somebody needs help and that somebody is me

di valentaina_11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - prologo - ***
Capitolo 2: *** - i'm back - ***



Capitolo 1
*** - prologo - ***


Elay Montgomer è una ragazza di diciotto anni e come le sue coetanee va a scuola, esce con gli amici e studia. Ha  lunghi capelli castani e grandi occhi verde-nocciola, è di altezza e corporatura media. Eh sì, non è la solita Barbie, non è ricca e no, non ha il suo Ken. È una ragazza solare e vivace ma davanti ad alcune persone si trasforma completamente: è scontrosa, aggressiva e sì, anche stronza. Odia le ragazze superfemminili  e i tacchi, ama i bambini e gli animali, odia gli horror perché non le fanno paura e pensa che per credere a certe cose bisogna provarle sulla propria pelle. Che dire, una ragazza un po’ particolare, ma dietro a questa maschera da dura si nasconde una ragazza incredibilmente fragile che è stata anoressica (o forse lo è ancora) e vittima di bullismo. Cerca di non affezionarsi troppo alle persone per paura che la facciano soffrire o deludere. Ecco a voi Elay Montgomer, ragazza fuori dal comune che cerca di adattarsi a questo pazzo, pazzo mondo.


                                                                           ***


 
‘allora El … hai ripreso a mangiare regolarmente?’ chiese James Cooper, il mio medico, guardando attentamente il mio corpo
‘sì, stia tranquillo ’ risposi con un filo di voce stringendomi le spalle
Questa era una visita medica costrettami fare dai miei genitori e soprattutto dall’ospedale in cui ero stata ricoverata un anno fa.  Precisamente un anno fa ero stata ricoverata al Saint Hospital per colpa di quella malattia. Era strano rivedere il volto del mio dottore dopo un anno. Erano successe molte cose nel frattempo: litigate, delusioni e una grande amicizia si era rafforzata. Di chi sto parlando?  Di Melanie Dawn. Lei non sapeva della mia malattia, non sospettava che fossi , sì ecco.. anoressica. Forse per via delle felpone e dei pantaloni extra-large che indossavo o forse perché non voleva sapere, a dire il vero non lo so il perché. Quest’anno quando sarei ritornata scuola mi sarei ritrovata persone incuriosite dalla mia situazione, semplicemente perché inizialmente a saperlo erano solo  mia madre e Melanie, ma successivamente la storia dell’accaduto si sparse velocemente per tutta la scuola. E adesso? Come mi avrebbero chiamato? l’Anoressica? La morta di fame? La gente poteva essere crudele, eccome. Lo avevo già provato sulla mia pelle, ed era stato orribile. Ma perché tutta questa crudeltà? Perché? Forse nemmeno la gente lo sa. Oh. Ricordo quel giorno come se fosse ieri.


                                                                            ***

Era l’undici giugno duemila e tredici. L’ultimo giorno di scuola, il fatico e tanto aspettato ultimo giorno era arrivato. Lo avevo atteso tanto ma finalmente era arrivato. Era da una settimana che non mangiavo la cena e il pranzo, o forse di più. Sì decisamente di più. Avevo trascorso un intero anno senza mangiare regolarmente, eppure non mi importava e non mi importava più di  tutte le sofferenze che avevo passato, finalmente avrebbero avuto fine alle quattro e mezza di quel giovedì. Erano trascorse ormai sei ore dal suono squillante della campanella e tutti si stavano dirigendo verso la mensa, compresa me e la mia migliore amica Melanie. Ci eravamo sedute ad un tavolo vuoto. Nessuno ci dava importanza, non ero una cheerleader, né un playmaker. Era una delle tante persone che vivevano nell’ombra, o meglio non sotto i riflettori. Ma questo non mi dispiaceva molto, anche se avrei voluto che qualcuno venisse da me e mi chiedesse ‘ hei ,ti senti bene?’ e io gli avrei mentito comunque, gli avrei risposto ‘ magnificamente’ facendo un sorriso falso per nascondere quello che stavo provando. Rabbia, tristezza e tanta, tanta delusione.
‘ non mangi nulla El?’ mi chiese Melanie addentando la sua pizza
‘no, non ho fame’ dissi guardando il suo cibo impassibile
Lei annuì e continuò a mangiare il suo pasto. Suonò la campanella della mensa. Mancava un’ora, una sola ora e sarei potuta uscire da questo luogo infernale. Centinai di studenti si riversarono nelle uscite per poter accedere alle loro rispettive classi. Guardai l’orario attaccato al mio diario: educazione fisica. La odiavo. Odiavo il modo in cui fossi così maledettamente negata negli sport, mentre le altre mie compagne erano tutte atletiche e non sfiguravano mai in un esercizio. Avevamo indossato la divisa sportiva, dei semplici pantaloncini blu, una t-shirt bianca e delle scarpe da corsa. La professoressa Spice ci aveva radunato nel cortile dicendoci che oggi avremmo fatto la prova di resistenza. Ci allineammo tutti sulla riga bianca che segnava l’inizio del percorso. Fischiò nel suo fischietto metallico e la prova ebbe inizio. Incominciai a correre lentamente per far sì che riuscissi a completare il percorso e vidi molte persone superarmi, normale pensai. Dopo circa venti minuti ero ancora lì che correvo con i miei compagni di classe. Eravamo tutti stanchi e stavamo per completare il percorso.
‘trenta secondi’ urlò la professoressa Spice
Avevo solo più trenta secondi per completare la prova. Aumentai il ritmo. Dovevo farcela. Ormai vedevo il traguardo davanti a me. Stavo per sorpassare la linea del traguardo quando ad un certo punto inciampai e caddi rovinosamente sullo sterrato. Non riuscivo ad alzarmi per il dolore lancinante che proveniva dal mio fianco. Sentii qualcosa di caldo bagnare la mia maglietta. Cercai di alzarmi me non ci riuscii. Ero incredibilmente debole. Mi alzai a sedere sul busto ma caddi di nuovo a terra e sbattei la testa violentemente provocandomi una leggera ferita superficiale. Chiusi gli occhi per il dolore ma li riaprii solo quando fui caricata dentro un ambulanza. 


