A kiss makes everything a little sweeter.

di diciannovegennaio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** "I miss him" ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


prologo
 
Prologo.
 
 
 






 
 





L’unica fonte di luce nella stanza erano i delicati raggi del sole che filtravano dalle tende della finestra aperta. Esattamente sopra la scrivania alla quale Zayn se ne stava seduto.
Guardò quel foglio bianco per alcuni minuti che li parvero ore. Lo sfiorò sentendo il pezzo di carta ruvido sotto i suoi polpastrelli e si domandò come potesse racchiudere tutti quei pensieri che li affollavano la mente in quel momento.
Con un sospiro chiuse gli occhi, concentrandosi sul suono del battito del cuore che rimbombava nel silenzio della sua stanza e cercò di pensare a tutte quelle volte che aveva le parole giuste da dire ma non aveva avuto il coraggio di pronunciare.
Poi il silenzio si plasmò e la sua voce riempì la stanza come se fosse stata lì vicino, e all’improvviso tutto si fece più chiaro.
All’improvviso sapeva esattamente cosa dire.
 
 
 
Sono le sette e trenta del mattino, fra un paio d’ore sarò oltre oceano e tutto quello che riesco a dire è che mi dispiace.
Quante volte me l’hai sentito dire, J? Quante volte mi hai perdonato?
Troppe, lo so.
Ma lo sai come sono fatto J. Sai che non imparerò mai. Sai che mi lascerò sempre scappare di mano le cose migliori che la vita mi offre.
Tu sei una di queste, piccola J.
Continuo a chiamarti così, anche se so che appena leggerai questa lettera mi odierai, ma voglio farlo lo stesso.
Voglio dirti quello che non ho mai avuto il coraggio di dirti. Lo so che questo è da vigliacchi, ma non ce l’avrei fatta a guardarti negli occhi e vedere in essi il dolore che ti avrei fatto. E poi so quanto ti piacciono le lettere, me l’hai sempre detto.
Lo so che avresti preferito una lettera diversa da questa, so che questa lettera di addio sarà quella che odierai più di tutte. Ma su questo foglio voglio scrivere tutto quello che mi sono tenuto dentro per troppo tempo, facendo del male a entrambi.
Sai, piccola J, ci sono stati dei momenti in cui pensavo davvero che sarei riuscito a cambiare, che tu saresti stata capace di farmi diventare un ragazzo diverso, ma ogni volta riuscivo a deluderti.
Ti ringrazio, piccola J.
Per tutte le volte che mi hai perdonato, per tutte le volte che sei andata contro il giudizio di tutti per difendermi. Ricordo quella volta che hai litigato con Rebecca. Le parole che hai urlato mi fanno ancora sorridere e mi riempiono il cuore di gioia proprio come quel giorno. Hai detto: “Tu non sai com’è, non lo conosci. Zayn è una persona meravigliosa, la cosa più importante della mia vita!”.
Dicevi sul serio, piccola J? Perché io stento a crederci.
Come può, una ragazza come te, legarsi a uno come me? Uno che non potrà mai apprezzarti come meriti?
Perché tu meriti di meglio, piccola J.
Lo io e lo sai anche tu. Hai bisogno di qualcuno che ti tenga la mano per non farti cadere, che ti ripeta cose dolci ogni volta che vuoi, che ti faccia vivere una favola, che ti faccia sentire bene, per davvero.
Più scrivo, più la convinzione di star facendo la cosa giusta si rafforza insieme all’angoscia di doverti lasciare andare.
Perché io devo, piccola J. Non posso strascinarti con me, perché non è questo che meriti. Io non sarò mai capace di darti quello che vuoi, non sarò mai alla tua altezza e non posso più fingere che questo non è vero.
Io tengo a te più di qualsiasi cosa, lo sai, ma non sono capace di dimostrartelo e non possiamo fingere che questo basti.
Perché non basta.
Non è colpa tua, se è questo che pensi.
E’ mia. Solo ed esclusivamente mia.
E vorrei davvero dire di più, vorrei che queste parole bastassero. Ma non voglio continuare a vederti piangere a causa mia. Non voglio ma so che succederebbe ancora se restassi.
Voglio che tu mi capisca, piccola J.
Ho bisogno che mi capisca per l’ultima volta. E se ce la fai anche a perdonarmi.
Vorrei dirti un’ultima cosa, prima di terminare questa lettera..
.. Non ti dimenticherò mai, piccola J.
 
Sempre tuo,
Zayn.
 
