L'amore è sempre amore

di Luce_Della_Sera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Shopping ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Una piacevole chiacchierata ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -Irritazione ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Serenità ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - coming out ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Vittoria ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Matrimonio ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Shopping ***


L’amore è sempre amore.

 

Capitolo 1 - Shopping

Irene spense il motore, tirò il freno a mano e sospirò.
Le altre ragazze sarebbero state al settimo cielo al suo posto, ma lei no.
Odiava fare shopping, il cercare vestiti e provarseli le sembrava una vera tortura anziché un piacere … ma doveva farlo per forza: il mese successivo si sarebbe laureata, perciò doveva necessariamente trovare un vestito adatto per l’occasione.
Se non altro, rifletté mentre varcava la soglia del centro commerciale, quasi sicuramente non avrebbe dovuto fare tanta fila alla cassa: le donne incinte infatti spesso venivano fatte passare avanti! “Su, coraggio”, si disse, “trova in fretta quello che ti serve, così te ne torni presto a casa”. All’università le era stato detto che avrebbe dovuto indossare un abito elegante, che poi sarebbe stato però coperto per qualche ora dalla toga nera che per tradizione doveva essere indossata dai laureandi; quindi si guardò attorno, un po’ smarrita, per cercare qualcosa che facesse al caso suo.
Mentre era occupata nella sua ricerca, però, sentì una voce alle sue spalle che chiedeva “Posso aiutarla?”. Irene si girò e si trovò davanti una brunetta alta e snella, con una gran massa di capelli ricci e gli occhi verdi, che portava la divisa del negozio. “A marzo mi laureerò, per cui vorrei qualcosa di elegante e raffinato, pre-maman se ce lo avete”, spiegò accennando al suo pancione con un gesto della mano.
“Oh, auguri! Di quanti mesi è?” si informò l’altra, con gli occhi che brillavano.
“Quasi sette. Dopo vorrei comprare qualcosina anche per lui … “
“Perfetto! Vuole una mano? O fa da sola?”
“Da sola, grazie: mi indichi dov’è il reparto che mi serve, così inizio subito!” Si diresse quindi verso il punto indicatole dalla commessa, ansiosa di chiudere al più presto la faccenda: afferrò al volo alcune maglie, un paio di giacche, alcuni paia di pantaloni e qualche gonna, infine passò alle scarpe e, alquanto carica, si infilò non senza difficoltà nel camerino.

 

 *****


Cinque minuti dopo scostò la tendina e si ritrovò davanti la stessa ragazza con cui aveva parlato prima di vestirsi, che la guardava con sguardo allibito. “Cosa c’è? Perché mi fissa in quel modo?” Si girò verso lo specchio, controllando quello che aveva addosso: giacca nera, maglietta blu elettrico, gonna marrone scuro e scarpe sportive. A lei sembrava tutto perfetto, ma allora perché l’altra la fissava come se fosse un’aliena?
“Forse”, le disse quella “è il caso che l’aiuti io: ho già in mente un capo d’abbigliamento adatto a lei. Così potrà finire velocemente, e potrà passare a vedere le tutine per suo figlio!”
“Anche se, considerando come si è conciata, tremo al solo pensiero di cosa potrà mai scegliere per il suo erede!” aggiunse mentalmente, mentre si avviava verso gli espositori per prendere un paio di tailleur che riteneva adatti alla sua nuova cliente.

 

 *****


Qualche minuto più tardi, Irene si stava nuovamente osservando nello specchio del salottino di prova: indossava un tailleur nero con sotto una camicetta bianca e un paio di decolleté nere.
“Come si vede?” le chiese la commessa.
“Bene”, rispose, “ma di sicuro tra un mese la mia pancia sarà cresciuta ancora: pensa che sia possibile allargarlo un po’?”.
“Ma certamente: sabato prossimo verrà la nostra sarta, perciò se lei torna qui la settimana prossima può stare certa che glielo sistemerà. Tanto per avere un’idea, quanto pensa che dovrà essere modificato?”

 

 *****


“Allora va bene, tornerò sabato prossimo: verrò con mia sorella, perché anche lei deve prendere dei vestiti”, disse la giovane futura mamma, avviandosi con il carrello verso la cassa.
“Ma guarda”, pensò un po’ irritata tornando verso la macchina. “Volevo concludere tutto velocemente, e invece tra sette giorni mi toccherà tornarci!
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Una piacevole chiacchierata ***


Capitolo 2 – Una piacevole chiacchierata

“Riccardo sì che è tosto, mica come i bimbiminchia che ci sono in giro adesso … lui sì che pensa con la sua testa!” E’ brillante, non si fa mai imbrogliare, ha sempre la risposta pronta … e poi è fighissimo: insomma, è praticamente perfetto!”
“Sì Sofia, ho presente il tipo” sospirò Irene, tentando di arginare il fiume di parole che usciva dalla bocca della sorella. “Spero solo che questo tizio, se mai vi metterete insieme, ti tratti meglio di come un certo qualcuno ha trattato me!” pensò. Poi sorrise, sentendo il bambino agitarsi dentro di lei.
“Che succede?” domandò Sofia, cogliendo la sua espressione. “Niente, si muove!”
“Oh, che bello! Ma proprio non hai idea del sesso?”
“No, e non voglio saperlo: quante volte te lo devo ripetere?”
“Ma non hai neanche un briciolo di curiosità? Io morirei, 9 mesi senza sapere!”
“Beh, ormai manca poco: il primo giugno non è poi così lontano! Sono alla ventiseiesima settimana, ormai il più è fatto”.
“Quando entrerai nel settimo mese?”
“Tra 3 giorni esatti”.
“Cosa???” O.O
“Ma sì, te l’ho già spiegato, ricordi? Le settimane di gravidanza sono quaranta, ma non è che ogni quattro settimane scatta un mese: il settimo, per esempio, va da ventisei settimane e tre giorni a trenta settimane e quattro giorni”.
“Ah, è vero!” fece Sofia. Poi il suo sguardo si illuminò, mentre la sagoma del centro commerciale si stagliava davanti ai loro occhi. “Ehi sorellona”, sghignazzò, “Trattieni l’entusiasmo, mi raccomando: tra poco andremo incontro al tuo secondo weekend di shopping!”

 

