A kiss makes everything a little sweeter. di diciannovegennaio (/viewuser.php?uid=190390)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** "I miss him" ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
prologo
-
- Prologo.
-
-
-
-
-
- L’unica
fonte di luce nella stanza erano i delicati raggi del sole che filtravano dalle
tende della finestra aperta. Esattamente sopra la scrivania alla quale Zayn se
ne stava seduto.
- Guardò
quel foglio bianco per alcuni minuti che li parvero ore. Lo sfiorò sentendo il
pezzo di carta ruvido sotto i suoi polpastrelli e si domandò come potesse
racchiudere tutti quei pensieri che li affollavano la mente in quel momento.
- Con
un sospiro chiuse gli occhi, concentrandosi sul suono del battito del cuore che
rimbombava nel silenzio della sua stanza e cercò di pensare a tutte quelle
volte che aveva le parole giuste da dire ma non aveva avuto il coraggio di
pronunciare.
- Poi
il silenzio si plasmò e la sua voce
riempì la stanza come se fosse stata lì vicino, e all’improvviso tutto si fece
più chiaro.
- All’improvviso
sapeva esattamente cosa dire.
-
-
-
- Sono le sette e trenta del mattino, fra un
paio d’ore sarò oltre oceano e tutto quello che riesco a dire è che mi
dispiace.
- Quante volte me l’hai sentito dire, J? Quante
volte mi hai perdonato?
- Troppe, lo so.
- Ma lo sai come sono fatto J. Sai che non
imparerò mai. Sai che mi lascerò sempre scappare di mano le cose migliori che
la vita mi offre.
- Tu sei una di queste, piccola J.
- Continuo a chiamarti così, anche se so che
appena leggerai questa lettera mi odierai, ma voglio farlo lo stesso.
- Voglio dirti quello che non ho mai avuto il
coraggio di dirti. Lo so che questo è da vigliacchi, ma non ce l’avrei fatta a
guardarti negli occhi e vedere in essi il dolore che ti avrei fatto. E poi so
quanto ti piacciono le lettere, me l’hai sempre detto.
- Lo so che avresti preferito una lettera
diversa da questa, so che questa lettera di addio sarà quella che odierai più
di tutte. Ma su questo foglio voglio scrivere tutto quello che mi sono tenuto
dentro per troppo tempo, facendo del male a entrambi.
- Sai, piccola J, ci sono stati dei momenti in
cui pensavo davvero che sarei riuscito a cambiare, che tu saresti stata capace
di farmi diventare un ragazzo diverso, ma ogni volta riuscivo a deluderti.
- Ti ringrazio, piccola J.
- Per tutte le volte che mi hai perdonato, per
tutte le volte che sei andata contro il giudizio di tutti per difendermi.
Ricordo quella volta che hai litigato con Rebecca. Le parole che hai urlato mi
fanno ancora sorridere e mi riempiono il cuore di gioia proprio come quel
giorno. Hai detto: “Tu non sai com’è, non lo conosci. Zayn è una persona
meravigliosa, la cosa più importante della mia vita!”.
- Dicevi sul serio, piccola J? Perché io stento
a crederci.
- Come può, una ragazza come te, legarsi a uno
come me? Uno che non potrà mai apprezzarti come meriti?
- Perché tu meriti di meglio, piccola J.
- Lo io e lo sai anche tu. Hai bisogno di
qualcuno che ti tenga la mano per non farti cadere, che ti ripeta cose dolci
ogni volta che vuoi, che ti faccia vivere una favola, che ti faccia sentire
bene, per davvero.
- Più scrivo, più la convinzione di star facendo
la cosa giusta si rafforza insieme all’angoscia di doverti lasciare andare.
- Perché io devo, piccola J. Non posso strascinarti
con me, perché non è questo che meriti. Io non sarò mai capace di darti quello
che vuoi, non sarò mai alla tua altezza e non posso più fingere che questo non
è vero.
- Io tengo a te più di qualsiasi cosa, lo sai,
ma non sono capace di dimostrartelo e non possiamo fingere che questo basti.
