Volete che vi racconti una storia? di Mami93 (/viewuser.php?uid=151610)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I-L'inizio ***
Capitolo 2: *** II-Invito a pranzo ***
Capitolo 3: *** III-Delirio in Disco ***
Capitolo 4: *** IV-Confessioni ***
Capitolo 5: *** V-Piccolo incidente ***
Capitolo 6: *** VI-Cinema? perchè no? ***
Capitolo 7: *** VII-Un pomeriggio di dolcezza ***
Capitolo 8: *** VIII-La fortuna comincia a girare ***
Capitolo 9: *** IX-Dance, dance, dance! ***
Capitolo 10: *** X-La promozione ***
Capitolo 11: *** XI-La festa dei chiarimenti ***
Capitolo 12: *** XII-The story ended ***
Capitolo 1 *** I-L'inizio ***
I-L'inizio
Non so che cosa mi abbia portato qui questa sera, ma di una
cosa sono certamente sicura, me ne sto pentendo amaramente. A quest’ora sarei
sul divano con le pantofole ai piedi e una tazza di the in mano. Oh, ma me lo
ricorderò, eccome se me lo ricorderò, e giuro che questa volta non gliela
perdono a Yolei. Come ha potuto lasciarmi qui al tavolino tutta sola mentre lei
andava a salutare il suo amico “toccaculo” e le sue amichette che se lo facevano
ben volentieri toccare? Desidererei solamente andarmene, ma non voglio mettere
meno di tre metri tra me e quel… quell’essere; gli venisse mai in mente di
provarci anche con me. Non vorrei fare la guastafeste…
“ciao!” Oddio, e adesso chi è questo?
“ehm…” povera me, è mai possibile che non riesca a proferire
parola?
“posso?”Cosa? Aspetta, io questo qui non lo conosco, non
l’ho mai vista in vita mia, e se gli dicessi di no? Passerei da maleducata?
Però se gli rispondo di si sono costretta a intrattenere una conversazione con
lui. Yolei, dove cavolo sei? Ti prego, portami via da questo posto di matti!
Mah, Ehi, che fai, questo si sta sedendo senza aspettare risposta. Aiuto, che
faccio?
“Senti, vedi quei tre ragazzi al bancone?” Chi, quei tre
idioti che ci stanno osservando cercando di non dare nell’occhio ma che non ci
stanno riuscendo affatto? “ecco, quelli sono miei amici!” Ah, ecco, perfetto,
sto messa bene adesso! “bhe, abbiamo fatto una scommessa: loro dicono che non
riuscirò mai ad avere il tuo numero e io ora gli dimostrerò che si sbagliano!”
Ma che cazzo sta dicendo?
“il… il mio numero?” e adesso perché mi guarda come se fossi
io la pazza fra i due?
“sì, il tuo numero… di cellulare” Silenzio…. E io continuo a
non capire “ce l’hai un telefono cellulare, non è vero?” Ma che domande, certo
che ce l’ho, non vengo mica dal paleolitico!
“sì, si ce l’ho!”
“ecco, appunto, allora me lo dai?” O mammina, e adesso?
“c…cosa?” ma che cosa ho, un cappello a forma di cacca di
Arale in testa? Perché continua a guardarmi come una squilibrata scappata dal
manicomio?
“il tuo numero di cellulare, e cosa se no?”
“ah, ehm, ma io veramente non ti conosco!” e questo è un
dato di fatto!
“Sì, e allora?” Come e allora? Adesso la pazza chi è?
“e allora non posso darti il mio numero!” ma perché devono
capitare tutte a me?
“Non ho intenzione di scriverlo nei bagni degli autogrill!”
COSA? Dov’è che scriveresti il mio numero tu? “Senti, facciamo cosi: come ti
chiami?” E adesso perché vuole anche sapere il mio nome? Se non se ne va subito
da questo tavolo giuro che chiamo la sicurezza. Ci sarà la sicurezza in questo
bar, spero! “Dai, si tratta solo di sapere il tuo nome!” Uffa
“Hikari” spero tu sia contento, ora
“perfetto! Ciao Hikari, io sono Takeru, tanto piacere!” Forza,
per questa volta sarò educata e gli stringerò la mano! “ora, visto che ci
conosciamo, perché non ci scambiamo i numeri?” Che cosa sarebbe questo finto
sorriso rassicurante? Guarda che non abbocco
“Questo non rientra nel mio concetto di conoscenze!” e credo
non solo nel mio, ma questa è un’altra questione
“oh suvvia, ti fa così tanta fatica darmi il tuo numero di
telefono? Si tratta solo di poterti fare uno squillo per assicurare ai miei
amici che ho effettivamente chiamato te, e dopo lo cancello, se ci tieni così
tanto! Non ho duecento Yen in tasca per pagare la scommessa!” Ma sentitelo, e
adesso cosa dovrei fare, rimetterci perché tu sei un idiota che scommette
duecento Yen su di me? Te la chiederei io quella somma, ma come risarcimento
per il disturbo che mi stai creando!
“e perché hai scommesso così tanti soldi su una cosa di cui
non eri certo?” avanti, rispondi a questo
“andiamo! Non credevo che esistessero persone come te!” Ehi,
aspetta un momento, che vorrebbe dire questo? Cosa ho io che non va?
“potrei darti il numero della mia amica. Così tu hai vinto
la tua scommessa e io sono contenta, non ti pare?” che mente ragazzi, a volte
trovo dei compromessi eccezionali, quasi sorprendono anche me!
“scusami tanto, non vorrei passare da insistente” bhe,
effettivamente… “ma non sarebbe tanto più semplice se mi dessi il tuo invece di
scomodare tutte le ragazze del bar?” Io non voglio scomodare tutte le ragazze
del bar! Ragazzo insopportabile e senza senso del denaro.
“Se ti do questo benedetto numero la finisci di
importunarmi?” Odio doverlo dire, ma se le mie ex compagne di scuola vedessero
con che razza di tipo sto parlando, mi invidierebbero, e non poco.
“grazie!” E adesso che hai quello che volevi; smamma!
“perché sei così difficile?” O signore santissimo, ma cosa ho fatto di male?
“c-come scusa? In che senso difficile?” lo odio, lo odio, lo
odio!
“difficile! Quanti significati ha per te la parola
difficile?” Oh, sì, ora facciamo pure gli spiritosi. Sei fortunato che ho
finito il mio bicchiere di Ginger, se no in questo istante preciso te lo
troveresti su quei bei capelli biondi!
“hai il mio numero? Perché allora non torni dai tuoi amici e
incassi la tua somma?” E già che ci sei a me spetta il settanta percento del
guadagno
“Come mai sei senza ragazzo? Una così bella fanciulla tutta
sola è un vero spreco!” Ti prego, dimmi che questo è tutto un sogno e che mi
sveglierò presto
“è maleducazione rispondere ad una domanda con un’altra
domanda, e poi chi te lo dice che non ho un ragazzo?” Eccoti il ben servito,
sono curiosa di sapere cosa mi rispondi adesso!
“sei fidanzata?”
“no!” e comunque non sono affari tuoi!
“appunto!” e levati quell’espressione da vincitore dalla
faccia, brutto…. “sai, se tu fossi interessata io potrei, ehm come dire, farmi
avanti!” Oddio, no, ci mancava solo questo!
“oh, sì, certo, come no!”
“perché, credi che stia scherzando?” no, non lo credo, lo
spero!
“non ti darei più di due mesi!” Ad essere totalmente
sincera, non so se resisterei io per più di due settimane!
“in che senso?” In che senso? Quanti significati conosci della
frase <>?
“non riusciresti mai sopportarmi per così tanto tempo!” e
forse ce la metterei tutta perché tu non possa farcela! Seppure questo Takeru
sia un bel ragazzo, forse anche qualcosa di più di semplicemente bello, diciamo
che la sua simpatia è inversamente proporzionale alla sua bellezza.
“vuoi scommettere?” ehi, e adesso cos’è questo sguardo smanioso?
“no, grazie!” speriamo che la smetta presto
“perché, di che hai paura?” Vuoi davvero saperlo?
“di starci male!” ah, ecco, adesso che fai, la faccia
dispiaciuta?
“io non voglio fare soffrire nessuno… Se andassimo d’accordo
non ci sarebbe alcun problema, nel caso contrario ognuno riprenderebbe la sua
strada e tutto tornerebbe come prima. Che ne dici?” Mh, seppur riluttante,
l’idea non mi dispiace
“Hika, andiamo” Toh, veh chi si rivede: Yolei. Finalmente il
cielo mi ha ascoltata! Ok andiamocene
“va bene, ci sto!” Suvvia, una stretta di mano in questo
caso ci sta. Però, di sicuro ha un bel sorriso!
“hei, ma chi era quel tizio?” Yolei, Yolei, curiosa come al
solito, vero?
“un amico” un idiota, più che altro, ma in secondo luogo un
amico, o almeno spero!
Angolo autrice:
Poveri noi; anzi, poveri voi! Non so se dopo questo
stravagante incipit avrete tanta forza di continuare la lettura. L’idea è un
poco stramba e ora non so ancora con precisione come avrà seguito, ma ci sto lavorando
su. Probabilmente per qualcuno in futuro questa storia risulterà familiare per
certi punti a un film americano. Chiedo scusa quindi per questa somiglianza, ma
giuro che l’idea non è nata dal film, ma solo dopo che avevo cominciato a
buttare giù il bozzetto della storia mi sono resa conto dell’influenza della
commedia. Logicamente non vi rivelerò il titolo se no toglierei tutto il
divertimento, ma a tempo debito lo saprete. Spero possa piacervi, e comunque
confido nella sincerità delle vostre recensioni. Vi anticipo la fine della
storia è già scritta e salvata, quindi state tranquille e tranquilli che non vi
lascerò a metà storia per mancanza di ispirazione. Nel prossimo capitolo faremo
una conoscenza più approfondita dei due protagonisti. Un bacione
Mami
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Capitolo 2 *** II-Invito a pranzo ***
II-Invito a pranzo
Che noia, che barba, che noia. Odio avere il turno di
pomeriggio: passo le mattinate ad annoiarmi! Che cosa faccio… chi è adesso?
“pronto?” speriamo non siano scocciatori
“ciao!” appunto!
“Takeru, che sorpresa” mai frase è stata più vera
“usciamo a cena?” ho sentito male, vero?
“perché?” ho quasi paura a sapere la risposta!
“cosa c’è di male?” altra domanda in risposta di una mia
domanda, ma cosa è, un vizio?
“proprio a cena?” proprio io e te?
“perché?” e adesso che gli dico?
“oggi sono a lavoro fino a tardi”
“ma io non ho detto che dobbiamo andarci proprio oggi!”
Bastardo!
“ti prego….” Oddiomio, mi sono ridotta a scongiurarlo
“va bene. Al Play Star alle 12.30?”
“okay, a dopo”
Giuro solennemente che se non arriva in orario prendo e me
ne vado.
“eccomi, entriamo?” lo seguo tranquillamente mentre chiede
il tavolo al cameriere, ma sono preoccupata per le occhiate che ogni tanto mi
lancia “qui si mangia davvero bene!”
“ci vieni spesso?” strano, riesco a conversare a quattro
occhi con un ragazzo senza sentirmi sotto pressione o agitata
“no, direi di no, ma solitamente se un ristorante mi
sorprende la prima volta non mi deluderà più” oh oh, mi sa che si è accorto che
lo guardo come un’idiota
“cosa vuol dire?”
“faccio il critico culinario, quindi giro di ristorante in
ristorante” ah, ok, ora è spiegato tutto
“davvero? Sembra interessante”
“e tu, che lavoro fai?” ecco, tutti pronti a ridere
“lavoro in una casa di riposo”….
“come?” appunto, come non detto!
“immaginavo la tua sorpresa. Tutti si chiedono perché una
ragazza così giovane lavori in un posto…. Per vecchi!” Dio quanto odio questa
parola: vecchi. Ci sono tanti altri modi per definirli:anziani, agiati,
pensionati…. Vecchi mi sembra offensivo
“appunto, è quel che mi stavo chiedendo io” questo conferma
quanto poco discostino le tue idee da quelle di tutti gli altri
“diciamo che mi piace aiutare le persone” silenzio... Che
c’è, stupisce così tanto la mia idea?
“ci sono tanti modi per aiutare le persone,sai?” Uffa, che
palle!
“ordiniamo?” cameriera salvatrice, aiutami tu!
“ok, grazie, e anche una bottiglia di acqua naturale” eccolo
che torna a rivolgermi la sua attenzione. Speriamo almeno che l’interruzione
gli faccia cambiare argomento “allora, dicevamo che potresti fare anche
l’infermiera, o…” ok, era chiedere troppo
“possiamo cambiare argomento?”
“perche?” perché si!
“non mi piace spiegare ad altri il motivo delle mie scelte!”
“ti metto in imbarazzo?” Cacchio, che sguardo!
“un po’” perché cedo così facilmente? Non potevo
semplicemente negare?
“perché?” accidenti ad un ragazzo curioso
“oh, arrivano i nostri piatti” speriamo che con la bocca
piena non possa parlare così tanto
“rispondi, perché?” come non detto
“perché sei così curioso?”
“non si risponde a una domanda con un’ altra domanda, è
maleducazione!” e levati quel sorrisino dalla faccia. Però vuol dire che mi ha
ascoltato
“sai, non tutti sono aperti e disponibili come te!” oddio
che tono acido che mi è uscito
“ehi, scusami, non c’è bisogno di attaccarmi in questa
maniera” poverino, ora si è offeso? Però mi dispiace, un po’
“scusami, non è mia abitudine rispondere così”
“non pensare che io sia aperto e disponibile come credi tu!”
che stano, sta per caso evitando di guardarmi in faccia? Ed è diventato serio
tutto d’un tratto!
“però è l’impressione che dai”
“non sempre però è quella vera!” cos’è questa vena saggia?
“e qual è quella vera?” l’influenza di Yolei mi sta rendendo
troppo curiosa
“ehi, cos’è tutto questo interessamento tutto d’un tratto?”
Oddio, se ne è accorto anche lui. Yolei, ti odio
“Oh, scusa, non volevo?” toh, tutto d’un tratto il mio
piatto è diventato talmente interessante che non riesco a toglierci gli occhi
da sopra
“perché sei diventata tutta rossa?” no, non anche questo!
“non si dovrebbe far notare a qualcuno che è in imbarazzo,
sai? Non fai altro che peggiorare la situazione” ma forse tu non ti sei mai
sentito in imbarazzo!
“ti ho messo in imbarazzo? Ti chiedo scusa?” però quando
vuole sa essere anche gentile
“no, lascia stare”
“ti sto affascinando, non è vero?” cosa diavolo stai
dicendo? La mia incredulità è ai massimi storici
“cosa?”
“si, se no perché saresti arrossita?” sfacciato
“credi davvero così tanto nel tuo potere di affascinare le
donne?” bhe, perche se è così dovresti ricrederti…. Oh, andiamo Hikari, sei
così falsa!
“perché, non è forse così?” quel sorriso sornione non mi
piace per niente
“dovresti cercare di essere un po’ più umile” a costo di
farmi torturare, non ammetterò mai l’evidenza, giusto per farti abbassare un
po’ la cresta!
“e perché mai, se quel che dico è vero?” beata ignoranza.
Ehi, ma…
“è tardissimo, devo scappare al lavoro” ci alziamo e ci
dirigiamo verso la cassa “potrebbe dividere il conto per due, se non le
dispiace? Grazie”
“no, dica pure a me” cosa? Ho sentito bene?
“perché? Ho mangiato anche io…”
“si, ma a me fanno un prezzo migliore” ok, ora sono confusa
“perché?” pretendo spiegazioni. In fondo di solito se i
titolari fanno sconti, li concedono alle belle ragazze o ai conoscenti, e
Takeru non è fra questi!
“perché sono un critico culinario?” questo è abuso della
professione!
“strappi sempre un prezzo migliore per il tuo lavoro?” e ti
avverto: se dici di si potrei uscire più spesso con te
“ma tu non dovevi andare al lavoro?” Cavolo, ha ragione.
Corro
“non hai risposto…” so che è maleducazione urlare in mezzo
alla strada, ma ho realizzato solo ora
“lo so, ne parliamo un’altra volta!” io continuo a pensare
che abbia un sorriso bellissimo, specie se è sincero come ora. Mi fa il segno
del telefono, mi chiamerà. Non so perché, ma questa cosa mi rassicura un po’.
Oggi ho scoperto che potrebbe nascondere qualcosa di più profondo sotto a
quella scorza da bello e impossibile. Ma chissà che cosa.
Rieccomi qui! Non so sinceramente che dire, a voi l’ardua
sentenza. Mi è venuto un po’ così, di getto, spero possa avere sentenze
positive. Ora vediamo come andrà avanti questa storia. Vi abbraccio forte
Mami
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Capitolo 3 *** III-Delirio in Disco ***
III-Delirio in Disco
Ho salutato tutte le mie colleghe, quindi ora posso andare.
passo dalla porta d’ingresso e sono costretta a fermarmi subito per cercare
nella borsa i miei occhiali da sole: non mi ero accorta che ci fosse così tanta
luce! Ok, ora va meglio. Mah, aspetta, quella figura mi sembra di conoscerla.
No, non credo di sbagliarmi, lo riconoscerei ovunque!
-ciao Hikari!- no, non mi sbagliavo
-che fai, mi pedini?- mi guarda con occhi falsamente
innocenti
-passavo di qui e ho pensato di aspettarti…- si, certo, e io
ti devo credere?
-ok, ora sono qui, cosa volevi dirmi?- via il dente, via il
dolore
-secondo te sono qui solo per chiederti qualcosa?-
-perche, non è così?- e non penso neppure di sbagliarmi
-si,- appunto!! – ma volevo anche stare un po’ in tua
compagnia!- forse la mia espressione non è sufficiente a dimostrare il mio
stupore
-avanti, cosa c’è?- ormai sto cominciando a sentirmi a mio
agio in sua presenza..
-ti va di uscire questa sera?- perché me lo sentivo che
sarebbe stata questa la domanda?
-anche stasera?- non riesco proprio a capire questo suo
accanimento a stare in mia presenza
-cosa vuol dire anche stasera?- mi guarda di sottecchi
-cioè, volevo dire che siamo usciti anche ieri- non so, ma
usare la parola insieme mi suona un po’ strano; preferisco ometterla
-si, ma a pranzo- fa una pausa, e so che ha ancora qualcosa
da dire -e poi che vuol dire se ci siamo visti ieri?-
-lascia stare- è meglio, non capiresti -e dove vorresti
andare?- la risposta mi preoccupa
-non so, per esempio in discoteca- temevo!
-no! Mi spiace ma me in discoteca non mi ci vedrai mai!-
-eddai Hikari, non fare la guastafeste, ti prometto che ti
divertirai un sacco, e poi ci sono io con te, non sarai da sola!- appunto,
motivo in più per non venire…
-Takeru, se ti dicessi che odio le discoteche più di ogni
altra cosa tu eviteresti di portarmici?- so già la risposta, ma la speranza è
sempre l’ultima a morire, e tentare non nuoce!
-no!- come immaginavo. Sfodera il suo sorriso da ragazzo
contento di aver compiuto la marachella e si ferma, e io con lui, un po’
sorpresa -passo da te alle 9 e mezza- poi vedo il suo sorriso spegnersi, come
se lo avessi schiaffeggiato -Dove abiti?- la sua domanda mi lascia spiazzata e
basita
-ehm, all’ultima
fermata del tram, la casa gialla con le scalette in legno- rieccolo
entusiasta della prospettiva serale
-perfetto, allora ci vediamo!- lo vedo salire sulla sua
auto, o almeno immagino che sia la sua, accendere il motore e partire. E adesso
che mi trovo da sola capisco del guaio in cui mi sono cacciata.
Uno squillo, due squilli, tre squilli, comincio ad essere
nervosa e a tamburellare le dita sul ripiano. Spero davvero che risponda
-dimmi!- meno male
-senti, e se avessi cambiato idea proprio all’ultimo momento
tu te la prenderesti, vero?- perché al solo pensiero mi sento così in colpa?
-spero che tu sia già pronta, perché non ho intenzione di
venirti a vestire io di persona, non credo che gradiresti! Se non è così ti
consiglio di muoverti, perché sono quasi da te!- ehi, mi ha buttato il telefono
in faccia! Sarà meglio che mi sbrighi, la sua minaccia mi ha messo i brividi.
Chiudo la porta e scendo gli scalini con calma, malgrado lui sia già li che mi
aspetta. Apro la portiera e mi siedo, poi lo guardo in cagnesco
-cosa voleva dire quel “ti vengo a vestire di persona, e non
credo che gradiresti?- mh, ho usato un tono di voce degno di Takeru. Lui
scoppia a ridere allegro e mette in moto
-allacciati la cintura!- mi ammonisce.
-lo so che devo allacciarmi la cintura, non sono una
sconsiderata…-
-potresti per favore non dibattere per ogni cosa che ti
dico? È snervante, sai?- ops, l’ho fatto arrabbiare. Fra noi cala il silenzio
per un po’, poi riprende -sembra quasi che ti diverti a discutere con me-
sembra ancora molto serio
-trovo che sia… necessario imporsi- Takeru alza un
sopracciglio, sorpreso
-lo fai con una veemenza incredibile- almeno il suo tono si
è raddolcito, il mio un po’ meno. Sbuffo e incrocio le braccia sul petto
-dove andiamo, piuttosto?- continuo ad odiare questa stupida
idea
-non ti preoccupare. Quando arriveremo lo vedrai- sul non
preoccuparmi ci vedo qualche problema -piuttosto perché oggi dicevi che odi le
discoteche?- non credevo se lo sarebbe ricordato
-a parte per il fatto che c’è musica a bomba e non ci si
riesce a muoversi senza picchiare contro qualcuno?- chiedo riluttante. Lui alza
un lato della bocca in un sogghigno e mi incita a continuare con un gesto della
testa -ovunque ci si gira ci sono ragazze in tacchi e minigonna che aspettano
solo qualcuno che le rimorchi…- la sua risata divertita mi interrompe
all’improvviso
-scusa, non pensavo che usassi queste parole, da te mi
aspettavo più una frase del tipo “le ragazze aspettano che qualcuno le inviti a
ballare”, non di certo il termine rimorchiare-mi guarda per un attimo, sono
sbigottita: davvero do questa impressione? -scusa, continua-
-non sono carina e dolce come può sembrare!- preciso
-comunque, a parte le ragazze, ci sono i ragazzi che restano all’esterno della
pista a guardare le ragazze come se fossero alla fiera del contadino e
dovessero scegliere la mucca migliore da acquistare- mi fermo e lo guardo, in
attesa della sua reazione, che non arriva -e i tipi ci provano con le tipe in
maniera… spaventosa!- sbotto
-perché?- corruga la fronte e mi lancia uno sguardo
-mettono loro le mani sul culo!- il mio tono è quasi
isterico, e non migliora di certo, quando la sua risata riempie un’altra volta
l’abitacolo. Aspetto paziente che il suo attacco di ilarità finisca
-scusami ancora, ma davvero non capisco in che discoteche
sei andata. Da come le descrivi tu sembrano un luogo affollato e assordante in
cui vanno i ragazzi per… accoppiarsi!- strabuzzo gli occhi un po’ sorpresa: non
l’avevo mai vista in questi termini -comunque stai tranquilla, dove andremo noi
non succedono di queste cose… almeno non le vedi ovunque guardi- si affretta a
precisare
-se ci sono dei gruppi di ragazze da sole senza maschi
intorno non restano per molto tempo senza contendenti, e io non so mai come
liberarmene- confesso un po’ in imbarazzo. Takeru mi guarda velocemente,
sorpreso della mia onestà, o forse del fatto che ogni tanto qualcuno giri anche
intorno a me
-ma tu non sei da sola senza una figura maschile accanto,
giusto?- ora mi guarda con più intensità. Il semaforo gli permette di concedere
tutta la sua attenzione su di me. Io abbasso velocemente gli occhi, molto
imbarazzata. Il fatto che non abbia usato la parola “ragazzo” per definirsi mi
rassicura, avrebbe potuto causare ancora più imbarazzo da parte mia, e gliene
sono riconoscente. -Puoi stare tranquilla Hikari,- il tono della sua voce, così
seria e… intima mi costringe ad alzare gli occhi, che incrociano subito i suoi.
L’unica luce proveniente è quella del cruscotto, che lo illumina leggermente
-starò tutta la sera con te, non ti lascerò un secondo, così nessuno potrà importunarti-
il semaforo ritorna verde, e lui riprende la marcia
-grazie- gli sussurro. Il suo sorriso mi fa capire che ha
compreso la mia riconoscenza. Poi decido di sdrammatizzare la situazione
-quando dici che non mi mollerai un secondo, intendi anche al bagno a fare
pipì?- lui scoppia a ridere di gusto. La sua risata sibillina contagiosa fa
ridere anche me -vedi che non sono sofisticata come sembro? Uso anche parole
più volgari quando si tratta di confondermi con il popolo- continuo
-le chiedo scusa contessina, ma prima mi ha davvero preso
contro piede- all’improvviso svolta a destra, e ci troviamo in un grande
parcheggio affollato, accanto ad un edificio pieno di luci e di persone. Dopo
aver parcheggiato scendo dall’auto e mi immobilizzo sul posto. Takeru fa
scattare la serratura dell’auto e fa il giro della macchina per vedere il
motivo di tanta mia lentezza. Penso di avere gli occhi sbarrati e leggermente
fuori dalle orbite mentre guardo la folla all’entrata. Poi sposto lo sguardo su
di lui, e capisco che è preoccupato per questa mia reazione
-ti prego, riapri la macchina, tu entri, e quando ti senti
abbastanza stanco torni a riprendermi e andiamo a casa!- lo scongiuro. Takeru
si avvicina a me con calma e si para davanti alla folla di gente che sono
tornata a guardare. Sono costretta a guardarlo negli occhi, occupa la maggior
parte del mio campo visivo. Questa situazione potrebbe essere fraintesa, ma in
fondo adesso non me ne può fregare di meno.
-Hikari, adesso io e te entriamo con calma dentro a
quell’edificio e vedrai che dopo ti sentirai meglio. si tratta solo del primo
impatto, dopo migliorerà, te lo assicuro- si volta e si allontana leggermente
da me, in modo da permettermi di uscire dal parcheggio. Il suo sguardo è
rassicurante, e mi avvio assieme a lui. Molto intelligentemente decide di non
parlare durante il tragitto, anche perché non sarei mai in grado di intrattenere una conversazione. Si
sentono molte grida e risate, le persone sono ovunque, sedute, in piedi, una in
braccio all’altra. Vicino alla porta di entrata ci sono dei ragazzi molto
robusti che chiedono qualcosa a tutti quelli che vogliono entrare. Due fanno da
body guard, gli altri fissano in malo modo tutte le persone che entrano. A
questo punto sento la mano di Takeru che mi afferra per un fianco e mi attira a
se
-non ti ribellare e fidati- mi sussurra
-in quanti siete?- domanda uno dei body guard. Io lo sto
fissando terrorizzata
-in due- risponde Takeru -io e lei- mi indica con un cenno
del capo. L’omone mi squadra per un attimo e poi si fa da parte, in modo da
farci entrare. Continuiamo così per altri sette o otto passi e non appena
abbiamo girato l’angolo mi lascia andare -i gestori del locale chiamano quelle
persone quando prevedono un gran numero di gente- mi spiega -ormai ho imparato quali
persone fanno entrare più volentieri di altre- si volta e cerca il mio sguardo
-e come presentarsi a loro- ci inviamo per andare a pagare l’entrata
-quindi stai dicendo che dare l’impressione di essere una
coppia ti da più probabilità di entrare?- mi guarda per un attimo
-fanno entrare tutti quanti, non c’è una selezione, però non
ho intenzione di trovarmeli sempre dietro le costole, e si, presentarsi come
coppia da più fiducia!- conclude prima di pagare il biglietto. Appena mi
consegnano un cartoncino in mano ci dirigiamo verso il guardaroba e poi in
sala. La musica è già forte da qui, non oso immaginare come sia vicino alle
casse che troneggiano negli angoli, e le persone invadono la pista muovendosi a
ritmo di musica;chi più, chi meno. Mi aspettavo di gran lunga più gente, ma già
così la quantità è impressionante. Takeru si volta a guardarmi, probabilmente sta
aspettando una mia reazione. Attendo ancora qualche secondo poi sposto gli
occhi su di lui
-sono ancora in tempo a scappare?- chiedo ormai senza più
speranze. Lui sogghigna e mi afferra per una manica, trascinandomi verso la
pista. Mi avvicino di più a lui -volevo renderti partecipe che non sono brava a
ballare- si volta un attimo
-basta muoversi a ritmo di musica qua!- effettivamente non
c’è un unico modo di muoversi fra la gente: chi si dondola sulle gambe, chi
salta e si dimena… mi guardo un po’ in giro, fra amiche chiuse a cerchio,
ragazzi che si baciavano in mezzo alla pista e uomini un po’ adulti che
fissavano la pista come inebetiti. Ed ecco lì la mia conferma; strattono per un
braccio il mio accompagnatore e gli indico l’angolo
-visto? Le mie supposizioni sono vere!- lui scossa la testa
emi grida di rimando (visto il volume della musica)
-se ci sono ragazze che ci stanno non vuol dire che tutte si
debbano comportare in quella maniera- mi giro un’ultima volta verso quei due
ragazzi che si esplorano a vicenda le… parti intime e si baciano come due
caimani intenti a mangiarsi l’un l’altro, scosso la testa e lo seguo; in fondo ha
ragione. Takeru continua a muoversi fra la folla sempre più verso il centro, e
questo mi allarma. Finalmente decise che il punto centrale forse è quello che
più odio e si volta verso di me
-proprio a centro pista dovevamo andare? un posto un po’ più
nascosto non c’era?- mi accorgo che bastava parlare a un tono leggermente più
alto del normale per farsi capire
-non odiavi la musica assordante tu? Qui è dove si sente
meno, ma se preferisci un posto più appartato solo per te e me basta dirlo- e
si dirige verso non so quale posto, e grazie al cielo riesco a bloccarlo
-sai perfettamente che non intendo quello, ma in fondo hai
ragione, qui è perfetto- molto probabilmente sono tutta rossa, ma non
m’interessa. Comincio a guardarmi in giro per capire come potrei seguire la
musica, e il ritmo si impossessa delle mie gambe. Tutto d’un tratto Takeru mi
distrae dai miei pensieri
-perché dovrei sapere che non intendevo quello che ho detto
poco fa?- afferro subito il senso della frase e mi sento davvero in imbarazzo
-perché io e te non abbiamo assolutamente bisogno di
intimità- il suo sguardo mi incita a dare spiegazioni, ma sono sicura che non
ne ha davvero bisogno -non siamo fidanzati- la mia ovvietà lo fa comunque
sorridere
-probabilmente neanche quei due ragazzi che mi hai indicato
prima- se lo sguardo uccidesse…
-se vuoi seguirli a ruota potrei consigliarti un paio di ragazze
che sembrano molto interessate a te- lo stuzzico
-si, ma ti lascerei da sola e ho promesso di non farlo-
-vero, allora mi spiace ma dovrai rinunciare, almeno che tu
non voglia riportarmi a casa e tornare qui più libero che mai-so che non funziona,
ma provo comunque a suggerirglielo
-non fare l’idiota- malgrado l’insulto il suo sguardo sembra
dispiaciuto che io possa davvero aver pensato una cosa del genere -piuttosto
chi sono le ragazze che dicevi essere interessate a me?- ecco che il suo
sguardo torna quello di sempre: sciocco e immaturo, ma molto spiritoso
-dietro di te c’è un gruppo di tre ragazze, due delle quali
continuano a voltarsi verso di noi-
-sei sicura che non siano interessate a te?- lo guardo strano,
il suo sorriso è palesemente ironico, ma la battuta mi spiazza. Poi si gira con
non calanche per guardare le ragazze, giusto due secondi, poi torna a guardare
me -hai ragione, sperano che io e te non siamo fidanzati, perché mi guardano
con uno sguardo che mi consuma!- ha un viso gongolante, ma si vede che è solo
fiero, non mi mollerebbe qui per quelle ragazze… o almeno è quello che spero.
Poi tutto d’un tratto mi sbatte contro qualcuno, io mi volto per vedere chi è
ed eventualmente protestare, poi mi ammutolisco: due ragazzi che si fissano
negli occhi con una passione che mi fanno vergognare solo di essere lì e
intromettermi nella loro intimità, e si scambiano baci dolci e delicati. Mi
volto verso Takeru, sbalordito quanto me, alza un sopracciglio, poi vedo i suoi
occhi lampeggiare, e ora tremo dall’idea che gli è saltata in testa. Si volta
lentamente verso le solite ragazze che lo guardano e torna a dedicarmi la sua
attenzione, con uno strano sorriso. Poi si avvicina pericolosamente e mi
abbraccia stretto, non in maniera intima, ma comunque troppo disinvolta per i
miei gusti, appoggia la sua guancia alla mia testa e continua a ballare. Io
credo di essere impietrita, perché ho ancora le mani bloccate a mezz’aria, poi
mi riprendo e cerco di divincolarmi, senza risultato
-sta’ ferma!- mi ammonisce
-mha- provo a giustificarmi, ma lui china la testa e mi
parla all’orecchio
-è l’unico modo per far credere loro che non hanno speranze-
poi si allontana leggermente per guardarmi appena negli occhi -o forse
preferisci che faccia come i tipi qui accanto a noi- il suo tono serio mi
preoccupa, e abbasso subito la testa, giusto per non guardarlo
-pensavo che ti facessero piacere certe attenzioni-
-si, ma è a te che danno fastidio- rimango allibita dalla
sfacciataggine che ha e mi allontano da lui. L’espressione sorpresa che mi
rivolge suggerisce che non se l’aspettava
-spero che tu stia scherzando!- lo ammonisco, ma in risposta
mi gira attorno
-dai, andiamo a prendere qualcosa da bere che è meglio- sono
un po’ stizzita che non mi abbia risposto, ma lo seguo comunque. Però nel
frattempo che abbiamo ballato la gente in pista è aumentata, e non me ne sono
neppure accorta. Dopo cinque metri lo perdo di vista causa una comitiva di
ragazzi che mi tagliano la strada. Mi volto un po’ ovunque, ma lui non c’è. Non
posso fare altro che continuare a dirmi di restare calma, ma evidentemente non
funziona. Per fortuna lo vedo rispuntare, ma ha una faccia quasi scocciata
-non è possibile che riesci a perdermi di vista anche quando
ti sto davanti- bhe, scusami sai se c’è molta gente! Poi mi prende la mano, con
anche troppa disinvoltura, e comincia a tirarmi dietro se. La gente non accenna
a diminuire, ma almeno al bar le persone sono più diradate. Takeru si ferma
davanti al bancone e io gli strattono la mano. Ma guardatelo, ha anche il
coraggio di guardarmi stupito per il mio gesto
-qui non mi perdo, non c’è bisogno che mi tieni sempre per
mano, non sono una bambina!- mi giustifico. In risposta cambia argomento
-che drink vuoi?- e così cado dalle nubi
-d…drink?- non so se lo sai, ma io non bevo alcolici
-ti prego, non dirmi che non bevi alcool!- ecco! Come non
detto. Lo guardo un po’ stordita, ma mi riprendo subito
-non in discoteca!- non so neppure il nome di un drink
qualsiasi, figuriamoci ordinarlo
-lascia fare, ci penso io- e questa cosa mi preoccupa più
che mai. Lo vedo parlare con la barista, (davvero poco vestita, ad essere
sincera) e prendere due bicchieri con la cannuccia, torna indietro e me ne
allunga uno. Io non posso fare altro che passare lo sguardo da lui al
bicchiere.
-tranquilla, non è forte, c’è un terzo di alcool nel tuo- mi
devo fidare. Assaggio un sorso, e devo dire che mi piace. Poi con mia grande
sorpresa mi allunga la sua cannuccia e mi guarda tranquillo, come se si
aspettasse qualcosa da me -assaggia- mi suggerisce indicando il suo drink con
un gesto della testa. Io mi avvicino e faccio quel che mi ha detto.
-buono!- devo confessare. Il suo sorriso è un chiaro “ne ero
sicuro”. Poi si dirige verso dei divanetti foderati di una stoffa di cattivo
gusto
-andiamoci a sedere- io mi metto accanto a lui e comincio a
guardarmi intorno -allora, che ne pensi?- mi chiede indicando con la testa la
sala e la gente -ti stai divertendo?- che faccio, gli dico la verità o opto per
una bugia solo per infastidirlo??
-non l’avrei mai detto, ma mi piace!- vada per la verità. Ma
la sua faccia mi sembra dubbiosa e sorpresa
-davvero?- che credevi, che non so divertirmi -allora fino ad adesso che discoteche hai
frequentato?- il suo sguardo è divertito per i miei precedenti discorsi
-ehm, a dire la verità ci sono stata una volta!- confesso
riluttante. Mi guarda sorpreso e serio
-una sola? Ti ha scioccato così tanto l’esperienza?- non sembra
ironico
-non ho molte amiche con cui uscire la sera- fisso il mio
drink, e ne bevo anche un sorso, ma il suo silenzio mi costringe e tornare a
guardarlo. Incrocio il suo sguardo preoccupato
-almeno adesso ci sono io!- e un leggero sorriso gli illumina
le labbra. Non posso fare a meno di sorridere anch’io -e come mai, non esci la
sera?- io lo guardo neutra, cercando la risposta nel mio passato, che non tarda
ad arrivare -se posso sapere- si affretta ad aggiungere, probabilmente
allarmato dal mio silenzio. Gli sorrido per tranquillizzarlo
-ho imparato in fretta che o esci con amiche single oppure
non ti diverti- e tutto d’un tratto alcune immagini mi affiorano alla mente
-in che senso?-
-le amiche fidanzate che escono con te e con i propri
ragazzi si dividono in due tipi, principalmente- mi preparo a spiegargli da
esperta -quelle che non si appartano negli angoli con i fidanzati e quelle che
spariscono per mezzore intere. Le prime restano in tua compagnia, ma parlano
con te finche non cominciano a baciarsi i loro ragazzi. Così tu sei costretta
ad assistere al loro teatrino oppure a voltarti a guardare le altre persone che
ti passano accanto. Le altre, quelle che sparisco, ti dicono che tornano
talmente presto che non te ne accorgi neppure, ma durante la loro lunga assenza
si negano al cellulare, e in quel frangente di tempo non si preoccupano di
averti lasciato da sola. E come ti ho già spiegato le ragazze da sole attirano
l’attenzione dei ragazzi- concludo infine. Takeru sta guardando da un’altra
parte, apparentemente pensieroso, poi volta la testa verso di me, ma non mi
guarda, piuttosto fissa le mie mani
-allora vuol dire che non hai conosciuto delle buon amiche!-
e la sua frase mi lascia di sasso, un po’ per la sua dolcezza e la sua
sincerità, un po’ perché rispecchia quello che penso io. Alza gli occhi e mi
sorride mesto, un po’ triste. Sono stata io a creare questa situazione, ora
voglio rimediare
-non sono tutte così: Yolei è fidanzata, ma non l’ha mai
fatto con me- sorrido al pensiero della mia amica
-e chi è questa Yolei?- chiede interessato. Ci penso un po’
su poi ho l’illuminazione
-la ragazza con cui ero il giorno in cui ci siamo
conosciuti!- sorrido al pensiero di quel giorno, è stato… estenuante! Takeru si
illumina, capendo di che parlo
-ma quando ti ho conosciuto eri da sola al tavolo!-
puntualizza
-era andata a salutare un suo amico, ma sono stata io a
rifiutami di accompagnarla!- spiego. Cala il silenzio fra noi, nel frattempo
ognuno finisce di bere i suoi drink persi nei nostri pensieri, poi Takeru si
alza e mi guarda
-andiamo a ballare altri dieci minuti poi si torna a casa?-
mi chiede. Annuisco e mi alzo, seguendolo. Riprendiamo a ballare come prima, un
po’ più vicini alle casse. La gente è davvero triplicata, e ci si scontra in
continuazione. Comincio a prenderci gusto, anche perché in certi momenti guardo
Takeru e vedo che si sta davvero divertendo. La cosa mi fa piacere. Poi mi si
avvicina e mettendomi una mano sulla schiena si accosta al mio orecchio
-andiamo?- annuisco e lo seguo, afferrando la sua mano per
non perderlo. Appena c’è meno gente mi lascia andare, convinto evidentemente di
un’altra mia sfuriata. Passiamo a riprendere le giacche e ci inviamo
all’uscita. Poco prima di arrivare alla porta mi guarda con sguardo complice e
alza un braccio nella mia direzione. Io capisco al volo e mi avvicino,
mettendogli una mano intorno al fianco. lui abbassa il braccio e me lo fa
passare intorno alle spalle. Così usciamo sotto gli occhi attenti dei body
guard. Poco dopo Takeru si scosta leggermente da me
-ora puoi lasciarmi- lo guardo interrogativa e lo lascio
subito andare, rossa in volto: lui aveva diminuito la pressione sulla mia
spalla, e ci saremmo discostati prima, se non fosse stato per me che lo tenevo per la giacca, sul fianco. Lo sento
ridere piano
-non c’è nulla di cui vergognarsi, ti capisco sai?- alzo il
viso furiosa, capendo casa vuole dire con quella frase
-non l’ho fatto perché stavo bene vicino a te, mettitelo
bene in testa!- gli sto parlando con veemenza, e qualcuno si gira pure per
guardarci, ma non me ne importa nulla
-non c’è nulla di male- continua imperterrito. Io lo fulmino
con lo sguardo mentre apre la macchina con il comando elettrico. Mi dirigo
dalla parte del passeggero e lo sento ridere un’altra volta -ok, ok, time out!-
ora spero davvero che gli caschi un mattone in testa! Lo guardo malissimo ed
entro con furia in macchina, mi allaccio la cintura e stringo le braccia al
petto, abbastanza immusonita. Takeru entra con calma poi mi guarda -dai, non
prendertela, scherzavo!- il suo tono supplichevole non mi inganna, lo guardo
poi indico il cruscotto con la testa
-andiamo?- ride ancora e mette in moto la macchina. Dopo un
minuto di silenzio è lui a parlare
-pensavo…- mi volto per guardarlo; ormai sono calma
-come mai il giorno che ci siamo conosciuti non volevi darmi
il tuo numero?- la domanda mi lascia un po’ spiazzata, non me l’aspettavo
proprio
-penso di avertelo detto: non mi fidavo di te!- e un sorriso
involontario e ironico mi allarga le labbra
-perché non ti fidavi?- mh, bella domanda
-perché ormai ho imparato a non fidarmi di chi non conosco-
oggi siamo in confidenze?
