It's just attraction, or is it love?

di _Terens
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It isn't a goodbye ***
Capitolo 2: *** Welcome to ***
Capitolo 3: *** First impressions ***



Capitolo 1
*** It isn't a goodbye ***


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-Tesoro, cerca di calmarti!- disse disperatamente mia madre.
-Calmarmi, come posso calmarmi se ci trasferiamo appena le cose con il tuo fidanzato diventano serie?- urlai, nervosa.
Era veramente incredibile mia madre. Si, perchè ogni volta che le sue relazioni diventavano serie, eravamo costrette a trasferirci, perchè lei non sapeva affrontare le cose senza scappare. Insomma, non si sentiva mai pronta.
Mia madre fece un sospiro -Prepara le valigie. Verso le 16.30 partiamo-
E ovviamente fatto il danno non ammetteva repliche. Sbuffai.
-Posso almeno sapere dove andremo questa volta? No, così, giusto per sapere... in fondo, ho pure il diritto di sapere dove andiamo, non credi?-
Lei mi lanciò un'occhiataccia e disse in un tono che non ammetteva repliche -Vai in camera tua-
Presi il mio cellulare sul tavolo e salii le scale verso camera mia. Arrivata nella stanza, sbattei la porta e la chiusi a chiave. Composi il numero di Emily, la mia unica amica. Ovviamente gni volta arrivata in una nuova città per me era difficile ricominciare tutto da capo, a partire dalle amicizie. E di certo il mio carattere non aiutava.
Dopo due squilli mi rispose: "Cosa succede Eli?"
"Mi trasferisco"
"Come? Quando? Dove? Perchè? Guarda che se è uno scherzo..."
Non le lasciai terminare la frase: "Non so dove andremo. Il motivo però è sempre lo stesso."
Allora capì tutto: "Tua madre" emise un sospiro e continuò: "Senti Sarah, questa storia è andata avanti per troppo tempo. Non credi sia ora di parlarle? Di farle capire come ti senti?"
Sbuffai sonoramente: "E che le dico? Fa' sempre come vuole lei!"
Rise un attimo: "Beh, in questo vi somigliate. Mi sa che la testardaggine l'hai presa da lei. Senti, magari passo da te più tardi, ok?"
"Si certo. Ti aspetto." detto questo attaccai la chiamata.
Non riuscivo a crederci. Ogni volta che mi ambientavo in città e mi facevo un'amica, ecco che mia madre rovinava tutto. Sempre.
Cercai di stare calma, ma la rabbia prese il sopravvento su di me. Così mi lanciai sul mio armadio e buttai tutti i vestiti a terra. Poi guardai la foto di mia madre sul comodino.
Le urlai contro -Sei contenta adesso? Alla fine ti do sempre retta!-
Era incredibile. Dovevo essere completamente impazzita per mettermi ad urlare contro una foto. Se continuavo di questo passo mi avrebbero spedito in una clinica psichiatrica. Scossi la testa cercando di scacciare quel pensiero ridicolo, del tutto fuori luogo. Poi decisi che era ora di fare i bagagli anche se non mi andava minimamente di partire.
Presi la valigia sotto il mio letto e ci infilai disordinamente i miei vestiti, scarpe e tutto il resto.
Notai però che nonostante tutto, dopo aver urlato come una pazza isterica (che ovviamente ero), mi ero decisamente calmata.
Presi un asciugamano e andai al bagno. Avevo proprio bisogno di una rinfrescata. Era inverno, esattamente i primi di dicembre, per questo feci scorrere l'acqua calda. Così mi sarei riscaldata.
Mi spogliai ed entrai nella doccia. Sentii le goccioline calde bagnarmi tutto il corpo. Chiusi gli occhi e cominciai ad insaponarmi. Non so per quale assurdo motivo, ma ogni volta che mi trovavo sotto la doccia mi sentivo meglio, rilassata. Come se l'acqua mi liberasse da ogni problema.
Presi l'asciugamano e lo avvolsi intorno al mio corpo, poi uscii dalla doccia.
Cominciai ad asciugare i miei ricci biondi con il diffusore, ci misi circa quindici minuti.
Poi andai dritta in camera mia e presi i vestiti che avevo lasciato fuori. Dopo essermi asciugata mi cambiai.
Avevo una felpa della Hollister nera e un paio di jeans un po' consumati. Per completare degli stivali neri di camoscio.
Mi guardai allo specchio e mi fissai per un po'. Ero una bella ragazza.
Alta, forse anche troppo, decisamente troppo, magra, capelli biondi ricci che mi arrivavano sino alle spalle, e per finire degli occhi verdi davvero espressivi. 
Solo che in quel momento non sembravo io. I miei occhi erano cupi e spenti, segnati inoltre da profonde occhiaie.
Tornai in bagno portandomi dietro la mia trousse. Per iniziare del correttorre su quelle tremende occhiaie, un po' di fondotinta e infine del mascara.
Mi guardai di nuovo allo specchio e sorrisi al risultato. Stavo decisamente meglio.
Andai di nuovo nella mia stanza e misi la trousse dentro la valigia. 
 
*****
 
Sentii mia madre che parlava in camera sua.
Mi avvicinai alla porta socchiusa.
"Lo so che Sarah mi odia, e come biasimarla d'altronde? Sono tutto il contrario della madre perfetta. Quando io e Rufus ci siamo lasciati, mi sono ripromessa che mi sarei presa cura di lei come nessun'altro, che il bene di mia figlia sarebbe venuto prima di tutto. Eppure continuo a sbagliare. Sempre." stava piangendo...
Alla fine, entrai, così di impulso, anche se non avevo idea di cosa dirle.
Lei attaccò la chiamata all'istante.
Mi guardò aspettandosi qualcosa di me, magari l'ennesima frecciata per ricordarle che sbagliava.
Mi sedetti al letto accanto a lei e mi soffermai ad osservarla, senza dire niente però.
Aveva i capelli biondo chiaro, esattamente come me. Lei però li portava lunghi e leggermente mossi.
I suoi occhi azzurri erano rossi e umidi per via delle lacrime, che le avevano sciolto il trucco.
Però rimaneva sempre una bellissima donna.
Solo allora mi accorsi dell'enorme sbaglio che avevo fatto a prendermela così. E vederla in quello stato, con le lacrime agli occhi, così indifesa, non fece che aumentare il mio senso di colpa.
In fondo dovevo solo cercare di capirla. Per lei era davvero difficile fidarsi degli uomini dopo quello che le era capitato.
Mamma aveva paura delle relazioni serie, poichè aveva paura di essere presa in giro, un'altra volta.
L'unico uomo che aveva amato veramente, mio padre, le aveva letteralmente spezzato il cuore. Mia madre, Jade, aveva sofferto tanto per lui. Lui, Rufus, quando mia madre gli comunicò della sua gravidanza, la lasciò con la scusa che era stato tutto un'errore. Tecnicamente si. Ero io l'errore. Non per mamma certo.
E mia madre, come biasimarla? Aveva venti anni quando rimase incinta di me, era giovane, le serviva aiuto per crescermi e accudirmi. E il padre di sua figlia che aveva fatto? Non si era preso la minima responsabilità e l'aveva mollata con una creatura nel ventre.
Proprio questo fatto mi aveva portato ad odiarlo profondamente, a disprezzarlo con tutta l'anima.
In fondo ero sua figlia, no? E lui aveva osato definirmi errore...
Non capivo come mia madre si fosse fidata di lui. Poi l'unica risposta logica che si faceva strada nella mia mente era una sola: l'amore. Buffo, no? Come l'amore può accecare completamente una persona. Ti fa vedere solo quello che vuoi vedere, e poi, puf! D'un tratto scompare la magia e ti accorgi come stanno veramente le cose e ci rimani fregato. Esattamente come mia madre. Ma lei era giovane, innamorata, forse più dell'idea dell'amore che di lui stesso.
Ma in fondo non si può decidere di chi innamorarsi, no?
L'amore può salvarci l'anima o dannarla per sempre. Nel caso di mia madre si era avverata la seconda opzione. 
Ed io? Ah, io non mi ero mai innamorata e non ci tenevo davvero. Avevo già avuto delle storielle, ma niente di serio.
Non ci tenevo ad innamorarmi, sapevo che in questo modo mi sarei rovinata la vita.
Lo so, ero abbastanza drastica, ma con la storia di mia madre pensavo che l'intera popolazione maschile fosse nata bastarda. Si, per me i maschi erano tutti uguali. Non ce n'era uno che si salvava. Per me era possibile l'amicizia tra maschi e femmine, ma quando si parlava di amore prevedevo solo guai...
 
