Storie d'innamorati di Anael (/viewuser.php?uid=223)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Riemergere dal passato: non dovrai più rinnegare ciò che sei ***
Capitolo 3: *** Special: Una strana alchimia ***
Capitolo 4: *** Primo Intermezzo: Amore in un campo da calcio ***
Capitolo 5: *** Tu sei per me: Aprire finalmente gli occhi ***
Capitolo 6: *** Tu sei per me: Ora so chi sei ***
Capitolo 7: *** Tu sei per me: Non dimenticherò ***
Capitolo 8: *** Secondo Intermezzo: Ritorno da te... per sempre! ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Allora, la mia storia è organizzata così:
Prima parte:
1 sottosviluppo
1 special
1 intermezzo
Seconda parte:
3 sottosviluppi
1 intermezzo
1 special
Terza parte:
3 sottosviluppi
1 intermezzo
Epilogo
Un pò incasinata^^ spero che ne valga la pena!! |
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Capitolo 2 *** Riemergere dal passato: non dovrai più rinnegare ciò che sei ***
Riemergere
dal passato:
Non dovrai più rinnegare ciò che sei.
Fujisawa, 15 Marzo.
Quello era un giorno speciale…
Amy fissava con gli occhi sbarrati l’acqua rossa che le attraversava
la testa, e le cadeva sul viso fino precipitare nel lavandino in un turbinio di
schiuma color neve macchiata di sangue. Rimase lì ferma finché quella non
diventò limpida, poi prese un asciugamano, e se lo avvolse intorno alla testa.
La sua camicetta di seta nera era tutta bagnata, quindi se la
tolse e rimase solo con la canutierina bianca a pois rosa, dalla quale
s’intravedeva il reggiseno color bronzo. Si guardò per un attimo allo specchio:
la sua pelle era candida, talmente tanto che anche la dolce tonalità del bronzo
dava luogo ad un contrasto notevole; le sue forme morbide e generose….
Si tolse l’asciugamano dalla testa, lo gettò sul pavimento e
prese a lisciarsi i capelli.
Ed erano di nuovo biondi…
“Come il
sole”
Quella voce…i suoi occhi divennero tristi, ed erano scuri…
“Color cioccolato”
Quelle parole…
Prese le forbici dal cassetto e con lentezza infinita iniziò a
tagliare con cura ogni ciocca.
Rivoli d’oro puro s’intrecciavano con le sue dita e cadevano miseramente
a terra in pozze chiare e lucenti.
“Come il
sole”
Lui…
La rabbia improvvisamente l’assalì, ed allora aggredì la sua
figura con foga, e si calmò solo quando la fulgida chioma rossa che le scendeva
lungo la schiena fu eliminata. Di quella, ormai, era rimasta solo una
zazzeretta dorata che le arrivava a mala pena alle spalle.
Si osservò con interesse, ora era di nuovo lei.
Sorrise con commozione di fronte alla bellissima ragazza
riflessa nello specchio, e rimise le forbici nel cassetto, nel quale erano
rimaste chiuse per anni.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGTHHHHHHHH!! AMY!”
All’urlo disumano che aveva attentato alle sue povere orecchie,
la giovane donna non si scompose, e non trasalì nemmeno. Di fronte a lei si era
presentata una ragazza alta, e slanciata, con dei lunghi capelli neri, ed un
viso candido nel quale risaltavano grandi occhi da cerbiatta…che la guardavano
come se fosse un alieno.
“Calmati, Patty, a me piace” si sentì in dovere di giustificare
Amy, dato che sicuramente l’amica aveva
urlato per i suoi capelli; quella entrò a stento nel bagno e l’afferrò per le
spalle
“Ma perché Amy? Avevi dei capelli così belli! Erano di un rosso
così acceso e brillante! Non solo li hai tagliati, ma anche tinti!”
“Ehi! Guarda, che questo è il mio colore naturale!”
“Cosa?!”
La giovane Amily Plange prese delicatamente le mani di Patty,
che le stringevano le braccia fino a farle male, fra le sue e parlò dolcemente
“Li avevo tinti di rosso prima di venire qui a Fujisawa. Quel
rosso era bello, ma troppo artificiale, preferisco questo colore, e poi non ho
più bisogno di cambiare…”
“Non capisco cosa vuoi dire, ma comunque anche questo colore ti
sta bene…Anzi, forse ti sta ancora meglio. Ma perché li hai tagliati? Erano
così lunghi e belli!”
“Erano troppo lunghi e mi davano fastidio! Così sono più comodi,
era da un po’ che volevo sbarazzarmene…”
“Certo che oggi ne dici di cose strana! Sei sicura di stare
bene?” Patty le mise scherzosamente una mano sulla fronte, ma quella la
respinse con gentilezza scotendo il capo.
“Ahh, ho capito! Sei emozionata perché Julian ha detto che ti
deve parlare! Che stupida! Non l’aveva capito!”
-
Che dolce – pensò Amy scoppiando a ridere di
gusto. Patty era proprio il suo uragano, senza la sua vitalità, avrebbe sempre
avuto il morale sotto i piedi!
“ Senti, piuttosto mi faresti la piega? Non vorrei che mi
s’incurvassero all’insù!”
“Certo, miss, devi essere bellissima per il tuo adorato
capitano….”
“Piantala! E pensa al tuo di capitano! Se vai alla partita vestita
così, il povero Holly non potrà fare neanche un goal, soggiogato dalle tue
grazie!” La aggredì alludendo al vestitino azzurro , aderente, che non lasciava
molto all’immaginazione; Patty arrossì fino alle punte dei capelli e le batté
la spazzola in testa
“Ahia!” si lamentò Amily con una smorfia di disappunto
“Così impari a mettermi in imbarazzo!”
“Se perfino tu sei timida come lui, allora siete proprio messi
bene!”
“Ho detto basta!”
“Okay, okay…”
Patricia Gatsby incominciò a stirale i capelli.
Biondi.
Come una volta.
Con quei capelli Amy non sembrava più la *sua * Amy…che strano!
Quel colore così chiaro le schiariva il volto ed attirava di più l’attenzione
sugli occhi
“Color
cioccolato
Improvvisamente sentì d’aver paura: non aveva mai visto gli occhi
di Amy prima d’ora. O meglio li aveva visti, ma non così a fondo. Vi erano
delle ombre dentro quel giorno.
Le parole della sua amica si rifecero vive nella sua mente
-
Non ho più bisogno di cambiare–
-
Era da un po’ che volevo sbarazzarmene –
Prima non ci aveva fatto molto caso anche se le era sembrato che
parole così strane non potessero uscire dalla sua bocca, ma ora…era più che
sicura di non comprendere ciò che voleva dire.
Magari era solo una sciocchezza, ma…anche se aveva parlato con
indifferenza, se aveva pronunciato frasi del genere voleva dire che magari
aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Con lei…
A pensarci bene, Amy era sempre stata pronta ad aiutarla, ma non
le aveva mai parlato di sé.
Patty le confidava i suoi pensieri, ma lei non le aveva mai
confidato niente….Che non si fidasse di lei? O forse era solo troppo riservata
per esprimersi con qualcuno?
Avrebbe voluto chiederglielo, solo che aveva paura…non era il
momento adatto. Se aveva qualche questione da rivangare l’avrebbe fatto quando
si sarebbe sentita pronta. Non era giusto che fosse lei a fare il primo passo.
E poi quel giorno dovevano pensare solo agli uomini di cui erano innamorate.
Scosse il capo delicatamente e si sforzò di pensare a
qualcos’altro.
Amy Plange dal canto suo, continuava a fissare come ipnotizzata
la nuova – vecchia creatura che aveva davanti, mentre fantasmi del passato
tornavano a galla.
Non doveva più rinnegare ciò che era.
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Capitolo 3 *** Special: Una strana alchimia ***
Special:
Una strana alchimia.
Nota dell’autrice:
questa è la storia della vita di Amy, narrata in prima persona da lei.
Sono nata il 13
agosto 19xx a Tokyo.
Non ho avuto
un’infanzia felice e spensierata come la maggior parte delle mie amiche, a
prescindere soprattutto dal fatto che non ho mai conosciuto veramente i miei
genitori. A quanto ne so, mio padre ha visto crescere, fino all’età, di tre
anni una bambina che non gli assomigliava per niente, e che non aveva niente di
lui. Questo è quello che mi hanno detto i miei zii, coi quali sono cresciuta.
In pratica, una maniera gentile per farmi capire che non ero figlia legittima.
Non ho mai
conosciuto il mio ‘papà’, ha divorziato da mia madre quando io ero ancora
troppo piccola per capirne qualcosa, e da allora è stato il casino più totale.
