These Streets

di ssaragravity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - 'It's time to begin, isn't it?' ***
Capitolo 2: *** 'On My Own' ***
Capitolo 3: *** 'Wanna Be Startin' Something'' ***



Capitolo 1
*** Prologo - 'It's time to begin, isn't it?' ***








Capitolo 1 - Prologo “It’s time to begin, isn’t it?”*



Blaine aveva deciso: le opportunità che gli si erano aperte davanti si erano presentate al momento giusto. Lui non aveva fatto altro che convincersi e prendere la palla al balzo. Ora si trovava lì, all’ultima conferenza organizzata dalla scuola, in un torrido lunedì di fine giugno, poco prima dell’imminente partenza per la Francia.
Qualche mese prima l’insegnante del corso di francese aveva tirato a sorte per estrarre quattro tra ragazzi e ragazze che, più o meno volenterosi, avrebbero partecipato ad una serie di incontri per presentare agli studenti del terzo anno i programmi di studio e di scambio culturale con l’Europa. Blaine fu il quarto ad essere estratto, insieme ad una tipa bionda con la media poco sopra la E, un secchione con i genitori estremamente apprensivi tanto da non farlo uscire di casa neanche nel weekend e un altro ragazzo che si faceva chiamare da tutti ‘Principino’, con il quale non aveva mai scambiato una parola. Niente di promettente: le persone con il quale era stato sorteggiato non facevano venir voglia di muovere neanche un dito, e per di più gli scambi culturali lo avevano sempre intimorito. Era fiero di essere come era, se stesso, ma l’idea di dover uscire dal suo guscio protettivo di amici e genitori che lo accettavano faceva crescere in lui una paura strana, che saliva da dentro e creava un grosso blocco proprio in corrispondenza dello sterno: il mondo fuori non era il liceo, e chissà quante persone ci potevano essere pronte ad aggredirlo, a ferirlo, a farlo stare male. Non avrebbe neanche accettato il fatto di fingere di essere qualcun altro: ci aveva provato, ma aveva capito che essere se stesso era migliore. La prima riunione sembrò agli occhi di Blaine inutile. Due signore sulla sessantina si erano presentate a loro come responsabili dei progetti di scambi giovanili e chiedevano ad ogni studente quale fosse il suo sogno e quale paese avrebbero voluto visitare. Mezz’ora e poi niente più. “I trenta minuti più sprecati della mia vita”, pensò. Tornando in classe, la professoressa Dupont, madrelingua e insegnante assai pretenziosa, chiese ai quattro malcapitati di esprimere il loro giudizio su quello che era stato l’incontro. Tra tre sussurri della parola inutile, Blaine prese coraggio e parlò davanti alla classe, forse per la sua prima volta. Era rosso d’emozione, per così poco: aveva paura che qualcuno potesse giudicarlo per ciò che diceva, e il suo carattere introverso di certo non lo aiutava.
“Abbiamo parlato di sogni”, disse sommessamente, realizzando pochi istanti dopo che si trovava davanti a una classe di trenta ragazzi, con il viso che era avvampato quando aveva pronunciato le prime parole, a parlare di sé, quando anche lui se la sarebbe potuta cavare con un ‘inutile’ a fior di labbra. “La riunione è durata poco, se però siamo interessati la prossima settimana alla stessa ora ci sarà un nuovo incontro, e ovviamente dovremo saltare di nuovo ore di lezione”. A quelle parole i tre compagni di ‘avventura’ risvegliarono il loro udito e urlarono a gran voce quanto gli interessassero i programmi di studio all’estero e che anche loro sarebbero andati all’incontro successivo. Le sue stesse parole invece gli illuminarono la mente: per andare a studiare nelle grandi università come Yale, alla quale aspirava, aveva bisogno di ottimi voti in tutte le materie, e puntare su quelle in cui era il migliore della classe poteva essere sicuramente un vantaggio per la sua media. E ripensandoci, neanche l’idea di partire, conoscere nuova gente, sperimentare, gli faceva più così paura: una volta finito il liceo sarebbe dovuto diventare un uomo che fa le sue scelte, che sa il fatto suo, che ha il coraggio di intraprendere sentieri mai esplorati. Gli piaceva viaggiare: gli Stati Uniti li aveva girati quasi tutti, in occasione di qualche lunga vacanza con la famiglia o di qualche weekend fuori per festeggiare il compleanno di qualche amico, ma non aveva mai osato chiedere di andare all’estero. La vacanza studio poteva essere una scusa, e se riempito di “Mamma, lo faccio per il mio futuro e per garantirmi un posto migliore all’università”, forse quel viaggio sarebbe potuto diventare davvero un passo verso il suo piccolo sogno.
La sera stessa lo propose alla madre e al padre che, dopo poco più di una settimana, acconsentirono. “Per il nostro ragazzo tutto”, avevano detto tra lacrime di felicità.