*****
 
Mia madre non piangeva più, ma aveva lo stesso sguardo triste di prima, così sospirai e tentai di sistemare tutto -Mi dispiace mamma, ma lo sai, io sono così impulsiva, parlo prima ancora di pensare.-
Mia madre mi interruppe -Non è colpa tua.Tu in questa storia non c'entri niente, solo che io...-
Aveva ricominciato a piangere: le lacrime le scendevano numerose sul viso.
-Io non ce la faccio. Ho paura...- riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro.
La zittii -Mamma, è tutto a posto, dai.-
Lei di tutta risposta emise un flebile 'grazie' e mi sorrise dolcemente.
Ricambiai il sorriso. Quella era la massima dimostrazione d'affetto che ci potessimo permettere. Io non ero mai stata tipo da gesti sdolcinati e smancerie. Ma quella volta feci un'eccezione e l'abbraccia. O almeno ci provai.
Beh, tentar non nuoce, no?
Lei rise di gusto nel tentativo alquanto goffo di farlo. E alla fine mi unii anche io a quella risata così vera e pura.
Eravamo completamente diverse io e mia madre.
Lei dolce, testarda, sensibile, comprensiva, altruista, un po' debole di carattere, con quello che il bastardo le aveva fatto passare.
Aveva anche un'animo davvero nobile, poteva far di tutto per le persone che amava. 
E io? Io di certo non avevo preso da lei. Il mio carattere non era dei migliori... forse dovuto all'assenza di un padre nella mia infanzia, che mi aveva spinto ad essere fredda e glaciale con tutti. Ero impulsiva, a volte fin troppo, senza peli sulla lingua.
Ero dannatamente orgogliosa e testarda. Non avrei mai ammesso che avrei sbagliato, no, non l'avrei mai fatto per nessun motivo al mondo. Cha altro dire di me? Ah si, ero incredibilmente acida con le persone che non conoscevo e diffidente.
Quando volevo sapevo essere parecchio pungente e davvero insensibile.
Inoltre ero sempre in cerca di attenzioni, dovute anche quelle all'assenza di mio padre.
Che altro? Ah si... avevo degli sbalzi d'umore cha preoccupavano seriamente chi mi stava intorno. Dire lunatica era dire poco. Un'attimo prima facevo le fusa come un gattino, l'attimo dopo mi mettevo a graffiare. Non so se ho reso bene la metafora.
Un carattere schifoso? Beh, io l'avevo detto. Non ne andavo fiera ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a cambiare.
Però avevo dei pregi anche io, beh, dopo tutti questi difetti qualcosa di positivo poteva pure starci.
Ero determinata e combattiva, quando mi mettevo in testa una cosa dovevo assolutamente farla, costi quel che costi. Poi ero perspicace, potevo capire la gente soffermandomi semplicemte sui loro occhi.
E si, quando mi affezionavo veramente a una persona non volevo che soffrisse. Quindi in pratica il concetto era: fai soffrire chi amo e sei uomo morto. Carino, vero?
Ecco descritta Sarah Williams. Eccomi descritta quando avevo 17 anni.
Mia madre mi riportò alla realtà dicendomi -Ti prometto che questa volta non cambieremo più città.-
Sgranai gli occhi. Come, come, come? Avevo davvero capito bene?
Lei sorrise -Sul serio, mi sembra che te lo devo. Ci siamo trasferite un sacco di volte, questa volta però sarà definitiva. Nessun uomo mi farà cambiare idea.-
Stentavo a crederci che diceva sul serio, eppure il suo tono di voce dimostrava che non era affatto uno scherzo.
Ero davvero incredula -Stai dicendo sul serio?-
-Farei di tutto per te. Poi è giusto che sia così. Sento che questa sarà la volta buona.- affermò con una sicurezza che non le avevo mai visto.
-Oh mamma, grazie...- mi sporsi di nuovo verso di lei, abbracciandola un'altra volta, questa volta senza essere imbarazzata.
Le ero davvero grata. Mi maledissi mentalmente per il comportamento da ragazzina che avevo avuto con lei durante la discussione. Stupida, stupida e ancora stupida! L'ho già detto che ero una stupida?
Poi chiesi curiosa come non mai -Dove andiamo questa volta?-
Mia madre a quel punto parve spegnersi -Rosewood.-
A quel punto mi sentii mancare l'aria. Rosewood. Mi risuonò nella mia mente più volte.
No, non era possibile, non potevamo davvero trasferirci lì.
Rosewood era una tranquilla cittadina della Pennsylvania.
Dove era nata mia madre, dove ero nata io. Dove lei aveva conosciuto papà. La città che infine lasciammo dopo il parto.
-Stai scherzando?- volevo apparire tranquilla ma il mio tono di voce mi tradì.
-Lo so, può sembrare stupido tornare, ma lì vive tua nonna.-
Già, lì viveva mia nonna, sua madre... Doveva mancarle terribilmente.
Inoltre il nonno era morto da poco e sia mamma che nonna erano rimaste spiazzate dall'accaduto.
Mi dispiaceva, anche se non lo avevo mai conosciuto, solo non riuscivo a provare la sofferenza che provavano loro due.
Mia madre me lo aveva sempre descritto come una persona piena di vita, che non si sentiva mai tutti quegli anni che aveva e che vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno.
E si, la sua morte aveva distrutto tutte e due. E allora capii perchè mia madre voleva andare proprio in quella città.
Voleva restare accanto a sua madre, darle il suo appoggio, farle sentire che lei c'era.
E io non potevo impedirle di vederla. Non volevo.
-Va bene. Sono d'accordo.-
Mia madre parve abbastanza sorpresa dalla reazione, così le spiegai -Lì, c'è tua madre. E' giusto così.-
Lei mi sorrise e mi prese una mano, stringendola alla sua -Grazie.-
Non le riposi, però le strinsi più forte la mano.
E se mio padre si trovava ancora lì? Se lo avessi incontrato?
Come avrei potuto reagire?
'Basta Sarah!' -mi rimproverai mentalmente, non potevo, ne volevo essere egoista.
Dovevo pensare a mia madre, lei si sacrificava sempre per me. Era ora di ricambiare il favore...
 