Mia madre non era abituata a lavorare, perché il marito le assicurava ogni
lusso, ed una volta trovatasi da sola, il mondo le crollò addosso e dovette
rimboccarsi le maniche; presto dovemmo lasciare la nostra bella casa per
trasferirci in una specie di catapecchia, fredda e umida, mio padre non si era
nemmeno preoccupato del fatto che aveva una bambina piccola, ed aveva lasciato
entrambe senza un soldo. Naturalmente mia madre non poteva mantenermi, quindi
mi affidò a suo fratello, mio zio, e alla sua giovane moglie, mentre cercava di
sistemarsi.
Da allora cominciai
a vederla sempre meno, finché non si fece proprio più sentire. Io che mi ero
abituata a quella situazione dalla nascita, quasi, non ne soffrivo granché.
Sapevo qual’ era il mio bene. Anche se sarei stata un po’ meglio con lei invece
che con i miei zii.
Come ho già detto la
moglie del fratello di mia madre era molto giovane, quasi una ragazzina. Non
parlavano mai della sua età, ma credo che avesse poco più di diciotto anni. Era
più giovane di me adesso. Ad ogni modo era una donna strana, e non andavamo per
niente d’accordo. C’era qualcuno di troppo nell’appartamento. Io pur essendo
una bambina, ero maturata in fretta a causa della mia situazione familiare,
invece lei, come mie madre era abituata al comfort, e al denaro. Probabilmente
sono sempre stata più matura di lei. Non riesco nemmeno a darle della zia, la
chiamo sempre col suo nome : Vittoria.
Mio zio Nicolas
invece era proprio pazzo di lei, la adorava come fosse una dea. In un certo
senso mi ricordavano i miei genitori. Fra loro non c’era amore, o meglio lui
era innamorato, ma lei lo sfruttava soltanto. All’inizio la mia convivenza con
loro fu un vero disastro: litigavamo, ci aggredivamo a vicenda….Per fortuna più
tardi arrivò sulla terra un angelo per farmi compagnia. O forse viceversa? Una
strana alchimia! Vittoria rimase incinta, e dalla loro unione nacque Robert,
mio cugino. Era un ragazzo incredibilmente bello, aveva occhi verdi profondi
come il mare, e lucenti capelli neri. Il suo fisico invece era fragile, troppo
fragile. Fin dalla nascita si dimostrò incredibilmente debole, tanto che
dovette rimanere qualche mese in incubatrice; i dottori ci dissero che non
avrebbe mai potuto praticare sport, o altre attività che potessero metterlo in
agitazione. Era malato di cuore, aveva una pericolosa disfunzione cardiaca.
Nei primi anni di
vita sembrava non accusare troppo il fatto che non potesse praticare sport, ma
più gli anni passavano più sentiva il bisogno di muoversi. Voleva giocare a
calcio. Lo desiderava come se lo odiasse, e bramava ogni volta che qualcuno
gliene parlava o glielo accennava. Comunque era difficile avvicinarlo, era
aggressivo e cattivo. Solo io riuscivo a parlargli. Lui mi amava profondamente,
e mi trattava come se fossi una dea. Odiava i suoi genitori, perché li odiavo
io, amava le Barbie perché le amavo io, ma soprattutto amava me. Ogni sera
insisteva perché gli leggessi qualcosa; amava la mia voce.
Poi prima di addormentarsi,
voleva che mi chinassi verso di lui, disteso sul letto (era troppo debole per
tirarsi su da solo), e gli facessi accarezzare con amore infinito i miei corti
capelli biondi; o perché lo lasciassi guardare nella dolcezza dei miei occhi
castani.
Il mattino
pretendeva che fossi io a svegliarlo, e a dargli il buongiorno.
A volte si
soffermava a guardarmi incantato e mi descriveva con dovizia di particolari:
“Come sei bella, tu,
Amy, amore mio…hai i capelli d’oro…Come il sole…E i tuoi occhi sono dolcissimi…Color
cioccolato…rimani con me per sempre!”
Voleva davvero che
non mi allontanassi mai da lui, spesso mi faceva capire chiaro e tondo che
avrebbe fatto di tutto per impedirmi di andarmene. Io in quei momenti mi
sentivo a disagio, perché in effetti non volevo passare con lui il resto della
mia vita. Certo, lo amavo ma non volevo rinunciare a me per lui.
Da parte loro, i
miei zii, si disgustavano, specialmente Vittoria, del fatto che loro figlio
avesse una passione così morbosa per me invece che per *qualcun’ altro *. Dico
qualcun’ altro perché avrebbero preferito che venerasse perfino un mafioso
invece che la pecora nera della famiglia, se così si può definire. (La famiglia
…che ero una pecora nera era fin troppo chiaro e lampante)
Ogni volta che io e
Robert litigavamo, loro si schieravano dalla sua parte sperando così di
ottenere il suo affetto, ma invece ne ricevevano l’effetto opposto. Lui gridava
come un matto, e questo non giovava alla sua costituzione gracile, diceva che
volevo lasciarlo, e che sarebbe morto se me ne fossi andata, perché mi amava
troppo per separarsi da me. Io ogni volta dovevo cedere, nonostante il mio
orgoglio; il senso di responsabilità e la maturità l’avevano sempre vinta.
Certo, se avesse
continuato ad urlare sarebbe morto davvero, e io naturalmente non volevo…Lo
amavo…Non so come ma lo amavo. Non so perché. Non so in che modo. Lo amavo.
Qualche anno fa,
risentii mia madre: si era messa in regola economicamente e non aspettava altro
che riabbracciarmi. Qualcuno magari l’avrebbe rifiutata dato che si rifaceva
viva dopo così tanto tempo, ma non io. Ora avevo occasione di scappare. Se così
si può dire…
Inutile dire che i
miei zii furono contentissimi. Del resto non aspettavano altro che liberarsi di
me, il vero problema era Robert! Non osavo immaginare come avrebbe reagito alla
mia decisione di lasciarlo…Quando glielo comunicai fece una vera e propria
scenata: gridava come un ossesso, supplicava i genitori di fermarmi, pur
sapendo che ero maggiorenne, e piangeva stile fontana.
Mi disse – Se te ne
vai muoio! Perché vuoi farmi questo? Sai quanto ti amo! –
Non so se mi amasse
come un uomo ama una donna. Mi chiamava ‘amore mio ’, a volte voleva persino
baciarmi, mi diceva ‘ti amo ’ ; ma non so se mi amasse davvero come un uomo.
Del resto non aveva mai visto il mondo, e forse essendo cresciuto con me si era
fatto l’idea che fossi l’unica donna della sua vita.
Neanche io so spiegarmi quello che provavo per lui, era
un sentimento strano, in bilico fra amore e odio. Una cosa è certa non lo potrà
mai dimenticare.
Come non potrò mai
dimenticare il giorno in cui lo lasciai, lui continuava a pregarmi di non
andarmene, mai io ero risoluta a lasciarmi tutto alle spalle. Tanto che mi
tinsi i capelli di rosso e decisi di farmeli crescere.
Varcai quella soglia
per sempre e mi preparai ad una nuova vita.
Quel giorno era il
15 Marzo a Tokyo.
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Capitolo 4 *** Primo Intermezzo: Amore in un campo da calcio ***
Primo
intermezzo:
Amore in un campo
da calcio.
Nota dell’autrice:
questo intermezzo narra
soprattutto la storia fra Patty
ed Holly^^, è sempre un tipo di Special^^.
Amily Plange e Patricia Gatsby si fecero strada fra la
folla di ammiratori in attesa di procurarsi un biglietto per l’importante
partita che attendeva la nazionale giapponese.
“Patty!” si lamentò la bella bionda “Sei sicura che
possiamo passarli tutti in questo modo? Ci guardano come se volessero farci a
fettine!”
Quella le sorrise
sorniona
“Non preoccuparti,
ti dico! Non per niente siamo le manager!”
Finalmente
riuscirono a liberarsi, e presero il loro posto alle panchine. I loro
campioncini erano già in campo per
il rituale di riscaldamento, Amy notò
che l’amica si era persa ad osservare il suo amato Holly che , come
sempre, faceva da colonna portante per
la squadra.
“Ehi, Patty?” la
chiamò “che ti succede? Sembri pensierosa…”
“Eh? Oh…stavo
pensando a me e ad Holly…”
Subito, nella sua
mente si fecero strada i ricordi di quei momenti passati con lui, le gioie, le
sofferenze, la lontananza…ma soprattutto la costanza con cui si era sempre
presa cura di lui, nonostante quello pensasse solo al calcio.
