Corte

di Axul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La compagnia ***
Capitolo 2: *** Horror way! ***
Capitolo 3: *** Piante vs Xest ***
Capitolo 4: *** Romanticismo con drago ***
Capitolo 5: *** Lo Sherlock dei fulmini ***
Capitolo 6: *** A cavallo del tempo ***
Capitolo 7: *** Topi ballerini ***
Capitolo 8: *** Nonni in comica ***
Capitolo 9: *** And action, please! ***



Capitolo 1
*** La compagnia ***


Nyrpex e Sorix erano nel parco dell’Accademia del Fuoco, stavano parlando delle ultime avventure amorose di lui, sempre impegnato a rincorrere qualche “donzella” per i corridoi della scuola. Erano maghi, entrambi del secondo anno e la loro specializzazione era, rispettivamente, l’esplosione e la telecinesi.
Erano seduti vicini ad un albero e lui, mentre narrava, faceva scoppiare qualche ramoscello. Lo rilassava come suono, era in un certo senso piacevole.
Improvvisamente si trovarono un gatto rosso davanti. Ci misero poco a intuire che fosse Xelva e, no, lo capirono prima che si trasformasse; lei era esperta nella metamorfosi.
Nyrpex non era molto alto, aveva capelli castani spettinati, occhi scuri e grandi, un naso leggermente aquilino e due labbra che, come le definivano alcuni membri della compagnia, sembravano due canotti. Si atteggiava da spaccone, lo faceva apposta, però a volte non si rendeva conto di fumare alzando lievemente un sopracciglio, tenendo la mano a coprirgli il mento e di stendere l’altro braccio magari appoggiandolo su un fianco.
Soerix era mora, portava un paio di occhiali sottili dalla montatura argentata squadrata, gli occhi erano castani, non si truccava, non perché non ne fosse in grado, semplicemente non ne aveva voglia. Il suo colore preferito era il rosso, fortunata coincidenza che fosse destinata all’istituzione dalle divise rubino.
Xelva, invece, non usciva di casa senza avere almeno messo l’eye liner. Era ossessionata dal gotico, spesso attraversava altre fasi, come quella della musica celtica che una volta aveva ascoltato in città ad una fiera, ma il pallino per quel mondo misterioso l’accompagnava ormai da anni. Aveva i capelli rossi e si divertiva spesso a cambiarne l’aspetto giocando con i suoi poteri accanto allo specchio: uno dei vantaggi della metamorfosi.
I tre si salutarono, Nyrpex finì di raccontare per poi proporre: «Andiamo dagli altri?».
In città c’erano quattro accademie: fuoco, terra, aria e acqua. Banalmente, i quattro elementi. Loro conoscevano studenti di tutte le scuole ed erano un gruppo quasi inseparabile, che si insultava e litigava quasi ogni settimana, ma che in fondo si voleva bene. nonostante tutte le stramberie di ciascuno.
Si avviarono lungo il grande viale bianco che portava all’Accademia dell’Aria e che attraversava il centro della città: una piazza dove normalmente si svolgevano gli affari, quel giorno adibita a fiera. Nyrpex comprò qualcosa fa bere, mentre le due ragazze continuarono a camminare facendo attenzione a non scontrarsi con qualcuno. Fu all’ennesimo spintone che Xelva si trasformò in aquila e volò via annunciando che li avrebbe attesi ai cancelli.
Nyrpex fissò Sorix. «Perché non sposti tutta questa gente?»
«Hai ragione!» e utilizzò i suoi poteri per aprire la folla in due ali.
Trovarono la rossa appollaiata su una delle panchine davanti alla cinta bianca dell’Accademia dell’Aria. Percorsero qualche metro, svoltarono a destra al primo incrocio e seguirono la musica. Non in un senso poetico, letteralmente rincorsero le note arrivando ad uno spiazzo circondata da alti pini dai rami ghiacciati. Non perché fosse inverno.
La melodia che seguirono proveniva da un invisibile pianoforte davanti ad un ragazzo magro dai ricci neri spruzzati di rosso. Xest aveva la specializzazione della sinfonia: poteva suonare l’aria, di conseguenza era in grado di riprodurre qualunque strumento. Che potere inutile, si può essere portati a pensare; no, se si calcola che poteva controllare le menti degli altri semplicemente eseguendo qualche motivo.
Nyrpex fece appena in tempo a spostarsi che un lampo cadde di fronte a lui. Era una bellissima giornata di sole primaverile.
Leax sbuffò contrariato. «C’ero quasi, dannazione!»
Capelli castani ricci, occhi scuri, pizzetto e barba non propriamente curata. Esperto in elettricità ed eterno giullare della compagnia. Un pazzo che faceva ridere tutti con qualunque cosa.
Xelva toccò i pini e commentò: «Carini!».
«Grazie!» rispose una ragazza bionda seduta di fronte a Xest.
Raxas, allieva del terzo anno come Xest e Leax, lunghi capelli mossi biondi – tinti – occhi castani addolciti da dell’eye liner nero. Corporatura normale, anche se lei credeva di essere grasse, persona normalissima, anche se era convinta di essere antipatica e, di conseguenza, era di una timidezza infinita per sconosciute ragioni, e sempre e perennemente tesa. La classica ragazza da non far arrabbiare durante i disperati cinque giorni, insomma.
«Gli altri?» domandò Leax dopo aver acceso una sigaretta.
«Zaxzom e Cykrix dovrebbero finire fra cinque minuti» rispose Raxas massaggiandosi le tempie.
«Andiamo, allora!» ordinò Xest alzandosi di scatto.
Il viale che collegava l’Accademia dell’Aria con quella della Terra era un lunghissimo tappeto d’erba che si stendeva lungo una delle periferie della città, che era a forma di rombo i cui angoli erano costituiti dai quattro imponenti castelli delle scuole di magia.
L’Accademia della Terra era un fortino massiccio dalla pianta tonda, completamente immerso nella vegetazione, che a stento si vedeva. Loro aspettarono fuori dal cancello nero, sapendo che era impossibile orientarsi lì dentro se non si aveva un legame particolare con la natura. Xest si sedette per dormire e tutti non poterono che scoppiare a ridere notando un’edera allungarsi fra le sbarre e fargli il solletico al naso infastidendo il suo sonno. Due piccole scimmie completamente verdi, poi, si lanciarono su Leax scaraventandolo a terra.
Due individui comparvero dal verde: uno era alto, l’altro era basso.
Cykrix era del primo anno, come Xelva, e aveva il potere della vita: poteva animare qualunque cosa. avendo però appena iniziato, ancora non sapeva bene in che cosa consistesse quella magia. Era biondo, con un perfetto ciuffo che non era mai mosso dal vento, gli occhi verdi e aveva il fisico più atletico di tutta la compagnia: faceva tanto, ma davvero tanto, sport.
Zaxzom, al contrario, si lasciava affascinare dal mondo della perdizione gastronomica. Esperto mago dell’evocazione: dalla terra poteva creare e plasmare qualunque cosa volesse, persino creature mitologiche se le aveva bene in mente. Era al secondo anno perché aveva deciso di cambiare indirizzo di specializzazione, non gli interessavano i terremoti, dopotutto. Corti capelli castani, occhi verdi puntellati d’oro e barba trasandata.
«Ehilà, come va?» domandò Zaxzom iniziando a salutare tutti.
«Mi annoio! Quando finiscono Axul e Xarf oggi?» chiese Xelva rivolgendosi a tutti.
Sorix rifletté qualche istante, prese poi un libricino nero su cui annotava ogni cosa e sfogliò velocemente alcune pagine. «Ehi, dovrebbero finire fra poco!»
Ripresero la marcia. Per andare all’Accademia dell’Acqua dovevano percorrere il lungo viale azzurrino che passava per il centro della città. In una ventina di minuti arrivarono di fronte allo slanciato castello bianco a base quadrata dalle torri rotonde con le guglie azzurre. Tutto intorno infinite ed enormi fontane che giocavano continuamente lanciandosi zampilli cristallini.
Axul e Xarf erano seduti su una delle vasche a discutere vivacemente.
«Dai, non è possibile che non mi venga!» sbottò Axul per poi notare la presenza degli altri e scrivere qualcosa sulla superficie marina. Due enormi delfini andarono verso di loro, danzarono e si dissolsero poi nell’etere.
«Finalmente!» esultò abbracciando Xarf.
Il suo potere era la parola: se scriveva una cosa su una qualunque superficie bagnata, quella frase si materializzava eseguendo il suo volere. Era bassa, aveva i capelli castani e gli occhi scuri, molto più di quelli di tutti gli altri. Era caratterizzata da una pungente ironia che aveva colpito tutti loro e che a volte odiavano per le venature sarcastiche e canzonatorie. Sua madre le diceva sempre che era acida; lei sorrideva e rispondeva che la gente se lo meritava.
Xarf non presentò loro il suo potere come tutti gli altri, avrebbe potuto bloccarli tutti o far muovere più velocemente le cose intorno a loro, ma non gli andava, preferiva avere news sulle avventure di Nyrpex direttamente da Sorix. Lui controllava il fluire del tempo. Era moro, con gli occhi azzurri, indossava degli occhiali dalla spessa montatura nera stile Superman, ed era una specie di pettegola fissata con il mondo orientale.
«Ok, che facciamo?» domandò Leax guardando il cielo: stava per iniziare il tramonto e loro dovevano ritornare nel dormitorio.
Le accademie erano istituzioni antiche, di conseguenza seguivano ancora leggi arcaiche: tutti gli studenti dovevano rientrare entro il tramonto nel dormitorio e solo tre volte al mese potevano uscire la sera. Inutile dire che loro andavano spesso contro quel divieto per concedersi qualche ora di svago nella Via del Riso, che si trovava poco distante dalla Piazza degli Affari. Uno dei vantaggi di essere un mago era che i soldi erano praticamente ovunque in quegli edifici: bastava chiedere a Leax, Raxas o Xest di diventare invisibili, grazie ai poteri dell’Aria, e loro potevano muoversi liberamente fra i corridoi, entrare nelle stanze dove ormai sapevano di trovare delle monete e assicurare così da bere per tutti.
Il dormitorio era una sorta di villa principesca a due piani dalla facciata ricordante un tempio che si estendeva nelle due ali: una contenente le stanze dei ragazzi e l’altra quelle delle ragazze. Ovviamente un’altra stupida legge voleva che una persona del sesso opposto non potesse andare nell’altra ala, ma quasi tutti andavano contro quel divieto. E loro erano fra quelli da quando erano arrivati lì.
«Andiamo nel locale dove suonano? Oggi c’era qualcosa, mi sembra…» mormorò Axul mordendosi il labbro inferiore.
«“La caverna della notte”?» tentò di ricordare Nyrpex.
«Dal nome credo che sia più un posto a luci rosse» replicò Xarf perplesso.
Axul si guardò intorno. «Ma Xest?»
Tutti gli altri si fissarono sconvolti.
«Quel pirla è rimasto all’Accademia della Terra a dormire!» sbottò Leax per poi incamminarsi nuovamente verso il viale azzurrino.
«Vabbè, ci vado io! Mi trasformo e via!» affermò Xelva per poi tornare a focalizzare l’attenzione sugli altri «Axul, ti ricordi dov’era?».
«Sì! Su Via del Riso all’incrocio con Via del Fumo!»
«“La stamberga”!» urlò Raxas per poi esultare per essersi ricordata il nome.
«Ok, ci troviamo alla solita ora, se ci sono imprevisti avvisate» affermò Zaxzom con risoluzione avviandosi verso il dormitorio.
 
