One Week Notice

di Mels_36
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1: Daddies (Just like a dream) ***
Capitolo 2: *** Day 2: Alcohol (It's about your future) ***
Capitolo 3: *** Day 3: Scandals (We're all human) ***
Capitolo 4: *** Day 4: Nightmares (We make a great team) ***
Capitolo 5: *** Day 5: (Chicken) Dance ***
Capitolo 6: *** Day 6: Tattoo ('Cause I think I'm falling in love) ***
Capitolo 7: *** Day 7: School Uniform (You've always been different) ***



Capitolo 1
*** Day 1: Daddies (Just like a dream) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Daddies
(Just like a dream)

 

Il sole primaverile splendeva nel cielo e irradiava un gradevole calore, mentre una brezza fresca e leggera scompigliava con grazia la chioma degli alberi, facendo ondeggiare le foglie.
Seduto su una panchina, all’ombra di un platano, Sebastian Smythe si dedicava alla lettura, di gran lunga la sua attività preferita.Tra le mani aveva uno dei romanzi che avevano segnato la sua adolescenza, forse per il fatto che riconosceva se stesso – o perlomeno colui che era stato fino a qualche tempo prima – nel protagonista. Non era un caso che Bel-Ami fosse proprio il soprannome che i suoi amici parigini gli avevano affibbiato, prima della sua partenza per l’Ohio.

Bel Ami usa la sua bellezza e la sua innata sensualità per ottenere ciò che vuole. Proprio come te, Smythe.

Per quanto sapesse che dietro quelle parole c’era una malcelata ironia, lui le aveva accolte con uno dei suoi sorrisetti strafottenti e si era scusato a nome di Madre Natura, che aveva dato così tanto a lui e ciò che rimaneva – a conti fatti, un bel niente – a loro.
Erano passati diversi anni da allora e, per quanto avesse conservato buona parte delle sue vecchie abitudini, molte cose erano successe nella sua vita e lo avevano portato a maturare, a distaccarsi dall’immagine di quel ragazzo per il quale tutto è apparenza.

Molti cambiamenti. Molte scelte. Molti incontri.

E Sebastian era grato al Destino, al Fato o a qualsiasi altra entità per quello che gli era stato dato e per le esperienze che si erano susseguite; a conti fatti non rimpiageva nulla, né i suoi errori passati né tantomeno la parvenza di felicità che aveva raggiunto.
Con un sospiro sistemò meglio gli occhiali sul naso e riprese la lettura dal punto nel quale aveva interrotto.

  “[...] Egli aveva un linguaggio facile e comune, un certo fascino nella voce, molta grazia nello sguardo, e una seduzione irresistibile nei...”

Uno strattone al bordo della sua maglietta gli fece perdere involontariamente il segno.

  “Papà?”

Sebastian arricciò il labbro, infastidito, e semplicemente ignorò quella vocina supplichevole.

  “...baffi. Gli si arruffavano sul labbro, crespi, arricciati, graziosi, di un biondo tendente al fulvo con una sfumatura più pallida nei peli ritti delle...”

Un secondo strattone, più forte e più secco del precedente.

  “Papà.”

Stavolta il tono con cui era stata pronunciata quella parola era più autoritario, quasi servisse a ricordare a Sebastian che, tra i due, a comandare era il suo adorabile figlio di cinque anni.

  “Mathias, cosa c’è?”

Il piccolo, grato dell’attenzione che gli era stata data, cominciò a spiegarsi concitatamente: “Io stavo aspettando il mio turno per l’altalena, poi visto che quella bambina non se ne andava mi sono messo in fila per fare lo scivolo, ma non ho fatto in tempo a scendere che lei se n’è andata e un’altra bambina ha preso il suo posto!”

Sebastian inarcò un sopracciglio, guardandolo con scetticismo.

  “E tu mi vieni a disturbare per questo?”

Un qualsiasi bambino sarebbe rimasto mortificato per quella risposta, o forse si sarebbe semplicemente offeso. Ma Mathias aveva imparato a conoscere il suo papà: sotto quella maschera di indifferenza e ostilità, si nascondeva un cuore grande e gentile. Bastava solo essere abbastanza bravi da sfilargliela.

  “Dimmi cosa posso dire a quella bimba per farle capire che era il mio turno!”

Sebastian chiuse il libro e si portò una mano sotto il mento, fingendo di pensare intensamente. All’improvviso sgranò gli occhi, quasi fosse stato colto da una grande illuminazione.

  “Falla cadere dall’altalena!”

Mathias sbatté le palpebre un paio di volte, mentre le sue labbra andavano a formare una piccola “o”. Si coprì la bocca, inorridito da quella risposta.

  “Ma... Papà! Non si fa!”

Sebastian dovette trattenersi per non scoppiare a ridere, osservando il faccino sconvolto di suo figlio. Mathias aveva uno spiccato senso della correttezza e della giustizia che, quasi inutile a dirsi, non aveva di certo ereditato da lui.
Prese in braccio il bambino e lo sistemò sulle proprie ginocchia, ignaro del fatto che il piccolo ora sorrideva, conscio dell’essere riuscito a portare allo scoperto il lato tenero del suo papà.

  “Certo che non si fa, piccolo. Papà stava scherzando, lo sai.”

Mathias lo scrutò per qualche istante, quasi volesse sondare fino a che punto quella frase fosse sincera.

  “Non sono convinto. Forse dovrei parlarne con...”

Sebastian, colto alla sprovvista e consapevole delle conseguenze di quell’atto, si apprestò a tappargli la bocca.

  “Se non dici niente a lui ti compro un gelato. Affare fatto?”

Il bambino annuì con vigore, sorridendo felice alla prospettiva di essere riuscito ad ottenere così facilmente un premio che, in fondo, non gli spettava. Diede un bacino sulla guancia di Sebastian e lo abbracciò, almeno finché non vide qualcuno arrivare alle sue spalle; il suo volto si illuminò e si affrettò a scendere, mentre correva incontro all’uomo che aveva appena fatto il suo ingresso nel parco giochi e si lanciava tra le sue braccia.

  “Papà!!!”

Sebastian appoggiò il braccio sullo schienale della panchina, mentre osservava quella scena e il suo cuore si apriva giusto un po’ di più, facendo spazio a sentimenti che per lungo tempo gli erano rimasti estranei.
Si ritrovò a ringraziare nuovamente il giorno in cui aveva messo da parte il suo orgoglio e aveva ceduto all’idea che anche lui, nonostante tutto, era destinato ad innamorarsi; ora vedeva i frutti di quella decisione nella splendida immagine che aveva dinanzi a sé.

Il rumore di un ramo che sbatteva contro il vetro di una finestra lo fece sobbalzare di colpo. Com’era possibile che avvenisse un fatto del genere? Erano in uno spazio aperto, non c’erano vetri né tantomeno finestre...





Quando aprì gli occhi la prima volta, non riuscì ad assimilare appieno ciò che era appena successo. Ci vollero un nuovo movimento apri-chiudi, un mettere a fuoco la stanza e una mano premuta contro la bocca – riflesso che fortunatamente gli impedì di urlare – prima che si rendesse conto che tutto quello non era stato nient’altro che un sogno.

Scostò con un movimento brusco le coperte, avvertendo la necessità di sciacquarsi la faccia con dell’acqua possibilmente ghiacciata. Aveva sempre saputo di avere una fervida immaginazione, ma quello superava di gran lunga qualsiasi altro sogno, fantasia – generalmente erotica – o visione che la sua mente aveva concepito fino a quel momento. Si guardò allo specchio per diversi minuti, cercando qualche traccia che spiegasse la sua improvvisa follia; eppure non c’era niente che non andava, niente fuori posto. L’immagine riflessa era la stessa di sempre, quella di un bellissimo, sensuale, perfetto Sebastian Smythe.
Quando i primi brividi di freddo attraversarono il suo corpo, si affrettò a tornare nel proprio letto per avvolgersi nelle coperte calde. Si guardò intorno: era nella sua stanza, alla Dalton, verosimilmente aveva ancora diciasette anni e nessuna paternità era in agguato.

Paternità.

Lui, Sebastian Smythe, padre. Forse era l’elemento di quel sogno che più di ogni altro l’aveva turbato.

Non aveva mai riflettuto seriamente sulla possibilità di avere figli, ma era sicuro che, se qualcuno glielo avesse chiesto, lui avrebbe risposto con una risata e l’invito ad andare da uno specialista. Tuttavia, ora che la sua mente aveva formulato quella possibilità, si sentiva spaesato, com’era naturale che fosse, ma anche stranamente... felice.
Quel bambino – Mathias, nome che sicuramente aveva scelto lui – aveva i suoi lineamenti, i suoi occhi e lo stesso identico ghigno. Era un perfetto piccolo Smythe in miniatura. Certo, se non fosse stato per alcuni dettagli...

Il cigolare del letto accanto al suo lo portò a girarsi verso il suo compagno di stanza, che dormiva beatemente, ignaro dei pensieri che si aggiravano per la sua testa. Sorrise nel vedere un ciuffo di capelli neri fuoriuscire dalle lenzuola; un sorriso che si congelò sul suo volto pochi istanti dopo, quando realizzò che la persona distesa accanto a lui era la stessa che aveva trasmesso buona parte della sua personalità al piccolo Mathias e che compariva alla fine del sogno.

Il nome completo di quel bambino era Mathias Smythe-Harwood.













Note dell'autrice:


Prima shot della Thadastian Week! :)

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Capitolo 2
*** Day 2: Alcohol (It's about your future) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Alcohol
(It's about your future)

 

Era decisamente una fortuna aver percorso molte volte la strada che portava dall’ingresso della Dalton fino alla proprio camera, tanto da conoscerla a memoria ed essere in grado di percorrerla da solo, nonostante lo stato pietoso nel quale si trovava. Se così non fosse stato, avrebbe dovuto chiedere a qualcuno di accompagnarlo, e con la fortuna che si ritrovava sarebbe stato sicuramente una persona di sua conoscenza; non avrebbe potuto immaginare nulla di più patetico.
Appoggiò il palmo della mano sul muro, fermandosi un attimo per riprendere fiato. Non aveva idea di come, ogni singola volta, riuscisse a cacciarsi in certe situazioni; forse pagava per qualche errore commesso nella sua vita precedente, oppure semplicemente aveva un pessimo karma. Ad ogni modo, stare lì a piangersi addosso per la sorte avversa non lo avrebbe aiutato; perciò riprese ad avanzare, barcollando visibilmente e appoggiandosi di tanto in tanto alla parete.
Distolse per qualche istante lo sguardo dalla propria meta, incerto sulla distanza che ancora mancava da percorrere; i suoi occhi si illuminarono quando si accorse di essere davanti alla stanza di Nick e Jeff.

Mancano solo pochi metri.

A conti fatti, una volta superata quella di Flint e Nicholas, avrebbe finalmente raggiunto la sua destinazione; quel pensiero gli diede la carica necessaria per andare avanti e non fermarsi di nuovo.
Sentiva la poca energia rimasta in lui che si affievoliva sempre di più, ma non avrebbe mollato: Sebastian Smythe non si sarebbe mai arreso di fronte ad un ostacolo, piccolo, grande o insormontabile che fosse.

Ed eccola, finalmente, la targhetta appesa di fianco alla porta dov’era inciso il suo nome. Un altro passo e sarebbe stato al sicuro, nella sua stanza .

...Magari non proprio uno. Però ormai era vicino, talmente vicino che quando ebbe la possibilità di posare la mano sulla maniglia, chiuse un attimo gli occhi per gustarsi la vittoria.

Ce l’ho fatta.

Fu con l’aria trionfante che fece il proprio ingresso nella camera, dimenticandosi completamente del fatto che, da quasi un anno, la divideva con un’altra persona.
Era da quella mattina che tentava di evitare, per quanto possibile, il ragazzo con il quale condivideva la maggior parte degli spazi vitali all’interno di quell’edificio; non aveva ancora fatto i conti con il sogno della notte precedente, e sperava ardentemente che, prima o poi, l’avrebbe semplicemente dimenticato.
Riportò la propria mente al momento presente, accorgendosi solo in quell’istante che Thad stava mettendo in ordine la loro stanza, fischiettando un motivetto allegro – neanche fosse stato Biancaneve: al massimo poteva essere l’ottavo nano, Idiotolo –probabilmente seguendo il ritmo della musica che dalle cuffie del suo Ipod arrivava direttamente alle sue orecchie. Era talmente concentrato sulla canzone che ci mise diversi minuti ad accorgersi di non essere più solo; eppure quando i loro occhi s’incontrarono, Thad non poté più in alcun modo ignorare la sua presenza.

Certo, Sebastian neanche immaginava che avrebbe avuto una reazione del genere; osservò Thad di sottecchi, notando che dapprima lasciò cadere il libro che aveva in mano, un edizione tascabile di Il ritratto di Dorian Gray, poi semplicemente spalancò la bocca, guardandolo sconvolto.

E quello non andava affatto bene. Perché quell’espressione era la stessa che, nemmeno ventiquattrore prima, aveva visto sul volto del suo – del loro – piccolo Mathias.

Mio? Nostro? Ma cosa vado a pensare?!

  “Harwood, chiudi la bocca, altrimenti sarà invasa da moscerini.”

Uscirsene con una frase in pieno stile Smythe era, naturalmente, doveroso; era anche l’unico modo che Sebastian conosceva per sbloccare la situazione, e per indurre il suo cervello a smettere di indugiare sull’immagine di quel bambino.

  “Sebastian... Si può sapere cos’è successo?!’

Invece di rispondere a Thad, si incamminò verso il suo letto, trattenendo a stento una smorfia di dolore. Solo quando riuscì a sedersi sul bordo del materasso e si accorse, senza alcun stupore, che l’altro stava ancora aspettando una risposta, si decise a parlare.

  “Rissa.”

Avrebbe potuto mentire, volendo, ma aveva scoperto da poco che Thad non si era mai bevuto neanche una delle sue bugie; tanto valeva essere onesti. Se poi Thad avesse avuto il desiderio di esprimersi, magari per giudicarlo, gli avrebbe semplicemente urlato addosso e intimato di stare in silenzio.