*****
 
Ormai erano le 16.30 passate. Dovevamo partire a quell'ora ma di Emily non c'era alcuna traccia.
Mia madre sembrò comprensiva e mi disse che avremmo aspettato il suo arrivo.
Insomma, era sempre la mia migliore amica, non potevo andarmene senza salutare.
Dopo quindici minuti riconobbi una chioma bionda con le punte rosa: era lei.
Venne verso di me di corsa, e per poco non caddi a terra, visto che mi si era praticamente buttata addosso.
Era la prima volta che ci abbracciavamo, e la situazione era un po' strana.
Emily come me non era mai stata un ragazza che esternava i suoi sentimenti. All'apparenza era la classica ragazza dura e priva di emozioni. In realtà però era tutto altro.
In quel momento la ragazza che mi stava avanti era triste come non mai, e non voleva che partissi.
Dopo un po' ci staccammo dall'abbraccio e non riconobbi proprio l'amica di fronte a me.
Gli splendidi occhi marroni, di solito così vivaci, erano umidi, segno che da lì a poco si sarebbe messa a piangere.
Buffo, davvero tanto. Da quando l'avevo conosciuta, non l'avevo mai vista sprecare lacrime per qualcuno.
-Dai non vorrai piangere, adesso?- le dissi in tono scherzoso.
-E perchè non dovrei? Dovrei ridere per caso?- ribattè affatto calma.
-Si, forse sarebbe meglio riderci sopra, non credi?-
Emily sospirò e allora le feci segno di seguirmi. Lei stava dietro di me senza dire una parola.
Quando finalmente eravamo abbastanza lontano dalla traiettoria di mamma, lei prese la parola -Perchè, Sarah, perchè? Non potevi convincerla?-
Cercai di essere diplomatica -Era la cosa giusta da fare.-
Il tono di voce della mia amica si alzò notevolmente -La cosa giusta da fare? Ma stai scherzando? Dov'è finita la Sarah che conosco io? La Sarah che va contro tutto e tutti per raggiungere il suo obbiettivo?-
-Sarebbe stato egoistico da parte mia.- risposi semplicemente, tentando di calmare le acque.
-Questa è la spiegazione più idiota che potessi darmi! Pensavo che avresti fatto qualcosa e invece no! Ma ti senti quando parli? Parli di egoismo? Scusa, e tua madre che ha fatto tutti questi anni, quando decideva per te?-
Non credevo che potesse capire, ma ci speravo. E in fondo un po' di ragione ce l'aveva anche lei.
Però non potevo andarmene via così. Non potevo andare via dopo aver litigato con la mia migliore amica.
Così provai ancora un'altra volta a spiegarle il motivo del mio gesto -Andremo a Rosewood questa volta. Lì vive sua madre, e lo sai che il nonno è appena morto. Penso sia perchè voglia starle accanto, e io non posso di certo privarle di vedere sua madre, non credi?-
Mi complimentai con me stessa per le ottime parole usate, che a quanto pare ebbero il successo sperato.
Lo sguardo di Em si addolcì e lei annuì comprensiva -Si, in effetti hai ragione. Scusami. Solo che non volevo che la mia migliore amica partisse e mi lasciasse sola.-
Le feci un sorriso che veniva davvero dal profondo del cuore -Em, tu non sarai mai sola. Non pensarci neanche. E' vero, cambio città, ma questo non è un'addio. Ci vedremo ancora. Ti verrò a trovare regolarmente, cosa che spero farai anche tu. E ci chiameremo sempre, ci racconteremo tutto. E se dovessi avere un problema, non esitare a chiamarmi. Sarò davanti casa tua in un baleno!-
Emily rise dopo la mia ultima affermazione, poi alzò un sopracciglio scettica -In un baleno?-
-Lo sai che intendo!- 
Lei mi guardò indecisa sul da farsi, così le diedi un piccolo aiutino -Puoi abbracciarmi, non mordo mica!-
E lei non se lo fece ripetere due volte e mi strinse in un dolce abbraccio.
Strano che fossimo così sicure, e non impacciate come poco prima.
Ci staccammo dall'abbraccio e lei trattenne un singhiozzo -Sai che c'è? Hai ragione, non piangerò! E' molto meglio riderci sopra!-
E così ci lasciammo andare in una risata, che nascose bene i nostri sentimenti, ma non abbastanza.
Smettemmo da ridere quasi subito e tornammo serie. Insomma, era davvero difficile ridere in quel momento, e avrei tanto voluto piangere, ma non l'avrei fatto, per Emily. Non doveva vedermi in quello stato, altrimenti sarebbe diventata più triste di quanto lo fosse al momento.
Dopo un'ultimo abbraccio Emily lanciò un'occhiata verso la direzione di mia madre -Ti conviene andare, altrimenti tua madre commetterà un'omicidio per riuscire a portarsi la sua bella figlia con lei. E credimi, non vorrei essere io la fortunata!-
Scoppiai in una risata fragorosa, questa volta sincera e mi diressi verso la macchina con un sorriso.
Guardai un'ultima volta la mia amica, soffermandomi sui particolare: i capelli biondi con le punte rosa shock, un'abbinamento piuttosto bizzarro, i grandi occhi marroni, la statura ridotta, e i suoi vestiti strampalati.
Mi sarebbe mancato tutto di lei. Però come diceva mio nonno? Ah si! Bisogna guardare sempre il bicchiere mezzo pieno.
 E allora cercai di essere positiva, con Em mi riusciva bene, non volevo vederla triste. Ma con me era tutt'altra cosa, però dovevo convincermi.
Non era un addio, solo un arrivederci... 'Non è un addio' ripetei mentalmente a me stessa.



Angolo dell'autrice:
Salve a tutte/i!!!!! Allora, prima di tutto vi ringrazio se siete arrivati a leggere fin qui, per me conta davvero tanto.
Allora che ne pensate del capitolo? Era da un po' che lo stavo scrivendo, ma non mi convinceva mai, così l'ho cambiato un sacco di volte. E la storia? Originale secondo voi?
E cosa ne pensate di Sarah, la protagonista? Che cosa succederà a Rosewood?
A proposito, la città è la prima che mi è venuta in mente, presa da Pretty Little Liars, però non so se esiste davvero (perdonate l'ignoranza)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io mi sono impegnata davvero tanto per scriverlo, e per una volta tanto sono soddisfatta.
Spero proprio che mi lascerete delle recensioni. Sarebbe davvero importante per me.
Un'ultima cosa prima di andare via. Cosa ne pensate del titolo? Avevo in mente altro, ma poi ho visto una storia che aveva proprio il titolo che avevo pensato io, così ecco perchè ho scelto questo. Fatemi sapere, voglio tanti pareri!
Nel prossimo capitolo inoltre apparirà la copertina, così potrete vedere come me li immagino io i personaggi di questa storia.
Ora vado, la smetto di annoiarvi.
Besos <3

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Capitolo 2
*** Welcome to ***


 

Volevo dedicare questo capitolo a DreamingLove, Allegra_, LocuraVetrano, Saphira96 e Un angel de nena_ per le bellissime recensioni lasciate durante il capitolo scorso. Sul serio ragazze, avete scritto delle parole bellissime che mi hanno davvero fatto piacere.
Mi dispiace per il ritardo nell'aggiornare, ma questo capitolo è tutto per voi. Spero di non deludere le vostre aspettative.

 

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-Tesoro svegliati!- urlò mia madre dal piano di sotto.
Eravamo arrivate la sera prima, io avevo insistito tanto per saltare questo primo giorno di scuola, ma lei non aveva avuto dei ripensamenti.
Così mi alzai di malavoglia sbuffando sonoramente.
Presi i vestiti, ancora dentro la valigia, e mi diressi al bagno con in mano anche la trousse.
Mi lavai i denti frettolosamente e cominciai a spazzolarmi 'delicatamente' i miei ricci ribelli.
Poi infilai i vestiti con davvero poca grazia e presi i miei trucchi.
Un po' di correttore sulle occhiaie, una linea sottile di eyeliner, mascara e un lucidalabbra color pesca. 
Tornai in camera mia e mi guardai allo specchio: avevo messo un maglioncino bianco panna, con dei pantaloni scuri. Infine degli stivaletti grigi. 
-Sarah!- urlò ancora un'altra volta mia madre.
Presi la borsa a tracollo grande che usavo per scuola e urlai di rimando -Sto arrivando!-
Dato che mia madre non ne voleva sapere che saltassi scuola, almeno ero riuscita a ricavarle un passaggio in macchina giustificandomi con una frase del tipo 'Dai mamma! Se devo andare per forza a scuola almeno accompagnami. E' il primo giorno!'
Mia madre vedendomi arrivare sospirò -Finalmente. E' tardissimo, sono le 8.30! Hai già saltato venti minuti di lezione!-
Sbuffai sonoramente -Dai mamma, vuol dire che salterò quest'ora e andrò alla prossima che comincia alle 9.10. Quante storie per un po' di ritardo.-
Lei questa volta non disse niente e prese sia le chiavi dell'auto che di casa.
Così uscimmo e mi ritrovai ancora una volta a soffermarmi sui particolari sulla mia nuova casa.
Era diversa da quella di prima. Questa era più grande, con colori vivaci e molto accoglienti.
Aveva due piani, come quella in cui stavamo prima, ma dentro era tutt'altra cosa.
Davanti casa c'era un giardino ben curato, con l'erba più verde che avessi mai visto.
Mia madre, che intanto era entrata nel garage a prendere l'auto si trovava proprio di fronte alla strada, già alla guida della sua Fiat Bravo rossa. Suonò impaziente il clackson -Che aspetti Sarah? Sali in macchina!-
E non me lo feci ripetere due volte visto che quella mattina si era decisamente svegliata con la luna storta.
Per tutto il viaggio mia madre non fece che imprecare, e borbottare delle frasi disconnesse riguardo me, il mio solito ritardo e altre cavolate varie. E più volte ci eravamo trovate a discutere su quale strada prendere.
Mamma non fece che rimbeccarmi che aveva passato tutta la sua adolescenza qui e che quindi, sapeva meglio lei di me che strada dovessimo prendere. Eppure le indicazioni stradali indicavano il più delle volte che mia madre aveva preso le direzioni sbagliate. E così dopo venti minuti arrivammo alla scuola, e per una volta ne fui sollevata, dato la guida spericolata di mia madre. Prima di scendere mia madre sospirò -Mi dispiace per oggi. Ma sono proprio nervosa. E' il tuo primo giorno di scuola, la stessa scuola che ho frequentato io alla tua età.-
Le sorrisi sinceramente -Non ti preoccupare. Adesso vado che altrimenti perdo anche la seconda ora!-
E dopo un saluto frettoloso scesi dall'auto, mentre mia madre aveva già premuto l'accelleratore.
 