-come mai?- mi sento sotto interrogatorio!
-perché crescendo ho imparato così- evidentemente capisce
che non me la sento di spiegargli tutto, perché lascia cadere il discorso. Ora
è il mio turno di fare le domande
-anch’io pensavo- mi guarda per un attimo, curioso -perché
non ci hai provato con quelle ragazze?- è pronto a rispondermi, ma lo precedo
-si, a parte perché c’ero io. Insomma, loro non hanno dato segno di volerci
provare con te, ma tu le hai comunque volute convincere che eri già impegnato-
spero davvero che abbia capito. Il silenzio cala nella vettura. Lo guardo, e
capisco che sta pensando se rispondermi o meno
-perché mi piace essere… desiderato, per così dire, ma non
desidero impegnarmi- sembrava quasi in soggezione, ma la curiosità era troppa per
fermarmi
-ma nessuno ha parlato di impegnarsi. Insomma, chi è che va
in discoteca per fidanzarsi?- mi guarda incuriosito, poi si ferma dietro una macchina
in coda.
-che vuol dire?- ha un leggero sorriso sul viso, e la
curiosità negli occhi
-il fidanzato di una mia amica mi disse una volta che nessun
ragazzo va in discoteca per trovare la fidanzata, ma solo per rimorchiare… per
l’esperienza di una notte, insomma- specifico guardando avanti mentre la macchina
di fronte a noi riparte
-interessante come ipotesi-non so se sta pensando ad alta
voce o parla con me
-non mi hai risposto- puntualizzo. Takeru si rifà serio e
pensieroso
-non ce la faccio a provarci in quella maniera con una
ragazza, magari andandoci insieme, darle la buonanotte e arrivederci, chi si è
visto si è visto. Mi sembra meschino- wow, intenso
-questo vuol dire essere maturi, sai?- puntualizzo. Lui si
volta per controllare se sto scherzando o meno, e quando capisce che dico sul
serio si fa attento
-grazie- che stano tono, sembra quasi sorpreso che qualcuno
gli possa fare un complimento del genere!
-ma tu hai comunque voluto far credere loro che stavi con…
me- anche se l’idea è ipotetica, mi suona comunque strana. Ora sorride,
divertito. Almeno non se la prende perché insisto
-perché mi divertiva il fatto di farglielo credere!- come
immaginavo
-maturo, ma molto infantile!- gli dico, sorridendo. Anche
lui scoppia a ridere
-allora, quando ci ritroviamo?- improvvisamente mi faccio
seria e lo guardo
-sai che se continui così vinci l’ipotetica scommessa che
hai fatto il giorno che ci siamo conosciuti?- una strana luce brilla per un
secondo nei suoi occhi, prima che tornino di nuovo del solito azzurro ipnotico
-perché ipotetica? Non ti piace l’idea che riesca ad uscire
con te per più di… quanto abbiamo detto?- non ho intenzione di rispondergli e
ritorno all’argomento di prima
-allora, che progetti hai per il futuro?- mi guarda senza
capire -non eri tu che volevi uscire ancora con me?- specifico
-sai, non mi piace come la butti giù! Non sono io che voglio
uscire con te, siamo noi che abbiamo voglia, entrambi, di ritrovarci per uscire
insieme!- uh, che puntiglioso!
-va bene, allora hai idee per la nostra prossima uscita?-
-ah, ma perché, anche tu vuoi uscire con me? E io che
credevo mi stessi soltanto assecondando- evidentemente si sta davvero
divertendo, perché non smette più di sorridere
-allora, la vuoi finire prima che cambi idea?- lo incito
-non cambierai idea!- non è una domanda. Lo guardo seria e
accigliata, e lui capisce
-ok, ok, senti, non lo so, se hai idee tu, io le accolgo ben
volentieri. Magari andiamo a mangiare fuori; per cena, però, questa volta!- gli
faccio la linguaccia
-tu quando potresti?- abbozzo
-se tu sei libera fra tre giorni ti porto in un ristorante
che è la fine del mondo!- lo guardo di sottecchi mentre si ferma davanti a casa
mia
-Perché dovresti spendere così tanto per me? non ci sto!-
-farò finta di aver detto che avrei pagavo io per entrambi-
e in quel momento mi accorgo dell’enorme gaffe, ma non mi lascia neppure il
tempo di scusarmi - e poi chi ha detto che dobbiamo pagare molto?-
-io… avevo capito che era la fine del mondo…- provo a
giustificarmi
-appunto, non che sia caro. Senti, se ti fidi di me ci
vediamo qui alle sette fra tre giorni, ok?- conclude. Io annuisco, convinta
-va bene, allora ci vediamo, e…- mi fermo, con la portiera
aperta a guardarlo in faccia -grazie per la serata- lui mi sorride dolce
-tranquilla, è stato un piacere, mi sono divertito- sorrido
di rimando e chiudo la portiera. Attraverso la strada e salgo le scale di casa,
prima di voltarmi per vedere la sua macchina ripartire e sparire sotto la luce
dei lampioni.
Note dell’autrice:
Saalve! Allora, come va? Spero che ci abbiate capito
qualcosa in questo capitolo, perché alcuni passaggi sono complicati. Mi è
venuto nettamente più lungo rispetto agli altri, ma l’idea della discoteca mi
ha ispirato, e non riuscivo più a fermarmi. I nostri protagonisti cominciano a
conoscersi meglio! ah, volevo precisare una cosa: quella frase che dice Hikari:
“chi è che va in discoteca per fidanzarsi” e la relativa spiegazione che
fornisce sono frutto di un fatto realmente accaduto. Ve lo volevo precisare,
così, tanto per dire qualcosa. Bene, ora vi saluto tutti. Baci baci
Mami
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Capitolo 4 *** IV-Confessioni ***
IV-Confessioni
Merda, non sono proprio dell’umore giusto per uscire,
stasera, e fra pochi minuti Takeru sarà qui. Cosa gli dico? Non posso
inventarmi una scusa, ma neppure dargli buca all’ultimo. Ma infondo scusa,
perché dovrei inventarmi una scusa? Gli dirò la verità, e se sarà comprensivo
non mi costringerà ad uscire in queste condizioni. Inoltre non mi può
obbligare, dunque il problema è risolto. Il campanello! Giusto in tempo. Merda.
Un’altra volta. Ho una faccia che farebbe spavento al peggior vampiro. Ma chi
sene frega!
-spero che tu sia già pronta, per…- no, peggio del peggior
vampiro! -che hai fatto?- lo lascio entrare e chiudo la porta
-senti Takeru, oggi non mi sento troppo bene per uscire-
credo che lo veda anche lui
-perché hai pianto?- mi mordicchio il labbro
-oggi, durante il mio turno, il signor Takawashi si è
sentito male e…- lacrime del cavolo, lasciatemi finire -bhe, è morto- dirlo ad
alta voce è peggio che continuare a pensarci. È come se ne avessi la conferma,
come se aprissi gli occhi sulla verità.
-e tu lo conoscevi?- alzo gli occhi di scatto, stupita.
Perché è così tranquillo quando io…
-certo, e gli volevo pure bene!- sputo come veleno le parole
più dolorose, ma lui sembra non farci caso, anzi, sospira. Sospira!
-non farlo mai più, ok?- si arrabbia pure con me. In quale
universo parallelo sono finita?
-come?-
-io credevo che ti fosse successo qualcosa, ti fossi fatta
male o che so io, invece piangi per un vecchio!- guardarlo mentre mi sgrida mi
fa salire il fumo alle orecchie. Ma come si permette? Io sto male per un mio
amico e lui, oltre che insultarlo, dice che è tutta una sciocchezza?
-anziano o meno, questo non elimina il fatto che gli volevo
bene, ero affezionata a lui e oggi l’ho visto morire sotto i miei occhi.
Accanto a me, capisci?- gli inveisco contro, e le lacrime scendono a ritmo con
la mia voce -tu non puoi permetterti di venirmi a dire che sono una sciocca a
reagire così, perché per me era come uno di famiglia, e così facendo offendi me
per prima. Io sono qui, ti ho fatto entrare nonostante tutto, e tu non sai
dirmi altro che è morto un vecchio? - mi avvicino pericolosamente. Non sono
manesca, se no mi preoccuperei di ciò che potrei fargli -sei un cafone,
ignorante , senza cuore e senza cervello. Sei la persona più insensibile che
conosca, no, anzi, la più insensibile al mondo. Dovrei metterti le mani addosso
per quello che hai detto, e inoltre tutte le persone con cui lavoro, dal primo
all’ultimo, sono diecimila volte meglio di te, anche se sono vecchi, avvizziti
ed alcuni non riconoscono neppure i loro figli, ma ameno loro portano rispetto
per i sentimenti altrui. Tu non ca…-
-ti ho chiesto scusa- mi urla contro per fermarmi. Solo ora
mi accorgo che ho il fiatone per lo sforzo. Lo guardo furibonda -ti ho chiesto
scusa. Non mi ero reso conto che ci tenevi così tanto. Anch’io sarei triste se
morisse qualcuno per cui lavoro, ma non ci starei male come te. Per questo
credevo che stessi esagerando - mi guarda un attimo, poi riprende -,ma mi sono
reso conto che mi sbagliavo. Ti chiedo ancora scusa se ho urtato la tua
sensibilità, ti prometto che la prossima volta non accadrà più!- lo guardo
ancora torva
-la prossima volta?- mi guarda sorpreso, poi evidentemente
capisce l’errore
-sai cosa intendo- in una casa di riposo è frequente più che
in qualsiasi altro luogo, a parte ospedali, obitori o onoranze funebri, parlare
di morte. -sono affezionata a ogni persona, al lavoro. Il tuo è stato un
gesto…- alza le mani, in segno di resa
-ti chiedo ancora scusa, non volevo- sospiro esasperata
-aspetta un attimo che vado a mettermi a posto- ho una
faccia che fa spavento sul serio, e mi ci vuole più tempo di quanto non credevo
per rendermi presentabile e tornare in salotto
-non ti dispiace se andiamo a piedi, vero?- mi domanda
mentre usciamo
-no, va bene. Ma scusa, dove andiamo?- sono davvero
sorpresa, e non ho la più pallida idea di cosa abbia in mente
-non lontano, tranquilla. È qui in paese, a due passi da
casa tua- faccio mente locale su quanti ristoranti ci sono nel mio quartiere,
scarto quei due o tre che ritengo improbabili, poi ho l’illuminazione. Eureka!
-non vorrai…- ma vengo subito bloccata
-non fare domande fin quando non siamo dentro, d’accordo?-
lo guardo e continuo a camminare. Quando smetterà di sorprendermi? Entriamo
dove pensavo saremmo entrati: il locale più chic e glam del quartiere, o forse
di tutti i quartieri circostanti. Takeru si avvicina all’home, dove un uomo in
giacca e cravatta gli chiede il nome con cui ha prenotato. Poi, molto stranamente,
si avvicina un cameriere a me e m’invita a seguirlo, ma non fa lo stesso con
Takeru. Lo guardo, molto sorpresa
-tu vai, ti raggiungo fra un attimo- mi assicura, così
decido di fidarmi, non so se a torto. La sala è magnificamente decorata, i
disegni sui muri riprendono dolcemente il colore dei tavoli, ognuno su cui sono
posati dei piatti finemente decorati. I camerieri che si aggirano fra i tavoli
sono tutti vestiti con giacca e cravatta, e le persone sedute ai tavoli
parecchio importanti, o almeno così mi sembra da come sono trattate. Il
cameriere mi indica un tavolo con due sedie, io ringrazio e mi accomodo. Mi
sento parecchio a disagio fra questa gente, anche perché in tutti gli anni che
ho vissuto nel quartiere non ho mai pensato di venire a mangiare qui, sopratutto
perché il semplice aspetto del locale ha sempre intimorito chiunque disponga di
un salario da semplice dipendente. Ritorna il cameriere che mi ha accompagnato
e mi porge due menu, poi sparisce di nuovo. Ne prendo uno e lo apro,
cominciando a leggere qua e la qualcosa. Finalmente arriva Takeru, che si siede
di fronte a me. Sembra davvero a suo agio in un posto del genere. Buon per lui!
-perché non ci sono i prezzi su questo menu?- domando non
poco agitata. Mi guarda e sorride. Sembra divertito
-non domandare, è meglio!- afferro all’istante, ed ecco di
nuovo il cameriere. Fra tutti questi piatti che non conosco opto per qualcosa
di famigliare: pollo al curry e verdure miste grigliate. Non appena riprende le
carte e si allontana da noi, torna ad attanagliarmi la curiosità
-dov’eri finito prima?-
-dal proprietario del locale- lo guardo in attesa di
un’ulteriore spiegazione -è un mio amico, e mi doveva un favore- sbarro gli
occhi capendo il significato di “mi doveva un favore” -è stato lui a dirmi di
venire qui a mangiare- si giustifica, come se fosse la cosa più normale al
mondo
-se sapevo così mi sarei rifiutata di venire- sbuffo
-perché- mi guarda allarmato -secondo te chi ci avrei potuto
portare? I miei amici? O mia madre? E poi a me fa piacere!- mh, devo credergli?
-che tipo di favore?- domando scettica. Lui mi guarda
interrogativo
-da dove viene tutta questa curiosità?- assumo l’espressione
più innocente che conosca
-giusto per sapere se sto rientrando nei tuoi loschi affari-
scoppia a ridere divertito
-tranquilla, nulla del genere!- mi guardo in giro
-non sono mai stata qui, ma è bello- con quello che costerà…
-neanch’io ci sono mai stato!- torno a guardarlo sorpresa
-mai? Credevo che si trattasse di questo. Per il favore,intendo.-
capisce il significato delle mie parole, e non sembra troppo contento
-io non recensisco i ristoranti in cambio di favori-
-emh, scusa, non intendevo offenderti- poi il suo sguardo
torna allegro, e un accesso di risa lo attraversa
-al massimo ti troverai la polizia alla porta entro domani-
-spera che mi mettano in galera per il resto della tua vita,
o mi accuseranno di omicidio volontario- scoppia a ridere, e non riesco a
trattenermi, così ci troviamo in due piegati sul tavolo dalle convulsioni. Mi
asciugo una lacrima all’angolo degli occhi mentre sento ancora Takeru ridere, e
mi blocco, come se in uno stupido libro di Harry Potter mi avessero fatto l’incantesimo
della pastoia Total-Body. Lui mi guarda non capendo il mio improvviso silenzio
-ho appena visto una persona che avrei voluto non vedere- bellissima, con un
vestito rosso sopra le ginocchia che la fascia magnificamente, e accompagnata
da un ragazzo molto elegante e di bell’aspetto. Si guarda in giro e
malauguratamente il suo sguardo ricade proprio su di me -e credo che stia
venendo qua- Takeru si volta a guardare chi arriva. Eccola che si avvicina, e
sfoggia il miglior sorriso che le abbia mai visto
-Hikari! Che bella sorpresa vederti qui. Non me l’aspettavo-
Yumi si affianca al tavolo, lanciando un’occhiata al mio compare, che non la
degna di attenzioni
-ciao Yumi. Come stai?- Dio quanto vorrei essere altrove in
questo momento
-io benissimo. Non ti si vede più in giro, che fine hai
fatto?- perché non si fa i fattacci suoi?
-sai, lavoro molto. Faccio i turni in una casa di riposo-
-oh!- la bastarda! Che faccia dispiaciuta che ha! Come se la
mia fosse una condanna. O come se il suo tono sottolineasse che sono una
sfigata! -dai, sono contenta di averti incontrata!- il suo falso entusiasmo
torna alle stelle -ma cosa sei venuta a fare?- prova a usare il cervello, una
buona volta! secondo te, cosa potrei mai essere venuta qui a fare?
-a cenare- le si illuminano gli occhi
-anch’io con il mio fidanzato. Kari- mi guarda come se
stesse per confessarmi il suo più grande segreto -lui è Satomi- mi indica il
ragazzo che fino ad adesso è rimasto sulle sue, guardandoci scambiare battute
-piacere- mi sorride e annuisce
-piacere mio- Yumi si re intromette
-e il tuo ragazzo chi è?- mi domanda curiosa. Io resto muta
per un secondo, credendo che stesse scherzando
-ehm, no, lui non è il mio ragazzo, è solo un amico- provo a
giustificarmi, ma il suo sguardo di compassione mi fa capire che non mi crede.
Uff
-lui è Takeru- lo indico con un cenno della testa. Ma
guardatelo, fa l’ingenuo. Non ci prova neanche a persuadere Yumi che è il mio…
oh, che palle!
-piacere. Dai, noi andiamo a mangiare. Poi vedo che sono
arrivate le vostre portare. Buon appetito. Mi fa piacere averti rivisto- si,
sicuro. Piacere tuo, comunque. Effettivamente appena Yumi si allontana il
cameriere posa i nostri piatti di fronte a noi e si allontana. Guardo Takeru,
che fino ad adesso è rimasto nel silenzio più totale
-grazie- il mio tono acido stona con la sua espressione
innocente
-per cosa?- addento il primo pezzo di pollo. Almeno è buono.
Speriamo mi faccia sbollire la rabbia
-per non averla convinta che stiamo insieme- non sembra
sentirsi in colpa. Perché non si sente in colpa?
-se ho capito bene non ti va troppo a genio- e questo che
centra?
-e allora?-
-e allora lasciale credere quello che vuole- strano, ma
quello che dice mi fa sentire meglio
-domani sarò il nuovo argomento di interesse fra lei e le
sue amiche: Hikari era a cena con un ragazzo in un ristorante di lusso!- imito
il suo tono in maniera impeccabile
-cosa ti ha fatto?- bella domanda!
-era una mia compagna di classe. Faceva di tutto per mettersi
in mostra, e io non ero propriamente fra le sue più care amiche. Non credere
che quei sorrisi fossero autentici: è la falsità fatta persona!- mi piace
diffamarla così
-sei perfida!- malgrado l’evidente offesa sta usando un tono
parecchio divertito
-mangia e taci!- mi rompe parlare troppo di lei; le darei
troppa importanza.
-cosa vuoi fare dopo?- lo guardo, dubbiosa
-uhm… non saprei. Facciamo un giro per il paese?- annuisce con
la testa e finisce il suo piatto. Alle fine ci alziamo, e mi intima di
seguirlo. Ci avviciniamo ad una porta con su scritto PRIVATO, bussa e, dopo
qualche secondo, sentiamo una voce intimarci di entrare. Seduto ad una
scrivania molto retrò coperta per due terzi di sopramobili vi è un uomo, sulla
venti cinquina, con i capelli rossi, magro e parecchio alto, seppur seduto.
Sorride calorosamente a Takeru e si alza per venirci incontro. Si, è
decisamente alto!
-allora, ti è piaciuto tutto?- chiede
-a mio parere era tutto squisito, ma sai che i giudizi
femminili sono sempre più negativi, specie sul mangiare- così dicendo il
proprietario si concentra su di me. do un colpetto al braccio dell’infamatore
-non è vero!- se non fossimo in un luogo chiuso cosa gli farei…
-è lei la ragazza di cui mi hai parlato?- certo, Takeru gli
deve aver detto di me per spiegare il tavolo prenotato per due
-ti presento Hikari-
-piacere- la mia voce sembra quella di un uccello con il mal
di gola
-piacere mio. Quindi posso dire di aver accontentato i miei
clienti?- il suo sguardo morbido mi tranquillizza
-si, era tutto buonissimo, devo farle i miei complimenti- la
sua risata brillante mi scalda
-è il cuoco quello da ringraziare-sorriso in imbarazzo, e
probabilmente arrossisco pure
-volevo ringraziarti- Takeru riprende la conversazione
-tranquillo, è stato un piacere avervi qui. Ora che fate di
bello?- sono quasi totalmente sicura che loro due si conosco da parecchio tempo
-andiamo a fare un giro-
-allora vi lascio andare- Takeru indietreggia di un passo
-grazie ancora Izzy- saluto e
usciamo nell’aria rigenerante della sera
-che ne dici di andarci a prendere qualcosa da bere?- seppur
riluttante acconsento. Lo seguo per non so quale destinazione
-tornerai mai in quel posto?- immagino già la risposta
-dipende se vincerò mai altre scommesse contro lui- no,
allora immaginavo male!
-ma tu non ti stanchi mai di scommettere con i tuoi amici?-
il suo viso diventa euforico, e vedo i suoi occhi brillare, entusiasti
-mai!-
-cosa scommettete?- la mia opinione non è conforme al suo
modo di pensare, ma sono curiosa
-di tutto, da una partita fino alle reazioni di alcune
persone- sono un attimo allibita
-è sciocco e… infantile- non riesco a trattenermi. Speriamo
che non se la prenda
-può essere, ma è divertente- fa una pausa -c’è chi si butta
dai ponti legato ad una corda, o chi prova piacere a ballare; noi a
scommettere-
-noi chi?- sorride
-io e i miei amici. È come droga: non appena si parla di
scommessa nessuno può distoglierci da quel pensiero-
-eroina!- l’idea mi fa uno strano effetto. Posso
considerarmi amica di un drogato?
-cocaina! Della migliore!- ok, sono in giro con un
cocainomane. Dovrei preoccuparmi?
-ok, non capisco assolutamente questa tua passione, ma la
rispetto- sono amica di un cocainomane e lo incoraggio a non smettere!
-ehi, che ne dici di andare lì!- mi indica un bar. Di fronte
c’è una folla di persone immensa. I ragazzi ridono, alcuni anche in modo
sguainato, le voci si sovrappongono e le parole si accavallano. Mi fermo sul
posto, guardando il punto che mi è appena stato indicato. Credo di avere gli
occhi sbarrati. Non so neppure se Takeru mi stia parlando o meno. Sento un
brivido percorrermi la schiena
-no, no per favore- sento la mia voce appena udibile, poi
quella di Takeru, e credo che sia davvero preoccupato
-Hikari, che succede?- continuo a scossare la testa, senza
alcun motivo apparente. Takeru mi prende una mano. In questo momento, a seguito
della sua presa, mi vedo trascinata verso quell’entrata, verso quella porta.
Un’infinità di pensieri mi si accavallano in testa, e non faccio in tempo a
sentirne uno che ne arriva un altro. O forse non voglio sentirli. Finalmente,
dopo quello che mi pare un tempo infinito, volto la testa e lo guardo. -Hikari-
prova a farmi ragionare, ma io voglio andarmene. Indietreggio di qualche passo,
ma qualcosa mi impedisce di agire come voglio. Mi accorgo che è la sua presa
sul mio polso
-no, ti prego- sto scuotendo la testa. Il panico si è
impossessato di me, non riesco più a controllarmi, ma Takeru non allenta la
morsa -ti prego- sto sussurrando, lo sto pregando di lasciarmi andare -Tk-
sento il mio braccio libero, e presa dalla paura che possa riprendermi per
fermarmi mi volto e mi allontano. Voglio andare via il più velocemente
possibile, ma non so neppure dove mi portano i miei piedi. Sento dietro di me
Takeru che respira con difficoltà. Ma sto correndo? A quel pensiero rallento
quel tanto che gli permette di avvicinarsi. No, Dio, ancora la presa sul mio
braccio. Perché non mi lasci andare. solo ora mi accorgo che anch’io ho il
fiatone. Rallento, quasi fino a fermarmi.
-Hika, fermati- obbedisco. Ho la fronte madida di sudore ed
l’affanno. Takeru mi si para davanti, parecchio preoccupato -siediti- ci
accomodiamo su di una panchina. Appoggio i gomiti alle ginocchia e inspiro
profondamente due o tre volte -Tk?- mi chiede curioso. Ridacchio, ancora
affannata.
-è un problema se ti chiamo così?- non lo guardo, sono ancora intenta a
riprendermi, almeno fisicamente
-no, è che nessuno mi ha mai chiamato in questa maniera?-
gli rivolgo la mia attenzione, dubbiosa -per gli amici sono Take, non Tk- fa
una pausa, e incrocia il suo sguardo con il mio -ma mi piace- sorriso mesta,
poi ricordo
-Kari- il suo sguardo pretende spiegazioni -chiamami Kari,
per favore. Sono Hika solo per mio fratello- annuisce
-che cosa è successo?- capisco al volo a che cosa si
riferisce. Sospiro
-mi spiace di essermi comportata così. Non è da me- sento
ancora i suoi occhi addosso. Gli devo una spiegazione
-perché sei scappata in quella maniera?- chiudo gli occhi ed
inspiro l’aria fresca della sera. Mi raddrizzo con la schiena e lo guardo,
pronta a raccontare
-io ti giuro Tk, se fossi voluto entrare in qualsiasi altro
pub, qualsiasi, io non avrei reagito a quella maniera.
-cosa aveva che non andava?- sorrido della sua ingenuità
-il posto niente, ma le persone si-mentre Tk mi guarda in
attesa della storia ripenso alla folla di persone. Ora, a freddo, mi sembra
sciocco aver agito così -la folla, specie se composta da ragazzi più o meno
della mia età, mi terrorizza- rivedo tutte le scene scorrermi davanti agli
occhi, prima ancora di aver aperto bocca -da quando ero bimba sono sempre stata
molto timida e relazionavo con gli altri bambini solo dopo molto tempo. Ero
silenziosa e mi vergognavo anche solo di aprir bocca. All’asilo questo problema
non mi creava problemi, ma poi sono avanzata di classe, e la mia timidezza è
diventata un ostacolo. Ero diventata il bersaglio preferito per gli scherzi dei
mie compagni, di classe e non. Non rispondevo mai a ciò che mi facevano, e
questo li portava a divertirsi un mondo a crearmi problemi. Le marachelle e gli
scherzi sono diventati sempre più pesi, e le loro azioni sono diventate veri e
propri atti di bullismo- lo guardo in attesa di una reazione, che non arriva
-ho combattuto contro di loro per anni e anni. Prima erano solo schermaglie
verbali, poi si sono aggiunte quelle fisiche. Io continuavo a non reagire, o
almeno non con abbastanza enfasi. Tutti i ragazzi che stavano dalla mia parte
venivano minacciati, e le mie amiche si allontanarono da me, come poi tutta la
scuola. Chi provava a difendermi era subito avvicinato da un bullo, così in
breve tempo non provò più nessuno a stare dalla mia parte. C’ero io da una
parte, e loro dall’altra. In mezzo tutti gli altri, troppo codardi per provare
a mettersi contro i bulli-
-io ero uno di loro- mi interrompo di colpo. La voce di Tk è
dispiaciuta. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, cercando di calmarmi
-ero fra quelli codardi che non reagivano- riapro gli occhi, più tranquilla
-non te ne fare una colpa-lo guardo, sorridendo -se per un
raro caso facevo da spettatrice invece che da carnefice, neppure io reagivo.
Ero terrorizzata solo all’idea che potessero prendermi di mira più di quanto
già non facessero, per cui tacevo e lasciavo che per una volta erano gli altri
a soffrire. So che è meschino, ma questa si chiama sopravvivenza- continuo a
fissare un punto sopra i tetti delle case, poi riabbasso lo sguardo -una lepre
non va ad aiutare un’altra lepre in difficoltà con il cacciatore, o rischia di
farsi sparare anche lei- Tk annuisce, intimandomi di continuare -è andata
avanti così fino ai primi anni delle superiori, poi tutto d’un colpo è cessato
l’inferno. Continuavo ad incontrare i miei bulli, ma era come se non mi
vedessero più, come se nulla fosse mai successo. In corriera, se li vedevo
entrare, seppur sapendo che non mi avrebbero fatto nulla, tremavo. Pian piano
ho cominciato a vivere quasi una vita scolastica normale, avvicinandomi ad
alcune persone, ma il terrore per la folla di ragazzi non se ne è mai andata-
sorrido, facendogli intendere che la mia narrazione è conclusa
-non capisco- Tk parla lentamente, probabilmente sta
cercando di immagazzinare tutte le informazioni -cosa centra la folla con i
bulli-
-i soprusi fisici sono cominciati dopo. Prima, e comunque
per tutta la durata del loro trattamento, c’erano le offese e le derisioni.
Ogni cosa che facevo o dicevo, anche solo per difendermi, era analizzata con la
lente d’ingrandimento. Venivo giudicata e derisa per qualsiasi cosa, anche per
come ero. Fisicamente non mi vedevo brutta, ma ciò che mi veniva detto era…
terribile- sento un nodo chiudersi in gola. Non credevo che avrei mai rivangata
QUEL passato. -questo mi ha portato ad avere paura dei giudizi altrui- un
improvviso moto di impulsione mi prende -vedi- lo guardo negli occhi, più seria
di quanto avrei creduto -se incontrassi un ragazzo da solo non avrei problemi,
più o meno; ma già tre o quattro mi manderebbero in agitazione. Comincio a
pensare come devo comportarmi, come devo apparirgli, e tutto questo diventa
enorme con una folla più… consistente-
-non credevo che facessi cosi tanto caso alle apparenze-
scappo al suo sguardo di ghiaccio
-quando sono da sola cerco sempre di convincermi che in fondo
non me ne importa nulla, ma non riesco mai così bene nel mio tentativo- torno a
fissarlo -è per questo che lavoro in una casa di riposo: gli anziani, e gli
adulti in generale, sono diversi da noi ragazzi.- ritorno un attimo allegra
-questa mia ipotesi non è sicura. Ovviamente non so cosa pensano le persone, ed
esistono adulti molto più infantili di noi. Comunque- riprendo il discorso
-stare in contatto con queste persone non mi porta a credere che potrebbero
pensare male di me. non nego che anche gli anziani non possano avere giudizi
affrettati, ma loro non ti trattano in base a questi ultimi, ti danno come la
possibilità di riscattarti, e far vedere loro chi veramente sei.- lo vedo
sorridere, e giurerei che sia sincero
-ma tu ora hai amici, insomma, del tuo passato è finito
tutto, no?- non so se sta cercando di rincuorarmi, ma purtroppo devo
contraddirlo
-continuo a vedere quelle persone, ed ho ancora i brividi ad
incrociare i loro sguardi. Sono ferite dolorose quelle che mi hanno lasciato.
Tralasciando i dolori fisici che mi hanno inferto, le parole sono state molto
peggio- lo guardo, mi sembra molto pensieroso
-la lingua ferisce più della spada- sorrido. È un detto che ho
sempre fatto mio!
-comunque è vero, mi sono avvicinata a delle persone, ma è
comunque difficile. Quand’ero piccola, tutti quelli che sembrava stessero
tentando di fare amicizia con me si rivelavano falsi. Insomma, avevano sempre
un secondo fine, e quasi sempre era quello di umiliarmi pubblicamente.
Successivamente le persone hanno imparato ad evitarmi per evitare i pericoli,
così io mi sono costruita un muro difensivo tutto intorno. Quando l’incubo è
finito è stata dura tornare alla normalità, ma in qualunque caso era come cominciare
da zero con le amicizie- mi fermo, pensierosa, poi ho l’illuminazione -hai
presente la ragazza di stasera al ristorante- Tk annuisce -lei è il tipico
esempio delle persone che ho intorno. Si contano sulle dita di una mano le vere
amiche che ho-
-ma tu hai parlato di Yolei come vera amica, no?- sorrido,
capendo i suoi tentativi di guardare il lato positivo della situazione
-si, lei è una di quelle. L’ho conosciuta quando ancora ero
nelle mani dei bulli. Inizialmente avevano provato a fare allontanare anche lei
da me, prendendola di mira, ma Yolei ha un carattere molto forte e si è sempre
ribellata, rispondendo a tono. Quanto ero in sua compagnia mi sentivo al
sicuro, anche perché lei mi difendeva. Ma non potevamo stare sempre inseme-
-quindi loro ti prendevano quando eri da sola- conclude la
frase per me, e io annuisco -ma non hai mai provato a ribellarti? Che so,
raccontando tutto ai tuoi?- sorrido, ma la tristezza mi invade completamente
-non sono cose di cui ho mai parlato in famiglia. Se mio
fratello fosse venuto a sapere come mi trattavano molto probabilmente li
avrebbe presi uno ad uno e gliene avrebbe fatte passare delle belle, ma questo
portava a una ritorsione verso di me senza eguali, quindi tacevo e soffrivo in
silenzio. La casa era diventata l’unico luogo sicuro-alzo la testa per
guardarlo -ho provato varie volte a farmi sentire, ma non ha mai funzionato- Tk
è molto serio. -secondo te perché ti ho detto che non mi avresti sopportato per
più di due mesi? È il tempo massimo che i ragazzi sono riusciti a stare con me.
crescendo ho provato a frequentare qualcuno, ma una ragazza con pochi amici,
che evita le discoteche e scappa di fronte ai ragazzi non piace molto-vedo Tk
farsi triste, quasi dispiaciuto. Non capisco perché, quindi gli prendo una mano.
Lui alza la testa e incrocia il mio sguardo. Gli sorrido
-non devi essere triste per me- mi sorride mesto. Non credo
di averlo convinto
-perché non ne hai mai parlato con qualcuno. Insomma le tue
amiche avrebbero potuto capire- si blocca, vedendomi negare. Allontano la mano
dalla sua
-ho imparato a cavarmela da sola. Se avevo un problema non
lo raccontavo a nessuno, anche perché non avevo nessuno che mi ascoltasse,
quindi me lo risolvevo da sola, spesso sbagliando, ma in questa maniera
imparavo in fretta come agire. Non ho mai perso l’abitudine a cavarmela da me,
senza l’aiuto di nessuno. In più ho sempre cercato di tenere i miei problemi a
casa, soprattutto perché se mi facevo vedere fragile diventavo ancora più
vulnerabile-cerco il suo sguardo e mi sento meglio non appena lo trovo -non ho
raccontato quasi mai il mio passato a qualcuno, non mi piace dare l’idea della
vittima- lo vedo sorridere
-guarda che tecnicamente tu sei una vittima- sorrido,
sorpresa della veridicità della cosa -e come mai secondo te a me hai raccontato
tutto?- mi faccio seria, conoscendo la risposta
-non vorrei farti scappare a gambe levate- sbuffa,
impaziente
-ti prometto che non scapperò- il suo sguardo speranzoso mi
convince a parlare
-penso di essermi aperta perche… forse mi fido di te-
trattengo il respiro, aspettando una reazione. Accanto a me non si muove nulla,
quindi decido di guardare che effetto ha avuto la mia frase. Tk è serio, lo
sguardo perso in chissà quali pensieri, quasi pieno di rimorso. Si alza, e io
non posso fare a meno di dispiacermi
-andiamo? Mi porge la mano, e io sospiro, sollevata
-sai, per un attimo ho creduto che stessi davvero per
scappare- mentre mi alzo e gli afferro la mano penso al dispiacere che mi ha
provocato la reazione che credevo avesse avuto. Temevo sul serio che avesse
avuto paura di ferirmi, o roba del genere. Lo vedo sorridere, ma gli occhi sono
comunque altrove. Lo lascio tranquillo, camminandogli a fianco. Mi dispiace
avergli rovinato la serata. Spero di potermi fare perdonare, prima o poi
-dunque hai un fratello?- mi chiede tutto d’un tratto
-già. Si chiama Taichi ed è più grande di me- sorrido
pensando al mio fratellone super premuroso
-anch’io- rimango di stucco
-davvero?- finalmente torna a guardarmi. L’espressione
tormentata di poco fa sembra solo un vago ricordo. Forse mi sono solo
immaginata tutto
-già. Anche mio fratello è più grande di me. si chiama Yamato-
adesso sono io a rimanere in silenzio, non sapendo cosa dire. Chissà come è
questo Yamato. Lo immagino molto aperto e solare. Un po’ come Tai. -io non ho
nulla contro gli anziani- lo guardo, non capendo da dove saltasse fuori questo
discorso. Lui mi sembra leggermente in imbarazzo. Torna a guardarmi, ma
distoglie subito lo sguardo -riguardo a prima, sai…- sorrido, piacevolmente divertita.
Il suo viso diventa indignato
-mi fa uno strano effetto vederti così combattivo per farmi
cambiare idea. Non pensavo ti importasse così tanto mostrarti sensibile- mette
il muso, un po’ come i bambini, e la cosa mi fa ride ancora di più
-non sono di quegli uomini duri, puri e un filino terra a terra
-
-ok, ok, scusami- cerco di riprendermi, controllando gli
spasmi di risate
-quando ero piccolo trascorrevo quasi tutto il mio tempo con
mio nonno. Era una persona magnifica, a cui volevo un mondo di bene. Lui viveva
in un paesino piccolo, in cui l’età della persona più giovane era superiore ai
sessanta. A parte qualche ragazzo che veniva su in villeggiatura venti giorni o
qualche nipote che saltuariamente passava per un saluto frettoloso, ero l’unico
bimbo, nonché l’individuo più giovane del paese. Sono cresciuto fra quelle
persone, che mi viziavano in ogni modo, e mi facevano sentire davvero bene li
fra loro. Per un periodo ho anche creduto che non me ne sarei mai andato di lì,
e il pensiero che gli anziani fossero le persone migliori al mondo era ormai
consolidato in me. facevo un po’ da nipote collettivo e da giullare di corte.
Conoscevo ognuno di loro come se fosse un mio parente e il resto del mondo non
mi sembrava adatto a me- lo vedo cambiare espressione
-poi che è successo?- già dall’inizio della storia ho
sentito che non ci sarebbe stato un lieto fine
-poi mio nonno è morto, ed è cambiato tutto- lo fisso
incredula. A parte il dolore iniziale che lo ha invaso si sta comportando come
se stesse raccontando le vicende di qualcun altro
-mi dispiace- si volta verso di me, e mi sorride tranquillo
-tranquilla, sono passati molti anni da allora. Conservo un
bellissimo ricordo di lui, ma ormai ho imparato a guardare avanti- mi
sbagliavo, c’è tristezza nel suo tono. Molto in profondità, però c’è
-e non sei più tornato nel paese di tuo nonno?- perché a me
sembra l’azione più naturale del mondo?
-non ce l’ho più fatta. Probabilmente adesso la maggior
parte di quelle persone sono morte, o sono troppo vecchie per ricordarsi di me.
però volevo dimostrarti che anch’io ho un cuore, anche se non sembra- rimango
di sasso a questa affermazione. Io non ho mai voluto dire questo, e mi dispiace
che abbia pensato così. -non essere triste per me- torno a guardarlo. È
visibilmente preoccupato
-no, io… sto bene, tranquillo- abbasso lo sguardo, sperando
che adesso cambieremo discorso. Tk si ferma,e io mi accorgo che siamo arrivati
a casa mia. Ma fin dove ero corsa nel pieno del mio attacco di ansia? Sento la
sua mano liberarsi delicatamente dalla mia. Oddio, solo adesso mi rendo conto
che non gliel’ho mollata per un solo secondo
-Kari- torno a guardarlo, leggermente imbarazzata -io ti
prometto, ti giuro su… non saprei, sulla mia stessa vita, se vuoi- scrollo la
testa, sorridendo
-non giurare, non ce n’è bisogno-
-ti prometto che questo non è un mio tentativo di
allontanarmi dalla tua follia o di farmi desiderare negandomi- rimango
perplessa ad aspettare la fine della frase -ma per un po’ non potremo sentirci-
ah!
-perché?- spero che dal mio tono non sfugga l’ansia che mi
attanaglia. Ho detto qualcosa che non dovevo?
-parto per lavoro- torno a respirare, più tranquilla -e a
meno che tu non voglia spendere un capitale in telefonate o in messaggi è
meglio che aspettiamo di rivederci, per sentirci. Credo che tu riesca a
resistere quattro giorni senza avere mie notizie, vero?- il suo sguardo si è
fatto molto affilato e guardingo
-Tk, smettila di disegnarmi come una ninfomane bisognosa
della tua continua ed incessante presenza!- sbotto
-ah, perché, non lo sei?- lo fulmino con lo sguardo, mentre
lui ride fra se
-Tk!- lo incito a smetterla
-ok, va bene!- finalmente la finisce
-vai all’estero?- chiedo curiosa e anche parecchio invidiosa
-si, ma non so dove, con precisione. Di sicuro facciamo una
tappa in Italia, ma le altre mete le scoprirò a tempo debito- Dio, che
invidia!!!
-Oh, l’Italia!- mi guarda stupito
-ci sei stata?- sorrido, a quei bellissimi ricordi
-si, ed è meravigliosa!-
-quindi credi di resistere?- sbuffo per l’ennesima volta
-taci, che forse è più probabile che vada tu in
escandescenza!- lo stuzzico
-allora ti chiamo io non appena atterro, va bene?-
-d’accordo- comincio ad inviarmi salendo due scalini
-ah, Kari!- mi richiama. Mi volto a guardarlo, dall’alto del
quarto scalino
-comunque, anche se fossimo entrati in quel bar, non avresti
avuto da preoccuparti per i commenti altrui- lo guardo allibita, convinta di
non aver capito neppure una parola di quello che ha appena detto -sei
perfetta!- sorrido, felicemente sollevata della sua sincerità
-grazie per la serata, mi è piaciuta davvero tanto- non
rendo l’idea, ma mi sorride comunque, alzando una mano in segno di saluto. Apro
la porta ed entro, ma prima di chiuderla ho ancora una cosa da fare -ah, Tk!-
si ferma, ancora sul marciapiede. Lo vedo voltarsi ancora sorridente, ma con
una nota curiosa sul viso -grazie!- spero vivamente che capisca che mi sto
riferendo al complimento di prima
-figurati, è la verità!- gli sorrido di rimando poi chiudo
la porta, sapendo già che non appena toccherò il cuscino piomberò in un sonno
profondo.