*****

 
“Sofia! Hai finito? Sono ore che sei dentro quel camerino, vuoi prenderci la residenza per caso?” Irene, irritata, guardò verso il punto in cui era nascosta la sorella.
“E dai, lasciami sfogare!” esclamò la diretta interessata, scostando la tenda. “Devo solo provare queste cose e poi ce ne andiamo, ok?” aggiunse, indicando una pila di indumenti appesi all’attaccapanni.
Solo? Prima che te li provi tutti, il negozio chiuderà!  Ma cos’hai preso, tutta la collezione primaverile?”
“Uffa, quanto sei noiosa! Certo che sei strana: tante pagherebbero oro per avere la possibilità di provarsi vestiti tutto il giorno! Davvero non capisco come fa a non piacerti!”
“E io invece non capisco come fai tu a …” cominciò l’altra accalorata, ma si interruppe di colpo avendo udito dei passi che si avvicinavano: aveva forse alzato troppo la voce?
Si voltò, un po’ preoccupata, e vide arrivare la commessa che aveva incontrato il sabato precedente. Stavolta però notò il nome che quest’ultima portava su un cartellino attaccato alla divisa: Sara.
“Potreste cortesemente abbassare un po’ la voce? Perché … oh, è lei! Salve, come sta?”
“Bene, grazie. Io ho già finito, mia sorella invece è lì da ore: io sono una tipa sbrigativa, trovo quello che mi serve e vado via, lei invece ama provare qualsiasi cosa vede, anche se magari non può comprare nulla …”
“Vado a vedere se ha bisogno di un consiglio” , la interruppe la nuova arrivata, con l’aria di chi doveva sventare un’imminente catastrofe. “Se la sorella si veste come lei, siamo rovinati!” pensò mentre si dirigeva verso il camerino.
Irene la guardò allontanarsi, chiedendosi come mai avesse pensato tanto spesso a lei nei giorni precedenti: quando non l’aveva vista all’entrata era persino rimasta inspiegabilmente delusa! Non riuscì ad andare molto in fondo alla questione, però, perché  proprio in quel momento sua sorella uscì di corsa dal salottino di prova. “Voglio tutte queste cose, grazie!” affermò convinta.
“Santo cielo, Sof! Hai deciso di portare via tutto quello che hai trovato nel catalogo? Se continui così finirà che li lasci senza niente da vendere!”
“No, davvero, non c’è problema: la lasci pure prendere quello che vuole!”
“Oh, aspettate, il mio cellulare sta squillando!” esclamò l’adolescente,  andando a rintanarsi in un angolo per rispondere.
Le altre due ragazze rimasero lì in piedi, una di fronte all’altra, un po’ imbarazzate.
“Allora, ehm … se vuoi puoi smettere di darmi del lei: va bene che sono incinta, ma avrò circa la tua età! A proposito, quanti anni hai, per curiosità?”
“Ne compirò ventitré tra qualche mese, e tu?”
“ Ventiquattro, compiuti a gennaio … “
“Scusate, scusate!” Sofia che evidentemente aveva  finito la telefonata, si stava avvicinando a loro “Ire, mi dispiace ma devo andare via di corsa: Giulia, Marta e Michela vogliono che esca con loro, devono dirmi una cosa importante!”
“Aspetta, non ti seguo: cos’è tutta questa fretta? Cos’è che le tue amiche devono dirti di tanto importante? Abbiamo quasi finito, di’ loro di aspettare: non moriranno mica, no?”
“No, non hai capito: io devo incontrarle! Prendo l’autobus, tanto la fermata è qui di fronte.”
“Frena un attimo! E le cose che volevi acquistare? Io non ce la faccio a portarle tutte via da sola! E poi, lo dici tu alla mamma che non torni con me? Ma torni per cena, a proposito?”
“Le cose rimettile nel loro reparto, le comprerò un’altra volta … e con la mamma ci parlo io: tu pensa a tuo figlio, piuttosto! Io so cavarmela da sola, ho quasi sedici anni, non sono più una bambina!”  detto questo, uscì.
“Ci penso, ci penso!” borbottò l’altra, accarezzandosi la pancia; il piccolo le rispose mettendosi di nuovo in movimento.
“Allora io vado a rimettere a posto tutto …” esordì Sara, che nel frattempo era rimasta dov’era e aveva seguito l’alterco tra le due sorelle. “In fondo è mio dovere farlo. Poi andrò via, perché il mio turno è quasi finito!”
“Aspetta, ti aiuto … mi sembra il minimo, dopo tutto il tempo che ti abbiamo fatto perdere! E dopo che ho pagato il mio vestito, ti accompagno a casa con la mia macchina!” Subito dopo aver pronunciato questa frase, però, si morse la lingua: cosa le era passato per la testa? Come poteva offrire un passaggio ad una persona che in fin dei conti era una sconosciuta? Si aspettava una chiara e netta risposta negativa, ma con suo grande stupore la sua coetanea acconsentì.

 

 *****


Qualche minuto più tardi, le due giovani donne stavano chiacchierando nell’abitacolo.
“Non credo di essermi presentata prima: io sono Sara!”
“Lo so … c’era scritto sul tuo badge!” Dopo questa affermazione, ci fu un lungo silenzio, e Irene si domandò se per caso non aveva detto qualcosa di sconveniente: avrebbe dovuto fingere di non conoscere il nome della sua interlocutrice? Per togliersi d’impaccio, decise di presentarsi e di parlare del bambino che aspettava; poi, vedendo l’insegna della metropolitana si infilò nel parcheggio adiacente. “Allora, sei sicura che devo lasciarti qui?” domandò per l’ennesima volta.
“Sì, tranquilla: tanto devo fare solo poche fermate!”
Irene guardò la sua nuova amica dirigersi verso la stazione e si chiese come mai sentiva una gran voglia di correrle dietro e prenderla tra le braccia: gli ormoni della gravidanza le stavano forse facendo dei brutti scherzi?
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -Irritazione ***


Capitolo 3- Irritazione

Sara e Irene presero a vedersi molto spesso, nei giorni che seguirono, ed impararono a conoscere tutto l’uno dell’altra: la prima aveva infatti spiegato che era figlia unica e che faceva la commessa per pagarsi gli studi almeno in parte, la seconda invece aveva parlato della sua volontà di laurearsi in lingue, conseguendo prima la laurea triennale e poi la laurea specialistica, e aveva parlato dei suoi genitori e di sua sorella; per quanto riguardava il loro carattere, poi, scoprirono ben presto di essere complementari: Sara era espansiva quanto Irene era introversa e poco incline alle dimostrazioni d’affetto.
Inoltre, la più giovane delle due aveva aiutato l’amica nella scelta della carrozzina e del corredino per il nascituro.“Chissà se riuscirò mai a sapere qualcosa riguardo al padre di questo piccolino?” si chiedeva spesso, osservandolo tirare calci nella pancia della mamma! Irene però aveva sempre evitato di parlargliene, e lei non se l’era mai sentita di insistere, nonostante fosse curiosa di saperne di più.
La mattina prima della discussione della tesi la laureanda insistette per uscire di casa perché aveva bisogno di rilassarsi, e propose di andare al parco: avrebbe portato con sé anche il suo cane, per fargli fare la passeggiata.
“Oh che carino, è un cucciolo?”
“No, ha 7 anni, si chiama Odie…” -.-‘
“Ah…”  O.o  “Comunque a me i bassotti piacciono da morire, sai? Sono troppo belli, con quella loro andatura dondolante!”
“Già … tu hai animali?”
“Sì, ho tre pesci rossi: uno tutto bianco, uno tutto nero e uno metà bianco e metà arancione”.
“Che?”  O.O  “Perché, esistono anche pesci rossi … non rossi?”
“Sì: non so gli altri, ma quello nero si chiama black moor, è una razza molto ricercata!”
“Se lo dici tu, sarà vero. Certo però che sono pesci davvero particolari, i tuoi! Ma prenderli normali no, eh?” Irene si mise a ridere a crepapelle ma si bloccò quasi immediatamente, vedendo che un pitbull puntava verso di lei: sapeva benissimo che quella razza canina non meritava la cattiva fama che si portava dietro ormai da anni, ma chi le poteva dare la certezza che l’animale fosse stato educato a dovere e fosse quindi innocuo? Cercò Odie con lo sguardo: il cane però era impegnato a giocare con alcuni suoi simili nel recinto loro dedicato, quindi non poteva in alcun modo esserle d’aiuto! Non sapendo bene come agire fissò Sara, che era spaventata quanto lei, ma prima che potesse anche solo formulare un pensiero coerente circa le loro possibilità di fuga, si sentì una voce che chiamava “Annibale! Vieni subito qui!”: il cane da combattimento fece dietrofront, mentre il suo padrone gli veniva incontro.
Irene lo vide, e rimase pietrificata “Non può essere!” pensò. Era così sconvolta che ci mise un po’ a capire che non era sola, e che la sua amica la stava fissando con aria preoccupata e alquanto perplessa! Sapeva di dover dare una spiegazione coerente per il suo strano atteggiamento, ma era incapace di distogliere lo sguardo da quel ragazzo, che conosceva fin troppo bene; i suoi occhi scuri incontrarono quelli di lui per un attimo, dopodiché egli si girò e tornò sui suoi passi assieme al suo molossoide, non prima però di averla squadrata da capo a piedi, pancione compreso.
“Irene? Cos’hai? Ehi, mi senti?”
“Eh? Oh, scusa, mi ero distratta!”
“L’avevo notato! Ma che ti è preso, si può sapere? Hai fatto gli occhi dolci al proprietario del pitbull per almeno venti minuti!”
“Io non ho fatto gli occhi dolci a nessuno, ma se anche fosse dov’è il problema??? Perché sei così aggressiva? Saranno affari miei se guardo una persona in un parco, no?”
“Hai ragione”, ammise la ragazza, la quale per prima non si sapeva spiegare i motivi del suo comportamento “Ho sbagliato, scusami! Comunque ti vedo pallida: forse è meglio che andiamo via, così puoi riposarti e prepararti al meglio per domani!

