I'm not perfect, but i keep trying

di Ian Is A Fucker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maybe sometimes love is just not enough... ***
Capitolo 2: *** Love changes everything ***
Capitolo 3: *** You can't escape from your past ***



Capitolo 1
*** Maybe sometimes love is just not enough... ***


Rieccoci un'altra volta. Un'altra volta in questa casa, con quest'uomo di fronte a me, e questo cuore spaventato nel petto: spaventato di sè, di ciò che prova e di come lo mostra al mondo esterno. Eppure ci sono così tante persone in questo mondo felici di essere innamorate, perché io no? Cos'ho di diverso? 
Forse avrei dovuto trattenermi quella sera: non avrei dovuto autoconvincermi che amarlo fosse la cosa migliore. E invece l'ho fatto, e mi è piaciuto. Poter prendere il suo viso tra le mani e poter posare le mie labbra sulle sue, poter sentire quella scossa elettrica passarmi per la schiena...
Ma ora ho realizzato l'errore. Lui sembra essere felice con me, e sembra provare il mio stesso sentimento, ma sono confuso: ho bisogno di riflettere.
Il turbine di pensieri viene interrotto dalla sua voce affettuosa.
"Qualcosa non va... ?" mi dice, sorridendomi e facendomi sciogliere il cuore.
"Uh? No no, tranquillo. Sono qui con te... no? Come potrei star male?" poi gli sorrido. Credo nelle parole che dico, perché é vero. Quando sono con lui tutto è diverso, come se tutto intorno sfumasse. E la cosa mi spaventa.
Lui si avvicina a me, e mi dà un leggero bacio sulle labbra. Quel contatto che era diventato sempre più frequente iniziava a farmi male: lo amo, sì, ma inizio a pensare che a volte l'amore, per quanto puro possa essere, non è sufficiente quando la strada si fa più dura. O.. sono semplicemente io il problema.
"...puoi distrarmi quanto vuoi con parole dolci, ma dimentichi che so leggere in quei tuoi occhi di ghiaccio." ancora quel dannato sorriso alla quale non ho mai saputo resistere. Per l'ennesima volta non sono riuscito a ingannarlo. Ma che razza di attore sono?!
Lo osservo sorridendo, ma non ho il coraggio di dirgli cosa mi passa per la mente. Il motivo di tutta questa paura mi è ancora oscuro, ma forse lui potrebbe aiutarmi a...
Cancello immediatamente quel pensiero dalla lista delle possibilità: cosa dovrei dirgli? "Ho paura di ciò che provo, di noi, di te"? Ian Somerhalder che ha paura? Non esiste, non lo ammetterei neanche sotto tortura. 
"C'è un motivo se puoi leggerci... ti amo e te lo concedo" scoppia in una risata e mi dà ragione: conosce bene il mio orgoglio, e sa di non avere il permesso di intaccarlo, in alcun modo!
Mi prende la mano e mi invita a fare un giro con lui. Una passeggiata senza motivo sostanzialmente, ma che in realtà si sarebbe potuta tramutare nell'occasione buona di dire ciò che provo.
Camminiamo mano nella mano, respirando l'aria fresca del bosco che ci circonda, insieme ai mille pensieri che non mi lasciano in pace.
"Hai mai pensato alla possibilità di spegnere i pensieri?" 
"...spegnere i pensieri? A che scopo?"
"Non sempre i pensieri sono produttivi. Spesso e volentieri sono distruttivi...sbaglio?"
"No, non sbagli... ma sono loro a permetterci di essere le persone che siamo."
"Come?"
"I pensieri influiscono nelle decisioni, le decisioni hanno conseguenze, e in base a queste proviamo un determinato sentimento. E non sono forse i sentimenti a renderci noi?"
"Touché." rispondo io, e lui sorride, ma non sembra sorpreso che io abbia tirato fuori l'argomento. Aveva tanto l'aria di un discorso preparato.
"Comunque sì ci ho pensato, ma credo sia giusto così: impararci a convivere e gestirli... fare in modo che non siano loro a controllare me."
Come aveva fatto? In un secondo aveva fatto crollare il mio confuso castello di domande, facendolo diventare così inutile e insensato. Non avrei dovuto mettere in dubbio ciò che per lui era così chiaro. Qualsiasi cosa gli dicessi sembrava avere la risposta giusta, al momento giusto.
Continuiamo a passeggiare. Io ho del tutto scansato i mille dubbi per dar spazio a lui. Era proprio evidente che lo amassi, eh?

