Il villaggio delle Anime Perdute

di lillyre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo e Capitolo 1 ***


Note: Finito di vedere l’anime di Ghost Hunt ho cercato tutte le informazioni possibili sul manga e sui romanzi e questa fan f

Note: Finito di vedere l’anime di Ghost Hunt ho cercato tutte le informazioni possibili sul manga e sui romanzi e questa fan fiction nasce dall’unione del mio amore per l’anime, dalla malinconia di aver visto terminare delle indagini che mi hanno inquietato e divertito, e da quel po’ di spoilers che sono riuscita a comprendere dalle pagine web totalmente in inglese. Spero che quanto ho scritto, e scriverò, vi piaccia e che, per chi magari non conosce i personaggi, riesca ad far nascere la passione per un anime che, secondo me, possiede qualità non indifferenti.

Prologo

Era caldo.

Tanto caldo.

Non riusciva a capire da dove provenisse tutto quel calore.

Eppure c’era; esisteva.

E viveva.

Viveva di lei.

Abbassò lo sguardo e capì.

Quello che sentiva sui polsi non era altro che il materiale ruvido e pungente della corda che le segava la pelle.

Quello che vedeva in aria non era che un cerchio di cielo dove si stagliava la luna.

Così bianca a confronto del nero che aveva intorno.

Così limpida rispetto al fumo che la circondava.

Così fredda paragonata al fuoco che aveva iniziato a divorarla.

E oltre la cortina del fumo che aveva preso il tanfo della sua carne bruciata, solo quei volti che ondeggiavano come le fiamme dell’inferno.

Mai Taniyama si svegliò di soprassalto nel cuore della notte.

La mente affranta, il petto in subbuglio, il respiro un rantolo quasi spaventoso in quella tranquilla notte di ottobre.

Fuori solo la remota sirena di un’ambulanza rompeva il silenzio delle strade deserte.

Che cos’era stato?

Che cos’era quella visione?

Da troppo tempo ormai niente di tutto quello l’aveva più tormentata e ora, quasi a richiamarla ai suoi doveri di medium, dopo tanti anni un sogno, che non era un vero e proprio sogno, aveva di nuovo affollato i suoi pensieri.

Non era possibile.

Da troppo tempo non aveva più avuto sensazioni così penetranti.

Da quel 31 ottobre di cinque anni prima.

Quando lo studio dove aveva lavorato per un tempo che le era parso infinito, aveva scricchiolato.

E la sua porta era stata chiusa per sempre.


1.

-Ohilà Mai-chan!- gridò una voce improvvisa che colpì le sue orecchie come se fosse stato un proiettile.

Peggio. Se fosse stato un proiettile ora sarebbe svenuta e non avrebbe sentito alcun male.

Invece la voce di Houshou Takigawa le rimbombava con prepotenza lungo tutti i canali di percezione che avesse, con un frastuono che non gli sarebbe stato possibile nemmeno con l’aiuto di tutta la sua rock band.

La ragazza dai corti capelli castani si voltò tuttavia con un sorriso. Per quanto la testa sembrasse scoppiarle era però felice di rivedere Bou-san. Perché tra poco sarebbe stato il 31 ottobre e loro si sarebbero visti di nuovo.

Come accadeva da cinque anni a quella parte.

- Come va? – sorrise la ragazza cercando di non strizzare troppo gli occhi. Il mal di testa le aveva anche procurato una momentanea instabilità visiva e andava in giro strizzando le palpebre nel vano tentativo di mettere più a fuoco quello che le stava intorno. La fortuna aveva voluto che non avesse un’auto sua e che per la maggior parte dei suoi spostamenti utilizzasse dei mezzi pubblici. Certo non era proprio l’ideale per il suo lavoro, ma non era mai stata ricca, e non poteva permettersi di mantenere anche un’automobile. Già era un miracolo che riuscisse ad arrivare a fine mese!

- Come al solito! – disse il biondo bonzo del monte Kouya mentre con il suo sorriso pareva oscurare il pallido sole di quella giornata d’autunno precocemente fredda – piuttosto dovremmo cominciare a pensare a come contattare tutti gli altri! È quasi ora dei festeggiamenti! -

Il giorno di Halloween.

Mai Taniyama non riuscì a fare a meno di sorridere.

Tra tutti e trecentosessantacinque i giorni che erano stati creati, proprio la Festa dei Morti quell’idiota aveva dovuto scegliere per chiudere le loro avventure?

E tuttavia non era stata poi una scelta così sbagliata.

Annuì vivacemente a Takigawa (almeno per quanto le permettesse quel feroce mal di testa) e sorrise.

Non vedeva alcuni di loro da parecchio tempo; John era spesso a Roma per alcuni “corsi di aggiornamento”, come scherzosamente li definiva Bou-san, Ayako aveva ottenuto un’incredibile fama di esorcista e spesso veniva chiamata nei luoghi più impensati per compiere un lavoro, Bou-san aveva avuto un notevole successo con la sua band e ultimamente era di frequente in tournee insieme agli altri componenti del gruppo. Gli unici che riusciva a sentire più di frequente erano Yasuhara-san e Masako.

Yasuhara-san era agli sgoccioli dell’università, ormai mancava poco alla sua laurea e, se poteva, Mai faceva di tutto per incoraggiarlo ed aiutarlo, per quanto quel singolare ragazzo sembrava portasse il sole dentro di se.