                                                                              ***

Sentii il suono di una sirena e strinsi istintivamente le mani in pugni sfregando la pelle contro qualcosa di ruvido, non capivo cosa fosse, così debolmente aprii gli occhi. Non riuscivo a mettere a fuoco le immagini, così cercai di alzarmi a sedermi ma qualcosa mi trattenne. Erano delle cinture. Finalmente mi fu tutto chiaro: ero stata coricata su una barella e le cinture mi tenevano ancorata saldamente ad essa.  All’interno del veicolo non ero sola, c’era un infermiere che avrà avuto si e no vent’anni e Melanie.
‘Mel …’ la chiamai debolmente con un fil di voce
Lei, dapprima seduta su una piccola seggiola, con lo sguardo perso nel vuoto,  si riscosse e mi fece un sorriso forzato. Si avvicinò lentamente, mi prese poi la mano e le diede una lieve stretta come per tranquillizzarmi.
‘sono qui … tranquilla’ mi rispose anche lei, sempre con un fil di voce ma con un tono dolce
‘Mel … dove-dove mi stanno portando?’ chiesi stringendo un po’ la presa sulla sua mano
‘al Saint Hospital’ mi disse lei
‘ma cosa vogliono  farmi?’ chiesi lievemente presa dall’agitazione
Sfortunatamente, l’infermiere chiamando il conducente per farsi aiutare a scaricare la barella, non lasciò il tempo a Melanie di rispondere alla mia domanda. La mia agitazione stava crescendo sempre di più. Entrata nel Saint Hospital un odore di pulito mi penetrò nelle narici e vidi una moltitudine di dottori, chirurghi e infermiere fare avanti e indietro per i corridoi. Sorrisi. A quanto pare anche loro provano emozioni. Mi portarono in una camera bene illuminata, i muri erano tinteggiati di un bianco puro e dello stesso colore erano le lenzuola dei letti. Non so perché, ma mi trasmise una sensazione di tranquillità, come se quando fossi entrata le preoccupazioni e l’ansia fossero rimaste fuori da quella porta ormai oltrepassata. Delle infermiere mi aiutarono a cambiarmi e  mi curarono le ferite riportate sul fianco sinistro e alla testa. Mi misero delle bende e le fermarono con del nastro medico. Quando toccarono inavvertitamente il livido che avevo vicino all’anca gemetti di dolore. Era un livido molto esteso e non aveva un colore molto rassicurante: un viola decisamente acceso. Quando videro sporgere le vertebre della mia spina dorsale dalla mia pelle diafana sussultarono e si lanciarono uno sguardo. All’interno della stanza illuminata entrò un uomo alto con degli occhiali dalle lenti tonde e con addosso un camice bianco, stava per venire a parlarmi ma venne fermato dalle due infermiere che mi avevano precedentemente medicato. Conversarono per pochi minuti e mi lanciarono ripetutamente piccolo rapide occhiate. Si diresse verso di me con in mano una cartelle medica.
‘Montgomer? Montgomer Elay?’ mi chiese esaminando una serie di documenti
‘s-si .. Elay è il mio nome’ risposi balbettando
‘da quanto mi detto la tua insegnante hai fatto un bel volo, mhm?’
Annuii in segno di risposta. ‘ le infermiere mi hanno parlato della sua situazione’ disse alzando lo sguardo e rivolgendolo verso di me
‘la m-mia situazione?’ chiesi insicura
‘sì Elay. La sua situazione.’
‘e quale sarebbe?’ dissi deglutendo a fatica la saliva che mi si era bloccata in gola
‘ha mai sentito parlare dell’anoressia, signorina Montgomer?’