*


Le riunioni continuavano a susseguirsi di settimana in settimana, e i ragazzi ormai rimasti si contavano sulle dita di una mano. Blaine aveva scelto il suo programma tra i tanti proposti: il soggiorno sarebbe durato circa 3 settimane, e avrebbe seguito i corsi in una scuola parigina che prometteva assai bene. Scoprì che una famiglia lo avrebbe accolto a braccia aperte e che così la sua famiglia avrebbe dovuto fare con il ragazzo che avrebbe intrapreso il lungo viaggio verso Westerville.
A tre mesi dalla partenza compilò il modulo ufficiale d’iscrizione: l’emozione era così tanta che non riuscì a scrivere con la sua calligrafia perfetta e sinuosa, ma scarabocchiò soltanto qualcosa nelle sezioni “Cosa mi spinge a intraprendere questo viaggio” e “Dopo questo soggiorno cosa voglio fare”. La seconda pagina, invece, era dedicata tutta al suo essere e alle sue attitudini: tra i corsi opzionali barrò canto e recitazione, che frequentava anche nel liceo dell’Ohio, se mai ci fossero stati ad accoglierlo a Parigi. Poi si bloccò. Il campo Orientamento sessuale richiedeva una crocetta. Miliardi di pensieri affollarono la sua mente. ‘E se non fossi pronto? Se non mi accettassero? Se trovassi qualcuno che potrebbe farmi del male? Che diavolo ci fa questa domanda qui?’ Barrò Omosessuale quasi con rabbia, ma poco dopo si tranquillizzò: era a suo agio con il suo essere, e nessuno avrebbe potuto scalfirlo.
Poco tempo dopo un postino si era recato a casa sua e aveva lasciato un pacco per lui. Alla vista, gli occhi gli si illuminarono, iniziò a sudare freddo, le mani tremavano: era un’emozione vera, l’emozione che si prova quando ci si butta in qualcosa di sconosciuto e si hanno i risultati. Il pacco era piccolo, non conteneva molti oggetti: sulla cima erano posizionate una lettera, una penna marchiata con la scritta dell’organizzatore della vacanza studio e un quadernino con la stessa insegna e una scritta sotto, ‘Diario di bordo’. Blaine aprì la lettera come se fosse una delle cose più preziose al mondo, e i suoi occhi color nocciola brillarono per l’ennesima volta quando lesse che era stato accettato, e che in quel pacco ci sarebbe stato anche il prezioso biglietto aereo che lo avrebbe condotto nella capitale francese. Come allegato della lettera era presente invece una serie di indirizzi e numeri che realizzò essere quelli della sua futura amica parigina. “Aspetta aspetta aspetta un attimo”, disse ad alta voce, come se potesse dialogare con il suo cervello, “il mio scambio avverrà con una ragazza?”. Continuò a leggere.

Le vogliamo comunicare che il suo scambio culturale avverrà con la signorina Chloé Duval*, residente a Parigi, che sarà lieta di accoglierLa dal giorno 9 al giorno 23 del mese di Luglio. Avendo barrato, nella sezione ‘Orientamento sessuale’, la casella ‘Omosessuale’ abbiamo ritenuto coerente la scelta di accoppiarla con una ragazza: come ben saprà tendiamo ad evitare, nei nostri programmi, possibili rapporti che siano esterni allo studio, alla comprensione della cultura e all’amicizia. Essendo quindi Lei l’unico richiedente del soggiorno in Parigi e la signorina Duval unica richiedente del soggiorno in Ohio, Le comunichiamo ufficialmente l’inizio della sua preparazione alla vacanza studio. La preghiamo di appuntare sul ‘Diario di bordo’ contenuto in questo pacco, ogni volta che desidera, emozioni, sensazioni, foto relative alla sua preparazione e al viaggio che si appresterà a vivere.

