Amore è... Infinito!

di angelad
(/viewuser.php?uid=156515)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Heat Wave.. ***
Capitolo 3: *** Amore tra sorelle ***
Capitolo 4: *** L'amore può ferire... ***
Capitolo 5: *** L'amore a volte è dolore... ***
Capitolo 6: *** L'amore è... magia ***
Capitolo 7: *** Amore è... perdono ***
Capitolo 8: *** L'amore è..... ricordo (1p) ***
Capitolo 9: *** L'amore è..... ricordo (2p) ***
Capitolo 10: *** L'amore è... forza e coraggio (1p) ***
Capitolo 11: *** L'amore è... forza e coraggio (2p) ***
Capitolo 12: *** L'amore è.... Infinito! ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


Amore è... Infinito!




Image and video hosting by TinyPic





.. mi guardo intorno spaesata, spaventata. Non so dove sono, né dove mi devo dirigere. Sto stringendo contro il mio petto un piccolo fagotto, lo stringo forte contro il mio seno. Non devo lasciarlo cadere o tutto sarà perduto. Ho nascosto il mio prezioso tesoro dentro a una copertina azzurra rimediata chissà dove. Riesco a vedere tutta la mia paura, i miei occhi vagano smarriti alla ricerca di qualcosa che non c’è. Il cuore mi martella nel petto.  I capelli sono sciolti, strano non li porto mai così, ma mi rendo conto di non avere 17 anni. Sono adulta, sono una donna. Continuo a correre, in questo vicolo buio. Non posso fermarmi o sarà la fine. È l’unica consapevolezza che ho. Improvvisamente dietro di me sento un rumore forte, come un tuono. Non capisco cosa sia, ma è davvero un grande boato. Mi giro terrorizzata e serro ancor di più le braccia contro il mio petto. Devo assolutamente fuggire da lì.. Corro ancor più veloce, ma inciampo in un buco nell’asfalto e cado rovinosamente a terra sapendo che non ho via di scampo.”.
“E poi che accade?”.
“Niente, semplicemente mi sveglio. Col cuore in gola”.
“E’ terribile tesoro. Da quanto tempo quest’incubo ti tormenta?”.
“Da quando ne ho ricordo, forse da quando sono nata”…
 
 
Come al solito era in ritardo, il pulmino scolastico sarebbe passato di lì a poco e lei doveva ancora finire di sistemarsi la cartella. Non aveva messo a posto un solo libro in tutto il weekend e nella sua stanza sembrava fosse passato un tornado, ma le stava bene così, in fondo nel suo “casino ordinato” si trovava alla perfezione, poco importava se a suo padre veniva un colpo ogni volta che ne varcava la soglia.

Certo, se quel maledetto libro di matematica fosse comparso le avrebbe fatto un enorme piacere, ma non poteva chiedere tutto dalla vita. Così quando vide fermarsi il veicolo giallo davanti al vialetto del giardino della sua casa, decretò che avrebbe seguito le lezioni accanto a Jeremy. Quel ragazzo aveva un debole per lei, non le avrebbe mai detto di no. Sapeva di approfittarsene a volte, ma quella era una questione di vita o di morte, non poteva perdere tempo a farsi troppi scrupoli. Si sarebbe fatta perdonare in un altro modo, magari sedendosi accanto a lui alla mensa.

Dopotutto era davvero un bravo ragazzo, le piaceva, ma non se la sentiva ancora d’impegnarsi. Potevano essere solo amici, per ora.

Corse giù dalle scale e, infilato il suo giacchetto di pelle al volo, salutò suo padre ancora intento a fare colazione: “Ciao papà! Io scappo, vado a scuola!”.

L’uomo alzò gli occhi azzurri dal giornale: “Possibile che tu non possa mai svegliarti in tempo Johanna? Non fai una colazione decente da mesi ormai, non sei affidabile e responsabile. Credo che io e te dovremmo parlare..”.

La giovane ragazza si sistemò una lunga ciocca di capelli dietro un orecchio e liquidò il suo vecchio: “Papà, ti prego non cominciare! Dammi aria, non faccio niente di male. Preferisco dormire cinque minuti in più al mattino e mangiare di più alla mensa scolastica. Non credo sia un crimine. Ora devo proprio andare, ci vediamo più tardi” concluse aprendo la porta e uscendo in giardino.

Il padre la seguì fino sull’uscio: “Non credere di essere riuscita a scansarla signorina. Il discorso non è ancora chiuso, ne riparleremo!”.

“Sì papà, va bene!” rispose Johanna, mentre le porte automatiche del pulmino si chiudevano alle sue spalle. Alzò gli occhi al cielo. A volte proprio non lo sopportava.
Era così difficile dire Buongiorno tesoro invece di rimproverarla appena la vedeva? Mentre formulava questi pensieri  notò la sua amica Samantha sbracciarsi per attirare la sua attenzione.

Andò a sedersi accanto a lei e appoggiò la testa contro il sedile, stanca morta: “Ehi Sam! Tutto bene?”.

Samantha, capelli neri occhi verdi e aria da scavezzacollo, sorrise: “Tutto bene mia cara, ma non si può dire lo stesso per te! Cos’hai combinato Jo? Perché tuo padre era così arrabbiato?”.

La ragazza alzò le spalle: “Ma che ne so! Non ho fatto proprio niente! Lui è sempre arrabbiato con me, qualunque cosa io faccia. Non lo capisco più, non comunichiamo mai. Se parliamo litighiamo. È come se avesse messo un muro tra di noi, come se volesse tenermi fuori dai suoi pensieri..”.

“Hai provato a fargli capire che stai male per questa situazione?” domandò la sua amica.

“Certo che ci ho provato, ma sembra non importargli più di tanto. Se non esprimo idee diverse dalle sue andiamo d’amore e d’accordo, cioè la nostra sottile pace armata continua senza intoppi. Se solo oso contraddirlo od avere un’idea diversa dalla sua, o a richiedere un po’ di libertà in più rispetto a quella che mi dà, sembra debba venir giù il mondo. Non ci pensare neanche, non ti manderò lontana da casa tutti quei giorni! Come se io fossi ancora una bambina. Ho 16 anni, sono capace di autogestirmi come qualunque ragazza della mia età! Non ho bisogno della guardia del corpo!!”.

Sam scoppiò a ridere: “Non diresti lo stesso se ti avesse sguinzagliato dietro Kevin Costner! Hai presente quel vecchio film romantico? Io lo adoro.. Kevin è decisamente un bel uomo.. Ora scherzi a parte, te la stai prendendo davvero troppo Jo! Secondo me sta solo cercando di proteggerti, in fondo sei la sua bambina. Tutti i genitori fanno così. Stai crescendo velocemente e lui non riesce ad accettarlo fino in fondo. Non riesce a dirtelo e allora vi scontrate, ma conoscendolo è innegabile che straveda per te!”.

Johanna sbuffò: “Ma ti sei trasformata nell’avvocato delle cause perse? È sempre stato protettivo e presente, a volte fin troppo, ma nell’ultimo periodo è cambiato notevolmente! Con mia sorella non è così, il suo tono di voce è completamente diverso. L’ha sempre adorata, e anche adesso che è una donna realizzata con famiglia, il loro rapporto è più complice, più vero. Lei parla con lui di qualunque cosa, invece quando io tento di aprirmi si mette subito sulla difensiva..”.

Sam la guardò seria, non era più il momento di scherzare: “Tipo? Cosa gli hai confidato?”.

“Ti ricordi quando volevo fare quel corso di volontariato presieduto dalla polizia locale? Dovevo solo stare al distretto e sistemare l’archivio. Mi sarebbe valso anche dei crediti per la scuola.. beh, per farla breve, quando gli ho chiesto il suo consenso, in primis ha rischiato l’infarto, poi, non appena è riuscito a riprendersi ha incominciato ad urlare come un pazzo. Che è troppo pericoloso e che non è il mestiere adatto a me! Mica gli avevo detto che volevo iscrivermi all’accademia finita la scuola.. Quando gli ho chiesto spiegazioni per questo strano comportamento mi ha mandato in camera mia e non sono più riuscita a cavargli una parola di bocca. Ora, con tutta onestà, ti sembra il comportamento di una persona normale?”.

L’amica non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere per la seconda volta in quella mattina.
“Sono felice che trovi le mie disavventure famigliari così divertenti! Sai, potrei scriverci sopra un romanzo, tanto dicono tutti che ho un talento naturale per la scrittura. Almeno lo sfrutto e ci faccio sopra due soldi, così potrò buttare via quel marciume di computer che ho in casa e comprarne uno nuovo..”.
Johanna sbuffò e si voltò dall’altra parte come offesa. Samantha la prese per una spalla e le diede un bacio su una guancia: “Dai Jo non te la prendere. Solo che mi sono immaginata la tua possibile faccia a quella reazione e non ce l’ho fatta più.. Avrei troppo voluto vederti!”.
Riuscì nel suo intento di strappare un sorriso all’amica: “Lo sai che non sei normale neanche tu?”.
Sam le diede una gomitata amichevole: “Sono amica tua, che ti aspettavi? Chi va con lo zoppo impara a zoppicare! Comunque se ti può consolare non sei l’unica ad avere un genitore pazzo: mia madre deve essere entrata in menopausa, è intrattabile. Ora capisco perché mio padre abbia chiesto il divorzio, non la si regge più. Quando sono al limite anch’io chiedo asilo politico a lui” disse cercando di sdrammatizzare la situazione, senza rendersi conto, in realtà, di peggiorarla.

“Almeno tu ce l’hai una madre..” sussurrò Johanna abbassando gli occhi.

