Dialogo con Dio

di O0oSuNsHiNeo0O
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io&Dio ***
Capitolo 2: *** Io&IlPadreterno ***
Capitolo 3: *** Io&L'Altissimo ***
Capitolo 4: *** Io&IlCreatore ***
Capitolo 5: *** Io&L'Onniscente ***
Capitolo 6: *** Io&l'Onnipresente ***
Capitolo 7: *** Io&L'Onnipotente ***



Capitolo 1
*** Io&Dio ***


Egli è figo.
O almeno così si sente.
Immensamente figo.
Siede in una poltrona di pelle, da boss.
Indossa un doppiopetto gessato, da boss.
Dopotutto lui è il Boss.
E’ un bell’uomo.
Gli daresti sì e no una cinquantina d’anni ben portati.
Capelli brizzolati alla Gorge Clooney.
Un filo da barba.
Quanto basta per sembrare un uomo maturo.
Quanto basta per non sembrare un barbone.
Quanto basta per sembrare figo.
Legge una rivista di motociclismo e fuma un sigaro.
Rolex al polso.
Unghie curate.
Denti bianchi e regolari.
Insomma, si è fatto da solo, perché farsi male.
Ah, già, quasi dimenticavo.
Quello che ho di fronte è il Padreterno.
Sì, sì proprio lui.
Il Dio onnipotente.
Il Creatore del cielo e della terra.
Di tutte le cose visibili e invisibili.
Ha anche un figlio.
Al momento non siede alla destra del padre.
Magari lo conoscerò più tardi.
Guardo di nuovo il Padreterno che sembra non essersi accorto della mia presenza.
“Dov’è il triangolo?” chiedo.
Alza appena lo sguardo.
“Quale triangolo?” chiede, gli occhi ancora intenti a scorrere la rivista.
“Ma tu non sei Dio?”, ribatto io.
Posa la rivista con aria scocciata.
“E Dio dovrebbe avere un triangolo?”
“Sì”, rispondo, “sulla testa, con un occhio”
“E a cosa servirebbe quest’occhio?”, chiede interessato il Dio Onnipotente.
Poggia un gomito sul tavolo.
“A vedere tutto”, rispondo sicura io.
“Io vedo tutto anche senza un occhio sulla testa”, risponde con aria di sufficienza.
Riprende in mano la rivista.
Lo osservo.
Cerca la pagina dove si era fermato. Legge.
“Da quanto tempo è che non ci butti un occhio?”
Alza di nuovo lo sguardo.
Schiaccia il sigaro in un posacenere.
“Un occhio, dove?”
“Sulla terra”
Finalmente mi guarda negli occhi.
Poi li abbassa.
“Già, la terra”
Ha perso l’aria di sufficienza.
Mi sembra quasi un po’ triste.
“Te ne eri dimenticato, ammettilo”
Torna a posare gli occhi su di me.
“Io non dimentico mai nulla”
“Hai un ego che ti esce dalle orecchie, Boss”, gli faccio notare educatamente.
O almeno così mi pare.
Forse a lui non sono sembrata educata.
Perché mi guarda un po’ torvo.
“Ma in fondo ti capisco”, aggiungo abbracciando con lo sguardo l’ampio ufficio che ci circonda, “hai fatto tutto te”.
“Non sono il Boss”, dice lentamente, “i boss siete voi, anche se siete troppo stupidi per rendervene conto”.
Sembra calmo.
“Che vuol dire che i boss siamo noi?”
“Lo sai”, dice lui.
“No, altrimenti non avrei chiesto”, rispondo io.
Mi guarda.
Mi guarda con amarezza.
Decido di cambiare discorso.
Quello della terra mi sembra un tasto dolente.
Magari ci torno più tardi.
Forse per allora saremo amici.