                                                                       ***

‘Elay... Elay!’ sentii chiamare qualcuno
Improvvisamente mi riscossi dai miei pensieri e guardai nella direzione da cui proveniva la voce.
‘si?’ chiesi visibilmente scossa
‘sei sicura di star mangiando regolarmente?’ disse lui alzando un sopracciglio
‘si certo. Non mentirei mai su una cosa del genere.’
O forse sì?


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Capitolo 2
*** - i'm back - ***


CAPITOLO 1













Dei raggi solari filtravano dalla finestra e degli uccellini cinguettavano. Sì, oggi era il primo giorno di scuola, una sola parola per descrivere quello che provavo : a – i – u – t – o. Odiavo il fatto che avrei cominciato un altro noiosissimo e deludente anno di scuola, ma non potevo tirarmi indietro, ero obbligata da mia madre. Dannazione. Mi aveva detto “ tesoro, non puoi non andare a scuola! Hai mai pensato a come potrebbe risentirne la mia immagine?”, certo perché la tua ‘immagine’ è più importante di tua figlia? Non ho parole. È incredibile come il successo possa cambiare le persone, così tutto ad un tratto. Eh sì, mia madre , chirurga specializzata in neurochirurgia , dapprima quasi sconosciuta nella contea,  era ora assediata da paparazzi e intervistatori insistenti. Incredibile davvero. La nostra vita era radicalmente cambiata: avevamo dovuto cambiare casa e di conseguenza i nostri vicini, a cui mi ero terribilmente affezionata, per di più nella casa di fianco alla nostra viveva una famiglia con una bambina affetta dalla leucemia, eppure, sebbene fosse vittima di una malattia terribile, mi riservava sempre i suoi sorrisi più radiosi. Andavo sempre da lei dopo la scuola, trascorrendo assieme a lei il pomeriggio, portando un po’ di gioia nella sua casa e facendole dimenticare , per quanto ero in grado, la sua situazione. Si chiamava Julie. Era una bambina dai lunghi capelli biondi e dai vivaci occhi azzurri. Adoravo i suoi occhi. Erano sempre illuminati da una luce particolare ed erano sempre intenti ad osservare qualcosa, cercando di carpire i segreti che la riguardavano. Ogni giorno mia madre mi riferiva notizie sulla salute di Julie, sapendo quanto tenessi a lei, eppure non mi bastava. Volevo starle accanto. Quest’anno era tutto diverso. Mia madre non mi preparava più la colazione e passavamo sempre meno tempo assieme poiché era molto impegnata nel lavoro, e questo mi deprimeva molto. Melanie diceva sempre che il mio stato d’animo si trasmette velocemente alle persone intorno a me, eppure non ci ho mai creduto, non riuscivo a credere che il stupido stato d’animo potesse influenzare le altre persone. Insomma voglio dire, sono una ragazza normale, non ho  nulla di particolare, né tantomeno di speciale.







                                                                                       ***







Scesi ancora in pigiama le  scale e finalmente arrivai alla cucina. Era grande e spaziosa, illuminata da una lampada moderna pendente dal soffitto, risultava enorme e questo mi opprimeva.  Era vuota, non certo dalla mobilia, di cui era riccamente fornita, ma di persone, era priva di calore credo.  Presi velocemente il cartone del latte dal frigo scuotendo la testa per scacciare questo pensiero deprimente, presi anche una scodella e mi sedetti a tavola. Versai il liquido al suo interno e sbadigliai per il sonno. Avrei dovuto prendere un cucchiaio per berlo ma preferii accostare il bordo della scodella alle mia labbra, inclinandola, in modo da poter bere il latte. Nel giro di pochi secondi avevo già trangugiato la mia povera colazione e mi diressi nella mia camera per potermi lavare e vestire. Feci una doccia veloce accompagnata da una vigorosa insaponata al corpo e  indossai i vestiti : jeans chiari e una maglia bianca con le maniche larghe a pipistrello. Non volevo fare la sgargiante, soprattutto il primo giorno di scuola. Il primo giorno di scuola può influenzare notevolmente il tuo anno dal profilo sia scolastico che sociale. Il primo giorno di scuola ricevevi la tua etichetta: normale, sfigato, più popolare, punk , cheerleader, zoccola … inutile dire che aspiravo al titolo normale.