Ma Thad non lo fece. Chiese soltanto: “Allenamenti di Lacrosse?”, aspettando un cenno di conferma da Sebastian e incupendosi quando quello arrivò.

Quella situazione andava avanti ormai da diverso tempo; dopo lo scherzo di cattivo gusto ai danni di Blaine e la perdita dei Warblers alle Regionali, Sebastian aveva perso il posto di prestigio che rivestiva all’interno della scuola e, nonostante la grande influenza di suo padre, ora doveva accontentarsi di essere trattato esattamente come tutti gli altri. Il che significava anche sottostare agli atti di bullismo da parte di quelli che, a differenza sua, quella posizione sopraelevata la ricoprivano ancora; la politica di tolleranza zero della Dalton Academy sembrava aver perso ogni valore. Certo, fino a quel momento non erano mai arrivati ad uno scontro fisico: si limitavano a lanciarsi un po’ di insulti addosso e venivano puntualmente ripresi dal coach, che li spediva direttamente sotto le docce. Una volta anche Thad, trovatosi lì per caso, aveva assistito; questo era il motivo per il quale Sebastian, almeno con lui, aveva dovuto vuotare il sacco.

  “Pensavo che fossere esclusivamente attacchi verbali.”

Sebastian trovò la forza di stendersi sul letto, pur dovendosi mordere il labbro per non lasciarsi sfuggire qualche gemito di dolore.

  “Credo non abbia gradito il fatto che i miei ultimi insulti fossero casualmente indirizzati alle componenti femminili della sua famiglia.”

In realtà lui era contrario all’insultare persone non presenti, e soprattutto detestava tirare in mezzo alla discussione i parenti dell’individuo con il quale litigava. Tuttavia in quell’occasione si era concesso un’eccezione, più precisamente nel momento in cui quel coglione di Rogers aveva preso di mira i Warblers. Per quanto Sebastian li trovasse fastidiosi, rumorosi, infantili e terribilmente immaturi, erano suoi amici, tra l’altro i migliori che avesse mai avuto; perciò nessuno poteva arrogarsi il diritto di insultarli – escludendo Sebastian, chiaramente – o di offenderli.

Anche se ho perso del tutto il controllo solo nell’istante in cui ha nominato Thad.

  “Vado a prendere l’alcool in bagno.”

Sebastian si ritrovò genuinamente confuso:  da quando Thad metteva la birra in bagno?

  “Ti ringrazio per l’offerta, ma non credo che bere mi aiuterà molto.”

Non ricevette nessuna risposta, perciò attesse che Thad tornasse in camera; lo fece pochi minuti dopo, con i mano...

  “Harwood, che diamine è quella roba?!”

Thad, con un ghigno per nulla affidabile sulle labbra, sollevò gli oggetti per mostrarglieli meglio.

  “Disinfettante, garza, cerotti... Tutto il necessario.”

Al sentire nominare quelle cose, Sebastian si raggomitolò il più possibile sul letto. Non aveva alcuna voglia di farsi medicare, meno che mai dalla persona che era entrato in uno dei suoi sogni senza neanche chiedere il permesso.

  “Scordatelo.”

L’altro non si lasciò minimamente scoraggiare dal suo tono di voce – un misto tra “se ci provi ti uccido” e “voglio la mamma!” e si sedette su una piccola porzione del suo letto, all’altezza dei suoi fianchi.

  “Soffio sulla bua così passa in fretta, va bene pulcino?”

E Thad ammise con se stesso che quella cuscinata in faccia se l’aspettava – e se la meritava anche –  ma l’impulso di prenderlo in giro era stato troppo forte per provare anche solo a resistere.

  “Harwood, ti torturerò con estrema lentezza per farti soffrire atrocemente, darò parte del tuo corpo in pasto ai leoni e ciò che resta in pasto agli squali.”

  “Agghiacciante, non c’è che dire.” Thad approfittò del fatto che Sebastian fosse concentrato nell’assassinarlo utilizzando solo i suoi occhi per afferrargli il braccio ed iniziare a disinfettare il taglio che aveva lungo di esso: “Avresti un futuro come sceneggiatore di film horror.”

  “Dannazione, Harwood! Quella roba brucia!” iniziò a lamentarsi a gran voce, e Thad si preparò mentalmente a passare la prossima mezz’ora con le imprecazioni di Sebastian nelle orecchie.

  “Lo faccio per te, sai?”

Sebastian a quell’affermazione tacque, rendendosi conto di non essere preparato ad una simile dimostrazione di interesse, o peggio, di affetto nei suoi confronti.

I sentimenti, per lui, erano sempre stati un terreno dal quale stare il più possibile alla larga; non capiva quale fosse lo scopo di aprirsi e di riversare il proprio amore su qualcun altro che, inevitabilmente, prima o poi avrebbe finito per ferirti.
Thad, invece, era l’esatto opposto di lui: voleva bene a tutti, era sempre disponibile per gli altri, e nonostante le ferite ricevute e rimarginate a fatica, continuava ad essere “Il piccolo e sentimentale Harwood”, come l’aveva ribattezzato con affetto Nick.

Posò il suo sguardo sul volto di Thad che, dopo avergli sistemato il braccio, si era sporto verso di lui per disinfettargli il taglio sul sopracciglio; Sebastian si accorse che nel farlo aveva inavvertitamente posato la mano sul suo fianco.

Calore.

Quella mano con un semplice tocco stava trasmettendo al suo corpo una sensazione di calore e di serenità; se avesse potuto, Sebastian avrebbe fatto in modo di non privarsene mai.

Terra chiama Sebastian.

  “Ho finito.” Thad sorrise con gentilezza, riscuotendo l’altro dallo stato di semi-incoscienza nel quale era piombato.

Stavo per riaddormentarmi. Scommetto che l’avrei sognato di nuovo.

  “Mi duole ammetterlo, Harwood... Ma sei stato davvero in gamba.” Sorrise, uno di quei sorrisi sinceri che conservava solo per le occasioni speciali o per le persone giuste. “Grazie.”

Quella piccola concessione gli permise di godere della vista delle guance di Thad che si tingevano leggermente di rosso.

  “Sai... Mi piacerebbe studiare medicina.”

Sebastian fu sorpreso da quella piccola confessione, ma allo stesso tempo ne fu piacevolmente colpito.

  “Saresti un ottimo medico.”

Aveva detto quella frase fondamentalmente per due ragioni: da una parte perché voleva che le guance di Thad diventassero ancora più rosse, dall’altra perché ne era fermamente convinto. Tuttavia Thad reagì in modo del tutto diverso da come aveva immaginato; si alzò in piedi frettolosamente, quasi fosse rimasto scottato, e mormorò a voce bassissima, più a se stesso che a Sebastian: “Non sono all’altezza.”

  “Stai scherzando?” Quella reazione aveva notevolmente infastidito Sebastian, che avrebbe volentieri voluto alzarsi in piedi e scrollarlo per le spalle, di modo che si rendesse conto che stava farneticando: “Hai appena fermato diverse emorragie sparse per il mio corpo. Non sarei vivo se non fosse per te!”

Notò con piacere che Thad riuscì a sbuffare una risatina, smorzando la tensione che di fatto che si era accumulata nell’arco di pochi minuti.

  “Sebastian, non sono in grado di farlo. Ascolterò mio padre e rileverò l’azienda di famiglia.”

E no, quello a Sebastian non stava affatto bene. Aveva un’idea ben precisa delle pressioni familiari – suo padre aveva deciso da tempo che il proprio figlio avrebbe seguito le sue orme e sarebbe entrato alla Harvard Law School – ma lui, a differenza di Thad, non aveva sogni e di conseguenza nulla da perdere; l’avrebbe fatto perché, tutto sommato, studiare legge piaceva anche a lui. Per Thad era diverso: non doveva rinunciare a ciò che voleva veramente a causa dell’ottusità paterna.

  “Ascoltami bene, Harwood.” Sebastian fece pressione sui gomiti, nel tentativo di sollevarsi un po’ dal materasso: “Tu non rileverai un bel niente. Stiamo parlando del tuo futuro qui, non di un gioco di società. Perciò segui il tuo sogno e arriva fino in fondo. E, per favore, smettila di dire che non sei in grado: io ho fiducia nelle tue capacità.”

Thad aveva il volto rivolto verso il pavimento e taceva, facendo temere a Sebastian di aver esagerato.

  “Saresti... saresti il primo e l’unico a credere in me.”

  “Sai, Harwood” Sospirò, prendendosi il tempo necessario per continuare: “A volte basta un’unica persona che creda in te.”

Thad finalmente incrociò il suo sguardo, e Sebastian poté leggervi all’interno riconoscenza, gratitudine e fiducia; deglutì rumorosamente, quasi spaventato.

Non credo di meritarlo.

  “Grazie, Sebastian.”

In quel preciso istante avvertì nuovamente la sensazione di calore che aveva provato a contatto con il corpo di Thad, ma stavolta veniva dal suo stomaco e si diffondeva con una velocità impressionante nel resto del suo corpo.

Mi starà sicuramente venendo la febbre

  “Cosa faresti senza di me, Harwood.” Aveva usato di nuovo il  suo classico tono strafottente, giusto per  ricordare – probabilmente a se stesso – che aveva sempre una certa immagine da iper(in)sensibile da mantenere. “Ora per cortesia spegni la luce e lasciami riposare.”

Thad ridacchiò e, senza aggiungere altro, eseguì l’ordine. Subito dopo aprì la porta della stanza per andare a cena, non prima di aver sussurrato un “Buon riposo, Sebastian.”

Mathias, meglio per te che non entri nei miei sogni, altrimenti niente gelato per una settimana.














Note dell'autrice:

Eccoci alla seconda giornata della Thadastian Week!

Come alcuni di voi avranno intuito, questa raccolta è una specie di minilong, che segue gli eventi accaduti nell'arco di una settimana alla Dalton, precisamente la settimana durante la quale Sebastian ha capito di non poter fare a meno di Thad ;)

A domani con il prossimo prompt, "Scandals"!

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Capitolo 3
*** Day 3: Scandals (We're all human) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Scandals
(We're all human)

 

“Trent, ricordami esattamente per quale motivo non siamo andati al solito cinema di Westerville.”

Thad stava seriamente iniziando a perdere la pazienza. Erano circa due ore che lui, Trent, Richard e David giravano a vuoto per Lima, alla ricerca di questo fantomatico Lima Regal Cinemas, e questo solo perché nessuno si era preso la briga di procurarsi l’indirizzo esatto.

  “Te l’ho detto,all’Hollywood Studio Theatre non davano più Les Misérables e io ci tenevo a vederlo!”

Thad avrebbe volentieri iniziato a dar testate al volante, ma si disse che doveva essere forte; se il Destino avesse voluto, avrebbe potuto sfogare i nervi strozzando Trent una volta sceso dalla macchina.

  “Se me lo avessi chiesto ti avrei detto subito che Eponine muore.”

Un coro di “THAD!” risuonò per tutto l’abitacolo della macchina.

Trent si lasciò andare contro il sedile posteriore dell’auto, sospirando tristemente: “Ora non ho più voglia di vederlo.”

L’ispanico esultò mentalmente, grato che il suo amico avesse cambiato idea, e fece un piccolo gesto di vittoria che non sfuggì a David, seduto di fianco a lui; trattennerò entrambi una risatina prima che Thad si schiarisse la voce, nel tentativo di apparire nuovamente serio: “Quindi torniamo alla Dalton?”

  “Neanche per idea.” Richard se ne stava comodamente rilassato, con le mani dietro la nuca e un ghigno per nulla affidabile sul volto. “Io voglio sapere come muore.”

  “Sei un sadico, James.” David scosse la testa, ormai rassegnato a certi aspetti della personalità di Richard. “Comunque se proprio ci tenete a vederlo, propongo di fermarci e chiedere informazioni.”

  “Chiedere a chi?” Thad si guardò intorno, alla ricerca di qualche traccia di vita. “Questo posto è deserto!”

  “Lì!” Trent indicò un punto poco più avanti, dal qual proveniva una luce soffusa. “Sono sicuro che sapranno dirci dove si trova il cinema!”

  “Se lo dici tu...” Thad sospirò, sconsolato; per almeno altre tre ore non avrebbe visto il suo adorato letto.

Guidò fino al locale illuminato, sperando ardentemente che fosse un semplice ristorante aperto fino a tardi, ma naturalmente sapeva di non poter sperare in una tale fortuna; fu questa la ragione per cui non ebbe nessuna reazione quando lesse il nome del posto.

Scandals.

  “Ehi... Ma quello non è il locale di Sebastian?”

Thad alzò gli occhi al cielo: “Sinceramente non credo se lo sia comprato, Richard. Ma puoi sempre chiedere a lui.”

Il volto di Richard si illuminò: “Non pensavo che avresti acconsentito così facilmente ad entrare, Thad! Evidentemente avevo sottovalutato il tuo lato peccaminoso.”

  “Cos---no! Non intendevo chiederglielo ora!”

Ma era troppo tardi: Richard era già sceso dalla macchina, seguito a ruota da Trent che sembrava aver completamente dimenticato Les Misérables e la sua adorata Eponine.

  “Che facciamo, li seguiamo?” Thad guardò David nella speranza che gli rispondesse qualcosa come No, lasciamoli qui, se la caveranno da soli.

Invece tutto quello che ricevette furono un sospiro e un “Abbiamo forse altra scelta?”, prima che entrambi scendessero dalla macchina al seguito di quei due sciagurati.

Naturalmente entrare non fu così semplice: non avendo con loro i documenti – che comunque non sarebbero serviti a molto – trovarono una ferma opposizione da parte del buttafuori, che non voleva in alcun modo farli passare; solo le prolungate minacce di Richard di chiamare la polizia e di segnalare che all’interno c’era un minorenne – Sebastian, per l’appunto – riuscirono a convincere quell’uomo a lasciarli entrare.

  “Non sei neanche sicuro che Sebastian sia qui, stasera” lo rimproverò Thad non appena misero piede nel locale.