Alla mensa furono costretti a sorbirsi l’ennesima brodaglia tiepida e mal fatta. Leax la divorò, non gli importava del sapore, stava letteralmente morendo di fame; Raxas, nonostante il suo stomaco stesse brontolando da più di due ore, preferì non mangiarla accontentandosi del ciocco di pane raffermo; Axul e Xest, invece, passarono il tempo scartando i pezzi verdi galleggianti.
Zaxzom commentò: «Beh, stasera mangiamo anche, va».
«E dove vuole mangiare, signor Zaxzom?» domandò una voce imperiosa dietro di lui.
Tutti gli altri alzarono gli occhi al cielo: Madame Duval, la direttrice dell’Accademia del Fuoco, nonché la più antipatica persona in tutta la città.
«Qui, ovviamente» rispose Zaxzom tornando a concentrarsi sulla zuppa.
La donna alzò arcigna un dito ossuto e cominciò a blaterale qualcosa sulle regole e sul senso del dovere; fu interrotta dall’arrivo del basso e buffo rettore dell’Accademia della Terra, Mr. Fix, il più comprensivo di tutti. Si vestiva come un folletto e arrivava a malapena alla vita di Madame Duval.
«Madame, faccia godere il pasto ai miei studenti.»
La donna, inviperita, se ne andò facendo strisciare la lunga gonna rossa.
«Ragazzi, vi conviene stare nelle vostre stanza per oggi» sussurrò Mr. Fix per tornare verso il tavolo degli insegnanti saltellando.
«Che cavolo, devo mangiare ‘sta roba!» sbottò Raxas fissando in cagnesco Zaxzom.
Cykrix sbuffò. «Vabbè, ragazzi, io vado a fare il bis.»
Sorix lo fissò sconvolta mentre andava. Il problema non era il fatto che mangiasse un piatto in più di quella cosa, ma che fosse già al quinto!
Xarf addentò il pezzo di pane e ci mise svariati secondi per staccarne una briciola. «Potrebbero non darci cose di quattro mesi fa, però!»
 
Leax bussò alla porta della camera di Nyrpex ed entrò nella sua stanza con aria annoiata. «Cosa facciamo? Non riesco a dormire!»
Il riccio occupò interamente il letto dell’amico, mentre l’altro si vide costretto ad appoggiarsi ad una sedia. «Boh, andiamo dagli altri?»
Fu cos’ che i due si ritrovarono a salire e scendere un’infinità di scale per radunare Cykrix, Zaxzom, Xarf e Xest; arrivati davanti alla porta di quest’ultimo si accorsero che non c’era- andarono nella sala comune, occupata da qualche mago intento a provare qualche incantesimo per gli esami che si stavano avvicinando.
«Dov’è?» domandò Xarf perplesso per poi sedersi su una poltrona rossa.
«Starà dormendo» ipotizzò Cykrix cercando del cibo.
Era consuetudine degli studenti andare in città durante il giorno, comprare qualcosa e nasconderlo in vari buchi nelle pareti coperti da quadri in modo che tutti potessero nutrirsi realmente senza dover per forza andare in contro alle regole.
Leax alzò gli occhi al cielo. «Sono le nove, non è possibile!»
«Vabbè, gli lascio un biglietto sotto la porta per dirgli che siamo qui» affermò Nyrpex uscendo dalla sala.
 
Sorix andò in camera di Raxas per raccontarle gli ultimi pettegolezzi su Nyrpex e per sapere se aveva qualche news sugli altri.
Loro due e Axul facevano parte del gruppo conosciuto come “Le tre comari” e, sì, il motivo del nome era la loro passione per il gossip.
Verso le dieci batté alla porta Xelva, lacerata dalla noia. Mancava Axul all’appello, così decisero di andarla a recuperare. Bussarono e, senza neanche aspettare, aprirono. Una cascata d’acqua si riversò su di loro.
Videro Axul scattare, afferrarle e trascinarle dentro con poca grazie prima di richiudere la camera. Trovarono Xest seduto sul letto.
«Ehi! Come va?» domandò lui con finto interesse.
«Che ci fai qui?» replicò Raxas ancora sconvolta per la doccia ghiacciata.
Sorix e Xelva usarono i loro poteri per asciugarle.
«Mi annoiavo e dovevo farle sentire una canzone!»
«E l’acqua?» chiese Sorix accomodandosi su uno dei cuscini a terra.
Axul offrì loro dei dolci che aveva preso al mercato. «Per non far passare il suono.»
Annuirono comprensive.
 
A lezione Leax chiese a Xest che cos’avesse fatto la sera precedente, ma, senza neanche dare il tempo all’altro di rispondere, Raxas s’intromise nella conversazione affermando con risoluzione: «Stasera usciamo!».

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Capitolo 2
*** Horror way! ***


Si trovarono fuori dal dormitorio due ore dopo la parca cena: quel giorno le cuoche avevano provato a rifilargli del riso scotto e colloso con un cucchiaio di una salsa talmente annacquata da essere quasi arancione.
Il loro punto d’incontro era dietro l’edificio color mattone, vicino alla cinta scura, in uno spiazzo troneggiato da un albero plurisecolare i cui rami davano all’esterno.
Grazie alla magia di Cykrix si arrampicarono senza problemi e in qualche minuto furono tutti liberi. Ovunque regnava il silenzio, c’era solo in lontananza un vociare indistinto. A passi sicuri si avviarono verso Piazza degli Affari e si nascosero dietro le colonne di un’imponente struttura in pietra per cambiarsi; le loro uniformi erano troppo appariscenti per passare inosservati e loro non volevano essere notati o, peggio, riconosciuti, per questo cambiavano locale ogni volta.
Presero poi Via del Riso e subito furono investiti da grida di gente che provava a sovrastare gli altri. Xarf, innervosito da tutto quel baccano, bloccò il tempo intorno a loro fino a quando non furono davanti alla “Taverna del Borgo”. Vi entrarono tentando di farsi strada fra la folla, occuparono il tavolo nell’angolo più nascosto e ordinarono da bere.
Passarono il tempo ridendo e imitando i loro insegnanti. Furono interrotti da un uomo incappucciato che si bloccò davanti a loro, che lasciò una pergamena e che se ne andò.
Lessero subito incuriositi. “Fra un’ora al parco della notte”
«Che facciamo?» domandò Sorix intimorita.
«Andiamo!» annunciò immediatamente Nyrpex alzandosi per la foga.
Zaxzom lo afferrò per ala felpa costringendolo a sedersi. «Sarà uno scherzo.»
«Beh, tanto non abbiamo nulla da fare!» affermò Xelva.
«Sì, arriviamo e ci troviamo lì i direttori» ipotizzò Xarf prendendosi il capo fra le mani.
«Al parco delal notte?» sbottò Xest sconvolto.
Leax annuì con convinzione. «Sicuramente non sono i direttori. Dai, andiamo.»
Il parco della notte si trovava nella periferia fra l’Accademia dell’Aria e quella dell’Acqua. Era noto in tutta la città per essere frequentato da alcolizzati in “dolce” compagnia, da cui il nome.
Quando intravidero gli alberi, dovettero fare affidamento sul contatto con la natura di Zaxzom e Cyrkix per non disturbare “dolci” coppiette in atteggiamenti poco consoni. Si fermarono sotto un lampione immaginando che la figura incappucciata li avrebbe trovati senza problemi. Esattamente allo scoccare dell’ora, l’uomo comparve zoppicante verso di loro reggendosi con un lungo bastone in legno senza alcuna decorazione.
«Siete venuti.»
Xest e Nyrpex risero di sottecchi pensando al doppio senso. Come dargli torto? Erano in un parco completamente circondato da “dolci” dame di compagnia!
Si avvicinò a Leax e gli porse una mappa. «Seguitela.»
Axul afferrò immediatamente la pergamena per guardarla. Come una mappa dei pirati, c’era un percorso in rosso che attraversava tutta la città.
«Perché?» chiese Xarf scettico.
«Lo scoprirete» e scomparve.
«Sarà stato un mago dell’aria» sbuffò Xelva per poi guardare Axul «Allora? Qual è la nostra meta?».
«La cattedrale» mormorò l’altra mordendosi il labbro inferiore.
Raxas sbuffò. «Vabbè, ormai andiamoci!»
 