 

 *****

Quando il giorno seguente Irene venne dichiarata dottoressa in lingue per l’interpretariato e la traduzione con il punteggio di 110 e lode anche il bambino la festeggiò, ovviamente a modo suo. “Forse scalcia tanto perché non vede l’ora di uscire per farti le sue congratulazioni, oppure, più semplicemente, vuole conoscere la sua splendida zia!”
“No Sofia, ti sbagli: ha solo esultato perché ha capito che non dovrà più sentire sua madre studiare gli argomenti più disparati parlandogli in inglese, in francese e in spagnolo!”
“Ma hai deciso cosa farai adesso? Voglio dire, la tua laurea ti dà la possibilità di diventare sia interprete che traduttrice: cosa sceglierai?”
“Opterò per la traduzione, ovvio: tra le due, è la cosa che mi permetterebbe di passare più tempo con il mio bimbo!”
“Non hai tutti i torti, in effetti… a proposito di bambini, ma è vero che in gravidanza ci sono dei cibi che vanno evitati?”
“Ah, non me ne parlare: sapessi quanto invidio te e gli altri parenti, perché stasera a cena potrete abbuffarvi quanto vorrete!” Detto questo, Irene andò a prepararsi per la serata che la aspettava, e sua sorella fece altrettanto.

 

 *****

Sara si guardò intorno: che baraonda era la famiglia della sua amica! C’era un’enorme quantità di individui, tutti alquanto rumorosi: uno di questi le si era seduto vicino e le parlava senza sosta, tra un boccone e l’altro.
Una volta finiti i primi piatti, cercò Irene con lo sguardo, e notò che la ragazza la stava fissando in modo decisamente contrariato, quasi come se fosse arrabbiata con lei. Che cosa le era preso? Decise di scoprirlo, e così fece cenno all’altra di uscire dal locale.
“Allora!” sbottò la neolaureata appena si furono chiuse la porta alle spalle “A che gioco stai giocando? La smetti di flirtare con mio cugino Federico? Non è affatto divertente, te lo assicuro!”
Flirtando? Ma che dici? Per la cronaca, immaginavo che fosse uno dei tuoi cugini, ma non sapevo neanche come si chiamasse: non me lo ha detto, era troppo occupato a parlarmi di tutto quello che gli veniva in mente riguardo alla sua vita! Ma se anche fosse come hai detto, a te cosa importa?”
“Mi importa eccome!!!”
“Se sei così irritabile, forse è meglio che io me ne torni a casa invece di fermarmi a dormire da te, stanotte: evidentemente ti do fastidio!”
“Eh no, non credere di cavartela così: verrai da me come avevamo stabilito all’inizio, e insieme faremo una bella chiacchierata!!!”

 

 *****

Qualche ora più tardi, mentre era in bagno, Irene tentò di interrogarsi per l’ennesima volta sulle ragioni della sua inspiegabile irritazione verso Sara: come aveva potuto attaccarla in quel modo, con quale diritto? Stava forse diventando matta? “Contieniti” si disse “Neanche con una certa persona ti comportavi in questo modo! Faresti meglio ad uscire da qui e ad andarti a scusare, invece di comportarti da immatura: presto sarai madre, non puoi permetterti di fare la ragazzina!” Così, dopo aver fatto un bel respiro profondo, lasciò la stanza e si diresse in camera sua, dove l’amica, in piedi, guardava fuori dalla finestra.
“Ma cosa fai lì? Ancora non ti sei messa il pigiama? Vuoi che ti aiuti a preparare il tuo letto? Stai bene?” chiese, preoccupata.
“Non molto, dato che non riesco ancora a capire perché mi hai trattata tanto male, prima. Forse ho fatto qualcosa di sbagliato, ma per quanto io mi sforzi non riesco proprio a capire cosa!”
“Tu non hai colpa, ho fatto tutto da sola: forse è stata la tensione per la laurea, forse sono gli ormoni della gravidanza … comunque sia, ti chiedo scusa!” le mise un braccio intorno alle spalle e fece per darle un bacio sulla guancia; proprio in quell’attimo però Sara si girò e il risultato fu che si ritrovarono con le labbra incollate.
Si staccarono quasi immediatamente, turbate, ma nessuna delle due sembrava schifata di quanto era appena successo: anzi, in cuor loro entrambe sentivano che sarebbe successo, prima o poi, ma né l’una né l’altra avevano mai avuto il coraggio di confessarlo a loro stesse! Si fissarono negli occhi per qualche momento e poi ricominciarono a baciarsi, stavolta con maggiore slancio e passione; infine, un po’ stanche ed eccitate, decisero di infilarsi nei rispettivi letti e si misero a parlare a bassa voce di quanto era appena accaduto: dovevano forse ignorare tutto e fingere che non fosse mai successo? E soprattutto, come dovevano definirsi? Bisessuali? O etero-curiose? Più ne parlavano, più si confondevano: l’unica cosa che sapevano era che i baci che si erano scambiate erano una cosa seria, quindi fu per loro naturale mettersi insieme.
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Serenità ***


Capitolo 4 - Serenità

La seconda metà di marzo e tutto il mese di aprile  furono  per le due ragazze un periodo di serenità: impararono  ad accettare la loro bisessualità senza condizionamenti esterni dovuti all’opinione  che la società aveva sull’argomento, e passarono pian piano dal “ti voglio bene” al “ti amo”.
Inizialmente avevano stabilito di fermarsi solo ai baci, vista la condizione di Irene, ma poi la voglia si fece irrefrenabile  ed andarono  un po’ oltre: la prima volta che la futura mamma venne a casa della sua fidanzata e  restò anche la notte, esplorarono i loro corpi  con dolcezza  tramite baci e carezze e arrivarono anche a darsi piacere, succhiandosi a vicenda i capezzoli e toccandosi  in una zona particolarmente sensibile della loro anatomia…
Irene, che ormai era arrivata alla fine dell’ottavo mese di gravidanza, si sentiva felice ed appagata come non mai vicino alla sua compagna, e sentiva di amarla ogni giorno di più; l’unica cosa che la  faceva stare davvero molto male era il fatto che dovevano  essere discrete e fare tutto di nascosto, dato che le loro famiglie non erano al corrente della  relazione. Sara diceva che era meglio così  e lei le aveva sempre dato ragione, ma da un po’ di tempo non era più così sicura  che tacere fosse la cosa giusta. Come si sarebbe sentita lei, se in futuro suo figlio avesse deciso di  non renderla partecipe di un aspetto importante della sua vita? Inoltre, continuare a vivere senza dire niente le sembrava una mancanza di rispetto verso i suoi familiari, quasi come se li stesse ingannando.
Dopo averci riflettuto a lungo, quindi, prese la sua decisione: doveva uscire allo scoperto! Era sicura che dopo un primo attimo di smarrimento i suoi genitori e sua sorella l’avrebbero capita ed accettata … ed anche  la sua ragazza alla fine ne sarebbe stata  felice: non era forse meglio, in fondo, vivere la loro storia alla luce del sole, com’era  giusto e naturale che fosse?