 
 
La rilesse. Una, due, mille volte.
Non aveva detto un sacco di cose. Per esempio non aveva accennato a quella volta in cui sentì il cuore che stava per esploderli solo perché lei li aveva sorriso. Oppure di quella volta in cui si diedero il loro primo bacio.
Avrebbe mai trovato un’altra come la sua piccola J ?
Un’altra che sapesse del suo stesso odore, un’altra che avrebbe saputo dirli le parole giuste al momento giusto, un’altra che avrebbe saputo come farlo ridere e come tenerli testa con le sue battute. Un’altra che fosse come lei.
Certo che no.
Lei era unica, al mondo esisteva un unico esemplare. Si sentiva così bene quando pensava che lei avrebbe scelto lui sempre. Lei non era mai scontata come le altre da cui però andava sempre. Lei si arrabbiava, li urlava contro, non li parlava per giorni, ma avrebbe rinunciato a ogni cosa per lui. E anche lui, se non fosse stato così idiota.
Si stava facendo scappare la ragazza più bella della sua vita, l’unica che lo avesse mai apprezzato realmente per quello che era.
In quel momento, sentì una morsa strana allo stomaco. Qualcosa che non aveva mai provato. Capì solo che non era un buon segno quando sentì delle lacrime rigarli le guance spigolose.
Si coprì il viso con le mani mentre cercava di far uscire dalla sua testa l’immagine di loro due insieme, con le mani unite in una morsa solida. Mentre due sorrisi si allargavano sinceri sui loro volti, senza pensare al mondo intorno a loro, senza pensare a tutti i litigi e agli errori di lui.
Le sarebbe mancata. Le sarebbe mancata più dell’aria, più del sole, più della musica, più della vita stessa. Le sarebbe mancata anche se non l’avesse mai conosciuta, perché tutti avrebbero avuto bisogno di una come lei. Una di quelle che non puoi fare a meno di guardare.
Peccato che non ce ne sarebbero state altre.
 
    < Mamma. >
Sentì solo un sospiro e nient’altro dall’altra parte della cornetta. Era arrivato a New York da appena due ore e senza preoccuparsi di sistemare i vestiti nel suo appartamento, si era buttato sul letto incapace di fare qualsiasi cosa che non pensare alla sua piccola J. Si chiedeva come avrebbe reagito quando quella lettera messa sullo zerbino di casa sua, avrebbe attirato la sua attenzione. Sarebbe stata felice, in un primo momento. Ma poi il suo volto si sarebbe rabbuiato lasciando il posto alla rabbia, all’odio. Magari anche all’indifferenza ma non avrebbe pianto.
Lo sapeva perché la sua piccola J, dopo quella dimostrazione, avrebbe capito che lui non la meritava.
Ma si ricredette quando sua madre lo chiamò con tono serio.
    < Mamma cosa succede? > domandò rigido.
    < Zayn, è venuta qui. > rispose la donna.
Gli occhi di Zayn si aprirono di scatto e quando sua madre incominciò a parlare sentì le pareti intorno a se farsi troppo piccole, troppo strette. Sentiva lo stomaco attorcigliarsi su di se provocandoli un dolore pungente, quasi insopportabile.
     < Voleva sapere dove te ne eri andato. Ma quando le ho detto che non potevo dirglielo è entrata in casa ed è corsa in camera tua. Non ci credeva Zayn. Non credeva che te ne fossi andato. Ma poi ha visto l’armadio vuoto e .. > sentì la voce della donna che l’aveva messo al mondo incrinarsi. Come se stesse per piangere.
      < Cosa è successo mamma? > domandò secco, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla piccola finestra.
      < Oh, Zayn.. io non l’ho mai vista così. Mi sono spaventata da morire, era così.. così.. >
      < Mamma! > sbottò irritato.
      < Piangeva Zayn! – gridò sua madre alla cornetta. – Piangeva talmente tanto che quasi non respirava! >
Rimase zitto. A corto di parole.
Si era sbagliato. Pensava che andandosene non l’avrebbe fatta più piangere e invece per l’ennesima volta aveva fallito.
Con il pollice terminò la chiamata, lasciando che il telefono cadesse a terra. Si voltò di nuovo e si lasciò cadere sul letto.
I pensieri urlavano nel silenzio, rimbombava tra quelle pareti tanto che si sentì in gabbia.
Lei, la sua piccola J, aveva pianto fino a sentirsi male. Aveva pianto perché non aveva trovato i suoi vestiti nell’armadio, aveva pianto perché non sapeva più come cercarlo, aveva pianto perché non sapeva dov’era, aveva pianto perché si era resa conto che se ne era andato per davvero, lasciandola una volta per tutte.
Ma sarebbe passata, pensò Zayn.
La sua piccola era forte e presto si sarebbe dimenticata di lui. Magari avrebbe finito per rimpiangere ogni minuto passato con lui invece che fare altro, magari l’avrebbe odiato per davvero.
Ma una cosa era sicura, per Zayn: un giorno lei avrebbe smesso di pianger per lui, e sarebbe tonata felice.
 
