Like a rose thrown into a violent breeze

di Osage_No_Onna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo:Tutti i colori dell’ Iride ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Avvolta dal mistero ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Oltre le apparenze ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Victrix dei Vicoli ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Pensieri Sincronizzati ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Un raggio di sole in un giorno di pioggia ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Polveri di te ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Smeraldi vuoti sulla scogliera ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Figlie del Vento ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Quel che non ha detto ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Due inaspettati Lari ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Hoshiko VS Hanako: duello all' ultima carta! (Parte 1) ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Hoshiko VS Hanako: duello all' ultima carta! (Parte 2) ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: La corte di un altro mondo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Oikos ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Un' anima per due identità: il segreto di Kyndrha ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Uno sguardo diverso ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Maschere di vetro e lame fatte di fiori ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: La luce perduta ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: C'è chi canta per non piangere ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Segreti dietro l' angolo ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Vecchie conoscenze, nuove sensazioni ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: L' incerta linea del futuro ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Troppa poca forza per resistere ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Storia di un fallimento e di una possibilità (sprecata) di gloria ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Un tetto per le anime perse ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Makoto e Michiko, le clandestine Astrali ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: L' Emissario dei Sogni ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Il legame doppio-taglio ***
Capitolo 30: *** AVVISO+ One- Shot Extra: The stranger and the silver garden ***



Capitolo 1
*** Prologo:Tutti i colori dell’ Iride ***


Like a rose thrown into a violent breeze
 Prologo
-Tutti i colori dell’ Iride-

 
Era sospesa in aria, meravigliata.
Tutto ciò che riusciva a vedere era una…galassia a spirale, era così che si chiamava, non è vero, nonno Tsumugu? Una galassia a spirale, certo, illuminata da una luce chiarissima e  tutta colorata: rosso, arancio, rosa, azzurro, indaco, violetto…tutti i colori dell’ Iride. Sì, le piaceva molto quell’ espressione. Non male per una bambinetta di otto anni, come dicevano spesso gli amici dei nonni.
Fluttuava, non si sapeva spiegare come, ed era sorpresa sì, ma anche un po’ impaurita. Come ci era arrivata lì? Prima non era su un prato?
Non ricordava più niente.
“Ehi, piccina, come ci sei arrivata qui?”
La piccola si volta. Una donna, meravigliata e preoccupata, la guarda con dei magnifici occhi dorati. Ha la pelle semi-evanescente, ma azzurra, con alcuni segni color verde acqua sul viso, la bocca semichiusa. I suoi capelli hanno lo stesso colore della pelle e scendono lunghi e morbidi come il tendaggio di un palco. Porta un vestito immenso e leggerissimo, color oltremare, una corona in testa con alcuni fiorellini di stoffa pendenti. I piedi, che sembrano senza dita, sono nudi. Evidentemente è perche fluttua, proprio come lei.
“Sirio?”chiama lo spirito evanescente battendo le mani, la voce somigliante a quella di mille cantanti liriche che cantano all’ unisono.
Un altro spirito fluttuante, ma questo ha gli occhi color argento e una strana acconciatura retrò. Porta una giacca bianca e dorata e un pantalone largo. Si inchina davanti alla donna con un: “Ha chiamato, mia signora?”ossequioso.
“Sai come ci è arrivata qui questa piccola umana?”chiede la donna blu con la voce preoccupata, tenendo la bambina per mano.
Lo spirito che la donna ha chiamato Sirio scuote la testa, poi si avvicina alla “piccola umana” e le chiede: “Come ti chiami, tesoro?”
Beh, perlomeno sembra gentile. Ma la bambina ha un po’ paura: non degli spiriti, che in fondo le somigliano. Lei è dispersa, lontano da casa, in un mondo che non ha mai visto e senza i suoi nonni. Come farà ora?
Risponde semplicemente: “Kazama Hoshiko” e si inchina, tenendo stretti i lembi del vestito, proprio come le è stato insegnato.
“Bene, Hoshiko, dimmi una cosa: tu hai paura di noi?”chiede Sirio apprensivo.
“No. Perché dovrei?”chiede, in un impeto di sincerità, la bambina stupita. “In fondo voi siete come me, siamo uguali. Non è il colore della pelle che fa la differenza.”
Sirio si abbassa alla sua altezza piegandosi –non troppo- sulle ginocchia: Hoshiko è sempre stata la più alta della sua classe e a soli otto anni misura un metro e quarantotto.
La bambina nota che quello spirito ha degli occhi un po’ obliqui ed ha dei vestiti, di foggia antica, che prima non era riuscita a vedere, color porpora con i bordi bianchi: porta una maglia dalle maniche “a palloncino” chiusa da alcuni bottoni che sembrano fatti di perle, coperta dalla giacca bianca che termina con due code, proprio come un frac. Anche il pantalone termina a palloncino, che buffo, pensa la bambina divertita.
“Allora ascolta, Hoshiko: come mai sei riuscita ad entrare nel Mondo Astrale?”
Il Mondo Astrale? Era così che si chiamava allora la galassia a spirale? Hoshiko non si sapeva spiegare il perché, ma aveva la sensazione che quel luogo bellissimo e quegli spiriti eterei non li avrebbe dimenticati per un bel pezzo. E poi “Mondo Astrale”… perché le suonava familiare? Oh sì, lei adorava le stelle: passava le notti senza dormire pur di poter guardarle e poter vedere il loro movimento –che poi era solo apparente- ogni giorno. Era diventata così esperta che sapeva i nomi delle costellazioni meglio degli alunni di una quinta superiore, suscitando così l’ ammirazione del nonno, che era un famoso astronomo.
“Astrale”, che pure con le stelle ci aveva a che fare, non l’ aveva sentito da nessuna parte… però, dentro di sé, sapeva che quella parola le riportava alla mente qualcosa.
Ma cosa?
“…Piccola Hoshiko, mi hai sentito?”chiede Sirio preoccupato incrociando le braccia e chinandosi ancora di più verso la piccola dai capelli corvini.
“Oh, sì, certo… io non me lo ricordo proprio bene come ci sono arrivata qui signore, però mi ricordo che c’ erano tanti uomini vestiti tutti di nero e una specie di spirale come questa, però tutta dorata. Io avevo paura, perché uno degli uomini neri si stava avvicinando verso di me e quindi sono corsa verso la spirale e… mi sono ritrovata qui.”
La donna dalla corona in testa e dagli occhi dorati sospira e dice, con una nota di rabbia nella voce:“Quei dannati Viri Nigri. Hanno provato ad aprire un portale per il nostro mondo e ci sono riusciti, scaraventandoci dentro una loro vittima. La Victrix Artemis mi aveva avvisata, ma io non ho fatto abbastanza per proteggere il mio popolo.”
Poi, rivolgendosi alla bambina: “Mi dispiace tanto, piccolina. Noi non volevamo. Mi dispiace davvero tanto.”
“Oh, non fa niente.”risponde l’ interlocutrice allegra. “Ma come posso ritornare a casa?”domanda poi preoccupata. “Prima che io arrivassi qui c’ è stata una situazione difficile per me ed i miei nonni signori, quegli uomini cattivi cercavano qualcosa da noi, ma io davvero non so che cosa, e mi sono allontanata da casa mia! Ora ho paura di non riuscire più a tornare in montagna… vi prego, potete dirmi come posso tornare sul Prato Piumato, ad Heartland City?”
La donna fa cenno di sì con la testa a Sirio, che chiude gli occhi e comincia a fare strani gesti con la mano trasparente, concentratissimo.
Hoshiko sgrana gli occhi e segue con lo sguardo i movimenti di Sirio, così anche lei sembra danzare lievemente nell’ aria: sembrano tracciare cerchi, linee curve, rette, volute, ghirigori.
Ed ecco che appare una specie di tunnel purpureo, ma quadrato, tutto luminoso.
La piccola è abbagliata.
“Ecco, cara Hoshiko.”fa Sirio contento –o almeno così sembra alla piccola- “Percorri questo tunnel, vedrai che ti riporterà dritto a casa tua.”
Hoshiko si tuffa contenta nella luce porporina, ma sembra ripensarci un attimo e si gira verso la regina e Sirio, i grandi occhi verdi dubbiosi e sgranati.
“Ci devi chiedere qualcosa, Kazama Hoshiko?”chiede la donna gentile con voce di canto.
“Ma voi fate delle magie? E, se non sono troppo indiscreta… chi sono le Victrix?”chiede la bambina pronunciando con un po’ di difficoltà la parola latina.
La regina sembra pensarci su un attimo e si porta l’ indice e il pollice al mento.
“Non possiamo rispondere direttamente e, in quanto alle Victrix, sappi che tu, un giorno, probabilmente lo diventerai.”risponde accomodante.
“Davvero?”Gli occhi della bambina, dallo stupore, diventano sempre più grandi. “Posso chiederle anche il suo nome, Maestà?”chiede ancora con una piccola riverenza.
Sirio si irrigidisce, perché i modi della bambina non sono perfettamente conformi all’ etichetta: è uno scrupoloso e sempre preciso, lui. Ma la regnante sorride gentile e risponde: “Ma certo, io sono Lyra. E adesso va’, cara, i tuoi saranno in pensiero per te!”
La figuretta di Hoshiko, avvolta in delizioso vestitino azzurro dalla linea semplice, in un paio di calzettoni a righe grigie e blu lavorati a maglia e in degli stivaletti di cuoio scamosciati, fa un ultimo inchino e poi fugge via, con una risata cristallina.
All’ improvviso è tutto buio.
Le stelle sul monte CrystalDrop sembrano sorriderle benevole.
“HOSHIKO!”
Quella è nonna Sakura, una dolce signora anziana che si ostina a voler portare i lunghi capelli chiusi una lunga treccia. In quel momento corre trafelata verso la bambina e porta un vestito a fiorelloni coperto da un grembiule bianco. Ai piedi, ciabatte da uomo di cuoio, rubate al marito.
“Nonna!”esclama contenta la bambina mettendosi a correre a sua volta, con le braccia aperte.
Le due si incontrano felici e si abbracciano con tenerezza, come se non si vedessero da chissà quanto tempo. E invece dalla presunta scomparsa di Hoshiko sono passate un paio d’ ore. Dagli occhi di nonna Sakura scendono persino delle calde lacrime di gioia.
“Mi sono preoccupata molto per te, piccola mia. Stai bene?”chiede Sakura Hoshina, alla quale 65 anni non impediscono di essere persino più forte e robusta della nipotina, che pure magrissima non è.
“Sì, nonnina, io sto bene. E voi? Quei cattivoni se ne sono andati?”risponde la piccolina preoccupata.
“Grazie al cielo sì, tesoro. Non hanno trovato quello che cercavano. O, per meglio dire, colei che cercavano. Quei farabutti cercavano la tua mamma.”
“Ma lei non può essere catturata da loro!”
“Lo so, sono degli stupidi… loro non lo avevano saputo quello che è successo alla povera signora Hayashibara, che il cielo la protegga.”
“Nonna… tu pensi che stia bene?”
“Certo, tesoro, lei sta bene ed è orgogliosa di te.”
Le due figure femminili si allontanano svanendo all’ orizzonte.
E non c’è più nessuno che turba il silenzio e la pace della notte, a parte il frinire dei grilli.
 

Angolo dell' Autrice (con lo stomaco in subbuglio)
PUFF: Ok, no. Ditemi che non l' ho fatto. Sì, l' ho fatto... PERCHÉÉÉÉÉÉÉÉ?
-NICE: Semplice, perché ti ho minacciata! ;) lol
Va bene, lo ammetto: ce l' ho fatta a pubblicare questa storia, dopo tanto tempo dal termine del prologo... che marciva negletto nella mia penna USB!
Dato che è la prima volta che pubblico una storia a rating giallo e scrivo per questo fandom saranno bene accetti consigli e critiche su questa storia un po' (*Mod.EufemismoON*) penosa. Conto sul vosto appoggio, lettori(?)!
Spero non ci siano problemi con l' uso del tempo dei verbi... passo dal passato al presente senza preavviso! .-.
Va bene, smetto di lamentarvi e lascio a voi la parola.
See you!
-Puff


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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Avvolta dal mistero ***


Primo Capitolo

Avvolta dal mistero

 
P.O.V Hoshiko
Avevamo appena finito la colazione e stavamo uscendo dalla nostra stanza.
Non ero scontenta né spaventata quel giorno, anzi ero calma. Era il cinque di aprile, il giorno della gara di ginnastica artistica comparata contro la nostra scuola rivale, la Heartland Senior. Quelle della Heartland sono toste, avevano vinto quella gara per cinque anni filati, ma quella volta ero sicura che avremmo vinto noi. Mi ero allenata come una pazza per quell’ evento, avevo pianificato una coreografia pazzesca su cui avevo sudato per più di un mese, rinunciando alle numerose paghe da domestica e quindi infliggendo alle mia finanze un notevole tracollo. Ma chi se ne frega. Mi sarei rifatta in seguito, cosa che poi non ho fatto perché impegnata in un’ avventura. Hitomi sudava freddo, eppure non si vedeva: i suoi vestiti erano perfettamente lindi e stirati. Kriemhild, al contrario, anfibi blu di pelle, orecchino a forma di fulmine e divisa strappata per scelta, era baldanzosa e supertranquilla: lei non era iscritta al corso obbligatorio di ginnastica artistica della nostra scuola, la Kyuriko High School (abbreviata KHS), semplicemente perché si era trasferita ad Heartland City dalla Germania ed era entrata alla Kyuriko a novembre.
E poi lei non è certo il tipo da fiocchetti, rosa, tutine aderenti e scarpette da ballo.
Oh no.
Nel frattempo eravamo scese, avvolte in delle tute azzurro-viola forniteci gentilmente dalla scuola, calze aderentissime bianche (che in una giornata afosa ci stanno più o meno quanto il cavolo a merenda) e ballerine rosa carne. Mi dispiace dirlo, ma noi ginnaste della Kyuriko non siamo un granché, a partire dalla numero 93 Honeyblossom Shizuki.
Sulla Shizuki avrei da raccontarne di tutti i colori, ma, dato che non mi va di rovinarmi il buon umore (e la digestione) parlando una figlia di papà acida e insopportabile che si crede la migliore ma in realtà vale meno di uno zero, lasciamo perdere.
Nei nostri spogliatoi, un casino incredibile: ragazze che parlano, urlano, strillano, ridono come pazze indemoniate o piangono, vestiti dappertutto, borsoni aperti, chiusi o semichiusi e accessori appartenenti ad ogni sport possibile e immaginabile. Già, perché per la KHS ginnastica artistica comparata, in parole povere,vuol dire ginnastica artistica più un altro sport a piacere da abbinare. Io avevo scelto il pattinaggio artistico e Hitomi la danza giapponese. Kriemhild aveva comprato un pacchetto di patatine e una confezione di popcorn extralarge e si era diretta verso gli spalti destinata agli spettatori insieme a Shinnosuke Yamanouchi, un tipo dagli occhi bicolore e i capelli color pece con un ciuffo sparato in alto (orrendo) fissato con il Duel Monster. L’ avevo vista proprio divertita, aveva annunciato: “Ci sarà da spappolarsi dalle risate!”
Cosa non molto consolante, ma vera. Purtroppo era così.
Mi infilai i copripattini e i pattini, mi misi una rosa blu di crespo tra i capelli (prigionieri di uno chignon e di duemila chili di lacca per capelli tenuta extraforte) appuntandola quanto più saldamente possibile e misi i paralame sulle lame dei miei pattini.
“Le atlete del primo anno sono pregate di scendere in pista. Ripeto: le atlete del primo anno sono pregate di scendere in pista.”
Dannata annunciatrice-voce-meccanica e dannatissimo annuncio.
Sospirando, io e Hitomi uscimmo dagli spogliatoi e da allora il mondo esterno, per noi, cessò di esistere. 

***

 

Aprile, nell’ emisfero boreale, è un mese primaverile: questo valeva anche per Heartland City, nel pieno di un’ amena e forse troppo calda primavera. I cespugli erano verdi e rigogliosi, i fiori alzavano le loro corolle al cielo limpido, azzurro e terso, gli uccelli cinguettavano spensierate e farfalle multicolore volteggiavano leggere dappertutto.
Insomma, una giornata perfetta, se non fosse per un ragazzo tredicenne dai capelli neri e gli occhi di un colore rosso-cremisi che continuava a gridare:“Ma insomma, nessuno vuole duellare con meeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee?” disturbando la quiete primaverile.
“Sta’ calmo, Yuma: se urli così forte così disturbi le persone.”lo rimproverò uno spirito fluttuante semievanescente dalla pelle azzurra, gli occhi bicolore e dai lunghi orecchini che pendevano dalle orecchie a punta.
Sta’ calmo”ripeté Yuma, il ragazzo, scimmiottando lo spirito azzurro che solo lui poteva vedere. “Astral, io ho bisogno di duellare! Oggi ho l’ energia al massimo e se non duello mi deprimerò! Ed oggi è una giornata perfetta!”si lamentò poi.
Astral, lo spirito, non ribatté: provare a far ragionare Yuma Tsukumo quando aveva l’ energia al massimo a volte era come mescolare acqua e olio, ossia un esperimento fallito in partenza. Stava per sospirare e piegare la testa di lato, quando fu attratto da un lungo susseguirsi di grida ed esclamazioni entusiastiche provenienti da quello che aveva tutta l’ aria di sembrare uno stadio al coperto: lui e il suo amico umano si erano spinti ben oltre i “soliti confini”, delimitati dalla scuola e dal porto. In quel momento si trovavano in un delizioso giardinetto pubblico brulicante di famiglie con bambini piccoli, ma anche di ragazzi. Peccato che nessuno di essi avesse un deck di carte a portata di mano.
“Yuma, hai sentito quelle voci? Cosa sta succedendo?”chiese Astral curioso al ragazzo, che cercava disperatamente un duellante con cui poter intraprendere un duello “all’ ultima carta”.
Nel sentire lo spirito Yuma si fermò, girò la testa verso lo stadio e poi rispose: “Non ne ho la più pallida idea. Vogliamo andare a vedere? Magari lì troviamo qualcuno con un deck di carte!”propose poi illuminandosi tutto.
Astral acconsentì e ed entrambi si avviarono –l’ uno correndo, l’ altro fluttuando in orizzontale- verso la grande struttura coperta. Si ritrovarono in un palazzetto, anch’ esso gremito di persone, in cui due squadre femminili di diverse scuole si stavano sfidando in una gara. La prima squadra era composta da ragazze con un fisico a dir poco perfetto in body rosso rubino, calze bianche e scarpette color carne, dritte e alte come dei pali e con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto che dava loro un’ aria abbastanza presuntuosa. Nella seconda, invece, le ragazze portavano un body azzurro e violetto con una gonnella che arrivava a mezza coscia e molte erano decisamente agitate: a volti sorridenti si alternavano altri che sembravano sull’ orlo di una crisi isterica ed altri ancora indifferenti, scocciati o addirittura in lacrime.
“Gara di ginnastica artistica comparata fra la Kyuriko High School e la Heartland Senior.”lesse Yuma su uno striscione sollevato a mezz’ aria che sovrastava un’ impalcatura in legno. “Non poteva andarmi peggio, figuriamoci se tra queste persone ci sono dei duellanti!”si lamentò con una vocetta da bambino piccolo.
Prima che potesse andarsene comparve a mezz’ aria l’ immagine di un presentatore dagli occhi grigi e una strana acconciatura color blu elettrico, avvolto in un vestito da pinguino, che annunciò con un sorriso smagliante: “Bene, signore e signori! L’ esibizione della candidata numero ottantasette si è conclusa con un verdetto impietoso: 4.5, 3.9 e 4.0! La Kyuriko High School non avrà speranze se continuerà con questo andazzo, ma tutto può accadere! Ed adesso godiamoci l’ esibizione della candidata numero ottantotto, Kazama Hoshiko!”
La “candidata numero ottantotto” si avviò nel centro di un distesa ghiacciata che doveva essere stata preparata apposta per la sua esibizione, dato che questa ragazza, dall’ altezza considerevole, portava dei pattini da ghiaccio bianchissimi ai piedi e reggeva in mano un nastro color blu oltremare. Arrivatavi, partì una canzone dal ritmo vivace, che somigliava molto ad una danza tribale: la ginnasta si mosse. Tutti restarono a guardarla con il fiato sospeso: aveva una grazia, un’ eleganza, una coordinazione e una flessibilità davvero sorprendenti, grazie alle quali riusciva ad eseguire senza il minimo sforzo anche figure difficilissime e salti che prevedevano ben due giri in aria senza cadere, il tutto facendo volteggiare il nastro in aria e con un sorriso smagliante sul volto. I giudici erano a dir poco estasiati; le atlete della sua squadra stringevano i pugni in aria e alzavano i pollici in su; quelle della squadra avversaria impietrirono e il pubblico applaudiva entusiasta. Perfino Astral e Yuma rimasero a guardarla, soprattutto lo spirito che la fissava con i due occhi, uno dorato e l’ altro bianco, sgranati dallo stupore.
La ragazza terminò l’esibizione con alcuni passi a centro pista e poi scivolò con leggiadria verso la balaustra, dove fu accolta dalle compagne entusiaste. Subito dopo riapparve la faccia del Presentatore Pinguino, che disse, sempre con quel sorriso a trentadue denti che dava sui nervi: “Oh-oh! Per la prima volta, la KHS dà prova di mass… ehm, allevare anche veri talenti. Kazama Hoshiko, con la sua esibizione, ha ottenuto il punteggio di 7.9, 8.0 e 8.5, superando così persino il punteggio di Jasmine Damon della Heartland Senior! La situazione si sta ribaltando, signore e signori, come andrà a finire? Ed adesso, ripercorriamo i momenti migliori dell’ esibizione della signorina Kazama!”
Mentre sullo schermo si susseguivano le immagini dell’ esibizione, scatenando così una tempesta di commenti, Yuma e Astral si avviarono verso l’ uscita sgomitando tra la folta massa di persone che stava praticamente incollata. Facendo ciò si imbatterono in un terzetto di persone che portavano all’ occhio i Duel Gazers: il primo era un ragazzo bassino con i corti capelli color pece, un occhio blu ed uno marrone e le braccia muscolose, che indossava un jeans blu indaco, una maglia a mezze maniche verde e delle scarpe da ginnastica nere e viola. Sembrava allegro e vivace ed aveva un tatuaggio a forma di chiave di violino sul braccio. La seconda portava una divisa azzurra bordata di bianco piena di sgualciture e strappi, tre orecchini, di cui uno a forma di saetta, su un orecchio solo e un braccialetto con le borchie al polso. Era una ragazza di media statura dai corti capelli castani disordinati e gli occhi dello stesso colore, che calzava un paio di anfibi di cuoio blu. Aveva un’ aria a dir poco scanzonata e non faceva che ridere facendo battute a sproposito. La terza, un’ altra ragazza, dalla pelle quasi bianca, aveva dei lunghi capelli ricci di un colore fra il lilla e il violetto e grandi occhi azzurri, quasi cerulei. Aveva indosso il body della Kyuriko ed aveva appuntato al petto un cartellino con il numero “95”. Sorrideva ed annuiva con la testa, seguendo la conversazione –un po’ troppo “volgare”- con lodevole stoicismo. Teneva le mani compostamente unite e, causa la statura eretta e il mento rialzato che la caratterizzavano, dava l’ impressione di provenire da una famiglia nobile.
“Salve ragazzi!”li salutò allegramente Yuma. “Siete duellanti anche voi?”
“Non proprio”rispose la ragazza dagli occhi azzurri. “Tra noi è Shinnosuke ad avere la passione per i duelli, noi invece lo stiamo a guardare, di tanto in tanto. A proposito, io sono Hitomi Watanabe, piacere di conoscerti.”concluse porgendo la mano pallida  al ragazzo, che la strinse vigorosamente.
“Io mi chiamo Yuma Tsukumo e sono qui per duellare.”rispose il ragazzo dagli occhi cremisi.
“Fratello, forse non sei nel posto più adatto per duellare, ma il qui presente Shinnosuke Yamanouchi non si tira mai indietro quando viene sfidato!”intervenì allegra la ragazza con il bracciale borchiato. “E, dal canto mio, vorrei imparare a farlo anch’ io. Mi chiamo Kriemhild Grietchen, sono tedesca ma mi sono trasferita qui da qualche mese. Heartland City è una favola!”
“Piacere Yuma”intervenì Shinnosuke prendendo la parola. “Se, da quanto ho capito, vuoi duellare, allora io accetto la tua proposta. Ma devi sapere che io duello solo a ritmo di musica. Quindi devo andare a chiamare Hoshiko, la mia cantante da duello.”
“D’ accordo”acconsentì Yuma, che era abituato alle stravaganze dei vari giocatori di Duel Monsters.
Il ragazzo dai capelli color pece si avviò verso delle scale, che salì di getto e dalle quali scese due minuti dopo insieme ad una ragazza che presentò come “Hoshiko Kazama, la migliore ginnasta del mondo nonché enfant prodige del canto.”.
Era una ragazza decisamente alta per i suoi quindici anni e la sua altezza la faceva sembrare molto più adulta. I capelli neri come l' ebano, a giudicare dallo spessore dello chignon che le troneggiava sulla testa, dovevano essere davvero lunghi e le ricadevano sulla fronte in sei ciocche simmetriche tinte di marrone, azzurro e blu; portava una molletta con una stella alpina appuntata, mentre i suoi grandi occhi verdi, pur essendo espressivi, sapevano anche essere terribilmente vitrei. Le dita delle mani erano lunghe, snodate e flessibili come quelle di un pianista. Era davvero magra ed aveva arti molto lunghi, inoltre aveva la pelle di un colorito davvero pallido. Aveva indosso una divisa composta da una maglia azzurra bordata di blu con le maniche a palloncino e la gonna, che le arrivava sopra al ginocchio, era in tinta e forse troppo stretta sulla pancia. Ai piedi calzava dei sandaletti bianchi con il tacco basso. Il suo sguardo e tutti i suoi gesti recavano i segni di un grande dolore e una vita passata in solitudine.
Si presentò con un “Salve” ed un inchino rispettoso, poi andò a prendere una cassa che posizionò in un giardinetto fiorito, il luogo stabilito per il duello tra Yuma e Shinnosuke.
Astral la osservava con curiosità: quella ragazza aveva un modo di fare diverso rispetto a Yuma e gli altri ragazzi, sembrava più timida, più triste e segnata da parecchie sofferenze. Senza contare che, non appena un estraneo le rivolgeva la parola, arrossiva, dava una risposta breve e concisa e poi ritornava a farsi gli affari propri: doveva essere davvero molto riservata ed arrendevole, considerò lo spirito guardandola salire in piedi sulla cassa e cominciare a cantare.
Tutto il duello, agli occhi dello spirito e della ragazza, che aveva una voce a dir poco fenomenale, melodiosa e potente, si susseguì al ritmo di una canzone che Shinnosuke aveva indicato con il titolo di “Dynamite Heaven”, ma in un modo così confusionale che a stento ci si ricordava delle carte messe in gioco.

***

 
 
“Hai visto Astral?”chiese allegramente Yuma allo spirito semievanescente che fluttuava accanto a lui e lo guardava serissimo.”Anche oggi ho sconfitto tutti i miei avversari! È impossibile battere Yuma Tsukumo quando ha l’ energia al massimo!”esclamò poi entusiasta afferrando il ciondolo che aveva al collo, la Chiave dell’ Imperatore.
“Guarda che oggi hai duellato soltanto con tre persone.”gli fece notare lo spirito. “E, nonostante tu l’ abbia migliorata, la tua tecnica è ancora scadente. Devi ancora migliorare, e molto.”
In quel momento si trovavano sul ponte di Heartland City che affacciava sul mare e proprio lì videro passare una ragazza dai lunghi capelli neri legati in una coda bassa, gli occhi verdi come smeraldi ed un grazioso vestito azzurro, coperto in parte da un copri-spalle in cotone bianco: Hoshiko, la ragazza dell’ esibizione.
Aveva un’ aria terribilmente triste ed era così impegnata a conversare al cellulare che non si accorse neanche di aver sfiorato il piede di Astral, che si voltò immediatamente a guardarla con uno sguardo a metà tra lo spaventato e il curioso.
Anche lei si fermò a guardarlo girando la testa e il suo sguardo, a tratti spento, in quel momento era come una triste richiesta di aiuto e di pietà. Non c’ era dubbio che riuscisse a vedere lo spirito, tant’ è vero che rimase ferma per un bel po’ a scrutarlo, sempre con quel suo sguardo che spezzava il cuore, ma poi si rigirò e riprese a parlare.
“No, Hiroyuki… ti pare, è ovvio che non mancherò all’ appuntamento di domani, ma ho anche un impegno… Sì, allo stadio, una vera seccatura…Certe volte mi chiedo come faccia a vivere così. Non fossi nata, probabilmente sarebbe stato meglio… cosa? No, non sto scrivendo e credo che non scriverò per almeno un paio di giorni. Ho, per così dire, appeso la mia cetra. Una come me, poi, non dovrebbe neanche farsi notare in questo modo.”
E mentre la snella figura della quindicenne si allontanava per poi svanire all’ orizzonte come una stella che si spegne, Astral rimase sospeso a mezz’ aria, basito. Cosa significavano quelle parole? Come mai la ragazza diceva che avrebbe fatto meglio a non venire al mondo? Cosa aveva combinato di così tremendo? Cosa voleva dire “ho appeso la mia cetra”? Perché non doveva farsi notare “in quel modo”?
Sapeva che non avrebbe dovuto ascoltare la conversazione telefonica tra la ragazza e il suo interlocutore, ma l’ aveva fatto senza volerlo e quei pochi brandelli di frasi che aveva colto erano avvolti dal mistero, proprio come colei che le aveva pronunciate.
Abbassò il mento e cominciò a riflettere.
“Ehi, Astral, ti sei perso per strada?”lo richiamò Yuma canzonandolo.
“Io… arrivo subito, Yuma.”rispose lo spirito ancora scossa, per poi cominciare a fluttuare dietro al suo amico.
Cercò di non pensarci, ma le parole di Hoshiko Kazama, la ragazza che aveva vinto la gara di ginnastica artistica comparata al palazzetto e che aveva accompagnato il duello tra il suo amico Yuma e lo sfidante Shinnosuke cantando, colei che, a ragione, era stata soprannominata “Lonely Heart”, continuavano a ronzargli nella mente.
E, chissà per quale motivo, gli facevano pensare che una nuova avventura, di lì a poco, avrebbe avuto inizio.
  

Angolo dell' Autrice
Ok, questo senza dubbio è il primo capitolo più lungo che io abba mai scritto... ed anche il peggiore. Tra poco finirò in depressione. Voi lettori(?) cosa ne pensate? Datemi un parere e, se lo trovate vomitevole (cosa sicura al 99,9%)... ehi, io nell' introduzione vi avevo avvisato, eh!
No, seriamente, mi sembra "tagliato via", ma non c'è da fidarsi quando scrivo qualcosa tutto di un fiato! Tralasciando la mia paranoia da rompiballe professionista, volevo ringraziare
NiceGirl_98, Crow Feather, Riyu Saotome e la mia cara amica Asutoraru (Asu per gli amici) che hanno recensito il prologo di questa storia. Ancora un grazie alle stesse Crow e Asu che l' hanno messa tra le preferite: ragazze, spero di non deludervi!
Inoltre volevo avvisare che, molto probabilmente, gli aggiornamenti saranno lenti... e non è finita qui, dato che a breve posterò un disegno della suddetta Hoshiko Kazama fatto da me.
Ok, smetto di parlare e lascio a voi la parola... abbiate pietà di me, ok?
See you!
-Puff
  
       


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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Oltre le apparenze ***


Capitolo 2

Oltre le apparenze

 

P.O.V Jin
Daaaagh. Come li odio i preparativi per i concerti. Li odio con tutto il mio cuore. E anche con l’ anima. Il trucco, le luci, gli strumenti, la registrazione, i costumi, gli spartiti… tutto ciò mi fa venire mal di testa, come quando del resto faccio le prove con Mack, Kensuke, Andrew e Joey. Insomma, penso di non essere tagliato (anzi, tagliata) per il rock/metal, eppure sono il cantante di un gruppo che canta principalmente canzoni proprio di questi generi! Dietro il viavai frenetico dei tecnici si nasconde la speranza che il concerto sia un successone. Io non ci spero. Odio dover ripetere più volte i concerti. Insomma, canterò pure canzoni rock, ma non è detto che mi debbano piacere. Anzi, alle schitarrate e le rullate di batterie preferisco l’ immutabile quiete della mia casa (in realtà sarebbe dei miei nonni), che è costituita da un silenzio a dir poco ovattato. Mi viene quasi da piangere se penso che quella casetta in legno sarà rasa al suolo per far posto ad un osservatorio astronomico. Ma Jin Takeuchi, cantante degli HFive (H sta per Heartland, che originalità…) non dovrebbe mai piangere. Proprio mai. Insomma, non è accettabile da uno che, ad ogni concerto, fa il figo della situazione. Almeno secondo il comune sentire. Ma mi sto proprio stufando, insomma, cosa ne sa la gente di me? Niente, assolutamente niente.
“Signor Takeuchi, il camerino è libero. Le ricordo che tra poco entriamo in scena, quindi sarebbe meglio prepararsi adeguatamente.”
Ecco un’ altra cosa che odio: i tecnici saccenti. Sono troppo seccato e so benissimo che cosa devo fare, non c’è bisogno che intervengano Tizio, Caio e Sempronio. Neanche facessero parte della band, dannazione.
Signor, poi! Ho quindici anni e vado per i sedici, non penso proprio di essere un signore.
“Fratello, non c’è bisogno che tu mi dica cosa fare, d’ accordo? E  chiamami Jin, odio queste formalità. Yo, a dopo.”
Certe volte non è così male interpretare questo ruolo, quello del cantante ultrafigo nonché conquistacuori di fanciulle innocenti che stravedono per te. Ridacchio sotto i baffi, mentre il tecnico rompiballe mi guarda basito. Chissà a cosa sta pensando. Entro nel mio camerino perfettamente in ordine e, dopo aver dato una sistemata ai miei capelli lunghi, applico due o tre extencion color rosso fuoco e un paio color verde petrolio vicino alle tempie, poi li nascondo sotto ad un berretto nero e rosso da baseball, dopodiché mi metto una matita nera (negli occhi, cosa che mi da’ davvero molto molto fastidio) e mi infilo anche un paio di occhiali da sole, che poi sarebbero il mio marchio distintivo. Strano che i miei amici tengano così tanto alla matita negli occhi, considerando che anche loro li coprono. Sarà una tradizione, ma io la trovo assolutamente inutile, specie se poi non li mostri neanche, gli occhi. Mi infilo un bracciale con le borchie e ripasso mentalmente il testo di It’ s a strange world, una canzone di cui io ho scritto il testo e Joey Fredericks (il mio migliore amico nell’ ambito della band, un pezzo d’ americano palestrato con i capelli ricciuti e biondi e gli occhi azzurri; un bravo ragazzo, molto intelligente e con una smodata passione per la chitarra elettrica) ha composto la musica.
Come ultima precauzione, faccio il doppio nodo al laccio dei miei anfibi neri al ginocchio.
Il palco mi aspetta e stavolta la platea, me lo sento, sarà a dir poco strapiena.

***
 

 Dahah-ahahah-ahahah!”rise Kriemhild come impazzita. “Non vedo l’ ora che quel megafigo di Jin Takeuchi esca dal camerino! Yeeeeah!”
“Com’ è che ci sono finita qui?”mugugnò Hitomi con un muso lungo tre spanne. Se c’ era una cosa che la figlia del megaindustriale Shin Watanabe odiava più del disordine e della sciatteria, quello era proprio il rock: non lo sopportava proprio, lei che era cresciuta con la musica dell’ opera e quella classica ed era quindi abituata a volumi relativamente medio-bassi.
“Io non li sopporto, quegli HFive.”concordò Shinnosuke sorseggiando la sua cedrata.
“A parte che quel Jin non è assolutamente degno di definirsi un cantante, perché ha una voce troppo femminea, come cavolo si fa a sentire questa bandaccia da quattro soldi? I testi sono banali e gli strumenti non sono adeguati. Non si meritano il loro successo.”argomentò poi, dato che era un vero esperto di rock.
“La tua è tutta invidia!”saltò su la tedesca, che non sopportava le critiche rivolte al suo cantante preferito. “Parli così solo perché tu non saresti capace di suonare come lui neanche tra miliardi di ere geologiche!”
“Piuttosto che suonare come lui, preferirei crepare.”ghignò il ragazzo dai capelli color pece calandosi in testa un berretto nero.
“Shinnosuke, non dovresti portare il cappello nei luoghi pubblici: è contro il galateo. E tu, Kriemhild, smettila immediatamente di tenere le mani intrecciate e stare così curva con la schiena!”si stizzì Hitomi nel vedere ignorate in quel modo le regole del galateo.
“Yuma! Ehi, Yuma!”cinguettò una ragazza dalla capigliatura verde scuro avvolta un vestito bianco e rosso, un paio di leggings neri e due stivaletti scamosciati chiamando qualcuno.
Quel qualcuno era il ragazzo dagli occhi cremisi, che portava ancora la divisa scolastica, che aveva sfidato Shinnosuke il giorno precedente, ossia Yuma Tsukumo, notò la Grietchen girando la testa. La tizia con la chioma verde, inoltre, aveva tutta l’ aria di essere cotta e stracotta di lui, constatò inoltre osservandoli attentamente.
“Ciao, Tori.”la salutò lui senza entusiasmo infilandosi le mani nelle tasche.
“Cosa ci fai qui?”chiese Tori allegramente, gettando varie occhiatine al palco di tanto in tanto.
“Niente.”
“Come niente?”
“Come, niente?”ripetè Astral, come sempre librato cinquanta centimetri sopra la testa del ragazzo, con tanto di braccia incrociate. “Come fai ad uscire senza dover fare qualcosa?”chiese ancora lo spirito, che certe volte non riusciva proprio a capire Yuma.
“Astral, dannazione, non è che debba uscire sempre quando ho qualcosa da fare! Sto semplicemente perdendo tempo!”sbuffò il ragazzo piccato dalla curiosità del suo amico spirito.
“Fai male.”lo rimproverò questi con un’ aria da maestrino. “Dovresti spendere il tuo tempo in modo stimolante e produttivo… cercando altre Carte Numero, ad esempio.”
“Se non hai niente da fare, allora perché non resti qui e ascoltiamo insieme il concerto degli strepitosi HFive?”domandò Tori allegra sperando così di stare appiccicata al ragazzo per due ore buone.
“Hmmm…”bofonchiò Yuma. “Va beh, se proprio non c’è nulla di meglio…”acconsentì poi di malavoglia e piazzandosi di fronte ad Hitomi, che lo scostò infastidita.
“Ehi, Tsukumo!”lo salutò invece Kriemhild agitando la mano. “Come butta?”
“Ciao, Kriemhild! Tutto magnificamente, e a te?”rispose di rimando il duellante dagli occhi cremisi sorridendo allegramente, scatenando la gelosia della ragazza con la chioma verde. Astral seguiva gli eventi serissimo, posando lo sguardo da una persona all’ altra.
“Anche a me va tutto bene. La tizia con te è la tua ragazza?”chiese la tedesca ammiccando e facendo l’ occhiolino a Tori, che arrossì vistosamente.
“Sono Tori Mizuki, piacere.”si presentò lei tendendo il braccio.
“E io sono Kriemhild, Kriemhild Grietchen!”
“Oh, ciao Shinnosuke!”salutò Yuma riconoscendo il ragazzo bassino e dai capelli color pece con cui aveva duellato il giorno precedente. “Hitomi e Hoshiko non sono con voi?”chiese poi guardandosi intorno.
“Yuma, da quand’ è che frequenti tutte queste ragazze?!?”si imbufalì Tori stringendo i pugni e facendo scoppiare a ridere Kriemhild, che si teneva la pancia e cominciava pesino a lacrimare.
“Sorella, sta’ tranquilla!”intervenne la tedesca con la sua allegria ed esuberanza. “Ci siamo conosciuti ieri e poi… ci dispiace proprio, ma Yuma non ci interessa affatto. In giro c’è di meglio… come lo stupendissimo Jin Takeuchi!!”
“Anche a te piace Jin?!?”si emozionò la verde, che giunse le mani con un sonoro paf.
“Io lo adoro, nel vero senso della parola! A parte il Passero, non ho mai visto un personaggio mondano affascinante come lui! Penso proprio di essermi presa una cotta…”
“Il Passero? Il tizio con i capelli azzurri e gli occhi coperti dalla maschera blu?”storse la bocca Kriemhild. “Naaaaah, sorella, è molto meglio Jin.”
“Scusate l’ attesa, signore e signori!”annunciò al microfono un presentatore biondo, giovanissimo e affascinante, vestito tutto di nero. “Siete pronti per il rock?”chiese poi sfoderando un sorriso così smagliante che avrebbe potuto benissimo accecare tutti i presenti nel raggio di trenta metri di distanza.
Gli rispose un’ esclamazione entusiasta e un frenetico battere di mani.
“E allora… ecco a voi la band che, dal suo album di esordio, ha scalato le vette internazionali della musica; la band che ha fatto impazzire milioni di fan! Si esibiranno qui per voi… Jin, Kukai “Mack”, Kensuke, Joey e Andrew… i fantastici HFive!”
Mentre cinque ragazzi vestiti quasi tutti di nero facevano la loro comparsa sul palco e migliaia di fan scatenati urlavano come impazziti, Astral cominciò ad analizzare attentamente i componenti della band.
Jin, il cantante, era certamente colui che monopolizzava l’ attenzione, ma lo spirito semievanescente poté notare solo che aveva la pelle di un pallore quasi cadaverico e degli enormi occhiali da sole che gli coprivano gli occhi. Per essere un ragazzo, inoltre, aveva movenze decisamente femminili ed una voce chiara ed acuta.
Kukai, il tipo che il presentatore che aveva presentato anche come Mack, era un ragazzo dai capelli color cioccolato sparati tutti all’ indietro, gli occhi grigi e piercing praticamente dappertutto. Il suo tono muscolare sembrava finto e portava vestiti strappati, unti e bisunti.
Kensuke era un tipetto occhialuto dai capelli ricci e l’ aria timida che mascherava dietro un sorriso strafottente, che gli riusciva decisamente male. Era una specie di gigante –un metro e ottanta circa- ma la sua aria ingenua ed infantile lo faceva sembrare un bambinetto cresciuto troppo in fretta e caduto in mani sbagliate. Era l’ unico che indossava un completo “decente”, secondo il parere da esperta di moda di Hitomi, costituito da maglia giromanica e pantalone a zampa color verde petrolio. Ai piedi portava degli anfibi militari.
Joey aveva tutta l’ aria di essere straniero ed era il secondo membro della band più affascinante. Oltre ad avere un’ acconciatura assolutamente normale, bionda e riccioluta, i suoi occhi erano azzurri come il cielo sereno d’ estate e aveva lo stesso profilo delle statue greche. Il suo fisico era a dir poco perfetto ed era frutto di estenuanti pomeriggi d’ allenamento in palestra, inoltre aveva una pronuncia inglese a dir poco eccezionale: non c’ era da stupirsi che avessero scelto lui come seconda voce del testo di It’s a strange world, testo interamente in lingua inglese. La sua tenuta, come quella di Jin, era nei toni del grigio fumo e del nero e sulla maglietta aveva stampato un teschio con due ossa incrociate, cosa che fece rabbrividire il povero spirito.

Andrew, a giudicare dalla voce profondissima, era il più grande della compagnia. Poteva avere una ventina d’ anni ed aveva già una barba folta, anche se non troppo lunga. Esibiva i suoi capelli lunghi ed argentati con la massima naturalezza e mentre suonava la batteria li agitava a destra e a manca. I suoi vestiti, ovviamente neri, erano pieni di borchie ed era accompagnato da un cane pitbull pezzato che non faceva altro che fissare gli spettatori sbavando.

 ***
 

P.O.V Astral
Stanno per scoppiarmi le orecchie. Non ho ancora capito bene cosa sia un concerto –non l’ ho chiesto a Yuma perché sembrava già abbastanza seccato- ma qui ci sono solo dei ragazzi che modulano frasi in una lingua straniera seguendo un ritmo, (si chiama cantare, ha detto qualcuno) suonano, fanno salti pazzeschi e strane evoluzioni.
Senza contare che quel Jin, il cantante, alza la voce di sette ottave e il volume della musica è davvero troppo alto. Non sopporto la folla e la confusione… chissà come fanno questi ragazzi a piacere a così tanta gente. Kriemhild Grietchen, un’ amica di quella misteriosa Hoshiko Kazama e di Shinnosuke, mentre urla e si dimena al ritmo del canto, ha le lacrime agli occhi dalla commozione. Io non la capisco, perché come ha detto il ragazzo dagli occhi bicolore questi cinque non sono un granché, ma è tutta questione di gusti.
Le persone sono davvero tante e stanno tutte vicinissime: non dev’ essere tanto piacevole, infatti sento Yuma che si lamenta per il caldo. Il tendone che ospita il concerto è ricoperto da una serie di pannelli di plastica isolante, quindi non c’è proprio da stupirsi se gli spettatori sono tutti sudati. Hitomi, che ha la pelle chiarissima, suda come una fontana e non fa altro che sventagliarsi sbuffando infastidita.
Mi concentro di nuovo sul palco e mi accorgo che Jin Takeuchi sta guardando verso di me. Trasecolo. Ma è mai possibile che riesca a vedermi? Non riesco a staccare gli occhi da lui e neanche lui riesce a non guardarmi sotto quegli occhialoni scuri che si ritrova, quindi sì, mi vede.
Risultato dell’ osservazione n° 22: Da quando sono apparso sulla Terra, il numero di persone che riesce a vedermi è aumentato gradualmente.

Sarà meglio ricordarselo. 

***


P.O.V Jin/Hoshiko
L’ ultima schitarrata e il concerto è bell’ e finito. Finalmente, era ora. Sotto questo dannatissimo tendone ci saranno almeno seimila gradi all’ ombra e io sto friggendo. Peccato solo che, per raggiungere i camerini, debba prendere una stradina che è occupata da una cinquantina di fan scatenati ed urlanti. A mali estremi, estremi rimedi: stacco la spina del microfono e mi avvio. Una tizia con i capelli cobalto tutti i spettinati e la divisa della Heartland Senior (la sua faccia non mi riesce nuova) mi chiede un autografo lanciando piccoli strilli.
La mia risposta, biascicata, è: “Yo, sorella, mi dispiace, ma io adesso non faccio autografi. Non mi sento bene.”
Strafalso. Tranne gli ettolitri di sudore che mi sgorgano dappertutto, la stanchezza e i primi segni di un’ emicrania con i fiocchi, sono “perfettamente appusto”, come dice Mack.
La tipa è quasi in lacrime tanto è delusa. Ma io dopo i concerti, stanco(a) morto(a) come sono, colcavolo che faccio ‘sti maledetti autografi. Sono il mio tormento.
Filo veloce nel bagno del mio bugigattolo e, dopo una rapida doccia (moooolto fredda), mi spalmo addosso due chili di crema alla calendula e mi rivesto. Ho addosso la maglia della divisa della mia scuola (azzurra, bordata di bianco, con le maniche a palloncino), una gonna blu, corta sennò crepo, con i bordi viola e dei sandali aperti con il tacco da due centimetri, bianchi.
Libero i miei capelli neri dalla cuffia e li stringo in una coda alta, poi mi tolgo le extencion, le ripongo nella mia borsa e tolgo le forcine che intrappolano i miei ciuffi mechati alle tempie.
E adesso, al posto del famosissimo e “strafigo” cantante rock Jin Takeuchi, nel camerino con c’è che una ragazza qualunque, Hoshiko Kazama.
Chissà se qualcuno, andando oltre le apparenze, ha potuto riconoscermi: librato sopra al palco c’ era lo spirito semievanescente che ho incontrato ieri sul ponte.
Apro la porta ed esco, senza far rumore.
La campana della chiesa suona le cinque del pomeriggio.
 

Angolo dell' Autrice
Allora, prima che veniate fuori casa mia a massacrarmi, sappiate che non ho nulla contro il rock e i pitbull. E neanche contro Tori... ma non mi convince tanto come personaggio.
Dopo che questa piccola premessa.... CHE PARTA CREDENS JUSTITIAM!
*Da uno stereo partono dei versi praticamente senza senso che l' autrice tenta, senza la minima intonazione, di imitare*
Ok, adesso la smetto. Innanzitutto mi scuso se ho pubblicato il capitolo troppo tardi, ma quel genio del mio PC ieri si è preso una giornata di ferie, perchè gli è saltato l' alimentatore. Allegria.
Poi ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o recensito questa storia e che lo faranno in seguito. Grazie anche a
Saotome_chan (fa niente se ti chiamo Riyu?) che l' ha messa tra le preferite, facendo così arrivare la mia storia a tre preferenze. Sono al settimo cielo! Nessuna delle mie storie ha raggiunto questo risultato! AMO TUTTI! *Mod.ScleroON*
Va bien, Folk, adesso lascio a voi la parola: come vi è sembrato questo chapter? Pronostici? Suggerimenti? Errori da segnalare?
Recensite! Ci conto!
See you!
-Puff

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Victrix dei Vicoli ***


Capitolo 3

Victrix dei Vicoli

 
P.O.V Kyndrha
E ti pareva. Mai un pomeriggio di riposo per noi Victores e Victrices. A quanto pare la cattiveria non va mai in vacanza, come dice Mrs. Christos, la mia insegnante di greco antico. Se si parla poi dei cosiddetti Viri Nigri, ossia Uomini Neri in latino (studio anche quello), allora ti viene da chiedere se si siano drogati troppo o siano robot con tanto di pile inesauribili. Eh sì, perché questi uomini superpalestrati al servizio di un certo Dr. Mysterious, incaricati di rapire ed eliminare tutti i tipi di spiriti che scorrazzano ad Heartland City, sono attivi 24 ore su 24, neanche fossero i robot spazzini della città! Come diavolo fanno? E non sembrano neanche stanchi! E per colpa loro, noi anonimi difensori della giustizia siamo costretti a fare turni massacranti, persino a mezzanotte. Ecco perché Artemis, Victrix di terzo grado, una delle più abili tra noi nonché ragazza bellissima, certe volte ha una faccia da far paura, con tanto di occhiaie. E svolge pure i turni in città, la zona in cui si annidano meno spiriti!
Queste immagini di persone fatte di vento, infatti, si annidano principalmente in periferia e nei vicoletti, la zona meno frequentata da noi Victor. Io, Kyndrha, Victrix di livello dieci, una delle meno addestrate, una dell’ ultimo livello, sono stata una delle prime a scegliere di fare i turni qui, nei vicoli di Heartland. A dire il vero è proprio snervante, perché ti ritrovi un attacco dei Nigri praticamente ogni minuto, ma il lavoro non mi spaventa e, dopo averlo svolto con risultati positivi, provo sempre un gran senso di soddisfazione, cosa molto buona per una come me, che ha l’ autostima praticamente sottozero.
Le corse snervanti in tuta azzurra, il dover usare armi di ogni genere (anche da fuoco, e non sto scherzando!), l’ estrazione del Seme della Malvagità con tecniche più o meno brutali, la purificazione del suddetto Seme e la liberazione degli spiriti per noi è normale routine. Ed ecco, infatti, che devo entrare in azione per salvare Ayumi, necrospirito che ho salvato già a tredici anni e mia fedele amica, ed un suo compare, però semievanescente e con la pelle azzurra, le orecchie a punta e i capelli con la cresta un po’ punk, o almeno così mi sembra.

Dove cavolo è Thyrsos? Quel buono a nulla aveva detto che mi avrebbe aiutato e invece, dopo tre chiamate telepatiche, non vedo la sua ombra neanche a pagarla a peso d’ oro. Sono costretta a rimandare la ripetizione della seconda declinazione greca e, giusto per restare in tema, il mio amico Victor dai capelli neri è persino più irritante dell’ accento nelle declinazioni. Per adesso, però, me la devo cavare da sola.

