Storie d'innamorati

di Anael
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Riemergere dal passato: non dovrai più rinnegare ciò che sei ***
Capitolo 3: *** Special: Una strana alchimia ***
Capitolo 4: *** Primo Intermezzo: Amore in un campo da calcio ***
Capitolo 5: *** Tu sei per me: Aprire finalmente gli occhi ***
Capitolo 6: *** Tu sei per me: Ora so chi sei ***
Capitolo 7: *** Tu sei per me: Non dimenticherò ***
Capitolo 8: *** Secondo Intermezzo: Ritorno da te... per sempre! ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Allora, la mia storia è organizzata così:

Prima parte:
1 sottosviluppo
1 special
1 intermezzo


Seconda parte:
3 sottosviluppi
1 intermezzo
1 special

Terza parte:
3 sottosviluppi
1 intermezzo

Epilogo

Un pò incasinata^^ spero che ne valga la pena!!

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Capitolo 2
*** Riemergere dal passato: non dovrai più rinnegare ciò che sei ***


Riemergere dal passato:

Non dovrai più rinnegare ciò che sei.

Fujisawa, 15 Marzo.

Quello era un giorno speciale…

Amy fissava con gli occhi sbarrati l’acqua rossa che le attraversava la testa, e le cadeva sul viso fino precipitare nel lavandino in un turbinio di schiuma color neve macchiata di sangue. Rimase lì ferma finché quella non diventò limpida, poi prese un asciugamano, e se lo avvolse intorno alla testa.

La sua camicetta di seta nera era tutta bagnata, quindi se la tolse e rimase solo con la canutierina bianca a pois rosa, dalla quale s’intravedeva il reggiseno color bronzo. Si guardò per un attimo allo specchio: la sua pelle era candida, talmente tanto che anche la dolce tonalità del bronzo dava luogo ad un contrasto notevole; le sue forme morbide e generose….

Si tolse l’asciugamano dalla testa, lo gettò sul pavimento e prese a lisciarsi i capelli.

Ed erano di nuovo biondi…

Come il sole”

Quella voce…i suoi occhi divennero tristi, ed erano scuri…

Color cioccolato”

Quelle parole…

Prese le forbici dal cassetto e con lentezza infinita iniziò a tagliare con cura ogni ciocca.

Rivoli d’oro puro s’intrecciavano con le sue dita e cadevano miseramente a terra in pozze chiare e lucenti.

Come il sole”

Lui…

La rabbia improvvisamente l’assalì, ed allora aggredì la sua figura con foga, e si calmò solo quando la fulgida chioma rossa che le scendeva lungo la schiena fu eliminata. Di quella, ormai, era rimasta solo una zazzeretta dorata che le arrivava a mala pena alle spalle.

Si osservò con interesse, ora era di nuovo lei.

Sorrise con commozione di fronte alla bellissima ragazza riflessa nello specchio, e rimise le forbici nel cassetto, nel quale erano rimaste chiuse per anni.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGTHHHHHHHH!! AMY!”

All’urlo disumano che aveva attentato alle sue povere orecchie, la giovane donna non si scompose, e non trasalì nemmeno. Di fronte a lei si era presentata una ragazza alta, e slanciata, con dei lunghi capelli neri, ed un viso candido nel quale risaltavano grandi occhi da cerbiatta…che la guardavano come se fosse un alieno.

“Calmati, Patty, a me piace” si sentì in dovere di giustificare Amy, dato che sicuramente l’amica aveva urlato per i suoi capelli; quella entrò a stento nel bagno e l’afferrò per le spalle

“Ma perché Amy? Avevi dei capelli così belli! Erano di un rosso così acceso e brillante! Non solo li hai tagliati, ma anche tinti!”

“Ehi! Guarda, che questo è il mio colore naturale!”

“Cosa?!”

La giovane Amily Plange prese delicatamente le mani di Patty, che le stringevano le braccia fino a farle male, fra le sue e parlò dolcemente

“Li avevo tinti di rosso prima di venire qui a Fujisawa. Quel rosso era bello, ma troppo artificiale, preferisco questo colore, e poi non ho più bisogno di cambiare…”

“Non capisco cosa vuoi dire, ma comunque anche questo colore ti sta bene…Anzi, forse ti sta ancora meglio. Ma perché li hai tagliati? Erano così lunghi e belli!”

“Erano troppo lunghi e mi davano fastidio! Così sono più comodi, era da un po’ che volevo sbarazzarmene…”

“Certo che oggi ne dici di cose strana! Sei sicura di stare bene?” Patty le mise scherzosamente una mano sulla fronte, ma quella la respinse con gentilezza scotendo il capo.

“Ahh, ho capito! Sei emozionata perché Julian ha detto che ti deve parlare! Che stupida! Non l’aveva capito!”

- Che dolce – pensò Amy scoppiando a ridere di gusto. Patty era proprio il suo uragano, senza la sua vitalità, avrebbe sempre avuto il morale sotto i piedi!

“ Senti, piuttosto mi faresti la piega? Non vorrei che mi s’incurvassero all’insù!”

“Certo, miss, devi essere bellissima per il tuo adorato capitano….”

“Piantala! E pensa al tuo di capitano! Se vai alla partita vestita così, il povero Holly non potrà fare neanche un goal, soggiogato dalle tue grazie!” La aggredì alludendo al vestitino azzurro , aderente, che non lasciava molto all’immaginazione; Patty arrossì fino alle punte dei capelli e le batté la spazzola in testa

“Ahia!” si lamentò Amily con una smorfia di disappunto

“Così impari a mettermi in imbarazzo!”

“Se perfino tu sei timida come lui, allora siete proprio messi bene!”

“Ho detto basta!”

“Okay, okay…”

Patricia Gatsby incominciò a stirale i capelli.

Biondi.

Come una volta.

Con quei capelli Amy non sembrava più la *sua * Amy…che strano! Quel colore così chiaro le schiariva il volto ed attirava di più l’attenzione sugli occhi

“Color cioccolato

Improvvisamente sentì d’aver paura: non aveva mai visto gli occhi di Amy prima d’ora. O meglio li aveva visti, ma non così a fondo. Vi erano delle ombre dentro quel giorno.

Le parole della sua amica si rifecero vive nella sua mente

- Non ho più bisogno di cambiare–

- Era da un po’ che volevo sbarazzarmene –

Prima non ci aveva fatto molto caso anche se le era sembrato che parole così strane non potessero uscire dalla sua bocca, ma ora…era più che sicura di non comprendere ciò che voleva dire.

Magari era solo una sciocchezza, ma…anche se aveva parlato con indifferenza, se aveva pronunciato frasi del genere voleva dire che magari aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Con lei…

A pensarci bene, Amy era sempre stata pronta ad aiutarla, ma non le aveva mai parlato di sé.

Patty le confidava i suoi pensieri, ma lei non le aveva mai confidato niente….Che non si fidasse di lei? O forse era solo troppo riservata per esprimersi con qualcuno?

Avrebbe voluto chiederglielo, solo che aveva paura…non era il momento adatto. Se aveva qualche questione da rivangare l’avrebbe fatto quando si sarebbe sentita pronta. Non era giusto che fosse lei a fare il primo passo. E poi quel giorno dovevano pensare solo agli uomini di cui erano innamorate.

Scosse il capo delicatamente e si sforzò di pensare a qualcos’altro.

Amy Plange dal canto suo, continuava a fissare come ipnotizzata la nuova – vecchia creatura che aveva davanti, mentre fantasmi del passato tornavano a galla.

Non doveva più rinnegare ciò che era.

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Capitolo 3
*** Special: Una strana alchimia ***


Special:

Una strana alchimia.

Nota dell’autrice: questa è la storia della vita di Amy, narrata in prima persona da lei.

Sono nata il 13 agosto 19xx a Tokyo.

Non ho avuto un’infanzia felice e spensierata come la maggior parte delle mie amiche, a prescindere soprattutto dal fatto che non ho mai conosciuto veramente i miei genitori. A quanto ne so, mio padre ha visto crescere, fino all’età, di tre anni una bambina che non gli assomigliava per niente, e che non aveva niente di lui. Questo è quello che mi hanno detto i miei zii, coi quali sono cresciuta. In pratica, una maniera gentile per farmi capire che non ero figlia legittima.