 
E lui?






Spazio autrice.
So che non è molto, ma la storia è appena iniziata c:
Elena xx

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Capitolo 2
*** "I miss him" ***


i miss him.

 

"I miss him."
 
 
 
 



  Seduta sul divano, si metteva con concentrazione lo smalto azzurro - il suo preferito - sulle unghie finalmente lunghe. Rimise il pennellino nella boccetta e poi soffio sulle mani, cercando di velocizzare l'asciugatura. In attesa si mise a guardare la televisione accesa. Stavano trasmettendo una puntata di uno show televisivo che lei non aveva mai seguito. Di solito, se aveva il pomeriggio libero, preferiva andarsene in centro con i suoi amici, o al parco, o in biblioteca quando pioveva.
Purtroppo per lei, quel giorno, tutti avevano da fare e lei si era ritrovata in casa senza sapere cosa fare. Una volta seduta sul divano non aveva più trovato la voglia di alzarsi, per questo era ancora lì, finita a guardare squallidi programmi televisivi.
Sul grande schermo, un signore basso quanto grasso se ne stava seduto dietro una scrivania con un sorriso e uno sguardo puntato verso la telecamera. Parlava a casaccio, di cose futili come della nuova fidanzata ventenne di un famoso attore di cinquant'anni, intervenendo con battute a doppio senso. Nonostante le risate registrate che stavano ad indicare quando era il momento di ridere, Jasmine alzò un sopracciglio. Che programmi squallidi, pensò.
Afferrò il telecomando attenta a toccare tutto con i polpastrelli per non rovinare lo smalto e cambiò canale proprio quando il signore grasso annunciava la pubblicità e si raccomandava di non cambiare canale.
Si, come no.
Continuò a girare canale fino a che non si imbatté su MTV. Proprio in quel memento, la sua canzone preferita: Fix You dei Coldplay.
La musica incominciò a diffondersi nel soggiorno, e Jasmine entrò in un mondo parallelo dove esisteva solo lei e quella canzone. Ma ben presto si aggiunsero mille pensieri diversi, alla quale lei non diede importanza fino a che le parole della seconda strofa la colpirono, facendola irrigidire.

                                                                  And the tears come streaming down your face
When you lose something you can't replace 
When you love someone but it goes to waste 
could it be worse?