La cattedrale era, chiaramente, un luogo di culto sacro. La notte era proibito l’accesso per chiunque. Di tutta la loro compagnia, credevano solo in quattro, ma nessuno di loro era praticante, andare lì era quindi una noia per tutti loro. L’unica cosa positiva era che avrebbero finalmente potuto ammirare la costruzione senza la fiumana di persone che si ricordavano di quando ancora ci andavano… no, ok, era comunque una noia. L’ordine aveva prelevato dall’edificio qualunque oggetto che potesse avere un valore, ormai c’erano solo l’altare e le panche, tutto il resto era lasciato allo sfacelo.
Si guardarono intorno perplessi.
«E una volta che siamo qui?» domandò Axul guardando in alto sperando di intravedere qualcosa d’interessante.
Inutile dire che quella frase scatenò l’immediato “segno dal cielo” che si manifestò in un terremoto, si addossarono ai pilastri portanti e aspettarono che la scosse s’interrompesse.
«Axul, non parlare più» affermò Nyrpex notando che il fonte si era rotto e aveva sparso acqua su tutto il pavimento.
«Beh, ma non abbiamo comunque capito che fare» replicò Xest incamminandosi verso l’altare.
Si sparpagliarono in cerca di indizi. Axul trovò le scale della cripta e, per chissà quale malato motivo, decise di andare a visitarla. Non le piacevano i cimiteri, trovava i monumenti funebri inquietanti e grotteschi, soffriva di claustrofobia e aveva una goccia di coraggio. Perché era andata a rovistare in una cripta?
Intorno a lei, ovviamente, solo bare in pietra variamente decorate, si soffermò su un angelo rappresentante chissà quale virtù. Sentì un cigolio sinistro, si disse che era frutto della sua immaginazione; si voltò molto lentamente. Nulla.
E poi, come nel più squallido degli horror, si ritrovò davanti un volto incavato, lacerato, ricoperto di sangue, due palpebre cucite da uno spesso filo nero, la bocca aperta in un urlo silenzioso, nessun dente, solo un enorme buco nero, capelli scompigliati, scarmigliati, pochi, sparuti, irti, spigolosi, pezzi di pelle che cascavano ovunque.
Paralizzata, terrorizzata si ritrovò a fissare quella mummia senza essere in grado di fare nulla. Si scosse solo quando vide una mano ossuta, spigolosa, con pochi pezzi di pelle a ricoprirla avvicinarsi a lei. si allontanò strisciando, ma non poté fare molto perché si ritrovò bloccata da un sarcofago. Poi altri due la bloccarono ai lati e davanti a lei solo quella cosa senza espressione, che inclinava leggermente il capo in chissà quale macabro sadismo.
Non le si avvicinò, la fissò soltanto indicando con quella mano raggrinzita il soffitto e si avviò camminando malamente, zoppicando.
Doveva fare qualcosa, era evidente. Però se ne stava andando, forse era meglio così?
No. C’erano gli altri, non poteva permettere che li toccasse. Non poteva essere così codarda da lasciare che fossero loro a sistemare il casino che lei aveva combinato andando lì sotto.
Sentì un formicolio sulla mano. Girò solamente gli occhi e scattò in piedi quando vide milioni di scarafaggi intorno a lei. Cominciò a calpestarli con fare isterico, sull’orlo del pianto. Poi, si ricordò di una cosa.
Il sangue era composto d’acqua.
Guardò la mummia, era a qualche passo dai gradini.
Senza dover scrivere nulla, solo immaginando nella sua mente le parole, una mangusta si creò dal sangue sparso a terra, divenne enorme e allontanò tutti gli insetti in pochi istanti cominciando a mangiarne alcuni.
Altro sangue, altra linfa per il suo potere.
Un anaconda si avvolse a spirale intorno alla mummia, la trascinò indietro e la sbatté contro al muro con violenza; poi un enorme martello vermiglio prese a testare la sua potenza facendo tremare il basamento della cattedrale. Gli altri sentirono solo qualche lieve scossa, ma non vi diedero peso; Axul tornò da loro quando decise che il cumulo di polvere non poteva più fare del male a nessuno.
«Gente, avete trovato qualcosa?» domandò dopo aver chiuso l’entrata della cripta con un’enorme pietra.
«Niente… sicura che la mappa indicasse qui?» chiese Leax andandole incontro.
Solo Raxas e Xest si accorsero dei suoi stivali ricoperti di sangue.
«Axul, tutto bene?»
Lei li fissò, non rispose, aprì la mappa e rimase sconvolta nel notare che il percorso era cambiato. «Ora indica il museo…»
«Sì, ma noi non abbiamo più tempo per stare in girò» replicò Xarf sentendo le campane.
Tornarono nelle loro stanze attraverso i passaggi segreti nel giardino del dormitorio. Il giorno seguente lo passarono in trepidante attesa della sera per poter continuare la loro avventura.
Mentre si dirigevano verso il museo, Axul raccontò che cos’era successo con la mummia e Nyrpex commentò: «Quindi in ogni posto c’è un mostro? Fico!».
«Fico un corno! È stato orribile!» mugugnò lei prima di mangiare una caramella alla menta.

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Capitolo 3
*** Piante vs Xest ***


Il museo si trovava in Piazza degli Affari, era il luogo dove loro regolarmente si cambiavano quando uscivano: era un tempio antico, dalle alte colonne in marmo e dai capitelli ionici; dentro era suddiviso in più stanza e i reperti erano conservati in trasparenti teche di vetro. Perché continuavano ad andare in posti noiosi?
Ancora una volta, si sparpagliarono ala ricerca di qualcosa di interessante. Xest finì, non si sa bene in che modo, nella serra del museo. La temperatura era elevata, quasi soffocante, poteva vedere solo lunghe fila di piante di ogni tipo. Si avvicinò ad un fiore dai colorati petali rossi aperti in modo quasi invitante, forse era carnivoro. Continuò a camminare in cerca dell’uscita, perché ovviamente, si era anche perso là dentro e non riusciva ad andarsene.
Cominciò a seguire delle frecce a caso. Si ritrovò nel centro della serra, sottolineato da un rotondo enorme vaso coronata da un’immensa pianta verde dalle fauci – sì, fauci – spalancate da cui si intravedevano gli aguzzi denti bianchi. Quella… cosa abbassò il “capo” verso di lui come se l’avesse fiutato e spalancò la “bocca” in un grido acutissimo.
«No, dai, è uno scherzo» farfugliò Xest prima di nascondersi dietro una fila di rose.
Allontanò stizzito alcuni insetti mentre si girava a controllare la situazione: ovviamente la pianta non poteva muoversi, semplicemente si guardava famelica intorno azzannando ogni tanto l’aria.
«Preferivo la mummia a ‘sta cosa!» sbuffò deluso.
Si guardò intorno, doveva esserci qualcosa di utile, sicuramente. Piante, fiori, foglie, scritte… ehi! Si dice che bisogna parlare alle piante – quello fu l’unico disperato pensiero che gli passò per la testa.
Uscì dal suo nascondiglio e si lanciò sotto al vaso saltando malamente per evitare le foglie che il suo “nemico” li lanciava addosso. Quando capì che se il suo piano non avesse funzionato, sarebbe morto sicuramente, chiuse gli occhi scatto, mise le mani davanti a sé e, esattamente quando due fruste stavano per sferzargli il volto, la melodia del pianoforte riempì la sala.
Socchiuse un occhio: la pianta stava oscillando, forse le piaceva, ma non era abbastanza. Doveva comunicare con lei per poter scappare, non poteva passare il resto della sua vita a suonare per evitare che lo mangiasse! Respirò profondamente. Doveva entrare in contatto con una pianta… ma che diavolo stava facendo?
Smise di suonare il pianoforte, impugnò un immaginario violino e, con una potente nota, la pianta esplose istantaneamente.
«Io non parlo con le verdure.»
Fece per incamminarsi, ma, improvvisamente tutta la serra sembrava guardarlo… quanto avrebbe voluto essere un mago della Terra in quel momento. Notò che alcuni fiori si erano chiusi, come se avessero voluto sparare qualcosa.
«No…»
Dei proiettili fuggirono dalle corolle diretti verso di lui. Si accovacciò sotto un tavolo e cominciò a gattonare maldestro verso l’uscita, di cui si era magicamente ricordato la direzione. All’ennesimo pisello che gli finì addosso, uscì dal nascondiglio e urlò: «Ma basta!».
Tutto si fermò, come bloccato. Si guardò intorno, scrollò le spalle e se ne andò canticchiando. Ci mise un po’ a capire che aveva usato i suoi poteri direttamente attraverso la sua voce, cosa che non sapeva neanche di essere in grado di fare.
Trovò Axul, che voleva a tutti i costi tenere la mappa, seduta su una poltrona a bere del tè. La guardò in modo eloquente e le consigliò di controllare la cartina.
«Cos’hai trovato? Un vampiro?» s’informò Raxas comparendo dietro di lui.
«No, una cavolo di pianta carnivora!» replicò Xest grattandosi la mano.
Richiamarono gli altri, controllarono l’ora e si dissero che avevano ancora un sacco di tempo! La tappa successiva era il parco della notte. Di nuovo.