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Capitolo 2
*** Io&IlPadreterno ***


“E la tunica?”
Mi osserva per un attimo con aria stanca
“Quale tunica?”
“Dio non porta una tunica?”, chiedo io
“Assolutamente no”, dice con foga, “quelle sono le robacce etniche che piacciono tanto a mio figlio”
“Gesù?”
“Sì”
Pare non ci sia proprio nient’altro da aggiungere.
Anzi.
Qualcosa c’è.
Me lo chiedo da talmente tanto tempo.
“Gesù è un hippie?” Il Padreterno mi guarda.
Sembra scioccato.
“Ma chi?”
“Gli hippie”
“E che sono?”
“E’ un movimento degli anni settanta”, spiego pazientamente “Gli hippie credevano nell’amore cosmico, nel fatto che siamo tutti fratelli e cose simili”, dico io
“E fumavano un sacco di canne”, aggiungo
“Che cos’è una canna?”, chiede Dio
Mi fa quasi tenerezza.
Sembra un bambino dell’asilo.
“E’ droga, Dio. Se ne fumi tanta ti fa male”
“Ah”, dice lui.
Sembra sorpreso.
“E perché la fumano se fa male?”
“Beh, all’inizio ti fa sentire bene. Ti senti allegro, tutti ti sembrano belli, simpatici e attraenti. Poi ti senti uno schifo e magari sbocchi sul divano di tua nonna”, dico io
“Sbocchi?”
“Vomiti”
“Ah”
Dio sembra davvero molto sorpreso.
Si massaggia il mento.
Osserva il sigaro.
Qualche minuto prima lo ha schiacciato nel posacenere.
“E anche quelle roba fa male, eh?” dico io.
“Ah”
“Beh, ma in fondo tu sei Dio, non dovrebbe crearti dipendenza”
“No, infatti”, dice lui con una punta di imbarazzo.
Non sembra crederci più di tanto.
Ci guardiamo per un attimo.
“Quando la Madonna lacrima sangue è vero?”
Sgrana leggermente gli occhi.
“Come scusa?”
“Ma che ne so”, inizio io “ogni tanto alla tivù si sentono robe tipo: la Madonna piange sangue, la statua di Gesù si è mossa, cose simili”
“Ah”
Si massaggia di nuovo il mento.
“E la gente che fa?”
“Mah, niente di che, solitamente qualche fedele va in pellegrinaggio là per un po’ di tempo e poi basta, la storia finisce là”
Poggia la schiena alla poltrona di pelle.
Chiude gli occhi e fa un grosso sospiro.

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Capitolo 3
*** Io&L'Altissimo ***


“Allora ho ragione”, dico
“è da un bel po’ di tempo che non butti un occhio giù da noi”