Era passato circa
un anno da allora, quello fu certamente il periodo più brutto della sua vita:
Holly era partito per il Brasile, e lei era sola…Prima, anche quando non si
accorgeva di lei, era felice perché poteva continuare a stargli accanto
nonostante tutto, ma ora che non c’era più si sentiva completamente vuota. E
…si, inutile. Nella sua vita non aveva fatto altro che andare dietro a lui ma ora che non c’era più neanche *lui * non aveva davvero
più niente.
Spesso le era
capitato di pensare di aver buttato via la sua vita, ma comunque non si era
pentita di niente. Assolutamente. Se c’era qualcosa di cui non poteva fare a
meno era proprio lui! E lui…partiva per il Brasile lasciandola sola…. Si
sentiva così triste…stava davvero male…Chissà se lui la pensava? Chissà se
anche lui sentiva la sua mancanza? Lei la sentiva tanto!
Un giorno
d’estate, Evelyn si presentò a casa sua tutta trafelata, e , con suo grande
stupore, le propose di lavorare come cameriera nel bar di suo padre! A Patty
non è che importasse un granché, ma se avesse guadagnato dei soldi, avrebbe
potuto prendere un aereo e raggiungerlo in Brasile! Quel pensiero le diede una
carica incredibile; accettò volentieri l’offerta ed iniziò subito a lavorare
sodo.
Lo stipendio non
era poi male, ma se voleva andare in Brasile, avrebbe dovuto lavorare
praticamente tutta l’estate! Là avrebbe avuto bisogno di un albergo, qualcosa
da mangiare, e poi non voleva andarsene subito, ma rimanere almeno un po’ con
lui. Lavorò con spirito di abnegazione, fece straordinari su straordinari per
guadagnarsi i soldi necessari e alla fine riuscì a mettere da parte una modesta
somma che le permettesse di raggiungere il suo amore.
Partì il prima
possibile, l’andata fu un vero strazio: sembrava non finire mai, e lei che non
aspettava altro che vederlo, avrebbe voluto andare dal pilota, puntargli una
pistola alla testa ed obbligarlo a fare presto. Una volta arrivata però non
poté dedicarsi subito al suo Holly,in quanto come prima cosa doveva trovarsi un
posto dove dormire. Alla fine trovò un buon albergo, ma non fece in tempo ad
iniziare subito le ricerche.
Il giorno dopo
quando si vegliò era piene di entusiasmo e pronta ad andargli incontro. Partì
piuttosto presto e si mise subito all’opera.
Passarono, così,
almeno tre giorni, e niente. Non era riuscita a rintracciarlo. Del resto, il
San Paolo non era certo una cittadina di neanche mille anime stili Fujisawa!
Non aveva un recapito, un indirizzo o cose del genere, quindi le era
praticamente impossibile trovarlo.
Era davvero a
pezzi. Aveva lottato duramente per nulla. Ma non era neanche questo il
problema: magari lui non sarebbe più tornato in Giappone, così non si sarebbero
più rivisti.
Quella sarebbe
stata la tortura peggiore.
L’ultimo giorno
che le restava prima di tornare a casa
lo passò facendo un ultimo disperato tentativo, ma ancora niente.
Poi, la sera
mentre tornava a casa passò per caso davanti ad uno stadio e si fermò lì
davanti a pensare. Era assalita dalla tristezza e dalla malinconia; chiuse gli
occhi pigramente quando sentì delle grida.
Erano due giovani
ragazzi che urlavano tra loro qualcosa d’incomprensibile per lei che non
parlava bene il portoghese, ma aprì comunque gli occhi e vide con GRANDE
sorpresa che Holly stava correndo dietro ad un altro ragazzo con il pallone fra
le gambe. Holly…il suo Holly…. Raccolse le ultime forze rimastegli ed iniziò a
correre il più veloce che poteva.
Era in bilico sui
tacchi alti, doveva reggere la borsetta, e loro erano di gran lunga
atleticamente più preparati di lei.
Correva talmente
forte che non riusciva neppure e respirare, ma in mezzo a quella foga poté
realizzare chiaramente che sarebbe morta se non si fosse subito fermata, solo
che non poteva fermarsi…
Ormai vedeva tutto
sfocato, comunque, quando arrivarono ad un campo da calcio, chiamò
disperatamente il suo nome
“Hollyyyy!!”
Il ragazzo quando
si sentì chiamare si fermò e si girò di scatto. Anche lei si fermò, e rimasero
a guardarsi per attimi che sembrarono infiniti. Lei respirava a fatica e a mala
pena riusciva a vederlo, lui semplicemente credeva di essere pazzo.
Fu un attimo. Patty
urlò di nuovo il suo nome e gli corse incontro, quando gli arrivò vicino cadde
fra le sue braccia semi – incosciente. Holly la stringeva a sé e la fissava
impaurito
“Patty, stai bene?
Rispondimi ti prego! Patty! Patty!!”
La prese in
braccio e la portò alle panchine, Pepe, l’amico al quale Holly correva dietro,
se ne andò in fretta, vista l’atmosfera intima che si stava creando.
Patty si riprese
poco dopo, ma esitò un attimo prima di aprire gli occhi: aveva paura che fosse
stato tutto un sogno, che lui non fosse veramente con lei…. Ma quando sentì una
mano accarezzarle dolcemente il viso aprì gli occhi quasi con rabbia e vide che
non era così!
“Patty! Cosa ti è
saltato in mente?!” la rimproverò lui cercando di nascondere la preoccupazione,
lei prese a singhiozzare lentamente aggrappata a lui
“Holly…Holly…volevo
tanto rivederti…”
Holly rimase
stupito di quell’affermazione, ma con impeto di passione, soppressa troppo a
lungo, la strinse fra le sue possenti braccia muscolose ed iniziò a parlare
fremendo
“Patty sei proprio
una sciocca…non puoi immaginare quanto mi sei mancata!…senza di te stavo
malissimo…io…io non posso stare in un posto dove tu non ci sei!”
Lei lo ascoltava
rapita. Non avrebbe mai pensato che proprio lui avrebbe potuto dire cose del
genere…allora anche lui….
“Holly…vuoi dire
che…”
“Si…io …ti amo da
sempre…Patty…”
“Holly!!”
I singhiozzi si
fecero più violenti, e si strinse a lui come un naufrago si aggrappa ad uno
scoglio in mezzo al mare.
Quella notte la
passarono insieme…fu la prima, ma non per questo la più speciale…tutte le sue
sofferenze non erano state vane. Ora era la donna più felice del mondo, e lui
l’uomo più felice del mondo.
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Capitolo 5 *** Tu sei per me: Aprire finalmente gli occhi ***
Tu
sei per me:
Aprire finalmente gli occhi.
Holliver Hutton rallentò la corsa, e dall’inizio della
fila indietreggiò fino a raggiungere Julian Ross, poco distante da lui. Quello
gli lanciò uno sguardo significativo e si lasciò andare ad un sofferto sospiro,
come per avvertire l’amico della sua ansia
“Come va?”
“Holly, come vuoi che
vada? Me la sto facendo sotto!”
“Ma dai se ci sono
riuscito perfino io!”
Julian scoppiò a
ridere per l’assurdità della battuta e gli mollò una sonora pacca alla schiena:
del resto, se ci era riuscito Holly che era proprio un tontolone per certi
versi, perché doveva preoccuparsi proprio lui che aveva centinaia di ragazze
che stramazzavano al suolo? Il problema era che la ragazza che *lui * voleva
fare impazzire…si faceva attendere! Faceva presto Holly a dire “Ma si!
Dichiarati!”, tanto lui sapeva che Patty lo adorava fin dalle elementari; ma
Julian non aveva la più pallida idea di quello che provasse Amy. Se magari si
dichiarava e poi lei lo respingeva? Ne sarebbe morto di certo! Altroché
infarto….
“Dai Julian rilassati!
Abbiamo escogitato un piano perfetto, Amy impazzirà, e io…dovrò trovare
qualcosa di altrettanto geniale per non far sentire Patty trascurata! Ah, che
vita!”
“Dai, non scherzare…e
se magari mi trova troppo irruente?”
“Ma no! Le ragazze
adorano questo genere di cose! Se non lo è già adesso, s’innamorerà di te
appena avrà visto cos’è capace di fare un uomo innamorato”
“Speriamo bene…”
Il mister diede ordine
di fermare la corsa per l’imminente inizio della partita; Julian ed Holly
ritornarono alle panchine, dove ad aspettarli c’erano due belle damigelle.
Patricia si alzò e corse incontro all’ amato per poi sprofondare nel suo
abbraccio, anche Amy si alzò ma rimase ad aspettare che il bel numero ventiquattro della nazionale arrivasse verso di lei.