  “Ma quel tipo non poteva sapere che io non sapevo, no?”  rimbeccò di rimando Richard, strizzando l’occhio nella sua direzione; dopo di che afferrò Trent e David per un braccio e li portò in mezzo alla pista, per ballare e scatenarsi un po’, lasciando Thad in balia di se stesso.

  “Harwood, non pensavo frequentassi certi posti. A saperlo ti avrei portato con me molto prima.”

Thad non ebbe bisogno di voltarsi per sapere a chi corrispondesse quella voce.

  “Smythe.”

Si girò verso il suo compagno di stanza, seduto al bancone con un boccale di birra davanti; il suo sguardo cadde immediatamente sul sopracciglio e sul taglio ancora ben visibile.

  “Non saresti dovuto venire qui stasera, lo sai?”

Sebastian gli fece cenno di avvicinarsi, sollevando poi la manica della sua maglietta e mostrando orgoglioso la fasciatura che Thad gli aveva fatto il giorno prima.

  “Hai una vaga idea di quanto piacciano i cattivi ragazzi? Le mie ferite di guerra sono un incentivo a farli avvicinare e, naturalmente, a farmi offrire da bere.”

Thad si ritrovò a sorridere; non sapeva come Sebastian riuscisse sempre a trarre profitto dalle situazioni che gli si paravano davanti. Si sedette accanto a lui, non prima di aver lanciato un’occhiata agli altri tre quasi a mo’ di rimprovero.

  “Che ti offro, Señor?” chiese Sebastian, un luccichio derisorio nello sguardo.

  “Nulla, Monsieur. Devo guidare.”

Sebastian alzò gli occhi al cielo: “Il guidatore designato. Come sempre.”

  “Come se fosse colpa mia” borbottò Thad, stizzito.

L’altro chiamò comunque il barista per ordinare.

  “Una coca-cola per lui e un’altra birra per me.”

Restarono qualche minuto in silenzio, sorseggiando le loro bibite, visto che nessuno dei due sembra intenzionato ad ingaggiare la conversazione per primo. Alla fine fu Thad a schiarirsi la voce: “Quindi è questo che fai quando vieni qui? Bere?”

Sebastian scrollò le spalle.

  “Bere, ballare quando mettono musica decente, magari trovare qualche ragazzo carino con cui passare un piacevolo quarto d’or...”

  “Alt. Non voglio dettagli.”

Thad aveva usato un tono perentorio, ma in quel modo aveva solo stuzzicato Sebastian, che sembrava non vedesse l’ora di affrontare certi argomenti di discussione.

  “Perché non vuoi parlarne, Harwood? Potresti trovarli troppo... coinvolgenti?”

La risposta di Thad fu bloccata sul nascere, perché un ragazzo si avvicinò a loro chiedendo a Sebastian di ballare. Non era un tipo molto interessante: era mingherlino, i capelli avevano uno strano colore grigio-topo e aveva un volto che si poteva definire tranquillamente anonimo. In sintesi, se non si fosse rivolto espressamente a Sebastian, non si sarebbero nemmeno accorti di lui. Fu per questa che Thad si aspettava un rifiuto da parte dell’altro: con sua grande sorpresa, invece, Sebastian accettò, e dopo avergli mormorato un “Torno subito” si allontanò con il ragazzo e raggiunse il centro della pista da ballo.

Thad era genuinamente confuso. Sapeva perfettamente che Sebastian aveva un cuore – a differenza di quello che credevano le New Directions e buona parte degli idioti che frequentavano la Dalton – ma era anche a conoscenza del fatto che amava nascondersi dietro una maschera fatta di cinismo e freddezza, quasi servissero a preservarlo dall’avere troppi rapporti umani. Perciò si aspettava che Sebastian avrebbe semplicemente respinto la richiesta di quel ragazzo, magari accentuando in modo sgradevole i suoi difetti fisici e spingendolo sull’orlo delle lacrime.

Continuò a guardarli ballare, perso nelle sue elucubrazioni mentali e completamente dimentico del fatto che all’interno del locale ci fossero altri suoi amici, intenti a scatenarsi insieme ad un paio di drag queen.

Quando Sebastian si congedò dal giovane e tornò accanto a lui, ebbe subito l’impulso di chiedergli quali ragioni l’avessero spinto ad accettare l’invito, ma decise di prenderla alla larga.

  “Ti sei divertito?”

Sebastian storse la bocca, un po’ contrariato.

  “Non proprio. Non avevo pensato al fatto che il mio ginocchio destro è ancora fuori uso.”

  “Eppure sei andato lo stesso a ballare.”

Frena, Thad, frena.

Il francese fece spallucce.

  “Mi sembrava scortese rifiutare.”

  “Scortese?” Thad non riusciva a credere alle proprie orecchie. “Pensavo di parlare con il grande Sebastian Smythe, colui che può avere tutti i ragazzi del mondo e che di conseguenza sceglie solo i più belli.”

Vide dall’espressione di Sebastian che era molto contrariato dal fatto che stessero affrontando quel tipo di discussione.

  “Penso che tu ti sia fatto un’idea sbagliata sul mio conto, Harwood” rispose molto freddamente.

  “Sto solo appurando i fatti! Del resto sei stato tu stesso a raccontarmi quell’episodio con Karofsk... Oh.”

E non ci fu bisogno di aggiungere altro. Perché ora capiva perfettamente il comportamento di Sebastian, perché si fosse mostrato gentile con quel ragazzo, perché avesse accettato di ballare con lui.

Sensi di colpa.

  “Sebastian, sai benissimo che non è colpa tua quello che è successo a Dave...” ma non poté proseguire, interrotto dall’irruenza di Sebastian.

  “Chiudi il becco, Harwood. La cosa non ti riguarda.”

Thad non voleva concludere la discussione in quel modo – in realtà non voleva concluderla affatto – ma sapeva che non dipendeva da lui. Sebastian si era chiuso a riccio, e ora qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stato sicuramente un passo falso.

Fortunatamente Richard, Trent e David scelsero proprio quel momento per fare il loro ingresso in scena: “Smythe! Che strano trovarti qui!”

Sebastian tirò fuori il suo solito ghigno, espressione ormai consumata che utilizzava per nascondere le proprie emozioni.

  “Potrei dire lo stesso di te, James. Pensavo preferissi le grazie femminili.”

  “Non fare il guastafeste! Questo è solo un po’ di sano divertimento!” Finì la frase e trascinò Sebastian a ballare, seguito da Trent e David che ormai sembravano averci preso gusto.

***


Non aveva affatto apprezzato la discussione che aveva avuto pochi minuti prima con Thad. Il fatto che fossero compagni di stanza, o al limite amici, non lo autorizzava minimamente ad entrare tanto a fondo in faccende personali come quelle.

A dispetto di quello che credeva Thad, Sebastian non si riteneva affatto responsabile per il tentato suicidio di Karofsky. La responsabilità era di quei deficienti della sua scuola, di quei tipi esaltati come Rogers che vedevano in quegl’atti di bullismo un motivo di vanto.

Coglioni.

Certo, ciò non giustificava le parole che aveva rivolto quella sera a Dave né tantomeno il tono con cui le aveva pronunciate; aveva lasciato che il suo lato superficiale avesse la meglio, etichettandolo come uno-dei-tanti-sfigati-che-girano-in-questo-posto. Ma quando la notizia del tentato suicidio era giunta fino a lui, aveva realizzato che avrebbe dovuto trattarlo con più riguardo, perché in fondo era solo un ragazzo che cercava di star bene con se stesso; aveva così intrapreso un lungo processo di redenzione, che era iniziato con il raccogliere fondi per l’associazione Lady Gaga alle Regionali ed era proseguito con il festeggiare con i Warblers dopo la gara, nonostante la disfatta.

I suoi occhi incrociarono quelli di Thad, che sembrava veramente dispiaciuto per come erano andate le cose; Sebastian decise semplicemente di non farci caso e continuò a ballare con gli altri, che erano terribilmente euforici.

Era da tanto che non si divertiva in quel modo: per quanto a volte gli incontri che faceva allo Scandals potevano definirsi interessanti, spesso finiva semplicemente con il bere qualcosa e tornare alla Dalton, con la semplice compagnia dei suoi pensieri. Quella sera scoprì che era molto più divertente stare insieme ai propri amici: si rideva, si scherzava, si facevano battute – a volte spinte – e difficilmente ci si annoiava.

Si azzardò a lanciare di nuovo un’occhiata a Thad, ma l’allegria che lo aveva contagiato fino ad un istante prima si diradò rapidamente.

Thad stava intrattenendo una conversazione con un tipo, che Sebastian aveva immediatamente etichettato come “poco affidabile”, e sembrava anche decisamente compiaciuto .

Provò una vaga – altro che vaga, piuttosto intensa – sensazione di fastidio all’altezza dello stomaco. Molti l’avrebbero definita gelosia, lui la definiva direttamente invidia.

Invidiava gli sguardi provocanti che quel tipo lanciava a Thad.

Invidiava il modo in cui si avvicinava sempre di più a lui.

Invidiava la mano che stava andando a posarsi sul suo fianc --- eh no, col cavolo!

Quello non lo invidio, glielo impedisco proprio.

  “Tesoro!” Sebastian avrebbe odiato se stesso per il modo in cui aveva esordito, ma in quel momento non aveva importanza. “Credo sia ora di tornare a casa.”

Thad non disse una parola, totalmente estrefatto da quel comportamento; tuttavia, visto che quel tipo sembrava non volersene andare, Sebastian sottolineò il concetto stampando un bacio sulle labbra di Thad. Fu solo in quel momento che l’altro ragazzo alzò i tacchi e finalmente si allontanò; Sebastian ne approfittò per portare Thad fuori dal locale, immaginando l’esplosione che sarebbe conseguita al suo gesto.

  “MA SI PUO’ SAPERE CHE TI E’ PRESO?”

Ed eccola la sfuriata che Sebastian temeva e che, tutto sommato, si aspettava.

  “Avvicinarti senza uno straccio di motivo, fingerti il mio ragazzo e baciarmi. L’alcool ti ha per caso dato alla testa, Smythe?!”

  “Andiamo, Harwood” Sebastian tentò di minimizzare l’accaduto. “Non si poteva neanche definire un bacio, quello. Al massimo uno sfregamento di labbra.”

  “Questo non giustifica quello che hai fatto!”

Sebastian si strinse la sella del naso: “Harwood, l’ho fatto solo per allontanare quel tipo. Non aveva propriamente l’aria di un bravo ragazzo.”

  “Cosa ne puoi sapere, tu? Per caso lo conoscevi?”

La rabbia di Thad continuava a crescere a dismisura, di questo Sebastian ne era perfettamente consapevole. Solo che non aveva idea di come frenarla.

  “Penso che le sue intenzioni fossero piuttosto chiare, sai? Dal modo in cui ti spogliava con gli occhi.”

  “E se anche fosse?” E davvero quella frase non poteva averla detta Thad, non era possibile. “Gli avrei semplicemente risposto di non essere interessato!”

  “Tu credi veramente che a quello sarebbe interessata la tua opinione? Avrebbe ottenuto ciò che voleva, con o senso il tuo consenso!”

  “Non tutti sono come te, Sebastian!”

Il gelo calò in mezzo a loro, accompagnando i loro respiri alterati e il silenzio che aveva seguito quell’esclamazione, pronunciata da Thad con troppo trasporto e senza reale motivazione; probabilmente gli era sfuggita, probabilmente si rendeva conto di essere andato troppo in là con le parole, ma questo non cambiava i fatti: aveva colpito Sebastian e l’aveva ferito profondamente.

  “Io non farei mai una cosa del genere, Harwood. Mai. Ti è chiaro il concetto?”

E in quel momento Sebastian avrebbe volentieri preso a pugni Thad, per la rabbia e la frustrazione, per averlo accusato di un atto tanto grave e assolutamente non perdonabile, per aver potuto credere anche solo per un istante che lui potesse essere quel genere di mostro.

  “Thad...” Una voce alle loro spalle li riportò alla realtà circostante, facendo loro dimenticare per pochi secondi quello che era appena successo “Ci stavamo chiedendo che fine avessi fatto.”

Dall’espressione colpevole di David, Sebastian intuì che aveva ascoltato tutto, o perlomeno la parte finale del litigio; distolse lo sguardo, incapace di affrontare il giudizio di qualcun altro.
 
“Vado a recuperare Trent e Richard e ce ne andiamo” esclamò Thad, con un tono che voleva apparire calmo e che invece risultò solo terribilmente insicuro.

  “Io vado a recuperare la mia macchina.”

Sebastian si apprestò a lasciare in fretta quel luogo, senza neanche guardarsi alle spalle, ma Thad lo fermò, posandogli una mano sul petto, proprio all’altezza del cuore.

  “No. Tu vieni con noi.”

  “Scusami?” Se Thad credeva che quello fosse il modo giusto per scusarsi, aveva fallito alla grande. “Quello che dici è completamente senza senso. Ho la mia auto, non vedo perché dovrei venire con voi.”

Aveva parlato restando fermo, permettendo alla mano di Thad di restare premuta su di lui; nonostante la rabbia, nonostante la voglia di gridare e di liberarsi da quel peso, non riusciva a fare a meno del calore che quel ragazzo sembrava emanare ogni volta che i loro corpi entravano in contatto.

  “Hai bevuto, Sebastian. Non mi importa se non ritieni di essere ubriaco e se normalmente dopo aver consumato alcoolici guidi, stavolta vieni con noi.”

  “E la mia macchina? Non credo che tornerà alla Dalton volando.”

  “Ti accompagnerò domattina a riprenderla.”

Sebastian continuava ad essere poco convinto della cosa, ma di fronte alla determinazione di Thad sembrava non avere altra scelta. Perciò fece un lieve cenno affermativo prima che Thad sparisse all’interno del locale per recuperare i suoi amici.

  “Non lo pensa davvero.” David ci mise poco a rompere il silenzio che c’era tra loro, un silenzio ben più confortante di quello che aveva seguito l’affermazione di Thad. “So che non mi riguarda minimamente e che è una cosa tra voi, ma posso assicurarti che non lo pensa.”