Non ho mai conosciuto il mio ‘papà’, ha divorziato da mia madre quando io ero ancora troppo piccola per capirne qualcosa, e da allora è stato il casino più totale. Mia madre non era abituata a lavorare, perché il marito le assicurava ogni lusso, ed una volta trovatasi da sola, il mondo le crollò addosso e dovette rimboccarsi le maniche; presto dovemmo lasciare la nostra bella casa per trasferirci in una specie di catapecchia, fredda e umida, mio padre non si era nemmeno preoccupato del fatto che aveva una bambina piccola, ed aveva lasciato entrambe senza un soldo. Naturalmente mia madre non poteva mantenermi, quindi mi affidò a suo fratello, mio zio, e alla sua giovane moglie, mentre cercava di sistemarsi.

Da allora cominciai a vederla sempre meno, finché non si fece proprio più sentire. Io che mi ero abituata a quella situazione dalla nascita, quasi, non ne soffrivo granché. Sapevo qual’ era il mio bene. Anche se sarei stata un po’ meglio con lei invece che con i miei zii.

Come ho già detto la moglie del fratello di mia madre era molto giovane, quasi una ragazzina. Non parlavano mai della sua età, ma credo che avesse poco più di diciotto anni. Era più giovane di me adesso. Ad ogni modo era una donna strana, e non andavamo per niente d’accordo. C’era qualcuno di troppo nell’appartamento. Io pur essendo una bambina, ero maturata in fretta a causa della mia situazione familiare, invece lei, come mie madre era abituata al comfort, e al denaro. Probabilmente sono sempre stata più matura di lei. Non riesco nemmeno a darle della zia, la chiamo sempre col suo nome : Vittoria.

Mio zio Nicolas invece era proprio pazzo di lei, la adorava come fosse una dea. In un certo senso mi ricordavano i miei genitori. Fra loro non c’era amore, o meglio lui era innamorato, ma lei lo sfruttava soltanto. All’inizio la mia convivenza con loro fu un vero disastro: litigavamo, ci aggredivamo a vicenda….Per fortuna più tardi arrivò sulla terra un angelo per farmi compagnia. O forse viceversa? Una strana alchimia! Vittoria rimase incinta, e dalla loro unione nacque Robert, mio cugino. Era un ragazzo incredibilmente bello, aveva occhi verdi profondi come il mare, e lucenti capelli neri. Il suo fisico invece era fragile, troppo fragile. Fin dalla nascita si dimostrò incredibilmente debole, tanto che dovette rimanere qualche mese in incubatrice; i dottori ci dissero che non avrebbe mai potuto praticare sport, o altre attività che potessero metterlo in agitazione. Era malato di cuore, aveva una pericolosa disfunzione cardiaca.

Nei primi anni di vita sembrava non accusare troppo il fatto che non potesse praticare sport, ma più gli anni passavano più sentiva il bisogno di muoversi. Voleva giocare a calcio. Lo desiderava come se lo odiasse, e bramava ogni volta che qualcuno gliene parlava o glielo accennava. Comunque era difficile avvicinarlo, era aggressivo e cattivo. Solo io riuscivo a parlargli. Lui mi amava profondamente, e mi trattava come se fossi una dea. Odiava i suoi genitori, perché li odiavo io, amava le Barbie perché le amavo io, ma soprattutto amava me. Ogni sera insisteva perché gli leggessi qualcosa; amava la mia voce.

Poi prima di addormentarsi, voleva che mi chinassi verso di lui, disteso sul letto (era troppo debole per tirarsi su da solo), e gli facessi accarezzare con amore infinito i miei corti capelli biondi; o perché lo lasciassi guardare nella dolcezza dei miei occhi castani.

Il mattino pretendeva che fossi io a svegliarlo, e a dargli il buongiorno.

A volte si soffermava a guardarmi incantato e mi descriveva con dovizia di particolari:

“Come sei bella, tu, Amy, amore mio…hai i capelli d’oro…Come il sole…E i tuoi occhi sono dolcissimi…Color cioccolato…rimani con me per sempre!”

Voleva davvero che non mi allontanassi mai da lui, spesso mi faceva capire chiaro e tondo che avrebbe fatto di tutto per impedirmi di andarmene. Io in quei momenti mi sentivo a disagio, perché in effetti non volevo passare con lui il resto della mia vita. Certo, lo amavo ma non volevo rinunciare a me per lui.

Da parte loro, i miei zii, si disgustavano, specialmente Vittoria, del fatto che loro figlio avesse una passione così morbosa per me invece che per *qualcun’ altro *. Dico qualcun’ altro perché avrebbero preferito che venerasse perfino un mafioso invece che la pecora nera della famiglia, se così si può definire. (La famiglia …che ero una pecora nera era fin troppo chiaro e lampante)

Ogni volta che io e Robert litigavamo, loro si schieravano dalla sua parte sperando così di ottenere il suo affetto, ma invece ne ricevevano l’effetto opposto. Lui gridava come un matto, e questo non giovava alla sua costituzione gracile, diceva che volevo lasciarlo, e che sarebbe morto se me ne fossi andata, perché mi amava troppo per separarsi da me. Io ogni volta dovevo cedere, nonostante il mio orgoglio; il senso di responsabilità e la maturità l’avevano sempre vinta.

Certo, se avesse continuato ad urlare sarebbe morto davvero, e io naturalmente non volevo…Lo amavo…Non so come ma lo amavo. Non so perché. Non so in che modo. Lo amavo.

Qualche anno fa, risentii mia madre: si era messa in regola economicamente e non aspettava altro che riabbracciarmi. Qualcuno magari l’avrebbe rifiutata dato che si rifaceva viva dopo così tanto tempo, ma non io. Ora avevo occasione di scappare. Se così si può dire…

Inutile dire che i miei zii furono contentissimi. Del resto non aspettavano altro che liberarsi di me, il vero problema era Robert! Non osavo immaginare come avrebbe reagito alla mia decisione di lasciarlo…Quando glielo comunicai fece una vera e propria scenata: gridava come un ossesso, supplicava i genitori di fermarmi, pur sapendo che ero maggiorenne, e piangeva stile fontana.

Mi disse – Se te ne vai muoio! Perché vuoi farmi questo? Sai quanto ti amo! –

Non so se mi amasse come un uomo ama una donna. Mi chiamava ‘amore mio ’, a volte voleva persino baciarmi, mi diceva ‘ti amo ’ ; ma non so se mi amasse davvero come un uomo. Del resto non aveva mai visto il mondo, e forse essendo cresciuto con me si era fatto l’idea che fossi l’unica donna della sua vita.

Neanche io so spiegarmi quello che provavo per lui, era un sentimento strano, in bilico fra amore e odio. Una cosa è certa non lo potrà mai dimenticare.

Come non potrò mai dimenticare il giorno in cui lo lasciai, lui continuava a pregarmi di non andarmene, mai io ero risoluta a lasciarmi tutto alle spalle. Tanto che mi tinsi i capelli di rosso e decisi di farmeli crescere.

Varcai quella soglia per sempre e mi preparai ad una nuova vita.

Quel giorno era il 15 Marzo a Tokyo.

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Capitolo 4
*** Primo Intermezzo: Amore in un campo da calcio ***


Primo intermezzo:

Amore in un campo da calcio.

Nota dell’autrice: questo intermezzo narra soprattutto la storia fra Patty ed Holly^^, è sempre un tipo di Special^^.

Amily Plange e Patricia Gatsby si fecero strada fra la folla di ammiratori in attesa di procurarsi un biglietto per l’importante partita che attendeva la nazionale giapponese.

“Patty!” si lamentò la bella bionda “Sei sicura che possiamo passarli tutti in questo modo? Ci guardano come se volessero farci a fettine!”

Quella le sorrise sorniona

“Non preoccuparti, ti dico! Non per niente siamo le manager!”

Finalmente riuscirono a liberarsi, e presero il loro posto alle panchine. I loro campioncini erano già in campo per il rituale di riscaldamento, Amy notò che l’amica si era persa ad osservare il suo amato Holly che , come sempre, faceva da colonna portante per la squadra.

“Ehi, Patty?” la chiamò “che ti succede? Sembri pensierosa…”

“Eh? Oh…stavo pensando a me e ad Holly…”

Subito, nella sua mente si fecero strada i ricordi di quei momenti passati con lui, le gioie, le sofferenze, la lontananza…ma soprattutto la costanza con cui si era sempre presa cura di lui, nonostante quello pensasse solo al calcio.