Ha ancora gli occhi chiusi quando mi dice:
“E dimmi, che succede giù da voi?”
“E’ un po’ uno schifo, sai Dio?”
Apre di scatto gli occhi.
“Impossibile, ho fatto tutto io”
Gli sorrido accomodante.
“Appunto Boss, ora, sinceramente, da quanto tempo non ci butti un occhio?”
“Da quando avete iniziato a disgustarmi a dirla tutta”
Lo osservo per un attimo.
Sembra sinceramente afflitto.
Mi guarda .
“Sei sorpresa dalla mia risposta?”
Inclina leggermente la testa da un lato.
Sorrido.
“Non bisogna essere Dio per schifare il mondo in cui viviamo, eh?”
Il Padreterno prende una penna ed inizia a giocherellarci.
E’ un po’ irritante ma non glielo faccio notare.
“Tu sei per i DICO?”
“Come?”
“I DICO”
“E cosa sono?”
“Mai sentito parlare delle coppie di fatto?”
“Veramente no”
“Secondo te Boss, cosa fa di una coppia una coppia…di fatto?”
“Beh, non saprei…l’amore?”
Lo sapevo.
“Ecco, allora tu che sei Dio perché non lo spieghi a Ratzinger? Io ho provato a parlarci ma non mi da retta”
Arrossisce lievemente.
Si guarda intorno.
Allenta lievemente la cravatta.
“E…” inizia, “questo Ratzinger, in particolare…chi sarebbe?”
Spalanco gli occhi, sinceramente stupefatta.
“Ma, Dio Mio, Joseph Ratzinger è il nuovo papa!”
“Ah”
Stiamo in silenzio per un po’.
Credo che il Signore Onnipotente si sia reso conto della pessima figura che ha appena fatto.
“Vebbè su, ora non te la prendere troppo” dico, “io, ad esempio ho fatto figure ben peggiori”
Mi sorride, sinceramente sollevato.
“E anche se sei Dio una svista può capitare a tutti, no?”
“Grazie”
“Prego”
“Beh”, continuo io, “perché una coppia che non è sposata non può avere gli stessi diritti delle altre? Insomma, l’amore c’è, questo conta. E poi diciamocelo, papa Giovanni non è mai stato così rompiballe su queste cose e…”, mi interrompo all’ennesima espressione imbarazzata.
“Tu non hai la minima idea di quello di cui sto parlando, non è così Boss?”
Il Padreterno mi guarda molto imbarazzato.
“Beh, ecco…diciamo di no”, dice lui.
Rimaniamo un attimo in silenzio.
Decido di abbandonare l’argomento.
Sull’attualità il padreterno non mi sembra molto ferrato.