  “Se non lo pensasse non l’avrebbe detto, non trovi?” Sebastian non seppe spiegare per quale motivo aveva risposto; probabilmente voleva solo capire.

  “Thad a volte ha la tendenza a straparlare. Non è la prima volta che perde il controllo in questo modo.”

Sebastian aspettò che David continuasse, ma si rese conto che l’altro stava attendendo che fosse lui a dargli il permesso.

  “Quando è successo?”

David sorrise appena, grato del fatto che Sebastian fosse disposto ad ascoltare e forse, a perdonare. “Due anni fa, con Wes. Gli disse che era un accentratore di potere, che voleva comandare sugli altri, che avrebbe fatto presente il suo nome a qualche Paese in cerca di dittatore. Wes non gli perdonò quell’ultima affermazione e non si rivolsero la parola per due mesi, finché Thad non si scusò pubblicamente con lui di fronte agli altri Warblers.”

Sebastian sembrava colpito da quella storia, ma ancora non riusciva a capire fino in fondo quello che David stava tentando di dirgli.

  “Continuo a non capire perché ci tiene a ferire in questo modo le persone durante un litigio.”

  “Lui non ci tiene, Sebastian. E’ un meccanismo di auto-difesa: io ti faccio del male prima che tu possa farne a me.”

  “Ma è un ragionamento assurdo e completamente privo di logica!”

  “E’ una logica umana.” David fece spallucce e gli lanciò un mezzo sorriso. “Di conseguenza è terribilmente imperfetta.”

La conversazione finì in quel modo, anche a causa dell’arrivo degli altri tre; Richard era talmente ubriaco da non ricordarsi nemmeno il suo nome, mentre Trent sonnecchiava sulla spalla di Thad, mormorando frasi senza senso come “Quanto sono belli gli unicorni con la gonna che volano.”

Li caricarano in macchina di peso, non senza una certa fatica; a quel punto Sebastian si apprestò a sedersi sui sedili posteriori con loro, ma fu preceduto da David, che gli rivolse un sorriso d’intesa, a cui lui rispose con una smorfia. Una volta che si fu sistemato accanto a Thad, partirono in direzione della Dalton.

Il viaggio fu silenzioso, se non si teneva conto del lieve russare di Richard e di Trent, che ogni tanto si lasciava sfuggire qualche affermazione bizzarra nel sonno; anche David aveva gli occhi chiusi, nonostante Sebastian avesse il sospetto che stava fingendo, probabilmente per dare a lui e Thad la possibilità di parlare. Fu proprio quest’ultimo, dopo una mezz’oretta, a rompere il silenzio.

  “Mi dispiace per prima. Non penso minimamente ciò che ho detto.”

Sebastian sospirò; voleva che le cose si risolvessero, ma era decisamente troppo stanco per affrontare una nuova discussione.

  “Harwood, non import...”

  “No, fammi finire.” Thad sembrava risoluto nel portare a termine il discorso iniziato. Teneva lo sguardo fisso sulla strada, ma la sua attenzione era completamente rivolta a Sebastian. “Ti conosco, so perfettamente che non saresti neanche lontanamente in grado di concepire un atto del genere. Mi sono lasciato prendere dalla rabbia, ho tentato di dare una giustificazione al fatto che avessi voluto aiutarmi senza pretendere nulla in cambio. Ho dimostrato di essere un totale imbecille e non posso fare altro se non chiederti scusa”

Sebastian non si aspettava un discorso del genere. Stando a quello che gli aveva raccontato David, Thad ci aveva diversi mesi a scusarsi con Wes; questa volta sembrava invece aver messo subito da parte il proprio orgoglio nella speranza che la loro amicizia – se tale si poteva definire – non avrebbe subito conseguenze.

  “Harwood, va bene così. Hai esagerato con le parole ma in fondo sono il cattivo ragazzo, no? Non ci si aspetta che io mi comporti bene.”

  “Tu sei migliori di quanto credi, Sebastian. Vali molto più di tanti altri che si nascondono dietro la maschera del bravo ragazzo.”

E forse fu quello che, più di ogni altra cosa, colpì Sebastian quella sera, e lo convinse semplicemente a dimenticare quell’episodio e ad andare avanti, nel tentativo di recuperare – e di approfondire? – il rapporto con Thad.














Note dell'autrice:

Siamo arrivati alla terza giornata della Thadastian Week!

In questo capitolo sono venuti fuori i difetti di Thad, che ha talmente paura di essere ferito dagli altri che preferisce attaccare per proteggersi. Spero che il discorso finale vi convinca del fatto che non avrebbe mai voluto ferire Sebastian in quel modo ;)

A domani con il prossimo prompt, ""Incubi", che sarà terribilemente angst xD

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Capitolo 4
*** Day 4: Nightmares (We make a great team) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Nightmares
(We make a great team)

 

Sebastian finì di indossare i suoi jeans migliori e si infilò una t-shirt semplice, di colore verde; aveva in programma di andare di nuovo allo Scandals, nella speranza che questa volta la serata si concludesse in modo diverso e soprattutto migliore. Si frizionò i capelli bagnati con l’asciugamano, dandosi un’occhiata allo specchio e ghignando nel constatare che se qualcuno fosse entrato nella stanza in quel momento non avrebbe potuto resistere in alcun modo al suo fascino.

Non fece neanche in tempo a finire di formulare quel pensiero che la porta si aprì, mostrando un Thad tutto arruffatto che teneva tra le braccia una decina di libri, sicuramente presi in prestito alla Biblioteca.

Altro che fascino. Non mi ha neanche visto.

  “Aspetta Harwood, ti do una mano” Sebastian afferrò un paio di libri che stavano cadendo dalla pila, scuotendo leggermente la testa in segno di disapprovazione. “Dimmi esattamente quando troverai il tempo di leggerli tutti.”

  “Devo fare una ricerca” replicò Thad, aggiungendo poi con un sorriso “Sempre meglio avere un libro in più che uno in meno.”

  “Hai intenzione di metterti a studiare... stasera?”

Sebastian guardava l’altro come se fosse un alieno giunto da poco sul pianeta Terra, che non era ancora a conoscenza del fatto che la sera era riservata al recarsi in qualche locale per ballare, ubriacarsi e perdere il controllo.

Thad rise con leggerezza, scuotendo appena la testa e posando i libri sulla scrivania.

  “Assolutamente no! Oggi è la serata film.”

Sebastian aggrottò la fronte, perplesso; nel frattempo qualcuno bussò alla porta della loro stanza con una certa insistenza.

  “Arrivo!”

Thad aprì e si ritrovò davanti Jeff, che teneva un dvd tra le mani e aveva un’espressione entusiasta sul volto.

  “L’ho trovato!”,

Gli occhi di Thad si illuminarono e, dopo essersi allontanato in direzione della scrivania, iniziò a frugare nei cassetti, tirandone fuori poco dopo un altro dvd.

  “Anche io.”

I due ragazzi si sorrisero compiaciuti mentre Sebastian, all’oscuro di tutto, tentava di capire quale fosse l’argomento di conversazione.

  “Cosa avete trovato, esattamente?”

Jeff guardò Thad, visibilmente eccitato, prima di esclamare tutto d’un fiato “Dei film che contenevano la parola Nightmare nel titolo!”

Sebbene Sebastian fosse da lungo tempo convinto del fatto che tra i Warblers girasse uno strano virus che, per uno motivo o per un altro, li contagiava ad uno ad uno e li portava alla pazzia più totale, aveva sempre creduto che Thad fosse rimasto immune a quel tipo di fenomeno; vedendolo ora, con quel sorriso da folle sul volto – lo stesso che aveva Sterling, tra l’altro – fece vacillare fortemente quella convinzione.

   “Penso che uscirò al più presto da questa camera, di modo da preservare la mia sanità mentale.”

Il sorriso sul volto di Jeff si spense leggermente.

  “Non vuoi restare con noi?”

Aveva formulato quella domanda con sincerità, perché avrebbe davvero apprezzato la compagnia di Sebastian; non si aspetteva che quest’ultimo reagisse sgranando gli occhi come se avesse detto una cosa assurda mentre Thad, al suo fianco, tentava di nascondere il rossore che si era diffuso rapidamente sul suo volto.

  “Davvero vi farebbe piacere se restassi?”

Non sapeva precisamente cosa l’avesse spinto a fare quella richiesta; probabilmente aveva a che fare con quello che era successo la sera prima, quando aveva capito di preferire la compagnia dei suoi amici alla costante solitudine.

  “Certo!” Il sorriso di Jeff era tornato immediatamente a splendere “Tanto Nicky stasera aveva un appuntamento con sua sorella, quindi è come se tu lo sostituissi!”

Sebastian trovava buffo il modo di ragionare di Jeff, ma non in senso negativo; era il ragazzo più spontaneo e sincero che conoscesse, che riusciva a vedere solo il lato buono delle persone che aveva davanti a sé. Era stato il primo a rivolgergli la parola, il primo a difenderlo, il primo ad incoraggiarlo quando aveva dovuto fare i conti con se stesso e con le proprie azioni.

  “Allora accetto volentieri...” Non riuscì a frenare il ghigno che nacque spontaneo sulle sue labbra “Ad una condizione: dovete spiegarmi la storia del titolo.”

  “Oh, è molto semplice.” Questa volta fu Thad a rispondere; sembrava aver ripreso un colorito normale. “Ogni settimana scegliamo una parola e ognuno di noi deve trovare un film nel cui titolo essa è contenuta.”

Sebastian restò al tempo stesso stupito e affascinato da quello strano passatempo che quei tre si erano trovati.

  “Cosa succede se scegliete tutti lo stesso film?” domandò incuriosito.

Thad alzò le spalle. “Nulla. Per quella sera vediamo solo un film invece di tre. Ma di solito proviamo a sbizzarirci e cerchiamo film che sappiamo agli altri non verrebbero mai in mente.”

  “Come quella volta in cui la parola era Brother!” Jeff gongolava, felice di poter mettere Sebastian al corrente del loro piccolo gioco “Thad aveva scelto Brothers, con Jake Gyllenhaal e Tobey McGuire, Nicky aveva optato per O Brother, Where Art Thou? con George Clooney e io...”

  “E Jeff si è presentato con Brother Bear*.”

Sebastian prese a ridere sguaitamente, provocando una reazione offesa da parte Jeff.

  “E’ uno dei migliori cartoni animati della Walt Disney!”

  “Sono d’accordo, Sterling.” Sebastian finalmente riuscì a reprimere l’ecceso di risa. “Io avrei scelto lo stesso.”

Strizzò l’occhio in direzione di Jeff, facendogli intendere che approvava pienamente i suoi gusti in fatto di film. “Sono curioso di sapere quali sono state le vostre scelte per stasera.”

  “Io ho preso The Nightmare Before Christmas!” urlò Jeff entusiasta, sventolando il dvd in aria.

  “Io invece ho trovato un film non molto conosciuto, A Mother’s Nightmare**.” Thad si grattò una guancia, non pienamente convinto della propria scelta. “Tratta di una ragazza con evidenti disagi psicologici che...”

  “Io direi di iniziare dal film di Sterling.” Sebastian rifilò il suo solito ghigno bastardo al compagno di stanza. “In qualità di ospite mi sembra giusto che sia io a decidere, no?”

  “Giusto. Giustissimo. Ha ragione lui!” Jeff annuiva con serietà, assumendo un’aria solenne che lo faceva apparire ancora più buffo.

Thad sospirò, alzando gli occhi al cielo. “E va bene. Tanto siamo due contro uno...”

  “Ottima decisione, Harwood.” Sebastian gli lanciò un’occhiata divertita, alla quale Thad rispose con un’infantile linguaccia; alla fine quella situazione stava divertendo entrambi.

Sistemarono un tavolinetto basso ai piedi dei loro letti, sul quale appoggiarono il pc di Thad; Sebastian si sdraiò comodamente sul suo letto, aspettando l’inizio del film. Jeff invece provò circa una cinquantina di posizioni, alla ricerca di quella più confortevole, e finì per occupare più di metà letto di Thad, lasciando al suo amico uno spazietto striminzito.

Quando furono sistemati – ci volle un po’, perché il pc era abbastanza vecchio e se la batteria non era collegata alla presa di corrente semplicemente non si accendeva – Sebastian, approfittando del fatto di avere l’interruttore proprio accanto a sé, chiese: “Posso spegnere la luce?”

Non si accorse del brivido che corse lungo la schiena di Jeff, a differenza di Thad, che si affrettò a rispondere: “Va bene, ma lasciamo accesa la lampada sul comodino.”

Sebastian rimase abbastanza perplesso per quella risposta, ma si limitò ad accontentare quella strana richiesta.

Passarono una buona ora a ridere e a scherzare, riascoltando per tre volte la canzone What’s This? che si divertirono ad interpretare a turno.

E, proprio come la sera precedente, Sebastian si chiese perché si fosse sempre privato di quel genere di divertimento e avesse sempre preferito la solitudine. Ripensò ai suoi anni in Francia, all’assenza sempre costante dei genitori, ai propri compagni di scuola che definire con la puzza sotto al naso era forse troppo poco; ora sembrava avere la possibilità di recuperare almeno un po’ di quella spontaneità e di quell’allegria che nasceva dal frequentare amicizie sincere.

D’un tratto, il pc si spense, così come la piccola luce che era rimasta accesa sul comodino.

  “Ma che diavolo...” Sebastian provò a spingere più volte sull’interruttore, ma la luce non si accese. “Oh, fantastico. Ci mancava solo un black-out.”

  “B-black-out?” La voce di Jeff era tremante, troppo per un semplice spavento. Sebastian lo fissò stranito, prima di spostare lo sguardo sulla figura di Thad, che si muoveva velocemente per andare a stringere Jeff con forza; gli fece posare la testa sul proprio petto.

  “Passa in fretta Jeff, te lo prometto.”

  “Sterling, andiamo.” Sebastian ridacchiò appena “E’ solo un po’ di nero, non ti succede mica niente!”

  “Sebastian!” La voce panicata di Thad sembrò riportare finalmente a galla un ricordo nella memoria del francese.
 