Samantha desiderò sparire dalla faccia della Terra in quel momento. La sua amica era cresciuta senza mamma, allevata dal padre con il solo aiuto della sua primogenita, Alexis. Lei sapeva perfettamente quanto quella situazione fosse un peso nel cuore di Johanna.

“Scusami Jo, sono proprio una cretina, non volevo ferirti..”.

“Sta tranquilla non è mica colpa tua se mia madre se n’è andata quando ero solo una bambina..”.

“Ho fatto una battuta infelice lo stesso..”.

Johanna, però, sorrise: “Dimenticalo Sam, ogni tanto la malinconia mi viene ancora, ma ho deciso che è venuto il momento da cacciare questo fantasma dalla mia mente”.

“Hai deciso di non pensare più a lei?”.

La giovane ragazza sorrise furba: “Esattamente il contrario, voglio cercarla e chiederle per quale motivo mi abbia abbandonato. Solo se sentirò la risposta che attendo da anni dalla sua voce, potrò andare avanti con la mia vita..”.
 
 
 


Si passò una mano sulla fronte e chiuse la porta alle sue spalle. Si appoggiò ad essa per sorreggersi, era davvero stanco. Quella giovane ragazza era difficile da gestire nonostante stesse facendo del suo meglio. Era in continuo mutamento e lui non sapeva bene come comportarsi con lei.

Con Alexis non era stato così complicato, ma lei non era Johanna. La sua secondogenita era un vero tornado come sua madre. Il vero problema era che lui non era più lo stesso di allora. Quel Richard non esisteva più da troppo tempo ormai, era morto molti anni prima, schiacciato dal senso di colpa.

Se si trovavano in quella situazione era solo colpa sua. Se fosse stato maggiormente prudente e non avesse abbassato la guardia, avrebbero potuto continuare ad essere una famiglia felice che erano stati per così poco tempo. Invece aveva costretto Johanna a vivere senza sua madre in una vita che, all’apparenza poteva sembrare normale, ma che in realtà, era solo una gabbia dorata nella quale tutti erano stati costretti a rinchiudersi.

Non si sarebbe mai perdonato per questo.

Non era più il famoso Richard Castle da tempo, aveva dovuto interrompere la sua carriera riducendosi a scrivere, con uno pseudonimo femminile, alcuni stupidi romanzetti rosa di poca importanza letteraria. Naturalmente senza che Joy lo scoprisse. Per lei suo padre era un semplice consulente finanziario che lavorava da casa, non uno scrittore milionario. Gestiva da quel posto sperduto il suo patrimonio con l’aiuto di alcune persone di fiducia.

Avevano abbandonato New York e si erano rifugiato lì, dove nessuno sospettava chi fossero in realtà, ma in quel modo Johanna sarebbe stata al sicuro.

Lì non avrebbe corso nessun pericolo.

Avrebbe fatto qualunque cosa per lei, anche se questo consisteva raccontarle una marea di bugie. Sarebbe venuto il giorno in cui si sarebbe tolto quel peso dalla coscienza, ma non era ancora il momento. Anche Kate avrebbe voluto così.

Chiuse per un attimo gli occhi, respirò profondamente e gli sembrò di sentire il suo tipico profumo di ciliegie. Non lo aveva mai dimenticato e, quando si sentiva solo, quell’aroma lo raggiungeva. Sempre.

Poteva essere benissimo uno scherzo della sua mente, ma gli faceva bene pensare che lei fosse accanto a lui, che in realtà non se ne fosse mai andata e che gli facesse capire di approvare la sua condotta.

Non aveva mai creduto veramente ai fantasmi, ma sapeva apprezzare la magia. Il loro amore era sempre stato magico, non poteva dimenticarlo e lo avrebbe accompagnato fino al suo ultimo respiro.

Non era riuscito ad innamorarsi di nuovo, Kate sarebbe stata il vero ed unico amore della sua vita. Sorrise e disse al vento: “Se tu fossi qui staresti ridendo come una matta, prendendomi in giro e considerandomi un pazzo. Mi manchi detective”.

Rick respirò profondamente e tornò in cucina a prepararsi il caffè, poi si sarebbe rimesso al lavoro e avrebbe cercato di terminare prima dell’arrivo della figlia.

Gli piangeva il cuore al pensiero di dover essere di nuovo duro e vietarle di partecipare al party indetto dai suoi amici, in un locale fuori città. Non poteva andarci da sola o sarebbe stata in pericolo.

Già si immaginava il suo splendido viso contrarsi in un’espressione di dolore e di rabbia così tipica per lei in quel periodo. Capiva perfettamente perchè Johanna non lo potesse sopportare, ma non gli importava.

Non doveva essere il suo migliore amico, anche se gli sarebbe piaciuto molto poter avere lo stesso rapporto che aveva avuto con Alexis quand’era adolescente, ma il destino aveva voluto diversamente.

Non si sentiva in colpa, perché sapeva di essere nel giusto.

Un padre avrebbe fatto qualunque cosa per sua figlia.  



Angolo mio!!!!
Sono tornata! Che ne dite? La storia non è proprio normale, ma quando mai una mia long lo è stata? Dovreste essere abituate... :) 

Vi piace il banner? Ringraziate Rebecca, lo ha fatto lei perchè il mio computer non aveva nessuna voglia di collaborare.. Lei lo sa che ha tutta la mia gratitudine! ;) (anche per il titolo, che è stato un parto).

Un commento è sempre gradito, sia buono sia che sia meno buono.

Grazie in anticipo! 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Heat Wave.. ***


….Non si sentiva in colpa, perché sapeva di essere nel giusto.
Un padre avrebbe fatto qualunque cosa per sua figlia…..
 


Amore è… Infinito

 

Image and video hosting by TinyPic

 
 
 
 
 
Le lezioni terminarono un po’ prima del solito a causa dell’assenza di un’insegnate  ed a Johanna non parve  vero di poter tornare a casa in anticipo rispetto ai soliti orari.

Aveva un sacco di compiti da fare, ma si sarebbe sicuramente ritagliata il tempo per iniziare la sua personale investigazione che l’avrebbe condotta a scoprire l’identità di sua madre. L’avrebbe scoperta a qualunque costo, anche senza l’approvazione di suo padre.

Crescendo gli aveva chiesto varie volte di parlarle di lei e la sua versione ufficiale era sempre stata la seguente: sua madre l’aveva partorita, ma se n’era andata pochi mesi dopo la sua nascita, senza un motivo ben definito.

Aveva creduto a quella storia per molto tempo, ora, però, le pareva inverosimile. Chi abbandona il proprio figlio ha una ragione, sempre. La si può condividere oppure no, ma un perché doveva esistere.

Poteva non desiderarla, poteva credere di non essere adatta ad adempiere al suo ruolo di madre, poteva avere mille motivi. Johanna era consapevole di correre il rischio di essere ferita profondamente, ma voleva scoprire quella motivazione in maniera viscerale. Era un sentimento irrazionale, ma sapeva di doverlo fare.

Solo così avrebbe potuto mettere la parola fine ad un capitolo della sua vita che era rimasto aperto per troppo tempo.

Decise di tornare a casa a piedi, una passeggiata le avrebbe fatto bene e l’avrebbe aiutata a riordinare le idee.

Era una bellissima giornata, il sole riscaldava la campagna e portava nell’aria quell’odore di primavera che tirava su il cuore.

La giovane  si tolse la felpa e rimase in maniche corte per godersi quel tepore. Si sentiva bene nonostante i mille pensieri che le affollavano la mente e il diverbio avuto con il padre quella mattina.

Ci aveva riflettuto sopra e aveva capito che in fondo Samantha aveva ragione: forse si comportava in quel modo solo perché le voleva bene e gli stava a cuore la sua sicurezza.

Dovevano solo ritrovare il loro feeling e tutto si sarebbe sistemato.
Si sarebbe aperta con lui, gli avrebbe esposto la sua idea e gli avrebbe chiesto il suo aiuto. Per lei era davvero importante e solo suo padre poteva darle alcune informazioni per far partire la sua ricerca,  per esempio il nome di sua madre.

Nonostante l’ottimismo, temeva un pochino la sua reazione, ma, sperava che  quando avesse visto quanto fosse importante per lei non si sarebbe tirato indietro. Le voleva bene e l’avrebbe aiutata. Forse l’avrebbe considerato un atto di ribellione contro di lui e contro la sua educazione: dopotutto lui l’aveva cresciuta, curata quando stava male.

Ci rifletté sopra un attimo e decretò che avrebbe fatto in modo che non accadesse.

Era diventata quello che era grazie a lui e non l’avrebbe dimenticato, ma doveva chiudere quella ferita della sua anima. Non poteva più portare quel fardello. Il destino forse l’avrebbe delusa, ma ciò poteva essere un vantaggio per lui. Il fantasma di quella donna sarebbe scomparso e avrebbero avuto il modo d’amarsi ancora di più.

Sì, suo padre sarebbe stato dalla sua parte.

Ad un tratto si sentì chiamare: “Johanna aspettami!” e si voltò per capire chi la stava seguendo.

Lo riconobbe all’istante nonostante i capelli biondi spettinati, lo zaino cadente dalle spalle e la giacca che spuntava dal suo interno.

Sembrava fosse scappato di casa: “Jeremy non ucciderti, ti aspetto. Non vorrei mai essere costretta a dover passare il pomeriggio in una caserma con lo sceriffo per ricostruire la tua morte. Ho altri progetti per le prossime ore”.

Il ragazzo la raggiunse e si fermò proprio davanti a lei respirando profondamente per far scomparire il fiatone. Quando si calmò piazzò i suoi occhi verdi contro il viso della giovane: “Includono me?” e si affrettò a togliersi la felpa, lasciando intravedere il suo fisico muscoloso sotto la t-shirt.