Ollà. Eccomi qui un'altra volta con l’ennesimo capitolo. Innanzitutto
chiedo scusa per la lunghezza. Poi, in secondo luogo volevo specificare, per
chi non è ferrato sull’argomento Harry Potter: l’incantesimo della pastoia
Total-Body è il Petrificus Totalus, per intenderci. Quello che nel primo libro
(o film, è uguale) Hermione usa sul povero Paciock. Poi, non so se qualcuno
l’ha notato, ho messo un piccolo inno alla stratosferica intelligenza della
mitica Luciana Littizzetto: l’uomo “duro, puro e un filo terra a terra” è
l’uomo della sopra citata donna. Lo stralcio della frase è preso dal suo libro
“Rivergination”. Ringrazio per le risate che mi fa fare ogni volta e per lo
spunto degli uomini. Ora passerei un attimo al capitolo: mi rendo conto della
pesantezza che prende ad un certo punto, e chiedo scusa se ho urtato i
sentimenti di qualcuno. Il racconto di Takeru sul nonno è un omaggio al mio
nonnino. La storia è finita un po’ meglio che nel capitolo, però. Spero di non
avervi annoiato o traumatizzato. Fatemi sapere!
Vostra Mami
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Capitolo 5 *** V-Piccolo incidente ***
V-Piccolo incidente
Lying in my bed I hear the clock ticks and think of you
Caught up in circles, confusion is nothing new
flash back warm night, almost left behind
suitcase of memories
Time after sometime you pictured me
I’m walking too far ahead
you’re callin’ to me
I can’t hear what you’ve said
you said: “Go slow, I fall behind ”
the second hand unwinds
Cyndi Lauper canta
nel mio soggiorno mentre cerco di parlare con la mia amica. Mi mette una
malinconia questa canzone!
-quando hai detto che torna?- mi volto verso Yolei interrompendo quello che
sto facendo
-ti ho detto che non ne sono sicura!- la vedo sorridere divertita. So già a
cosa sta pensando, e la odio per questo
-scommetto che stai contando ogni singolo minuto- queste allusioni molto
poco celate mi irritano: da quando in qua io dovrei contare i minuti che mi
separano dal ritorno di Takeru?
-non dire idiozie se non vuoi che la torta e il the ti finiscano dritti in
faccia- mi rimetto al lavoro, o almeno è quello che farei se questa benedetta
acqua cominciasse a bollire
-ma lui cosa è per te?- torno a guardarla
-in che senso?- alza le sopracciglia scettica
-nel senso: lui ti invita e tu esci con lui. Questa storia va avanti da
qualche giorno. Ma state insieme?- il suo tono è serio, e questo mi preoccupa
maggiormente
-ma no che non stiamo insieme- la velocità con cui ho risposto mi allarma
-e allora cosa siete?- torno a controllare lo stato di bollitura
-buoni amici- ripenso all’ultima sera che ci siamo visti. Ho confessato
quasi tutto sul mio passato, ed è stata un’azione naturale, come se parlare con
Tk fosse routine. Sorrido a
questo pensiero.
If you’re lost you can look
and you will find me
Time after time
If you fall I will catch you, I’ll be waiting
Time after time
If you’re lost you can look and you will find me
Time after time
If you fall I will catch you, I’ll be waiting
Time after time
-solo buoni amici?- mi mordo la lingua al pensiero di averle confessato
l’accaduto di quattro giorni fa. Ora mi tormenta in continuazione. E non la
smette con questa canzone! Ma chi gliel’ha fatta conoscere?
-buoni amici intimi- eddai acqua, arriva a 100°C, così almeno Yolei si
chiude la bocca con la torta! Ecco, forse… no, niente forse, ora oltre a non
vedere le stupide bolle sulla superficie del tegame non vedo più neppure il
gas. Stupide lampadine che si fulminano sempre nei momenti meno opportuni
-mi sa che devi cambiarla- perspicace Yolei, perspicace
-Mi fai un favore? Vammi a prendere lo scaleo, prima che butti giù questa
catapecchia a calci- vado in corridoio e
prendo la scatola con le lampadine, ne estraggo una e torno in cucina. Spengo
l’interruttore della luce della cucina per evitare di prendere la scossa quando
ci andrò intorno, apro questa specie di scaleo e comincio a salire
-questo impianto elettrico è da cambiare- come tutto il resto della casa, ma
a questo cerco di non pensare. Svito la plafoniera e la allungo a Yolei, sfilo
la lampadina dalla tasca del pantalone in cui l’ho infilata e mi accingo ad
avvitarla
-ma tu cosa provi per lui?-
I turn, my picture fades
and darkness has turned to grey
watching through windows
you’re wondering if I’m OK
Secrets stolen from deep inside
the drum beats out of time
Un movimento improvviso dello scaleo mi fa traballare, cerco di riprendere
l’equilibrio chinandomi per aggrapparmi a qualcosa di solido ma non trovo
nulla, prima mi sento sporgere in avanti, poi indietro, un rumore sordo mi
arriva alle orecchie. Probabilmente è la lampadina che è caduta, così una è
andata sprecata per nulla. La spinta che mi sono data per non cadere in avanti
mi porta ora pericolosamente indietro. Sento lo sgabello muoversi nella
direzione opposta, sfuggendomi da sotto i piedi. La mia schiena si arcua in un
movimento involontario, e le braccia continuano a cercare qualcosa a cui
aggrapparsi, inutilmente. Le mani di Yolei cercano di prendermi da sotto la schiena,
ma anche queste inutilmente. Vedo fuori dalla finestra le nuvole che diventano
sempre più nere, quasi promettendo burrasca. Maledette voi, se oggi c’era cielo
splendente non avevo bisogno di tenere la luce accesa in casa mia, e non mi si
sarebbe fulminata la lampadina. Ora tutta la casa è capovolta, come in uno
stupido gioco al luna park, poi finalmente vedo le mattonelle del terreno
avvicinarsi. Prima o poi sarebbe finita questa caduta, no? Un dolore
allucinante mi prende tutto il corpo, irradiandosi dalla testa, e tutto diventa
improvvisamente nero e silenzioso.
“Secrets stolen from deep
inside, the drum beats out of time”
Merda, mi sento come se qualcuno mi avesse buttato giù da degli scogli e io
abbia ruzzolato per metri e metri. Sto bene, non ho freddo e non sento musiche
celestiali provenire da chissà dove, quindi sono viva. Forse. Di certo sto
male. Prima di tutto la testa. È il dolore peggiore. Come se mi fossi fatta
trascinare per un kilometro attaccata per i piedi a un auto e la mia cute
avesse assaggiato un kilometro di asfalto. Brucia, e parecchio. Non credo che
io stia andando a fuoco, se no qualcuno sarebbe già venuto a spegnermi. Poi la
schiena duole, e anche se sento che il materiale sotto di me è morbido, la mia
spina dorsale non la pensa allo stesso modo. Penso di stare cominciando a
connettermi con il mondo, perché adesso sento anche dei rumori. Non il solito
bip dell’ospedale(il che promette bene, ciò significa che non ho nulla di
grave), ma voci che provengono da qualche parte. Continuo ad avere una canzone
in testa, ma non riesco ad afferrare le parole, e non so neppure descrivere il
ritmo. So solo che c’è. Provo a socchiudere gli occhi, ma alla prima lama di
luce che mi attraversa le iridi sento una fitta alla fronte. Il dolore mi fa
spostare la testa di lato, ma questo è stato l’errore più grande della mia
vita. Il dolore alla nuca quadruplica e sento una smorfia contorcermi il viso
-Merda- sussurro.
-le consiglio di non muovere troppo la testa, signorina Yagami- voci
concitate si uniscono ai rumori di sottofondo. Riprovo ad aprire gli occhi, con
esiti migliori del precedente tentativo. La luce intensa mi infastidisce
comunque, ma questa volta tento di controllare le reazioni involontarie. Più
che l’avvertimento del medico, gli errori personali mi portano a tenere
immobile la testa sul cuscino. Dalla prospettiva che ho in questa posizione
riesco a vedere il soffitto bianco e una qualche apparecchiatura agli angoli
del mio campo visivo. Provo a muovere gli occhi, ed almeno questa azione non
crea dolori. Bene. -come si sente?- la voce pare annoiata. Sciocca, risponderei,
ma credo che non sia quello che vuole sentirsi dire Camice Bianco
-direi bene, a meno che non muovo la testa o la schiena- finalmente riesco
ad inquadrare qualche viso. Il medico ha capelli castani, tendenti ormai al
grigio sulle tempie. Occhiali quadrati sul naso ed un fisico abbastanza
possente. Dietro, trepidante, vedo Yolei che sembrerebbe molto sollevata.
Sposto un altro po’ lo sguardo e intravedo mio fratello, ma per inquadrarlo
alla perfezione dovrei scostare la testa, e per ora preferirei evitare.
-si ricorda che cosa è accaduto?- Yolei si blocca, come se avessero premuto
il tasto STOP
-sono caduta dalla scala mentre tentavo di montare una lampadina- un tuono
mi distrae dai miei pensieri. Allora è cominciato a piovere!. Sento Camice
Bianco avvicinarsi e lo vedo trafficare dentro le sue tasche. Estrae una pila e
la accende
-segua il mio dito- più parla, più mi sta simpatico! Ma gli devo la mia
gratitudine, quindi sotterro i miei giudizi personali e mi accingo ad eseguire
quel che mi ha detto mentre mi punta la luce negli occhi. Prima il destro poi
il sinistro. Mentre sposto quest’ultimo vedo con la coda dell’occhio un’altra
figura accanto a me, dall’altra parte del letto. -perfetto, sembra sia tutto a
posto-
-che cosa ho, dottore?- lo vedo stringere le labbra e guardarmi da sopra le lenti
degli occhiali, pronto a dare la stessa spiegazione che ha già dato a Tai,
Yolei e… l’alta figura
-a parte una leggera commozione celebrale dovuta dal colpo alla testa,
nulla. La schiena ha risentito del colpo per terra, ma tempo due giorni e starà
meglio. le consiglio solo di fare attenzione a quando si tirerà su la prima
volta ed ogni qualvolta si alzerà, perché potrebbe avere vertigini e ricadere
per terra. E questo sarebbe un problema, visto quel che le è appena successo-
un’ombra di un sorriso gli attraversa le labbra, come se questa fosse una
battuta. -inoltre sarà normale avere delle emicranie per oggi e domani, ma
dovrebbero sparire subito. In caso contrario la invito a tornare al pronto
soccorso. Non le prescriverei nulla tranne un antidolorifico per testa e
schiena- il dottore si accinge ad uscire, ma evidentemente si ricorda di dire qualcosa
-ah, inoltre per stasera sarebbe più opportuno se con lei ci fosse sempre
qualcuno, nel caso in cui possa sentirsi male- si volta un’altra volta, ma lo
sento aggiungere -e sarebbe meglio andare a letto presto, per non affaticare la
testa- poi esce dalla mia stanza voltando l’angolo
-oh Kari, stai bene! Ho preso una paura quando ti ho vista immobile per
terra- Yolei mi assale letteralmente. Cerco di immaginarmi la scena, ma non ci
riesco
-ti prego, cambiamo discorso- sento la terza persona, lo sconosciuto,
muoversi accanto a me. ho troppa paura di muovere la testa, però -senti tu,
chiunque sei, visto che preferisco non muovermi più del dovuto, che ne dici di
venire da questa parte dove posso vederti?- sento trattenere una risata e una
sedia spostarsi, poi lo Sconosciuto si muove e credo di capire chi è ancora
prima di appurarlo. Sgrano gli occhi alla vista del terzo visitatore -Tk? Ma tu
non dovresti essere via?- lo vedo ridere di gusto
-si, lo ero, ma ora sono tornato- sento mio fratello muoversi inquieto, così
gli rivolgo la mia attenzione. Quando finalmente incrocio il suo sguardo noto i
suoi occhi che mi fissano, come se stesse cercando il Mr Hyde che è in me. La contrazione del suo viso non mi fa
presagire nulla di buono: ansia, una punta di sollievo, tristezza, rimorso e…
rabbia?
-Tai, che c’è?- si volta per prendere una sedia che era nell’angolo e si
siede accanto a me, sempre senza guardarmi negli occhi
-ho avuto paura Kari, ecco che c’è- lo vedo tentennare, come se si
vergognasse di quello che ha da dirmi, o come se non volesse che gli altri
ascoltassero la nostra conversazione -non sono stato tranquillo un attimo da
quando Yolei mi ha chiamato dicendomi cosa ti era successo- sorrido, ripensando
a tutte le volte che il mio fratellone era stato in ansia per me
-ma ora sto bene- vedo il suo sguardo vacillare, e capisco -e starò bene.
Non ti devi preoccupare, a tutti capita di cadere da una scala, sai?- torna a
guardarmi, e finalmente vedo un po’ di sollievo sul suo volto
-non ho avvertito mamma e papà perché sapevo come avrebbero reagito, e anche
se so che sono i nostri genitori, immaginavo che sarei bastato io a
preoccuparmi per tutti quanti; ma dovrai avvertirli, lo sai?- a quel pensiero,
dopo il sollievo per aver saputo che loro erano ancora ignari di cosa mi era
accaduto, sento lo stomaco contorcersi al pensiero di quando arriverà l’ora di dire
loro tutto. Sento Yolei avvicinarsi
-sono contenta che sia tutto a posto. Credevo di impazzire mentre mi
dirigevo all’ospedale, sai?- allungo una mano e vedo la velocità con cui me la
prende. Mi sento parecchio in colpa per averla fatta preoccupare. So di non
potermi accusare, ma mi sento comunque colpevole
-ti voglio bene, Yolei. Grazie!- la sento felice. Si, la sento, come se mi
irradiasse forza dal suo contatto. Finalmente mi decido a cercare una risposta
alla domanda che mi attanaglia da un po’
-ma tu che cavolo ci fai qui?- chiedo a Tk
-grazie per l’accoglienza- la sua falsa espressione offesa non mi inganna
-sai cosa intendo- certo che lo sa
-ho incontrato Yolei mentre usciva da casa tua- le rivolgo la mia attenzione,
non capendo. Pensavo mi avesse seguito mentre mi portavano in ambulanza. Perche
sono andata in ambulanza, vero?
-ho voluto ripulire il casino che avevi fatto e spegnere il gas, così quando
tornavi a casa non avresti dovuto pulire. Sempre che non trovavi la casa bruciata!-
faccio una smorfia sapendo che, malgrado le conseguenze molto negative che mi
avrebbe portato quest’ultima evenienza, mi avrebbe fatto davvero piacere
-almeno il proprietario si deciderebbe a ristrutturarla, quella
catapecchia!- riecco mio fratello che “scalcia” di impazienza
-stasera vengo a dormire da te, però dovresti aspettare un attimo che faccio
una telefonata a Maya- connetto subito di che argomento sta parlando
-no no, aspetta, non voglio che tu disdica i tuoi appuntamenti…-
-tu sei più importante, Hika!- il suo tono non ammette repliche
-ma puoi venire da me, poi ti riporto a casa!- il suo tono non ammette
repliche Takeru, capisci? O vuoi forse morire di una morte terribile e
dolorosa? Tai gli lancia un occhiataccia davvero spaventosa, ma quello che mi
attira è lo sguardo pieno di allusioni di Yolei
-ha ragione lui, così tu esci con Maya e io non sono comunque da sola!- mi
intrometto prima che mio fratello tiri qualcosa di appuntito addosso a qualcuno
e che io strangoli qualcun’altra! Ora lo sguardo assassino di Tai è riservato a
me
-ma Kari…- nego con la testa. Adesso sono io che punto i piedi
-no Tai, tu stasera ti vedi con Maya, così ti distrai un poco, e poi vieni a
dormire da me- l’euforia di Tk stona con l’umore di Taichi
-perfetto, allora tu mi dici l’ora in cui devo riportartela e io sarò li,
puntualissimo!- noto che mio fratello è parecchio serio, o forse qualcos’altro?
-ehm, Hika, possiamo parlare un attimo in privato?- lo guardo accigliata
-solo se accetti il compromesso- lo vedo tormentarsi, ma purtroppo per lui
sono troppo geniale
-va bene- lancio un’occhiata agli altri due intimandoli di uscire, e
lentamente provo ad alzarmi. Tai mi da una mano sorreggendomi ed aspettando che
sia riuscita a riprendermi, almeno in parte. Poi lo vedo guardare un attimo
fuori, e rivolgere la mia attenzione a me
-dai, cosa c’è?- gli chiedo
-Kari, lui non mi piace.- non ho
bisogno di capire chi, ma non mi lascia il tempo di dibattere -so chi è, e ho
capito cosa succede fra di voi, o almeno in parte, ma per come si comporta, per
il suo atteggiamento…- sembra stia cercando le parole meno dure, come se non
volesse offendermi
-Tai, io lo conosco, non tu. -
allungo una mano, in cerca della sua, che mi prende subito, senza esitazioni
-senza offesa Tai, ma tu davvero non puoi sapere come sia fatto, e questo tuo
comportamento non mi protegge. E lo sai- lo guardo in attesa di una sua
reazione, come una mamma che spiega al suo bimbo che quel che ha fatto non è
grave, ma è comunque un malanno.
-si, ma tu sei…- lui vede che lo guardo severamente, e cambia prontamente il
suo tono -non mi piace, e ho paura che possa essere qualcosa di più di quanto
tu lo conosca. Non vorrei dover sentire in giro brutte storie sul tuo
amichetto- sgrano gli occhi, indispettita
-Tai! Tu non avrai mica intenzione di chiedere in giro che tipo di persona
è, spero!- abbassa gli occhi, e così ho la conferma della mia teoria
-io voglio solo proteggerti Hika. Proprio dalle persone come quella!- mi
addolcisco e gli accarezzo una guancia
-Tai, te l’ho già detto un milione di volte che sono grande e vaccinata.
Capisco che non ti ispiri fiducia, ma io non ho mai voluto indagare su Maya,
appena me l’hai presentata- ops, forse non è l’esempio giusto
-ma a te è subito piaciuta! E poi ispira fiducia, lei!- già, ha ragione!
-si, è vero, ma ciò non vuol dire che anche Tk non possa essere diverso da
come pare.- una sua occhiata dubbiosa mi fa capire subito i suoi pensieri -Tai,
diamogli almeno il beneficio del dubbio!- meno male che ogni tanto sembra
ragionare!
-d’accordo, ma ti avverto che lo terrò d’occhio parecchio.- sorrido, sapendo
che anche se Tk fosse somigliato anche solo al un santo, avrebbe scaturito la
stessa reazione in mio fratello
-e poi scusa, che cosa ha che non va?- lo vedo prepararsi ad espormi tutti i
minimi dettagli che ha notato in questo breve incontro. Sospiro, rimangiandomi
mentalmente l’ultima frase
-è… arrogante e sicuro di se. Troppo sicuro di se! Non sa stare al suo posto
e prende tutto come un gioco. È sfrontato e sfacciato e
non ha il men che minimo senso del rispetto- immaginando che tutto questo è
stato ingigantito dall’acuta vista indagatrice di un fratello estremamente
geloso, ammetto che mi sarei aspettata di peggio. Molto di peggio
-questo è vero, almeno in parte, ma ha anche molte buone doti, e sono queste
che spero che imparerai ad apprezzare- mantiene per qualche secondo il contatto
visivo con me, ma poi distoglie lo sguardo, sospirando. Così ho la conferma che
qui cade il discorso, e forse sono anche riuscita a farlo ragionare.
-io ti ho avvertita, Hika. Basta una sola minima mossa sbagliata…-
-Tai!- non ho intenzione di starlo a sentire ancora per molto -passami la
mai felpa, per favore, e aiutami ad alzarmi. Non voglio più parlarne, per ora!-
mi passa la maglia, riluttante, ma mi aiuta comunque ad alzarmi. Sento il
pavimento instabile (o forse sono le mie gambe?) e la testa stranamente leggera
e pesante allo stesso tempo. Provo a muovere i primi passi, come un bambino, e
vedo che comunque le gambe seguono i miei comandi. Il problema ora è
l’equilibrio. Scendere da una giostra su cui hai girato per dieci minuti sembra
un impresa da poppanti, in questo momento. Tai mi deve sorreggere per tutto il
tragitto, fino alla porta, poi gli chiedo di lasciarmi andare, almeno per
provare a muovermi da sola. -si, ma stammi vicino comunque- dico, almeno per
stare al sicuro. All’inizio è molto lento il mio passo, e qualche volta mio
fratello e Tk devono lanciarsi per prendermi. So che non cadrei, perché mi
sento sempre più sicura, ma li capisco: in alcuni momenti mi prendono dei
capogiri che mi sento andare per terra, ma sono sicura che le ginocchia
reggeranno fino alla macchina. Ma i miei due cavalieri non sembrano altrettanto
tranquilli come me. Noto che quando si avvicinano per prendermi da un eventuale
caduta e rischiano di scontrarsi o solo di sfiorarsi, Tai lancia a Tk delle
occhiatacce pericolose, come se lo intimasse a tenersi alla larga da me. non ho
intenzione di farlo smettere, da adesso in avanti attuerò la tattica dell’ “ignoralo”.
Finalmente arriviamo alla macchina salvi ed illesi, io meno degli altri tre.
Durante tutto il tragitto ho tranquillizzato Yolei e le ho assicurato che
domani potrà stare tutto il giorno con me (per farla stare tranquilla, a suo
dire, ma io credo che voglia contribuire anche lei al programma “controlliamo
Hikari come se fosse incapace di fare qualsiasi cosa”). Tk apre la sua macchina
e mi fa accomodare. Saluto mio fratello e la mia migliore amica poi chiudo la
portiera. Vedo Tk scambiare le ultime battute con entrambi, poi gira intorno
alla macchina (con uno strano sorriso stampato in viso) e sale al posto del
guidatore. Yolei ammicca in mia direzione, e decido di non darle corda ma la
saluto con la mano, mente Tai sta fissando il mio taxista come l’ha guardato da
quando mi sono svegliata (e probabilmente anche prima).
-pronta?- perché non si è ancora levato quell’espressione dalla faccia?
-ho fame!- lui interpreta la mia risposta come un si, e finalmente ci
dirigiamo in direzione casa Takaishi. -ma che ore sono?- mi guardo in giro,
cercando di capire che direzione sta prendendo
-le sette e trentacinque- faccio un rapido conto mentale
-sono rimasta incosciente per più di due ore?-
-già! Credevamo avresti passato tutta la notte in quello stato. Tuo fratello
si stava preparando ad organizzare tutto- dal suo tono di voce sembra non aver
capito il risentimento che ha Tai verso di lui
-ma tu quando sei arrivato?- lo vedo sorridere leggermente
-che ne dici se lasciamo le domande a dopo? Adesso pensiamo a prendere
qualcosa da mangiare. O preferisci che ti cucini qualcosa io?- mi guarda
velocemente, prima di svoltare a sinistra
-perché, tu sai cucinare?- delle rughe gli solcano la fronte, indispettite
-certo che so cucinare, che credevi?- cerco di non ribattergli, ma penso
piuttosto a cosa vorrei mangiare.
-vorrei sentire come cucini. In fondo il mangiare da asporto lo si può
prendere in ogni momento.- lo guardo attenta -Quando mi ricapiterà
l’opportunità di vederti ai fornelli?- sorride compiaciuto
-ne rimarrai estasiata!- rido di gusto, e sento il mio stomaco contorcersi
mentre penso a un bel piatto di carne. Ho già l’acquolina in bocca. Speriamo
che sia bravo come dice, perché in questo momento ho davvero bisogno di placare
questo borbottio. Nella vettura cala il silenzio, mentre seguo la strada che sta
percorrendo. Rispetto a dove siamo adesso, la mia casa resta poco distante. Almeno
in macchina. Comincio a pensare quanto ci si metterebbe a percorrere il
tragitto a piedi quando vedo che Tk rallenta. Parcheggia dietro a un auto blu
nuova e costosa (o almeno direi) e spegne la macchina. Io mi accingo a scendere,
ma Tk mi invita a d aspettare che mi sia accanto per assicurarsi che io resti
in piedi da sola. Quando finirà questo patimento? A parte un leggero giramento
di testa appena alzata, resto in piedi senza aiuto, e sono anche abbastanza
salda sulle mie gambe. Abbastanza.
-mi spiace, ma questo è il parcheggio più vicino a casa mia- si scusa, ma
scosso la testa, non capendo cosa ci trovano di preoccupante nel farmi fare due
passi. Attraversiamo la strada e percorriamo una stradina laterale fra due case
scrostate da cui si intravedono i mattoni di costruzione. Continuiamo a
camminare (ovviamente Tk mi tiene sotto braccia) fino ad una schiera di
villette, tutte uguali. Ognuna ha un entrata a se stante, ed ognuna possiede
una giardinetto sul davanti. Sono tutte dello stesso colore, ma la mano che
indubbiamente è quella di una donna mostra la differenza fra la seconda e le
altre due: i vasi di fiori sono disposti su quasi tutti i davanzali, e il
giardino e elegantemente abbellito con panchine in tinta con il lastricato
esterno, nani da giardino invadono l’abitazione e altri oggetti di ignoto uso
sono collocati qua e la un po’ dovunque. Tk si dirige verso la terza
villettina, che sembra comunque molto piccola anche se elegante, apre il
cancello e mi conduce alla porta di ingresso, prima di fermarsi a guardarmi.
-devi sapere che vivo da solo qui, quindi non ti aspettare chissà che- rido
divertita e gli do un buffetto sulla spalla
-non ti preoccupare, credo di riuscire a sopravvivere- Non appena entro mi
trovo davanti una casetta, seppur non molto ben tenuta, molto elegante ed
accogliente. Seguo Tk in cucina mentre lancio occhiate furtive qua e la, e mi
accorgo che più vedo di quella casa, più mi rendo conto che mi piace.
Parecchio. Mi fa accomodare su una sedia, di quelle alte da bar, e mi appoggio
al bancone che da sui fornelli.
-comincio a prepararci da mangiare, poi mentre la cena cuoce ti porto a fare
una visita della casa, ok?- annuisco
-dai, voglio vederti all’opera- un ghigno gli si forma sul viso, e comincia
a cucinare per noi due. Io resto in silenzio ad osservarlo mentre lavora. Ogni
tanto vedo che alza lo sguardo su di me, e di quando in quando mi sorride. Io
nel frattempo mi guardo in giro. La cucina si trova dietro al bancone su cui
sono appoggiata, e sembrerebbe anche una cucina ben attrezzata: forno ultimo
modello, microonde nell’angolo, mensole ben pulite e lucidate (non me lo sarei
mai aspettata), due lavelli senza alcun piatto o pentola in attesa di essere
lavati. Dietro di me, oltre alle tre sedie stile pub, c’è un tavolo senza alcun
centrino, tovaglia o vaso di fiori sopra. I mobili sembrano antichi (o sono fatti
apposta?), ma le mensole piuttosto vuote. Non ci sono foto in giro, il che mi
rattrista. Una lampada a stelo è piazzata nell’angolo più estremo, e sopra mi
pare ci siano due dita di polvere. La stanza non è particolarmente grande, ma
riceve tanta luce dalle finestre in cucina. Tk continua il suo lavoro (polpette
di carne e verdura, patate arrosto e carote lessate) e noi restiamo in
silenzio. Mentre mi sto ancora guardando in giro sento Tk aprire l’acqua, così
decido di voltarmi, per vedere a che punto è.
-sei pronta?- sembrerebbe serio. Scendo dalla sedia con troppa velocista e
sono costretta a reggermi al bancone. Almeno non se ne è accorto.
-prontissima!- si asciuga le mani e nel frattempo mi guarda
-come mai tutto questo silenzio, stasera? La botta ti ha tolto la parola?- è
vero, non me ne ero resa conto. Non abbiamo parlato molto fino ad ora; e al
solo pensiero ecco tutte le mille domande che mi affollano la mente
-niente di personale Tk, ma stavo solo cercando di immagazzinare tutte le
nuove informazioni: la via che abbiamo fatto, la tua casa, tu che cucini…- lo
vedo sorridere divertito mentre si avvicina a me
-che c’è, dubitavi forse?- la mia espressione gli fa capire cosa pensavo.
-un critico culinario che non sa cucinare sarebbe davvero curioso, non credi?-
ci penso un po’ su
-una interior designer non sa costruire i mobili- vedo la sua teoria
vacillare,e ne vado fiera
-per saper giudicare bisogna sapere come si realizzano i piatti, e per
saperlo spesso sei quasi costretto a doverli cucinare tu stesso-
-ok, andiamo- sono davvero impaziente di vedere il resto della casa. Tk mi
apre la strada, e mi conduce subito al piano di sopra. Io mi fermo a metà scala
-cosa c’è in quella stanza?- che sfrontata che sono, ma la curiosità mi uccide.
Lui si volta per vedere di cosa parlo, e quando nota la porta di fronte
all’entrata della sala alza le spalle
-è vuota, non so come utilizzarla- mh, devo credergli? Riprendiamo il tour e
per primo mi conduce in bagno. È ampio e ricoperto di mattonelle bianche e
azzurre, un grandissimo specchio sulla parete più grande, mensole piene si
prodotti su cui non mi soffermo per più di un nanosecondo, ma la cosa che più
mi attira è la vasca. E non una semplice vasca; LA vasca per eccellenza. Non
grande, ma stupenda. Tonda, con vari programmi, fra cui l’idromassaggio e
l’aroma terapia. Sul bordo interno vari sali attirano la mia attenzione, e
anche se può sembrare una moderna vasca, a me appare come la migliore. Tk
decide di riportarmi sulla terra, e con un ultimo sguardo malinconico lo seguo
verso una stanzetta, probabilmente degli ospiti, con un letto vuoto e due
mobili vecchi e probabilmente rovinati. Non chiedo nulla e continuo a guardarmi
in giro. Neanche su questo piano vedo foto personali, e il mistero mi rende
pazza. Mi indica una porticina e mi comunica che anche se non me la mostra non
mi perdo nulla: la stanza dello stiro. Poi noto che appoggia la mano sulla
maniglia di un’altra stanza e si volta per guardarmi con uno sguardo malizioso
-tuo fratello mi ucciderebbe se vedesse dove entriamo ora!- resto un attimo
sorpresa dal fatto che ha nominato mio fratello, e non mi viene neppure in
mente di preoccuparmi per l’affermazione che mi ha appena fatto. Lo seguo
dentro e capisco che questa deve essere la sua stanza. Il letto è ben fatto e
sul comodino non vedo nient’altro di particolare a parte la sveglia e l’abat
jour. La scrivania straripa di riviste e fogli sparsi, e qua e la per terra ci
sono scarpe e… magliette, immagino. Come sempre non vedo segni di
personalizzazione, e continuo a non capire. Mi avvicino alla finestra, e noto
un giardino. Torno a guardarlo
-Quindi hai notato che mio fratello ha… un leggero risentimento verso di te?-
risentimento? Ahahah, questa è buona!
-no, a dir la verità mi odia proprio!- allora l’ha notato!
-è molto geloso- mi sento in dovere di difenderlo
-lo so, per questo non ho detto nulla. Però dovrebbe avere più fiducia in
te, non credi?- una smorfia mi storce la bocca e mi dirigo fuori dalla stanza.
Lo seguo nuovamente al piano di sotto e poi attraversiamo una porta accanto
alle scale che non avevo notato prima. Non appena la apre mi ritrovo senza
fiato: un giardino stupendo (probabilmente quello che ho visto dalla sua
stanza) circondato da una staccionata di legno che non mi mostra che cosa c’è
di là. Un piccolo ruscello scorre nell’angolo a sinistra, circondato da ciottoli
di fiume, un gazebo ricopre il dondolo bianco un po’ retrò e a destra c’è un
tavolino circondato da sedie in ferro battuto che fanno molto “the delle
cinque”. Il sole basso sull’orizzonte proietta strane ombre su tutta l’area, e
l’atmosfera che si respira è di vera tranquillità. Non appena capisco che sono
di nuovo in grado di parlare mi volto verso Tk, che è rimasto sempre dietro di
me. è molto più vicino di quanto non mi spettassi, ma il suo sorriso beato mi
rende ancora più entusiasta
-è stupendo questo posto!-
-lo so, mi piace per questo. Non per altro te l’ho voluto mostrare per ultimo!-
si fa preoccupato, poi evidentemente si ricorda di qualcosa -forse è meglio che
andiamo, il mangiare è ancora sul fuoco, e comincio ad avere molta fame- ci
dirigiamo in cucina e l’odore che ci accoglie mi convince dell’ottima scelta
che ho fatto a voler provare la sua cucina anziché un semplice street food.
Spegne i fornelli ed estrae i piatti dalla credenza, mentre che io mi accomodo
alla mia solita sedia al bancone -dove vuoi mangiare?- ci penso su un attimo,
ma già sapevo cosa avrei scelto
-qui! Mi piace, è semplice ma non comune- mi allunga il piatto e si accomoda
sullo sgabello accanto al mio. Comincio a mangiare e mi accorgo subito che come
cuoco single non è affatto male, anzi. Mi accorgo che mi sta fissando in attesa
di qualcosa, e afferro al volo -mi piace, è tutto buono. Sei promosso!- lo vedo
sorridere e cominciare a mangiare anche lui. Per qualche minuto l’unico rumore
che sento sono le nostre posate, finche non riesco più a trattenermi -perché in
tutta la casa non c’è una tua sola foto, o della tua famiglia?- noto che non
distoglie lo sguardo dal piatto
-facciamo che questa cosa te la spiegherò più avanti?- capisco di aver
toccato un tasto delicato e cerco subito di rimediare
-per essere un ragazzo che abita da solo è tenuta abbastanza in ordine la
casa- finalmente alza la testa e incrocia il mio sguardo. È guardingo.
-già.- mi liquida- Senti, ti ho sentito parlare di bettola riferendoti alla
tua casa, prima, non è vero?- non capisco dove voglia andare a parare.
-si, perché?- il suo sguardo si accende, curioso
-hai qualche problema?- continuo ad essere dubbiosa
-ce ne fosse solo uno. Il proprietario non vuole spendere soldi per metterla
un po’ a posto, e io sinceramente non mi sento in vena di tirarli fuori per una
casa che sarebbe da rifare dalle fondamenta, oltretutto in affitto-
-e cosa ha che non va?- ora comincio ad avere paura
-l’impianto elettrico e quello dell’acqua potabile sarebbero da rifare di
sana pianta, l’intonaco comincia a staccarsi in alcuni puti, sia all’interno
che all’esterno, c’è umidità e in alcune stanze; anche delle perdite di acqua.
E gli inquilini che mi hanno preceduti non sono stati molto da modello:
parecchie mattonelle sono rotte o crepate, ci sono segni sui muri che non
riesco a far venire via neppure con la pittura e la cucina ha bisogno di
qualche pezzo nuovo, essendo datata 1997- il suo sorriso si allarga, e la mia
attenzione aumenta
-senti, avrei una proposta da farti. Avrai notato che una stanza è vuota,
vero?- annuisco, intuendo dove vuole arrivare, ma non voglio affrettare i miei
pensieri -la casa è di proprietà, quindi non sono in affitto, però i costi sono
un po’ alti per una persona sola. Mi segui?- annuisco ancora -ho messo da
qualche giorno in giro dei volantini per offrire l’altra stanza in affitto, per
poter dividere le spese. Ora, visto che tu hai problemi con la tua casa e io
cerco un coinquilino, le due cose combaciano. Inoltre non ti farei pagare
l’affitto e saresti in compagnia di qualcuno, invece di startene da sola. In
più ci conosciamo, quindi il problema è risolto per entrambi!- il problema è
risolto! Certo, come no. Resto muta per tre secondi, valutando i pro e i
contro.
-Tk, capisci vero che dovrei dirlo a mio fratello? E francamente non so come
la prenderebbe!- è la prima cosa che mi è venuta in mente, e anche la più
pericolosa.
-Kari, penso che tu sia padrona della tua vita. Non ti costringo contro la
tua volontà, ma anche lui dovrebbe essere più tranquillo pensando che non ti
trovi più in casa da sola,no?- dubito! Dubito parecchio, ma sorvoliamo.
-non so Tk, io… dovrei pensarci, sai, così su due piedi…- in questo momento
ho solo una cosa in mente: quel giardino sul retro meraviglioso… e anche la
vasca da bagno!
-si, certo, ti lascio tutto il tempo di pensarci, però credo che sia un’idea
geniale!- la sua euforia è paragonabile a quella dei bimbi per Natale. Visto
che abbiamo finito di mangiare entrambi prende i piatti e si mette a lavarli.
Io appoggio il mento sulla mano e lo fisso intensamente, pensando
-cosa ti fa tenere la casa così in ordine? È una cosa che proprio non
concepisco.- Sogghigna, ma non alza lo sguardo
-sono sempre stato un tipo ordinato, e in più odio pensare di avere dei
lavori in sospeso che prima o poi dovrò fare-
-sei da sposare, sai?- retoricamente, si intende. Comincia a ridere di gusto
e io lo seguo a ruota.
-si, effettivamente ne ho ricevute tante di proposte!- sorrido divertita,
quando il campanello ci fa smettere pian piano. Tk toglie il tappo dal lavello
e si accinge ad aprire la porta. -Ciao Matt! Dai, entra- Matt? Perché mi sembra
di aver già sentito questo nome? Dall’ingresso entra un ragazzo più o meno
dell’età di Tai, biondo e con gli stessi occhi di Tk. Lo osservo immobile, e
anche lui fa lo stesso. Tk ci raggiunge e si mette accanto a me -Kari, lui è
Matt, mio fratello. Matt, lei è Hikari, la ragazza di cui ti ho parlato!- ma
certo, è suo fratello. Come non ho fatto a pensarci prima?
-piacere- la voce del ragazzo è bassa e profonda, molto tranquilla. Riesco a
svegliarmi dalla trance appena in tempo per rispondergli
-piacere mio- Matt si rivolge poi al fratello con un aria severa ma
tranquilla
-papà mi ha detto di dirti che qualsiasi cosa abbia deciso la mamma, tu devi
venire a pranzo da noi domenica- si siede su una sedia, spostandola dal tavolo.
-sono parole sue, ma credo che se tu decidessi di declinare l’invito non se la
prenderebbe- sposto il mio sguardo su Tk. Lo sta fissando intensamente ed è
molto rigido, come se fosse arrabbiato o… frustato.
-tu che farai? Intendo, darai la soddisfazione a papà e farai arrabbiare la
mamma, o sopporterai semplicemente il silenzio di papà?-
-a dire la verità sarei per non andare da nessuno dei due, tanto per fargli
capire in che situazione ci hanno messo, ma purtroppo dovrò restare con la
mamma- Tk sospira accanto a me, e lo guardo preoccupata.
-credi che mi lascerà un paio di giorni per pensarci? Devo valutare i pro e
i contro di entrambe le situazioni-
-non ha molte alternative- si alza e rimette a posto la sedia, poi mi
rivolge la sua attenzione -mi fa piacere averti conosciuta. Spero che avremo
altre occasione per parlarci- il suo sguardo è insondabile ma profondo, un po’
come quello del fratello minore, solo più spento
-sono felice anch’io. Finalmente posso dire di aver conosciuto di persona il
fratello di questo spostato qui- lo indico e Matt accenna appena un sorriso.
-Take, io vado, sono passato giusto per informarti. Vi lascio soli- il
minore lo accompagna alla porta, e non appena la richiude si volta verso di me.
ogni accenno di ilarità che prima era sul suo volto è scomparso.
-credo che sia venuto il momento di spiegarti perché non ho foto della mia
famiglia!- si dirige verso la cucina -the?- per un secondo ho un flash del the
che io avrei dovuto preparare per me e Yolei oggi pomeriggio, ma cerco di
dimenticare.
-ehm, si, se vuoi?- mentre che è girato a raccogliere l’acqua nel bollitore
lo sento appena sopra il rumore del lavabo
-i miei genitori sono divorziati- ora, in questo momento vorrei solo poter sprofondare.
Chissà a cosa pensavo quando gli ho fatto quella domanda sulle foto. Perché non
me ne sono stata zitta? -io ero piccolo, e ricordo poco della nostra vita prima
che si separassero- si volta per poggiare il bollitore sul gas, e non incrocia
mai il mio sguardo. -io e Matt siamo rimasti separati per anni prima di ritrovarci
di nuovo nella stessa città. Io stavo con mia madre, lui con mio padre. Da
quando se ne è andato con mio fratello credo di non essere più riuscito a
vedere i miei provare ad andare d’accordo- si allontana dal fornello e prende
due tazze, lo zucchero e i cucchiaini. Vorrei abbracciarlo forte e dirgli di
non preoccuparsi, ma non ci riesco, sono come immobilizzata. -ora viviamo tutti
in case diverse, ma la competizione fra i miei genitori non finisce mai.
Domenica è il compleanno della mamma e ci ha invitati tutti alla sua festa, ma
papà ha rifiutato dicendo di avere un’altra festa in programma; festa alla
quale siamo invitati anche noi, fra parentesi.- il bollitore comincia a
fischiare e Tk versa l’acqua fumante sulle bustine. -tutte le volte che
scegliamo di passare un po’ di tempo con la mamma invece che con papà, lui si
offende e ci tiene il muso per qualche giorno, finché non gli passa.- mi porge
la mia tazza e si accomoda accanto a me. finalmente riesco ad incrociare il suo
sguardo, e malgrado il sorriso forzato, vedo una grandissima tristezza nei suoi
occhi. -ecco perché non ho foto della mia famiglia: non ne ho. Non recenti
almeno, e ho sempre pensato che sia fasullo metterne di quando eravamo felici.