 
  “Stiamo organizzando la festa di compleanno per Jeff, vuoi partecipare?”

Sebastian aveva alzato appena gli occhi dal suo libro, rivolgendo un minimo di attenzione al proprio compagno di stanza.

  “Perché dovrei?”

  “Sarà divertente! Ci sarà da mangiare e da bere,improvviseremo dei giochi, probabilmente faremo un karaoké fino a tardi.”

Sebastian a quel punto aveva riflettuto alla possibilità di partecipare.

  “Immagino che Jeff sia già al corrente di tutto, no?” Al cenno affermativo di Thad, Sebastian proseguì “Non sarebbe meglio organizzare una festa a sorpresa? Sterling entra nella stanza e la trova vuota, poi si spegne la luce e...”

  “No.”

Sebastian aveva fatto una smorfia, contrariato dal fatto che l’altro non gli avesse dato nemmeno il tempo di illustrare ciò che aveva in mente. “Potrei sapere, di grazia, perché la mia fantastica idea è stata bocciata sul nascere?”

Thad aveva sospirato, non convinto di quello che stava per dire. “Jeff è terrorizzato dal buio. Perciò non possiamo spegnere la luce all’improvviso.”

Sebastian aveva riso, ignorando totalmente la gravità del problema. “Ha paura del buio a diciasette anni suonati? E’ proprio un ragazzino!”

Thad aveva stretto i pugni, sentendo la rabbia scorrergli nelle vene; nessuno poteva permettersi di deridere il suo migliore amico in quel modo.

  “Si dà il caso, Smythe, che questa paura derivi da un trauma infantile, che tu non conosci e che di conseguenza non ti dà il diritto di giudicare.”

  “E sentiamo, quale sarebbe questo trauma? L’essersi spruzzato dello spray al peperoncino sugli occhi e non avere visto per qualche giorno?”

  “E’ stato rapito quand’aveva tre anni!” E Thad sapeva che non si sarebbe dovuto lasciar sfuggire quel particolare; solo lui e Nick sapevano di quella storia, e ne erano stati messi al corrente dopo anni e dopo aver ottenuto la fiducia totale del biondo. Ma Sebastian si era spinto troppo in là: aveva, come al suo solito, preferito attenersi alla superficie, invece di scavare leggermente più a fondo. “L’hanno chiuso per un giorno intero in una stanza completamente buia, mentre lui piangeva e continuava a chiamare sua madre.”

Sebastian aveva avuto il buon senso di tacere, turbato da quel racconto. Vedendo che Thad non continuava, si era azzardato a chiedere “Com’è andata a finire?”

  “Fortunatamente bene. I rapitori sono stati arrestati meno di ventiquatt’ore dopo e Jeff è tornato a casa sano e salvo.”

Nessuno dei due aveva parlato per un po’, finché Sebastian non si era lascito sfuggire un bassissimo “Mi dispiace.”

  “Dispiace anche a me. E mi dispiace dover perdere il mio migliore amico, visto che quando scoprirà che ti ho raccontato questo episodio non vorrà più rivolgermi la parola.”

  “Non lo saprà.” Sebastian aveva usato un tono fermo e aveva guardato Thad dritto negli occhi. “Farò finta che tu non mi abbia mai raccontato niente.”

E Thad si era fidato.

 
 

Sebastian per l’ennesima volta lasciò che i sensi di colpa prendessero possesso delle sue facoltà mentali, completamente inerme; di nuovo aveva mostrato il suo lato frivolo e superficiale, relegando quella discussione con Thad in un piccolo angolo della sua memoria fino a dimenticarsene completamente. Avrebbe voluto rimediare, almeno per quella volta, ma non sapeva assolutamente da che parte iniziare.

Si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta della loro stanza per controllare se almeno le luci di emergenza funzionassero nel corridoio; quello che vide fu soltanto buio totale.

  “Jeff, va tutto bene. Anche Sebastian te lo può dire... Vero?”

Sebastian, sentendosi chiamato in causa da Thad, si avvicinò al suo letto; anche se non riusciva a vedere ad un palmo dal suo naso, tastò il materasso, trovando un punto libero e sedendosi accanto a loro. Riusciva a percepire la paura di Jeff, i suoi respiri mozzati, il tremore del suo corpo.

  “Certo che va tutto bene, Sterling. Ci siamo noi, non devi preoccuparti.”

Ma Jeff non riusciva a calmarsi; era sopraffatto dal panico, dalla paura che qualcuno potesse fargli del male.

  “Quando tornerà la luce, finiremo di vedere il film, Jeffy. Che poi, non trovi che Jack Skeleton somigli a Sebastian?”

  “Ha parlato la bambola Sally.”

Sebastian aveva risposto con sarcasmo, senza riflettere alla situazione che stavano vivendo; eppure inconsciamente sembrava aver fatto la cosa giusta, quandi si accorse che Jeff stava prestando loro attenzione per non pensare al buio che lo circondava.

  “Al massimo posso essere il Dottor Finklestein.” Anche Thad sembrava aver compreso che quella era la direzione giusta in cui muoversi. “Uno scienziato pazzo e completamente incompreso.”

  “Harwood, non sei così geniale, mi spiace deluderti.” Sebastian fece lavorare in fretta il cervello, cercando qualcos’altro che alimentasse la conversazione. “Ad ogni modo, sono stato il migliore nell’interpretare What’s this?

  “Cosa? Non credo proprio, Smythe!” Thad continuava a dargli corda, mentre stringeva incessantemente Jeff tra le sue braccia. “Il migliore è stato Jeff, che ha aggiunto anche coreografia ed espressioni facciali.”

Sebastian sbuffò, annoiato. “Se vuoi metterla su questo piano...”

E finalmente la luce tornò, facendo tirare un sospiro di sollievo a Sebastian e Thad, che erano quasi a corto di idee.

Jeff, ancora avvolto nella stretta di Thad, stava riprendendo pian piano a respirare regolarmente; era provato da quella situazione e madido di sudore, ma sembrava stare bene.

  “JEFF!”

Un urlo quasi disumano, che fece sobbalzare sia Thad che Sebastian, provenne dal corridoio, per poi meglio identificarsi con Nick Duval,  che piombò come una furia dentro la stanza.

  “Jeff, come ti senti? Stai bene? Hai bisogno di qualcosa? Devo...”

  “Duval, datti una calmata.” Sebastian gli posò una mano sulla spalla, nel tentativo di tranquillizzarlo. “Sta bene.”

Nick non sembrava pienamente convinto delle sue parole, ma decise di fidarsi; accarezzò le guance di Jeff e sostituì la sua stretta a quella di Thad. “Mi dispiace cucciolo, non dovevo lasciarti solo. Stanotte dormi nel mio letto, ti tengo stretto a me.”

  “Duval, di grazia, risparmiacelo.” Sebastian era leggermente nauseato da quello spettacolino; non era un amante delle dimostrazioni d’affetto in pubblico.

Nick aiutò Jeff ad alzarsi, sempre mantenendo salda la presa su di lui, poi mormorò un “Grazie” in direzione degli altri due ed uscì dalla stanza insieme al suo ragazzo.

Sebastian e Thad istintivamente si buttarono entrambi sul proprio letto, grati che tutto si fosse concluso per il meglio.

  “Grazie, Sebastian” Thad alzò la testa verso di lui, sorridendo. “Senza di te non ce l’avrei fatta.”

  “Non ho fatto proprio nulla, Harwood. Ti ho solo seguito.”

  “Allora grazie per avermi seguito. Da solo non sarei riuscito a gestire la situazione.”

Sebastian si girò su un fianco, posando la testa sul palmo della mano e osservando Thad, concentrato nell’osservare il soffitto.

  “E’ stato il tuo istinto materno a guidarti, Harwood?” disse Sebastian, sghignazzando ampiamente.

Thad gli lanciò un’occhiataccia prima di tornare a scrutare in alto, quasi vedesse al di là e fosse perso nel contemplare le stelle.

  “Direi piuttosto l’istinto di protezione. Jeff è come un fratello piccolo per me, devo essere sicuro che nessuno gli faccia del male.” Si voltò verso Sebastian, un sorriso sulle labbra e un luccicchio divertito negli occhi. “Siamo una bella squadra io e te, non trovi?” Rise e, senza aspettare una risposta, si alzò per andare in bagno, probabilmente per darsi una rinfrescata.

  “Oh sì, Harwood” mormorò Sebastian a bassa voce, conscio del fatto che l’altro non potesse sentirlo. “Direi che siamo decisamente una bella squadra.”





* Koda, Fratello orso
** Il film in cui ha recitato Grant Gustin... Ammetto che non so nemmeno se è uscito in dvd!










Note dell'autrice:

Quarto giorno della Thadastian Week! :)
Come preannunciato, questa capitolo era all'insegna dell'angst. E lo so, solo io riesco a mettere insieme le parole "Angst" e "Jeff Sterling"... Mi dichiaro colpevole! >.<
Rimedier
ò con il prossimo capitolo, che sarà il massimo del fluff ;)
Per chi volesse ascoltare la canzone What's this? cantata da Jack Skeleton, ecco il link: 

Nightmare Before Christmas - What's This? - English

A domani! :*

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Capitolo 5
*** Day 5: (Chicken) Dance ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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(Chicken)
Dance

 
Sebastian si richiuse la porta della sua stanza alle spalle, proprio nell’istante in cui Thad stava uscendo dal bagno; quest’ultimo lo fissò, perplesso.

  “Non avevi gli allenamenti di Lacrosse?”

Sebastian posò il borsone sportivo ai piedi del letto, subito prima di stiracchiarsi e di sbadigliare sonoramente.

  “Cancellati, il coach è ammalato. Meno male, non avevo proprio voglio di vedere Rogers.” Si buttò scompostamente sul letto e afferrò il cuscino, che prese a stringere convulsamente. “Credo proprio che mi farò un bel riposino pomeridiano.”

Thad sorrise e, senza riflettere, si avvicinò a Sebastian per scompigliargli i capelli.

  “Sei peggio dei bambini, tu.” Si diresse verso l’armadio per prendere il blazer, senza accorgersi che nel frattempo il francese era arrossito e ora seguiva tutti i suoi movimenti con lo sguardo.

Entrambi furono distratti da un lieve bussare alla porta; prima che Sebastian riuscisse anche solo a concepire l’idea di alzarsi – controvoglia, naturalmente – Thad aveva già aperto.

  “Beatriz!” La sfumatura di gioia nella voce di Thad agitò qualcosa nello stomaco di Sebastian.

Chi è Beatriz?

  “Rafael, ci sei anche tu!”

Bene, è fidanzata. Discorso chiuso.

  “Sebastian, alzati un attimo.” Con una smorfia infastidita per l’ordine impartito, il ragazzo si alzò dal proprio letto e si avvicinò a Thad, che aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro. “Ti presento mia sorella Beatriz e suo figlio, Rafael.”

 Sebastian si prese il tempo di osservare le due persone appena arrivate. Beatriz somigliava tantissimo al fratello: aveva la stessa dolcezza nello sguardo e lo stesso sorriso contagioso. Rafael, invece, aveva uno sguardo attento e curioso, ma fondamentalmente sembrava un bambino simpatico.

  “Salve, Sebastian Smythe.” Prese la mano di Beatriz e, da perfetto gentiluomo francese, le fece il baciamano. “E’ un piacere conoscerti.”

Thad roteò gli occhi al cielo, al tempo stesso infastidito e divertito da quel tipo di atteggiamento. 

  “Se permetti, Smythe, credo che mia sorella sia venuta qui per me.” Lo spintonò via poco gentilmente, facendolo sbuffare in segno di disapprovazione.

  “Hai uno zio davvero antipatico, Rafael” disse Sebastian, rivolgendosi al bambino. “Mi raccomando, non diventare come lui.”

Rafael fece cenno di no con la testa, facendo ridere Sebastian e Beatriz, mentre Thad lo riprendeva, accigliato “Dovrei essere il tuo zio preferito, io!”

  “Solo perché sei l’unico, Thaddy.” Sua sorella gli diede un buffetto sulla guancia; amava prenderlo in giro in modo affettuoso. “Comunque scusami se ti ho disturbato, ma avrei bisogno di un favore.”

  “Dimmi tutto.”

  “Non è che per caso...” Thad si accorse che la ragazza si era morsa un labbro, e subito si mise in allerta, sapendo che quella era un gesto tipico con cui esprimeva nervosismo. “...potresti tenermi Rafael per questo pomeriggio?”

Thad, a disagio, si passò una mano tra i capelli.

  “Mi dispiace, ma proprio non posso.”

L’espressione di Beatriz era sofferente; non poteva assolutamente permettersi un rifiuto da parte del fratello.

  "Thad, por favor. No sé a quién otro lo puedo dejar... La niñera está enferma y yo tengo que ir a trabajar!*"

Sebastian, che stava tentando di distrarre Rafael mentre i grandi discutevano, voltò la testa, sconcertato: perché improvvisamente la lingua era cambiata?!

  "No sé cómo ayudarte, hermanita. Desafortunadamente tengo un curso de matemáticas que no puedo faltar absolutamente.*"

Eh no. Quello per Sebastian era decisamente un colpo basso. Nel vero senso della parola.

Harwood. Spagnolo. Cervello fuori uso. E qualcos’altro decisamente troppo funzionante.

Beatriz, nel frattempo, si era portata la testa tra le mani, quasi sull’orlo delle lacrime.

  "Y ahora qué hago?*"

Thad la prese tra le sue braccia, stringendola forte e accarezzandole i capelli. Sapeva quanto fosse difficile in quel momento per sua sorella, che si era ritrovata improvvisamente sola a crescere un bambino; faceva davvero il possibile per dare a Rafael tutto ciò di cui aveva bisogno.

 Un lieve tossicchiare attirò l’attenzione dei fratelli Harwood.

  “Scusate se m’intrometto, ma se Beatriz è d’accordo... Posso occuparmi io di Rafael.”

La proposta di Sebastian provocò due reazioni totalmente opposte: Beatriz aveva ritrovato immediatamente il suo sorriso ed era corsa ad abbracciarlo, mentre Thad, completamente immobile, lo fissava sconcertato.