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - coming out ***


Capitolo 5 – Coming out

Irene aveva deciso che avrebbe parlato della sua sessualità ai suoi familiari l’11 maggio, giorno in cui sua sorella avrebbe festeggiato i suoi 16 anni con loro: la madre aveva infatti abituato entrambe a fare una festa di compleanno con gli amici e una con i parenti, perché era convinta che le occasioni felici dovessero essere passate anche in famiglia, e le due ragazze non avevano mai avuto problemi ad assecondarla in quella che consideravano una sua piccola stravaganza. 

*****

Nei giorni precedenti la data che aveva scelto per il suo coming out, la giovane donna non era riuscita a dormire bene: si illudeva che la sua insonnia fosse dovuta all’aumentare del volume della sua pancia e alla conseguente impossibilità di stare ferma per molto tempo nella stessa posizione quando era sdraiata, ma dentro di sé sapeva che non era così: nonostante fosse fermamente convinta che i suoi genitori e sua sorella alla fine l’avrebbero accettata, e nonostante sapesse che la presenza degli zii li avrebbe dissuasi dal fare commenti esageratamente sarcastici, era tesissima.

*****


 
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Sofia, tanti auguri a te!” I parenti, chi prima e chi dopo, stavano intonando la classica canzoncina del buon compleanno, ma Irene non aveva cantato affatto: era troppo agitata.
Ormai però erano arrivati alla torta, aveva aspettato fin troppo: fece un bel respiro, prese la forchetta e la batté sul bicchiere, come aveva visto fare nei film … ma nessuno la udì!
Rimase un attimo interdetta: aveva forse fatto troppo piano? Riprovò, e con sollievo misto a timore vide le teste di tutti i presenti girarsi verso di lei.
“Irene, che c’è? E’ il bambino? Ti senti male?” fece sua madre, preoccupata.
“No, non è questo, volevo solo … dirvi una cosa”.
“Hai trovato lavoro?” chiese suo padre.
“Ma no, magari! E’ solo che …”
“Ferma, ferma, ho capito!” la interruppe la festeggiata. “Hai fatto pace con Dario, vero? Vi siete rimessi insieme!”
“No, non è neanche questo … però mi sono innamorata!” confessò la ragazza, emozionata. “E’ una persona speciale, e la conoscete già: è la mia migliore amica Sara!”
Queste sue parole vennero accolte da un silenzio attonito, e alcuni dei suoi cugini ridacchiarono, evidentemente pensando che stesse scherzando.
“Ma non ti vergogni, a tentare di metterti in mostra in questo modo alla tua età? Hai ventiquattro anni, eppure sei ancora così gelosa di tua sorella da arrivare al punto di tentare di rovinarle la festa con le tue scemenze!”
“Papà, non sono scemenze, è la verità!”
“Se è la verità, faresti meglio a tacere: questa è la festa di Sofia, e le tue perversioni non interessano a nessuno!”
“Ma mamma …” Irene si interruppe sconsolata, e si mise a percorrere la sala con lo sguardo: vide espressioni di compatimento, di biasimo e anche di lieve curiosità negli occhi di molti zii e cugini. Poi si soffermò di nuovo sui suoi familiari più stretti: i genitori la guardavano con un misto di disgusto, scetticismo e preoccupazione, Sofia invece la osservava con un risentimento molto simile all’odio. Decisamente, si era proprio sbagliata a pensare che sarebbe andato tutto bene!

*****

 

 
Una volta tornate a casa, Sofia affrontò la sorella.
“Adesso sei soddisfatta, vero?”
“Soddisfatta? E di cosa?”
“Sai benissimo di cosa: potevi anche evitare di fare quell’annuncio, sai? Mi hai rovinato la festa!”
“Volevo solo condividere con voi una cosa che mi riempie di gioia: che male ho fatto? L’unico errore madornale che ho commesso, semmai, è stato pensare che mi avreste capita!”
“Beh, hai praticamente confessato a tutti di essere anormale! Che cosa ti aspettavi, un applauso?”
“Anormale? Ehi, bada a come parli! Anormale è chi stupra, chi uccide … non chi ama!”
“Ma se madre natura ha creato l’uomo e la donna un motivo ci sarà, non trovi? Se l’omosessualità fosse normale, anche due uomini o due donne potrebbero procreare, no?”
“Sofia, smettila con questi discorsi stupidi, per favore: l’amore non ha sesso! Per quale motivo il sentimento che io provo per Sara dovrebbe valere di meno di quello che provi tu per Riccardo? E comunque non sono lesbica, ma bisessuale”.
“Ah, bene, ora sì che mi sento sollevata: ho per sorella un’indecisa, che va contemporaneamente con gli uomini e con le donne! Non giustificarti dietro questa scusa, perché è notorio che la bisessualità non esiste: o sei carne o sei pesce, non puoi essere entrambe le cose!”
“Io NON sono un’indecisa! Essere bisessuale non vuol dire avere relazioni con uomini e donne nello stesso momento, non significa cercare di nascondere la propria omosessualità dietro una scusa.
Non si tratta di essere carne o pesce, si tratta di amore! Io amo una donna, punto. Ma mi attraggono anche gli uomini: non guardo il sesso di appartenenza, ma come la persona è dentro. Cosa c’è di tanto inconcepibile in questo?”
“Forse ho capito: l’esperienza con Dario ti ha delusa perché lui ti ha lasciata dopo averti messa incinta … e così hai deciso di buttarti sulle donne. Ma non sei né lesbica né bisex: sei semplicemente arrabbiata con il mondo maschile! Vedrai che appena troverai il ragazzo giusto tornerai etero: quella che stai attraversando è solo una fase! Magari sono anche gli ormoni della gravidanza che ti creano questi scombussolamenti …”
“Sorellina, ma quante stupidaggini dici!” Irene sentì la rabbia montare dentro di sé. “Non si diventa gay o bisessuali a causa di traumi e delusioni, e non lo si sceglie! Non posso dire di essere fiera del padre di mio figlio, ma se fossi stata davvero eterosessuale non mi sarei innamorata di Sara, bensì di un altro uomo. Ci sono nata così, è la mia natura, e la natura non si può cambiare: spero che il concetto ti sia chiaro, una volta per tutte! E ora, se vuoi scusarmi, porto la mia roba in salotto: ho bisogno di stare tranquilla. Non so se te lo ricordi, ma tra 3 settimane darò alla luce tuo nipote, e non voglio beccarmi una gestosi solo perché tu mi fai alzare la pressione con le tue idiozie!” Detto ciò, la giovane donna andò verso il cassetto dove teneva il suo pigiama e, con un po’ di fatica, lo tirò fuori; infine uscì, senza voltarsi indietro.