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Capitolo 2
*** Love changes everything ***


Più passano i giorni e più mi sento vulnerabile. Che cosa orrenda: non lo vorrei ammettere ma è così. Come se ci fossero due persone che litigano all'interno di me, e che non fanno altro che avere pareri opposti, trascinandomi in oceani di pensieri che mi lasciano senza fiato, tanto che non riesco nemmeno a nascondarlo alla persona che forse più amo: Eric. Non so bene se sia la situazione a farmi stare in equilibrio precario tra tormento e avvilimento, o il fatto io ami un altro uomo, ma la cosa mi frustra a tal punto da non fare altro che annegare in quei pensieri. Io lo amo, eppure sono così confuso. Qualcosa non funziona, e non riesco a spiegarmelo. O meglio, potrei spiegarmelo, ma non voglio pensarci, perché la risposta mi infastidirebbe fin troppo. Ho un orgoglio, io, e una reputazione da difendere! Che Ian sarei se mi dicessi di essere sbagliato? Di essere io il problema in una relazione che potrebbe solo che essere meravigliosa, vedendo quale splendido uomo ho al mio fianco? 
Come al solito chi mi fa tornare sulla terra dei comuni mortali è lui, con la sua adorabile voce preoccupata.
"Inizio a pensare che mi tradisci, sai?". Scoppio in una risata, ma lui continua ad osservarmi accigliato.
"Spero tu stia scherzando! Puoi controllare le chiamate se sei così sospettoso."
"Beh, magari l'ho già fatto e mi aspetto che ammetti tutto e supplichi perdono!". Alzo un sopracciglio e lo osservo scettico. Sapeva bene sia che non sono capace di tradire una persona che amo, sia che non supplico nessuno. Prendo ciò che voglio e non torno sui miei passi.
Sbuffa ormai rassegnato dal fatto io sia così, prendere o lasciare, e che non avrebbe mai ottenuto una cosa del genere dal sottoscritto.
"Almeno dimmi cosa ti sta succedendo! Da quando stiamo insieme non fai altro che essere ombroso... la cosa mi spaventa." Quelle parole non ci volevano. Mi trapassano il cuore come mille aghi appuntiti e continuano a muoversi incrementando il dolore. Non so spiegarmi bene il perché di una simile reazione: se per i sensi di colpa, o per i pensieri in sè per sè, ma fa parecchio male. Vederlo preoccupato in un tal modo a causa mia... mai successo. Uff, ma senti che discorsi che mi faccio. Sono diventato proprio un pappamolle! 
"Sei facile da intimidire allora!" rispondo cercando di evadere qualsivoglia discorso.
Lui non sembra cogliere positivamente quella battuta, al contrario di come sempre fa. La cosa preoccupava me ora. 
Rimane in silenzio con lo sguardo basso, e per quanto avrei voluto essere il solito e far finta che ciò non mi toccasse, cedo e mi avvicino, stringendolo tra le mie braccia dopo avergli accarezzato il viso.
"Non hai motivo di preoccuparti... nessuno o niente che io possa pensare potrà separarci" come avrei voluto credere in quelle parole. Non sono solito mentire, preferisco essere diretto, forse anche tagliente, ma mai bugiardo. Eppure questa volta dovevo: vederlo così preoccupato, per qualcosa che avrei dovuto saper controllare, beh, aveva fatto scattare in me un meccanismo strano, mai scattato prima. Dovevo rassicurarlo e proteggerlo, rincuorarlo.
La sua risposta è una stretta all'abbraccio che gli stavo dando. Stretta che mi fa sorridere, ma che allo stesso tempo mi fa sentire maggiormente in colpa per i miei stupidi pensieri.
"Non sono preoccupato solo di noi... ma di te" quella risposta mi confonde tanto da scogliere l'abbraccio, per cercare di trovare ulteriori dettagli leggendo nei suoi occhi verdi.
"Conosco quel tipo di sguardo vuoto che hai ultimamente. Poche cose vanno bene nella mia vita, forse l'unica sei proprio tu. Vederti soffrire non è facile per me... tanto meno per te". Colpito ed affondato. Era proprio così evidente? O era lui che riusciva a leggermi dentro così facilmente? Una parte di me cercava di convincere l'altra si trattasse di quest'ultima opzione.
"...vorrei solo poterti aiutare..." Quello sguardo colpevole e quell'espressione sconsolata mi fa pesare l'aria come fosse un macigno. Gli prendo il viso tra le mani e accenno un sorriso, troppo spaventato anch'esso da manifestarsi a pieno di fronte a quell'aspetto preoccupato di Eric.
"Tu mi aiuti anche solo respirando... come puoi pensare che ciò che fai non è abbastanza?" Mi fermo immediatamente prima di andare oltre. Il mio cervello continuava a spingermi nel dire "Non devi sentirti in colpa, sono io il colpevole qui". Cosa sono finito a pensare?
"Tu sei tutto per me, non hai motivo di preoccuparti." Incapace di trovare parole migliori mi arrangio con queste, per la prima parte vere. A lui sembrano scivolare addosso, e non capisco il motivo. Ci rimango un po' male sinceramente, ma d'altronde, ammettiamolo, era colpa mia se stava così, me lo merito tutto.
Toglie le mie mani dal suo viso e a sguardo basso mi dà ragione. Non posso vederlo in quello stato, e lo prendo per il braccio prima che esca.
"Scusa... so che è colpa mia..." Quanto impegno ho dovuto metterci nel dirlo! E Eric lo nota. Stupito e un po' intenerito mi lancia un'occhiata piena d'amore dicendomi:
"E' colpa dell'amore, che confonde le carte in tavola." 