  “Tu... occuparti... di un bambino?”

Thad apprezzava il suo gesto, Sebastian lo capiva dalla gratitudine che leggeva nei suoi occhi, ma sembrava proprio non riuscisse a capacitarsi del fatto che lui avesse deciso spontanamente di prendersi cura di Rafael per qualche ora.

Almeno faccio pratica per il nostro.

Sebastian stava pensando seriamente di ingaggiare una lotta silenziosa con il proprio cervello, che sembrava improvvisamente avere una volontà propria.

  “Sì, Harwood. Per quanto io possa essere inesperto, immagino che i bambini come gli altri essere umani mangino tre volte al giorno e vadano al bagno per fare i loro bisogni, giusto?”

Beatriz si mise una mano davanti alla bocca per trattenere una risata; subito dopo si sporse verso Sebastian, gli diede un bacio sulla guancia e, dopo aver abbracciato forte suo figlio, si diresse verso la porta.

  “Cerco di tornare per le sette. E, Rafael?” Il bambino guardò la mamma, che aveva un’espressione severa. “Mi raccomando, fa’ il bravo.”

Rafael annuì e Beatriz uscì dalla stanza, seguita da Thad; quest’ultimo fece dietrofront dieci secondi dopo, giusto per seguire l’esempio di sua sorella ed esclamare un “Anche tu fa’ il bravo!” in direzione dell’unico adulto responsabile che restava in quella stanza.

La porta venne chiusa e Sebastian si chiese che cavolo gli fosse passato per la testa quando si era offerto di fare il baby-sitter.

***

Erano passati appena venti minuti da quando Thad e Beatriz avevano lasciato la stanza, e Sebastian era già nel panico più assoluto.

Anche se con Thad aveva ostentato un certo grado di sicurezza, dettato dall’orgoglio, non aveva idea di come comportarsi con i bambini; essendo figlio unico e avendo solo due cugini più grandi di lui, non sapeva proprio da che parte iniziare.

Erano rimasti circa cinque minuti in silenzio, con Sebastian che cercava disperatamente di ricordare cosa facessero con lui le varie governanti che si erano succedute in casa Smythe; l’unica cosa che gli venne in mente fu quella volta in cui Mrs Peterson, l’unica alla quale Sebastian si fosse veramente affezionato, gli offrì delle caramelle per consolarlo dopo che era caduto dallo scivolo. Inutile dire che appena i suoi genitori scoprirono l’accaduto fu cacciata seduta stante.

Solo cibi salutari per gli Smythe.

Ma quel bambino non era un piccolo Smythe e – per quanto Sebastian si sentisse in colpa – pensò che iniziare con l’offrirgli una barretta di cioccolato potesse essere una buona cosa.

Nel momento in cui il bambino accettò e scartò l’involucro, Sebastian esultò interiormente di gioia; aveva fatto la cosa giusta, non poteva che essere fiero di se stesso.

L’entusiasmo scemò quasi subito: la mancanza di idee continuava a rappresentare un grosso ostacolo. Se ne rese conto quando passò i minuti successivi ad osservare Rafael finire la merenda, per poi ritrovarsi di nuovo al punto di partenza. Si fissavano, e nessuno dei due diceva una parola.

  “Allora, senti” finalmente Sebastian si era schiarito la voce, pronto a proporre qualche attività al bambino “che ne diresti di metterti a disegnare?”

Non ci volle molto: Rafael lo guardò intensamente e, dopo dieci secondi esatti, fece cenno di no con la testa.

  “Capisco, non ti va. Forse preferisci guardare i cartoni animati?”

Stessa scena di prima. Un’attesa di qualche secondo – che per Sebastian risultava interminabile – e poi un secco rifiuto.

  “Hai ragione, sono cose noiose da fare. Propongo di saltare sul letto di zio Thad!”

Di nuovo, Rafael disse di no. Sebastian poté comunque notare un piccolo cambiamento: stavolta aveva fatto segno di no con il dito.

  “Sto esaurendo le proposte, credimi.” Sebastian chiuse gli occhi e si porto i polpastrelli ai lati della fronte, mentre rifletteva intensamente. “Ho trovato! Intasiamo il wc con la carta igienica!”

Era una cosa che Sebastian aveva sempre desiderato fare da piccolo, soprattutto per fare un dispetto ai suoi genitori; ma evidentemente Rafael non era dello stesso avviso, perché rifiutò anche quella proposta.

Sebastian sospirò e si lasciò andare sulla sedia posta di fronte alla scrivania.

  “Mi arrendo.”

Era ufficialmente stato sconfitto per la prima volta nella sua vita, tra l’altro da un nanetto che non superava il metro – sperava per lui che la sua crescita in altezza non sarebbe stata influenzata dai geni Harwood – e si sentiva dannatamente umiliato. Gli bruciava, inoltre, il fatto che sarebbe stato rimproverato da Thad, che gli avrebbe fatto chiaramente intendere di non essere in grado di prendersi cura di un bambino.

Perché fa così male?

Era talmente concentrato sui suoi pensieri da non rendersi conto che Rafael gli stava gentilmente picchiettando sulla spalla con le dita, chiedendo implicitamente la sua attenzione. Finalmente si decise ad alzare gli occhi su di lui.

  “Hai forse tu una proposta da farmi?”

Ormai era disposto a tutto, anche a farsi dare suggerimenti dal bambino di cui luisi sarebbe dovuto occupare. Eppure questo pensiero svanì nell’istante stesso in cui Rafael annuì. Sebastian si procurò immediamente carta e penna, desideroso di prendere appunti così da essere in grado di poter gestire la situazione se l’occasione si fosse ripresentata.

  “Ti ascolto!”

Avvertiva l’adrenalina scorrergli nelle vene e sentiva di essere pronto per qualsiasi cosa il piccolo avesse l’intenzione di proporgli.

   “Ballo.”

Sebastian spalancò la bocca e lasciò cadere la penna.

  “...Cosa?!”

Non aveva neanche fatto caso al fatto che quella fosse la prima parola che Rafael aveva pronunciato da quando era entrato nella stanza; era semplicemente troppo sconvolto.

  “Ballo” ripeté il bambino, senza badare al fatto che Sebastian sembrava sull’orlo di un collasso emotivo.“Devi ballare.”

  “Ah, pure?” Sebastian stava seriamente cominciando a perdere le staffe. “Devo anche essere io quello a ballare?!”

Quella situazione gli stava letteralmente sfuggendo dalle mani; era in balia di un piccolo dittatore che voleva piegarlo al suo controllo e renderlo suo schiavo.

Rafael fece spallucce, guardandolo negli occhi: “La mia mamma lo fa sempre quando sono triste.”

Fu in quel momento che Sebastian sentì il mondo crollargli addosso. Era stato talmente preso dal cercare qualcosa da fargli fare da non essersi reso conto di quanto quel bambino fosse taciturno e soprattutto del fatto che non avesse sorriso nemmeno una volta da quando era arrivato.

Era arrivato il momento di mettere da parte il Sebastian superficiale e di tirare fuori quello che stava cercando in ogni modo di maturare; prese Rafael in braccio e lo fece sedere sulle sue ginocchia, esattamente come aveva fatto con Mathias nel suo sogno.

  “Come mai sei triste, Rafael? E’ successo qualcosa?”

Il bambino si mordicchiò il labbro, esattamente come aveva fatto la sua mamma mentre parlava con Thad; doveva aver ereditato quel gesto proprio da lei.

  “Il mio papà se n’è andato tanto tempo fa e non viene mai a trovarmi.”

Sebastian avvertì uno strana sensazione al petto, all’altezza del cuore; proprio come Thad che riusciva a trasmettergli calore con un semplice tocco in quel punto, Rafael lo faceva con la sola forza delle parole.

Dannati geni Harwood.

Diverso tempo prima, Thad gli aveva vagamente accennato la storia di sua sorella, definendo con una serie di epiteti irripetibili il cognato che l’aveva abbandonata con un bambino da crescere. Sebastian all’epoca non aveva commentato, convinto del fatto che quell’uomo avesse fatto solo che bene a sottrarsi a quel genere di responsabilità.

Che deficiente.

Se solo ora avesse avuto la possibilità di averlo davanti gli avrebbe urlato che era solo un codardo e che se quel bambino stava crescendo straordinariamente bene era solo grazie a sua moglie; magari avrebbe concluso il tutto con un bel cazzotto, tanto per non lasciare le cose fatte a metà.

  “Avrà sicuramente tante cose da fare, per questo non viene a trovarti. Sai, a volte gli adulti dimenticano che il lavoro dovrebbe venire sempre dopo la famiglia.”

Il bambino fece segno di sì con la testa, fissando il vuoto davanti a sé.

  “Mamma dice che prima o poi tornerà.”

Sebastian lo strinse in un abbraccio sincero.

  “Ne sono sicuro anche io.” Non lo era affatto, naturalmente, ma mai si sarebbe permesso di spezzare quel piccolo sogno che Rafael custodiva gelosamente. “Allora, cosa balla la mamma per farti tornare il sorriso?”

 Il bambino lo scrutò leggermente, valutando se Sebastian fosse in grado o meno di assolvere quel difficile compito.

  “Il ballo del qua-qua.”

Sebastian stavolta riuscì a tenere la bocca chiusa, nonostante il grado di sconvolgimento fosse nuovamente alle stelle. “Il ballo... del qua qua?”

Rafael annuì, un’espressione seria e concentrata sul volto. Sebastian sospirò: non aveva scelta. Nonostante l’alto grado di umiliazione al quale andava incontro, sapeva di non potersi tirare indietro e di dover accettare la sfida.

Accese il suo pc e andò su youtube, trovando – a malincuore – la canzone che cercava. Cliccò sul link, non prima di aver lanciato uno sguardo d’intesa a Rafael.

  “Pronto?”

  “Prontissimo!”

***

Thad odiava la matematica. Odiava il professore, odiava la materia, odiava qualsiasi cosa fosse collegata ad essa.

Non vedeva l’ora di tornare nella sua stanza, spogliarsi e infilarsi sotto le coperte; sarebbe rimasto nel letto per le successive dodici ore, minacciando chiunque avesse intenzione di disturbarlo.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla suoneria del cellulare; quando lesse il nome di Beatriz, si ricordò che Rafael era nella sua stanza in compagnia di Sebastian.

Speriamo sia ancora sano e salvo.

  “Hermanita, dimmi tutto.” Thad ascoltò sua sorella senza battere ciglio; alla fine semplicemente sorrise. “Non preoccuparti, può rimanere con me per cena. Puoi passare a prenderlo senza problemi per le nove.”

Addio al letto e alle dodici ore di sonno.

Non che a Thad importasse più di tanto; voleva bene a Rafael e, dato che aveva poco tempo per fare lo zio, approfittava di quelle rare occasioni.

Improvvisamente sentì una musica soffusa che giungeva fino al corridoio; innoridì quando si rese conto che proveniva dalla sua stanza.

Ma cosa..?

Aprì velocemente la porta, trovandosi davanti uno scenario davvero inaspettato; Sebastian sculettava in modo indecente a tempo di musica mentre Rafael, in piedi sul – suo! – letto, rideva nel tentativo di imitarlo.

  “Mamma papera e papà, con le ali fan qua-qua, e una piuma vola già di qua e di là.”

Entrambi si impegnavano ad eseguire la perfetta coreografia; facevano il becco della papera con le mani, sbattevano le braccia contro il busto e poi scendevano giù a tempo di musica. Thad impiegò diversi minuti a distogliere lo sguardo dal fondoschiena di Sebastian; riuscì finalmente a tossicchiare con leggerezza per attirare la loro attenzione.

Sebastian avvampò nel momento stesso in cui si accorse che Thad era nei paraggi e aveva assistito a tutta la scena; eppure non riusciva a pentirsi di quello che aveva appena fatto. Guardò Rafael, che gli sorrise di rimando; si scambiarono un cinque d’intesa, soddisfatti della loro performance.

  “Sono davvero impressionato. Smythe, credo che tu abbia trovato il tuo aiuto-coreografo per le Provinciali dell’anno prossimo.”

  “Vero?” Sebastian scompigliò i capelli al bambino, orgoglioso. “E’ un valido elemento. Potrebbe anche sostituirti, in effetti.”

Thad gli lanciò un’occhiataccia. “Io sono insostituibile, ricorda.” Si avvicinò a Rafael e lo prese in braccio. “La mamma è stata trattenuta al lavoro, verrà a prenderti più tardi. Che ne dici se io e te andiamo a mangiarci una pizza?”

  “Sì!” Rafael esultò contento, prima di aggiungere: “Ma solo se viene anche Sebastian.”

  “Siamo passati dalla parte del nemico, eh?” Thad si girò verso il suo compagno di stanza. “Chiedilo a lui, vediamo cosa ti risponde.”

  “Ti andrebbe di venire a mangiare la pizza con noi?” gli chiese il bambino, ritrovando un po’ della sua timidezza iniziale.

  “Mi farebbe davvero piacere.” Sebastian strizzò l’occhio nella sua direzione.

  “Bene, allora è deciso.” Thad posò Rafael a terra e si rivolse a Sebastian. “Noi andiamo a farci un giro per il giardino della scuola, così hai il tempo di farti una doccia calda.”

Sebastian annuì, mentre Rafael e Thad si dirigevano verso la porta; quando gli passò accanto, l’ispanico gli sussurrò all’orecchio “Ti costringerò a ripetere quella mossa in altri contesti, Smythe” prima di uscire definitivamente dalla stanza con il nipote.

Altro che doccia calda. Qui ci vuole una doccia gelata.






*"Thad, ti prego. Non so a chi altro lasciarlo... La baby-sitter è ammalata e io devo andare a lavoro!"
"Non so come aiutarti, sorellina. Purtroppo ho un corso di matematica che non posso assolutamente saltare."
"Ora come faccio?"