***
 

 
Yuma correva, correva come un pazzo. Il suo amico Astral era stato catturato da un uomo in completo elegante nero con tanto di ventiquattrore, era stato insaccato e in quel momento lo stavano portando fuori città, ma non passando per le strade principali, che erano sempre affollate, ma per i vicoli di Heartland City, sporchi, bui ed abbandonati.
Lo spirito semievanescente urlava, gli occhi sgranati pieni di paura, ma nessuno lo sentiva perché il sacco era fatto di materiale isolante e, per liberarsi, cercava di lacerare il sacco, senza riuscirci. Insieme a lui c’ era un altro spirito, una giovane donna fatta d’ aria dai lunghi capelli corvini e freddi occhi cerulei.
“Astraaaaaal!”gridò ad un certo punto il ragazzo dagli occhi cremisi vedendo l’ uomo con il sacco svoltare e sparire dal suo campo visivo. Era così triste per il suo amico che sarebbe scoppiato a piangere. Insomma, Astral poteva anche essere tremendamente irritante, saccente e ficcanaso, ma insieme avevano passato tantissimi bei momenti e lui, molto molto in fondo, si era affezionato allo spirito dai lunghi orecchini e dagli occhi bicolore.
“E adesso che cosa faccio?”si chiese poi sbattendo con le ginocchia per terra e parlando con un tono lamentoso da bimbo piccolo.
“Sta’ tranquillo.” gli rispose una fredda e serissima voce femminile dietro di lui.
“Ti darò io una mano.”
La voce, che oltre ad essere fredda era anche melodica, chiara ed argentina, apparteneva ad una ragazza altissima, che aveva i capelli nerissimi chiusi in una crocchia bassa dalla quale partiva un piccola treccia, taglienti occhi azzurro cielo e la pelle chiarissima. Era avvolta in una tuta azzurra, la cui maglia aveva lo scollo ad U e le maniche lunghe, che assomigliavano a quelle dei kimono, avevano il bordo dorato. Il pantalone, sempre bordato d’ oro, era lungo fino alle caviglie ed era collegato alla maglia tramite una cintura di stoffa dorata e decorata con un civettuolo fiocco. Ai piedi essa portava degli stivali di cuoio scamosciati. In vita, inoltre, aveva un armamentario non indifferente: un pugnale dall’ elsa d’ avorio, un fioretto, una croce dalla quale partivano due corde ed un’ altra croce che aveva tutta l’ aria di essere ripiegabile.
“Ok…ma tu chi sei?”le rispose Yuma assumendo un’ aria inebetita.
“Chiamami Victrix per ora, le presentazioni sono rimandate a più tardi. Quello spirito dalla pelle azzurra è tuo, no?”
“Beh, sì...”
“Allora sta’ zitto e corri.”
I due ragazzi si appiattirono lungo il muro ammuffito del vicolo ma, mentre Yuma fu costretto a diventare una sogliola, la Victrix sporse la testa per vedere dove fosse andato l’ uomo in nero, poi si avviò verso una stradina ghiaiosa facendo cenno a Yuma di seguirla.
“Il Vir Niger è passato di qui. Ci sono le sue impronte sulla ghiaia.”Proferì la ragazza tastando con le falangette le orme di una scarpa taglia quarantadue sul terreno.
“Lampante!” si complimentò Yuma con la ragazza. “Ma chi è il Vir Coso?” chiese poi portandosi il dito indice al mento.
Vir N-i-g-e-r” sillabò diligentemente la Victrix. “Sono uomini incaricati di rapire gli spiriti per un certo Dr. Mysterious, ma non se ne capisce lo scopo.” spiegò poi cominciando a camminare.
“Ehi, Kyndrha! Sono venuto a darti una mano!” disse allegramente un ragazzo dagli occhi grigissimi e i capelli neri con sfumature viola agitando una mano e correndo verso di loro.
“Thyrsos! Alla buon’ ora!”esclamò la ragazza dai capelli corvini con un tono tra il sollevato e il seccato accennando un sorriso.
Yuma, Thyrsos e Kyndrha videro una macchia nera passare velocemente di fronte a loro e due spiriti sballottati per aria che, con gli occhi disperati, chiedevano aiuto.
“Perfetto.” Bisbigliò la Victrix sfilandosi le sue croci dalla vita ed avvicinandosi all’ uomo che, essendosi accorto si essere stato scoperto, si pietrificò nel bel mezzo nella strada lasciando cadere il sacco trasparente con i prigionieri.

L’ espressione di Kyndrha, a giudicare dalla faccia terrorizzata dello sventurato, non prometteva niente di buono.

***
 

 
 

             P.O.V Thyrsos

 Santi santissimi capperi fritti, io certe volte Kyndrha la adoro proprio. Quando si è avvicinata al Vir Niger, che a giudicare dalla faccia se la stava facendo sotto dalla paura, ha preso la sua croce d’ oro e ha fatto saettare le corde che erano poste all’ estremità verso il sacco trasparente contenente gli spiriti in modo da forarlo e STRAAAAAAAAP: quello si rompe ed ecco che gli S.S (Spiriti Sfigati, io li chiamo così) escono e si rifugiano dietro di lei. Uno di essi lo conosco bene, è la sua guida spirituale, Ayumi, mentre l’ altro, se fosse vivo, visibile e tangibile, farebbe strage di cuori, ci scommetto la testa.
La mia collega estrae dalla cintura l’ altra croce, quella di ferro, e la lancia in aria facendola roteare con un few few few che mi dà i brividi. All’ improvviso appare una lancia-croce che le ritorna indietro, e lei subito ad afferrarla con un salto e una mossa fulminea.
Il Vir  riprende il sangue freddo e fa per scaraventarsi addosso a lei per stenderla, ma lei lo intercetta puntandogli la punta della lancia a un centimetro dalla gola.
“Non ci provare mai più con le donne, tantomeno se sono Victrices, lurido bastardo. Ti sei già macchiato di hybris*.”
Vai forte Ky! Ti amo quando fai la dura, con quello sguardo gelido e tagliente, le parole che diventano pugnali e i gesti controllati! L’ unica nota stonata nella frase era la parola Hybris, che io non sopporto, ma, per mantenere il mistero, dovremmo pur usare parole straniere o antiche… oppure no?!?
Tizio Pappamolle cede, ma prima di sloggiare chiama altri amichetti con uno schiocco di dita. Erano appostati qui da chissà quanto, sono il triplo di noi, sono freschi e pronti a combattere, ma tu piroettando come un étoile dell’ Opera di Parigi ed armeggiando quella splendida lancia che ti ritrovi li fai fuori in dieci millisecondi. A quanto pare fare lotta a scuola non vuol dire sono farsi ingessare un braccio ogni tre settimane…
I Viri scappano con la coda tra le gambe, ma ci lasciano un ultimo regalino: qualcosa… che ha tutta l’aria di essere una bomba. E la miccia è pure accesa!
Questo “Tsk” sprezzante è tuo, infatti ti vedo con un solo sopracciglio alzato (ma come fai?) che ti avvicini alla bomba e, proprio quando il timer segna un secondo all’ esplosione, le dai un calcio facendola volare in alto.
Tiro un sospiro di sollievo: erano solo fuochi d’ artificio! Che scherzo idiota.

Il tizio con te non ha spiccicato parola, mai, dall’ inizio del combattimento ad ora. 

***
 


“Grazie! Grazie!” esplose entusiasta Yuma correndo verso la ragazza. “Sei stata… sensazionale!”
“Anch’ io la ringrazio. Senza di lei sarei scomparso, probabilmente.”gli fece eco Astral accennando un sorriso. Lo spirito della donna chinò il capo e socchiuse i grandi occhi cerulei.
“Non ringraziatemi.”rispose la ragazza dai capelli corvini ripiegando la lancia per farla tornare alle dimensioni della croce d’ oro. “Era normale routine per una come me.”
“Ma cosa dici Kyndrha?”chiese basito Thyrsos allargando le braccia. “Sei stata… sparaflashante!”concluse allegro.
La Victrix prima accennò un sorriso, poi emise un basso risolino coprendosi la mano con la bocca.
“E insomma, Thyrsos, non fare così. In quanto a voi”disse rivolgendosi prima al Victor e poi a Yuma ed Astral “non dovrete assolutamente fare parola di quanto avete visto se non volete mettervi nei guai.”continuò poi serissima puntando il dito verso di loro.
Infine Kyndrha girò i tacchi chiamando Ayumi a sé.
Nel vicolo non rimasero che Yuma e Astral, che avevano gli occhi sgranati.

*Hybris: Tracotanza

Angolo dell' Autrice
Ehilà! Allora, se volete uccidermi potete farlo tranquillalmente! Scusatemi se non ho aggiornato per un po', ma il mio PC ha tirato le cuoia e dal portatile di mia sorella non potevo farlo! D:

Che dire...questo voleva essere un capitolo di lotta, ma essendo io una "Peace&Love" non sono riuscita a renderlo bene come vorrei... spero che non faccia troppo schifo! E, nel caso lo sia... perdonatemi!
Recensite in tanti, che vi aspetto... e segnalatemi gli errori.
Infine, un bacione a tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, la stanno recensendo oppure la leggono! Siete fantastici!
See you!
-Puff












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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Pensieri Sincronizzati ***


Capitolo 4
Pensieri Sincronizzati

 
P.O.V Hoshiko
Di nuovo.
Non è possibile.
Ma perché tutte le famiglie che mi assumono come donna di servizio devono tutte cadere in rovina, dannazione?
Ricordo ancora le parole mielose ed ipocrite che la signora Brocklehurst mi ha rivolto qualche attimo prima di licenziarmi. Sfido io, è accaduto mezz’ ora fa.
“Mi dispiace davvero, cara, ma l’ ufficio di mio marito ha fatto fallimento, credimi, non sai quanto mi dispiaccia, sei una perfetta casalinga, ma nelle condizioni in cui siamo adesso davvero non è cosa tenere una lavorante, non potremmo pagarti… ragion per cui sono costretta a licenziarti. Posso almeno darti qualcosa per tornare a casa?”
Che idiota. Vuole fare l’ orgogliosa. Ma in realtà mi ha fatto semplicemente pena. No che non me lo può dare qualcosa per tornare a casa, perché io non ho una casa. A dire il vero non ho un fico di niente che mi appartenga, a parte forse alcuni abiti e gli amici. Alloggio nelle camere della KHS, ma il vitto fa schifo e quando mi sveglio ho la schiena a pezzi. Fosse per me, studierei al conservatorio e alloggerei in uno striminzito appartamento del centro, ma non disponendo di liquidi sufficienti posso tranquillamente appellarmi al Karma… senza che lui faccia niente!
Ecco, il solito momento da crisi acuta. Ma io che non ho genitori né parenti posso provare nostalgia per loro? Non lo so, ma dato che mia madre è morta subito dopo la mia nascita e mio padre un anno dopo mi sento una cretina quando piango pensando di essere stata abbandonata. Le uniche persone che mi hanno cresciuta sono stati i coniugi Hoshina, che non erano neanche miei parenti.
Smetto di lanciare le pietre nell’ acqua dal mare, mi rialzo, e con la stessa vitalità di uno zombie arrivo alla strada asfaltata che dà sul lungomare. Faccio di nuovo l’ autostoppista.
Vediamo se qualcuno è disposto a portarmi fino in cima al monte CrystalDrop. Ѐ difficile, perché agli autisti di solito non passa neanche per l’ anticamera del cervelletto di arrivare in un posto dimenticato da tutti e collegato ad Heartland City da poche stradine sconnesse, ma ogni tanto capita che qualcuno (turisti, più che altro) ci faccia un salto.

Mi siedo sul muretto lastricato di pietre rosse aspettando pazientemente che qualcuno passi.

 ***

 
P.O.V Astral
“Amico, piantala immediatamente di stare lì a pensare e dammi una mano a riordinare il deck! Domani ho un duello con Caswell e ho sparso accidentalmente tutte le carte a terra!” si lamenta Yuma saltellando sul posto come un matto e passandosi una mano tra i capelli. “Aaaah, ci metterò un’ eternità se nessuno mi aiuta!”
Il solito sbadato. Yuma è così: è somaro, un po’ prepotente, imbranato, semina il panico e la parola “strategia” non fa assolutamente parte del suo dizionario. Ma ha anche un sacco di lati positivi, senza contare che è il mio migliore amico.
Solo che… farebbe bene a non distrarmi mentre rifletto, ecco. Altrimenti perdo il filo per un po’. Quando mi ha interrotto stavo pensando alle persone che abbiamo incontrato durante questi ultimi giorni: Shinnosuke Yamanouchi, che è senza dubbio un bravo duellante, usa un deck Musicale ed ha una buona strategia, ma si affida troppo alla fortuna; Kriemhild Grietchen è la ragazza tedesca, ha una parlata strana dalla pronuncia aspra e dura che finisce per storpiare leggermente ciò che dice, ma nel complesso sembra allegra ed impulsiva come Yuma. Hitomi Watanabe, al contrario, è calma e posata, ma non mi posso esprimere perché di rado lascia sfuggire un comportamento spontaneo.
Ma quelle che mi hanno colpito di più sono state Hoshiko Kazama, Jin Takeuchi e la misteriosa Kyndrha: sono tre persone completamente diverse, ma la somiglianza tra loro è decisamente notevole. Innanzi tutto i loro capelli sono più neri del buio più profondo e i loro occhi non lasciano trapelare alcuna emozione, eccezion fatta per Kazama. Ho capito benissimo, fin dal  nostro primo “incontro”, che lei era diversa da tutti gli altri, e questo proprio grazie ad alcuni lampi di tristezza che le ho intravisto negli occhi. Ma per il resto, avevano tutti e tre dei visi di porcellana: cerulei e vuoti. Fanno quasi paura. Anche il colore della pelle è pressappoco lo stesso: un bianco quasi lunare, che fa pensare alla Via Lattea vista in una tersa notte d’ estate fuori città.
Per quanto riguarda il carattere, non so cosa pensare: Hoshiko è solitaria e triste, ma molto dolce; Jin sembra amante della confusione ed è calmo e… non so come dire, ma sembra non tenere molto ai sentimenti altrui; Kyndrha è gelida, modesta e misteriosa.
Certo, sono personalità decisamente diverse, ma in questi personaggi ho riscontrato la stessa aura: ne hanno una davvero inusuale, dal colore azzurro con alcune sfumature biancastre ed altre rossastre tendenti al nero. Sarà una casualità, ma sono tutti colori legati all’ Universo, e di aure come quelle non ne ho mai viste prima.
Risultato dell’ osservazione numero 23: forse Kyndrha, Jin e Hoshiko sono la stessa persona.
O, almeno, questo è ciò che penso. Dovrei conoscere molto più a fondo ogni singolo soggetto.

***
 
P.O.V Hoshiko
 
La pesante porta di cedro cigola. I cardini hanno bisogno di essere oliati, anzi, a guardarli meglio si sono proprio arrugginiti. Sfido io, i nonni a stento li oliavano quando erano vivi, figuriamoci adesso che la casa è praticamente deserta.
Se proprio devo dirla tutta, Tsumugu e Sakura Hoshina sono stati i migliori nonni che io abbia mai avuto… i miei veri nonni sono morti entrambi, ma non si sa bene di cosa, probabilmente Alzheimer. Comunque, è andata com’ è andata. Gli Hoshina mi hanno cresciuta, infatti alle elementare portavo il loro cognome, ma quando sono morti –avevo dieci anni- mi hanno affidato alla signora Knight e ho ripreso il mio cognome originario, Kazama.
Tsk… che sia maledetto.
Attraverso con calma tutte le stanze: la cucina, con quella magnifica scrostatura larga circa un metro e presente da chissà quanto; il salotto con le sue poltroncine foderate di stoffa azzurra e la televisione a colori così piccola che per guardarla dovevi strizzare gli occhi; la sala da pranzo, piccola ma accogliente, e il suo caminetto, compagno inseparabile di mille Natali insonni; la mia stanza, tappezzata dagli adesivi luminosi a forma di stella che mi tenevano compagnia durante la notte e le varie foto di classe; la stanza da letto dei nonni, con l’ armadio di legno tek e alcune statuette –copie, probabilmente- in stile greco ellenistico; l’ ex- osservatorio di nonno Tsumugu, ancora pieno di mappe del cielo, foto di stelle e il suo immancabile telescopio a riflessione.
Il solito groppo alla gola, il solito momento di nostalgia, le solite lacrime che affiorano.
Pur cercando di rimanere impassibile,  come faccio praticamente sempre, non posso fare a meno di singhiozzare.

Sarà meglio ritornare in biblioteca… I numerali ordinali latini mi chiamano.

 ***

P.O.V Astral
Ha cominciato a piovere e si alzato un forte vento. Yuma brontola perché, se il tempo sarà così brutto, domani dovrà rinunciare al duello. Kari grida al fratello che la sua stanza è pervasa dal caos più totale e che dovrebbe riordinarla. Dal canto mio… Beh, io non riesco proprio a smettere di pensare ad Hoshiko, Jin e Kyndrha, sono troppo fuori dal comune.
Non ne ho la certezza, ma penso che siano in un certo modo collegate al mio mondo, altrimenti non sarebbero in grado di vedermi; perché non posseggono abilità speciali (a parte forse la Victrix) né tantomeno sono entrati nel Mondo Bariano.
Mi piacerebbe parlare ad almeno uno di loro qualche volta.
Se è come penso io, se loro ( o anche solo uno di essi) sono stati nel Mondo Astrale almeno una volta, magari potrebbero aiutarmi a recuperare le Carte Numero, i frammenti della mia memoria.
Magari Yuma mi potrebbe dare una mano.
Ora glielo chiedo.
“Ma sei impazzito? Io li conosco a stento, non frequentano la mia scuola… Avranno sicuramente una quindicina d’ anni e nessuno dei miei amici li frequenta. Forse qualche ragazza è fan di quel Jin Takeuchi, ma non penso proprio che un cantante famoso si abbassi a parlare con noi. Per quanto riguarda le altre due… Non so proprio come fare.”
Il mio amico mi ha risposto mentre reggeva una pila enorme di abiti sporchi (e anche abbastanza puzzolenti, da quanto tempo non li lava?) e masticava una polpetta di riso.
Quando mette a posto –quasi mai- Yuma è abbastanza nervoso, quindi è meglio non provare a contraddirlo.
Una lunga scia di capelli corvini passa veloce accanto alla finestra, preceduta da due grandi occhi verdi, tristi e preoccupati incastonati in un viso smunto e bagnato.

Angolo dell' Autrice
Oh Kami-sama, non pubblico un capitolo dal primo maggio! D: Scusatemi davvero tanto se vi ho fatto attendere ma l' ultimo mese di scuola è davvero tremendo... Compiti, interrogazioni e verifiche ti arrivano fino ai capelli! Sono stata impegnatissima, quindi davvero scusate, scusate, scusate!
Ma sarò buona e vi farò avere il capitolo 5 entro la fine della prima settimana di giugno!
Siate buoni! Se vi faccio il faccino da cuccioli mi risparmiate, sì?
Okay, basta con i piagnistei. A voi la parola! Come vi sembra questo chappy? Errori? Consigli?
Conto nelle vostre recensioni!
See you!
-Puff

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Un raggio di sole in un giorno di pioggia ***


Capitolo 5
Un raggio di sole in un giorno di pioggia
 

La monorotaia, il tormento di Hoshiko. Certo, come design e modernità non era affatto male, certe volte poteva addirittura trovare un posto a sedere, ma prenderla praticamente dodici volte (tutto questo perché i costruttori della KHS avevano deciso di costruire gli alloggi per gli studenti ad una decina di chilometri dalla scuola) a settimana era praticamente snervante. Tra l’ altro, il solo giorno in cui riusciva a trovare un posto libero era il sabato, ossia il giorno in cui lei andava ad alloggiare da Eleanor Knight e da suo figlio Jack.
Quel giorno era un venerdì, uno dei venerdì più piovosi che avesse mai visto, ed Hoshiko Kazama detestava la pioggia con tutta se stessa: la odiava fin da bambina, e la odiava perché durante le notti piovose le nuvole oscuravano la volta stellata del cielo. Diventata adolescente, invece, detestava la pioggia perché sembrava fermarle la vita: non se lo sapeva spiegare bene, ma durante i giorni piovosi sembravano riemergere dalla sua memoria i suoi pochi ricordi, e per colmo di sventura proprio quelli più dolorosi.
Hoshiko Kazama, quindici anni, studentessa, orfana di entrambi i genitori e senza neanche memoria, aveva bisogno di tutto, tranne dei suoi brutti ricordi.
Una voce gracchiante appartenente ad uno speaker annunciò la fermata a cui tra non molto la monorotaia avrebbe sostato per un po’, per poi ripartire. Era quasi a metà tragitto.
La ragazza dai capelli corvini si girò verso la porta e percorse lentamente il tratto che la separava dalla libertà, sgomitando tra una vasta folla di pendolari: studenti in divisa, bambini scout con il tipico fazzoletto rosso al collo (poveretti, pensò Hoshiko, chissà come ci si sente a stare stretti come sardine in scatola a dieci anni), serissimi impiegati in completo gessato nero e ventiquattrore, donne pettegole che riuscivano ad individuare una conversazione a duecento chilometri di distanza e alcuni artisti girovaghi, sempre con la chitarra issata sulle spalle o la fisarmonica sulle ginocchia. A questi si aggiungeva l’ immancabile turba di turisti, tutti con la macchina fotografica digitale e la telecamera, senza considerare gli occhiali da sole e l’ immancabile maglietta su cui era stampato, a grandi lettere rosse, “I Love Heartland City”, e quelle poche persone che, per cambiare semplicemente quartiere, si portavano dietro tutta la casa in cinque o sei bagagli tra borse e valigie. Sfortunatamente lei era capitata proprio dietro ad un Viaggiatore del Terzo Tipo, ossia i tizi insopportabili con centinaia di bagagli.
Il conducente, arrivato alla stazione, frenò molto bruscamente, producendo una specie d’ “onda d’ urto” che fece ondeggiare tutti i passeggeri per poi farli ritornare nella posizione originaria un secondo dopo. Hoshiko, però, cadde a causa della frenata brusca e tutti si fermarono a guardarla per un secondo, ignorando deliberatamente che la porta si era aperta. Dopo averle lanciato uno sguardo tra il divertito e il pietoso sparivano oltre la porta e il tunnel, diventando una massa grigia ed informe che si scagliava contro il cielo temporalesco.
“Ehi, rialzati.”le disse una gentile voce maschile, per poi tenderle il braccio affinché ella si potesse rialzare. “Tutto a posto? “chiese poi sorridendo il ragazzo.
“Sì…”rispose titubante la corvina, per poi spazzolarsi la gonna dell’ abito nero. “Solo io posso fare figure così nella monorotaia… che vergogna.” disse poi abbassando lo sguardo per non fare vedere che il colore del suo viso era passato dal rosa-biancastro al rosso porpora in dieci secondi netti.
Quello che lei notò del suo salvatore era che non sembrava affatto un ragazzo, perché era calmo, un po’ timido, gentile e posato e portava abiti eleganti, inoltre aveva grandi occhi verdi e sinceri.
“Dove scendi?”chiese il ragazzo prendendo un fazzoletto dal taschino.
“Alla prossima. Non ti preoccupare per me, sto bene… sono una specie di esperta della monorotaia e non mi sono fatta niente…”
“Io devo arrivare fino alla baia. Però guarda che sta sgorgando del sangue dalla tempia destra.”
Hoshiko passò una delle sue mani pallide sulla testa: sì, era proprio come diceva il ragazzo. A lei però la vista del sangue non dava fastidio, ci era abituata, inoltre sapeva perfettamente come curare anche la più piccola ferita.
Lui la guardò con un’ espressione che stava a significare “Non ci pensare proprio, io adesso ti aiuto e tutti amici come prima” e poi avvicinò un morbidissimo fazzoletto color rosa pallido alla tempia sanguinante della ragazza dai capelli corvini, inoltre sfruttò l’ occasione per squadrarla da cima a fondo.
Era sicuramente alta sul metro e settanta, pensò il ragazzo, dato che si era dovuto alzare sulle mezze punte per pulirle alla bell’ e meglio la tempia, inoltre la sua cascata di capelli corvini era raccolta in una coda alta fermata da un nastro di seta nero. Anche il suo vestito era nero, sembrava dovesse partecipare ad un funerale; aveva dei begli occhi verdi, ma tristissimi, e quando si muoveva sembrava danzare al ritmo di una canzone che nessun altro, tranne lei, potesse sentire. In effetti il ragazzo riuscì a percepire una musica lontanissima, suonata al flauto e al violino, che sembrava parlare di morte.
“Ecco, ho finito.” Disse lui soddisfatto riponendo il fazzoletto sporco nella tasca. “Sei proprio sicura di stare bene? Sembri stanca…guarda che se vuoi ti accompagno dove devi arrivare.”
Sei proprio sicura di stare bene?
Da quanto tempo non rivolgevano questa domanda ad Hoshiko? Un bel po’. Da quando lei aveva scoperto di essere affetta dalla maledizione dei ricordi scomparsi, un flagello che la rendeva uno strano animale, una bestia da emarginare, una maledizione che la portava a commettere gesti sempre più folli, come ad esempio gettarsi da una scogliera quando lei non ne aveva la minima intenzione. Da quando l’ aveva scoperto, tutti avevano cominciato a trattarla con molta freddezza, intervenendo solo quando era strettamente necessario, oppure la evitavano come un cane rognoso. Lei ormai non ci faceva più caso e da tanto tempo un sorriso non affiorava più sulle sue labbra rosate, ma era duro reagire con una gelida indifferenza alle occhiate di disgusto della gente proprio quando ciò di cui aveva maggiormente bisogno era affetto.
No! Avrebbe voluto rispondere. Niente va come dovrebbe! Io sono una ragazza maledetta, non ho quasi nessuno di cui fidarmi, la mia situazione economica fa schifo e nessuno sembra capirmi! Come può andare tutto bene per una come me?
“Tutto magnificamente.”Disse invece con un sorriso. “Ѐ solo che non vorrei fare ritardo, perché ho un impegno inderogabile e sarei dovuta essere sul posto almeno cinque minuti fa.”
“Scherzi della monorotaia.” Rispose lui guardando fuori dal finestrino.
Il conducente fece un’ altra frenata brusca, ma stavolta il ragazzo tenne saldamente per le mani Hoshiko, affinché non cadesse.
La porta si aprì di nuovo: era la fermata della corvina.
“Beh, allora io vado.” Disse Hoshiko facendo “ciao” con la mano al ragazzo. “E grazie per esserti preso cura di me. Ho apprezzato tanto.” Continuò con un sorriso prima di sparire oltre il tunnel.
Il ragazzo la vide andarsene e confondersi con il cielo temporalesco, che era di un colore grigio plumbeo, avvolta nei suoi abiti neri.
Hoshiko uscì dalla stazione, poi aprì l’ ombrello e, anziché prendere la strada principale, svoltò a destra. Percorse in circa mezz’ ora tutta una serie quasi interminabile di budelli stretti e angusti, di quelli in cui avrebbero potuto passare solo i pedoni e invece le automobili circolavano a ripetizione, fino ad arrivare ad un cimitero abbandonato.
Era strano vedere una ragazza tanto giovane vestita a lutto, infatti le poche persone che vi erano presenti si voltavano a guardarla, ma lei non ricambiava quelle occhiate curiose ed, anzi, tirò dritta fino alla sua meta: una lapide circondata da pochi fiori selvatici e molti fasci d’ erba incolta.
La lapide di sua madre, Ayumi Hayashibara.
Hoshiko si inginocchiò di fronte ad essa e, giunte le mani, abbassò la testa e cominciò a piangere.
Contemporaneamente il ragazzo che l’ aveva aiutata nella monorotaia stava salendo di fretta e furia le scale che lo portavano al suo salotto, per poi spalancare la porta ed annunciare: “Sono tornato!”
“Ah, finalmente.”lo accolse la voce seccata di colui che, almeno a prima vista, avrebbe potuto benissimo sembrare uno psicopatico. “Non dirmi che hai aiutato un altro sprovveduto mentre tornavi! Lo sai bene che noi non dobbiamo fare opere di carità.”
Il ragazzo sussultò, perché la ragazza che aveva soccorso le era parsa un raggio di sole in un giorno di pioggia e sperava che anche per lei fosse così.
“… No. La monorotaia portava ritardo.”Rispose al fratello.



Angolo dell' Autrice
Ecco! Ho mantenuto la mia promessa ed ho pubblicato il capitolo 5 molto prima del previsto! Cosa ve ne pare? 
Diciamo che vi ho riversato dentro anche la mia situazione da "pendolare", perché abito a Casoria ma frequento una scuola nel centro di Napoli, per cui tutti i giorni sveglia alle 06.30 per prendere il treno delle 07.16... ammesso che non faccia ritardo! (Cosa che fa molto spesso.)
E' una mia impressione o l' ultima parte sembra leggermente senza senso, dopo un' attenta lettura del testo?
Inoltre, il ragazzo che ha soccorso Hoshiko vi ricorda qualcuno? Penso si capisca abbastanza XD
A voi il giudizio! Mi raccomando recensite, recensite, recensite!
See you!
-Puff
  
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Polveri di te ***


Capitolo 6
Polveri di te
 

P.O.V Hoshiko
“Ecco, bravi! L’ avevo detto io, o no?”
La scenografia per la nostra recita, “Antigone”, del tragediografo greco Sofocle, è crollata giù come un castello di carte. Yuki grida, ha le guance in fiamme ed i capelli le si drizzano tutti in testa che sembra glieli abbiano elettrizzati, Shota ed Hiroyuki invece ridacchiano come due scolaretti, nonostante la scenografia –che dovrebbe riprodurre una cella della Grecia antica- sia finita proprio addosso a loro. Siamo tutti Victores e dobbiamo darci una mossa con la recitazione, perché siamo ad aprile e la recita è a giugno, ma più che attori sembriamo una massa di marionette tenute su da un burattinaio distratto.
“Calma e sangue freddo, ragazzi. Datemi una mano a tirare su il pannello di compensato e poi riproviamo daccapo la scena.”
Questa, invece, è la mia voce. Calma e quasi vuota, come sempre. Batto le mani, anche se a dire il vero con una di esse tengo un giornale vecchissimo che uso come megafono.
«Kocchan, sicura che non sia “KARMA e sangue freddo”?» ribatte Hiroyuki dopo essersi seduto sulla balaustra che circonda il campo e dondolando le gambe.
Ci risiamo.
“Queste è proprio una battuta da Hiroyuki!” esclama allegro Shota scoppiando a ridere.
Oh no, non ricominciamo con il fatto del Karma. Il belloccio soprannominato mi ha tempestato le orecchie per tutta la settimana con questa parola perché ieri avevamo il compito di algebra e minacciava rappresaglie nel caso avesse preso un’ insufficienza. Ma l’ ha pure scritto sopra al banco con un pennarello rosso, con la “K” iniziale che cola sangue, che schifo. E invece ha preso otto, mezzo voto in meno di me.
Ma lo sopporto. Hiroyuki Hakamura ha quindici anni e qualche giorno in meno rispetto a me: più precisamente tre giorni, sette ore, quarantadue minuti e quindici secondi. E’ alto, slanciato, con la pelle abbronzata e i capelli corvini, liscissimi, che gli sfiorano le spalle. Ha i denti perfettamente dritti e puliti e sta benissimo anche se porta una maglietta scolorita, dei jeans e le converse. Ha un carattere allegro, ottimista e scanzonato, però sa anche essere molto gentile e, quando gli gira (vale a dire molto raramente), molto serio e metodico. Probabilmente io sono la causa delle sue sufficienze in greco e latino, perché Hiro (il suo nomignolo) non è esattamente quello che si chiama un buono studente. Sua madre Cruz è spagnola e molto affascinante, e il figlio ha ereditato da lei il fascino, tant’ è vero che il settantacinque per cento della popolazione femminile delle classi quarte è innamorato perso di lui, comprese me e Yuki.
Shota Ikeda ha una storia simile alla mia: è nato vicino al mare e gli somiglia. Ѐ un po’ basso, con la pelle delicatissima e gli occhi di un blu così scuro che richiama le profondità abissali. I capelli sono color cioccolato, ordinatamente scompigliati, e si veste “alla marinara”, ossia tutto a righe strette orizzontali. Anche lui, come Hiroyuki, è abbastanza abbronzato e i capi bianchi che indossa fanno risaltare la sua pelle ambrata, che presenta sul viso una lieve spruzzata di lentiggini.
Ciò che di Shota assomiglia più al mare è il suo carattere: generalmente è calmo e tranquillo, ma quando si agitano le acque (qui ci vuole) diventa un maremoto, ma “a gradi”, ossia dipende da quanto è grave le situazione. Mi assomiglia perché anch’ io, in un certo senso, assomiglio ad un luogo preciso: il monte CrystalDrop, il posto nel quale ho vissuto la mia infanzia. Secondo Ikeda, ho il carattere schivo e silenzioso dei montanari, inoltre, come tutti i monti, guardo il mondo dall’ alto, quasi con distacco, e trasmetto a tutti un senso di tranquillità ed ordine. Questo, almeno, è quello che dice lui.
E poi c’è Yuki, Yuki Saint-Sauveur. Un nome giapponese ed un cognome francese accostati suonano strani, ma io cosa ci posso fare se suo padre Jean Saint-Sauveur è un magnate dell’ industria francese? Lei è il mio esatto opposto: bassina, con due trecce di capelli biondi come il grano che le arrivano a mezza schiena, la pelle leggermente olivastra e due simpatici occhi nocciola, suscita subito simpatia. Ѐ una bella chiacchierona, impulsiva, coraggiosa, ama cucinare ed ha quasi sempre il suo pappagallino (“ino”… Si fa per dire, è un’ Ara Arauna grandissima) sulla spalla. Se non fosse che ha i capelli biondi e non rossi, l’ avrebbero soprannominata Pippi Calzelunghe Junior. Il suo abbigliamento è piuttosto semplice, in questo momento porta una T-shirt rossa e una salopette verde mela, accompagnati da una megaspilla arancione e blu e degli zoccoli olandesi, sotto i quali porta dei calzini a righe gialle e viola.
“Senti un po’, Hoshiko, ma non è strano che tu sei Antigone e io tua sorella Ismene anche se non ci somigliamo proprio niente?”
Rido. Yuki sarà pure stramba, ma è più intelligente di molte altre persone che conosco. In effetti ha ragione, è strano, ma Sofocle ha inserito solo due donne nella sua tragedia  e, secondo il parere di Miss Brooks (la nostra insegnante di recitazione) io e Yuki siamo le migliori attrici tra le Victrix. Io non la penso esattamente come lei, comunque sono pareri e, come si dice, “tante teste, tante idee”.

Cos’ è questo vento tagliente che si è alzato all’ improvviso? Sembra vento di bufera. E perché al centro di questa pista di pattinaggio a rotelle (perché è proprio qui che stiamo provando) si sta delineando un volto che conosco fin troppo bene?
***
 
Era comparsa una donna al centro della pista. Era incorporea, essendo fatta d’ aria, ma così ben delineata che ai quattro amici parve quasi reale.
Si presentava come una donna minuta e abbastanza alta, dal viso candido e smunto su cui erano incastonati due freddi occhi azzurri come turchesi e delle labbra rossissime, che spiccavano come una ferita sulla pelle pallidissima.
Di contro, i capelli stretti in una coda bassa che le ricadevano morbidi sulla schiena erano neri come il buio e gli arti lunghi; mentre i movimenti, pur essendo molto aggraziati, sembravano nascondere un’ insospettabile forza fisica, quasi innaturale in un corpo tanto delicato.
Dal modo in cui era vestita, si sarebbe detta un’ antica cortigiana giapponese, dato che portava un kimono blu notte con decorazioni floreali, sul quale spiccava l’ obi* color blu cobalto, mentre ai piedi calzava un civettuolo paio di ballerine abbinate all’ abito che indossava. Camminava lentamente in quella che sembrava essere una notte di novilunio e il suo incedere era grave e stanco.
Dietro le sue spalle spiccavano due strane fodere, mentre teneva legato alla vita un piccolo pugnale dall’ elsa decorata con intarsi d’ oro bianco.
Davanti a lei comparve un’ altra figura, decisamente meno rassicurante: un energumeno alto e tarchiato dallo sguardo truce, con gli occhi iniettati di sangue e la bocca storta in una risata satanica. Aveva il cranio rasato, a parte un ciuffo di capelli color rosso carminio, e a giudicare dai pettorali in bella mostra sembrava il classico tipo tutto muscoli e zero cervello.
La donna estrasse due katana dai foderi che aveva sulle spalle, mentre l’ omaccione scrocchiò le nocche delle dita. Dietro di loro, uno spirito dalla pelle semi-evanescente, i capelli viola, gli occhi color del platino e delle rune violacee sul corpo fasciato in un abito principesco rabbrividiva in un sacco trasparente. A giudicare dal viso paffuto, si sarebbe detta una bambina di cinque anni.
La scena svanì in un soffio di vento, ma ne apparse subito un’ altra: la stessa donna in kimono era stesa per terra, piena di graffi e ferite, con gli occhi lucidi e il petto squarciato. Stava bisbigliando qualcosa e il suo respiro si faceva sempre più debole, mentre un uomo dai capelli castano-rossicci e l’ altezza considerevole le reggeva la testa, in lacrime. Una neonata dagli occhi smeraldini e i capelli neri guardava la scena con gli occhi sgranati e le manine chiuse a pugno, senza capire.
Due millisecondi dopo la donna dai capelli corvini spirò.
Il gigante cominciò ad urlare come un pazzo e a piangere, mentre la bambina si agitava in braccio al padre.
Anche questa scena scomparve ed Hoshiko crollò sulle ginocchia: quella donna era sua madre.
“Guardate un po’ chi sta arrivando!” esclamò all’improvviso Shota puntando l’ indice verso la strada.

***

 
 
P.O.V Michael
 “Guardate, il Campione d’ Oriente!”
Sempre la stessa storia. Tutti gli ammiratori di mio fratello lo indicano ogni volta che passa. Io sto cominciando ad essere stufo di seguirlo dappertutto come un cagnolino, dato che poi non faccio praticamente niente quando avrei voglia di rendermi utile.
I due ragazzi si stanno sbracciando e si divincolando come due matti per salutare Thomas in modo quasi esagerato, direi. Li riconosco, perché mio fratello ha i loro curricola stampati: uno si chiama Hakamura Hiroyuki, l’ avevo notato perché è davvero molto bello, mentre l’ altro… Ikeda, se non ricordo male.
Al centro della pista noto una figura esile avvolta in un abito azzurro con dei capelli corvini, inginocchiata, e un’ altra ragazza dai colori dell’ abbigliamento abbastanza equivoci, anch’ essa inginocchiata, che ha una mano poggiata sulla spalla dell’altra.
Mi avvicino, mentre Thomas comincia a brontolare.
Non appena mi avvicino a loro fanno tutti (a dire il vero i due ragazzi e la tipa bionda) una faccia strana, innanzi tutto perché non avrebbero mai pensato che il fratello del grande Four si sarebbe presentato davanti a loro, ed immagino anche per il mio abbigliamento formale, dato che qui sono tutti in jeans e maglietta.
Non appena la ragazza dai capelli neri alza di scatto la testa per vedere chi è arrivato la riconosco: è quella della monorotaia! Ne sono certo, perché un viso come quello e quegli occhi verdi non si dimenticano più. Ai suoi piedi, un kimono blu stracciato ed insanguinato e un mucchietto di polvere cerulea.
“Scusatemi se sono inopportuno, ma potrei sapere cosa è successo?”chiedo avvicinandomi sempre di più.
“Non lo sappiamo con certezza, se dobbiamo essere sinceri, ma all’ improvviso si è alzato il vento, e che vento mamma mia! Era freddo come la tramontana. Comunque si è materializzata una donna bellissima, con dei capelli nerissimi e gli occhi freddi e azzurri come il ghiaccio…”
Questa è la ragazza bionda… Accidenti che parlantina che ha! Dopo cinque minuti di chiacchiere incessanti, sono finalmente messo al corrente e capisco perché la ragazza corvina è disperata: a nessuno fa piacere vedere morire la propria madre e sapere che tutto ciò che ne rimane non è che un mucchietto di polvere e un vestito malridotto.
“Le polveri di te che il vento ha portato. Anch’ esse spariranno.”
La ragazza dagli occhi smeraldini ha cominciato ha parlare: la sua voce è stravolta dall’ evento e ha il respiro affannato. Le lacrime continuano a scendere tenaci e a scavare quel viso candido e già tanto smunto.
Tutto sparirà ma
Il vento ci porterà…”
Questa invece sembra una canzone, dato il modo cadenzato, lento e molto malinconico con il quale ha pronunciato le parole. Dentro di me sento di capirla: le poggio lentamente una mano sulla spalla e le dico: “Ehm… Scusami, mi hanno detto ciò che è successo e mi dispiace moltissimo. Volevo donarti questo.” E qui frugo nella mia tasca, tirandone fuori un oggetto.
“C-cos’ è?”chiede lei asciugandosi le lacrime con voce malferma. “Sembra un vaso canopo.”
“E infatti è un canopo.”Dico io, ammirato che l’ abbia riconosciuto. “Viene fatto risalire al quattordicesimo secolo avanti Cristo, e si suppone venga dall’ Attica, in Grecia.”
Lei mi guarda sgranando gli occhi, poi scuote la testa e dice: “Noo, non è possibile. Durante l’ età micenea non era uso far cremare i morti, si costruivano le tombe a tumulo. Sicuro di quel che dici?” Mi chiede squadrandomi dalla testa ai piedi. “E poi perché vorresti disfarti di un oggetto così bello per donarlo ad una reproba come me?”
“Io non so che farmene. Se non lo vuoi, però…”
Non mi lascia finire la frase, perché stringe al petto quel vaso e mi risponde: “No, no. Grazie mille. Sei stato proprio gentile.”
Con estrema lentezza raccoglie la polvere cerulea e la travasa nel canopo, per poi chiuderlo, “sigillarlo” con un nastro color acquamarina che sfila con grazia dai capelli e poi riporlo in una borsa color blu cobalto.
“Ragazzi”dichiara volgendosi verso gli altri tre “per oggi non me la sento di continuare. Ci vediamo domani, stesso posto, stessa ora.”
Poi fugge via. Resto a guardarla inebetito, come incantato da quegli occhi verdi, i morbidi capelli neri, la pelle candida e vellutata, fino a quando non scompare confondendosi con il cielo ancora terso e azzurro del pomeriggio.

*Obi: La fascia che chiude il kimono al petto.

Angolo dell' Autrice
Okay, sono leggermente in ritardo e il capitolo sembra pure scritto da una tizia mezza ubriaca. Scusatemi!
Ho davvero una strana sensazione riguardo a questo racconto, perchè siamo al settimo capitolo e non siamo neanche all' inizio della storia vera e propria... Se penso che con "Nemesis", quello che considero il mio "capolavoro" (se... figuriamoci!) a questo punto ero ben oltre la metà della storia.... Ma bando alle quisquilie! Voi che ne pensate?
E sì, ci ho inserito di nuovo Three. Ma che ci posso fare? E' così adorabilmente Moe (
Riyu Saotome ne sa qualcosa)! Quando lo vedo mi viene voglia di strapazzarlo di coccole! :3
Comunque, cavoli miei. Confido nelle vostre recensioni!
See you!
-Puff (che nel frattempo si è ascoltata "Let's go! Smile Pretty Cure" e "Nocte of Desperatio" perché il suo PC demente si impalla ogni due e tre .-.) 
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Smeraldi vuoti sulla scogliera ***


Capitolo 7
Smeraldi vuoti sulla scogliera

 
“Sììì, ho vinto ancora!”esclamò Yuma entusiasta togliendosi il D-Gazers, mentre la “visione a realtà aumentata” svaniva.
Il duellante sconfitto era un ragazzo dall’ aria simpatica, un po’ gracile, bassino, dai capelli neri con alcune ciocche tinte di verde che gli cadevano davanti ai grandi e sinceri occhi viola. Indossava una divisa scolastica composta da una maglia azzurra con un fazzoletto blu cobalto legato al collo e quattro bottoni sul petto del medesimo colore, mentre i pantaloni con la piega erano blu-indaco. Ai piedi portava delle scarpe di cuoio che avevano l’ aria di essere state utilizzate per molto tempo, dato che erano parecchio consumate.
“Beh, grazie del magnifico duello, Matt!”commentò allegro il ragazzo dagli occhi cremisi aiutando il ragazzo a rialzarsi. “Mi hai dato parecchio filo da torcere!”
“E che cosa vuol dire?”chiese Astral curioso sporgendosi verso di loro.
«Ecco… Quando qualcuno “dà filo da torcere” a qualcun altro vuol dire che gli procura un bel po’ di problemi.»spiegò Yuma guardando verso lo spirito dagli occhi bicolore che, naturalmente, Matthew Evans (questo era il nome completo del duellante) non poteva vedere.
“Davvero? Se è così, a te tutti i duellanti danno filo da torcere, Yuma. Persino quelli più scarsi.”precisò Astral alzando l’ indice.
“Ehi!”mugugnò il diretto interessato.
“Yuma, parli da solo?”chiese Matt guardandolo in modo strano.
Ma prima che il malcapitato potesse rispondere, due ragazze passarono accanto a lui gridando di gioia e emettendo strani risolini, spingendosi a vicenda e rinfrescandosi con un ventaglio.
“Aaaah, il concerto di quest’ oggi degli HFive è stato FE-NO-ME-NA-LE!”esclamò la prima, una tizia fin troppo abbronzata per i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, molto formosa e dalla voce leggermente stridula.
“Ma se è finito appena un’ ora fa! E poi possiamo rivederlo quando vogliamo, l’ ho filmato!”replicò l’ altra, piercing, capelli cortissimi e occhi nocciola su una pelle dal colore quasi cadaverico e vestiti neri fin troppo corti e strappati, se si escludevano gli anfibi al ginocchio grigiastri.
“Sai, sembra che Jin Takeuchi sia ancora nei paraggi!”squittì la biondina. “Come mi piacerebbe chiedergli un autografo!”
“Hai sentito, Yuma?”drizzò le orecchie Astral. “Andiamo a cercarlo anche noi, sono certo che mi aiuterà*!”esclamò iniziando a fluttuare.
“Ancora non l’ hai dimenticato?”sbuffò il ragazzo esasperato. “In questi ultimi giorni mi hai assillato con questa storia!”
Ma Astral fu irremovibile: il povero duellante dall’ “energia al massimo” fu costretto a girare per una buona mezz’ ora nel centro commerciale in cui si trovava per chiedere dove si trovasse il cantante più in voga del momento e ricevere risposte negative o poco esaurienti. Si sentiva abbastanza idiota nel farlo, ma non poteva demordere.
“Yuma!”lo chiamò un eccitatissimo Astral dopo tutte quelle ricerche infruttuose. “Guarda là! L’ ho trovato!”esclamò poi puntando l’ indice verso una personcina vestita tutta di nero e dalla pelle pallida seduta su una panchina. Ma, purtroppo per lui, non era Jin Takeuchi, ma una comune ragazza dai lunghi capelli neri.
Astral la osservò attentamente e quello che notò maggiormente di lei lo fece raggelare: gli occhi della ragazza, di un colore verde brillante, sembravano vuoti e lei sembrava essere stata svuotata dell’ anima.
La misteriosa ragazza corvina si alzò e cominciò a camminare.
In tutto l’ ambiente si diffuse una musica misteriosa che parlava di una luce che risplende negli occhi, desideri espressi, lotte disperate per salvare una persona, luoghi magici in cui splendeva un sole intrappolato, le conseguenze a cui la vita conduceva, le speranze che si accumulavano durante l’ infanzia ed un potere strano in grado di salvare la Terra affidato ad una giovane ragazza da una donna proveniente da un’ altro mondo, il tutto accompagnato da un rintocco incessante di campane e degli strumenti che suonavano note basse.
L’ aura appartenente alla ragazza, che fino a quel momento era di un colore azzurrognolo, cominciò a diventare rossa con alcune sfumature di nero, che mano a mano si espandevano e bruciavano come una ferita.
Lo spirito semievanescente decise d’ impulso di seguire la mora, i cui passi erano eleganti ma provati e lenti, come se camminare le facesse sanguinare i piedi.
I vestiti addosso a lei cominciarono pian piano a cambiare, mentre ella cominciò a correre: la strofa che riecheggiava nell’ aria parlava di una magia misteriosa contro le tenebre presente in ogni fiaba e di una persona che sarebbe risorta grazie al coraggio dentro l’ anima e le mani di colei che cantava.
La corsa disperata della ragazza, evidentemente maledetta, portava ad una strada abbandonata che dava ad una scogliera diroccata a picco sul mare, che del resto dava  proprio sul punto in cui l’ acqua del mare era perennemente fredda a causa di uno strano gioco di correnti.
“Ma cosa sta facendo? Sarà mica impazzita?”si chiese Yuma vedendola arrampicarsi sugli scogli acuminati che, a quanto pare, le ferivano le dita, dato che sopra ogni scoglio rimanevano gocce di sangue.
“No, non è impazzita, è sotto l’ effetto di una maledizione che sembra averla ipnotizzata.”spiegò Astral alzando la voce per sovrastare la musica sempre più assordante.
“Non vorrà mica…”
Il pensiero che passò per la mente del giovane duellante si stava avverando: vide la corvina continuare ad avanzare imperterrita sulla rocca calcarea, ignorando il sangue che scorreva dalle dita, fino a dirigersi verso il picco.
Una folata di vento freddo spazzò via la polvere.
Lei saltò.
La caduta che però l’ avrebbe portata in acqua fu però molto lenta, quasi al rallenty, e lunghi capelli corvini della ragazza, che inizialmente erano tenuti ben stretti in uno chignon, si liberarono improvvisamente dalle forcine e dalla retina per frustare l’ aria.
Gli occhi verdi appartenenti alla medesima si specchiarono per due millisecondi nell’ acqua: sembravano due smeraldi purissimi, ma non risplendevano come quelle magnifiche pietre preziose, al contrario erano vuoti.
Cinquantotto, cinquantanove, sessanta secondi.
Si sentì un leggero plof.
“L’ ha fatto davvero… Morirà sicuramente. Non c’è modo di scampare al freddo gelido dell’ acqua in questo punto.”disse flebilmente Yuma crollando sulle ginocchia.
Non sapeva bene il perché ma si sentiva davvero molto male per quella ragazza tanto giovane che si era suicidata davanti ai suoi occhi.
L’ acqua ribollì all’ improvviso.
Ne sbucò fuori la ragazza mora vestita con un abito nero vecchio stile con dei fiocchi rossi quasi strappati sulla gonna e un merletto del medesimo colore sulla manica, che arrivava al gomito, mentre la giacchetta grigia, sempre vecchio stile, aveva le maniche a palloncino e un fiocchetto, sempre rosso, sul petto. Le ballerine erano nere, mentre i capelli sciolti erano pieni di fiocchi anch’ essi rossi.
Sulle spalle, però, sbucavano due ali da cigno nero e in mano essa teneva delle bende bianche ed un cammeo raffigurante una giovane donna.
L’ incantesimo dell’ ipnosi si dissolse davanti ad Astral e Yuma, che sbarrarono gli occhi.
La ragazza maledetta era Hoshiko Kazama.

*Vedere il quarto capitolo


Angolo dell' Autrice
Arieccomi con il settimo capitolo! Cortino, eh? Spero che vi piaccia comunque, anche perché questo è stato uno dei capitoli durante il quale ero maggiormente ispirata, dato che l' ho scritto tutto d' un botto in due giorni.
Ecco svelato il motivo per cui la nostra protagonista viene considerata "strana" (come scritto nell' introduzione) e viene emarginata (scritto nel quinto capitolo). L' avreste mai immaginato?
Cosa avete da dire? Errori da segnalare? Consigli? Pronostici?
A voi la parola!
E qui di seguito, il mio (patetico) tentativo di raffigurare Hoshiko divisa a metà tra "l' essere normale" e "l' essere maledetta". Il vestito nero che vedete è quello che ho cercato di descrivere nel chappy. Beh, cosa ne pensate?
See you!
-Puff



     
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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Figlie del Vento ***


Capitolo 8
Figlie del Vento

 
P.O.V Hoshiko
Stupido mostro, non sai fare altro che piangere.
Sì, perché è questo che sto facendo: singhiozzo sul ciglio della scogliera, le spalle scosse dai singhiozzi e le mani bagnate di strane lacrime rosse che sembrano, anzi sono, sangue.
L’ altro lato negativo della maledizione dei ricordi perduti: quelle che piango non possono essere lacrime normali, no, devono essere lacrime di sangue.
Chi è il dannato genio di virus/batterio che passa questa malattia? E poi non potevo lacrimare lacrime di… Che so, perla, cristallo, oppure anche solo lacrime viola o blu?
La gente si è riunita intorno a me e li sento commentare l’ accaduto. Ovviamente non in positivo, ma è normale.
Ditemi, voi cosa provate d’ istinto per una ragazza disperata che piange su una scogliera a picco del mare? Tristezza, forse. Compassione. Pietà.
Io della pietà degli altri non ne ho bisogno.
La vedo la gente che passa e scuote la testa con uno sguardo pietoso che in realtà è terribilmente beffardo. Ad Heartland una ragazza con una storia come la mia non passa mica inosservata. Heartland, poi. La Città del Cuore.
Città del cuore un piffero!
“Povera ragazza!”
“Il sangue non perdona! Lei è tutta sua madre!”
“Vedrete, questa poverina farà la sua stessa fine.”
“Al sangue ed al destino non si sfugge!”
“Poveretta, deve sopportare anche… Questo… dio, chissà com’ è dura per lei che ha perso tutti i parenti…”
“Quei suoi zii, poi, che ingrati! Si sono comportati come dei reietti, abbandonarla emigrando altrove!”
“Sì, ma erano altri tempi!”
“Eh! Chissà che suo padre non sia ancora vivo!”
“Cavolo, se penso a questa poveraccia vi assicuro che i miei genitori rompiscatole e il mio insopportabile fratellino diventano la famiglia più bella del mondo.”
L’ ultima battuta non poteva che essere di Honeyblossom.
Honeyblossom Shizuki è un’ insopportabile viziata dalle origini inglesi. La cosa bella è che il suo nome significa “bocciolo di miele” mentre lei non fa altro che criticare tutti quanti con un tono acido che da’ i nervi. È come la sua città: dolce all’ apparenza, acida e marcia dentro.
Avrei decisamente voglia di prenderla a pugni, date le pene che fa passare non solo a me, ma all’ intera classe 1-1 della Kyuriko High School, ma è meglio non aggravare la situazione, altrimenti chissà cosa arriverà a pensare la gente qui presente.
Voglio dire, già pensano male, figuriamoci se mi azzardo a toccare “la figlia del facoltoso banchiere Shizuki, una ragazza semplicemente bellissima, elegante, con uno stile inimitabile e un carattere a dir poco angelico…”
Quando ho sentito che la definivano così mi stava venendo da ridere e vomitare contemporaneamente… Ma non ci voglio pensare.
Alcuni passi risuonano sulla roccia calcarea della scogliera.