Prima di uscire di casa e filare rassegnatamente a scuola , mi ero messa ai piedi i miei Ugg , soddisfatta dalla loro invincibile comodità. Mi avviai  a passo svelto verso la grande struttura e nel giro di dieci minuti ero già davanti al suo ingresso.  Aprii con calma la porta e mi fiondai al suo interno cercando di non destare attenzione. Non volevo essere già assediata da persone che mi domandassero “ e ora come stai?” oppure “ sei ancora anoressica?”, no, non ne avevo proprio voglia. Camminai velocemente a testa bassa, in modo da non farmi riconoscere,  per il corridoio per dirigermi poi al mio armadietto. Ero arrivata, mancava poco, ancora pochi centimetri e avrei potuto posare i miei libri.



‘El!’ sentii gridare dietro di me

Mi voltai lentamente e riconobbi un volto familiare: Melanie.

I miei occhi incominciarono a diventare lucidi e la vidi corrermi incontro per poi fiondarsi fra le mie braccia  ormai aperte. La strinsi a me affondando il viso nei suoi capelli color noce.  Ci staccammo due minuti dopo e notammo che molti studenti ci stavano guardando incuriositi. Il mio piano era andato a farsi fottere.



‘mi sei mancata così tanto!’ mi disse facendomi un sorriso a trentadue denti



‘ anche tu! Ma perché non sei venuta a trovarmi in ospedale?’



‘ i medici e tua madre mi hanno impedito di vederti …  ero così preoccupata, temevo che ti fosse successo qualcosa di grave’ disse improvvisamente con gli occhi lucidi





Scossi la testa facendole un sorriso sincero. Mi era mancata così tanto. Durante il mio ricovero in ospedale ero stata sola tutto il tempo, senza avere amici oltre ai miei libri preferiti, che mi avevano tenuto compagnia per un bel po’, e ora averla di nuovo accanto a me mi faceva sentire bene, come se … come se fossi stata catapultata in paradiso.

Suonò la campanella interrompendo la nostra emozionata conversazione.



‘vi sembra l’ora di arrivare in classe?’ ci disse la professoressa quando entrammo in classe



Mi resi conto che la nostra conversazione era durata troppo e che eravamo in ritardo di dieci minuti. Cavolo.

Vecchia megera rompiscatole. Perché vuoi rovinarmi la giornata?



‘ehm ci scusi tanto’ dissi facendole  una faccetta innocente

L’avevamo scampata.



‘Montgomer e Dawn dove credete di andare?’



‘ai nostri vecchi posti’ dissi io con una punta di nervosismo



‘no stavolta no. Montgomer tu andrai vicino a Styles e tu Dawn vicino a Malik. Se vi rimettereste vicine combinereste solo guai ’



Ma che cavolo. Non solo era una vecchia megera ma era anche una vecchia megera stronza. Ci aveva messe proprio vicine alle persone che odiavamo: due dei cinque playboy della scuola. Si perché già due sono una rottura figuratevi cinque. Mi sedetti al mio nuovo banco con riluttanza. L’anno iniziava particolarmente bene.

Styles fece un sorrisetto divertito e io non lo cagai manco di striscio. Con lui non volevo avere niente a che fare. La povera Mel non se la passava meglio di me: Malik non smetteva di lanciarle occhiate e farle moine. Dio, non la invidio per niente.



                                                                                    ***





Era ormai passata un’ora ed io e Melanie avevamo parlato incessantemente attraverso i bigliettini, guadagnandoci occhiate intimidatorie dalla professoressa di biologia, ma poco ci importò. Uscii dalla classe e mi diressi verso il mio armadietto per prendere i libri dell’ora successiva. L’ansia e la preoccupazioni iniziali ero svanite del tutto, ed il mio carattere da maschiaccio era ritornato, ero di nuovo io, la solita vecchia stronza Elay. Arrivata all’armadietto accompagnata da Melanie inserii la combinazione, la mia data di nascita, e aprii lo sportello, quando sentii un rumore di passi vicino a me accompagnato da dei risolini femminili. Dio. No. Ti prego no. Non di nuovo lui. Tutto ma non lui. Feci finta di nulla e tenni lo sguardo fisso sul mio armadietto cercando di non dare ascolto al mio istinto che diceva di girarmi.