*****

“COS’HAI FATTO???Ma ti ha dato di volta il cervello? Quante volte ne abbiamo parlato? Avevamo concordato che non avremmo mai detto di noi alle nostre famiglie, ricordi?” Sara guardò torva la sua ragazza: erano nel parco e a poca distanza da loro Odie giocava con un setter irlandese dentro l’area cani.
“Sì, l’avevamo concordato, è vero … ma poi ho iniziato a pensare che non era giusto nascondere la mia bisessualità ai miei genitori e a Sofia. Non ti ho detto prima quali erano le mie intenzioni perché sapevo che tu non mi avresti mai ascoltata! Sono la mia famiglia, non posso mentire loro all’infinito su quello che sono”.
“Già, bell’affare! Sbaglio o non ti parlano più, adesso?”
“Beh, sono passate solo 48 ore dal mio coming out: credo che gli ci vorrà del tempo! Certo, non mi fa affatto piacere essere guardata come se fossi un’aliena ogni volta che mi muovo per la casa, e già mi sono stufata di sentire le teorie strampalate di mia sorella riguardo la mia sessualità e di vedere i miei che parlano di sedute dallo psicologo ogni volta che passo loro vicino, ma sono certa che prima o poi arriveranno ad accettarmi”.
“Come no! Infatti immagino che avranno fatto i salti di gioia quando hai detto loro che saresti uscita con me, oggi!”
“No, non lo erano. Ma siamo adulte, non possono impedirci di vederci!  Quando il bambino sarà nato …” (e qui si interruppe, perché il diretto interessato aveva iniziato a scalciare) “Quando il bambino sarà nato, dicevo, cambierà tutto. Saranno tutti così presi da lui che non si ricorderanno nemmeno del fatto che noi due stiamo insieme e che il piccolo avrà praticamente due mamme!”
“Eh? Aspetta un attimo: che intendi con due mamme, esattamente?”
“Perché, non vuoi aiutarmi a crescerlo?”
“Certo che sì … ma non possiamo fargli entrambe da madri. Non funziona così! Devi pensare al suo futuro: cosa gli dirai quando crescendo ti chiederà perché tutti gli altri hanno un papà, e lui non ce l’ha? Come lo proteggerai quando gli altri gli daranno della femminuccia, solo perché è vissuto con noi e non con una famiglia tradizionale? Un bambino ha bisogno di …”
“DI UNA FIGURA MASCHILE E DI UNA FIGURA FEMMINILE, LO SO! Non hai idea di quante volte mi è stato ripetuto, in questi giorni. Peccato però che nessuno, te compresa, abbia considerato che quel gentiluomo del padre di mio figlio è sparito nel nulla appena ha saputo della mia gravidanza! Gli ho scritto mail, lettere, l’ho chiamato più volte sia a casa che al cellulare … e non mi ha mai risposto! Ricordi il giorno prima della mia laurea, quando abbiamo incontrato quel ragazzo con il pitbull? Quello era Dario, e come forse ricorderai non mi ha detto neanche una parola, pur avendomi riconosciuta benissimo, e se l’è data a gambe quasi immediatamente. Davvero un ragazzo esemplare, no? Per un bimbo secondo te è meglio avere una madre presente e un padre che neanche conosce il suo nome, oppure è meglio avere vicino due persone che si amano e che adorano lui e sono disposte a farlo crescere dandogli principi sani che lo aiutino a diventare un adulto equilibrato? I bambini hanno bisogno di amore, e questo possono darglielo anche due uomini o due donne! Ma è inutile continuare a parlarne: se ritieni che due individui dello stesso sesso non possano fare i genitori, non possiamo andare avanti. Io vorrei dei figli con te, anche se madre natura non ce lo consente, ma se tu non vuoi, non vedo come possiamo avere un futuro insieme! Quindi, forse è meglio se non ci sentiamo più”.
Appena ebbe pronunciato queste parole, si voltò e fece uscire il cane dal recinto; poi, incurante dei richiami di Sara, si allontanò, con tutta la velocità consentitale dalla sua pancia. Si sentiva devastata: il suo sogno di essere felice con la persona che amava era dunque tanto impossibile da realizzare?
 
 
 
 
 

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Vittoria ***


Capitolo 6 – Vittoria

Nei tre giorni che seguirono, Irene ricevette molte telefonate da parte di Sara, ma per orgoglio non rispose mai anche se la ragazza le mancava da morire ed era sempre nei suoi pensieri e si era pentita amaramente della scenata che le aveva fatto.

Era chiaro ormai che non volevano le stesse cose, quindi la loro storia non poteva andare avanti!

In compenso, però, aveva raggiunto una sorta di tacito accordo con Sofia, ed era tornata a dormire nella sua camera con lei; i suoi genitori invece le parlavano solo del bambino e del parto imminente, e riguardo alla sua sessualità avevano raggiunto la classica fase del “lo sappiamo, ma non lo diciamo in giro”: non che la cosa la rendesse felice, ma si era informata e ora sapeva che il loro nuovo atteggiamento non era un ulteriore rifiuto, ma un primo passo verso l’accettazione della sua natura.

“Spero che quello che ho letto su internet sul coming out sia vero: almeno così nella mia famiglia tra qualche tempo tutto tornerà normale!” si disse prima di infilarsi nel suo letto.

 

*****

 

Qualche ora più tardi, Irene stava fissando il soffitto della sua camera: non riusciva a dormire perché come ogni notte il pensiero di Sara la tormentava, e inoltre sentiva degli strani doloretti al basso ventre: aspettò qualche minuto ancora per vedere se passavano, ma sembravano non voler finire mai, e così si alzò lentamente e si diresse in bagno, in preda ad uno strano presentimento.
Una volta entrata nella stanza, cercò di ascoltare il suo corpo con calma: le fitte non erano particolarmente forti … ma di certo erano insolite! Le aveva avute anche il giorno prima ed erano continuate per tutta la giornata senza problemi, ma stavolta erano più intense e passava molto più tempo tra una e l’altra. Poteva anche sbagliarsi di grosso, ma era meglio non rischiare: quindi, aprì la porta e chiamò a gran voce la madre.

*****

 

Sofia camminava avanti e indietro nel corridoio dell’ospedale: suo padre le aveva detto più volte di sedersi, ma lei non ci riusciva. Non faceva altro che pensare alla sorella, che in quel momento si trovava in sala parto, e alle parole che le aveva detto la sera del suo compleanno: l’omosessualità e la bisessualità non erano scelte o devianze, bensì orientamenti sessuali del tutto naturali. “L’amore è sempre amore, e non ha sesso” pensò: l’aveva capito guardando Irene agitarsi sotto le coperte e chiamare la sua amata nel sonno. Se lei aveva diritto ad avere una vita felice con il suo fidanzato, perché sua sorella non poteva esserlo con la persona che amava? Sapeva che le due giovani donne non si parlavano più, e non conosceva il motivo di questa decisione, ma sentiva che doveva intervenire anche a costo di essere presa a male parole da entrambe.

“Su, coraggio, ormai sono le sette. E’ presto, ma magari è sveglia per qualche motivo!” aveva con sé il cellulare di Irene: cercò il numero di Sara e una volta che lo ebbe trovato schiacciò il tasto verde.

 

*****

 

Sara aprì gli occhi, assonnata, e guardò l’orologio che era appeso al muro della sua camera. Erano le sette! Cosa ci faceva sveglia a quell’ora visto che era il suo giorno libero? Si rigirò nel letto con l’intenzione di dormire ancora qualche ora, quando sentì un suono strano molto vicino a lei, simile ad una vibrazione.

“Oddio, è il cellulare: ho dimenticato di spegnerlo ieri sera!” pensò tra sé e sé. Si mise a sedere e afferrò l’apparecchio appoggiato sul comodino, curiosa di scoprire chi la chiamasse a quell’ora; quando lesse sul display il nome di Irene il cuore iniziò a batterle forte e si chiese se per caso l’amore della sua vita non avesse deciso di perdonarla. Voleva quindi ricominciare a parlarle? Voleva chiarire? C’era solo un modo per scoprirlo: fece un gran respiro, e poi rispose con un allegro ed emozionato:

“Pronto?”

“Ciao Sara, sono Sofia! Come stai?”

“Ah…ciao” -.-‘ “Io sto … bene, più o meno. E tu invece?”

“Io benissimo! Ehm …” l’adolescente esitò, ma poi si disse che doveva continuare: ormai doveva andare fino in fondo. “Ti ho chiamato per dirti che mia sorella sta partorendo!”