Passi che hanno, stranamente, un non so che di benevolo.
***
 
Yuma si avvicinò titubante alla ragazza piangente, per poi piegarsi sulle ginocchia e posarle dolcemente una mano sulla spalla: i suoi grandi occhi cremisi tristi ma rassicuranti attirarono l’ attenzione di Hoshiko, che tolse il viso dalle mani rinsanguate e, per la prima volta dopo tanto tempo, azzardò un sorriso con le labbra rosate.
“Aaaah! Aaah! Siete un branco di incivili senza cuore!”gridava una forte voce femminile al crocchio di persone riunite intorno alla corvina.
Era la voce di Kriemhild Grietchen, che da “attivista” quale si definiva, non aveva esitato a mettersi in azione per salvare la propria migliore amica. Quel giorno indossava una maglia grigia a mezza maniche con un teschio sul davanti, un pinocchietto nero pieno di strappi e scuciture e i suoi soliti anfibi neri. Era accompagnata da Hitomi Watanabe, più “nobile” che mai in un tailler azzurro da donna che si abbinava perfettamente ai suoi grandi occhi chiari e sdegnati che, con un solo sguardo, esortavano la gente ad andarsene; e dalla propria sorella, Hilda Grietchen, una bambina di quattro anni dolcissima e molto intelligente per la sua età, con la stessa chioma liscia e castana della sorella maggiore (solo leggermente più lunga), e due grandi occhi viola e sinceri. Era avvolta in un delizioso vestitino azzurro con il merletto, sotto al quale portava un paio di calze fatte a maglia e delle ballerine nere di vernice.
La bambina, non appena vide Hoshiko china sulla scogliera a piangere, si precipitò dalla migliore amica di sua sorella, che era anche sua amica, gridando: “’Shikoooooooooooooooo!” in un modo così commovente che commosse persino Astral, poi si gettò tra le braccia della ragazza dai capelli corvini e scoppiò a piangere anche lei, senza che la maggiore potesse fare qualcosa. Si avvicinarono anche Kriemhild e Hitomi, contemplando la scena con occhi dispiaciuti.
“Ma insomma”disse Hoshiko rialzandosi e spazzolandosi il pantalone “Può esistere una reproba peggiore di me?”chiese poi, in un tono di amara ironia che dava davvero i brividi. “E tutto quello che faccio per reagire è frignare come una stupida? Sono patetica.”
“Senti, Hoshiko, potrei sapere come mai prima… Sì, insomma, ti sei lanciata dalla scogliera?”le chiese Yuma passandosi una mano tra i capelli neri, mentre Astral laosservava silenziosamente.
“Yuma Tsukumo, vero? Grazie per la franchezza… È una delle doti che apprezzo maggiormente in una persona. Ma è una cosa che non dovresti sapere. Né tantomeno dovrei rivelare in presenza di bambine.”disse sincera la corvina volgendo prima lo sguardo al ragazzo tredicenne e poi alle sue amiche che fecero rapidamente dietrofront, consapevoli che la situazione era troppo delicata.
“Come mai non potremmo saperlo?”chiese lo spirito semievanescente dai lunghi orecchini argentati fluttuando all’ altezza delle spalle di Yuma.
Nel sentire la bella voce di Astral, Hoshiko alzò la testa e i suoi occhi verdi incontrarono quelli bicolore dello spirito.
I due smeraldi si specchiarono nell’ oro e nel platino per alcuni secondi che parvero eterni.
L’ immagine di una galassia a spirale tinta da mille colori si impresse negli occhi di entrambi.
Hoshiko fu attraversata da un tremito: conosceva quel posto e sentiva di esserci stata, ma… Quando? I suoi ricordi di quando era bambina erano tutti volati via come polvere nel vento e lo spreco delle sue giornate, sempre le stesse, dolorose giornate, occupava appena un angolino della sua memoria. Persino gli spartiti dei pezzi al pianoforte e le canzoni che conosceva a memoria erano un puntino nell’ Universo in confronto al suo grande vuoto.
Del resto, come poteva avere ricordi, lei che viveva sempre così appartata?
“Hoshiko, ti sei incantata?”chiese Yuma sventolandole la mano davanti agli occhi.
Lei si riscosse: “No, ma se hai uno spirito allora tutto cambia. Se proprio vuoi, posso raccontarti qualcosa di me. Però dovrei tornare a casa.”
“Perché invece non rimani a cena con noi?”azzardò il duellante dagli occhi cremisi, mentre la sua voce riprendeva il solito tono allegro.
La corvina fece segno di sì con la testa, poi emise una specie di fischio, basso e melodioso.
Ed eccolo, lo spirito scolorito di una giovane donna dai capelli color pece, lunghi fino a mezza schiena e liscissimi, con due  gelidi occhi azzurri. I suoi arti erano lunghi e flessuosi e aveva una grazia innata nei movimenti sebbene fluttuasse. Indossava un pullover rosa strettissimo e una gonna rossa al ginocchio dall’ orlo smerlato, mentre paradossalmente portava delle ballerine nere che, da reali, avrebbero dovuto essere di vernice.
“Innanzi tutto, questa è Ayumi.”esordì Hoshiko indicando la nuova arrivata con il palmo della mano. “ Lei è il mio spirito guida… L’ ho salvata a tredici anni, in un pomeriggio di primavera, mentre era braccata da un crocchio di uomini vestiti di nero. Ayumi è precisa, impeccabile, rigorosa, insopportabile, affettuosa, comprensiva, umana. Se non ci fosse stata lei a tirarmi su nei miei momenti di depressione totale chissà dove sarei a quest’ ora.”disse poi addolcendo la voce, mentre lo spirito scolorito le lanciava uno sguardo pieno di affetto e benevolenza.
Yuma cominciò a camminare,con le mani in tasca, per raggiungere casa sua, seguito a ruota da Hoshiko che cercava disperatamente di nascondere i suoi ciuffi mechati sotto un foulard nero a fiori e dai due spiriti che si squadravano con sguardo serio.
“Scusa, Ayumi…”esordì Astral leggermente intimidito. “Come mai Hoshiko dice di averti salvato? E perché riesce a vedermi?”
La domanda del Messaggero Astrale era sensata: Ayumi, essendo uno spirito, era fatta d’ aria, più precisamente di vento, inoltre era ben visibile da tutti , data l’ ampia gamma di colori che erano presenti su di lei.
“Ehi, Astral.”lo chiamò Hoshiko con la sua voce dolce e melodiosa. “Se devi chiedere qualcosa che mi riguarda, chiedilo direttamente a me.”
Sorrise, ma nella sua voce c’ era un leggero tono di rimprovero. «Comunque, la tua curiosità merita delle risposte. Avete mai sentito parlare dei “Figli del Vento”?» continuò poi volgendo lo sguardo al cielo.
Yuma e Astral la guardarono come se avesse appena parlato in arabo.
« Innanzi tutto una premessa. Forse voi non lo sapete, ma in ogni essere umano
giacciono dei poteri speciali, di ogni tipo. C’è chi riesce a vedere gli spiriti, come te, e chi ha poteri telepatici. Gira voce che qualcuno possa aver sviluppato l’ abilità della telecinesi. Comunque, in alcuni individui questi poteri sono molto grandi e possono portarli a fare cose incredibili. Di solito si mostrano durante i primi anni d’ età e i soggetti in questione cominciano ad affinarli e a controllarli frequentando una scuola speciale, ma a volte capita che si manifestino quando ormai è troppo tardi. Ci siete fin qua?”spiegò Hoshiko dettagliatamente, mentre il suo sguardo vagava altrove.
“Ehm… Sì.”affermò Yuma mezzo rimbambito.
“Nel caso in cui questi poteri si manifestino tardi, spesso succede che gli individui che li posseggano li abbiano ricevuti dalla Grande Madre, una misteriosa entità di cui si sa poco e niente. Un’ altra probabilità è che la loro vita sia stata stravolta in qualche modo… In ogni caso questi soggetti fanno molta fatica per mettersi pari passo con gli altri. Molti non ci riescono. Tutti coloro che ci riescono prendono il nome di «Figli del Vento», perché sembra che, per un motivo o l’ altro, gran parte di questi poteri sia portata proprio dal vento.”
“Vuoi dire che questa città potrebbe brulicare di aspiranti Superman e nessuno lo sa?!?”
“Esattamente. Comunque, vi ho parlato di questi Figli perché anche io e Ayumi lo siamo.”affermò la corvina con una calma quasi innaturale.
Il povero ragazzo dall’ “energia al massimo” rischiò di inciampare davanti a tutti.
“Come mai lo dici con tanta calma?”volle sapere Astral, che aveva seguito con attenzione tutta la spiegazione.
“Dopo tutto quello che ho dovuto passare a causa di questi dannati poteri dovrebbe essere una cosa risaputa. Nel mio caso, infatti, il potere riguarda la musica e i ricordi che ho perso, tutti legati ad un certo brano. In parole povere è come se venissi posseduta… Ed è per quello che prima mi sono lanciata.”
L’ aria della sera, prima tanto piacevole, divenne pesante all’ improvviso.
“E al di fuori di quest’ ambito?”
“Ah… Allora sono una ragazza quasi perfettamente normale. Se non consideriamo il fatto che non ho praticamente più parenti, sono una ragazza come le altre. I miei voti sono abbastanza buoni. Ho molti amici che mi vogliono bene. So divertirmi come essere seria, studio con costanza e ho molti hobby, perlopiù sport come l’ equitazione o il pattinaggio. Ho i miei alti e bassi e mi dicono che sono una filosofa, perché non faccio altro che pormi domande. A volte riesco a trovare quasi subito le risposte, altre volte invece devo cercare molto. Ma c’è un unico grande quesito a cui probabilmente non riuscirò mai a rispondere.”
“Ossia?”
Attimo di silenzio.
“Si può provare nostalgia verso qualcuno che non hai mai conosciuto?"


Angolo dell' Autrice (In modalità depressione)
Ma perché ogni capitolo di questa storia deve venire peggiore del precedente? Con questo penso proprio di aver toccato il fondo...
Vabbè, okay, passiamo all' argomento principale: la figura di Hoshiko si delinea meglio. Forse è leggermente contraddittoria, ma in effetti per questa storia volevo un personaggio che potesse essere al contempo gelido e dolce, silenzioso e loquace, nostalgico ma che guarda al futuro... *continua a blaterare*
Voi cosa ne pensate di questa ragazza maledetta? Riuscirà a trovare un po' di pace? Quale sarà il legame tra lei ed Astral? Chi è davvero Ayumi?
La risposta a queste domande sarà tutta nei prossimi capitoli (si spera non peggiori di questo)!
See you!
-Puff
PS: Se alzaste la bandiera bianca o arancio nelle vostre recensioni vi capirei perfettamente. *Comincia a soffocare un pupazzo di III sbucato fuori da chissà dove*

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Quel che non ha detto ***


Capitolo 9
Quel che non ha detto

 
La cena a casa Tsukumo quella sera non fu particolarmente allegra. Hoshiko rimase in silenzio per la maggior parte del tempo a fissare qualcosa che gli altri non potevano vedere e, se in un primo momento mandò giù qualche boccone giusto per  educazione, in seguito divenne leggermente più spigliata e mangiò in abbondanza con una specie di sguardo tra lo spaesato e il soddisfatto.
Hoshiko si ritirò per la notte una mezz’ oretta dopo di Yuma: indossava una camicia da notte viola a mezze maniche lunga fino alle caviglie, con una scollatura a U non troppo profonda. Legò i lunghi capelli neri in uno chignon che le troneggiava sulla testa al pari di una corona, poi aprì la sua grande borsa di cuoio e ne tirò fuori un vecchio sacco a pelo azzurro decorato da stelle gialle. Non sembrava molto comodo, dato che Astral vide più volte la ragazza girarsi nel tentativo di prendere sonno.
Il Messaggero Astrale rifletteva (come suo solito) su una delle frasi che Kari Tsukumo era riuscita a cavare dalla bocca della taciturna ospite, sempre sulla difensiva, silenziosa e quasi eterea.
“Se c’è una cosa certa che posso dire su di me è che io sono una di quelle che deve lottare in continuazione: vivo su un campo di battaglia. Il mio problema però è che non ho abbastanza forze per farlo, perché la vita me le ha negate.”
Un campo di battaglia… Quell’ espressione gli ricordava qualcosa. Ma perché aveva detto di non avere abbastanza forze, lei che era una Figlia del Vento e quindi depositaria di poteri straordinari? Che cosa le era successo di così tragico da averla segnata così tanto, al punto da indebolirla?
Un debole raggio di luna illuminò la soffitta, cadendo su un quaderno molto spesso dalla copertina cartonata. Un soffio di vento lo face aprire e la copertina emise un  piccolo tonfo posandosi sul pavimento.
Sulla prima pagina c’ era uno schizzo, molto ben fatto, di Hoshiko seduta ad una scrivania che scriveva su un diario con una penna vecchio stile ed un calamaio ripieno d’ inchiostro nero, ed una parola misteriosa: Emerográfos.
Astral ne fu attratto e cominciò a leggere: la scrittura di Hoshiko era ordinata, ma sorprendentemente piccola e appuntita, inoltre non c’ erano cancellature, il che significava che la ragazza doveva riflettere molto prima di scrivere.
“Emerográfos, colui che scrive un diario. Un'altra delle tante parole greche che ho scovato nel dizionario. Beh, sto perdendo tempo. Generalmente a me piace scrivere, ma non ho mai tenuto un diario… Ora ho deciso di farlo,per far esprimere la parte del mio cuore che volge all’ interno, la parte che sogna.”
La parte che sogna? Cosa voleva dire? Le parole della ragazza dai capelli corvini erano sfuggenti, misteriose, quasi… Controllate, come se cercasse di nascondere qualcosa di più terribile dei suoi poteri.
Un’ altra folata di vento, un’ altra pagina.
“Cala imperterrita l’ ascia
Sul debole tronco d’ ebano,
cala l’ ascia e il tronco
stilla deboli lacrime
rosse d’ un ambra innaturale.
Tenere foglioline continuano
A crescere.
Forse è proprio vero
Che finché c’è vita

C’è speranza.”
***
 
P.O.V Astral
La scrittura in questa pagina si fa ancora più misteriosa: le parole hanno un senso che mi sfugge. Il modo in cui sono scritte, inoltre, ricorda molto quella che gli umani definiscono poesia. Chissà come mai Hoshiko scrive in questo modo.
“Astral…”
Mi volto. Hoshiko è sveglia, ginocchioni sul parquet della soffitta, schiena eretta e portamento regale, quasi da regina. In mezzo a tutti questi cimeli ed illuminata dalla pallida luce della luna sembra persino più bella del normale, nonostante abbia il viso molto smunto e gli occhi leggermente cerchiati.
“Stavi leggendo le mie poesie, giusto?”
La sua voce è molto flebile e carezzevole, quasi sussurra, probabilmente per non svegliare Yuma che, dal canto suo, russa della grossa e parla nel sonno. Secondo me questa ragazza dagli occhi smeraldini non dovrebbe farsi tanti scrupoli, dato che neanche le cannonate riuscirebbero a svegliarlo.
Non sembra molto felice di avermi scoperto a leggere il suo diario, perché ha le sopracciglia aggrottate e la fronte è segnata da alcune rughe, mentre il labbro inferiore sporge leggermente in avanti. Fa quasi tenerezza.
“Ti ha seccato il fatto che io stessi leggendo… Quegli scritti sul tuo quaderno?”
“Non proprio.” risponde lei incredibilmente seria. “Più che altro, mi dà fastidio che non mia stato chiesto il permesso di leggerlo. Ma se vuoi leggere le mie poesie, non ho nulla in contrario: sembri serio ed osservatore… Mi piacciono quelli così. Inoltre, non credo che ti debba far giurare che non dirai nulla.”
“Posso chiederti una cosa?”
“Solo una? Tutto quello che vuoi.”
«Cosa vuol dire “la parte del mio cuore che volge all’ interno”?»
Un lieve sospiro. Le ciocche mechate di blu, le più lunghe, che le cadono davanti alle orecchie, si alzano leggermente e poi si abbassano; mentre le mani, inizialmente giunte, si poggiano rassegnate sulle gambe, rivelando la straordinaria lunghezza della dita.
“È una delle tante leggende che circolano tra i Figli del Vento: si dice che il cuore sia composto da due parti spirituali, quella esterna e quella interna. Quella esterna volge al mondo circostante, alle avventure e ai sentimenti quali l’ amore e l’ amicizia, mentre quella interna guarda alle proprie ideologie, ai rimpianti, alle riflessioni e ad altri sentimenti, come la nostalgia. Entrambe le parti sono molto instabili, ma quella interna ha bisogno, in un certo modo, di essere messa alla luce come quella esterna. Questo perché le amicizie e gli amori finiscono per rivelarsi esplicitamente, mentre gli altri sentimenti o non vengono espressi o finiscono per essere repressi.  Si dice che sia una leggenda che circola solo tra chi possiede poteri, ma per me è perfettamente normale. ”
Poi gira la testa e si copre la bocca , probabilmente per non farmi vedere che sta davvero per crollare dal sonno. Infatti due secondi dopo è lì sul suo sacco a pelo che dorme, girata su un fianco, con la mano destra chiusa a pugno semidistesa sulla superficie pelosa su cui poggia e quella sinistra sotto la guancia.
Mi dispiace ammetterlo, specialmente perché Hoshiko è molto discreta e sicuramente non è una ficcanaso, ma le sue poesie mi attraggono molto. C’è qualcosa nel suo modo di scrivere che le somiglia, che lascia trasparire tutto ciò che non ha potuto esprimere, quel che cerca di reprimere ma che purtroppo non può fare “perché altrimenti un giorno o l’ altro scoppierà come un vulcano in fase di quiescenza.”
Mi piace il suo modo di passare dalla poesia alla prosa (come lei chiama le riflessioni che non scrive in versi) d’ improvviso, ma proprio nel momento opportuno, come se l’ avesse preordinato.
Questa dev’ essere dedicata ad Ayumi, a giudicare da quel che dice.
“Donna del Vento
Incatenata ad una rupe che non posso vedere
Le tue parole toccano
La mia anima.
Compagna di sventura
Spirito che canta e che salva.”
“Spirito che canta e che salva”: che salva da cosa? Che io sappia è proprio la donna fatta di vento (che attualmente riposa nella molletta a forma di stella alpina di Hoshiko) che è stata salvata almeno un paio di volte. Conosco anche la sua abilità con le parole: prima di addormentarsi Yuma ha praticamente tormentato Hoshiko perché “si sbottonasse” e parlasse un po’ di più di lei, ma Ayumi ha abilmente sviato il discorso.
Non ci sono date, né sopra né sotto la pagina, ed è strano, perché la ragazza dai capelli corvini mi ha confidato che di solito ama essere precisa quando scrive.
Oh, ho parlato troppo presto: nell’ ultima poesia c’è.
“Giacca rossa
Verdi occhi sinceri
I tuoi modi gentili e timidi
La tua prontezza
M’ ha salvato
Forse i miracoli
Esistono ancora.
Dimmi
Caro angelo
Qual è per me
La via
Che conduce alla salvezza?
 
08/04/**,Ore 18.20, sulla spiaggia, tempo coperto e ventoso.”

Angolo dell' Autrice
Oooooooooooooookay. Uno dei capitoli più improbabili che io abbia mai scritto... Quasi non si regge in piedi.
Scusatemi per aver inserito il greco (che qui c' entra poco), ma che ci posso fare io se me lo ritrovo particolarmente dappertutto? Sono affetta da grechite, effettivamente. *La folla inferocita infilza l' autrice con i forconi*
Passando alla parte seria, questo è il secondo capitolo in cui si conosce meglio Kazama Hoshiko, la nostra protagonista, e probabilmente andrà avanti così per pareeeeecchi capitoli. Qui salta fuori la sua passione per la poesia (piace un casino anche a me, in particolare quella del '900) ed anche il suo bisogno d' affetto (credo), di cui è stato accennato nel quinto capitolo.
Capitemi, sto sclerando.
Ad ogni modo, cambiando argomento, vi piacerebbe poter vedere un disegno della nostra protagonista?
See you!
-Puff


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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Due inaspettati Lari ***


Capitolo 10
Due inaspettati Lari

 
Dieci rintocchi d’ orologio. Era mattina inoltrata ma il giovane Yuma Tsukumo, di domenica, proprio non ne voleva sapere di alzarsi presto… Come del resto non lo voleva fare tutti gli altri giorni. La giovane Kazama, al contrario, si era alzata alle otto e, dopo una colazione abbondante, si era subito messa all’ opera, aiutando la robottina Lily a sbrigare alcune faccende domestiche e suscitando, così, la simpatia di Kari, che del resto era stata aiutata proprio da Hoshiko a scrivere un ottimo articolo.
L’ intraprendente giornalista apprezzava molto la quindicenne dai capelli corvini, perché, proprio come lei, sapeva essere perfettamente indipendente, aveva un forte senso della responsabilità e non si lagnava quando aveva un compito da svolgere: insomma, l’ esatto opposto di suo fratello. Quel mattino la Figlia del Vento si era svegliata insolitamente gaia nonostante la “tragedia” del giorno precedente e, mentre spolverava questo o quel suppellettile in compagnia della spazzarobot, cantava e fischiettava come un usignolo, sorridendo di tanto in tanto. Quando vide rotolare fuori da un’ antica anfora romana cinque torsoli di mela scoppiò addirittura a ridere, cosa molto rara per lei, e mentre li buttava in un sacchetto della spazzatura scuoteva la testa con aria gioiosa, pensando a quanto Yuma potesse essere sporco e disordinato.
“Yawn…”sbadigliò il sopracitato ragazzo sfregandosi gli occhi. “Oggi è domenica! Che bello! Energia al massimo!”esclamò poi balzando giù dall’ amaca e atterrando, miracolosamente, in piedi. Astral uscì dalla Chiave e si materializzò davanti a lui, come sempre con lo sguardo serio e le braccia incrociate.
“Come va, Astral?”gli chiese Yuma stiracchiandosi.
“Non c’è male, ma… Dov’è Hoshiko?”disse per tutta risposta lo spirito fluttuante, lanciando uno sguardo al sacco a pelo della corvina.
“Lei è fuori da un pezzo.”rispose una ferma voce femminile proveniente dalla finestra della soffitta. Lì vi era librata Ayumi, bella di una bellezza gelida ed eterea, che li trafisse, grazie ai suoi occhi glaciali, con uno sguardo così truce che pareva lanciar fulmini.
Il povero duellante dagli occhi cremisi, a quell’ occhiata omicida, si ritrasse chiedendosi impaurito se per caso quel necrospirito (Hoshiko l’ aveva definita così, spirito dei morti) scolorito dai capelli corvini ce l’ avesse con lui.
“Ma a che ora si è svegliata?”chiese Yuma sbalordito.
“Erano bene o male le otto… Tu ti svegliato due ore, venticinque minuti e trentadue secondi più tardi di lei. Che pigrone.”gli rispose Ayumi con una leggera nota di biasimo nella voce.
All’ improvviso si udì un uggiolio proveniente dal pavimento.
Yuma fece un salto all’ indietro: nel sacco a pelo di Hoshiko si vedevano due strani rigonfiamenti che si muovevano a scatto, balzavano di tanto in tanto, ringhiavano e soffiavano, quasi fossero degli animali.
“Okay… Adesso chi è che informa Hoshiko che il suo sacco a pelo è posseduto?”chiese paurosamente il povero duellante diventato improvvisamente un ragno arrampicatosi sulle pareti della soffitta.
“Posseduto?”Chiese Astral sbalordito. “Ma sei sicuro?”
“Non esagerare, ragazzino.”intervenne Ayumi con il suo fare freddo ma deciso. “Non penso che un oggetto, privo di anima, possa essere controllato da degli spiriti maligni, non se ne percepisce l’ aura oscura. E comunque Hosh…Kyndrha sarebbe già stata qui.”
“Kyndrha?”le chiese interessato il Messaggero Astrale. “Come mai la conosci?”
“Semplice, sono stata salvata da lei molte volte. Una di queste c’ eri anche tu, o sbaglio?”
Si udì un altro ringhio e un lembo della stoffa azzurra a stelle del “letto portatile” della giovane Kazama fece un salto.
Questo per il povero Yuma fu troppo: corse giù dalle scale così velocemente da sollevare un polverone pazzesco e la sua espressione impaurita (sembrava che avesse visto la morte in viso) attirò l’ attenzione di tutte le persone presenti nel raggio di cinque chilometri.
Hoshiko, che stava spazzando vicino all’ ingresso della casa, nel vederlo scoppiò nuovamente a ridere e, dopo aver preso una bella boccata d’ aria, gli disse: “Accidenti, Yuma, che sprint! Sembra che abbiano dato fuoco ai tuoi pantaloni! Cos’ è successo?”
“Il tuo sacco a pelo è indemoniato! Colline! Che si muovono! Ringhiano! Mugolano! Saltano! Scattano! Stavano per farmi fuori! Paura! Paaaaauuuuuraaaah!”le disse per tutta risposta il ragazzo dagli occhi cremisi alzando la voce di mille decibel.
La Figlia del Vento non poté trattenere un’ altra risata calorosa.
“Uffa, non è carino che tu mi prenda in giro.”si lamentò Yuma con un faccino da cucciolo imbronciato.
“Scusami, ma non ho potuto resistere! La scena era troppo comica e se qualche spirito avesse provato a possedere una dei miei oggetti avrebbe fallito miseramente: uno, perché gli esseri inanimati non possono essere soggetti alle influenze dei vari essere soprannaturali; due, perché qualsiasi demone che tocchi me o una delle mie proprietà –per quanto io possegga davvero poco- dovrà vedersela con la mia ira!”spiegò la mora alzando le dita per poi posare la scopa e precipitarsi a razzo nella soffitta di casa Tsukumo, seguita a ruota dal figlio minore.
Non appena arrivarono i due spiriti lanciarono loro un’ occhiata interrogativa.
“Perfetto.”esordì Hoshiko con decisione stendendosi per terra e mettendo una mano nel suo sacco a pelo. “Adesso vedrete chi è stato il furfantello che si è introdotto qui dentro senza permesso e, se è davvero un demone o uno spirito, state certi che ve lo riduco come una fetta di prosciutto.”
Poi cominciò a tastarne l’ interno, piano piano, a gradi, fino ad arrivare alle due misteriose “collinette” che si erano nascoste in fondo al sacco a pelo.
“Perfetto, eccoli qua!”esultò. “Uhm, sono due, a quanto sembra. E sono uno più piccolo dell’ altro.”
“Sono fatti d’ aria?”chiese Astral curioso.
“No… Anzi… Se la mia mano non m’ inganna sono due cose pelose.”lo informò Hoshiko facendo una faccia sbalordita.
“Pelose? In che senso, pelose?”intervenne il duellante dall’ “energia al massimo” sporgendosi verso di lei.
“Pelose nel senso che hanno i peli lungo il corpo!”sbottò la mora, leggermente esasperata. “Anzi, hanno proprio un mantello setoso! Quella grande ce l’ ha più folto, però. Mentre i peli di quella più piccola sono più corti rispetto a quelli della maggiore. Okay, adesso state pronti che li tiro fuori!”annunciò poi con una certa dose di pathos ed eccitazione nella voce.
Astral e Ayumi sgranarono gli occhi in contemporanea, mentre Yuma se li coprì con le mani piagnucolando che non osava vedere cosa fosse venuto fuori da quel “coso diabolico”.
Due secondi dopo, gli “spiriti maligni” saltarono fuori e cominciarono a trotterellare sulle loro quattro zampe intorno ad Hoshiko, che ridendo incitò il suo amico: “Avanti, fifone che non sei altro, apri gli occhi.”
Le due collinette non erano altro che due dolcissimi animaletti: il più grande era un Golden Retriever con il mantello bianco-giallastro tipico dei cuccioli di questa specie, due grandi occhi nocciola così dolci che facevano venire voglia di mangiarseli e una strana macchia nera a forma di otto su una delle orecchie; mentre l’ altro era un gattino grande quanto uno scricciolo dal manto color crema pasticciera, gli occhi azzurri con sfumature verdi e un cuore sul petto per metà marrone e per metà di uno strano color rosa che ricordava la glassa per dolci o i confetti.
“Oh cavolo… E questi da dove saltano fuori?”chiese il diretto interessato inginocchiandosi per accarezzare i due cuccioli.
“Non saprei. Non ho trovato collari, se almeno li avessero avuti avrei potuto risalire ad un eventuale proprietario… Del resto non sembrano neanche randagi, io ci ho avuto a che fare e posso dire che questi sono stranamente dolci.”ragionò la corvina sfiorando il soffice pelo del gattino. “Potremmo pubblicare un annuncio sul giornale per vedere se effettivamente appartengono a qualcuno e potrei tenerli in custodia, ma solo per qualche giorno.”
“Ottima idea!”si complimentò Yuma. “Ma se poi il padrone non salta fuori?”
A quella, Hoshiko si allarmò: le sarebbe piaciuto tenerli, ma sapeva che dei cuccioli, lasciati soli in casa per molto tempo, soffrivano e lei era proprio una di quelle che, per un motivo o l’ altro, era sempre fuori casa. Senza contare che per mantenerli avrebbe dovuto spendere un bel po’, ma in quel momento era a corto di liquidi e non voleva pesare troppo su Eleanor, il suo secondo angelo custode.
“Non so…”disse incerta. “Se non avessi troppo da fare, li terrei io. Potrei affidarli alla mia amica Yuki, che ha una villetta con un giardino enorme… Già, ma sua madre si arrabbia anche se vede gironzolare un capello per casa…Cosa facciamo?”
“E se chiedessimo in giro? Non penso che questi cuccioli abbiano fatto molta strada per arrivare fino a qui, no? Hanno le zampette corte, in fondo.”ragionò Yuma, dimostrando così, per la prima volta in vita sua, di non essere un idiota totale.
“Per una volta approvo la tua proposta.”concordò Astral con un sorriso.
“Zampe corte, sì, ma veloci!”esclamò Hoshiko preoccupata allontanando il Golden Retriever dalla maschera azteca che Kazuma Tsukumo aveva ritrovato. “Comunque sono d’ accordo anch’ io. Andiamo!”
I due ragazzi si precipitarono in strada con un slancio addirittura maggiore di quello che aveva messo il ragazzo dagli occhi cremisi nello scendere giù poco prima, seguiti da Ayumi e Astral, che presero a fluttuare in orizzontale sopra di loro. Mentre suonavano alle varie case della zona per chiedere dei due cuccioli, il Messaggero Astrale osservò attentamente la ragazza dagli occhi corvini: negli occhi verdi brillava una gioia insolita per lei e le sue labbra sottili erano distese in un radioso sorriso. Quel giorno indossava un vestito al ginocchio dall’ orlo smerlato fucsia, che sfumava nel viola vicino al collo, calzava un paio di sandali blu e viola con un tacco di due-tre centimetri e teneva i lunghi capelli sciolti: le arrivavano a metà gamba, ma non sembravano minimamente intralciarle i movimenti.
Al collo portava un ciondolo raffigurante il Tao e al polso tintinnava un bracciale verde e bianco di metallo che si abbinava perfettamente ai suoi occhi. Inoltre, notò con interesse, aveva una strana macchia sul braccio destro che raffigurava una stella a cinque punte.
Il giro del quartiere fu abbastanza infruttuoso: nessuno sembrava aver visto quei dolci animaletti. Yuma ed Hoshiko stavano per gettare la spugna, ma all’ ultimo minuto furono richiamati da un gentile ma deciso: “A-ehm!”
Ad aver parlato era una donna cinquantenne rotondetta e bassina, con un paio di occhiali rotondi su un naso un po’ aquilino, una capigliatura riccia e brizzolata, un sorriso aperto sulle labbra e un camice bianco da dottore, che li invitò con un cenno della mani ad entrare nella propria casa.
“Benvenuti, cari. Ho notato che andavate in giro a chiedere di questi due graziosi cuccioletti. Dove li avete trovati?”chiese educatamente la donna facendo accomodare i due ragazzi su una comoda poltrona rossa.
“Nel mio sacco a pelo.”le rispose timidamente Hoshiko. “Io non ne so nulla, probabilmente vi ci sono infilati dentro quando io ero già sveglia. Sa, sono alquanto mattiniera e del resto questa notte non c’ erano.”
“Interessante. Allora, se permettete, vorrei visitarli. Ormai sono trent’ anni che faccio la veterinaria e potrei darvi qualche dritta.”propose la gentile cinquantenne alzandosi da un divano blu e sorridendo.
“Oh, faccia pure!”rispose allegramente Yuma.
“Yuma, che cos’ è una veterinaria?”
La solita domanda curiosa di Astral alla quale il ragazzo rispose:“Un medico degli animali.”
“Oh, grazie mille per il consenso. A proposito, io sono Tomoko Fujikawa, piacere di conoscervi.”disse la donna avviandosi verso uno stanzino.
“Il piacere è tutto nostro. Io sono Kazama Hoshiko.”
“Mentre il mio nome è Yuma Tsukumo.”
La Fujikawa rimase in quello che doveva essere il suo studio veterinario per quindici minuti buoni, per poi uscire tenendo i due cuccioli in braccio e annunciare: “Bene, io ho concluso. Innanzi tutto vi devo comunicare che il gatto non è in perfetta salute.”
“Che cos’ ha?”chiese Hoshiko apprensiva.
“Beh… In parole povere, ha i vermi.”
“Quindi dovremmo dargli dei medicinali, giusto?”
“Esattamente. Ve li mando subito a prendere.”
“Di che sesso sono?”si intromise Yuma curioso.
“Il Golden Retriever è un maschio, mentre il gattino europeo è una femmina.”gli rispose con un sorriso Tomoko. “Hanno entrambi superato i due mesi, direi che hanno quasi dieci settimane. Inoltre credo che siano dei randagi, perché se fossero già stati adottati l’ eventuale padrone avrebbe già provveduto a curarli e vaccinarli. Li terrete voi?”
“No, non possiamo.Non… Per molto, almeno.”rispose Hoshiko. “Ma per un paio di giorni potrei anche tenerli.”
“Faresti bene, non vedi che già si sono affezionati a te? Sembrano dei Lari, gli spiriti protettori della famiglia degli Antichi Romani.”
Ayumi guardò verso il basso: in effetti il cagnolino stava annusando con un certo interesse i sandali della ragazza, mentre la gattina si era accoccolata sul suo grembo cominciando a fare le fusa.
“Potrei pubblicare un annuncio su un giornale apposito. Se entro un mese non arrivano richieste, li prenderò in custodia io.”propose, sempre con molto garbo, la Fujikawa.
“Oh sì, la ringrazio!”saltò su Hoshiko battendo le mani con riconoscenza. “Anche se mi dispiace che lei si debba dare tanta pena per noi…”
“Nessun problema, ci sono abituata e del resto mi fa piacere aiutare le persone. Bene, passate da me verso le sei del pomeriggio così vi fornisco una scatola di medicinali. Ah, c’è una cosa ho dimenticato di dirvi: ho fatto loro anche la toeletta.”
Tomoko si chinò e somministrò due pasticche alla micetta.
Dopo che le ebbe ingoiate, Hoshiko si alzò e, con un inchino, ringraziò la donna: “Grazie davvero, signora Fujikawa.”
“Di nulla.”
Yuma e Hoshiko si accommiatarono con un altro inchino.
Il sole splendeva alto e si era vicini alle undici, la solita turba di pedoni composta da mamme con bambini, duellanti di ogni età e semplici vacanzieri impazzava allegramente per le strade, gli uccellini cinguettavano e un venticello freddo, molto piacevole dato che faceva abbastanza caldo per essere aprile, sfiorava le corolle dei fiori facendole ondeggiare.
“Senti un po’, Hoshiko, hai intenzione di dare un nome ai cuccioli?”chiese Yuma assaporando l’ aria frizzantina. «Non puoi continuare a chiamarli solo “cane” e “gatto”.»
“Giusto!”approvò allegra lei. “Il nome per il cane ce l’ ho già: Hachi. Per la macchia a forma di otto sull’ orecchio destro, capisci.”
“Geniale! E la gattina? Aaaah, con quel cuore sul petto che sembra fatto di crema al cioccolato e alla fragola fa venire voglia di mangiarla!”
“Yuma, sei un genio! La micetta si potrebbe chiamare Creamy!”
I due ragazzi continuarono allegramente a camminare, mentre Astral pensava: “Risultato dell’ osservazione n° 24: Yuma è stato considerato un genio per due volte nella stessa giornata, il che, per lui, è un vero record.”

Angolo dell' Autrice
Ehilà Folk! Rieccomi qui con il capitolo 10! E' da un po' che non ci si sente, eh? Purtroppo però il caldo non aiuta un granché a buttar giù idee per le FanFiction... Ed ecco un altro capitolo incentrato su Hoshiko! Che ve ne pare? Ci sono errori o ripetizioni da segnalare? Pensate che la nostra protagonista adotterà i due cuccioli?
Qui si scopre che Hoshiko ama gli animali(?) e si rivela anche parte del carattere di Ayumi, il misterioso necrospirito che la accompagna. Forse non è proprio un fenomeno di simpatia, ma in fondo (moooolto in fondo) non è cattiva come lo yogurt scaduto.
Ed adesso, alcuni doverosi ringraziamenti che mi sono dimenticata di fare: innanzi tutto, grazie a
Feelings e a luna sutcliff che hanno inserito la mia storia tra le preferite e un ringraziaziamento va anche alla mitica Stellaskia che ha inserito la mia opera tre le seguite. Spero di non deludervi!
Ovviamente, grazie anche a coloro che stanno seguendo questa storia in silenzio e che la stanno recensendo.
Siete tutti mitici!
See you!
-Puff
PS: A breve dovrei caricare un disegno della nostra protagonista, perché al momento il mio PC è impazzito ;)

   
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Hoshiko VS Hanako: duello all' ultima carta! (Parte 1) ***


Capitolo 11
Hoshiko VS Hanako: duello all’ ultima carta! (Parte 1)

 
Yuma ed Hoshiko avevano approfittato della bella giornata per gironzolare all’ aria aperta ed infilarsi un bar, nascondendo ben bene Hachi e Creamy nella grande borsa di cuoio di Hoshiko. Qui Yuma aveva ordinato un cappuccino ed Hoshiko aveva sfogliato un giornale dopo l’ altro alla ricerca di una buona offerta di lavoro.
“Non è possibile: guarda te che roba! Nella colonna delle Richieste di Personale Femminile, che del resto è solo una, le offerte scarseggiano e il compenso non è un granché, mentre per le Richieste di Personale Maschile le colonne sono ben quattro e per un posto da impiegato offrono ben cinquemila yen in più rispetto alle donne!”commentò Hoshiko stizzita mentre cercava disperatamente un buon posto di lavoro.
“Scusami se te lo chiedo, Hoshiko, ma tu quanti anni hai?”Chiese Yuma sedendosi al tavolino a cui anche la mora era seduta con un bicchiere di plastica in mano.
“Quindici, sedici il sette di maggio.”rispose lei cerchiando una delle offerte con un pennarello rosso.
“Non sei un po’ troppo giovane per lavorare?”chiese Astral sgranando gli occhi eterocromatici.
“È un vero e proprio sopruso che le donne, a parità di lavoro, non vengano pagate quanto gli uomini.”sentenziò Ayumi con l’ aria indignata.
“Ehi, scusate, posso sedermi con voi?”chiese una simpatica voce femminile dietro di loro.
A parlare era stata una ragazza bassina e snella all’ apparenza simpatica, dai bei capelli rosso fuoco tutti a boccoli legati in due codini sbarazzini all’ altezza delle tempie, due occhi verdissimi con sfumature dorate che sprizzavano vivacità da tutti i pori, un vestito fucsia acceso con decorazioni triangolari e a pois sparse qua e là sulla gonna a pieghe. Aveva una strana fascia argentata legata alla vita che creava una specie di scia intorno a lei non appena si muoveva e portava una strana giacchetta verde mela sul vestito con delle maniche davvero singolari: a prima vista sembrava una normale giacca a maniche corte, ma presentava due brandelli di stoffa dello stesso colore che si allungavano su tutto il braccio per poi abbottonarsi ad un paio di polsini di cotone arancio che ricordavano vagamente la corolla di un fiore. Nonostante il caldo ella portava dei vivaci fuseaux color grigio perla e due stivali blu che sembravano galoches.
“Certo che puoi!”rispose allegramente Yuma facendo spazio alla nuova arrivata, che si sedette allegramente poggiando un fumante croissant alla crema sul tavolo rotondo.
“Io sono Hanako Harukaze. Cosa vi porta qui?”esordì la rossina guardando prima Yuma e poi Hoshiko con gli occhi verdi che scintillavano di curiosità.
“Nulla di particolare, è una bella giornata e abbiamo deciso di fare quattro passi. E tu?”rispose la Figlia del Vento con gentilezza, mente Ayumi e Astral, non visti, si sporsero per osservare meglio Hanako.
“Ah, io sono reduce da un duello all’ ultima carta con… Aspetta! Ma tu sei per caso Hoshiko Kazama?”esordì Harukaze per poi alzarsi di scatto dalla sedia nel rivolgere la domanda alla ragazza dai capelli corvini.
“Esattamente.”
“Lo dicevo io! Cioè… Poco fa ho duellato con una ragazza tedesca, Kriemhild Grietchen, che mi ha detto di salutarti nel caso ti incontrassi. Ed eccoti qui! Per essere una principiante la tua amica è davvero molto brava.”spiegò Hanako con l’ indice proteso in alto. “Il suo deck Etnico è davvero magnifico. E tu, Hoshiko, duelli?”chiese poi curiosa.
“Raramente, perché ho molto da fare e il Duel Monster non mi appassiona più di tanto…”
“Io invece adoro duellare!”intervenì Yuma allegro. “Ti va una sfida?”
“Di te, scusa tanto, non me ne importa niente. A me interessa la Kazama.”gli rispose Hanako con un tono leggermente irrisorio.
“Okay, duelliamo… Giusto per perdere un po’ di tempo.”acconsentì la Figlia del vento con un’ aria abbastanza rassegnata.
Le due si spostarono in un grazioso giardinetto pubblico, nel quale Hoshiko gridò improvvisamente: “Trasformazione Mistica!”
Il suo vestito cambiò completamente: innanzi tutto divenne così candido da fare invidia alle nuvole, una cintura bianca con greche dorate si strinse sul petto e della stoffa bianca si drappeggiò sotto di essa fino ad assomigliare alle vesti delle antiche fanciulle greche.
I suoi lunghi capelli corvini furono rinchiusi in uno chignon che le troneggiava sulla testa, tranne alcune ciocche di media lunghezza che rimasero libere. Sulle spalle, invece, le comparve un mantello scarlatto fermato sul collo da un medaglione dorato, il suo D-Tattoo bianco aveva un motivo che ricordava vagamente una foglia d’ alloro, mentre il Duel Disk aveva invece la forma di un’ anfora.
Il D-Disk di Hanako aveva la forma di un fiore, mentre il D-Gazer  era ovale e argentato.
“Combattiamo!”gridarono insieme le due sfidanti!
PLAYER HANAKO: LP 4000
PLAYER HOSHIKO: LP 4000
“Se permetti, comincio io!”esclamò Hoshiko con un sorriso determinato che era uno spettacolo. «Innanzi tutto, chiamo sul terreno “Etéra Danzatrice” in posizione d’ attacco!»
All’ improvviso (N.d.A:ehm… forse non tanto) apparve una bellissima ragazza dai capelli d’ ebano cinti da una corona di fiori, la pelle scura e con due dolcissimi occhi nocciola, che indossava una veste fluentissima color porpora e teneva in mano una specie di tamburello.
LV: 4
ATK: 1300
DF: 1000
“Poi posiziono due carte coperte e ti passo la mano!”concluse la corvina suscitando l’ interesse di Yuma, Astral e Ayumi, che stavano seguendo il duello con il fiato sospeso.
“Grazie, collega!”rispose allegramente Hanako. «Evoco “Lady Dalia”! Dai, non mi deludere, amica mia!»
Sul terreno comparve un’ altra dama, ma questa aveva la pelle cerulea, lunghi capelli biondi acconciati in un elegante chignon e due grandi e imperiosi occhi azzurri. Il vestito principesco sembrava fatto da petali di fiori rosa acceso ed era abbinato ad un paio di civettuole ballerine dello stesso colore.
LV: 3
ATK: 1500
DF: 1800
«Poi attivo dalla mia mano la Carta Magia Equipaggiamento “Tiara di Glicine”! Il mostro equipaggiato con questa carta non può essere distrutto fino alla fine di questo turno! Vai, Lady Dalia! Attacca “Etéra Danzatrice” con “Danza delle Corolle”!»
“Oh-oh!”commentò Yuma. “Sono 1500 a 1300! Credo proprio che Hoshiko subirà una bella batosta.”
“200 LP non sono nulla. Ho visto di peggio.”rispose Ayumi piatta. “E poi non c’è mai da fidarsi delle carte coperte.”
«Ah-ah! Hanako, non ti facevo così sprovveduta! Svelo la Carta Trappola “Inganno del Vaso dei Venti”! Con questa carta, se il mio mostro viene attaccato ed ha meno punti del mostro avversario, l’ attacco viene annullato!”disse Hoshiko trionfante.
Dalla Carta Trappola uscì fuori una violenta raffica di borea che spinse Lady Dalia sul terreno di gioco di Hanako, che commentò allegra: “Accidenti, Hoshiko! Sarà pur vero che duelli poco, ma vai veramente forte! Bene, posiziono una carta coperta e termino il turno!”
“Adesso è il mio turno! Pesco!”disse Hoshiko decisa.« Chiamo sul terreno “Civetta Glaucopide” per poi attivare la Carta Magia “Bisacce della Sorte”!  In questo modo aumento di 500 i punti d’ attacco di Civetta a patto di diminuire i punti di difesa dello stesso numero!»
“Civetta Glaucopide” era uno splendido rapace dal piumaggio marroniccio e bianco dai penetranti occhi azzurri con un elmo di bronzo in testa ed una faretra poggiata sulla schiena.
LV: 3
ATK: 1400+500 = 1900
DF: 2000- 500= 1500
«Perfetto! Forza, Civetta Glaucopide, attacca Lady Dalia con “Colpo d’ Atena”!»
Il mostro si levò, per poi colpire in picchiata l’ elegantissima Lady di Hanako.
“Ho anch’io degli assi nella manica!”protestò la rossina con una finta faccia imbronciata. «Attivo la Trappola “Tattica della Sarracenia”!  In questo modo “Lady Dalia” rimane in gioco, mentre il danno che subisco viene ridotto di 150 LP!»
PLAYER HANAKO: 4000- 250= 3750 LP
PLAYER HOSHIKO: 4000 LP.
“Che forza! Hoshiko è una vera potenza!”esclamò Yuma balzando in piedi dalla panchina di pietra sul quale era seduto.
“Già, ha una tattica straordinaria. Ma anche Hanako non è da meno. Sono entrambe molto determinate e hanno delle carte davvero singolari.”osservò Astral portandosi una mano al mento.
“Uhuh!”rise Hanako rialzandosi da terra. “L’ abilità della Grietchen sfigura in confronto alla tua, Kazama!”
“Usare la captatio benevolentiae*non ti porterà da nessuna parte, Harukaze.”le rispose Hoshiko con un sorrisetto di sfida.
“Non voglio mica corromperti! Ti raddolcisco un po’ la pillola, perché dopo questo turno diventerà parecchio amara! Pesco!”
Alcuni attimi di silenzio, poi Hanako sorrise leggermente beffarda.
“Beh, direi che la Harukaze si è infiammata parecchio. Adesso state a vedere che tirerà fuori il suo mostro più potente.”pronosticò Ayumi disincrociando le braccia e sgranando gli occhi cerulei nei quali Yuma e Astral intravidero un’ ombra di preoccupazione.
«Per prima cosa metto in gioco “Guerriera delle Rose” di livello 1!»esclamò Hanako cominciando a saltare convulsamente sul posto.
Il mostro chiamato in gioco era un’ altra dama, vestita come una Kunoichi, dai lunghi capelli rossi e gli occhi dorati, dagli abiti completamente cosparsi di petali di rosa. Ne aveva persino una bianca tra i capelli.
LV:1
ATK: 900
DF: 1800
«Poi attivo il suo potere speciale, che mi permette di cambiare il suo livello da 1 a 4! Quindi, decido di far diventare “Guerriera delle Rose” di livello 3!”
LV: 1-3
«A questo punto, posso sovrapporre “Lady Dalia” e “Guerriera delle Rose” per creare così la rete di sovrapposizione!»
I due mostri mutarono in due scie, rispettivamente fucsia e rossa, per poi cominciare a sovrapporsi con alcune esclamazioni di gioia.
«EVOCAZIONE XYZ! Scendi in campo, “Regina delle Rafflesie”!»
 
 
*Captatio benevolentiae: frase o espressione volta a conquistare la benevolenza della persona alla quale è rivolta.