*****
 
Mi feci forza e superai l'enorme cancello verde aperto. Così mi ritrovai al parcheggio, che si trovava proprio davanti la scuola.
Sbuffai, tutte quelle auto parcheggiate lì, mi fecero ricordare che io non ne avevo una.
E non avevo neanche la patente, anche se avevo già diciassette anni. Avevo fatto l'esame di guida, ma era fallito miseramente. A quanto pare la guida l'avevo presa da mia madre, che aveva avuto la patente per chissà quale miracolo. Ok, la mia guida forse era anche peggio della sua...
C'erano pochi studenti fuori, e nessuno sembrava mostrare particolare interesse a me. Alcuni se ne stavamo a fumare liberamente, altri a ridere e scherzare, altri a pomiciare liberamente davanti tutti.
Poi notai che davanti la scuola era appeso un'enorme cartellone con caratteri ben visibili: PACIFIC HIGH SCHOOL
Mi soffermai poi sull'edificio. Non era molto grande, ma in compenso sembrava parecchio rovinato.
Subito ripensai alla scuola da cui venivo e a quanto fosse diversa. 
Inanzitutto l'edificio era davvero grande, e le aule erano proprio spaziose. Non si stava stretti insomma... 
A primo impatto vedendo la nuova scuola ebbi un'impressione negativa. Poi magari il dentro era meglio.
Mi persi totalmente nei mie pensieri che non notai che ero proprio nella zona parcheggio delle auto, dove tutte sfrecciavano a massima velocità  per occupare prima un posto o per il semplice gusto di farlo.
Accadde tutto in un baleno: mi girai di scatto ritrovandomi davanti un'auto che da lì a poco mi sarebbe venuta addosso.
Avevo tutti i muscoli tesi e per quanto mi ripetessi 'Sarah muoviti', restai ferma lì impalata a non fare niente, paralizzata dallo shock.
D'istinto chiusi gli occhi, come se quel gesto avrebbe reso tutto più facile. Poi mi ritrovai scaraventata sull'asfalto della strada, decisamente troppo freddo, e troppo duro per i miei gusti. Avevo ancora gli occhi chiusi e sentivo il terreno sotto di me.
"E' normale, l'auto mi ha scaraventata a terra." -dissi mentalmente cercando di spiegare il tutto.
"Sono morta?" -beh un'auto mi aveva preso in pieno, quindi quella era la spiegazione più plausibile. Se non lo ero sicuramente tra poco lo sarei stata.
Ci misi almeno cinque secondi per capire che ero ancora viva e vegeta, dato che stavo respirando, anzi ansimando per lo spavento e per la caduta. Finalmente aprii gli occhi e subito ne incontrai altri verdi. Non erano come i miei però, gli occhi che stavo fissando erano di un verde più scuro, che non avevo mai visto prima, un colore davvero bellissimo che nascondevano un velo di mistero.
Il ragazzo davanti a me parve sollevato vedendomi riaprire gli occhi e mi aiutò a rialzarmi.
Ci misi un po' a capire quello che era successo. Poi feci due più due e l'accaduto mi fu estremamente chiaro.
Stavo per essere investita, ma il ragazzo davanti a me mi aveva spinto via, facendomi cadere così sull'asfalto della strada.
Notai poi, che le poche persone presenti lì, che prima non mi avevano degnato di uno sguardo, adesso stavano trattenendo tutti il fiato per quello che era successo.
"E perchè mai? Tanto sono io quella che stava per essere investita!" -mi ritrovai a pensare.
Mi soffermai poi sul ragazzo davanti a me, che mi stava scrutando come per vedere se fossi ferita, avessi qualche graffio o taglio...
Era davvero un bel ragazzo. Alto, asciutto, spalle leggermente larghe, bel fisico, capelli neri e occhi verdi.
E inoltre era il ragazzo che mi aveva appena salvato la vita.
-Grazie.- balbettai completamente a disagio dal suo sguardo. Non so per quale assurdo motivo ma mi sentivo in qualche modo 'spogliata' dai suoi occhi. Si, mi sembrava che volesse leggermi l'anima. Vabbè, ero completamente andata...
Il ragazzo davanti a me disse ironico -Allora sai parlare!-
-Come?- la parola uscì quasi strozzata dalla mia bocca.
-Mi stavo seriamente preoccupando. Mi stavo chiedendo se avessi un problema o che altro!- mi disse strafottente.
Come si permetteva? Tutta la mia gratitudine verso di lui era sparito nell'attimo in cui aveva aperto bocca.
-Scusami tanto se ero sconvolta perchè un'auto mi ha quasi investito!- la rabbia mi fece alzare la voce più del dovuto.
Le persone attorno a noi continuavano a scrutarci curiosi, aspettandosi forse un segno di gratitudine verso il mio 'salvatore'. 
Peccato che non sarebbe arrivato. 
Lui mi si avvicinò ed io d'impulso feci un passo indietro.
Ghignò divertito per la mia reazione -Non volevo mica mangiarti.-
Sbuffai. Si divertiva a prendermi in giro, a quanto pareva. Il problema era che l'unico a ridere era lui.
Si riavvicinò a me, ma stavolta non mi allontai. Aveva assunto un'espressione seria.
Cavolo! Ma questo era peggio di me con i suoi improvvisi sbalzi d'umore!
Prima mi salvava la vita, poi mi guardava preoccupata, l'attimo dopo era stato maleducato come non mai, per continuare mi aveva preso in giro e poi d'un tratto era serio? Ok, che ero lunatica, ma questo qui era un caso davvero raro.
Non mi ero accorta che si era avvicinato troppo, davvero troppo. Era ad un soffio dal mio viso, ed ero quasi convinta che volesse baciarmi, poi però sentii le sue labbra sfiorare un mio orecchio -Dovresti stare più attenta. Magari la prossima volta non sarai così fortunata che qualcuno ti salvi.-
Lo allontai inviperita -Potevi anche non salvarmi!-
Si mise le mani in tasca e si limitò ad una scrollata di spalle -Non lo so neanche io perchè l'ho fatto, ma se continui così me ne farai pentire amaramente.- 
Mi avvicinai a lui e gli puntai un dito contro -Sai che c'è? La prossima volta credo che mi farò investire apposta così non potrai pentirti per avermi salvato!-
Detto questo mi diressi in fretta e furia lontano da lui, e l'ultima cosa che vidi prima di entrare in scuola fu vederlo sghignazzare. E così si divertiva, eh?
 