Capisci?- gli stringo la mano, e non provo neppure a sorridere, perché non ci
riesco neppure. Mantengo il contatto per qualche secondo, finche non è lui ad
abbassare lo sguardo
-io non volevo costringerti a raccontare. Mi dispiace che tu e tuo fratello
siete stati costretti a subire tutto questo. Se avessi immaginato- scrolla la
testa, e mi blocco, capendo già che cosa mi avrebbe detto
-non potevi sapere, e non te ne faccio una colpa. In fondo tu mi hai
raccontato della tua esperienza scolastica, adesso è toccato a me.- finalmente
torna il suo bel sorriso sincero, e mi sento un po’ meglio.
-sei una persona fantastica, e so che è inutile dirti che non ne hai colpa,
perché lo sai già, però posso assicurarti che tua madre ha fatto un ottimo
lavoro a tirarti su da sola. Ha fatto un ottimo lavoro!- si mette a ridere e
sento la sua presa aumentare sulla mia mano, prima di allontanarla. Comincia a
sorseggiare il the, ma non ho intenzione di distogliere lo sguardo. Cosa ho
detto di così buffo?
-grazie, ma credi sul serio che sono sempre stato così?- ora capisco.
Immagino che a scuola fosse un mostro, malgrado la sua aria da angioletto.
Comincio a bere anch’io, bruciandomi la lingua.
-sentiamo, che cosa hai combinato?- vedo il suo sguardo eccitarsi, e mi
rallegro che abbia cambiato umore in così breve tempo
-i professori avevano ormai imparato a lasciar correre, ma solo perché era
diventato un tormento per loro mettermi sempre in punizione. Punizioni che non
servivano a nulla, per essere precisi- immaginavo bene, allora!
-dai, voglio sentire un paio di chicche!-
-non so, da cosa vuoi che cominci? Dai graffiti sul muro?- sorrido divertita
-banale. Mi deludi, ad essere sincera- vediamo cosa mi tira fuori, a
stuzzicarlo
-risse nel cortile interno?- chissà perché non mi sorprende
-mh, tipico. Poi?-
-ok, che ne dici di una sospensione per aver violato i computer della
scuola?- sgrano gli occhi
-come violato!- lo vedo sorridere vincente
-hai presente Izzy? Era un genio del computer, e sono riuscito a convincerlo
ad entrare nel programma della scuola per poter cambiare i miei voti in
pagella! Ovviamente mi sono preso la colpa interamente io- scoppio a ridere, rischiando
di rovesciarmi la tazza addosso.
-sei un mostro! Dai, che altro?- comincia a divertirmi la cosa
-va bene, ho bruciato un barile di benzina- ok, questo non è divertente
-cosa hai fatto?- neppure lui sembra divertito
-l’ho fatto una volta sola, e solo per provare, ma non ne vado troppo fiero.
Ero in un brutto periodo, e avevo sentito di qualcuno che lo aveva fatto, così
ho voluto provare anch’io-
-ma a scuola?- dimmi di no, ti prego
-no, questo in un campo abbandonato- meno male
-tu sei pazzo!- rieccolo sorridere divertito. Chissà quante ne ha passate!
-mi hanno anche dato una nota per… essermi fatto beccare in corridoio
durante le lezioni mentre baciavo una ragazza- arrossisce leggermente, e la
cosa mi fa piacere. Allora anche lui ha un po’ di pudore.
-complimenti mascalzoncello, davvero complimenti- affila lo sguardo e si avvicina
leggermente a me. io resto immobile, aspettando di capire cosa vuole fare
-ero un tipo che piaceva, a quei tempi, che credevi?- a quei tempi? Cosa è
questa, falsa modestia o una presa in giro?
-si, il tipico ragazzo a cui va dietro la maggior parte delle ragazze a
scuola.- li conoscevo quei tipi, e non mi sono mai andati a genio. E adesso
sono a casa di uno di quelli. Povera me!
-già, e per un po’ ho anche sfruttato la cosa, sai?- noto uno strano tono
nella sua voce
-per un po’? che vuol dire?- Tk distoglie velocemente lo sguardo dal mio e
guarda l’ora, per poi scendere dallo sgabello
-sai che è tardi? Devo riportarti a casa, se no tuo fratello mi usa per dare
lo straccio in terra- capisco che vuole cambiare discorso, ma penso che non
demorderò tanto facilmente. Lo seguo e ripercorriamo la strada per tornare alla
macchina. Fuori ha cominciato a venire più freddo, e appena saliti accende il
riscaldamento al massimo e lo dirige verso di me
-grazie. Per tutto. Non volevo che mio fratello rinunciasse alla sua
fidanzata per una cosa così stupida. Mi hai salvato- ora è tornato come sempre,
non più schivo come quando eravamo in casa e gli avevo chiesto delle sue
precedenti ragazze.
-tuo fratello non la pensa alla stessa maniera, ma è stato comunque un
piacere-
-tu non devi preoccuparti per lui, fa sempre così!-
-si, ma con me ha una predilezione particolare. Mi odia!-sbuffo. -a
proposito, vedo che stai meglio con la testa- non è una domanda. Ci penso un
po’ su
-si, non mi gira più, e anche il dolore è nettamente diminuito. Ora riesco a
tenerlo in un angolo e lo ignoro. Comunque non mi hai ancora detto come hai
fatto a sapere che ero all’ospedale!- i misteri della vita!
-te l’ho spiegato! me l’ha detto la tua amica Yolei!- il tono in cui lo dice
sembra sottintendere che ci sarei dovuta arrivare da sola.
-Yolei? Scusa, ma non ti seguo- ora è il suo turno di sbuffare. Scusa sai se
non sono perspicace come pensi tu!
-volevo passare a trovarti invece di chiamarti, e quando stavo salendo le
scale è uscita lei, così mi ha raccontato tutto. È simpatica, a proposito.-
sorrido per l’ultima affermazione. Girato l’angolo noto mio fratello di fronte
a casa mia che mi aspetta.
-ma a che ora dovevi riportarmi?- mi sembra di essere tornata bambina,
quando la mamma mi portava dalle mie amichette e le loro mamme mi riaccompagnavano
a casa.
-alle dieci, ma è lui ad essere in anticipo, non noi in ritardo- il solito!
Non cambierà mai! Tk si ferma accanto a casa mia, e apro lo sportello
-allora grazie ancora. Ci sentiamo- sento l’ansia di mio fratello fino a qui
-Kari, allora mi prometti che ci pensi a quell’offerta che ti ho fatto?- è
vero, ma ne ero già dimenticata
-ci penserò, te lo giuro!- quel giardino! E quella vasca! Ah, che
tentazione! Scendo e chiudo la portiera. Tai si alza e scende uno scalino per
venirmi incontro
-quale proposta?- saluto l’auto con la mano, prima di dare tutta la mia
attenzione a mio fratello
-niente, non ti preoccupare- scosso la testa sorridendo, e ci incamminiamo
verso casa, in silenzio. Infilo la chiave nella toppa, quando Tai mi riporta alla
realtà.
-ricordati che devi chiamare la mamma!- sospiro, pensando alla prossima ora
che dovrò passare per tranquillizzarla.
Rieccomi. Vi dico solo che inizialmente avevo in mente altre idee , ma ho
deciso di tenerle in serbo per il futuro. Allora, che ne pensate? Vorrei che
siate sinceri. Devo confessarvi che mi piace la piega che sta prendendo la
storia. E dire che all’inizio non sapevo proprio come farla avanzare! La
canzone che ho inserito mi piace parecchio (è “Time after time” ma io l’ho
conosiuta per Ashley Tisdale, però è bella anche quella di Cyndi Lauper)
quindi ho deciso di inserirla. Bhe, spero che le vostre opinioni siano
positive, in caso contrario vi chiedo scusa!
Vostra
Mami
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Capitolo 6 *** VI-Cinema? perchè no? ***
V-Piccolo incidente
Apro il frigo con una mano e tiro fuori lo yogurt. Richiudo
il frigo e apro il cassetto, da cui tiro fuori un cucchiaino. Richiudo il
cassetto e lo appoggio sul piano mentre sollevo la linguetta di stagnola. Il
tutto mantenendo in equilibrio il cellulare fra l’orecchio e la spalla. Ancora
due squilli e riattacco.
-heila! Come stai?- sorrido
-bene, grazie. Tu?-
-tutto a posto. Dimmi pure.- cos’è che volevo dirgli? Ah,
già, sì!
-senti, hai da fare oggi pomeriggio?- aspetto qualche
secondo che ci pensi un attimo
-mh, no, direi di no. Non ho impegni, perché?- secondo te?
Prova ad immaginare, furbone!
-ti andrebbe di accompagnarmi al cinema?- all’altro capo del
telefono ridacchia divertito. Chissà poi perché!
-dipende. Se è uno di quei film sdolcinati pieni di amore e
cuoricini no, non ti accompagno: ci vai da sola!- mostro senza cuore! Ecco cosa
sei, un ragazzo insensibile e freddo come il ghiaccio!
-no, tranquillo, non ti sottoporrei a una tale tortura. È
quel film appena uscito… non mi ricordo come si chiama…- sbuffa impaziente
-va bene, mi fido, allora si. A che ora passo…- non lo
lascio neppure finire
-no, questa volta passo io da te. Però prima dovremmo fare
una tappa lungo il percorso, se non ti dispiace- Silenzio. Per un attimo penso
che sia caduta la linea.
-a piedi?- non capisco. Che sta dicendo? A piedi cosa? Mha…
idiota!
-ma che a piedi! In macchina!- quel cretino pensava che lo
sarei andata a prendere a piedi! E come lo portavo, in spalla! Poveri noi!
-ah, perché, guidi?- … … … Non sta scherzando. Il bello è
che è serio!
-non sei degno neppure di una risposta. Passo da te alle
sei. Fatti trovare pronto- non aspetto neppure una risposta e butto giù.
Davvero credeva che non sapessi guidare? Va bene che l’ho sempre usato come
taxi personale; ma da qui a dire che non guido… oh, lasciamo perdere. Negli
ultimi quattro giorni non l’ho sentito per niente, a parte un paio di messaggi
per assicurarsi sullo stato della mia salute. Sono stata meglio dopo la caduta,
non ho più avuto vertigini ne mal di testa, a parte un leggero fastidio al
bernoccolo. Quindi fisicamente sono stata bene. Non posso dire lo stesso della
mia salute mentale: mia madre ha dato di matto quando l’ho chiamata per
spiegarle cosa mi era successo, e c’è voluto il ben di Dio per convincerla a non
correre da me con papà al seguito per appurare che stavo effettivamente bene
(solo dopo che gli ho passato Tai e lui le ha assicurato che non mi avrebbe
perso di vista un solo nanosecondo si è convinta a restare a casa. Donna di
poca fiducia!). ciò non mi ha comunque salvato dall’averla sempre in mezzo ai
piedi per tutto il giorno seguente. Ogni mezzora mi chiedeva se mi sentivo
bene, e ogni tentativo di fare qualcosa in casa MIA era nullo. Segregata a
letto e sul divano sono stata costretta a vedermi servire da mamma, papà e
Yolei. Si, perché logicamente la mia carissima e premurosissima amica non si
era scordata della promessa che le avevo fatto, così ha passato tutto il giorno
con me. ho rischiato di dare di matto, ma ho resistito, e l’idea che il giorno seguente
sarei potuta tornare al lavoro mi tranquillizzava: non mi avrebbero potuto
seguire anche lì, no? Malgrado tutti quanti insistessero perché mi prendessi
altri due giorni di permesso, io sono tornata alla mia casa di riposo. Questo
non ha comunque demoralizzato Yolei, che si è presentata a casa mia dieci
minuti dopo che avevo finito il mio turno mattutino. Con che scusa?
-ieri non ho potuto stare con te perché c’erano i tuoi. Sono
venuta comunque perché così era il nostro accordo, ma non mi sono presa cura di
te. Per cui oggi sarò la tua balia.- il resto del pomeriggio e del giorno
seguente l’ho passato a rassicurare tutti i parenti e gli amici che mi
telefonavano preoccupati per me. Sembrava di essere in un centralino, tanto
squillava il telefono. Incredibile comunque come girano veloci le voci quando a
parlare sono i miei. Stamattina finalmente sono riuscita a passare un’intera
mattinata da sola, così ho avuto tempo per pensare. Era un po’ che non andavo
al cinema, e non vedo l’ora di vedere quel film, così ho pensato di invitare
Tk. Finisco quel che ho da fare e aspetto l’ora giusta per andare a prenderlo,
nel frattempo mi guardo un po’ di tele. Prendo le chiavi dell’auto, la borsa,
cellulare e le chiavi di casa. Speriamo solo di ricordarci la strada per andare
da Tk, se no mi prenderà in giro finché campo. A un certo bivio ho un dubbio e
purtroppo prendo la strada sbagliata. Fortunatamente sono stata abbastanza
attenta, e quella casa gialla sulla destra sono strasicura di non averla mai
vista prima. Appena posso faccio marcia indietro e questa volta prendo la via
giusta. Logicamente non trovo parcheggio, così mi trovo a girare lì intorno.
Fortunatamente Tk è abbastanza puntuale e mi è sufficiente accostare per farlo
salire.
-tu guidi!-
-ti odio!- scoppia a ridere isterico
-senti, tu piuttosto non mi hai raccontato come è andato il
tuo viaggio all’estero- col trambusto della mia caduta e la novità di aver
visitato casa sua me ne ero completamente dimenticata.
-tu piuttosto come stai con la testa?- cosa centra?
-te l’ho fatta prima io la domanda- lo guardo per un secondo
prima di tornare a fissare la strada. Non vorrei mai fare un incidente per
colpa sua! intuisco che se non gli rispondo lui non risponderà a me
-sto bene. Ora raccontami-
-e quale sarebbe la tappa che dobbiamo fare?- ma lo fa
apposta?
-al luna Park. Mi rispondi!- ho un tono quasi isterico, il
che lo fa divertire, ne sono certa!
-appunto, te lo racconto lì! Ma cosa dobbiamo fare?- metto
su il broncio da bimba. Non ho intenzione di spiegarglielo! Così impara! Cala
il silenzio nell’abitacolo e io non ho intenzione di demordere. -e dai. Ti ho
detto che te lo racconto, ma non capisco perché dobbiamo andare al luna Park-
-se non me lo dici adesso poi ce lo scordiamo, e io sono
curiosa- sto diventando sempre più ridicola!
-me lo ricorderò. Te lo prometto!- ha uno sguardo
speranzoso. Maledetto…
-ho promesso a Yolei che sarei passata a trovarla prima del
cinema- pur di liberarmi di lei le ho promesso di tutto. Però che gusto godersi
di nuovo la libertà!
-come trovarla. Lavora lì?-
-qualche ora nei week end, per arrotondare- ricordo ancora
come era contenta quando le hanno proposto quel posto. Parcheggio nel primo
posto libero che trovo e scendiamo. Le urla allegre di bimbi e ragazzi ci
giungono subito all’orecchio. Chiudo la macchina con il comando automatico
mentre ci inviamo.
-ma tu non avevi paura a stare nei posti dove ci sono
ragazzi in gruppo? Qui è pieno, lo sai?-
-si, ma ci sei tu con me, quindi sono più tranquilla!- lo
guardo mentre gli si accende una strana luce negli occhi, prima di abbassare la
testa sghignazzando. -che c’è!- lo incito a parlare
-ho creato un mostro!- accelero il passo, più che altro per
non mostrargli la mia gratitudine. Entriamo e lo conduco al chiosco dove c’è
Yolei. Sta servendo due clienti, e dietro ad aspettare ce n’è altri tre. Ci
mettiamo in coda. Arrivati al nostro turno ci accoglie una sorridente ragazza
occhialuta.
-Kari! Allora sei venuta davvero! Che fate di bello?-
-facciamo un giro, poi andiamo al cinema- un sorriso ebete
le si stampa sulla faccia, e il suo sguardo è pieno di parole non dette. Guardo
un attimo Tk che, per fortuna, sta guardando da un'altra parte.
-è un film d’azione… più o meno. Bhe, comunque non è quello
che pensi tu- il suo viso serio mi sorprende
-io non penso niente. Piuttosto, mi state allungando la
fila. Ho dei clienti che aspettano, io!- ci giriamo contemporaneamente e vedo
che effettivamente c’è gente che aspetta dietro di noi.
-ok, allora ci vediamo domani o dopodomani. Ciao bella!- ci
allontaniamo e camminiamo tranquillamente per le stradine trafficate di ragazzi
strillanti che corrono qua e la e mamme impazzite che li richiamano all’ordine.
Vedo che Tk continua a camminare a naso all’aria per guardare le attrazioni più
altre; quelle adrenaliniche, per intenderci. Lo prendo per un braccio per non
lasciarlo continuare a vagare da solo e mi siedo su una panchina vuota.
-che si fa ora?- ci penso un po’ su poi guardo l’orologio
-visto che è ancora presto e il primo spettacolo inizia
tardi, direi di aspettare.-
-e che facciamo fino ad allora?- mh, bella domanda.
-a me piace starmene seduta a guardare la gente che passa-
Tk sgrana gli occhi, come se avessi detto una bestialità
-no, aspetta, fammi capire, tu quindi vorresti startene qui
seduta a fissare chi passa?- io non ho detto questo! O forse si?
-è curioso guardare la gente- sono un po’ stizzita. Non sono
l’unica a farlo!. O almeno credo.
-lo sai vero che le attrazioni sono fatte per salirci
sopra?- ripenso a cosa stava guardando prima Tk, e mi vengono i brividi.
-si, ma immaginando dove vorresti andare tu preferisco stare
qui!-
-e dai, i giochi in cui sei a testa in giù sono i migliori!-
dubito che se ci salissi, poi la penserei allo stesso modo; comunque…
-dai, prima raccontami come è andato il viaggio di lavoro,
poi dopo magari ci pensiamo- mi guarda titubante, poi si convince
-è stato sfiancante, ma anche molto bello. La prima tappa è
stata la spagna, dove siamo stati mezza giornata, poi abbiamo fatto tappa in Italia
per un giorno, e infine siamo andati in Russia. Abbiamo fatto tipo più ore di
viaggio che altro, però che spettacolo.- io lo guardo estasiata, praticamente
trasognante
-hai assaggiato le specialità del posto?-
-nelle tre tappe hanno gareggiato praticamente varie
squadre, ma venivano da tutto il mondo, e non tutte portavano specialità
locali, quindi in gara ho sentito tanti gusti, ma mai come quelli che sentivo
quando ero fuori servizio-
-e i posti? Hai visitato qualcosa?- mi sento euforica, sogno
quei luoghi a occhi aperti e immagino le atmosfere.
-poco a dir la verità. In spagna quasi nulla perché ci siamo
stati pochissimo, ma dall’aereo lo spettacolo è entusiasmante. Solo guardandola
dall’alto, quella terra emette calore. Sembra che ci viva il sole, lì- oh, che
bello!
-e in Italia? Io ho visto la capitale e un po’ del nord. Ma
è tutto così diverso da qui. Sembra di stare in un altro mondo. E il mangiare?
L’hai per caso sentito? È da capogiro!-
-Kari!- mi riprendo da tutta questa euforia. -calmati.
Lasciami parlare, così dopo lo sai!- ridacchio e lo incito a continuare. -l’Italia
è davvero bella. Sono stato solo in città, però sono riuscito a trovare un
posto tranquillo e fuori dal mondo. Mi hanno consigliato alcuni piatti e,
parola mia, se non riesco a riprodurli mi stabilisco fisso lì finché non ci
sono riuscito. Ho sempre saputo che è la patria dei buon gustai, ma non avrei
mai creduto fino a quel punto. Davvero, è stato stupendo!-
-e la Russia?- cerco di controllarmi per non dover farmi
riportare con i piedi per terra in maniera troppo brusca.
-c’è freddo. Ma il posto è… non ci sono parole. Quegli
edifici, i posti… per capire dovresti vederla!- magari! Continuo a fantasticare
su quei posti meravigliosi, finché Tk…
-allora, andiamo?- lo guardo confusa
-dove?- gli si illumina lo sguardo
-su un gioco. Voglio scaricarmi.- quel termine, scaricarmi,
mi preoccupa. -però lo scelgo io!- o povera me!
-ok, però ci sono dei limiti, se no ci sali da solo!- avvertio,
prima che ci rimanga male.
-non ti piace l’adrenalina?- ah ah ah! Che bella battuta!
-no!- gli si gela il sorriso sul volto. Poverino, ma è così!
Io amo sentire i piedi ben poggiati a terra, tutto qui!
-ok, andiamo lì? Non c’è neppure tanta fila!- indica un
gazebo e io alzo lo sguardo terrorizzata. Le rotaie di quel gioco vanno in
alto… parecchio in alto! E si rigirano su se stesse. Vedo un loop, due… cazzo!
-dimmi che stai scherzando. Dimmi che ti è preso un momento
di pazzia ma che sei tornato normale. Ti prego!- mi guarda divertito, ma non
c’è nulla da ridere.
-dai, non è poi cosi male. Non te ne accorgerai neanche. Al
massimo chiudi gli occhi, e poi- il suo sguardo si assottiglia -ci sono io con
te!- Ma perché non sto mai zitta!
-se muoio mi avrai sulla coscienza!- esulta, dirigendosi
verso la fila. Aspettiamo che le persone defluiscono, e per mia fortuna
dobbiamo aspettare che il macchinario si riempia di gente e poi parta per due
volte. Io nel frattempo guardo. Guardo quel poco che riesco ad intravedere del tragitto
che dovremo fare, e tremo. Ho sempre odiato queste cose, ma cerco comunque di
trovare punti a favore. In fondo Tk ha ragione, al massimo chiudo gli occhi!
Tocca a noi e Tk mi prende la mano e me la stringe. Vedo che si dirige verso la
prima fila… forse così se vedrò il percorso mi tranquillizzerò un attimo, no?
Spero solo che stia agendo cercando il modo migliore per tranquillizzarmi,
perché credo sul serio di avere un’espressione terrorizzata sul volto. Ci
sediamo e gli stringo la mano più forte che posso. Lo guardo, e lui guarda me.
sembra tranquillo. Le barriere scendono automaticamente e con la mano libera mi
aggrappo anche a quelle. Non si sa mai. Torno a guardarlo -ti prego, ricordami
che cosa mi ha convinto a salire qui?- sento l’agitazione tornare più forte che
mai. Sorride beffardo
-la mia faccia d’angelo!- bastardo!
-bhe, ricordati che non appena fermeranno il gioco per farmi
scendere a causa dei miei urli da pazza, la colpa sarà solo ed esclusivamente
tua!- si fa più serio, ma sorride ancora. Sento uno strano movimento sotto di
me.
-guarda che non fermano le macchine per far scendere le
persone terrorizzate!- sgrano gli occhi e lo fulmino con lo sguardo.
-che cosa! Spero sul serio che tu stia scherzando!- sento la
macchina che comincia a partire e i sedili che fanno uno scatto in avanti.
Stringo maggiormente la presa sulla sua mano e sulla protezione. Noto appena
che scossa la testa, come a dirmi che no, non è uno scherzo, e che io ora sono
finita in un problema enorme. Cominciamo la salita, che è estremamente alta ed
estremamente ripida. Ho gli occhi sbarrati, e inoltre non riesco neppure a
chiuderli. -cazzo Tk, ti odio!- questa è l’ultima cosa che riesco a dire, prima
di arrivare in cima alla salita. Siamo nella prima fila, quindi vedo quanto
siamo in alto. Merda! Sento qualcuno accanto a me che mi dice di stare
tranquilla e chiudere gli occhi, ma non ci faccio troppo caso, anche perché
comincia la discesa. E che discesa! Scendiamo in picchiata lateralmente,
veniamo sbalzati a destra e a manca, scendiamo, saliamo, mi trovo
inspiegabilmente a testa in giù, poi con il viso rivolto verso terra. I pali
che reggono su tutta l’impalcatura mi passano troppo vicino alle gambe, e
istintivamente le ritiro, terrorizzata. L’ultimo giro della morte poi un'altra
curva tutta a sinistra e il macchinario frena all’improvviso. Mi ritrovo i
capelli in viso, poi riparte, più dolcemente, per fermarsi al punto d’inizio.
Le protezioni risalgono, e io guardo Tk. È lì tutto contento che gioisce dalla felicità!
-ora tu dovrai portarmi a braccio fino alla macchina, sempre che riesca ancora
a guidare- provo a scendere, ma miracolosamente sto ancora in piedi. Mi mette
le mani dietro la schiena e mi sospinge verso l’uscita, giù per una scaletta.
-hai guardato?-
-SI!- si ferma e sporge il viso sopra la mia spalla per
guardarmi in faccia
-e perché?- che faccino innocente che ha. Ma io ti stacco
gli occhi e li uso come olive nel cocktail!
-non ci riuscivo a stare con gli
occhi chiusi! Preferivo guardare quando sarebbe arrivato il momento in cui avremmo
preso il volo!- sto inveendo contro un ragazzo in mezzo a un mucchio di gente!
In effetti mi sento osservata; non crederanno mica che sono pazza!
-è stato meraviglioso, comunque-
mi volto per guardarlo con la faccia peggiore che abbia mai usato con qualcuno
-ora possiamo andarcene o vuoi
forse condannarmi a morte?- ridacchia e ci inviamo all’uscita. Per qualche
minuto restiamo in silenzio, mentre che io cerco di riprendermi. Non appena
saliamo in macchina è lui a rompere la tregua
-allora hai deciso se continuerai
a vivere nella tua casa mezzo distrutta?- metto in moto e partiamo per andare
al cinema.
-ci sto pensando Tk. Sai, non è
una decisione che puoi prendere in qualche giorno-
-ne hai parlato con tuo
fratello?- lo guardo per un secondo. Ma è pazzo?
-non ho intenzione di fargliene
parola fino a che non avrò deciso. Non vorrei mai che mi morisse davanti.- Ci
rechiamo al cinema, prendiamo i pop corn e le bibite, poi cerchiamo la sala.
-“Le belve”! Non ti facevo tipo
da certi film!- lo fulmino, impuntandomi sul posto. Lui si volta e mi guarda
interrogativo.
-ti ho già detto di smetterla di
sottovalutarmi. Ok?- ride e mi prende per un braccio, trascinandomi al
botteghino per comprare il biglietto
-stavo scherzando!- entriamo e dopo
due minuti, giusto il tempo di trovare i posti, inizia il film. Durante la
pausa vado al bagno e torno, ma Tk non c’è più. Mi siedo e ricomincia il film.
Dopo mezzo minuto lo vedo tornare con altre cibarie fra le braccia
-ma quanto mangi?- gli sussurro
avvicinandomi per non recare disturbo agli altri spettatori
-io ho bisogno di forze per
riuscire a sopportarti- sussurra in risposta. Lo guardo. Sorride! Allungo la
mano e gli rubo qualche pacchetto, aprendolo e cominciando a mangiare sotto i
suoi occhi sorpresi.
-cosi impari!- assottiglia lo
sguardo e continua a fissarmi. Io gli rispondo con una bella linguaccia, prima
che si metta a ridere, poi rivolgiamo di nuovo la nostra attenzione al film.
Non appena finisce mi alzo per dirigermi all’uscita, ma il mio accompagnatore
non sembra della stessa idea. -andiamo?- gli intimo di alzarsi, ma lui mi
guarda dal basso e continua a mangiare.
-è meglio se aspettiamo qualche
minuto per evitare tutto il traffico all’uscita e nel parcheggio- giudicandola
una ottima idea mi risiedo e gli rubo un’altra manciata di stuzzichini.
-per fortuna che ero io quello
che mangiava tanto, vero?- non lo guardo e continuo a mangiare
-anch’io ho bisogno di energia
per sopportare te- all’improvviso mi ritrovo un pop corn fra i capelli e lo
fulmino con lo sguardo prima di sfilarmelo e metterlo in bocca
-già sentita. Battuta vecchia-
allungo la mano per prendere qualcos’altro ma Tk allontana prontamente i
sacchetti. Io lo guardo accigliata, prima che lui demorda e li riavvicini.
Continuiamo a mangiare in silenzio per un minuto buono guardando le persone che
tardavano ad uscire, commentando qua e la qualcuno.
-ti rendi conto che siamo al
cinema?- io lo guardo interrogativa -se tu fossi stato un ragazzo e io una
ragazza avrei pensato che dietro a questo invito c’era qualcosa di più.-
arrossisco e mi alzo velocemente
-ma per fortuna tu non sei una
ragazza dolce ed indifesa, e io un ragazzo che ha secondi fini!- mi invio lungo
la fila di poltroncine
-sicura?- trovo appoggiata ad una
sedia una bottiglia vuota, la prendo e gliela tiro dietro, prima di continuare
a camminare. Lo sento ridere, e anch’io non posso fare a meno di sorridere.
Appena usciti dalla sala mi affianca e mi picchia volontariamente contro una
spalla. Lo guardo in cagnesco e accelero il passo. -ho una proposta da farti-
rallento, aspettando che mi raggiunga.
-devo preoccuparmi? L’ultima
volta che mi hai fatto una proposta, hai chiesto se volevo diventare tua
coinquilina.-
-ed è stata un ottima idea che tu
non potrai rifiutare- sbuffo divertita
-dimmi!- mi si para davanti
bloccandomi il cammino
-fra due settimane si sposa mia
cugina, e io devo darle la conferma che ci andrò. Ti va di accompagnarmi?- lo
guardo sbalordita? Ho sentito bene?
-ma io…- non mi lascia finire
-non dire che non la conosci,
perché non centra niente; mio fratello si porta dietro la sua ragazza e neppure
lei la conosce.- provo a ribattere, senza successo
-ma…-
-lo so che non sei la mia ragazza, ma non cetra niente- si
diverte ad interrompermi?
-non era quello che volevo dire!- lo guardo in cagnesco,
prima di continuare. In risposta ricevo un sorriso angelico. -non vorrei che
tua cugina non mi voglia al suo matrimonio. Insomma, sei tu ad invitarmi, non
lei!- inoltre è parecchi anni che non partecipo ad un matrimonio…
-mi ha esplicitamente detto che se voglio invitare qualcuno
posso… sai, penso che voglia mettermi al tavolo con alcuni parenti del suo
futuro marito… se vieni ci metterà molto probabilmente assieme a mio fratello o
a mia madre, oppure a mio padre… insomma, persone che conosco!- lo guardo
accigliata
-mi stai invitando per assicurarti i posti che preferisci?-
mi offende un po’ questo pensiero. Tk si agita e vedo subito dal suo viso che è
dispiaciuto dai miei sospetti
-no no, davvero, ti giuro che non mi interessa dove mi
mettono- abbassa leggermente la voce, come se non volesse che lo sentissi,
malgrado stia parlando con me -se ci sei anche tu- alla luce lieve dei lampioni
vedo che è arrossito. Mi affretto a toglierlo dall’imbarazzo
-a patto di ballare, la sera- riesco perfettamente nel mio
tentativo; ora non è più imbarazzato, direi più interdetto
-con me?- lo liquido con
un gesto della mano
-non c’è bisogno che prendi lezioni apposta. A me basta
ballare, con chi non mi interessa- sospira, più tranquillo
-non ho detto che non so ballare, semplicemente non è la mia
passione. Comunque mio padre ne sarà ben lieto: è un ballerino provetto e
appassionato- sorrido e riprendiamo il cammino
-ah, e in più passi a prendermi tu!- logicamente non è una
domanda: è una pretesa.
-se vieni a stare da me non ce n’è bisogno!- lo guardo
esasperata. Sta sorridendo soddisfatto
-sei un tormento. Ti ho detto…-
-so cosa hai detto. La mia era solo una precisazione- sbuffo
e accelero il passo avvicinandomi alla mia macchina. Saliamo e prima di
accendere l’auto lo guardo al buio, seria.
-sei pronto per domenica?- penso mi stia guardando, ma non
ne sono sicura. Passano un paio di secondi prima che mi risponda
-il problema non è domani, ma i prossimi giorni in cui mio
padre mi farà pesare in ogni maniera di non essere stato da lui a cena-
all’inizio ero preoccupata che accennando alla giornata che gli si sarebbe
presentata l’indomani mi avrebbe zittita dicendomi che non erano affari miei.
Nei giorni scorsi ho pensato molto alla situazione dei genitori di Tk, e mi ero
convinta che non me ne avrebbe mai più parlato, invece…
-hai provato a chiarirgli la situazione tua e di tuo
fratello?- sto guidando piano, nella notte.
-credi forse che non se la immagini da solo?- lo sento
sospirare accanto a me -non voglio disegnarlo come un mostro, perché anche
mamma ogni tanto ci fa di questi scherzi, ma più che spiegare loro che noi non
possiamo fare da pacieri, cosa vuoi fare? L’unico è scegliere da che parte
stare, di volta in volta, semplicemente decidendo chi dei due abbia ragione in
quel caso o nell’altro- ci penso un po’ su, poi decido di chiudere lì il
discorso
-mi spiace di aver tirato fuori il discorso. Non volevo
renderti triste- Tk ride allegro accanto a me, come se avessi detto una buffa
barzelletta
-tranquilla, non mi hai rattristato!- sorrido lieta
-mi sono divertita. Ah, a proposito- accosto accanto al
marciapiede -grazie per avermi offerto gli snack!- sorrido, ironica. Mi squadra
male, prima di scendere.
-me lo ricorderò!- mi punta contro un dito, ma poi sorride e
chiude la portiera, poi mi saluta con la mano. Riparto e mi invio verso casa.
Solo il giorno dopo mi rendo conto che ho passato tutto il tragitto verso casa
e successivamente finche non ho chiuso gli occhi pensando incessantemente e
solo ad un ragazzo biondo e con degli occhi di ghiaccio, che molto
probabilmente mi hanno stregato.
Hallo
Tutto bene? Come vi è sembrato questo capitolo? Sono
riuscita a contenermi nella lunghezza, ma sono comunque contenta. Voi che ne
dite? Ho messo il film “Le Belve” perche è il primo che mi sia venuto in mente,
non per altri motivi; non l’ho visto, anche se mi piacerebbe, e non ho mai
letto neppure delle recensioni. Per la questione del luna Park volevo
sottolineare che le opinioni espresse dalla protagonista contrastano nettamente
dalle mie. E per la cronaca, nella descrizione del gioco adrenalinico mi sono
ispirata al “Blu Tornado” che si trova a “Gardaland” e che ho trovato
stupefacente! Nota curiosa: a settembre dell’anno scorso sono andata proprio a
Gardaland con tre miei amici. Quello che guidava parcheggiò la sua Mini blu e
scendemmo tutti tranquillamente. Ecco, per chiunque sia stato a Gardaland può
confermare che i parcheggio (anche se a dire la verità si può parlare di
parcheggi; al plurale) è a dir poco immenso. E difatti all’ora di chiusura
secondo voi casa può essere successo? Immaginatevi solo quattro idioti che
girano per tutti i parcheggi cercando si ricordare di che materiale era fatto
il pavimento dove avevamo parcheggiato (asfalto? Erba? O c’era forse la rete
verde?). 10 minuti a girare guardandoci in giro per ritrovare la macchina!
Sappiate solo che avevamo preso in considerazione l’idea di aspettare che TUTTI
se ne andassero così da avere i parcheggi mezzo liberi e trovare più facilmente
la macchina. Poveri noi! Comunque sono davvero curiosa di avere qualche vostra
opinione. Vi saluto con affetto.
Mami
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Capitolo 7 *** VII-Un pomeriggio di dolcezza ***
f
Mi alzo di corsa dal letto per precipitarmi a rispondere al
telefono.
-pronto?- ho la voce ancora impastata dal sonno.
-Complimenti! Il suo numero è stato scelto fra molti, e ha
vinto una vacanza premio. Prema uno per ulteriori informazioni, oppure prema…-
riattacco, scocciata. È mai possibile ricevere una telefonata preregistrata
alle otto di mattina? Mugugno irritata e afferro il cellulare. Digito
velocemente le parole sullo schermo: . Mittente: il solito.
Appoggio il cellulare sulla mensola e mi dirigo in bagno per lavarmi il viso.
Quando torno il segnale luminoso sullo schermo mi indica che ho ricevuto un sms
di risposta.
Sorrido, pensando mentalmente a tutto quello che devo
preparare. comincio a
prepararmi la colazione quando ricevo uno squillo: segno di conferma da parte
di Tk. Finiti i cereali con il latte lavo la tazza, mi vesto e preparo dei
panini imbottiti. Metto due bottigliette d’acqua nel cestino, afferro una
manciata di tovaglioli e infine avvolgo i panini nella pellicola, prima di
riporre anche quelli. Guardo l’ora: è ancora presto. Prendo l’occorrente per il
picnic improvvisato e le chiavi della macchina. Guido sovrappensiero fino al
parcheggio dell’ospizio:ormai so la strada a memoria. Passo a salutare con
calma tutti i miei anziani e chiacchiero un po’ con qualche infermiera. Verso
le nove e mezza riparto alla volta del parcheggio, ma sfortunatamente è
comunque presto: ci ho messo solo dieci minuti ad arrivare fin qui. Ne
approfitto e scendo dalla macchina, lasciando la portiera aperta, e mi appoggio
al cofano, godendomi il sole mattutino. Non so perché non riesco a fare a meno
di controllare ogni macchina che sento avvicinarsi. Basta! Ora la smetto!
Quando arriva, arriva. non c’è bisogno di essere così in ansia… sento altre
ruote sullo sterrato e, malgrado i miei freschi propositi, mi volto a guardare
la macchina in arrivo. Con mia grande sorpresa (sono solo le nove e quarantacinque!)
noto che questa volta è davvero lui. Mi affretto a prendere il cestino e a
chiudere la macchina. Lo guardo in attesa, accanto alla mia macchina.
Nonostante ci siano un paio di posti vuoti vicino a dove ho parcheggiato io,
sosta una quindicina di macchine di distanza da me. Perché? Scosso la testa.
Importa? Sarà ben libero di mettere l’auto dove vuole, no? Kari, sarà meglio
che tu ti dia una regolata! Appena chiude la macchina gli rivolgo la parola,
sperando che il mio tono di voce non sia strano: “sei in anticipo!” butto lì.
Mi sembra serio, ma sarà un’altra mia stana idea
“è un problema?” Acido! Non mi guarda neppure negli occhi
mentre mi parla. Rimango spiazzata dal suo tono, ma cerco di riprendermi, e mi
avvicino, visto che non sembra intenzionato a muoversi da dove è.
“tutto bene?” cerco di capire se stia bene, ma non voglio
sembrare ossessiva
“allora dove vuoi andare?” sbrigativo e distaccato. C’è
qualcosa che non va, decisamente. Cerco di non farlo innervosire ulteriormente.
“dobbiamo camminare un po’. Spero che non ti dispiaccia.
Però” mi affretto a precisare “ti assicuro che il posto merita la camminata”
sorrido, cercando di tranquillizzarlo, ma con scarso effetto. Si gira verso il
sentiero, senza aspettarmi
“allora andiamo!” rimango spiazzata da tanta freddezza, ma
mi affretto a seguirlo. Lo affianco quasi subito, anche se sembra non essersene
accorto: lo sguardo è fisso lontano, certamente per farmi intendere che non è
intenzionato ad iniziare un discorso, e quantomeno torvo. Camminiamo così per
qualche minuto, mentre io cerco qualche argomento con cui metterlo a suo agio.
Purtroppo il primo pensiero che mi è venuto non appena l’ho visto è andato al
compleanno di sua madre che si è tenuto due giorni prima, e non riesco a
togliermi dalla testa che sia quello il problema di tale malumore di Tk. Il
problema è che non so come affrontarlo, e ho paura di sembrare un impicciona,
ma d’altronde non possiamo continuare così per tutta la giornata. Inspiro
profondamente, raccogliendo tutto il coraggio che ho
“allora come è andato ieri l’altro il compleanno?” mi
aspettavo un secondo di pausa in cui avrebbe pensato come rispondermi, ma oggi
sembra intento a sorprendermi come non mai
“bene” è la sua fulminea risposta. Tentenno un attimo,
pensando a come farlo sfogare
“quindi non ci sono stati problemi?” mi sento in enorme
imbarazzo. Aiuto!
“no” finalmente da quando è arrivato mi guarda per la prima
volta, ma non appena il suo sguardo incontra il mio vedo che è… sfuggente.
Torna subito a guardare davanti a se. Ok. Allora il problema non è quello. Ora
come faccio? Mi scervello in cerca di una soluzione. Potrei provare a
distrarlo.
“vedrai che ti piacerà il posto dove ti voglio portare. A me
ha sempre fatto uno strano effetto trovarmi lì, ma è da togliere il fiato.
Quando voglio rilassarmi è il massimo, e anche a mia madre fa lo stesso
effetto” magari distogliendo l’attenzione da lui lo metto più a suo agio.
“mh” Speranza vana. Un mugugno come risposta non è un buon
segno. Proseguiamo per altri cinque minuti in silenzio, finché non ho un idea:
un argomento che non riguardi nessuno dei due! Ecco cosa potrebbe indurlo a
parlare!
“hai sentito della fabbrica di Costruzioni Edili? Vogliono
lasciare a casa cento operai” incrocio mentalmente le dita, in attesa di una
sua reazione, che non tarda ad arrivare
“Capita!”. Grr, che rabbia! Ok, ora ho esaurito ogni idea,
non so più che pesci pigliare. Se ha intenzione di continuare così per tutto il
giorno, perfetto! Ma è bene che sappia che avrà pane per i suoi denti! Accelero
il passo stizzita e non mi curo della reazione che causo a quell’essere
antisociale che ho avuta la premura di invitare.