- Perché non basta.
- Non è colpa tua, se è questo che pensi.
- E’ mia. Solo ed esclusivamente mia.
- E vorrei davvero dire di più, vorrei che
queste parole bastassero. Ma non voglio continuare a vederti piangere a causa
mia. Non voglio ma so che succederebbe ancora se restassi.
- Voglio che tu mi capisca, piccola J.
- Ho bisogno che mi capisca per l’ultima volta.
E se ce la fai anche a perdonarmi.
- Vorrei dirti un’ultima cosa, prima di
terminare questa lettera..
- .. Non ti dimenticherò mai, piccola J.
-
- Sempre tuo,
- Zayn.
-
-
-
- La
rilesse. Una, due, mille volte.
- Non
aveva detto un sacco di cose. Per esempio non aveva accennato a quella volta in
cui sentì il cuore che stava per esploderli solo perché lei li aveva sorriso.
Oppure di quella volta in cui si diedero il loro primo bacio.
- Avrebbe
mai trovato un’altra come la sua piccola
J ?
- Un’altra
che sapesse del suo stesso odore, un’altra che avrebbe saputo dirli le parole
giuste al momento giusto, un’altra che avrebbe saputo come farlo ridere e come
tenerli testa con le sue battute. Un’altra che fosse come lei.
- Certo
che no.
- Lei
era unica, al mondo esisteva un unico esemplare. Si sentiva così bene quando
pensava che lei avrebbe scelto lui sempre. Lei non era mai scontata come le
altre da cui però andava sempre. Lei si arrabbiava, li urlava contro, non li
parlava per giorni, ma avrebbe rinunciato a ogni cosa per lui. E anche lui, se
non fosse stato così idiota.
- Si
stava facendo scappare la ragazza più bella della sua vita, l’unica che lo
avesse mai apprezzato realmente per quello che era.
- In
quel momento, sentì una morsa strana allo stomaco. Qualcosa che non aveva mai
provato. Capì solo che non era un buon segno quando sentì delle lacrime rigarli
le guance spigolose.
- Si
coprì il viso con le mani mentre cercava di far uscire dalla sua testa
l’immagine di loro due insieme, con le mani unite in una morsa solida. Mentre
due sorrisi si allargavano sinceri sui loro volti, senza pensare al mondo
intorno a loro, senza pensare a tutti i litigi e agli errori di lui.
- Le
sarebbe mancata. Le sarebbe mancata più dell’aria, più del sole, più della
musica, più della vita stessa. Le sarebbe mancata anche se non l’avesse mai
conosciuta, perché tutti avrebbero avuto bisogno di una come lei. Una di quelle
che non puoi fare a meno di guardare.
- Peccato
che non ce ne sarebbero state altre.
-
- < Mamma. >
- Sentì
solo un sospiro e nient’altro dall’altra parte della cornetta. Era arrivato a
New York da appena due ore e senza preoccuparsi di sistemare i vestiti nel suo
appartamento, si era buttato sul letto incapace di fare qualsiasi cosa che non
pensare alla sua piccola J. Si chiedeva come avrebbe reagito quando quella
lettera messa sullo zerbino di casa sua, avrebbe attirato la sua attenzione.
Sarebbe stata felice, in un primo momento. Ma poi il suo volto si sarebbe
rabbuiato lasciando il posto alla rabbia, all’odio. Magari anche
all’indifferenza ma non avrebbe pianto.
- Lo
sapeva perché la sua piccola J, dopo quella dimostrazione, avrebbe capito che
lui non la meritava.
- Ma
si ricredette quando sua madre lo chiamò con tono serio.
- < Mamma cosa succede? > domandò
rigido.
- < Zayn, è venuta qui. > rispose la
donna.
- Gli
occhi di Zayn si aprirono di scatto e quando sua madre incominciò a parlare
sentì le pareti intorno a se farsi troppo piccole, troppo strette. Sentiva lo
stomaco attorcigliarsi su di se provocandoli un dolore pungente, quasi
insopportabile.