Note dell'autrice:

Quinto giorno della Thadastian Week! :)
So che vi avevo promesso solo tanto fluff, ma purtroppo come al solito l'angst si è intromesso e... E' venuto fuori questo x)
Cercherò di rimediare domani!
Al prossimo aggiornamento! :*

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Capitolo 6
*** Day 6: Tattoo ('Cause I think I'm falling in love) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Tattoo
('Cause I think I'm falling in love)

 

Thad si passò una mano tra i capelli, pensieroso, mentre camminava lungo i corridoi della Dalton. Quella mattina David aveva indetto una riunione straordinaria dei Warblers, dopo essersi assicurato che gli altri due Capi-consiglio – lui e Nick – e il Capitano – Sebastian – fossero presenti. Ma era pur sempre un sabato mattina, perciò molti studenti erano tornati a casa; alla fine si erano presentati solo in otto e avevano dovuto rimandare la discussione sulle questione esistenziali – cosa cantare due settimane dopo quando sarebbero andati in visita alla casa di riposo di Bellefontaine – a favore di una ben più desiderata nullafacenza.

In sintesi, avevano passato il tempo a cantare: Nick, Jeff e David si erano cimentati in Everybody Talks dei Neon Trees, Flint e Richard avevano optato per un classico di Katy Perry, Firework, e Trent, con molta timidezza, aveva scelto di cantare I’m Yours di Jason Mraz, ricevendo un calorosissimo applauso alla fine dell’esibizione.

Ad un certo punto, Sebastian si era alzato in piedi e aveva fatto cenno a Thad di raggiungerlo, chiedendogli di scegliere una canzone da interpretare insieme. L’aveva colto talmente alla sprovvista che Thad si era ritrovato a boccheggiare, senza sapere cosa rispondere; alla fine aveva ripensato all’ultimo CD che aveva ascoltato, Who we are dei Lifehouse e aveva suggerito First Time, senza reale convinzione. Sebastian era sembrato sorpreso da quella scelta, ma non aveva detto nulla; si era semplicemente limitato ad annuire e avevano iniziato a cantare, facendo finta di non notare le strane occhiate che il restante dei Warblers rifilò loro durante l’esibizione. Alla fine ricevettero gli applausi, anche se questi furono inframmezzati da qualche risatina e addirittura da un’occhiolino da parte di Nick.

Appena sciolta la seduta, Thad era scappato subito via, approfittando del fatto che David avesse bloccato Sebastian e Jeff per discutere di eventuali passi da usare nelle prossime coreografie.

Non si era accorto mai realmente accorto del vero significato di quella canzone; l’aveva sempre canticchiata distrattamente, lasciandosi trascinare dal ritmo e non riflettendo sulle parole che pronunciava. Ora che, tuttavia, si rendeva conto che l’argomento trattato era un amore che stava nascendo, sarebbe semplicemente voluto sprofondare nel pavimento: non solo l’aveva cantata con Sebastian, ma era stato persino lui a proporgliela.

Un errore in buona fede.

Entrò nella propria stanza sentendosi avvolgere dallo sconforto; aveva decisamente bisogno di una doccia rilassante sotto la quale potersi perdere nei propri pensieri.

***

Quando il getto d’acqua colpì il suo volto, si ritrovò a riflettere su come la sua relazione con Sebastian fosse evoluta durante quella settimana;  erano passati dall’essere dei semplici compagni di stanza ad amici, e da amici a...

A cosa? Siamo amici, punto.

Certo, era difficile negare che, ogni volta che chiudeva gli occhi, la sua mente visualizzava l’immagine di Sebastian Smythe, dei suoi occhi verdi e del suo maledettissimo ghigno diabolico, che avrebbe voluto cancellare a forza di baci; ma non era possibile, lo sapeva bene, quindi doveva semplicemente smetterla di illudersi.

Una volta finita la doccia, afferrò l’asciugamano e se lo strinse intorno alla vita; sgattaiolò fino alla porta e, dopo essersi assicurato che Sebastian non fosse ancora tornato, si incamminò verso l’armadio per prendere dei vestiti puliti. Si fermò un attimo davanti  lo specchio, ruotando appena il busto e sospirando pesantemente: ancora doveva abituarsi a quel coso permanente che aveva all’altezza della scapola, e dubitava fortemente che prima o poi ci sarebbe riuscito.

  “Ma bene, Harwood. Vedo che abbiamo dei segreti.”

Thad sussultò spaventato, sentendo la voce di Sebastian giungere fino a lui; si girò solo per constatare che il suo compagno di stanza era tornato, e ora lo stava fissando, appoggiato al muro con le braccia incrociate.

  “N-non è un segreto.”

Sebastian si staccò dalla parete con nonchalance e si avvicinò, senza smettere di fissarlo.

  “Allora spiegami perché non me ne hai parlato.”

Thad distolse lo sguardo dal suo; non aveva semplicemente la forza per sostenerlo.

  “E’ il risultato di una scommessa persa l'anno scorso.”

Sebastian piegò la testa di lato e lo scrutò con curiosità. “Una scommessa?”

   “Una scommessa, sì. Con Richard.” Sebastian trattenne una risata e aprì la bocca per fare un commento in merito, ma Thad lo fermò sul nascere. “Se stai per dire che non avrei dovuto perché ogni scommessa con Richard è persa, l’ho scoperto a mie spese.”

Sebastian continuò a ridacchiare, senza riuscire a controllarsi.

  “In cosa consisteva?”

Thad alzò gli occhi al cielo. “Devo raccontarti proprio tutto?”

  “Mi sembra il minimo” disse Sebastian, lanciando un’occhiata – l’ennesima– al suo petto nudo.

  “Avevavamo scommesso su chi sarebbe riuscito a fregare per primo il martelletto a Wes” sospirò Thad, quasi gli costasse ricordare quell’episodio e quanto caro avesse pagato l’aver scommesso con tanta leggerezza. “In teoria io dovevo essere facilitato dal fatto di averlo accanto al tavolo dei Capi-consiglio, ma ovviamente... Richard è imprevedibile.”

  “E quindi, se ho capito bene” Sebastian fece pericolosamente qualche passo nella sua direzione, fermandosi solo quando fu arrivato a pochi centimetri da lui “il prezzo della scommessa era un tatuaggio a forma di squalo sulla spalla.”

Thad annuì, poi ci ripensò: “In realtà doveva essere un delfino, ma Richard all’ultimo momento ha deciso di mostrarsi magnanimo nei miei confronti.”

Sebastian sfoderò il suo solito ghigno, mandando completamente in bianco il cervello di Thad; qualsiasi ragionamento, qualsiasi pensiero coerente e sensato in quel momento era completamente scomparso.

  “Beh, Harwood, credo che mi toccherà ringraziare James.” Fece scorrere le dita sul tatuaggio, facendo rabbrividire Thad. “Questo piccolo marchio ti rende terribilmente sexy.”

  “S-sebastian, che stai facendo?”

Thad era incredibilmente confuso; non sapere quale fosse l'obiettivo dell’altro, inoltre, lo turbava profondamente.

  “Non vorrai farmi credere che hai scelto quella canzone per caso, Harwood.” Posò le sue labbra sul tatuaggio, e Thad sentì la pelle bruciare a quel lieve contatto. “E quella piccola allusione che hai fatto al mio fondoschiena ieri sera... Pensi forse che l’abbia dimenticata?”

  Thad chiuse gli occhi. “Ti ricordo che l’idea del duetto è stata tua...”

Non aggiunse nient’altro, troppo concentrato ad assaporare le labbra di Sebastian che si erano posate sulle proprie. Fu un bacio lungo, intenso, che nulla aveva a che fare con quel lievissimo contatto che avevano avuto poche sere prima allo Scandals; Thad si aggrappò alle spalle di Sebastian, che lo spinse contro il muro per poi posare le mani sui suoi fianchi e spingerlo verso di sé.

Si staccarono solo quando si fece sentire il bisogno di ossigeno; entrambi mantennero gli occhi chiusi, godendosi quel momento.

  “Harwood, devo confessarti una cosa.”

Il cuore di Thad si mise a martellare con forza. “Dimmi.”

  “Anche io un ho un tatuaggio, sai?” Prese una mano di Thad e se la fece scivolare sotto la camicia. “Perché non ti impegni a scoprire dove?”

Thad lasciò che le sue dita sfiorassero il ventre di Sebastian, tracciando un percorso immaginario con delicatezza, mentre si chiedeva perché avesse aspettato così tanto tempo prima di tentare un approccio di quel tipo. Poi, semplicemente, ricordò.

Lasciò che la propria mano sgusciasse via dai suoi indumenti e lo allontanò con semplicità, posando una mano sul suo petto e costringendolo ad allontanarsi di qualche passo.

  “Harwood, che diavolo...?”

  “La tua promessa, Sebastian.”

Sebastian lo guardò senza capire per qualche secondo, prima che una tremenda consapevolezza piombasse su di lui.

Quella promessa. La promessa che Sebastian aveva fatto molto tempo prima a se stesso, quando ancora viveva a Parigi, dopo essere stato beccato in atteggiamenti compromettenti all’interno di una classe in compagnia del figlio del Preside.

L’uomo era andato su tutte le furie quando l’aveva scoperto, minacciando di espellerlo seduta stante; la pesante mediazione di suo padre gli aveva, tuttavia, garantito la possibilità di restare nella scuola almeno fino alla conclusione dell’anno scolastico, tra l’altro senza che la sua media ne risentisse.

In un secondo momento aveva dovuto confrontarsi con suo padre, che con sua grande sorpresa non aveva fatto particolari commenti sulla sua sessualità, annotandola né più né meno come una della tante particolarità di suo figlio; avevo tenuto però a fargli un discorso di tutt’altra natura.

  “Sei libero di amare chi vuoi, figliolo, ma fa’ attenzione: non tutti hanno l’apertura di spirito necessaria a capire certe cose. Permettimi quindi di darti un consiglio: evita relazioni all’interno di strutture scolastiche o lavorative, dove rischi di essere costantemente giudicato dalle persone che hanno il comando. Cerca qualcuno al di fuori del mondo al quale appartieni.”

Sebastian aveva afferrato immediatamente il concetto: se proprio voleva fare esperienze in campo sessuale e amoroso, doveva farlo con persone che non facevano parte della sua vita di tutti i giorni. Inutile dire che Thad, avendo  anche l’aggravante di essere il suo compagno di stanza, rientrava pienamente in quella categoria.

  “Harwood, io...”

Thad posò un dito sulle sue labbra.

  “Non dire niente, non importa.”

Sebastian restò lì, immobile, mentre Thad si vestiva con estrema velocità per poi dirigersi frettolosamente alla porta. Posò la mano sulla maniglia, restando qualche istante in attese di qualcosa, forse di una semplice parola di Sebastian; quando quella non arrivò, semplicemente uscì da quella stanza dentro la quale stava soffocando.

Il rumore della porta che si chiudeva sembrò scuotere Sebastian e svegliarlo dallo stato di trance nel quale era caduto; corse ad aprire e iniziò ad urlare il nome dell’altro per il corridoio, fregandosene di disturbare gli altri.

  “Thad... THAD!”

Ma Thad era già scappato, andandosi probabilmente a rifugiare da qualche parte; a Sebastian non restò altro da fare che tornare nella sua stanza e lasciarsi scivolare contro la porta.

***

Un’ora.

Sebastian continuava a girare in tondo nella stanza, chiedendosi che fine avesse fatto Thad.

Due ore.

Avrebbe dovuto semplicemente fregarsene, ma non ci riusciva; aveva bisogno di parlare con lui, aveva bisogno di spiegare e di capire.

Tre ore.

Il sospetto che stesse trascorrendo il suo tempo con qualcun altro lo stava uccidendo. Si era infilato talmente tante le volte le mani tra i capelli per il nervoso che se fosse entrato qualcuno vedendo la capigliatura lo avrebbe preso per matto.

Quattro ore.

Al diavolo Thad, al diavolo la sua paranoia e al diavolo il bisogno di sentire ancora la sua pelle bollente sotto le dita: lui era Sebastian Smythe e nessuno poteva permettersi di giocare in quel modo con lui.

Si chiuse in bagno per sciacquarsi la faccia; si sentiva stanco, spossato, senza un briciolo di forza residua.

E poi finalmente la sentì, quella porta che si apriva. Sentì dei passi per quella stanza e sentì il materasso scricchiolare, segno che qualcuno vi si era adagiato. Provò tante di quelle emozioni contrastanti insieme che non seppe dire quale fosse la più forte.

Doveva avere il coraggio di affrontare quella situazione, il coraggio di affrontare Thad, ma aveva la fottuta paura che qualcosa avrebbe finito inevitabilmente per andare storto.

Quando lo vide, sdraiato sul letto, un braccio a coprirgli gli occhi, si chiese quale fosse la cosa giusta da fare; aveva riflettuto così tanto in quelle ore, valutando attentamente le alternative, eppure ciò che aveva ottenuto era soltanto un gigantesco mal di testa.

Si schiarì la gola, pronto a parlare: ma la voce non usciva, rimaneva intrappolata e ciò gli impediva di produrre alcun suono. Fu solo quando Thad tolse il braccio dagli occhi e incrociò il suo sguardo che disse, con un filo di voce: “Vado allo Scandals.”

...EH?!

Non riusciva a capacitarsi neanche lui di quello che aveva detto. Era completamente insensato, un’ipotesi che non l'aveva sfiorato nemmeno per un istante durante le sue lunghissime riflessioni. Eppure l’aveva detto, ed ora l’unica cosa che poteva fare era dirigersi meccanicamente verso la porta, malendicendo se stesso per il coglione che era.

Ma prima che potesse decidere di andarsene, due mani forti si strinsero intorno alle sue braccia, bloccandolo; Sebastian ringraziò il cielo che questa volta la prontezza di spirito di Thad avesse salvato entrambi dal fare l’ennesima cazzata.

  “Non andare.”

Erano le parole giuste da dire, Sebastian lo sapeva, ma non erano abbastanza; non erano abbastanza per loro due, per quello che erano e per quello che, lo sapevano entrambi, volevano diventare.

  “Dammi un buon motivo.”

Era quello di cui aveva bisogno Sebastian: un solo buon motivo e avrebbe mandato a fanculo qualsiasi convinzione o promessa fatta nel passato.