“bene! Che bella giornata che mi si presenta. Perfetta. Ho
avuto davvero un’ottima idea!” continuo a borbottare fra me e me schivando i
passanti più lenti. Mi sento tirare indietro da una mano che mi stringe la
spalla. Arretro sbigottita, non immaginando chi possa essere. Poi capisco al
volo. Non appena riprendo il suo passo mi lascia andare, ma continua a guardare
davanti
“hai fretta?” il suo tono apatico mi fa infuriare ancora di
più, e mi esce uno strano verso dalla gola, come se una leonessa stesse
ruggendo per difendere i suoi cuccioli ma allo stesso tempo si stesse
strozzando. Alzo gli occhi al cielo e riprendo il mio passo accelerato. “ma che hai?” finalmente un po’ di interessamento!
Mi fermo di botto e lo raggiungo in quattro falcate. Mi piazzo davanti a lui e,
malgrado i centimetri che mi mancano a raggiungerlo in altezza, lo guardo negli
occhi. Devo avere proprio un’aria infuriata, perché lui è sbigottito.
“che cosa ho? Dimmelo tu! Ti sei alzato con la luna storta
oppure è stata una brutta alzataccia? Non ti ho obbligato a venire con me, se
non vuoi proseguire tornatene pure a casa, a me non importa,sai?” cerco di
mantenere un tono abbastanza basso, ma le persone che ci passano accanto ci
guardano con tanto d’occhi. Cerco di ignorarli. Nel frattempo le mie parole
devono aver fatto breccia nella testa di Tk, perché ora mi guarda come se gli
avessi svelato che Babbo Natale non esiste. Il silenzio che ora c’è fra noi
comincia a preoccuparmi: ha forse qualche problema di testa questo ragazzo? Poi
finalmente sbatte le palpebre ed è come se tornasse a vedere cosa c’è davanti a
lui: io, probabilmente con la faccia ancora infuriata. Mi mette a fuoco e tutto
ciò che riesce a dire è “Oh!”. Perfetto, si è pure rincitrullito del tutto!
Giro i tacchi e mi allontano, ma ancora una volta sento qualcuno che mi
rallenta. La sua presa questa volta è meno irruenta, e mi lascia andare dopo
poco, così sono io a decidere di rallentare. “ti ho detto che se vuoi puoi
andartene!” ribadisco sicura di me. spero vivamente che non segua il mio
invito, ma d'altronde cosa potevo fare: continuare a sopportarlo in silenzio?
“io non voglio andarmene!” il suo tono, appena udibile, è
triste. Mi concedo un occhiata per guardarlo,e incrocio il suo sguardo, al
quale sfuggo il più velocemente possibile.
“ah davvero? Non sembrava!” speriamo di essere riuscita a
scuoterlo un po’.
“mi spiace!” Alleluia! Finalmente lo sento pronunciare le
fatidiche parole. Aspetto qualche secondo che continui il discorso, ma non
sembra intenzionato
“per cosa, per esserti comportato da stronzo?” non riesco a
cancellare l’irritazione che mi ha invaso poco fa, ma credo di meritare una
valvola di sfogo anch’io.
“non volevo essere maleducato con te” mi guarda negli occhi,
finalmente “sei l’ultima persona con cui me la dovrei prendere” la dolcezza del
suo sguardo mi fa evaporare tutta l’ira che avevo, e ora rimane solo della
curiosità; e della tenerezza. Accenno appena un sorriso e abbasso gli occhi.
Camminiamo vicini e in silenzio per poco tempo.
“all’inizio credevo che fosse successo qualcosa al
compleanno di tua madre”. Sorride compiaciuto e nega con la testa, prima di
tornare a posare il suo sguardo su di me.
“no, è andato tutto bene. Grazie comunque per l’interessamento”
sembra che voglia chiudere il discorso, ma la curiosità è un gioco spinoso
“quindi cosa è stato il fenomeno scatenante?” noto le sue
mani stringersi a pugni, ma il viso non tradisce nessun turbamento.
“i miei amici!” la mia mente, ancora attenta a quel piccolo
particolare che indica rabbia, elabora una teoria dietro l’altra, ma decido che
non mi importa sapere. Allungo la mano a prendergli la sua, ancora chiusa. Al
mio contatto, con la coda dell’occhio, vedo che torna a guardarmi,
probabilmente sorpreso, poi rilassa la mano e mi sfiora la mia, prima di
allungarsi a portarmi via il cestino che tengo in mano. “è da maleducati stare
a mani vuote mentre tu porti qualcosa di cui beneficerò anch’io!” sorride
solare. Provo a controbattere, ma sono zittita dal suo braccio che passa sulla
mia spalla e mi avvicina a lui. Resto muta per un po’, cercando di riprendere
il filo del discorso, ma con pochi risultati. “mi dicevi che dove stiamo
andando è un posto molto bello vero? Cosa c’è?” cerco di ragionare su dove
stiamo andando e cosa troveremo una volta arrivati, ma mi riesce alquanto
difficile. Poi più lentamente del solito, riesco a riprendere lucidità e a
rispondere alla domanda.
“dei campi, un bosco e… uhm… ah già, un lago spettacolare”
credo che anche Tk si sia accorto della strana voce con cui ho parlato, ma in
questo caso non mi fa notare nulla. “non ci sei mai stato qui?” cerco di farlo
parlare. Fosse per me, starei zitta cercando chissà quale scusa per dover
continuare a camminare così per ancora molto tempo. La sua vicinanza mi
tranquillizza, e questo mi allarma un po’.
“no. Non sono solito girare per la città in cerca di luoghi
verdi e non inquinati” dal tono di voce sembra divertito. Alzo lo sguardo per
accertarmene. Torno a guardare la strada. Abbiamo già percorso più della metà
del tragitto, e questo mi rende triste. “oggi è una bella giornata, e fa caldo.
Ti consiglio di stare attenta, perché se mai mi venisse un momento di ilarità
potrei buttarti nel lago!” ci penso un po’ su prima di alzare lo sguardo per
ribattere
“non me ne preoccupo. Se veramente tu avessi avuto
intenzione di farlo, non me lo avresti detto. Perché togliere l’effetto
sorpresa?” sono soddisfatta del mio ragionamento, e sfoggio un sorriso
smagliante.
“touchè!” ridiamo di gusto entrambi.
“dai, raccontami cosa avete fatto l’altro ieri” provo a
buttare lì un argomento. Percorriamo il resto del tragitto così, con Tk che mi
narra cosa è successo, per filo e per segno, durante il compleanno di sua madre
e io che lo ascolto divertita. Grazie al cielo non ci sono stati problemi, e la
giornata è proseguita tranquilla.
“tu invece cosa hai fatto?” e proprio in quel momento ci
troviamo nel campo principale. È leggermente in pendenza, alla nostra destra
c’è il lago di cui avevo accennato e a sinistra, in alto, un boschetto mezzo
diradato a causa degli innumerevoli sentieri che portano ad altrettanti prati
illuminati dal sole. Mi fermo estasiata a guardare le persone stese sulle
coperte mentre leggono, dormono o parlano, altri che girano per il bosco e
bimbi che giocano. Mi volto per guardare la reazione che ha Tk, e ne rimango
stupita: estremamente serio, fissa il paesaggio con un’aria assorta. Gli
strattono la manica (mi aveva tolto il braccio d’intorno alle spalle a metà del
suo racconto sul compleanno) per riportarlo al presente, e mi guarda sbalordito
“ti piace?” l’ansia nella mia voce è appena udibile, ma io
so che c’è
“è... incredibile!” mi rilasso, tirando un sospiro di
sollievo
“mi fa piacere. Credevo non avresti apprezzato. Avevi una
faccia…” si mette a ridere
“è che ne sono rimasto davvero colpito, tutto qui” torna a
guardarmi, e nel suo sguardo riesco a leggere tutta la sincerità. Ne rimango
ipnotizzata. Mi riprendo non appena si muove, per avvicinarsi al centro del prato.
Tutto intorno al lago c’è erba e vitalità.
“allora? Cosa hai fatto ieri?” tenta di riprendere il
discorso. Ci penso un po’ su poi ricordo un fatto importante
“nulla di particolare. Però mi è rimasta una maniglia in
mano!” cerco subito il suo sguardo, curiosa di vedere come reagisce a una cosa
tanto strana, e, come mi immaginavo, è interdetto.
“ti è rimasta una maniglia in mano?” molto probabilmente si
sta chiedendo perché ho deciso di dargli questa informazione.
“già! E visto che ero esasperata ho deciso di lasciare un
messaggio sulla segreteria del mio padrone di casa per potergli parlare il
prima possibile” mi sto divertendo un mondo a vedere le sue espressioni non
capendo dove voglio andare a parare!
“ah! E di cosa vorresti parlargli?” i suoi occhi,
inizialmente solo curiosi, reagiscono immediatamente alla mia espressione
guardinga, e si illumina all’istante. “no! No ci credo. Non dirmi che vuoi
venire a stare a casa mia!” la sua felicità mi contagia, ma cerco di mantenere
un certo tono, mostrandomi più contenuta
“se l’offerta è ancora valida…” la mia idea iniziale era
quella di restare sul vago, facendo magari la difficile o la sofisticata, ma
ogni mio tentativo viene vanificato dal suo abbraccio prorompente, che mi
lascia basita.
“ti adoro. Quindi vieni davvero?” non appena mi lascia cerco
di ridarmi contegno, anche se il suo allontanamento mi ha lasciato un vuoto fra
le braccia. Che mi sta prendendo oggi?
“bhe, l’idea sarebbe quella” riprendiamo la passeggiata
tranquilli, ma più vicini di prima
“e l’hai già detto a tuo fratello?” ecco la domanda fatidica
che mi aspettavo. Abbasso lo sguardo, un po’ dispiaciuta. Ma ho un fratello
testardo, e dovrò imparare a conviverci, ora più che mai.
“si” riesco solo a dire.
“e come ha reagito?” continuo a non guardarlo
“come immaginavo: all’inizio era incredulo e pensava che gli
volessi fare uno scherzo di cattivo gusto, poi ha capito che dicevo la verità e
si è fatto più serio. Ha provato a convincermi in ogni modo, mi ha snocciolato
altre offerte o idee, ma alla fine è stato costretto a rinunciare e ad
accettare l’idea. Per quanto gli è possibile” non mi piace parlare di questo
argomento: perché Tai non può essere semplicemente contento per me? in fondo
vado a stare con un amico, e le spese saranno più che dimezzate. All’improvviso
non sento più Tk camminarmi accanto, ma non ho neppure il tempo di controllare
che mi sento afferrare per un braccio. Mi fa voltare verso di se, più vicino
che mai, e mi costringe ad alzare la testa, puntandomi un dito sotto il mento. Resto
a guardarlo sbalordita per qualche secondo. Lui sostiene il mio sguardo, più
serio che mai.
“non sei costretta ad andare contro tuo fratello per far
contento me, sai?” cerco di negare con la testa, ma la sua mano mi impedisce
ogni movimento. Cerco di prendere fiato, lentamente
“no, non lo faccio per far contento te. E poi è Tai che deve
capire la situazione. Non voglio litigare con lui, è solo che…” la pressione
del dito contro il mio mento diminuisce e mi permette di tornare ad abbassare
gli occhi, ma la vicinanza rimane “mi rattrista vedere una persona a cui voglio
così tanto bene che fa di tutto per ostacolare una cosa che mi rende felice.”
Torno a guardarlo, cercando di apparire felice “tutto qui”. Lo stesso dito che
fino a poco fa era sotto la mia gola, ora mi accarezza delicato una guancia. Mi
sorride di rimando, prima di lasciarmi andare.
“allora vuoi mangiare? La passeggiata mi ha messo un certo
appetito!” lieta che stia cercando di togliermi dall’imbarazzo, decidiamo dove
sederci e tiriamo fuori tutto quello che c’è dentro al cestino. Addentiamo i
panini e mastichiamo in religioso silenzio per due minuti buoni, finché non mi
balena una domanda in testa
“come mai hai deciso di fare questo lavoro?” la mia
curiosità lo coglie di sorpresa. “insomma, non è una scelta tanto comune”. Lo
guardo pensare a come rispondermi mentre finisce di masticare un boccone. Fa
schioccare la lingua, guardando chissà quale punto al di sopra degli alberi
“attira le donne!” torna a guardarmi per sondare la mia espressione,
e rimango a bocca aperta.
“stai scherzando?” capisco che si aspettava proprio questa
reazione da me.
“no, dico sul serio.” Continuo a guardarlo seria, finché non
si decide a spiegarmi, ma non prima di aver fatto una breve risata secca. “tu
mi hai chiesto cosa mi ha fatto scegliere questo lavoro, non quello che
continua a farmelo fare, e io ti ho risposto dicendoti la verità! Quando mi
sono trovato a scegliere quale scuola fare, ho ben pensato che se fossi
diventato un critico o qualcosa del genere, avrei avuto una miriade di donne ai
miei piedi.” Torno a masticare il mio panino, guardandolo curiosa e decidendo
se tutto ciò che mi sta raccontando sia vero o meno. Tk torna a posare lo
sguardo su di me. “sai, come tu mi hai già fatto notare, sono il tipo di
ragazzo da sposare; che fa la spesa, tiene in ordine la casa e tutto il resto,
e a quei tempi ero seriamente convinto che sapermi destreggiare in cucina mi avrebbe
portato non poca popolarità.” Sorride, chiudendo il discorso, felice che io sia
rimasta così sconcertata.
“ed è successo così? Ciò che credevi si è realizzato?”
dentro di me cerco di sotterrare l’ansia che mi sale al petto
“certo!” Sta sprizzando fierezza da tutti i pori!
Incredibile. “sapevo quel che facevo, che credi!” scosso la testa, stupita.
Apro la bottiglietta dell’acqua e ne mando giù un sorso, poi mi stendo
sull’erba appoggiandomi su un braccio, continuando a guardarlo
“devi essere sempre stato abituato ad avere la fila di
ragazze che ti corteggiavano, immagino!” ben lieta che nessuna fitta di gelosia
mi stia assalendo, mi accorgo che però mi sento strana, come in ansia.
“si, per un certo periodo si” cerca il miei occhi per vedere
la mia reazione, lo capisco dallo sguardo attento che mi rivolge, così cerco in
ogni modo di controllarmi.
“e poi, che è successo?” e con queste mie precise parole
distoglie lo sguardo improvvisamente offuscato. Aguzzo la vista, come per
leggergli nel pensiero.
“poi mi sono innamorato” la sua voce mi giunge più leggera,
come se stesse cercando di non farsi sentire. Un colpo sordo mi colpisce la
schiena, e per mascherarlo mi muovo, tornando a sedermi. Respiro con lentezza,
cercando di ordinare i miei pensieri, poi torno a dargli tutta la mia
attenzione. Sembra non essersi accorto del mio tentennamento, perché resta
fermo a fissare l’erba. Non so cosa fare, lo devo incoraggiare a parlare o è
meglio lasciar cadere il discorso? È lui a rompere il silenzio, evitandomi la
scelta.
“malgrado sia stata la cosa che mi ha cambiato radicalmente,
è stata anche una brutta botta da sopportare. Se tornassi indietro non so se
rifarei tutto ciò che ho fatto in passato.” Tk sposta lo sguardo sull’acqua che
riflette la luce del sole; è come se non fosse qui, se fosse tornato davvero a
quei momenti. “ero un ragazzo che voleva soltanto divertirsi e sfruttare ogni
secondo a mia disposizione, e il fatto di avere tante ragazze mi rendeva
gasato; era l’argomento di sfida preferito con i miei amici” mi rivolge uno
sguardo, cerca di sorridermi, ma negli occhi non c’è divertimento. “-sono
andato con Milly! -cosa vuoi che sia, io ci sono stato tre settimane fa!” poi
torna a guardare altrove. Mi sento quasi nauseata: sento che non uscirà nulla
di buono da questo racconto. “poi conobbi una ragazza, una nuova arrivata. Si
chiamava Ginny, e fu l’unica ragazza di cui si era innamorato Shib.” Tornando
al presente mi guarda con una punto di orgoglio, ma sempre mal celando la
malinconia che gli si è dipinta sul viso “Shibuto era il mio migliore amico.”
Come uno schiaffo vengo colpita dal verbo al passato che ha utilizzato Tk. “era
completamente cotto, ma Ginny non sembrava accorgersi di nessuno. Era molto
riservata e avvicinarsi a lei era praticamente impossibile: il suo tragitto a
scuola variava dalla classe al bagno, e una volta fuori saliva direttamente
sulla macchina dei suoi. A me non interessava un granché, soprattutto perche
avevo altre cose per la testa, ma soprattutto altre ragazze. Ma a dirti la
verità non volevo ammettere che ero quasi infastidito dall’unica ragazza che
non aveva espresso alcun interessamento nei miei confronti.” Riscuotendosi mi
rivolge un occhiata dispiaciuta, come se volesse scusarsi “ti ho detto che sono
cambiato parecchio!” gli rivolgo un sorriso per incoraggiarlo a continuare e
provo a mandare giù il groppo che ho in gola. Tutto d’un tratto mi ritrovo con
la gola secca. “un giorno, non so come, a pranzo Shib accompagna al nostro
tavolo Ginny. Non chiedermi come abbia fatto a convincerla, questo resterà per
sempre un mistero, per me. pian pianino siamo riusciti a farla ben integrare
nel nostro gruppetto di idioti patentati, e col tempo ha cominciato a
dimostrare un certo interessamento al sottoscritto. Io come al solito ne ero
ben lieto, ma quella fu l’unica volta in cui non ne gongolai con nessuno: avevo
troppa paura di ferire il mio amico. Poi successo un grandissimo casino.” Un
brivido mi percorse completamente il corpo. Mi sembra sciocco, visto il sole
cocente che ci sta inondando. “una sera quell’idiota di Shib decise di
confessare a Ginny il suo amore, e come se non bastasse ha tentato di baciarla.
Lei lo ha respinto in malo modo ed è venuta a cercare me, in modo che potessi
confortarla. Si sentiva infinitamente in colpa per averlo fatto soffrire, e mi
ripromise che dal giorno seguente non avrebbe più fatto parte del nostro gruppo
per non far stare male Shib. Io a quelle parole mi allarmai. Non l’avrei mai ammesso
in quel momento, ma la sua continua vicinanza mi aveva provocato un fortissimo
attaccamento nei suoi confronti, e quel giorno, ripensandoci col senno del poi,
ne ero già innamorato. Anch’io!” l’enfasi che accompagna l’ultima parola mi fa
intuire l’enorme dispiacere che porta con se. “cercai di dissuaderla in ogni
modo, ma quando capii che non ci sarebbe stata parola che l’avrebbe convinta,
decisi di fare l’unico gesto che l’avrebbe legata inevitabilmente a restare.”
Mi guarda dritto in faccia, serio, e dall’espressione capisco che non mi dirà
di quel gesto, perché già sappiamo entrambi che senza bisogno di parole ha già
spiegato tutto. “quella notte non chiusi occhio. Lo shock maggiore non fu tanto
la reazione di Ginny, la quale mi confessò che aveva respinto Shib perché era
innamorata di me, quanto la repulsione che provavo per me stesso al pensiero
del mio migliore amico. Sapevo come avrebbe reagito, ma ero pronto a
raccontargli tutto. La mattina dopo Ginny mi aspettava sotto casa e, preso
dall’euforia, dimentico di quel che dovevo dire al Shib, ci dirigemmo verso
scuola mano nella mano. Ma all’entrata c’era proprio lui che mia spettava, e
senza bisogno che gli spiegassi nulla mi ha girato le spalle e se ne è andato.
In seguito cercai di parlare con lui varie volte, ma con scarsissimi risultati.
Alla fine lo costrinsi praticamente ad ascoltarmi, ma finimmo con il litigare
di brutto.” Soffermando il suo sguardo sulle mie mani strette, leggevo in lui
un rimostro enorme. Avevo voglia di consolarlo, o almeno di sfiorarlo, ma il
terrore che smettesse di raccontare mi bloccava dove ero. “mi convinsi che
forse non avevo perso nulla, perché se un amico non è felice per la tua
felicità, non è un vero amico, ma in quel periodo volevo solo mostrarmi forte.
Mi mancava enormemente Shib, e ogni giorno vivevo con il rimorso per ciò che
gli avevo fatto, ma Ginny riusciva sempre a mettermi a mio agio, così mi
sentivo meglio. almeno finché non appoggiavo la testa sul cuscino. Poi un
giorno mi cadde anche l’ultima certezza rimasta: tornando a casa decisi di
deviare il mio percorso e passai dal parco comunale, passando per il
sottopassaggio. All’altro capo vidi due ragazzi avvinghiati, ma fui solo capace
di sorriderne, lieto che anche qualcun altro si comportava come me e Ginny”una
luce gli balugina negli occhi che torna a posare su di me. ora non prova
neppure a mostrarsi felice. Un peso enorme mi opprime il petto, ed ho
seriamente paura di scoppiare a piangere. “credevo che ci amavamo. Ma quando fui
loro più vicino scoprì che l’amica d’infanzia di Ginny era solo una copertura
per incontrare un altro ragazzo. O altri, chi lo sa. Così in breve tempo mi
ritrovai senza il mio migliore amico e senza la mia ragazza. Cambiato, certo,
ma ho pagato un duro prezzo. A volte credo che sia stata la giusta punizione
per come mi sono comportato con Shib” tornato al presente, Tk conclude il
racconto con un sorriso mesto. Io rimango immobile, con una mano a stringere
l’altra in maniera convulsa , mille pensieri in testa e il mio sguardo che
evita accuratamente di incrociare quello di Tk. Sento una mano calda
appoggiarsi alle mie e alzo improvvisamente gli occhi. Non è giusto che sia lui
a dovermi consolare. Perché non ci sono io in quel ruolo? Allunga l’altra mano
per poggiarmela sul viso e con il pollice mi asciuga la lacrima che mi è
sfuggita. Quel gesto mi fa rinsavire e mi scuoto dal torpore. Sciolgo la presa
delle mie mani che vanno a prendere la sua e finalmente incrocio i suoi occhi
di ghiaccio.
“scusami. Non dovrei reagire così.” Sorride e nega con il
capo
“tranquilla. Non volevo farti piangere. Mi spiace.”
Assottiglio lo sguardo e mi avvicino un po’, poi inaspettatamente per entrambi
lo stringo a me, facendo si che appoggi la testa su di me, ma la posizione
scomoda in cui mi trovo mi costringe a sdraiarmi, portandolo giù con me. così
ci troviamo stesi, la sua testa sulla mia pancia, il mio braccio ad
accarezzargli i capelli e l’altra mano a stringere la sua, appoggiata al mio
fianco. “non cercherò scuse per difendermi, perché non ne ho, sinceramente”
“neanche io voglio trovarne, ma penso che tutti sbaglino
nella propria vita. È per questo che nasciamo piccoli: per imparare a crescere.
Tu hai commesso un errore enorme, ma hai comunque saputo prenderti le tue
responsabilità e non hai cercato di fuggire dalle conseguenze che ciò ha
portato. Tu stesso hai detto di essere cambiato, ciò vuol dire che sei
maturato, grazie a questa esperienza. Sei un uomo, non puoi flagellarti per i
tuoi errori. La vita va avanti, e magari con qualcosa che succederà in futuro
riuscirai a riscattarti per quel che è successo. Nessuno ti vuole condannare.”
Le mie stesse parole mi stupiscono: da quando in qua sono così saggia? Tk alza
la testa per guardarmi, incuriosito, e il mio sguardo di risposta lo
tranquillizza: non sono stata posseduta da chissà quale spirito.
“grazie. È una bella cosa quella che hai detto. Penso che
non la scorderò tanto facilmente” arrossisco per il complimento e nel frattempo
ringrazio il cielo che lui non possa vedere il mio imbarazzo. Gli faccio capire
che accetto i suoi ringraziamenti con un buffetto sulla testa. Chiudo gli
occhi, lasciandomi inondare dal sole e dalla sensazione che la sua vicinanza mi
provoca.
“davvero, non volevo farti piangere. Appena ti ho visto ho
creduto che stessi scherzando. Ma poi guardandoti meglio ho capito che eri
davvero triste” sento aumentare la pressione sul fianco aumentare. Sorrido per
la mai ingenuità
“è solo che sono una stupida sensibile. Mi sono fatta
prendere dalle tue parole e non mi sono accorta delle lacrime. Non è stato
giusto che tu mi abbia consolata dopo quel che mi hai raccontato. Dovevo essere
io quella” la sua risata mi attraversa tutto il corpo, amplificata dal contatto
che c’è
“ma a me non è dispiaciuto consolarti. Odio vederti stare
male, farei qualsiasi cosa per impedire di farti piangere” un cellulare
interrompe il nostro contatto. Tk si alza per estrarlo dai jeans, da un
occhiata al display e si alza per allontanarsi di qualche passo per rispondere.
Io resto pietrificata a terra, con la mano ancora appoggiata sulla mia pancia.
Ho una miriade di pensieri che mi vorticano in testa, e solo quando sento Tk
sedersi nuovamente accanto a me deciso di riprendere il controllo del mio
corpo. Mi giro a pancia in giù, con le gambe in aria, i gomiti puntati a terra
e il mento appoggiato alle mani. “allora quando hai intenzione di cominciare il
trasloco?”
“bhe, direi entro la fine della settimana, se no devo pagare
il mese successivo al mio affittuario” lo sento crepitare di entusiasmo
“perfetto. Tu dimmi il giorno e sarò a casa tua per prendere
gli scatoloni!” ecco il punto dolente.
“veramente c’è Tai che si è già offerto di farlo” scomoda
della posizione in cui mi trovo decido di alzarmi in piedi. Tk sembra non
volermi imitare, così lo intimo a seguirmi con un gesto della mano “andiamo a
fare due passi?” ed eccolo prontamente al mio fianco. Passeggiamo
tranquillamente fra il bosco, i sentieri e un prato e l’altro
“quindi pensi di farcela con un solo viaggio?”
“no, ma a costo di farsi un pieno di benzina, ha detto che
vuole esserci quando mi ‘insedierò’!” lo sento sogghignare accanto a me e lo guardo
con tanto d’occhi
“vuole controllare la tana del lupo?” si giustifica
prontamente. Io sospiro, rassegnata
“già. Credo che abbia paura che tu mi abbia abbindolata con
l’inganno” scuoto la testa incredula che possa soltanto pensare una cosa del
genere.
“scusa se te lo domando, ma di cosa ha paura, esattamente?”
Ah, saperlo!
“non lo so. Penso che ti vede come un pericolo per me. non
chiedermi perché?” mi affretto a precisare, prima che si faccia strane domande.
“e i tuoi cosa ne pensano?”
“non gliene importa molto. Gli ho detto che vado a stare da
un amico, e loro mi hanno detto solo che sono contenti che vado a spendere
meno.” Lo guardo di sfuggita, speranzosa “vale ancora l’offerta per il prezzo,
no?” sorride, come se avessi detto la cosa più sciocca al mondo.
“certo, sta tranquilla.” Decidiamo di incamminarci verso le
auto, ma sento un vuoto che comincia a formarsi all’altezza del petto. Cos’è,
il semplice pensiero mi mette tristezza? Se mi fa questo effetto dopo solo
mezza giornata, quando andremo a vivere sotto lo stesso tetto cosa sentirò
quando usciremo per andare al lavoro? Non so perché, ma mi fa uno strano
effetto pensare a noi due nella stessa casa. È un po’ come dire che andiamo a
convivere come coppia. Cerco di mandare via quei pensieri con un movimento
veloce della testa.
“senti, allora hai pensato se venire al matrimonio?” ripenso
alla conversazione avuta con Yolei ieri sera. Era così euforica all’idea che
cambiavo casa. Ma quando ha saputo che mi aveva invitato al matrimonio di sua
cugina ha letteralmente cominciato a saltare dalla gioia.
“si. L’idea mi piace. Credo proprio che parteciperò. Però ci
sono ancora le miei condizioni, ricordi?” abbassa lo sguardo, fugace,
sfoderando un sorriso
“certo, certo. Ti ho detto che ci sarà mio padre. Se scopre
che sei una ballerina non ti mollerà più per tutta la sera, ti avverto” fremo
d’eccitazione al solo pensiero
“perfetto. Non posso certo lamentarmi.” Cerco il suo
sguardo, finché non lo catturo “e tu? Ballerai?” tentenna, indeciso sul da
farsi
“dipende. Potrei”
“dipende da cosa?” mi avvicino maggiormente, attanagliata
dalla curiosità
“dalle ballerine che ci saranno. Ma non ti aspettare grandi
cose, eh!” radiosa lo assalgo letteralmente, saltandogli quasi addosso
“perfetto. Ti dico subito che non lascerò un attimo di
respiro, ne a te, ne a tuo padre!” la sua risata allegra mi rincuora, come un
balsamo.
“sono curioso” scostandomi da lui per lasciarlo camminare mi
prende la mano “da dove deriva tutto questo amore per la danza? A parte che
quando ti ho portato in discoteca non sembravi troppo entusiasta, ma
soprattutto non ti avrei mai immaginata in mezzo alla pista a scatenarti.
Insomma, attira un po’ l’attenzione, e tu non sei il tipo. Non so se mi spiego”
annuisco, ripensando a quella sera in discoteca.
“all’inizio non credevo che la musica da discoteca mi
piacesse un gran che, ma poi quella sera ho capito che in fondo basta muoversi;
non importa su che ritmo. Però si, hai ragione, neppure io credevo di essere
tipo da ballo. Insomma, la musica mi è sempre piaciuta, ma non l’ho mai pensata
come qualcosa di più rispetto a un semplice intrattenimento.” Rivedo davanti ai
miei occhi le lezioni di ballo che ho preso assieme a mia madre
“riesci a stare al centro dell’attenzione senza problemi?”
sembra sorpreso, ma non posso biasimarlo; anche io ero parecchio scettica al
riguardo, all’inizio.
“si. La passione me l’ha passata mia madre. L’ho sempre
vista muoversi con una grazia incredibile sulle piste che frequentava, ma mi è
sempre bastato guardarla. Poi ho deciso di seguirla a un corso di balli da
sala, e me ne sono innamorata. Quando ti trovi in pista non pensi alle persone
che ti guardano o a chi hai intorno, in testa ci sono solo i passi che devi
fare e la musica. Tu segui il ritmo e basta, il resto lo fa il tuo corpo.” Lo
guardo soddisfatta della mia spiegazione
“hai fatto un corso?”
“si. Facevamo valzer, tango e molti altri. incominciare a
ballare è stato un toccasana per me. ho scoperto molto di me che non avrei mai
pensato.” Lo sguardo interrogativo che mi rivolge mi fa spiegare meglio la
situazione “Sembrerà strano, ma ballare ti apre la mente, e molte cose che non
credevi di poter fare, invece oplà che le esegui alla perfezione” mi fa un
cenno. Ha capito.
“allora sono davvero curioso di vederti in pista”
stranamente non mi sento avvampare, anzi, ne sono quasi orgogliosa.
“com’è tuo padre?” la domanda mi esce senza che io voglia.
Il tempo di pensarla ed eccola già fuori. Lo guardo di sottecchi, sperando si
non aver toccato tasti dolenti, ma la luce nei suoi occhi mi fa immaginare
l’affetto per la figura paterna
“molto, molto estroverso”
“ecco da chi hai preso!” esclamo sorpresa
“si, probabile. Dicono che gli assomiglio molto, ma questo
non so dirti se sia vero. È sempre in movimento e capace di smuovere il mondo,
se vuole.” Si, gli vuole molto bene, si vede
“ha una grande forza di volontà” preciso. Annuisce. Ma
purtroppo parlando del più e del meno rieccoci al parcheggio. Ci avviciniamo
alla mia macchina e mi lascia la mano, ma sembra titubante. Osservo la sua
espressione per qualche secondo, finche non alza la testa. “sai, mi piacerebbe
conoscere i tuoi amici, un giorno” noto un certo irrigidimento alle mie parole,
ma prova a camuffarlo con una risata beffarda
“tranquilla, quando verrai a stare da me li vedrai talmente
spesso che ti stancherai di vedere sempre le loro brutte facce.” Cercando di
ignorare la sua precedente reazione cerco le chiavi dell’auto in borsa, apro la
portiera e mi appoggio a quest’ultima per salutare Tk.
“allora ci sentiamo per il trasloco, ok?” annuisco. Con la
portiera che ci divide, Tk si sporge verso di me, e con mia enorme sorpresa mi
bacia sulla guancia, prima di girarsi e andare alla sua auto. Io resto
letteralmente impietrita, con un’espressione da film dell’orrore sul viso. Lo
sento che mi saluta da lontano, ma forse la risata che segue è solo frutto
della mia immaginazione. Cerco di riprendermi prima di salire in auto, almeno
per evitare di finire contro un acero.
Note dell’autore:
Cosa aggiungere
potrebbe un narratore a quanto già narrato dall’attore, a me non resta altro
che sparire, fare un bell’inchino e poi svanire. […]Finito il mio cammino mi
accascio e vado verso il mio destino, che è quello di chi inizia e già finisce,
sboccia e dopo un attimo appassisce, di chi vive soltanto un paio d’ore,
sperando in un applauso, e dopo muore. [Chiedimi se sono felice]
E con il contributo di un bellissimo film (chiedo scusa per
la leggera modifica che ho dovuto apportare, ma chi conosce per intero la frase
può confermare che Sirano non centra nulla con la nostra storia J) posso salutarvi. In
effetti non ho nulla da aggiungere, tranne che vi aspetto al prossimo capitolo.
Baci Baci
P.S: vi prego di comunicarmi eventuali errori
Mami
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Capitolo 8 *** VIII-La fortuna comincia a girare ***
VIII-La fortuna comincia a girare
Occhi chiusi. Il calore dell’acqua mi invade completamente
il corpo e mi rilassa i muscoli. Ogni mio senso è attivo e ricettivo come non
lo è mai stato a memoria di anni, con l’odore dei sali che mi invade
completamente e mi trasporta da un luogo all’altro, senza una logica. Le bolle
di schiuma mi sfiorano leggere la pelle e la mano che alzo e abbasso
ritmicamente per sentire la loro delicatezza sul mio tocco. Inspiro ancora,
profondamente. Già a suo tempo l’avevo previsto che questa vasca mi avrebbe
incantato, ma mai avrei creduto fino a questo punto. Ormai è una settimana che
mi sono trasferita da Tk, e sin dal primo momento,anzi, proprio dal primo
giorno, dopo ore e ore di sfacchinata a portare su e giù, qua e là pacchi,
scatoloni e roba varia, mi sono eclissata in bagno per quasi un’ora e mezza. Tk
era quasi preoccupato che mi fosse successo qualcosa, ma poi ci si è abituato
in fretta ai miei tempi da vasca. È anche vero che la presenza di una doccia
pratica e veloce , alla quale non avevo prestato minima attenzione per la mia
prima e unica visita, tanto che non sapevo neanche della sua esistenza,
velocizzerebbe un po’ i tempi, ma non è quello che cerco io. Abbiamo deciso che
la stanza accanto a quella di Tk, quella degli ospiti, sarebbe diventata la mia
camera, a seguito anche delle preoccupazioni di mio fratello a riguardo di un
fantomatico ladro o malintenzionato che entrava nella prima stanza che si
trovava di fronte, cioè, guarda caso, proprio la mia. Infatti avevo pensato di
sistemarmi nella stanzetta sulla destra appena all’entrata, ma l’idea è stata
subito eliminata. Pure Tk aveva espresso i suoi dubbi sul farmi dormire così
lontano dalla sua stanza e così vicino all’uscita. Per essere chiari, quando ha
nominato la “scomoda” lontananza tra la mia stanza e la sua si è ben affrettato
a precisare, a seguito dell’occhiata di Tai, che era tutta una questione di
sicurezza, perché così mi avrebbe sentito in caso di aiuto immediato. Mamma
quante ramanzine mi ha fatto prima di venire via. Richiudo gli occhi rivivendo
il momento con un leggero sorriso che mi solca le labbra. Già al mattino presto
mi ero trovata mio fratello di fronte alla porta di casa per aiutarmi con gli
ultimi scatoloni da imballare e il successivo trasporto alla nuova dimora abitativa.
Malgrado sapesse bene che mi creava un gran dispiacere discutere con lui sul
mio trasferimento a casa del mio amico non si è comunque trattenuto
dall’esprimere alcuni suoi pareri negativi sul trasloco e sul mio futuro
coinquilino. Verso le dieci e mezzo, come pattuito, mi ha raggiunto Tk, ma ha
potuto fare ben poco, a parte portare qualche scatola a casa sua, e quando era
nei paraggi restava comunque sotto lo sguardo vigile e indignato di un fratello
troppo protettivo ed esagerato. Finito finalmente di imballare l’ultimissima
roba, verso l’una io e Tai siamo partiti. Destinazione: casa Takaishi, nonché
futura casa Takaishi-Yagami. Arrivati stremati e quasi senza forze Tk ci ha
offerto qualcosa da mangiare che ho ben volentieri accettato, a differenza di quel
zuccone del mio consanguineo(evidentemente convinto di un possibile
avvelenamento). Un’ora dopo sono riuscita finalmente a stare da sola in camera
mia per organizzare un po’ le cose, senza fratelli isterici(ero riuscita a
cacciarlo dopo mille promesse che l’avrei chiamato in caso di qualsiasi minimo
problema. Cercai solo di non buttarlo fuori a calci dopo aver lanciato a Tk uno
sguardo truce alla parola “problema”) o coinquilini ipereccitati.
Affondo ancora di qualche centimetro nell’acqua profumata e mi
lascio andare ad un altro ricordo, un po’ più imbarazzante.
Era il giorno prima del mio trasloco ed ero andata a trovare
Yolei per fare due chiacchiere. Era
andato tutto perfettamente, finche non le venne in mente del lavoraccio
che mi aspettava l’indomani.
“sei agitata?” mi chiese senza alcun preavviso
“per cosa?” la mia confusione la colse in pieno, non
aspettandosela
“per domani?”continuavo a non capire, e lei continuava a
guardarmi eccitata
“e perché mai?” la vidi smontarsi all’istante, delusa
“ma come! Vai a vivere con un ragazzo! Non sei eccitata per
niente?” in quel preciso istante la ritenni completamente pazza
“il fatto eccezionale starebbe nel cambiare casa o nel fatto
che vado a stare sotto lo stesso tetto di un ragazzo?” forse ero io dura di comprendonio,
ma non ci stavo capendo niente
“e che ragazzo, direi!” arrossii visibilmente, ma cercai di
camuffare la cosa guardando fuori dalla finestra. Yolei mi fissò per qualche
secondo prima di esordire “allora come pensi di comportarti?”. Io, sempre imbarazzata
e leggermente bordeaux, cercai di evitare di incontrare il suo sguardo, e dopo
una pausa in cui cercai di riprendere possesso di me, decisi di risponderle
“in che senso? Come sempre, come vuoi che mi comporti?”
evidentemente piena delle sue teorie campate in aria mi guardò con lo sguardo
di chi la sa lunga
“dai Kari, a me non la conti giusta. Cosa è per te Tk?” e
così capì che eravamo tornate su quell’argomento
“te l’ho detto, un carissimo amico. Si può sapere quale
informazione vuoi estrapolarmi?” tentai di mostrarmi indignata, ma con poco
successo, visto il sorriso pieno di sottointesi che mi stava rivolgendo.
“Kari, credo che sia arrivato il momento di chiedertelo” a
quella frasi tremai dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi, temendo
la domanda che avevo già afferrato da un po’ “:ti piace?” appunto! Appoggiando
la testa alle mani cominciai a pensarci su, decidendo se dirle la verità o una
spudorata bugia. Fissavo il tavolo, cercando di concentrarmi scacciando strane
immagini dalla mia testa e fuggendo al suo sguardo assetato di novità. Come
potevo uscirne ora? Sapevo già la risposta, ma da lì all’ammetterlo apertamente
ne passava di acqua sotto i ponti. Certo, era pur sempre la mia migliore amica
e meritava la verità, ma la paura di ammetterlo mi bloccava. Era come se
sapessi che dal momento in cui l’avessi ammesso sarebbe potuto accadere di
tutto, e vista la mia naturale negatività, temevo qualsiasi cosa. Tornai ad
alzare lo sguardo e la faccia di Yolei mi destabilizzò per un attimo, ma
respirando profondamente cercai di mantenere la calma
“si!” la voce strozzata che mi uscì sembrava un lamento, ma
l’urlo di gioia della mia amica la fece passare in secondo piano
“lo sapevo! Ne ero convinta, ma avevo paura che non
l’avresti mai ammesso. E lui? Credi che tu possa piacergli? Io penso proprio di
si, se no non ti avrebbe preso in casa sua, e poi…” la lasciai elucubrare senza
sosta finche non si calmò.
“credo…” la naturalezza con cui mi uscivano e parole mi
lasciava basita “di interessargli, ma non nel modo che spero” speravo che mi
capisse, perché era un punto fondamentale che avrei tanto voluto chiarire.
“forse ha solo bisogno di conoscerti un po’ meglio, e non
sono sicura che tu faccia del tuo meglio per permetterglielo” strabuzzai gli
occhi, incredula
“e che cos’altro dovrei fare? Sa praticamente tutto di me,
ci manca solo che gli comunico ogni minimo pensiero che mi passa per la testa e
siamo a posto” . Yolei sorrise divertita, capendo che avevo pienamente ragione.
“come dice il saggio: chi vivrà, vedrà!”
Sento bussare alla porta. Riemergo un po’ “si?” la sua voce
mi giunge, attutita dalla porta che ci separa, imbarazzata
“non credi che ormai saresti dovuta uscire? Ti ricordo che
fra un quarto d’ora dobbiamo incontrarci…” sbuffo
“so perfettamente quanto tempo mi manca, non c’è bisogno che
me lo ricordi” fra noi cade il silenzio, ma sono sicura che non si è mosso da
lì, infatti dopo poco:
“sei poi sicura di riuscire a prepararti in tempo?” Ah, uomo
di pochissima fiducia, cosa posso fare con te?