 
 
 
 
Angolo dell’ Autrice
Minna Oyasumi! :3 Sto aggiornando con una certa regolarità, non vi pare?
E infatti, rieccomi qui con l’ undicesimo capitolo! Avreste mai detto che Hoshiko duella? E, sempre a proposito di duelli, scusatemi se le descrizioni sono penose, perché è la prima volta che mi cimento nel descriverli… Inoltre il Duel Monster in questa storia sarà messo in secondo piano rispetto alle vicende della protagonista. (Mi sa che sto cominciando a farvela odiare)
Avete capito che tipo di Deck usa? E Hanako?
Come al solito, ringrazio tutti coloro che hanno preso in considerazione questa storia (ormai è quella con più recensioni e più preferenze del mio profilo, grazie a tutti di cuore) e le domande rituali: Errori da segnalare? Consigli? Critiche?
See you!
-Puff   -Con III che viene assalito dalle mie OC (che urlano come fangirls invasate), tranne Yumiko che è in fase di “Arclightizzazione”(?) perché (molto probabilmente) dovrà comparire nella mia prossima storia per questo fandom (che nessuno leggerà mai)--
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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Hoshiko VS Hanako: duello all' ultima carta! (Parte 2) ***


Capitolo 12
Hoshiko VS Hanako: duello all’ ultima carta! (Parte 2)

 
La Regina delle Rafflesie si ergeva bella, solenne e minacciosa nella parte del campo destinata ad Hanako Harukaze. Era un mostro di attributo Vento dalla forma umanoide, il cui vestito era appunto era ispirato alle rafflesie, i fiori più grandi del mondo, e ricordava molto quello di una danzatrice orientale: infatti la Regina portava una maglia a tre quarti annodata sul petto che lasciava scoperto il decolleté, mentre la gonna che arrivava a mezza gamba ricordava dei petali ed era abbinata ad una cintura di velluto piena di monetine d’ oro tintinnanti. Le calzature color rosso bordeaux erano simili alle babbucce, mentre i capelli neri e lucenti erano legati in una lunga treccia a spina di pesce. Ai polsi portava dei braccialetti ornati di rubini, smeraldi e zaffiri, mentre la tiara regale traboccava di diamanti che riflettevano i loro meravigliosi giochi di luce ovunque.
Le unità sovrapposte che le giravano intorno richiamavano il colore degli smeraldi che portava al collo.
LV:3
ATK: 2000
DF: 2500
“Caspiterina!”esclamò Yuma con una faccia buffa. “Chi avrebbe mai detto che Hanako possiede un Mostro Xyz!”
“Non è però un Mostro Numero.”lo redarguì Astral. “Possiamo stare tranquilli.”
“Ed Hoshiko non si è lasciata spaventare.”notò invece Ayumi sospirando di sollievo e portandosi una mano al petto.
“Bene, adesso vi dovrete inchinare tutti davanti alla mia Regina! Ahahahah!”esclamò la Harukaze con una risata sadica che la imbruttiva parecchio. «Ed adesso posso attivare direttamente dalla mia mano la Carta Magia “Simbiosi Obbligata”! In questo modo posso invertire tra loro i Punti d’ Attacco e quelli di Difesa della mia “Regina delle Rafflesie”, e non è certo finita qui, perché adesso attivo anche il suo potere speciale!»
“Wow!”esclamò Hoshiko ammirata. “Hanako, hai tutto il mio rispetto: io non sono così competitiva durante i duelli!”
“Grazie, sorella!”le rispose gentilmente Hanako ritornando per un momento all’ usuale simpatia. “Comunque, sacrificando un’ unità sovrapposta posso aumentare i Punti d’ Attacco della mia Regina del numero del suo livello moltiplicato 100!”
ATK: 2000 --- 2800
DF: 2500 --- 2000
«Ora vai, “Regina delle Rafflesie”! Attacca “Civetta Glaucopide” con il tuo micidiale “Fendente Roseo”!»
La differenza di punti era ben 900 e tutti e tre gli spettatori si ritrovarono a temere per Hoshiko: Yuma si mangiava le unghie, Astral sgranò gli occhi per la preoccupazione e Ayumi, dopo aver bisbigliato un “Non voglio guardare” a dir poco impercettibile, si coprì gli occhi cerulei con le mani.
«Ed io rispondo attivando la Carta Trappola “Disegno avverso di Cloto”! In questo modo la forza d’ attacco del tuo Mostro Xyz diminuisce della metà della differenza dei Punti d’ Attacco dei nostri due mostri!»esclamò con vigore la Figlia del Vento scoprendo la seconda carta coperta sul suo terreno.
Il Fendente Roseo colpì, improvviso e violento come un fulmine, la povera Civetta di Hoshiko che si dissolse in migliaia di puntini verdi con un strilletto acuto; mentre Hoshiko venne sbalzata all’ indietro a causa del colpo violento, atterrando supina.
PLAYER HANAKO: 3750 LP
PLAYER HOSHIKO: 4000- 450= 3550 LP.
“Perfetto.”si ritrovò a pensare la corvina, abbassando lo sguardo. “Hanako ha messo in campo un Mostro Xyz, il che vuol dire che per sconfiggerlo dovrei giocarne anch’ io uno. Però la cosa mi secca alquanto… D’ altro canto io non voglio assolutamente perdere. A mia madre perdere un duello è costato la vita, maledizione. D’ accordo, allora.”
“Bene, Hanako, vedo che hai sfoderato gli artigli e mi hai colpita. Adesso sì che il duello comincia a farsi interessante!”disse poi rivolta alla sua avversaria, con una voce determinata che in lei faceva davvero sensazione: era così nuova in lei, ma le calzava davvero a pennello! A quanto pareva anche la solitaria e triste Hoshiko aveva un lato energico. “Adesso, però, non mi sottovalutare, perché anch’ io posso diventare graffiante quando voglio!”
“Vai così, Hoshiko!”la incoraggiò Yuma con calore. “Sfodera l’ energia che giace in te!”
«Roger! Innanzi tutto, posso attivare il potere speciale di “Civetta Glaucopide” direttamente dal cimitero e, così facendo, posso togliere al tuo Mostro Xyz un’ unità sovrapposta facendoti perdere 200 Life Points!”
Il rapace, infatti, riemerse dal cimitero e incoccò una delle frecce presenti nella sua faretra, per poi centrare con essa una delle unità sovrapposte e colpire Hanako.
PLAYER HANAKO: 3750- 200= 3550 LP
PLAYER HOSHIKO: 3550 LP.
“Adesso sono in perfetta parità. Stiamo a vedere come proseguono.”commentò Ayumi con lo stesso entusiasmo di un capotreno che annuncia le varie fermate.
« A questo punto, avendo l’ unità sovrapposta, posso evocare il mostro Dual “Dea della Grazia Bianca”!» annunciò Hoshiko sorridendo radiosa.
La Figlia del Vento fece rimbalzare tre volte l’ unità verdina che aveva in mano e poi la lanciò in aria.
Quello che successe dopo lasciò tutti senza fiato.
Una bellissima donna, formosa ma non troppo e dal corpo ben modellato, apparve seguita da una lunga scia di capelli castani. Aveva un viso sereno e lentigginoso e le labbra color del corallo sorridevano illuminando tutto il parco. Portava un grazioso vestito corto tutto trine e merletti bianco immacolato e aveva al collo una corona di gigli. Al dito anulare della mano sinistra invece, splendeva un grosso anello con un’ onice nera incastonata e lavorata ad arte.
LV: 5
ATK: 2300
DF: 2100
“Mo…Mostri Dual?!?”esclamò Hanako sorpresa. “Cosa cavolo sarebbero?!?”
“Lo vedrai presto.”ribattè Hoshiko fiera. «E adesso che ho sul terreno “Dea della Grazia Bianca” posso evocare la sua compagna, “Dea della Grazia Nera”! Scendi in campo, amica mia!»
Un grumo dell’ ex unità sovrapposta della “Regina delle Rafflesie” si slanciò verso il terreno da gioco di Hoshiko e qui comparve un’ altra donna, ma questa aveva i capelli biondo paglia e un’ espressione serissima sul viso. Al contrario della sua compagna, il suo vestiario era costituito da una maglia aderentissima a trequarti e una gonna molto lunga, entrambi neri. Sul polso destro, invece, spiccava un bellissimo bracciale di perle.
LV: 5
ATK: 2400
DF: 2200
“Ora sì che il duello si infiammerà sul serio, Hanako… Perché vedi, i mostri Dual possono attaccare solo in coppia e sono così potenti da poter battere persino i Mostri Xyz senza subire alcun danno e senza calcolare la differenza tra i LP!”la informò Hoshiko stringendo il pugno in segno di vittoria.
La rivelazione lasciò tutti sotto shock.
«E adesso andate, Dee della Grazia: attaccate “Regina delle Rafflesie” con “Danza del tiaso ateniese”! »
“Adesso sì che si fà dura per Hanako! Se quei mostri uniscono i loro Punti d’ Attacco il danno sarà di ben 4700 LP… In pratica Hoshiko ha la vittoria in pugno!”ragionò Astral, ancora con gli occhi sgranati per la sopresa.
“Il danno non sarà così elevato, ma comunque consistente.”lo corresse Ayumi con una voce stranamente raddolcita e preoccupata. «Una delle caratteristiche dei mostri Dual è che conferiscono un danno pari ai Punti d’ Attacco del mostro più potente, in questo caso “Dea della Grazia Nera”.»
Proprio in quel momento i tre spettatori videro la Harukaze cadere a terra, mentre i suoi Life Points subivano un brusco crollo.
PLAYER HANAKO: 3550-2400= 1100 LP.
PLAYER HOSHIKO: 3550 LP.
“Umpf!”sbuffò la rossina passandosi una mano sulla fronte. «Adesso sono in svantaggio, ma non fa nulla, perché posso attivare il potere speciale della mia “Regina delle Rafflesie” direttamente dal cimitero, riportandola sul terreno di gioco a patto di sottrarre 200 Punti d’ Attacco dallo stesso mostro!»
Infatti poco dopo la Regina riemerse, sempre bella di quella bellezza orientale che la caratterizzava, ma con uno zaffiro in meno sui suoi pesanti bracciali placcati d’ oro, cosa che fece attivare uno dei poteri speciali dei mostri Dual a svantaggio della Figlia del Vento: infatti, come spiegò Ayumi a Yuma e ad Astral, se un mostro colpito da una coppia di Dual ritorna sul campo da gioco dal cimitero il possessore dei mostri di quel tipo subisce immediatamente 400 Punti di danno.
PLAYER HANAKO: 1100 LP.
PLAYER HOSHIKO: 3550- 400= 3100 LP.
“Possiamo sbrigarci?”chiese Hanako leggermente spazientita. “Mi sta spuntando la muffa! Tra poco diventerò un lichene vivente se non ci diamo una mossa! Questo duello sta durando fin troppo ed io ho intenzione di mettervi fine!”
“Già, hai ragione.”rispose Hoshiko rialzandosi, mentre il sudore le colava dalla fronte. “Questo duello sta davvero durando troppo. Ma finirà diversamente rispetto alle tue aspettative!”
«Vogliamo scommettere? Innanzi tutto gioco la Carta Magia Equipaggiamento “Bacchetta delle Ortensie”! In questo modo, posso aumentare i Punti d’ Attacco della mia Regina di 500 unità!»
ATK: 1800+500= 2300.
«Forza, Regina, amica mia! Attacca “Dea della Grazia Bianca”!»
“Che cosa?”si chiese incredulo Yuma. “Che senso ha attaccare un mostro con pari Punti d’ Attacco? Ad Hoshiko non farà nemmeno un graffio!”
“In questo caso direi che ha una certa logica.”disse Astral serio, continuando a guardare il duello. “Se non ricordo male, Hoshiko ha detto che i mostri Dual sono imbattibili, ma solo se stanno in coppia. Penso che Hanako abbia capito che, sconfiggendo una delle due dee, verrà eliminata automaticamente anche l’ altra, per principio.”
“Astral ha ragione, purtroppo.”constatò Ayumi con sguardo addolorato. “Un mostro Dual da solo non vale nulla.”
La Dea della Grazie Bianca sparì in mille scintille bianche, seguita a ruota dalla sua compagna Nera, la quale lanciò alla sua Holder (N.d.A: Scusatemi, ma posseditrice non si può sentire) una sfera fatta d’ oscurità che le fece perdere 200 LP.
PLAYER HANAKO: 1100 LP.
PLAYER HOSHIKO: 3100-200= 2900 LP.
“Uh-uh! Ben ti sta, la Regina dei Fiori vincerà! Ed adesso posiziono una carta coperta e termino il turno!”esultò Harukaze mettendo forse troppo brio nella sua frase in rima.
“Ah sì?” La Figlia del Vento si rialzò, con una volontà ardente negli occhi, e si sciolse i lunghi capelli neri. «A quanto pare vuoi una lotta tra Xyz, non è vero? Ebbene, io ti accontenterò… Pesco! Evoco sul terreno “Guerriero degli Spartiati” in posizione di difesa!»
“Guerriero degli Spartiati” era un uomo dalla pelle pallidissima, con gli occhi verdastri e i capelli ricci e castani nascosti sotto un possente elmo di bronzo dal pennacchio possente, che probabilmente aveva uno scopo intimidatorio. Almeno a prima vista, sembrava il classico tipo tutto muscoli e niente cervello, data l’ incredibile massa muscolare coperta dalla tipica armatura degli antichi combattenti.
LV: 4
ATK: 800
DF: 2000
«Ed adesso posso attivare direttamente dalla mia mano la Carta Magia “Rivolta degli Iloti” che mi permette di invertire tra loro i punti d’ attacco del mio mostro! Fatto ciò, posso sovrapporre “Etèra danzatrice” e “Guerriero degli Spartiati” entrambi di livello 4! Evocazione XYZ! Rivelati in tutta la tua magnificenza, “Grande Madre Potnia”! »
“Potnia” in greco vuol dire “possente”, ma spesso viene tradotto come “padrona”: un aggettivo che calzava a pennello al Mostro Xyz di Hoshiko, una donna dalla pelle cotta dal sole e con dei magnifici capelli ricci inanellati che avrebbero fatto invidia persino a Narciso. Gli occhi scuri sembravano squarci d’ infinito strappati all’ Universo e portava una magnifica veste bianca e dorata con una gonna che si allargava a campanella cosparsa di piccoli diamanti. Reggeva in mano uno scettro dorato e sulla testa aveva una corona stupenda, piena di rubini incastonati.
LV: 4
ATK: 700
DF: 2600
“Solo settecento Punti d’ Attacco?!?”rise Hanako tirando un sospiro di sollievo. “Gran bel mostro Xyz, Hoshiko! Al massimo mi farà un po’ di solletico!”
«Fossi in te aspetterei ad esultare, perché attivo il potere speciale della mia “Grande Madre”! Per ogni unità sovrapposta che utilizzo, il mio mostro guadagna ottocento punti d’ attacco!”
ATK: 700+800= 1300
“Inoltre, utilizzando un’ altra unità sovrapposta, posso rendere tutti i tuoi mostri inoffensivi, perché il secondo potere speciale consiste nell’ azzerare i punti d’ attacco e di difesa di ogni tuo mostro!”
La Regina delle Rafflesie di Hanako, infatti, colpita dal potere speciale di Grande Madre Potnia, perse tutti i suoi punti e sfiorì improvvisamente, perdendo ogni colore.
«E adesso vai, amica mia! Finisci il mostro della mia avversaria con il tuo micidiale “Colpo dello Scettro Dorato”!»
«Ed io rispondo attivando la carta trappola “Ultima speranza della Felce Dorata” che riduce il danno che subisco di 200 LP!»esclamò Hanako in un ultimo impeto di energia.
“Una mossa perfettamente inutile: verrà sconfitta ugualmente.”commentò Astral.
Infatti i Life Points di Hanako furono completamente azzerati dal mostro di Hoshiko e lei fu sbalzata all’ indietro a causa dell’ impatto violento dello scettro della Grande Madre sulla sua Regina, mentre la solita schermata che annuncia il vincitore di un duello faceva vedere un’ Hoshiko sorridente ed esultante, con un magnifico sorriso sul volto.
PLAYER HANAKO: 1100- 1100= 0 LP.
PLAYER HOSHIKO: 2900 LP.
HOSHIKO WIN.
La visione a realtà aumentata scomparve e i vestiti della Kazama ritornarono normali.
“Questo duello è stato a dir poco fenomenale!”esclamò Yuma entusiasta afferrando le mani bianchissime della Figlia del Vento. “Sei una duellante magnifica!”
“Concordo, hai affrontato questo duello con grande maestria.”approvò Astral sorridendo per la prima volta in quella mattinata, mentre Ayumi aveva gli occhi che le scintillavano dalla gioia.
“Bene, Hoshiko, mi hai battuta.”disse un’ Hanako insolitamente sorridente. “Hai duellato molto bene e con grande lealtà, sono fiera di averti conosciuta. Però adesso mi devi autografare una foto che ci raffigura entrambe!”saltò su poi con uno sguardo birichino. “È una mia usanza!”
Così, mentre le due sfidanti venivano fotografate da uno Yuma sorridente, una figura alta, snella e fluttuante, dalla pelle semievanescente azzurra su cui erano presenti molte rune violacee, i lunghi capelli che sfumavano nel lilla e un magnifico vestito principesco osservava la scenetta da uno specchio dalla cornice d’ argento, mentre sussurrava tra sé e sé: “L’ ho trovata, finalmente. La prescelta è quella ragazza dai lunghi capelli neri.”

Angolo dell' Autrice
Coooosa? Abbiamo varcato la linea immaginaria di metà mese e io non ho ancora pubblicato uno dei momenti salienti di questa storia?!? Che cretina che sono!
*Mod. ScleroOFF* Comunque, ecco a voi, miei fedeli lettori, la seconda e ultima parte di questo duello che vi ha fatto mangiare le unghie per l' ansia del risultato(?)! Cosa ve ne pare? Secondo me era abbastanza scontato che vincesse Hoshiko, ma va beh... La testa mi diceva così! Sono apparsi anche dei nuovi misteriosi mostri, i Dual, e il suo mostro Xyz. Commenti? Ayumi, inoltre, rivela di essere più umana (credo) e sbuca un nuovo personaggio, che avrà un ruolo rilevante solo più in là nella storia. Quale sarà il suo legame con la Figlia del Vento?
Ricordate di segnalare eventuali errori!
Grazie a tutti voi che state seguendo questa mia storia!
See you!
-Puff 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: La corte di un altro mondo ***


Capitolo 13
La corte di un altro mondo

 
“Mirtaka, piantala di stare tutta la santa giornata vicino a quello specchio. Nostra madre ci ha assegnato il compito di trovare la prescelta terrestre!”esclamò stizzito un essere astrale dalla pelle azzurrina e i capelli spettinati dello stesso colore che spiccavano sotto una strana parrucca stile inizio ‘800 avvicinandosi alla figura dello specchio.
“Lo so, Rigel, non l’ ho mica dimenticato. Anzi, credo di aver appena trovato la nostra ragazza. Guarda un po’ qui.”gli rispose girandosi la ragazza dai capelli lilla, rivelando così di avere un visetto delicato e grazioso con due magnifici occhi color del platino e una lunga chioma fluente nella quale spiccava una tiara d’ argento con dei turchesi incastonati.
Rigel, ossia lo spirito dai capelli azzurrini, portava anch’ esso una corona, solo che la sua era d’ oro e troneggiava imponente e traballante sulla sua parrucca. Anche lui si accostò allo specchio, come aveva fatto in precedenza Mirtaka, sua sorella, e vide una bella ragazza alta e magra dalla pelle color dell’ avorio, che aveva due grandi occhi color degli smeraldi, labbra rosse e una lunghissima chioma nera. A giudicare dal portamento la si sarebbe detta una regina, ma i suoi gesti rivelavano un animo diffidente, timido e gentile.
“Beh, sorella, credo proprio che stavolta lo Specchio delle Rivelazioni abbia fatto cilecca: quella ragazza fisicamente le somiglia, ma non sembra affatto avere la forza d’ animo e il coraggio della principessa Ariyath.”disse il principe Rigel storcendo il naso.
“Parli così perché non l’ hai vista giocare a Duel Monster. Faceva sfoggio di una grinta davvero graffiante!”controbatté Mirtaka, la principessa, che non amava molto essere ripresa da suo fratello.
“Appunto, questo rende tutto più improbabile. S’è mai una principessa che gioca con dei mostri che sbucano fuori dalle carte nelle corti del ‘400?”
“Sei un testone. Il tempo sulla Terra scorre molto più velocemente rispetto a quanto non lo faccia qui nel Mondo Astrale. Adesso lì hanno passato abbondantemente gli anni 2000… E sul pianeta azzurro le cose cambiano piuttosto velocemente. Adesso infatti la discendente di Ariyath è orfana di entrambi i genitori, vive con un’ amica di sua madre, sta molto all’ aria aperta ed è completamente autosufficiente.”
“Uhm, mica male. Sempre meglio delle solite principessine svampite che svengono per un nonnulla e se ne stanno rintanate nel castello a filare. In questo la principessa di Spartan City era rivoluzionaria. Ma non so se lo è anche questa tua ragazza.”
“Questo ve lo posso confermare io, signorino Rigel.”lo interruppe uno spirito dalle pelle color cobalto, i capelli blu scuro, gli occhi eterocromatici simili a quelli di Astral e i vestiti che parevano usciti dalle corti del Seicento, Betelgeuse. «Sono stato parecchie volte sulla Terra e lì la maggior parte delle ragazze dei cosiddetti paesi “civilizzati” vive con i parenti naturali, credo, almeno fino all’ età di sedici anni. Questa ragazza dimostra tredici - quattordici anni, anche se è incredibilmente alta e magra.”
Il principe del Mondo Astrale si zittì: sapeva di non poter smentire le informazioni di Betelgeuse, che oltre ad essere il maggiordomo della sua Corte veniva spedito regolarmente nel terzo pianeta del Sistema Solare –da una certa Grande Madre, si vociferava in giro- a controllare che il lavoro dei Sacerdoti Victor e delle Sacerdotesse Victrix procedesse bene al posto di Lyra, la regina loro madre, affinché ella non corresse rischi, dato l’ incredibile numero di “parassiti” affamati di poteri sconosciuti che brulicava sul “pianeta Oceano” come lo chiamava fra sé e sé.
“Perfetto, Betelgeuse!”esclamò invece entusiasta Mirtaka correndo ad abbracciare il servitore. “Puoi dirci altro?”chiese poi speranzosa guardandolo con gli occhioni color del platino dall’ espressione incredibilmente tenera;una muta supplica che sfoggiava per intenerire i suoi simili e piegarne la volontà.
“Oh, sì, ho delle belle notizie da rivelarvi. Durante il mio ultimo controllo per la Grande Madre e per la mia sovrana ho avuto modo di scorgere per un po’ questa ragazza umana: ebbene, lei è nientemeno che una Victrix, anche se di decimo grado. Sembra che il suo nome sia Kazama Hoshiko e il suo soprannome Kyndrha, almeno in quell’ ambito.”Il maggiordomo tirò fuori tutte queste informazioni con il tono di voce di chi ha appena trovato il modo di curare una malattia incurabile.
I due principi ammutolirono dalla sorpresa.
“Inoltre suggerirei al signorino di non dubitare più del nostro fidatissimo Specchio delle Rivelazioni. Se ha fatto comparire l’ immagine di questa Hoshiko vuol dire che un motivo ci sarà: probabilmente la ragazza conosce chi potrà salvarci, oppure
-chissà?- sarà proprio lei a farlo. Sta di fatto che è una prescelta. Lo Specchio non mente mai.”
Quest’ ultima battuta fu proferita con un leggero tono di rimprovero, poi Betelgeuse girò i tacchi e lasciò la Sala delle Rivelazioni, ossia lo spazio bianco in cui fluttuava quello che tutti chiamavano Specchio delle Rivelazioni, appunto. Inizialmente non era che un normale specchio umano, ma Andromeda, una delle antenate della Regina, lo aveva dotato dell’ incredibile facoltà di suggerire, tramite la magia, le soluzioni più adatte ai problemi più gravi, espresse sottoforma di immagini o brevi filmati talvolta provenienti da altri mondi.
Per quanto riguarda la Sala, non era una vera e propria stanza, al contrario: più che altro era uno spazio lattiginoso che pareva espandersi all’ infinito, ma ad un certo punto si chiudeva a formare una sfera.
In realtà si trattava del nucleo del Mondo Astrale, la parte più interna e quella più calda, alla quale solo la famiglia reale e la corte potevano accedere indenni.
“Visto, Rigel? Te l’ avevo detto!”esultò Mirtaka con un saltello che rischiò di farla inciampare, dato l’ enorme strascico che aveva il suo vestito.
“Okay, hai vinto la commessa. Cosa dovrò fare per te?”rispose, leggermente abbattuto, suo fratello, che camminava trascinando i piedi in modo innaturale.
“Mi scriverai un madrigale!”
“Che cosa?!? Ma se sono una frana a comporre poesie!”
“Ehi, avevamo scommesso che se io fossi riuscita a trovare la prescelta tu avresti esaudito un mio desiderio e viceversa. Io ho vinto ed uno dei miei desideri è veder scritto un madrigale dedicato a me.”
“Se verrà scritto malissimo non te la prendere però.”
“Io conto su di te, fratellino, quindi non mi deludere. Ad ogni modo devo andare… Ciao!”
Rigel guardò la sorella correre via con un risolino e poi ripensò a tutto ciò che era accaduto secoli e secoli addietro. Era la principessa Ariyath che intrecciava danze a centro di un salone dal pavimento con un mosaico, era Ariyath colei che salutava il popolo passando senza scorta tra le strade di un modesto villaggio, era Ariyath che, in barba al galateo, correva a piedi scalzi sul prato rimanendo senza fiato e senza forcine. Ed era sempre Ariyath che lesse l' Undicesima Pergamena, sacrificandosi per amore di un popolo che non era neanche il suo.
La principessa di Spartan City era bella quanto coraggiosa, dato che a suo tempo non aveva esitato ad unirsi alle truppe del Mondo Astrale per salvarlo dalla distruzione che avrebbero potuto portare l’ esercito degli Xariam, i loro nemici più terribili dopo il malvagio Blueshift, che li aveva fatti penare parecchio e a più riprese.

Ora si era risvegliato e la sua vendetta sarebbe stata terribile, una sorta di seconda Apocalisse: in pratica, la fine per l’ Universo, e non solo per questo Universo.
***
 
P.O.V Mirtaka
Ormai sono nella sala del trono. Che bellezza! Nonostante sia figlia di una regina e quindi abituata alle severe regole di una corte, il mio cuore fa sempre un salto di gioia quando ho l’ occasione di parlare a mia madre: sì, perché non esito a dimostrarle il mio affetto, neanche in pubblico. Insomma, Sua Maestà Lyra mi ha amata e cresciuta e io le voglio un gran bene, da buona figlia. Cosa sarei senza di lei?
Mi piace stare insieme alla mia famiglia (mia madre e mio fratello, perché mio padre è andato via tanti anni fa), adesso più che mai, dato che i momenti sereni si stanno diradando mano a mano ed io passo sempre più tempo con la servitù.
Betelgeuse mi è molto simpatico, anche Deneb, il nostro messaggero; poi c’è Capella, la camerista, e Aldebaran, il nostro menestrello. Ah, e Sirio, il nostro precettore: a dire il vero è leggermente seccante, perché (come Rigel) è fissato con le regole del galateo e certe volte è troppo “controllato”, quindi io cerco di sbloccarlo un po’ facendogli dei dispetti di tanto in tanto. Non sono molto principesca, lo so.
Ecco Lyra: l’ ho sempre trovata bellissima, con i suoi lunghi capelli azzurri liscissimi, gli occhi dorati, il viso che sembra voler abbracciare il mondo intero e i vestiti semplici ma eleganti… Io non le somiglio affatto, sono la copia sputata di mio padre.
La saluto con un inchino e la mia parlata è decisamente formale: la cosa mi costa parecchio, ma non posso dirle che abbiamo finalmente trovato la prescelta usando il linguaggio colloquiale perché la notizia è troppo importante. Lei sorride, ma questo suo sorriso è tirato e stanco… Da quando il nostro più potente nemico è tornato all’ attacco non ha più un attimo di pace.
Arriva anche Rigel, con il volto serio e la fronte corrugata.
Non spiccica parola ed io lo so che sta pensando al passato, alla valorosa e bellissima principessa italiana, al tempo della guerra Xariana e al nuovo pericolo che incombe su di noi. So anche che non ha molta fiducia nella ragazza dello Specchio… Non è mai stato molto ottimista, lui, e per questo si deprime facilmente.
Io, invece, sono dello stesso parere del nostro maggiordomo.
Dopo che Ariyath ebbe letto l’ Undicesima Pergamena morì, perché si era fatta carico di un potere troppo grande, lasciandoci in dono quello che poi sarebbe diventato il nostro strumento più prezioso, e fu proprio grazie a quelle terribili parole che la Regina Andromeda riuscì a vincere la battaglia qualche secondo prima che essa spirasse.
Mentre la nobildonna terrestre agonizzava, la stessa Regina le fece un dono speciale: decretò che uno dei suoi discendenti ci avrebbe salvati da un grande pericolo, proprio come fece anche lei, ed usò la magia per far sì che quella predizione si avverasse.
Noi Esseri Astrali, modestia a parte, ci sappiamo fare con le arti magiche, quindi è dato certo che quella premonizione, prima o poi, si debba avverare.
Ed io sono certa, grazie a ciò che ho visto e alle informazioni di Betelgeuse, che questa Kazama Hoshiko ci aiuterà a salvarci.

Angolo dell' Autrice
Wappa! Sì! Che bello! Son riuscita a far comparire la Corte Astrale! Ora sì che le cose si complicano!
Okay, lo so... Il capitolo è cortino, scritto abbastanza confusamente e per ora ho tracciato solo (e neanche troppo bene) il profilo del principe, della principessa e del maggiordomo, oltre ad alcune comparse e la regina... Ricordate in quale capitolo di questa storia è comparsa?
A proposito, sapreste dire da cosa ho preso spunto per i nomi della famiglia reale e dei cortigiani? C'è qualcuno che (per ora) preferite?
Poi compare Ariyath (è un nome cretino, lo so, ma mi ispirava), questa misteriosa principessa: cosa ne pensate? Secondo voi è davvero un' antenata di Hoshiko?
Ovviamente vi chiedo, come sempre, di segnalare eventuali errori che alla mia mente bacata sono sfuggiti, e ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa storia, la stanno recensendo oppure che l' hanno inserita tra le preferite/seguite/ricordate, perchè io non sarei nulla senza di voi!
Recensite in tanti!
See you!
-Puff



  

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Oikos ***


 
Capitolo 14
Oikos

 
Hoshiko teneva lo sguardo fisso verso i binari della monorotaia, insieme ad altre centinaia di persone ammassate e pigiate come le acciughe in scatola nonostante fossero le sei del pomeriggio: a quanto pare per i trasporti pubblici non esisteva un’ ora morta, tranne forse le prime ore della notte. O forse neanche quelle.
Decise che non aveva affatto voglia di ritornare a casa.
“A casa”…. Poteva dire, lei, di avere una casa?
Probabilmente no. Ma perché adesso si stava ponendo quella domanda, e decisamente nel momento meno opportuno, dato che il solito speaker dalla voce gracchiante stava annunciando l’ arrivo quasi prossimo del treno?
Semplicemente perché la giovane Kazama non era esattamente famosa per la sua “leggerezza”, anzi, se la chiamavano “la filosofa” ci doveva pur essere un motivo.
Le ultime ore a casa di Yuma le aveva passate a ripetere geografia e greco, con Ayumi che le correggeva ogni minimo errore di pronuncia, Astral che posava lo sguardo prima sulle strane lettere che componevano ogni singola parola del dialetto ionico-attico e poi su di lei, mentre il giovane Tsukumo si lamentava perché le espressioni di algebra non gli riuscivano.
“Hoshiko, come mai studi questa lingua?”le aveva chiesto curioso lo spirito semievanescente guardandola sbuffare sulla terza declinazione. “Mi sembra alquanto difficile e ti secca parecchio, se non erro.”
“Già… Mi secca perché per certi versi è una lingua insopportabile, ma non è poi così male. Se lo leggi correttamente, il greco risulta parecchio musicale, inoltre ha molte meno eccezioni del latino.”Rispose lei scarabocchiando un numero su un foglietto. “Ma parlo da inesperta, Astral, ho cominciato quest’ anno. Sono sicura che avrò sempre più gatte da pelare mano a mano che procederò nello studio.”
“Gatte da pelare? Latino?”
Chissà perché s’ era interessato tanto… Ad ogni modo Hoshiko gli aveva spiegato brevemente cosa fossero per poi ritornare a fare l’ analisi logica della versione che aveva davanti agli occhi, semplice ma orribilmente lunga, sempre con Astral che seguiva con lo sguardo i movimenti della sua mano destra, la mano con cui scriveva.
“Okay, Hoshiko, ora che hai finito ripassiamo la seconda declinazione. Fletti oikos, oikou, per favore.”
Ayumi ha sempre un non so che d’ imperioso nella voce bassa e melodiosa, e forse era proprio per quello che ad ogni suo ordine noi tre amici ubbidiamo all’ istante, anche Hoshiko che la conosce da un pezzo, aveva notato Astral sentendola parlare. Infatti il “per favore” che aveva appena proferito sembrava più un ordine che una formula di cortesia.
Ad ogni modo, la corvina era scattata sull’ attenti ad aveva cominciato a declamare strane parole.
Oikos, oikou, oiko, oikon,oike.
Oiko, oikoin.
Oikoi, oikon, oikois, oikous, oikoi*.
Questo aveva sentito Astral.
Casa, della casa, alla casa, casa (oggetto) , o casa.
Casa (Soggetto/Oggetto), della/alla casa.
Case, delle case, alle case, case (oggetto), o case.
Questo, invece, era ciò che aveva letto sul libro di Hoshiko. Solo lui ed Ayumi, perché il duellante dagli occhi cremisi era troppo impegnato a sbuffare dietro la sua espressione.
La corvina si impose di smettere di fantasticare, ma era più forte di lei.
Dopo aver declinato il nome si era lamentata di non averne una, di casa, e lo spirito dagli occhi bicolore le aveva chiesto come mai potesse dire ciò, perché sapeva bene che Hoshiko alloggiava nelle residenze per gli studenti della KHS insieme alle sue migliori amiche.
Lei, con un sospiro, gli aveva spiegato: “Vedi, Astral, per me una casa non è un semplice agglomerato di mattoni in cui poter sbrigare le mia faccende, potrei farlo in quelle residenze come in una tenda degli Indiani d’ America. Io intendo la casa come un luogo in cui puoi trovare amore, protezione e solidarietà, ma non solo.
Insomma, una specie di focolare domestico che a me è precluso, perché purtroppo non ho trovato tutti questi buoni sentimenti in giro… Ed è strano, sai: io ho sempre creduto che una come me non avrebbe mai potuto ricevere amore, quindi si sarebbe dovuta accontentare di quel poco che riceve, ma non è così. Più sento che quell’ angelo di Eleanor mi vuole bene, più vorrei essere amata.”
Non aveva mai potuto immaginare, la ragazza Kazama, il putiferio di pensieri e la conseguente riflessione che avevano scatenato in Astral le sue parole; in quel momento stava sbuffando seccata perché avevano appena annunciato che la monorotaia portava un ritardo di oltre mezz’ ora. Proprio all’ ultimo minuto.
“Che sfortuna!”pensò con un moto di stizza. Non aveva potuto prendere quella precedente perché era così piena che a momenti straripava, come avevano testimoniato i volti sudaticci, rossi e pazzi di gioia dei passeggeri che scendevano.
Decise di uscire.
Lasciò il suo posto a sedere con lentezza, come se quel movimento la bloccasse; zigzagò non vista tra la folla di pendolari, troppo occupati per pensare a lei; poi scese delle scale verniciate di rosso con rapidi passetti regolari per ritrovarsi, finalmente, fuori.
Attraversò di volata la strada, salì sul marciapiede, si tolse la borsa dalla spalle e fece uscire Hachi, che abbaiò felice, si sistemò Creamy sulle spalle e prese la strada che portava al mare.
Perché stava ripensando a ciò che aveva detto ad Astral qualche ora prima?
Cosa importava, a lei che era un mezzo demone, dell’ amore?
Come mai quella bella sensazione di calore umano che spesso si prova in famiglia non le era stata concessa?
Per quale strano motivo suo padre e sua madre erano periti prima che lei fosse abbastanza pronta per cavarsela da sola? Anzi, perché era successo decisamente troppo tempo prima?
Non lo sapeva.
Sua nonna Sakura diceva spesso che se si deve vivere poi si deve morire e ritornare polvere nel vento, ma può mai capitare così presto, a neanche trent’ anni? Dal recente ricordo**, aveva capito che Ayumi Hayashibara, sua madre, era morta per proteggerla da un incombente minaccia per mano di un Vir Niger, uno di quegli uomini che combatteva anche lei; mentre di suo padre non sapeva, o meglio, non lo ricordava.
Probabilmente la vita sarebbe stata più facile per lei con Ayumi e Junichiro (il nome era tutto ciò che le rimaneva del padre) al suo fianco, ma qualcosa, o forse qualcuno, aveva decretato che lei avrebbe dovuto rimanere sola fin dalla più tenera età.
Ma la storia non le suonava convincente: aveva un disperato bisogno d’ amore e le prime persone da cui lo si riceve sono proprio i genitori. Certo, c’ erano “mammina” e suo figlio, il piccolo Jackie Knight, di appena sei anni, che lei amava come se fosse un fratellino (ed era ricambiata), oltre a una bella combriccola di amici tra Victor e non, ma non le bastava.
Dai suoi ricordi affiorarono due visi: uno allegro, abbronzato, irriverente, dai lunghi capelli corvini e gli occhi neri, con un sorriso scanzonato; l’ altro dalla pelle pallida, con grandi occhi smeraldini e i capelli all’ apparenza morbidi, anch’ esso sorridente, ma il suo sorriso era gentile e dolce come le stelle che rischiaravano la notte.
Era arrivata alla spiaggia e i suoi sandali sprofondavano sempre di più nella sabbia dorata, per cui se li tolse, li ripose per benino nella borsa e decise di fare una corsa.
Il vento che le sfiorava la pelle e le sollevava i lunghi capelli corvini donava una sensazione di autentica libertà, così come le donava felicità vedere il piccolo Golden Retriever correrle affianco abbaiando felice e la gattina europea color della crema pasticciera che si reggeva disperatamente alla sua spalla cercando disperatamente di non cadere.
Hoshiko emise un risolino, ma proprio sul più bello incominciò a piovere.
Inizialmente non era che una pioggerellina sottile e delicata, ma mano a mano le gocce di pioggia si appesantirono e quella che poteva sembrare solo una precipitazione passeggera si trasformò in un acquazzone che, senza pietà, batteva su ogni tetto, su ogni finestra, su ogni porta della città.
Tutto questo, però, non la disturbò minimamente: era bello, per una volta, liberarsi da tutte le ansie, le paure, le preoccupazioni e i proprio doveri per poter fare solo quello che più ci aggrada, così Hoshiko continuò a correre ridendo come una matta, bagnandosi tutta e facendo bagnare i suoi trovatelli.

Quando la corsa finì, la ragazza trovò riparo in una grotta che per sbaglio (o per fortuna?) Madre Natura aveva piazzato molto vicino a delle pozze naturali, famose per la limpidezza delle loro acque. Era così stanca che, dopo essersi messa una bandana in testa, crollò addormentata sulla parete rocciosa su cui aveva poggiato la schiena dopo che si fu seduta, vista solo dalle stalattiti e dai suoi amici cuccioli.
***
 

Un’ egiziana con la veste di lino, con i lunghi capelli neri al vento e un bracciale d’ oro che raffigura un cobra, simbolo di regalità.
Una fenicia sorridente, dalla veste color porpora e la pelle impregnata del tipico profumo degli allora boschi del Libano.
La piccola araba, con la pelle scurita dal sole, gli occhi che risplendono e la camminata che pare una danza gioiosa.
La ragazza normanna, invece, ha la pelle color panna, gli occhi come zaffiri e bei capelli biondi. Regge in mano uno scudo troppo pesante per lei.
E infine la figlia del capo dei pellerossa, con i suoi vestiti di pelle di bue, la piuma d’ uccello tra i capelli corvini, il tomahawk in mano e i piccoli segni rossi sul viso.
Cos' hanno in comune?
 

 

Kazama Hoshiko, cos’è che desideri?

 
 
 
Nulla. I desideri sono stati la rovina della mia famiglia.
Non voglio neanche sentirli nominare.
 
 

 
Non mentire a te stessa, Figlia del Vento. Sai bene che ne hai almeno uno.

 
 
 
Sì, quello di avere una vita normale e qualcuno che mi ami.
Ma so già che sono irrealizzabili, date le circostanze.
 
 
 
 


Non dire sciocchezze. Sai bene che la vita non è mai “normale” ed ogni giorno
ha in sé qualcosa di diverso. E sai bene anche che
nulla è impossibile, se ci credi.
Non temere, Hoshiko, prima o poi la gioia busserà anche alla tua porta.
Certo, prima dovrai tribolare.
Ma sarà solo un ultimo sforzo.
I giorni più belli stanno per arrivare.
Avrai anche tu il tuo oikos.

 

* Questa è una traslitterazione molto alla buona delle lettere greche. Avrei potuto anche inserirle, ma volevo essere sicura che tutti voi capiste. Classicisti, risparmiatemi!
** Vedere Capitolo 6



Angolo dell' Autrice
Come potete vedere, non sono morta. Anzi, mai come in questo periodo devo scrivere velocemente per pubblicare nuovi chapters ed accontentare voi fan(?). Fu così che, in questo 14esimo/15esimo capitolo sbucò fuori il "caro" Signor Greco... Essì, ho voluto condividere la mia sorte con Hoshiko, dato che sono reduce da una versione di 12 righe buona soltanto a procurarmi una bella emicrania! (Cosa di cui a voi non fregherà nulla) Sarà anche per questo che ho scritto in modo, a mio parere, abbastanza confuso? Spero che a voi piaccia comunque questo chappy.
Una piccola delucidazione: la parte in corsivo che chiude questo obbrobrio capitolo è un sogno. La parte al centro è una sorta di descrizione molto confusa, mentre le parti a sinistra e a destra sono le battute di due personaggi (ma LOL, non s' era capito): Hoshiko (Capitan Ovvio alla riscossa) ed un' altra voce femminile. Qualche ipotesi? Chi potrebbe essere, secondo voi?
Ebbene: questo nuovo chap è leggibile o è completamente da cestinare?
A voi l' ardua sentenza!
See you!
-Puff
PS: Ora che ci faccio caso, l' ultima frase è abbastanza cretina. Potete fucilarmi se volete.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: Un' anima per due identità: il segreto di Kyndrha ***


 

Capitolo 15
Un’ anima per due identità: il segreto di Kyndrha

 
Il giovane si era cacciato proprio in un bel guaio nel voler gironzolare per i vicoli di Heartland: ora era accasciato a terra, spaventato e con una strana ferita al polso dalla quale sgorgava non del sangue, ma uno strano liquido vischioso e nero come l’ inchiostro.
Accanto a lui, uno specie di sacca d’ ambra grigia rinchiudeva uno spirito dalla pelle pallida, che si contorceva in preda agli atroci dolori che gli provocavano piccole e strane cariche elettriche color della notte senza luna. Ad ogni scossa quello emetteva strani mugolii misti a grida di dolore che si facevano mano a mano più deboli, come se gli fosse stata sottratta dell’ energia vitale. Dopo sei o sette urla lo spirito ebbe un piccolo tremito e  perse i sensi: sembrava dimagrito e destabilizzato, notò il ragazzo posando i suoi occhioni verdi su di esso. Dall’ alto, quindici paia di occhi appartenenti ad una combriccola di criminali completamente in nero guardavano sia lui sia la sacca d’ ambra con soddisfazione.
“Perfetto, la cattura è riuscita perfettamente.”disse malignamente una voce maschile e molto profonda. “Finalmente potremo portare uno spirito al Dr. Mysterious senza che quei dannati Victores ficchino il naso nei nostri affari.”
“E del ragazzino cosa ne facciamo?”Chiese una voce algida e senza sonorità appartenente ad una donna.
“Lo congeleremo in un altro momento, così vedrà cosa succede a chi si mette inopportunamente a gironzolare per i vicoli.”
La parola “congeleremo” suonava più minacciosa che mai. Il quindicenne abbassò lo sguardo sulla sua ferita e gli occhi gli si inumidirono: quello strano liquido nero continuava a sgorgare, come se quel graffio sul suo polso non fosse un taglietto rosso e bruciante, ma una specie di fonte di dolore. Ormai tutto il suo braccio era tinto di nero.
“Non penserete di passarla liscia!”esplose una giovane voce femminile proveniente dall’ altro capo della strada.
A parlare era stata una ragazza di tredici-quattordici anni, dai capelli marroni rinchiusi in una crocchia bassa dalla quale pendeva una treccina e gli occhi irati del medesimo colore. Indossava una specie di tuta azzurra fermata in vita da un nastro dorato che terminava in un fiocco e ai piedi calzava degli stivali di cuoio blu. Portava in vita anche una specie di fodero che pendeva dalla cintura e che conteneva una sorta di coltello svizzero, oltre ad un pugnale, inoltre aveva un armamentario nascosto che avrebbe fatto invidia al migliore dei ninja. Era chiaramente sua intenzione sfidare quegli uomini vestiti di nero, ma dopo poche mosse si ritrovò in svantaggio. Dopo cinque minuti si ritrovò con le spalle al muro, accerchiata, con il suo stesso pugnale puntato alla gola. Era spacciata.
Il giovane sospirò gravemente: l’ arrivo della ragazza gli aveva procurato un briciolo di speranza che fu cancellato pochi attimi dopo, data la chiara inesperienza della giovane nella lotta. Persino lo spirito imprigionato emise un lamento, quasi avesse percepito la mancata speranza di salvezza tra gli spasimi e il dolore che lo consumavano.
“Ehi, ehi, cosa sta succedendo qui?”
L’ improvvisa domanda gli fece alzare la testa,ma non vide altro che un corpo snello e incredibilmente alto nascosto nell’ ombra.
“Dannazione! Un’ altra Victrix!”
“Kyndrha-senpai!”
“Bene, vedo che una delle mia compagne è qui.”proferì poi la voce misteriosa in tono leggermente provocatorio. “Mi dispiace non potermi presentare come si deve, ma ho un lavoretto da svolgere.”
Detto questo, l’ ombra alzò un braccio, fu circondata da quattro luminosi anelli azzurri e spiccò un salto formidabile dalla considerevole altezza di ben quindici metri.
Poco dopo, davanti al ragazzo, si ergeva in tutta la sua maestà e la sua altezza la più bella ragazza che egli avesse mai visto: pelle color dell’ avorio; magnifici capelli corvini rinchiusi nella stessa acconciatura della ragazzina circondata; freddi occhi azzurro-bluastri che scintillavano agguerriti; belle spalle spioventi; arti lunghi e una grazia incredibile in ogni movimento. Indossava la stessa tenuta della compagna più giovane, con la sola piccola differenza che gli stivali non erano di cuoio blu ma marrone. Anche le sue armi erano diverse: come la ragazza dai capelli castani anche lei aveva un pugnale, ma il suo aveva l’ elsa d’avorio; aveva inoltre un fioretto, una sorta di bolas argentine che pendevano da una croce d’ oro e reggeva una lancia nera la cui punta ricordava anch’ essa una croce.
L’ attenzione generale dei farabutti venne subito rivolta a lei, tant’ è vero che essi si lanciarono verso la nuova arrivata brandendo lei piccoli oggetti cubici che si rivelarono poi essere pieni di gas paralizzanti, ma la ragazza prese le sue bolas e li afferrò ancora prima che quelli  si potessero lanciare su di lei, gettandoli via.
La novellina, nel frattempo, aveva approfittato della situazione per sgattaiolare via carponi e in quel momento si stava godendo la scena di lotta con l’ espressione di chi sta guardando qualcosa di estremamente avvincente al cinema. Il quindicenne pensò che le mancassero solo dei popcorn per completare la scena.
I delinquenti in nero decisero di cambiare strategia e ricorsero ai vecchi duelli  “cappa e spada”, dato che sguainarono anch’ essi dei fioretti e assunsero un atteggiamento di sfida.
La Victrix  corvina, però, non si lasciò affatto spaventare.
Subito dopo, il clangore delle spade risuonò in tutto il vicolo. Le donne appartenenti alla banda criminale, i “pesci piccoli”, furono fatte fuori da Kyndrha in pochi minuti: la ragazza era un’ ottima spadaccina e i suoi punti forti erano le stoccate e gli affondi.
Uno dei più abili, un tizio grassoccio con pochi capelli grigi sulla testa, la mise in difficoltà per qualche minuto con una serie di attacchi combinati un po’ troppo potenti (l’ uomo non sapeva calibrare bene la sua forza) che arrivarono a disarmarla.
Ma, subito dopo, lei prese la sua lancia e, facendola roteare, la usò come una spada.
Fu un’ ottima scelta perché la ragazza dagli occhi azzurri arrivò a disarmare tutti i suoi avversari, e quando uno dei più giovani arrivò a soffocarla stringendole molto forte il collo, lei riuscì ad afferrarlo per i polsi e, piegandosi sulle ginocchia, lo fece sbattere con la schiena per terra.
“Ehi.”disse la novellina rivolta al ragazzo. “Lei ti piace proprio, eh?”
Lui non rispose e abbassò la testa, mentre le sue guance assumevano diciotto tonalità diverse di rosso.
“Beh, non c’è da stupirsi.”continuò la ragazzina. “Certe volte Kyndrha-senpai può sembrare sgradevole, perché è spesso seria seria e con un viso accigliato, inoltre è molto schietta e non c’è quasi verso di calmarla se si arrabbia. Però è molto carina, senza dubbio una delle più carine delle Victrix di decimo grado, con il corpo da modella, gli occhioni blu da bambola e quei capelli neri. È brava in tutto, piena di buon senso, intelligente, molto disponibile e portata per la lotta: il nostro insegnante di karate è trasecolato quando si è presentata alla prima lezione. Tutti la adorano perché è anche parecchio gentile… Anche se non al punto da suggerire durante i compiti in classe.” L’ ultima frase lasciò sfuggire ad entrambi un risolino. “Spero di diventare come lei.”
In quel momento Kyndrha si era avvicinata all’ uomo che aveva steso e stava controllando il suo battito cardiaco tastandone il polso.
“Non è morto.”disse poi, non dispiaciuta come si aspettava il ragazzo, ma sollevata.
“Beh, poco ci manca.”intervenne la castana alzandosi da terra e correndo vicino alla compagna più grande. “Gliele hai proprio suonate.”
“Trovi?”
“Già. Come Artemis di fronte ai suoi avversari a judo.”
La corvina sorrise, poi si girò e si avvicinò alla sacca d’ ambra che rinchiudeva lo spirito.
Ci poggiò una mano sopra e chiuse gli occhi, come per concentrarsi, ma la tolse quattro secondi dopo.
“Lo spirito all’ interno è molto destabilizzato e la sacca sta per chiudersi. Siamo arrivate al momento giusto, Athena, quindi non preoccuparti. Abbiamo solo bisogno del Seme purificato di quell’ uomo.”riferì alla castana con un tono tra il preoccupato e il tranquillo. “Ci pensi tu?”chiese poi.
“Forse è meglio che lo faccia tu, senpai. Io non sono riuscita neanche a fermare quegli uomini, quindi figuriamoci ad estrarre il Seme della Malvagità e a depurarlo.”le rispose la compagna abbassando la testa. Due lacrimoni scesero sulle sue guance rosee.
Prima che potesse aggiungere altro, Kyndrha poggiò le sue mani sulle spalle dell’ amica, le fece rialzare la testa e le disse:“Aya Kusakabe. Non dubitare così di te stessa. Non hai colpa se non hai potuto battere i Viri Nigri, perché sei ancora inesperta, in quanto Victrix da appena due mesi. Hai bisogno di affinare le tue tecniche. Anzi, sei stata molto coraggiosa a venire qui di tua spontanea volontà per salvare lo spirito: la tua bontà ti fa onore. Io stessa non sono così altruista. Sei stata però anche molto sprovveduta: avresti dovuto essere accompagnata dalla senpai a cui sei stata affidata.”
“Ma stava male e gli altri erano tutti impegnati! Che cosa potevo fare?”
Kyndrha piegò la testa di lato. “Capisco, è stato un’ imprevisto. Ad ogni modo, non dubitare così delle tue abilità, è un male. Mi è capitato di assistere a qualche tua lezione e, credimi, non sei affatto male nell’ arte dell’ estrazione. Ti ho chiesto di farlo perché non imparerai nulla se continui solo a seguire le lezioni: l’ esperienza è la migliore delle insegnanti, credimi. Ti aiuterà a migliorare e magari un giorno arriverai persino a superarmi. Devi solo allenarti, fare esperienza e credere in tutto ciò che fai. D’ accordo?”
Il sermoncino della ragazza più grande a quanto pare ebbe un certo effetto su quella più piccola, perché la diretta interessata fece un sorriso a trentadue denti e, con un grazioso “Okay”, si avvicinò al Vir e, facendo alcuni gesti e pronunciando parole appartenenti ad una lingua morta, fece uscire dal petto dell’ uomo uno strano e piccolo seme tutto nero.
Allo stesso modo, tendendo una delle braccia verso il seme e facendo scorrere graziosamente l’ altra verso l’ esterno, la castana “ripulì” il seme dalla stessa sostanza liquida e vischiosa presente sul braccio del ragazzo, che andò a deporsi dentro ad una gemma bluastra che la ragazzina portava su un bracciale.
Il seme così ripulito fu successivamente posto con delicatezza in una crepa della sacca d’ ambra, che esplose in mille schegge e svanì a contatto con l’ aria, e infine restituito al legittimo proprietario, che si rialzò un po’ intontito da terra.
“Bravissima, Athena.”approvò Kyndrha, che aveva seguito tutta la scena, con un sorriso e un cenno della testa. “Hai il nome della dea della guerra, ma anche delle arti femminili e dell’ artigianato. Siine all’ altezza.”
“Lo farò!”rispose la castana. “Se non ti dispiace prenderò io in custodia sia lo spirito sia il Vir.”
“Oh, dell’ ultimo posso anche occuparmene io.”intervenne una nuova voce.
Era una compagna delle due ragazze e portava la loro stessa divisa, ma non portava armi con sé. Aveva i capelli biondicci e grandi occhi color caramello.
“Oh, Demetrie!”esplose Athena andando ad abbracciare la nuova venuta. “Demetrie è la mia senpai.”spiegò a Kyndrha. “Ti senti meglio?”chiese poi alla bionda.
“Certamente.  Kyndrha, grazie per esserti presa cura di Athena e scusami se non sono intervenuta. Prenderò io in custodia il Niger e insieme faremo ritorno alla Base. Vieni anche tu con noi?”disse Demetrie.
“No.”rispose con gentilezza la corvina. “Grazie per l’ invito, ma ho altre faccende di cui preoccuparmi.”
“Okay, allora. A presto!”salutarono ad una voce la castana e la bionda.
La corvina attese che le due compagne se ne fossero andate, poi schioccò le dita e quattro anelli la circondarono e percorsero dal basso all’ altro tutta la sua figura.
Il ragazzo non poté credere ai suoi occhi.
La ragazza che gli si avvicinò non era la bella battagliera di qualche attimo fa, sebbene le somigliasse tantissimo, bensì colei che aveva soccorso ben due volte, in monorotaia e nella pista di pattinaggio. In quel momento portava un grazioso vestito di cotone azzurro dalla gonna con l’orlo smerlato e con varie decorazioni raffiguranti dei fiori d’ arancio. Al posto degli stivali calzava delle ballerine di stoffa in tinta con l’ abito, i lunghi capelli erano legati in una coda bassa e portava al collo una conchiglia.
Anche lei parve riconoscerlo, perché non appena si sedette sulle ginocchia per constatare l’ entità dei danni che egli aveva subito, lo guardò bene in viso ed esclamò, con un moto di sorpresa: “Oh, il ragazzo del canopo!”
“Esattamente.”sorrise lui. “Ma tu cosa ci fai qui? Prima c’ era un’ altra ragazza… Kyndrha, mi pare.”
La Kazama schioccò le dita e due attimi dopo davanti al ragazzo dai capelli color confetto c’ era di nuovo la Sacerdotessa Victrix.
Un’ altro schiocco di dita e Kyndrha ritornò ad essere Hoshiko.
“Tu…Lei… Siete la stessa persona? Non ci posso credere!”esclamò il giovane incredulo guardando Hoshiko che ritornava alla sua identità da Victrix.
“Esatto.”rispose lei mordendosi il labbro inferiore. “Ma questo deve continuare ancora ad essere un segreto. Fammi vedere il polso.”ordinò poi, ma con un tono gentile.
Fortunatamente per entrambi, la ferita era poco profonda e quel liquido vischioso, che si scoprì poi essere una sorta di marchio dei Viri Nigri, era quasi del tutto scomparso con la loro sconfitta. Per rimuovere quel poco che era rimasto, Kyndrha fece chiudere gli occhi al ragazzo e poi cantò una canzone misteriosa, le cui parole erano un miscuglio incomprensibile di lingue antiche ed europee, che fece muovere il resto dell’ ambra nera come se fosse un serpente per poi farla posare sulla stessa pietra che Athena portava al polso.
Kyndrha si ritrasformò in Hoshiko e diede una mano al ragazzo affinché si potesse rialzare.
“Devi andare da qualche parte?”gli chiese poi gentilmente. “Se vuoi, posso darti un passaggio: ho la bici parcheggiata qui vicino.”
“Sei molto gentile… In effetti mi aspettano dalle parti dell' Hotel ***. Ma posso chiederti il tuo nome?”rispose il quindicenne con un certo imbarazzo: quella ragazza metteva già abbastanza soggezione data la notevole altezza, ma dopo quel che aveva scoperto non sapeva più cosa aspettarsi.
“Certamente. Io sono Hoshiko Kazama, in arte Kyndrha. E tu?”
“Il mio nome è Three.”
“Uhm.”fece lei poco convinta, ma divertita, alzando una delle sue nerissime sopracciglia. “Carino. Mi dirai il tuo vero nome non appena sarai pronto… Io ti devo chiedere di mantenere il segreto su quanto hai appena scoperto. Ad ogni modo, ti posso accompagnare: la mia amica Hitomi e Jackie mi aspettano poco più su.”
“Hai la mia parola d’ onore per quanto riguarda il tuo segreto.”disse Three allegro portandosi una mano alla fronte, come se fosse stato dinanzi ad un generale. “E grazie per la tua gentilezza.”
Hoshiko rimase quasi incantata nel notare lo sguardo profondo di colui che aveva di fronte, con quegli occhi color dello smeraldo tanto espressivi. Si sentì molto scombussolata, ma felice, come quando guardava le stelle dall’ alto dell’ Osservatorio Astronomico di Heartland City: entrambe sensazioni bellissime, ma misteriose.
Ad ogni modo, si mantenne serena per la maggior parte del tragitto in bicicletta, arrivando persino a canticchiare sottovoce.
Dal canto suo, in quell’ arco di tempo, Three, seduto sul portapacchi di una bici color azzurro cielo che recava su un lato la frase in corsivo “The courage of an handpicked flower”, non notò altro che quella misteriosa ragazza e il suo canto soave ed argentino, che parlava di una principessa caduta mentre cercava di salvare un popolo sconosciuto.
 