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Capitolo 3
*** You can't escape from your past ***


Perché doveva essere così complicato? E inoltre, ero io il complicato, o la situazione? Eric non sembrava affatto essere in condizioni migliori delle mie, e questo iniziava sempre più a spaventare e ad oscurare quell'immagine di noi due allegramente uniti. Che ci era successo? Che fine avevano fatto quei giorni spensierati che trascorrevamo insieme, mano nella mano, pronti a fronteggiare qualsiasi ostacolo, per nulla intimoriti: perché eravamo insieme. Perché ci stavamo autodistruggendo a vicenda? A quale scopo? Ora basta. Sono stanco di tutti questi pensieri e problemi. Voglio solamente perdermi nei suoi occhi e dimenticare il resto... ma non lo posso fare finché non chiarisco la faccenda. Sarò stato io ad azionare il meccanismo lesionista? O era sempre stato acceso? Ed Eric cosa ne pensava di questo? Perché non si confidava con me? Ah, che ipocrita, proprio io vengo a fargli le morali? CAZZO IAN. Fiducia, fiducia, fiducia! Io mi fidavo di lui e lui si fidava di me...o forse no? Forse l'avevo insospettito con i miei atteggiamenti paranoici e adesso era sulla difensiva. Basta cervello, scollegati, non voglio più sentirti. Persino la doccia, unico momento pacifico e silenzioso della mia vita, era stato invaso dall'incertezza. Dannati pensieri. Solo un suono acuto e stridulo come quello della suoneria del cellulare poteva distrarmi da quel turbine di riflessioni che non portavano da nessuna parte. Esco e mi avvolgo nell'asciugamano, giusto per non sgocciolare per casa e poi dover ripulire tutto. Ma la fortuna mi aveva proprio abbandonato e sembravo essere simpatico alla sfiga ultimamente. Senza avere il tempo di realizzare cosa fosse successo mi ritrovo con la schiena sul pavimento. Dannata abitudine di uscire dalla doccia scalso! Quando tento di rialzarmi mi rendo conto che sbattendo il braccio sul comodino ho fatto cadere il cassetto semiaperto, e un sacco di fogli e foto sono sul pavimento insieme a me. Come sono aggraziato. Mi rialzo e mando al diavolo chi mi stava chiamando, che nel frattempo aveva smesso di insistere. Rimetto tutto nel cassetto ma il mio sguardo cade su una foto: c'era una coppia raffigurata. Erano un uomo e una donna abbracciati e con due sorrisi brillanti. Uno di questi era Eric, ne sono sicuro, sebbene sembrasse un'altra persona con quei capelli rossi e le decine di lentiggini sulle guance paffutelle. Non riconosco quella ragazza, e nemmeno mi sembrava che Eric me ne avesse mai parlato. Rimettendola nel cassetto mi accorgo di una scritta sul retro della foto: una dedica. "Al mio piccolo cucciolo". Rimetto tutto a posto, inclusa la foto, e faccio finta di nulla, ma in realtà