- < Voleva sapere dove te ne eri andato. Ma
quando le ho detto che non potevo dirglielo è entrata in casa ed è corsa in
camera tua. Non ci credeva Zayn. Non credeva che te ne fossi andato. Ma poi ha
visto l’armadio vuoto e .. > sentì la voce della donna che l’aveva messo al
mondo incrinarsi. Come se stesse per piangere.
- < Cosa è successo mamma? > domandò
secco, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla piccola finestra.
- < Oh, Zayn.. io non l’ho mai vista
così. Mi sono spaventata da morire, era così.. così.. >
- < Mamma! > sbottò irritato.
- < Piangeva Zayn! – gridò sua madre
alla cornetta. – Piangeva talmente tanto che quasi non respirava! >
- Rimase
zitto. A corto di parole.
- Si
era sbagliato. Pensava che andandosene non l’avrebbe fatta più piangere e
invece per l’ennesima volta aveva fallito.
- Con
il pollice terminò la chiamata, lasciando che il telefono cadesse a terra. Si
voltò di nuovo e si lasciò cadere sul letto.
- I
pensieri urlavano nel silenzio, rimbombava tra quelle pareti tanto che si sentì
in gabbia.
- Lei,
la sua piccola J, aveva pianto fino a sentirsi male. Aveva pianto perché non
aveva trovato i suoi vestiti nell’armadio, aveva pianto perché non sapeva più
come cercarlo, aveva pianto perché non sapeva dov’era, aveva pianto perché si
era resa conto che se ne era andato per davvero, lasciandola una volta per
tutte.
- Ma
sarebbe passata, pensò Zayn.
- La
sua piccola era forte e presto si sarebbe dimenticata di lui. Magari avrebbe
finito per rimpiangere ogni minuto passato con lui invece che fare altro,
magari l’avrebbe odiato per davvero.
- Ma
una cosa era sicura, per Zayn: un giorno lei avrebbe smesso di pianger per lui,
e sarebbe tonata felice.
-
-
- E
lui?
Spazio autrice.
So che non è molto, ma la storia è appena iniziata c:
Elena xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** "I miss him" ***
i miss him.
"I miss him."
S eduta sul
divano, si metteva con concentrazione lo smalto azzurro - il suo preferito -
sulle unghie finalmente lunghe. Rimise il pennellino nella boccetta e poi
soffio sulle mani, cercando di velocizzare l'asciugatura. In attesa si mise a
guardare la televisione accesa. Stavano trasmettendo una puntata di uno show
televisivo che lei non aveva mai seguito. Di solito, se aveva il pomeriggio
libero, preferiva andarsene in centro con i suoi amici, o al parco, o in biblioteca
quando pioveva.
Purtroppo per lei, quel giorno, tutti avevano da fare e lei si era ritrovata in
casa senza sapere cosa fare. Una volta seduta sul divano non aveva più trovato
la voglia di alzarsi, per questo era ancora lì, finita a guardare squallidi
programmi televisivi.
Sul grande schermo, un signore basso quanto grasso se ne stava seduto dietro
una scrivania con un sorriso e uno sguardo puntato verso la telecamera. Parlava
a casaccio, di cose futili come della nuova fidanzata ventenne di un famoso
attore di cinquant'anni, intervenendo con battute a doppio senso. Nonostante le
risate registrate che stavano ad indicare quando era il momento di ridere, Jasmine
alzò un sopracciglio. Che programmi squallidi, pensò.
Afferrò il
telecomando attenta a toccare tutto con i polpastrelli per non rovinare lo
smalto e cambiò canale proprio quando il signore grasso annunciava la
pubblicità e si raccomandava di non cambiare canale.
Si, come no.
Continuò a
girare canale fino a che non si imbatté su MTV. Proprio in quel memento, la sua
canzone preferita: Fix You dei Coldplay.