Masako, invece, rimaneva la solita. Graziosa, riservata e sempre un po’ fredda verso di lei, tuttavia si trovava a chiamarla spesso per chiederle di intervenire su un luogo per lei particolarmente ostico da seguire oppure, anche se questo accadeva meno di frequente, semplicemente per parlarle.

La famosa medium televisiva non aveva molti amici.

Ma spesso le persone che sono dotate di poteri extrasensoriali rimangono soli.

Mai ci aveva riflettuto. Tuttavia anche per chi fosse portato per determinate discipline, anche per chi possedeva dei poteri particolari riusciva ad esistere qualcuno sul quale appoggiarsi. Riconoscerlo o meno stava poi alla idiozia del soggetto in questione.

Mai Taniyama scosse la testa e cercò di scacciare dalla mente l’immagine nera ed austera del suo vecchio capo. Quello a cui spesso aveva voluto tirare un cazzotto in bocca se solo ne avesse avuto l’occasione e quello al quale non aveva saputo dare una risposta chiara.

Si biasimava ancora per questo.

Anche se doveva ammettere che lui non l’avesse aiutata molto in questo senso.

Oliver Davis.

Ormai era qualcuno che poteva solo leggere sui giornali.

E anche raramente di questi periodi.

Per fortuna sua.

- Ehi, Mai ti sei incantata? – sogghignò il giovane bonzo fissandola di sottecchi.

- Scusami – si affrettò a rispondere la ragazza – stavo solo facendo mente locale sul fatto che non vedo John e Ayako da parecchio tempo…. A dire il vero non vedo neanche te da parecchio tempo!- disse poi battendo allegramente sull’alta spalla del giovane. Era cresciuta in questi cinque anni, ma un metro e ottantasetta di altezza erano comunque molto più di quanto potesse aspirare – Fatto conquiste in questo periodo? Guarda che la trentina è proprio dietro l’angolo!-

- Ehi! Porta rispetto, ragazzina- sbuffò il giovane stizzito – sono ancora nel fiore della gioventù! E ho miriadi di fan che potrebbero consolarmi ad ogni mio ordine!-

- Oh, signor Rock star di fama internazionale! Mi perdoni, come ho potuto mancarle di rispetto? – Mai sorrise. Le piaceva rivedere Bou-san. Era sempre stato gentile con lei, l’aveva sempre consolata e aveva avuto sempre una parola dolce per lei. Era stato quel fratello che non aveva mai avuto. Parte di quella famiglia che non era mai riuscita ad amare…

Perché era rimasta sola troppo presto.

Ma aveva imparato da tempo che piangere su se stessa non avrebbe portato a niente. Per questo si era sempre data da fare. E aveva cercato di sorridere sempre. Altrimenti la sua vita che senso avrebbe avuto?

-Comunque io sto andando da Yasuhara-san e più tardi dovrei chiamare Masako per sentire com’è andata con un caso- disse Mai riprendendo il soggetto principale della conversazione – se vuoi posso chiamare anche John e Ayako…a meno che tu non voglia contattare la nostra deliziosa miko…- lo sguardo della ragazza era fin troppo malizioso. E per quanto il mal di testa ancora le torturasse il cervello, tuttavia non riusciva a smettere di scherzare. Era la medicina adatta per ogni cosa.

Il giovane ridusse gli occhi a due fessure, quasi come un gatto punto con qualcosa che odia.

- Ehi, cosa osi insinuare? Comunque tu ti occupi già di due persone le altre rimangono a me – annuì con il capo in tono solenne mentre rinchiudeva il petto fra le braccia. Mai non riuscì a non sorridere sommessamente.

- Piuttosto, dove andiamo questa volta?-

Alla ragazza venne un’idea.

Erano passati cinque anni.

E c’era un unico posto che sarebbe stato quello giusto.

- Ovvio – sorrise mentre per un attimo il mal di testa scomparve. Ed insieme a quello anche il terribile senso di oppressione che aveva avuto sul cuore dal momento in cui si era svegliata la notte scorsa dopo quell’incubo terribile – allo SPR -

Quando la porta si aprì di nuovo, cigolando, a tutti non parve vero.

Dentro regnava qualcosa di strano, di magico.

Di sacrale quasi.

E in più c’era il suo odore.

Mai lo riconobbe subito e la cosa la fece sospirare rassegnata. Si era illusa che dopo tutto quel tempo se ne fosse dimenticata, di quello strano profumo di libri antichi e di the in foglie. Ma purtroppo sembrava una cosa più resistente di quanto credesse.

Tuttavia si scrollò immediatamente di dosso quella sensazione e ritrovò il sorriso.

Dietro di lei altre cinque figure aspettano di entrare, quasi trattenendo il respiro.

- Che significa questo?- chiese Ayako Matsusaki guardandosi in giro come se da un momento all’altro, dalle porte che si trovavano sulla sinistra di quella prima stanza, stessero per emergere degli essere spaventosi.