*****
 
Stavo girovagando per la scuola in cerca della presidenza, ma niente, non la trovavo da nessuna parte.
Mi stavo seriamente innervosendo, se non avrei trovato quella razza di stanza con quello stupido preside dentro, avrei fatto una strage. Troppo tragica? Nah, secondo me no. Più che altro realista.
Mi guardai intorno: stavo accanto agli armadietti, mentre nell'altra direzione si trovavano alcune aule.
-Ehi!- una voce dietro di me mi fece sobbalzare.
Mi girai di scatto, non perdendo la mia acidità -Te l'hanno mai detto di non arrivare mai alle spalle delle persone?-
Il ragazzo in questione non perse il sorriso -Veramente sei la prima.-
-Bene, allora. Spero che te lo ricorderai in futuro.-
Il biondino davanti a me continuava a sorridere, il che era parecchio irritante -Certo che me lo ricorderò.-
-Bene.- feci per andare verso destra quando quel ragazzo mi disse -Se cerchi la presidenza è dall'altra parte!-
-E tu che ne sai che devo andare lì?-
-Beh, non ti ho mai visto qui, quindi suppongo che tu sia nuova. E credo dovresti recarti dal preside per avere gli orari, giusto?-
Gli sorrisi stupita -Giusto.-
Lo superai e mi avviai a passo svelto verso la direzione indicatami.
Finalmente dopo aver girato quasi tutta la scuola, trovai quella stanza con sopra scritto: Presidenza.
"E anche questa è fatta!"- mi dissi.
Bussai educatamente e subito dopo una voce accogliente mi rispose -Prego si accomodi.-
Entrai un po' incerta, mentre l'uomo seduto comodamente su una sedia davanti una scrivania, probabilmente sulla sessantina, mi disse -Prego, si sieda pure.-
Mi sedetti e prima che aprissi bocca il signore si presentò -Sono il preside della Pacific High School. Il preside Nicholas McKessie. E lei deve essere Sarah Williams, giusto?-
Sorrisi -Si.-
Il preside continuava a parlare con il suo tono spensierato e allegro -Si, sua madre mi aveva avvisato. Me la ricordo, all'epoca in cui frequentava questa scuola svolgevo il ruolo di insegnante. Era una mia alunna, davvero un'ottima alunna. Spero proprio che abbia ripreso da lei.-
Gli sorrisi, più falsa che mai, a scuola non ero mai stata una cima. Ok, diciamo pure che facevo schifo.
-Spero proprio che si troverà bene in questa scuola. Ci sono davvero ottimi insegnanti, che spiegano la loro materia perfettamente.-
Ok, il vecchio si stava decisamente allungando troppo con il discorso -Si, immagino. Solo scusi la mia fretta, ma tra un po' avrei lezione, però mi manca il necessario.-
Il preside si tirò su goffamente la montatura oro degli occhiali -Giusto! Ecco, vede qui c'è tutto quello che le serve. Gli orari delle lezioni, il numero dell'armadietto e ovviamente la combinazione. Riguardo i libri di testo si rivolga direttamente ai professori. Provvederanno loro per quello.-
-Perfetto. Grazie mille.-
-Non c'è di che. E se le servisse qualcosa può benissimo rivolgersi a me o a qualsiasi altro personale della scuola.-
Feci un'ultimo sorriso per educazione -Arrivederci.-
Mi chiusi la porta dietro me. Certo che parlava davvero tanto.
Però sembrava simpatico, socievole e ben disposto nei confronti degli studenti. Ma si, in fondo non era poi tanto male.
Presi il foglio con gli orari. Bene, storia aula 17. 
Cominciai a guardarmi in giro per farmi una minima idea di dove si trovasse l'aula.
Decisi di tentare la sorte e mi diressi verso sinistra
Dopo aver camminato un po' mi ritrovai a guardare le aule intorno a me.
-Di nuovo tu?- disse una voce facendomi sobbalzare.
Mi girai un'altra volta di scatto, fulminando con lo sguardo, guarda caso, lo stesso biondino di poco prima.
Lui alzò le mani e tentò di giustificarsi -Lo so, lo so. Non si deve apparire dietro le spalle delle persone, colpa mia. Scusa.-
-Scuse rifiutate, è la seconda volta che mi fai prendere un colpo!-
Fece, o almeno tentò di fare una faccia da cucciolo bastonato -Quindi non sono perdonato?-
-Sei perdonato, se per favore la smetti di fare quella faccia, non ti si può vedere!-
Mentre stavamo parlando avevamo cominciato a camminare.
-Viva la sincerità!- esclamò ironico scuotendo le braccia.
Si girò verso di me, con il suo solito sorriso e mi porse la mano -Non mi sono ancora presentato, che maleducato! Comunque sono Christopher, Christopher Bass, però chiamami Chris perchè quel nome mi sembra da vecchio.-
Gliela strinsi -Bene, piacere Christopher.- dissi pronunciando il nome con enfasi per stuzzicarlo un po'.
Poi continuai sorridendogli -Io sono Sarah, Sarah Williams.-
Stava per dirmi qualcosa, quando una moretta con gli occhi azzurri si avvicinò a noi sorridendoci.
Poi mi squadrò da capo a piedi, e sempre sorridendomi, più falsa che mai, mi porse la mano -Tu devi essere nuova, giusto? Beh, io sono Cleo White.-
Accettai la mano un po' titubante -Sarah Williams, e si, sono nuova.-
La moretta tornò a guardare Chris per poi tornare a parlare con me, con quel sorriso da prendere a schiaffi -Vedo che hai conosciuto Chris... il mio ragazzo.-
Il suo tono di voce però pareva volesse dire "Sta lontana dal mio ragazzo, lui è mio, mio soltanto!"
Tuttavia le ressi il gioco -Si l'ho conosciuto, abbiamo parlato un po'.-
-Oh, ma che bello! Beh, avrete tutto il tempo di conoscervi ma adesso abbiamo lezione, no Chris?-
Lui sembrava un po' deluso -Beh si abbiamo lezione.-
-Chimica, aula 32.- squittì la mora.
Mostrai il mio foglio -Beh, io ho storia aula 17.-
Chris mi salutò -Noi dobbiamo andare dall'altra parte. Ci si vede!-
-Ci si vede.- ripetei a bassa voce mentre quei due si allontanavano.
-Aula 17, aula 17...- sussurrai a me stessa guardando le aule intorno a me.
-Cerchi l'aula 17?- mi chiese gentilmente una ragazza dai lunghissimi capelli rossi e gli occhi marroni.
-Si. Non ho idea di dove sia.- ammisi imbarazzata.
-Non ti preoccupare, andiamo insieme. Anche io ho storia adesso.-
Le sorrisi piena di gratitudine e cominciai a seguirla. 
-Comunque sia, io sono Jessica Evans, ma chiamami pure Jess!- 
Era la terza persona a cui mi presentavo, giusto?
Le strinsi amichevolmente la mano, (mi sembrava simpatica) -Sarah Williams.-
Jessica -Ho visto che parlavi con Chris e Cleo.-
-Beh, in realtà parlavo con Chris, poi la mora è spuntata fuori dal nulla.-
Lei ridacchiò leggermente -Tipico di Cleo. Appena una ragazza si avvicina al suo fidanzato deve per forza accorrere da lui. E' stata gentile, vero?-
Annuii. La rossa mi spiegò -Non farti ingannare da quella. Prima fa tanto l'amica poi tira fuori gli artigli. E ti consiglierei di stare lontana dal suo ragazzo se non vuoi finire male...-
-Addirittura?- chiesi.
-Tu non la conosci...- non so perchè ma sentii una nota di tristezza nel suo tono di voce.
Cambiammo argomento e Jessica mi chiese cosa ne pensavo della nuova scuola. Mi ispirava simpatia, quindi le raccontai tutto ciò che mi era successo da quando era arrivata.
Rimase sorpresa quanto me del comportamento di quel ragazzo. Prima mi salvava la vita, e poi mi trattava male...
Lei invece mi raccontò un po' di cose riguardo la scuola, gli insegnanti e i ragazzi carini.
Aveva anche un fratello più grande di un anno che veniva in questa scuola. E come se non bastasse aveva una cotta per il suo migliore amico... Se solo l'avesse saputo il fratello, chissà come l'avrebbe presa.
Finalmente arrivammo nell'aula 17. Appena entrate Jess si sedette, mentre il professore mi scrutava attentamente.
Mi presentai -Sono Sarah Williams. Oggi è il mio primo giorno qui.-
-Ah si, mi avevano detto che sarebbe venuta una nuova studentessa. Ecco qui il libro di testo.-
Mi diressi verso la cattedra e presi il libro. Poi mi sedetti al banco accanto a quello della rossa.
Il professore mi chiese dove ero arrivata col programma e fu felice di scoprire che ero al suo stesso punto.
Così, l'ora passò con la dettagliata spiegazione del prof. Era veramente bravo, ma io non gli prestavo molta attenzione.
Come ho già detto la scuola non era il mio forte.
Suonò la campanella ed uscii accanto a Jessica. Lei mi chiese altre cose, come per esempio il motivo per cui mi ero trasferita.
Non le detti una risposta dettagliata e lei capì che forse aveva scelto l'argomento sbagliato di cui parlare.
Avevamo un'altra ora insieme, e la passammo a raccontarci un po' i nostri gusti.
Mi somigliava molto, e l'impressione che avevo avuto su di lei non era sbagliata: era simpaticissima.
Le due ore successive furono noiosissime. Due ore consecutive di matematica, ma vi rendete conto?
Matematica, quella materia che proprio non ci vuole entrare nel mio cervello. E' una cosa incredibile, già c'erano tutti quei numeri. Si chiama matematica, perchè diavolo ci hanno messo di mezzo anche le lettere?
Per fortuna anche quelle strazianti ora passarono. Incontrai di nuovo Jessica e questa mi chiese -Senti. Ti va da pranzare insieme a me?-
Accettai volentieri. La sua compagnia era davvero piacevole. In mensa lei mi spiegò un po' come funzionavano le cose in quella scuola, diceva che non era tanto male, forse i professori a volte troppo severi, ma solo alcuni...
Senza che ce ne arcogessimo anche la pausa pranzo passò via in fretta, decisamente troppo per i miei gusti.
Altre due ore, una di storia dell'arte, l'altra di chimica, e la tortura sarebbe finita. 
Fortunatamente le ultime due ore passarono abbastanza in fretta. Purtroppo però non le passai insieme a Jessica.
Beh, avremmo avuto modo di conoscerci meglio...
 