  “L’idea di saperti con qualcun altro... Non ce la faccio.”

Sentì la fronte di Thad posarsi sulla sua schiena, abbandonandosi completamente a lui; Sebastian dovette fare uno sforzo assurdo per non girarsi e iniziare a divorarlo di baci.

  “Perché, Thad? Perché non ce la fai?”

Sapeva il valore di quella domanda, di conseguenza sapeva anche che Thad aveva bisogno di qualche minuto per elaborare la risposta giusta. Non poté, tuttavia, fare a meno di trattenere il respiro.

  “Perché credo di essermi... innamorato di te.”

Sebastian a quel punto si voltò e, senza aggiungere altro, lo baciò. Il mondo intorno a lui scomparve completamente: in quell’istante esistevano solo lui, Thad e il letto sul quale si erano spinti, mentre le mani, frenetiche, cercavano di togliersi da dosso gli indumenti.

Ci sarebbe stato tempo per parlare, ci sarebbe stato tempo per Sebastian di esprimere a sua volta i propri sentimenti; in quel momento, però, le parole non erano necessarie.










Note dell'autrice:

Sesto giorno della Thadastian Week! :)
Ce n'è voluto di tempo, ma alla fine questi due hanno capito la direzione giusta da prendere.
Sarà sufficiente? ;)
Lo scopriremo domani con l'ultimo prompt, "Divisa Scolastica"!

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Capitolo 7
*** Day 7: School Uniform (You've always been different) ***


Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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School Uniform
(You've always been different)

 

Thad fece scorrere la mano sul materasso, lasciandola scivolare sotto il lenzuolo, e avvertì una fastidiosa sensazione all’altezza dello stomaco.

Vuoto.

La porzione di letto accanto alla sua era indiscutibilmente vuota, e la cosa non gli piaceva affatto. Proprio in quel punto avrebbe dovuto esserci un corpo caldo, che possibilmente si strusciava contro il suo; doveva esserci qualcuno a ricordargli quanto fosse stata intensa la notte appena trascorsa, tra sesso, sospiri rubati e parole sussurrate. E invece non c’era nulla di tutto quello.

Rabbia.

Non poteva impedire al senso di rabbia di crescere dentro di sé e sentiva che presto o tardi avrebbe perso il controllo delle proprie azioni.

Strinse i pugni, cercando di trovare un’altra spiegazione a quell’assenza; forse si era alzato da poco, forse era semplicemente andato in bagno. Ma non c’era alcun rumore in quella stanza, nessun suono che potesse confermare quella teoria: doveva semplicemente arrendersi all’idea che Sebastian l’aveva trattato come uno dei tanti e se n’era andato. Forse in quel momento si trovava persino al Lima Bean, intento a farsi offrire il caffé da quel bel cameriere di cui gli aveva accennato qualche settimana prima. Quel pensiero gli stava letteramente facendo perdere la testa.

Mantieni la calma.

Più facile a dirsi che a farsi, naturalmente. In quel momento aveva solo voglia di rompere qualche arto a Sebastian, di dirgli che era uno stronzo e che no, non era affatto vero che si era innamorato di lui. Eppure avrebbe dovuto sapere fin dall’inizio che sarebbe finita così: del resto Sebastian non aveva in alcun momento accennato al fatto di provare qualcosa per lui. Si era semplicemente approfittato di un suo momento di debolezza per portarselo a letto, per illuderlo e fargli credere che poteva esserci qualcosa di più del sesso.

Era arrivato il momento di affrontare la realtà, purtroppo; aprì gli occhi, confermando la sua ipotesi di solitudine, e si mise a sedere, ignorando il fastidio che quella semplice azione gli provocava.

  “Harwood, un altro movimento e sei morto.”

Quella voce. Thad ebbe la netta sensazione che non era mai stato più felice in vita sua di sentire quella voce... nonostante la minaccia neanche tanto velata di omicidio.

Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando il luogo dal quale proveniva quel suono al tempo stesso odiato e amato; voltò leggermente la testa all’indietro e si accorse che Sebastian era seduto gambe incrociate sulla sedia della scrivania, che era stata girata e posta in direzione del letto. Aveva indosso solo un paio di boxer neri e teneva gli occhi fissi su un blocchetto, sul quale, armato di matita, stava tracciando qualcosa.

  “Sebastian... Cosa stai facendo?”

La mancanza di una risposta convinse Thad  che fosse arrivato il momento di alzarsi e di valutare con i propri occhi la validità o meno della ragione per la quale Sebastian aveva disertato il letto. Avvolse il lenzuolo intorno al proprio corpo nudo e barcollò in direzione dell’altro, che sbuffò di disaprovvazione.

  “Non potevi aspettare altri cinque minuti?”

Thad lo ignorò e si sporse verso il blocchetto, rimanendo a bocca aperta: su quel foglio vi era disegnata la figura di uomo, sdraiato supino su un letto, ancora profondamente addormentato. In altre parole, fino a pochi istanti prima Sebastian lo stava ritraendo.

  “E’ davvero... Bellissimo.”

Sebastian non poté fare a meno di ghignare. “Uno dei migliori soggetti che abbia mai avuto, in effetti.”

  “Scemo.” Thad avvicinò le proprie labbra all’orecchio dell’altro, per sussurrare con voce sporcata appena dalla malizia: “Io mi riferivo alla bravura dell’artista.”

A quel contatto così ravvicinato, Sebastian socchiuse gli occhi, sospirando piano.

  “Harwood, non è bene iniziare la giornata con questo genere di provocazioni...”

Thad approfittò di quell’attimo di distrazione per sfilargli il taccuino dalle mani, di modo da poterlo sfogliare con attenzione, ignorando deliberatamente il “Thad!” oltraggiato che uscì dalle labbra di Sebastian. Rimase sorpreso nel constatare la quantità di ritratti presenti al suo interno: ritratti di professori intenti a spiegare, dei Warblers nel pieno delle ripetizioni, di persone sconosciute che, sedute al Lima Bean, consumavano la loro ordinazione.

Era un puro spettacolo per gli occhi: il tratto di Sebastian era leggero e al tempo stesso deciso, riusciva a cogliere le espressioni e gli stati d’animo dei suoi soggetti e aveva una cura quasi maniacale dei dettagli.

  “Sono meravigliosi, Sebastian.”

Era talmente concentrato sui disegni da non essersi accorto che, nel frattempo, Sebastian si era alzato e si era avvicinato di soppiato; fu colto di sorpresa quando le sue braccia andarono a circondargli la vita.

  “Harwood, capisco che tu sia affascinato dai miei capolavori, ma ti ricordo che anche l’artista ha bisogno di attenzioni.”

Il respiro di Sebastian sulla sua pelle costrinse Thad a chiudere gli occhi per qualche secondo, lasciandosi travolgere dalle sensazioni e dai ricordi.

   “Hai ricevuto molte attenzioni stanotte, Smythe.”

La risposta di Sebastian non tardò ad arrivare: “E non vorresti ripetere l’esperienza?”

Thad tentò di ignorare in tutti i modi le reazioni del suo corpo dopo quella domanda; per quanto l’invito fosse gradito, dovevano prima parlare e cercare di definire quella nuova relazione.

In fondo, ciò di cui aveva veramente paura era che per Sebastian quello non fosse nient’altro che sesso;  e per quanto Thad apprezzasse quell’aspetto, per lui non era abbastanza.

Fu quindicon grande sforzo che si scostò da Sebastian e andò a sedersi sul letto, lasciando l’altro perplesso e anche relativamente scocciato.

  “Harwood, qual è il problema?”

Thad si morse il labbro, insicuro su quale fosse la cosa giusta da dire.

Voglio stare con te.

  “Nessun problema” disse, mentre continuava a rigirarsi il blocchetto tra le mani. Fu in quel momento che si accorse di un particolare che fino a quel momento gli era completamente sfuggito. “Sebastian... Perché nei tuoi disegni non indosso mai la divisa?”

Era un dettaglio alquanto singolare, soprattutto perché tutti gli altri – Jeff, Nick, Trent – erano sempre ritratti con il blazer della Dalton. Alzò gli occhi su Sebastian, giusto in tempo per accorgersi che si era irrigidito ed ora evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo.

C’era una strana tensione che aleggiava nell’aria, fatta di parole che venivano formulate solo idealmente nelle loro teste e che nessuno dei due riusciva a pronunciare. Alla fine fu Sebastian che, dopo avere preso una buona dose di coraggio, riuscì a dire l’unica cosa che Thad voleva sentire.

  “Perché tu sei diverso.” Una pausa, quasi avesse bisogno di riprende fiato dopo una lunga corsa. “Tu sei sempre stato diverso.”

Il cuore di Thad batteva al doppio della velocità normale; Sebastian si stava finalmente liberando di tutte le sue maschere e gli stava dando la possibilità di scoprire chi era veramente.

Si alzò di scatto dal letto, precipitandosi verso la scrivania e andando a rovistare tra i cassetti, lasciando Sebastian completamente basito.

  “E ora si può sapere cosa stai facendo?!”

  “Cerco il registratore” Thad continuava freneticamente a frugare tra i vari oggetti, ma nella sua voce c’era una nota divertita “Ho bisogno di una prova per dimostrare che queste parole sono state pronunciate, perciò devi assolutamente ripeterle e darmi modo di registr...”

Non fece in tempo a finire la frase che Sebastian l’aveva raggiunto e, dopo averlo bloccato contro la scrivania,  l’aveva baciato per minuti interminabili.

  “Te l’ha mai detto nessuno che sei un idiota, Harwood?” sospirò Sebastian contro le sue labbra.

C'era un sorriso sulle loro labbra, poiché ora entrambi erano coscienti del fatto che, nonostante le difficoltà da affrontare, volevano la stessa cosa.

  “Sì, tu. Spesso, tra l’altro.” Thad sfregò il naso contro quello di Sebastian con fare scherzoso, prima di allontanarsi appena e sussurrare, quasi spaventato: “Non andartene.”

Sebastian rafforzò la presa su di lui. “Non vado da nessuna parte, Thad.” Pronunciò con sicurezza quelle parole, per poi ghignare e aggiungere: “Al massimo vengo.”

  “Tu e il tuo sarcasmo, Smythe...” Posò le mani sul suo petto e lo guardò negli occhi, assumendo un’aria mortalmente seria. “Ora parliamo delle regole.”

L’altro alzò gli occhi al cielo ma non diede segno di sorpresa, quasi se lo aspettasse.

  “Ma non mi dire... Poi la gente si chiede perché uno preferisce scopare senza impegno...”

Thad gli diede un pizzicotto sul fianco per riavere la sua attenzione. “Modera il linguaggio, bellimbusto, e ascoltami. Regola n°1: niente più Scandals.”

   “E io che contavo in un accesso illimitato...”

  “Regola n°2: niente Lima Bean.”

  “Peccato, quel cameriere era davvero carino...”

  “Regola n°3...”

  “...Solo io e te?”

  “Solo io e te.”  

***

 12 anni dopo



“Papà!!!”

Thad allargò le braccia per prendere al volo suo figlio, che appena l’aveva visto gli era corso incontro.

  “Ciao campione!” Lo sollevò in aria per poi stringerlo in un abbraccio caloroso. “Hai fatto il bravo?”

Mathias annuì con fare solenne, prima che una smorfia triste comparisse sul suo volto.

 “Però non sono riuscito ad andare sull’altalena...”

Thad sorrise. “Adesso ci andiamo insieme, va bene? Fammi giusto salutare papà.”

Fece scendere Mathias dalle sue  braccia e lo vide andare verso i giochi, mentre lui si incamminava verso la panchina dov’era seduto l’altro papà.

  “Ehi, francese.” Thad si sporse verso Sebastian per lasciargli un bacio sulle labbra. “Hai fatto piangere qualche bambino, oggi?”

Sebastian si esibì in una smorfia risentita, mentre passava un braccio intorno alle spalle di Thad, sedutosi accanto a lui.

  “Ci ho provato, ma Mathias me l’ha impedito. Subisce troppa influenza da parte tua.”

  “Per fortuna! Almeno uno di voi due è maturo.” Thad appoggiò la testa sulla spalla dell’altro. “Mi ha chiamato Beatriz per chiedermi se stasera Rafael poteva dormire da noi.”

  “Hanno discusso di nuovo?”

Thad sospirò. “Ribellione adolescenziale.”

  “Pensa quando toccherà a noi...” Sebastian sentì un brivido attraversargli la schiena. “Non può proprio restare un bambino, vero?”

  “Temo di no.”

Restarono per qualche minuto in silenzio, mentre il vento soffiava leggero tra le fronde degli alberi, finché Mathias non fece segno a Thad di raggiungerlo. L’uomo si alzò, pronto ad andare, ma fu inaspettatamente trattenuto.

  “Sebastian?” Thad lo guardò incuriosito. “Cosa c’è?”

  “Niente.” Fece piegare l’altro, di modo che i loro volti fossero alla stessa altezza, e lo baciò di nuovo. “Ti amo.”

Un sorriso.

  “Ti amo anche io.”










Note dell'autrice:

Settimo e ultimo giorno della Thadastian Week (postato con un po' di ritardo!).
Finalmente Thad e Sebastian hanno trovato un modo per dichiararsi e far funzionare le cose!
Il finale si ricollega direttamente alla prima shot e al sogno di Sebastian *-*
C'è, tuttavia, un piccolo appunto da fare: il finale originario era un altro - che non prevedeva lieto fine - ma, dopo discussione con Nymeriah e altre ragazze del fandom, ho deciso che forse non era il caso di terminare in quel modo. Se qualcuno fosse comunque interessato a sapere qual era, lo troverà cliccando qui: http://www.facebook.com/photo.php?fbid=160367027457754&set=a.159079497586507.1073741827.100004533720829&type=3&theater ;)
Un abbraccio fortissimo a tutte le ragazze che hanno partecipato alla week scrivendo storie bellissime, siete fantastiche <3
Un ringraziamento a tutte le persone che si sono fermate a leggere e a recensire :)
Alla prossima :*

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