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Capitolo 4
*** Romanticismo con drago ***


«Il nemico è una prostituta, questa volta?» domandò Xelva perplessa.
Cykrix sospirò. «Ancora laggiù?! Non mi piace quel parco, è troppo buio!»
Leax alzò gli occhi al cielo e costrinse tutti a seguirlo perché conosceva una scorciatoia.
Zaxzom lo affiancò e gli disse: «Sembra di essere dentro un fantasy!».
«Sì, peccato che i nemici sono mummie e piante! Se andiamo avanti così ci troviamo una pecora al parco della notte!»
Quando furono arrivati al parco, Sorix sbarrò gli occhi vedendo una pecora dal muso nero. «Ma che…?»
Axul si lanciò all’inseguimento del lanoso animale che, ovviamente, scappò via.
«Ok, l’abbiamo persa» affermò Xarf laconico.
«Cerchiamola. Ci troviamo qui fra un’ora» annunciò Raxas prima di addentrarsi nel buio del parco.
Come al solito, finirono per perdersi ulteriormente… ed erano in pochi quelli con senso dell’orientamento, probabilmente sarebbero dovuti andare Zaxzom e Cykrix a ritrovare tutti. Nyrpex non si preoccupava del fatto che continuasse a cambiare sentiero, lui sapeva seguire la luna – purtroppo per lui quella era una sera di luna nuova – quindi continuava ad addentrarsi nel parco. Arrivò davanti ad un ruscello.
Un unicorno.
Un fottuto unicorno lo stava fissando scuotendo la criniera nera.
Provò ad avvicinarsi, ma quello si allontanò di qualche passo. Esattamente come Axul stava rincorrendo la pecora da qualche parte, lui stava tentando di prendere un unicorno. Notò che dai suoi zoccoli uscivano degli arcobaleni.
Non gli passò per la testa che tutto quello era profondamente sbagliato, semplicemente continuò a seguire l’animale fantastico. Arrivarono ad un dirupo – non sapeva neanche che potesse esistere un burrone in una città – e l’unicorno si lanciò nel vuoto disegnando nel cielo una scia di arcobaleno. Sbarrò gli occhi incredulo. Non era possibile.
Improvvisamente il cavallo si fermò, la punta del corno si illuminò diffondendo luce tutto intorno, lo accecò per qualche istante e, quando riaprì gli occhi, trovò un drago.
«Ah» riuscì solo a dire quando si rese conto che era allegramente caduto in una trappola.
Una vampata rovente uscì dalle fauci della belva diretta verso di lui. Saltò di lato nascondendosi nella foresta. Sentì la bestia planare pesantemente vicino a lui, si nascose dietro un albero e avvertì il suo bollente fiato dietro di lui.
Fu il calore a riscuoterlo.
Era un mago del Fuoco, perché diavolo stava scappando dal fuoco?
Quando sentì il drago inspirare, uscì dal suo nascondiglio e bloccò nella gola della belva il fuoco che prepotentemente voleva uscirne.
«Allora? Fai ancora lo sbruffone?»
Il drago lo spazzò via con un colpo di coda. Sbatté contro un albero. Ecco, come al solito aveva sottovalutato la situazione, lo faceva sempre! Si rialzò togliendosi la polvere dai vestiti – forse non era il momento adatto per farlo; la belva ne approfittò per bloccarlo al terreno con gli artigli.
Sentì il fiato mancargli e capì che forse era giunta la sua ora quando vide le fauci spalancate e le perfette zanne affilate. Si accorse che poco sopra il suo stomaco c’era una parte che si illuminava quando respirava, probabilmente erano le ghiandole, colpite quelle l’aveva ucciso. Il problema era come farlo. Ancora una volta si diede dell’idiota per essersi dimenticato dei suoi poteri.
Provò a creare un’esplosione, ma l’animale doveva sicuramente essere protetto dalla magia, perché non era in grado di ferirlo in alcun modo.
Chiuse gli occhi come a concentrarsi meglio. Doveva pensare, capire come salvarsi da quella situazione.
Un lampo di genio. Il problema era la magia, quindi doveva neutralizzarla.
Il drago si allontanò da lui, forse immaginando che si fosse arreso, per poter finalmente gustare la sua preda; Nyrpex ne approfittò per rialzarsi. Prese l’accendino che aveva in tasca, lo accese e guidò il fuoco in un’enorme bolla che rivestì la belva. Notò l’aria sfrigolare, poi, improvvisamente, la bolla scattò in avanti e lui chiuse la mano a pugno. Ci fu un’esplosione così perfetta e silenziosa che nessuno si accorse di quello che era successo e del drago non rimase altro che un nugolo di polvere che si disperse nell’aria della sera.
Tornò al punto di ritrovo grazie ad una scimmia verde mandata da Zaxzom; trovò Axul seduta sulla pecora come se fosse stata un pony e gli altri completamente graffiati e ricoperti di foglie. Mancava Raxas. La bionda arrivò con in volto un’espressione furiosa e innervosita. Nessuno osò chiederle che cosa fosse successo fino al giorno dopo.
Raxas era andata alla ricerca disperata di Axul; sentiva la sua voce, ma non riusciva minimamente a capire da dove provenisse. Smise di cercarla quando si ritrovò davanti un uomo in “dolce” compagnia.
I due, completamente nudi, la fissarono e la ragazza, che avrà avuto circa la sua età, le fece segno di avvicinarsi.
Sbarrò gli occhi sconvolta, fece per andarsene mugugnando qualcosa, ma si sentì afferrata e trascinata. Prima che anche l’uomo la toccasse, urlò con tutte le sue forze. Riaprì gli occhi quando si rese conto che non stava accadendo nulla. Si accorse che erano diventati due statue ghiacciate. Sospirò e si allontanò.
Ovviamente la magia s’interruppe quando me se lo aspettava.
La “dama di compagnia” le prese nuovamente la mano e le accarezzò il volto facendole dei complimenti.
Di nuovo urlò e di nuovo diventarono freddamente immobili.
Doveva fare qualcosa perché quell’incantesimo durasse più di qualche secondo, doveva avere il tempo per allontanarsi da loro. Non poté fare a meno di guardarli e un infinito disgusto la assalì. Di nuovo si sbloccarono. Di nuovo lei li ghiacciò.
Corse verso gli alberi e pregò con tutta se stessa che quei due la dimenticassero. Fu con quel pensiero che finalmente realizzò che cosa dovesse fare. Tornò verso i due, la donna l’afferrò di nuovo e la trascinò verso il suo “compagno”. La fecero sdraiare a terra.
Doveva resistere.
L’uomo le toccò i fianchi, mentre l’altra si avvicinò al suo collo. fu quando entrambi la toccarono che sprigionò i suoi poteri.
I due si bloccarono, si allontanarono da lei e, come se non esistesse, come se le loro menti avessero completamente perso il ricordo di lei e non potessero vederla in quel momento, tornarono alla loro attività di coppia.
Scappò via per tornare dagli altri mandando al diavolo Axul e la sua stupida pecora. Quando raggiunse gli altri e la vide lì, non poté fare a meno di pensare una serie di bestemmie e imprecazioni.
Axul aprì la mappa quando furono tutti riuniti. «Domani si va alla stazione delle carrozze!»