Johanna non riuscì a rispondere con la necessaria tempistica, ma era rimasta per un attimo incantata. Dopotutto quella visione non era per niente male.

“Lo prendo per un complimento” sorrise il ragazzo sornione.

“Che cosa?” disse la ragazza avvampando.

“Non negarlo, non mi hai risposto perché eri intenta ad osservare dell’altro..” la stuzzicò.

“Nei tuoi sogni Jeremy, nei tuoi sogni” disse allungando il passo vergognandosi di essere stata colta in fallo.

Jeremy la prese per un braccio e la costrinse a girarsi: “Dai Jo, stavo scherzando, anche se ammetto che non mi sarebbe dispiaciuto se la ragazza più carina della scuola avesse speso un secondo del suo prezioso tempo ad ammirarmi. Comunque sto ancora aspettando la tua risposta..”.

Lei non recepì. Era di nuovo immersa nei suoi pensieri: beh, sì, il ragazzo  era decisamente affascinante con quell’aria incolta che gli dava un’aria così da macho. Era più grande di lei di qualche anno, ma si era trasferito da poco in quella cittadina e non aveva molti amici. Nonostante fosse un tipo simpatico, era molto riservato e dava poca confidenza alle ragazze, tranne che a lei e a Samantha.
Era felice che l’avesse raggiunta, in fondo quel fetente le stava davvero simpatico.

Ma cosa stava pensando? Jeremy era solo un amico e ciò doveva restare. Non si sentiva ancora pronta ad oltrepassare quella sottile linea che divide l’amicizia dall’amore.

Però, come l’aveva chiamata? La ragazza più carina della scuola? Oddio, non era proprio il caso, ma non negò a se stessa di essersi sentita orgogliosa ed onorata.

Non poteva, però, alimentare le sue speranze, non era giusto in quel momento: “No Jeremy, il mondo non gira intorno a te. Devo parlare di un argomento importante con mio padre e spero di non scatenare l’Apocalisse”. Si stupì da sola di avergli raccontato la decisione presa poco prima: forse inconsciamente aveva bisogno di parlarne con qualcuno.

Jeremy le accarezzò il braccio: “Stai tranquilla, qualunque cosa tu debba chiedergli andrà tutto bene. Tuo padre ti vuole bene e non credo possa scoppiare l’Apocalisse in una giornata così bella. Mi ero sempre immaginato l’oscurità avanzare inesorabile sulla Terra, il cielo farsi nero e lingue di fuoco cadere al suolo ed infuocare tutto! Questa sarebbe una fine del mondo come si deve”.

Johanna rise: “Non immaginavo potessi avere tanta fantasia! Ok se mai vedrò avanzare nubi nere all’orizzonte ti chiamerò e organizzeremo la nostra fuga!”.

Il ragazzo le allungò la mano: “Ok affare fatto” e la ragazza glielo strinse: “Guarda che non  puoi tirarti indietro!”.

“Non ho nessuna intenzione di farlo. Ora che il nostro accordo è concluso, posso avere l’onore di accompagnarti a casa? Così chiacchieriamo ancora un po’”.

Johanna gli sorrise maliziosa: “Se hai voglia mi farebbe piacere”.

Jeremy si limitò a sorriderle ed a recuperare il suo zaino posato in terra durante la loro conversazione. Nell’istante in cui lo sollevò, però, la cerniera della zip si aprì senza motivo e il materiale scolastico del ragazzo cadde interamente in strada.

Si chinarono insieme per raccogliere tutto e, poco ci mancò, che non si dessero una testata. Si guardarono negli occhi e scoppiarono di nuovo a ridere.

Nelle mani di Johanna, però, finì un libro che non sembrava essere un testo scolastico. Sembrava un romanzo, un volume di almeno una decina di anni prima. Era raro vederne uno ancora in carta: la maggior parte delle persone utilizzava gli ebook ormai. Non aveva più la copertina, solo il nome dell’autore e il titolo erano ben visibili.

Richard Castle, Heat wave.

Lo tenne nelle mani per qualche secondo come ipnotizzata. Non sapeva come mai, ma quel libro la incuriosiva.

“Non sapevo che leggessi” disse poi rivolta a Jeremy.

“Tu non sai tante cose di me- le rispose sorridendo dolcemente- quello comunque è un vecchio libro di mia madre. Me lo ha imprestato e devo ammettere che il suo consiglio si è rivelato vincente. Mi piace molto il modo stilistico in cui l’autore l’ha scritto, era uno che ci sapeva davvero fare. Un talento vero..”.

La ragazza, al contrario, si mostrò perplessa: “Non lo conosco, non l’ho mai sentito nominare. Mio padre è un amante della lettura e a casa abbiamo una libreria da far paura, ma non ho mai visto un libro di questo autore. Magari non era molto famoso..”.

“Non era molto famoso?!? Jo stai parlando del rivale di Patterson, il re del thriller, non di uno scrittore qualunque. Mia madre mi ha raccontato che con questa raccolta di quattro libri è diventato famosissimo..”.

“Davvero? Quindi, appurato che non si tratti di un racconto rosa, di che cosa parla?” chiese Johanna incuriosita.

Jeremy alzò le spalle: “L’ho appena iniziato, ma per quello che ho potuto capire i protagonisti sono una bella poliziotta di nome Nikki Heat della sezione omicidi della polizia di New York ed un affermato giornalista, Jameson Rook, che si trovano costretti a lavorare insieme. Nonostante all’inizio lei sembri infastidita dalle sua presenza, pian piano entrano in sintonia e diventano amici. Anche se mi dà l’idea che non lo resteranno ancora per molto. Prevedo che il loro legame si trasformi in qualcosa di più intenso..”.

La ragazza parve interessata: “Dici? Potenzialmente mi sembra una trama interessante, il genere che piace a me. Tua madre ha buon gusto” e strizzò l’occhio all’amico che, di rimando, la guardò di storto.

“Guarda che lo sto leggendo io, non mia madre. Ti è così difficile farmi un complimento? Devo mettermi in ginocchio e supplicarti?” scherzò Jeremy facendo finta di genuflettersi.

“Sarebbe davvero bello vederti cadere ai miei piedi in segno di sottomissione, ma non arriverò a tanto. Anzi, mi abbasserò a chiederti se me lo impresterai quando l’avrai finito. Mi ha davvero stregato..”.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e, di rimando, allungò le mani e le porse il libro: “Tieni”.

Johanna rimase di stucco e si sentì imbarazzata: “No, Jeremy. Lo prenderò più avanti, finiscilo tranquillamente..”.

“La vuoi smettere di fare la preziosa? So che sei un’accanita lettrice ed io per alcuni giorni sono intasato dagli allenamenti, quindi.. Lo finiresti sicuramente prima di me..”.

“Come fai a sapere che sono un’avida lettrice? Io dovrei essere un libro bianco per te..”.

Il ragazzo si fece serio e la guardò dritta negli occhi: “So molte cose di te Jo, più di quante tu non immagini. Sono un ottimo osservatore.. Per esempio odi l’insalata, alla mensa eviti sempre i piatti dove la puoi trovare; non hai molti amici, solo i così detti pochi ma buoni; in autobus adori stare dalla parte del finestrino, per poter osservare il paesaggio e fantasticare…”.

Johanna se possibile arrossì ancora di più e decise di non indagare oltre. Doveva piacere molto a quel ragazzo..

Così scattò il libro senza più fiatare e se lo strinse al petto.

“Sono in debito con te..” riuscì a sussurrare.

“Dammi un bacio e siamo a posto!” scherzò l’amico, sapendo che la ragazza non si sarebbe mai spinta tanto oltre.

Lei, per, lo fissò per un secondo, poi gli si avvicinò e posò le sue labbra sulle sue guance, facendole diventare di un bel rosso ciliegia.

“Se era così semplice, bastava che lo dicessi prima!” cercò di sdrammatizzare Johanna, domandosi perché il suo cuore avesse avuto quel leggero sobbalzo, mentre baciava Jeremy. Lei non era mica innamorata..

Senza che se ne rendessero conto, erano giunti in prossimità dell’abitazione della giovane. Jeremy era rimasto basito per alcuni istanti e non riuscì a fare niente, mentre Johanna, al contrario, lo salutò e si infilò nel vialetto per entrare in casa. Il giovane posò come un automa due dita dove la ragazza aveva posato le labbra sulla sua pelle e pensò che non si sarebbe lavato la faccia per molto tempo. Forse stava sognando.
Si ridestò improvvisamente e la salutò di slancio: “Ciao Jo! A domani..”.

Rimasto solo, si ritrovò a pensare di star corteggiando una fuori di testa e che l’avrebbe mandato al manicomio con i suoi atteggiamenti ambigui, ma non poté negare a se stesso, di non essersi mai sentito così vivo.

Ringraziò con la mente il suo nuovo alleato, quello scrittore di best seller sparito dalla scena molti anni prima, ma che, involontariamente, lo aveva aiutato. Aveva fatto un notevole passo avanti con la ragazza che gli piaceva grazie a lui e si ripromise che, se mai lo avesse conosciuto ed incontrato, gli avrebbe stretto la mano.

Beh, sì. Doveva decisamente un favore a Richard Castle.
 
 
 
 
Alzò gli occhi dal computer appena in tempo: sua figlia stava rientrando a casa prima del solito. Accompagnata da un biondino per giunta.

Chi diavolo era? Che cosa voleva da Johanna?

Si nascose dietro alla tenda del salotto e li osservò per bene. Sembrava innocuo, ma doveva star attento. Aveva imparato a sue spese quanto la realtà fosse ingannevole a volte.

Cosa stava farneticando? Quel giovanotto avrà avuto sì e no 18 anni e, considerato che sua figlia era tutt’altro che uno scorfano, probabilmente ci stava provando con lei.