- Quello che vedete – rispose Mai Taniyama con il suo solito sorriso mentre spalancava una delle ampie finestre della stanza e lasciava che l’aria fredda di quell’insolito ottobre le investisse le narici – finalmente ci sono riuscita -

- Hai rilevato lo SPR? – chiese John Brown, in abiti civili, guardandosi intorno con un sorriso spontaneo. Che manifestava tutta la sua gioia.

Mai non fece altro che annuire.

E poi ci fu il silenzio.

Fu solo per qualche istante.

In cui la ragazza poté osservare lo sguardo di tutti i suoi amici.

Sapeva esattamente che cosa stavano provando.

Nessuno di loro aveva dimenticato.

Il primo giorno nel suo vecchio liceo.

Nella casa della bambola maledetta.

Nella scuola dei poteri psichici.

Nel parco e nella chiesa di un bambino perduto.

Nell’istituto di Yasuhara-san.

Nel labirinto del vampiro.

Nella casa maledetta dei due amanti…

Nessuno di loro aveva dimenticato.

E Mai sorrise mentre il cuore pareva scoppiarle in petto per l’emozione. Sapeva che gli altri stavano provando la stessa cosa. Era come essere tornati indietro nel tempo. E quel vento freddo, quello che entrava placido dalla finestra, pareva essere davvero la voce di Naru che li rimproverava del fatto che quello studio non fosse un caffè dove chiacchierare.

- Come hai fatto? – chiese Masako Hara fissando un po’ troppo la porta di accesso alla vecchia stanza del presidente.

- Ho lavorato parecchio e qualche buon fantasma sembra avermi aiutata – disse Mai fissando maliziosa lo sguardo su Bou-san e Yasuhara che avevano improvvisamente cominciato a trovare davvero interessante il nugolo di ragnatele che circondava la vecchia pala del condizionatore sul soffitto.

- La colpa è stata mia, non guardare male loro, Mai-chan! – proruppe all’improvviso John con gli occhioni azzurri talmente brillanti che sconvolsero tutti.

- John!- cercò di richiamare il bonzo con uno sguardo severo.

Mai Taniyama rimase completamente allibita.

Davanti a lei l’angelico prete dagli occhi azzurri e dai riccioli biondi aveva un’aria contrita che metteva quasi ilarità.

E infatti.

La ragazza scoppiò a ridere fragorosamente.

Era tanto che non rideva così.

E a lei non poterono fare a meno di unirsi il bonzo e lo studente universitario.

- Ma si può sapere che diavolo avete combinato? – chiese Ayako Matsusaki svolgendo graziosamente la lunga chioma volpina, con un cipiglio piuttosto seccato.

Houshou Takigawa e Osamu Yasuhara non riuscivano a smetterla di ridere, appoggiandosi l’uno alla spalla dell’altro.

Ma Mai aveva tentato di riprendere il controllo di se stessa. Beh,almeno per un pochetto. Anche se ogni tanto qualche risata tornava a scuoterle il petto.

- Il fatto è che ho ottenuto l’affitto di questo locale ad un prezzo a dir poco ridicolo per il luogo dove si trova – disse piuttosto velocemente prima di essere presa da un altro attacco di risa.

Ayako e Masako la fissarono senza capire.

- La colpa è mia – ammise con aria terribilmente colpevole il biondo John Brown – ho avuto io l’idea – continuò torturandosi le mani – il fatto è…-

- Nessuno di noi voleva che tutto quello che avevamo fatto finisse – ammise dolcemente Osamu Yasuhara, avendo ripreso il controllo di se stesso – volevamo che almeno qualcosa sopravvivesse…-

- E così abbiamo inventato la storia di un fantasma cacciato dallo SPR che avrebbe perseguitato chiunque avesse rilevato lo studio. Per dare una terribile fama a questo posto e vedere almeno posticipato il momento in cui quella scritta sarebbe stata cancellata dal vetro della porta – aggiunge Takigawa indicando l’insegna polverosa, ma ancora ben visibile dello SPR, Shibuya Psichic Research.

- Che stupidaggine! – sbuffò Ayako non riuscendo tuttavia a mascherare un sorrisetto compiaciuto – solo a te poteva venire in mente una cosa del genere! -

- Guarda che l’imbeccata ce l’ ha data quel santo in terra che sta lì – sbraitò il bonzo alzando un dito verso John Brown che ora li fissava con occhi grandi e spauriti.

Ayako degnò il piccolo prete biondo di un’occhiata – A forza di venire con te, avrà cominciato a marcire pure lui –

- Che hai detto, vecchia strega?-

- Se io sono vecchia tu lo sei più di me, nonnetto!-

- Grandi! Bene così! – esclamò all’improvviso con l’occhio scintillante Yasuhara-san cacciando fuori dalla tasca una minuscola telecamera, sua amica inseparabile da un po’ di tempo a questa parte.

- Oh, andiamo, siamo qui per divertirci, non per litigare! – disse Mai cercando di togliere le mani di Ayako dal collo di Bou-san, ma quelle sembravano tenaglie di acciaio e il volto del bonzo aveva già assunto una sfumatura color mirtillo che non si abbinava molto con la tonalità castagna dei suoi capelli.

- Non ci avrai portato qui per ripulire tutto, spero – disse Masako sprezzante, portandosi una manica fluente del suo kimono di fronte alle labbra.