 

 

Angolo dell' Autrice
Bene. *prende un respiro profondo* Allora, ecco a voi il quindicesimo capitolo! Partiamo con una serie di aneddoti davvero interessanti.
Non so perché, ma vi consiglierei di leggere la scena di combattimento di Kyndrha/Hoshiko con un buon sottofondo musicale, magari "Credens Justitiam" (sì, mi sono ispirata alla cara e boccolosa Mami "Senpai" Tomoe per quanto riguarda quella scena, anche se probabilmente di "MamiTomoesco" non avrà proprio un bel niente) o, se amate le canzoni più ritmate o dal ritmo rockeggiante, vi consiglio "Numquam Vincar" delle Kalafina.
E, per la gioia delle sue fangirls (me compresa LOL), Three è tornato a muoversi sullo scenario di "Like a rose thrown into a violent breeze" dopo ben nove capitoli e a quanto pare si è preso una cotta per Hoshiko! E sembra pure ricambiato! Ma le Parche permetteranno, secondo voi, a questi due giovani di vivere una storia d' amore tranquilla? *Risata diabolica*
Infine, la rivelazione shock(?): anche per la mia storia (e per la sottoscritta) è venuto il momento di prendersi una "piccola pausa".
A brevissimo, infatti, partirò per le tanto sospirate vacanze estive e non credo di potermi connettere ad Internet; nel caso mi sia possibile, comunque, non potrei pubblicare ulteriori capitoli, per cui starò qui su EFP (ammesso e concesso di avere la connessione) solo per leggere e lasciare qualche recensione. (Il prossimo capitolo arriverà infatti verso i primi di settembre)
Ad ogni modo, vi lascio la parola. Come vi è parso questo "provvisoriamente ultimo" capitolo?
See you!
-Puff
PS: Penso di non aver mai scritto così tanto, né per i chapters né per i miei consueti Angoli. Mi sono proprio superata! O.O
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
      
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Uno sguardo diverso ***


                                                                                Capitolo 16
            Uno sguardo diverso

Le due persone erano nella stessa zona dello stesso parchetto cittadino, eppure i loro sguardi non si sfioravano. L' una teneva i lunghi capelli neri rinchiusi in uno chignon e aveva intrecciato le ciocche blu in due treccine che evidenziavano i tratti al contempo decisi e delicati del viso ovale. Indossava una maglia azzurra a mezze maniche, un pantalone largo e nero e un paio di scarpe da ginnastica blu e bianche con la suola bassa; mentre sulle spalle troneggiava una borsa blu cobalto con delle onde bianche e la scritta, a caratteri cubitali, "Heartland Swimming Association" di un brillante rosso rubino. La persona in questione camminava lentamente e con grazia, facendo indugiare lo sguardo sulle farfalle variopinte che svolazzavano oppure sui fiori, sia che avessero le corolle aperte sia che fossero ancora teneri boccioli.
L' altra persona, uno studente della Heartland Academy, aveva invece un' andatura frettolosa, i capelli neri e rossi conciati i modo abbastanza assurdo, vivaci occhi cremisi e una fame da lupi; tant' è vero che stava divorando un onigiri originariamente avvolto in un pacchetto di carta con la ferma convinzione che fosse la pietanza più buona del mondo. Era accompagnato da uno spirito fluttuante dai capelli a mezzaluna e lunghi orecchini d' argento. Altri due spiriti, simili ad esso per il colore azzurrino della pelle, osservavano la scena dall' alto senza essere visti.
La prima persona incontrò l' altra.
"Oh, Yuma!"
"Hoshiko! Che bello rivederti!"
"Ci siamo incontrati solo l' altroieri..."
"Cosa ci fai qui?"

A quella domanda, la corvina si sedette graziosamente su una panchina e invitò anche Yuma a farlo, poi annunciò: "Sono appena tornata dal mio allenamento di nuoto."
"Adesso infatti la tua pelle profuma -per così dire- di cloro." sentenziò Ayumi mezza disgustata materializzandosi dalla molletta a forma di stella alpina che Hoshiko portava sempre nei capelli.
"Scusa, Hoshiko, ma tu non fai pattinaggio?" chiese confuso il duellante dagli occhi cremisi.
"Infatti. Cioè, faccio anche quello." assentì la corvina. "Vedete, a me piace molto fare sport, infatti oltre al pattinaggio e al nuoto pratico anche wakeboard ed equitazione."
"E come fai a conciliare il tempo che dedichi a queste attività con lo studio?" chiese Astral impressionato: da quanto aveva potuto vedere, la ragazza dalla pelle d' avorio studiava per un lasso di tempo che era circa il doppio di quello di Yuma.
Con una scrollata di spalle, la diretta interessata rispose: "Sai, non lo so bene neanche io. Credo che, se si è davvero appassionati ad un' attività, si trova sempre il tempo di praticarla nonostante tutti gli impegni."
Questa risposta colpì molto il Messaggero Astrale: proprio come aveva potuto constatare, la giovane Kazama aveva un modo di fare molto diverso dalla maggior parte  dei suoi coetanei, così chiassosi ed energici. In lei c' era un contegno, una serietà che la rendeva più adulta, forse perchè aveva imparato presto sia a cavarsela da sola sia che ogni azione ha una conseguenza più o meno grave.Tutto questo, però, non la tendeva né antipatica né scostante: al contrario, tra i suoi amici era molto benvoluta e quando voleva sapeva essere allegra e simpatica come gli altri.
Le sue sofferenze, inoltre, non l' avevano resa brutta o precocemente sfiorita, ma le avevano conferito una bellezza particolare che si aggiungeva alla grazia, ancora acerba, che le conferivano il suo aspetto fisico e i movimenti aggraziati: era la bellezza di uno sguardo impassibile ma che sembrava chiedere aiuto, amore e protezione; quella dei gesti dolci nonostante il controllo che ella cercava di dare loro e quella dei rari sorrisi gioiosi che sembravano voler abbracciare la Terra intera.
Insomma, Hoshiko era bella ma inconsapevole di esserlo, come i fiori che tanto amava.
"Risultato dell' osservazione n° 25: A quanto pare, c'è un modo per concilire tutto senza rinunciare a nulla. Hoshiko ne è l' esempio vivente e Yuma dovrebbe imparare da lei."
"So a cosa stai pensando."lo distrasse Yuma imbronciato. "Ti conosco, sai. Stai sicuramente approvando senza riserve le parole di Hoshiko. Uffa, ma perchè tutti mi ritengono un buono a nulla?" si lamentò poi con un faccino da cucciolo bastonato che era irresistibilmente comico e tenero.
"Non fare così." lo consolò la ragazza poggiandogli una mano sulla spalla. "Ognuno di noi ha una qualche qualità che gli permette di eccellere in qualcosa: io sembro una vecchia bisbetica, ma tu sei un campione di generosità, altruismo e perseveranza. Entrambe le nostre stelle sono piccole, ma il loro bagliore è grande."
Yuma non ebbe nemmeno il fiato per rispondere, per rispondere ad una frase così profonda (N.d.A: Davvero?), così si limitò ad osservarla, in muta adorazione.
Astral notò che lo sguardo del suo amico umano era diverso dal solito: i suoi occhi non risplendevano ridenti come sempre, ma brillavano di una luce insolita, cristallina, che lasciava trasparire un' adorazione evidente. Era uno sguardo serio e meravigliato contemporaneamente, più eloquente di mille parole. Se ne accorse anche Hoshiko e il suo cuore si gonfiò di gratitudine: raramente le persone le rivolgevano uno sguardo cone quello, che le faceva tanto bene: come tante altre ragazze, prendeva per immeritati i complimenti che le venivano rivolti, ma gli sguardi profondi, ammirati e soprattutto sinceri come quello di Yuma in quel momento la riempivano di gioia. Per un attimo non si sentiva un mezzo demone, un' aliena piombata per sbaglio sulla Terra senza possibilità di ritorno; ma un essere umano degno di vivere, e il mondo non era più tutto oscurità e falsità, come spesso e con gran delusione aveva potuto constatare, ma un posto bello e vivibile. Gli sguardi come quelli diretti a lei erano stati pochissimi: con quello di Yuma ne erano tre esatti.
Riscossasi dai suoi pensieri profondi, Hoshiko continuò, facendo la misteriosa: "E poi non si sa mai, scommetto che hai un fan così sfegatato da non vedre l' ora di incontrarti per subissarti di domande e complimenti."
Infatti, dal lato opposto della strada su cui si affacciava il parco cittadino, si udì un eccitatissimo: "Eccolo, mamma, è lui! È Tsukumo Yuma! È quello vero!"
                                                                            ***
P.O.V Hoshiko
Lupus in fabula!
Avevo appena parlato a Yuma della probabilità di avere un fan sfegatato ed ecco che, ridendo come un matto, arriva proprio il suo fan numero uno.
Ha attraversato di volata la strada (per nostra fortuna questa zona è isola pedonale), si è precipitato verso la nostra panchina ed ha abbracciato una gamba del mio amico, aggrappandovisi come un rampicante.
"Eeeeh?!?" ha esclamato Yuma mezzo incredulo, mentre Astral osservava con curiosità il nuovo arrivato.
"Jack Robert Knight." ho esordito invece io, con un tono di finto rimprovero verso il bambino (perché proprio di un bambino si trattava) ridente. "E tua sorella non la saluti neppure?"
A quel punto il bambino, ancora tutto rosso per l' eccitazione, mi è saltato al collo, poi ha tirato fuori un sacchetto di carta rosa fluo opportunamente decorato dalla tasca dei jeans e me l' ha dato, dicendomi: "Questo è per te, sorellona!"
"Hoshiko, potresti gentilmente spiegarmi come stanno le cose?" ha chiesto allora Yuma, che non ci stava capendo più niente. "Questo bambino è un mio ammiratore? Ed è tuo fratello?!?"
"Rispondendo con ordine: sì, sì e... Non proprio!" ho ribattuto io ridendo e scuotendo la testa, mentre Jack si sedeva sulle mie ginocchia.
Jack Robert Knight è il figlio di Eleanor Knight, ossia la donna che mi ha presa con sè dopo la morte dei coniugi Hoshina. Ha sei anni, sei anni di pura gentilezza, ed è molto carino: ha dei bei capelli lisci e corti di un colore indefinibile tra il rosso e il castano e grandi e sinceri occhi blu. La sua pelle è leggermente dorata, mentre le sue guance sono rosse come le ciliegie. È bello paffutello ed ha ancora il testone tipico dei cuccioli di ogni specie, cosa che fa sembrare il suo corpo un po' troppo gracile per sostenerlo. A guardarlo, in felpa, blue jeans e scarpette da ginnastica, sembra un bambino come tanti, ma non è così. Jackie, come lo chiamo io, è supremamente buono, sensibile e gentile: certe volte scoppia a piangere solo perchè le persone sull' autobus sembrano tristi e le rare volte in cui litighiamo è sempre lui a volere la pace, con i lucciconi agli occhie una caramella in mano in segno di perdono. Inoltre, possiede un potere speciale che ha anche sua madre.
Ammira Yuma da quando ha potuto assistere al WDC e, quando gli ho chiesto cosa trovasse di così speciale in lui, mi ha risposto: "È che sembra così gentile!"
"A dire il vero, Tsukumo, Jackie è una sorta di fratello adottivo. Non abbiamo lo stesso cognome, questo è vero, e ci vediamo poco, ma gli voglio bene lo stesso. I legami dei rapporti umani, se ben saldi, vanno oltre ogni cosa."
"Ben detto, signorina." ha esordito una voce accanto a noi.
Queta voce tanto simile al suono delle corde dell' arpa appartiene ad un angelo sceso sulla terra: tutto in lei sembra parlare del Paradiso. È una bella donna, ancora giovane, i cui lunghi e setosi capelli, color del cioccolato, si arricciano leggermente sulla fronte, ma ricadono dritti e con sfumature dorate in due ciocche di uguale lunghezza sulle spalle. Gli occhi sono simili a quelli di Jack: buoni, sinceri ed espressivi, blu con sfumature verdi all' esterno dell' iride. Il fisico asciutto e slanciato non le impedisce di avere delle belle curve, al contrario della sottoscritta che è invece piuttosto piatta. L' angelo, almeno al momento, indossa un tailleur da donna blu a piccole riche verticali nere fresco di stiratura e un paio di ballerine con il tacco alto che le slanciano ulteriormente le belle e lunghe gambe. In mezzo a questo tripudio di colori freddi spiccano le labbra rossissime, appena sfiorate da un velo di rossetto, accompagnate da un impertinente nasino all' insù.
"Ecco dov' era finito il mio birbante! Scusatemi per il disturbo che vi ha provocato. Io sono Eleanor Phoebe Knight, ma chiamatemi semplicemente Eleanor. Tu sei Tsukumo Yuma, giusto?"
"Esattamente. Piacere di conoscerla, Eleanor."
"Queste sono per te!" ha esclamato Jackie tendendo verso il mio amico un pacchetto fi caramelle.
"Oh, grazie! Mmh, che buone!" gli ha risposto Yuma tutto contento. "Finalmente qualcuno che mi ammira!"
Astral ha scosso la testa facendo in modo che sia Eleanor che Jack si voltassero verso di lui. Il bambino gli ha fatto "ciao" con la manina, mentre mammina -come chiamo tra me e me Miss Knight- gli ha rivolto un sorriso. Il povero spirito è trasecolato: lo capisco, ormai c'è molto più gente che riesce a vederlo, non credo che se ne capaciti!
Ad un certo punto la signora Knight, mentre discorreva con Yuma, gli ha detto:"Ho notato che hai stretto un bel rapporto con Hoshiko. Tu la capisci perchè come lei hai perso i genitori, vero? Durante un esperimento, se non erro."
È questo, infatti, ciò che distingue madre e figlio dai "comuni mortali": oltre al fatto che riescono, come me, a vedere gli spiriti, sono in grado di visualizzare con una sola occhiata il passato delle persone che hanno accanto. Non sono Figli del Vento: possiedono queste abilità dalla nascita e le possono affinare solo con l' esercizio e la crescita, ragion per cui Jackie non riesce, come fa invece la madre, a vedere subito le azioni passate altrui.
Alla domanda stupita di Yuma, che le ha chiesto come facesse a sapere dei suoi genitori, Eleanor se l' è cavata con una strizzata d' occhio e un sibillino: "Conosco cose di ogni persona di questa città che tu non puoi nemmeno immaginare."
Questi miei tre compagni sono davvero eccezionali e i loro sguardi diversi mi hanno rincuorata.
Abbiamo passato un' ora buona a girellare per le vie del centro chuacchierando del più e del meno, con Jack aggrappato a Yuma cone un koala all' albero di eucalipto, mentre Ayumi e Astral si lanciavano occhiate di sottecchi. Chissà che tra loro due non sia nascendo qualche amoretto... Se son rose fioriranno, e spero che avvenga preso anche per me. Verso la fine del giro di negozi ho ricevuto uma chiamata: era Kyosuke, un amico gestore di una scuola di sport nautici, che mi invitava a fare "quattro salti".
                                                                                   ***

Mezz' ora dopo Yuma, Astral, Eleanor, Ayumi e Jack guardavano Hoshiko fare wakeboard con la sua tavola da surf blu cobalto con onde di un bel colore acquamarina.
Era esaltante vederla lanciarsi contro la scia di spuma bianca che un motoscafo del medesimo colore lasciava dietro di sè per spiccare salti incredibili, con i capelli neri che le svolazzavano attorno e le labbra sorridenti!
Anche se era una "montanara" niente la faceva star bene come volare sulle onde: le donava una sensazione incredibile e la sua adrenalina saliva al massimo.
Dopo che ebbe finito, si fece lanciare una maschera per poi sparire sotto la superficie del mare cristallino di Heartland: era chiaro che stava cercando di prendere qualcosa.
Riemerse delusa, si tolse le maschera e prese una boccata d' aria; poi si rimise la maschera e si tuffò dal motoscafo con la stessa grazia di un anemone che fluttua nella corrente.
Uno, due, tre tentativi andarono a vuoto.
La quarta volta, sott' acqua, diede un colpo di reni più forte del solito e riuscì così a prendere ciò che cercava. Ritornò a riva nuotando ed uscì dall' acqua stremata e gocciolante, ma con un' espressione di trionfo sul volto.
"Cos' hai preso?" volle sapere Eleanor.
Sorridendo, Hoshiko aprì il pugno destro: vi brillavano dentro due piccole pietre simili alle perle, ma di un bel blu oltremare, di una trasparenza incredibile. I giochi di luce color arcobaleno che esse producevano grazie all' aiuto della luce del sole morente si riflettevano sulla maggior parte dei visi estasiati degli spettatori.
Si trattava della talassite, la pietra che il mare produceva ogni duecento anni.
Una donna non più tanto giovane, dai capelli biondi sciolti sulle spalle e un sorriso carezzevole, spazzolò la gonna del proprio vestito da quacchera facendo oscillare il pesante ciondolo di giada pura che teneva al collo e si fermô a guardare la scena tenendosi alquanto distante dal gruppo.
Nei suoi occhi si leggevano stupore, nostalgia e un' indicibile gioia: tutto stava filando per il verso giusto.
Il momento propizio sarebbe arrivato più presto del previsto.

Angolo dell' Autrice
Wow, è passato quasi un mese da quando ho pubblicato il capitolo 15!
Ebbene, ho passato le vacanze nel luogo in cui il famoso filosofo Parmenide si è fatto venire i suoi pensieri filosofici. A me sono venute idee per i capitoli, ma perché non mi sembrano tanto belli?
Perché ho così poca autostima?!?
Prendetemi a bastonate.
Ad ogni modo, come sempre, avete pareri sul capitolo? Vi è piaciuto? Cosa pensate dei nuovi personaggi?

E infine, ultima cosa ma non meno importante, vorrei ringraziare XxChiccaxX per aver inserito la mia storia tra le preferite. Grazie mille!
Aspetto le vostre recensioni!
See you!
-Puff
PS: Negli ultimi capitoli ho notato un calo generale delle recensioni. Se è per colpa della storia, scusatemi davvero. Cercherò di fare di meglio nei prossimi capitoli.
                                

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Maschere di vetro e lame fatte di fiori ***


Capitolo 17
Maschere di vetro e lame fatte di fiori
 
 
“Perfetto, ed ora vi passo la mano!”concluse la ragazza dai capelli corvini posizionando una carta sul Duel Disk.
Le solite schermate fecero visualizzare i Life Points di tutti e tre gli sfidanti.
PLAYER KYNDRHA: 3780 LP
PLAYER THAROS: 3560 LP
PLAYER YOSHITSUNE: 4000 LP
 “Okay, posiziono un mostro coperto in posizione di difesa, poi metto una carta coperta e concludo il turno!” esclamò un ragazzo bellissimo, dalla pelle cotta dal sole e magnifici capelli corvini brandendo due carte nelle mani virili.
Tipico di Hiroyuki, o meglio Tharos (che come lei era un Sacerdote Victor), pensò Hoshiko guardando il suo affascinante coetaneo: Hakamura, quando era incerto sul da farsi oppure impaurito, giocava sempre in difesa. C’ era anche considerare che Yoshitsune non era una persona qualunque, ma un Vir Niger e con individui di quella risma non si poteva mai sapere: sicuramente giocare troppo avventatamente li avrebbe portati a soccombere, ma neanche giocare troppo in difesa era sicuro, quel tizio avrebbe benissimo potuto avere degli assi nella manica. Nonostante ciò, la giovane Kazama non poteva fare a meno di ammirare il suo compagno… oltre ad esserne innamorata persa. Lo sognava regolarmente e quando era con lui il suo cuore e il suo stomaco faceva dei tripli salti mortali.
Quello, però, non era il momento di pensare alle proprie faccende amorose.
Yoshitsune Mikazaki, infatti, un pallone gonfiato che credeva di essere un dono del cielo per ogni donna presente sulla terra, stava per fare la sua mossa. Si era al sesto turno e quel duello stava andando avanti da troppo tempo.
«Novellini, sta per arrivare la vostra ora finale! Innanzi tutto scopro la carta trappola “Ritirata delle legioni,”che costringe a mettere in posizione d’ attacco un mostro in posizione di difesa facendogli perdere cinquecento punti!»
Infatti, sul terreno di Hiroyuki, una carta si alzò: era il mostro “Torero delle ombre”, un uomo giovanissimo e avvenente dalla pelle olivastra vestito di nero, che brandiva un drappo di stoffa rossa.
LV: 3
ATK: 1800 ->1300
DF: 2500
«Ed ora vai, mio fedele “Soldato di trincea”! Attacca “Torero delle ombre” con “Cannonata dello Shock”!»
“Soldato di trincea”, mostro di attributo oscurità, si presentava come un uomo calvo, vestito con la classica uniforme color verde marcio dei militari e i gli occhi da rapace incavati in un viso rugoso dall’ antipaticissimo naso a becco.
LV 4
ATK: 2500
DF: 3000
“Porco Zeus, ora sì che sono fritto!” pensò sconfortato l’ ispano-giapponese. Non che fosse proprio “fritto”, perché il danno, anche se notevole, era tutto sommato trascurabile, ma per Hiroyuki Hakamura era praticamente un' abitudine tendere a drammatizzare, inoltre era colui che aveva i Life Points più bassi… e questa era una cosa che non poteva assolutamente sopportare.
«Ah no! Attivo la trappola “Inganno di Pandora”!»intervenì Hoshiko decisa.
« Ti amo, Ky! Hai avuto un’ idea geniale! “Inganno di Pandora” impedisce ad ogni mostro presente sul terreno di attaccare un  mostro a scelta a condizione che sia di livello 3 o inferiore!»
“Ma quanto è carino!” si ritrovò a pensare Hoshiko diventando color rosso fuoco. Eh sì. Era perdutamente, profondamente ed ufficialmente cotta di lui. Okay, con la sua bellezza poteva avere praticamente tutte le ragazze della città ai suoi piedi, ma dato il modo in cui la trattava, la giovane Kazama non poteva fare a meno di amarlo. Era gentile come un cavaliere, forse un po’ imbranato e nullafacente, ma proprio per questo le piaceva.
Si ritrovò a pensare di voler passare tutta la vita con lui, ma poi maledì il suo cervello che se andava sempre e comunque per i fatti suoi e cercò di razionalizzare.
Purtroppo per lei, le Parche avevano deciso di non porre freno alle sue fantasticherie.
“E dato che l’ unico mostro di livello 3 è il mio Torero, sono salvo! Sei troppo forte!”continuò infatti Hiroyuki per poi baciarle con impeto la guancia ancora rosata.
Lei, imbambolata, non si oppose.
Era un momento troppo bello per poterlo rovinare.
Andò per qualche secondo in tilt, ma poi si riprese e continuò: « Inoltre, scopro il mio mostro coperto “Sacerdotessa Gallica” per poi attivare dalla mia mano la carta magia “Strategia dello Xanto”, che posso attivare solo quando ho sul terreno un mostro di attributo luce! Grazie a questa carta magia posso cambiare il livello di un mio mostro da uno a quattro e raddoppiare i suoi punti d’ attacco!»
Sul terreno da gioco di Kyndrha di materializzò una donna bionda, con la pelle color dell’ avorio e gli occhi verdi, che indossava una lunga veste di lino bianca e uno scialle dorato, oltre a reggere un lungo bastone di legno e tenere appesa alla cintura una pesante maschera di bronzo.
LV: 2 ->3
ATK: 1500 -> 3000
DF: 2000
“Posso servirmi della tua sacerdotessa, vero, Kyndrha?”chiese Tharos, al quale avrebbero potuto spuntare in testa una lampadina illuminata e la parola “Eureka!” data l’ idea  che aveva avuto, alla propria partner.
“Tharos, ma che razza di domande fai? Mi pare ovvio! Siamo amici, no?”rispose la corvine entusiasta mentre la sua intera figura si tingeva di ventuno tonalità diverse di rosso, dal carminio al cremisi. Se avesse continuato così avrebbe stabilito un record.
Il mostro di Hoshiko si librò in aria e fluttuò con grazia fino al campo da gioco dell’ ispano-giapponese, che si entusiasmò tutto.
«Perfetto, grazia all’ aiuto della mia amica ora posso sovrapporre “Torero delle ombre” e “Sacerdotessa Gallica” entrambi di livello 3 e costruire con questi due mostri la rete di sovrapposizione! EVOCAZIONE XYZ! Vieni a me, “Dolores, Danzatrice Divina”!»
Questo mostro, una donna ancora giovane dai capelli ricci e castani dalla pelle abbronzata, indossava un abito rosso, molto simile a quello delle danzatrici di flamenco, bordato di nero, teneva un ventaglio ricamato in mano e aveva ai piedi delle bellissime ballerine di nero con il tacco.
LV: 3
ATK: 3000
DF: 1800
“Dannazione!”imprecò atterrito Yoshitsune indietreggiando. “Tremila punti d’ attacco! Non sapevo che voi bambocci possedeste un mostro simile!”
“Bambocci a chi, brutto pallone gonfiato?”si inalberò Kyndrha. Di solito prendeva le battaglie con la sua proverbiale calma, ma non sopportava che si mancasse di rispetto, né a lei né ai suoi amici: lei ne aveva già perso abbastanza e considerava i suoi amici una delle cose più preziose del mondo, quindi guai a toccarli! “Comunque, dato che una delle due unità sovrapposte di Dolores è la mia sacerdotessa, questo mostro XYZ riceve un supplemento di 600 punti d’ attacco!”
«Inoltre, attivando la trappola “Fanfara della corrida” posso sottrarre al tuo mostro 2000 punti d’ attacco per poi darli al mio!» intervenne Tharos scoprendo la carta coperta sul suo terreno.
ATK: 3000 + 2600= 5600
“Ed ora vai, amica mia!”continuò Hakamura rivolgendosi al suo mostro. «Attacca “Soldato di Trincea”! “Danza Iberica”! »
L’ attacco andò a segno e sia il mostro che il suo Holder finirono annientati a gambe all’ aria: Mikazaki era uno di quegli uomini convinti di essere infallibili, per cui, alla fine dell’ ultimo turno, non gli era passato neanche per l’ anticamera del cervello di piazzare una carta trappola coperta.
4000-5100= 0
KYNDRHA AND THAROS WIN.
“Non finisce qui!” ruggì il Vir Niger rialzandosi e fuggendo via.
“Perfetto.”disse Tharos. “Se lo meritava proprio. Kyndrha, com’è la situazione dello spirito?”chiese poi girandosi verso la compagna. Come al solito, erano in vicolo buio.
“Beh, nel complesso bene, perché la sacca d’ ambra è ancora nello stadio liquido… Però c’è anche un’ umana intrappolata.”rispose la Victrix con la voce che tremava. “Tu sai cosa vuol dire questo, vero?”
Il ragazzo dagli occhi grigi guardò preoccupato il blocco grigiastro che si stagliava imponente davanti a loro: come aveva detto Kyndrha, dentro c’ erano un necrospirito, un fantasma di una ragazza, probabilmente diciottenne, dai capelli mossi ed il viso smunto, che indossava uno yukata color della luna e una ragazzina, della quale non si vedeva granché tranne il poncho bianco che aveva indosso, probabilmente per proteggersi dalla giornata insolitamente fredda.
“Oh no, Ky. Non vorrai tirarlo fuori così. D’ accordo, è una tecnica semplice, ma è troppo pericoloso. Potrebbe persino morire.”
“È la nostra unica possibilità. Non abbiamo con noi i nostri strumenti per procedere con l’ Estrazione all’ Etrusca e poi il blocco si sta solidificando poco a poco. Non abbiamo scelta.” E qui la ragazza dagli occhi blu sospirò di dispiacere. “Dai, dammi una mano a tirarle fuori.”
Kyndrha infilò una mano nel liquido vischioso e grigiastro per poi essere attraversata da un brivido, ma non cedette: afferrò la mano della ragazzina e cominciò a tirarla fuori, con estrema delicatezza. La stessa cosa stava facendo Tharos con lo spirito.
Quando entrambe le prigioniere furono fuori, nessuna delle due sembrava aver subito danni: lo spirito fluttuava, con il tipico sguardo perso e malinconico della sua specie; mentre la ragazza si reggeva stabilmente in piedi e non aveva affatto l’ espressione di chi ha subito un lavaggio del cervello.
Ora che poteva vederla meglio, il suo aspetto suscitò in Kyndrha un moto di sospetto: molto più bassa di lei (d’ altronde, chi non lo era?), sul metro e cinquantacinque, era una ragazzina esile, forse troppo magra per la sua età. Aveva gli occhi marroni attraversati da delle sfumature a forma di doppia elica, sbarrati e segnati da due profonde occhiaie. Teneva i pugni chiusi e digrignava i denti. Sotto al poncho, sul quale ricadeva una treccia castana a spina di pesce, sbucavano un lupetto aderente nero e una gonna al ginocchio blu scuro. Due scaldamuscoli grigi le coprivano le gambe magre e le ballerine di vernice erano forse un po’ troppo larghe per lei.
Inoltre, particolare non trascurabile, aveva tra i capelli un fiore di lavanda, un rododendro e una rosa bianca.
La Victrix si insospettì sempre di più, forse perché conosceva molto bene il linguaggio dei fiori, e neanche la ragazzina sembrava ignorarlo.
“Tutto bene?”le chiese tuttavia con il suo tono più gentile.
Quella si girò e puntò l’ indice contro Tharos, poi le rispose: “Non parlerò se c’è anche lui con noi. Io e Kyndrha dobbiamo parlare in privato.”
“Lascia perdere, ti prego…”la pregò piano il necrospirito.
“No. Tharos se ne deve andare.”
Kyndrha si allarmò: come faceva quella ragazza dai capelli castani a conoscere i loro nomi? Le sacche d’ ambra dei Viri Nigri erano famose perché isolavano completamente i prigionieri dal resto del mondo anche nella “fase liquida”, per cui era impossibile che li avesse sentiti mentre duellavano.
“Spiegami perché dovrei andarmene!”intervenne Tharos con un tono più brusco di quanto avesse desiderato.
“Con te sarebbe fiato sprecato.”fu l’ atona risposta della ex prigioniera, che mise il pugno destro davanti agli occhi grigiastri del Victor.
Da esso si sprigionò una figura biancastra, molto simile ad uno stemma, che raffigurava una piuma circondata da alcuni riccioli che parevano raffiche di vento. Con la sola vista di quella curiosa immagine, gli occhi di Tharos cambiarono completamente espressione, diventando vuoti.
Con gli stessi movimenti rigidi di un automa il ragazzo si rialzò, fece lentamente dietrofront e se ne andò.
“Che… che cosa gli hai fatto?!?”urlò Kyndrha afferrando la propria lancia e mettendosi in posizione difensiva.
“Tharos sarebbe stato solo un impiccio.”rispose la ragazzina. “E poi non avrebbe potuto capire. Ah, a proposito, aver paura di me è completamente inutile, Kazama Hoshiko. Soprattutto se consideri che siamo l’ una l’ ombra dell’ altra.”continuò poi avanzando verso la ragazza dai capelli corvini.
Kyndrha se la ritrovò di fronte: dalla padella alla brace. Quello non era affatto il tipo di incontro che preferiva. Quella ragazza dagli occhi sbarrati sembrava pericolosa. Che fosse una nemica, magari una delle tante braccia che i Viri reclutavano tra i cittadini per raggiungere i loro malefici scopi? E poi come faceva a conoscere il suo nome?
“Dimmi come ti chiami.”provò a temporeggiare la Victrix.
“Alcuni mi conoscono come Emerald, altri come Galaxia. Ma non rivelerò mai il mio vero nome.”
“Okay… Emerald. Innanzi tutto lascia stare lo spirito. Non potrà mai essere libero se un umano le sta accanto.”
“Come posso lasciar andare via lo spirito di mia cugina Inori?”fu la risposta.
“No, Emerald, la ragazza ha ragione. Non puoi tenermi con te, lasciami andare. Potrei finire per impossessarmi della tua anima.”intervenne Inori supplicante.
“Negativo. Io non mi fido di nessuno, come la lavanda. Come il rododendro, sono sempre sulla difensiva. E come la rosa bianca, non so cosa sia l’ amore.”la zittì Galaxia, stringendo ancora più forte i pugni.
“Proprio come sospettavo. Ora torna tutto.” Pensò Kyndrha. Non era proprio una grande esperta del linguaggio vittoriano dei fiori, ma ne sapeva abbastanza da dubitare dei fiori che Emerald teneva tra i capelli.
“E poi, come ho già detto, devo consegnare una cosa a questa Victrix. E le devo parlare.”continuò la ragazza misteriosa.
“Di’ pure.”acconsentì la corvina.
“Tu non hai solo questa identità segreta, giusto?”
“… Perché ti dovrebbe interessare? Comunque sì, hai centrato in pieno.”
Sempre peggio. Che Emerald, o Galaxia, avesse dei poteri sensitivi? Kyndrha non lo sapeva, ma si chiese se fosse così facile capire che tipo fosse.
Strinse ancora più forte la sua lancia.
“È proprio come pensavo. Tu sei uguale a me. Nessuna delle due conosce bene la propria identità e finisce di continuo per ingannare o sviare gli altri. Non è corretto, ma per noi è indispensabile. Siamo anime perse e bugiarde.”disse Galaxia abbassando la testa e oscurandosi tutta. “Oltre ad essere due reprobe, noi non sembriamo mai essere degne. Di niente. Schiacciate, o per meglio dire accompagnate, da due forze che ci annientano… E che prima o poi ci faranno finire male.”
Poi prese qualcosa da una delle tasche del poncho e la lanciò alla Victrix.
Che la mancò.
Quella che si rivelò essere una maschera di vetro cadde a terra e si frantumò in mille pezzi.
Le schegge scintillarono come squame di coccodrillo, emanando bagliori inquietanti.
“Ecco. Questo è il nostro simbolo. Il simbolo della nostra vita.”
Qualcosa in Hoshiko/Kyndrha si mosse. Sentì riaffiorare quel seme amaro che le era spuntato da quando si era resa conto della sua situazione di reproba maledetta, quello che ancora non aveva imparato a mandare del tutto giù.
Dai suoi occhi affiorarono prima una lacrima, poi due.
Prima di rendersene completamente conto, si ritrovò a piangere e a singhiozzare, a mostrare quella debolezza che teneva nascosta al mondo.
“Hai ragione, Emerald. Questa è la nostra situazione e non credo che basti solo la buona volontà a cambiarla. A dire il vero, neanche un miracolo sarebbe sufficiente.
E noi testarde continuiamo a credere che prima o poi qualcosa possa cambiare, piantando nei nostri cuori semi i cui germogli verranno poi strappati via ogni volta che la realtà sempre troppo dura si para davanti ai nostri occhi.”riuscì a dire fra un singhiozzo e l’ altro.
Anche la sua imperturbabile interlocutrice cominciò a singhiozzare.
Come per partecipare a quel dolore, il cielo scaricò tutta la pioggia che fino ad un momento prima aveva tenuto nel ventre di quelle nubi nere e minacciose che aleggiavano sopra la città.
“Le lame delle nostre vite sono fatte con i fiori colti. Fiori colti con le mani e strappati alle loro radici. A cosa mai possono servire delle lame che non feriscono in una battaglia?”chiese Kyndrha, un po’ a se stessa e un po’ a Galaxia, sovrastando il rombo dei tuoni.
“Non lo so! Non lo so!”fu la risposta, poco esaustiva e divorata dai singhiozzi. “A dire il vero, io non so niente, a parte che ti devo consegnare questo messaggio!”
Dall’ altra tasca del poncho candido sbucò fuori una lettera la cui busta somigliava vagamente alla carta delle antiche pergamene ed era chiusa con un sigillo blu, che raffigurava una stella a quattro punta contenente la lettera A.
Galaxia fuggì, ancora piangente, sotto la pioggia, per ritornare da dove era venuta, mentre Inori sparì in una nuvoletta di vapore. Kyndrha, dal canto suo, ritornò ad essere Hoshiko e corse anche lei verso la casa di Miss Knight.
Arrivatavi, non si cambiò gli abiti come sarebbe stato utile fare né tantomeno salutò Ayumi, rimasta lì per evitare di incorrere in pericolosi rischi, ma si sedette al pianoforte a coda che le era stato donato dal suo insegnante di piano ancora gocciolante di pioggia e lacrime.
Gettò un’ occhiata agli spartiti sul leggio.
Scartò immediatamente quello de La danza del Sole, una canzone vivace e dal sapore tribale sul ritmo della quale aveva danzato di gioia molte volte.
Suonare Conturbatio? Neanche per sogno. Troppo tranquilla.
Decretum sarebbe potuta andar bene, ma aveva un sapore troppo malinconico ed era troppo lenta.
Materia Desperationis, una delle poche canzonette che aveva composto da sé? Non se lo sentiva.
Così Hoshiko decise di suonare i suoi sentimenti: un misto tra malinconia e inquietudine che per un certo verso somigliava alla pioggia che stava battendo sui vetri della città.
Le sue dita indugiarono inizialmente sulle note acute, che partivano chiare e distinte e si trasformarono poi in un rombo senza quasi più grazia; poi passò alle note gravi, il cui suono la rincuorò leggermente.
Il risultato fu una sorta di arabesco sgraziato e confuso che la sfinì.
Poggiò la testa sul coperchio del pianoforte per poi crollare addormentata proprio nello stesso momento in cui Ayumi ruppe il sigillo della lettera che aveva ricevuto da Emerald.
Le parole erano poche, scritte con una bella grafia e molto misteriose.
I sentimenti sono la sola cosa su cui tu possa contare.
Eppure, non riesci a brandire nel tuo cuore il tuo desiderio.
Ma ricorda che sarà proprio esso a risvegliare la luce.
~Chaud&Froid~


Angolo dell' Autrice
Porco Zeus (ci sta, LOL), non so proprio cosa dire di questo capitolo se non che è confuso e scritto da cani.
E che la Winnershipping, l' accennata coppia Hoshiko/Kyndrha*Hiroyuki/Tharos, non piace alla mia carissima amica
Feelings (come ho potuto notare dalla sua reazione molto controllata in chat, ma vabbè che tra capelli che fanno swish, castori che vanno in letargo e yak che producono mozzarella non c'è da prendere molto sul serio le nostre conversazioni). E voi, chi preferite come compagno della mia creaturina (che come avrete potuto notare ha un carattere parecchio altalenante)?
Mi scuso se ho postato questo questo capitolo con un ritardo enorme, ma l' ispirazione e l' autostima (sempre molto bassa) giocano brutti scherzi, inoltre avevo da fare alcune versioni di latino che mi hanno completamente fatta sclerare.
Ah, cercate di tenere a mente la figura di Emerald/Galaxia: sto scrivendo un' altra long su ZEXAL in cui protagonista principale è proprio lei ed è molto probabile che la pubblichi.
Sperando che questo capitolo vi piaccia, vado a cantare Credens Justitiam fuori dalla porta per propiziarmi la buona sorte(?)!
See you!
-Puff
PS: Avete colto i vari riferimenti a Puella Magi Madoka Magica sparsi per il capitolo?

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: La luce perduta ***


Capitolo 18
La luce perduta
 
I passi della giovane Kazama erano lenti e gravi, scanditi da un ritmo sempre uguale.
Il lungo vestito viola ondeggiava nel vento insieme ai lunghi capelli corvini, sciolti sulle spalle spioventi, invece gli occhi erano più scuri e nessuna luce vi risplendeva.
La pupilla spenta sembrava essere scomparsa.
Il legno del palco scricchiolò al suo passaggio.
***
Un gruppo di ballerine quindicenni, tutte in tutù da ballo romantico e i capelli acconciati in uno chignon perfetto sotto al quale spicca una coroncina fatta di roselline di velluto, percorre il corridoio che porta alla loro fama con passi leggeri ed eleganti nelle ballerine di stoffa rosa. Parlottano e ridacchiano, agitate e contente.
Tra loro, una ragazza dai capelli neri e glaciali occhi azzurri, procede a testa alta, sulle punte. Neppure una goccia di sudore bagna il suo volto candido, non una preoccupazione sfiora i suoi pensieri. Sa perfettamente che agitarsi non farà che rovinare la sua performance, inoltre i suoi poteri nascosti la aiutano a trattenere le sue emozioni più di quanto voglia.
Ma questo per lei non è un male. Sa bene che, durante il provino, dovrà stamparsi il solito sorriso fisso che fa somigliare le ballerine a bambole, ma gli occhi possono benissimo restare così come sono.
Anzi, devono restare così come sono.
Contemporaneamente, una scolaresca invasata dall’ allegria causata dalla fine delle lezione passa fuori al Gran Teatro di Heartland gettando in aria gli zaini. Lo studente numero 14 della classe 1-6, Junichiro Kazama, si distingue per l’ altezza –quasi uno e ottanta, praticamente un gigante- e per la luce carezzevole negli occhi verdi sormontati da una disordinata chioma castana. La divisa azzurra è quasi troppo piccola per lui.
Sa bene cosa vuole fare nella vita e lo si legge in ogni suo gesto: vuole diventare medico.
Lo sguardo della ballerina e quello dello studente si incrociano.
I loro occhi risplendono.
Quindici anni dopo, il determinato studente è diventato un uomo dal viso smunto e l’ aria triste.
E come potrebbe essere felice, se ha perso la persona più importante per lui, la quale gli non gli ha lasciato che una creaturina affamata di un amore che non potrà mai più ricevere e che sembra destinata alla stessa dolorosa sorte di sua madre?
In un attimo lascia la casa, entra in una minuscola auto bianca, si allaccia la cintura e mette in moto.
Un’ altra auto gli viene addosso.
L’ uomo vola via, le gambe in una posizione innaturale, e la strada si macchia di rosso.
Un’ altra anima persa.
Una giovane donna dai capelli color cioccolato rientra a casa, terrorizzata e sconvolta dalla tristezza.
Quasi soffoca i suoi tre figli nell’ abbracciarli. 
***
Un altro flashback.
Ad Hoshiko veniva naturale fare dei collegamenti: negli ultimi cinque anni non aveva fatto altro, razionalizza l’ assurdo era diventato un po’ il suo motto, oltre a Chi pecora si fa, lupo se la mangia.
La ballerina dagli occhi azzurri era quasi sicuramente sua madre, ma allora come mai aveva anche lo stesso sguardo di Ayumi, il necrospirito che la accompagna dappertutto? Ma soprattutto cosa c’entrava il tutù? Che lei sapesse, ai Sacerdoti Victores era tassativamente vietato praticare sport a livello agonistico, a meno che essi non rinunciassero spontaneamente ai loro poteri.
E per i Victores, specie quelli più arroganti, rinunciare ai loro poteri era un sacrilegio, senza contare che era praticamente impossibile estrapolarli dall’ anima senza degli “effetti collaterali”. Probabilmente la prima e l’ unica Victrix a farlo fu Anthìa, una giovane principessa che si tramutò in albero e cedette i propri poteri ad una certa “Redshift” per evitare che i nemici riuscissero a conquistare il regno dei suoi genitori.
Ma nessuno seppe mai come avesse potuto farlo.
La corvina sospirò gravemente.
Chi era la donna alla fine? E quei tre bambini? Del primo, il maggiore, aveva notato che possedeva un paio di spettacolari occhi blu, del secondo il ciuffo biondo e un po’ spettinata che gli conferiva un’ aria leggermente bellicosa e il terzo… Beh, il terzo aveva un non so che di familiare.
Se la giovane Kazama avesse indagato un po’ più a fondo, avrebbe certamente saputo a chi ricollegare quel volto, ma era troppo stanca per elucubrarci ulteriormente.
Ignorò deliberatamente le domande e gli avvisi di tutti coloro che lavoravano in quel teatro e seguì una bisbetica guardarobiera decisamente in sovrappeso e dai capelli sconvolti, per poi spiare tra i costumi di scena.
I costumi erano gli stessi, solo un po’ rovinati dato il continuo uso: il corpetto aderente il cui colore variava da tutù a tutù; la gonna lunga di tulle bianco -che più che mostrare le gambe sembra nasconderle- morbida al tatto; le maniche un po’ a palloncino, sempre bianche.
Le coroncine con le rose ed alcuni pettinini, invece, erano stati buttati alla rinfusa in un cestino di vimini rotto in alcuni punti. Alzando di nuovo lo sguardo sui costumi notò che quello con il corpetto blu, quello che indossava la ballerina stagista dai capelli d’ ebano, mancava; mentre era rimasta la coroncina blu.
Un avviso vecchio di almeno dieci anni spiccava in mezzo ad una pila di scartoffie.
Il linguaggio era burocratico, insidioso.
Hoshiko venne a sapere che il costume blu era stato restituito a sua madre, che ne era l’ effettiva proprietaria.
Ma la coroncina era rimasta lì, forse per qualche errore burocratico, per distrazione, per stanchezza.
La sciatta guardarobiera non avrebbe notato, quel pomeriggio, che nel cestino di vimini mancava un accessorio: ormai quella corona di rose blu era vecchia, oltre ad essere spaiata, quindi nessuno l’ avrebbe usata più.
Ritornata a casa –niente scuola quel giorno-, Hoshiko si stese tra le calendule arancioni e gialle del giardino. Quei fiori erano il simbolo del dolore e il giardino immerso nell’ ombra faceva sembrare i loro petali ancora più scuri e piccoli. Come se fossero stati consumati.
Sdraiata tra questi fiori, la giovane Kazama, all’ ombra di ciò che la consumava, si addormentò con un piccolo sospiro e una lacrima che le bagnava il volto pallido. 
***
P.O.V Rigel
Anthìa. Flammea. Thalassya. Area.
Le Quattro Statue mi guardano dall’ alto con i loro occhi di pietra, i volti gelidi e senza vita, ed io rabbrividisco al solo guardarle. Le Semidee degli Elementi, le figlie di Redshift, la Dea Astrale che ha consentito mille e mille volte all’ Universo di non cadere nell’ oblio, di non riunirsi su se stesso e diventare una brace incandescente.
Non l’ha permesso perché il tempo non è ancora venuto.
Il vero nome di Redshift sarebbe Lux, “Luce”, ma non è conveniente pronunciarlo.
Non si viola il segreto della Dea che, per salvare la Via Lattea, arrivò ad uccidere suo marito Skotòus, alias Blueshift, un pazzo criminale con manie distruttive.
Ma se Blueshift, purtroppo, rinasce di continuo e minaccia di continuo di far scoppiare l’ Universo, la sua buona moglie si è dovuta sacrificare e ha diviso i suoi immensi poteri tra le quattro figlie, ognuna diversa dall’ altra nonostante i tratti somatici abbastanza simili.
Rialzo di nuovo lo sguardo e leggo le targhe recanti i nomi della quattro principesse, umane a differenza dei genitori.
Area, la maggiore, ha lunghi capelli mossi che le arrivano a metà schiena -probabilmente neri-, gli occhi dall’ espressione vagamente persa nel vuoto ed un vestito la cui leggerezza è stata resa così abilmente dalle pieghe del marmo da sembrare quasi reale.
La Semidea dell’ Aria non mi piace molto.
Molto meglio Flammea, Domatrice del Fuoco, con i capelli lisci divisi in due code sulle tempie che le svolazzano intorno, l’ espressione fiera ed aggressiva, una mano tesa ad evocare le fiamme e l’ altra che brandisce una spada.
E poi Anthìa, Semidea della Terra, la ragazzina dallo sguardo dolce e carezzevole, le labbra di corallo e il vestito semplice la cui gonna ricorda la corolla della campanula. Piccola dolce Anthìa, il cui spirito di sacrificio è pari a quello della madre, dove affondano adesso le tue radici? E la tua chioma castana, ormai tramutata in foglie verdi, è ancora legata in quel magnifico chignon dal quale partivano le cinque ciocche mosse (che volevano raffigurare la preferenza della natura per i numeri primi) oppure l’ hai sciolta, quando hai incominciato ad eseguire il Rito?
Sopra tutte le altre principesse, alquanto basse, svetta Thalassya, la seconda, colei che domina sugli abissi scintillanti.
Alta com’è, non somiglia affatto alle sorelle: sembra persino più grande di Aera. Come Flammea, anche lei ha i capelli lisci, ma nel suo sguardo impassibile all’ apparenza si legge una disperata determinazione, che è contenuta, almeno secondo me, anche nel lungo braccio che tende imperioso un tridente completamente argentato e nel modo in mette la mano sulla vita circondata da una cintura di conchiglie troppo larga per lei.
Anche loro hanno perso i poteri, e adesso chi mai li possiede?
Passo ad osservare la mia statua preferita, quella della principessa Ariyath.
Ma il simulacro non la raffigura come la bella ragazza dai lunghi capelli d’ ebano rinchiusi in una lunga treccia che danzava felice tra le sale del castello di Spartan City, al contrario fa vedere una combattente dallo sguardo vacuo e i capelli tranciati di netto da una spada nascosti da un pesante elmo, mentre sulla cotta di maglia che le copre il busto è raffigurata una croce. Se non ricordo male, sulla divisa originale era di un rosso acceso.
L’ unica cosa che ricorda la sua nobiltà è lo stemma araldico del suo regno, una stella alpina circondata da ghirigori dorati.
Cos’ è che unisce queste quattro ragazze, a parte il fatto che sono di famiglia nobile?
Semplice: tutte e cinque hanno perso la loro luce e si sono sacrificate senza che loro ne avessero colpa.
Nobili martiri dal cuore d’ oro.
Anche il mondo Astrale ha perso la propria luce.
E ancora non sappiamo come fare a recuperarla.
Altre statue, tutte allineate, stanno dritte ai lati del corridoio che porta al nucleo del nostro mondo: ragazze e ragazzi egizi, greci, romani, fenici, villanoviani, francesi, tedeschi, pellerossa, inuit aprono una sorta di varco dimensionale e guardano i loro volti mi sembra di essere su una sorta di pianeta Terra congelato.
Le domande che mi pongo sono sempre le stesse: cosa mai li ha spinti a combattere? Quale fuoco bruciava nei loro animi, così forte da spingerli ad andare sempre avanti? Cosa provavano, loro combattenti inconsapevoli di una lotta impari, spietatamente senza fine?
Betelgeuse è venuto a chiamarmi: dobbiamo cercare di metterci in contatto con il Messaggero Astrale.
 