Buon viaggio
La segreteria


‘Bastava continuare a leggere, mi odio’, pensò, rammaricandosi di quanto fosse impaziente e di quanto non riuscisse a finire una riga per fuggire subito alla successiva per sapere che cosa sarebbe accaduto. Certo, stando con un ragazzo forse avrebbe trovato l’amore che mancava dai tempi del primo anno del liceo, ma credeva che con una ragazza ci sarebbe stata sicuramente più sintonia. Era pronto a partire finalmente, o quasi.


*


L’ultimo incontro di preparazione era ormai giunto al termine, tutti i ragazzi avevano riepilogato con le responsabili del progetto le loro date e le loro ambizioni e si stavano muovendo verso l’uscita e le rispettive auto. Blaine era rimasto lì ancora un attimo, pronto a scaricare sulla signora tutti i dubbi e le perplessità che erano nate nella sua testa durante quei mesi. La signora stette ad ascoltare pazientemente e consolò quel ragazzo dagli occhi nocciola intensi che appariva al suo sguardo come un piccolo cucciolo indifeso.
“Ma quindi... Io non ho capito. Io parto, e quando torno lei viene con me. Ma su che volo? Oppure viene con me nel senso che mi accompagna all’aeroporto però viene qualche giorno dopo? Come faranno i suoi ad accompagnarci? Avranno una macchina abbastanza spaziosa per le nostre valigie?”
La responsabile parlò con voce calda e tranquilla. “Blaine, Blaine Anderson, calmati. Partirete da Parigi insieme, il volo è già prenotato per entrambi. Farete scalo a New York e ripartirete verso Cleveland. Per qualsiasi cosa comunque, sia a te che a lei sono stati dati i nostri recapiti per rintracciarci in qualsiasi occasione. Stai tranquillo.”
Con quella poca sicurezza salutò e si avviò verso la macchina. Durante il viaggio riuscì a pensare solo a valigie, bagaglio a mano, zainetto, documenti. Arrivato a casa salutò con un veloce “Ciao Mà, ciao Pà!” e andò a chiudersi in camera sua, mise un cd e sommerso dalla musica iniziò a tirare fuori tutto quello che pensava potesse essergli di utilità nel suo soggiorno parigino. Mentre dalle casse usciva un acuto favoloso che lo faceva rabbrividire ogni volta, sentì un tonfo fuori dalla sua porta e pochi secondi dopo vide una testa di riccioli scompigliati.
“Maledizione Ellie, che hai fatto?”, sentenziò il ragazzo, con aria scocciata.
“Devi vedere, devi vedere!” Quelle parole uscirono dalle labbra di Ellie Anderson più come un urlo mostruoso che leggiadre come quelle di una bella principessa, quale avrebbe dovuto essere la sorellina. “Sul nuovo numero di GirlNow c’è un poster gigantesco di Kurt Hummel, non potevo non comprartelo!”
“Frena frena frena ragazzina! E tu hai fatto tutte le scale a corsa cadendo davanti alla mia porta per dirmi che hai appena comprato un giornalino per ragaz--.. Un poster gigantesco di Kurt Hummel?! E tu l’avresti comprato per me?!” La sorella annuì raggiante. “Ellie non ci credo, sei la sorella più adorabile del mondo!” Ricollegò tutto, con un enorme sorriso stampato sul volto. L’assolo che lo aveva fatto rabbrividire non poteva che essere di Kurt Hummel, il cantante, attore e ballerino più affermato del momento che aveva fatto breccia nel cuore di Blaine, lasciandolo senza parole ogni volta che vedeva una sua nuova foto di un concerto o vedendo la nuova puntata della serie che stava registrando, reagendo con incredibile gelosia verso tutte le persone presenti in scena.
Blaine non aveva molte certezze su cosa avrebbe fatto in futuro, ma una cosa la sapeva bene: avrebbe continuato ad amare Kurt Hummel.