Julian, come le fu
vicino, non riuscì più a spiaccicare una parola: quella era veramente Amy?
Impossibile! Non poteva credere ai suoi occhi! La sua bellissima dea dalla
fluente chioma rossa …ora era diventata una bellissima dea dalla corta
zazzeretta dorata! Acciderboli, che cambiamento…
“Amy?” eccepì con un
filo di voce, la giovane donna gli sorrise sicura ed annuì
“Certo! Che
domande…non riconosci più la tua manager?” davanti al suo sorriso caldo e
rassicurante non ci fu più spazio per dubbi: quella era la dolce, fantastica,
unica donna di cui era innamorato. Ebbe l’impulso di abbracciarla, ma si
trattenne dal farlo per paura di offenderla.
Che strano però…quel
colore così chiaro metteva in grande evidenza gli occhi…Julian scoprì quasi con
orrore che non aveva mai visto così chiaramente i suoi occhi. Beh, cosa c’era
da dire se non che li trovava bellissimi e dolcissimi?
“Hai tinto i
capelli….?”
“Veramente questo è il
mio colore naturale, l’altro era bello solo che era come…”
“Stai molto bene” la
interruppe.
Amily rimase
leggermente stupita di questa sua affermazione ed arrossì violentemente
“G – grazie…”
“Ragazzi, tutti in
campo!!” la pacata voce di Freddy Marshall li distolse dai loro zuccherosi
pensieri, e li riportò alla realtà : c’era una partita da giocare, e…e qualcosa
di altrettanto importante aspettava due di loro!
Amy prese fra le sue
una delle mani di Ross con trasporto e berciò
“Forza July! Sono
sicura che vincerete!” lui sorrise sinceramente incoraggiato da quella sua
affermazione ed annuì. Poi, insieme ad Holly tornarono in campo.
Le due belle manager,
invece, si risistemarono ai loro posti ed iniziarono a seguire la partita
“Certo che tu e Julian
fate scintille!” la prima a parlare era stata Patty, la quale messa una mano
sulle ginocchia nude dell’amica, le rivolse uno sguardo sornione alludendo al
giovane baronetto del calcio; la ragazza dai capelli d’oro accennò appena ad un
sorriso ed abbassò il capo intimidita
“Patty…”
“Smettila di fare la
timida! Lo sai che ti adora!”
Amy scoppiò a ridere e
le tirò una gomitata al fianco.
Tornarono di nuovo in
silenzio ad osservare la partita, il Giappone andava alla grande come al
solito; Amily si passò una mano fra i capelli. Era un brutto vizio: lo faceva
sempre, si toccava di continuo i capelli! Anche perché erano molto lunghi, ed
anche abbastanza ribelli, infatti doveva stirarli di continuo…Ma sta volta si
ricordò che non c’era più niente da
stirare. Prese una ciocca da dietro l’orecchio sinistro e con la coda dell’occhio
la guardò: bionda.
“Come il sole”
Quelle parole…
Si sprofondò di botto
le mani in grembo e chiuse gli occhi il più forte possibile
“Color cioccolato”
Il suo cuore aumentò
violentemente i battiti, sentì un grosso senso di colpa avvolgerla…come sempre.
Perché non riusciva a liberarsene? Aveva perfino deciso di ritornare al suo
colore naturale per non sentir più che stava rinnegando sé stessa! Perché il
rapporto con quel ragazzo la turbava così? Chi era lui per lei? Maledizione!
Detestava tutta quell’ansia…L’aveva lasciato per poter vivere la sua vita, ma
finché continuava a tormentarla le era impossibile!
Patty sembrò
accorgersi del suo disagio, la guardò dolcemente e le chiese con tutta la
delicatezza che seppe trovare
“Che ti succede Amy? È
da oggi che sei strana!”
La ragazza ebbe un
sussulto: possibile che Patty avesse capito? Probabilmente se ne parlava con
lei avrebbe potuto togliersi un peso…no, se voleva dimenticare tutto, doveva
annullare completamente Robert, e i suoi ricordi! Non c’era spazio per le
debolezze, avrebbe superato tutto anche a costo di dover piangere fino alla
nausea; un giorno o l’altro avrebbe dimenticato.
“No…niente…in questo
periodo non sto molto bene.”
Ma perché quel giorno
tardava tanto ad arrivare? Quanto avrebbe dovuto soffrire ancora? E poi…quel
senso di colpa nei confronti di…
“Senti, stamattina hai
detto …delle cose che non ho capito…”
Inconsciamente le
erano tornate in mente le parole di quella mattina, quando entrando in bagno
aveva trovato una persona del tutto diversa, non la sua Amy…
“Che vuoi dire?”
“Beh…non so, forse è
solo una sciocchezza, ma è da un po’ che ci penso…” Amily la fissava con
curiosità da sotto le sopracciglia disegnate finissime, e sembrava non capire,
Patricia ridacchiò nervosamente
“Si, ecco…non metterti
a ridere però…ma mi sono un po’ preoccupata…” cercò di goffamente di spiegarsi,
ma l’altra la bloccò con un gesto della mano
“Se è ancora per i
capelli…sappi che io…”
“No, no…cioè anche per
quelli, ma hai detto qualcosa tipo “Non ho più bisogno di cambiare” e “Era da
un po’ che volevo sbarazzarmene”. Non riesco ancora ad interpretare il
significato di quelle frasi, e ho pensato che ci fosse qualcosa che non va…”
“Patricia…”
In quel momento provò
una certa tenerezza per la sua bellissima amica dai lunghi capelli di velluto
nero, aveva ricevuto un’educazione piuttosto severa, e non era abituata al
fatto che qualcuno si preoccupasse per lei. Era sempre lei che si occupava
degli altri…. Quella cosa le donò un coraggio che non aveva mai pensato di
avere, si allungò per prendere la sua mano, le sue labbra si schiusero per
emettere una sorta di grido liberatorio quando per il campo si estese un boato
assordante. Patty scattò in piedi come una molla e berciò
“Guarda Amy! Julian
sta andando a fare goal!”
La ragazza riportò lo
sguardo sul campo, mentre un nodo le stringeva lo stomaco: era forse vergogna
quella?
Dannazione stava per
dirle tutto! Tutte le sue debolezze, e quel senso di colpa che, solo ora se ne
accorgeva, si era fatto più grande del previsto.
La palla, calciata dal
giovane baronetto del calcio, sfrecciava attraverso il campo come un razzo,
paralizzando gli avversari e causando un notevole spostamento d’aria, fino poi ad infilarsi nella rete con una potenza inaudita. Un goal fantastico.
Tutti i tifosi esultarono come impazziti, come tutti i componenti della
nazionale giapponese; solo che Julian Ross invece che ‘festeggiare’ la vittoria
con i compagni, iniziò a percorrere di corsa il perimetro del campo, suscitando
così gli sguardi attoniti dei presenti, più quello contrariato dell’arbitro che
pensava giustamente di riprendere la partita. Il ragazzo sembrava avere le ali
ai piedi. Una volta attirata per bene l’attenzione di tutti, si tolse la
maglietta rimanendo con una più leggera, sulla quale era scritto a caratteri
cubitali “AMY”; prima che la causa di
questo sfogo potesse svenire, l’affascinante numero ventiquattro della
nazionale si portò le mani al viso a mo di megafono e, schiaritosi per bene la
voce, urlò
“AMY, TI AMOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!”
Un boato enorme si
levò tutt’intorno, in modo da creare ancora più confusione nella testa della
povera Amy. Patty arrossì violentemente, e lo sguardo le si velò di lacrime per
la commozione, neanche fosse lei l’oggetto di tanta irruenza. Julian si sentì
decisamente sollevato, e continuò imperterrito
“AMY, TI AMOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!”
Tanto ormai gliel’
aveva già detto, quindi poteva benissimo continuare a sfogarsi, sperava solo
che la ragazza non la prendesse troppo male; Amy a dir la verità ancora non si
rendeva conto di quel che era successo: Julian? Il calmo e riflessivo Julian
aveva…? No! Era lei che aveva le traveggole….
“Amy, ma ti rendi
conto??” la voce di Patty la riportò bruscamente alla realtà, inspirò
profondamente cercando di chiarirsi le idee: l’uomo che aveva sempre idolatrato
nella segretezza del suo cuore aveva detto d’amarla!
“Amy, ma non sei
contenta?”
Non rispose, solo
corse in campo a velocità supersonica, e gli si gettò fra le braccia. Dalle
tribune i boati si fecero ancora più assordanti, ma lei ormai non li sentiva
più: c’era solo lui, lei, e quel fastidioso senso di colpa. Più la situazione
si faceva chiara nella sua mente, più esso aumentava provocandole un terribile dolore. Felicità e disperazione
si accalcavano in una massa informe e senza senso. Non sapeva più cosa dire.