La musica incominciò a diffondersi nel soggiorno, e Jasmine entrò in un mondo
parallelo dove esisteva solo lei e quella canzone. Ma ben presto si aggiunsero
mille pensieri diversi, alla quale lei non diede importanza fino a che le
parole della seconda strofa la colpirono, facendola irrigidire.
And the tears come streaming down your
face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste
could it be worse?
Già, quando la persona che ami se ne va, lasciandoti
sola, come si può rimpiazzare? E come si può andare avanti quando tutto se ne
va perduto?
Non si può, semplice. Ma Jasmine aveva imparato una
cosa: non si può aspettare qualcuno in eterno.
E nonostante la mancanza di quel ragazzo, quello che
stava imparando ad amare, le pesasse ancora, dopo tre anni, come un macigno
incapace di togliersi di dosso, lei aveva smesso di aspettarlo.
Aveva smesso di pensare a lui durante il
girono, o almeno ci provava, ma certe volte qualcosa glielo ricordava talmente
tanto che non poteva fare a meno di sorridere.
Tuttavia non faceva altro che sentirsi così triste e
sola. Così vuota e arrabbiata.
Con lei per non aver fatto in tempo a raggiungerlo
prima che se ne andasse, e con lui per non aver capito quello di cui aveva
realmente bisogno.
Sentendo lo stomaco contrarsi si decise a smetterla,
aprendo gli occhi e spengendo direttamente la televisione. Per distrarsi si
guardò le unghie e toccandole appena con le dita vide che erano asciugate. Per
questo si decise ad alzarsi, diretta in cucina per farsi una buona cioccolata
calda.
Stava giusto mettendo il pentolino con il latte mescolato
con la polvere di cioccolata quando sentì la porta di ingresso aprirsi e
chiudersi.
< Sono a casa,
tesorino! >
Jasmine sorrise allontanandosi dal fornello acceso per
andare in contro a sua zia che le sorrideva mentre si toglieva il cappotto di
dosso per appenderlo all'appendiabiti.
< Non sei uscita?
> chiese la donna avvicinandosi per abbracciarla ed entrare in cucina.
< No, Jusy e Niall avevano da fare. - Spiegò. - Ne ho approfittato per
farmi una manicure. > disse con un sorriso.
Sua zia, Hanna, si avvicinò interessata
prendendole le mani per esaminare il lavoro.
< Molto carine. Però un bel
rosso fuoco sarebbero state favolose. > consiglio con un occhiolino.
< Lo sai che le cose troppo
appariscenti non sono da me zia. > rispose ridacchiando per poi andarsi a
mescolare la cioccolata che incominciava a diventare più densa.
<
Ah, ma che vuoi che sia! > borbottò la donna.
Sua zia Hanna aveva appena trentacinque anni, e aveva
ancora lo spirito di una diciassettenne. Aveva dei capelli ricci e dorati, e
occhi azzurri come il ghiaccio. Era una tipa un po’ stramba, con la mania delle
unghie rosse come il rossetto che aveva pagato talmente tanto che Jasmine aveva
pensato che certi prezzi, per un rossetto, dovrebbero essere illegali. Perché,
con sincerità per favore, chi spenderebbe cento sterline per un rossetto?
Nessuno, appunto.
O meglio: nessuno tranne sua zia.
Ma sua zia era fatta così. Alla moda ed esuberante,
vestita sempre di cose attillate per fasciare il suo fisico e incapace di
tenersi un fidanzato per più di un mese.
Ma nonostante la sua natura invasiva, adorava sua zia,
soprattutto perché era una vera dose di energia e quando la vedeva, Jasmine non
poteva fare altro che sorridere. Viveva con sua zia da circa due anni e mezzo,
ovvero da quando la casa dei suoi genitori era diventata opprimente come un
cuscino sulla faccia. Ogni mattina che si svegliava, vedeva dalla finestra
l'interno della sua camera. E di riflesso, tutti i ricordi si
accavallavano uno sopra l'altro lasciandola disorientata.
Per questo aveva deciso di andare a vivere da sua zia,
lontano da quella casa.