- No, non ti preoccupare – sorrise Mai. Che l’aiutassero un pochetto a sistemare tutto, ci aveva sperato. Che lo facesse Masako, proprio no. Ormai aveva quasi imparato a conoscerla.

La serata trascorse allegramente, con Yasuhara e Ayako che cercavano di riutilizzare i vecchi fornelli (i quali parevano, misteriosamente, funzionare ancora benissimo), Bou-san che tentava di portare John sulla cattiva strada e il giovane australiano che sorrideva come un bambino a tutte le provocazioni come se fosse tonto. Beh, forse un pochetto tonto da questo punto di vista ci era. Masako che esaminava delle vecchie carte come a voler trovare Naru nascosto la in mezzo.

Effettivamente mancano solo lui e Lin-san.

E in quel momento Mai si chiese, per la prima volta dopo cinque anni, se quello strano ragazzo, troppo maturo per i suoi anni, li ricordasse tutti con il medesimo calore.

L’uomo alto, dai capelli scuri e leggermente lunghi, che ricadevano come un sipario sul volto affilato, si avvicinò ancora di un passo.

E affiancò il giovane vestito di nero.

Il vento di un autunno che, fin troppo rapidamente, stava diventando inverno, colpì le guance pallide del ragazzo e ne scompigliò i capelli corti e corvini. Tuttavia, per nulla infastiditi dal vento gelido, quegli strani occhi di ghiaccio continuarono a fissare avanti a sé.

Lin Koujo non aveva ancora compreso bene il perché quel ragazzo avesse di nuovo accettato un caso.

Da quando era tornato nella sua patria d’origine aveva cercato una vita normale, lontana da qualsiasi contatto con tutto ciò che non avesse a che fare con il semplice vivere quotidiano.

Ma Oliver Davis non era un individuo comune.

E non poteva negarlo a se stesso.

L’uomo alto lasciò che lo sguardo vagasse oltre la collina, laddove c’era qualcosa che li stava aspettando.

- Andiamo – disse solamente il ragazzo dai capelli nerissimi, agitando elegantemente il suo cappotto scuro.

E per un attimo, un solo attimo, fu visibile il suo polso.

Lin Koujo non sorrideva spesso.

Ma questa volta non poté farne a meno.

Dopotutto sembrava proprio che Noll, o forse avrebbe dovuto dire Naru, qualcosa di del tutto normale lo possedesse davvero.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nota dell’autrice:GRAZIEEE

Nota dell’autrice:GRAZIEEE!! Grazie veramente per aver letto e commentato la mia storia su Ghost Hunt ^^ eccovi il secondo capitolo e mi dispiace che non riesca ad andare più velocemente ç__ç c’è anche un’altra mia fan fiction che aspetta di essere aggiornata, ma ora come ora non ho quasi più tempo per nulla!

Ci-Chan le puntate in ita sono arrivate fino alla 14° uscita da pochissimo, però sono riuscita a vedere tutta la serie con i sub francesi ^^

Per Jenna Uchiha e Yuichan..beh il fatto che Naru sia chiamato Oliver Davis è un grandissimo spoiler, ma non proviene dalla serie bensi dai romanzi di cui ho letto una sorta di riassunto su internet. Infatti questa fan fiction è ambientata alla fine della prima serie dei romanzi.

Nelle righe seguenti metterò allora dei piccoli spoiler diciamo necessari per la comprensione di alcune parti di questa fan fiction. Se volete potete leggerli..però non vorrei rovinarmi tutto! Ç__ç decidere voi ^^

Intanto li metto ^^

Shibuya Kazuya è in realtà il famoso Oliver Davis. Lui e suo fratello gemello di origini giapponesi vennero adottati da genitori inglesi in tenera età. Purtroppo Eugene ( il fratello di Oliver) muore in un incidente stradale proprio in Giappone e chiede a suo fratello di riportare la sua salma in patria. Sotto mentite spoglie Oliver si trasferisce in Giappone. Solo due persone sono a conoscenza della sua identità, il silenzioso Lin e la medium Masako Hara che spesso ricatta il ragazzo per chiedergli degli appuntamenti a cui il giovanotto non può sottrarsi. Così il nuovo Kazuya Shibuya decide di fondare un società per gli esorcismi, lo Shibuya Psichic Research, che copra le sue vere intenzioni e la ricerca del corpo di Eugene. Entrambi i ragazzi amavano chiamarsi con un soprannome, Oliver era Noll e Eugene semplicemente Gene. È Gene che ha preso ad apparire nei sogni di Mai Taniyama non si sa bene per quale motivo, e Naru si sorprende la prima volta che viene chiamato così da Mai proprio perché il suo soprannome, Noll, in giapponese suona come ‘Naru’.

Alla fine dei romanzi, se non sbaglio, Naru riesce a trovare il corpo di Gene e ritorna in patria. Chiude lo SPR e torna in Inghilterra con una domanda per Mai…

È di me che sei innamorata o di mio fratello?

Mai non riesce a dargli una risposta.

2.