 ‘Mel ti prego dimmi che non è lui.’



‘è lui e … merda sta venendo da noi’



‘è uno scherzo vero? Una Candid camera?’ dissi ridendo nervosamente



‘mi piacerebbe … ma no. È tutto vero … ’



Guardai il soffitto . ‘dio ma ce l’hai con me oggi? ‘ dissi incazzata



‘con chi stai parlando?’



Questa non era la voce di Mel.  Era una voce maschile e strafottente. Merda. Styles, suppongo a giudicare da quelle risatine da oche giulive. Mi girai con nonchalance e lo guardai con occhi gelidi. Si era appoggiato agli armadietti con la sua solita aria da playboy incallito. A poco da fare il figo con la sottoscritta.



‘non credo che ti riguardi Styles.’



‘ tu dici?’



‘ sì e ora levati dalla mia vista. Ora. Adesso. Subito.’



‘ come scusa?’ rispose lui guardandomi con aria da finto tonto



‘ vuoi uno schema? sei più stupido di quanto pensassi. Devi proprio rompere le palle a me Styles?’



‘sai è che non ho niente da fare..’



‘imbecille. Te lo ripeto un’ultima volta. LEVATI.’



‘ e se non volessi ?’ disse facendo un sorrisetto strafottente



‘TU VUOI.’ Dissi  fissandolo dritto negli occhi



‘no.’ Disse avvicinandosi



‘allora non mi lasci altra scelta Styles.’



‘quale scelta?’ chiese avvicinandosi  di più a me



‘questa.’ Gli tirai una ginocchiata in mezzo alle gambe e lui cadde a terra con un gemito di dolore.  Dietro di me Melanie se la rideva  sotto i baffi. 1 a 0 per me. Alla facciaccia di Styles. In quel momento suonò la campanella.



‘muoviti altrimenti faremo di nuovo tardi a lezione’ disse Mel



 ‘ piaciuta la sorpresa?’ Dissi facendo un sorrisetto furbo . Lui non rispose e io mi  avviai in classe fiera di aver dato una lezione a quell’idiota. Se la meritava e dio se se l’era cercata.



‘ forse hai esagerato sai?’ disse Mel con espressione preoccupata



‘forse sì o forse no? Chi lo sa … ‘ dissi sorridendo



‘  ti faccio notare che è ancora  per terra ’



‘ ha solo da non provarci con me. Ora sa cosa gli aspetta’



Mi sedetti al mio posto poi vidi entrare Styles  dolorante e gemente. Musica per le mie orecchie.



‘qualche problema Styles?’ disse la prof.



‘..no’ disse guardandomi e facendole un sorriso forzato. Zayn mi guardò e poi guardò Harry. Sospettava cosa avevo fatto a Styles? No. Non c’è pericolo. Ha il quoziente intellettivo di un bradipo. L’infortunato si sedette vicino a me .



‘non hai vinto la battaglia’



‘è appena iniziata Styles’ dissi rispondendogli a tono



‘propongo una sfida ‘ disse guardandomi



‘ ti ascolto pappamolle’



‘ vince chi fa innamorare l’uno dell’altro per primo’ disse lui spavaldo



‘no.’ Dissi scuotendo la testa



‘ hai paura di perdere?’



‘ti sto risparmiando un umiliazione Styles. Sono generosa.’ Gli risposi facendogli un sorrisetto



‘accetta vigliacca’



‘ se vinco io tu dovrai correre in giro nella scuola in boxer.’



‘e se vinco io tu dovrai essere la mia ragazza.’



‘cosa? Nono. Non se ne parla.’



‘fi-fo-na’



‘… uff e va bene andata. Ma non dire che non ti avevo avvertito.’



‘risparmia  il fiato per metterti un vestito attillato’ disse mordendosi il labbro e facendomi l’occhiolino



‘ prepara i boxer Styles’



Il  professore ci zittì e incominciò la lezione. Quel bradipo non avrebbe mai vinto. Mai. Avrebbe dovuto  passare sul mio cadavere.




spazio autrice : spero che vi piaccia :) potreste lasciare delle recensioni? ve ne sarei moooolto grata

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