Era passato circa un anno da allora, quello fu certamente il periodo più brutto della sua vita: Holly era partito per il Brasile, e lei era sola…Prima, anche quando non si accorgeva di lei, era felice perché poteva continuare a stargli accanto nonostante tutto, ma ora che non c’era più si sentiva completamente vuota. E …si, inutile. Nella sua vita non aveva fatto altro che andare dietro a lui ma ora che non c’era più neanche *lui * non aveva davvero più niente.

Spesso le era capitato di pensare di aver buttato via la sua vita, ma comunque non si era pentita di niente. Assolutamente. Se c’era qualcosa di cui non poteva fare a meno era proprio lui! E lui…partiva per il Brasile lasciandola sola…. Si sentiva così triste…stava davvero male…Chissà se lui la pensava? Chissà se anche lui sentiva la sua mancanza? Lei la sentiva tanto!

Un giorno d’estate, Evelyn si presentò a casa sua tutta trafelata, e , con suo grande stupore, le propose di lavorare come cameriera nel bar di suo padre! A Patty non è che importasse un granché, ma se avesse guadagnato dei soldi, avrebbe potuto prendere un aereo e raggiungerlo in Brasile! Quel pensiero le diede una carica incredibile; accettò volentieri l’offerta ed iniziò subito a lavorare sodo.

Lo stipendio non era poi male, ma se voleva andare in Brasile, avrebbe dovuto lavorare praticamente tutta l’estate! Là avrebbe avuto bisogno di un albergo, qualcosa da mangiare, e poi non voleva andarsene subito, ma rimanere almeno un po’ con lui. Lavorò con spirito di abnegazione, fece straordinari su straordinari per guadagnarsi i soldi necessari e alla fine riuscì a mettere da parte una modesta somma che le permettesse di raggiungere il suo amore.

Partì il prima possibile, l’andata fu un vero strazio: sembrava non finire mai, e lei che non aspettava altro che vederlo, avrebbe voluto andare dal pilota, puntargli una pistola alla testa ed obbligarlo a fare presto. Una volta arrivata però non poté dedicarsi subito al suo Holly,in quanto come prima cosa doveva trovarsi un posto dove dormire. Alla fine trovò un buon albergo, ma non fece in tempo ad iniziare subito le ricerche.

Il giorno dopo quando si vegliò era piene di entusiasmo e pronta ad andargli incontro. Partì piuttosto presto e si mise subito all’opera.

Passarono, così, almeno tre giorni, e niente. Non era riuscita a rintracciarlo. Del resto, il San Paolo non era certo una cittadina di neanche mille anime stili Fujisawa! Non aveva un recapito, un indirizzo o cose del genere, quindi le era praticamente impossibile trovarlo.

Era davvero a pezzi. Aveva lottato duramente per nulla. Ma non era neanche questo il problema: magari lui non sarebbe più tornato in Giappone, così non si sarebbero più rivisti.

Quella sarebbe stata la tortura peggiore.

L’ultimo giorno che le restava prima di tornare a casa lo passò facendo un ultimo disperato tentativo, ma ancora niente.

Poi, la sera mentre tornava a casa passò per caso davanti ad uno stadio e si fermò lì davanti a pensare. Era assalita dalla tristezza e dalla malinconia; chiuse gli occhi pigramente quando sentì delle grida.

Erano due giovani ragazzi che urlavano tra loro qualcosa d’incomprensibile per lei che non parlava bene il portoghese, ma aprì comunque gli occhi e vide con GRANDE sorpresa che Holly stava correndo dietro ad un altro ragazzo con il pallone fra le gambe. Holly…il suo Holly…. Raccolse le ultime forze rimastegli ed iniziò a correre il più veloce che poteva.

Era in bilico sui tacchi alti, doveva reggere la borsetta, e loro erano di gran lunga atleticamente più preparati di lei.

Correva talmente forte che non riusciva neppure e respirare, ma in mezzo a quella foga poté realizzare chiaramente che sarebbe morta se non si fosse subito fermata, solo che non poteva fermarsi…

Ormai vedeva tutto sfocato, comunque, quando arrivarono ad un campo da calcio, chiamò disperatamente il suo nome

“Hollyyyy!!”

Il ragazzo quando si sentì chiamare si fermò e si girò di scatto. Anche lei si fermò, e rimasero a guardarsi per attimi che sembrarono infiniti. Lei respirava a fatica e a mala pena riusciva a vederlo, lui semplicemente credeva di essere pazzo.

Fu un attimo. Patty urlò di nuovo il suo nome e gli corse incontro, quando gli arrivò vicino cadde fra le sue braccia semi – incosciente. Holly la stringeva a sé e la fissava impaurito

“Patty, stai bene? Rispondimi ti prego! Patty! Patty!!”

La prese in braccio e la portò alle panchine, Pepe, l’amico al quale Holly correva dietro, se ne andò in fretta, vista l’atmosfera intima che si stava creando.

Patty si riprese poco dopo, ma esitò un attimo prima di aprire gli occhi: aveva paura che fosse stato tutto un sogno, che lui non fosse veramente con lei…. Ma quando sentì una mano accarezzarle dolcemente il viso aprì gli occhi quasi con rabbia e vide che non era così!

“Patty! Cosa ti è saltato in mente?!” la rimproverò lui cercando di nascondere la preoccupazione, lei prese a singhiozzare lentamente aggrappata a lui

“Holly…Holly…volevo tanto rivederti…”

Holly rimase stupito di quell’affermazione, ma con impeto di passione, soppressa troppo a lungo, la strinse fra le sue possenti braccia muscolose ed iniziò a parlare fremendo

“Patty sei proprio una sciocca…non puoi immaginare quanto mi sei mancata!…senza di te stavo malissimo…io…io non posso stare in un posto dove tu non ci sei!”

Lei lo ascoltava rapita. Non avrebbe mai pensato che proprio lui avrebbe potuto dire cose del genere…allora anche lui….

“Holly…vuoi dire che…”

“Si…io …ti amo da sempre…Patty…”

“Holly!!”

I singhiozzi si fecero più violenti, e si strinse a lui come un naufrago si aggrappa ad uno scoglio in mezzo al mare.

Quella notte la passarono insieme…fu la prima, ma non per questo la più speciale…tutte le sue sofferenze non erano state vane. Ora era la donna più felice del mondo, e lui l’uomo più felice del mondo.

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Capitolo 5
*** Tu sei per me: Aprire finalmente gli occhi ***


Tu sei per me:

Aprire finalmente gli occhi.

Holliver Hutton rallentò la corsa, e dall’inizio della fila indietreggiò fino a raggiungere Julian Ross, poco distante da lui. Quello gli lanciò uno sguardo significativo e si lasciò andare ad un sofferto sospiro, come per avvertire l’amico della sua ansia

“Come va?”

“Holly, come vuoi che vada? Me la sto facendo sotto!”

“Ma dai se ci sono riuscito perfino io!”

Julian scoppiò a ridere per l’assurdità della battuta e gli mollò una sonora pacca alla schiena: del resto, se ci era riuscito Holly che era proprio un tontolone per certi versi, perché doveva preoccuparsi proprio lui che aveva centinaia di ragazze che stramazzavano al suolo? Il problema era che la ragazza che *lui * voleva fare impazzire…si faceva attendere! Faceva presto Holly a dire “Ma si! Dichiarati!”, tanto lui sapeva che Patty lo adorava fin dalle elementari; ma Julian non aveva la più pallida idea di quello che provasse Amy. Se magari si dichiarava e poi lei lo respingeva? Ne sarebbe morto di certo! Altroché infarto….

“Dai Julian rilassati! Abbiamo escogitato un piano perfetto, Amy impazzirà, e io…dovrò trovare qualcosa di altrettanto geniale per non far sentire Patty trascurata! Ah, che vita!”

“Dai, non scherzare…e se magari mi trova troppo irruente?”

“Ma no! Le ragazze adorano questo genere di cose! Se non lo è già adesso, s’innamorerà di te appena avrà visto cos’è capace di fare un uomo innamorato”

“Speriamo bene…”

Il mister diede ordine di fermare la corsa per l’imminente inizio della partita; Julian ed Holly ritornarono alle panchine, dove ad aspettarli c’erano due belle damigelle. Patricia si alzò e corse incontro all’ amato per poi sprofondare nel suo abbraccio, anche Amy si alzò ma rimase ad aspettare che il bel numero ventiquattro della nazionale arrivasse verso di lei.

