce nel cielo altresì ingrigito ed ormai privo di luna, avvolta da un' offuscata matassa di dense nubi, riflettevano il proprio affascinante bagliore lungo le pareti degli edifici del settore.
Camminava silenziosamente avvolto dalle tenebre, sentendosi gelare l'avambraccio a causa del freddo acciaio di cui era costituita la fedele 'lama celata' posta sul suo arto, al di sotto della sua bianca felpa, per non destare eventuali sospetti.
Quella sensazione di gelo lo aiutava a restare vigile mentre tornava ora in mezzo alla gente, disperdendosi grazie ad essa da eventuali occhi indesiderati.
Le telecamere, facili da rintracciare, non sembravano rappresentare un tangibile problema così come l'esaminare persone intorno alla ricerca di eventuali grattacapi.
Era alquanto facile non essere notati per lui, superare i volti della gente e passare oltre, come potrebbe essere altrimenti dopo intere vite di costante ed estenuante allenamento indotto al quale si era sottoposto nel corso di quei mesi.
Di certo non si sarebbe lasciato bloccare né allarmare da fredde macchine osservatrici o burberi individui di dubbia esperienza.
Continuando a camminare nel mezzo di quell'accozzaglia di diverse etnie e preso dallo schivare l'ormai onnipresente traffico automobilistico; s'arrestò, immobile su quel manierato luogo, con la pioggia che ancora picchiava al suolo.
Velocemente si ritrovò ad aver percorso tratti di strada ben più lunghi di quanto esso credesse, assorto com'era nella sua concentrazione. 
Alzava ora lo sguardo alla struttura di fronte a lui, all'apparenza un grande fabbricato stilisticamente in chiave moderna con ampie vetrate e muratura in cemento.
Una struttura associata al 'World Food Programme' così come ad un'industria farmaceutica di fama e gloria mondiale, le cui azioni benefiche venivano magistralmente dipanate sulla bocca di tutti.
La realtà ancora una volta risultava distorta agli occhi della gente... ma non ai suoi.
Con fare di sfida sostò a mirare l'edificio, restando nascosto in quel velo di folla quasi impenetrabile che forsennatamente s'aggirava attorno a lui senza un singolo attimo di tregua.
Apatico saldava ora i pugni accanto alle sue cosce in una forte stretta, mentre gocce d'acqua scorrevano perpetuamente lungo la sua pelle. 
La meta era ormai raggiunta, a soli  pochi metri di distanza dal suo luogo di stallo.
La sede dell'Abstergo Industries. 

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