“COSA? Ma non è in anticipo? Da quanto ha iniziato?”

“E’ in anticipo di due settimane, ma non è grave: sta sempre al nono mese, in fondo. Da ieri aveva contrazioni lievi, ma non se ne è preoccupata tanto perché le avevano detto che era normale e che doveva andare in ospedale solo se si accorgeva che duravano circa 15-20 secondi e se si presentavano a distanza di 15-30 minuti l’una dall’altra. E così stamattina alle 5 ha svegliato tutti dicendo che pensava che suo figlio stesse per nascere … circa una decina di minuti fa le si sono rotte le acque.

Senti, so che non sono affari miei, ma secondo me voi due dovreste darvi una seconda possibilità: sono certa che Irene ti vorrebbe vicina in questo momento. E’ molto innamorata di te, e credo che ogni donna vorrebbe avere vicino il proprio partner quando sta per dare alla luce un figlio. Non potrai entrare perché non sei una sua parente, ma potrai aspettare fuori con me: c’è mia madre insieme a lei, adesso.

“Ok, il tempo di prepararmi e arrivo!” esclamò Sara, che nel frattempo si era alzata e aveva già aperto l’armadio, in cerca di qualcosa da indossare: non si curava di fare piano, perché i suoi genitori erano già usciti per andare a lavorare e quindi era sola in casa. “In che ospedale siete?” volle sapere.

Sofia glielo disse. “Va bene: quaranta, quarantacinque minuti al massimo e sarò lì. Ti faccio uno squillo sul cellulare di Irene quando sono fuori dall’edificio, così tu esci e mi porti dentro, d’accordo?”

“Sì, d’accordo. A dopo!”

“A dopo, ciao”.

*****

 

Qualche ora dopo, Irene si sentiva al settimo cielo: Sara era lì e questo la riempiva di gioia, ma oltre a questo aveva anche un altro splendido motivo per essere felice: sua figlia, che era in una culletta accanto al suo letto.

“Mamma mia quanto è bella la tua bimba! Come l’hai chiamata?”

“Veramente … ancora non ha nome!”

“Eh? Ma come? Abbiamo passato mesi interi a cercare nomi per bambini, sia maschi che femmine!” O.o

“Sì, lo so … ma nessuno di quelli che abbiamo visto mi sembra adatto a lei?”

“Ok, d’accordo … ci sono: chiamala Sara!”

“Che??? No!”

“Perché no? E’ un nome stupendo: significa ‘principessa’! E poi, lo porto io, non ti basta?”

“Voglio che abbia un nome tutto suo … e comunque, complimenti per la modestia! Sei quasi peggio di Sofia: pensa che voleva che chiamassi Sofio la piccola, se fosse stata un maschio!”

“SOFIO?” O.o “Dici sul serio? Ma esiste un nome del genere? Mamma mia! Speriamo che non abbia un figlio maschio in futuro, altrimenti gli affibbierà quel nome e lui avrà una vita molto difficile, poverino!”

Ad Irene venne da ridere. “Già, non me ne parlare!”

Rimasero a fissarsi negli occhi per un po’, totalmente incantate l’una dall’altra, con i loro cuori che battevano all’unisono; poi Sara si riscosse e, staccando il calendario dalla parete della stanza, esclamò “Ho un’idea: per scegliere il nome, guarda sul calendario! Magari ne trovi uno carino!”

“Va bene, fammi vedere … 17 maggio, san Pasquale Baylon”.

“Perfetto: chiamala Pasqualina!”

“Come???” Pasqualina? Ma sei matta?” Irene, che si era avvicinata alla culla per prendere in braccio la neonata, si bloccò e fissò la sua compagna “Ma è una bambina, non una coniglietta nana! Non posso chiamarla così: quando crescerà i suoi coetanei la prenderanno in giro, e lei mi odierà!” In quel momento, la diretta interessata scoppiò a piangere.

“Lo vedi? Nemmeno lei approva, per questo piange!”

“No, piange perché la sua mamma le ha appena strillato nelle orecchie mentre segnalava il suo disappunto per il nome da darle!”

“Su, tesoro”, fece Irene alla figlia, che ancora piangeva. “Non permetterò a mamma Sara di darti quel brutto nome …” poi di colpo si irrigidì, come se proprio in quel momento le fosse venuta in mente una cosa importante.

“Irene, che c’è? A che pensi?”

“Sara, che giorno è oggi?”

“Come sarebbe, che giorno è oggi?” O.o “E’ il 17 maggio, l’hai visto poco fa!”

“Il 17 maggio … già, è vero! Oggi è la giornata mondiale contro l’omofobia, lo sapevi?”

“No, non lo sapevo. Ma che vuoi dire con questo? Vuoi chiamare la bimba come una lesbica o una bisex famosa, forse?”

“No: ti ho già detto che voglio che abbia un nome tutto suo. Voglio chiamarla Vittoria, nella speranza che un giorno i gay e le lesbiche possano vedere riconosciuti i loro diritti e che non debbano più rischiare di essere derisi o peggio malmenati se provano a darsi la mano o a scambiarsi effusioni nei luoghi pubblici; e nella speranza che noi bisessuali veniamo riconosciuti per come siamo, senza venire giudicati male sia dagli etero che dagli omosessuali stessi. Io una piccola vittoria l’ho già ottenuta” concluse la giovane mamma, guardando la donna che amava “E spero che ogni membro della comunità LGBTQI possa trovare la sua”.

“E’ un nome impegnativo, quello che vuoi darle”, cominciò Sara, un po’ imbarazzata perché non le era sfuggito lo sguardo che la sua fidanzata le aveva lanciato poco prima “Ma mi piace, e credo proprio che le stia benissimo!” Si sporse in avanti per prendere in braccio la piccola, che si era calmata e sembrava avere intenzione di scivolare nel mondo dei sogni, e dopo aver contato mentalmente fino a tre, continuò “Dovresti dirlo a Dario: in fondo, è sempre suo padre”.

“Te lo scordi!” esclamò l’altra, decisa. “Se gli interessava, poteva farsi vivo prima: ha avuto nove mesi a disposizione, e non sono pochi! So che tu vorresti che ci fosse una sorta di chiarimento tra noi, soprattutto per il bene di Vittoria, ma non sarà così: in fondo è stato lui a scegliere di restare fuori dalla sua vita.”

“Non ti sto dicendo di tornare con lui o di essergli amica, ti ho detto solo di fargli sapere della nascita di vostra figlia: tutto qui!”

“E io ti ho già detto che non voglio. Discorso chiuso, ok?”

*****

 

Nonostante quello che aveva detto all’ospedale, alla fine Irene decise di seguire il consiglio di Sara: così, il ventidue maggio scrisse una breve e-mail a Dario.

 

Ciao Dario,

spero che tu stia bene. Volevo solo informarti che cinque giorni fa è nata nostra figlia, e l’ho chiamata Vittoria. 

Gode di ottima salute; puoi vedere com’è tramite la foto che ti ho allegato qui sopra. Per fortuna, ti assomiglia ben poco!

Saluti, 

          Irene

 

Mentre cliccava sul tasto “Invio”, Irene non poté trattenersi dal sorridere per la piccola frecciatina che aveva tirato al suo ex nelle ultime righe; poi chiuse il collegamento ad internet e aprì una pagina word dove poco tempo prima aveva scritto una poesia che si intitolava “Proibito” e che diceva pressappoco così:

 

Sto morendo dalla voglia di parlarti,

vorrei tanto avvicinarmi a te, baciarti e toccarti.

Ma non lo posso fare:

è proibito, è questa la realtà, e mi ci devo adattare.

Molti si riempiono la bocca dicendo che l’amore è speciale,

ma sono proprio loro i primi a pensare che esso non è tutto uguale.