Julian, come le fu vicino, non riuscì più a spiaccicare una parola: quella era veramente Amy? Impossibile! Non poteva credere ai suoi occhi! La sua bellissima dea dalla fluente chioma rossa …ora era diventata una bellissima dea dalla corta zazzeretta dorata! Acciderboli, che cambiamento…

“Amy?” eccepì con un filo di voce, la giovane donna gli sorrise sicura ed annuì

“Certo! Che domande…non riconosci più la tua manager?” davanti al suo sorriso caldo e rassicurante non ci fu più spazio per dubbi: quella era la dolce, fantastica, unica donna di cui era innamorato. Ebbe l’impulso di abbracciarla, ma si trattenne dal farlo per paura di offenderla.

Che strano però…quel colore così chiaro metteva in grande evidenza gli occhi…Julian scoprì quasi con orrore che non aveva mai visto così chiaramente i suoi occhi. Beh, cosa c’era da dire se non che li trovava bellissimi e dolcissimi?

“Hai tinto i capelli….?”

“Veramente questo è il mio colore naturale, l’altro era bello solo che era come…”

“Stai molto bene” la interruppe.

Amily rimase leggermente stupita di questa sua affermazione ed arrossì violentemente

“G – grazie…”

“Ragazzi, tutti in campo!!” la pacata voce di Freddy Marshall li distolse dai loro zuccherosi pensieri, e li riportò alla realtà : c’era una partita da giocare, e…e qualcosa di altrettanto importante aspettava due di loro!

Amy prese fra le sue una delle mani di Ross con trasporto e berciò

“Forza July! Sono sicura che vincerete!” lui sorrise sinceramente incoraggiato da quella sua affermazione ed annuì. Poi, insieme ad Holly tornarono in campo.

Le due belle manager, invece, si risistemarono ai loro posti ed iniziarono a seguire la partita

“Certo che tu e Julian fate scintille!” la prima a parlare era stata Patty, la quale messa una mano sulle ginocchia nude dell’amica, le rivolse uno sguardo sornione alludendo al giovane baronetto del calcio; la ragazza dai capelli d’oro accennò appena ad un sorriso ed abbassò il capo intimidita

“Patty…”

“Smettila di fare la timida! Lo sai che ti adora!”

Amy scoppiò a ridere e le tirò una gomitata al fianco.

Tornarono di nuovo in silenzio ad osservare la partita, il Giappone andava alla grande come al solito; Amily si passò una mano fra i capelli. Era un brutto vizio: lo faceva sempre, si toccava di continuo i capelli! Anche perché erano molto lunghi, ed anche abbastanza ribelli, infatti doveva stirarli di continuo…Ma sta volta si ricordò che non c’era più niente da stirare. Prese una ciocca da dietro l’orecchio sinistro e con la coda dell’occhio la guardò: bionda.

Come il sole”

Quelle parole…

Si sprofondò di botto le mani in grembo e chiuse gli occhi il più forte possibile

“Color cioccolato”

Il suo cuore aumentò violentemente i battiti, sentì un grosso senso di colpa avvolgerla…come sempre. Perché non riusciva a liberarsene? Aveva perfino deciso di ritornare al suo colore naturale per non sentir più che stava rinnegando sé stessa! Perché il rapporto con quel ragazzo la turbava così? Chi era lui per lei? Maledizione! Detestava tutta quell’ansia…L’aveva lasciato per poter vivere la sua vita, ma finché continuava a tormentarla le era impossibile!

Patty sembrò accorgersi del suo disagio, la guardò dolcemente e le chiese con tutta la delicatezza che seppe trovare

“Che ti succede Amy? È da oggi che sei strana!”

La ragazza ebbe un sussulto: possibile che Patty avesse capito? Probabilmente se ne parlava con lei avrebbe potuto togliersi un peso…no, se voleva dimenticare tutto, doveva annullare completamente Robert, e i suoi ricordi! Non c’era spazio per le debolezze, avrebbe superato tutto anche a costo di dover piangere fino alla nausea; un giorno o l’altro avrebbe dimenticato.

“No…niente…in questo periodo non sto molto bene.”

Ma perché quel giorno tardava tanto ad arrivare? Quanto avrebbe dovuto soffrire ancora? E poi…quel senso di colpa nei confronti di…

“Senti, stamattina hai detto …delle cose che non ho capito…”

Inconsciamente le erano tornate in mente le parole di quella mattina, quando entrando in bagno aveva trovato una persona del tutto diversa, non la sua Amy…

“Che vuoi dire?”

“Beh…non so, forse è solo una sciocchezza, ma è da un po’ che ci penso…” Amily la fissava con curiosità da sotto le sopracciglia disegnate finissime, e sembrava non capire, Patricia ridacchiò nervosamente

“Si, ecco…non metterti a ridere però…ma mi sono un po’ preoccupata…” cercò di goffamente di spiegarsi, ma l’altra la bloccò con un gesto della mano

“Se è ancora per i capelli…sappi che io…”

“No, no…cioè anche per quelli, ma hai detto qualcosa tipo “Non ho più bisogno di cambiare” e “Era da un po’ che volevo sbarazzarmene”. Non riesco ancora ad interpretare il significato di quelle frasi, e ho pensato che ci fosse qualcosa che non va…”

“Patricia…”

In quel momento provò una certa tenerezza per la sua bellissima amica dai lunghi capelli di velluto nero, aveva ricevuto un’educazione piuttosto severa, e non era abituata al fatto che qualcuno si preoccupasse per lei. Era sempre lei che si occupava degli altri…. Quella cosa le donò un coraggio che non aveva mai pensato di avere, si allungò per prendere la sua mano, le sue labbra si schiusero per emettere una sorta di grido liberatorio quando per il campo si estese un boato assordante. Patty scattò in piedi come una molla e berciò

“Guarda Amy! Julian sta andando a fare goal!”

La ragazza riportò lo sguardo sul campo, mentre un nodo le stringeva lo stomaco: era forse vergogna quella?

Dannazione stava per dirle tutto! Tutte le sue debolezze, e quel senso di colpa che, solo ora se ne accorgeva, si era fatto più grande del previsto.

La palla, calciata dal giovane baronetto del calcio, sfrecciava attraverso il campo come un razzo, paralizzando gli avversari e causando un notevole spostamento d’aria, fino poi ad infilarsi nella rete con una potenza inaudita. Un goal fantastico. Tutti i tifosi esultarono come impazziti, come tutti i componenti della nazionale giapponese; solo che Julian Ross invece che ‘festeggiare’ la vittoria con i compagni, iniziò a percorrere di corsa il perimetro del campo, suscitando così gli sguardi attoniti dei presenti, più quello contrariato dell’arbitro che pensava giustamente di riprendere la partita. Il ragazzo sembrava avere le ali ai piedi. Una volta attirata per bene l’attenzione di tutti, si tolse la maglietta rimanendo con una più leggera, sulla quale era scritto a caratteri cubitali “AMY”; prima che la causa di questo sfogo potesse svenire, l’affascinante numero ventiquattro della nazionale si portò le mani al viso a mo di megafono e, schiaritosi per bene la voce, urlò

“AMY, TI AMOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!”

Un boato enorme si levò tutt’intorno, in modo da creare ancora più confusione nella testa della povera Amy. Patty arrossì violentemente, e lo sguardo le si velò di lacrime per la commozione, neanche fosse lei l’oggetto di tanta irruenza. Julian si sentì decisamente sollevato, e continuò imperterrito

“AMY, TI AMOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!”

Tanto ormai gliel’ aveva già detto, quindi poteva benissimo continuare a sfogarsi, sperava solo che la ragazza non la prendesse troppo male; Amy a dir la verità ancora non si rendeva conto di quel che era successo: Julian? Il calmo e riflessivo Julian aveva…? No! Era lei che aveva le traveggole….

“Amy, ma ti rendi conto??” la voce di Patty la riportò bruscamente alla realtà, inspirò profondamente cercando di chiarirsi le idee: l’uomo che aveva sempre idolatrato nella segretezza del suo cuore aveva detto d’amarla!

“Amy, ma non sei contenta?”