Non sapeva più cosa provava. L’ambiguità la stava facendo diventare un essere
estraneo perfino a sé stessa. Che diavolo poteva essere quell’ansia che la
attanagliava? Faceva troppo male…. Perfino in quel momento, mentre Julian la
stringeva forte al petto e le accarezzava i capelli sentiva dolore, e…si, che
era ingiusta con lui.
Basta così! “Io amo
Julian” si disse “Solo Julian”. Scosse delicatamente il capo stringendosi a lui
e sforzandosi il più possibile di convincersi che quel che provava per lui ERA
amore. Cercò le labbra del ragazzo con le sue e vi si congiunse in un bacio
appassionato mentre lacrime liberatorie le rigavano il volto.
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Capitolo 6 *** Tu sei per me: Ora so chi sei ***
Tu sei per me:
Ora so chi sei.
Amily Plange richiuse la porta con un tonfo e tirò un
sospiro di sollievo. Sola…finalmente. Non che le fosse dispiaciuto passare il
pomeriggio con Julian, ma aveva davvero bisogno di stare un po’ per conto proprio
e fare chiarezza nei suoi sentimenti. Come se fosse facile…Era da un bel po’
che ci provava, e niente!
Gettò malamente la
borsa sulla scrivania, aprì la finestra e vi si appoggiò: erano quasi le 19, ma
sembrava ancora primo pomeriggio. Chissà se lo aveva incuriosito quando aveva
detto che doveva andarsene subito a casa? Aveva perfino rifiutato il suo invito
a cena…bah! Comunque non aveva per niente fame, quindi piuttosto che lasciare
il piatto vuoto…. Quel pomeriggio erano andati al cinema con Holly e Patty,
poi, finito il film, il ragazzo l’aveva presa per mano e l’aveva convinta a
piantarli là, in modo da poter passare un po’ di tempo soli; forse avrebbe
preferito stare con loro…. Certo, adorava Julian, e non chiedeva di meglio che
poter stare con lui, ma quello non era decisamente un bel periodo per lei. Ogni
volta che era con lui provava l’impulso irrefrenabile di stringersi a lui, di
essere tutt’uno con lui, ma quando lo abbracciava quel maledettissimo senso di
colpa tornava.
Eppure lei lo desiderava.
Lo desiderava come se l’odiasse. Che fosse proprio quello il problema? Forse lo
bramava talmente tanto d’arrivare ad odiarlo? Più il tempo passava, più il loro
rapporto si faceva simile a quello fra lei e….
Che tristezza! Li
amava talmente tanto entrambi! Perché diavolo dovevano assomigliarsi così?
Perché non smetteva di pensare a *lui *?!
Si guardò intorno:
la sua camera era perfetta e disastrosa allo stesso tempo: pignola in tutto,
cercava un granello di polvere nell’angolo più nascosto, e lo aggrediva con
risolutezza. Detestava la confusione. La sua stanza ne era la prova, dato che
non c’era niente, ma proprio niente fuori posto; era capace di stare sveglia
tutta la notte per mettere in ordine se trovava qualcosa che non andava.
Voleva che tutto fosse
sempre chiaro e nitido come il cielo terso. Ed anche per questo sentiva la
testa scoppiarle! Perché il cuore non doveva battere nel verso che decideva
lei?
L’odiava.
Aprì un cassetto
vicino al suo computer e prese un pacchetto di sigarette, ne sfilò una e se la
infilò fra le labbra, stava per accenderla quando per sbaglio urtò una pila di
libri alle sue spalle. Caddero dei piccoli volumi blu, ma non li rimise a posto come avrebbe fatto di
solito, rimase a guardare incantata un piccolo libricino rosa che spiccava fra
di essi.
Quello era il suo
diario!
Aveva deciso di
distruggerlo, ma poi non c’era riuscita, quindi l’aveva messo fra i suoi libri
sebbene fosse decisa a non scrivervi più niente. Lo raccolse, e notò una
protuberanza sulla copertina: infatti vi era stato infilato qualcosa attraverso
la fessura lasciata dal lucchetto. Ma perché proprio lei, che era così perfettina, avrebbe dovuto
infilarci qualcosa così scortesemente pur avendo la chiave? Sfilò la *cosa *
che si rivelò essere una busta, e la
tenne un attimo fra le mani: era candida,e ancora vergine, neanche una scritta,
o un segno per indicare di chi era. Era da quando si era trasferita da sua
madre che non apriva più il suo diario, possibile che l’avesse tenuta lì, senza
sapere della sua esistenza per tutto quel tempo? Ne estrasse un foglio
perfettamente ripiegato su sé stesso e l’aprì : non ebbe nemmeno bisogno di
leggere la firma per sapere chi gliela mandava, la calligrafia non mentiva.
Lettere piccole e nere, i pensieri verso la fine erano un po’ malandati,
probabilmente per la fatica che gli causava stare seduto eretto, e scrivere a
lungo.
Che cosa provava in
quel momento? Impossibile spiegarlo anche per lei. L’angoscia di un tempo stava
tornando, e quella cosa, per quanto piccola, riallacciava i suoi rapporti con
lui. Con il suo passato. Con una persona che riuniva in sé tutto ciò che lei
odiava ed amava.
Stava per iniziare
a leggere quando sua madre entrò di colpo in camera sua
“Amy!” berciò la
giovane Ayako visibilmente seccata
“Che c’è? Potresti
anche bussare…”
“Guarda che ho
bussato, solo che tu non mi rispondevi! Che stai facendo, qui dentro?”
La ragazza rimise
il foglietto nella busta e si alzò
“Niente…vado a fare
un giro al parco…”
“A quest’ora?”
“Si! A quest’ora!”
prese al volo la
borsetta e se ne andò sbattendo la porta. Ayako rimase a fissare la porta
interdetta: era così cambiata la sua Amily….
Il parco intorno a
lei era allegro e brulicava di gente: gente che andava, gente che veniva, madri
di ritorno da una passeggiata coi loro bambini, e coppiette in amore. Il cielo
era tinteggiato di un dolcissimo color arancio – rosso, e leggiadri petali di
ciliegio fluttuavano nell’aria. Era un vero paradiso. Chiunque guardandolo si
sarebbe dilettato. Amy voleva solo piangere. Smise di guardare due bambini che
si rincorrevano e spostò lo sguardo sul foglio bianco fra le sue mani. Era
arrivato il momento di leggerlo. Leggerlo, e fare i conti con il suo passato.
Lo aprì lentamente, come se le costasse fatica ed iniziò a leggere
14
Marzo, Tokyo
Cara Amily,
ti ho scritto un
infinità di lettere, ma non ho mai avuto il coraggio di dartele, perciò
perdonami se oserò prendere di nascosto il tuo diario ed infilarcene una.
Magari tu non la
leggerai neanche, perché sicuramente vorrai sbarazzarti di quel libricino rosa
in cui hai annotato tutte le tue gioie e le tue sofferenze. Ti conosco, Amy,
meglio di quanto tu creda, e meglio di chiunque altro. Ho visto nei tuoi occhi
la dolcezza, la tristezza, l’amarezza e la frustrazione. E, certamente anche tu
saprai, gli occhi sono lo specchio dell’anima, no?
Non sono mai
riuscito a dirti tutto chiaro e tondo a voce, del resto, non sono una persona
come tutte le altre, guardami: non riesco a stare in piedi, smanio per un sogno
irraggiungibile come giocare a calcio, e faccio fatica perfino a scriverti
queste poche righe. Questa disfunzione cardiaca mi ha tolto la vita. Non
fisicamente, ma nel modo più assoluto. Tu non hai idea di cosa significhi per
me stare tutto il giorno su questa sedia a rotelle, quando invece vorrei
alzarmi, e correre con un pallone fra i piedi, verso una porta bianca sostenuta
da due pali. E non solo questo, ma soprattutto non poter offrire a te la vita
che *tu * vorresti.
Se non fossi così,
tu non avresti dovuto trascorrere buona parte della tua vita a farmi la
babysitter!
Ma ora è finita,
domani te ne andrai.
Io vorrei davvero
che tu continuassi a starmi vicina, però allo stesso tempo non aspettavo altro
che perderti per sempre.
Perché quando sei
con me, tutto svanisce, tu sei la cosa più bella ed importante che ho, e nulla
è più così triste. Però, se ci sei, muoio dalla paura di perderti, e di
rimanere solo. Capisci, allora? Se tu te ne vai, io non avrò più bisogno di
aver paura, perché non ho più niente da perdere!
Che strano
ragionamento, eh?
Io ho bisogno di te
eppure sono contento che tu te ne vada!