*****
 
Quando la campanella segnò la fine di tutte le lezioni mi alzai di scatto prendendo i libri di testo e la mia borsa a tracollo.
Uscii dall'aula in fretta e furia, desiderosa di tornare al più presto a casa mia.
Con un po' di difficoltà alla fine individuai il mio armadietto: il 117. Misi la combinazione ed esso si aprì con uno scatto fulmineo.
Sistemai 'delicatamente' i libri dentro e lo richiusi.
Finalmente era ora di andare a casa, quella giornata era stata davvero pesante.
Per i corridoi della scuola incontrai di nuovo Jess che mi affiancò -Allora, come sono andate le lezioni?-
-A dire la verità non ne ho idea visto che non stavo seguendo nulla.-
Dopo questa mia affermazione la rossa scoppiò in una fragorosa risata che in pochi secondi contagiò anche me.
Tra chiacchiere e risate alla fine ci ritrovammo fuori dalla scuola, e mentre stavo per salutarla lei mi strattonò per un braccio facendomi sussultare -Eccolo, eccolo è lui!!! Ethan Cross...non è bellissimo?-
Mi girai nella direzione indicatami e vidi un ragazzo castano, occhi marroni, fisico da atleta, che spensierato parlava al telefono.
Beh, non potevo dargli torto. La rossa aveva davvero gusto, perchè si, era proprio un bel ragazzo.
Stavo per risponderle, quando notai di nuovo il ragazzo di quella mattina salutare amichevolmente l'altro.
Subito lo indicai ed esclamai -E' lui il ragazzo di questa mattina. Quel bastardo!-
Jessica si voltò a guardarmi in un misto tra incredulità e disappunto -Quello moro?-
-Si.- confermai di nuovo.
-Quello è mio fratello!- e la sua risposta mi lasciò totalmente spiazzata. Che cavolo le andavo a dire adesso? Dopo aver dato a suo fratello del bastardo?
-Non vi somigliate per niente.- me ne uscii così, non sapendo cosa dire, ed in fondo era vero. Jessica mi era parsa subito simpatica e amichevole, mentre lui... beh, di lui potevo affermare l'esatto contrario.
-Sicura che è tuo fratello?- chiesi facendola scoppiare a ridere.
Dopo qualche secondo si fermò -Sicurissima, comunque sia non ti preoccupare, un po' bastardo lo è realmente.-
Ah, meno male... non l'aveva presa male. Ed io che ero già decisa a farmi una tomba.
-Pensavo che c'eri rimasta male.- le dissi sincera.
Lei mi sorrise incoraggiante- Come ti ho già detto non ti preoccupare.-
Poi cambiò argomento -Beh, ora devo andare.-
-Come torni a casa?-
-Di solito a piedi, non mi va di stare in macchina con mio fratello.- mi spiegò Jessica. Chissà, forse non avevano per niente un buon rapporto.
La salutai educatamente mentre lei si avviava fuori dall'enorme cancello.
Perfetto, avrei dovuto aspettare mia madre, che non si sa quando sarebbe arrivata.
Decisi che l'avrei aspettata davanti il cancello, così mi avviai lì velocemente. Ad un certo punto però mi sentii tirare per un braccio e girandomi di scatto mi ritrovai di nuovo davanti quei magnifici occhi verdi.
-Allora, non hai niente da dirmi?- mi chiese strafottente il ragazzo riscuotendomi dai miei elogi sui suoi occhi ed altro.
-No.- gli risposi altezzosa incrociando le braccia al petto.
-Che dovrei dirti?- gli chiesi con il suo stesso tono strafottente.
Lui mi si avvicinò e quando le sue labbra sfiorarono il mio orecchio tutta la sicurezza che avevo mostrato andò a finire in un secchio della spazzatura.
Mi ritrassi subito, come scottata dal contatto delle sue labbra così calde, e lui mi sorrise beffardo -Non credevo di avere questo effetto su di te.-
La sicurezza mi tornò in un nanosecondo -Tu non hai assolutamente alcun effetto su di me, e comunque non cambiare discorso, io ti avevo chiesto una cosa.-
Lui non perse il tono -E io ti avrei risposto se tu non ti fossi allontanata così.-
Sbuffai irritata -Si, ma adesso mi vuoi rispondere?-
Sghignazzò divertito -Certo che sei proprio impaziente. Comunque sia volevo farti notare che oggi non ti sei affatto comportata bene dopo che ti ho salvato la vita.- mi rimbeccò.
Ovviamente avevo la risposta pronta -Anche tu non ti sei affatto comportato bene dopo che mi hai salvato la vita.-
A questo punto la sua sicurezza sembrò vacillare un istante. Sorrisi soddisfatta, touchè... colpito e affondato.
Lui sospirò -Hai ragione, in effetti neanche io mi sono comportato bene...-
Come, come, come? Rimasi un'attimo spiazzata dalle sue parole. Si potevano considerare come scuse quelle, o no?
Sospirai anche io, e per una volta decisi di comportarmi da persona matura -Ok, e forse anche io non mi sono comportata nei migliori dei modi.-
Sentii un suono di un clackson familiare, e voltandomi, dall'altra parte della strada notai l'auto di mia madre.
-Ora devo andare.- feci per andare da lei quando mi sentii di nuovo trattenuta per un braccio.
-Non mi hai detto il tuo nome biondina.- sussurrò, facendomi rabbrividire ad un soffio dal mio viso.
Cercai di non fargli notare di quanto fossi a disagio così vicina a lui -Neanche tu mi hai detto il tuo.-
-Prima le signore...-
-Sarah, Sarah Williams.-
-Sarah Williams, eh?- sentire il mio nome pronunciato da lui mi fece uno strano effetto.
-Beh, io sono Luke Evans.- mi porse la mano e io gliela strinsi un po' titubante.
Appena la afferrai, mi attirò a lui e mi sussurrò all'orecchio -Benvenuta all'inferno Sarah.-
Mi ritrassi sconcertata dalla sua frase. Inferno? Ma che cavolo voleva dire?
Lui ghignò soddisfatto, forse aspettandosi la mia espressione, e mi spiegò manco avessi due anni- E dai, pensavo ci potessi arrivare... la scuola fa letteralmente schifo, cade a pezzi, gli armadietti sono per lo più rotti o scassinati, e ben presto ti renderai conto che razza di insegnanti ci insegnano. Credo che si può associare benissimo all'inferno...-
-Ah.- Ah, ah dico io! L'unica cosa che poteva uscire dalla mia bocca in quel momento era ah???
Lo guardai un'ultima volta facendogli un cenno con la mano e mi diressi verso mia madre, che da un po', impaziente suonava insistentemente il clackson.
Benvenuta all'inferno. Fantastico... non potevo chiedere di meglio...