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Capitolo 4
*** Io&IlCreatore ***


Dio si osserva le unghie curatissime.
“Vai dall’estetista?”, chiedo interessata.
“Che cos’è un estetista?”, chiede lui con un sospiro.
Si vede che non gli piace affatto non essere informato sulle cose.
“E’ una persona che cura il tuo aspetto fisico, non so, ti lima le unghie, ti fa la ceretta…”
“La ceretta? Che cos’è una ceretta?”, chiede Dio molto interessato.
Sembra uno che l’aspetto estetico lo cura parecchio.
“E’ uno strumento di tortura non riconosciuto, Dio. Una signorina sorridente ti fa stendere su un lettino, poi ti passa, solitamente sulle gambe, una cera speciale e strappa fino a che non sono venuti via tutti i peli”, dico io.
Mi osserva con aria sconvolta.
“E in quali casi usate una tortura così malvagia?”, chiede interessato.
“Bah, non saprei, per andare al mare ad esempio”, dico io.
“Ma scusa”, inizia lentamente il Padreterno, “che connessione c’è tra la tortura e la bellezza estetica?”.
“Ah, non chiederlo a me. Mia nonna è molto preparata sull’argomento. Da piccola quando mi spazzolava i capelli mi ripeteva continuamente che -chi bello vuole apparire qualche cosa deve soffrire-. Per quanto mi riguardava”, dico dopo una pausa, “Avrei preferito di gran lunga tenermi la mia zazzera bionda e non soffrire”, concludo io.
“Voi uomini fuggite sempre la sofferenza”, conclude invece lui con l’ aria grave di chi la sa lunga.
“Hai mai sofferto, tu?”, gli chiedo candidamente.
“Vorrei vedere un po’ se ti ammazzassero barbaramente un figlio…”, inizia ad infervorarsi lui.
“Dio”, inizio io calma, “non facciamo i coglioni per favore”.
L’Onnipotente mi guarda con gli occhi spalancati.
Per qualche secondo regna in silenzio più totale.
Credo che nessuno gli abbia mai dato del coglione prima d' ora
“Io sarei un coglione?”, chiede alla fine.
La sua voce ha perso ogni sfumatura di antica prepotenza.
Per la seconda volta mi sembra di parlare con un bambino capriccioso.
“No, non sei un coglione”, inizio io accomodante, “insomma, per fare tutto questo ci è voluto sicuramente tanto lavoro, tanta fantasia, tanto intuito...”, mi interrompo un attimo, “Ma, vedi il discorso che tentavi di sostenere prima, scusa se te lo faccio notare, non si regge in piedi nemmeno un po’”
Per un attimo mi sembra smarrito.
“Quale discorso?”, chiede.
“Ecco”, inizio pazientemente, “quella storia melodrammatica sul fatto che ti hanno ammazzato il figlio. Vedi Boss, io ci credo che il gesto ti abbia ferito, che tu ti sia sentito umiliato forse”.
Dio annuisce: “Io ho mandato sulla terra una parte di me. Gesù parlava di amore, di fratellanza, di speranza e voi non avete trovato di meglio da fare che sbatterlo su una croce”, la sua voce ora è sicura e ferma.
“Proprio qui volevo arrivare, caro mio!”, esclamo schioccando le dita.
“Lui ora è qui con te! Quella piccola parentesi di trentatré anni sulla terra è stata, diciamo, una vacanza…”
“Una vacanza?”, urla l’Onnipresente con un sussulto, “Una vacanza? Ti rendi minimamente conto di quanto lui abbia sofferto? Del dolore, della vergogna, di tutto quello che ha subito”
Il signore continua ad urlare qualcos’altro mentre io alzo la mano.
“Che significa ora quel gesto?”, chiede spazientito.
“Boss, qui non stavamo parlando di tuo figlio, stavamo parlando di te”
Per un attimo scende il silenzio.
“Eh?”
“Non ti ho chiesto se lui ha sofferto ma se tu hai sofferto”
“Vedere un figlio sulla croce non ti sembra abbastanza?” mi chiede con aria composta e addolorata.
“Non lo sto mettendo in dubbio, ma tu non hai creduto neanche per un attimo che lui non sarebbe tornato qui, o sbaglio?”, inizio io, “Non hai mai provato il dolore di un distacco definitivo. Non hai mai salutato tuo figlio sapendo che non sarebbe mai più tornato. Non l’hai osservato… ”
“Nessuno può sapere quello che accadrà”, mi interrompe lui.
“Quando tuo figlio parte per una guerra tu sai benissimo quello che accadrà”, dico io.
“Beh, mi dispiace deluderti”, inizia lui, “Ma la guerra non è stata altro che una vostra invenzione.”.
Incrocia le dita delle mani, compiaciuto per la frase ad effetto appena pronunciata.