Già, quando la persona che ami se ne va, lasciandoti sola, come si può rimpiazzare? E come si può andare avanti quando tutto se ne va perduto?
Non si può, semplice. Ma Jasmine aveva imparato una cosa: non si può aspettare qualcuno in eterno.
E nonostante la mancanza di quel ragazzo, quello che stava imparando ad amare, le pesasse ancora, dopo tre anni, come un macigno incapace di togliersi di dosso, lei aveva smesso di aspettarlo.
Aveva smesso di pensare a lui durante il girono, o almeno ci provava, ma certe volte qualcosa glielo ricordava talmente tanto che non poteva fare a meno di sorridere.
Tuttavia non faceva altro che sentirsi così triste e sola. Così vuota e arrabbiata.
Con lei per non aver fatto in tempo a raggiungerlo prima che se ne andasse, e con lui per non aver capito quello di cui aveva realmente bisogno.
Sentendo lo stomaco contrarsi si decise a smetterla, aprendo gli occhi e spengendo direttamente la televisione. Per distrarsi si guardò le unghie e toccandole appena con le dita vide che erano asciugate. Per questo si decise ad alzarsi, diretta in cucina per farsi una buona cioccolata calda.
Stava giusto mettendo il pentolino con il latte mescolato con la polvere di cioccolata quando sentì la porta di ingresso aprirsi e chiudersi.
     < Sono a casa, tesorino! >
Jasmine sorrise allontanandosi dal fornello acceso per andare in contro a sua zia che le sorrideva mentre si toglieva il cappotto di dosso per appenderlo all'appendiabiti.
     < Non sei uscita? > chiese la donna avvicinandosi per abbracciarla ed entrare in cucina.
      < No, Jusy e Niall avevano da fare. - Spiegò. - Ne ho approfittato per farmi una manicure. > disse con un sorriso.
Sua zia, Hanna, si avvicinò interessata prendendole le mani per esaminare il lavoro.
      < Molto carine. Però un bel rosso fuoco sarebbero state favolose. > consiglio con un occhiolino.
      < Lo sai che le cose troppo appariscenti non sono da me zia. > rispose ridacchiando per poi andarsi a mescolare la cioccolata che incominciava a diventare più densa.
      < Ah, ma che vuoi che sia! > borbottò la donna.
Sua zia Hanna aveva appena trentacinque anni, e aveva ancora lo spirito di una diciassettenne. Aveva dei capelli ricci e dorati, e occhi azzurri come il ghiaccio. Era una tipa un po’ stramba, con la mania delle unghie rosse come il rossetto che aveva pagato talmente tanto che Jasmine aveva pensato che certi prezzi, per un rossetto, dovrebbero essere illegali. Perché, con sincerità per favore, chi spenderebbe cento sterline per un rossetto? Nessuno, appunto.
O meglio: nessuno tranne sua zia.
Ma sua zia era fatta così. Alla moda ed esuberante, vestita sempre di cose attillate per fasciare il suo fisico e incapace di tenersi un fidanzato per più di un mese.
Ma nonostante la sua natura invasiva, adorava sua zia, soprattutto perché era una vera dose di energia e quando la vedeva, Jasmine non poteva fare altro che sorridere. Viveva con sua zia da circa due anni e mezzo, ovvero da quando la casa dei suoi genitori era diventata opprimente come un cuscino sulla faccia. Ogni mattina che si svegliava, vedeva dalla finestra l'interno della sua camera. E di riflesso, tutti i ricordi si accavallavano uno sopra l'altro lasciandola disorientata.
Per questo aveva deciso di andare a vivere da sua zia, lontano da quella casa.
Si mise davanti al fornello, continuando a mescolare con un ritmo lento e regolare sentendo sua zia salire in camera sua per cambiarsi e poi tornarsene giù, con un pigiama.
     < Ce n’è un pochina anche per la tua ziona? > chiese legandosi i capelli in una coda disordinata.
     < Certo che si. Però non esagerate. Il colesterolo per le persone di una certa età è molto pericoloso. > disse Jasmine, guardandola con finta preoccupazione.
Hanna la guardò per poi scoppiare a ridere, trascinando con se sua nipote.
     < Avresti dovuto vedere la tua faccia. > disse Jasmine, continuando a ridere.
     < Ma che nipote simpatica che ho! Avanti, qui faccio io, tu chiama tua madre. >
Ancora ridacchiando si allontanò dai fornelli diretta in camera sua. Chiudendosi la porta alle spalle frugò nella sua borsa prima di afferrare il cellulare. Compose velocemente il numero portandoselo poi all’orecchio.
Dopo neanche due squilli, la voce di sua madre Cristine arrivo alle sue orecchie.
     < Ciao mamma. > disse, sedendosi sul materasso morbido.
     < Ciao piccolina, come stai? > domandò.
     < Bene mamma. Tu? >
     < Molto bene. Oggi cosa hai fatto? > chiese.
     < Sono stata in casa, niente di chè. Papà? >
    < E’ ancora al lavoro. Quand’è che vieni a pranzo qui? > chiese sua madre. Riconobbe quel tono: le mancava.
Lo conosceva perché lo usvaa ogni volta. Anche a Jasmine mancavano i suoi genitori, non si vedevano più tutti i giorni come prima, ovviamente, e sentiva la mancanza di quei piccoli gesti che compieva sua madre  la mattina, li mancava il profumo di dopobarba che sentiva in corridoio anche se suo padre era già uscito. Le mancava vivere la quotidianità con la sua famiglia, ma c’era qualcosa che le mancava più di tutto, qualcuno che, nonostante il tempo, non era riuscita ancora a dimenticare.
     < Cosa ne dici se domani io e la zia veniamo a mangiare da voi? > propose per sentirsi meno in colpa.
     < Oh, è perfetto! –trillò sua madre entusiasta. – Allora ci vediamo domani, tesoro! >
     < A domani mamma. >
Chiusa la chiamata fissò il telefono ancora per un po’, immersa nei pensieri. Fino a che sua zia non entrò in camera.
     < Tesoruccio, la cioccolata si raffredda. >
     < Oh.. si, arrivo.. > borbottò, per poi riabbassare lo sguardo.
Sua zia la guardò, sualla soglia della porta, e con un sosprio si avvicinò a Jasmine che però non si mosse.
     < Cosa c’è che non va? > chiese dolcemente Hanna, accarezzando i capelli della ragazza.
     < Niente, va tutto bene. > rispose automaticamente.
     < Piccola J…. >
Sentì le mani tremare e la vista annebbiarsi. Quel nomignolo..