sapevo che prima o poi avrei fatto ricerche a riguardo. Così faccio infatti, ma non trovo nulla. Forse non era una persona poi così importante... o forse non aveva voluto lasciare nessuna traccia di lei... Certo, anch'io chiamo uno sconosciuto cucciolo, non c'era nulla di cui preoccuparsi, vero? Decido di parlarne con Eric, in fondo, se si tratta di qualcuno a cui tiene, ho il diritto di sapere chi è, e se non ci tiene, tanto meglio. "Dove l'hai trovata?" mi risponde freddo, sorprendendomi: non era mai stato così distaccato... "In un cassetto, per caso. Siete carini insieme..." "Già, tra fratelli dovrebbe essere così". Ne rimango ammutolito. "Tua sorella? Non mi avevi mai detto di averne una" Non risponde. Si vede che è pensieroso e infastidito. Non avrei dovuto chiedergli nulla, nè impicciarmi. Ma d'altronde, se davvero fosse la sorella, perché non ho trovato altro su di loro? E perchè era così restio nel parlarne? Qualcosa non mi quadrava, e non potevo permettermi altri interrogativi. Già avevo i miei mille pensieri a tormentarmi, non me ne servono ulteriori ad aumentare l'ansia. D'un tratto cambia espressione: un'espressione forzatamente positiva. "Non me lo avevi mai chiesto" mi risponde sorridendo. "Scusa... ero solo curioso. Ho visto che hai solo una foto di lei, e mi è parso strano." "Sì, beh, lunga storia" ribatte prendendo la foto dalle mie mani e mettendola in tasca. "Cosa le è successo...?" Si gira squadrandomi da capo a piedi, senza dirmi nulla. Non sembrava più lui. Sapevo di aver premuto un pulsante un po' scomodo, ma non pensavo fino a tal punto... "Sai, a volte per quanto l'amore possa rendere due persone inseparabili, c'è sempre qualcosa che lo mette in discussione. A volte l'amore non basta." Quelle parole... erano le mie! Avevamo in comune più di quello che pensassi. Ma ora la domanda che mi veniva spontanea era: cosa lo ha indotto a fare questi pensieri? Vedendo la mia espressione pensierosa ritorna in sè e mi sorride, come è solito fare. Si avvicina e mi accarezza il viso. "Non devi temere, non sono una persona che si arrende con chi ama. O almeno, farò di tutto per non commettere ancora lo stesso sbaglio." Parole che mi avrebbero fatto sciogliere, ma che in quel momento mi sembravano false, dette solo per tranquillizzarmi e non farmi pensare più a quella foto. L'unica cosa da fare era non tornare più su quel territorio minato e così ho fatto, ho fatto finta di convincermi delle sue spiegazioni bizzarre e di non aver fatto caso al suo cambiamento, ma non mi sarei arreso: gli aveva fatto qualcosa, era ovvio, e non avrei permesso a nessuno di farlo soffrire e di restare impunito! Era mio ed io mi prendo cura di ciò che mi appartiene.

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