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Capitolo 5
*** Io&L'Onniscente ***


“Già, tu ci hai dato l’opportunità di scegliere e noi abbiamo scelto il male”, dico io.
“Esattamente”, risponde lui.
Rimaniamo per un po’ ad osservarci.
“Perché non ci hai fatto scegliere il bene? Perché non hai guidato i nostri passi?”, chiedo io.
L’onnipotente mi osserva un attimo.
“Vi piacerebbe essere guidati in tutto come burattini?”
Ci penso un po’ su.
“In effetti no”
“Appunto”, dice palesemente soddisfatto.
“Ma un aiutino piccolo?”, insisto io.
L’Altissimo mi osserva.
“Un aiutino piccolo?”
“Ecco, a me pare che tu creata la terra, gli uomini e tutti il resto ti sia un po’…rilassato, ecco.”
Dio sgrana gli occhi.
“Come quando prendi un dieci e smetti di studiare”, aggiungo io.
L’Onniscente mi osserva con aria truce.
“Cioè, hai fatto cose fantastiche”, inizio io, “l’uomo è una macchina così assurda e complicata, io non avrei mai saputo progettare una cosa simile”, concludo con enfasi.
Dio tossicchia soddisfatto, “Beh, modestamente ci è voluto un po’ per mettere tutto a punto”.
Restiamo in silenzio, con lui i discorsi si esauriscono in fretta.
O forse, come dicono tutti, sono io che salto da un discorso all’altro a velocità allucinante.
“Perché i preti devono vivere casti per tutta la vita?”
L’onnipotente arrossisce violentemente.
“Suvvia Boss, non ti puoi vergognare di parlare di certe cose”, sbuffo io.
Dio si riprende subito, “Di certo non mi imbarazza parlare di sessualità”, inizia imperioso, “è la faccenda legata alla sua invenzione che mi imbarazza un pò”
“Ah, sì? E perché”, chiedo interessata.
“Beh”, inizia lui, “quel giorno ero un po’, ecco, diciamo…”
Si schiarisce la voce
“Eravamo sbronzi”, conclude.
Rimango interdetta per un attimo.
“Sbronzi?”
“Sbronzi”
Lo osservo in silenzio.
Sbronzi è decisamente un plurale.
“E chi erano gli altri?”
“Mah, i miei amici sai, ora non ricordo neanche bene chi fossimo, si stava insieme, si cazzeggiava”.
Si cazzeggiava.
Dio, in doppiopetto gessato mi dice che lui cazzeggiava.
Sbronzo.
Con amici.
Tutto ciò è fantastico.
“Eravamo, io, Allah, Yaveh e poi chi altro c’era, vediamo…” Si massaggia il mento, è una cosa che fa spesso. “Buddha, Kalì e poi non so, mi pare ci fossero anche altri, ma i ricordi sono assai confusi. Forse Visnù, Apollo, magari anche Bacco e l’imperatore di Giada”, ridacchia, “quello sa un sacco di barzellette sporche”.
Deve aver notato il mio sguardo attonito perché si ricompone subito.
Cala il silenzio.
“Insomma come è andata?”
“Beh, stavamo un po’ insieme e, ecco, non sapevamo cosa fare, te l’ho detto eravamo un po’ sbronzi”, fa una pausa, “un po’ tanto. E ci siamo messi a parlare agli uomini…”
“Ovvero?”
“Ecco”, arrossisce violentemente, “non è stata un’idea mia. Ad un certo punto Yaveh si affaccia da una nuvola e urla: Vi dovete tagliare un pezzo di pene”, cerca di sembrare sinceramente afflitto ma reprime a fatica un risolino, “e, insomma, l’hanno preso in parola.Conosci la circoncisione, no? Poi si è affacciata Kalì e ha urlato: ho sei braccia!”, adesso sta ridendo. “Insomma, chi mai potrebbe credere ad una cavolata del genere? Ma l’hanno presa tutti in parola e via a scolpire statuette di Kalì con sei braccia, insomma, lì per lì sembrava divertente.”
Ora ridacchio anche io.
“Beh, poi è stata la volta di Allah che si è messo ad urlare: pregate a pecora. E beh…”, l’Onnipotente scoppia in una sonora risata.
Lo seguo a ruota.
“E’ andata davvero così?”
“Sì, te lo giuro sul mio onore. E li dovevi vedere, tutti ginocchioni a fare quelle preghiere incomprensibili.”
Scoppia a ridere di nuovo.
“Beh, e poi è stato il mio turno”, aggiunge un po’ tetro, “insomma ero ubriaco e devo aver gridato qualcosa come: chi sta con me non tromba per tutta la vita. Mi sembrava una frase carina.”
“Ma ti hanno preso sul serio”, concludo io.
“Già”, ora Dio si è ricomposto e intreccia le lunghe dita sotto il mento.
Si schiarisce la voce.
E poi inizia ad osservare interessato in quadro alle mie spalle.
“Sai”, mi dice senza guardarmi negli occhi, “sei la prima persona con la quale parlo così apertamente”.
Poi sorride.
Questo Dio mi inizia a stare simpatico.