“I passeggeri del volo BA 747 in partenza per Londra sono pregati di recarsi al Gate n°8 per l’imbarco” disse bellamente stentorea la voce all’altoparlante dell’aeroporto, “I passeggeri del volo BA 747 in partenza da Tokyo sono pregati di recarsi al Gate n°8 per l’imbarco. Il volo partirà fra pochi minuti”

Non c’era bisogno di una hostess che aveva le capacità artistiche di una caffettiera a farle sapere che era in tremendo ritardo. Tutta colpa di quel dannato asciugacapelli che aveva comprato qualche giorno prima. Al check-in aveva fatto trillare così forte il metal detector che Mai Taniyama aveva pregato i nove spiriti di Shinto di renderla quasi sorda.

Ma sembrava che gli spiriti in questione fossero impegnati in qualche altra missione salvifica di terribile urgenza, perché non l’avevano calcolata neppure di striscio.

Così, la ragazza aveva dovuto sottostare alle pressanti proteste dell’ufficiale di dogana ed aprire tutte e due le sue valigie mostrando al mondo intero quel poco di abbigliamento e biancheria che possedeva. Era stato anche piuttosto imbarazzante quando quel giovane poliziotto l’aveva squadrata per bene, dopo essersi ritrovato in mano un paio di culottes con le fragoline. E allora? Che c’era di male?

Rossa come il carapace di un’aragosta tropicale scottatasi al sole di Honolulu, Mai Taniyama rificcò alla meglio gli abiti nelle valigie e già piangeva per lo stato in cui li avrebbe ritrovati al suo arrivo. Aveva impiegato due giorni per riuscire a trovare il sistema di non far rovinare la maggior parte del suo guardaroba, ed invece, eccolo lì, il suo lavoro distrutto, tutto per un dannatissimo asciugacapelli! Magari dove stava andando gliene avrebbero pure dato uno! E lei che se l’era portato dietro provocando tutto quel caos!

Si era sempre chiesta come mai le sue visioni notturne riguardavano sempre spiriti, fatti passati, morti feroci e mai che l’aiutassero a superare cose come questa! Sbuffò per l’ennesima volta, correndo a perdifiato verso Ayako che le faceva cenno di sbrigarsi e intanto impediva alla hostess di chiudere il gate di imbarco.

Quando Mai Taniyama si sedette alla poltrona che le era stata assegnata non aveva ancora realizzato cosa fosse accaduto nel giro di quelle poche ore. Solo in quel momento aveva iniziato a rendersi conto che si trovava su una comoda poltrona di prima classe, in un aereo che l’avrebbe condotta in Inghilterra.

E tutto era iniziato con quella telefonata.

Quando la mattina del primo novembre si era svegliata nello studio dello SPR ricordava quello che era accaduto la sera prima, nel senso che aveva coscienza del fatto che tutti loro si erano rivisti e che avevano festeggiato allegramente. Poi però aveva avuto una sorta di vuoto, uno strano buco nero rimpiazzato da un martello pneumatico che dal momento in cui aveva aperto gli occhi le aveva preso a fracassarle il cranio. Per cui il fatto che fosse stata svegliata dallo squillo insistente del telefono equivaleva, almeno per il suo cervello insolitamente martoriato, ad una banda di grancasse che suonavano direttamente nelle sue orecchie. Con sottofondo di tromba jazz.

Mai Taniyama si mosse tentoni, gli occhi gonfi, cercando disperatamente il telefono che continuava a trillare in modo fastidioso.

Poi successe una cosa strana.

Inciampò e cadde sbattendo il naso per terra.

E in quel momento un altro telefono iniziò a squillare. Anche se il motivetto fin troppo allegro indicava chiaramente che si trattasse di un cellulare.

- Ahia… - mugolò una voce sotto di lei. E si accorse di essere inciampata su John.

Mentre tornavano rapidamente i ricordi, qualcosa di strano le afferrò il petto; una sensazione opprimente, funerea, indicibile.

Qualcosa che aveva avvertito qualche giorno prima, quando si era risvegliata da quel sogno nel quale era morta arsa viva.

Afferrò il telefono con forza e rispose.

- Mai Taniyama? – disse una voce sconosciuta.

- Si – aveva risposto la ragazza con una strana irrequietezza.

- Ho un lavoro per lei –

Anche il cellulare aveva smesso di suonare.

Bou-san aveva risposto.

- CADREMO!!! LO SO!! LO SO!! CI SFRACELLEREMO E IO NON AVRO’ LA GIOIA DI ESSERE PADRE!!!! -

In tutte le avventure che avevano risolto in giro per il Giappone non era mai capitato di dover prendere l’aereo per gli spostamenti. Seppure avevano dovuto affrontare diversi chilometri, non si era mai presentata l’occasione per un viaggio così lungo. E se così non fosse stato, Mai Taniyama non avrebbe mai potuto assistere ad un fenomeno del genere.

Osamu Yasuhara, non appena imbarcato, aveva inforcato la sua telecamera e l’aveva puntata su Bou-san.

Lo aveva fiutato, il terrore per l’aria. Era stampato a caratteri cubitali sul volto pallido del bel bonzo mentre attraversava con aria mesta il corridoio di prima classe, movendosi come un bradipo in quell’oceano di pelle e velluto pregiati. E il promettente laureando della Todai non si era fatto sfuggire l’occasione. A dire il vero era troppo esilarante per farsela scappare.

Mai aveva fatto appena in tempo a capire di trovarsi per la prima volta non solo su di un aereo, ma per di più in prima classe che Houshou Takigawa aveva iniziato ad avere visioni di morte. E dire che in genere era lei a fare sogni del genere!