NOTEE:

*Titolo.
Sarò smielata e ossessiva, ma ho deciso di inserire come titolo di ogni capitolo una canzone che è stata eseguita in Glee (sperando di riuscirci e trovare ogni volta quella giusta). Quindi.. Hope you like it :D
*Chloé Duval. Il cognome Duval non è in nessun modo legato al Nick Duval degli Warblers. E no, Nick e gli Warblers non c’entraranno nulla in questa storia. Il cognome mi piaceva un sacco, anche legato al nome della ragazza, quindi è stato scelto per pura eufonia.
 
Salve a tutti! Mi presento: sono Sara,  toscana e con un po' di anni. Da mooolto tempo mi diverto a leggere fanfiction su Efp, e alla fine ho deciso di scrivere anche io la mia versione di molte storie. E' una storia che ho in mente da quest'estate, ma che non ho mai avuto il coraggio di pubblicare.
Questa è la mia prima fanfiction, quindi perdonatemi se avete trovato qualche errore: spero sempre di essere perfetta e riuscire a fare correzioni dove servono, ma qualcosa ci può sempre scappare! Nel caso, non esitate a farmelo sapere per messaggio privato!
Amo Glee, davvero. E penso si sia notato. E amo la Klaine. Mi hanno insegnato tante cose quei due, specie in un periodo non troppo felice e un po’ solitario. Mi hanno fatto vedere di nuovo cos’è l’amore, e per questo sono grata! E sono ossessionata da Darren Criss e Chris Colfer. Scusate, ma non posso farci niente!
Altre cose che dovete sapere di me è che non passo un secondo senza musica, che suono la chitarra così tanto per, che mi diletto in materie scientifiche ma adoro anche quelle letterarie e che guardo un po’ di serie tv.
Detto questo, spero che questa storia vi piaccia e che continuerete a seguirla :D 

P.S. Voglio ringraziare quel povero ragazzo che mi supporta, ma più che altro sopporta, e beta i miei capitoli! Grazie Nick! Quii vi lascio il link del suo blog, molto molto carino!

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Capitolo 2
*** 'On My Own' ***


 

Capitolo 2 - “On my own”