“certo che sono sicura. Non ci metto un ora a prepararmi!”
ora sento dei passi allontanarsi e la sua voce provenire lontana
“se lo dici te!” sorrido e mi accingo ad uscire dalla vasca
prima di mettere le pinne come i pesci. Dieci minuti dopo sono in fondo alle
scale asciutta, vestita e pronta.
“allora? Non dovevo essere io quella che avrebbe ritardato?”
urlo rivolta verso i piani alti. Tk esce da camera sua con un involto sotto
braccio
“dovevo solo prendere la giacca!” scosso la testa, aprendo
la porta e aspettandolo all’uscita
“che c’è, ti scoccia non usarmi come scusa per il nostro
ritardo?” lo stuzzico. Lo vedo serio, ma so che ha già la battuta pronta
“a parte che noi non siamo in ritardo, e comunque non trovo
altre motivazioni per cui dovremmo ritardare, a parte te, ovviamente”
“scommetto che se facessimo una gara sarei più veloce io a
prepararmi di te!” butto lì
“sicuramente, ma in tal caso direi che abbiamo trovato
traffico!” lo guardo stizzita e un tantino irritata
“quindi non ammetteresti mai di essere più vanitoso di me!”
sorride, scherzoso
“certo che no. E poi lo saresti anche tu, se avessi un viso
come il mio!” così dicendo gli assesto un bel pugno sul fianco che lo fa
piegare in due, ma almeno ho la mia rivincita.
“di la verità; non ammetteresti mai neppure che ti ho
picchiato, vero?” ancora ansante e con gli occhi lucidi sorride al mio
indirizzo
“ovvio!”. Così ci dirigiamo verso Jumuzi Bar.
“ecco Venere fatta donna accompagnata da Pluto!” esordisce Davis
“Pluto?” domanda Tk scostando la sedia per accomodarsi al
tavolo. Io mi siedo all’unico posto rimasto libero
“si, il dio della ricchezza!” non riesco a capire perché Joe
stia ridendo… e perché poi dovrebbe essere il dio della ricchezza?
L’espressione di Tk non comunica di aver capito molto più che me
“perché della ricchezza? Se esistesse dovrei essere il dio
della bellezza maschile!” modesto come al solito!
“guarda che esiste, ignorante!” puntualizza piccato Cody “e
si chiama Atunis nella mitologia greca, o Adone, se preferisci.” Tk lo guarda scioccato
“ma come fai a sapere tutto,tu?” lo sguardo che si lanciano
e ricco di ostilità fraterna
“allora perché Pluto?” cerco di riprendere il discorso io
“trovami un'altra caratteristica che potrebbe permettergli
di stare con una bellezza come te!” sorride sornione Davis guardando Tk di
sottecchi, mentre io arrossisco visibilmente
“ah, e per puntualizzare, spesso è rappresentato obeso,
bendato, zoppicante e con le ali!” sottolinea Joe
“carino!” bofonchia Tk falsamente offeso
“Oh, ma se preferisci Adone sappi che è il frutto di una
relazione incestuosa fra un re ubriaco e sua figlia!” il mio compare sgrana gli
occhi e cade in un mutismo straordinario
“ok, che ne dite di parlare d’altro, invece di insinuarci
fra dei greci e relazioni…” allo sguardo del biondo seduto accanto a me non
riesco a finire la frase: se la concludessi verrei probabilmente uccisa!
“allora dicci un po’ com’è vivere a stretto contatto con
questo viscido individuo” mi incita Joe. Sorridendo sotto i baffi ammetto
“non male. Cucina sempre lui e mi lascia libera di fare quel
che voglio… è un po’ come stare in albergo!” lo sento ridere sommessamente
accanto a me, ma non riesco a guardarlo
in viso, perché Davis attira la mia attenzione
“ti consiglio di stare attenta, perché se cominci a fidarti
troppo va a finire che ti salterà sulle penne!” sussulto a quest’ultima
affermazione e, imbarazzatissima, abbasso gli occhi, sentendo tutti gli altri
ridere. Cercando di non farmi vedere provo a guardare Tk, e con mio grande
stupore incontro subito il suo sguardo, attento a decifrare ogni mia reazione.
Sembra serio, ma capisco che sta pensando a
qualcosa.
“credo di non correre rischi, mi fido, se no non sarei mai
entrata nella tana del lupo” si sorprendo a confessare. Forse sono i suoi occhi
fissi su di me che mi hanno spinto a parlare. Continuiamo a fissarci per un po’,
Finché non è la frase di Cody a costringermi a guardarlo, interrogativa
“non so se fai bene, Kari. Non so!” i sorrisi che questi tre
scemi si scambiano mi fanno intuire che c’è qualcosa sotto
“cosa intendi dire?” chiedo circospetta, ma le loro risate
continuano, e decido di voltarmi a vedere come ha reagito Tk. Appena i miei
occhi ricadono su di lui ho come l’impressione che stia fulminando i suoi
amici, ma non appena si accorge che lo sto guardando mi sorride complice, come
a consigliarmi di non ascoltarli.
“che ne dite di fare meno gli idioti e di ordinare qualcosa
da mangiare? Io sarò il dio della ricchezza, ma voi non siete di certo gli dei
della gentilezza, visto che state mettendo in imbarazzo una povera ragazza
seduta al vostro stesso tavolo!” a quelle parole un po’ di serietà ridiscende
fra di noi, e non posso fare a meno di rivolgere uno sguardo di gratitudine al
mio compare che ha saputo calmare le acque fra questi spostati. Mentre che
aspettiamo i piatti che abbiamo ordinato non posso fare a meno di ripensare
all’ammonimento di Tk; mentre parlava ai suoi amici sembrava ci fosse una nota
di severità nella sua voce, come se li intimasse a tacere, per non farli
parlare troppo. Cerco di scacciare subito questi pensieri: Tk non mi
nasconderebbe mai nulla; a quale pro, poi? Mi ritrovo così al tavolino
traballante di un pub che serve piatti caserecci da urlo in compagnia di
quattro amici, tre dei quali ho avuto il piacere di incontrare la sera stessa
del mio trasloco, evidentemente curiosi di conoscere la povera “cavia”, come
loro stessi mi avevano definito, di Tk. Da subito siamo entrati in sintonia,
così, pensando al giorno in cui ho conosciuto questo biondino solare, sempre in
un bar, e sempre accompagnato dai suoi amici, non posso fare altro che
sorridere: mi sentivo sola a lottare contro tutto e tutti, con un ragazzo
arrogante che si voleva offrire come mio amico e che, ne ero sicura, mi sarebbe
stato parecchio antipatico, e ora sono qui, in un posto che non mi sarei mai
immaginata di frequentare in compagnia di quattro ragazzi, a ridere e scherzare
come se avessi sempre fatto parte di questo strambo gruppo. Chissà, forse la
vita comincia a sorridermi!
Allora, che ne dite di questo capitolo? Mi rendo conto che è
corto, ma non riesco ad estrapolare altre idee da queste pagine. Non mi
convince pienamente, ad essere sincera, e spero vivamente che il prossimo sarà
più di mio gradimento, e spero anche vostro! Comunque vorrei sapere davvero che
cosa ne pensate, quindi commentate in tanti. La narrazione è un po’ differente
da tutti gli altri capitoli, forse è questa la nota stonata che sento. Bho,
comunque lascio a voi l’arduo compito di giudicare e… a presto!
Mami
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Capitolo 9 *** IX-Dance, dance, dance! ***
IX-Dance, dance, dance!
Malgrado il matrimonio sia alle nove ho deciso di alzarmi
comunque abbastanza presto. Il vestito che avevo comprato era appeso alla
gruccia nel mio armadio, e la colazione emanava un profumo che invadeva tutta
la casa. A dimostrazione di ciò mi vedo capitare Tk ancora in pantofole, con
gli occhi impastati dal sonno che trascina i piedi.
“che ci fai già alzata? Mh, sembra buono. Cos’è?” mi domanda
vedendo la colazione che ho fatto a entrambi
“una cosa che mi faceva sempre mia madre. Sentirai che
spettacolo!” gongolo. Mangiamo tranquillamente e saliamo nelle nostre camere
per cominciare i preparativi. Il matrimonio si terrà di pomeriggio, quindi
abbiamo tutto il tempo che vogliamo e nessuno che ci metta fretta. Dopo essermi
lavata il viso ridiscendo a lavare le nostre tazze, poi torno in camera mia.
Dal giorno in cui Yolei mi ha accompagnato a comprare il vestito, ho
assolutamente vietato a Tk di vederlo. Lui ha ostinatamente continuato ad
insistere ma io ero irremovibile. Spero solo che gli piaccia. In questi giorni
ho avuto la bellissima scoperta di venire a conoscenza che Tk non disprezza la
moda, anche femminile, soprattutto se di buon gusto. Spesso me lo trovo alla
porta che bussa per una scusa o quell’altra, ma io continuo a richiudere la
porta prima che possa riuscire a sbirciare qualcosa dalla mia cameretta. Lo
aiuto ad aggiustarsi la cravatta (“ma come, non sei capace di fare un nodo
dritto? Credevo ti vestissi elegante a causa del tuo lavoro!”), gli do le
chiavi della mia macchina in cui si è scordato una “cosa” importante (“mi sono
sbagliato, era nel mio cassetto. Grazie comunque!”), lo consiglio sul paio di
calzetti da indossare (“non credo che gli altri invitati ti guardino i piedi!”)
e così via. Alla fine, quando finalmente siamo tutti e due pronti, mi decido ad
uscire dalla mia stanza. Tk mi aspetta in cucina vestito elegantemente con una
giacca-pantaloni blu notte degni del testimone dello sposo, una camicia bianca
perlata, la cravatta che gli ho annodato nera e due gemelli che fanno sfoggio di
se sui polsini della giacca(che mi sono appurata di agganciarli io, tanto
perché non mi aveva disturbato abbastanza). Rimasi ferma a contemplarlo per un
po’
“sei un bel figurino, sai? Dovresti vestirti più spesso
così” mi sorride gentile e mi indica con un gesto della mano
“anche tu sei davvero bella, sai?” abbasso la testa per
darmi un’occhiata generale: il vestito rosa cipria mi cade morbido, stringendo
la vita, e la gonna, poco sopra il ginocchio, forma delle pieghe morbide. Un
paio di bracciali mi adornano le braccia e una giacchetta leggera mi copre le
spalle. Le scarpe da ballo completano il tutto, assieme a un filo di trucco
sugli occhi e sulle guance. Si, mi sento carina così.
“grazie. Allora, andiamo?” si riprende, come se si fosse
appena risvegliato dal coma, e mi precede, aprendomi la porta. La cerimonia si
tiene in chiesa, e la sposa, ho il piacere di appurare, è bellissima. Alta e
longilinea, ha i capelli neri lunghi raccolti elegantemente e ornati con fili e
perle bianche; ma la cosa che mi lascia basita è il vestito: semplice, con le
spalline larghe, il corpetto a cuore e la gonna leggermente ricamata di pizzo
che scende morbida fino a terra. Malgrado la sua semplicità è comunque
bellissima. Non appena mi volto a comunicarlo al cugino della sposa mi sorride
maligno
“ti ricordo che è pur sempre mia cugina: non può che essere
stupenda!” appunto, come non detto. Cerco di fingermi scioccata e di voltarmi
dall’altra parte, ma la sua mano si allunga a prendere la mia e, così
intrecciate, la appoggia alla sua gamba. Questo gesto mi coglie in contropiede
e rimango muta per tutto il resto della cerimonia. Lo sposo, emozionatissimo,
svetta accanto alla futura moglie. Entrambi spendono qualche parola all’amato,
promettendosi amore eterno e felicità insieme. Al momento del bacio, però, mi
rendo conto di avere ancora la mia mano in quella di Tk. Non capisco per quale
motivo, ma ho paura a muovere un singolo muscolo. È come se temessi che a un
mio minimo movimento durante questo preciso momento del matrimonio, Tk possa
fraintendere le mie intenzioni. Sono sciocca, lo so, ma non posso fare altro
che restare ferma come una statua. Ed ecco che, mentre i due neo-sposini si
scambiano il loro primo bacio da coniugi, la stretta del mio compare qui
accanto aumenta. Resto sbalordita, so perfettamente che è soltanto una mia
stupidissima fantasia e che è normale che ogni tanto si muova, ma non riesco a
trattenermi dal voltarmi a guardarlo. So che con la coda dell’occhio mi ha
notato voltarmi verso di lui, ma non accenna comunque a distogliere gli occhi
dalla coppia vicino all’altare. Sembra a me o è particolarmente rigido? Oddio,
sto diventando un caso patologico. Finito il matrimonio ci apprestiamo ad
uscire dalla chiesa e a prendere ciascuno un pacchetto che ci viene porto
all’uscita: contiene chicchi di riso e petali di rose. Non appena gli sposi
escono noi li sommergiamo di fiori e pasta, le congratulazioni e tutti in
macchina verso il ristorante.
“che dolci che sono!” esordisco non appena ci troviamo da
soli.
“lui la odiava quando si sono conosciuti” mi sorprende Tk.
Io lo guardo in cagnesco e gli tiro un chicco di riso che mi è rimasto
impigliato, non so in che modo, fra i capelli
“tu sei bravissimo a rovinare le atmosfere, sai?” lo sgrido
“ma è vero, non volevo rovinare nessuna atmosfera” si
giustifica dispiaciuto. Ad accoglierci e una sala immensa piena di tavoli
elegantemente decorati. Le tovaglie sono in tono con il mio vestito (“faccio
pendant! Potrei fare da ferma tovaglia e nessuno se ne accorgerebbe” esordisco
appena entrati) e dei palloncini svolazzano sopra le nostre teste (“riuscirò a
prenderne uno prima della fine della cena!” mi sussurra Tk a un orecchio).
Finalmente scopriamo a che tavolo siamo stati assegnati, e un sospiro di Tk mi
suggerisce che ci è andata bene: suo fratello e quella che penso sia la sua
ragazza e altri nomi che il mio compagno di avventure non si è neppure appurato
di comunicarmi. Trovato il tavolo, ancora vuoto, ci accomodiamo e ci guardiamo
intorno. Dopo poco sento Tk fremere accanto a me, e quando lo guardo lo scopro
a saltellare sulla sedia sbracciandosi per attirare l’attenzione di Matt. La
ragazza accanto a lui nota questo emerito scemo e richiama l’attenzione del
maggiore. Le sento appena dirgli “credo che voglia che lo raggiungiamo!” e io
non posso fare altro che coprirmi gli occhi per la vergogna che dovrebbe
provare questo essere seduto accanto a me.
“attiri sempre poca attenzione tu, vero?” gli scocco
un’occhiata omicida, infatti anche altre sette o otto persone si sono voltate
nella nostra direzione
“tu ignorale, sono tutti snob. Credo siano parenti del mio
cuginetto appena acquisito” bofonchia poi fra se e se. Meno male che suo
fratello ci ha appena raggiunti! “siete al tavolo con noi!” esordisce euforico
Tk allo sguardo interrogativo di Matt!
“ciao Kari. Ti presento Sora, la mia ragazza!” mi presenta
il maggiore. Allungo la mano andando a stringere la sua. Una presa forte e
sicura: questa ragazza già mi piace!
“piacere!” mi sorride la ragazza. Finalmente mi decido a
guardarla seriamente: ha un sorriso dolcissimo e due occhi grandi molto
espressivi. Non è eccessivamente bella, ma ha un fascino che abbaglia. I
capelli rossi, credo lunghi quanto i miei(alle spalle) sono legati in uno
chignon e la sua figura esile è maggiormente sottolineata da un vestito fucsia semi-lungo
aderente. Matt, molto simile al fratello minore, ha avuto la sua stessa idea
nel vestirsi, se non nel colore della giacca-pantalone color crema. Si
accomodano al nostro tavolo e cominciano a discorrere fra loro. Quando ormai la
sala è piena Sora mi rivolge uno sguardo
“è un po’ che ci penso: ma io ti ho già vista da qualche
parte?” mi domanda attenta. Io rimango spiazzata e scavo nei meandri della mia
testa. Posso averla incrociata per strada? Non nego che la situazione può
essere plausibile, ma perché mai lei dovrebbe ricordarsi di me, allora? Sono
quasi sicura al cento per cento di non averla mai vista ne di aver scambiato
parola con Sora, se no credo che me ne ricorderei: ce ne sono poche di persone
che esprimono simpatia al primo contatto come lei.
“no, non credo” nel frattempo i due sposini sono appena entrati e una cascata
di applausi li investe. Non appena è tornata la calma Sora riprende il suo
interrogatorio
“come fai di cognome?”
“Yagami” distoglie lo sguardo e si mette a sussurrare il mio
cognome, come se ripeterlo più volte possa darle l’illuminazione.
“Yagami hai detto? Mi dice qualcosa… hai per caso un
fratello?” la vedo illuminarsi, probabilmente vicina alla soluzione del suo
enigma
“si, si chiama Taichi” il sorriso le si allarga sul viso;
capisco di aver fatto tombola.
“Tai, quel ragazzo che gioca a calcio… lo scavezzacollo!”
capisco subito che non può aver sbagliato persona: l’ha descritto alla
perfezione malgrado le sole due frasi
“si, è lui. Lo conosci?” gli chiedo incuriosita
“bhe, chi non conosce Tai?” mi chiede retoricamente. “ha la
nostra età” indica se e Matt. Rimango stupita dalla sua rivelazione: non
credevo che mio fratello e quello di Tk fossero così coetanei; sarà che il mio
fratellone si comporta sempre come un bimbo?
“mi odia, sai?” esordisce Tk. Non mi ero accorta che gli
altri due avevano smesso di parlare e che ci stessero ascoltando
“chi, Tai? No, lui non credo che sia neppure capace di
odiare, dico bene?” chiede Sora rivolta al suo ragazzo, il quale fa una faccia
che dice tutto il contrario
“bhe, dipende, ricordati che stiamo parlando di mio
fratello”. La rossa si volta verso di me, come se Matt nemmeno avesse parlato,
a chiedere conferma della sua ipotesi.
“bhe, se fossimo in un altro contesto ti darei ragione, ma
Tk… diciamo che non gli va troppo a genio!” ammetto mesta
“credo che abbia solo paura che possa portarti via da lui!”
butta lei. Io rimango basita alle sue parole: come vuole portarmi via da Tai!
Non crederà che… sono pronta a ribattere, ma proprio ora arrivano i camerieri a
domandarci cosa gradiamo come primo, e io sono costretta a lasciare cadere il
discorso. La serata procede tranquilla fra risate, offese fraterne e chiacchiere
varie. Ben presto scopro che stare in compagnia di Sora è molto piacevole e
riesco a relazionarmi perfettamente con lei. Anche Matt non è poi così male. È
taciturno e un po’ enigmatico, ma sa tenere vivo un discorso, e probabilmente,
malgrado l’enorme differenza di caratteri, immagino che andrebbe d’accordo con
Tai. Fortunatamente Sora e Matt non si scambiano effusioni varie da fidanzatini
innamorati, perché davvero mi troverei in imbarazzo con il fratello accanto.
Solo alla fine del secondo mi trovo in difficoltà. Senza un motivo apparente la
ragazza seduta di fronte a me esordisce
“sono curiosa; che cosa ti lega a Tk?” io mi sento avvampare
e resto a fissare il piatto, nel mentre che penso a una risposta
“forse vuole farsi santificare!” abbozza Matt ironico.
“anche tu con questa storia? Guardate che non sono poi così
male!” sbotta il povero fratellino, prima di tornare a rivolgermi uno sguardo
assetato di verità
“ehm, bhe, diciamo che siamo buoni amici, e mi ha salvato da
una casa pericolante. Però maggiormente la prima” tentenno. Mi sento ridicola e
al centro dell’attenzione
“le migliori storie nascono da un’amicizia, sai?” mi domanda
Sora. Inizialmente annuisco, senza capire appieno il senso della frase, poi
come un uragano mi travolge, e capisco, forse solo io, il doppio senso della
frase
“le migliori storie?” chiedo, facendo finta, con pessimi
risultati, di non aver capito
“già. Anche io e Matt eravamo migliori amici!” ok, allora il
doppio senso c’era, eccome! Torno a fissare il piatto, poi cerco di sfuggita lo
sguardo del mio coinquilino: mi sta fissando, e non appena nota che lo guardo
mi rivolge un sorriso dolcissimo. Riesco a mala pena a rispondere, prima di
allungare il piatto al cameriere, giusto per trovare una scusa per fare
qualcosa, qualsiasi cosa tranne starmene lì con le mani in grembo a nascondermi
il viso. Dopo il taglio della torta un uomo si avvicina al nostro tavolo.
Inizialmente non gli presto grande attenzione, ma non appena si accomoda sulla
sedia accanto a Sora mi decido a domandarmi chi sia. La domanda resta per poco senza
risposta: senza che la ragazza se ne sia accorta, l’uomo la abbraccia,
facendola sussultare, per poi dedicargli un sorriso di fiducia e grande stima.
Solo adesso noto gli occhi: di un azzurro intensissimo. Mi sembra di guardare
il viso di Tk, solo un po’ più invecchiato. È suo padre, ora ne sono certa.
“signor Ishida! Come sta?” chiede raggiante
“bene stella, voi?” finalmente si decide a far scorrere lo
sguardo sui presenti, fino a soffermarsi su di me
“ciao papà!” lo saluta Matt
“vi chiedo scusa se non sono potuto venire prima a
salutarvi, ma vostra zia mi ha trattenuto. Dovreste conoscerla…” sfoggia un
sorriso beffardo, che evidentemente gli altri tre riescono ad interpretare,
perché cominciano a ridere
“sei al tavolo con zio Toshida e zia Milly? Povero te!”
esclama Tk. Il padre annuisce sconsolato, poi torna a puntare quegli occhi
azzurro cielo su di me, e mi sento come attraversata da quello sguardo così
intenso…
“chi è questa bella fanciulla che vi fa compagnia?” domanda
rivolto a nessuno in particolare. È Tk a rispondere
“lei, papà, è Kari. Kari, ti presento mio padre,Hiroaki”
allungo la mano e gliela stringo. Mi rivolge un sorriso di accoglienza
“ah, la mia ballerina?” chiede sempre sorridendo. Io guardo
Tk, che sospira, come esasperato
“si. Kari, ti chiedo perdono, ma gli ho parlato del tuo
desiderio di ballare e lui ne ha fatta una questione di vita o di morte. Ne è
entusiasta!” rivolgo un sorriso di gratitudine al signor Ishida
“grazie, ma non ce n’è bisogno. Non vorrei disturbarla!”
abbozzo
“dammi del tu, per favore. E non mi disturbi affatto, cara.
Anzi, mi fa davvero piacere che una bella ragazza come te voglia ballare con un
vecchietto come me!” so che sta scherzando, ma non posso fare a meno di
dissuaderlo dal fatto che non è anziano.
“balli?” mi chiede Sora. Le rispondo affermativamente con un
segno della testa, e nel suo sguardo vedo una luce di interesse nei miei
confronti che non avevo mai visto in nessuno “sono curiosa di vederti, allora!”
“ma no, non sono poi così brava. Non è niente, solo una
passione!” cerco di minimizzare
“questo, se permetti, lascialo decidere a me. E sappi che il
fatto che è solo una passione non diminuisce la sua bellezza” la foga con cui
Sora appoggia questo discorso mi mette ancora maggiormente in imbarazzo, e Tk
se ne accorge
“ma come, l’altro giorno mi dicevi che quando sei in pista
non ti accorgi degli sguardi che hai addosso e adesso ti vergogni a parlarne?”
lo incenerisco con gli occhi mentre che il signor Ishida si congeda dal nostro
tavolo
“allora ti aspetto a bordo pista!” e mi strizza l’occhio, il
che mi provoca una risata isterica.
“sei al corrente che non ti mollerà più?” mi informa Tk
“si, e il che non mi dispiace affatto!” confesso
“e sei al corrente che anche suo figlio minore è bravo a
ballare?” interviene Matt
“si, so anche questo, infatti non si salverà. Tu invece?”
spero solo che questo mio misero tentativo di cambiare argomento funzioni
“io cosa?” cerca di svicolare
“tu balli?” chiedo, anche se sto guardando Sora, la quale
decide di rispondere al suo posto, visto che non sembra intenzionato a
proferire parola sull’argomento
“si. E neppure tanto male. Il problema maggiore è
trascinarcelo, sulla pista!” mi confida. Noto con la coda dell’occhio che ha
intrapreso un interessantissimo discorso col fratello minore e non sembra
minimamente interessato a noi, ma credo che al contrario sia tutt’orecchi.
“tu invece? Hai degli hobby?” domando
“si, parecchi, e cambiano ogni settimana!” continuiamo così
fino a che la sala non è vuota per più della metà, poi finalmente anche noi ci
accingiamo a raggiungere la sala allestita da ballo. Lì, sul bordo interno,
appoggiato al bancone del bar si trova il padre di Tk, che decidiamo di raggiungere.
Osserviamo tutti rapiti, o quasi, il ballo dei novelli sposi, poi parte una
musica che mi suona famigliare.
“e cominciamo subito con i balli per vecchi!” esordisce quel
povero scemo del mio co-inquilino. Suo padre mi si para davanti e mi porge una mano,
che prendo subito, senza esitare un solo secondo
“ehi, vecchio a chi?” gli chiede il padre prima di tirarmi
verso la pista
“così almeno dopo potete andare a nanna!” lo sento urlare,
ma lo ignoro completamente; ora sono totalmente presa dai miei gesti e da
quelli del mio ballerino. È poco più alto di me, il che, devo dire, è un bene,
così ho una presa più salda sulla sua spalla sinistra. Chiudo per un secondo
gli occhi e lascio che il ritmo del valzer lento mi scorra dentro, suggerendomi
cosa fare. Poi sento il corpo del signor Ishida muoversi verso di me, e io
reagisco, muovendo i passi che già so. Riesce a guidarmi tranquillamente, senza
scossoni ne passi strani, e io lo seguo, come se fosse il mio compagno da
sempre. Proseguiamo così, girando per tutta la pista, e il resto scompare dalla
mia testa. In un angolo remoto della mia testa mi rendo conto che c’è gente che
ci sta guardando, e pure Tk è fra quelli, ma la cosa non mi tocca minimamente.
I piedi si muovono automatici, le spalle assecondano ogni mio movimento e io mi
lascio andare. è davvero bravo come mi diceva il figlio! La canzone giunge al
termine, e subito di seguito un’altra. Senza neppure chiederlo, continuiamo
così per altre due canzoni, senza chiederci se vogliamo riposare o altro. Semplicemente
balliamo. Forse per un attimo noto che qualcuno si è avvicinato a Tk, ma la
cosa non mi interessa. Alla quarta canzone la musica cambia. Solo adesso noto
che qualcuno mi si è materializzato accanto: Takeru. Sta guardando il padre con
fare curioso.
“mi permetti un ballo?” chiede, più a lui che a me. Suo
padre si china appena in un inchino e allunga la mano destra, quella che
stringe la mia, posandola su quella di Tk, già aperta ad attendere. Cambia la
persona, ma la differenza è minima: gli occhi sono gli stessi, e forse le rughe
appena accentuate disegnano un viso più caldo, ma anche questo è altrettanto
gentile. Tango! Gioisco silenziosamente e
gli rivolgo uno sguardo interrogativo
“sei sicuro?” lo stuzzico. Il sorriso che mi rivolge mi fa
intendere che non aspetta altro. All’inizio lo sento insicuro, forse anche per
la distanza che credo voglia tenere fra noi due. Dopo pochi passi mi blocco sul
posto, e lui mi guarda, non capendo.
“senti, se vuoi ballare a modo bisogna che guidi tu. Lo sai,
no?” chiedo scettica
“certo che lo so!” risponde piccato. Mi ri-avvolge il fianco
con il braccio, e questa volta sento la pressione necessaria. Riprendiamo da
capo, e questa volta è molto meglio. la presa è più forte, il contatto più
sicuro. Credo che inizialmente avesse come paura a tenermi vicina, ma le mie
parole devono averlo svegliato. “scusami, ma è molto che non ballo. Devo
riprendermi!” mi sussurra, mentre facciamo l’ennesimo giro a sinistra. Sorrido,
pensando già alla mia prossima mossa
“non ti preoccupare” e proprio ora prendo io il controllo
della situazione e per qualche passo sono io a portarlo. Lo sento allontanarsi leggermente da me, probabilmente
per guardarmi in faccia; incrociato il suo sguardo sorrido. Lo sento
risvegliarsi, e finalmente si comincia davvero a ballare! Continuiamo a girare
come due piroette fra una coppia e l’altra, e devo ammettere che una ragazza o
due appoggiate ai muri esterni mi ha guardato con un po’ di invidia mentre
eseguivo la bandiera. Sinceramente
non so neppure quant’è che sono in pista, ho perso il conto, ma ora mi sento un
tantino affaticata. Decidiamo di andare a prendere qualcosa da bere. Con il mio
bicchiere di aranciata in mano fisso la pista e lì vedo una stupenda ragazza di
fucsia vestita piroettare leggera. Sgomito Tk e gli indico, con un cenno della
testa, suo fratello e la sua ragazza
“te l’ha detto Sora che è bravo, no?”
“anche tu non te la cavi per niente male!” affermo sicura
“hai fatto caso che c’erano delle ragazze che avrebbero
pagato oro per essere al tuo posto?” mi chiede gentilmente. Cercando di fare la
sostenuta scuoto un po’ la testa
“si, ho notato qualcosa, ma non ci ho fatto caso più del
dovuto!” poi Tk mi spiazza
“ma sei poi sicura che stessero invidiando il tuo modo di
ballare?” lo guardo incredula “che ne sai che non volessero essere al tuo posto
per ballare con me?” ok, ora le ho sentite tutte. Per fortuna proprio ora sta
arrivando il signor Ishida. Appoggio la mia aranciata sul bancone e, voltandomi
a guardarlo, comunico al mio compare
“è meglio che mene vada, dopo l’ultima idiozia che hai
detto!”. Così torno in pista a scatenarmi. Foxtrot e valzer li ballo tutti con
il signor Ishida, poi torno dal mio compagno abbandonato, dove trovo Sora e
Matt. Con mia enorme sorpresa il maggiore mi stupisce con un
“sei stanca?” alla mia risposta negativa guarda per un
secondo la sua ragazza e torna fissarmi, più serio che mai “facciamo un ballo?”
io, seppur sorpresa, accetto di buon grado. Matt è davvero spettacolare come
ballerino, e addirittura mi fa fare dei passi nuovi che non avevo mai eseguito,
ma purtroppo mi godo una sola canzone. Infatti accanto ci troviamo subito Sora
e Tk, la prima radiosa come non mai, il secondo un po’… infastidito? Ognuno si
riprende le proprie “partner” e mi decido a chiedergli cosa c’è che non va
“Tk? Che hai?” immaginavo mi avesse chiesto perché credevo
che ci fosse qualcosa che non andava, invece mi confessa subito
“sono arrabbiato con Matt” lo allontano per guardarlo in
faccia, ma il suo sguardo e sfuggente “ora che hai ballato con lui penserai che
faccio schifo!” rimango a bocca aperta, incredula
“stai scherzando, vero?” e giuro che lo penso sul serio! Lui
nega, e io scoppio a ridere
“scemo! Non lo penso affatto. Si, è vero, è davvero bravo” e
qui sento la sua presa irrigidirsi “ma ballare con te mi piace davvero; quindi
non ti preoccupare, puoi essere anche il ballerino peggiore al mondo che non mi
importa!” che cosa mi ha fatto essere così sincera? Bah, saperlo! La presa sul
mio fianco e sulla mano aumenta, e capisco che ne è riconoscente. Decidiamo di
prenderci un momento di riposo prima di cader entrambi sfiniti. E pensare che è
appena un’ora e mezza che balliamo! Dopo altri venti minuti il signor Ishida ci
raggiunge
“è giunta l’ora che i vecchi vadano a letto!” infatti in pista
c’è stato come un cambio: i ragazzi hanno preso il posto degli adulti, e la
musica ha preso un ritmo pompato, carico di batterie e bassi.
“ne è sicuro? Potrebbe comunque divertirsi, sa?” provo a
dissuaderlo. Mi sorride, amorevole
“non ne dubito, ma comincio ad essere stanco” si sporge a
prendermi una mano fra le sue. Mi sento in imbarazzo, ma mi sforzo di non
distogliere gli occhi dai suoi “mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Hikari.
Spero che ci rincontreremo presto!” dopo i saluti io e Tk ci uniamo a Sora, che
è in pista da più tempo di noi; Matt non adora scatenarsi, quindi ci aspetta
seduto. Dopo poco decidiamo di andare a casa anche noi, ormai sfibrati dalla
lunga giornata. Così salutiamo tutti e ci dirigiamo verso l’auto, che piomba in
un silenzio di tomba, mantenuto giusto perché siamo entrambi troppo stanchi per
parlare.
“grazie per avermi invitata, ora che so come è andata la
serata sono sicura che me ne sarei davvero pentita, se non fossi venuta”
ringrazio Tk. Dal canto suo mi rivolge uno sguardo lieto; forse anche lui è grato
di avermi convita ad andare al matrimonio. Ci auguriamo la buona notte e ci
prepariamo per andare a letto; sfiniti e felici.
Rieccomi! Che ne dite? Innanzitutto: W IL BALLO! Tutto ciò
che Hikari dice è frutto mio! Mi spiego: la penso esattamente allo stesso,
identico modo. Dovete sapere che, a seguito delle lezioni di ballo da sala che
seguo, ho sviluppato un amore incondizionato verso questo “sport”. Spero che il
capitolo sia di vostro gradimento, e vi invito a recensire in molti!!! Baci
baci dalla vostra Mami!
P.S:Breve sproloquio: questo annuncio è soprattutto per
chitta97 perché so che non aspettava altro, ma anche Fallin (se mai vorrà
tornare tra noi! :P) credo sarà lieta di sapere che nel prossimo capitolo si vedranno delle scintille;
e chi vuole intendere, intenda. A buon intenditore poche parole!
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Capitolo 10 *** X-La promozione ***
X-La promozione
Il giorno seguente entrambi ci svegliamo completamente
doloranti. La colazione è decisamente povera visto che il mio stomaco sta
facendo gli straordinari per digerire il cenone di ieri, e Tk non è da meno.
“ahia” sbuffo alzandomi dalla sedia con un dolore lancinante
ai muscoli delle gambe
“bhe, di certo possiamo dire che abbiamo smaltito la cena
con tutto quel ballo, no?” sbuffo dolorante
“avrei preferito ingrassare!” soffio fra me e me”. mi volto
curiosa, sentendolo ridere senza alcun motivo
“a me hanno insegnato che facendo altra ginnastica il dolore
passa… e avrei un’idea su cosa potremmo fare insieme” al che devo ammettere che non mi piace come ha pronunciato
l’ultima parola “per toglierci il dolore dai muscoli e fare altra sana attività fisica!” arrossisco
visibilmente e mi sbrigo a dirigermi in camera mia, commentando che è un
cretino. La settimana successiva passa tranquilla, e anzi mi scopro sorpresa
dalla novità che mi viene presentata a pochi giorni dal matrimonio: mio
fratello sembra davvero intenzionato a dare fiducia a Tk. Giovedì sera,
tornando a casa dall’ospizio, trovo mio fratello comodamente seduto a tavola
che parla amabilmente con il mio coinquilino. Inizialmente rimango basita e
pietrificata sull’ingresso finche Tai non si accorge della mia presenza
“ciao Hika. Stavamo giusto parlando di te. Takeru mi ha
raccontato che ora la casa è tenuta a lucido. Spero che questi servigi te li
fai pagare!” cercando di riprendere possesso del mio corpo mi accingo a
liberarmi della borsa e a raggiungerli in sala. Tk è intento a cucinare ai
fornelli una cena leggera per tre, il che mi suggerisce che ci sarebbe stato un
ospite molto inatteso.
“Tai! Come mai qui? Cosa ti ha portato?” gli chiedo
parecchio curiosa mentre che Tk mi rivolge un sorriso e uno sguardo delicati
per darmi il ben tornato
“oh, nulla, volevo scambiare solo due chiacchiere con Takeru
prima che arrivassi tu” dice con noncuranza. Certo questa frase ha fatto
partire molti campanelli d’allarme, infatti ho scoccato a mio fratello
un’occhiata indagatrice degna di Sherlock Holmes; non molto tempo fa ciò voleva
significare che era venuto per minacciare-mettere in guardia qualcuno, ma nel
suo sguardo non leggo ne dispiacere ne preoccupazione. Mi ripromisi di
chiederglielo più tardi, in sede separata. Mi scopro sorpresa e lieta di vedere
che vanno d’accordo, o almeno danno tale impressione, e la serata si rivela un
pieno successo sotto molti fronti. Cerco comunque di trovare tic di disagio o
strani sguardi lanciati al momento giusto da parte del moro mio consanguineo,
ma non mi sembra di coglierne, almeno in apparenza. Alle undici e mezzo si
decide a darci la buonanotte e ad abbracciare fraternamente Tk.
“ti accompagno fuori” scatto in piedi, più che altro per far
capire al biondo di non provare a intromettersi nei prossimi due minuti.
“grazie per la serata. Sono stato bene” mi sorride Tai
amorevolmente
“già, ma ti ricordo che ti sei autoinvitato! A proposito di
questo” aggiungo stringendomi le braccia intorno alla vita per scaldarmi dall’aria
fredda che tirava fuori “mi spieghi perché sei venuto quando sapevi perfettamente
che non c’ero?” lo fisso guardinga
“per parlare da solo con Take, te l’ho detto”
“non l’hai minacciato o roba del genere, vero?” domando preoccupata.
La sua risata sguaiata mi irrita leggermente
“no, non mi è assolutamente venuto in mente” al mio sguardo
severo decise di continuare “Sono venuto apposta per fargli capire che ho
deciso di deporre l’ascia di guerra!” sbarro gli occhi stupita. Le mie orecchie
hanno sentito bene, mi chiedo?
“è stato un suggerimento di Maya, vero?” la sua espressione
rassegnata mi suggerisce la risposta
“lo ammetto, all’inizio è stata lei a dirmi che avrei dovuto
accettare la cosa o andare contro una Kari molto infuriata, ma poi, pensandoci
bene ho deciso che era giusto dargli un’altra opportunità, no?”
“anche perché non gliene hai mai data una!” puntualizzo reprimendo
un brivido
“se così la vuoi mettere!” continuo a fissarlo attenta per
un altro po’, finche non capisco la situazione
“ti ha minacciato che non sarebbe più venuta a letto con te
se non lo avessi fatto?” chiedo avendo un lampo di genio. Tai è visibilmente in
imbarazzo ed evitava accuratamente di incrociare i miei occhi, ma alla fine
confessa, o almeno è la cosa più vicina a una confessione
“diceva che ero infantile. Però ora dico sul serio: è
simpatico!” rabbrividendo sotto una folata di aria gelida e stufa di patire
freddo decido di lasciare cadere il discorso e che avrei verificato nei giorni
seguenti. Ci salutiamo e rientro, sospirando percependo il calore delle quattro
mura, e mi dirigo in cucina dove Tk sta finendo di mettere in ordine la cucina
“tu per caso sai perché è venuto?” sul viso nessuna nota di
ilarità o di preoccupazione
“a dire la verità no” comincia sfregando un bicchiere con
l’asciughino “e ad essere sincero sono rimasti piuttosto sorpreso di vederlo
comparire alla porta, ma è stato fin da subito molto cortese”
“dice di essere venuto per parlare con te…” lo incito a
continuare
“è quello che mi ha detto quando ho aperto la porta e gli ho
detto che non c’eri, così l’ho fatto entrare” rimango stupita
“e tu l’hai fatto entrare? Sai cosa vuole dire di solito la
frase vorrei parlarti da solo?” lui ride allegro
“si, effettivamente ho pensato a un pareggio di conti, ma
sapevo che non gli avevo fatto nulla” appoggia l’ultimo bicchiere sulla
credenza
“ok, dopo questa allora posso andare a letto tranquilla” lo
liquido. E nei giorni a seguire Tai fu molto spesso da noi, molto più quando
ero assente che altro, ma la cosa mi faceva piacere, e constatate che andavano
d’accordo quasi come due fratelli mi rallegrava molto. Per un po’ fummo
occupati, fra lavoro (Tk sembrava ci si fosse buttato a capofitto) e la casa
sempre piena: se una sera non c’era mio fratello o non passavano i miei e Yolei
a salutarmi, allora cucinavamo per Cody, Davis e Joe. Una sera addirittura ci
fu un’incontro che resterà negli annali della storia: Tk ebbe la geniale idea
di fare rincontrare mio fratello con il
suo, così da far conoscere Maya con Sora. Tutti quanti accolsero l’opportunità
con entusiasmo, così si persero fra ricordi e aneddoti vari. Anche io e Tk
eravamo affiatati, sia in cucina che non; col tempo siamo diventati più intimi
e ormai non mi vergogno più a definirci “coppia” di amici. Forse anche per
tutti questi incontri e le varie faccende di casa che continuiamo a compiere
entrambi quando abbiamo un secondo di tempo che stamattina, a colazione, Tk mi
ha comunicato di voler restare tranquillo, questa sera. Io ho provato ad
offrirmi per andare a fare la spesa, visto che al lavoro sarei potuta andare
più tardi di lui, ma su questo fatto è stato fermissimo: sarebbe andato lui,
tanto aveva una piccola commissione da fare che avrei visto questa sera.