Si, Amy, non stai
sognando, la più grande pena che ho dovuto sopportare è stata la tua vicinanza.
Eppure, se penso ai tuoi capelli come il sole, ai tuoi occhi color cioccolato,
non posso far altro che piangere e disperarmi.
Strana la vita, eh?
Io ti amo, e ti
odio.
Ti voglio vicina e
lontana.
Se fossi normale,
però tutto sarebbe più semplice: avrei il mio sogno ambizioso, e la donna che
riunisce in sé le mie grandi passioni, e le mie grandi sofferenze. Mi correggo,
non ci sarebbero sofferenze. Però c’è anche il fatto che siamo cugini. Sarebbe
quello che si definisce un amore incestuoso?
Bah, forse non è
neanche amore. Cosa credi? Io lo so benissimo che non avendo visto il mondo non
posso parlare come parlerebbe una persona qualsiasi! Sei tu che non mi conosci.
E non mi conoscono neanche i miei genitori, e non mi conosco neanche io.
So solo che vorrei
poter vivere a modo mio, e farti felice. Questo mondo mi sta stretto, ed è così
anche per te, vero? So che ti sentirai in colpa quando te ne sarai andata. Cosa
farai? Rinnegherai ciò che sei, magari tingendo il colore dei tuoi capelli, che
io adoro tanto? Offuscheresti il loro splendore ed il loro profumo con un altro
colore? Si, direi che lo farai. E io sto male, e bene, per questo, perché non
ci saranno più dei capelli che mi fanno impazzire per la loro bellezza.
Spero che tu abbia
capito le mie ragioni, io sono stanco, e non posso più stare qui a scrivere. Devo
solo trovare il tuo diario e rimetterlo nei bagagli con questa breve lettera.
Poi sarà tutto
finito.
Non potrò mai
dimenticarti. Tu cerca di farlo invece, o starai per sempre male.
Robert Plage.
Alzò lo sguardo e vide che
davanti a lei non c’erano più i bambini di prima. La lettera era ancora aperta
fra le sue mani e non aveva il coraggio di richiuderla. Le lacrime le solcavano
il viso e scendevano lungo il collo, ma non aveva la forza di asciugarle. Era
quella la verità? Era quello ciò che pensava veramente Robert? E lei? Cosa
pensava?
Julian Ross stava
percorrendo di corsa la stradina che dal parco lo portava a casa, di corsa,
calciando il solito pallone. Che bella giornata! La partita era andata a
gonfie vele, e meglio ancora si era dichiarato alla donna che amava! Era così
bella quel pomeriggio che avrebbe potuto piangere solo a guardarla, e poi con
quei capelli dorati stava ancora meglio! Era talmente dolce e deliziosa la sua
Amy…. Era sicuramente il tipo di donna per cui valeva la pena di mettersi ad
urlare frasi d’amore nel bel mezzo di una partita importante; e poi l’aveva
baciato di sua spontanea volontà, fantastica! Poteva ancora sentire il profumo
di vaniglia dei suoi capelli morbidi, e il contatto con le sue labbra
dolcissime, l’aveva davvero fatto impazzire. E poi in quel cinema, mentre
guardavano il film, gli aveva posato il capo sulla spalla e lui l’aveva
abbracciata, erano rimasti così almeno fino alla fine; poi l’aveva presa per
mano e l’aveva trascinata via lasciando Holly e Patty da soli. All’inizio lei
si era un po’ apposta, ma si era subito adattata alla situazione.
Sorrise fra sé ed
accelerò la corsa, quando avvertì uno strano singhiozzare provenire da una
delle panchine in fianco al marciapiede, si girò un attimo ed intravide una
zazzeretta color sole splendente nella luce del tramonto. Accidenti,ma quella
era Amy! Si fermò di colpo e le si fiondò accanto
“Amy!!” esordì
preoccupato, Amy sembrò non accorgersi di lui, continuava a stringere fra le
mani un pezzo di carta e fissava un punto fermo davanti a lei. Le si sedette
vicino e le circondò le spalle
“Che succede?
Perché stai piangendo?” le chiese sforzandosi di essere il più calmo possibile,
lei ancora non rispose, ma gli fece notare con un cenno la lettere fra le sue
mani. Julian la prese delicatamente ed iniziò a leggere. Man mano che le righe
scorrevano, il suo cuore aumentava i battiti, e gocce di sudore si formarono
sulla sua fronte.
“Amy…cosa
significa?”
La ragazza si girò
verso di lui ed arricciò gli angoli della bocca in un sorriso, mentre sottili
fili cristallini le accarezzavano il viso: ormai sapeva tutto, ormai gli aveva
già spezzato il cuore, non valeva la pena di continuare a nascondere la verità.
“Chi è questo?”
“L’ hai letto, no?
È mio cugino Robert! Ha una disfunzione cardiaca e non può giocare a calcio…”
“E tuo cugino ti
scrive queste cose?”
Il ragazzo era
sconvolto, quel ragazzo sembrava la sua copia imperfetta, e in più c’era di
mezzo anche lei…
“Non posso
pretendere che tu capisca il rapporto che c’è tra di noi?”
“Amy io so soltanto
che tu hai avuto a che fare con un cugino che dice di amarti, di odiarti,e che
sembra la mia copia!”
“Non è la tua
copia! Lui non può giocare, ma non può neanche muoversi, o camminare…”
“Tu non mi hai mai
detto niente di questa cosa…”
“Volevo solo
dimenticarlo, ed in più c’era il senso di colpa con cui fare i conti…” prese
una delle mani del ragazzo e lo guardò attentamente negli occhi
“C’è ancora.”
Che diavolo voleva
dire?! Perché tutto improvvisamente si faceva più complicato?! In mezzo a tutta
quella confusione, un fastidioso
pensiero si fece strada nella mente del giovane calciatore
“Amy, vuoi dire che
ti senti in colpa nei suoi confronti?”
“Il senso di colpa
è nei tuoi confronti!”
Una dolorosissima
fitta al cuore. Non era possibile che proprio lei…però se ci pensava bene, lei
non aveva mai detto di amarlo…
“Allora, tu stai
con me solo perché io sono così simile a lui, solo che non sono costretto
all’immobilità?”
Non rispose. Tornò
a fissare il vuoto davanti a lei, improvvisamente le lacrime si erano bloccate,
i pensieri invece si aggrovigliavano sempre di più. Ma sapeva che non poteva
più fuggire come aveva fatto. Era davvero arrivato il momento di scoprire la
verità.
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Capitolo 7 *** Tu sei per me: Non dimenticherò ***
Tu sei per me:
Non dimenticherò.
“Allora, tu stai
con me solo perché io sono così simile a lui, solo che non sono costretto
all’immobilità?”
Quelle parole…
Quanta paura aveva
avuto di quella domanda!! Erano parole
così pericolose…avrebbero potuto distruggere qualcuno di loro…o entrambi. Ma
temeva soprattutto la risposta che l’attendeva…magari se non avesse mai chiesto
una cosa del genere, non avrebbe dovuto affrontare la verità ed allora…beh,
qualcosa tipo “Occhio non vede, cuore non duole”, no? Mpf, ma figuriamoci se
poteva lasciar correre! Non era un vigliacco lui…E lei? Si era impietosita?
Provava rimorso? No! Niente! Zero! Il vuoto assoluto…ed un mare di frammenti
rossi sul pavimento…il suo cuore che si frantumava, ma soprattutto il suo orgoglio.
Ma infondo, cos’è
l’orgoglio? Amy era il suo orgoglio! Ed ora…miseramente a pezzi.
Perché non aveva
risposto? Crudele! Lui certamente non era un vigliacco ma lei…maledetta!!
No, non doveva
maledirla…lui l’amava la sua bella e maledetta trasformista. E adesso cosa
doveva dire? Che era già finita! Ancora prima che potesse iniziare
veramente…lei non gli aveva detto niente. Magari l’avrebbe fatto, forse era
stato lui che non gliene aveva dato l’occasione. Una volta vista la sua
espressione così triste e colpevole aveva sentito un nodo alla gola ed era
dovuto correre via per non rischiare di fare qualcosa che non avrebbe dovuto
fare. Come ammettere che stava male da morire davanti a lei…Eccome se era
vigliacco!! Non era nemmeno capace di ammettere apertamente quello che
provava…fare il moderno Romeo nello stadio in fondo era stato facile, ma
dimostrare veramente il proprio amore alla donna che amava.
La donna che
l’aveva reso l’uomo più felice del mondo e contemporaneamente il più infelice.