Ecco, ci mancava un possibile fidanzato, la ciliegina sulla torta di un periodo da dimenticare. Sì, era geloso e non aveva problemi ad ammetterlo con se stesso.

Quando ne avevano parlato con Kate, dell’argomento “fidanzatini” fin dal giorno della nascita di Johanna, la sua amata gli aveva assicurato che ci avrebbe pensato lei a tenerlo a freno. Desiderò dal profondo del cuore averla accanto a lui in quel momento e provò una fitta al cuore nel constatare che era un desiderio irrealizzabile.

Serrò i pugni e un brivido freddo lo attraversò da capo a piede.

Tutto era andato a rotoli in così poco tempo e lui non riusciva quasi più a reggere quella situazione da solo. Amava Johanna con tutto il suo cuore, ma incominciava ad essere davvero stanco.

Sua figlia e il biondino continuavano a ridere fuori dalla finestra e Rick si ritrovò ad invidiarli. Non ricordava quasi più quando aveva avuto la stessa spensieratezza e la stessa felicità.

In verità non voleva ricordare quei momenti, perché la sua mente si sarebbe focalizzata su Kate ancora una volta; solo lei lo aveva fatto sentire un uomo realizzato, un uomo innamorato.

Una lacrima cercò di cadere sul suo viso, ma l’uomo non lo permise. Si era ripromesso di non piangere più per lei, sua moglie non avrebbe voluto.

Perso nei suoi pensieri, si ritrasse dal vetro quando vide la sua secondogenita liquidare il biondino con un fugace bacio su una guancia ed incamminarsi verso la porta d’ingresso sorridendo.

Lo sguardo perso del ragazzo, invece, gli strappò un sorriso. Anche lui doveva aver avuto quella faccia da ebete molti anni addietro, quando Kate, alla fine del loro primo caso insieme, aveva rifiutato il suo invito a cena, provocandolo apertamente. In quel momento gli sembrò di essere uscito sconfitto, in realtà, la donna  aveva appena acceso la miccia di una bomba davvero potente, il loro amore.

Sei a posto ragazzo, non sai cosa si prova a corteggiare una donna col sangue Beckett nelle vene. Ti sei appena lanciato dentro a un tornado. Se lei non fosse mia figlia e non sapessi dove vuoi andare a parare, e tu vuoi andare a parare lì ne sono sicuro, ti darei anche qualche buon consiglio. Ma purtroppo siamo nemici in questa battaglia..

In quel momento sua figlia aprì la porta e Rick sentì indistintamente un forte profumo di ciliegie. Che il ciliegio in giardino avesse già dato qualche frutto?

La sua attenzione fu richiamata da Johanna che lo salutò: “Ciao papà” e gettò la cartella sul divano.

“Ciao tesoro, tutto bene a scuola? Sei arrivata prima del solito.. Hai già mangiato?”.

“Sì sì stai tranquillo.. ascolta, volevo scusarmi con te per l’atteggiamento che ho avuto stamattina. Avevi ragione, dovevo scendere prima e fare colazione con te. Almeno avremmo potuto dire due parole prima d’iniziare la giornata” disse convinta Johanna.

Rick non le rispose, ma si avvicinò e la strinse a sé dandole un bacio sulla testa. Nonostante fosse testarda come un mulo sapeva essere di una dolcezza disarmante, se si accorgeva di essere in torto.

Proprio come sua madre..

“Sono felice tesoro, mi mancano le nostre chiacchierate mattutine. Sono ancora il tutto papi numero 1, vero? Da piccola mi chiamavi così, ricordi? Perché mi sembra d’aver notato d’avere un pretendente per il mio trono..” disse Rick lasciando cadere la frase in aria.

Johanna si staccò dall’abbraccio per guardarlo in faccia: “Di cosa stai parlando?”.

Rick le fece l’occhiolino, continuando a stringerla dietro alla schiena: “Di quel simpatico biondino a cui hai dato un bacio poco fa. Sappi che sono geloso..”.

La ragazza diventò fucsia: “Quanto hai visto esattamente? E poi Jeremy è solo un amico..”.

“Sì, anche ai miei tempi si diceva così..”.

Se fosse possibile il rosso delle gote della figlia si fece ancora più acceso: “No papà davvero. Per ora è solo un amico…”.

“Per ora?”.

“Papà ti prego.. Quel bacio è stato una specie di sfida.. Ti spiego. Mi ha prestato un libro e come tutti i maschi che si rispettano, voleva fare lo splendido e per la sua ricompensa ha sparato in grande. Un bacio. Credeva che non avessi il coraggio di darglielo, ma io l’ho colto di sorpresa comportandomi al contrario di come si aspettava. Deve capire che il gioco lo comando io, non lui..”. disse la figlia sicura di sé.

Non c’è niente da fare, tutta sua madre. Dove saranno finiti i miei geni? Pensò lo scrittore, ma si limitò a risponderle: “Almeno ha buon gusto per la lettura? O ti ha passato un romanzo da quattro soldi?”.

Johanna si liberò dall’abbraccio paterno ed andò a tirar fuori dalla cartella il libro di Jeremy: “Mi ha detto che è stato scritto quasi 20 anni fa, ma che è ancora attuale. Magari tu puoi conoscerlo. Si intitola Heat Wave e l’autore è un certo Richard Castle. Io non l’ho mai sentito nominare, tu?”.

Il cuore del povero Rick smise di battere all’istante per poi riprendere con una totale crisi di tachicardia. Con tutti i romanzi del pianeta quel biondino doveva proprio scegliere la loro storia per corteggiare Johanna?
Aveva fatto una fatica infernale in tutti quegli anni per mantenere segreta la sua vera identità, sia con la figlia sia con il resto del mondo e ora, una stupida carineria adolescenziale stava per mandare tutto in frantumi?

Non poteva permetterlo.

Maledisse l’universo.

Aveva appena fatto un passo in avanti con la sua bambina ed ora, con quello che sarebbe stato costretto a fare, stava per tornare indietro come i gamberi. Però non aveva scelta.

Si voltò di schiena in modo che Johanna non potesse guardarlo negli occhi: “Non voglio che tu legga quel libro. Non è adatto ad una ragazza della tua età, in alcuni tratti è decisamente troppo forte. Restituiscilo al tuo amico domani”.

La giovane ragazza restò paralizzata. Ma perché l’umore di quell’uomo era così mutevole? Fino a un secondo prima era allegro e gioioso, ora era di nuovo trincerato dietro il suo atteggiamento da padre duro.

“Perché?” chiese.

“Te l’ho appena spiegato il perché. Non voglio che tu lo legga, è difficile da capire?”.

Quella non era una risposta accettabile e una rabbia impetuosa si impossessò di Johanna: “E se non lo facessi?”.

Rick si voltò con uno sguardo tagliente: “Tu lo farai, perché io ti ho cresciuto insegnandoti ad avere rispetto per chi è più grande di te. Ad ubbidirmi perché sono tuo padre”.

Il poco autocontrollo rimasto a Johanna sparì nell’udire quelle parole: l’uomo che si trovava davanti a lei non era più suo padre, si era trasformato in un tiranno: “E’ vero tu mi hai insegnato a rispettare gli altri, ma anche che nessuno poteva trattarmi come se fossi un burattino. Nessuno doveva permettersi di manipolarmi, però tu lo fai. Mi tratti come se fossi una tua bambolina. Mi dispiace contraddirti: io sono una donna, un’adolescente, ma comunque una donna. Non una bambina, non una creatura da manovrare. Ho pensieri e sentimenti. E fammi capire: posso baciare tranquillamente chiunque davanti a casa senza incappare in una tua sgridata, ma non posso avere la libertà di leggermi un libro che mi attira? Ti rendi conto che è folle?”.

Rick alzò la voce: “Non usare quel tono signorina!”, ma la discussione era ormai degenerata.

“Io parlo come mi pare e piace, visto che tu non mi dai la possibilità di avere una discussione civile con te. Quando l’argomento non è di tuo gradimento, mi zittisci e mi mandi in camera mia. Non ho più intenzione di farlo, ho 17 anni. Se vuoi rispetto da me, trattami da figlia!”.

L’uomo le si avvicinò e le strappò di mano il libro: “Tu non leggerai questo romanzo, fosse l’ultima cosa che faccio! Sei in punizione, da oggi e per mesi. Non uscirai, non navigherai su internet. Andrai a scuola e basta! Perché lo decido io  e, finchè non sarai maggiorenne, dovrai sottostare alle mie decisioni, che ti piacciano o no! Sono stato chiaro?”.

Johanna incurvò la bocca e sentì gli occhi diventare gonfi, ma giurò che non si sarebbe messa a piangere davanti a lui: “Vedi? Ho ragione. Tu non vuoi dialogare con me. Non ti interessa capire quali dubbi percorrono la mia anima, quali dolori io abbia. Non ti importa un fico secco di me! Vuoi solo che la tua autorità non sia messa in discussione!”.

Per Castle fu peggio di una pugnalata alla schiena, sua figlia non poteva pensare per davvero ciò che aveva appena detto: “Non dire stupidaggini Johanna! Io ti adoro e mi importa molto di te..”.

La ragazza lo guardò con sfida: “Allora dimostralo. Rispondi ad una domanda: chi è mia madre? Come si chiama?”.

Il cuore di Rick per la seconda volta in pochi minuti smise di battere. Non poteva averle fatto davvero quella domanda, non ora..

Qualunque decisione avesse preso in quel momento, avrebbe sbagliato.

Stava per massacrare quel che restava del loro rapporto, ma non poteva risponderle. Per nessun motivo..

“Ne abbiamo già parlato, non è importante che tu sappia chi sia. La nostra è stata una storia senza nessun valore. Se n’è andata molto tempo fa senza dare spiegazioni e non si merita le tue attenzioni. Non ti ha cercata per anni, non devi pensare a lei”.