Non rispose, solo corse in campo a velocità supersonica, e gli si gettò fra le braccia. Dalle tribune i boati si fecero ancora più assordanti, ma lei ormai non li sentiva più: c’era solo lui, lei, e quel fastidioso senso di colpa. Più la situazione si faceva chiara nella sua mente, più esso aumentava provocandole un terribile dolore. Felicità e disperazione si accalcavano in una massa informe e senza senso. Non sapeva più cosa dire. Non sapeva più cosa provava. L’ambiguità la stava facendo diventare un essere estraneo perfino a sé stessa. Che diavolo poteva essere quell’ansia che la attanagliava? Faceva troppo male…. Perfino in quel momento, mentre Julian la stringeva forte al petto e le accarezzava i capelli sentiva dolore, e…si, che era ingiusta con lui.

Basta così! “Io amo Julian” si disse “Solo Julian”. Scosse delicatamente il capo stringendosi a lui e sforzandosi il più possibile di convincersi che quel che provava per lui ERA amore. Cercò le labbra del ragazzo con le sue e vi si congiunse in un bacio appassionato mentre lacrime liberatorie le rigavano il volto.

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Capitolo 6
*** Tu sei per me: Ora so chi sei ***


Tu sei per me:

Ora so chi sei.

Amily Plange richiuse la porta con un tonfo e tirò un sospiro di sollievo. Sola…finalmente. Non che le fosse dispiaciuto passare il pomeriggio con Julian, ma aveva davvero bisogno di stare un po’ per conto proprio e fare chiarezza nei suoi sentimenti. Come se fosse facile…Era da un bel po’ che ci provava, e niente!

Gettò malamente la borsa sulla scrivania, aprì la finestra e vi si appoggiò: erano quasi le 19, ma sembrava ancora primo pomeriggio. Chissà se lo aveva incuriosito quando aveva detto che doveva andarsene subito a casa? Aveva perfino rifiutato il suo invito a cena…bah! Comunque non aveva per niente fame, quindi piuttosto che lasciare il piatto vuoto…. Quel pomeriggio erano andati al cinema con Holly e Patty, poi, finito il film, il ragazzo l’aveva presa per mano e l’aveva convinta a piantarli là, in modo da poter passare un po’ di tempo soli; forse avrebbe preferito stare con loro…. Certo, adorava Julian, e non chiedeva di meglio che poter stare con lui, ma quello non era decisamente un bel periodo per lei. Ogni volta che era con lui provava l’impulso irrefrenabile di stringersi a lui, di essere tutt’uno con lui, ma quando lo abbracciava quel maledettissimo senso di colpa tornava.

Eppure lei lo desiderava. Lo desiderava come se l’odiasse. Che fosse proprio quello il problema? Forse lo bramava talmente tanto d’arrivare ad odiarlo? Più il tempo passava, più il loro rapporto si faceva simile a quello fra lei e….

Che tristezza! Li amava talmente tanto entrambi! Perché diavolo dovevano assomigliarsi così? Perché non smetteva di pensare a *lui *?!

Si guardò intorno: la sua camera era perfetta e disastrosa allo stesso tempo: pignola in tutto, cercava un granello di polvere nell’angolo più nascosto, e lo aggrediva con risolutezza. Detestava la confusione. La sua stanza ne era la prova, dato che non c’era niente, ma proprio niente fuori posto; era capace di stare sveglia tutta la notte per mettere in ordine se trovava qualcosa che non andava.

Voleva che tutto fosse sempre chiaro e nitido come il cielo terso. Ed anche per questo sentiva la testa scoppiarle! Perché il cuore non doveva battere nel verso che decideva lei?

L’odiava.

Aprì un cassetto vicino al suo computer e prese un pacchetto di sigarette, ne sfilò una e se la infilò fra le labbra, stava per accenderla quando per sbaglio urtò una pila di libri alle sue spalle. Caddero dei piccoli volumi blu, ma non li rimise a posto come avrebbe fatto di solito, rimase a guardare incantata un piccolo libricino rosa che spiccava fra di essi.

Quello era il suo diario!

Aveva deciso di distruggerlo, ma poi non c’era riuscita, quindi l’aveva messo fra i suoi libri sebbene fosse decisa a non scrivervi più niente. Lo raccolse, e notò una protuberanza sulla copertina: infatti vi era stato infilato qualcosa attraverso la fessura lasciata dal lucchetto. Ma perché proprio lei, che era così perfettina, avrebbe dovuto infilarci qualcosa così scortesemente pur avendo la chiave? Sfilò la *cosa * che si rivelò essere una busta, e la tenne un attimo fra le mani: era candida,e ancora vergine, neanche una scritta, o un segno per indicare di chi era. Era da quando si era trasferita da sua madre che non apriva più il suo diario, possibile che l’avesse tenuta lì, senza sapere della sua esistenza per tutto quel tempo? Ne estrasse un foglio perfettamente ripiegato su sé stesso e l’aprì : non ebbe nemmeno bisogno di leggere la firma per sapere chi gliela mandava, la calligrafia non mentiva. Lettere piccole e nere, i pensieri verso la fine erano un po’ malandati, probabilmente per la fatica che gli causava stare seduto eretto, e scrivere a lungo.

Che cosa provava in quel momento? Impossibile spiegarlo anche per lei. L’angoscia di un tempo stava tornando, e quella cosa, per quanto piccola, riallacciava i suoi rapporti con lui. Con il suo passato. Con una persona che riuniva in sé tutto ciò che lei odiava ed amava.

Stava per iniziare a leggere quando sua madre entrò di colpo in camera sua

“Amy!” berciò la giovane Ayako visibilmente seccata

“Che c’è? Potresti anche bussare…”

“Guarda che ho bussato, solo che tu non mi rispondevi! Che stai facendo, qui dentro?”

La ragazza rimise il foglietto nella busta e si alzò

“Niente…vado a fare un giro al parco…”

“A quest’ora?”

“Si! A quest’ora!”

prese al volo la borsetta e se ne andò sbattendo la porta. Ayako rimase a fissare la porta interdetta: era così cambiata la sua Amily….

Il parco intorno a lei era allegro e brulicava di gente: gente che andava, gente che veniva, madri di ritorno da una passeggiata coi loro bambini, e coppiette in amore. Il cielo era tinteggiato di un dolcissimo color arancio – rosso, e leggiadri petali di ciliegio fluttuavano nell’aria. Era un vero paradiso. Chiunque guardandolo si sarebbe dilettato. Amy voleva solo piangere. Smise di guardare due bambini che si rincorrevano e spostò lo sguardo sul foglio bianco fra le sue mani. Era arrivato il momento di leggerlo. Leggerlo, e fare i conti con il suo passato. Lo aprì lentamente, come se le costasse fatica ed iniziò a leggere

14 Marzo, Tokyo

Cara Amily,

ti ho scritto un infinità di lettere, ma non ho mai avuto il coraggio di dartele, perciò perdonami se oserò prendere di nascosto il tuo diario ed infilarcene una.

Magari tu non la leggerai neanche, perché sicuramente vorrai sbarazzarti di quel libricino rosa in cui hai annotato tutte le tue gioie e le tue sofferenze. Ti conosco, Amy, meglio di quanto tu creda, e meglio di chiunque altro. Ho visto nei tuoi occhi la dolcezza, la tristezza, l’amarezza e la frustrazione. E, certamente anche tu saprai, gli occhi sono lo specchio dell’anima, no?

Non sono mai riuscito a dirti tutto chiaro e tondo a voce, del resto, non sono una persona come tutte le altre, guardami: non riesco a stare in piedi, smanio per un sogno irraggiungibile come giocare a calcio, e faccio fatica perfino a scriverti queste poche righe. Questa disfunzione cardiaca mi ha tolto la vita. Non fisicamente, ma nel modo più assoluto. Tu non hai idea di cosa significhi per me stare tutto il giorno su questa sedia a rotelle, quando invece vorrei alzarmi, e correre con un pallone fra i piedi, verso una porta bianca sostenuta da due pali. E non solo questo, ma soprattutto non poter offrire a te la vita che *tu * vorresti.

Se non fossi così, tu non avresti dovuto trascorrere buona parte della tua vita a farmi la babysitter!

Ma ora è finita, domani te ne andrai.

Io vorrei davvero che tu continuassi a starmi vicina, però allo stesso tempo non aspettavo altro che perderti per sempre.

Perché quando sei con me, tutto svanisce, tu sei la cosa più bella ed importante che ho, e nulla è più così triste. Però, se ci sei, muoio dalla paura di perderti, e di rimanere solo. Capisci, allora? Se tu te ne vai, io non avrò più bisogno di aver paura, perché non ho più niente da perdere!

Che strano ragionamento, eh?

Io ho bisogno di te eppure sono contento che tu te ne vada!