Purtroppo giusto due minuti fa una mia collega mi ha avvertito di non poter
restare fino a fine turno a causa di problemi con la zia malata, così ho dovuto
assicurarle che avrei coperto io la sua parte di turno, ottenendo così un lieve
ritardo nel rientro a casa. Tk si è detto tranquillo, ma mi spiace comunque
dover far cucinare per l’ennesima volta lui. Mi ha assicurato che tanto il
cuoco in cucina sarebbe comunque stato lui, anche se fossi arrivata prima, ma
il senso di colpa ora mi sta uccidendo. Finito di lavorare riprendo
tranquillamente la strada di casa inspirando profondamente l’odore dolce che
portano gli alberi alla fine dell’estate. Purtroppo le giornate sono sempre più
corte, ma ora il giardino sul retro della casa è tinto da colori da togliere il
fiato, più di quanto non lo fosse durante tutta l’estate. È già due settimane
che mi porto dietro una giacchetta leggera per la sera, perché anche se di
giorno fa ancora abbastanza caldo, quando scende il sole tira una più brutta
aria fredda che fa rizzare il pelo. Giro l’angolo e vedo già da lontano la casa
illuminata. Appena entrata mi assale alla gola un odore meraviglioso che mi
invita a seguirlo in cucina. Levata la giacca e le scarpe mi affaccio e vedo Tk
affaccendarsi con il fuoco
“ciao, bentornata!” mi accoglie alzando gli occhi
fugacemente per tornare subito dopo a posarli su qualsiasi cosa stia facendo.
Anche se sono lontana noto che sembra accaldato e ha gli occhi lucidi
“ciao! Cos’è quest’odorino? Non avevi detto che avresti
fatto qualcosa di facile e leggero?” chiedo dirigendomi nella sua direzione
“se l’odore è buono non vuol dire che debba per forza essere
una cosa elaborata, no?” mi pare quasi euforico…
“io veramente non ho mai detto che l’odore fosse buono…”
provo a protestare, a le parole mi muoiono in gola perché solo ora noto che la
tavola è apparecchiata (cosa stranissima visto che noi di solito consumiamo i
nostri pasti sul bancone) e, è questo che mi ha lasciato basita, una bottiglia
di champagne fa sfoggio di se, seguita da due bicchieri da vino. Evidentemente
il mio silenzio deve aver anticipato le mie parole, perché ricevo subito una
risposta senza aver mai proferito la domanda
“mi hanno promosso di livello: ora sono un gourmet di terza
qualità!” resto imbambolata a fissarlo mentre elaboro l’informazione, poi,
arrivata al cervello, urlo di gioia e gli salto al collo
“bravo! Complimenti, te lo sei meritato dopo tutto quel
lavoro!” continuo ad urlare mentre vengo sollevata da terra da un più che
felice Tk. Dopo molti strilli (da parte mia) e molti sorrisi compiaciuti (da
parte sua) ci decidiamo a metterci a tavola. Logicamente è tutto squisito e
durante tutto il pasto i discorsi vertono su come il suo capo gli ha dato la
notizia alla reazione dei suoi. Io, completamente fiera di Tk, sorrido contenta
per tutta la sera. Con l’assoluto divieto di potermi alzare per sparecchiare la
tavola apriamo la bottiglia di spumante con un applauso entusiasta da parte
mia. Tk versa un bel po’ di liquido ambrato nei bicchieri e io, senza pensarci
due volte, mi butto sul mio. Improvvisamente il silenzio cala fra noi due e mi
decido a guardarlo. Con mia enorme sorpresa mi sta fissando con il bicchiere
ancora in mano e, non credo sia una mia impressione, è più vicino a me di
quanto non lo sia mai stato
“grazie Kari” pronuncia il mio nome con una solennità che mi
fa tremare
“per cosa?” sussurro io. Ho paura a parlare ad alza voce,
come se il suono della mia voce possa mostrarmi imperfezioni che prima non
vedevo
“per esserci, sempre!” malgrado l’imbarazzo continuo a
mantenere il contatto visito; il suo sguardo magnetico mi attira
inesorabilmente
“non hai nulla da ringraziarmi: mi fa piacere, e credevo lo
sapessi” tentenna, fissando il mio bicchiere che mi accingo a sorseggiare. Lui
non ha ancora toccato il suo
“lo so, e te ne sono infinitamente grato, però volevo
sapessi quanto questo conti per me. non mi sembra di fartelo capire abbastanza”
la serietà e la convinzione che leggo nel suo sguardo non mi preoccupano
affatto, anzi, mi rassicurano
“non c’è bisogno di dirmelo tutti i giorni, lo capisco da
me; dai gesti e da tutto quello che fai” sorride lievemente impacciato ma sempre
mantenendo il contatto visivo, però voglio che mi lasci finire di parlare,
perciò riprendo “e comunque sono io quella che ti deve ringraziare: mi hai
accolto qui e ti comporti… in maniera perfetta. Non credevo possibile tutto
questo, ma ora mi sembra così… irreale per quanto è bello!” confesso fissando
lo sguardo sulla sua mano chiusa sullo stelo del suo bicchiere, ancora pieno al
contrario del mio, che ormai raggiunge il fondo.
“sono felice che tu sia qui” mi sussurra avvicinandosi a me;
al mio viso. I miei occhi sono incollati ai suoi, così azzurri, così seri,
eppure così perfetti, dolci, giusti. Intuisco ogni suo movimento, e per quanto
ne sia terrorizzata non cerco minimamente di fermarlo, perche allo stesso modo
voglio che continui, lo ambisco, lo desidero.
“Tk” lo chiamo appena udibile quando ormai è a pochi
centimetri dal mio viso “credo che tutto questo sia effetto dell’alcool” ho
paura che sia un azzardo, e non voglio rovinare il momento con brutti pensieri,
però non riesco a pensare altrimenti
“io non l’ho neppure toccato” continua a sussurrarmi. Il suo
respiro leggero sulla mia pelle mi elettrizza e mi provoca un brivido. Chiudo
un attimo gli occhi cercando di riacquistare un minimo di lucidità, con scarsi
risultati
“io si” confesso, ma ormai le parole che mi escono non le
decido più io; la mia mente è altrove, intenta ad immagazzinare ogni singolo
movimento di Tk, sempre più vicino, pericolosamente vicino
“non credo che centri qualcosa” continuiamo a parlare a
livello inudibile, ma la vicinanza risolve ogni problema. Ormai i suoi occhi
scorrono rapidi dalle miei iridi nocciola alle mie labbra
“no, infatti, non credo” le ultime parole si disperdono nel
nulla. Le sue labbra sulle mie, calde e fresche allo stesso tempo; dolci,
eppure fameliche allo stesso tempo, mi rapiscono, annullandomi totalmente. La
mia mano, fino a poco fa sul bicchiere, ora si trova su di lui, da qualche
parte. Sinceramente non mi rendo neppure conto dove, ma in realtà chi se ne
importa? La dolcezza si mischia con la voracità, la foga, il desiderio ardente.
Non voglio assolutamente fermare questo momento, e neppure Tk, mi pare. Così
morbide a contatto sulle mie, le sue labbra mi strappano dalla realtà. Sento la
sua mano dietro al mio collo, ad avvicinarmi maggiormente. La foga aumenta e il
respiro comincia a farsi irregolare. Quel bacio, così a lungo bramato diventa
l’unica cosa che ora conta veramente, l’unica cosa giusta. Si allontana da me,
lentamente e con calma, come per tornare ad abituarsi pian piano al non
contatto con me. ora finalmente comincio a riprendere possesso del mio corpo e
mi rendo conto che le mie mani sono sul suo petto, che si alza e si abbassa un
po’ più velocemente del normale. Le nostre labbra si separano paino e sento che
anche lui affanna, ha il respiro corto. Riaprendo gli occhi mi trovo davanti il
suo sguardo ardente. Sembra voglia cogliere ogni mia reazione, che non tarda ad
arrivare con un rossore diffuso su tutto il viso e un calore anomalo alle
orecchie. Un sorriso dolce si apre sul suo volto e mi rendo conto di volerglielo restituire;
anch’io, come lui, sono euforica. Voglio ridere, gridare, urlare e saltare, ma
la sua stretta sulla mia mano mi tiene ancorata su questa sedia.
“è stata colpa dell’alcool?” mi domanda sempre sorridendo
“no!” affermo sicura. La sua risata cristallina mi rida un
po’ di lucidità.
“ne ero sicuro” un po’ della sua sfacciataggine riemerge e
io rimango indignata
“perché?” malgrado il sorriso ironico lo sguardo che mi
rivolge è carico di sentimento
“perché non mi piace ingannare ragazze ubriache”
“per quel poco che ho bevuto non potrei mai essere ubriaca”
rispondo piccata
“appunto!” alza il suo bicchiere e io lo imito, facendoli
tintinnare assieme
“alla tua promozione” sorrido euforica
“a noi” mi corregge con un sorriso sghembo prima di
avvicinarsi a me e baciarmi un’altra
volta a fior di labbra. Beve un sorso di champagne a occhi chiusi e posa il
calice sul tavolo, sempre senza aprirli. “ha un sapore diverso dopo averti
baciata, sai?” mi chiede aprendo improvvisamente quelle pozze azzurre e
fissandole su di me con una serietà incredibile. Io mi sento bloccata, non
sapendo come rispondere. La sua mano, ancora intrecciata con la mia, sale ad
accarezzarmi una guancia con un dito. Percorre la tempia, scende fino al mento
e lungo il collo. Io resto immobile, e seria, e fissarlo. Continuo a seguire
ogni suo movimento anche quando, posato il bicchiere, si alza dalla sedia
accanto a me. io resto lì, a guardarlo dal basso all’alto, senza sapere cosa
fare. Solo quando mi tira per la mano che è incollata alla sua capisco che
vuole che mi alzi anch’io. Solo quando mi trovo alla sua altezza (per modo di
dire vista la differenza di dieci centimetri buoni fra me e lui) si decide a
stringermi a se con un braccio intorno alla mia vita, appoggiandomi così a lui
“che c’è. Mi sembri preoccupata” torna a sussurrarmi tenero. Forse ha notato
che sono rimasta pietrificata…
“no, non sono preoccupata, solo…” un suo cenno del capo mi
incita a continuare, ma io non so cosa dire “mi sembra strano!” mi guarda
interrogativo e io mi preoccupo che possa male interpretare le mie parole
“tutto questo; io e te, il bacio… non lo so. C’è, non che mi dispiaccia” mi
affretto a precisare quando noto il suo sopracciglio alzarsi “anzi,” aggiungo
arrossendo “mi piace, però…” non riuscendo più a sostenere il suo sguardo lo
abbasso, ma la sua mano, perennemente accompagnata dalla mia che si trova da un
po’ nella sua, mi costringe a tornare a guardarlo, alzandomi il mento con un
dito
“non voglio prenderti in giro. No Kari, lasciami parlare” mi
ammonisce quando provo ad aprire bocca “non voglio darti l’impressione
sbagliata e voglio essere sicuro che tu sappia che è stata la cosa più naturale
che potessi fare, e non ne sono affatto pentito. Però voglio che tu sia sincera
con me: ho agito troppo in fretta? Non era quello che volevi? Perché se ti
vergogni a dirmelo…” e lasciando la frase a metà capisco che non vuole neppure
pensare all’evenienza della cosa. Io, solitamente brava con le parole e i
discorsi importanti, mi ritrovo senza nulla da dire, così faccio l’unica cosa
che mi viene in mente: mi alzo sulle punte e torno ad unire le nostre labbra,
per la terza volta in meno di un ora, e cerco di fargli capire che le sue paure
non sono fondate. Stavolta sono io a decidere di allontanarmi, perché non ho
finito
“non dirlo mai, hai capito?Mai!” il sorriso che si apre sul
suo volto mi scalda da dentro. La stretta del suo braccio sulla mia vita si
allenta e con l’altro mi dirige verso le scale. Saliti in cima e arrivati alla
mia porta torna ad abbassare lo sguardo su di me, più dolce e carico che mai.
“bhe, buonanotte!” mi sorride. Io, poco intenzionata a
lasciarlo andare ora che ce l’ho tutto per me, lo spingo contro la sua porta e
torno a baciarlo, con più foga e violenza di prima. Le sue mani corrono ai miei
fianchi e si muovono, su e giù, su e giù. Sento le sue dita inavvertitamente
sulla mia pelle e un brivido strano, come non ho mai sentito prima, mi percorre
tutta la spina dorsale fino alle sue dita. Delle scosse di elettricità mi
percorrono completamente, come se fosse lui a rilasciarle attraverso di me. il
mio corpo cerca il suo, e solo quando lo sento camminare all’indietro mi rendo
conto che ha aperto la porta con quella mano che prima era su di me, ed è
sempre lì che torna, ma ora è più decisa. Non sono mai stata una persona
impulsiva, men che meno così diretta, però ora mi sento bene facendo quel che sto
facendo. Le labbra di Tk si scostano dalle mie e mi percorrono il collo, io
respiro a fatica ma le mani si muovono, quasi esperte. Scendono a sfiorargli la
pelle e risalgono, assieme alla maglietta che ora gli ho sfilato. Rimango
estasiata dal fisico che mi si presenta davanti, scolpito e guizzante, ma ho
poco tempo di immagazzinare l’informazione, perché la sua bocca torna a cercare
la mia, che gli offro volentieri. Non sento imbarazzo, neppure quando si china
a sfilarmi i pantaloni. La notte è lunga davanti a noi, e non sembriamo affatto
scontenti del tempo che ci si presenta davanti
Ehi ehi ehi! Allora, che mi dite? Ho scritto questo capitolo
in una sera sola, il che è un record per me, ve l’assicuro. Allora, vi è
piaciuto? Perché se vi piace come è stato per me scriverlo allora siamo al
culmine!!! Dai, forza, voglio tantissimi commenti!!! Inizialmente non credevo
di metterci una scena simile, ma poi col tempo si è formata nella mia testa, ed
eccola qui! Bhe, che dire: forza Kari, forza Tk. Per la cronaca Maya, come già
avrete capito, è la fidanzata di Tai. Un casino di tempo fa, non so
precisamente dove, avevo letto il nome della fidanzata-futura moglie di Tai nel
cartone. Quasi sicuramente è un’invenzione di chissà chi, ma l’idea mi è
piaciuta parecchio. Come potete vedere io non seguo il cartone (infatti Kari e
Tk rimangono solo buoni amici e non si sposano secondo la Toei) ma la cosa mi
ha preso parecchio. Insomma, quel povero ragazzo dovrà pur fidanzarsi con qualcuno,
no?comunque, credo che ‘sta tizia si
chiamasse Maya, e Maya (per me) è rimasta. Vi lascio digerire a modo il
capitolo e vi auguro una buonanotte (malgrado mentre state leggendo
probabilmente è giorno, ma è lo stesso!) Baci baci
Mami
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Capitolo 11 *** XI-La festa dei chiarimenti ***
La festa dei chiarimenti
La luce filtrata attraverso le palpebre chiuse mi sveglia, e
ancora mezza addormentata apro gli occhi. Inizialmente una fitta di dolore mi
attraversa la testa, non appena una lama di luce mi abbaglia, ma poi passa
velocemente; come è venuto. Non sono nella mia stanza, di questo sono certa: le
pareti non sono di questo colore. Solo adesso mi accorgo del calore che mi
avvolge: giro la testa di lato e lì steso di fianco, con una mano a reggersi la
testa c’è Tk che mi fissa con un sorriso beato sul viso.
“buongiorno! Finalmente ti sei svegliata!” sorrido di
rimando anch’io e mi stiracchio. Il calore che sentivo è il suo braccio attorno
alla mia vita
“buongiorno. Quant’è che sei sveglio?” chiedo
“da abbastanza tempo” risponde criptico. In testa mi
vorticano ancora le immagini della notte passata insieme. Non so fino a che ora
siamo andati avanti, ricordo solo che non ci bastava mai. Il suo corpo, così
scolpito e perfetto, mi ha ipnotizzata e non riuscivo ad abituar mici mai, la
sua dolcezza, nei baci, nella carezze, nei movimenti, l’imbarazzo iniziale non
appena mi sono accorta di essere stata messa a nudo, ma sorpassata subito dopo…
la sua mano scende ad accarezzarmi la schiena e ritorno al presente,
guardandolo “a che pensi?” mi domanda
“a stanotte” confesso d’impulso. Il sorriso che gli si apre
sul volto è tenero
“già, anch’io ci pensavo. Ti sembrerà banale detta così,
però è stata la notte più bella che io abbia mai trascorso negli ultimi anni”
mentre parla fa scorrere il suo sguardo sul mio corpo, avvolto dalle coperte
che ricadono leggere sui fianchi. Il primo pensiero è quello di coprirmi
maggiormente, ma poi, dandomi mentalmente della stupida, capisco che è inutile:
non ci siamo amati tutta la notte? A cosa servirebbe?
“bhe, ti sembrerà banale detta così, ma è stato lo stesso
anche per me” scoppio a ridere alla vista della sua espressione quando si
accorge che l’ho copiato come un pappagallo. Si avvicina a me e mi sfiora
leggermente le labbra
“oggi c’è una sorpresa per te” mi sussurra prima di baciarmi
delicatamente. Io rimango immobile rimuginando su quanto mi ha appena detto.
Non appena cerco di ricambiare il bacio lui si allontana con uno sguardo troppo
furbesco negli occhi, poi si alza dal letto per cercare i vestiti. Mi stendo
sulla chiena osservando ogni suo minimo movimento e restando nuovamente
incantata alla vista di ciò che ha nascosto fino ad adesso sotto i vestiti. Non
appena si è infilato un golf che esalta i suoi pettorali in maniera assurda mi
decido a dare voce alle mie domande
“e quale sarebbe questa sorpresa?” chiedo, ma in risposta
ricevo solo un sorriso e la porta di camera richiusa dietro le sue spalle. Mi
accingo anch’io ad alzarmi per andare in cucina, dove trovo una colazione con i
fiocchi già pronta che mi aspetta. Consumo il mio pasto mantenendo gli occhi
fissi su Tk. Non appena appoggio il cucchiaio nella tazza lo vedo scattare,
portandomi via tutto quanto da sotto il naso
“fila di sopra a prepararti che usciamo!” mi inatima, ma non
posso ribattere en mostrare il mio stupore perché si è già girato per lavare le
stoviglie. In silenzio e con più dubbi che mai mi dirigo nella mia camera,
cerco distrattamente dei vestiti puliti nell’armadio e riesco, lasciando il
letto deluso dal poco utilizzo a cui l’ho destinato. Finalmente, scesa, mi decido
a chiedere spiegazioni
“mi spieghi dove dobbiamo andare?” ma il suo sorriso
sornione mi fa intuire che non caverò un ragno dal buco
“sappi solo che stasera ci sarà una festa” strabuzzo gli
occhi rallentando l’andatura.
“un’altra?” il ricordo della fatica che ho fatto al
matrimonio di sua cugina è ancora troppo fresco per poterlo dimenticare. Tk si
accorge della mia reazione e aspetta che lo raggiunga, prima di prendermi per
mano per intimarmi a camminare
“tranquilla, non sarà cos’ faticosa!” tenta di
tranquillizzarmi, con scarsi risultati. Saliamo in macchina e lui prova a
mettermi a mio agio facendomi chiacchierare, ma continuo a sentirmi stranamente
a disagio. Improvvisamente il ricordo della notte appena trascorsa mi assale
all’improvviso, e mi rendo conto che è passata sotto silenzio. Ora come dovrò
comportarmi? È vero che si è pur sempre dimostrato affettuoso, ma se non
volesse mostrarsi così con me in pubblico? Il mio silenzio attira la sua
attenzione e mi chiede preoccupato
“a che pensi?”. Lo guardo un po’ allarmata e le parole mi
escono di bocca senza pensarci
“cosa siamo ora io e te?” e adesso posso maledirmi per la
mia linguaccia! Scoppia a ridere tornando a concentrare la sua attenzione sulla
starda
“non so come mai, ma avevo il dubbio che ti stessi facendo
questo domanda, sai?” ma la mia espressione seria lo costringe a rispondermi:
“tu vuoi sapere cosa siamo ora? Mh…” finge di pensare. Come se fosse una
domanda difficile! Io resto sulle spine fino a che “come vuoi tu” e adesso
resto davvero spiazzata!
“come sarebbe a dire come vuoi tu?” No, aspetta, fammi
capire, lasci a me tutto il peso di questa decisione? Stai facendo per caso
scarica badile?
“Tu vuoi sapere se ora siamo fidanzati o meno?” continua a
fingere di non capire
“bhe, si, più o meno. Vorrei solo avere una situazione un
po’ più chiara, ecco” provo a spiegarmi
“ok, allora fai come vuoi” alla mia occhiata indignata si
affretta ad aggiungere “se ti va di chiamarmi amorino o quegli stupidi
nomignoli da innamorati fai pure, tanto per me è uguale!” non credo alle mie
orecchie. Per lo stupore resto anche a bocca aperta, e mi affretto a chiuderla
non appena me ne accorgo. Dal profondo sento salire una rabbia che cerco di non
far trasbordare tutta su Tk
“ok, quindi a te che stiamo insieme o meno non ti importa,
giusto?” cerco di controllare il tono di voce, ma non mi riesce troppo bene
“infatti” glissa noncurante. Ok, ora esplodo. Torno a
guardare la strada, tanto per cercare di calmarmi, e pesante come un macigno mi
arriva la consapevolezza che è stata “solo una notte di sesso”, come la
definirebbe probabilmente Tk. Certo, non c’è nulla dietro; cosa pensavo di
fare? Illusa. Una lacrima sfuggente mi cade sulla guancia. Stringo i denti e
cerco di trattenere le altre che minaccaino di seguire la compagna ribelle.
Cerco di non asciugarmela: attirerei l’attenzione e Tk capirebbe subito. Ci
mancherebbe altro che pensi che ora piango per lui! No, non sono lacrime di
dolore, queste, bensì di frustrazione, di rabbia, verso di lui e verso di me
che sono così ingenua. Probabilmente quella goccia di sale solitaria ha
attirato al sua attenzione perché allunga la mano ad accarezzarmi il viso.
Capendo la sua intenzione allontano bruscamente la testa, voltandomi verso il
finestrino; così facendo scaccio quella spia traditrice dal mio viso, ma non
riuscendo a trattenere le sue gemelle mi ritrovo con due solchi di acqua salata
sul viso.
“stai piangendo?” la sua spavalderia ora è scomparsa,
lasciando il posto allo stupore. Logico, non si aspettava tale reazione da me,
forse pensava che anche io sono fredda e calcolatrice come lui. Accosta la
macchina lungo il marciapiede, la spegne e si volta verso di me. Io, Incazzata,
deciso di non guardarlo. Solo quando mi costringe a voltarmi verso di lui
incrocio i suoi occhi, e non hanno nulla dell’espressione che credevo avessero:
preoccupazione e intensità, ecco cosa leggo in lui. “Kari, non so cosa tu abbia
capito, ma credo che sia il caso di ricominciare da capo” il suo tono
tenderebbe a tranquillizzarmi, ma in un impeto di ribellione decido di non
voler più cadere nei suoi tranelli
“cosa c’è da spiegare: io e te abbiamo fatto sesso, tutto
qui, non c’è nulla da spiegare. Solo una notte di sesso” la mia voce si
incrina, ma mi ostino a mantenere il contatto. Ora perché sembra amareggiato?
Abbassa lo sguardo e prova a prendermi le mani, che allontano prontamente. No,
non ci riuscirai ad abbindolarmi come una fessa!
“Kari” continua a ripetere il mio nome. Perché continua
ripetere il mio nome? Mi rende pazza. “Io ho detto che non mi importa se stiamo
insieme o meno, ma non perché la il fatto di essere tuo fidanzato non mi cambi
nulla, e nemmeno perché non mi interessa di te. L’ho detto perché per me quella
è solo una stupida parola. Potremmo definirmi amici, fidanzati, sposati, conoscenti
o persino parenti, quello che conta per me è che non cambi nulla fra noi”
improvvisa, la consapevolezza delle sue parole mi colpisce in pieno. Capisco
cosa intendeva, e stranamente concordo con lui. “a patto che tu continui ad
essere quella di sempre, possiamo essere quello che vuoi!” mi appoggio al
sedile, lasciandomi andare. sono davvero così sciocca? Anche Tk sento che si è
rilassato, accanto a me, ma continua a tenermi d’occhio.
“io.. io credevo che…” provo a giustificarmi
“credevi che il mio era solo un desiderio fisico!” conclude
per me la frase. Quando gli rivolgo uno sguardo addolorato mi sorride,
compiacente
“scusa” abbozzo. Ora rimango ferma, lasciandomi asciugare il
viso dalle sue mani
“tranquilla, non ci eravamo capiti” scendiamo dalla macchina
e Tk fa il giro per raggiungermi “Solo una notte di sesso?” mi chiede
sorridendo, guardandomi dall’alto in basso. Gli tiro una gomitata sul fianco,
abbassando la testa
“e dai, ero sotto choc!” mi difendo mentre mi porta il
braccio sulle spalle e mi avvicina a se.
Continuo a fissarmi incredula. L’immagine che rimanda lo
specchio non è reale. Anche nel riflesso il mio viso riflette la mia
incredulità, ma il resto è finzione: non è reale il vestito che mi avvolge
completamente, non esiste il ragazzo stupendo che intravedo dietro di me, è
frutto della mia immaginazione tutta questa scena. Non ci posso credere, e per
svegliarmi mi volto verso Tk, che da parte sua mi rivolge un sorriso
incoraggiante
“che c’è, non ti piace?” chiede con una nota di preoccupazione
“scherzi? È che non mi sembra vero” si avvicina di qualche
passo a me e mi osserva il mio riflesso da sopra la spalla
“sei bellissima” sussurra. Non posso fare a meno di
concordare con lui, ma la bellezza non è mia, ma tutta opera del vestito. Mi avvolge
completamente come se fosse stato cucito su di me, blu profondo, con un taglio
che è secondo solo ai vestiti da passerella, uno spacco vertiginoso sulla
coscia sinistra e le spalle avvolte da un foulard dello stesso colore. Mi sento
una diva sul tappeto rosso, ma so che l’incantesimo si spezzerà presto, come è
successo per Cenerentola.
“non posso accettare, lo sai!” lo riporto al presente.
Appena entrati nella boutique non capivo cosa ci eravamo entrati a fare: già
dall’esterno era chiaro che i clienti abituali erano persone importanti che
hanno bisogno di presentarsi in un certo modo; e noi non eravamo proprio fra
quelli. Non appena Tk ha annunciato il suo cognome il commesso si è diretto
senza indugi nel retrobottega, tornando con una scatola finemente elaborata:
evidentemente sbagliavo sul fatto che lui non era un cliente di questo negozio.
Credevo che da quella scatola sarebbe uscito un abito da cerimonia per lui,
invece con mia grande, anzi enorme, sorpresa ecco che davanti agli occhi mi
ritrovo questo abito eccezionale. Al mio sguardo misto fra stupore e
incredulità Tk mi spiazza con un
“è un regalo per te. Stasera sono stato invitato ad una
festa e tu verrai con me”. al mio pronto rifiuto è seguito l’intimazione a
provarlo da parte del commesso che, con mia incredulità, è scoppiato a ridere
assieme a Tk quando ho bofonchiato un
“non ci entrerò neppure lì dentro”, e così adesso sono qui a
non credere ai miei occhi.
“e perché non potresti semplicemente accettare un mio
regalo? È più semplice di quel che sembra!”
“perché non potrei ripagartelo!” sbuffa divertito
“ma se è un regalo non devi ripagarmi nulla” si avvicina
ancora di più a me,guardandomi dal riflesso sullo specchio “lo faccio con
piacere”. Detto questo mi strappa un bacio, lento, al quale non riesco
assolutamente a dire di no. “e con questo la discussione è chiusa. Rivestiti
che devo ancora fare una commissione” mi sprona dopo che ci siamo separati. Lo
seguo, e lo consiglio, in un negozio di smoking dove si prepara ad
imbellettarsi per la serata, poi, davanti ad un bar, si ferma di botto. Io lo
guardo interrogativa e vedo spuntare il suo sorriso sghembo. “se ti chiedessi
di aspettarmi qui tu lo faresti?” ci penso su un attimo e annuisco. “perfetto
allora prenditi un caffè in santa pace, io sarò di ritorno fra pochissimo” così
dicendo lo vedo scomparire dietro l’angolo. Sospirando esasperata ma anche
felice entro ad ordinarmi qualcosa da bere e torno fuori per sedermi ad un
tavolino. Con tutta la calma possibile apro la bustina dello zucchero e la
verso nella tazzina. All’improvviso sento una presenza acacnto a me che mi fa
alzare lo sguardo: un ragazzo allampanato si trova accanto a me e mi guarda.
“hai bisogno?” domando gentilmente. Lui si sposta di lato
per guardarmi in viso
“si. Potrei sedermi. Vorrei scambiare due parole con te” la
sua voce profonda mi scuote e, con un cenno della mano lo invito ad
accomodarsi. Non appena si è seduto, però, distoglie lo sguardo da me e si
fissa le mani. È un ragazzo arino ma con tratti troppo severi, come quelli di
un professore. I capelli rossi gli ricadono sulla fronte in ricci perfetti che
gli conferiscono un’aria simpatica, subito smentita dalle forme spigolose del
mento e del naso. Sembra parecchio magro, ma non malaticcio. Non riesco a
giudicarlo da un primo sguardo.
“innanzitutto; ci conosciamo?” decido di cominciare la
conversazione. Questo suo comportamento mi incuriosisce e mi spaventa
leggermente
“no” è la sua lapidaria risposta. Resto basita dalla
brutalità con cui mi ha risposto, come se volesse eliminare il semplice
pensiero che ci siamo già visti
“va bene, allora tu chi sei?” provo a indagare leggermente
irritata da questo suo comportamento
“Shibuto Tataky” risponde fissandomi, come a controllare la
reazione che mi provoca il suo nome. L’ho già sentito questo nome, ma dove?
Sono sicura che sia legato a Tk…
“piacere, Hikari Yagami” mi presento, ma un suo cenno della
testa mi suggerisce che non gli importa
“non so se Tk ti ha parlato di me” esordisce, e al mio
sguardo curioso continua “Sono un suo amico del liceo” e così dicendo ecco il
colpo di genio che stavo aspettando. Ora ricordo della giornata che abbiamo
passato in mezzo al verde in cui mi ha confessato il suo tradimento all’amico
Shibuto per causa di una ragazza. Lui ha parlato al plurale, ma non sapevo che
fossero tornati amici. Comunque annuisco ad indicargli che ho capito.
“quindi sei venuto qui per…” li incito. Ormai mi sono
stancata di giocare a questo gioco.
“sarò sincero: vi ho visti insieme in un negozio e senza
volerlo vi ho seguiti” Senza volerlo? Come si fa a pedinare una persona senza
accorgersene? Voglio vederci chiaro in fondo a questa storia.
“per quale motivo?” non mi piace questo ragazzo. Sarà per il
suo mod di fare estremamente brusco e poco educato, però non mi ispira fiducia.
“da quanto lo conosci? Tk, intendo” precisa.
“da poco più di un mese, perché?” proprio non lo capisco
“e credi di conoscerlo?” continua il suo interrogatorio
“senti, mi dici cosa vuoi?” sbotto spazientita. Non mi va
più di stare alle sue regole, ora o mi dice cosa vuole o mi metto ad urlare
“nulla. Non lo faccio per te, sarò sincero, ma voglio darti
un consiglio: stasera tieni gli occhi e le orecchie ben aperti” la confusione
che mi sta mettendo in testa è enorme, e io sono esausta e irritata
“per quale motivo dovrei starti a sentire? In fondo non ti
ho mai visto e a quanto ne so non sei in buoni rapporti con Tk. Chi me lo dice
che ti stai inventando tutto per ferirlo?” non riesco più a trattenermi, e alle
mie parole resta sbalordito: evidentemente non si aspettava che conoscesse la
loro storia
“hai ragione, non ho più avuto contatti con lui da parecchio
tempo, ma credimi se ti dico che non è il bravo ragazzo che sembra. Sappi solo
che sta nascondendo un’informazione che potrebbe farti pensare un po’. Chiediglielo
se vuoi, ma non ti assicuro che abbia il coraggio di parlartene. In fondo non è
cambiato, è sempre il solito bimbo irresponsabile di anni addietro” borbotta
più a se che a me. io non ci vedo più dalla rabbia: come osa parlare così di
lui quando nemmeno può difendersi?
“tu non sai proprio nulla. Quanto è che non ci parli? Non
puoi saperlo se è cambiato, e credo che tu sia l’ultimo che possa dirlo. Non so
neppure perché resto qui ad ascoltarti. Dimmelo tu allora che cosa mi starebbe
tenendo nascosto di così terribile” lo incito a parlare. Il sorriso beffardo
che gli si disegna sul viso mi invita a prenderlo a schiaffi, ma mi trattengo,
in nome nelle buone maniere che evidentemente lui non conosce
“Che Dio non voglia!” esclama alzando le mani come ad arrendersi
“non vorrei passare io a fare la parte del traditore: se mai vorrà dirtelo ti
spiegherà tutto lui” Shibuto si alza in piedi pronto ad andarsene “sappi solo
che per te provo tanta pena: sei l’ennesima vittima del suo enorme ego. Fai
come preferisci, ma fossi in te seguirei il mio consiglio” detto questo si
allontana con fare incedente e svolta l’angolo. Dal mio canto resto in piedi a
fissare il punto dove poco fa ho visto sparire Shibuto, a bocca aperta.
“eccomi qui! Scusa se ci ho messo molto, ma c’era fila in
negozio… Kari, stai bene?” mi riscuote Tk alle mie spalle. Cerco di riprendermi
e di assumere un’espressione più rilassata mentre lo guardo
“si si, tutto bene. Ho solo visto passare una persona che
credevo di conoscere. Allora, dove sei andato?” tento di scacciare i cattivi
pensieri, ma quelli ritornano prepotenti a farsi largo fra gli altri pensieri.
Solo incrociando il suo sguardo riesco a tranquillizzarmi un po’. Vedo
allungarmi una scatola bianca con sopra uno strano simbolo. Tk me la passa e mi
invita ad aprirla. Al suo interno trovo una collana con pietre blu marino
collegate fra loro con elaborati giochi di fili. L’ultima pietra, quella più in
basso che va a formare la punta dalla collana, ha una pietra d’argento
incastonata nel mezzo. Io rsto a bocca spalancata e lo sguardo scettica
“ho pensato che sarebbe stata benissimo assieme al tuo
vestito” mi spiazza. Questa volta non provo neppure a protestare, gli butto le
braccia al collo euforica, dimentica di quel che era sucecsso poco fa a questo
tavolino del bar. Nel tragitto verso la macchina non faccio latro che
ringraziarlo e promettergli che mi sarei sdebitata, ma ogni volta ricevo la
solita risposta: “non voglio nulla in cambio. L’ho fatto con piacere”. Provo in
vari modi a convincerlo che è troppo, ma secondo lui “ha ricevuto un aumento
con il quale ogni tanto può permettersi certi eccessi”. Arrivati alla macchina,
esausto, mi blocca prima che possa salire. “adesso basta. Te l’ho già detto un
miliardo di volte: non voglio che tu ti preoccupi di questi regali. Ricordati
che ciò che rende bella te è anche un punto a mio favore” dice prima di montare
sull’auto facendomi l’occhiolino. Lo seguo a ruota, e non appena chiudo la
portiera continua “se proprio ci tieni io so come potresti sdebitarti” allude
con un sorriso enigmatico sul volto. Io mi avvicino e gli afferro il collo
“se vuoi posso darti un anticipo subito” l’unica cosa che
vedo poco prima di chiudere gli occhi è la sua espressione: euforica, direi.
Quando mi allontano da lui, volontariamente troppo presto anche per me, lo
incito ad andare a casa, dove avremmo dovuto preparare un mucchio di cose in
preparazione alla serata, ma entrambi sappiamo che impiegheremo il tempo in
altro modo.
Non riesco ancora a credere a quello che vedo: l’abito mi
sta meravigliosamente e la collana sembra fatta apposta per stare sul mio
collo. Questa cosa non va bene: se continua così Tk mi vizierà troppo. I
capelli sono raccolti dietro la nuca a trattenere i boccoli che ricadono
dolcemente dietro. Decido che è il momento di mostrarmi, così esco dalla mia
camera. Tk è lì che mi aspetta, e appena mi vede sgrana gli occhi.
“chiudi la bocca; stai sbavando?” lo canzono divertita. Lui
mi prende sotto braccio, e sempre senza togliermi gli occhi di dosso, mi scorta
fino alla macchina. Solo adesso che vedo tutta l’altra gente mi rendo conto che
sono stra agitata. Comincio a sentire le gambe deboli e le mani che hanno un
leggero tremito che non riesco a controllare. Resto muta durante tutta la
manovra di parcheggio, e solo quando la macchina è spenta Tk si decide a
guardare che cosa ho. Allunga una mano a prendere e mie e solo ora decido che è
meglio distogliere lo sguardo da tutte le persone che stanno entrando
“sei agitata?” mi chiede dolcemente
“no” fingo, ma non ci casca
“sei bellissima e non hai nulla da invidiare alle altre
donne che saranno là dentro” indica con un cenno della testa l’edificio
illuminato
“attiro troppe attenzioni, così vestita” confesso i pensieri
che mi vorticano in testa da qualche minuto
“certo, ma perché sei stupenda. Abituatici, perché ho
intenzione di farti sentire così ancora parecchie volte” mi sorride
incoraggiante e decidiamo di scendere. Appena entriamo veniamo assaliti da un
chiacchiericcio sommesso e luci abbaglianti che si riflettono sui candelabri
appesi ai soffitti e sugli specchi. Ovunque appoggio lo sguardo vedo persone
eleganti con bicchieri in mano che parlano con altrettante persone perfette.
Aspetto che il signore vestito da pinguino con lo sguardo fiero prenda il mio
copri spalle e la giacca di Tk, poi entriamo. Una musica leggera si diffonde
ovunque, e a me sembra davvero di essere entrata in quei film degli anni venti
tipo “The Great Gatsby”. Un altro signore vestito simil-pinguino come il
cameriere all’entrata ci raggiunge e stringe allegro la mano di Tk
“salve signor Takaishi. Sono lieto di vedere che è arrivato.
E chi è la stupenda faciulla al suo finco?” chiede notando la mia presenza
“lei, signor Mawasi, è la signorina Yagami. Si è gentilmente
offerta di accompagnarmi e io sono stato ben lieto di cogliere l’occasione per
presentarvela, certo che avreste apprezzato la sua presenza.”
“ohhh, ma certo” esordisce con un sorriso e una risata
euforica e nasale “ma certo. Lieto di conoscerla” allunga la mano per
potergliela stringere.
“il piacere è tutto mio” glisso sul nome del signore, anche
perché già non ricordo più quale è.
“bene, allora vi lascio girare un po’ per il salone. Mi
auguro che passiate a trovarmi fra non molto, così potremmo scambiare quattro
chiacchiere con più calma” e dopo aver strappato a Tk una promessa di futuro
incontro, eccolo dedicare tutte le sue attenzioni ad una vecchia coppia appena
entrata dopo di noi “oh, signori Gashui, come state?” così da poterci fare
allontanare da lì. Io rivolgo prontamente uno sguardo ironico a Tk
“non sapevo fossi capace di utilizzare un linguaggio così
colto” lo canzono, ma non fa in tempo a rispondermi che un omino grassoccio con
due enormi baffoni e i capelli brizzolati lo chiama a se. Dopo le ennesime
presentazioni seguo poco la loro conversazione, più interessata al luogo e ai
personaggi circostanti: probabilmente in questa festa sono stati raggruppati i
più importanti uomini della città, accompagnati dalle mogli tutte
infiocchettate e da qualche individuo che non riesco proprio a capire cosa ci
faccia qui. Una signora sui cinquanta coperta da capo a piedi da lustrini, con
un poco naturale color rosa cipria su tutto il viso e una cofana marrone sulla
testa chiacchiera, o meglio spettegola con una signorotta poco più alta di lei,
molto piena, soprattutto sulla pancia, e un piattino stracolmo di dolcetti
nella mano destra. Non mancano bei giovanotti e stupende ragazze che
volteggiano nella sala da una persona importante ad un'altra ancor più
importante. Finalmente Tk si decide a salutare i suoi interlocutori e mi prende
sotto braccio conducendomi sicuro non so bene dove.
“mi è stato appena comunicato che tuo fratello e i miei
amici si trovano non molto lontani da qui” io lo guardo stupita
“mio fratello?” chiedo esterrefatta
“si, l’ho invitato io. Si poteva invitare qualcuno, se si
voleva. Ecco spiegato perché c’era qualche d’uno che sembrava essere capitato
lì per caso. Quando finalmente riesco ad individuate Tai mi sento sollevata:
almeno c’è qualcun altro oltre Tk che posso dire di conoscere.
“toh, veh chi c’è!” esordisce Davis. Quando tutti si voltano
a guardare i nuovi arrivati non posso fare a meno di notare che mi fissano;
tutti. Non appena mi accosto a mio fratello mi rivolge un sorriso di
compiacimento.
“urca come sei bella Kari!” si complimenta Cody. Io,
arrossendo, lo ringrazio
“è merito di Tk tutto questo” ma la sua risata mi smentisce
“forse dovresti ringraziare anche tua madre, sai?” la risata
di Tai mi lascia basita: non sono ancora riuscita ad abituarmi totalmente all’affinità
che c’è fra lui e il mio ragazzo. Peccato però che dopo qualche minuto Tk viene
portato via da una coppia di signori che richiedono la sua presenza
“ho un fidanzato ricercato” esordisco prima che anche quei
fenomeni dei suoi amici si dirigano verso non so bene chi. Guardo Tai
sorridente “non credevo che ti avrei trovato qui, sai?”
“ho accettato solo perché c’erano anche Davis, Cody e Joe.”
Precisa. Ci avviciniamo ad una coppia di signore che hanno afferrato Tai per
una manica
“Ma io ti ho già visto. Chi sei?” gli domanda quella con
quello che potrebbe essere un ermellino morto sulle spalle
“non saprei. Frequento sempre lo stadio, quindi…” ma non fa
in tempo a finire che la signora con la coroncina in testa esclama
“calcio! Certo, ti avremmo sicuramente visto lì. Fra tutta
quella gente sudata e urlante…” l’espressione di Tai non è delle più
rassicuranti: mai offendere il SUO calcio.