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Capitolo 5
*** Lo Sherlock dei fulmini ***


A lezione erano tutti intenti a pensare a che cos’avrebbero trovato alla stazione; visto che i nemici erano sempre più inquietanti – alla fine c’era stata davvero la prostituta come avversaria – non sapevano più che aspettarsi! Ruote assassine, cavalli imbizzarriti, paglia volante. Ogni ipotersi sembrava avere un minimo di fondamento.
Quella sera ci misero più del solito ad uscire, notarono che erano aumentate le guardie. Chiesero con finto disinteresse il motivo agli insegnanti e scoprirono che c’erano degli avvenimenti strani in città: lastre di pietra che coprivano cripte, piante viventi immobili, segni di bruciato fra gli alberi, persone che si trovavano pezzi di ghiaccio addosso. E la colpa era ovviamente ricaduta sui maghi, quindi volevano evitare che qualcuno uscisse.
Inutile dire che loro conoscevano a memoria tutti i passaggi segreti, quindi fu comunque un giochetto andarsene senza essere notati.
La stazione era di fronte al museo: un banale edificio con i mattoni a vista dalla pianta squadrata il cui unico segno di riconoscimento era l’insegna in ferro con il disegno riccamente decorato di una carrozza. Vi entrarono facendo attenzione a non fare il minimo rumore, ma fin da subito capirono che qualcosa non andava. Sorix schioccò le dita accendendo una fiammella davanti a loro. Sul pavimento una grande chiazza di sangue e dei cadaveri.
«Bene! siamo sulla scena di un giallo!» commentò Zaxzom con ironia.
Uscirono tutti per cercare un’altra entrata; l’unico che rimase fu Leax. Cominciò a cercare qualcosa per capire che cosa fosse successo: notò che il pavimento era bagnato e che c’era un filo scoperto che pendeva dal soffitto. Beh, la causa era ovvia, doveva solo capire come diavolo fosse successo. Prese una scala e la pose vicino alla lampada. I cavi erano stati evidentemente tagliati.
Avrebbe potuto fermarsi lì, ma quel mistero lo stava intrigando troppo. Tornò dai cadaveri, prese i portafogli che avevano nella tasca della giacca, ma quell’informazione non gli servì. Notò che sul tavolo addossato alla parete c’erano dei fogli, li guardò velocemente, erano tutti i conti della stazione. Nulla d’interessante.
Capì che aveva finito in quella stanza, così si diresse sul retro aprendo una piccola porta in rovere dalla maniglia tonda. Finì sotto un porticato: l’edificio si divideva in due ali, una erano le stalle e l’altra il magazzino delle carrozze. Andò dalle carrozze.
In tutto quello gli altri chissà dove erano finiti! Perché ogni volta riuscivano a perdersi così facilmente?
Accese la luce, ma anche lì si accorse che non funzionava, forse erano stati tagliati i cavi anche in quella sala. Uscì, prese una torcia, la riempì d’olio e l’accese con un piccolo lampo di basso voltaggio per evitare che si spaccasse il legno. Per terra scorse una scia di sangue, la seguì incuriosito notando anche delle impronta di scarpa da uomo circa numero 45, probabilmente avrebbe trovato un cadavere alla fine del tracciato: esattamente come aveva previsto, un morto appoggiato al muro.
Sbuffò contrariato. Non stava scoprendo nulla di interessante. Ancora una volta la sua attenzione si spostò verso i cavi tagliati.
Andò nella stalla. I cavalli mangiavano tranquillamente il loro fieno: quella era l’unica sala in cui l’elettricità andava.
Per capire che cos’era successo sarebbe dovuto tornare indietro nel tempo. il potere di Xarf sarebbe stato immensamente utile, ma in quel momento lui era davanti alla stazione intento a parlare con gli altri, che sembravano disinteressarsi completamente dei corpi e di lui che era rimasto dentro. Forse perché ormai avevano capito l’andazzo di quell’avventura: uno rimaneva solo, scopriva chissà cosa, combatteva un po’ e via, nuova croce sulla mappa. Purtroppo a quel giro non c’era nessuno da sconfiggere, solo un mistero da risolvere, probabilmente era quella la sfida.
Quindi doveva trovare un modo per andare indietro nel tempo. Ovvio! Cosa c’era di più facile?! Andare sulla Luna, per esempio! Bere quattro bottiglie d’olio senza andare in bagno!
Si avvicinò ad uno dei cavalli. Notò che vicino alla sua biada c’era un pezzo di vetro, lo tolse immediatamente e lo analizzò. Gli ricordò la lampada nella sala principale, vi ritornò a grandi falcate, salì la scala e riuscì a trovare istantaneamente il pezzo mancante. Perché diavolo la lampada era rotta?
Scorse una scintilla fra i cavi, guardò la torcia e poi di nuovo i fili.
Ma certo!
Appoggiò le dita sul rame scoperto e nella sua mente si delineò tutto quello che era successo in quella sala. Come fu possibile? Grazie al contatto con l’elettricità che lui non era mai riuscito a trovare. La luce aveva visto tutto, anche quando le lampade erano state rotte.
L’arma del delitto era quel pezzo di vetro che aveva trovato, i cavi erano stati rotti per disorientare le indagini; tutto era stato fatto da una persona vestita bene, ma impossibile da riconoscere perché aveva il volto completamente nascosto dal cappuccio del mantello; le persone uccise erano i dipendenti della stazione ed erano stati ammazzati perché si erano rifiutato di accompagnare quel signore in una città lontana due mesi di viaggio.
Arcuò il sopracciglio e tornò nella stalla. Notò che mancava un cavallo, probabilmente era stato preso da quello.
Tornò dagli altri. Stavano giocando a carte vicino alle colonne del museo.
«Leax! Ce l’hai fatta?» domandò Nyrpex andandogli incontro.
Axul srotolò  la mappa. «Sì! La nostra prossima meta è… la scuderia dell’ordine?»
Mentre s’incamminavano, Leax spiegò la sua inutile avventura.
«Tutto questo ha sempre meno senso» commentò Sorix scuotendo la testa.

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Capitolo 6
*** A cavallo del tempo ***


«Beh, se c’è un’avventura per ciascuno, manchiamo io, Zaxzom, Xarf, Xelva e Sorix» affermò Cykrix mangiando un panino che aveva comprato in un baracchino per strada.
Le scuderie dell’ordine erano nella periferia vicino all’Accademia della Terra e l’ordine era il governo della città. Nessuno ricordava che cosa vi fosse prima e nessuno immaginava che la situazione sarebbe cambiata.
Entrarono nelle stalle chiedendosi se quella serata fosse dedicata alla puzza di cavallo. Xarf si guardò intorno confuso. «Quindi?»
I cavalli nitrirono imbizzarriti e scapparono via.
«Ma non li avevano neanche legati?!» sbottò Xelva sconvolta.
Xest si sedette sulla staccionata. «Io ho già dato, divertitevi!»
Fu così che Xarf, Cykrix, Zaxzom, Sorix e Xelva si ritrovarono a rincorrere dei cavalli impazziti lungo la pianura. Sorix annunciò che quella non era sicuramente la sua prova e si sedette sul prato bevendo dell’acqua dall’altro di pelle.
Come al solito, si dispersero seguendo i cavalli che prendevano direzioni diverse. Xarf riuscì a raggiungere il suo nell’esatto momento in cui perse di vista Cykrix. L’animale gli andò incontro e spinse il grande muso sul suo petto.
«Bello cavallino, che vuoi?» domandò il mago mentre riprendeva fiato stremato.
L’animale lo spinse verso la sua groppa nitrendo felice.
«Devo salire? Dio santo, devo cavalcare.»
Salì sull’animale saltandogli praticamente sulla schiena e, con estrema fatica e mille tentativi, riuscì a sistemarsi… più o meno.
«Ma che scomodo!»
Il cavallo cominciò ad avanzare e lui desiderò che quello stupido momento finisse presto. Dal nulla comparve un soldato vestito di tutto punto in grossa ad uno stallone bianco.
«Tu, lascia stare quel cavallo.»
Xarf non poté fare a meno di notare che il suo frisone era nero, molto più grosso dell’altro… beh, evviva i luoghi comuni!
Non poté neanche provare ad abbozzare una risposta che una palla di fuoco scaturì dalla mano del cavaliere. Il suo destriero cominciò a scappare velocissimo: dovette abbracciare il suo collo per non cadere.
Vide delle esplosioni intorno a sé. sbuffò annoiato e bloccò i proiettili con i suoi poteri. Il cavallo, come rasserenato da quell’avvenimento, si bloccò voltandosi verso l’altro.
«Non puoi farmi nulla» affermò Xarf fiducioso delle sue abilità.
Notò il cavaliere ghignare e poi una freccia gli sfiorò il volto; riuscì a salvarsi solo grazie ai riflessi del frisone. Non poteva fermare qualcosa che non vedeva, era impossibile! E non riusciva neanche a bloccare il cavaliere, doveva essere protetto da qualche stupida runa dell’ordine.
Altre frecce intorno a lui.
Non era possibile che quella situazione gli ricordasse di quelle stupide storie su un posto fatto solo di rocce e deserti in cui tutti si sfidavano in duelli all’ultimo sangue in cui vinceva chi era più veloce. Capì qual era la soluzione a quel problema spinoso. L’aria era costituita d’acqua, era una delle prime cose che ti insegnavano all’Accademia, quindi lui poteva controllarla, poteva capire la direzione della freccia se si fosse concentrato su quel dettaglio e bloccarla, poteva isolare il tempo nella sua mente per riuscire ad intercettare il dardo.
Si concentrò, ma il continuo sobbalzare lo distraeva. Cominciò a contare i passi del cavallo per alienarsi dal mondo; finalmente trovò il livello di meditazione adatto per il suo scopo; avvertì delle particelle d’acqua separarsi, ma i dardi erano troppo veloci perché riuscisse a bloccarli. Poi l’illuminazione: doveva manipolare il tempo in un altro modo. Sentì le particelle dividersi, immaginò un involucro che avvolgesse la freccia e quella rallentò istantaneamente. Fece lo stesso con il cavaliere e quello si mosse come a rallentatore.
Il frisone tornò indietro nitrendo divertito, Xarf buttò a terra l’avversario spingendolo semplicemente e se ne andò. Quando fu abbastanza lontano, scese da cavallo. Quello lo guardò con quei suoi grandi occhi neri. Lui arcuò un sopracciglio e se ne andò senza il minimo rimpianto.
Era un cavallo idiota che lo aveva ficcato in quel guaio, col cavolo che provava compassione per lui! Notò una palla di fieno passare davanti a lui.
Se ne andò scuotendo il capo-
Trovò gli altri davanti alle scuderie. Axul affermò che la prossima tappa era il teatro.
«Seriamente?» domandò Leax confuso.
Lei gli mostrò la mappa.
«Ma sarà pieno a quest’ora!» sbottò Zaxzom guardando l’orologio.
Si fissarono incerti; Xest prese un volantino dalla tasca e lo lesse velocemente. «No, oggi è giorno di riposo. Ehi, domani c’è un musical!»