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Capitolo 6
*** Io&l'Onnipresente ***


Chiedo umilmente perdono per il ritardo. Ma ho avuto problemi di varia natura che non sto qui ad elencare perchè riempirebbero un enciclopedia. Vi basti sapere che torno a postare il mio folle dialogo con Dio. Ringrazio tutti dei commenti carinissimi e delle "dichiarazioni d'amore" ;)) “Senti”, inizio io, “tu prima hai detto di non conoscere una canna”.
Dio annuisce.
“Ma con cosa vi siete ubriacati tu e i tuoi, ehm, amici?”, chiedo.
“Beh, con il vino”.
“E conoscete il vino ma non l’erba?”, ribatto io.
Dio arrossisce violentemente.
“Beh, ho detto la verità”, risponde sulla difensiva, “Io non l’ho mai chiamata con quel termine”.
“Già, il termine canna è abbastanza recente”, commento io.
Rimaniamo in silenzio.
Dio è imbarazzato al pensiero dell’imminente domanda.
“Te ne sei mai fatta una?”
Appunto.
“Chi, io?”, domanda lui.
“Sì, tu”.
“No”.
Lo scruto attentamente.
Ha le orecchie tendenti al rosso sangue, sta torturando un indifeso pezzetto di carta e non mi guarda negli occhi.
“Dio, tu le palle non le sai proprio raccontare”, ridacchio io.
“Io non racconto palle”, esclama con aria compunta.
Lascio cadere il discorso.
E mi torna in mente una cosa.
“Ehi, boss”, inizio.
Lui sbuffa: “Non ti avevo detto di non chiamarmi boss?”
“Forse, ma non è questo il problema”, ribatto io.
“Prima tu hai detto una cosa: che i boss siamo noi. Che vuol dire?”
Restiamo in silenzio per un po’, poi lui sorride.
“Ne abbiamo già parlato”, mi risponde.
“Ovvero?”
“Voi siete i boss della vostra vita. Nascete liberi e...”
“Questo non è vero”
Mi osserva con disappunto.
“Se nasci femmina in Afghanistan, ad esempio, non sei libera per il semplice fatto che sei quello che sei. In quel caso sono gli altri a scegliere per te. Dire: ‘ognuno è artefice del proprio destino’ è un’utopia.”
Dio sembra interdetto.
“Ma…”, inizia con ardore.
Poi si blocca.
Rimane per un attimo con la bocca aperta.
Sospira e si lascia cadere pesantemente sulla poltrona.
“Non so che risponderti. Non so che cosa sia l’Afghanistan.”
Si prende le testa fra le mani e rimane così per un po’.
Borbotta qualcosa tra le quali capto parole come: “tutto” e “sbagliato”.
Quando rialza il viso ha gli occhi un po’ rossi e l’aria triste.
“Non ti devi preoccupare Boss”, lo consolo, “pensa che neanche io non sapevo cosa fosse. Beh,”, aggiungo dopo una pausa, “fino a 11 anni, certo”
“Ma io sono Dio”, piagnucola lui.
Ci rifletto un po’ su.
“Beh, allora sì,è proprio imperdonabile”, aggiungo con un sorriso.
L’Onnipotente mi lancia uno sguardo torvo.
“Molto consolante, grazie”, risponde lui tornando a nascondere il volto tra le mani.
“Non c’è di che”
Dio si drizza improvvisamente sulla sedia, conscio forse, della posizione poco professionale che aveva assunto.
“Hai mai pianto?”, gli chiedo io.
“Come?”
“Hai mai pianto?”
“Chi io?”
Sbuffo impaziente, questo Dio sa essere impossibile a volte:
“Sì, tu”
Scrolla leggermente le spalle.
“No”
“No?”
“No”
Lo scruto un attimo.
“E’ una cosa davvero molto triste”, concludo poi.
Dio sbarra gli occhi.
“Triste? E perché? Piangere è una cosa triste, non piangere è…è…”
“Triste”, concludo io.
“No, affatto”, risponde con fervore.
Lo squadro con aria di commiserazione.
“Beh, perché mi guardi con quella faccia?”, chiede risentito.
“Piangere vuol dire avere dei sentimenti. Non è necessariamente qualcosa di triste, Boss. Si può piangere di felicità, di malinconia, di tristezza, di rabbia. E se piangere vuol dire avere dei sentimenti, avere dei sentimenti, beh, vuol dire essere vivi”, concludo io con una scrollata di spalle.
Dio abbassa gli occhi.
Che lentamente si riempiono di lacrime.
Poggia il capo sulle braccia.
Piange in silenzio.
Senza un singhiozzo, senza un gemito.
Io non lo disturbo.
Gli prendo la mano e lo lascio fare.
La stringo, la carezzo.
Non c’è più traccia nessuna in lui di prepotenza, superbia e presunzione.
Adesso piange.
E mentre piange ride.
E poi piange di nuovo.
Mentre le lacrime lasciano solchi salati sulle guance.
Mentre il cuore rallenta i battiti.
Dio mi stringe la mano.
Restiamo così per un minuto.
O forse per ore.