Angolo dell'autrice:
Allora... che ne pensate? Vi ha deluso? Spero proprio di no, mi sono impegnata molto per scriverlo ed è venuto fuori abbastanza lunghetto.
Allora, che impressione vi hanno dato i personaggi? E ve li immaginavate così?
Sarah è interpretata da Alyson Michalka, Jess da Gia Farrell, Cleo da Louisa Lytton, Luke da Drew Roy, Ethan da Steven R. Mcqueen, Chris da Chad Michael Murray, Rufus da Tom Cruise e Jade da Jennie Garth.
Sul serio, come trovate il capitolo? Troppo lungo, troppo noioso, troppo schifoso?? Accetto qualsiasi tipo di recensione, sul serio, anche le critiche che penso che possono essere utili per migliorare.
Beh, spero comunque che sia stato di vostro gradimento e che continuerete a seguirmi. Recensite in tante mi raccomando!!!!!
Besos <3

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Capitolo 3
*** First impressions ***


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-Devo andare per forza in bicicletta? Non puoi accompagnarmi tu?-  stavo letteralmente pregando mia madre per scroccarle un passaggio a scuola anche quella mattina.
-Tesoro, mi dispiace ma non posso. Oggi è il mio primo giorno di lavoro e...-
La interruppi bruscamente -Lascia perdere.- presi la mia borsa e uscii di casa sbattendo la porta.
Ormai rassegnata andai nel garage e presi la mia bici. Sbuffai guardandola e mi ripromisi di passare l'esame di guida, per avere finalmente un'auto.
Montai subito e cominciai a pedalare velocemente, mentre il vento scompigliava tutti i miei capelli. Seguii attentamente tutte le indicazioni stradali, per non fare la fine di mia madre il giorno prima.
Dopo poco tempo vidi il grande cancello nero, che segnava l'ingresso all'edificio. Entrai sotto gli occhi curiosi di tutti.Possibile che non avessero niente da fare? Accostai la bici in un angolo appartato accanto ad altre due e la legai al palo vicino. Poi mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che conoscessi, anche se non ne erano molti fino a quel momento. 
Purtroppo non incontrai nè i grandi occhi marroni di Jess, nè quelli azzurri così amichevoli di Chris.
Però in compenso incontrai altri occhi... occhi che mi scrutavano attenti e curiosi. Si, Luke mi stava guardando, e appena notò che me ne ero accorta, distese le labbra in un sorriso divertito. Decisi di spostare il mio sguardo altrove, improvvisamente a disagio dal suo insistente sguardo.
-Non mi dire... Anche tu.- mi girai di scatto ritrovandomi davanti a Cleo in tutto il suo scarso metro e sessanta che mi sorrideva beffarda. Fui costretta ad abbassare la testa per guardarla negli occhi.
-Non capisco cosa intendi.- ed era vero, non avevo la minima idea su cosa si riferisse.
-Luke Evans. Bello, popolare. Il misterioso ragazzo dagli occhi magnetici. Il sogno proibito di tutte le ragazze. Si, finora non si è interessato a nessuna veramente, quindi fossi in te punterei lo sguardo su qualcun'altro se non vuoi rimanere scottata.-
Le sorrisi più falsa di una banconota da sette dollari -Grazie per il consiglio, ma posso cavarmela benissimo da sola.-
Il suo sorriso diventò presto una smorfia alla mia risposta.
-Ehi Sarah!- fortunatamente Jess si stava avvicinando proprio in quel momento. Solo dopo notò Cleo e squadrandola da capo a piedi mi chiese -Che ci fai con lei?- 
La mora gli rispose in tono vago -Parlavamo di tuo fratello...-
Jessica si girò interrogativa verso di me, guardandomi dritta negli occhi -Come?-
Proprio in quel preciso istante suonò la campanella, così fummo costrette a lasciar inconcluso il discorso, per entrare a scuola.
La rossa mi affiancava, mentre io camminavo a passo svelto, decisa di stare il più lontano possibile da Cleo.
-Senti, qualunque cosa ti abbia detto, non dare peso alle sue parole. E' un'idiota.-
Annuii senza dire una parola. -Io ora ho lezione in aula 37. Diritto. Te?-
Guardai il foglio che tenevo in mano -Io ho due ore consecutive di letteratura straniera.-
-Buona fortuna.- mi disse sarcastica.
-Me ne servirà tanta.- commentai con il suo stesso tono, per niente entusiasta.
Ci salutammo, e ognuna si diresse nella propria aula. Inutile dire che non avevo idea di come trovare l'aula.
Quell'edificio era un vero e proprio labirinto, contando poi il mio scarso senso dell'orientamento, stavo messa proprio bene.
Gli studenti non facevano più tanto caso a me, tanto erano impegnati a studiare all'ultimo minuto, o a salutare la loro anima gemella, in un modo non proprio casto. Scorsi in lontananza il ragazzo che piaceva a Jess. Com'è che si chiamava?
Ethan, si era proprio lui. Non so per quale motivo ma si stava avvicinando a me.
Ormai mi stava proprio davanti -Ehi!-
-Ce l'hai con me?- chiesi abbastanza scettica.
-Direi di si. Tu dovresti essere nuova, giusto?- Che perspicacia questo ragazzo. -Mi hai mai visto?-
-No.- rispose con ovvietà.
-Ti sei risposto da solo.- dissi, con un punto di acidità nella voce.
-Che bel caratterino... mi aveva avvertito Luke.-
-Non sei divertente.- 
Lui alzò le mani, da innocente -Ehi, io non c'entro niente. E' quello che ha detto Luke. Io non penso questo di te... E poi le ragazze con carattere sono le mie preferite-
Rimasi interdetta dalla sua risposta e piacevolmente stupita. Boccheggiai un paio di volte senza rispondergli, per poi girare i tacchi e tornare a cercare l'aula. Anche se ero girata potevo sentirmi il suo sguardo addosso.
E così Luke aveva parlato di me con il suo migliore amico...
Non so per quale assurdo motivo, ma il fatto che ne avesse parlato con qualcuno mi faceva sentire lusingata, anche se quello che aveva detto non era proprio il massimo.