Se solo fosse
stato davvero forte come dicevano…
SCHIAFF
Julian Ross si
ritrovò improvvisamente con il volto rivolto verso la sua spalla sinistra, la
guancia destra infuocata e gli occhi spalancati a fissare il verde acido del
campo da calcio.
“Ehi! Ross svegliati!!
Sto parlando con te!”
Alzò lo sguardo e
vide davanti a lui una figura alta e muscolosa. Un perfetto fisico d’acciaio,
grande e maestoso come quello di un dio greco, rivestito da una sottile
membrana olivastra. Una miriade di capelli lunghi e neri in testa, ed uno
sguardo di fuoco in faccia. L’espressione selvaggia s’intonava benissimo con il
tono volgare che aveva usato, e soprattutto con i modi gentili che aveva
dimostrato.
“Sei stato tu a
schiaffeggiarmi?” gli chiese mite Ross, non aveva voglia di ribattere, era
troppo debole quel giorno…
“Per forza! Chissà
dov’eri! Non è che Amy ti sta sciupando un po’ troppo?!” A questa provocazione
non poteva rimamene impassibile. Scattò in piedi e sollevò Mark per il colletto
della maglietta, improvvisamente scoprì di avere ancora quella forza che
pensava di aver perso la sera prima, ed era
anche molto arrabbiato…con lei, con lui, con sé stesso, con il mondo!
“Chiuditi quella
boccaccia o ti caccio tutti i denti in quella fottutissima gola!” Lenders si
sorprese ad essere stranamente intimorito: Julian non si era mai comportato
così…che diavolo era successo, e poi…si poteva sapere perché stava per
piangere?!
“C – calmati…stavo
solo scherzando…che diavolo ti succede?” il giovane baronetto del calcio si
sforzò di riprendere il controllo e lo mise giù
“Niente,
scusami…ho solo litigato con Amily…”
“Litigato?” si
stupì l’altro “ anche io e Maki litighiamo, ma poi si fa la pace e…beh, non ho
mai visto uno ridotto così dopo un litigio!” Julian sorrise leggermente, ma
dentro si sentiva sempre più male…
“C’è qualche
problema serio, vero?” Il ragazzo non sapeva cosa rispondere, solo teneva la
testa bassa e si dimenava di qua e in là, Mark vedendo che faceva un po’ di
fatica lo prese per un braccio e lo fece sedere sulla panchina con lui
“Adesso mi
racconti tutto, non saranno affari miei, ma non ci devono essere problemi in
squadra!”
“Cosa centra la
squadra adesso?”
“Il tuo stato
d’animo non le gioverebbe!”
Ross lo guardò un
po’ smarrito “Se sei così irascibile caro mio, non credo che ne ricaveremo
molto!” pensò, tuttavia annuì. Aveva bisogno di parlare, e…chissà! Magari
Mark Lenders andava bene come posta del cuore!!
“E’ Amy…”
“Questo si era
capito…”
“Lei è così…così
…così…”
“Insomma ti
decidi?”
“Senti…” si voltò a
fronteggiarlo e gli intimò “ non è tanto facile parlarne, vedi di avere un po’
di delicatezza amico!”
“Eh?” avrebbe
voluto saltargli addosso e strozzarlo, ma non era il caso… “ va bene, vai
avanti…”
“E’ talmente
cambiata…”
“L’ ho visto!”
“Non solo nell’aspetto
fisico!”
“…”
“E’ un’altra
persona, Mark… non è più la Amy che conoscevo…” L’espressione disperata che
aveva assunto in quel momento intenerì perfino lui, la tigre! Si vedeva che
l’amava molto…
“Perché dici
così?”
“Ho scoperto delle
cose che non avrei mai voluto scoprire…”
“Quali cose?”
“Sinceramente non
lo so nemmeno io, credimi, Mark, io vorrei confidarmi con te, ma se non riesco
nemmeno a fare chiarezza nella mia mente, come potrei spiegare a te…”
“Ho capito” sbuffò
il ragazzo passandosi una mano sul viso “non ti preoccupare, non importa il
fatto in sé, ma tu Julian…”
“Si?”
“Tu l’ami.”
Julian abbassò di
nuovo lo sguardo e ritornò a fissare l’erba dal color verde acido… non gli
piaceva quel colore così aggressivo…preferiva il colore dolce del cioccolato…gli
occhi di Amy…e i suoi capelli color sole… S’infilò le mani nei capelli e le
strinse a pugno, come per cacciare via quel pensiero insistente dalla mente;
Mark si sentì davvero dispiaciuto… lui non ci era passato, ma amava
profondamente la sua Maki, e il solo pensiero di poterla perdere…
“E’ inutile che
cerci di far finta di niente!”
“…”
“Sei innamorato di
lei, questo è il punto!” Ross scattò in piedi e gli si mise davanti
“Si l’amo, va
bene?!”
“E allora non puoi
lasciar andare la vostra relazione così…” gli sorrise dolcemente e gli sfuggì
una risatina
“Su, smidollato,
vedi di fare qualcosa!!”
“Ma io…non so cosa
fare! Capisci…?”
“Boh, non lo so se
capisco, ma comunque non te ne devo fregare un cazzo! Se l’ami …”
“Lo so, ma…”
“Senti
marmocchio…” si alzò a sua volta e gli gridò “ falla parlare! Che ne
so…costringila! Legala ad una sedia, falle il solletico, torturala, ma fatti
dire le cose come stanno! Sei tu qui lo sdolcinato, perché devo insegnarti
tutto io??”
“M – Mark…”
Cavoli! A modo
suo, Mark, era proprio una specie di posta del cuore! Ma si, forse aveva
ragione! Doveva risolvere quella situazione! Questa volta Amy doveva
parlare…doveva farlo!!
“Santa Maria
Vergine!! ” sibilò riacquistando il suo solito senso dell’umorismo “ Grazie
Mark,a quanto ne so, Amy soffre tantissimo il solletico!” il bomber, annuì soddisfatto e lo seguì con
lo sguardo mentre si allontanava dal campo. Doveva ammettere che in fondo in
fondo aveva ascoltato Julian Ross da amico. E stranamente si ritrovò pure a
volergli bene…
“Caspita, che
figo!!”
No, ripensandoci,
non gli voleva affatto bene!
“Che ca…spita ci
fai tu qui?!” Sbraitò contro la ragazzina sbucata improvvisamente dagli
spogliatoi
“Passavo di qui
e…”
“Hai origliato,
eh??”
“Chi? Io? Ti
sbagli!”
“Maledetta
crumira!”
Le si avventò
contro e la sollevò per la vita facendola girare, Maki prese a ridere come
pazza e a scalciare
“Mettimi giù
scimmione!Mettimi giù o ti stacco gli zebedei!!” a quella terribile minaccia il
ragazzo ubbidì e rimase ad osservarla mente si sistemava la gonna e scuoteva
leggermente i capelli neri corti. Che razza di pestifera…!!
“E va bene, lo
ammetto…ho sentito tutto, ma mi arrendo: tu sei grande, forte, maschio!”.
Gli portò le
braccia la colle e lo baciò sul naso, lui arrossì come un ravanello e cercò di
liberarsi dal suo abbraccio, ma Maki sapeva appiccicarsi a qualcuno peggio di
un polipo, ed ora gli stava praticamente in braccio.
“Vai giù razza
di…”
“Oh…che c’è? Sei
imbarazzato o ingelosito?”
“Geloso? E di
cosa?”
“E’ inutile che fai
il finto tonto!”
“Che vuoi che me
ne freghi se trovi Ross figo!”
“Ma dai, micetto!”
gli sorrise maliziosa e gli cinse il petto aderendo ai suoi addominali scolpiti
“non devi essere geloso… lo sai che amo solo te, e so anche che a te frega
eccome se m’interesso ad un altro!” Il ragazzo arrossì ancora di più, ma
rinunciò a ribattere, si limitò solo a sorridere. Maki sorrise a sua volta ed
gli premette sulla nuca affinché si abbassasse fino a lei per poterla baciare.
Era proprio alto! Lenders la strinse forte ed appoggiò per un attimo il capo
sulla sua spalla. Quant’era dolce…
“Ti amo…” le
intimò spontaneamente
“Ti amo anch’io
tigrotto!!”
Questa volta gli
venne proprio da ridere! Lui, la tigre che si ritrovava a fare il languido!
Certo, che Maki doveva essere speciale per averlo accalappiato in quel modo!
Era felice, ma ad un tratto di ritrovò pensieroso: e Julian? Chissà come stava
andando con Amy…Anche lui meritava di essere felice con la donna che amava, ma
il problema adesso era: lei lo amava? Quella era la domanda di cui doveva aver
paura…
Lei lo amava?
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Capitolo 8 *** Secondo Intermezzo: Ritorno da te... per sempre! ***
Secondo intermezzo:
Ritorno da te…per sempre!