Si mise davanti al fornello, continuando a mescolare
con un ritmo lento e regolare sentendo sua zia salire in camera sua per
cambiarsi e poi tornarsene giù, con un pigiama.
< Ce n’è
un pochina anche per la tua ziona? > chiese legandosi i capelli in una coda
disordinata.
< Certo
che si. Però non esagerate. Il colesterolo per le persone di una certa età è
molto pericoloso. > disse Jasmine, guardandola con finta preoccupazione.
Hanna la guardò per poi scoppiare a ridere,
trascinando con se sua nipote.
<
Avresti dovuto vedere la tua faccia. > disse Jasmine, continuando a ridere.
< Ma che
nipote simpatica che ho! Avanti, qui faccio io, tu chiama tua madre. >
Ancora ridacchiando si allontanò dai fornelli diretta
in camera sua. Chiudendosi la porta alle spalle frugò nella sua borsa prima di
afferrare il cellulare. Compose velocemente il numero portandoselo poi all’orecchio.
Dopo neanche due squilli, la voce di sua madre
Cristine arrivo alle sue orecchie.
< Ciao
mamma. > disse, sedendosi sul materasso morbido.
< Ciao piccolina,
come stai? > domandò.
< Bene
mamma. Tu? >
< Molto
bene. Oggi cosa hai fatto? > chiese.
< Sono
stata in casa, niente di chè. Papà? >
< E’
ancora al lavoro. Quand’è che vieni a pranzo qui? > chiese sua madre.
Riconobbe quel tono: le mancava.
Lo conosceva perché lo usvaa ogni volta. Anche a
Jasmine mancavano i suoi genitori, non si vedevano più tutti i giorni come
prima, ovviamente, e sentiva la mancanza di quei piccoli gesti che compieva sua
madre la mattina, li mancava il profumo
di dopobarba che sentiva in corridoio anche se suo padre era già uscito. Le
mancava vivere la quotidianità con la sua famiglia, ma c’era qualcosa che le
mancava più di tutto, qualcuno che, nonostante il tempo, non era riuscita
ancora a dimenticare.
< Cosa ne dici se domani io e la zia
veniamo a mangiare da voi? > propose per sentirsi meno in colpa.
< Oh, è
perfetto! –trillò sua madre entusiasta. – Allora ci vediamo domani, tesoro!
>
< A domani mamma. >
Chiusa la chiamata fissò il telefono ancora per un po’,
immersa nei pensieri. Fino a che sua zia non entrò in camera.
< Tesoruccio, la cioccolata si raffredda.
>
< Oh..
si, arrivo.. > borbottò, per poi riabbassare lo sguardo.
Sua zia la guardò, sualla soglia della porta, e con un
sosprio si avvicinò a Jasmine che però non si mosse.
< Cosa c’è
che non va? > chiese dolcemente Hanna, accarezzando i capelli della ragazza.
<
Niente, va tutto bene. > rispose automaticamente.
< Piccola
J…. >
Sentì le mani tremare e la vista annebbiarsi. Quel
nomignolo..
< Andiamo J, cosa vuoi fare? >
La sua voce le arrivava forte nonostante la
distanza. Sapeva che lui aveva paura dell’acqua, e il tono allarmato quando usò
per richiamarla quando la vide entrare in mare la fece ridere.
< Andiamo Zayn! E’ solo acqua. >
<
Per favore vieni qui. > la implorò dalla riva. Jasmine scosse
la testa, sorridendo.
< Vieni qui tu. > lo sfidò.
Lo sguardo scocciato del moro la perforò.
< Dove vuoi arrivare J? > chiese.
< Voglio che tu venga da me. >
rispose.
< Non ci penso neanche. >
< Sei un fifone Malik. > ridacchiò.
Contagiato dalla risata cristallina della
ragazza, perfino Zayn si lasciò scappare un sorriso
divertito.
< Voglio fare il bagno Zayn, con te.
> lo pregò.
< Scordatelo. > rise il moro.