- MORIREMO! MORIREMO! MI SFRATACCHIERO’ E NON RIUSCIRO’ AD AVERE LA PENSIONE!-

- Ma la pianti di dire idiozie? –sbuffò Ayako appoggiando esasperata il volto sul palmo – nessuno morirà sempre che tu non voglia continuare con questa sceneggiata. In quel caso mi improvviserò killer – aggiunse fulminando il giovane con uno sguardo glaciale.

Ayako sapeva sempre come farsi rispettare, sorrise Mai fra sé.

Almeno questo era quello che sperava.

Tuttavia sembrava che questa volta ci fosse sul serio riuscita.

- QUESTO AEREO CADRA’!!CADRA’!!! CI MACIULLEREMO SUGLI SCOGLI DI DOVER E SAREMO CIBO PER GLI SQUALI!!-

l’urlo emesso dal bonzo dopo quei pochi attimi di pace fu più lacerante dei primi.

- Takigawa-san – disse John che si era tappato le orecchie con le mani e che, allo stesso tempo, riusciva a sorridere come se niente fosse – non ci sono squali nel canale della Manica -

- E TU CHE NE SAI?- sputazzò il bonzo furioso centrando perfettamente l’iride cristallina del piccolo prete – MICA TI CHIAMI JACQUES COUSTEAU? -

- E va bene – sorrise Ayako mentre aveva misteriosamente cacciato dalla borsa una siringa che guardava con aria maligna. Un piccolo quantitativo di una sostanza cristallina zampillò allegramente fuori dall’ago prima di essere ferocemente sbattuto sulla vena brachiale del giovane bonzo dai capelli castani.

Le urla cessarono immediatamente.

L’uomo crollò come un sasso prima che la hostess si avvicinò per vedere se qualcosa non andava.

Il sospiro di sollievo fu generale. Solo quello di Yasuhara aveva un accento lievemente differente. Ora non avrebbe avuto più nulla di divertente da filmare.

- Allora che ne pensate? – esordì Ayako dopo aver fatto scomparire con insolita abilità tutte le prove del suo reato.

- Che si tratta di una faccenda alquanto strana – rispose John serio.

- Tutti quei soldi…- aggiunse Mai Taniyama portandosi una mano al mento pensierosa.

- E il fatto di conoscere tutti noi – finì Masako fissando seria avanti a sé.

- E’ piuttosto insolito. Perché chiamare proprio noi? -

La domanda di Yasuhara-san aveva attraversato la mente di tutti nell’istante in cui ognuno di loro aveva conosciuto l’ubicazione del nuovo caso: Warboys, Huntingdonshire, Regno Unito.

E probabilmente ognuno di loro si era dato la stessa risposta.

Mai cercò di frenare il battito accelerato, sperando che quello che provava non le si leggesse ancora sul volto. Tuttavia, per sicurezza, sfuggì agli occhi inquisitori di Masako voltando la sua attenzione verso Bou-san che aveva iniziato a russare come un asmatico.

Sembrava proprio che non ci fosse verso. Il suo vecchio capo, quel ragazzo alto e della temperatura interna di zero gradi Fahrenheit, le faceva ancora un certo effetto. Ma probabilmente il tutto era stato sublimato dai ricordi. La memoria, alle volte, fa proprio dei brutti scherzi. E quello non era il momento di pensarci.

- Poi tutto questo lusso…non vi pare strano anche questo? – chiese all’improvviso Yasuhara –san guardandosi intorno – chi ci ha chiamati ha speso una fortuna per avere noi -

‘Che diavolo starà succedendo?’ pensò Mai Taniyama con una strana sensazione che le occludeva il petto.

Quando misero piede nell’aeroporto di Heartrow, Houshou Takigawa pareva avere appena la forza di stare in piedi, tuttavia non riuscì a smettere di baciare il terreno dove aveva poggiato finalmente i piedi lontani da quel maledetto aggeggio di ferro che gli uomini avevano creato per volare.

Masako scuoteva la testa, portando a coprire le labbra la lunga e variopinta manica del suo kimono dai fiori di ciliegio, con nei profondi occhi color notte un disgusto tipico del suo carattere.

John sorrideva del sorriso ingenuo dei bambini mentre si guardava in giro tutto contento di un nuovo posto da esplorare.

Ayako sbuffava, evidentemente esasperata dai sutra di ringraziamento che il giovane monaco non la smetteva di salmodiare, mentre Yasuhara-san era tutto intento da riprendere Bou-san nella sua quanto mai definitiva perdita di dignità.

Mai ebbe solo il tempo di sentirsi in imbarazzo che un soffio le accarezzò una spalla.

- Mai Taniyama? -

La ragazza annuì.

E il salmodiare del monaco cessò.

Di fronte a loro un uomo di mezza età con dei radi capelli rossi piuttosto arruffati mostrava a tutti loro un sorriso tirato.

- Ho l’ordine di accompagnarvi direttamente a Warboys dove vi verrà spiegato meglio quale sarà il vostro compito – disse frettolosamente, guardandosi intorno come se stesse aspettando che dopo quelle parole una sorta di maledizione gli si attaccasse alla schiena.