Pensano che ce ne sia uno giusto e uno sbagliato,

e io dal canto mio spero che questa mentalità appartenga presto al passato.

 

La rilesse più volte, non sapendo se gettarla nel cestino del pc o meno: infine, però, decise di tenersela, perché in fondo rappresentava una parte della sua vita, che non sarebbe mai svanita del tutto: sapeva che avrebbe dovuto sopportare le critiche ed i pregiudizi di alcune persone, ma sapeva anche che tanti altri erano dalla sua parte e altri ancora invece si mantenevano neutrali. Riguardo al primo gruppo di individui, era già consapevole del fatto che avrebbe ignorato le loro battute se mai avessero osato farle, e avrebbe continuato a chiedere il riconoscimento dei diritti che le spettavano … non solo per sé stessa, ma anche e soprattutto per le due persone che amava di più al mondo, ossia Sara e la loro piccola Vittoria.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Matrimonio ***


Capitolo 7 – Matrimonio

Tre anni dopo: 04/09/2016

“Parigi è bellissima, ma in quanto a condizioni atmosferiche non è granché, pare: siamo qui da dieci giorni, e il sole si è visto poche volte! Persino adesso il cielo è velato”, disse Sara quella mattina, guardando fuori dalla finestra dell’appartamento.
”Lo so. Pensa che anni fa sono venuta in questa città con la mia classe per una gita, e c’è stato un giorno in cui prima c’era il sole, poi ha piovuto, poi ha grandinato ed infine è tornato di nuovo il bel tempo: e tutto questo nel giro di pochi minuti! Però magari abbiamo semplicemente incontrato un clima particolare…”
“Già: la nostra solita fortuna!”
“Ti sei pentita di essere venuta qui?”
“No, affatto. Mi basta stare con te, non importa dove! E poi, l’abbiamo deciso insieme: anche se il tempo non è perfetto, questo sarà comunque il giorno più bello della nostra vita.
“Già”, disse Irene lanciando uno sguardo malizioso alla compagna. “Adesso però basta parlare!”. Si avvicinò a Sara e la strinse a sé, baciandola con passione; l’altra le rispose con altrettanta foga, e in breve si ritrovarono ad aiutarsi a vicenda per togliersi i vestiti. Crollarono nude sul letto, e si sorrisero; poi Irene si stese sulla sua fidanzata e iniziò a baciarle tutto il corpo. Partì dalle labbra, per poi passare al collo, alle braccia, alle mani, ai fianchi, al seno: su quest’ultimo indugiò molto di più, seguendo con la bocca tutto il contorno delle areole e succhiando e leccando i capezzoli.
Sara gemette e lei si fermò per qualche istante, per poi scendere ancora più giù: le baciò la pancia, poi le gambe, e subito dopo tornò più su, per occuparsi  della parte più intima e segreta della donna che amava, usando sia le labbra che la lingua. Infine, sentendo che Sara stava per raggiungere l’orgasmo, Irene si staccò per un momento, si sistemò in modo da far combaciare perfettamente i loro organi genitali e iniziò a muoversi piano piano, dolcemente: vennero entrambe nello stesso momento, e per riprendersi si misero l’una accanto all’altra, a farsi le coccole.
“Ricominciamo?” chiese Sara una decina di minuti più tardi, intrecciando sensualmente le gambe a quelle di Irene.
“Magari!” esclamò quest’ultima, districandosi e affrettandosi a rimettersi il pigiama “Mi piacerebbe, ma sono le 8, devo andare a svegliare Vittoria! Tu comincia a prepararti, dai … io vesto lei, poi torno qui, metto il mio vestito e quando arriva la parrucchiera ci facciamo fare l’acconciatura”

*****

 
Irene arrivò davanti alla porta della cameretta di sua figlia: la bimba ormai aveva tre anni, e da qualche mese aveva insistito per andare a dormire da sola; neanche il fatto che da dieci giorni si trovavano in un paese straniero e in una casa che non era la loro le aveva fatto cambiare idea. “Ora capisco come si è sentita mia madre quando ho voluto dormire da sola, durante il primo anno di scuola materna! Anche io, come lei allora, non riesco a stare totalmente tranquilla la notte …” pensò, mentre appoggiava la mano sulla maniglia e spingeva per entrare. Aspettandosi di trovare la sua piccola ancora addormentata, aveva cercato di fare il più piano possibile, ma quando la porta si fu aperta del tutto sentì una vocina familiare e constatò che la bambina non solo era sveglia, ma stava anche giocando con il pupazzetto di Peppa Pig, la protagonista del suo cartone animato preferito.
“Mamma Irene!” Vittoria sgranò i suoi begli occhi verdi, unica eredità paterna.
“Ciao tesoro! Come mai sei già sveglia? Potevi chiamarmi, no?”
“Lo so mamma, ma Peppa Pig voleva giocare con me!”
Irene sorrise. “Ah sì? E vi siete divertite?”
“Sì, tanto tanto!”
“Sono contenta … ma adesso ti devi alzare: saluta Peppa Pig, così la mamma ti aiuta a vestirti”.
“Ok”.Vittoria scese dal letto per obbedire alla madre biologica, ma poi si bloccò ed esclamò sorpresa “Mamma Sara! Ti sei vestita da principessa?”
Sara, che indossava un vestito bianco lungo, con le maniche lunghe, non scollato e ricoperto di pizzo, era apparsa sulla soglia. I suoi capelli erano ancora sciolti sulle spalle, e le scarpe, che si intravedevano appena, erano bianche anch’esse, a punta e con il tacco di cinque centimetri.
“No amore, non sono vestita da principessa, sono vestita da sposa … mamma Sara e mamma Irene oggi si sposano, te lo ricordi?”
“Perché?”
“Perché si vogliono bene, piccolina”. Poi, rivolgendosi ad Irene che era rimasta incantata da quando l’aveva vista entrare, disse “Vai pure a vestirti, a Vittoria ci penso io. Il suo vestitino è quello lì, no?” domandò, indicando un abitino bianco a piccoli pois neri con le maniche a campanella, accompagnato da calzette bianche e scarpette nere.
“Va bene … ma non è che ti sei offerta perché temi che io la vesta male?” le rispose Irene fingendosi scandalizzata.
“No, non potrei mai! Ho solo paura che tu le metta le calze arancioni!”
“Calze arancioni?” O.o “Ma se neanche ce l’ha! Però, ora che mi ci fai pensare, devo ammettere che non è male come idea: se le vedo da qualche parte gliele compro!”
“Sì, certo, come se tu entrassi mai volontariamente in un negozio!”
“Ah, sì? E il mio vestito allora dove l’ho preso, secondo te? L’ho trovato sotto un albero come nella favola di Cenerentola scritta da Perrault?”
“Forse!”
Risero entrambe di gusto, e Irene, dopo aver dato un bacio a stampo alla sua futura consorte, uscì dalla stanza.