Kate ti prego, perdonami..

“Non ci siamo capiti papà! Per ME è importante! Voglio sapere chi è! Non mi importa un fico secco se la vostra storia è finita o se non vi siete mai amati. Io devo sapere perché.. perché non mi ha voluto..”. gli occhi della ragazza non riuscirono più a trattenere le lacrime che si riversarono copiose lungo il suo viso.
Rick non aveva mai compreso fino in fondo quanto la mancanza di Kate avesse scavato una ferita così profonda nell’animo di sua figlia. Avrebbe voluto stringerla a sé, asciugar il suo pianto e raccontarle la verità. Si avvicinò a lei, ma sua figlia lo rifiutò: “Non osare toccarmi se non mi rispondi. Te lo chiedo ancora una volta: qual è il nome di mia madre?”.

L’uomo restò fermo, ma non le rispose.

Il cuore di Johanna si ruppe definitivamente: “Ok, non parlare. Però ascoltami bene perché non lo ripeterò né tantomeno cambierò idea. Scoprirò chi è, con o senza il tuo aiuto. Troverò mamma. Questa è una promessa” sibilò la ragazza offuscata dalle lacrime e con rapido gesto spalancò la porta di casa e corse fuori attraverso la campagna.

Rick la inseguì fino all’uscio: “Johanna torna qui!”, ma la giovane non l’ascoltò neanche. Si passò una mano tra i capelli, sfinito. Non aveva mai discusso in quel modo con nessuno, tantomeno con una delle sue figlie.

Perché? Maledizione, perché? Era stremato.

Raggiunse il salone e si abbandonò sul divano. Prese in mano il suo cellulare e ricercò nella rubrica un numero famigliare.

“Ciao tesoro. Come stai? Devi venire qui.. devi parlare con lei.. Io non so più che fare. Ti prego dammi una mano..”.
 
 
Angolo mio!
Ok lo so è presto, ma ho deciso di pubblicare lo stesso, perché stasera devo assolutamente fare qualcosa che mi piace..
Allora che ne dite di Jeremy? Come lo trovate?
E Jo? E Castle?
Alla prossima!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Amore tra sorelle ***


“Ciao tesoro. Come stai? Devi venire qui.. devi parlare con lei.. Io non so più che fare. Ti prego dammi una mano..”.
 
 
 

Amore è… infinito

 

Image and video hosting by TinyPic

 
 
 

Quando parcheggiò la macchina nel vialetto davanti a casa di suo padre si ritrovò a sospirare profondamente. Il suo piccolo nanerottolo dormiva ancora beato nel seggiolino ed Alexis si fermò ad osservarlo qualche istante. Aveva dovuto portarselo dietro, suo marito era ancora al lavoro e non sapeva a chi lasciarlo.

Da quando si era trasferita lì aveva dovuto imparare a cavarsela da sola, ancor più da quando era diventata madre. Aveva abbandonato parecchio tempo prima la ragazzina che era in lei, poiché la vita l’aveva costretta ad un cambiamento radicale delle sue abitudini, ma si era adattata con meno problemi di quanto avesse immaginato.

Aveva seguito il padre in quella folle fuga per proteggere la sorella, ma non aveva mai approvato del tutto la sua condotta. Avevano fatto crescere Johanna isolata dal mondo, lontana da quella che era la sua vera vita.

Le bugie si erano accavallate una sull’altra fino ad oggi e, qualunque cosa fosse successa, era davvero grave. Suo padre non voleva quasi mai intromissioni nel suo rapporto con la sua secondogenita, specialmente da quando erano rimasti soli e, dal tono che aveva al telefono, la situazione era quasi sicuramente  degenerata.

Slacciò le cinture del seggiolino che tenevano il suo piccino e lo prese in braccio. Mentre suo figlio appena sveglio le sorrideva  come solo un bambino di pochi mesi sapeva fare, provò una stretta al cuore nel constatare quanto Johanna dovesse aver sofferto senza la presenza costante di sua madre. Ora comprendeva in pieno le paure che Kate aveva provato quella lontana notte di 17 anni fa, quando tutto era precipitato, quando tutte le loro vite erano state sconvolte. Il prezzo che aveva dovuto pagare era davvero troppo alto, non lo meritava.

Scacciò quei pensieri dalla testa e, appoggiato il bambino nel trasportino, si avviò verso la porta, ma non dovette suonare il campanello, poiché suo padre la spalancò nell’istante in cui vi si trovò a pochi centimetri: “Avanti entra. Dobbiamo parlare..”.

Lo aveva visto poche volte in quello stato: era agitatissimo, camminava avanti ed indietro per la stanza come una tigre in gabbia. Qualunque cosa fosse accaduta lo aveva sconvolto.

“Ricky saluta il nonno e fagli un sorrisino, magari si tranquillizzerà e riuscirà a spiegarci come mai è così preoccupato..” e posò il trasportino dove il bambino gorgheggiava felice sul tavolino e si voltò verso suo padre: “Allora, raccontami cosa è successo”.

“Abbiamo litigato” rispose secco l’uomo, ma il ricordo del dolore sul viso di Johanna in quei momenti lo bloccò.

“Questo lo avevo capito papà, ma credo che tu debba essere un pochino più specifico se vuoi una mano” rispose Alexis accarezzandogli un braccio. Notando la sua espressione distrutta la giovane donna disse:
“Non potrà essere così terribile. A tutto c’è rimedio”.

Rick scosse il capo: “Tu non puoi immaginare quanto.. Oggi è arrivata a casa accompagnata da un biondino che ha baciato davanti al portone..”.

“Ti prego non dirmi che mi hai fatto correre fino a qui perché mia sorella si è fatta il fidanzato! Non ti pensavo peggiorato a tal punto!” concluse Alexis alzando gli occhi al cielo.

“Ma vuoi lasciarmi finire di parlare? Perché voi donne avete sempre il maledetto vizio d’interrompere e di capire cosa volete? No, il problema non è il biondino di per sé, è ciò che ha fatto..”.

“Papà, l’ha solo baciata..”.

“Non è per quello! Può baciarla tutte le volte che vuole, non sarò io a condannarlo, ma ha fatto di peggio..”.

“Non oso pensare cosa”. Ad Alexis scappava quasi da ridere, chissà quale tragedia era in atto. Suo padre era sempre stato esagerato in alcune reazioni e la sua gelosia era proverbiale, anche se nell’ultimo periodo era migliorato

“Le ha imprestato un libro..” concluse l’uomo.

A quella frase la donna scoppiò in una fragorosa risata. E lei che gli aveva dato retta facendo qualunque tipo di supposizione, anche quelle più assurde. Tutta questa confusione per un romanzo? Suo padre stava davvero invecchiando.

“Al, le ha prestato “Heat Wave”” sussurrò Rick, tagliandole le gambe.

L’allegria sparì completamente dal suo volto per lasciar posto ad un espressione molto seria. Anche il piccolo Ricky smise d’emettere strani versetti e li guardò col visino serio, quando vide la madre bloccarsi così.

“Tu cosa le hai detto? Ha scoperto chi sei?” chiese Alexis, ora decisamente preoccupata.

Lo scrittore scosse di nuovo la testa: “No, non ancora. Per fortuna quel libro non aveva copertina, non c’era la mia foto. Era impresso solo il titolo e il mio nome. Cosa vuoi che le abbia detto? Le ho proibito di leggerlo e lei si è arrabbiata molto. Mi ha accusato di essere un padre troppo severo, di non star ad ascoltare le sue opinioni e di imporre le mie. In parte ha ragione, le ho sempre vietato tantissime cose, sono stato duro con lei, non le ho permesso di vivere le sue esperienze adolescenziali come ho permesso a te, ma non potevo e tu lo sai bene. Mi ha accusato di non amarla e di preferire la mia autorità alle sue esigenze..”.

Alexis fece un passo verso di lui: “Le hai detto che è la persona più importante della tua vita, vero? In quel momento voleva sentirsi rassicurata, eliminare quel dubbio dalla sua testa. Ti ha provocato volontariamente ”.

“Certo che le ho detto che le voglio bene e che ci tengo da morire a lei, ma lei ha alzato la posta.. Mi ha chiesto di dimostrarglielo.. dicendole il nome di sua madre..”.

Alexis sgranò gli occhi colpita, poi si sciolse in un sorriso: “Sai, non sorprende. Mi aspettavo che un giorno di questi l’argomento sarebbe venuto fuori. Johanna sta crescendo molto in fretta, è più matura della sua età anche se è molto esuberante. È da parecchio tempo che ha quella domanda nascosta nel suo cuore, ma non ha mai avuto il coraggio di farla. I suoi occhi parlavano chiaro. Deve essere dura crescere senza la mamma, nonostante tu sia stato un buon padre e non le abbia mai fatto mancare niente. Ho sentito io la mancanza di una figura femminile perché mia madre non era molto presente, ma conoscevo il suo nome e se avessi avuto bisogno di lei, avrei saputo dove trovarla. Figuriamoci lei che non ha mai potuto nemmeno vederla in fotografia. Non ha nemmeno un suo ricordo..  L’ho vista parecchie volte guardarsi allo specchio ed osservarsi. Non per vedere se era bella o per pura vanità, ma solo per “riconoscersi”. Per comprendere se nel suo aspetto c’era qualcosa di lei, anche se l’immagine di Kate restava un fantasma. Considerando che da te ha preso solo il colore degli occhi e a me non assomiglia per niente, avrà incominciato a porsi delle domande e, visto è tutt’altro che una sciocca, si è data solo alcune parziali risposte e il vuoto dentro di lei è cresciuto. Sente che le manca qualcosa, qualcosa che solo tu o Kate potete colmare..”.