 
“Kurt, tra cinque minuti devi uscire di casa, l’autista ti sta già aspettando. La tua agenda di oggi prevede una conferenza stampa sul nuovo album, una riunione con i discografici alle ore dodici, poi tua madre mi ha chiesto se poteva vederti nel pomeriggio, ma Josh mi ha detto che c’è una nuova corografia da imparare insieme alle ragazze e mi ha specificato di dirti che non puoi assolutamente mancare”.
“Goldie*, dì a mia madre che non ho tempo, sono una persona impegnata, e tu dovresti saperlo meglio di me! A Josh dì che arriverò il prima possibile, non so a che ora finirà quella benedetta riunione con i discografici. Come sto? Troppo serio?” Kurt uscì dal bagno della sua stanza e improvvisò una piccola sfilata per la sua agente: inutile dire che era perfetto con ogni tipo di abito, dal più formale al più sportivo, ma Goldie pensò che smoking e cravatta per una conferenza stampa fossero eccessivi. La ragazza lo guardò con disappunto, sia per il ritardo immenso che era ormai di routine, sia per fargli capire che doveva cambiarsi e indossare qualcosa di più casual e comodo, dato che l’artista sarebbe dovuto stare fuori di casa tutto il giorno. Kurt rientrò nel bagno roteando gli occhi e sbattendo rumorosamente la porta: quell’outfit aveva richiesto ore e ore di lavoro durante la notte precedente e non poterlo indossare lo mandava su di giri. Nel frattempo, l’agente tirò fuori dalla cabina armadio una grossa borsa blu, che appoggiò sul letto e riempì rapidamente con tutto il necessario per il lavoro in sala prove del pomeriggio. Lo fece senza peso, come da routine, e si fece scappare un sorriso: Goldie era una ragazza semplice ed umile, che si era fatta strada nello showbiz da sola, senza raccomandazioni, sfruttando queste due caratteristiche come punto di forza; si prendeva cura di Kurt da ormai due anni ed era diventata come una sorella per il ballerino, si interessava di lui in ogni momento e riusciva a donargli tutte le attenzioni che potevano mancare ad un ragazzo che vive fuori casa per molto tempo, lontano dalla famiglia e dai propri affetti. La ragazza entrava nella sfarzosa casa di Kurt di prima mattina, sempre in anticipo rispetto alla sua sveglia, salutava domestiche e giardinieri per nome, si serviva la colazione con tranquillità come se fosse a casa propria e andava a svegliare Kurt: ogni giorno era nuovo e pieno di impegni, ma Goldie non si faceva mai mancare la professionalità e l’ondata di affetto con cui quotidianamente riempiva il cuore di Kurt. Lo accompagnava in tutti i suoi impegni e la sera tornava con lui e con il suo autista a casa dell’attore, fermandosi spesso per cena. L’unico lato di Kurt che non amava seguire era quello dell’attore festaiolo, sempre presente ad ogni party di Hollywood: l’avevano deciso di comune accordo, senza però neanche comunicarselo. Nonostante ci fosse chimica e intesa tra i due, Goldie non amava indagare nella vita privata di Kurt, e il ragazzo era sicuramente restio a parlarne. Ovviamente si era presentato qualche episodio in cui l’artista aveva dovuto confessare i sentimenti che lo stavano sconvolgendo o in cui aveva dovuto sfogarsi per qualche spiacevole inconveniente nella sua vita amorosa: Goldie lo aveva pazientemente ascoltato, lo aveva coccolato e lo aveva messo a letto dopo avergli preparato una tazza di tè caldo. Tutto questo le aveva riempito il cuore, e aveva realizzato davvero che era quella la strada che avrebbe dovuto percorrere nella sua vita, al servizio e con l’amicizia di Kurt.
Il ragazzo uscì dopo qualche minuto dal bagno. Goldie rassettò frettolosamente tutto il necessario per la giornata e si avviò a caricare la maestosa Navigator di Kurt, seguita poco dopo dal cantante. I due presero il vialino della villa di Kurt e uscirono dalla proprietà,  dedicandosi mente e cuore alla nuova giornata che quella frenetica vita riservava loro.