*****

 
Alle dieci, Irene era nella sua camera e si stava guardando allo specchio: quello che vide le piacque molto. Indossava un abito bianco stretto in vita, leggermente scollato e con le maniche a tre quarti; i suoi capelli erano raccolti in uno chignon, e il velo le arrivava a metà della schiena. Ai piedi, un paio di décolleté di raso bianco, tacco sei: aveva scelto quelle perché le décolleté erano l’unico modello di scarpe per cui provava un minimo di interesse.
Dopo un’ultima veloce occhiata al suo riflesso prese il cellulare, che era appoggiato sul comodino e scorse i numeri della rubrica finché non trovò quello della sorella.
“Pronto?”
“Sofia! Ciao, come va? Hai dormito bene in albergo?”
“Sì, peccato che mamma e papà mi abbiano obbligata a prendere una stanza singola, invece che una doppia con Riccardo. Non è giusto, ho diciannove anni, non sono più una adolescente! Che guastafeste che sono … il lato positivo è che almeno Odie sta bene: visto che qui sono attrezzati per i cani, può stare spesso in compagnia dei suoi simili. Comunque vi invidio, mi sarebbe piaciuto stare in un appartamento! Chi è che ve lo ha dato? Non mi ricordo!”
“Ce l’ha dato uno dei testimoni di Sara, Marco: è italo-francese e anche molto ricco, la sua famiglia ha ben due case qui; quindi, una l’ha data a noi, e nell’altra c’è lui, con il suo compagno Tommaso e il loro figlio di sei mesi, che si chiama Davide”.
“Ah, hanno anche un bambino?”
“Sì. Biologicamente è di Tommaso: l’ha avuto da una donna che metteva in affitto il suo utero”.
“Bah … io non capirò mai queste donne, sai? Come fanno a prestare una parte così intima del loro corpo a sconosciuti, i quali poi cresceranno i loro figli? Io non ce la farei mai, neanche se mi pagassero oro!”
“Neanche io … però per queste signore è un lavoro, e anche ben pagato! Che vuoi che ti dica? Ognuno fa le sue scelte”.
“A proposito di denaro … voi la casa la pagate?”
“No”.
“Come sarebbe a dire, no? Che fortuna! Voglio anche io degli amici ricchi che hanno case in altre capitali europee! Sara li ha conosciuti tramite il lavoro, vero?”
“Sì … ma chissà, se sarai fortunata quest’anno ne troverai qualcuno all’università. Già che siamo in argomento, sei pronta per i test d’ingresso?”
“Prontissima! Sto ripassando tutto ciò che può essermi utile, e mi sto documentando per poter affrontare al meglio la parte di cultura generale … anche se ultimamente ho lasciato tutto da parte e mi sono messa a fare un corso di francese”.
“Per via di oggi?”
“Certo, che domande! Sono la tua testimone di nozze, dovrò pure capire qualche parola della cerimonia, no? Com’è che dirà l’ufficiale di stato civile? Je vous déclare femme et femme? “
“Ma no! -.-‘ Dirà: Je vous déclare légalement mariées, ossia: vi dichiaro legalmente sposate”.
“Ah! E perché dirà così? O.o Che strana formula!”
“Non ne ho idea. Forse per renderla più neutra possibile! Comunque non mi interessano le parole che verranno usate: quello che conta per me è che sto per sposare la persona che amo. E lo faccio proprio nella terra in cui tre anni fa un uomo si sparò per protestare contro la legge che consentiva i matrimoni tra omosessuali, che era stata approvata da pochi giorni”.
“Già. Lo fece nella chiesa di Notre Dame, vero? Ieri l’ho visitata, insieme a mamma, papà, Riccardo e i tuoi futuri suoceri, che alloggiano nel nostro stesso albergo. Sono dei tipi a posto!”
“E’ vero, lo sono. Sara aveva molta paura quando ha dovuto dire loro di noi, ma non l’hanno presa poi così …“ la giovane donna si interruppe, vedendo sua figlia entrare di corsa nella stanza.
“Mamma Irene! Ha detto mamma Sara che è quasi ora di andare via, e che ti devi sbrigare!”
“Sof, devo andare: è tardi, Sara ha appena mandato Vittoria a dirmi che dobbiamo uscire. Ci vediamo dopo, ok? Ricordi dov’è il comune?”
“Sì, sì, tranquilla. Vai pure, e di’ alla mia nipotina che ho un altro pupazzetto per lei”.
“D’accordo: ne sarà felice! A tra poco!”

*****
 

Sara alzò lo sguardo verso il cielo parigino: le nuvole c’erano ancora, ma non sembravano portatrici di pioggia. Si girò verso l’edificio che ospitava il ristorante che lei e sua moglie avevano scelto per il loro pranzo di nozze e sospirò di felicità.
Da piccola aveva sognato anche lei il principe azzurro, e da adolescente era stata innamorata di alcuni ragazzi; poi era arrivata Irene, ed era cambiato tutto. Certo, non era stato facile, per lei che era molto credente, accettare la propria bisessualità: ma con il tempo aveva imparato ad accettarsi, e ormai non riusciva più ad immaginare la sua esistenza senza la sua dolce metà e la loro bimba. E ora, stava vivendo il giorno più bello della sua vita, accanto a loro: i suoi parenti c’erano tutti, mentre alcuni tra quelli di Irene avevano finto di avere impegni improrogabili per non dover assistere a quello che ritenevano essere un insulto a madre natura, ma non importava: lei e la sua donna si amavano, e per questo avevano voluto legalizzare la loro unione. Avrebbero voluto farlo in Italia, piuttosto che in una nazione straniera di cui alcuni non conoscevano la lingua (loro a dire il vero su questo punto se l’erano cavata, perché Marco aveva fatto da interprete, permettendo a tutti gli invitati di capire, ma se non avessero avuto questa fortuna le cose sarebbero state molto più complicate), ma alla fine era andata bene lo stesso.
“Forse ora è meglio rientrare”, si disse, ma dopo aver fatto qualche passo si bloccò lì dov’era, vedendo che Irene le stava venendo incontro.
“Amore, che fai qui? Ho accompagnato Vittoria in bagno e quando sono tornata non c’eri! Mi hai fatto preoccupare!”
“Scusa, sono uscita per riflettere. Sono così felice!” abbracciò di slancio la sua consorte, poi chiese “Ma la piccola dov’è, a proposito?” .
“E’ dentro, con Sofia, che le ha comprato un altro pupazzo: sarebbe George, il fratellino di Peppa Pig. Te lo ricordi?”
“Certo che sì. Come potrei averlo dimenticato, visto che Vittoria ci fa vedere quel cartone animato praticamente tutti i giorni? Dopo questo regalo, comunque, penso che adorerà sua zia!”
“Lo penso anche io. Quando le ho lasciate però a dire il vero Vee stava chiedendo a mia sorella perché non era vestita di bianco anche lei … quella bambina da troppa importanza ai vestiti, non va bene!”
“Meno male! Almeno da grande non si vestirà in modo strano come una certa persona che conosco …”
“Ti riferisci a me? Ma come osi?” ribatté Irene fingendosi offesa.
Si baciarono appassionatamente per un po’, infine si staccarono e si sorrisero a vicenda.
“Sai, anche se non l’ho partorita, mi sento sua madre anche io…”
“Ma tu sei sua madre: ci giochi, le leggi le favole, la curi quando si ammala … insomma, fai con lei le stesse cose che faccio io. Per essere un bravo genitore non conta il genere di appartenenza, ma la capacità di amare il bambino e dargli dei princìpi sani. Te lo dissi anche quando ero incinta!”
“Hai ragione! Ora ci conviene tornare dentro, però: tra poco ci sarà il taglio della torta. E poi ci aspetta la prima notte di nozze! Ti farò impazzire di piacere”.
“Wow, non vedo l’ora!” esclamò Irene guardando maliziosamente Sara e cingendole la vita con le braccia.
Si allontanarono così, felici e spensierate, verso quello che speravano essere un futuro pieno d’amore.
 
 
Note dell’autrice: ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo … ringrazio tutti coloro che hanno recensito, che hanno seguito la storia, che l’hanno messa tra i preferiti o che l’hanno anche semplicemente soltanto letta. La dedico a tutta la comunità lgbt,  che da anni lotta per i suoi diritti, e ai bambini come Vittoria e Davide: pochi lo sanno, ma di bimbi che crescono con famiglie omogenitoriali qui in Italia ce ne sono circa diecimila!
 
 

 
 

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