Si, Amy, non stai sognando, la più grande pena che ho dovuto sopportare è stata la tua vicinanza. Eppure, se penso ai tuoi capelli come il sole, ai tuoi occhi color cioccolato, non posso far altro che piangere e disperarmi.

Strana la vita, eh?

Io ti amo, e ti odio.

Ti voglio vicina e lontana.

Se fossi normale, però tutto sarebbe più semplice: avrei il mio sogno ambizioso, e la donna che riunisce in sé le mie grandi passioni, e le mie grandi sofferenze. Mi correggo, non ci sarebbero sofferenze. Però c’è anche il fatto che siamo cugini. Sarebbe quello che si definisce un amore incestuoso?

Bah, forse non è neanche amore. Cosa credi? Io lo so benissimo che non avendo visto il mondo non posso parlare come parlerebbe una persona qualsiasi! Sei tu che non mi conosci. E non mi conoscono neanche i miei genitori, e non mi conosco neanche io.

So solo che vorrei poter vivere a modo mio, e farti felice. Questo mondo mi sta stretto, ed è così anche per te, vero? So che ti sentirai in colpa quando te ne sarai andata. Cosa farai? Rinnegherai ciò che sei, magari tingendo il colore dei tuoi capelli, che io adoro tanto? Offuscheresti il loro splendore ed il loro profumo con un altro colore? Si, direi che lo farai. E io sto male, e bene, per questo, perché non ci saranno più dei capelli che mi fanno impazzire per la loro bellezza.

Spero che tu abbia capito le mie ragioni, io sono stanco, e non posso più stare qui a scrivere. Devo solo trovare il tuo diario e rimetterlo nei bagagli con questa breve lettera.

Poi sarà tutto finito.

Non potrò mai dimenticarti. Tu cerca di farlo invece, o starai per sempre male.

Robert Plage.

Alzò lo sguardo e vide che davanti a lei non c’erano più i bambini di prima. La lettera era ancora aperta fra le sue mani e non aveva il coraggio di richiuderla. Le lacrime le solcavano il viso e scendevano lungo il collo, ma non aveva la forza di asciugarle. Era quella la verità? Era quello ciò che pensava veramente Robert? E lei? Cosa pensava?

Julian Ross stava percorrendo di corsa la stradina che dal parco lo portava a casa, di corsa, calciando il solito pallone. Che bella giornata! La partita era andata a gonfie vele, e meglio ancora si era dichiarato alla donna che amava! Era così bella quel pomeriggio che avrebbe potuto piangere solo a guardarla, e poi con quei capelli dorati stava ancora meglio! Era talmente dolce e deliziosa la sua Amy…. Era sicuramente il tipo di donna per cui valeva la pena di mettersi ad urlare frasi d’amore nel bel mezzo di una partita importante; e poi l’aveva baciato di sua spontanea volontà, fantastica! Poteva ancora sentire il profumo di vaniglia dei suoi capelli morbidi, e il contatto con le sue labbra dolcissime, l’aveva davvero fatto impazzire. E poi in quel cinema, mentre guardavano il film, gli aveva posato il capo sulla spalla e lui l’aveva abbracciata, erano rimasti così almeno fino alla fine; poi l’aveva presa per mano e l’aveva trascinata via lasciando Holly e Patty da soli. All’inizio lei si era un po’ apposta, ma si era subito adattata alla situazione.

Sorrise fra sé ed accelerò la corsa, quando avvertì uno strano singhiozzare provenire da una delle panchine in fianco al marciapiede, si girò un attimo ed intravide una zazzeretta color sole splendente nella luce del tramonto. Accidenti,ma quella era Amy! Si fermò di colpo e le si fiondò accanto

“Amy!!” esordì preoccupato, Amy sembrò non accorgersi di lui, continuava a stringere fra le mani un pezzo di carta e fissava un punto fermo davanti a lei. Le si sedette vicino e le circondò le spalle

“Che succede? Perché stai piangendo?” le chiese sforzandosi di essere il più calmo possibile, lei ancora non rispose, ma gli fece notare con un cenno la lettere fra le sue mani. Julian la prese delicatamente ed iniziò a leggere. Man mano che le righe scorrevano, il suo cuore aumentava i battiti, e gocce di sudore si formarono sulla sua fronte.

“Amy…cosa significa?”

La ragazza si girò verso di lui ed arricciò gli angoli della bocca in un sorriso, mentre sottili fili cristallini le accarezzavano il viso: ormai sapeva tutto, ormai gli aveva già spezzato il cuore, non valeva la pena di continuare a nascondere la verità.

“Chi è questo?”

“L’ hai letto, no? È mio cugino Robert! Ha una disfunzione cardiaca e non può giocare a calcio…”

“E tuo cugino ti scrive queste cose?”

Il ragazzo era sconvolto, quel ragazzo sembrava la sua copia imperfetta, e in più c’era di mezzo anche lei…

“Non posso pretendere che tu capisca il rapporto che c’è tra di noi?”

“Amy io so soltanto che tu hai avuto a che fare con un cugino che dice di amarti, di odiarti,e che sembra la mia copia!”

“Non è la tua copia! Lui non può giocare, ma non può neanche muoversi, o camminare…”

“Tu non mi hai mai detto niente di questa cosa…”

“Volevo solo dimenticarlo, ed in più c’era il senso di colpa con cui fare i conti…” prese una delle mani del ragazzo e lo guardò attentamente negli occhi

“C’è ancora.”

Che diavolo voleva dire?! Perché tutto improvvisamente si faceva più complicato?! In mezzo a tutta quella confusione, un fastidioso pensiero si fece strada nella mente del giovane calciatore

“Amy, vuoi dire che ti senti in colpa nei suoi confronti?”

“Il senso di colpa è nei tuoi confronti!”

Una dolorosissima fitta al cuore. Non era possibile che proprio lei…però se ci pensava bene, lei non aveva mai detto di amarlo…

“Allora, tu stai con me solo perché io sono così simile a lui, solo che non sono costretto all’immobilità?”

Non rispose. Tornò a fissare il vuoto davanti a lei, improvvisamente le lacrime si erano bloccate, i pensieri invece si aggrovigliavano sempre di più. Ma sapeva che non poteva più fuggire come aveva fatto. Era davvero arrivato il momento di scoprire la verità.

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Capitolo 7
*** Tu sei per me: Non dimenticherò ***


Tu sei per me:

Non dimenticherò.

“Allora, tu stai con me solo perché io sono così simile a lui, solo che non sono costretto all’immobilità?”

Quelle parole…

Quanta paura aveva avuto di quella domanda!! Erano parole così pericolose…avrebbero potuto distruggere qualcuno di loro…o entrambi. Ma temeva soprattutto la risposta che l’attendeva…magari se non avesse mai chiesto una cosa del genere, non avrebbe dovuto affrontare la verità ed allora…beh, qualcosa tipo “Occhio non vede, cuore non duole”, no? Mpf, ma figuriamoci se poteva lasciar correre! Non era un vigliacco lui…E lei? Si era impietosita? Provava rimorso? No! Niente! Zero! Il vuoto assoluto…ed un mare di frammenti rossi sul pavimento…il suo cuore che si frantumava, ma soprattutto il suo orgoglio.

Ma infondo, cos’è l’orgoglio? Amy era il suo orgoglio! Ed ora…miseramente a pezzi.

Perché non aveva risposto? Crudele! Lui certamente non era un vigliacco ma lei…maledetta!!

No, non doveva maledirla…lui l’amava la sua bella e maledetta trasformista. E adesso cosa doveva dire? Che era già finita! Ancora prima che potesse iniziare veramente…lei non gli aveva detto niente. Magari l’avrebbe fatto, forse era stato lui che non gliene aveva dato l’occasione. Una volta vista la sua espressione così triste e colpevole aveva sentito un nodo alla gola ed era dovuto correre via per non rischiare di fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare. Come ammettere che stava male da morire davanti a lei…Eccome se era vigliacco!! Non era nemmeno capace di ammettere apertamente quello che provava…fare il moderno Romeo nello stadio in fondo era stato facile, ma dimostrare veramente il proprio amore alla donna che amava.

La donna che l’aveva reso l’uomo più felice del mondo e contemporaneamente il più infelice.

Se solo fosse stato davvero forte come dicevano…

SCHIAFF

Julian Ross si ritrovò improvvisamente con il volto rivolto verso la sua spalla sinistra, la guancia destra infuocata e gli occhi spalancati a fissare il verde acido del campo da calcio.