Rick annuì preoccupato: “ Infatti dopo il mio rifiuto, ha detto che  la cercherà e parlerà con lei. Non le importa di soffrire..”.

Alexis respirò e, inchiodando i suoi occhi a quelli del padre, disse: “Non posso che appoggiare la sua decisione, papà”.

 L’uomo al contrario si accigliò, non si aspettava una risposta del genere dalla sua primogenita: “Che cosa?! Non puoi dire sul serio, noi dobbiamo convincerla a desistere o sarà una vera tragedia!”.

Questa volta fu Alexis a scuotere il capo: “No, papà. Non credo che sia giusto. Lei ha il diritto sacrosanto di sapere chi sia sua madre, non può rimanere all’oscuro tutta la vita sul nostro passato. Non è più una bambina.. Può sopportare la verità. È arrivato il momento che tu le parli e le spieghi cosa realmente è successo..”.

L’uomo, però, parve terrorizzato all’idea: “No Alexis, no! Non la metterò in pericolo di nuovo!! Non lo farò. Lei vivrà un’esistenza felice lontana dalle paure della nostra vita passata finchè non sarò certo che le acque si siano calmate..”.

“Papà sono passati 16 anni, fallo per Kate..”.

Rick nel sentir pronunciare il nome di sua moglie si scaldò ancor di più ed incominciò a passeggiare nervosamente per la stanza: “Non posso Al, non posso.. Le ho promesso di fare qualunque cosa per il bene di nostra figlia.. Ed è quello che ho fatto e che farò in futuro, anche se la terrà lontana da lei..”.

Alexis lo raggiunse e lo costrinse a non evitare il suo sguardo: “Vuoi davvero che Johanna lo scopra da sola? Perché non si fermerà davanti a niente. Ha lo stesso carattere di Kate, quando si mette in testa una cosa va dritta alla meta come un caterpiller. Lo sai anche tu. Avete varcato una soglia dalla quale non si può tornare indietro e se non le parlerai con onestà oggi, la perderai. Papà ti imploro, raccontale la verità..”.

“No Alexis. Non insistere, non posso farlo. E ti proibisco di parlare con lei dell’argomento. Forse verrà un giorno in cui lo farò, ma ora il momento non è ancora maturo..”.

Alexis non poteva credere alla decisione presa da suo padre. Era inaudita e non la condivideva nemmeno un po’. Comportandosi in quel modo Johanna si sarebbe allontanata ancor di più, cacciandosi nei guai.
Recuperò il trasportino dove il piccolo Ricky si era addormentato e si avviò verso l’uscita. Mentre aprì la porta per andare in giardino, senza voltarsi, disse: “Spero solo che tu non ti penta di questa decisione. E prego il cielo che Johanna un giorno possa perdonarti, perché scoprirà la verità e in quel momento ti odierà con tutta la sua anima..”.

Non disse una parola di più e uscì da quella casa.

Sistemò suo figlio nei sedili posteriori, si sedette in macchina e, dopo aver acceso il motore, partì per la sua destinazione.

Se Johanna era scappata da casa sopraffatta dalla rabbia e dalla tristezza, c’era un unico posto dove si sarebbe rifugiata e lei sapeva dov’era. Si scostò i capelli rossi dal viso e premette sull’acceleratore.

Non l’avrebbe lasciata sola in una momento come questo.
 
 

Una stradina sterrata si arrampicava tra un piccolo boschetto di faggi fino a raggiungere la sommità di una collinetta dove si estendeva un magnifico prato adatto per i picnic.

Da lì si poteva godere di una vista magnifica, sembrava di avere il paesello ai propri piedi, ma nessuno poteva sapere di essere osservato.

Johanna adorava quel posto carico di silenzio, era sinonimo di tanti bei ricordi. Alexis era solita portarla a giocare lì quando era ancora una bambina. E il loro papà era lontano da casa per lavoro. Se era una bella giornata, sua sorella le faceva bigiare l’asilo e, dopo aver preparato i panini per il pranzo, la portava in spalla fin lì, dove rimanevano finchè il sole non incominciava a tramontare.

La faceva giocare senza sosta nell’erba, a nascondino, a rincorrersi. Erano i ricordi migliori che aveva. Sua sorella si era sempre presa cura di lei in maniera esemplare, le voleva un bene dell’anima.

Si era rifugiata lì proprio per sentirsi meglio, ma era molto difficile.

Era seduta tra l’erba appoggiata ad un albero, guardando il vuoto davanti a lei. Gli occhi le bruciavano ancora, ma aveva smesso di piangere. Non avrebbe mai più pianto per lui, non si meritava le sue lacrime.

Si sentiva profondamente arrabbiata. Avrebbe scommesso qualunque cifra, era davvero convinta che suo padre sarebbe stato dalla sua parte, ma la realtà era ben stata ben diversa.

Era sola: suo padre l’aveva profondamente delusa, sua sorella si era giustamente  formata la sua famiglia, se n’era andata e le mancava da morire.

Poteva contare sull’amicizia di Samantha e di Jeremy, ma in certe situazioni non era abbastanza. Non potevano capire fino in fondo quello che aveva nel cuore, anche se si erano dimostrati molto comprensivi.

Voleva loro davvero bene, se non ci fossero stati  sarebbe stato tutto molto più difficile, ma non se l’era sentita di chiamarli in quel momento. Aveva bisogno di starsene sola.

Il sole le accarezzava il viso e la riscaldava facendole venire un sonno micidiale. A quell’ora era inevitabile: il suo riposo era costellato da anni dallo stesso incubo e la svegliava agitata ed impaurita. Senza il suo pisolino giornaliero non riusciva ad arrivare a sera con le giuste energie, ma non aveva nessuna intenzione di tornare a casa. Piuttosto avrebbe dormito sotto quell’albero, ma non le pareva il caso.

Nonostante ciò faceva una gran fatica a tenere gli occhi aperti, così ben presto chiuse le palpebre per assaporarsi la dolcezza dei raggi solari, ma era ben attenta a non perdere la cognizione con la realtà. Non voleva addormentarsi all’aperto.

Ben presto, però, la realtà davanti a lei cambiò.

Si ritrovò in un quartiere periferico di quella che doveva essere una grande città. Era buio pesto e lei era in strada. Reggeva tra le mani qualcosa di estremamente prezioso avvolto in una copertina e stava scappando..

Oddio, no. Si era addormentata e il suo terribile incubo la stava nuovamente intrappolando. Non poteva permettere che la catturasse, non poteva viverlo due volte nella stessa giornata, non ce l’avrebbe fatta. Cercò di svegliarsi con tutte le sue forze, ma non ci riusciva. Continuava a scappare nell’oscurità..

Poi qualcuno l’afferrò per una spalla e sentì una voce chiamarla impaurita: “Jo, Jo.. Svegliati!”.

La giovane ragazza sussultò sbarrando gli occhi e si mise a sedere col fiato corto. Si voltò verso chi l’aveva svegliata, ma ci vollero qualche secondo prima che riuscisse a focalizzare la sua figura. Quando una manina paffutella, che si agitava davanti al suo naso, le sfiorò una guancia riconobbe i versetti del suo nipotino che stava in braccio a sua sorella.

“Jo, tutto bene? Stavi facendo un incubo vero?” le chiese Alexis sedendosi vicino a lei.

Johanna si passò una mano sulla faccia e si tirò i capelli all’indietro: “Ricky, tesoro di zia. Quanto sei cresciuto in una settimana! Vieni qui a dammi un bacetto bavoso, ne ho proprio bisogno” e prese il piccolino dalle braccia di sua madre. Lo fece sedere sulle sue gambe e si mise a giocare con lui.

Alexis la incalzò: “Jo, non mi hai risposto..”.

“Mi sembra evidente Al. Sì, stavo facendo un incubo. Grazie d’avermi svegliata..”.

“Sembravi davvero spaventata sorellina”.

“Lo ero, lo sono sempre. Non mi ci abituerò mai..”. bisbigliò la ragazzina accarezzando Ricky sulla testa.

Alexis parve molto sorpresa. Non si era mai resa conto quando abitavano sotto lo stesso tetto che Johanna non dormisse bene: “Non è la prima volta che lo fai?”.

Johanna scosse la testa, ma evitò lo sguardo della sorella, come se si vergognasse profondamente dell’accaduto.

La giovane donna se ne accorse e le si avvicinò stringendole una spalla: “Perché te ne vergogni? Non è un crimine far brutti sogni. Ti va di raccontarmelo? Magari parlarne può esorcizzare la paura..”.

“Non l’ho mai raccontato a nessuno..” si giustificò la ragazzina.

“Motivo in più per tentare. Tenersi le cose che ci fanno soffrire dentro all’anima non porta mai a qualcosa di buono. Con me puoi parlarne tranquillamente, sai che non tradirò un tuo segreto. Sono convinta che dopo ti sentirai meglio”.

Johanna rimase in silenzio per qualche minuto che ad Alexis parvero un’eternità, poi iniziò a raccontare:
“Tutto inizia in strada. È buio e non c’è nessuno in giro. Ho paura..mi guardo intorno spaesata, spaventata. Non so dove sono, né dove vi devo dirigere. Sto stringendo contro il mio petto un piccolo fagotto, lo stringo contro il mio seno. Non devo lasciarlo cadere o tutto sarà perduto. Ho nascosto il mio prezioso tesoro dentro a una copertina azzurra rimediata chissà dove. Riesco a vedere tutta la mia paura, i miei occhi vagano smarriti alla ricerca di qualcosa che non c’è. Il cuore mi martella nel petto.  I capelli sono sciolti, strano non li porto mai così, ma mi rendo conto di non avere 17 anni. Sono adulta, sono una donna. Continuo a correre, in questo vicolo buio. Non posso fermarmi o sarà la fine. È l’unica consapevolezza che ho. Improvvisamente dietro di me sento un rumore forte, come un tuono. Non capisco cosa sia, ma è davvero un grande boato. Mi giro terrorizzata e serro ancor di più le braccia contro il mio petto. Corro ancor più veloce, ma inciampo in un buco nell’asfalto e cado rovinosamente a terra sapendo che non ho via di scampo.”.