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Capitolo 7
*** Topi ballerini ***


Il teatro era vicino all’Accademia del Fuoco, quindi dovettero camminare una decina di minuti per raggiungerlo. Era un teatro alla greca, con il proscenio a forma di mezzaluna e con al centro un palco rotondo; era poggiato su una collina circondata da delle piante, vi si tenevano rappresentazioni solo in estate, durante il resto dell’anno era usato dalle Accademie per le gare e i concorsi di magia.
Scesero lungo le scale e Sorix si sedette affermando: «Se deve accadere qualcosa, almeno sarò comoda!».
Tutti la imitarono convinti da quella spiegazione. Raxas tirò fuori le carte e cominciarono a giocare. Dopo una ventina di minuti Zaxzom si alzò per cercare un bagno seguito da Xelva. Trovarono prima quello delle donne, poi lui proseguì da solo in quella ricerca. Arrivò nei camerini, si guardò intorno e spalancò gli occhi vedendo i bizzarri vestiti che c’erano in giro. Improvvisamente fu tirato da una persona che lo condusse sul palco. Vide gli altri smettere di giocare e fissarlo attentamente.
«Allora, allora! Lei è in ritardi per l’audizione, mi faccia vedere!»
«Che au…?»
«Silenzio! Forza, cominci a cantare e a ballare!»
Nyrpex scoppiò a ridere fragorosamente imitato poi da tutti gli altri.
«E voi? Cosa ci fate qui? Andatevene!»
Loro si alzarono controvoglia e se ne andarono sbuffando.
L’uomo tornò a rivolgersi a Zaxzom invitandolo con lo sguardo a fare qualcosa. Ricordò che Xest aveva detto di un musical… no, non era possibile che stessero ancora cercando attori per uno spettacolo del giorno seguente!
«Forza, io metto la musica!»
Con orrore, comprese che stava seriamente facendo l’audizione per un musical. C’era solo un modo per uscire da quella situazione: non doveva essere lui a fare il provino. Evocò una bella ragazza, ma l’uomo subito lo interruppe.
«Che cos’è quest’essere? Io voglio persone vere!»
Dannazione, si capiva che erano finte le sue evocazioni e poi… non sapevano parlare, che diavolo gli era saltato in mente? Però poteva sempre migliorarle…
Si concentrò più che poteva nella creazione della figura, quella assunse immediatamente contorni più umani, colori veri e movenze realistiche. In quel momento vi mise dentro tutte le cose che aveva imparato sulle ragazze, sia dalle sue relazioni sia dall’amicizia con le tre comari e Xelva. L’uomo annuì soddisfatto. Ora veniva la parte più difficile: farla cantare e muovere. Non poteva pensare alla voce di Xest, era un uomo, e Xelva cantava soprattutto in growl… doveva improvvisare. Ricordò di alcune donne che cantavano nella piazza della città per eventi importanti e subito l’evocazione aprì la bocca in un melodico canto.
«Perfetto! Ora balli!»
Quella era davvero la parte difficile. Lui non sapeva seguire il ritmo e non sapeva minimamente ballare. E non aveva mai visto nessuno farlo. Si affidò completamente alla natura, pensando che lei sapeva sicuramente ballare e l’evocazione cominciò a muoversi in modo perfetto, coinvolgendo l’uomo nella sua danza. Aveva seguito la natura a tal punto da farsi guidare ciecamente da essa.
L’altro annuì compiaciuto, poi, improvvisamente, pugnalò l’evocazione.
Zaxzom sbarrò gli occhi. Sentì che con quel gesto una piccola parte di lui era morta, come se si fosse affezionato a lei… da quando?
Fissò con rabbia l’uomo e si rese conto che non era reale, doveva essere stato creato da qualcun altro. Chiuse gli occhi, sentì la linfa degli alberi scorrere dentro di lui e, senza neanche pensare, la bloccò. L’evocazione si accasciò essiccata, perse vita, tornò terra.
Chissà per quale motivo, volle evocare tutte le sue classiche creature, capì che erano tutte ad un livello successivo: le scimmie sembravano vere e le lucertole erano ricoperte da coriacee squame. Creò figure umane e quelle cominciarono a cantare inscenando un musical improvvisato.
Xelva comparve accanto a Zaxzom. «Perché lo stai facendo?»
Lui sobbalzò preoccupato, la fissò smarrito e le fece promettere che non l’avrebbe mai raccontato agli altri… inutile dire che gli altri avevano visto tutto.
«Ma che fine avevi fatto?» le chiese dopo averle strappato quel giuramento.
«Brutta avventura in bagno» affermò Xelva con alcuna intenzione di spiegare che cosa fosse successo.
Quando era entrata in bagno, aveva notato che c’era una coppia che parlava animatamente. Entrò senza fare rumore e si chiuse dentro.
«No, tu non mi hai mai amata!»
«Amore, che cosa dici?»
«Perché sei andato con lei, allora?»
«Sono stato costretto da mio padre. Io ti amo!»
Xelva alzò gli occhi al cielo.
«Non è vero.»
«Te lo giuro sulla mia vita!»
«Come sei dolce!»
Non poté fare a meno di assumere un’espressione stupita.
«Sposiamoci, amore mio!»
«Cara, dobbiamo scappare per poterlo fare.»
«E allora scappiamo, siamo sufficienti noi due per fare una vita perfetta!»
«Noi due e i nostri figli.»
Quei discorsi non la stavano neanche aiutando a liberarsi… anzi, le era passato qualunque stimolo, meglio andarsene. Si rialzò e rimase immobile davanti alla porta. Come diavolo faceva ad uscire da lì?
Assunse l’aspetto di un gatto, uscì con nonchalance, ma fu bloccata dal grido della donna. «Amore, guarda! Questo bellissimo animale verrà con noi nel nostro nido d’amore!»
Oh no.
Lei l’afferrò e la strinse al suo petto.
No. No. No. No. No.
«Guarda, cara, ha degli occhi bellissimi, sono delle stesso colore dei tuoi!»
Oddio no.
«Come sei dolce!»
Evviva la fantasia!
I due uscirono dal bagno correndo felici.
Oh no.
Cominciò a dimenarsi, ma era inutile. Doveva trovare un modo per scappare. Poteva ritrasformarsi, ma non aveva la più pallida idea di come avrebbero reagito quei due. Provò ad accendere qualche candela mentre passavano, ma i due sembravano non dar minimamente peso a quel fatto. Cominciò a miagolare per attirare la loro attenzione, ma nulla, continuavano a riempirsi di inutili e stucchevoli smielatezze. Rifletté. Doveva attirare la loro attenzione in qualche modo. Guardò lui e pensò che assomigliasse ad un topo. Ecco il lampo di genio!
Senza neanche capire bene come, riuscì a trasformare l’uomo in un sudicio ratto… di fatto che l’aveva fatta.
La donna la lascio cadere a terra e guardò disperata il topo prendendolo in mano. «Amore…»
Alzò gli occhi al cielo e trasformò anche lei in un ratto di fatto.



Angolo autrice:
Buona Pasqua a tutti e, per chi non crede, Buon giorno del Gesù zombie!!! *__________*
Grazie a tutti coloro che stanno leggendo e vi adorerei se recensiste, così potrei avere un feedback x) and...
Questa storia l'ho scritta per i miei amici (sì, Axul sono proprio io) e il "ratto di fatto" che si trova qui serviva a far morire dal ridere uno di loro (obiettivo perfettamente riuscito), che ride sempre a questa battuta... che ora vi narro, perchè è assurda.
Stavamo camminando in una pinata e abbiamo visto un topo.
Xest: "Ma quello è un topo!".
Leax: "No, Xest, è un ratto... è un ratto di fatto!".
E Xest ha smesso di ridere circa... 20 minuti dopo... non sto scherzando, abbiamo dovuto aspettare tutto il tempo mentre lui era a terra morto dal ridere e a distanza di 6 mesi da quell'avvenimento ancora ci ride... per dire.