“Ehi! Ross svegliati!! Sto parlando con te!”

Alzò lo sguardo e vide davanti a lui una figura alta e muscolosa. Un perfetto fisico d’acciaio, grande e maestoso come quello di un dio greco, rivestito da una sottile membrana olivastra. Una miriade di capelli lunghi e neri in testa, ed uno sguardo di fuoco in faccia. L’espressione selvaggia s’intonava benissimo con il tono volgare che aveva usato, e soprattutto con i modi gentili che aveva dimostrato.

“Sei stato tu a schiaffeggiarmi?” gli chiese mite Ross, non aveva voglia di ribattere, era troppo debole quel giorno…

“Per forza! Chissà dov’eri! Non è che Amy ti sta sciupando un po’ troppo?!” A questa provocazione non poteva rimamene impassibile. Scattò in piedi e sollevò Mark per il colletto della maglietta, improvvisamente scoprì di avere ancora quella forza che pensava di aver perso la sera prima, ed era anche molto arrabbiato…con lei, con lui, con sé stesso, con il mondo!

“Chiuditi quella boccaccia o ti caccio tutti i denti in quella fottutissima gola!” Lenders si sorprese ad essere stranamente intimorito: Julian non si era mai comportato così…che diavolo era successo, e poi…si poteva sapere perché stava per piangere?!

“C – calmati…stavo solo scherzando…che diavolo ti succede?” il giovane baronetto del calcio si sforzò di riprendere il controllo e lo mise giù

“Niente, scusami…ho solo litigato con Amily…”

“Litigato?” si stupì l’altro “ anche io e Maki litighiamo, ma poi si fa la pace e…beh, non ho mai visto uno ridotto così dopo un litigio!” Julian sorrise leggermente, ma dentro si sentiva sempre più male…

“C’è qualche problema serio, vero?” Il ragazzo non sapeva cosa rispondere, solo teneva la testa bassa e si dimenava di qua e in là, Mark vedendo che faceva un po’ di fatica lo prese per un braccio e lo fece sedere sulla panchina con lui

“Adesso mi racconti tutto, non saranno affari miei, ma non ci devono essere problemi in squadra!”

“Cosa centra la squadra adesso?”

“Il tuo stato d’animo non le gioverebbe!”

Ross lo guardò un po’ smarrito “Se sei così irascibile caro mio, non credo che ne ricaveremo molto!” pensò, tuttavia annuì. Aveva bisogno di parlare, e…chissà! Magari Mark Lenders andava bene come posta del cuore!!

“E’ Amy…”

“Questo si era capito…”

“Lei è così…così …così…”

“Insomma ti decidi?”

“Senti…” si voltò a fronteggiarlo e gli intimò “ non è tanto facile parlarne, vedi di avere un po’ di delicatezza amico!”

“Eh?” avrebbe voluto saltargli addosso e strozzarlo, ma non era il caso… “ va bene, vai avanti…”

“E’ talmente cambiata…”

“L’ ho visto!”

“Non solo nell’aspetto fisico!”

“…”

“E’ un’altra persona, Mark… non è più la Amy che conoscevo…” L’espressione disperata che aveva assunto in quel momento intenerì perfino lui, la tigre! Si vedeva che l’amava molto…

“Perché dici così?”

“Ho scoperto delle cose che non avrei mai voluto scoprire…”

“Quali cose?”

“Sinceramente non lo so nemmeno io, credimi, Mark, io vorrei confidarmi con te, ma se non riesco nemmeno a fare chiarezza nella mia mente, come potrei spiegare a te…”

“Ho capito” sbuffò il ragazzo passandosi una mano sul viso “non ti preoccupare, non importa il fatto in sé, ma tu Julian…”

“Si?”

“Tu l’ami.”

Julian abbassò di nuovo lo sguardo e ritornò a fissare l’erba dal color verde acido… non gli piaceva quel colore così aggressivo…preferiva il colore dolce del cioccolato…gli occhi di Amy…e i suoi capelli color sole… S’infilò le mani nei capelli e le strinse a pugno, come per cacciare via quel pensiero insistente dalla mente; Mark si sentì davvero dispiaciuto… lui non ci era passato, ma amava profondamente la sua Maki, e il solo pensiero di poterla perdere…

“E’ inutile che cerci di far finta di niente!”

“…”

“Sei innamorato di lei, questo è il punto!” Ross scattò in piedi e gli si mise davanti

“Si l’amo, va bene?!”

“E allora non puoi lasciar andare la vostra relazione così…” gli sorrise dolcemente e gli sfuggì una risatina

“Su, smidollato, vedi di fare qualcosa!!”

“Ma io…non so cosa fare! Capisci…?”

“Boh, non lo so se capisco, ma comunque non te ne devo fregare un cazzo! Se l’ami …”

“Lo so, ma…”

“Senti marmocchio…” si alzò a sua volta e gli gridò “ falla parlare! Che ne so…costringila! Legala ad una sedia, falle il solletico, torturala, ma fatti dire le cose come stanno! Sei tu qui lo sdolcinato, perché devo insegnarti tutto io??”

“M – Mark…”

Cavoli! A modo suo, Mark, era proprio una specie di posta del cuore! Ma si, forse aveva ragione! Doveva risolvere quella situazione! Questa volta Amy doveva parlare…doveva farlo!!

“Santa Maria Vergine!! ” sibilò riacquistando il suo solito senso dell’umorismo “ Grazie Mark,a quanto ne so, Amy soffre tantissimo il solletico!” il bomber, annuì soddisfatto e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava dal campo. Doveva ammettere che in fondo in fondo aveva ascoltato Julian Ross da amico. E stranamente si ritrovò pure a volergli bene…

“Caspita, che figo!!”

No, ripensandoci, non gli voleva affatto bene!

“Che ca…spita ci fai tu qui?!” Sbraitò contro la ragazzina sbucata improvvisamente dagli spogliatoi

“Passavo di qui e…”

“Hai origliato, eh??”

“Chi? Io? Ti sbagli!”

“Maledetta crumira!”

Le si avventò contro e la sollevò per la vita facendola girare, Maki prese a ridere come pazza e a scalciare

“Mettimi giù scimmione!Mettimi giù o ti stacco gli zebedei!!” a quella terribile minaccia il ragazzo ubbidì e rimase ad osservarla mente si sistemava la gonna e scuoteva leggermente i capelli neri corti. Che razza di pestifera…!!

“E va bene, lo ammetto…ho sentito tutto, ma mi arrendo: tu sei grande, forte, maschio!”.

Gli portò le braccia la colle e lo baciò sul naso, lui arrossì come un ravanello e cercò di liberarsi dal suo abbraccio, ma Maki sapeva appiccicarsi a qualcuno peggio di un polipo, ed ora gli stava praticamente in braccio.

“Vai giù razza di…”

“Oh…che c’è? Sei imbarazzato o ingelosito?”

“Geloso? E di cosa?”

“E’ inutile che fai il finto tonto!”

“Che vuoi che me ne freghi se trovi Ross figo!”

“Ma dai, micetto!” gli sorrise maliziosa e gli cinse il petto aderendo ai suoi addominali scolpiti “non devi essere geloso… lo sai che amo solo te, e so anche che a te frega eccome se m’interesso ad un altro!” Il ragazzo arrossì ancora di più, ma rinunciò a ribattere, si limitò solo a sorridere. Maki sorrise a sua volta ed gli premette sulla nuca affinché si abbassasse fino a lei per poterla baciare. Era proprio alto! Lenders la strinse forte ed appoggiò per un attimo il capo sulla sua spalla. Quant’era dolce…

“Ti amo…” le intimò spontaneamente

“Ti amo anch’io tigrotto!!”

Questa volta gli venne proprio da ridere! Lui, la tigre che si ritrovava a fare il languido! Certo, che Maki doveva essere speciale per averlo accalappiato in quel modo! Era felice, ma ad un tratto di ritrovò pensieroso: e Julian? Chissà come stava andando con Amy…Anche lui meritava di essere felice con la donna che amava, ma il problema adesso era: lei lo amava? Quella era la domanda di cui doveva aver paura…

Lei lo amava?

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Capitolo 8
*** Secondo Intermezzo: Ritorno da te... per sempre! ***


Secondo intermezzo:

Ritorno da te…per sempre!