“E poi che accade?”.

“Niente, semplicemente mi sveglio. Col cuore in gola”.

“E’ terribile tesoro. Da quanto tempo quest’incubo ti tormenta?”.

“Da quando ne ho ricordo, forse da quando sono nata. Fa parte di me. Tutte le notti arrivo fin lì, non riesco mai a vedere come finisce. Le immagini si bloccano col mio sguardo impaurito verso un nemico invisibile..”. la giovane ragazza strinse i pugni e un brivido la scosse da capo a piede, nonostante la calda temperatura.

Alexis la abbracciò forte da dietro e Johanna le appoggiò una mano sul braccio in segno di ringraziamento senza lasciar cadere Ricky che, inaspettatamente posò la sua testolina contro il petto della zia come volerla consolare anche lui.

“Sai comincio a non farcela più. Vorrei tanto passare una notte serena, avere un sonno tranquillo per l’intera nottata. Vabbé vorrà dire che sarò già allenata, quando la vita mi regalerà un marmocchietto come Ricky” cercò di sdrammatizzare la giovane facendo saltellare il nipotino che si mise a ridacchiare felice grazie al gioco della zia.

“Papà è a conoscenza di questo incubo?” chiese a bruciapelo Alexis.

Johanna scosse la testa: “Che non dormissi bene per lui non è una novità. Come ricorderai da piccola piangevo sempre e lo svegliavo, crescendo ho imparato a conviverci. Ho smesso di raccontargli delle mie nottate qualche anno fa, quando mi aveva proposto d’andare da uno psicologo per cercare di trovarvi un rimedio. Io non ci vado da uno strizzacervelli a farmi prescrivere delle medicine inutili, mica sono malata. Sono arrivata alla conclusione che quel maledetto sogno mi abbandonerà solo quando riuscirò a vedere cosa mi terrorizza così tanto. Non mi importa quanto ci vorrà, quando succederà sarò pronta. Se devo affrontare questa prova, un motivo ci dovrà pur essere..”.

Alexis la strinse di nuovo a sé: “Tesoro, non fare troppo la dura. Un avvenimento del genere per un lasso di tempo così lungo sconvolgerebbe chiunque, anche me. Non è meglio se ti fai vedere da un dottore? Magari potrebbe prescriverti qualche erba rilassante e riposerai meglio..”.

Johanna, però, già duramente provata dal litigio con il padre, si accese come un cerino e si scostò dall’abbraccio della sorella in malo modo: “Non verrò da nessuna parte Al! Non sono malata, sto benissimo. Come ve lo devo dire? Sono in grado di gestirmi da sola in alcune cose. Ormai sono grande! Perché fate così tanta fatica a capirlo?”. Usò un tono di voce decisamente forte che fece spaventare il piccolo Ricky che scoppiò in lacrime.

Johanna si dispiacque molto e cercò di calmarlo: “Scusa Ricky, la zia è stata una stupida. Dai, fa il bravo, smetti di piangere. Ti prometto che non alzerò mai più la voce” e lo cullava teneramente, ma il piccolo non aveva nessuna intenzione di smetterla. Alexis si avvicinò e le disse senza alcun segno di rimprovero: “Dallo a me” e posizionò nella bocca di suo figlio un piccolo ciuccio azzurro.

Nell’istante in cui si ritrovò nelle braccia di sua madre il piccolo smise di piangere e si accoccolò verso il suo seno con un chiaro segnale di stanchezza. La giovane donna lo ninnò per alcuni secondi e il bambino andò nel mondo dei sogni in men che non si dica.

Johanna osservò la scena rapita e, molto provata, si accucciò nuovamente ai piedi dell’albero. Provò una fitta al cuore nel vedere quella scena così intima, così bella. Chissà se anche sua madre l’aveva mai cullata o consolata come Alexis stava facendo con suo figlio. Abbassò la testa e la rinchiuse tra le sue ginocchia.

Si sentiva davvero molto triste: “Scusami, non volevo farlo arrabbiare”.

“Sta tranquillo Jo, succede. E poi è stanco, prima o poi avrebbe pianto comunque”.
La sorella si sedette accanto a lei sistemando il figlio addormentato nel trasportino e la abbracciò di nuovo: “Johanna vuoi raccontarmi cosa c’è che non va? Cosa ti fa soffrire così?”.

Decise in un primo momento di  non dirle della discussione avuta con il padre poco prima, ma la sorella la spiazzò dicendo: “Credo che tu lo sappia già. Avrai parlato con papà, altrimenti non c’è ragione perché tu sia qui in questo momento. Cioè non mi saresti venuta a cercare qui, mi avresti creduto a casa..”.

Alexis sorrise: “Ok, mi dimentico sempre che hai un’intelligenza superiore alla mia. È vero, ho parlato con papà..”

“Che ti ha detto?” sussurrò la ragazzina.

“Che avete litigato a causa di un libro, che puoi baciare chi ti pare, e ricordatene perché al momento opportuno, quando lo ritratterà, ti farò da testimone, e che gli hai fatto una domanda molto importante alla quale non ha voluto risponderti. Così sei scappata e io sono venuta a cercarti”.

“Ti ha detto che gli ho chiesto di rivelarmi il nome di mia mamma? Gli ho chiesto quello. Voglio trovarla..” sussurrò Johanna fissando il vuoto.

“Certo che me lo ha detto. È molto spaventato dall’idea, ha paura che ti possa fare del male..”.

La ragazza, però, si arrabbiò di nuovo: “No Al, l’unica cosa che gli importa davvero è il fatto che non metta in discussione le sue decisioni, le sue regole. Non devo uscire dal seminato. Non gli importa se sto male, non importa come mi sento. Solo lui deve star bene.. La mia decisione di cercare mia madre non è un capriccio Al! Mi sento un vuoto terribile dentro l’anima, devo riempirlo. Vedo il rapporto che tu hai con Ricky, che Samantha ha con sua madre e mi chiedo come lei abbia potuto andarsene. Cosa l’ha spinta a lasciarmi.. perché non sono stata abbastanza importante per lei..”

Tesoro mio se solo sapessi la verità.. se solo sapessi quanto Kate ti amava.. tutto ciò che ha fatto è stato solo per proteggerti piccola..

 Le diede una carezza sulla testa: “Jo, ascolta. Io credo che per lei fossi importante, forse è andata via credendo di fare qualcosa di buono per te.. Sai a volte gli adulti prendono delle decisioni sbagliate credendo di fare la cosa migliore in quel momento, ma in realtà stanno sbagliando” cercò di giustificarla Alexis.

Gli occhi di Johanna furono attraversati da un lampo: “Tu la conoscevi.. Sì deve essere così. Quando sono nata andavi già all’università, ma vivevi ancora con papà. Tu l’hai vista, sai chi è..”.

Alexis si sentì morire. Perché era così intelligente?

Cosa doveva risponderle? La verità? Una bugia?

“Johanna in quel periodo io non ero mai a casa. Studiavo a New York e il tragitto era troppo lungo per poter raggiungere papà quando ne avevo voglia. Venivo a casa molto raramente..” 

Sì, un tragitto enorme, qualche minuto di autobus. Ero a casa praticamente ogni sera per svaligiare il frigo. Per non parlare di quando ero malata e mi rifugiavo nella mia vecchia camera assistita sia da papà sia dalla nonna.

La ragazza la guardò negli occhi speranzosa: “Però l’hai vista. Di persona intendo. Come fai a sapere che ero importante per lei?”.

Se l’ho vista? Kate era la mamma che non ho avuto. Con lei mi confidavo, sapeva quasi tutto di me.. come so che eri importante? Perché il giorno in cui sei nata è stato senza alcun dubbio il più bello della sua vita..

“L’ho vista solo una volta, di sfuggita. Io entravo in casa e lei ne usciva. Una bella donna, ma non ci ho parlato. Beh tesoro se fossi stato solo un peso per lei avrebbe potuto abortire, invece ti ha fatto nascere. Forse dopo il parto e i primi mesi le è preso il panico ed è scappata. E non è più riuscita a ritornare sui suoi passi..”.

Dovrebbero darmi un Oscar, oppure 30 anni di galera. Questo è favoreggiamento e falsa testimonianza. Sono esattamente come papà, solo una bugiarda.. Ma non posso essere io a raccontarle la sua storia, deve farlo lui.. l’ha promesso..

Johanna respirò profondamente e si passò le mani sul viso: “Puoi avere ragione Al, forse ha solo preso una strada diversa dalla mia. Però, sono sicura che esse si ricongiungeranno e non sarà tra molto tempo. Io la cercherò e la troverò. Non mi arrenderò. Voglio riabbracciarla. È folle secondo te?”.

Alexis scosse la testa: “No tesoro, non lo è. Ti capisco  e ho cercato di convincere papà ad aiutarti, ma non ci sono riuscita. Mi dispiace..”.

“Davvero lo hai fatto?”

“Sì. Credo che tu mi meriti una possibilità..”.

Non riuscì a finire la frase che la sorella si lanciò di slancio contro di lei stringendola: “Grazie sorellona! Saperti dalla mia parte mi ha fatto sentire meglio”.