Con i capelli mossi dal vento e i
pantaloncini umidi a causa degli schizzi d’acqua, Jasmine
incrociò le mani al petto.
< Vuoi farmi fare il bagno da sola?
> chiese con finta innocenza.
< Tu non farai il bagno, J. >
precisò Zayn.
< E perché? > domandò confusa lei.
< Perché hai attirato fin troppo l’attenzione
di quei coglioni su di te. – spiegò fulminando i
tre ragazzi che
le
lanciavano occhiate fin troppo esplicite. – Non farai il .. cosa stai facendo!? > sbottò il moro.
Jasmine, ridacchiando e facendo finta di
non sentirlo, si sbottonò il secondo bottone dei
pantaloncini per poi sfilarseli senza preoccuparsi di
bagnarli. Con un lancio li fece atterrare ai piedi di Zayn,
che, contrariato, li afferrò.
< Jasmine non fare stronzate ti prego.
> sbottò.
Lei rise. < Io voglio fare il bagno.
>
Afferrò i lembi della sua maglia
decisa a sfilarsela. Aveva scoperto la pancia quando qualcuno l’afferrò
per i fianchi.
< La finisci? > domandò sibilando
Zayn.
Jasmine abbassò le braccia e lo guardò negli occhi.
Aveva sempre adorato il colore delle sue
iridi. Potevano sembrare neri, ma in realtà, se ci si
faceva attenzione, intorno alla pupilla c’erano veri e propri
riflessi color caramello fuso, che in quel momento, la stavano
trascinando in un mondo a parte.
L’acqua che si infrangeva contro le gambe
nude di lei
e i pantaloni della tuta di Zayn. Le mani
grandi e
calde di quel ragazzo che se la attirò a se,
poggiando
la sua fronte sulla quella di Jasmine che
si sentì mancare il respiro.
< Mi farai impazzire, J. > sussurrò
rauco.
<
E perché? > sussurrò a fatica, posando le sue mani sul petto di lui.
Sentì
il suo cuore e rabbrividì. Poi i brividi presero a farla tremare quando lui
avvicinò la sua bocca alla sua.
< Sei troppo bella. Dovrei
nasconderti in casa mia > scherzò, facendola ridacchiare.
< Sei per caso geloso, Malik? > chiese
con tono scherzoso.
Zayn
sorrise sulle sue labbra prima di sfiorarle con le sue e stringerla ancora di
più a se. Scosse e brividi presero e regnare sui loro corpi, soprattutto quando
il bacio divenne più inteso, soprattutto quando le loro lingue si toccarono
come se fosse la prima volta.
Si
staccarono con il fiatone, ancora con le fronti unite.
Fu in quel momento che lo disse.
< Tu sei mia, piccola J. >
Sembrava che il tempo l’avesse risucchiata, facendole perdere la percezione
della realtà. Quando però, un singhiozzo la fece tornare nel presente, capì che
stava piangendo come la prima volta, come se Zayn se ne fosse andato solo ieri.
Sua zia accorse per abbracciarla,
sussurrandole nelle orecchie che tutto andava bene quando ormai sapeva che Jasmine non ci credeva
più. Da ormai tre anni niente andava bene.
Lui se ne era andato, lasciandola con una
stupida lettera, lasciandola sola, con il cuore che a malapena riusciva ancora a
battere. L’aveva lasciata per fuggire, e lei si era ritrovata senza un rifugio
sicuro. Perché nonostante tutti i suoi errori, lei aveva bisogno di lui in
maniera quasi malata. Aveva bisogno di abbracciarlo, di baciarlo perché era
meglio che respirare.
Aveva bisogno di farci l’amore perché non
riusciva a non pensare a tutti quelle notti senza sentire quel vuoto dentro che
la risucchiava.
< Mi manca. > riuscì a dire, tra il pianto.
Li mancava talmente tanto da farli paura.
Spazio Autrice.
Scusate gli errori. Spero che vi piaccia.
Elena xx
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1718398
|