- Prego da questa parte –continuò l’ometto preoccupato – i vostri bagagli sono stati già recuperati -

- Quanta fretta! – annunciò rauca la voce profonda di Bou-san. Mai si voltò verso di lui: seppure ancora leggermente pallido sembrava proprio essere tornato la persona sicura di sempre.

‘Il nostro vice comandante ‘ sorrise la ragazza fra se.

-Mi spiace, signori – disse ancora l’uomo stropicciando nelle piccole mani nervose il cappello – tuttavia c’è molto meno tempo di quanto crediate…di quanto speravamo in effetti –

I cinque amici si fissarono un attimo negli occhi, lo sguardo serio e concentrato.

Di qualunque cosa si trattasse sembrava essere piuttosto grave.

-Infatti – esordì quasi pigramente l’uomo di fronte a loro, nella sua vestaglia di damasco a lavorazione a mano, l’aria signorile terribilmente stanca, gli occhi cerchiati di viola. E tuttavia la sua persona emanava un’insolita aura di regalità che obbligò tutti loro al silenzio.

Certo, anche perché metà di loro era fortemente in collera con quel giovane, completamente vestito di nero, appoggiato ad una semicolonna, le braccia incrociate sul petto, attento a seguire ogni minimo particolare di quella conversazione.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Salve a tutti! Dopo parecchio tempo ( e grazie anche all'estate e ad un messaggio ricevuto e a tutte le bellissime recensioni che ho trovato su questa storia beh...ho pensato di postare questo piccolo capitolo aggiuntivo  nella speranza che riesca al più presto a rimettermi a scrivere çç )
Purtroppo piano piano mi rendo conto che il tempo è sempre più esiguo...e viene risucchiato dalle più improbabili disavventure XD 
Detto questo spero sempre che tutto quello che scrivo vi piaccia!
A presto!!!!!! ^^






3.


 


 

-Non può dirci qualcosa a proposito di ciò che sta accadendo nel vostro villaggio?- chiese con il suo tono educato Yasuhara-san che per un attimo aveva smesso di riprendere il bonzo. Da quando aveva riassunto la sua classica espressione sembrava non avere più molto interesse per il rampante studente universitario, ormai prossimo alla proclamazione.

- Mi dispiace –rispose l’ometto rossiccio alla guida, sempre preoccupato e sempre terribilmente agitato –anche se volessi non credo che vi sarei di molta utilità -

- Che cosa intende, mi scusi? – chiese John sporgendosi in avanti per farsi più vicino al conducente.

- Nessuno di noi ci capisce molto. All’inizio si trattava solo di qualche gallina….-

- Non mi vorrà dire che ci hanno scomodato per la morte di quattro polli? – esordì Ayako Matsusaki, incrociando le braccia sul petto con un fiero cipiglio da samurai sul piede di guerra –se non fosse stato per questo lord…come si chiama…che ci ha spedito direttamente i biglietti….-

- Throckmorton…- suggerì Mai sfogliando quasi distrattamente degli appunti. Da un po’ aveva preso ad annotare le idee per riuscire successivamente a razionalizzarle con maggiore successo di quanto non facesse ricordandosi tutto a memoria. Certo, era disperatamente disordinata, ma lei riusciva a raccapezzarsi benissimo in quelle pagine di linee e pensieri che aveva scritto velocemente.

Houshou Takigawa si limitò a lanciarle uno sguardo in tralice e a sorridere, poi, socchiudendo gli occhi dorati come quelli di una civetta.

- Ci ha detto per telefono che gli occorreva il nostro aiuto, ne andava della vita di molte persone – aggiunse la ragazza poggiando distrattamente i fogli sulle ginocchia e afferrandosi il mento tra il pollice e l’indice. Posizione davvero consona ad un’investigatrice se non fosse che cinque secondi dopo Mai Taniyama si ritrovava acquattata in quell’ampia Rolls Royce a cercare di recuperare i suoi pensieri e a chiedersi perché le stramaledette strade inglesi dovessero avere tutte quelle buche.

- Purtroppo è così – rispose l’uomo, quasi in un soffio, mentre di nuovo lanciava uno sguardo spaventato in giro.

Tuttavia per quanto dicessero e per quanto facessero non riuscirono più a cavare fuori dal pover’uomo una sola parola sull’argomento.

- Che ne pensi? – chiese Mai a Masako, in un sussurro lievissimo, udibile solo dalla ragazza.

- Che ho una strana sensazione da quando abbiamo incontrato quest’uomo -

Mai annuì muovendo leggermente i suoi capelli castani.

Di nuovo in sintonia a quanto pareva.

Non appena si era avvicinata a quell’uomo aveva sentito odore di sangue.


 

-Oh! Finalmente! – disse Houshou Takigawa stiracchiando le lunghe estremità anchilosate per il viaggio in auto – un po’ d’aria fresca….umida, ma fresca –

- Beh, non è poi così diverso dal Giappone – sorrise Yasuhara –san iniziando a riprendere il panorama con la sua inseparabile videocamera – solo più umido e più…europeo -

- Non si direbbero proprio le parole di un aspirante avvocato! –fece Mai ridacchiando mentre si avvicinava ad un promontorio poco distante, un luogo che le permettesse di spaziare il più possibile su quel nuovo mondo.