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Capitolo 7
*** Io&L'Onnipotente ***


Egli è figo. Nonostante gli occhi rossi. Immensamente figo.
Siede in una poltrona di pelle, da boss.
Indossa un doppiopetto gessato, da boss.
Dopotutto lui è il Boss.
E’ un bell’uomo.
Gli daresti sì e no una cinquantina d’anni ben portati.
Capelli brizzolati alla Gorge Clooney.
Un filo da barba.
Quanto basta per sembrare un uomo maturo.
Quanto basta per non sembrare un barbone.
Quanto basta per sembrare figo.
Mi stringe la mano e mi guarda negli occhi.
Rolex al polso.
Unghie curate.
Denti bianchi e regolari.
Insomma, si è fatto da solo, perché farsi male.
“Scusa”, mi sussurra ritirando la mano.
“Non sapevo che Dio avesse lacrime”.
“Neanche io”, sbuffa, “e io odio non sapere le cose”.
“L’avevo già immaginato Boss”, rispondo.
Il Padreterno si sistema il doppiopetto e si da un aria di contegno.
Si asciuga le guance con un fazzoletto candido.
“Come sto?”
“Da Dio, direi”
“Già come sempre”, aggiunge altezzoso lui.
Poi sorride.
“Io, ti devo ringraziare per, ecco, per quanto hai fatto per me, beh, sì, insomma…”, si guarda intorno visibilmente imbarazzato.
“Non mi devi ringraziare”
“Oh, invece sì”, inizia lui, “beh, potrei conferirti il dono delle lingue”,con uno slancio si avvicina ad uno schedario.
“Altrimenti che ne pensi dell’ ubiquità? Oppure senti, senti, questo è forte, puoi resuscitare a tre giorni dalla tua morte…”, continua entusiasta.
“No, grazie”
“E poi c’è questo che è una figata: puoi cambiare la tua fisionomia a tuo piacimento e…”
“No, grazie”
“No?”
“No, grazie”
L’Onnipresente appare un po’imbarazzato.
“Beh, come posso sdebitarmi?”, domanda.
“Facciamo così, io torno a casa senza modellare il corpo a mio piacimento e senza balzare fuori dalla tomba dopo tre giorni. Tu però mi devi promettere una cosa”
Annuisce con aria visibilmente preoccupata.
“Promettimi che butterai un occhio sulla terra”
Dio deglutisce rumorosamente.
“Ne abbiamo bisogno”, aggiungo.
“Va bene”, risponde infine.
“Grazie”
Rimaniamo in silenzio.
“Beh, io tornerei sulla terra a questo punto”, dico.
Dio si guarda un attimo intorno con aria impacciata
“Ah, beh, ecco…è stato un piacere conoscerti”
Mi porge la mano.
Gliela stringo.
Un gesto formale.
Asettico direi.
Mi avvio verso la porta.
Dio tossisce discretamente.
Mi giro.
“Ehm, senti, posso chiederti un grosso favore?”
L’Onnipotente mi guarda speranzoso.
“Certo”
Torno sui miei passi.
“La cosa dovrebbe restare fra noi due, però”
Si guarda intono circospetto.
Abbassa la voce.
“Prima di andare via…ti andrebbe, ecco..."
Si sistema il colletto con aria imbarazzata.
"..una partitina ai dadi?”

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