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Capitolo 8
*** Nonni in comica ***


Siccome avevano ancora un po’ di tempo, decisero di continuare a seguire la mappa fino alla casa di riposo. Quando vi arrivarono davanti rimasero perplessi.
«Quindi chi dei due dovrà far divertire i vecchi?» domandò Raxas fissando Cykrix e Sorix.
I due entrarono sbuffando, mentre gli altri rimasero nel giardino lì davanti.
Si divisero già nella hall: Sorix andò a destra, mentre Cykrix a sinistra.
A Sorix non piacevano le case di riposo, le ricordavano gli ospedali, altro luogo che non amava. Era tutto così triste e sporco! Sembrava che il mondo si fosse dimenticato di quel posto! Sentì delle voci provenire da una sala, si affacciò e notò che vi erano dei simpatici vecchietti seduti intorno ad un tavolino. Loro la accolsero benevoli, oscillando sui precari bastoni e la fecero accomodare.
Non capì bene come, la sedia che fino a venti secondi prima era lì, non c’era più e lei cadde a terra. Un uomo, per scusarsi, le offrì una torta e, poi, scivolando per sbaglio quella le arrivò in faccia.
Era dentro una comica!
Uno le offrì un fazzoletto, lo afferrò, ma sembrava non finire mai, notò che dalla manica gli uscivano infiniti pezzi di stoffa legati da un nodo.
Odiava quel posto.
Le toccarono  la spalla, si voltò e sorrise nel vedere dei fiori. Ovviamente, uno spruzzo d’acqua ne uscì infradiciandole la faccia.
Ok, doveva bloccarli, chissà da quanto tempo non vedevano qualcuno! Presto sarebbero partiti con i giochi di prestigio, se lo sentiva! Con la telecinesi riuscì a spostarli e a bloccarli. Si sedette stancamente, ma, ahimè, c’era una borsa piena d’aria che emise un esilarante suono, a parere dei vecchietti.
Frustrata, si rialzò e li fissò uno ad uno. «Smettetela!»
Loro si inchinarono, teatrali, e si risedettero intorno al tavolo da scacchi ignorandola completamente.
Si voltò per andarsene, ma fu raggiunta da infinite torta di panna. Oh no, non poteva fare finta di nulla, avevano osato farli fin troppi scherzi! E lei odiava il Carnevale!
Piantò gli occhi su quello che le aveva offerto la torta, inclinò il capo e quello cadde lentamente a terra tenendosi la gola con le mani, come a cercare aria.
«Se non vogliamo che questa scenetta diventi una tragedia, fatemi andare.»
Gli altri annuirono impauriti e si ritirarono a giocare in un altro punto della sala.
Aveva fatto paura a dei vecchietti che cercavano compagnia… che persona orribile! Immediatamente il senso di colpa la investì. Notò che c’era una buccia di banana su un tavolo: la fece volare davanti a sé, si avviò verso la porta e scivolò volutamente sbattendo il sedere sul pavimento. Gli uomini scoppiarono a ridere felici come delle pasque, fecero dei giochi con dei birilli e la fecero andare.
Che cos’aveva imparato da quella comica? A farsi rispettare… no, aveva imparato a controllare gli altri.
Tornò dagli altri, che rimasero sconvolti nel vederla arrivare completamente ricoperta di panna.
«Sei caduta in una torta?» domandò Leax perplesso.
Lei scosse la testa sorridendo. «Allora, adesso dove andiamo?»
«Adesso torniamo al dormitorio, domani vediamo» replicò Nyrpex sbadigliando.
Sentirono delle campane risuonare tempestose. Non era un buon segno.

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Capitolo 9
*** And action, please! ***