Accidenti
quant’era affollato l’aeroporto quel giorno! Trovare Jenny sarebbe stato
praticamente impossibile…Gente che correva di qua, gente che correva di là,
avanti e indietro, avanti e indietro…Sembrava che tutti sapessero chiaramente
cosa fare, mentre lui si sentiva come un pulcino nero!! Jenny… avrebbe rivisto
Jenny… la sua Jenny!!
Ok, calma…
Andava
tutto bene, era solo andato all’aeroporto , doveva solo accompagnare a casa
Jenny, la quale era *solo * la donna che amava follemente! Arght,
controllo…infondo era solo Jenny, la manager della sua squadra, la ragazzina
dai leggeri capelli castani che lo sosteneva in ogni partita, che non riusciva
nemmeno a guardarlo negli occhi quando gli parlava… Cavoli quanto l’adorava!
Era stupenda mentre arrossiva come una fragolina ed iniziava a balbettare…
sight… che amore!!
HELP –
Discorsi da vecchietto ego facio
Ma perché bisognava agitarsi tanto? In fondo cos’era
cambiato fra loro? Cosa poteva essere cambiato? Era sempre la sua Jenny… la sua
… e se non fosse stata più sua? Magari
si sarebbe presentata all’aeroporto con i capelli unti, i vestiti sporchi di
latte ed una marmaglia di frugoletti in braccio, e dietro un omone baffuto e dal ventre prominente.
Ma che cavolo? Era giovane lei, perché avrebbe
dovuto trovarsi un vecchio con i baffi addirittura?
Ok,
allora, i capelli unti, i vestiti
sporchi, la marmaglia, ed un figone stile modello di Armani! Quello era già più
indicato… anzi, non andava bene neanche quello, era troppo timida e discreta
per andare in giro con uno da calendario! Anzi, magari non aveva proprio nessun
altro.
Che
stupido!
Il fatto
era che l’amava così tanto… se non se ne fosse accorto solo mentre se ne stava
per andare, sarebbe stato molto meglio… avrebbero potuto stare insieme di più,
e non solo come manager e capitano, ma come… ragazzo e ragazza. Incredibile,
Jenny la sua ragazza… ma era davvero la sua ragazza? No, perché potevano
benissimo aver frainteso le cose entrambi… Per Philip, era l’unica donna
esistente sulla faccia della terra, ma lei… dopotutto era una ragazza molto
carina, anche se non *appariscente *, e poi era talmente dolce e premurosa… la
donna che tutti sognano.
Un marchio
sul cuore. Per sempre.
Ok, andava
tutto bene. Tutto stava procedendo a meraviglia, se non che quello
stramaledetto aereo era in ritardo di mezz’ora e lui sclerava come un povero
deficiente!
Ok, andava
tutto bene. Sperando che lo yoga servi davvero a qualcosa…
Basta,
stava dando di matto! S’infilò le mani in tasca e ritornò a fissare l’entrata
davanti a lui; mm… ma quanto mancava?? Forse non sarebbe nemmeno tornata…
allora gli aveva mentito per lettera? No! Non era possibile! La sua Jenny era
troppo sincera, e non poteva essere cambiata tanto! Anche se … a dire la verità
erano passati quasi dieci anni… dieci anni da solo, ad aspettare di poterla
rivedere, a contare i giorni che lo separavano dall’arrivo di una sua lettera,
o, come era successo recentemente, dal suo ritorno… sarebbe tornata.
E se gli
avesse mentito davvero? Beh, lui sarebbe andato anche in America per cercarla!
Jenny … la sua Jenny… JENNY! Il solo pensare che non l’avrebbe più rivista… Ma
perché doveva allarmarsi tanto? Era un ritardo, solo un lungo
stramaledettissimo ritardo! Li denunciava quei piloti o come diavolo si
chiamano… Non era detto che non sarebbe venuta, non era ancora arrivato nessuno
dall’America, non era detto che non l’avrebbe più rivista…
DANNAZIONE!
Eterna
dannazione!!
Ok, va
tutto benissimo… fra poco l’avrebbe rivista, e sarebbe tornato tutto come
prima, self – control …
Chissà
com’era cambiata! Magari era diventata una gran bellezza di quelle che si
vedono in televisione, oppure era rimasta sempre la solita Jenny dal fascino
discreto… Mah, tanto per lui rimaneva sempre la donna più bella dell’universo,
curve da capogiro o non curve…Ma dove diavolo era?? Lui stava per impazzire lì
ad aspettare come uno scemo!
Guardò
l’orologio: 17,00 in punto.
Ormai non
veniva più, e con la testa fra le nuvole che aveva, non era stato nemmeno a
sentire se l’aereo era arrivato oppure no! Ormai non gli restava altro che
prenotarsi subito un biglietto per il primo volo Narita – New York! E se aveva
traslocato? Dove diavolo poteva essere andata a finire?! L’ America era grande,
figuriamoci se l’avrebbe trovata! Già perquisire New York sarebbe stata un’
Odissea, figurati mettersi a frugare l’intera America!
Poteva
sempre assumere un ispettore privato…
Si, e poi
quelli costano l’ira di Buddha! Si sarebbe fatto dare almeno qualche milione di
anticipo, poi avrebbe preteso i festivi, i weekend, e il funerale della nonna,
e il mal di pancia… Che poi, prima di qualche anno non l’avrebbe trovata! Ah,
GesùGiuseppeMariaSiaLaSalvezzaDell’AnimaMia!! Stava cominciando a parlare
sempre di più come suo nonno, e questo non era bello…Però col cappellino alla
Fantozzi sarebbe stato bene, bisognava ammetterlo che avrebbe fatto strage…
BASTA!
Self –
control…
Tanto
quella non viene più! Miseriaccia! Va beh, muoviamoci! Prima facciamo il
biglietto, prima partiamo. Prima partiamo, prima la troviamo. Prima la
troviamo, prima veniamo mandati a quel paese con un calcio nel sederino.
Ah, che
vita!
Anzi, che
tristezza… la donna che amava… non sarebbe più tornata da lui, allora? Dov’era
finito il suo ottimismo?
Si tolse la
mani dalle tasche e se le porto fra i capelli… sospirò… Jenny… non poteva far
altro che andarsene.
Si girò di
scatto ed iniziò a camminare verso l’uscita quando…
“Philip!”
Cosa? Cosa?
Cosa? Coosa?
Si girò
lentamente, aveva paura, ma doveva girarsi o avrebbe potuto rimpiangerlo per
sempre… o l’avrebbe rimpianto comunque…
“Jenny…” si
stupì nel ritrovare la sua voce incredibilmente calma e bassa, lì, davanti a
lui c’era Jenny… la sua Jenny…. La ragazza si mosse leggermente e gli andò più
vicino
“Dio, avevo
tanta paura che non mi avresti aspettato! Se non fossi arrivata in tempo non so
cos’avrei fatto…” lui la guardava come imbambolato senza riuscir a spiaccicare
una parola: era sempre lei, niente mariti, amanti, o figli come aveva sospettato
lui, da emerito idiota. Solo la donna che aveva sempre amato.
Sul suo
volto spiccava sempre lo stesso sguardo che lo accompagnava mentre, sul campo
bagnato dalla neve, si faceva strada tra gli avversari e correva in porta; lo
stesso sguardo timido e dolce… così dolce mentre lo scrutava con quegli occhi
verdi. Anche se il colore si era fatto meno definito, i suoi occhi erano sempre
gli stessi. Ora la perfezione di quel verde era accentuata dalle sfumature
oltremare dei lapislazzuli… Bellissima la sua Jenny… e quei capelli … sempre
leggeri e castani, solo più lunghi…
Era
contento di averla ritrovata.
Aveva
aspettato tanto, ma adesso era davvero lì con lui, tremante, sul punto di
scoppiare in lacrime, e in attesa di un cenno da parte sua…
“Sei così
cambiata, eppure…” mormorò; lei sollevò
lo sguardo ed arrossì teneramente, proprio come piaceva a lui…
“Eh? Ma
cosa dici? Non sono cambiata affatto! Sono sempre io…”
Avrebbe
voluto stringerla con tutta la forza che aveva in corpo, ma non ci riusciva,
aveva paura che se ne andasse di nuovo ma non poteva muoversi… la sua Jenny….
Allargò le braccia e lei vi si tuffò. Un profumo intenso lo investì, e quando
sentì un corpo dalle forme morbide stretto al suo capì chiaramente che non
stava sognando… e non dovevano più aver paura.
“Sono contento di averti ritrovata… non
andartene mai più!”
La strinse
e sorrise, questa volta felice.
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