 
*****
 
Le due ore di letteratura straniera si erano rivelate noiose e stancanti. Il professore mi fece qualche domanda su come ero messa col programma, e non sembrò molto soddisfatto della mia risposta. Che dire? A scuola non ero mai stata una cima, e i docenti se ne sarebbero presto accorti.
Uscii finalmente dall'aula e cominciai a guardarmi intorno alla ricerca del mio armadietto.
Guardando a destra e a sinistra non guardavo però di fronte a me, infatti andai a scontrarmi contro qualcuno.
Mi massaggiai la testa, dolorante per la botta, e solo dopo mi accorsi di chi avevo avanti.
Il biondo davanti a me sorrise amichevolmente -Fammi indovinare. Cerchi la presidenza?-
Involontariamente anche le mie labbra si distesero in un sorriso -Veramente no. Cerco il mio armadietto. E comunque scusa se ti sono venuta addosso.-
Lui parve sorpreso dalla mia risposta -Mi hai davvero chiesto scusa?-
-Si, che c'è di strano?-
-Niente... è che a primo impatto non sembri una che chiede scusa facilmente.-
-Davvero?- chiesi scettica.
Chris sfoderò il suo solito sorriso da bravo ragazzo -Ehi non te la prendere, ho giudicato male.-
-Non me la sono presa, però ora devo andare.-
Non poteva esserci bugia più grossa. La verità? Eccome se me l'ero presa, in un giorno ero stata accreditata come una ragazzina, isterica e scontrosa, e come se non bastasse sembravo il classico tipo che non chiede mai scusa.
Ok, diciamo pure che non avevano tutti i torti, ma mi avevano appena conosciuto. Non avevano il diritto di giudicarmi in base al mio comportamento di un giorno. Sbuffai sonoramente. Decisamente quella non era la mia giornata.
Cominciai a svoltare più corridoi in cerca del mio armadietto, decisa più che mai di liberarmi di quei maledetti libri.
Mi illuminai alla vista del numero che tanto cercavo: 116.
Subito accorsi lì davanti e provai la mia combinazione. Con mio stupore però, l'armadietto non si aprì. Così tentai più volte, con scarsi risultati. E ovviamente non poteva che essermi capitato l'armadietto rotto.
Sbuffai sonoramente, e strattonai il lucchetto che teneva chiuso l'armadietto.
-Maledetto.- imprecai a bassa voce tirando uno strattonte.
Una voce piuttosto irritante giunse dietro le mie spalle -Ehi, ehi! Stai cercando di scassinare il mio armadietto o cosa?-
Come? Mi girai all'istante trovandomi davanti Luke, che sembrava volermi incenerire con lo sguardo.
Alzò un sopracciglio e in tono duro mi disse -Allora?-
Io non capii -Allora cosa?-
Lui sospirò -Perchè vuoi aprire il mio armadietto?-
-Questo è il mio armadietto.- risposi ovvia.
-No, questo è il mio, vediamo...- si mise a contare con le dita della mano -si, è il mio armadietto da ben cinque anni.-
Rimasi un attimo interdetta dalla sua risposta, eppure mi pareva che nel foglio il numero dell'armadietto fosse il 127.
Controllai meglio e notai avevo letto male. Il mio era il 117.
Non sapevo più cosa dire, solo che avevo fatto l'ennesima figura del cavolo.
Luke mi strappò bruscamente il foglio dalle mani e lesse che c'era scritto. Poi ridusse gli occhi a due fessure -Allora?-
Cominciai a balbettare non sapendo nemmeno io cosa cercavo di dire.
Alla fine sospirai per poi mormorare afflitta -Scusa.- 
Lui sbuffò e non sembrò affanto soddisfatto delle mie scuse. Poi pensai a quello che aveva detto a Ethan e cambiai d'un tratto umore, riacquistando l'arroganza di poco prima.
-Anzi, sai che c'è? Scordati le mie scuse. In fondo ieri tu non mi hai trattato benissimo.. quindi ti chiederò scusa solo quando tu farai altrettanto-
Lui mi guardò incredulo -Io non ti dirò proprio un bel niente.-
Per un attimo non seppi come ribattere ma poi lo guardai negli occhi senza sbattere ciglio -Allora mi sa che nessuno otterrà quello che vuole...-
Luke mi si avvicinò così tanto che indietreggiai finendo praticamente attaccata agli armadietti.
Poi mi sussurrò all'orecchio con voce roca -Non farmi pentire di averti salvato la vita biondina.-
Quella frase detta con cattiveria mi fece sentire davvero male, anche se non lo diedi a vedere. Alzai lo sguardo orgogliosa, ritrovandomi a fronteggiarlo -Tu la prossima volta non salvarmi.-
-Tranquilla che la prossima volta ci penserò due volte, prima di commettere uno sbaglio del genere.-
Se quella frase mi aveva davvero ferita, quest'altra mi aveva mandato totalmente giù di morale... Sbaglio. Aveva definito sbaglio l'avermi salvato la vita.
-Bene.- dissi, anche se non andava affatto bene.
Detto questo girai i tacchi e andai verso il cortile della scuola. Avrei saltato l'ultima ora di lezione, avevo proprio bisogno d'aria.
Mi sedetti su un muretto a fissare le persone attorno a me. Completamente sconosciute. Come lo ero io in quel momento.
Una sconosciuta. E allora perchè si permettavano di giudicarmi in base al comportamento di un giorno?
Sospirai afflitta. Le persone si lasciano andare sempre all'apparenza, per loro non importa scavare in fondo.
-Ehi! Ti ho cercata per tutta la scuola. Non vieni?- alzai gli occhi incontrando la figura di Jess.
-Credo che salterò quest'ora di lezione.-
Lei si mise a sedere accanto a me -Su, racconta. Che è successo?-
Incontrai i suoi occhi marroni, così amichevoli, così simili a quelli di Emily, che mi aprii totalmente con lei -Le persone... sono qui da neanche un giorno e già si permettono di giudicarmi. Forse sotto alcuni aspetti avranno anche ragione, ma non mi conoscono. Non possono giudicarmi. Non ora almeno.-
Lei mi sorrise incoraggiante -E vediamo... una di queste persone per caso è mio fratello?-
La guardai perplessa, come era possibile che dopo neanche un giorno già riusciva a capirmi?
Per un attimo pensai ad Emily, avevano gli stessi occhi. Ma erano completamente diverse. La prima, sempre di cattivo umore e acida, Jess invece era sorprendentemente gentile con me.
-Senti, non dare peso a mio fratello. E' uno sciocco, non vorrai rovinarti la giornata per lui...-
Alzò un sopracciglio in attesa di una mia reazione, che non tardò ad arrivare.
Le sorrisi, forse il primo sorriso vero della giornata -Andiamo.-
 
*****
 
Il resto della giornata passò alla grande, forse a causa di quell'angelo con i capelli rossi.
Sul serio, adoravo quella ragazza. Era un mito. Era unica nel suo modo, sembrava che nessuno potesse toglierle la voglia di sorridere. E questo un po' glielo invidiavo. A me bastava il minimo errore, anche la cosa più sciocca per rovinarmi la giornata.
Jess mi aveva portato a fare il giro della città. Ok, che non era il massimo perchè piccolina, però era davvero carina.
-Dai, non disturbi. Mia madre sta al lavoro, tornerà stasera.- insistetti affinchè Jessica entrasse in casa.
Alla fine la rossa cedette e sorrise rassegnata così aprii la porta e le feci strada in casa.
Inaspettatamente trovai mia madre intenta a parlare al salotto con un uomo.
-Senti ho detto che...- la sua voce era piuttosto alterata. Appena mi vide lasciò in sospeso la frase.
-Sarah, non mi presenti la tua amica?- 
La guardai diffidente -Tu non mi presenti il tuo?- dissi squadrandolo da capo a piedi.
Lui sorrise mostrando dei denti bianchi e perfetti, avvicinandosi a me mi porse la mano -Sono R...-
Mia madre lo interruppe bruscamente -Lui è Robert, è un mio collega di lavoro. Era venuto qui per...-
-Ero venuto per esaminare delle schede insieme. Beh, Sarah, giusto?- quel sorriso mi metteva a disagio.
Annui mentre lui mi strinse la mano -E' stato un piacere conoscerti.-
Sorrisi imbarazzata mentre lui salutava mia madre ed usciva di casa.
-Comunque lei è Jessica.- dissi rivolta a mia madre. Questa le sorrisi dolcemente -Io sono Jade, piacere.-
-Piacere mio signora.- rispose gentilmente la rossa.
Mia madre rise sonoramente -Chiamami pure Jade, mi sento troppo vecchia altrimenti.-
Sbuffai, mia madre non cambiava mai. Presi Jess da parte e la trascinai di sopra in camera mia.
-Lasciala perdere mia madre, è così...- non sapevo davvero come finire la frase.
-Non ti preoccupare, a me è sembrata così carina.- sembrava davvero sincera.
Chissà come mai la prima impressione che davo io a tutti era che fossi una ragazzina acida e impertinente; mia madre invece sembrava sempre allegra e sorridente.
-Quell'amico di tua madre...-
-Collega.- la corressi. Non mi andava giù che già si fosse fatta degli amici. O meglio, un amico.
-Si quello lì.- disse come se al momento non fosse importante. -Non ti sei accorta che aveva i tuoi stessi occhi?-
La fissai scettica per poi scuotere la testa un paio di volte. -Che c'è di strano?-
Lei alzò le spalle con noncuranza -Niente, era solo un'osservazione.-
Cambiammo subito argomento, e alla fine finimmo di parlare delle stupidate più assurde.
E tra chiacchiere e risate anche il resto della giornata volò letteralmente.




Angolo dell'autrice:
Si, sono tornata... Lo so, lo so. Sono tremenda, sono mesi che non aggiorno e che voi aspettate questo capitolo.
Mi dispiace davvero, ma come al solito metà del capitolo era già pronta mentre per l'altra metà non sapevo che mettere e mi trovavo a cancellare sempre quello che scrivevo.
Spero solo che questo capitolo non vi abbia deluso e che continuiate a seguirmi nonostante io non sia il massimo.
Poi volevo ringraziare quei 7 meravigliosi angeli che hanno recensito lo scorso capitolo. Siete fantastiche, credetemi e le vostre recensioni sono state davvero bellissime.
Spero di riuscire ad aggiornare prima questa volta. Se non lo farò siete autorizzate ad ammazzarmi.
Un bacio a tutte <3

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