“ma lei chi è?” domanda la prima “la tu ragazza?” la risata
di Tai sembra averle offese, tutte quante
“no, è mia sorella” vedo lo sguardo della terza, la signora
di prima con la cofana in testa, illuminarsi
“ma si, certo, sei la ragazza di Takaishi, non è vero?” il
mio balbettare incerto conferma la sua ipotesi “certo, certo. Quel ragazzo è un
portento. Mio marito, devi sapere che mio marito è il capo, ha personalmente
voluto la sua promozione”
“certo, ma è anche un bellissimo ragazzo. Non è nemmeno
lontanamente paragonabile con il figlio della signora Fashida” con queste
parole gli occhi di tutte e tre vanno a posarsi, con tutta la cattiveria
possibile, sulla signora grassa che
avevo visto parlare con la moglie del capo. Solo adesso capisco la falsità di
queste donne.
“eh si, siete proprio carini insieme” ormai stanca di questa
situazione provo a fuggire dalle loro grinfie
“già. Ehm, vorrete scusarmi ma ho appena visto una persona”
afferro Tai per un lembo della giacca e lo trascino via da quelle tre streghe.
“non ce la facevo più” esordisco. Mio fratello scoppia a ridere, poi mi indica
un punto poco più in là
“la c’è Take. Perche non lo raggiungi?” mi invio nella
direzione che mi è stata indicata, ma prima mi giro a vedere dove sta andando
Tai: un ragazzo della sua età lo saluta calorosamente, come se fosse stato la
sua salvezza in quel luogo di matti. Ora che la distanza è minore riesco a
notare che con Tk ci sono i suoi amici, e tentenno un attimo: non vorrei
disturbarli. Sembrano divertirsi, o almeno gli altri tre. Ridono beffardi, ma
Tk sembra alquanto serio e quasi irrigidito. Improvvisa arriva a tradimento una
strana sensazione: ansia. La maledetta è strisciata silenziosa fino ad
inoltrarsi fra i miei pensieri, e rimbombano secche le parole di stamattina:
“stasera tieni gli occhi e le orecchie ben aperti… sta nascondendo
un’informazione che potrebbe farti pensare un po’… sei l’ennesima vittima del
suo enorme ego”. Che cosa intendeva? Ma io mi fido di Tk, non posso dubitare di
lui solo perché un suo vecchio amico mi ha messo la pulce nell’orecchio, ma
d'altronde una volta che il seme della discordia è stato getatto… nessuno si è
accorto della mia presenza, e ormai riesco a sentire cosa si stanno dicendo.
No, non volgio origliare la loro conversazione, non è leale!
“… così agitato. Ti ha fatto uno strano effetto. Fino a poco
fa avresti saltato dalla gioia”
“si, ma questa situazione è diversa” commenta Tk sulla
difensiva
“no che non è diversa: tu hai fatto una scommessa e l’hai
vinta. Ti meriti tutti i soldi che ti dobbiamo” esclama serio Davis
“no ragazzi, non qui, non vorrei mai…” prova malamente a
difendersi, ma le parole gli muoiono in gola
“che ti scoprisse. Certo. Però devi ammettere che è stato
fatto tutto con estrema legalità: insomma, nessuno a forzato Kari a fidanzarsi
con te, no?” scherza Cody
“no, infatti, però mi fa uno starno effetto parlarne” il
tono della voce di Tk mi fa intuire che stia sorridendo. Da quando ho sentito
il mio nome ho aguzzato le orecchie: di che stanno parlando? Cosa centro io con
una scommessa?
“si, ma è anche fortuna, però. Guarda un po’ te il caso:
proprio il giorno della scadenza tu salti su con il fatto che vi siete messi
insieme. Non è vero che ti sei visto messo alle corde? Di la verità, non ti è
mai piaciuto perdere, vero?” I tasselli del puzzle cominciano a mettersi a
posto e le idee ora mi sono molto più chiare. Un improvviso singhiozzo mi sale
alla gola, non riesco a trattenerlo del tutto e mi esce uno starno suono
strozzato. Con gli occhi fissi sulla schiena di Tk lo vedo girarsi
improvvisamente. Non voglio sentire neppure una parola, così lo attacco subito
“Ora capisco il tuo improvviso cambiamento di ieri. Da
quanto tempo voi quattro avevate scommesso su di me?” sento gli occhi che
cominciano ad inumidirsi
“no Kari, aspetta, non hai capito…” prova a difendersi Tk,
ma non intendo ascoltare ulteriori stronzate dalla sua bocca. Solo adesso noto
quante bugie mi sono state dette
“no, infatti. Sono io che sto fraintendendo, vero? Quindi
voi non avete scommesso sul fatto che ci saremmo fidanzati, giusto? E scommetto
che è stato tutto un puro caso che ti sei accorto di quel che provavi proprio
l’ultimo giorno della scommessa, eh?” Davis, Cody e Joe sono letteralmente
gelati sul posto, ma Tk prova ad avvicinarsi a me. indietreggio di qualche
passo; voglio mettere la maggiore distanza fra noi due.
“non è così. Io non ho finto Kari, devi credermi” sbuffo
sfoggiando un sorriso divertito
“no, ci credo. E dimmi, magari il fatto di avermi anche
portato a letto ha aumentato a posta in gioco? Quanto ti è valsa la mia
performance? Venti, trenta Yen?” le lacrime scendono a sbavarmi probabilmente
il trucco, ma non riesco a fermarle
“no Kari, non è vero” continua a provare a convincermi, ma
con scarsi risultati. Alzo le mani per fargli capire di non toccarmi, perché
ormai la distanza fra noi è minima. Al contrario Tk abbassa le braccia
afflitto, e nel suo sguardo leggo dispiacere, tristezza. O forse è sconfitta?
“ora mi sono chiare tante cose. Il tuo continuo interesse
nei miei confronti non era dato da qualcosa di vero” prova ad aprire bocca, ma
io non glielo permetto “Shibuto aveva ragione stamattina: sei un bimbo
irresponsabile, egoista e non sei cambiato affatto dal liceo” queste parole lo
lasciano scioccato sul posto, e io ne approfitto per andarmene. Lungo la strada
mi sento prendere per le spalle da qualcuno, ma non mi divincolo, perché
capisco subito che è mio fartello
“Kari, che è successo?” mi domanda preoccupato “ti ho visto
discutere con Tk e…” si blocca alla vista delle mie lacrime
“portami a casa, ti prego” lo imploro. Senza ulteriori
domande mi prende per le spalle e comincia
a farsi largo fra la folla. Appena mi ha depositata in macchina si china
alla mia altezza
“aspettami qui, torno subito. Vado a prendere le giacche e
poi andiamo”. Mi parla in tono dolcissimo e io gliene sono davvero grata. Lo
guardo sparire di nuovo fra tutta la gente e non distolgo gli occhi dalla porta
Finché non lo vedo ricomparire. Dietro di lui c’è Tk che gli parla concitato.
Tai si blocca sull’ultimo scalino e gli rivolge finalmente la parola. Mi sembra
amareggiato, ma non arrabbiato. Se fosse successo tempo addietro probabilmente
gli avrebbe spaccato la faccia, ma non è comunque quello che voglio. Tk
continua a rivolgersi a mio fratello, il quale, alla fine gli dice una sola
parola, scuote la testa dispiaciuto e si dirige verso di me. io resto a fissare
Tk distrutta fino a che anche lui non mi nota. Appena si accorge che lo sto
guardando scuote la testa, come se fossi arrivata alla conclusione sbagliata,
ma non riesco a pensare ad altro. Tai risale in macchina e senza una parola
mette in moto. Solo quando siamo tornati sulla strada principale si decide a
rivolgermi la parola: “ora mi spieghi che cosa è successo?”. Guardo i lampioni
passarmi accanto con poco interesse. Sospiro.
“cosa ti ha detto prima?”
“non ho capito. Parlava di uno sbaglio. Ho solo intuito che
era dispiaciuto e che voleva parlarti, ma gli ho detto che non mi sembravi in
vena. Gli ho chiesto di lasciarti stare per stasera”
“grazie” sussurro, grata della sua delicatezza.
“dove ti devo portare?” mi domanda all’improvviso
“a casa di Takeru. Devo riprendere la mie cose” quante cose
che dovrei raccogliere sparse in giro, ma decido che lascerò lì la maggior
parte di ciò che non mi serve.
“e dopo dove andrai?” chiede preoccupato
“non lo so. Starò per un po’ dalla mamma, poi deciderò sul
da farsi. In questo momento è tutto confuso…” trattengo a stento un singhiozzo,
ma le lacrime escono imperterrite quando la sua mano si avvicina a sfiorarmi
una guancia. Tai, quanto vorrei in questo momento potermi rannicchiare sulle
tue gambe come facevo quando ero piccola e avevo bisogno di conforto. Arrivati
intimo Tai ad aspettarmi dieci minuti: il tempo necessario a radunare i vestiti
e gettarli nella valigia. Appena entrata mi dirigo nella mia camera, mi spoglio
del vestito e arraffo i vestiti che trovo in giro. Le scarpe le butto alla
rinfusa, afferro un foglio e una penna. Appena entrata nella camera di Tk
deposito sul suo letto la collana e il foglio che ho scribacchiato velocemente:
“Questa te la restituisco, non la voglio
più. Del vestito credo che tu non sappia di che fartene, perciò mi auguro che
bastino come rimborso” assieme al foglio butto qualche bigliettone sul
letto,a ripagarlo dell’abito. Afferro al volo la valigia e torno in strada, da
dove Tai non si è mosso. Risalita in macchina gli chiedo di ripartire, e in
silenzio ci dirigiamo a casa dei nostri genitori. Solo quando alzo finalmente
gli occhi mi accorgo che non siamo dove credevo di essere: “Tai, perché siamo venuti
da te?” il suo silenzio mi rende agitata. Finalmente si decide a spiegarmi
“in questo moneto non hai bisogno semplicemente di un letto
in cui dormire e un tetto sulla testa. Se andassi dalla mamma non ti sentiresti
meglio. Ora quel che più hai bisogno è una spalla su cui piangere e qualcuno su
cui contare” mi sussurra serio. Lo guardo, e la sua dolcezza mi fa finalmente
sorridere. Gli stringo le braccia al collo, e mentre le lacrime riprendono a
scendere copiose, mi lascio invadere dal piacere di un fratello con il cuore
bello come una rosa appena sbocciata.
Angolo autrice:
Salve. Scusatemi se non sono prodiga di allegria, ma questo
capitolo mi ha messo un po’ di tristezza. Il mistero è stato svelato, dunque.
Lo immaginavate? Voglio sapere le vostre opinioni, or su dunque. Mi è piaciuto
scrivere questo capitolo, anche se è una cosa tristissima, ma non vedevo l’ora
di vederlo compiuto. Ad essere sincera ci ho messo un casino di tempo a
concluderlo, ma ne è valsa la pena. Chissà, forse avevo paura a versi compiuto
il penultimo capitolo… ebbene si, mi spiace rattristarvi, ma il prossimo sarà
quello definitivo. E adesso posso svelare il mistero del film che avevo
accennato nei commenti del primo capitolo. Avverto subito che c’è un solo
particolare che accomuna il film alla mia fic! Nella commedia “come farsi
lasciare in dieci giorni” i due protagonisti intraprendono la loro relazione
dopo che ognuno ha scommesso sull’altro con gli amici. Lei scommette di farsi
lasciare in dieci giorni, lui di riuscire a restare con lei per più di dieci
giorni. Alla fine si scopre tutto. Ora, in comune c’è solo la scommessa (che
nel mio caso fa solo Tk), la scoperta da parte della donna e il relativo
troncamento della relazione. Ora vorrei fare una breve digressione sulla festa:
l’atmosfera che immagino si respiri a questa festa super chic è tipo quella che
si vede nel film di Jack Clayton con Robert Redford
e Mia Farrow
“The Great Gatsby”(il grande Gatsby, tratto dal romando di Francis Scott Fitzgerald) ma con meno
eccessi. Le signore tutte imbellettate le ho appositamente descritte
ridicolizzandole, perché me le immagino perfette in quel contesto: snob e
spocchiose. Ok, adesso mi piacerebbe sapere che opinioni vi siete fatte di
questo capitolo, e mi auguro di rivedervi tutte e tutti qui per l’epilogo della
storia. Grazie di tutto e un immenso bacione pieno d’affetto
Mami
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Capitolo 12 *** XII-The story ended ***
XII-The story ended
Il giorno dopo mi negai a chiunque. Quando stamattina ho
riacceso il cellulare, più per l’esasperazione di Tai che per mia volontà, ho
scoperto una ventina di chiamate. Tre o quattro erano di Yolei, di mia mamma e
di Cody; le restanti tutte di Takeru. Tai è stato splendido rispondendo per me
tutte le volte che qualcuno chiamava il suo cellulare per sapere come stavo.
Yolei si è sperticata in offese ed epiteti poco consoni ad una ragazza; tutti
all’indirizzo della solita persona. I miei si sono detti tristi per me, ma non
gli ho spiegato fino in fondo le motivazioni sulla mia decisione di lasciarlo.
Tai continua a non esprimere giudizio sul suo nuovo amico, ma non lo voglio
obbligare a prendere posizione: sto già abbastanza male per conto mio senza
dover mettere in mezzo anche lui. Adesso sono alla ricerca di un mini
appartamentino che mi possa accogliere momentaneamente, finche non troverò una
sistemazione definitiva, ma fino a quel giorno Tai si è detto disponibile ad
accogliermi da lui. cerco invano di riprendere la vita che conducevo prima, ma
mi sembra tutto più difficile, ora. Tk mi aveva abituato ad una vita sociale
più attiva, e almeno questo aspetto cerco di non perderlo del tutto. Oggi
pomeriggio, rientrando dal lavoro, ho incontrato Davis. Alla sua vista mi sono
bloccata, ma poi ho continuato la mia marcia come se non fosse lì davanti a me
“Kari, ti spiace se parliamo un attimo?” ha tentato di
fermarmi
“ehm, si. Ho da fare, scusa ma devo andare” ho cercato di
liquidarlo voltandomi a guardarlo
“si tratta solo di un secondo” cercava di convincermi
piazzandosi davanti a me
“non ho intenzione di ascoltarti per più di mezzo secondo”
sbuffo esasperata, sperando che non mi infastidisca più
“dovresti chiamare Tk” confessa subito. L’espressione che mi
si disegna è di puro stupore
“ma dai, non dirmi, e magari devo pure ascoltare quello che
ha da dirmi?” lo schernisco in falso tono sorpreso
“lui non voleva che tu sentissi” borbotta a occhi bassi
“avrebbe dovuto pensarci prima di scommettere con voi” lo
liquido girandogli intorno e lasciandolo sul ciglio della strada più abbattuto
di come l’ho trovato.
“bhe, forse dovresti dargli una seconda possibilità. Io l’ho
fatto” tenta di convincermi adesso Tai.
“tu non gliene hai mai data una seconda: quando l’hai
conosciuto l’hai preso in antipatia, poi Maya ti ha convinto a conoscerlo e
adesso sono tutte rose e fiori fra di voi. Questa è l’unica possibilità che gli
hai concesso” sbotto infuriata lasciando cadere la forchetta nel piatto ancora
pieno con un tintinnio
“è vero, però mi sono almeno limitato ad ascoltarlo, non mi
sembra che tu stia facendo lo stesso” continua ad accusarmi. Allontano schifata
il piatto da me e mi alzo in piedi
“il fatto che siate diventati grandi amiconi non fa di
Takeru l’angioletto che tu credi che sia. Non ho più fame, vado in camera!”.
Non è possibile che tutti giochino a mettermi i bastoni fra le ruote: se ho
deciso di non volerlo ascoltare così deve essere. Mi butto sul letto esasperata
e abbraccio il cuscino, mio unico compagno. Un leggero colpo alla porta mi
indica che Tai sta aspettando il mio “avanti” che non arriva. Sento la porta
aprirsi e poi richiudersi, infine un corpo sedersi accanto a me. Mi appoggia
una mano sulla mia spalla, indeciso sul da farsi e scoraggiato dal mio silenzio
resta così per un po’.
“sai perfettamente che sono dalla tua parte, Kari.” Una
risata strozzata mi esce dalla gola. Che suono raccapricciante!
“davvero? Perché non si direbbe. Se fosse successo un mese
fa lo avresti preso a botte” il suo silenzio mi fa capire che non ho tutti i
torti
“il fatto che non l’ho ancora fatto non vuol dire che non ne
abbia voglia, ma quello che ti dissi un po’ di tempo fa è vero: sei grande e te
la devi vedere tu con lui, non io. Tk sa quel che penso, ma non ho intenzione
di intervenire”. Resto immobile a pensare alle sue parole
“e se io non volessi risolvere niente?” chiedo scoraggiata
“che cosa ti cambierebbe? Se vi parlaste avresti l’occasione
di sapere perché l’ha fatto e lui potrebbe provare a chiederti scusa, ma non
hai nulla da perderci, giusto?”
“ho paura che possa imbambolarmi con i suoi paroloni e farmi
fessa un’altra volta.” Volto la testa a guardarlo in faccia “e se torna a
ferirmi?” do voce ai miei dubbi. Mi sorride tenero
“so che sei intelligente e non ti farai incantare da lui. se
capisci che la vostra storia non potrebbe mai continuare, bhe allora potrai
davvero lasciarlo perdere. Ma prima dovresti giocarti tutte le carte
disponibili senza lasciarne neppure una inutilizzata. Non sia mai che in futuro
il rimorso di qualcosa che avresti potuto fare e non hai fatto ti porti a stare
ancora peggio” dopo avermi accarezzato la testa fa per alzarsi, ma lo chiamo
prima che possa allontanarsi
“grazie!” dopo essersi chinato per baciarmi sulla guancia
esce di nuovo dalla stanza, lasciandomi con i miei pensieri.
Sono seduta al tavolo di un bar da sola. La cosa fa senso
anche a me, ma avevo bisogno di uscire per pensare un po’. Le occhiate truci
che lancio fanno rinunciare chiunque ad avvicinarsi, perché per adesso nessuno
è venuto a scocciarmi. Fisso la mia lattina di Coca come in trance.
“come mai una così bella ragazza è seduta qui tutta sola?”
alzo lo sguardo lentamente e lo fulmino. Avevo già riconosciuto la sua voce,
quindi non sono sorpresa
“cosa vuoi Takeru?” chiedo poco gentile. Senza neppure
avermelo chiesto si siede di fronte a me
“parlare? Sai, ne approfitto delle poche opportunità che mi
si presentano” sospiro stanca
“come facevi a sapere che ero qui?” chiedo più per
educazione che per vera curiosità
“ho ricevuto un informazione dalla mia spia” mi indica un
ragazzo seduto al bancone che fa lo gnorri
“certo, e come se no?” non ho intenzione di affrontare
l’argomento, quindi mi eclisso nel mio silenzio tombale
“di la verità: tu non hai ancora deciso se perdonarmi o
meno, vero?” mi scanso i capelli dal viso e mi sfrego gli occhi, stanca
“no, infatti. Ad essere sincera cerco proprio di non pensare
a ciò che è successo” confesso con una voce monotona
“ti posso spiegare?” la rabbia che fino ad adesso ho cercato
di reprimere ritorna tutta insieme, affogandomi
“no, non c’è nulla da spiegare” cerco di controllarmi, ma
con pochi risultati
“questo lascialo decidere a me, ok?” mi invita ad uscire
seguendolo con un cenno della testa. Io, controvoglia e sbuffando, mi alzo e lo
seguo a un metro di distanza. Mi stringo nel giaccone non appena esco dal
locale, e senza una parola Tk si dirige a ovest. Quando finalmente decide di
fermarsi resto a debita distanza, a portata di voce. Lui si siede su una panca
a bordo strada e mi fissa, aspettando una mia mossa “puoi anche sederti sai?
Non mordo” sembra stizzito. Lo guardo
desiderosa di andarmene
“Tk…” provo ancora a protestare, ma non ne ho il tempo
“Hikari, sai perfettamente che non ti costa nulla
ascoltare!” se usa il mio nome intero vuol dire che è davvero scocciato. Lo
accontento e aspetto le sue spiegazioni, che però sembra non arrivino
“quindi…” provo a incoraggiarlo, ma il modo in cui lo dico
non fa altro che irritarlo maggiormente
“per favore, adesso piantala di usare questo tono!” sta
cercando di controllare la rabbia, e sento ondate di frustrazione invadermi
“va bene. Dimmi quello che hai da dirmi” riprovo più
conciliante
“così va meglio. dunque, innanzitutto posso sapere quella
storia di Shibuto?” rimango spiazzata: non mi aspettavo questa domanda
“bhe, l’ho incontrato quando mi hai lasciato al bar e mi ha
chiesto di accomodarsi. Mi ha detto di qualcosa che mi tenevi nascosto e che
non mi avrebbe fatto piacere. Diceva che mi stavi ingannando e che ero una tua
vittima. Non è stato troppo dolce nei tuoi confronti” concludo volgendo
velocemente lo sguardo verso di lui. mi sta guardando curioso.
“e tu gli hai creduto” non è una domanda. Rimango ferita
dalle sue parole fredde e glaciali
“no” mi scaldo subito incrociando il mio sguardo di fuoco
nei suoi occhi amareggiati. Ce l’ha con me. “non gli ho creduto e ti ho difeso.
Volevo solo dimenticare le sue parole, ma quando ho visto te e gli altri tre
che borbottavate fra di voi ho avuto dei pensieri” cerco di calmarmi respirando
a fondo
“quindi ai deciso di origliarci senza prima chiedermi nulla”
conclude. Adesso è il suo tono a mandarmi in bestia
“mi stavo avvicinando e ho cominciato a sentire quello che
dicevate. Stavo per attirare la tua attenzione quando mi hai nominato me e una
scommessa. Solo allora mi sono bloccata. E se proprio vuoi saperlo non era mia
intenzione origliarvi” sottolineo sprezzante l’ultima parola.
“ma non me ne hai parlato prima” dispiacere e delusione si
confondono sul suo viso
“mi avresti detto la verità?” sussurro triste a occhi bassi,
già sapendo la risposta. Il suo silenzio conferma la mia ipotesi. “comunque non
siamo venuti qui per accusarci” riprendo il discorso dopo poco
“hai ragione. Comincerò dall’inizio: ti ricordi quando ci
siamo incontrati per la prima volta?” annuisco “e della scommessa che mi avevi
proposto?”
“quale, quella che non saresti durato più di due mesi?” ogni
particolare di quella sera mi è chiaramente stampato in mente
“proprio. Non appena te ne sei andata Cody, Davis e Joe mi
hanno raggiunto al tavolo ostentando vittoria: credevano che non avessi
ottenuto il tuo numero, ma io li ho spiazzati annunciando che, oltre ad avere
vinto la loro scommessa ne avevo fatta una specie anche con te. Ovviamente la
nostra non valeva come ufficiale, ma loro hanno colto la palla al balzo: se mai
fossi davvero riuscito a sopportarti, per così dire, per due mesi, allora mi
avrebbero dovuto dei soldi” la pausa che si prende mi fa voltare per guardarlo:
è assorto in chissà quali pensieri. Finalmente si volta a guardarmi e provo a
sorreggere il suo sguardo “Kari, tu sei davvero una bella ragazza e non mi sei
mai dispiaciuta, dico sul serio. Il primo giorno che ti ho invitato a mangiare
fuori non l’ho fatto solo per la scommessa. Certo, adesso posso ammettere che
inizialmente non ti avrei giudicata come il mio tipo di ragazza, ma ho dovuto
ricredermi” resto raggelata a pensare se prenderla come un’offesa o meno. “ho
continuato il giochetto per un po’ ma poi mi sono accorto che non ti cercavo
solo per la scommessa: ho iniziato a considerarti sempre di più come un’amica,
poi qualcosa è cambiato. Tutti lo vedevano, e così anche i miei amici. Un
giorno mi hanno preso da parte e hanno voluto aumentare la posta in gioco: se
mai fossi riuscito a mettermi con te entro il tempo già precedentemente
stabilito avrei avuto una somma maggiore.” Sento un senso di vuoto
impossessarmi di me con una velocità impressionante. Decido di interromperlo.
“e tu non hai potuto rifiutarti, giusto?” la voce apatica
che mi esce non sembra neppure la mia. Anche Tk se ne deve essere accorto
perché mi guada preoccupato
“non ho mai detto di non essere nell’errore Kari.” Mi lascia
qualche secondo per ragionare. “ti ricordi il giorno che ti parlai di Shibuto?”
al mio cenno continua “e quindi ti ricorderai della nostra litigata iniziale,
si?” torno a guardarlo perplessa, senza capire cosa centrasse questa storia
“da quando eri arrivato ti sei mostrato intrattabile?” provo
a ricordare, e il suo sorriso mesto conferma la mia ipotesi
“brava, hai una buona memoria. E ricordi quale scusa usai?”
ci penso un po’ su. Avevo paura che fosse successo qualcosa a… cosa c’era
stato, il compleanno di sua madre? Si, ora ricordo
“i tuoi amici!” sussurrai appena, ma abbastanza forte perché
mi sentisse
“esatto. Ci trovammo per fare colazione e proprio quel
giorno mi chiesero di aumentare la posta in gioco. Come ti ho già detto
sbagliai ad accettare, ma me ne resi davvero conto quando salì in macchina per
raggiungerti: quello che stavo facendo era quasi meschino, soprattutto nei tuoi
confronti, e non ero affatto fiero della mia scelta. Per quello ero così
intrattabile: ce l’avevo con me stesso.” Questa volta il sorriso che mi rivolge
è dolce e contiene tutto il dispiacere che non mi ha confessato. “anzi, ad
essere sincero anche prima di quel giorno mi trovai a chiedermi se stavo
facendo la cosa giusta nei tuoi confronti, ma allora decidevo di scansare quei
pensieri e continuare per quella strada; era più facile. Ma quel giorno che
scommisi sul nostro fidanzamento mi sono sentito davvero una merda. Sai, è
stato allora che mi sono innamorato” a quest’espressione sgrano gli occhi e
alzo la testa sbigottita, guardandolo. Non riesco davvero a credere a quello
che mi ha detto perché anche io, quel giorno, sdraiati sul campo, ho realizzato
che cosa celavano i miei sentimenti. Cerco di riprendermi, ma con scarsi
risultati
“e perché dopo non hai declinato la scommessa, se ti faceva
stare male?” chiedo con la voce strozzata
“altro mio errore. Ho sempre creduto di poter passare la faccenda
sotto silenzio, ma forse solo perché non avevo il coraggio di ammettere che il
mio comportamento era da vero cretino” concordo annuendo, facendolo così
sorridere. “Un giorno Joe mi parlò per caso di Shibuto, dicendomi che l’aveva
incontrato per strada e aveva deciso di invitarlo a bere un drink, in memoria
dei vecchi tempi. Lì si erano raccontati del più e del meno, chiedendo prima
l’uno poi l’atro delle sorti di vari amici di cui avevano perso traccia. Finché
Shib non volle sapere di me. Joe cominciò con il raccontargli del lavoro e
altre cose che tutti sanno, ma alla domanda “e con le donne?” a Joe gli scappò
detto di te. In buona fede gli raccontò del nostro incontro e delle scommesse
fatte tra noi, ma evidentemente a Shibuto questo giochetto che credeva stessi
conducendo con te è parso il pretesto per vendicarsi, visto che è venuto a
parlartene” adesso tutto mi è chiaro, solo ora tutti i tasselli tornano al loro
posto: Shibuto mi ha parlato di Tk in quei termini perché era venuto a
conoscenza di tutto. Un moto di stizza mi attraversa ripensando al suo
atteggiamento al tavolino del bar: la sua sfacciataggine non era dovuta a un
tentativo di avvertirmi; quanto più voleva vendicarsi a costo di far stare male
anche me. “Poi è arrivata quella sera.” cero di riprendere il controllo di me e
ascoltare la fine della storia “La promozione mi aveva messo su di giri, ma
l’idea che più mi rimbalzava in testa era quella di renderti partecipe, di far
si che festeggiassi con me. Quello che è successo quella sera, tutto quanto,
non avrei mai potuto immaginare che sarebbe successo.” Ora la mia attenzione è
tutta per questi occhi azzurri che mi hanno legata al posto. “Nulla era
premeditato, e mai e poi mai avrei pensato quale sarebbe stata la conseguenza
del mio gesto, sia nel presente che nel futuro. Per quel che ne sapevo avresti
potuto rifiutarmi, oppure pretendere che rimanessimo solo amici. Quel giorno
per me resterà memorabile, il più bello e comunque il più fortunato, ma non
perché abbai vinto la scommessa, ma perché finalmente ero riuscito a farti
capire cosa provavo per te, e tu ricambiavi pure. Ad essere sincero Kari,
quando il giorno dopo ho detto a Cody che ci eravamo messi insieme, è stato lui
a ricordarmi che il termine ultimo della scommessa era proprio quel giorno, ma
se non fosse stato per lui non me lo sarei mai ricordato, perché non mi
importava nulla di quella stupida scommessa fatta mesi prima.” Ora che il suo
racconto è finito posso ragionarci sopra, ma solo una domanda mi ronza in testa
insistente. Lo guardo seria, voglio fargli capire il mio dubbio.
“Tk, ho apprezzato la tua sincerità, ma purtroppo c’è un
problema”
“e cioè quale sarebbe?”
“come posso tornare a fidarmi di te?” la mie parole sono
come uno schiaffo, e la sua espressione ne sono il chiaro esempio. Forse
credeva che la sua sincerità mi avrebbe scosso… “sappi che tutto ciò che mi hai
detto lo condivido perché è la stessa cosa che provo per te, ma non posso
pensare che hai fatto tutto questo giocando con me” mi alzo aspettando che
faccia lo stesso
“ma noi potremmo formare una coppia meravigliosa” prova a
dissuadermi con la forza della disperazione. Sento la sua angoscia come fosse
la mia e ne sono maggiormente ferita. Allungo una mano ad accarezzargli una
guancia
“scusa” riesco solo a mormorare prima di andarmene,
lasciandolo solo davanti alla panchina.
L’unico suono che c’è in cucina sono le nostre forchette
contro i piatti. Tengo gli occhi piantati sulla pasta, ma con la coda
dell’occhio vedo Tai che ogni due bocconi mi guarda come se stesse aspettando
un mio crollo di nervi. La terza volta in meno di dieci minuti guarda
l’orologio e sussulta. Finisce di mangiare in fretta e furia per poi uscire
all’esterno. Quando rientra ho quasi finito di pulire il mio piatto. Si
appoggia con una mano alla sedia di fronte a me e l’altra al fianco,
guardandomi con aria divertita e superiore
“c’è qualcuno per te alla porta” resto ferma al posto
“strano, non ho sentito suonare nessun campanello” so che
sta tramando qualcosa, ma ho paura a sapere cosa
“fidati di me, vai alla porta!” mi incita. Con più timore
che curiosità mi dirigo verso l’uscita con lui alle spalle. Non appena apro non
credo ai miei occhi: uno striscione legato a un estremo alla canala di casa e
l’altro legato a un mattone e gettato su un ramo dell’albero recita le parole
“ti chiedo ancora scusa” con una calligrafia palesemente fatta a mano, e un
cupido bamboccio completo di mutandine azzurre e arco con freccia incoccata
dondola da destra a sinistra facendo tremare pericolosamente lo striscione.
Sotto quest’ultimo c’è Tk, con una faccia seria e triste che mi fissa. Sposto
leggermente la testa a parlare con Tai
“tu ne sapevi qualcosa?” chiedo stralunata
“io? Assolutamente nulla!”
“sei un pessimo attore, sappilo!” commento sarcastica. La
voce di Tk mi riporta alla realtà
“ormai non so più come dirtelo, ma te lo ripeterò
all’infinito: mi dispiace Kari e se potessi tornerei indietro. Potrei cercare
di dimenticarti in modi facili, e sai che ne sarei stato capace fino a qualche
mese fa, ma conoscerti mi ha cambiato profondamente e l’unica persona che
voglio accanto a me sei tu. Ti chiedo solamente di darmi una seconda
possibilità per farti capire quanto quello che ti ho detto ieri sia vero. Te ne
prego Kari, sei l’unica cosa che mi permette di andare avanti e che rende
felice ogni mio sguardo al passato. Per favore”. Rimango sbalordita da tutta
questa messa in scena quando una folata di vento fa dondolare maggiormente
quella specie di putto appeso, il quale rimbalza sul filo con forza maggiore,
facendo così da contrappeso al mattone che lega lo striscione, facendolo
catapultare dal ramo su cui è stato messo. Questo compie un cerchio ampio fino
a colpire in pieno il petto di Tk, scagliandolo a cinque metri da dove si
trovava pochi secondi fa.
“oddio, Tk!” esclamo preoccupatissima fiondandomi verso di
lui, ancora steso a terra a braccia aperte. Appena lo raggiungo mi butto in
ginocchio al suo fianco e fisso il suo viso immobile, a occhi chiusi. “Tk, stai
bene?” gli chiedo agitata
“sono stato meglio” è la sua risposta strozzata. Tai mi
raggiunge ma non si china neppure
“tutto a posto? Devo chiamare qualcuno?” all’accenno
dell’ambulanza apre gli occhi di scatto guardandolo allarmato
“no no, davvero, sto bene” la risatina di Tai mi fa voltare
verso mio fratello, indignata
“ok, allora vi lascio soli” ma guardatelo, beato come se
nulla fosse successo!
“sei sicuro? Ti senti bene?” continuo a fissarlo per cercare
segni che mi consiglino la pronta chiamata all’ospedale
“adesso che sei qui si” la mia stizza lo rende di nuovo
serio
“non dire idiozie, parlo sul serio”
“anche io. Quindi cosa ne dici della mia idea?” chiede
sorridendo e provando a sedersi
“solo tu potevi pensare a una cosa del genere. Cosa ti salta
in testa poi di usare un mattone e di non fissarlo? Avresti potuto ucciderti!”
inveisco
“ma non è successo, quindi…” la sua tranquillità mi rende
pazza, visto che io sono preoccupata a morte
“ma hai rischiato” continuo per la mia strada
“te l’ho detto, ora sto bene, e aspetto una risposta” mi blocco
pensierosa
“a quale domanda?” il sorriso sbieco che mi rivolge mi
lascia intontita
“alla mia dichiarazione” resto silenziosa a pensare mentre
la sua agitazione aumenta mano a mano
“bhe, non saprei” comincio titubante ma poco convincente, evidentemente,
perché Tk mi stringe a se baciandomi con foga. Io rimango inizialmente immobile
pensando a come dovrei reagire (uno schiaffo seguito da maledizioni e
intimazioni a stare lontano da me), ma la situazione mi scappa di mano, così mi
ritrovo a ricambiare. Quando si allontana da me con gli occhi che gli brillano
e un sorriso euforico abbasso lo sguardo, vergognandomi leggermente della mia
debole volontà
“dovevo rischiare di ammazzarmi per convincerti?” gli
assesto un pugno nel punto reciso dove l’ha colpito il mattone, lui trasale e
si massaggia il punto con viso dolorante
“tu sei un enorme idiota senza cervello, ecco cosa sei!”
sbotto irritata dando voce a tutta la preoccupazione fino ad ora trattenuta
“ahia” si lamenta continuando a toccarsi il punto dolente
“così impari” commento alzandomi “e muoviti che facciamo un
salto al pronto soccorso: non voglio averti sulla coscienza se ti senti male”
commento acida, sorridendo al pensiero di quello che ha fatto per me, anche se
gli è costato un mattone scagliato addosso. Afferro la borsa e le chiavi poi
torno all’esterno
“adesso sarai sempre così gentile? No, perché in tal caso
vedrò di procurarmi altri rischi alla salute per farti correre al mio
capezzale” chiede seguendomi. Sbuffo divertita, cercando di celare il mio
divertimento sotto uno sguardo severo
“finche non riterrò di averti perdonato si” sento
scalpicciare e all’improvviso me lo trovo a fianco con una mano a stringermi il
fianco e un sorriso meraviglioso tutto per me.
La giornata non è delle migliori, ma non me ne può importare
di meno. I bimbi corrono nel salone con le mamme dietro, esasperate, e cercano
di riacciuffarli per far mangiare loro il dolce. Il vociare allegro raggiunge
il soffitto coperto da palloncini. L’ennesima coppia di conoscenti viene al
tavolo per congratularsi del mangiare, della cerimonia, di questo o di
quell’altro. I miei occhi non possono che cadere ogni due minuti sull’uomo
seduto al mio fianco, bellissimo e solare. Non riesco ancora ad abituarmi
all’idea di chiamare Tk “marito”, mi suona strano. Guardo amorevole come una
mammina il tavolo con gli anziani che hanno deciso di partecipare al mio
matrimonio. Ormai sono vicinissima al traguardo da direttrice, e loro si sono
davvero affezionati a me. Purtroppo non tutti sono riusciti a venire, ma si sono
comunque congratulati. Gli alunni di Tk continuano a guardarmi come se non
avessero mai visto una donna in vita loro, ma non voglio sapere per quale
motivo. Il suo capo, direttore della scuola in cui lavora adesso, ci ha fatto
come regalo la band che è pronta, nell’angolo, per cominciare a suonare.
Purtroppo non è potuto unirsi ai festeggiamenti, ma la moglie si trova in
ospedale per partorire il terzo figlio; come possiamo biasimarlo. Dopo due anni
che stavamo insieme Tk aveva deciso di cambiare lavoro; non era più così
entusiasta della scelta che aveva fatto da giovane, così ha colto la palla al
balza accettando il posto da professore di lettere che gli avevano proposto.
Adesso non partecipiamo più a feste super chic, ma entrambi non ne sentiamo la
mancanza. La sua mano si allunga sul tavolo a prendere la mia e torno a
guardarlo, rimanendo ancora senza fiato.
“sei bellissima” mi ripete per la settima volta, e ancora gli rispondo con un bacio
“anche tu”. Qualcosa di piccolo e morbido si schianta contro
le mie gambe. Lo tiro su e me lo appoggio sulle ginocchia
“zia sei tatto bella, sai?” i ricciolini biondi fremono a
ogni movimento
“grazie amore, come sei dolce” gli stampo un bacio su una
guanciotta piena e con una risatina acuta scende dalle mia gambe e corre in
contro al suo papà. Matt lo prende al volo e prova a rimetterlo sulla sedia, ma
con scarsi risultati, dovendo così riprendere a seguirlo per tutta la sala.
“hai intenzione di far fare ginnastica a Matt per tutto il giorno?” chiedo a
Sora che sussulta sorpresa, non avendomi visto arrivare da dietro
“gli fa bene, così dimagrisce un po’ anche il piccolo” rido
divertita
“poverino, è così dolce con quelle gambotte piene” provo a
difenderlo
“si, ma il papà esagera a dargli da mangiare. Capisco
viziarlo, ma lui va oltre ogni limite”
“è inutile, tanto Takumi è il cocco dello zio. Il papà non
può nulla contro di me” mi volto a guardare Tai. “sei molto bella sorellina,
sai?”. Lo ringrazio e torno a girare per i tavoli. Ad un certo punto mi fermo a
guardare una scena curiosa: Tk sta vicino alla porta, e parla con Shibuto. Mi
avvicino e quest’ultimo mi nota. Anche mio marito si volta e mi accoglie
stringendomi a lui.
“Shibuto è venuto a farci gli auguri” lo guardo sorridente, ma
continuo a chiedermi perché non si è limitato a mandarci una lettera, anziché
presentarsi di persona. “stavi dicendo?” evidentemente ho interrotto la
conversazione
“stavo dicendo” riprende Shibuto con la sua solita voce
profonda “che nonostante non sia qui per riappacificare il nostro rapporto,
volevo che sapessi che sono lieto che tu abbia trovato la tua anima gemella, te
la meriti” Tk ride sommesso
“e pensare che tempo fa sei quasi riuscito a farci lasciare
definitivamente”. Shibuto arrossisce leggermente, ma si riprende all’istante
“già, però così avete capito che siete fatti l’uno per
l’altra” prova a mettersi in buona luce. Poco dopo se ne va e una musica
leggera ci giunge alle orecchie, fecendoci voltare. Tutti guardano il cantante
della band che ha preso il microfono
“adesso, per cortesia, chiederei ai due neo sposi di
raggiungere il centro della pista per il primo ballo” Il mio cuore comincia a
battere all’impazzata e seguo Tk, che mi tira per una mano. Mi stringe a se e
cominciamo a muoverci al ritmo lento della musica
“Ti amo” mi sussurra a un orecchio. Mia allontano per
guardarlo negli occhi “anche io ti amo” e lo bacio pensando al futuro che mi
aspetta da signora Takaishi.
Angolo Autrice:
Eccoci qui, alla conclusione della fan fic. Sono emozionata:
a parte le One shot non sono mai riuscita a
scrivere la parola fine ad una mia storia. Il finale forse è un po’ banale, ma
di questi tempi c’è davvero bisogno di un po’ d’amore. Allora, che ne dite? Vi
è piaciuta? Siate sinceri però. Mi spiace un po’ concludere questa fic, ma
d'altronde mi mette sempre tristezza la parola fine. Spero solo di avervi
intrattenuto piacevolmente con questa mia storiella, e che vi sia piaciuta
almeno la metà di quanto è piaciuto a me. Adesso posso davvero salutarvi, ma
non crediate di liberarvi di me così facilmente, perché io sono come i mostri
nei film con le invasioni di formiche giganti o roba del genere: alla fine si
vede sempre un piccolo rinascere. E così io non mi stanco mai di partorire
nuove strambe idee. Vi saluto, vi abbraccio forte e ringrazio infinitamente
tutti per avermi seguito fino alla fine di questa storia.
Mami
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