 
Angolo dell’ Autrice
Dopo dieci giorni, rieccomi di nuovo qui! Eh sì, purtroppo il famigerato ritorno a scuola ha tolto un bel po’ di tempo alle Fanfiction: la quinta ginnasio non è propriamente una passeggiata!
Ma lasciamo perdere queste fanfaluche e partiamo con le “cose serie” (Se, serissime!): in questo diciottesimo capitolo, vediamo di nuovo Hoshiko in preda alla sua maledizione, infatti la parte in corsivo è un flashback.
Avete una qualche idea su chi possa essere questo Junichiro Kazama (se non l’ avete già capito perfettamente perché a scrivere di misteri di questo genere faccio pena)? E la donna che abbraccia i propri figli?
Inoltre ricompare di nuovo la Corte Astrale, più precisamente il principe Rigel (beatamente perso nei suoi “pensieri filosofici”, un po’ come me, LOL).
Avete commenti da fare? Errori da segnalare?
Come sempre, vorrei ringraziare tutti voi che leggete, recensite oppure avete messo questa storia tra le seguite/preferite/ricordate!
See you!
-Puff *che si crogiola nella depressione perché la sua nuova long su ZeXal “Kokoro No Kiseki” non sta avendo successo T.T*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: C'è chi canta per non piangere ***


 
Capitolo 19
C’è chi canta per non piangere
 
P.O.V Jin
“Oh, it’s a strange world
You can have a lot of friends
But you are always alone
And you walk, you fight, you cry
Alone
Alone
But in another place, here
A lonely and unknown person
Loves you
Loves you.”
Mi piace. Credo che “It’s a strange world” sia la migliore delle canzoni che abbiamo scritto finora, nonché l’ unico singolo rimasto in cima alle classifiche per un mese. Per noi è un record perché, come ben si sa, le mode sono ingannevoli, transitorie: alla gente prima piace una cosa e poi,un mese dopo, cambia idea. Così gira il mondo e io non ne sono esente. Ma questa canzone… è pura poesia. Dicono che sia molto dolce, pura, semplice e veritiera. Se non fossi un caso senza speranza, anch’io la giudicherei veritiera. Piacerebbe anche a me trovare “una persona solitaria e sconosciuta” che mi apprezzi, mi ami per quel che sono… Ma la probabilità di trovare qualcuno così è pari al -10.000.000%.
L’ ultimo assolo, finalmente. Finalmente anche questo concerto è finito.
E, come succede ad ogni concerto, tocca a me fare una sorta di discorso di chiusura.
Ma sai che bellezza parlare ad un milione di oche scatenate ed urlanti!
So già che tra loro c’è Grietchen Kriemhild, una tra le mie più grandi fan. Praticamente ogni singolo centimetro delle pareti della sua stanza è tappezzato di foto, poster, gadgets e quant’ altro degli HFive, parla sempre e solo di noi nel suoi “periodi difficili” e, mentre studia, spara a tutto volume “Nox Desperationis [1], una delle canzoni più ritmate e spaccatimpani, composta ovviamente da Kensuke, che in questo momento porta la sua solita maglia militare a giromanica, un bracciale con delle borchie così appuntite che potrebbero benissimo forare un muro di cinta e un pantalone strettissimo nero. Dannazione, mi chiedo come diavolo faccia a sopravvivere: io a stento sopporto i jeans, figuriamoci quella sottospecie di leggings che porta lui.
E poi non sopporto gli uomini che imitano le donne.
Sotto la doccia continuo a canticchiare “It’s a strange world”, ma poi passo a cantare un motivetto che fa più o meno così:
“Sempre alla moda, pungente e fredda
Anche se tutti credono che io sia forte
La verità è che sono solo una ragazza normale
Mi piacerebbe molto poter mostrarmi per come sono
Ma loro dicono che non sembro io, quindi…” [2]
Purtroppo però esco proprio nel momento in cui sto per attaccare con il ritornello. Mi sento parecchio stupido, anzi stupida, a cantare mentre mi vesto, per cui resto in silenzio mentre mi infilo una maglia a mezze maniche a righe orizzontali larghe nere e viola e un pantalone largo nero. I secondi che impiego per infilarmi un paio di calzini di lycra mi paiono infiniti, così come il tempo che impiego per mettermi un paio di scarpe da ginnastica con la suola alta, nere. Per completare la mia tenuta manca solo il mio berretto da baseball viola con il simbolo bianco della pace: l’ ho usato così tante volte che ormai è tutto consunto, ed ha anche alcuni strappi qua e là. Forse dovrei buttarlo via, ma non ne ho il coraggio. Sarà sentimentale, ma ne ho passate talmente tante con questo cappello che buttarlo via mi pare quasi un sacrilegio. Mack, Kensuke, Joey ed Andrew sono tutti già fuori, probabilmente a prendere un aperitivo, ma a me non va.
Mi spiace, ragazzi, stasera non mi unirò al vostro bivacco, per quanto allegro esso possa essere.
La stanchezza si è impadronita di ogni singola fibra del mio corpo, e non me ne stupisco.
Già è difficile gestire due identità di una sola persona, figuriamoci tre.
Mi chiedo come faccia a resistere. Bisogna entrare perfettamente in ogni singolo personaggio e recitarne perfettamente la parte, ogni minimo errore potrebbe essere fatale.
Ognuno di questi personaggi è come una marionetta legata dai fili dell’ abitudine e mossa da un burattinaio onnipotente, completamente indifferente alla nostra situazione. Non ho tesi su chi sia, non so se quel che mi fa fare –fingere di essere la voce maschile di una band mentre in realtà sono una donna- è giusto oppure sbagliato, non so neanche se questo ipotetico esecutore esiste oppure se è solo una patetica fantasia del mio modo di ragionare alquanto vittimista. L’ unica cosa certa è che, se esiste, certe volte è fin troppo distratto.
Ho sostituito la mia inseparabile molletta per capelli con la stella alpina con una spilla di ferro formata da sette margherite bianche: una centrale, quella più grande, e le restanti sei, più piccole, disposte a cerchio introno alla principale.
È semplice e un po’ pesante, ma molto elegante: sarà per questo che mi ha subito conquistata. Persino Ayumi ci si trova benissimo.
Cerco di sgattaiolare via passando per l’ uscita di sicurezza, ma purtroppo per me la Sorte (anzi, per citare Mrs. Christos, la Thuke [3] ) ha decretato che questa sera avrei dovuto essere sottoposta ad un interrogatorio di terzo grado.
Che situazione piacevole.
Il ragazzo di fronte a me lascia cadere il suo spuntino tanto è stupito, e poi mi guarda con due occhi spalancati che sembrano chiedermi “Ma è proprio vero quello che sto vedendo?”.

E la risposta di Ayumi, quella che si legge nei suoi occhi di ghiaccio, è “Eh, sì, è proprio vero.” 
***
P.O.V Astral
 Era una cosa che avevo ipotizzato[4], ma non avrei mai pensato che avrebbe potuto essere  realtà. Avevo ragione: Hoshiko Kazama e Jin Takeuchi sono la stessa persona.
Le loro aure sono uguali così come la loro identità è la stessa.
Yuma non riesce ancora a credere a ciò che vede, tant’ è vero che i suoi onigiri sono per terra e non riesce nemmeno a prenderli per quanto è shockato. Nel frattempo Hoshiko, avvolta in un completo dai colori scuri, si morde il labbro inferiore guardandosi intorno con gli occhi verdi che vacillano incerti. Quelle sette margherite di ferro che porta sul petto scintillano, mentre Ayumi rimane lì, sospesa a mezz’ aria, con lo sguardo incredibilmente serio che lo contraddistingue e le braccia incrociate. I suoi lunghi capelli corvini, molto simili a quelli della giovane Kazama, ondeggiano nel vento con un movimento sinuoso che lascia senza fiato.
“Okay Hoshiko, potresti gentilmente spiegarmi come diavolo stanno le cose? Perché sei vestita da Jin Takeuchi?”chiede il mio amico duellante senza fiato, come se avesse nuotato per una vasca intera senza respirare.
La ragazza si siede rassegnata su una panchina di ferro battuto e poi dice, in tono malinconico: “Immagino che con te siano inutili i giri di parole.” Poi gira lo sguardo verso di me e afferma: “Prova a visualizzare i miei ricordi. Non esitare, non ti chiedere il perché, fallo e basta.”
Lo fa con un tono così convinto e con un certo non so che d’ imperativo (lo avrà imparato da Ayumi) che mi viene spontaneo ubbidire senza protestare.
Ma nei suoi ricordi c’è qualcosa di strano: una gran parte della sua memoria è vuota, a parte alcuni stralci riguardanti la seconda infanzia, e dai undici - dodici anni in poi le sue memorie scorrono dolorose ma regolari.
Ma quel vuoto… Proprio non mi convince. So molto bene che la memoria degli umani comincia quando compiono due anni e mezzo, oppure tre, di età, e certe volte capita che non si ricordino granché dei loro primi anni di vita, ma il periodo in cui loro frequentano le elementari dovrebbe rimanere bene impresso.
Riferisco quanto ho visto a Yuma, Ayumi ed Hoshiko, che sospira e abbassa la testa.
“Ecco. Questo è il secondo motivo.”
“Il secondo motivo di cosa, scusa?” le chiede Yuma, più confuso che mai.
“Il secondo motivo per il quale sono considerata un mostro. Non ho quasi più ricordi e i frammenti della mia memoria sono costituiti da pochi momenti importanti ma dolorosi e dalle mie giornate, così monotone da risultare persino insulse.”
La giovane Kazama si ferma  per riprendere fiato e poi guarda il cielo fittamente punteggiato di stelle con malinconia, come per  cercare di cogliere qualcosa di sfuggente.
Colgo nei suoi occhi qualcosa di più profondo tra tutta la sua tristezza: una forza di volontà così ardente da poter persino eguagliare quella del giovane Tsukumo, ma anche un enorme tentativo di reprimere tutta la rabbia che prova senza riuscirvi abbastanza; una speranza, molto piccola, spinta nell’ angolo più buio dell’ anima, ma così luminosa da trasparire in ogni gesto, piccolo o grande che sia; ma soprattutto un grande interrogatorio, anch’ esso irrisolto: “Quando ci sarà un po’ di pace per me?”
Incredibile per lui, Yuma fa un collegamento e chiede: “Ma questa tua seconda identità… ha qualcosa a che fare con la… sì, insomma… la maledizione?”
Quest’ ultima parola aleggia nell’ aria pesante e indesiderata come un veleno.
“E bravo Yuma. Ti sei ricordato che ogni pezzo della mia memoria è collegato ad un brano musicale.”
Queste sono le poche, penose parole di Hoshiko, che stasera non sembra molto in vena di chiacchiere e confidenze.
Ma c’è qualcosa che ancora mi sfugge.
“Scusami, Hoshiko, ma ancora non mi è chiara una cosa: se le tue memorie, in maggioranza tristi, sono legate ad una certa melodia, queste non dovrebbero essere malinconiche anch’ esse? Non mi pare che gli HFive incidano brani di questo genere.” Provo ad obbiettare.
A questa domanda, sia la giovane Kazama sia Ayumi mi puntano i loro occhi addosso. Non sono infastidite, solo curiose, ed Ayumi risponde, con una gentilezza nuova per lei, al mio quesito: “Ecco il nesso. Forse le canzoni di Jin, Mack, Kensuke, Andrew e Joey non sono propriamente tranquille, ma hanno un significato, un senso intuibile fin dalle prime strofe. E la maledizione dei ricordi perduti ha una particolarità alquanto singolare: quella di non condurre alla pazzia le proprie vittime se esse incappano, in un certo senso, in una canzone dalla facile comprensione.
Per questo Hoshiko ha chiesto di unirsi agli HFive: cantando per loro evita di piangere.”
“Capperi!” esclama Yuma rivolto al necrospirito. “E a loro stava bene?”
“Non se sono curati.” È la risposta. “Anzi, cercavano una voce proprio come quella che ha la mia protetta.”
L’ aria diventa improvvisamente opprimente, pesante.
Siamo tutti pensosi e non ci va di parlare, quindi è come se tra noi quattro si fosse formato un muro fatto di un silenzio invalicabile, rotto solo da alcune vecchie canzoni emesse dalla radio portatile di una ragazza con una stramba chioma lilla.
Ad un certo punto, però, la corvina alza la testa e vedo scintillare nei suoi occhi quella speranza che giace nel suo cuore.
 
 
[1]: Il titolo in latino della canzone vuol dire “Notte della Disperazione”: fan di Madoka Magica, cosa vi ricorda?
[2]: La canzone che Hoshiko/Jin canta è, idealmente, “Kokoro no Tamago” (L’ uovo del cuore) delle “Buono!”, la prima sigla giapponese di Shugo Chara.
[3]: Traslitterazione del corrispettivo vocabolo greco, inteso sia come “fortuna” sia come “sfortuna”.
[4]: Vedere il capitolo 4, “Pensieri Sincronizzati”.

Angolo dell' Autice
Kami-sama, sono distrutta! A parte il fatto che non pubblico un capitolo da quasi un mese (prima il PC in riparazione, poi una montagna di compiti), ma ci ho lavorato su non so quanto tempo di fila e probabilmente è scritto in modo improbabile, scusatemi!
E così, in questo diciannovesimo/ ventesimo si scopre che Hoshiko e Jin sono la stessa persona (non so cosa mi ricorda... ops!). Voi l' avevate già capito oppure intuito in qualche modo? Se no, ve lo aspettavate?
E poi, non vorrei essere considerata scocciante, ma ho una domanda (anzi, di più) da fare a tutti voi che seguite questa storia: come mai vi è piaciuta? Se vi va rispondere, cercati di essere il più dettagliati possibile (sono proprio poco curiosa eh), altrimenti siete liberi di picchiarmi.
Vi prego come al solito di segnalarmi eventuali errori e di recensire in tanti!
See you!
-Puff

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Segreti dietro l' angolo ***


Capitolo 20
Segreti dietro l’ angolo
 
La ragazzina dai lunghi capelli castani camminava lentamente lungo il lato maggiore della biblioteca facendo frusciare il lungo abito di mussola azzurra. Teneva ben stretto al petto il libro con la copertina di cuoio fulvo, reputandolo uno dei tesori più preziosi che abbia mai potuto stringere tra le mani delicate: le ragazzine come lei, alla sua età, non erano istruite quanto gli uomini, anzi erano già promesse spose, ma a lei non andava per niente di andare a vivere nel castello buio e tenebroso del figlio di Skotòus.
Lo odiava.
Così come lo odiava anche suo padre.
I due tredicenni erano stati promessi nel tentativo di riappacificare i regni dei corrispettivi sovrani, ma con un tiranno come il re di Corinth City c’ era stato poco da fare.
La voce profonda di Attilius, suo sovrano e padre, la fece sobbalzare.
“Perfetto, domani attaccheremo Corinth City. Re Skotous si deve ficcare bene in quella testa bruna che non siamo così sciocchi da non ribellarci dopo la rottura di un patto!”
Attaccheremo.
Guerra.
Che cosa orribile, la guerra.
La principessina lasciò cadere il libro.
Pensò subito alle tragedie che sarebbero ben presto divenute realtà: paesi distrutti, case e palazzi saccheggiati, campi coltivati incendiati, centinaia di morti tra cittadini e soldati per giungere ad una soluzione inconcludente.
Aprì la finestra e cercò di sgattaiolare fuori, ma fu lì lì per cadere in acqua.
Quello stupido fossato.
Anch’ esso era stato scavato appositamente per fini bellici.
Decise di rimanere lì: per andare in camera sua avrebbe dovuto passare per la Sala del Consiglio, ma suo padre non voleva mocciose tra i piedi mentre prendeva decisioni importanti. Del resto il suo tutore l’ avrebbe certamente schiaffeggiata o frustrata se l’ avesse scoperta un’ altra volta nella biblioteca.
Mezz’ ora dopo, fece rientro nei suoi appartamenti.
“Ariyath!”
“Anthìa, per tutti gli dei! Sei pallida come un morto! Cosa è successo?”
“R-Re Attilius ha… dichiarato guerra a Corinth City! Per…”
“Perché Re Skotòus ha rotto l’ alleanza! Me lo aspettavo.”
“Io non vedrò la nostra gente morire per una cosa così stupida, sorellona.”
“Cosa hai mente? Ti prego, non fare nulla di troppo avventato!”
“Vedrai. Questo me l’ ha imprestato Camillo… anzi, Shigeru.”
La lama di un pugnale scintillò nelle mani della castana.
***
 
Hoshiko si alzò di scatto, mettendosi a sedere sul materasso e asciugandosi il sudore sulla fronte. Ansimò per qualche secondo.
Era la quarta volta nel giro di una settimana che faceva sempre lo stesso sogno, quel sogno. Coincidenza? No, non credeva. Era sicuramente un segnale, un avvertimento.
Ma perché quella principessa, probabilmente la maggiore, il cui nome significava “Coraggio dei cieli splendenti”, era tale e quale a lei?
Quale collegamento poteva mai avere un mezzo demone con le antiche corti italiane?
E perché la piccola Anthìa aveva un pugnale in mano?
Chi era quello Shigeru?
Sia la principessa dalle labbra di corallo sia l’ uomo misterioso (del quale aveva potuto notare in lontananza gli occhi marroni e un ciuffo di capelli neri liscissimi) avevano dei visi noti, ma non aveva mai visto o conosciuto persone anche solo vagamente somiglianti a loro, ne era certa.
Balzando in piedi con la stessa energia di un bradipo su un albero, trascinò i piedi fino allo specchio a figura intera che teneva di fronte alla parete.
Sì infilò un vecchio tailleur da donna azzurro pallido appartenuto a Miss Knight, constatando con leggero rammarico di avere già la taglia che Eleanor Phoebe aveva a ventitré anni, e delle scarpe tacco 5 che furono rimpiazzate cinque secondi più tardi da un paio di ballerine nere di vernice.
Lanciò un’ occhiata critica allo specchio: i capelli proprio non andavano. Erano davvero troppo lunghi. Lisci e dritti come spaghetti, le arrivavano a metà gamba ed il primo giorno di lavoro, sciolti, la avrebbero di sicuro procurato fastidio.
Acchiappò al volo un codino nero, la sua borsa di pelle e l’ abbonamento per la monorotaia ed uscì di corsa dalla villetta sotto lo sguardo insonnolito di Jackie che, avvolto in un pigiama blu, le faceva “ciao” con la manina.
***
 
“Signorino Rigel, come sta procedendo il piano?” chiese Betelgeuse al principe Astrale sbucando dietro di lui con una scatola in mano.
“Oh, la mia parte va benone.” Gli rispose l’ azzurrino sorridendo ed aggiustandosi la parrucca ottocentesca sulla testa. “Piuttosto, i costumi sono pronti? Non ho ancora avuto notizie dalla sarta.”aggiunse poi facendosi più serio.
“Tutto sotto controllo: Nemesis ha completato i modelli degli abiti due giorni fa e sta cucendo giorno e notte senza fermarsi mai. La sta aiutando Sabaoth, suo figlio.”
Nella Sala delle Rivelazioni, per la prima volta dopo tanto tempo, si respirava un clima sereno. In tempo di pace era una stanza pressoché deserta e di solito il potere dello Specchio veniva usato solo durante le emergenze, per cui l’ aria che si respirava lì sembrava essere impregnata d’ ansia e di preoccupazione.
Tutte le ansie e le preoccupazione che il Mondo Astrale aveva provato nei secoli passati si erano accumulate lì, insieme a tutte le speranze.
Un’ altra persona, in modo alquanto irruento, fece ingresso nella Sala, ma non era un’ Astrale: era una donna alta e pallida dalle lunghe gambe snelle e seno non troppo abbondante, con i capelli neri come la notte ai quali erano state fatte mechés viola sulle punte, grandi occhi marroni e labbra sottili del colore dei ciliegi. Indossava una giacca viola di pelle sotto la quale spiccava una maglietta di lino e una gonna al ginocchio aderente. Le calze erano color carne e i tacchi troppo alti, a giudicare dall’ andatura traballante della nuova arrivata. Gli orecchini argentati tintinnavano ad ogni suo passo.
Betelgeuse soffocò una risata, mentre Rigel alzò gli occhi al soffitto.
“Allora, come vi sembro?”chiese una voce alquanto infantile che usciva dalle labbra dell’ affascinante donna dagli occhi marroni.
“Nessuno la riconoscerà mai, signorina Mirtaka!” sghignazzò il maggiordomo di corte.
“Le rune, sorellina. Ti sei dimenticata di eliminarle. Nessun umano ha cose di questo genere sul viso, daresti troppo nell’ occhio.”la ammonì invece il principe in tono severo.
“Non sono riuscita a toglierle!”quasi lo aggredì la principessa Astrale. “E poi ho sentito che il trucco terrestre fa miracoli! Betelgeuse, non ne hai un campione?”
Altra cascata di sghignazzi.
“Cosa ti direbbe Sirio vedendoti così e sentendoti fare domande al maggiordomo durante il suo giorno di ferie?” intervenne Rigel esasperato.
“Non lo so e non mi interessa. Per la prima volta c’è qualcosa di divertente da fare, quindi non rovinarmi l’ occasione! E comunque tu sei solo invidioso!” fu la risposta.
“Ma senti chi parla!”
“Ammettilo che ti stai rodendo il fegato!”
“Non è vero!”
“In-vi-dio-so! In-vi-dio-so!”
“Signorini, per favore!” intervenne Betelgeuse imitando il tono affettato del precettore di corte. “Simili battibecchi sono indegni per dei principi.”
I due fratelli si calmarono per un po’, ma dopo circa cinque minuti Mirtaka riprese: “Io lo dico, lui è solo invidioso perché deve restare a marcire qui. Mentre invece” continuò poi assumendo una posa da vera primadonna “Mirtaka, anzi, Makoto Hoshizora sta per entrare in azione sulla Terra.”
***
 
“Hoshiko, è quello?”chiese retorica Ayumi volgendo i suoi occhi verso il Grand Hotel del centro città ed osservandolo quasi con disgusto.
Trovava davvero eccessive tutte quelle dorature e i grandi palazzi di vetro al necrospirito non erano mai piaciuti. Preferiva le villette, ampie e spaziose ma raccolte, oppure le casette di montagna con i tetti spioventi, il fumo che usciva allegramente dal camino e il profumo di bosco che pervadeva ogni stanza.
“Sì, Ayumi. Ma lo sai che sembri quasi una madre quando usi quel tono ansioso?”fu la risposta, leggermente divertita. “Vedrai che non succederà nulla di grave.”
“È ovvio che io sia preoccupata.” Pensò Ayumi con rammarico, guardando la corvina con occhi tristi. “Se solo tu potessi sapere che…”
Il tintinnio del campanello che annunciava l’ entrata di un ospite la distolse dai suoi pensieri: Hoshiko, intimidita, stava avanzando lentamente nell’ atrio in cerca del direttore o di una sua segretaria, ma a quanto pare non c’ era nessuno a parte alcuni facoltosi albergatori in tailleur nero e capelli lisci.
Senza sapere dove andare, andò improvvisamente a sbattere contro una ragazza della sua stessa età ed entrambe caddero a terra.
La ragazza aveva la pelle abbastanza abbronzata, lunghi capelli ricci rinchiusi in una coda alta e magnetici occhi marroni. Le sue labbra erano carnose e le braccia snelle ma muscolose, mentre delle gambe, forse un po’ troppo deboli, non si poteva dire altrettanto.
Portava una divisa da cameriera azzurra sulla quale spiccava un grembiulone bianco immacolato da cucina, mentre ai piedi calzava un paio di scarpe basse Dr. Scholl che sembravano aver attraversato epoche diverse.
“Oh, mi scusi!” esclamò Hoshiko facendosi rossa come un peperone.
“No, mi scusi lei! Ero distratta e non guardavo dove stessi andando…” sì scusò a sua volta la mora abbassando lo sguardo.
“Beh, allora la cosa è reciproca. Io sono Kazama Hoshiko, piacere. Mi sa dire dov’è il direttore dell’ albergo?”
“Io mi chiamo Kalliopi, Kalliopi Jackson-Ishikawa. Stavo proprio per andare da Fujisaki-san, quindi mi segua.”
“Kalliopi? Ma è davvero questo il tuo nome?” si stupì la corvina stringendo la mano all’ interlocutrice.
“A dire il vero il mio nome è Hikari, ma lo odio, è così banale. Ho acquisito il nome di una mia lontana parente greca.”le spiego quella incamminandosi lungo il corridoio.
“Già, Kalliopi suona meglio. Piace parecchio anche a me. E del resto anch’ io odio qualcosa di me: il mio cognome.”
“Non vedo come non si possa amare un nome come il tuo!” esclamò Kalliopi sognante. «Adoro il significato di “Hoshiko”. Quello di “Kazama” non lo ricordo, ma mio padre dice che aveva un compagno di liceo con questo cognome. Era della Myodoujin High, sai. Classe 1-6. Ecco, siamo arrivate! Fujisaki-san, è in ufficio?”
 La Jackson-Ishikawa aprì con una certa lentezza una pesante porta d’ ebano.
“Myodoujin High… Classe 1-6… Junichiro!” pensò Ayumi dietro di loro, mentre due lacrime le rigavano il volto scolorito.
Il signor Fujisaki, direttore del Grand Hotel di Heartland, era un uomo di mezza età dal fisico longilineo  e una lunga faccia da equino. Aveva pochi capelli, quasi tutti brizzolati.
Aveva delle mani un po’ troppo larghe per le braccia magre che sbucavano fuori da un completo grigio leggermente consunto sulle maniche. Portava occhiali quadrati dagli angoli arrotondati senza montatura e fumava un sigaro dietro l’ altro.
“Signorina Jackson-Ishikawa, sa bene che non deve disturbarmi mentre lavoro.” furono le sue prime parole.
“Ma qui c’è una donna che chiede di lei!”ribattè la cameriera ostinatamente. La corvina sfruttò l’ occasione per farsi timidamente avanti.
Nel vederla, il signor Fujisaki alzò il viso dalle sue scartoffie e disse distrattamente: “Ah sì, Miss Kazama, quella che aveva fatto domanda per un posto di lavoro. Ebbene, signorina, ci serve proprio un’ addetta alle pulizie per i piani superiori. La prendo in prova. Per adesso, il compenso è di 5.000 yen all’ ora per quattro ore durante il week-end, essendo lei una minorenne. Pagamento a fine settimana. Signorina Ishikawa, la accompagni all’ ascensore. Lei, signorina Kazama, dovrà lustrare meglio che può le prime cinque stanze del quarantottesimo piano, secondo le richieste di coloro che vi alloggiano. ”
Kalliopi ubbidì e trotterellò fino all’ ascensore insieme alla corvina e poi l’ accompagnò fino alla stanza numero 969, chiacchierando allegramente.
“Caspita, sono 60.000 yen alla settimana! Non male, eh?”esclamò infatti la mora sul punto di lasciarla.
“Già, non male. Se andrà tutto bene. Non so neanche se ci rimango, in prova.” Acconsentì la Kazama, un po’ dubbiosa, per poi salutare la nuova conoscenza che se ne stava andando saltellando allegramente.
Poi appoggiò la mano pallida sul pomolo della porta e la aprì lentamente.
Un delicato profumo di tè aleggiava per la stanza e le tende di cotone, sebbene chiuse, lasciavano filtrare una luce soffusa molto piacevole. Su un tavolino rotondo facevano bella mostra di sé un servizio da tè di porcellana ed un vassoio d’ argento.
Non un granello di polvere era presente sui mobili di foggia antica, in compenso c’ erano parecchi vestiti alquanto sporchi sparsi qua e là per la stanza.
Un rumore di passi la fece sobbalzare: fin ad un momento prima, il silenzio della stanza era stato così surreale da farla sembrare una sorta di castello abbandonato in fretta e furia.
Un’ altra porta si aprì.
La silhouette della persona cominciò ad insospettire Hoshiko.
A qualche metro da lei, in quel momento, troneggiavano un’ elegante giacca rossa, un paio di pantaloni bianchi sotto ai quali sbucavano alti stivali di cuoio, un volto gentile e due occhi pieni di curiosità e sorpresa.
“Tu qui?!?” Esclamò la corvina, sbalordita.


Angolo dell' Autrice
Salve bella gente! Rieccomi qui!
Dato che mi aspettano gli adorabili compiti di greco, latino e matematica da fare andiamo dritti al sodo: ci sono errori da segnalare?
Cosa ne pensate di questo capitolo?
Sinceramente, io lo adoro (non per come è scritto, questo è poco ma sicuro)
perché rientra in scena il mio personaggio preferito! *Tanto avete capito tutti chi è*
E poi c'è la Corte Astrale! Mi sono divertita un sacco a scrivere di Mirtaka e Rigel... E poi adoro il nome del figlio della sarta, Sabaoth! In latino, infatti, dovrebbe significare qualcosa del tipo "Schiere Celesti".
Sempre a proposito della sarta, il nome Nemesis
è un omaggio ad una mia vecchia storia che ha pressappoco gli stessi protagonisti di "Kokoro No Kiseki" ed è un cross-over tra il cartoon italiano Slash:// e Puella Magi Madoka Magica. Qualcuno di voi l' ha mai letta? *No, non credo MODE:on*
Inoltre voglio attirare la vostra attenzione su Ayumi: in questo capitolo non sembra quasi nemmeno lei, l' avete notato? Secondo voi cos' ha da nascondere?
Ed i nomi Ariyath ed Anthìa: cosa vi ricordano?
A voi la parola!
See you!
-Puff
 

 
 
 
 

  
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Vecchie conoscenze, nuove sensazioni ***


Capitolo 21
Vecchie conoscenze, nuove sensazioni
 
 “Tu qui?!?” Esclamò Hoshiko, sbalordita.
“Sì, risiedo in quest’ hotel.” disse III imbarazzato portandosi una mano dietro la nuca. “Anche se forse dovrei essere io a chiederti come mai sei qui!” sorrise poi, mentre le sue guance si velavano di rosso.
Il cuore di Hoshiko aumentò improvvisamente i suoi battiti.
“Hai ragione. Beh, sono stata assunta part-time come domestica e dovrei pulire alcune stanze, ma…” rispose la corvina guardandosi intorno. “Probabilmente qui non c’è bisogno del mio intervento. Ma stavi cucinando?”gli chiese poi notando che il quindicenne aveva le mani piene di farina.
“Sì, una torta con panna e frutti di bosco. Ma ho accidentalmente sparso la farina per terra. E poi dovrei cominciare a preparare il tè.”
“Oh, quanto mi dispiace non poterti aiutare.”si rattristò Hoshiko. “In cucina sono una frana. Una volta mentre cucinavo sono riuscita ad ustionarmi il naso, e non credo che sia mai accaduto qualcosa di simile!”
Il ragazzo dai capelli color confetto non riuscì a trattenere una risatina. “Beh, basta solo che tu mi dia una mano con la farina, al cibo penso io.”
“Okay.”
Effettivamente, la cucina sembrava essere stata ricoperta da un manto di neve. Neve davvero molto sottile, ma per Hoshiko anche un lavandino imbiancato aveva un certo non so che di poetico. Tuttavia ridacchiò allegramente quando si ritrovò a spazzare un pavimento che, almeno a prima vista, sembrava fatto di marmo.
Su un ripiano bianco immacolato faceva bella mostra di sé un sacco di farina mezzo vuoto, accompagnato da una ciotola vuota, un frustino, una sac-a-poche ed altri attrezzi del genere. I mobili erano tutti rivestiti in legno di ciliegio, ad eccezione del forno.
“Quindi in famiglia il cuoco sei tu?”chiese Hoshiko al ragazzo che stava trafficando con l’ impasto della torta.
“Esattamente.”sorrise lui. “Di solito io ed i miei due fratelli prendiamo il tè tutti insieme, alle cinque del pomeriggio.”
“Fa molto british!”commentò allegramente la corvina. “Ed hai dei fratelli… Beato te! Maggiori o minori?”
“Maggiori entrambi. Voglio loro molto bene, ma certe volte mi fanno impazzire. Dovrebbero essere già qui.”
“Hai detto che sono più grandi te, quindi suppongo che i loro nomi siano One e Two… Giusto?”
“No.” Ridacchiò il quindicenne. “Four e Five.”
“Oh.”
Hoshiko continuava metodicamente a raccogliere la farina caduta per terra mentre III, continuando a lavorare, la osservava di sottecchi: aveva già molte cose impresse nella mente su di lei, ad esempio il movimento sinuoso dei suoi lunghi capelli neri e lo scintillare agguerrito degli occhi; oppure la straordinaria strategia e la buona coordinazione che l’ avevano portata a trionfare nel duello contro quegli uomini in nero che avevano catturato lui e anche quello spirito [1]. In quel momento poteva notare, invece, i movimenti aggraziati della neoassunta e la voce dolce e melodica con la quale stava canticchiando una canzone in francese; un francese non troppo accademico ma ugualmente romantico e suggestivo.
“Ecco, ho finito.”disse soddisfatta Hoshiko dopo un po’. “Suppongo che adesso tutta questa farina si debba buttar via.” Continuò con una piccola smorfia.
“Ma è uno spreco!”si dispiacque il giovane dai capelli color confetto. “Magari ci si può fare ancora qualcosa”
“Con questa non si può più cucinare, poco ma sicuro. Magari si può usare a scopo ornamentale, colorandola un po’…”
“O forse si potrebbe fare qualche decorazione per la casa. Dopotutto…”
“KYAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”strillò qualcuno che si fiondò a tutta velocità nella stanza 969.
Three e la giovane Kazama, accorsi nell’ ingresso per vedere cosa stesse succedendo, si ritrovarono faccia a faccia con una ragazza leggermente più grande di loro che evidentemente si vestiva al buio, a giudicare dall’ incredibile abbinamento dei vestiti.
Indossava infatti una maglia lunga sulla destra e corta a sinistra di un giallo fluo così acceso che avrebbe potuto benissimo assomigliare ad un faro antinebbia, alla quale aveva abbinato una gonna di jeans indaco e delle aderentissime calze fucsia a fiorelloni. La felpa che teneva legata alla vita era arancione e le scarpe da passeggio, abbastanza scolorite, probabilmente erano azzurrognole. Le uniche cose abbinate in lei erano gli occhi ed una ciocca colorata di capelli, entrambe dello stesso colore tra il lilla e il violetto.
Il viso della ragazza era un ovale perfetto, candido come la neve, sfiorato appena da un frangetta disordinata color della pece.
“FATE SMETTERE QUEL BRUTTO ANIMALE CHE MI HA GRIDATO CONTRO! FA PAURAAAA! FATELO SMETTERE!”Strillò la nuova arrivata impaurita.
“Quale animale?”chiese III perplesso aggrottando le sopracciglia. “Qui è vietato tenerli.”
“E INFATTI NON ERA QUI! ERA LUNGO IL CORSO PRINCIPALE, NASCOSTO DIETRO A DELLE SBARRE DI FERRO! E NON SO CHE ANIMALE È! HO VISTO SOLO CHE AVEVA LE ORECCHIE LE ORECCHIE A PUNTA E UNA CODA CHE ANDAVA A DESTRA E  A SINISTRA!”
“Ah! Sarà stato un cane da guardia.”osservò Hoshiko.
“UN… Che cosa?” chiese la ragazza nuova sconcertata.
“Un tipo di animale che viene usato per sorvegliare le case.” Le spiegò la corvina. “Comunque sono innocui se li lasci perdere.”
“Oh, grazie mille davvero… HOSHIKO! SEI TU! TI HO TROVATA!”
“Ehm… ci conosciamo?”
“Tu non mi conosci, ma io conosco te. Sai chi è Wakana Higashi, no? Beh, ecco, io sono una sua cugina e mi ha chiesto di consegnarti questo biglietto. Ah, a proposito, io mi chiamo Makoto Hoshizora.”spiegò allegra la nuova arrivata.
Nell’ atto di consegnare un cartoncino azzurro, però, Makoto tese avanti anche l’ altra mano.
Il tempo si bloccò per un’ istante e nell’ aria si diffuse una strana musica lenta e dolce che sembrava riprodurre il rumore che delle gocce d’ acqua solidificate avrebbero potuto emettere cadendo su delle stalagmiti. Era un pezzo vagamente malinconico, ma molto suggestivo.
La giovane Hoshizora sorrise soddisfatta.
“E qui il mio compito si conclude.”disse passandosi la mano sinistra tra i corti capelli neri; per poi dirigers i verso l’ uscita e, non vista, applicare una strana pietra esagonale nera alla parete. “Ciaoooooo!”
“Che tipo!”commentò III con un sorriso.
Hoshiko lo guardò negli occhi: era la prima volta che conosceva uno come lui. Di solito i ragazzi con cui aveva a che fare erano tutti palestrati con il cervello minuscolo di una gallina (senza offesa per le galline), bambini cresciuti troppo in fretta che si divertivano a fare i bulli oppure nerd/secchioni che vivevano in un mondo tutto loro.
Lui invece era… diverso, ma in senso positivo.
Un lieve rossore comparve sulle sue guance, poi rise anche lei.
In seguito, il messaggio avrebbe cancellato quella serenità.
“È venuto qui dagli estremi confini della nostra realtà.
È venuto qui per deriderci, vedendo quanto le nostre vite fossero banali.
Anche se provo a sfuggirle, la verità si insinua fra le mie mani e mi turba.
Non abbiamo più altra scelta, a parte quella di comportarci come
Guerrieri che non conoscono le paure.”

 
***
 
Solo un’ anima procedeva con circospezione lungo il corridoio scolpito nel ghiaccio che portava alla Sala del Trono del castello del Mondo Astrale, ed essa era uno spirito di una donna dai lunghi capelli corvini che si muovevano sinuosi nell’ aria tracciando volute e ghirigori, mentre gli occhi cerulei passavano al vaglio ogni singola stalattite. Una delle sue mani pallide diede un colpetto leggero ma affettuoso ad una strana colonna che si avvolgeva su se stessa creando un effetto incredibile, facendola risplendere di mille bagliori argentati.
Arrivata alla sala del trono, pronunciò una strana nenia dall’ indefinibile spelling e poi, con un battito di mani, fece comparire davanti a sé un bracciale, fatto di tante strisce intrecciate di cuoio, sul quale brillavano varie pietre color del mare: la talassite, pietra dagli infiniti poteri.
I cardini del portone cigolarono e la Sala si rivelò in tutto il suo splendore.
Il trono, anch’ esso scolpito nel ghiaccio, si ergeva su delle gradinate poste proprio in fondo alla stanza, addossato ad una magnifica parete le cui sfumature bianche e blu ricordavano i ghiacci dell’ Antartide; mentre le sedie, più modeste, sulle quali solitamente si accomodavano i due principi erano poste più in basso.
Ai servitori e ai ministri, invece, erano state riservate sedie il cui alto schienale ricordava moltissimo la forma delle farfalle. Su alcune stalattiti che, stranamente, si ergevano verso l’ esterno, ardeva un fuoco azzurrino che aveva l’ incredibile capacità di scaldare le cose senza farle sciogliere e in tutta la stanza aleggiava un piacevole profumo di lavanda.
Tutto emanava bellissimi bagliori bianchi che, a contatto con la luce, finivano per creare suggestivi intrecci di arcobaleni.
Sul trono, la figura della regina Lyra spiccava bella, regale ed imponente. I lunghi capelli azzurri, che di solito le ricadevano lungo la schiena come una cascata, erano raccolti in uno chignon intorno al quale erano state avvolte due treccine, mentre gli occhi dorati rispendevano e fissavano pensosi il vuoto.
Il necrospirito entrò con fare timido ma deciso.
“Ah, Ayumi Hayashibara.”disse la regina non appena lo vide. “Cosa ci fai lì sulla soglia, accomodati qui. Ma soprattutto ritorna umana.”
La donna dagli occhi di ghiaccio obbedì. Dopo che si fu seduta su una delle sedie destinate ai principi, si infilò il braccialetto con la talassite con un rapido gesto delle mani
e fu scossa da un tremito: le sue membra, inizialmente costituite d’ aria, ritornarono ad essere fatte di carne.
L’ ultima volta che ho vissuto questa sensazione è stato un attimo prima della mia morte.
Il pensiero di una Ayumi ormai umana in tutto e per tutto riecheggiò nella stanza.
“Allora, è tutto pronto per la Grande Battaglia?”fu la prima cosa che disse la gelida Hayashibara alla sua interlocutrice.
“Quasi tutto. L’ unica pecca è che la giovane Kazama non è abbastanza pronta.”rispose Lyra, la cui voce lasciava trasparire una punta di preoccupazione.
Gli occhi di Ayumi scintillarono irati.
“CIOÈ VORRESTI DIRE CHE, DOPO TUTTA UNA VITA PASSATA PRATICAMENTE AD ESSERE MESSA ALLA PROVA, HOSHIKO NON SAREBBE PRONTA?!? MA È UN’ ERESIA!” urlò, alzandosi di scatto.
“Sta’ calma, Ayumi. Non è raro che sulla Terra le persona vengano usate come le pedine di un gioco.”
«Appunto, anzi è comunissimo. Ci terrei che almeno lei sappia cosa voglia dire “essere liberi”»
“Anche noi Astrali siamo stati burattini un tempo, quindi non credere che io non sappia cosa stai provando. La giovane Kazama ha delle ottime doti, ma ha una grave pecca: è ancora troppo indecisa, non sa cosa vuole davvero. Deve maturare ancora un po’ e poi tutto questo finirà. Quello che stato condotto per ben quindici anni è a fin di bene. Hoshiko potrà finalmente condurre una vita serena, alla fine di questa lotta.”
“Forse avrei fatto bene a rifiutare, quindici anni fa. Sono stata sprovveduta.” Sospirò alla fine Ayumi.
“Andrà tutto bene, vedrai.”
La giovane Mirtaka fece irruzione nella stanza correndo e ridendo come una matta, poi, in uno slanciò di affetto, abbracciò teneramente la madre.
“Salve, principessa.” La salutò la bella Hayashibara facendo la riverenza.
“Ciao, tesoro!”rise invece Lyra, scompigliandole i capelli. “Com’ è andata la prima missione sulla Terra?”
“È stata uno spasso!” replicò allegramente la principessa, scoppiando in una sonora risata. «Fiondarsi in quel posto strano che gli umani chiamano “Grand Hotel” è stato più facile del previsto, perché ad un certo punto uno strano animale che gli umani chiamano cane ha iniziato a… diciamo… gridare contro di me ed io ho provato una fifa blu! Comunque sono riuscita a percepire la Musica del Cuore: era proprio quella che avevo previsto, Gocce di Sogno. E, per quanto riguarda il portale, è tutto sotto controllo: si aprirà a suo tempo.”
“Beh, speriamo che lo faccia al più presto: sono stufa di questa storia.” Disse seccamente Ayumi, sbuffando.
Lyra e Mirtaka si scambiarono uno sguardo divertito, poi cominciarono a ridacchiare sommessamente.
“Secondo me, Ayumi, sei stufa solo di te stessa, sai?”disse sorniona la principessa, piantando i suoi magnetici occhi argentati in quelli azzurri della donna. “Anzi, più che stufa, scontenta.”
“E perché dovrei essere scontenta di me stessa, scusa?”
“Oh, i motivi sono tanti. Ma direi che il principale, se non l’ unico, è quello di non aver rivelato ad Hoshiko la grande verità.”

[1]: Vedere Capitolo 15


 
Angolo dell' Autrice
Riecchime(?) qui! Scusatemi tanto se non ho aggiornato prima, ma la scuola mi ha portato via un sacco di tempo (questa settimana ho anche tradotto la mia prima versione tratta da un brano di Cicerone... argh!), per cui questo magnifico capitolo (seeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!) ha dovuto aspettare.
Da questo capitolo in poi verranno svelati alcuni piccoli segreti tra i tanti che fanno parte di questa storia, ma la parte più emozionante (anzi, lo Spannung, direbbe la mia prof di Italiano) arriverà solo tra otto o nove capitoli. Nel frattempo, possiamo vedere Hoshiko e III che fanno conoscenza (che pucci <3), Mirtaka che diventa umana e fa cose alquanto sospette in loro presenza ed una Ayumi un po' più umana che ad un certo punto smatta pure! Ah, a proposito, il fatto che possa diventare umana non vi suggerisce qualcosa?
Una piccola curiosità: questo capitolo si basa su parecchie canzoni. Infatti il testo del messaggio che Makoto/Mirtaka lascia ad Hoshiko, se avete letto la mia "Fallen's Hymn", è la traduzione di alcuni versi della sigla "Unistall", mentre quella canzone chiamata "Gocce di Sogno" in realtà è uno dei Theme Songs di Homura Akemi, "Puella in Somnio."
Sempre a proposito di canzoni, vi lascio il link della canzone che mi ha ispirata per il personaggio della nostra Hoshiko: se vi va ascoltatela, è davvero magnifica!
http://www.youtube.com/watch?v=b2Chwj5JEww
Come ultima cosa, ecco con molto ritardo un ritrattino di Ayumi! Che ne dite?
See you!
-Puff

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: L' incerta linea del futuro ***


Capitolo 22
L' incerta linea del futuro
“Gli umani sono proprio strani!”pensò Mirtaka, ossia Makoto Hoshizora, aspettando non molto pazientemente che il semaforo diventasse verde per poter attraversare la strada. “Perché questo parallelepipedo multicolore non si decide a diventare verde? È da un secolo che sono ferma qui! Sono venuta sulla Terra per spassarmela un po’, non per diventare una cosa ricoperta da muschi e licheni!”
Un sottile Ting le fece lanciare il berretto in aria ed urlare un “Urrà!” così potente da far voltare verso di lei tutti i pedoni anche a distanza di tre chilometri.
Attraversò di corsa la strada ridacchiando facendo così aumentare il sospetto che fosse pazza nella maggior parte dei passanti, si guardò intorno con i grandi occhi viola cercando di cogliere la bellezza in ogni cosa ed esitò davanti ad una casetta la cui targa vicino a quel bottone che gli umani definivano campanello recava la scritta “Famiglia Tsukumo”.
Inspirò profondamente e bussò alla porta con due colpi decisi.
Gli aprì una donna non più tanto giovane, bassa e con i capelli lillà, ma con un energia incredibile. Le chiese cosa volesse e lei rispose, alquanto imbarazzata, di voler vedere il giovane Tsukumo.
Yuma, che fino a qualche momento prima stava beatamente sonnecchiando in soffitta sulla sua amatissima amaca, scese le scale alquanto di malavoglia e trascinando i piedi come se fossero di piombo, seguito da un Astral alquanto serio e con le braccia conserte.
“Sì?”sbadigliò il duellante dagli occhi cremisi rivolgendosi alla principessa Astrale.
“YUMA! SEI DAVVERO UN GRAN MALEDUCATO!” fu la risposta, fin troppo arrabbiata.
“Eh?!? Ancora? Ma si può sapere che cosa ho fatto?”si difese il tredicenne svegliandosi un po’.
“MA TI SEMBRA IL MODO? SBADIGLIARE IN QUEL MODO DAVANTI AD UNA SIGNORA! CHE PORCO!”
Rigel, che osservava la scena dal Mondo Astrale, scosse la testa sorridendo: quando sua sorella si indignava era praticamente impossibile spuntarla, dato il modo in cui metteva la quarta. In quei casi era parecchio contraddittoria: si imbufaliva perché le regole del galateo venivano allegramente prese sottogamba, ma lei, nel correggere gli altri, non manteneva esattamente il tipo di comportamento definito “decoroso”.
Accorgendosi poi che la graziosa scenetta stava andando avanti, ritornò a fissare concentrato lo Specchio delle Rivelazioni.
“Ad ogni modo… ci conosciamo?” stava dicendo Yuma, ancora alquanto sconcertato.
“No, però tu conosci due persone che conosco io! Ah, a proposito, io sono Makoto!” fu la brillante risposta della sorella.
“Piacere!”
I due cominciarono a conversare allegramente del più e del meno fuori la porta di casa.
“Sai, io sono una tipa strana.”disse ad un certo punto Makoto, smettendo di ridacchiare. “Vedo gli spiriti, di ogni tipo. Certe volte mi vengono a tormentare nel sonno.”
Astral, che sin dall’ inizio aveva guardato quell’ umana con diffidenza, cominciò ad insospettirsi sempre di più: la sua aura era diversa da quella degli umani, in quanto risplendeva di un’ aura azzurrognola, tipica degli Esseri Astrali.
“Come ad esempio vedo quell’ Astrale accanto a te.” Stava proseguendo Mirtaka.
“Sei una Victrix in incognito, per caso?”chiese Yuma allegro. “I normali esseri umani non possono vedere il mio amico.”
“Non so di cosa tu stia parlando, ma c’è un motivo preciso a spiegare questa mia caratteristica.”
La ragazza dai capelli corvini tese le braccia verso l’ esterno e quattro cerchi luminosi si materializzarono all’ improvviso.
Questi attraversarono il corpo di Mirtaka, il cui colorito passò gradualmente dal rosa-biancastro all’ azzurro pallido e si ricoprì di gemme blu simile a quelle del Messaggero Astrale. L’ abbigliamento casual mutò all’ istante in un vestito principesco blu e viola dal corpetto stretto con le maniche a palloncino ed una gonna a trequarti piena di fiocchi.
Le gambe erano coperte da calze bianche, mentre ai piedi calzava civettuole ballerine viola.  Gli occhi argentati brillarono espressivi lasciando tutti senza fiato, mentre le rune violacee sparse qua e là lungo tutto il corpo emettevano bagliori ametistini.
“Anch’ io sono quello che voi umani definireste spirito. Il mio vero nome è Mirtaka e sono la principessa del Mondo Astrale.”
“Eeeeh?!?”esclamò Yuma sbalordito ricadendo all’ indietro.
“Benvenuta, Vostra Altezza.”la riverì invece Astral, abbozzando un inchino. “Dopo il mio arrivo sulla Terra, avevo dimenticato tutto, ma il vostro viso mi è rimasto impresso.”
“Non ti inchinare, Astral.”disse allegramente la principessa invitandolo a rialzarsi. “Vedo che la tua missione sulla Terra sta procedendo bene. Ma cosa mi dici del tuo secondo obiettivo?”
“Che cosa?” disse scioccato il duellante dagli occhi cremisi. “Astral aveva un’ altra missione?!?”
Ma le sorprese per quel giorno non erano finite.
Infatti una donna dagli occhi cerulei e i capelli corvini, avvolta in un pullover rosa ed una gonna al ginocchio rosa si avvicinò a loro camminando nell’ erba e producendo un lieve fruscio.
“Principessa, mi ha fatta chiamare?”chiese con una voce soave che somigliava al frusciare del vento tra le foglie.
Nel vederla, a Yuma venne una crisi di nervi.
“Ma lei… non è Ayumi, il necrospirito che accompagna Hoshiko Kazama?”chiese invece Astral.
“Esattamente.”
“Bene!” esclamò solennemente Mirtaka. “Ora che ci siamo tutti, possiamo dare inizio alla seduta.”
“Ma seduta di cosa?”chiese il tredicenne dai capelli a spina, che ancora non riusciva a capire nulla.
“Tra poco capirai.”disse seccamente Ayumi.
“Le due missioni di Astral sono rispettivamente trovare il Numeron Code, come già sapete, e quella di trovare il prescelto che ci aiuti a difendere il nostro mondo. Ci sono due possibili candidati e con la prima abbiamo già predisposto tutto, ma non riusciamo a trovare la seconda. Ci serve aiuto.” Dichiarò la principessa.
“Potrei essere io?”si entusiasmò Yuma.
“Tu togliti di mezzo.”lo gelò la bella Hayashibara lanciandogli uno sguardo inceneritore.
Mirtaka non poté fare a meno di ridere.
“E perché non dovrei, scusa?”
“Perché diventare un Prescelto per il Mondo Astrale equivale a rovinarsi. Chi nasce così si ritrova la vita giostrata fino allo spasimo e di solito dopo aver svolto la missione si ritrova all’ altro mondo. Io ero una tra le prescelte, così come anche mia figlia.” Proclamò il necrospirito umanizzato con la voce rotta. “Sin da giovane, io non ho mai creduto nel destino. Non c’è nulla di già tracciato nella vita, siamo noi a decidere il nostro futuro con le nostre scelte. Eppure sono stata io la prima a scrivere male la mia storia. Non voglio che Hoshiko ripeta il mio stesso errore.”
Il silenzio calò sui presenti.
“Anzi, in parte gliel’ ho già rovinata. Non sono una madre degna di questo nome.”
“Cioè tu saresti…!”stava cominciando a dire Yuma, ma fu bloccato da uno gelido “Esattamente” di Ayumi.
“Non devi incolparti per questo.”la rincuorò Astral intenerito. “Immagino che tu l’ abbia fatto per salvarla.”
“Non esattamente. Sapevo già che mia figlia era destinata a qualcosa di speciale perché il potere immenso dei Victor che salvano il Mondo Astrale è ereditario nel novantanove per cento dei casi. Io l’ ho salvato sacrificando la mia vita e probabilmente Hoshiko farà lo stesso. Il suo passato è stato tragico proprio per aiutarla a svolgere al meglio questo compito, affinchè non provi troppo dolore quando sarà il suo momento.”
“Cavolo… Ma questo è completamente ingiusto!”protestò Yuma. “Perché una persona non può vivere come vuole e si deve ritrovare un futuro già tracciato? Siamo noi i padroni delle nostre vite e dovremmo essere noi a scriverle! Sono completamente d’ accordo con Ayumi!”
La giovane Hayashibara lo guardò triste ed intenerita al contempo, scostandosi una ciocca dei capelli corvini dalla spalla.

“Yuma, ti ringrazio, tu hai il mio stesso spirito. Ad essere incerto, nella nostra vita, non è solo il futuro, ma tutto, e noi avremo sempre la possibilità di scegliere. Io ho disegnato male la mia, arrivando a sacrificare la mia felicità e quella della mia famiglia, facendo sì che Hoshiko sia come un burattino. Presto verrà liberata dai suoi fili, spero, e mi piacerebbe tanto esserle accanto per vederla tessere la tela del suo destino in modo giusto anche grazie ad i miei insegnamenti, ma non come necrospirito… Come madre.”