Non era mai stata così lontana dalla sua patria. C’era qualcosa di estremamente eccitante in questo…una sorta di senso dell’avventura che ultimamente sentiva di aver perduto. Tuttavia questo significava cominciare di nuovo ad avere visioni di morte. Era parecchio che non ne aveva, anche se un paio di sensazioni sgradevoli di notevole rilevanza le aveva avvertite in uno dei suoi ‘supporti’ a Masako.

La ragazza lanciò un braccio in aria stirando le articolazioni un po’ rattrappite e sorrise. Era un lavoro, un nuovo lavoro e anche ben pagato.

E loro erano di nuovo tutti insieme.

- Come mai ci siamo fermati qui? – chiese Ayako guardandosi intorno con aria di superiorità, quasi disturbata da quella nebbiolina che imperversava sulle loro teste dal momento in cui avevano lasciato l’aeroporto.

- Già. Non siamo ancora un po’ troppo lontani dal centro? – osservò Yasuhara-san leggermente stupito.

- Mi è stato chiesto di portarvi qui prima di andare da Lord Throkmorton – ammise il loro autista, l’aria leggermente più rilassata da quando si erano fermati.

- Chi è stato a chiederglielo? – fece John fissando graziosamente l’ometto con quei suoi occhi lapislazzulo.

- Sono stato io -

Disse solo una voce alle loro spalle.

Allora Houshou Takigawa sghignazzò.

Masako Hara arrossì.

Osamu Yasuhara sorrise.

Ayako Matsusaki sbuffò.

John Brown stupì.

E Mai Taniyama decise di essere semplicemente se stessa.

Dalla oltre l’auto, sbucati quasi dal nulla, due uomini comparvero davanti a loro.

Uno alto, con i capelli che si dividevano sul viso come a formare un sipario.

L’altro completamente vestito di nero.

Come sempre del resto.

Oliver Davis elargì il suo solito sorriso arrogante, restando pazientemente in attesa che quell’ondata di stupore negli occhi gli antichi compagni scemasse. Dietro di lui Lin-san stava diritto, vigile, serio come al solito. E tuttavia quando incontrò i grandi occhi nocciola di Mai Taniyama non poté fare a meno di sorridere.

La ragazza ricambiò il sorriso.

E subito dopo, per un solo secondo, incrociò delle iridi glaciali, di un ametista profondo e scuro, ancora più spaventose di quanto ricordasse.

Ma fu solo un attimo.

Subito dopo Oliver Davis aveva rivolto la sua attenzione a Houshou Takigawa che gli aveva gettato un braccio intorno alle spalle e gli batteva il petto con un pugno, ghignando su come si era fatto grande.

Era vero.

Per quanto somigliasse al diciassettenne terribilmente narcisista che era partito cinque anni fa dal Giappone, tuttavia c’era qualcosa di più maturo in lui, qualcosa di orribilmente affascinante! Molto di più di quanto non era stato da adolescente!

Mai Taniyama si rifiutò di arrossire.

Beh, almeno ci provò, ma distolse per precauzione il volto da quel ragazzo che si era fatto uomo e, di nuovo, prese a fissare il panorama.

E allora lo avvertì.

Accecata dai suoi sentimenti gli era sfuggito.

Quell’odore di sangue.

Identico a quello che portava con se l’autista.

Ma più forte.

E che pervadeva tutta la vallata.

- Senti qualcosa?-

La ragazza annuì continuando a fissare avanti a sé.

Sapeva esattamente chi gli aveva fatto quella domanda. Ma non volle farsi vincere dal ritorno di uno stupido sentimento infantile.

- Odore di sangue. Masako? -

- Si, anche io lo avverto. Tuttavia non mi pare di sentire la presenza di spiriti -

- Siamo ancora un po’ troppo lontani, Masako-chan – disse Houshou Takigawa avvicinandosi anche lui al promontorio che si affacciava sul villaggio di Warboys.

- Vero – rispose pacatamente la ragazza.

- Come mai hai voluto vederci qui, Shibuya-san? – chiese innocentemente John mentre anche lui si faceva più vicino.

- Sicuramente ha già un piano in mente! – sbuffò Ayako sollevando un indice con aria saputa – e non ci hai dato nemmeno il tempo di salutarvi!-

- Come al solito perdi tempo con le tue idiozie, Matsusaki-san! - affermò con il suo solito sorriso sarcastico il giovane dagli abiti neri.

La donna lo fissò con uno sguardo glaciale.

- Ti perdono solo perché ti sei fatto ancora più affascinante – disse la miko con aria di superiorità – alla fine sei comunque rimasto un adolescente! -

Oliver Davis continuò solo a sorridere.

- Sei stato tu a far chiamare tutti noi, Shibuya-san? – chiese Yasuhara.

- Si – e il ragazzo abbassò lo sguardo pensieroso – stanno accadendo cose piuttosto strane in questo villaggio e ho pensato che non sarebbe stato male ritornare ad investigare su situazioni del genere-

- Ci stai dicendo che hai bisogno del nostro aiuto, eh Naru-chan? – sogghignò Mai poggiando una mano sul fianco.

- Più o meno – rispose il giovane fissandola.

Così intensamente e a lungo che la ragazza si spaventò.

Quel doppiogiochista aveva qualcos’altro in mente.

Ne era certa.

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