 

 

 

 

Accidenti quant’era affollato l’aeroporto quel giorno! Trovare Jenny sarebbe stato praticamente impossibile…Gente che correva di qua, gente che correva di là, avanti e indietro, avanti e indietro…Sembrava che tutti sapessero chiaramente cosa fare, mentre lui si sentiva come un pulcino nero!! Jenny… avrebbe rivisto Jenny… la sua Jenny!!

 

Ok, calma…

 

Andava tutto bene, era solo andato all’aeroporto , doveva solo accompagnare a casa Jenny, la quale era *solo * la donna che amava follemente! Arght, controllo…infondo era solo Jenny, la manager della sua squadra, la ragazzina dai leggeri capelli castani che lo sosteneva in ogni partita, che non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi quando gli parlava… Cavoli quanto l’adorava! Era stupenda mentre arrossiva come una fragolina ed iniziava a balbettare… sight… che amore!!

 

HELP – Discorsi da vecchietto ego facio

 

 

Ma perché bisognava agitarsi tanto? In fondo cos’era cambiato fra loro? Cosa poteva essere cambiato? Era sempre la sua Jenny… la sua … e se non fosse stata più sua? Magari si sarebbe presentata all’aeroporto con i capelli unti, i vestiti sporchi di latte ed una marmaglia di frugoletti in braccio, e dietro un omone baffuto e dal ventre prominente.

 

Ma che cavolo? Era giovane lei, perché avrebbe dovuto trovarsi un vecchio con i baffi addirittura?

 

Ok, allora, i capelli unti, i vestiti sporchi, la marmaglia, ed un figone stile modello di Armani! Quello era già più indicato… anzi, non andava bene neanche quello, era troppo timida e discreta per andare in giro con uno da calendario! Anzi, magari non aveva proprio nessun altro.

 

Che stupido!

 

Il fatto era che l’amava così tanto… se non se ne fosse accorto solo mentre se ne stava per andare, sarebbe stato molto meglio… avrebbero potuto stare insieme di più, e non solo come manager e capitano, ma come… ragazzo e ragazza. Incredibile, Jenny la sua ragazza… ma era davvero la sua ragazza? No, perché potevano benissimo aver frainteso le cose entrambi… Per Philip, era l’unica donna esistente sulla faccia della terra, ma lei… dopotutto era una ragazza molto carina, anche se non *appariscente *, e poi era talmente dolce e premurosa… la donna che tutti sognano.

 

Un marchio sul cuore. Per sempre.

 

Ok, andava tutto bene. Tutto stava procedendo a meraviglia, se non che quello stramaledetto aereo era in ritardo di mezz’ora e lui sclerava come un povero deficiente!

 

Ok, andava tutto bene. Sperando che lo yoga servi davvero a qualcosa…

 

Basta, stava dando di matto! S’infilò le mani in tasca e ritornò a fissare l’entrata davanti a lui; mm… ma quanto mancava?? Forse non sarebbe nemmeno tornata… allora gli aveva mentito per lettera? No! Non era possibile! La sua Jenny era troppo sincera, e non poteva essere cambiata tanto! Anche se … a dire la verità erano passati quasi dieci anni… dieci anni da solo, ad aspettare di poterla rivedere, a contare i giorni che lo separavano dall’arrivo di una sua lettera, o, come era successo recentemente, dal suo ritorno… sarebbe tornata.

 

 

E se gli avesse mentito davvero? Beh, lui sarebbe andato anche in America per cercarla! Jenny … la sua Jenny… JENNY! Il solo pensare che non l’avrebbe più rivista… Ma perché doveva allarmarsi tanto? Era un ritardo, solo un lungo stramaledettissimo ritardo! Li denunciava quei piloti o come diavolo si chiamano… Non era detto che non sarebbe venuta, non era ancora arrivato nessuno dall’America, non era detto che non l’avrebbe più rivista…

 

DANNAZIONE!

 

Eterna dannazione!!

 

Ok, va tutto benissimo… fra poco l’avrebbe rivista, e sarebbe tornato tutto come prima, self – control …

 

Chissà com’era cambiata! Magari era diventata una gran bellezza di quelle che si vedono in televisione, oppure era rimasta sempre la solita Jenny dal fascino discreto… Mah, tanto per lui rimaneva sempre la donna più bella dell’universo, curve da capogiro o non curve…Ma dove diavolo era?? Lui stava per impazzire lì ad aspettare come uno scemo!

 

Guardò l’orologio: 17,00 in punto.

 

Ormai non veniva più, e con la testa fra le nuvole che aveva, non era stato nemmeno a sentire se l’aereo era arrivato oppure no! Ormai non gli restava altro che prenotarsi subito un biglietto per il primo volo Narita – New York! E se aveva traslocato? Dove diavolo poteva essere andata a finire?! L’ America era grande, figuriamoci se l’avrebbe trovata! Già perquisire New York sarebbe stata un’ Odissea, figurati mettersi a frugare l’intera America!

 

Poteva sempre assumere un ispettore privato…

 

Si, e poi quelli costano l’ira di Buddha! Si sarebbe fatto dare almeno qualche milione di anticipo, poi avrebbe preteso i festivi, i weekend, e il funerale della nonna, e il mal di pancia… Che poi, prima di qualche anno non l’avrebbe trovata! Ah, GesùGiuseppeMariaSiaLaSalvezzaDell’AnimaMia!! Stava cominciando a parlare sempre di più come suo nonno, e questo non era bello…Però col cappellino alla Fantozzi sarebbe stato bene, bisognava ammetterlo che avrebbe fatto strage…

 

BASTA!

 

Self – control…

 

Tanto quella non viene più! Miseriaccia! Va beh, muoviamoci! Prima facciamo il biglietto, prima partiamo. Prima partiamo, prima la troviamo. Prima la troviamo, prima veniamo mandati a quel paese con un calcio nel sederino.

 

Ah, che vita!

 

Anzi, che tristezza… la donna che amava… non sarebbe più tornata da lui, allora? Dov’era finito il suo ottimismo?

 

Si tolse la mani dalle tasche e se le porto fra i capelli… sospirò… Jenny… non poteva far altro che andarsene.

 

Si girò di scatto ed iniziò a camminare verso l’uscita quando…

 

“Philip!”

 

Cosa? Cosa? Cosa? Coosa?

 

Si girò lentamente, aveva paura, ma doveva girarsi o avrebbe potuto rimpiangerlo per sempre… o l’avrebbe rimpianto comunque…

 

“Jenny…” si stupì nel ritrovare la sua voce incredibilmente calma e bassa, lì, davanti a lui c’era Jenny… la sua Jenny…. La ragazza si mosse leggermente e gli andò più vicino

“Dio, avevo tanta paura che non mi avresti aspettato! Se non fossi arrivata in tempo non so cos’avrei fatto…” lui la guardava come imbambolato senza riuscir a spiaccicare una parola: era sempre lei, niente mariti, amanti, o figli come aveva sospettato lui, da emerito idiota. Solo la donna che aveva sempre amato.

 

Sul suo volto spiccava sempre lo stesso sguardo che lo accompagnava mentre, sul campo bagnato dalla neve, si faceva strada tra gli avversari e correva in porta; lo stesso sguardo timido e dolce… così dolce mentre lo scrutava con quegli occhi verdi. Anche se il colore si era fatto meno definito, i suoi occhi erano sempre gli stessi. Ora la perfezione di quel verde era accentuata dalle sfumature oltremare dei lapislazzuli… Bellissima la sua Jenny… e quei capelli … sempre leggeri e castani, solo più lunghi…

 

Era contento di averla ritrovata.

 

Aveva aspettato tanto, ma adesso era davvero lì con lui, tremante, sul punto di scoppiare in lacrime, e in attesa di un cenno da parte sua…

 

“Sei così cambiata, eppure…” mormorò; lei sollevò lo sguardo ed arrossì teneramente, proprio come piaceva a lui…

“Eh? Ma cosa dici? Non sono cambiata affatto! Sono sempre io…”

 

Avrebbe voluto stringerla con tutta la forza che aveva in corpo, ma non ci riusciva, aveva paura che se ne andasse di nuovo ma non poteva muoversi… la sua Jenny…. Allargò le braccia e lei vi si tuffò. Un profumo intenso lo investì, e quando sentì un corpo dalle forme morbide stretto al suo capì chiaramente che non stava sognando… e non dovevano più aver paura.

 

“Sono contento di averti ritrovata… non andartene mai più!”

 

La strinse e sorrise, questa volta felice.

 

 

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