Angolo dell' Autrice
Ehy-ehy-ehy! Rieccomi qui!
Vi sono mancata, eh? (Seeeeeeee!)
Potrei definire questo capitolo come uno dei miei "short-and-schifos-chapter" (Inglesiese Coreggiuto MODE:ON). Perché? Ma è semplice, perché l' ho buttato giù tutto d' un fiato e lo stile lascia a desiderare! XD Anche perché è di un' allegria davvero unica! Penso proprio che lo dovrò modificare parecchio, a cominciare dall' inserimento del disegno della forma umana di Mirtaka (che arriverà chissà quando).
Aaaaaaaad ogni modo, è stato svelato il grande segreto di Ayumi! Quanti di voi se l' aspettavano?
E quanti di voi vogliono farla ritornare in vita? Dai, su le maniiii! *StaSclerandoMODE:ON*
Sul serio, voi la preferireste da necrospirito o da umana, come madre della nostra protagonista? Ricordatevi di motivare la risposta! LOL
Vediamo inoltre Makoto/Mirtaka ancora in azione, stavolta di fronte a Yuma, ma che sbrocca come al solito, e veniamo anche a sapere della seconda missione di Astral! Secondo voi chi potrebbe essere questo misterioso secondo prescelto?
A voi la parola!
Vorrei ringraziare le sei persone che preferiscono questa storia, ossia
Asutoraru, Feelings, Riyu Saotome, Chicca_Chan, luna sutcliff e la magnifica Soul of the Crow alla quale vorrei fare una menzione speciale per aver recensito ogni capitolo di questa storia (e per la magnifica risposta alla domanda che vi ho posto nel ventesimo capitolo *^* Mi hai reso felice, oneechan!), oltre alle due persone che la seguono, ossia Stellaskia e Yulin!  
Grazia a tutti, davvero!
See you!
-Puff           

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Troppa poca forza per resistere ***


Capitolo 23
Troppa poca forza per resistere
 
 
“Su questo mondo io non sono che un granello di sabbia e non potrò mai aspirare ad essere qualcos’ altro, tuttavia questo è un concetto che ancora non riesco ad afferrare.”
Questo era solita dire sua madre, sin dalla prima infanzia.
Ayumi Hayashibara non era mai stata una bambina particolarmente allegra o vivace.
Nonostante il viso paffuto, dietro quei grandi occhi azzurri si nascondeva un acume gelido,tagliente, del tutto insolito in una bambina di otto anni. Già da piccola affermava che nessuno è destinato a “risollevarsi dal fango”: affermava che solo i VIP avevano e continuano ad avere una vita vera perché erano riusciti ad emergere dalla massa informe dei “comuni mortali”, mentre tutti coloro che non ci riuscivano erano destinati ad avere una vita banale ed infelice cercando inutilmente di farsi notare, ricorrendo ad ogni mezzo.
“Ancora non l’ ha capito, signora maestra? Nella nostra vita non c’è niente di giusto. Tutto è errato, a partire dal nostro sistema sociale. Noi uomini siamo esseri programmati per non soffrire, ma dato che la sofferenza è intrinseca nell’ umanità noi nascondiamo la nostra delusione, anestetizzandoci, e tiriamo avanti come meglio possiamo. Noi comuni mortali  siamo delle nullità, tutti identici nonostante le varie differenze. Non abbiamo la forza per restare in piedi e quindi dobbiamo fingere di essere cavalieri senza macchia e senza paura.”
Nel ricordare queste parole, Hoshiko fu scossa da un brivido: quella frase era orribile, crudele, portatrice di una visione pessimistica della società e dell’ umanità, ma vera.
L’ ultima parte, in particolare, sembrava riflettere in pieno tutta la sua vita: sin da piccola la giovane Kazama aveva dovuto lottare selvaggiamente per poter rimanere in piedi, tuttavia ad ogni passo si sentiva mancare le forze, sia fisiche che psicologiche.
Come tutti gli altri, lei si illudeva di essere forte, ma era una creatura debole.
Ed essene cosciente rendeva tutto più amaro, più doloroso.
Eppure sentiva che qualcosa in quel discorso non andava: anche se lei avrebbe dovuto essere la prima a concordare con quella teoria in quanto aveva già provato sulla sua pelle tutte quelle sensazioni, trovava tutto ciò troppo pessimista.
Maledisse il suo carattere altalenante e provò a visualizzare il volto della madre.
Tuttavia, l’ immagine che vide non fu quella di una donna dagli algidi occhi cerulei e lunghi capelli d’ ebano molto simili ai suoi.
La donna che vide aveva invece i capelli di un indefinibile colore violaceo e gli occhi della medesima tonalità, con il viso pallido scavato dalle lacrime e dalla stanchezza. Portava un vestito candido, di lino, dalle maniche lunghe e la gonna svasata, mentre i capelli ricci  legati in sei lunghe trecce erano coperti da una sorta di cuffia.
Era talmente magra da sembrare una ragazzina di dodici anni, ma la lunghezza delle ossa faceva pensare ad un’ età che andasse oltre i venti. I suoi occhi, pur essendo vacui, o meglio tristi, risplendevano come astri.
Il suo nome era Andromeda. Figlia di contadini, aveva il nome di una stella; non aveva avuto un’ istruzione adeguata , tuttavia era saggia come pochi.
Era una delle poche sopravvissute alle Guerra Decennale, ma non ne era contenta.
Nel giro di pochi anni aveva perso tutto ciò che aveva di più prezioso.
Quella voce che continuava ad inseguirla nei sogni rispose alle sue domande.
Una voce calma e rassicurante, appartenente ad una donna, che evocava lo scroscio dell’ acqua in una sorgente d’ alta montagna ed altri mondi lontani, fantastici, sconosciuti.
Una voce da cantante lirica.
Si fece coraggio e bussò alla porta della stanza 969 del Grand Hotel di Heartland City.
Era finalmente arrivata.
Si udì un “Avanti!” imperioso provenire dall’ interno, ma la voce non era quella gentile misurata di Three, notò Hoshiko: era più profonda, adulta, con un non so che di rude.
Aprì la porta, i cui cardini cigolavano, e vide altre due persone insieme al suo amico, entrambe uomini e con una divisa formale: il primo aveva i capelli rossi sparati all’ indietro con un ciuffo giallo che gli copriva leggermente gli occhi viola, che lampeggiavano orgogliosi e un po’ crudeli. La sua pelle leggermente abbronzata, che lo faceva sembrare un ispanico, lo differenziava parecchio dagli altri due, che avevano un colorito molto pallido.
La persona in questione stava rimirando la propria immagine riflessa in uno specchio a figura intera con una cornice dorata (che ricordava moltissimo lo stile barocco) e tutto in lei sembrava parlare di dolore e crudeltà, ma anche di un lato delle propria personalità rimasto sepolto troppo a lungo e che ormai faceva fatica a ritornare interamente alla luce.
L’ altra persona era alta almeno centoottantacinque centimetri e possedeva dei capelli argentei che arrivavano a sfiorare il pavimento. Gli occhi di un blu profondo, allungati e taglienti come lame di coltelli, erano nascosti da alcune ciocche di capelli verde acqua e da altre color glicine chiaro. A differenza degli altri due, che calzavano degli stivali di cuoio lunghi fino al ginocchio e indossavano pantaloni larghi che li facevano somigliare a dei paggetti, egli portava delle normalissime scarpe bianche ed un pantalone lungo, bianco, che si sarebbe potuto dire da tailleur; ed anche la divisa blu e bianca era più lunga rispetto a quella dei fratelli.
I sui gesti erano controllati e calmi, anche se un po’ bruschi.
“Salve, Hoshiko!” la salutò III dalla cucina con un cenno della mano, intento com’ era a preparare il tè.
“Salve.”la salutò freddamente l’ uomo con i capelli argentei. “Lei è nuova di qui, o sbaglio?”
“Esattamente.” Gli rispose la corvina intimorita. “Ho cominciato a lavorare part-time come addetta alle pulizie di questo piano… esattamente una settimana fa.”
“Capisco. Il mio nome è Five. In caso di emergenza si rivolga pure a me.”
Alla giovane Kazama quel discorso suonò troppo poco convincente, freddo, fatto solo per “senso del dovere”, tuttavia si limitò ad annuire con un rispettoso: “Sì, signore. Il mio nome è Kazama Hoshiko e La ringrazio per la sua disponibilità.”
Kazama…”annuì pensieroso V. “Non era il cognome di quel famoso medico morto quindici anni fa per un incidente stradale?”
Hoshiko sospirò gravemente: le veniva sempre un groppo alla gola quando si parlava di suo padre, Junichiro Kazama… Per lei era praticamente un estraneo, come sua madre: era morto un mese ed un giorno dopo il suo primo compleanno investito da un fuoristrada, durante un otto giugno afoso che lei aveva trascorso dormendo e giocando insieme a Miss Knight , almeno secondo quanto le avevo riferito in seguito i coniugi Hoshina e la stessa Eleanor. Sapeva poco e nulla di suo padre, se non che aveva ereditato proprio da lui i suoi occhi verdi e che a suo tempo era stato un eccellente neurochirurgo e psicoterapeuta… Aveva persino trovato una possibile cura per gravi malattie mentali e nel campo della neurochirurgia era diventato una vera e propria celebrità nel giro di pochi mesi.
“Sissignore, io sono la sua unica figlia.”disse con voce rotta. “Lui è… venuto a mancare quando io avevo appena un anno. Per la nostra famiglia è stata una grande perdita.”
“Capisco.” Disse pensieroso il maggiore dei fratelli. “Signorina, se non le è di troppo disturbo, ho delle incombenze da affidarle. Sarebbe disposta a portarle a termine.”
“No, dica pure, signore.”
Four, che aveva assistito in silenzio alla “graziosa” scenetta, raggiunse il fratello minore in cucina con uno strano sorrisetto stampato sul volto e gli chiese, in un tono tra il noncurante ed il beffardo: “L’ hai vista la nuova addetta alle pulizie?”
“Certo che l’ ho vista, fratellone. Non ti sei accorto che prima l’ ho salutata?” rispose III infornando una teglia di biscotti.“Perché me lo chiedi? Cosa c’è che non va con lei?”chiese poi, apprensivo.
“Non mi piace per niente, è alta e secca come un palo della luce e sembra una santarellina, tutta compunta com’ è, con gli occhi bassi come una monaca, obbediente e servile, ma non è così. Prima, mentre mi specchiavo, mi ha lanciato uno sguardo di traverso.” Fu la risposta, pronunciata in tono leggermente disgustato.
“Sarà perché deve averti ritenuto un ragazzo vanitoso.”osservò diplomaticamente il ragazzo dagli occhi verdi. “E a lei le persone troppo concentrate sull’ aspetto fisico e la popolarità non piacciono.”
“Che allegria.”sorrise beffardo il secondogenito. “Scommetto che con Chris non durerà meno di un secondo, quella lì.”
“Io non ci giurerei, in fondo hanno gli stessi gusti e anche la stessa mentalità.”
“E tu che ne sai?”                                                                         
“Beh… il giorno in cui è stata assunta voi non eravate presenti e quindi abbiamo fatto conoscenza. Anche lei, come Five, pone il dovere prima di tutto e legge molto. Inoltre hanno pressappoco lo stesso carattere.”
“Ossia è anche lei acida come una vecchia zitella?”
“Non esattamente... Quello che intendo dire è anche la Kazama sulle prime sembra essere fredda e scostante, ma se la tratti con rispetto e gentilezza risulta molto simpatica… e poi…”
“E poi?”chiese curioso IV vedendo il fratellino arrossire.
“Nulla.”lo liquidò Three con un gesto rapido della mano per poi ritornare ad occuparsi del tè. La realtà era che, non appena vedeva il profilo di Hoshiko sbucare fuori dal corridoio, il cuore cominciava a battergli forte ed era sempre felice di passare un po’ tempo a chiacchierare con lei. D’ accordo, la conosceva da poco tempo, ma quel sentimento troppo a lungo represso e nascosto negli angoli più remoti dell’ anime stava ricominciando a scaldare il suo cuore.
… E poi, le rare volte che lo sfodera, ha un sorriso davvero stupendo![1]
 
“Hoshiko, posso parlarti?” chiese l’ ultimogenito Arclight raggiungendo la ragazza dai capelli corvini nella cucina, dove lei stava lavando le stoviglie che i tre fratelli avevano utilizzato per il pranzo.
“Certamente, cosa devi dirmi?” sorrise lei posando una spugnetta consumata sul lavabo in ferro.
“Beh, non vorrei essere inopportuno… Da quanto ho capito tua padre è morto quando eri bambina e… immagino tu abbia sofferto davvero tanto.”cominciò titubane III.
Hoshiko si irrigidì parecchio, tuttavia gli rispose con un serio: “All’ epoca non capivo, quindi l’ evento non mi fece né caldo né freddo, tuttavia… Ricordo di essermi spaventata molto quando vidi Miss Knight, la mia madre adottiva, rientrare piangente a casa ed i miei nonni sconvolti. Solo dopo ho compreso la gravità della situazione.”
“Mi dispiace tantissimo…”si intristì il quindicenne dagli occhi smeraldini. “Quindi è morta anche tua madre.”
“Sì, il giorno della mia nascita.”
Di nuovo quel groppo alla gola. Hoshiko, per quanti Viri Nigri avesse potuto sconfiggere sotto il nome di Kyndrha, era umana, ed essendo umana, era fallibile, come tutti.
Anche lei aveva le sue debolezze, i suoi rimpianti, le sue passioni, ma aveva dovuto schiacciarle e diventare una sorta di macchina, un congegno che non aveva emozioni, perché in un mondo ingiusto come quello in cui viveva mostrare i propri sentimenti in pubblico equivaleva ad essere debole.
E lei non doveva essere debole, ma forte. Una paladina senza macchia e senza paura, come diceva sua madre, anche se non sempre le sue sole forze erano sufficienti per farla rimanere in piedi.
“Allora credo che tu mi possa capire.”disse a bassa voce III in tono serio e triste.
In un impeto di frustrazione e di debolezza, le raccontò di suo padre Byron, che era stato un uomo gentile ed affettuoso ma, ritornato da un’ altra dimensione, era cambiato radicalmente diventando un essere crudele ed assetato di vendetta, che aveva sfruttato tutti coloro che gli erano parsi utili per portare a termine il suo folle proposito, persino i suoi figli. Le raccontò che era stato privato dell’ anima, dei rituali a cui aveva assistito e di quello a cui era stato sottoposto, il suo duello contro Yuma e il potere dello stemma che lo corrodeva, la sconfitta e tutto quello che avevano dovuto fare i suoi fratelli, ma che alla fine si era tutto risolto per il meglio.
Tuttavia, lui provava ancora quella sensazione d’ impotenza e di tristezza che lo attanagliava quando era un subordinato di Tron e soffriva nel vedere la sua famiglia ridotta così.
Hoshiko lo ascoltava, mentre lacrime silenziose scendevano sul suo volto.
“Three, sii sincero nel rispondere a questa domanda che ti pongo.”disse Hoshiko con la voce rotta alla fine del lungo discorso. “Secondo te cos’è meglio, un padre che rimane con te e ti usa oppure un padre che muore in un incidente stradale e che non potrai mai avere accanto a te, pur avendone davvero bisogno?”
Quel castello di carte interiore e la voce ferma della ragazza, entrambi pieni di falso coraggio, crollarono entrambi sotto questa enorme valanga di tristezza, facendo sì che lei cominciasse a piangere.
Posò il piatto pulito che aveva in mano e cominciò a piangere, prima piano, poi sempre più forte; tuttavia le sue spalle, vuoi perché era ancora giovane, vuoi per il portamento impeccabile, rifiutavano di piegarsi sotto il peso dei singhiozzi.
“Oh… Scusami, Hoshiko… Mi dispiace tantissimo!”provò a scusarsi III, imbarazzatissimo, vedendo la ragazza piangere.
“No, scusami tu. So di essere stupida a piangere per questo, perché al mondo ci sono un sacco di persone nella stessa situazione che pure riescono a tirare avanti senza troppi problemi. Io però… Non lo so, non credo di poter resistere ancora a lungo, sono troppo debole. E inoltre… mi dispiace tantissimo per voi. So quanto sia brutto essere usati.”fu la risposta soffocata di Hoshiko, che proseguì, più ferma: “Ho un’ altra richiesta da farti.”
“Di’ pure: se c’è qualcosa che posso fare per te…”
“So che ti potrà sembrare strano, ma questa domenica vado a fare una sorta di gita sul monte CrystalDrop. È una mia consuetudine: lo faccio tutti gli anni per rivedere i luoghi della mia infanzia. Di solito ci vado da sola, ma quest’ anno…”
“Quest’ anno…?”
“Vorrei che venissi anche tu con me.”Concluse Hoshiko tutta affannata, come dopo una corsa.
Michael, poverino, entrò in confusione: da una parte avrebbe accettato volentieri l’ offerta della giovane Kazama, sia per passare un po’ di tempo con lei sia perché una piccola pausa gli avrebbe fatto davvero bene, ma dall’ altra temeva la reazione dei fratelli.
Probabilmente, però, l’ amore per Hoshiko ebbe il sopravvento, perché la sua risposta fu: “Certo, ne sarei davvero lieto.”
“Grazie mille, III.”gli sorrise Hoshiko ingoiando le lacrime. “Sono certa che il cammino accidentato ed irto che aspetta ognuno di noi sarà meno difficile, in due. In tanti si è più forti.”




Angolo dell' Autrice
Rieccomi qui per voi, Folk! Purtroppo per la mia creaturina ultracomplessata(?) non sono morta, ma tra interrogazioni programmate su sei capitoli di storia romana, quantità inverosimili di compiti per casa e compiti a sorpresa non ho avuto tempo di aggiornare!
Tra l' altro, sono davvero contentissima, perchè questa storia ha raggiunto quota cento recensioni! *Stappa lo champagne ed invita tutti i lettori ad un bel simposio(?)* Inoltre vorrei ringraziare la mitica
Sognatrice_Felice, che ha inserito questa storia tra le preferite ed ha anche cominciato a recensirla! Ed anche per il suo fantastico disegno di VI (è davvero un' artista!) e per avermi inserita tra le autrice preferite! Grazie davvero di cuore!
Passando al capitolo: si viene a sapere qualcosa di più sulla figura di Ayumi (Hayashibara) da umana e, come potete notare, era davvero-molto-ottimista. Voi cosa ne pensate?
E del rapporto tra Hoshiko e III? Con gli altri fratelli, poi, come si comporterà la nostra eroina?
Per non parlare del nuovo personaggio, Andromeda! Avete notato che ha lo stesso nome di una delle Regine Astrali e (PICCOLO SPOILER!) hanno bene o male lo stesso aspetto fisico? Non vi fa scattare un campanellino nella testa? A voi la parola! E ricordate di segnalare eventuali errori!
See you!
-Puff (che oggi alle 16.00 parte per Assisi, ma no prob! Per voi(?) ci sarò sempre!)

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: Storia di un fallimento e di una possibilità (sprecata) di gloria ***


Capitolo 24
Storia di un fallimento e di una possibilità (sprecata) di gloria
 
“Ma ne è sicura, principessa Anthìa?” chiese la donna sotto shock, facendo cadere un’ ampolla contenente uno strano liquido violaceo su un costosissimo tappeto persiano.
“Certo. Alla fin fine sono stata io a causare questa battaglia e non posso fare nulla per porvi fine, perché anche se provassi a supplicare Re Attilius e Re Skotòus scoppierebbero a ridermi in faccia e mi caccerebbero via. Sarei più utile sottoforma di albero!” gemette la principessa tredicenne scuotendo i lunghi capelli castani.  “Quindi ho pensato che, se non posso fermare i combattimenti, posso fare in modo che vadano a finire bene per noi…”
“Quindi vorrebbe fare qualcosa di simile al sacrificio del soldato devoto all’ epoca dei Romani? Ammirevole…”
«“Finire bene”, poi… Una guerra non finisce mai bene, per nessuna delle due parti. I danni saranno sempre incalcolabili. Io non ce la faccio.»
“Se è questo quel che lei desidera, io l’ aiuterò. Ma non vorrei che si pentisse di questa scelta.”
“Non lo farò. Vi ho persino portato l’ ambra che vi serviva.”
E la piccola ma coraggiosa Anthìa tirò fuori un contenitore dal collo lungo in cui risplendeva inquietante una sostanza allo stato semiliquido di uno strano colore aranciato che sfumava nel nero.
 ***
 
“Wow… Quindi è questo il monte CrystalDrop?”chiese III estasiato ammirando l’ orizzonte con i suoi occhi limpidi.
“Già! Bella visione, vero?”replicò Hoshiko entusiasta guardando il suo amico in tenuta casuale: prima di andare a visitare il monte più alto di Heartland City, infatti, la ragazza aveva insistito parecchio affinché il ragazzo si cambiasse d’ abito, sostituendo gli abiti in stile medioevale con una tenuta più pratica, possibilmente una tuta. Dopo mille difficoltà era riuscita a scovare tra i suoi abiti una tuta sportiva della misura del quindicenne ancora in buono stato: la ricerca era stata parecchio lunga, anche perché la giovane Kazama era passata da 155 centimetri a 168 in pochissimo tempo e la povera signora Knight era quasi impazzita di fronte a quell’ improvvisa crescita, arrivando così a buttare via la maggior parte dei vecchi abiti della sua “figlioccia”; ma si erano divertiti parecchio.
Inoltre, aveva notato Hoshiko, c’ era una somiglianza incredibile tra Three ed Eleanor Phoebe, specialmente nei modi… Forse era per questo che si erano intesi alla perfezione e la donna dai capelli color cioccolato si era interessata subito al giovane,  reputandolo “un bravo ragazzo”.
“Cosa c’è, Three? Non ti senti a tuo agio con questi abiti?”chiese poi la ragazza dai capelli corvini, vedendo il suo amico che osservava perplesso il suo k-way.
“No, no, figurati! Mi abituerò presto. Quello che non capisco è perché devo portare tutte queste giacche…”
Entrambi i ragazzi, infatti, si erano bardati come se avessero dovuto fare trekking sul K2: almeno tre felpe, una giacca cerata, guanti di lana, sciarpa, cappello e scarponcini con la suola a carrarmato, oltre ad uno zaino che conteneva altre maglie, una borraccia piena d’ acqua ed alcune snack.
“Diciamo che è la regola della montagna: vestirsi a strati è la regola migliore, anche perché così eviti di buscarti un malanno. Però, se vuoi, puoi toglierti qualcosa da dosso… Anche perché non credo che i tuoi fratelli vorranno averti tra i piedi grondante di sudore!”gli spiegò Hoshiko, ridacchiando sul finale.
“Capisco.”annuì pensieroso il giovane dai capelli color confetto. “Abbiamo un programma particolare da seguire per quanto riguarda le attrazioni turistiche oppure possiamo visitarle liberamente?”
«“Attrazioni turistiche” è una parola grossa: non c’ è nulla di particolarmente interessante. La maggior parte delle persone che vengono qui lo fanno per godersi la pace e la tranquillità e questo è un lato delle montagne anche a me. Ma, come ti ho detto, a me questi luoghi piacciono perché vi ho passato la mia infanzia.»
“Già, la mia infanzia.”pensò Hoshiko con una punta di tristezza dopo aver parlato.
“Quando ancora non avevo tutti i problemi che mi attanagliano adesso.”
“Io invece qui non ci sono mai stato, non saprei come muovermi. Mi fai da guida?”la riscosse il terzogenito Arclight, porgendole la mano.
“V-Volentieri.”
La giovane Kazama gli strinse delicatamente la mano e lo guidò lungo il monte CrystalDrop: insieme videro il “paesino”, ossia un mucchietto di casette di legno disposte ordinatamente lungo le due strade principali, quelle che attraversavano quella porzione di montagna da est a ovest e da nord a sud, come gli antichi cardi e decumani, tra le quali c’ era anche quella di Hoshiko, contraddistinta dal tetto azzurro cielo e alcuni telescopi ottici a riflessione piazzati fuori dall’ uscio che a loro tempo erano stati fedeli compagni del famoso astrologo Tsumugu Hoshina; sbirciarono tra le carte del progetto della costruzione di un osservatorio astronomico, probabilmente il più grande mai costruito ad Heartland City ; rimasero estasiati di fronte alla Spianata Diamantina.
La Spianata, così come diceva il nome, era una zona della montagna molto simile ad una pianura, interamente coperta da soffice erba e perennemente illuminata dalla luce del sole. L’ epiteto “Diamantina” le era stato dato perché di mattina, quando l’ erba era ricoperta di brina, l’ intera zona sembrava risplendere della stessa luce che emanano i diamanti lavorati più puri. Quegli stessi riflessi illuminavano anche le stelle alpine che con il loro candore e la loro bellezza facevano allargare il più aperto dei sorrisi anche al turista più scorbutico.
Quando le vide, il quindicenne dagli occhi di smeraldo rimase senza parole e si limitò a fissarle sgranando gli occhi. Hoshiko fece altrettanto: amava immensamente quei fiori; non solo per il loro aspetto e per il loro profumo delicato ma anche per il loro significato.
La quindicenne conosceva molto bene il linguaggio vittoriano dei fiori, quello che in passato gli uomini utilizzavano per comunicare grazie ai fiori con le loro fidanzate: le stella alpina, secondo quel linguaggio, stava a significare “nobile coraggio”.
“Ehi, voi due! Sapreste indicarmi dov’ è la Grotta Iridescente?”
Three si voltò e riconobbe nella figura imbacuccata quella Makoto Hoshizora che, circa una settimana prima, aveva fatto irruzione nella sua stanza d’ albergo perché impaurita da quello che poi si era rivelato un cane da guardia. Anche quella volta il suo abbigliamento aveva colori a dir poco equivoci: aveva accostato ad un pantalaccio viola prugna un k-way di un giallo fluo così accecante che avrebbe potuto benissimo illuminare il centro della terra, mentre gli scarponcini di cuoio azzurro contenevano dei calzini arancioni sfilacciati che stonavano completamente con il resto dell’ abbigliamento, palesemente nuovissimo.
“Makoto Hoshizora, vero? Seguici. Noi ci stiamo dirigendo proprio lì.”
“Sì, sono io.”ridacchiò la ragazza con gli occhi viola. “Oh-oh, vedo che state sempre in insieme voi due! Avete dato inizio ad una love story?”
“EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH?!? A… Assolutamente no!”
A quell’ affermazione, il povero III divenne color pomodoro maturo.
“Sì, certo, dicono tutti così.”
“Ma si dà il caso che io e III siamo solo amici. E poi tu non volevi arrivare alla Grotta. Stacci dietro e non fare più commenti inopportuni.”intervenne Hoshiko con una voce così gelida che sembrava grondar ghiaccioli.
Makoto si zittì e seguì docilmente i due imbarazzatissimi ragazzi fino a quella caverna denominata “Grotta Iridescente” per le vistose stalattiti iridescenti che pendevano dal soffitto, lanciando loro occhiate di sottecchi: secondo il suo “parere da esperta”, quei due sarebbero finiti cotti marci l’ uno per l’ altra entro due settimane, anche una certa adorazione tra loro due era evidente.
“Eccoci arrivati.”annunciò la corvina con voce monocorde dopo circa un quarto d’ ora.
“Fantastico!”si entusiasmò invece la principessa Astrale sotto mentite spoglie. “Dà proprio l’ idea di essere un luogo magico! E c’è anche il cerchio già tracciato.”
“Un cerchio? Quale cerchio? Conosco questi posti come le mie tasche e non ho mai visto un cerchio qui.”
“Forse perché è stato tracciato da poco…”ipotizzò il terzo fratello Tron.
Effettivamente, vicino ad una delle pareti era stata effettivamente tracciata una circonferenza leggermente irregolare, che brillava come una stella. Makoto si piazzò al suo interno, dritta e rigida come un palo, e cominciò a cantare parole dall’ indefinibile spelling, belle e misteriose come quelle dei linguaggi antichi.
“Faremmo meglio ad andarcene, III…”cominciò a dire Hoshiko titubante, ma fu interrotta ma un imperioso “No, venite qui da me. Dovete essere presenti anche voi al rito.”di Mirtaka/Makoto.
I due ragazzi, titubanti, obbedirono.
“Ne anikha
Ne anikha
Deni wa no muko rieri wo chireru khi na
Aile ne mokai erkei
Ne anikha
Ne anikha
Neine shi watari yo
Ga adikhe na imaru
Ne anikha…”
Le parole di Makoto crearono una sorta di varco temporale.
I tre ragazzi, spinti da una forza sempre più violente, videro gli orrori delle Guerre Mondiali, le prime industrie e la città di Birmingham con le sue miniere di carbone, la Rivoluzione Francese, i circoli illuministi, la Mayflower stracarica di passeggeri, gli anni del ‘600, le navi dirette verso le Americhe appena scoperte e il fermento degli artisti italiani ed olandesi ospitati nelle residenze dei nobili, fino a fermarsi vicino ad una lapide abbandonata.
Makoto vi batté su il suo bastone di legno per tre volte.
Nell’ aria si disegnò leggera la figura di una ragazza probabilmente tredicenne, con lunghi capelli castani e grandi occhi blu stanchi ed addolorati. Era abbastanza alta e magra, con un viso che, almeno a prima vista, si sarebbe potuto definire scavato. Indossava una maglia blu con le maniche a brandelli, un pantalone viola, anch’ esso con le gambe a brandelli, ed un paio di stivali neri.
La ragazza cominciò a parlare, narrando la sua storia.
 “Il mio nome era Crystal Petranova ed ero figlia di un valoroso generale dell’ esercito inglese. Era lo sesta di sei figli tra fratelli e sorelle, quindi destinata al convento… Ma io non volevo prendere il velo ed odiavo gli impieghi destinati alla sfera femminile.  
Mi sarebbe piaciuto cavalcare, lavorare, essere un cavaliere.
Adoravo i combattimenti, ma non potevo lottare, perché il mio corpo era considerato debole. Di contro, odiavo le guerre e tutto lo sfacelo che portavano.
Mio padre aveva perso un occhio nell’ ultima guerra civile e la nostra famiglia era caduta in rovina. Io ne soffrivo terribilmente, soprattutto per mio padre, che era la persona più buonA che avessi mai conosciuto. Era sempre pronto a tirarmi su e sembrava che solo lui potesse capirmi quando gridavo ai quattro venti la mia fame di libertà.
Avevo paura di perderlo. Così, quando mi chiesero cosa desiderassi più di ogni altra cosa… chiesi senza pensarci due volte che mio padre non cadesse in battaglia.
Lo ritrovai morto il giorno dopo e non piansi quando assistii al suo funerale. I miei fratelli mi diedero della strega e mia madre , dopo la sua morte, divenne così magra da morire il mese dopo.
Da piccola mi dicevano che Dio avrebbe perdonato ogni cosa per un’ opera di misericordia, e invece la mia famiglia è stata maledetta.
Fu una donna a salvarmi dalla disperazione totale, una donna con la pelle azzurrina. Mi disse che avrebbe salvato il mio spirito se io avessi custodito questa carta. Io accettai il patto e fui seppellita con ancora quell’ oggetto in mano. Ora lo rendo a colei che deve cercare i prescelti.”
Nell’ aria si materializzò un manufatto di un nero tendente al blu costellato da mille puntini bianchi, lungo dieci centimetri ed alto venti, che aveva lo stesso spessore di un cartoncino.
Era una Carta da Duel Monster.
“Grazie, Crystal.”disse gentilmente Makoto alla ragazza dai capelli castani, che svanì nel nulla. Poi si rivolse ai due ragazzi estasiati dietro di lei: “Quella che sto per porvi è una domanda strana, lo so, ma provate a rispondere: se trovaste un manufatto raro, non ancora scoperto, lo terreste con voi oppure lascereste agli esperti il compito di operarvici?”
“Seconda opzione.”disse telegrafica Hoshiko. “Io ho una manualità pari allo zero per cento e mi dispiacerebbe rovinare una cosa antica.”
“Beh, è vero…”concordò III serio. “Ma io ho un vero e proprio debole per gli antichi artefatti e non mi stupirei se ne portassi a casa uno, prima o poi.”
“Capisco.”lo bloccò la principessa. “Quindi, Hoshiko, tu saresti disposta a rinunciare alla gloria pur di assicurare alle cose il loro giusto trattamento?”
“Assolutamente.”
“Una scelta degna delle menti più nobili. Ti invidio, sai?”
“Tutto a posto, Rigel. Questa Hoshiko è la persona adatta, come ti avevo detto.”

Angolo dell' Autrice
Salve a tutti, guys! Sarò breve oggi, perché è tardissimo ed io domani ho il famigerato compito di italiano!
Dunque, in questo capitolo abbiamo un' altro flashback, concentrato principalmente su Anthìa (sapevate che il suo nome deriva da una parola greca che vuol dire "fiore"?), e la gitarella (anche chiamata scappatella romantica) al monte di Hoshiko e III, che finiscono per rimanere invischiati in una prova sottoposta lro da quella furfantella di Mirtaka/Makoto, che comincia anche a fare supposizioni amorose su di loro!
Cosa ne pensate? Perché la principessa ha rivolto l' ultima domanda solo ad Hoshiko? Come faranno i due piccioncini a ritornare sul monte CrystalDrop?
Mi raccomando recensite e segnalate eventuali errori/incongruenze!
Mi piacerebbe anche sapere la vostra opinione nella nostra protagonista, Hoshiko: cosa pensate di lei?
Qui di seguito vi lascio due disegni che raffigurano rispettivamente Crystal Petranova ed Anthìa. Quest' ultima somiglia un sacco ad Ayumi, non trovate?
Ringrazio tutti coloro che seguono/ricordano/preferiscono questa storia e te che stai leggendo!
See you!
-Puff

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Un tetto per le anime perse ***


Capitolo 25
Un tetto per le anime perse
 
“Uninstall,
Uninstall
If there’s no one who can take this burden in my place
Then there’s no choice
But to take my simple life and
Uninstall,
Uninstall
And it makes me want to end all it with my own hands
Is it wrong?
Surely it’ s alright to want to
Uninstall…”
[Uninstall- English Cover]

“Mi credi, Nusan, se ti dico che questa domanda me l’ hanno posta tante di quelle volte da non poterle più contare?” trillò una ragazza dai lunghi capelli rossi e l’ abito verde sorridendo amaramente. “Anche la risposta è scontata: io canto per non piangere. E se non lo voglio fare, stai pur certa che non lo farò.”
“Okay, Haydée, ma tu canti praticamente da quando sei qui.  Non potresti smettere una buona volta? Anche perché non abbiamo alcun motivo per gioire.”
La giovane eschimese scosse la testa. Come tutte le creature del Nord anch’ essa aveva un fisico armonioso ma tarchiato che la faceva resistere a molte notti al gelo.
Aveva il viso tondo come una perla di mare e meravigliosi occhi marroni a mandorla, mentre i lunghi capelli lisci e neri mostravano chiaramente la sua discendenza da uomini di etnia asiatica che, mille e mille anni addietro, avevano attraversato lo Stretto di Bering per poi stanziarsi in Alaska.
Fluttuava leggera avvolta nel suo kuspuck [1] ornato di fiori ed il suo viso era scolorito.
“Nusan ha ragione. Perché noi spiriti dovremmo stare allegri?”
“Isis, tu e lei parlate così perché siete troppo attaccate alla vita terrestre.”
La piccola egiziana piegò il capo e i suoi capelli crearono una specie di onda nell’ aria, mentre la veste bianca di lino ondeggiava nel vento Astrale. I pesanti bracciali d’ oro ai suoi polsi tintinnavano, creando un bel contrasto sulla sua pelle scura.
“Noialtre non avevamo la possibilità di vivere una vita normale e lo sapevamo. Ci erano state precluse molte possibilità. E poi, tra guerre, carestie e difficoltà, come avreste sperato di tirare avanti?”
Haydée cominciò a parlare, sciogliendo i lunghi capelli rossicci che fino ad allora aveva tenuto legati in una lunga coda di cavallo. Gli occhi, fino ad un attimo prima espressivi e scintillanti, divennero all’ improvviso vacui e tristi. Le pieghe del semplice vestito da contadina si muovevano, con lo stesso movimento armonioso proprio delle onde del mare che si infrangono sulla battigia, al ritmo della sua lenta “camminata”.
“Non generalizzare. Io ero figlia di un grande capo eschimese ed ero felice tra la mia gente. Mi piacevano i colori della Festa della Vescica[2] e gli i’noGo tied[3] che la vecchia sacerdotessa faceva per me. Passavo il mio tempo libero cercando di imparare il linguaggio dei lupi, i nostri grandi fratelli buoni, e ad imitare il verso del piro piro e del pulcinella di mare. Io vivevo bene, in armonia con la natura, e seguivo i suoi ritmi.”
“Ma eri infelice a Barrow, in mezzo a tutti quei gussak[4] e quegli inuit completamente americanizzati, vero, Nusan?”
“Questo è vero… Ma mi ci sarei abituata prima o poi.”
“Non credo proprio. Il tuo stile di vita era troppo diverso dal loro e tu sei ossessivamente attaccata alle tradizioni. Non saresti durata molto a lungo lì.”
“Vi prego, ragazze, basta!”
La quarta ragazza, quella che aveva appena proferito parola, era diversa dalle altre: nel suo portamento vi era un non so che di regale ed era bella e maestosa come una regina. I morbidi capelli castani le ricadevano sciolti sulla schiena in tante belle onde e i suoi occhi brillavano di una luce insolita, coraggiosa e seria al contempo. Gli arti lunghi, più pallidi che coloriti, si muovevano aggraziati nel lungo vestito di seta bianca fermato in vita da una cintura formata da vari anelli argentati tutti incatenati tra loro.
“Il nostro tempo è passato da molti anni, ormai, quindi perché stare a discuterci su? Anzi, dobbiamo essere grate alla Regina Astrale perché ha salvato il nostro spirito portandolo qui. Il nostro compito, almeno per ora, è guidare la prossima prescelta.”
“Da quando sei così sottomessa? Quasi non riesco a credere che colei che si è sacrificata per la salvezza di Corinth City in spregio ad ogni cosa sia ora così debole!” ghignò l’ eschimese. L’ essere imprigionata nel Mondo Astrale, per uno spirito libero come lei, era quasi un’ offesa e non riusciva a sopportare che le altre ragazze fossero così chiuse e remissive.
«Quando ero ancora viva, Nusan, potevo permettermi di “ sacrificarmi per la salvezza di Corinth City”, come dici tu, perché quella guerra che devastava il paese non avrebbe dato scampo a nessuno e a me non piaceva vedere persone innocenti morire. Ora che mi trovo in armonia con me stessa e con voi non ho più motivi per ribellarmi.”la ammonì severa la castana.
“E poi perché dovremmo aiutare la nuova prescelta? Anzi, la nuova vittima? Tanto è destinata quasi certamente a morire e quindi non vedo perché dovremmo aiutarla. Ce la farà benissimo da sola.”
“Giusto! Inoltre sarà affiancata da Mirtaka, potrebbe benissimo pensarci lei!”
La piccante Haydée spalleggiò con insolita energia Nusan, la sua storica compagna di diverbi.
“E secondo voi davvero la principessa si scomoderà a snocciolare il tutto apertamente?”
Era lei, Crystal Petranova, la seconda ribelle del gruppo nonché “la veterana”, la prima ragazza sacrificatasi per la salvezza del Mondo Astrale la cui anima era stata salvata dalla regina Lyra. Come le altre ragazze presenti, dimorava nelle statue azzurre di astralite che ornavano il corridoio diretto al nucleo di quel mondo fantastico, e, come alle quattro semidee Area, Thalassya, Flammea ed Anthìa –le eroine delle ragazze salvate, chiamate anche “Figlie delle Nebulosa”-, le è stato riservato un posto d’ onore. Al suo arrivo, tutte ammutolirono.
“E perché no, Crystal? Mirtaka è un tipo fuori dal comune, per essere una principessa. Non è la classica viziata e lo sai. Se può arrampicarsi come uno scoiattolo a piedi nudi e conversare con gli umani senza lasciar trapelare la sua natura aliena, cosa vuoi che sia dire quattro parole?”chiese la castana cercando di razionalizzare.
“Lo so ben io che non potrà. Cosa pensate, che una ragazzina vada alla guerra senza allenarsi adeguatamente? Ci sono passata anch’ io e lasciatemi dire che la principessa Astrale, anche se è capace di rompere tre bicchieri e due piatti con un solo colpo, in quanto a tecniche difensive è messa malissimo. Comunque la nostra ex-principessa ha ragione: dobbiamo avvertire la nuova prescelta. E io ho appena visto una delle possibili candidate.”
Con un battito di mani, la figlia del generale Petranova aprì uno squarcio nello spazio e le quattro ragazze presenti poterono rivedere per la prima volta il loro pianeta natio.
***
 
Era davvero Kazama Hoshiko la ragazzina che rideva come una bambina spensierata correndo a perdifiato lungo un pendio fiorito?
III si meravigliava, perché non la riconosceva più.
Fino ad un giorno prima la “ragazza nuova”, come la chiamava lui,  gli era parsa una persona seria, fredda, precisa, che mostrava il proprio lato tenero solo a chi sapesse meritarlo, ed aveva pensato scioccamente che il suo carattere fosse stato sempre quello.
Si era sbagliato, svegliandosi al contempo.
Davanti ai suoi occhi correva il frammento di un ricordo nel quale la giovane Kazama era poco più che una ragazzina, sempre molto magra, ma con un sorriso in grado di trasmettere una vitalità enorme, travolgente; e i grandi occhi verde chiaro che risplendevano di felicità. Avvolta in una maglietta di cotone azzurra come il cielo a primavera ed un jeans troppo largo per lei, veniva inseguita da un ragazzo con gli occhi color del mare e la pelle abbronzata vestito alla marinara.
E rideva, rideva, rideva.
Era così dolce la sua risata, così piena di vita, pareva il suono di mille campanellini d’ argento.
La ragazza che teneva tra le sue braccia, invece, era così pallida che sembrava morta.
Hoshiko era svenuta qualche minuto prima, quando il ricordo aveva cominciato a prendere forma, ed aveva gli occhi sbarrati. Qualche momento prima, invece, aveva cominciato a mugolare sommessamente.
Alcuni dei campanelli nella sua risata avevano smesso di suonare, ma era rimasta comunque dolce ed allegra… Aveva impresso quel suono nella sua memoria.
L’ immagine svanì di botto.
“Three…”
“Hoshiko! Finalmente sei tornata in te!”esclamò sollevato l’ ultimogenito Arclight posando a terra la ragazza
“Hmmm… Siamo ancora vicino alla lapide?”chiese la corvina, ancora mezza stordita.
“No, nella Grotta Iridescente. Quella ragazza, Hoshizora-san, dopo averci posto quella domanda, è svanita in un vortice dorato dal quale si è sprigionato un frammento di un ricordo. Tu sei svenuta all’ istante… Ammetto di essermi preoccupato parecchio.”
“Quel frammento era un pezzo della mia memoria perduta e rappresentava la mia infanzia! Uno dei pochi momenti felici della mia vita.”
“Passavi molto tempo in questa caverna, vero?”le chiese curioso III ricordandosi che nella visione Hoshiko e quel ragazzino –che gli ricordava molto uno degli ex-avversari del fratello Four, Shota Ikeda- erano usciti proprio dalla Grotta Iridescente.
“Beh, sì. Makoto Hoshizora aveva proprio ragione a dire che questo è un luogo magico.”gli sorrise la giovane Kazama mettendosi a sedere e abbracciando le ginocchia. “Oltre alla questione del cerchio, che sinceramente non so spiegarmi perché è la prima volta che vedo qualcosa di simile, in questa grotta si respira un’ atmosfera che ti fa subito sentire meglio, non trovi? Io ci vengo quando ho bisogno di disinstallare.”
Disinstallare?”chiese il terzogenito della famiglia Tron. “Vuoi dire quando ti senti stanca e devi recuperare le energie?”
“Esattamente, oltre al buonumore nel novantanove per cento dei casi. Spesso faccio anche una corsa, mi aiuta a scrollarmi tutti i problemi di dosso. Non mi conviene mostrare le mie debolezze in pubblico perché finirei schiacciata senza pietà.  A te non capita mai di voler staccare la spina?”
Cinque, sei, sette, otto attimi di silenzio che parvero interminabili.
“Io e te siamo simili anche in questo.”mormorò III con le lacrima agli occhi. “Quando non ero una persona ma un burattino nelle mani di Tron ero sempre infelice, tuttavia non avevo la possibilità di sfogarmi. Potevo solo piangere in silenzio tra le coltri e non potevo assolutamente mostrami debole, altrimenti…”
“Avere potere è una cosa orribile.”sentenziò sommessamente Hoshiko tenendo gli occhi rivolti al pavimento. “Ed usarlo nel modo sbagliato è mille volte peggio. Ne abbiamo passate tante, noi due, forse tu anche più di me. Ora che ne hai la possibilità, Three, non vorresti sfogarti?”chiese poi volgendo con un nuovo ardore la testa verso il ragazzo.
“Sfogarmi…? D-davvero posso? N-non ti do fastidio?”balbettò confusamente il ragazzo dai capelli confetto.
“Sì, III. Forse non potrai fare molto affidamento sulle mie parole, perché sono la prima ad accumulare tutto il rancore fino ad esplodere, ma se vorrai sfogarti con i fatti ci sarò sempre, te lo prometto. E comincerò a mantenere la promessa partendo da ora.”
E, con uno scatto improvviso, ella si alzò in piedi facendo alzare anche il suo compagno.
Corsero insieme lungo uno dei pochi tratti in discesa del monte CrystalDrop facendo sollevare mille petali di soffione nel vento e, mentre correvano, Hoshiko rideva, rideva, rideva, e la sua risata andava acquistando maggiore armonia ad ogni passo.
Sembrava esser ritornata bambina ed anche III, con i capelli al vento, ansimante e con le guance arrossate, pareva più che mai un bambino ingenuo.
Per la prima volta dopo tanto tempo anche lui rise di gusto e rimase di buonumore per tutta la giornata, così come la corvina.
La sera, per la prima volta dopo tanto tempo, ebbe paura di andare a dormire: temeva che il nuovo giorno avrebbe portato via tutta quell’ allegria e la risata tintinnante di Hoshiko si sarebbe spenta.
Aveva impresso nella sua memoria quel suono ed anche l’ immagine della ragazza che cominciava a correre con un passetto grazioso che la faceva assomigliare ad un uccello che si levava in volo.


[1] Kuspuck: Abito estivo eschimese.
[2] La "Festa della Vescica" è una tipica festa eschimese, gli inuit pensavano infatto che nelle veschiche fosse contenuto lo spirito degli animali.
[3] I' noGo tied: letteralmente "casa degli spiriti", è una sorta di braccialetto portafortuna.
[4] "Gussak" è il termine eschimese per indicare gli uomini bianchi.

Angolo dell' Autrice
Eee rieccomi qui :3
Scusatemi davvero tanto, lettori, se non ho avuto il tempo di aggiornare o rispondere alle vostre recensioni, ma queste due settimane sono state orribili! Tra compiti in classe e quelli a casa ho avuto a stento il tempo per respirare!
Se questo capitolo è uscito decentemente, credetemi, è davvero un miracolo.
Dunque abbiamo un bel gruppetto di ragazze -Nusan, Haydèe, la "castana" ancora senza nome (secondo voi chi potrebbe essere?) e Crystal- che discutono di questioni filosofiche(?) e una bella scenetta dal sapore romantico tra III e Hoshiko (Hmmm... Ancientshipping :3)...
Cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Avete commenti/critiche da fare e suggerimenti/consigli da darmi?
A voi la parola!
Infine, last but not least, vorrei ringraziare Nikoletta Zer0li che ha inserito questa storia nelle seguite. Grazie mille amica!
Mi raccomando recensite!
See you!

-Puff
PS: Sì, ho inserito per l' ennesima volta la canzone "Uninstall" nella mia storia. Ma che ci posso fare? E' così bella e significativa... Disinstallosa! OuO
PPS: Avete notato riferimenti a qualche anime? O a qualche canzone?
 PPPS: Sono così rimbambita che non ho inserito le note segnate con i numeri nel testo. Potete ricordarmelo voi, please?