     < Andiamo J, cosa vuoi fare? >
La sua voce le arrivava forte nonostante la distanza. Sapeva che lui aveva paura dell’acqua, e il tono allarmato quando usò per richiamarla quando la vide entrare in mare la fece ridere.
< Andiamo Zayn! E’ solo acqua. >

< Per favore vieni qui. > la implorò dalla riva. Jasmine scosse la testa, sorridendo.       < Vieni qui tu. > lo sfidò. Lo sguardo scocciato del moro la perforò. < Dove vuoi arrivare J? > chiese. < Voglio che tu venga da me. > rispose. < Non ci penso neanche. > < Sei un fifone Malik. > ridacchiò. Contagiato dalla risata cristallina della ragazza, perfino Zayn si lasciò scappare un sorriso divertito.
< Voglio fare il bagno Zayn, con te. > lo pregò.
< Scordatelo. > rise il moro.
Con i capelli mossi dal vento e i pantaloncini umidi a causa degli schizzi d’acqua, Jasmine incrociò le mani al petto.
< Vuoi farmi fare il bagno da sola? > chiese con finta innocenza.
< Tu non farai il bagno, J. > precisò Zayn.
< E perché? > domandò confusa lei.
< Perché hai attirato fin troppo l’attenzione di quei coglioni su di te. – spiegò fulminando i tre ragazzi che le lanciavano occhiate fin troppo esplicite. – Non farai il .. cosa stai facendo!? > sbottò il moro.
Jasmine, ridacchiando e facendo finta di non sentirlo, si sbottonò il secondo bottone dei pantaloncini per poi sfilarseli senza preoccuparsi di bagnarli. Con un lancio li fece atterrare ai piedi di Zayn, che, contrariato, li afferrò.
< Jasmine non fare stronzate ti prego. > sbottò.
Lei rise. < Io voglio fare il bagno. >
Afferrò i lembi della sua maglia decisa a sfilarsela. Aveva scoperto la pancia quando qualcuno l’afferrò per i fianchi.
     < La finisci? > domandò sibilando Zayn.
Jasmine abbassò le braccia  e lo guardò negli occhi.
Aveva sempre adorato il colore delle sue iridi. Potevano sembrare neri, ma in realtà, se ci si faceva attenzione, intorno alla pupilla c’erano veri e propri riflessi color caramello fuso, che in quel momento, la stavano trascinando in un mondo a parte. L’acqua che si infrangeva contro le gambe nude di lei e i pantaloni della tuta di Zayn. Le mani grandi e calde di quel ragazzo che se la attirò a se, poggiando la sua fronte sulla quella di Jasmine che si sentì mancare il respiro.
     < Mi farai impazzire, J. > sussurrò rauco.
     < E perché? > sussurrò a fatica, posando le sue mani sul petto di lui.
Sentì il suo cuore e rabbrividì. Poi i brividi presero a farla tremare quando lui avvicinò la sua bocca alla sua.
       < Sei troppo bella. Dovrei nasconderti in casa mia > scherzò, facendola ridacchiare.
       < Sei per caso geloso, Malik? > chiese con tono scherzoso.
Zayn sorrise sulle sue labbra prima di sfiorarle con le sue e stringerla ancora di più a se. Scosse e brividi presero e regnare sui loro corpi, soprattutto quando il bacio divenne più inteso, soprattutto quando le loro lingue si toccarono come se fosse la prima volta.
Si staccarono con il fiatone, ancora con le fronti unite.
Fu in quel momento che lo disse.
      < Tu sei mia, piccola J. >
 
 
     Sembrava che il tempo l’avesse risucchiata, facendole perdere la percezione della realtà. Quando però, un singhiozzo la fece tornare nel presente, capì che stava piangendo come la prima volta, come se Zayn se ne fosse andato solo ieri.
Sua zia accorse per abbracciarla, sussurrandole nelle orecchie che tutto andava bene quando ormai sapeva che Jasmine non ci credeva più. Da ormai tre anni niente andava bene.
Lui se ne era andato, lasciandola con una stupida lettera, lasciandola sola, con il cuore che a malapena riusciva ancora a battere. L’aveva lasciata per fuggire, e lei si era ritrovata senza un rifugio sicuro. Perché nonostante tutti i suoi errori, lei aveva bisogno di lui in maniera quasi malata. Aveva bisogno di abbracciarlo, di baciarlo perché era meglio che respirare.
Aveva bisogno di farci l’amore perché non riusciva a non pensare a tutti quelle notti senza sentire quel vuoto dentro che la risucchiava.
       < Mi manca. > riuscì a dire, tra il pianto.
Li mancava talmente tanto da farli paura.














Spazio Autrice.
Scusate gli errori. Spero che vi piaccia.

Elena xx

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