*



I genitori di Blaine accompagnarono il ragazzo all’aeroporto.
“Fai il bravo figliolo, ricordati le buone maniere e l’educazione che ti abbiamo insegnato. Saluta cordialmente e ringrazia sempre, rispetta la ragazza e i suoi genitori” disse solennemente il padre. Non era mai stato un tipo apprensivo, ma ogni volta che il figlio doveva imbarcarsi per qualche viaggio diventava estremamente affettuoso e poco incline a lasciarlo andare.
“Amore, tutte le raccomandazioni te le ha già fatte papà. Stai attento, mi raccomando. Parigi è una città grande, ci sono molte persone, la città è caotica e piena di problemi. E soprattutto, segui con costanza i corsi e non farti prendere da strane idee. Ci fidiamo di te pezzettino dolce, mi raccomando”. Ora capiva come mai i suoi genitori stessero così bene insieme: erano esattamente l’uno l’opposto dell’altro, ma andava benissimo così. Sua madre era timorosa per qualsiasi cosa riguardasse suo figlio, ma quando si trattava del suo futuro non vedeva altro che rose e fiori, senza preoccupazioni e inquietudini. Sapeva come lo aveva cresciuto, ed era conscia del fatto che non avrebbe mai tradito la fiducia che loro genitori gli davano.
Blaine salutò i genitori con un lungo abbraccio, un abbraccio che sapeva in piccola parte di addio, in piccola parte di arrivederci, in grandissima parte di Buona fortuna. “L’intraprendere un viaggio non è mai cosa semplice”, concluse nella sua testa. “Fare affidamento su se stessi, sulle proprie forze, sulle proprie capacità, sulle proprie paure”. Gli prese una fortissima fitta all’addome, che rese il respiro difficile e affannato. Non aveva mai avuto di paura volare, anzi, il pensiero di superare chilometri e chilometri in poco tempo osservando l’oceano e i grandi territori lo eccitavano; il terrore che però stesse decidendo della sua vita, del suo futuro, non sapendo se quello fosse realmente un sogno nel cassetto da realizzare,  gli attanagliò lo stomaco e rese difficili altri pensieri. Si avviò per inerzia verso i controlli di sicurezza, che superò rapidamente senza nessun problema, e si diresse svogliatamente verso il gate che aveva già chiamato il suo volo per New York, in cui avrebbe fatto scalo. Si sedette nella sala di attesa, intrattenendosi in quella pausa ascoltando alcune tra le sue canzoni preferite del suo IPod e cercando di calmare il respiro. Alzò gli occhi e si guardò intorno, notando le caratteristiche delle persone che gli sedevano accanto. Amava fare il gioco di immaginare chi fosse e cosa stesse facendo nella sua vita ogni persona che lo circondava: una nonna con una nipotina, che forse la stava riaccompagnando a casa dai genitori dopo un breve soggiorno estivo; un ragazzo vestito casual che fissava ossessivamente lo schermo del suo cellulare, che magari stava aspettando la chiamata della ragazza che sarebbe andata a prenderlo all’aeroporto; un signore che indossava un abito di tutto punto, sul cui biglietto si leggeva chiaramente una priorità d’imbarco, servizio della compagnia aerea che costava molto, quasi sicuramente un manager che rientrava, dopo piccoli affari, nel suo amato loft della sua amata New York, in cui si sarebbe trasferito chiamando un taxi.
 Tutto questo era decisamente divertente e riuscì a portare un po’ di tranquillità nell’animo di Blaine. Si rigirò i documenti in mano per un altro quarto d’ora completo, fino a che lo schermo sopra la sua testa non s’illuminò, indicando l’imbarco prossimo. Una volta salito sull’aereo, si diresse verso il fondo, notando con disappunto che tutti i posti al finestrino erano occupati e terminati. L’anziana signora che prima aveva osservato per tanto tempo intercettò il suo sguardo e sbracciando ed urlando gli comunicò che lei e la nipotina si sarebbero spostate nei posti centrali senza alcun problema. Era il problema di Blaine: ogni persona che gli stava accanto poteva leggere nei suoi occhi e sul suo viso che cosa stesse provando in quel momento e quali fossero i pensieri che gli stavano passando in quel momento per la testa. La signora probabilmente aveva usato questo suo punto debole per comunicare con lui. Prese posto al finestrino e s’infilò le cuffiette negli orecchi, facendo partire a tutto volume una canzone dell’amato Kurt Hummel, che, non si sa in che modo, lo cullò e lo costrinse al sonno.
 


NOTEEE:

*Goldie. Il nome di Goldie non è casuale. Per chi di voi stesse guardando The New Normal (grazie Ryan Murphy per aver creato anche questa serie!), e per chi non lo stesse guardando CORRETE A GUARDARLO, SI TROVANO ANCHE LE PUNTATE IN ITALIANO ORA :D, è proprio a Goldie che mi riferisco, ed è Georgia King che ho in mente. Mi piace troppo, sia come attrice che come personaggio, e credo che sia realmente dolce e tenera. E siccome non è una casualità, staremo (o meglio starete!) a vedere!
 
Il prossimo capitolo parlerà di Blaine. Mi piace molto interiorizzare il personaggio, benchè sia una narrazione in terza persona, perché è bello e lo ritengo molto interessante farvi capire di chi stiamo parlando :D
E voglio ringraziare le ben 2 recensioni (non sapete quanto piacere mi abbiano fatto!), le 8 PERSONE che mi hanno messo tra le storie seguite, la persona che mi ricorda e le ben 2 persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti! Tutto questo è molto emozionante, ve lo dico con il cuore! Questa fanfiction è un po' una scommessa anche con me stessa, e vedere che riesco a raggiungere qualcosa è veramente emozionante! Grazie, grazie a tutti!