 
 
 
 
   
 
 
 
 
 
 
 
             
 
 
  
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: Makoto e Michiko, le clandestine Astrali ***


Capitolo 26
Makoto e Michiko, le clandestine Astrali
 

Mirtaka camminava sola lungo il corridoio che portava all’ ingresso secondario del palazzo, spinta lì dal suo “sesto senso”. Sentiva che qualcosa, quel giorno, sarebbe andato storto, e purtroppo per il Mondo Astrale quel suo presagio stava per avverarsi.
Due delle innumerevoli guardie del palazzo, Vega e Agena, si erano piazzate fuori dal portone principale, con il petto in fuori e lance in resta.
La principessa Astrale le ammirava: sia l’ una che l’ altra erano le prime donne ad essere entrate nel Corpo di Guardia del Mondo Astrale ed entrambe avevano abbastanza grinta e forza fisica da rivaleggiare persino con gli uomini.  Erano gemelle omozigote, entrambe infatti avevano gli stessi capelli lunghi e scuri sulle tonalità del viola e gli occhi bicromatici, uno color zaffiro e l’ altro dorato, per non parlare della meravigliosa pelle liscia ed azzurrina dalle magnifiche rune indaco che le rendevano le due gemelle ancora più graziose. Le due sorelle su distinguevano solo per il taglio dei capelli e il carattere: se Vega era tranquilla e femminile e lasciava sciolti i lunghi capelli vaporosi; Agena li portava corti ed era invece molto più simile a Mirtaka, impulsiva e coraggiosa, ed era stata la prima a sostenerla quando aveva deciso di combattere al fianco delle guardie.
Infatti, almeno secondo Agena, la principessa aveva un enorme potenziale e con un buon allenamento avrebbe potuto certamente far parte delle Guerriere della Supernova, una delle classi più potenti di Difensori Astrali.
Fino a non molto tempo fa, la proposta di allenarsi per un tale scopo l’ avrebbe certamente lasciata senza parola, ma in quella situazione come non mai avrebbe fatto di tutto per essere accettata tra quei Guerrieri.
Avrebbe fatto di tutto per difendere casa sua e potenziare le sue abilità.
Già, perché nonostante le ore d’ allenamento con Vega, Sirio e Aldebaran (anche il giullare di corte sapeva combattere) non sapeva ancora combattere e questo davvero le toglieva tutto il buonumore. Persino Rigel, che non era affatto interessato alle arti belliche ed, al contrario, le ripudiava, sapeva difendersi meglio di lei e tirava dei ganci destri davvero micidiali.
Quando lottava sempre i due figli della sarta Nemesis, Eris e Sabaoth, scuotevano la testa in segno di disapprovazione, quasi a dire che non poteva farci nulla se era così scarsa.
Odiava quegli sguardi: la facevano sentire inutile.
E lei odiava con tutto il suo spirito sentirsi inutile.
Un sibilo la fece destare da quei pensieri negativi facendole volgere lo sguardo verso il pavimento.
Fece appena in tempo a farlo, perché un attimo dopo si ritrovò circondata da centinaia di milioni di piccoli esseri neri dalla forma indefinita che sibilavano fastidiosamente.
Ma ciò che più sconvolse la povera Mirtaka fu la grossa “X” che questi avevano sulla schiena. Era di un color rosso sangue talmente vivo da sembrare impresso a fuoco, senza contare che quella “X”, tutta piena di ghirigori ma con le estremità appuntite, era lo stemma degli Xariani, alcuni tra i loro peggiori nemici.
L’ invasione era iniziata.
Una delle creature si avvicinò a Sabaoth avanzando su corte zampe da ragno, per poi fermarsi vicino alla caviglia del ragazzo ed infilarvi una sorta d’ uncino color fiele: dopo pochi attimi il poveretto, che aveva già la pelle azzurro pallido, divenne -se possibile- ancora più pallido per poi stramazzare al suolo privo di sensi.
***
 P.O.V Mirtaka
 
Quasi non ci posso credere: non avevo mai visto Eris, la figlia della sarta, così prima d’ ora.
Di solito lei si presenta come una persona tranquilla, per non dire eccessivamente fredda: misurata e razionale, raramente lascia trasparire le sue emozioni e i suoi occhi argentei con sfumature diamantine sono sempre perfettamente vuoti, come quelli delle bambole degli esseri umani. Ora invece si è trasformata in una belva assassina dagli occhi irati e pieni di lacrime, che fa fuori a bastonate tutti i mostri che si avvicinano a lei o al corpo inerme del fratello. I suoi bei capelli blu cobalto sono sconvolti e le sue mani ossute, che di solito si tendono solo per afferrare un libro o per aiutare la madre, ora impugnano un bastone sbucato fuori da chissà dove per distribuire colpi e sganassoni a chiunque provi ad intralciarle il cammino.
Mia madre è impietrita dalla paura e si tiene avvinghiata ad una delle colonne a torciglione che sostengono il soffitto per evitare il contatto con queste strane e pericolosissime creature nere, e tutto questo è molto strano: di solito Sua Altezza Lyra è la prima persona disposta  a scendere in battaglia insieme ai propri sudditi quando ce n’è la necessità.
Anche gli altri provano a mettersi: Sirio si fa scudo con i suoi libri, Nemesis sta dando man forte alla figlia dopo aver coperto il corpo del figlio con un lenzuolo candido e Aldebaran, sfruttando le sue abilità da acrobata, si sta arrampicando lungo le pareti.
Ma fra tutti spiccano le due coraggiose gemelle, Vega e Agena, che combattono coraggiosamente facendosi spazio tra i mostriciattoli malefici, che ho da poco scoperto essere costituiti da una strana materia liquida ma molto densa, cercando di allontanarli con le mazze ferrate o con i moschetti. Ad ogni loro una miriade di gocce nere si diffonde sul pavimento di Astralite del Palazzo Reale per poi andare a ricreare le creaturine uccise.
L’ unica persona che non riesco a vedere è mio fratello.
E che diavolo, oh! Questo cosi sono davvero tenaci: sarà almeno la quarantesima volta che cercano di avvicinarsi alla mia caviglia per risucchiare l’ energia vitale, ma io mica li faccio fare, ‘tsé. Se lo possono pure sognare. Infervorata dall’ atmosfera, piena di paura ma con un’ incredibile voglia di fare la mia parte, anch’ io afferro un bastone e colpisco i mini-ragni che si affollano intorno a me.
Un crack (perché poi “crack”? Non sono mica solidi!) dopo l’ altro, provo a scappare verso l’ uscita. I miei passi sono accompagnati dall’ ormai ritmico “swat- crack-swat-crack “ generati dallo sterminio dei mostri… Non avrei mai detto che uccidere faccia stare così bene.
Evvai, finalmente il portone!
Mi avvio correndo verso di esso scalciando sassi e, gettando un urlo di gioia, lo spalanco.
Oh no.
Che mi stramaledicano le Semidee Astrali, dannazione!
***
 
 
 
Rigel era lì, semimorto e circondato da alcuni tentacoli nerastri che appartenevano ad uno strano essere nero dalle inconfondibili ciglia lunghe e maligni occhi giallo zolfo.
Si presentava come una donna innaturalmente alta, magra e dal vestito nero con le maniche a sbuffo e uno strascico lungo venti centimetri ridotto a brandelli.
Mirtaka fece un passo in avanti. Era furiosa (soprattutto con se stessa) e il suo volto, deformato dalla rabbia, non sembrava affatto quello di una principessa allegra e scapestrata.
“Lo sapevo! Non potevi essere stata che tu a dare di nuovo il via a questa guerra…  IUNO INTERFECTRIX!”
“Esattamente, carina, chi altri sennò?” la provocò l’ombra ghignando con i suoi denti affilatissimi. “Cosa credeva tua madre, che noi Xariani avremmo lasciato correre dopo la sconfitta dell’ ultima guerra? Povera illusa. Blueshift rinasce continuamente, lo sai. E guarda caso è stato proprio lui a guidarmi… Quell’ essere è davvero un genio del male. L’ unica cosa che non mi piace di lui è che non cambia mai i propri piani: come al solito vuole distruggere il Nucleo del Mondo Astrale per porre fine all’ Universo, ma stavolta vuole eliminare anche voi creature inutili.”
“È dunque per questo che ha avvelenato Sabaoth e Rigel?!” strillò Vega per sovrastare il rumore prodotto dagli insetti neri, i malefici servitori di Iuno.
“Oh, l’ ho detto?” chiese ipocrita l’ Interfectrix. “Che peccato… Ad ogni modo ha proprio ragione, Vega, peccato solo che non l’ abbia intuito prima. Ed io pensavo che lei fosse intelligente ed intuitiva!”
Ad Agena, che già normalmente aveva poca pazienza ed era il tipo di persona che si arrabbiava facilmente, venne voglia di strangolare quella dannata Xariana color della pece.
I tentacoli dell’ ombra si allungarono di scatto e, oltre ad avviluppare Rigel, strinsero anche Sabaoth e lo trascinarono davanti ad essa, che sghignazzava selvaggiamente.
“Ed ora che terrò il principe e il figlio della sarta in ostaggio nessuno oserà torcermi un capello!” esclamò alla fine alzando le braccia ad un cielo ormai plumbeo ed attraversato da enormi squarci neri.
“E se invece osassimo?” ringhiò Agena.
“Accadrebbe questo.” Disse Iuno facendo un cenno con la mano sinistra. A quel gesto, i suoi strinsero così forte Rigel e Sabaoth che arrivarono persino a soffocarli.
“No! No!” Strillò Lyra piangendo. “Risparmiateli, Iuno!”
“Ma non credere di averci messo al tappeto per così poco!” Rincarò Vega. “La nostra salvezza è sul Pianeta Terra. Andremo subito lì a cercare…”
“Ah-ah-ah!”rispose l’ ombra facendo segno di no con la mano. “Dove vorreste andare, voi? Non potete uscire da qui. Vedete quella X che avete sul braccio? Quella v’ impedisce di uscire dal castello. Vi conviene stare fermi e zitti, cari miei, se non volete correre il rischio di morire.”
La principessa Astrale, ormai in lacrime, si sentì tirare timidamente per la gonna: Eris aveva riacquistato la calma e, indicandolo con il dito indice, le stava facendo vedere che lei non aveva ancora quel marchio sulla pelle. Puntando poi il dito sul braccio di Mirtaka, le fece vedere che neanche le proprie braccia l’ avevano. Eris le puntò lo sguardo addosso come a dire: “Fuggiamo via di qui, prima che sia troppo tardi.”
Mirtaka le fece un cenno d’ approvazione e, tirandosi indietro mentre Juno parlava a vanvera e rideva come un’ ossessa, guidò la figlia della sarta dagli occhi diamantini fino ad uno strano cerchio magico che racchiudeva al suo interno una stella a sei punte, molto simile a quello presente nella Grotta Iridescente di Heartland City.
E difatti, grazie al teletrasporto, arrivarono proprio lì.
“La bellezza di questa caverna mi lascia sempre senza fiato.” Disse serena Mirtaka, ormai completamente mutata in Makoto Hoshizora. “E tu, Eris, cosa ne pensi?”
“Non male, ma le grotte del Mondo Astrale sono molto meglio.” Fu la piatta risposta.
 “Piuttosto, non pensi che dovrei mimetizzarmi anch’ io, come fai tu? Rischierei di dare troppo nell’ occhio, del resto io non so ancora usare la magia…”
“Nessun problema, ci penso io!”
Makoto fece davvero un lavoro fenomenale. Due secondi dopo, infatti, non aveva più l’ Astrale pallida e silenziosa conosciuta come Eris, ma una ragazzina bassina di circa tredici anni dai lunghi capelli rossi e ricciuti e la pelle pallida. Gli occhi, di un colore viola profondo, avevano un magnifico taglio allungato e parevano passare al vaglio ogni singolo dettaglio dell’ ambiente circostante, mentre per la schiena non si potevano dire cose altrettanto belle: la nuova umana aveva infatti la cifosi.
Le membra magre e slanciate, ma non eccessivamente lunghe, erano avvolte in una felpa blu oltremare che presentava un buffo cappuccio dalle orecchie da gatto; mentre le gambe quasi navigavano in un pantalone nero con sei o sette tasche per gamba. Ai piedi calzava delle scarpe da passeggio grigie e bianche con la suola bassa.
Eris fece un fischio d’ approvazione.
“A parte la felpa con le orecchie, non avrei saputo far di meglio.” Sorrise. “Ora mi manca solo un nome.”
«Hm. Cosa ne dici di “Michiko Aiiro”?» riflettè Makoto. « “Michiko si scrive con gli ideogrammi di "bello", “intelletto” e “bambina” e tu hai sicuramente un bel cervellino per la tua età… Veramente sei un’ intelligenza quasi terrificante, ma lasciamo stare.”
“Grazie mille.” La rimbeccò la ragazzina. «E “Aiiro” invece per cosa sta?”
«Vuol dire “indaco”. Che poi sarebbe il colore dei tuoi occhi.”
“Okay, vada per questo nome.” Disse convinta “Michiko Aiiro”. “Hai mica quella cosa con te, Makoto?”
“Ovviamente.” Rispose la ragazza dai capelli neri tirando fuori un sacchetto color della notte. “Mi sento una vigliacca ad essere fuggita così dal Mondo Astrale senza neanche aver provato a difendere mio fratello, ma non avevamo altra scelta. Lo vendicherò agendo in prima persona su questo pianeta, e vendicheremo anche tuo fratello, stanne certa. Ma dovremo metterci in contatto con il Messaggero Astrale e con la Prescelta prima di farlo.”



Angolo dell' Autrice
*Guarda la data dell' ultimo aggiornamento*
D-d-due mesi...
*Sviene*
Oddio, ditemi un po' voi: sono demente, minorata o cosa? DUE MESI?!? Le ormai già trapassate vacanze di Natale mi hanno dato alla testa, poi il Pc si è rotto e infine le odiosissime verifiche... T.T Vi ho amati, ricordatelo! *Vede una folla inferocita sotto casa sua e si va a nascondere sotto al letto*
Però, dato che per la vostra grande giuoia alla fine Zeus mi ha concesso l' ispirazione, rieccomi qui con il ventiseiesimo capitolo! Tenete duro, che tra quindici-venti capitoli capitoli tutto questo finirà ed io finirò di assilarvi!
Cosa dire? Beh, innanzi tutto direi che siamo entrati nello "Spannung Arc": i prossimi dieci capitoli circa, infatti, comprenderanno quella serie di situazioni da ansia rosicchiaunghie(?) che, se fossimo in una tragedia, potrebbero appunto comprendere la parte dello Spannung (appunto LOL) o "Nemesis" (tanto amore per questo nome).
Voi invece che ne pensate? Fatevi sentire!
Vorrei inoltre ringraziare daiya e Glace Fubuki che hanno messo questa storia tra le preferite (Glace l' ha messa anche nelle seguite, ahw **), oltre a Hinata Uchiha Arclight che l' ha inserita tra le ricordate!
Davvero grazie di cuore a tutti/e, non lo merito!
Mi raccomando recensite *oltre a lanciarmi dei pomodori perché questo capitolo è 'nammmerda*
See you!

-Puff (con la sua poca autostima che fa la sua parte)


 
  
 
 
 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: L' Emissario dei Sogni ***


Capitolo 27
L’ Emissario dei Sogni
 
 

[Dalle memorie di Ayumi]
 
Tanto tempo fa, in una tragedia di Sofocle, la figlia del re di Tebe Edipo, Antigone, venne condannata per aver sepolto suo fratello Polinice, assassinato perché s’ era ribellato alla decisione di governare la città, ormai senza re, dividendo il potere con il fratello Etéocle.
A nulla valsero le proteste, poiché prima del processo la ragazza si impiccò e l’ ormai re Creonte si accorse di aver fatto un passo falso troppo tardi.
Mille e mille anni più tardi, invece, c’ era una ragazza (anzi, una bambina), appartenente ad una nobile famiglia, cristiana fino al midollo, che disonorò il suo cognome.

Fu scacciata di casa e marchiata a fuoco come un essere del diavolo, fece impiccare il padre per la vergogna, strinse un patto iniquo che la portò alla fine dei suoi giorni proprio nel momento che si dice essere il più bello nella vita di una donna.
Ora quella donna non è che un mucchietto di vento e polvere conservato in un canopo.

Conosco bene questa storia.
L’ ho sentita tante volte, forse troppe… E solo poche persone conoscono la verità.
Una fra tante è la regina Lyra, la sovrana del Mondo Astrale… che si sta pericolosamente avvicinando alla Terra.
Ho paura. Cattivi presagi ci circondano.

***

Hoshiko scese lentamente dalla monorotaia stringendosi il braccio sinistro e cominciò ad incamminarsi svogliatamente verso il Grand Hotel di Heartland City.
La mattinata non era stata delle migliori: i professori della classe 1-4 della Kyuriko High School sembravano tutti impazziti e avevano sommerso di compiti i propri alunni, specie l’ odiosissima docente di geostoria, Saaya Hikumi, soprannominata dagli alunni “Iena” (o “Verme”, andava a discrezione personale) che aveva anche approfittato della giornata per interrogare “a tappeto”; la lezione quotidiana nella sede dei Victores era stata di una noiosità astronomica e parecchio astrusa, senza considerare la bella sfilza di verbi greci che avrebbe dovuto imparare a memoria per il giorno seguente; lei si sentiva fiacca e svogliata come non mai e, a sentire sua madre Eleanor, in quel momento come mai prima d’ allora stavano navigando in cattive acque: la donna era infatti stata licenziata dal suo impiego di contabile e, dato che lavorava per un’ azienda ancora misconosciuta le cui entrate erano decisamente scarse, quindi sarebbero arrivati a stento a fine mese con i pochi soldi rimasti.
Sapeva benissimo che per una ragazza della sua età lavorare era illegale, oltre ad essere quasi fuorviante, perché a volte il troppo lavoro le impediva di concentrarsi e le rovinava la salute, ma in questi ultimi giorni la loro situazione era davvero peggiorata e davvero non aveva la forza di lasciare la sua madre adottiva a lottare da sola contro quella terribile situazione.
Certo, se la signora Knight l’ avesse saputo, non avrebbe mancato di darle due belle sberle e di ripeterle per l’ ennesima volta lo stesso discorso dell' “è inutile prenderti più responsabilità di quante ne possano reggere le tue spalle, perché alla fine andrà a tuo svantaggio”, ma che andasse tutto al diavolo.
Il benessere di una famiglia dipendeva da tutti i membri che erano in grado di fare qualcosa e lei, anche se era solo una quindicenne, non era certo decisa a starsene lì con le mani in mano.
Avrebbe solo dovuto resistere per un po’ e impegnarsi ancora di più.
Ma quanto sarebbe durato quell’ “un po’”…?
I pensieri di due ragazze, l’ una con i codini neri e gli occhi viola brillante e l’ altra dai capelli rossi e ricciuti e l’ aria sveglia ma severa, erano esattamente gli stessi, se non addirittura più cupi.
“Davvero è lei, Mir… ehm, Makoto?”bisbigliò Michiko alla compagna, alta almeno due-tre spanne più di lei.
“Esattamente, Michiko. La discendente di Ariyath.”fu la risposta, sempre bisbigliata per cercare di non suscitare una rissa. Anche se era sulla Terra da poco meno di due settimane aveva imparato molto bene quanto fossero irritabili i pendolari e non li compativa certo: poveretti, svegliarsi presto la mattina per prendere dei treni affollatissimi e rischiare di arrivare in ritardo non doveva certo essere piacevole. Non era un caso che avessero tutti quell’ aria stanca, compresa la loro vittima.
“Sicura?” chiese di rimando la rossa, scettica. “Vuoi vedere che hai fatto flop anche stavolta?”
“Ma perché nessuno si fida mai di me? L’ ho visto nello Specchio delle Rivelazioni, dovrà pur avere un fondo di verità, uffa!”
si lamentò Mirtaka, esasperata dal fatto che nessuno si fidasse mai di ciò che diceva.
“Se lo dici tu…”
Michiko troncò la discussione con un’ alzata di spalle e trascinò la povera principessa Astrale fuori dalla monorotaia quasi strattonandola, per timore di scendere alla fermata sbagliata. La figlia della sarta aveva certamente molte meno conoscenze sul “Mondo degli Umani” rispetto a Makoto, eppure si era adattata con una rapidità incredibile e, dopo appena una settimana, già si destreggiava con abilità tra i treni e le strade e non aveva alcun problema a relazionarsi con vari individui: sembrava molto più “portata” per quella vita rispetto alla principessa, che a causa della sua troppa esuberanza veniva spesso additata come “matta”.
“Accidenti, Michiko, quanto sei delicata!”la sbeffeggiò Makoto dopo essere stata trascinata, come un cagnolino, verso una villetta monofamiliare,stranamente in stile vittoriano, dall’ aria tetra e abbandonata. Il massiccio portone in legno d’ acero er aricoperto d’ edera e sui muri v’ erano parecchie macchie di umidità, cosa che le provocò un brivido di paura.
Michiko non si degnò nemmeno di risponderle, ma spalancò la porta ed entrò nella vecchia casa, ma subito dopo fece tre o quattro starnuti di fila: il luogo era molto impolverato, dati gli anni trascorsi nell’ oblio più totale.
La più piccola delle due grugnì di disapprovazione e maledisse mentalmente la compagna per aver scelto un posto così desolato, mentre l’ altra, probabilmente per farsi perdonare, spalancò tutte le finestre della stanza in cui erano appena entrate, che a giudicare dal grosso scrittoio pieno di pergamene e le centinaia di boccette piene d’ inchiostro doveva essere un antico studio.
“Quindi hai nascosto qui l’ Emissario dei Sogni? Mi complimento con te… Quando sarà pronto ad agire?” disse dopo un po’ Eris, girandosi verso la compagna, i cui occhi viola brillavano di una luce accesa ed inquietante.
“Anche subito, Michiko. E sai una cosa? Il suo vantaggio è che entra in azione autonomamente, senza che ci sia bisogno di fare alcunché. Basta l’ atmosfera giusta…”
“Che ovviamente si sta sviluppando.”
“Certo. Beh, Emissario… Buon lavoro!”
Una figura ancora poco delineata, ma familiare agli occhi delle due Astrali, sorrise nell’ ombra, rivelando anche la straordinaria profondità del colore blu dei suoi occhi.

Poi fece uno strano gesto con la mani ed uscì da una delle finestre, smaterializzandosi in uno sbuffo rosa ed argenteo che le due ragazze seguirono, fin quando possibile, con occhi speranzosi.

***

 “Lasciatemi! Lasciatemi! Voglio tornare a casa!”
La piccola si dibatteva inutilmente tra le braccia nerborute dei suoi aguzzini. Era sola, stanca e spaventata, ma soprattutto non capiva più nulla.
Era stata trascinata a forza fuori dalla sua comoda baita, strappata ai suoi nonni senza un motivo apparente, strattonata fino a quella casa oscura e maleodorante dalle luci fluorescenti che pareva un ospedale caduto in rovina.
La cicatrice a forma di “V” aveva ricominciato a pizzicare e i polsi arrossati le dolevano terribilmente, inoltre, per completare il quadro, non portava che un vestito leggero, aveva mal di testa e aveva gli occhi gonfi come dei pesci palla.
Che tornaconto potevano avere, quegli uomini misteriosi, a rapire una bambina come tante altre?
“Taci, mocciosa frignona che non sei altro. Stattene buona e vedrai che nessuno si farà male…
o quasi…
A quella frase, la bambina si insospetti ancora di più: “Vedrai che nessuno si farà male” era la classica frase dei cattivi delle storie, quei poco di buono che venivano puntualmente sconfitti dall’ eroe di turno “perché i loro cuori erano troppo offuscati dall’ odio per poter pensare di ritornare indietro e ricominciare daccapo”.
Così le aveva detto nonna Sakura, e le parole di nonna Sakura erano legge.
Quei brutti ceffi sarebbero sicuramente stati puniti.

Nonno Tsumugu conosceva le arti marziali, ci avrebbe pensato lui, ne era certa.
“Fatela entrare nella stanza. Il Grande Capo la vuole lì.”
“Insomma, Atherà, non dire cretinate. Perché mai il Grande Capo dovrebbe interessarsi ad un’ inutile mocciosa?”
“Lo trovo perfettamente sensato, sai…
Il potere è l’ unica cosa che conta.”
Fu portata dentro ad una grande stanza inondata di luce.
La vecchia cicatrice ricominciò a dolerle.
“Eh…? AAAAAAAAAAH!”

***


“… Signorina? Si sente meglio ora?”
“Tu cosa ne dici, fratellone, è grave?”
“Probabilmente ha avuto un calo di ferro, per essere svenuta. Nel caso fosse così, non c’è nulla di cui preoccuparsi.”

“Lo spero…”
“Io lo dicevo che c’ era capitata un’ altra buona a nulla!”
Hoshiko riaprì gli occhi, scoprendo di essere distesa su uno dei tanti divanetti rossi del Grand Hotel di Heartland City. La sua testa era stata poggiata su un buffo cuscino a pois lungo come una salsiccia e sopra di lei si ergeva una figura alta e gentile di un uomo ormai anziano avvolto in un camice bianco che profumava di lavanda: probabilmente era il medico dell’ Hotel.
“Cosa è successo?” furono le sole parole che riuscì a dire, sentendosi una perfetta idiota. Aveva capito di essere svenuta, ma come era accaduto? Non era stata mica…
Michael Arclight prese titubante la parola: “Erano le tre del pomeriggio, tu eri nella nostra cucina a lavare il pavimento mentre io e Thomas stavamo finendo di pranzare… Abbiamo sentito un gemito, poi lo sbattere della finestra… Sono venuto in cucina per avvisarti e… Ti ho trovata svenuta a terra.”
Il tono della sua voce tradiva il suo spavento, inoltre aveva gli occhi lucidi, notò la corvina: possibile che si fosse spaventato ed avesse pianto solo perché era svenuta? Davvero si dava tanta pena per lei, quell’ angelo sceso dal cielo, o era tutta scena?
“Quindi sono stata colpita dai battenti?” chiese Hoshiko confusa ma speranzosa.
Sperava davvero che fosse andata così: chiunque la conoscesse sapeva dei suoi malnati poteri e non voleva che gli Arclight, a cui si era affezionata in pochissimo tempo, scoprissero ciò che lei era davvero: un mostro addomesticato senza ricordi, che doveva tenere a bada il suo lato bestiale se non voleva rischiare di soccombere.
“Non credo, signorina.”le rispose il medico. “Quando il signorino l’ ha ritrovata semiincosciente lei era lontana dalle finestre, del resto ritengo impossibile che sia potuta svenire battendo la testa contro gli altri mobili.”
Hoshiko si alzò di scatto e si diresse correndo verso uno dei tanti corridoi dell’ albergo: voleva specchiarsi, per vedere se quanto le era stato riferito era la realtà, era alla ricerca di qualcosa che sarebbe stata lieta di non trovare. Percorse a perdifiato quattro rampe di scale e altrettanti corridoi seminando i tre fratelli ed il dottore, che si erano lanciati all’ inseguimento non appena l’ avevano vista scappare via; svicolò varie volte sotto lo sguardo incredulo e seccato degli ospiti dell’ albergo e quello disorientato delle altre cameriere; non ascoltò nemmeno le domande preoccupate di Kalliopi, che era intenta a trasportare un grosso cesto di biancheria quando la vide.
Non voleva nessuno attorno a sé.
Finalmente arrivò al corridoio del quarto piano, quello con il grande specchio dalla cornice dorata. Gli si avvicinò lentamente, con la sensazione di avere mille spade nel petto che le trafiggevano l’ anima e le mani che le tremavano, aveva paura persino di specchiarsi.
Come mai quell’ armatura che s’ era faticosamente costruita giorno dopo giorno, caduta dopo caduta, lotta dopo lotta stava cominciando a cedere?
La falsa forza sulla quale faceva affidamento da cinque anni stava cominciando a cedere?
Ma perché?
Sulla sua persona non v’ erano tracce di sangue.
Pur sospirando di sollievo, non si sentì affatto rincuorata: qualcosa, negli ultimi tempi, non stava procedendo come avrebbe dovuto. Era a causa sua?
“Finalmente ti ho trovata, malfidata d’ una cameriera!”esclamò Four, con il fiatone, scendendo le ultime scale che lo separavano da lei con un ghigno poco rassicurante sul volto. “Ho sempre penstao che voi foste una razza strana, ma tu sei proprio il non plus ultra!”
“Grazie per il complimento.”rispose lei beffarda. “Ma se dici questo di me, vuol dire che ancora non mi conosci per davvero. E credimi, questo è davvero un bene.” Concluse poi, mentre i suoi occhi si tingevano di rosso.
Una strana figura sorrise fuori da una delle mille finestre.
Contemporaneamente, la Chiave dell’ Imperatore di Yuma emise un forte brillìo e cominciò ad emanare un forte calore.
Astral, come sempre serio, seppe che c’ era un nuovo Numero da catturare.
E quel Numero, in quel momento, si dirigeva su ali misteriose ed invisibili verso la periferia della città.





Angolo dell' Autrice
Ebbene, Folks, la vostra Puff è tornata da voi!
*Rumore di grilli e palla di fieno che passa*
Sono completamente esaurita perché ho passato su questo dannato capitolo non so quanto tempo e sono pure le undici, a quest' ora normalmente sono già nel mio bel lettino a sognare L' Asiansh castelli di zucchero filato e unicorni con la criniera arcobaleno che fa swish(?).
Le ore si fanno sentire, eh?
Con questo capitolo (scritto 'nammerda come tutti gli altri, viva l' autostima) si celebrano deb due avvenimenti: l' entrata a pieno titolo della storia nel cosidetto "Spannung Arc" e, con molto ritardo, il primo anno di questa storia su EFP! Era difatti il 6 aprile 2013 quando la piccola Hoshiko approdò qui...
Pronti per festeggiare? Mi dispiace di non avere un bel disegno pronto per l' occasione :(
Per cominciare, ringrazio:

  • le otto persone che hanno messo questa storia tra le preferite ( Asutoraru, Chicca_Chan, daiya, Feelings, Luna Sutcliff, Saotome_chan, Sognatrice Felice e Soul of The Crow);
  • Hinata Uchiha Arclight, che l' ha inserita tra le ricordate;
  • le cinque persone che la seguono (Cho Yamamori, Dauntless_, Nikoletta Zer0li, stellaskia e Yulin) e
  • ILikeDreaming2520, che mi ha aiutata moltissimo in questo periodo di crisi!
E tutti voi lettori, che mi rendete la persona più felice del mondo!
Una menzione speciale va a
Soul of the Crow e Stellaskia, che sono riuscite a recensire TUTTI i capitoli della storia! Siete una bomba!
Oltre alle classiche domande, ho inoltre ho una proposta da farvi: che ne dite se, dal prossimo capitolo in poi, vi raccontassi i "retroscena" di questa storia nel mio consueto "Angolino"?
Fatevi sentire!
See you!
-Puff (Che ha scoperto che gli adattatori francesi delle canzoni di "Frozen", per "Libérée, delivrée" (versione francese di "Let it go", hanno espresso quelli che potrebbero essere i sentimenti di Hoshiko alla fine di tutto questo ambaradan e vuole essere risarcita)

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: Il legame doppio-taglio ***


Capitolo 28
Il legame doppio-taglio
 
 
Iuno Interfectrix camminava da ore lungo la Sala del Trono del Castello Astrale, accertandosi che tutto fosse “a posto”. Secondo lei.
Perché secondo gli ormai prigionieri membri della Corte nulla era a posto, a partire dal castello stesso, che da imponente e maestoso nelle sue sfumature blu (se un qualsiasi umano avesse potuto osservarlo si sarebbe trovato davanti ad uno spettacolo eguagliato solamente dal ghiaccio dell’ Antartide nei mesi invernali) era crollato per una buona metà ed era stato ricoperto da una fitta nebbia nerastra.
I muri erano attraversati da moltissime crepe e delle molte colonne di ghiaccio, che poco tempo prima reggevano il soffitto dell’ atrio del castello, non rimanevano che le basi, più che mai somiglianti ai ceppi di alberi abbattuti e cariche di muto rimprovero.
La salute e l’ umore dei cortigiani non era certo migliore: da Agena, livida di rabbia, che tentava invano di liberarsi dalle catene che la imprigionavano, a Nemesis e Lyra, addolorate per la “perdita” dei loro figli e destabilizzate dai potenti veleni contenuti nella nebbia, erano tutti in uno stato di prostrazione profonda e non potevano muovere neanche un dito, altrimenti la nebbia malefica sarebbe aumentata e ne avrebbero sofferto ulteriormente.
“Allora, incapaci che non siete altro, avete localizzato quelle due mocciose?!”sbraitò la figura nera impaziente, chiamando a rapporto due dei ragni che, circa una settimana prima, avevano letteralmente stravolto l' intero regno.
Questi, zampettando velocemente verso la loro padrona, mutarono le loro sembianze fino a trasformarsi in due perfetti maggiordomi con tanto di frac a due code, scarpe di vernice e perfetto inchino cerimonioso, e riferirono, con un tono quanto mai melenso e lamentoso: “Con nostro sommo rammarico, o Potente e Illustrissima Iuno, Suprema Signora Xariana del Male, non ci è stato ancora possibile farlo.”
“E ALLORA PERCHÉ SIETE QUI A LAMENTARVI RIMETTETEVI AL LAVORO E SUBITO!”strillò Iuno, chiedendosi perché mai avesse mandato dei servitori a scovare la principessa Mirtaka ed Eris se avrebbe potuto benissimo occuparsene da sola.
“Ma, Illustrissima e Malvagissima Mylady, è stata proprio a lei a…”
“NON ME NE IMPORTA NIENTE FILATE A LAVORARE SCANSAFATICHE!”
“S-sì S-sua P-perfidia… subito!”

Così dicendo, i maggiordomi ragno Jen e Den si eclissarono: la vista della loro signora furiosa non era esattamente ciò che speravano di ottenere. Del resto neanche a Iuno piaceva molto bistrattare i suoi servitori, anzi, cercava sempre di tenerseli cari con generosi donativi e quant’ altro perché sapeva bene che quella fitta rete di rapporti le serviva parecchio anche con i propri rapporti con Blueshift, ma certe volte le lavate di capo andavano fatte, specie se i collaboratori non portavano a termine quanto richiesto o erano troppo lenti.
Lei chiedeva solo due cose: efficienza e rapidità.
Vale a dire esattamente le sue qualità… che purtroppo i suoi stupidissimi aiutanti non avevano, ed anche se ce n’ erano di validi in mezzo a quella schiera, Iuno sapeva di poter contare al cento per cento solamente su sé stessa: non era certo un mistero che lei fosse la favorita di Blueshift, perché eseguiva tutto rapida e spietata come un vero e proprio killer professionista.
Ma non era la classica assistente leccapiedi che in realtà tramava alle spalle del suo padrone, né tantomeno era innamorata di lui: era semplicemente fedele alla sua causa.
E per cominciare ad attuare il suo piano doveva assolutamente trovare la principessa e la figlia della sarta.
In preda ad un moto di nervosismo schioccò le dita e fece ondeggiare i capelli mossi: essi stranamente presentavano delle ciocche finali ritte e unticce che si ergevano minacciosamente come il pungiglione di uno scorpione, invece di terminare morbidi e setosi come nascevano.
Attraversò quello che avrebbe potuto essere definito come un fitto strato di nebbia lattiginosa  muovendo pochi e dignitosi passi, portamento eretto e sguardo fiero… Ed ecco davanti a lei lo Specchio delle Rivelazioni.
A prima vista, sembrava davvero un comunissimo specchio umano: aveva una forma ovale, decisamente anonima, e la superficie in vetro era parecchio impolverata. La cornice in ferro battuto, semplice ma elegante, era formata da tanti "fili" che s' intrecciavano tra loro a formare una sorta di treccia, dalla quale sbucavano alcune foglie e degli strani ma bellissimi fiori dai petali puntuti. Un' enorme stella a quattro punte congiungeva i due estremi della treccia e dentro di essa v'era un bassorilievo di una donna girata di spalle dai lunghi capelli che si estendevano in ogni direzione: sembrava uscita direttamente da un cammeo.
Iuno si avvicinò ad esso, passando una mano sullo strato di polvere che lo ricopriva, e lo guardò con ardore, rabbia e desiderio: secondo alcune antiche leggende, lo Specchio riconosceva la voce dei Membri della Corte Astrale e obbediva solo ad essa, rifiutandosi fermamente di prestare servizio ai traditori e agli usurpatori. Lei non credeva affatto a tutte quelle storie, perché reputava impossibile che uno stupido oggetto fosse dotato di volontà propria come gli esseri senzienti, ma ora che vi era vicina si sentiva straordinariamente nervosa.
Cosa avrebbe fatto se lo Specchio avesse rifiutato di obbedirle?
E se quelle leggende nascondessero un fondo di verità?
Anche questa volta avrebbe portato a termine la propria missione senza intoppi, o sarebbero sorti ostacoli terribili e inaspettati?
"Mostrami la principessa e la figlia della sarta." gli ordinò comunque, senza troppa convinzione.
Non ottenne altro che un flebile ronzio.
"Mostramele, Specchio." ritentò, più energica e con un tono di voce leggermente più alto.
Stesso ronzio accompagnato da una fioca luce proveniente dalla stella sulla cornice. Se lo Specchio avesse avuto un volto umano, lo si sarebbe potuto dire un segnale di sfida.
"MOSTRAMELE!"
 Solo allora lo Specchio tacque e sulla sua superficie vitrea cominciarono a intravedersi due grosse macchie, una rossa e una nera.
 
                                                                       ***
 
III mosse nervosamente alcuni passi in direzione di una pesante porta di legno d’ ebano nascosta nell’ ombra e la aprì lentamente: fu aggredito da un insopportabile odore di chiuso, di stantio. Mucchi enormi di polvere si annidavano ovunque e la poca luce che entrava in quella stanza proveniva da una portafinestra sigillata e nascosta quasi del tutto da due pesanti tende bordeaux.
Niente di nuovo.
Con un sospiro triste ed impaziente richiuse la porta, che cigolò sui cardini.
“Allora?” chiese Four, appollaiato sul divanetto rosso del soggiorno. “Niente di nuovo?”
“Nulla.” Scosse la testa il terzogenito. “Se ne sta sempre lì, ad occhi chiusi, immobile e pallido come un morto. Anzi, se devo dirla tutta diventa sempre più bianco mano a mano che il tempo passa…”
“Non si può andare avanti così.”dichiarò nervosamente Thomas alzandosi. “Bisogna far qualcosa! E invece ormai da un mese a questa parte ce ne siamo strafregati, dato che il capofamiglia qui non se n’è voluto occupare!”
Chris, seminascosto dai suoi lunghi capelli argentei ed occupato nella lettura di un trattato d' astronomia, ribattè con calma: "Sarebbe perfettamente inutile. Tutti i medici che abbiamo consultato non hanno saputo riconoscere la malattia oppure hanno fatto diagnosi completamente errate, somministrando medicine inutili se non dannose. Noi non dobbiamo in alcun modo intervenire. Se non ci sono riusciti i medici, cosa potremmo mai fare noi? Con la salute non si scherza."
"Fratellone, con tutto il rispetto, ma mi fai proprio ridere quando fai l' avvocato delle cause perse." lo sbeffeggiò Thomas.
"E invece ha ragione. Noi non possiamo fare proprio niente, se non aspettare che le cose si rimettano a posto." sospirò Michael accoccolandosi accanto al fratello ventenne con un visino triste che mise di ulteriore cattivo umore gli altri due.
"Comunque sono abbastanza sicuro che questa malattia non abbia natura terrestre." continuò Five, sempre con il naso immerso nel libro.
Three sgranò gli occhi, mentre Four sbuffò facendo roteare le pupille.
"Ah no? E come dovrebbe essere, plutoniana? Saturnina? Davvero Chris credevo che fossi una persona razionale e ragionevole."
"Tu come lo spiegheresti? Sentiamo."
"Non è niente di così complicato, basterà un nuovo beverone con le erbe curative di Three, vedrete."
"Ehm... Fratellone..." intervenne timidamente l' ultimogenito "L'ultima volta che l'hai fatto non solo non è servito a niente, ma hai anche rotto due tazzine del servizio da tè. Mi è toccato ricomparle e a caro prezzo, anche."
"Thomas, questa non è una risposta alla mia domanda."
In quel momento Hoshiko entrò nella stanza: poiché poco prima aveva sporcato la divisa, era stata costretta a cambiarsi di fretta e furia, per cui aveva indosso un completo nero costituito da t-shirt e pantalaccio, che in quella giornata afosa di fine aprile faceva venire caldo solo a guardarla, mentre i capelli erano acconciati in uno chignon e due piccole trecce ai lati della testa, che secondo III avevano un gusto "squisitamente antico".
Stava tergendosi il sudore dalla fronte premendo il dorso della mano destra e sembrava molto stanca, più di quanto i tre Arclight l' avessero mai vista, eppure quel giorno non aveva fatto nessun lavoro straordinario.
Reggeva una scopa nell' altra mano e chiese con voce fiacca dove potesse trovare un altro flacone di detersivo.
Dopo aver ricevuto la risposta, lasciò la stanza per cercare il ripostiglio.
Bella sfida! In quella parte del grosso "appartamento" (le stanze dei piani superiori del Grand Hotel, per grandezza, erano paragonabili agli appartamenti dei grossi palazzi) non ci era mai stata e quelle stanze buie e impolverate le incutevano uno strano senso di terrore.
Le porte, ordinatamente allineate, parevano tutte uguali, e gli angoli del soffitto erano sporchi e incrostati. Alcune ragnatele penzolanti facevano la loro bella figura in quel quadro di desolazione ed abbandono inquietando ulteriormente la ragazza che procedeva con circospezione lungo il corridoio.
La sua inquietudine era anche alimentata dal fatto che, quando aveva deciso di rispettare le clausole del primogenito Arclight, egli le aveva espressamente proibito di esplorare quella parte della residenza, se non per motivi lavorativi, in cambio di una certa autonomia nel lavoro poco prima di averlo sentito bisbigliare tra sé e sé che "non avrebbe dovuto aprire quella porta".
Forse aveva creduto che lei non lo stesse ascoltando?
Qual era la porta che non avrebbe dovuto aprire?
Non lo sapeva e le circostanze non erano certo favorevoli.
"Kazama Hoshiko, smettila di fantasticare!" si disse schiaffeggiandosi leggermente una guancia. "Sei qui per trovare un flacone di detersivo liquido per il lavaggio dei pavimenti, non per farti i fatti di uno dei tuoi datori di lavoro. I loro problemi non ti riguardano e tu non devi procuragliene altri ficcando il naso dove non devi. Ricordatelo!"
In preda all' indecisione, la corvina si morse il labbro e aprì la prima porta che trovò avanti a sé.
Era la porta sbagliata: ai suoi occhi si presentò una stanza spoglia e buia come poche, ma certamente non quella che stava cercando.
Il mobilio era costituito da due cassettiere con i cassetti rosi dai tarli e dal gusto vagamente barocco, un tavolino liberty sbrecciato dalle gambe bombate, che stonava parecchio, ed un letto molto spazioso, con la testiera in alluminio leggermente annerita, sul quale giaceva un lenzuolo ricamato color glicine.
Il pavimento marmoreo nero e bianco, a scacchi, e le pareti scure completamente immerse nella penombra accrescevano il senso di abbandono, ma sotto le coltri giaceva qualcuno e Hoshiko, in barba al monito che si era fatta poco prima, si avvicinò incuriosita.
La persona addormentata avrebbe potuto benissimo essere un bambino, data la sua bassa statura, ed aveva dei capelli dorati acconciati in una treccia bassa che ricadeva morbida su una spalla. Aveva il viso coperto da una strana maschera, sulla quale, nella parte inferiore, era inciso uno strano ghigno, che stonava completamente con le sottili labbra serrate del bambino dormiente. Dalla coperta sbucava una manica color acquamarina.
La ragazza, esitante, si avvicinò ancora di più e quel movimento trattenuto non sfuggì ai sensi del ragazzino che dalla posizione supina si girò su un fianco, parve aprire gli occhi ed emise un flebile bisbiglio, per poi ripiombare nel sonno.
All' improvviso tutto divenne nero e nella sagoma sopita un serpentello violaceo nuotava invasato ma felice, facendo perdere vitalità al corpo.
Hoshiko levò un grido.
Three e Five corsero a vedere cosa fosse successo, ma evidentemente la quindicenne era stata colta sul fatto, perché il viso annebbiato del primogenito non prometteva nulla di buono ed anche il quindicenne dalla giacca rossa era rimasto sulla porta immobile come una statua di sale.
Istintivamente, Chris fece partire uno schiaffo diretto alla ragazza, che vacillò pericolosamente per poi passarsi una mano sulla guancia percossa ed arrossata.
"Magnifico. Adesso verrò licenziata." disse ironicamente Hoshiko, trattenendo le lacrime. Se avesse potuto sfogarsi adeguatamente la tragedia che avrebbe messo in atto avrebbe fatto cadere nel dimenticatoio L' Amleto di Shakespeare.
"Ha davvero una mente acuta, signorina, se l' ha intuito." disse beffardo il primogenito Arclight.
"Andiamo, fratellone, secondo me stai esagerando. In fondo non l'ha certo fatto apposta! Anzi, era in buona fede, stava cercando lo sgabuzzino ma ha sbagliato porta! Non è vero, Hoshiko?" intervenne Three in difesa della ragazza, per la quale ormai provava un forte affetto.
" Ad ogni modo vi è entrata, quindi va punita."
"Ma non poteva certo saperlo che era questa la stanza proibita, tu non gliel' hai mai detto!"
"Cosa cosa cosa? Cosa ha combinato la nostra signorina Stangona al Peperoncino?" chiese interessantissimo Four, che aveva deciso di seguire il battibecco dei fratelli per farsi quattro risate.
"Certo, adesso arriva pure Mister Ciuffo Spastico a fare il terzo incomodo." mugugnò la diretta interessata. "Comunque se proprio volete discutere fatelo fuori da qui." continuò rivolta ai due litiganti. "Sono quasi sicura che in questa stanza ci siano presenze sovrannaturali."
"Dlin-dlin-dlin, abbiamo un' altra fissata!" sghignazzò il secondogenito. "Chris, sta'a vedere che la cameriera qui conferma la tua teoria!"
"Thomas, piantala di fare il buffone!" lo zittì Five. "Cosa vuol dire, signorina Kazama?"
«Probabilmente è stata solo un' allucinazione, oppure ho avuto un altro calo di ferro» si giustificò Hoshiko «ma quando mi sono avvicinata mi è sembrato che la persona addormentata si fosse girata e avesse biascicato qualcosa. Una parola, "Ami" da quanto ho capito...»
"Papà ha dato segni di vita!" si emozionò il minore dei tre. "E poi? Che è successo?"
"Sembrava che volesse parlarmi, perciò mi sono accostata al letto. Però all'improvviso si è oscurato tutto, potevo solo distinguere la sagoma del ragazzino. E dentro di essa ho visto una sorta di serpente. Era viola e sembrava emanare veleno. Sono sicura che è quest' essere..."
"A logorare nostro padre."concluse Chris. "Ipotesi interessante. Ma come fa ad essere sicura di ciò che dice, cioè che questo colubro sia sovrannaturale. Raccontata così non ha molta credibilità."
"Disse colui che dieci minuti fa ha detto che questa malattia non è di natura terrestre."intervenne Four con il classico tono impertinente.
"È solo un' ipotesi." ripetè preoccupata Hoshiko "Se c'è qualcuno pronto a smentirmi me lo faccia sapere, ne sarei felice. Anche perché qui c'è in ballo un legame doppio-taglio, di questo sono sicurissima."
"Curioso. Di solito i legami sono doppio filo. Questo in cosa consiste?"
"Questo legame ha una natura complicata. Semplificando si potrebbe dire che gli effetti della vita dell' incantatore sono inversamente proporzionali a quelli dell' incantato: quanto più l' incantatore agisce ed acquista vigore, tanto più l' incantato deperisce. Per cui per liberare la vittima si dovrebbe uccidere l' esecutore, ma non sempre è una tecnica sicura."
"Il ragionamento fila." ammise Five. "Ma mi ancora chiedo come faccia a sapere tutto ciò."
Michael vide la Kazama sbiancare in volto, per quanto lo consentisse la sua pelle già pallida, e capì tutto: aveva intuito tutto grazie ai suoi poteri e i tanti allenamento nelle vesti di Victrix e avrebbe preferito che almeno Chris e Thomas non avessero saputo della sua parte "mostruosa". A detta della ragazza quelle "doti" non portavano altro che guai, eppure lui stava esultando perché, senza saperlo, aveva fatto loro del bene proprio grazie a quelle doti.
Le sorrise e le fece l' occhiolino per rassicurarla, poi prese la parola: "Non scomodare lei, fratellone, ci penso io a raccontartelo. Comunque, Hoshiko, il ripostiglio è la seconda porta sulla sinistra."





Angolo dell' Autrice
Bene. Rieccomi. Probabilmente adesso mi vorrete tutti mandare a quel paese dato che non mi sono fatta sentire per più di quattro mesi. Avete millanta volte ragione e quindi non mi giustificherò.
Altrettanto probabilmente potreste notare un certo calo di stile con questo capitolo, quindi se volete portarmi al patibolo fate pure. Io posso solo dire che, tra Iuno sclerata e Hoshiko che ficca il naso dove non deve, questo capitolo avrebbe potuto benissimo essere intitolato "Viva l' incoerenza", lol. *Si schiaffeggia perché non c'è nulla da ridere*
Ma siamo entrati appieno nello "Spannung Arc" (anche se a dire il vero qua di ansia rosicchiaunghie ce n'è poca), quindi i prossimi capitoli presenteranno ulteriori sviluppi!
Voi cosa avete da dire (oltre a tutte le invettive che dovreste scagliarmi)?
Mi raccomando recensite in tanti e segnalatemi la presenza di errori o modi per migliorare lo stile!
See you!
Osage_No_Onna (potete benissimo abbreviare in Ono-chan o in qualsiasi altro modo)

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Capitolo 30
*** AVVISO+ One- Shot Extra: The stranger and the silver garden ***


Avviso


Cari lettori, vi devo informare, non senza una punta di rammarico, che (com’è successo per “Kokoro no Kiseki” in precedenza) anche questa storia verrà SOSPESA a tempo indeterminato, se non addirittura cancellata.
Per quanto riguarda l’ultimo punto sono ancora molto indecisa sul da farsi, per cui non so darvi ancora indicazioni precise su quel che farò, tuttavia è sicurissima la sospensione.
Probabilmente (o anche no) vi starete chiedendo il motivo di questa decisione.
È molto semplice: questa storia mi (e vi, o almeno per quei pochi lettori e recensori) accompagna da ormai tre anni (durante i quali sono passati dalla quarta ginnasio alla seconda liceo, lol), ma ormai non solo la spinta creativa dei primi anni si è in parte persa (basti pensare che l’ ultimo aggiornamento risale a più di un anno fa), la storia non mi piace più come prima e, pur avendo tempo per poterla continuare, non mi va più di farlo.
Mi sono inoltre resa conto di aver gettato troppe carne al fuoco (e di aver incasinato troppo la nostro protagonista) e di non saper sciogliere l’ intreccio, ormai diventato un vero e proprio nodo di Gordio, in modo soddisfacente.
- A meno di non chiedere l’ intercessione del deus ex machina, come ha fatto il caro Euripide a suo tempo.-
Dopo queste doverose precisazioni (citazione necessaria) intervallate da tanti altrettanto necessari incisi, vi lascio con questa One-Shot che si ricollega alla trama principale, rappresentandone un Missing Moment, nonché Slice of Life, forse fin troppo semplice e deprimente. (Lo so, sono scandalosa.)
Non abbiate però paura per la nostra Hoshiko, perché presto (si spera) ritornerà…
PS: Scusatemi per tutte queste citazioni classiche, ma mi vengono spontanee!
PPS: Per quanto riguarda KnK, giuro che sto scrivendo il capitolo. Ma è molto lungo e non so nemmeno io quando lo finirò.
PPPS: Come al solito, perdonatemi i periodi ciceroniani.

 
***
 
 
The stranger and the silver garden


Medea[1] alzò gli occhi sui corpicini straziati dei propri figli, il pugnale ben stretto in mano, gli occhi gonfi e rossi per le lacrime e quel sorriso aperto e sadico, sulle labbra grosse e rosse come rubini, che le squarciava il volto: aveva finalmente attuato la sua vendetta, ma a che prezzo!
Aveva dovuto uccidere le creature che lei stessa aveva generato, quelle che aveva cullato e covato nel suo grembo per nove mesi, per amore delle quali aveva sopportato le doglie del parto e aveva seguito Giasone a Corinto cadendo dagli astri al fango, passando da figlia di re a straniera senza uno straccio di diritto, sola ed emarginata come un cane rognoso, diversa in aspetto e carattere dalle donne corinzie.
Ma che lui la tradisse risposandosi con la principessa… Eh no, quello non lo poteva proprio patire!
“Lo faccio per i nostri figli e per te, per garantirvi un futuro e una parentela regale.”
Belle scuse! Era solo a causa sua se aveva commesso tale delitto, dopo aver chiesto perdono alla sua famiglia per il suo orribile tradimento: non avrebbe potuto tollerare oltre l’offesa subita, né la visione dei suoi avversari che ridevano della sua debolezza, che prosperavano a suo scapito. E per rigirare il coltello nella piaga a suo marito non avrebbe lasciato nemmeno la consolazione di seppellire le sue creature: lo avrebbe fatto lei stessa, con le sue mani, quando, scesa dal carro del Sole, avrebbe toccato una terra più pura
[2].
Il suo sorriso si allargò ancora di più mentre sciacquava le mani, ripulendole da quel sangue innocente: probabilmente nessuno di quei poveri agnellini sottomessi delle donne della città avrebbe mai osato tanto.
Ancora più probabilmente i rimproveri del marito sarebbero stati questi, le avrebbe rinfacciato la sua scelleratezza e il suo animo barbaro.
Ma ormai non le importava più nulla.
Aveva inseguito la chimera di una vita felice con Giasone e ne aveva ottenuto questo spettacolo raccapricciante.
Stupidi sogni di giovinezza.
Come in un lampo profetico, la maga realizzò che la sua vita da allora avrebbe perso quasi del tutto la felicità che pure le era stata elargita tanto generosamente negli anni degli infanzia per poi riacquistarla chissà quando.
Forse in un giorno lontano della sua vecchiaia, quando esule sarebbe ritornata in Colchide dopo l’ ennesimo errore e si sarebbe riconciliata con il padre.
Sarebbe stato bellissimo se quel giorno fosse davvero giunto.
Ma ormai non le importava più nulla.
Nel momento stesso in cui la maga alzò gli occhi lo fece anche Hoshiko, con l’animo in subbuglio: aveva quasi dimenticato di essere seduta nella scintillante monorotaia dai sedili rossi e neri, con un libro in mano, fino a quando la voce gracchiante e insonnolita dello speaker annunciò la sua fermata.
E, mentre si alzava svogliatamente richiudendo il suo volume di tragedie e riponendolo nella sua borsa di jeans, anche Ayumi si materializzava fuori dalla spilla a forma di stella alpina che la ragazza teneva appuntata sul petto.
Lacrime rigavano il suo volto visibile solo a pochi, lacrime di cui Hoshiko però nemmeno si accorse perché ancora troppo immersa nei suoi pensieri.
Erano le tre di un pomeriggio fin troppo caldo: i cani uggiolavano per la calura, gatti pigri e pasciuti si godevano il bel tempo sonnecchiando e l’ unica presenza che teneva compagnia alla ragazza, a parte gli sfortunati di ritorno da qualche commissione o da un’ allegra scampagnata, era l’ ombra corta che camminava insieme a lei, quasi al suo fianco, sottolineando la sua solitudine.
Come al solito, le venne voglia di fare il “gioco dell’ indifferenza” e annullò tutti gli stimoli sensoriali: il cicaleccio delle comari che avevano avuto il coraggio di mettere il naso fuori; il bisbiglio dei necrospiriti di quella zona; il rombo delle auto che procedevano nel vialetto; la luce abbagliante del sole del pomeriggio; la puzza della plastica che qualcuno stava imprudentemente bruciando e il nero del fumo creato dai gas di scarico.
Non si curò del mondo e, come al solito, anche il mondo non si curò di lei.
Era un circolo vizioso che ormai andava avanti da quasi tre anni: se il mondo la trattava con distacco e sdegno, perché non ripagarlo con la stessa moneta?
A tredici anni aveva realizzato con dolore che nessuno, là fuori, avrebbe mai teso una mano per asciugare le sue lacrime, perché una creatura pericolosa come lei non lo meritava… anzi non meritava nulla, se non, nel migliore dei casi, compassione e pietà.
Quando finalmente aveva digerito quel boccone amaro, allora si era creata la sua armatura.
Ed era solo in virtù di quella che era riuscita a tirare avanti senza troppi problemi.
Tuttavia ormai quella corazza si stava arrugginendo e lei stava ritornando ad essere un esserino fragile, proprio quello che avrebbe voluto segregare in fondo al cuore.
La verità era che tutto ciò faceva un male cane e lei non poteva, e forse nemmeno voleva più, continuare così.
Ma come al solito continuò il suo gioco stringendo i denti e sperando che prima o poi sarebbe arrivato il momento del suo riscatto: solo allora avrebbe indossato il più bello dei suoi sorrisi e sarebbe uscita da quel guscio.
Perché lei non era capace, nonostante tutto, di vendicarsi come aveva fatto Medea, con la quale sentiva molta affinità e di cui ricopriva il ruolo suo malgrado: la speranza era ancora viva nella parte del cuore che volgeva al suo interno
[3].
Quasi avesse indovinato i suoi pensieri, Ayumi le sorrise, non vista, tra le lacrime.
Anche lei stava ripensando ai suoi passati guai, alla fiducia che la regina Lyra le aveva dato e a quell’ opportunità che le era stata data e che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi scappare, per la quale doveva pianificare e giocare bene tutte le sue mosse e le sue carte.
Le due avevano un animo molto simile e forse non c’era nemmeno troppo da stupirsene.
Per nessuna delle due la vita era stata la vita era stata un giardino d’ argento
[4], però forse, prima o poi, vi sarebbero giunte… E qualora fosse successo, quando sarebbe successo, le loro ferite avrebbero smesso di bruciare.
 
[1.022 parole]

 
 
[1] Si parla della famosa maga della Colchide che aiutò Giasone e gli Argonauti a conquistare il Vello d’ Oro, ma le vicende narrate di seguito seguono grossomodo gli eventi narrati nella tragedia Medea di Euripide.
[2] Sia la richiesta di perdono alla famiglia che la “terra più pura” sono mie aggiunte. (Euripide, se mi senti da lassù, non bestemmiare. E trattieni pure Ariosto, già che ci sei.)
[3] Vedere capitolo 9.
[4] Per le vicende di Ayumi, vedere “Shooting Stars”.

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