«Avranno trovato i corpi alla stazione» ipotizzò Xest per poi scrocchiare il collo.
«Non ci conviene tornare al dormitorio… non ci farebbero più uscire domani!» affermò Axul mordendosi il labbro.
Xelva prese la mappa e la aprì. «Beh, andiamo, no? Qui dice di andare… alla sede dell’ordine.»
Si scambiarono una lunga serie di sguardi.
«Perché proprio la sede dell’ordine con tutti i posti che ci sono in città?» sbuffò Xarf incamminandosi.
Sorix li bloccò. «Scusate, ma perché stiamo seguendo quella mappa?»
Tutti rimasero imbambolati a riflettere, il primo a rompere il silenzio fu Zaxzom. «Beh, con questi giri abbiamo tutti imparato ad usare meglio i nostri poteri… è stato utile!»
«Ma la sede dell’ordine è diversa… non possiamo andare lì, ci metterebbero in carcere!» obiettò lei sospirando per l’ottusità degli altri.
Raxas annuì soprappensiero. «Beh, ma ormai vediamo perché ci hanno dato ‘sta mappa!»
Controvoglia, Sorix si vide costretta a seguirli.
Il palazzo dell’ordine era una torre completamente bianca. Non era molto appariscente, era piccola e neanche tanto alta, però tutti se ne tenevano alla larga, infatti, quando vi arrivarono, non c’era assolutamente nessuno.
Xarf bloccò con il tempo delle guardie, così non si sarebbero accorti di loro, cosa che invece sarebbe successa se l’avessero fatto Sorix e Xest, ed entrarono tranquillamente. All’ingresso non vi era nessuno, ma, per sicurezza, s’incamminarono rasenti al muro. Davanti a loro solo le scale. Tutta la torre era un’enorme scala che conduceva alla balconata in cima da cui si poteva vedere tutta la città.
«Beh, andiamo a farci questo tour panoramico!» affermò Nyrpex avviandosi.
Le guardie cominciarono ad affluire verso di loro.
«Xarf?» domandò Leax notando che continuavano a muoversi.
«Sono protette! Posso solo…» le rallentò dando il tempo agli altri di pensare a qualcosa di intelligente.
«Ok, hanno degli scudi contro la magia. Idee?» chiese Axul continuando a controllare dove fossero quasi con isterismo.
Zaxzom evocò le sue fidate scimmie e loro si lanciarono verso il drappello facendo cozzare le varie teste.
«Perfetto, andiamo!» urlò Raxas lanciandosi verso le scale.
Percorsero qualche metro prima di incontrare due cavalieri con delle spade magiche in mano.
«Non riesco a fare nulla contro di loro…» mormorò Xarf sgomento.
Xest sorrise malefico. «Allora è il mio turno» e cominciò a suonare un immaginario violino. Le due si presero il capo fra le mani contorcendosi dal dolore.
«Sto io qui, andate» ordinò agli altri continuando a suonare. Axul provò a dire qualcosa, ma lui interruppe ogni possibile obiezione «Sono protetti, ci metterò un po’ a stordirli, voi andate, poi vi raggiungo».
Annuirono prima di ricominciare a correre. Axul aprì la borraccia e dell’acqua andò dietro Xest componendo una sedia. «Giuro che non ti bagni se ti siedi… a dopo!»
Arrivarono accanto ad una porta, quella si spalancò e due guardie come quelle che stava bloccando Xest si lanciarono verso di loro per attaccarli. Zaxzom evocò di nuovo le sue scimmie, ma quelle si dissolsero sotto i colpi delle lame.
«Gente?»
«Se faccio esplodere la scala?» domandò Nyrpex già pronto ad usare i suoi poteri.
«Idiota, c’è Xest sotto!» sbottò Xarf.
Però quell’idea permise a Raxas di avere un lampo di genio. Disse agli altri di aggrapparsi al corrimano e ghiacciò il pavimento creando un enorme scivolo. I soldati, però, conficcarono la spada a terra e tutto si sciolse istantaneamente.
«Bella idea, ma non ha funzionato…» commentò Xelva demoralizzata.
Raxas non si diede per vinta, si lanciò verso le guardie e le toccò con le mani: bloccò tutti i loro ricordi. Loro si guardarono intorno perplessi.
«Bella, Raxas!» esordì Leax abbracciandola.
«Devo stare qui, però… è un effetto temporaneo» mugugnò la ragazza sedendosi.
«Non mi piace ‘sta cosa che ci stiamo dividendo» affermò Axul sbuffando.
Cykrix ebbe l’intuizione che gli permise di andare avanti: «Portali da Xest! Due in più immagine che non gli cambino nulla!».
Raxas annuì con convinzione, prese le due guardie per mano e scese correndo. Si misero d’accordo che li avrebbe raggiunti con Xest.
Loro ripresero a correre. Alla porta seguente, si trovarono davanti un immenso energumeno con una clava in mano.
«Ok, lo blocco io» affermò Axul creando una barriera d’acqua.
L’essere la infranse con l’arma.
«Dicevi?» domandò retorica Sorix guadagnandosi un’occhiataccia.
«Solo perché ho poca acqua…» si ricordò della cripta e del sangue. Corse verso Leax e gli ordinò di ferirle una mano. Immediatamente una palla rossa avvolse il gigante.
«Devi stare qui perché è temporaneo?» domandò Cykrix sbuffando.
«No» rispose Axul inclinando il capo «Però starò comunque qui» si sedette a terra «Troppo sangue, mi gira la testa. Aspetto gli altri due».
Non poterono fai altro che annuire e proseguire. Nyrpex fu l’unico a notare due cani e a bloccare la loro corsa facendo esplodere l’aria prima che li azzannassero. Erano completamente neri e ringhiavano minacciosi, sembravano più un incrocio con dei lupi.
«Io non attacco gli animali!» sbottò Leax sbuffando.
«Eh, allora trova un’idea!» replicò Nyrpex continuando a tenerli a bada con il fuoco.
Xarf riuscì a rallentare i loro movimenti. «Ok, non sono completamente protetti. Qualcuno ha delle idee?»
Sorix sorrise a quell’informazione e li bloccò con i suoi poteri. «Io devo stare per forza qui» affermò prima che qualcuno glielo chiedesse.
Sentirono che la melodia del violino si era interrotta.
«Ok, fra poco arrivano gli altri, aspettali… a dopo!»
Nuovo ostacolo rappresentato da un altro gigante. Mancava poco alla balconata, stavano per farcela.
Nyrpex guardò in basso. «Dannazione, c’è proprio Axul qui sotto!»
«Smettila con st’idea di far saltare il pavimento!» sbottò Xarf provando ad usare la sua magia.
Leax schioccò le dita e una scarica di fulmini bloccò l’avanzata del mostro. Gli fece cadere alcune saette addosso e fu solo grazie a quello che scroprì il suo punto devole. «Questi cosi non sono protetti all abse del collo. nyrpex, vallo a dire ad Axul!»
Il mago del Fuoco corse indietro. Rimanevano solo in cinque. «Ok, qualcuno che mi aiuti? I fulmini non lo mandano a terra.»
Zaxzom evocò delle figure umane enormi che strinsero il collo dell’energumeno fino a farlo svenire.
«Bene! Andiamo!»
Sentirono delle esplosioni, si affacciarono e videro Nyrpex circondato da infinite guardie immuni alla magia.
«Vado da lui» annunciò Leax correndo indietro.
«Vengo anch’io» affermò immediatamente Xelva sapendo che i poteri di Leax non potevano fare molto in quella situazione.
Ora erano solo in tre. Due maghi della Terra e uno dell’Acqua. Arrivarono alla fine delle scale e si trovarono davanti degli uomini incappucciati. Con orrore compresero che erano i tre membri dell’ordine.
«Bene, dei maghi. Perché siete qui?» cominciò uno.
Un altro continuò il suo discorso: «O meglio» evocò la mappa «Perché avete questa?».
Sbarrarono gli occhi.
Il terzo sembrò comprendere i loro pensieri. «Ah, tranquilli, i vostri amici staranno presto bene.»
«Che vuol dire?» domandò Xarf confuso.
«Che stiamo per giustiziarli!» rispose il primo esaltato.
Ci rimasero di sasso.
«Ehi! Giustiziare chi?»
Riconobbero immediatamente la voce di Leax. Si voltarono e videro tutti gli altri dietro di loro conciati più o meno bene.
Il secondo uomo annuì stupefatto. «bene, che si aprano le danze, allora!»
«Oh sì» affermò Xest cominciando a suonare il violino.
Si resero conto che non accadeva nulla, troppo tardi capirono che gli effetti della musica si stavano ritorcendo contro di lui. Lo videro cadere con un rivolo di sangue che gli usciva dalle labbra socchiuse.
Xelva si trasformò immediatamente in lupo, provò ad azzannarli, ma quelli la spinsero contro il muro semplicemente muovendo la mano.
«Non potete nulla contro di noi» affermò il primo.
«Vi siamo superiori» spiegò il secondo.
Axul ghignò. «Non avrei mai trovato parole migliori.»
Un boa rosso sangue si materializzò e li avvolse nelle sua fameliche spire. Ancora una volta ruppero la magia. Axul sbiancò immediatamente e svenne.
«Dannazione!» imprecò Nyrpex facendo esplodere il pavimento sotto le tre figure.
«Inutile» commentò il terzo fluttuando nel nulla insieme ai suoi compagni.
Leax lanciò qualche fulmine rompendo la loro concentrazione. Zaxzom approfittò di quel momento che erano a terra per bloccarli con un’enorme e pesante palla.
Il primo riuscì a rilanciare la palla verso di lui facendolo cozzare contro il muro.
«Bene, e adesso?» domandò Xarf incerto.
Videro Xest scosso da degli spasmi sputare sangue. Xarf rallentò il tempo di tutti loro per evitare il peggio.
«Ok, almeno mettiamoli vicini» affermò Nyrpex per poi lanciarsi verso Axul e Xelva. Raxas creò una barriera di ghiaccio di fronte ai tre per distrarli e gli altri la imitarono lanciando incantesimi a caso per guadagnare tempo.
«Idee, gente» affermò Leax posando Zaxzom vicino agli altri.
«Zaxzom e Xelva sono solo svenuti, Xarf» informò Nyrpex dopo aver creato un’esplosione.
Xarf fece scorrere normalmente il loro tempo. «Xest e Axul però non ci sono. Dobbiamo recuperare il sangue di Axul…»
Sorix vide la chiazza rossa vicina ai tre. Con la telecinesi riuscì a sollevarla e a metterla entro la borraccia della ragazza mentre Raxas provava a svegliarla continuando a scuoterla e a bagnarle il volto con l’acqua. Finalmente, Axul si riscosse e il sangue rifluì dentro di lei acendole assumere un colore umano.
«Abbiamo vinto?» domandò massaggiandosi la testa.
La risposta fu un colpo di tosse di Xest e altro sangue.
Cykrix fissò il ragazzo sconvolto. Non era possibile che lui, che aveva un potere chiamato “vita” non potesse fare nulla, doveva esserci qualcosa che non conoscesse sui suoi poteri, sicuramente, era solo al primo anno! Respirò profondamente, pose le mani sul petto di Xest e subito una luce bianca e calda le illuminò. Xest si risvegliò sobbalzando, prendendo aria in modo quasi ossessivo.
«Che è successo?» chiese guardando gli altri spaesato.
Nyrpex riuscì a creare una palla di fuoco intorno ai tre membri dell’ordine. «Succede che stiamo per vincere!»
Sentì l’aria sfrigolare e seppe che lo scudo magico si era rotto. La sfera di fuoco si dissolse, subito i fulmini piombarono sui tre individui alla ricerca di punti deboli. Li videro muoversi convulsamente.
«Beh, sono umani» annunciò Leax interrompendo l’attacco.
I tre erano a terra svenuti.
«Farlo prima, Nyrpex?» domandò Raxas sconvolta.
Xelva e Zaxzom si risvegliarono in qual momento.
«Prova tu ad avvolgerli con il fuoco senza quelli ti interrompano lgi attacchi!» replicò l’altro sbigottito.
Lo zoppo comparve davanti a loro inchinandosi, prostrandosi a terra.
«Ecco chi aveva mandato questi ragazzini» affermò il primo alzando il capo lentamente.
Cykrix, innervosito da quella resistenza, usò i suoi poteri per far crescere le piante e bloccare i tre con delle robuste liane.
«Chi diavolo sei tu?» domandò Leax rivolto al vecchio-
«Io fui esiliato anni fa dall’ordine.»
«Perché ci hai dato questa mappa?» chiese Axul riprendendo la pergamena da terra.
«Perché…»
 
Due mesi dopo loro divennero i nuovi padroni della città. Come fu possibile? Grazie al fatto che avevano liberato la città dalla schiavitù dell’ordine e che le Accademie li riconobbero come maghi molto più potenti di tutti gli altri, persino dei professori. Automatico fu il loro successo quando annunciarono di voler svecchiare le leggi delle Accademie: tutti gli studenti, solo a sentire che potevano uscire quando volevano, li votarono: tutti i baristi non poterono che esserne felici, visti i soldi che ne avrebbero ricavato.
Dieci persone.
Dieci persone che regnavano su una città piccola.
Beh, quello fu uno dei periodi migliori per Hole Town.
 
«E questa è la storia che divulgheremo in giro perché la gente mi elegga come sindaco!» affermò l’imperatore Nyrpex chiudendo il piccolo libricino che aveva fatto stampare.
«Ma io non l’ho scritta per questo!» sbottò Axul fissandolo basita.
«E perché?»
Gli tirò via il cappello dorato da Babbo Natale. «Perché è Natale, idiota!»
E la neve fuori fioccava incessantemente rendendo tutti più o meno felici di quel clima. Cykrix correva da una parte all’altra del giardino in preda all’euforia; Raxas si chiuse in camera per via del suo odio verso la neve; Xest non riuscì ad andarsene dalle calde coperte; Leax e Vaxel erano andati in città a bere una cioccolata calda; Sorix leggeva un libro sotto le coperte con davanti una tazza fumante; Zaxzom andò in camera di Nyrpex per togliergli tutti i progetti delle trappole-scherzo che voleva installare in casa; e Xarf passò il pomeriggio in compagnia di Xandap.
E la neve continuava a cadere lentamente riempiendo tutto di un magico manto ovattato.


Angolo autrice:
ordunque, è davvero finita! Se vi state chiedendo chi sia Vaxel e che cosa sia Hole Town... beh, dovrete leggere "Le Avventure della compagnia del Buco".
Ringrazio tutti quelli che hanno letto <3
A presto, cicci

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