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Capitolo 3
*** 'Wanna Be Startin' Something'' ***




Capitolo 3 – “Wanna Be Startin’ Somethin’

 
Dopo varie peripezie e disagi da jet lag, Blaine si trovò come catapultato allo Charles De Gaulle* di Parigi. L’aeroporto era gremito di persone e si ritrovò perso nella frenesia di controlli doganali e delle operazioni per il ritiro dei bagagli. Aveva fatto molta attenzione a accertarsi del meteo prima di partire, ma non era riuscito a riempire la valigia dello stretto necessario: sarebbe potuto stare in Francia per tre mesi, contando ogni maglietta, ogni pantalone, ogni papillon abbinato. L’unico inconveniente, che non aveva notato nella frenesia della partenza, era il fatto che le sue due valigie pesassero venti chili ciascuna e trascinarle avanti e indietro non era cosa facile: ora, oltre al mal di testa e al mal di stomaco, aveva le braccia doloranti per il troppo sforzo, sommate alle spalle che non resistevano più sotto il peso dello zaino che conteneva tutto il materiale per lo scambio.
Uscì con timore dalla porta degli arrivi e trovò, dietro ad un gigantesco  cartello indicante ‘Blaine Devon Anderson – Westerville’, una ragazza solare e raggiante, dall’aspetto gentile e con dei grandi occhi azzurri. Il ragazzo si diresse verso la direzione del manifesto e la ragazza, appena realizzò che era proprio lui che stava aspettando, iniziò a sbracciare e gli corse incontro.
“Ciao Blaine”, disse in un inglese perfetto, ma con chiara cadenza francese, “mi presento: sono Chloé, come ti sarai immaginato”, e scoppiò in una grande risata. Blaine le sorrise di rimando e le tese la mano, che la ragazza afferrò con delicatezza. “Molto piacere Chloé, io sono Blaine, come avrai capito”, e rise anche lui.
“Ti presento la mia famiglia: mio padre, Fabrice, e mia madre, Carolyn, e lui è il piccolo Aramis”, affermò, indicando un cucciolo di labrador color cioccolato che gli scodinzolava felice. “Scommettiamo che tu sia molto stanco Blaine, avviamoci alla macchina”, gli sussurrò Carolyn. Blaine notò il suo inglese ottimo, con un accento che richiamava sia il francese che l’americano. Fabrice si avvicinò a lui prendendogli le valigie, e Blaine si beò di quelle attenzioni un po’ inaspettate ma pur sempre più che gradevoli.


*
 

Parigi, 9 luglio 2013

Charonne*, tu es l'amour!
Caro diario,
sono appena arrivato e già mi sento molto più francese di quanto mi sia mai sentito. Non ti puoi immaginare dove io sia: pensa a Parigi, caotica, luminosa, cemento, strade e ponti e scordati tutto questo. Sono probabilmente in uno dei pochi posti che l’edilizia ossessiva non ha mangiato. Sembra di essere nell’Ottocento, e girare nelle strade di quello che era il villaggio di Charonne è semplicemente spettacolare. Le case sono in mattoncini, e c’è molto verde, e.. ed è tutto adorabile! Mi sento incredibilmente fortunato, incredibilmente fortunato a poter vivere tutto questo. Non so se è la stanchezza che parla, ma vive la France!
La mia camera è grande e spaziosa, e nonostante sia in mansarda il caldo estivo non si sente. Dalle finestre entra quella poca luce della luna che passa attraverso la coltre parigina di smog e cose varie, benchè qui sembri tutto così genuino. Ho già sistemato tutti i miei bagagli: l’armadio è così grande e il letto così comodo! E la sensazione di avere il bagno in camera è fantastica: nessuno che mi urla dietro perché deve entrare (come Ellie) e solo la mia roba sui ripiani. Mi sento libero! Ho appena finito di fare la doccia e mi sento rinfrescato e un po’ meno stanco.
La mia famiglia ospitante è davvero semplice e umile, nonostante la grande casa e i molti agi. Sembra che nonostante tutto, tutto il loro essere si riversi nella loro casa. Carolyn è un amore di donna e mi ricorda mia madre: servizievole, gentile e molto educata e rispettosa. Mi ha mostrato tutta la casa, facendomi vedere i punti principali e la camera di lei e Fabrice, nel caso avessi bisogno durante la notte o durante le giornate di studio. E per essere francese cucina veramente bene: mi ricorda qualcosa di americano nei sapori!
Chloé è un po’ più restia, forse perché sono un ragazzo, o forse perché non lo so. E’ molto timida e non si espone molto. Ne vedremo delle belle, visto che anche io non sono un gran chiacchierone. Dai suoi occhi però lascia trapelare molte cose: so che è contenta di avermi qui, perché le brillano gli occhi e riesce a sorridermi. So che anche lei è stanca, perché oggi per la maggior parte del tempo i suoi occhi erano rivolti all’ingiù e leggermente spenti. Ci sarà sicuramente tempo per imparare a conoscersi, alla fine tre settimane non sono così poche, e dovremo inevitabilmente passare molto tempo insieme, quindi nessun problema.
Non abbiamo ancora parlato di cosa faremo domani, visto che inizio le lezioni soltanto giovedì. Il mio sogno è quello di vedere la Tour Eiffel illuminata di notte, mentre sento risuonare intorno a me arie parigine*, ricche di fisarmonica, di violino e di ritmo. Vorrei andare a vedere ‘La Gioconda’ al Louvre, Leonardo da Vinci mi ha sempre affascinato così tanto! Vorrei avere il tempo per perdermi a Montmartre, perdermi tra gli artisti di strada e pittori che cercano invano di cogliere sulle loro tele l’atmosfera de Paris.  Desidero anche andare a vedere Notre Dame, capolavoro dell’architettura gotica francese… studiandola nel corso avanzato di Storia dell’Arte mi ha conquistato e passare un po’ di tempo là è il minimo che possa fare. E perché no, potrebbe essere una buona idea passare un po’ di tempo con Chloé sulle rive della Senna, sono sicuro che apprezzerebbe, tutti i sognatori adorano impegnare i loro pomeriggi ad osservare il tempo che passa nello scorrere di un fiume. Il mio unico timore è essere deluso da tutto questo, sono sempre così bravo nell’immaginare e farmi viaggi mentali!
A proposito di viaggi mentali… Dopo aver sfatto la valigia ho tirato fuori il poster del mio Kurt, anche se devo decidere ancora dove poterlo mettere: stavo pensando che il posto giusto potrebbe essere dentro l’anta dell’armadio, visto che posto ce n’è a sufficienza e che potrei evitare di rendermi ridicolo agli occhi di Chloé e della sua famiglia. Avendolo appeso immagino che lui possa entrare più facilmente nei miei sogni. Mi sento così impagabilmente lontano da lui ora che sono in Europa. Tutto questo riduce ancora di più le possibilità che un giorno possa incontrarlo, parlarci di persona, magari baciarlo. Dio quelle labbra… Ok, sto decisamente divagando, visto che questo diario dovrebbe essere il custode di buoni e casti pensieri.
Ti saluto, visto che mi stanno chiamando da sotto… tempo di conoscenze!
Alla prossima diario!
Tuo, B.
 








 
 NOTEEE:
*Per chi non lo sapesse, il Charles De Gaulle è il più importante aeroporto di Parigi, in cui arrivano voli internazionali importanti!
 
*Charonne, piccolo quartiere di Parigi che ho scoperto per caso. Potete leggere una descrizione quiii
 
*Chi di voi non ha mai ascoltato la colonna sonora de  Il Favoloso Mondo di Amelié? Se non vi è mai capitato, andate subito su Youtube a cercarne qualche pezzo!
 
Capitolo un po’ di passaggio… Come vi avevo preannunciato mi piace molto descrivere il personaggio di Blaine, forse in modo anche un po’ troppo prolisso ahah mi scuso se mi sono dilungata, ma mi sembrava doveroso! Ringrazio ancora chi mi sta seguendo con passione e chi ogni giorno mi fa complimenti, tutto questo è davvero importante! Grazie a tutti! Alla prossima :)

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