“Avrei voluto fare molto di più per te piccola..” -sussurrò Alexis rispondendo al suo abbraccio- “adesso però ti riaccompagno a casa. Si sta facendo buio e tu hai diritto di riposarti un po’. Hai avuto una giornata decisamente dura. Chiuditi in camera, se non te la senti di affrontare di nuovo il nostro vecchio, e cerca di rasserenarti. Capirà..”. e si alzò in piedi recuperando il piccolo Ricky che dormiva ancora beato.

La ragazza la seguì per il sentiero senza contraddirla dandole braccetto.

Raggiunsero la macchina e partirono alla volta di casa Castle. Johanna appoggiò la testa sul finestrino e sentì gli occhi farsi pesanti. Sua sorella aveva ragione, era distrutta. Avrebbe mangiato qualcosa velocemente e sarebbe andata a dormire presto. Forse il suo incubo per quella notte l’avrebbe risparmiata, lo desiderava davvero di cuore.

Anche Alexis era immersa nei suoi pensieri. Sentiva di aver preso la decisione sbagliata, non poteva trincerarsi dietro un sotterfugio quando la sua sorellina aveva bisogno di lei. Il viso spento e carico di dolore di Johanna che aveva visto quel pomeriggio le aveva stretto il cuore.

Doveva darle una mano concreta, non fare solo la finta amica, ma continuando a nasconderle la verità. Inoltre aveva un debito di riconoscenza verso di Kate ed era decisamente venuto il momento di pagarlo. Sua figlia doveva conoscerla.

Si sarebbe adirata addosso le ire di suo padre, ma non le importava. Tecnicamente aveva solo promesso di non rivelare a Johanna il nome di Kate, non di non aiutarla a scoprirlo “per caso”.

Ebbe un’idea: sarebbe stato traumatico per lei, molto doloroso, ma non sapeva come altro fare. Doveva darle qualche dritta prima che facesse qualche sciocchezza.

“Jo siamo quasi arrivate, torna tra noi. Ascolta avresti voglia di farmi un favore?”.

La giovane ragazzina si stirò e rispose affermativamente alla sorella: “Certo Al, volentieri”.

La giovane donna si spostò i capelli rossi all’indietro tentando di nascondere il suo nervosismo: “L’altro giorno stavo cercando dei miei vecchi quaderni universitari che mi servono per il lavoro, ma mi sono resa conto di non averli portati nella nuova casa, quando io e Brad ci siamo sposati. Forse sono ancora nel vostro solaio. Avresti voglia di andare a cercarmeli? Se non sbaglio devono essere in una scatola bianca con una rosa disegnata sopra. Se papà non l’ha spostata ricordo d’averla messa nell’armadio grigio accanto alla finestra appena entri..”.

Johanna sgranò gli occhi: “Cioè nell’armadio proibito? Quello che era sempre chiuso e da piccola mi faceva un gran paura? Papà mi aveva raccontato che dentro c’era un troll e, se lo avessi aperto, sarebbe uscito e mi avrebbe mangiato. E io me l’ero anche bevuta..”.

Alexis rise: “Eri solo una bambina Jo, cos’altro potevi fare? Non devi essere così severa con te stessa..”.

“Avrei dovuti capirlo che mi stava prendendo in giro.. Dici che adesso sarà aperto?”.

“Non vedo perché non dovrebbe esserlo..” considerando che mi sono portata via la chiave molto tempo fa e ho gettato via il doppione senza che il padre lo sospettasse minimamente.

“Ok sorellona, appena li ho trovati ti chiamo o te li porto. D’accordo?”.

Alexis fermò la macchina, ormai erano giunti davanti a casa: “Sì, d’accordo”. Johanna stava aprendo la portiera per scendere, quando la sorella le afferrò un braccio costringendola a girarsi: “Jo, ricordati sempre che per qualunque cosa io ci sono. Sono dalla tua parte, non aver paura di telefonarmi a qualunque ora, anche se fosse solo una sciocchezza. Io ti voglio bene, tanto. Non lo dimenticare..”.

Johanna le sorrise: “Lo so, lo so. Grazie per oggi, sei riuscita a far tornare il sereno, nonostante il mio cielo fosse coperto dalle nuvole della tempesta. Ti voglio bene anch’io! Ciao e buona serata. Dà un bacino a Ricky da parte mia quando si sveglia” ed uscì dall’autovettura agitando la mano.

La giovane donna, al contrario, non si sentiva per nulla gioiosa. Aveva lanciato una bomba di dimensioni apocalittiche contro le poche certezze di quella dolce ragazzina. Sperò solo di aver agito per il meglio.. aveva infranto la sottile cortina nella quale si erano rifugiati in tutti quegli anni disubbidendo a suo padre deliberatamente.

Ora non poteva più tornare indietro e il passato stava per far capolino da dietro le loro spalle..
 
 
 
Angolo mio!
Buonasera a tutte!!! E come qualcuno di voi aveva previsto entra in scena la primogenita.. disobbedendo appena appena a papà Castle.
Secondo voi ha fatto bene? O ha lanciato Johanna contro una bomba?
Mah si vedrà…
Vi ringrazio in anticipo e vi mando un bacione!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'amore può ferire... ***


Ora non poteva più tornare indietro e il passato stava per far capolino da dietro le loro spalle..
 

Amore è… Infinito

 
 
 
 

Image and video hosting by TinyPic


Si  era rintanata nella sua stanza senza dire una parola. Aveva afferrato lo zaino ancora abbandonato sul pavimento del soggiorno ed aveva salito le scale in fretta e furia. Suo padre seduto in poltrona aveva provato a fermarla, ma lei lo aveva subito zittito: “Stasera no, papà. Davvero, dammi un po’ di tregua” e se n’era andata senza attendere la risposta.

Arrivata in camera sua, si era chiusa la porta alle spalle, lasciato cadere lo zainetto sul puffo rosso accanto al suo letto e vi si sdraiò sopra, abbracciandosi forte il suo cuscino preferito. Era distrutta, aveva esaurito qualunque tipo d’energia sia fisica sia psicologica.

Con gli ultimi residui riuscì ad indossare la sua tuta bianca casalinga e ripiombò distrutta sul materasso.

Non aveva voglia di far nulla, né di leggere, né di guardarsi un poco di televisione, tantomeno di studiare, tanto aveva decretato che l’indomani non sarebbe andata a scuola.

Avrebbe finto una puntata di febbre, alla faccia di qualunque rimprovero di suo padre, tanto più guerra aperta di così.. Voleva solo addormentarsi e dimenticare quella giornata infernale, ma la paura di rivivere per l’ennesima volta il suo incubo la fecero desistere. Così recuperò il suo cellulare dalla tasca della cartella e pensò di mettersi a giocare per distrarsi.

Quando lo ebbe in mano, notò che aveva parecchi messaggi non letti.

Alcuni erano di Samantha:
“Jo, non immaginerai mai cosa mi è successo! Quando lo leggi richiamami subito!! Non sto più nella pelle!!!”diceva il primo.

“Jo, Jo!! Ma dove sei finita? Pensavo di saresti precipitata per sapere che mi è successo.. Cmq te lo dico lo stesso, anche se non dovesse interessarti. Hai presente quel figone stratosferico di Tyler? Sì, quel Tyler, non un altro, mi ha chiesto se volevo andare al cinema con lui!!! Ti rendi coooontooo? L’ha chiesto a me, proprio a me! Che faccio? Ci vado?”  il secondo.

Se non dovessi più risponderti sappi che ho avuto un malore dall’emozione”. Quello doveva essere il secondo bis.

Johanna si ritrovò a ridere. Samantha era persa dietro a Tyler dai tempi di Matusalemme, forse finalmente qualcosa si era smosso tra di loro e lei ne era felice. La sua amica era davvero una brava ragazza e si meritava un po’ di felicità.

C’era ancora un suo ultimo messaggio: “Jo, ora mi preoccupi sul serio. Non è da te non farti sentire, specialmente dopo le mie sconcertanti rivelazioni. Io esco con Tyler, ma per piacere fatti sentire o vado fuori. Non sto scherzando, risp. Kiss my love”.

La ragazza sorrise. La preoccupazione di Samantha era reale, traspariva da quelle poche parole. Erano sempre state inseparabili, l’una compensava l’altra e la loro amicizia era davvero qualcosa di importante.

Johanna era dispiaciuta d’averla fatta preoccupare e si affrettò a risponderle: “Scusa Sam. Sono uscita senza il cellulare e sono appena rientrata. Giornata no, poi ti spiego. TYLER?!?! ^.^ domani voglio i dettagli… Non credo di venire a scuola, ci sentiamo nel pome! Kiss my love”.

Stava per spegnere il telefono, quando notò che non aveva letto tutti i messaggi arrivati, poiché la bustina chiusa troneggiava ancora sul display. Curiosa aprì la cartella dei messaggi in arrivo e rimase stupita quando vide chi le aveva scritto.
Jeremy.

Perché ora le batteva forte il cuore? Non ce n’era nessun motivo..

Schiacciò in fretta l’icona e il testo miracolosamente apparve sotto i suoi occhi: “Ciao Jo. Oggi sono uscito prima dagli allenamenti, ho un po’ di tempo libero e mi chiedevo se ti andrebbe di mangiare qualcosa con me.. ok, come non detto.. vedo già la tua faccia.. la prossima volta ok? Oh, a proposito, com’è andata con tuo padre?”.

Johanna si passò una mano tra i capelli, imbarazzata dalla sua richiesta, ma nello stesso tempo dispiaciuta di non aver potuto accettare.

Gli rispose: “Ciao Jeremy! Scusa, ho letto il mex solo ora. Mi dispiace, ma la mia giornata è stata da dimenticare. Con mio padre peggio dell’Apocalisse. Sono già in camera e non posso più scendere, ma avrei mangiato davvero volentieri qualcosa con te.. la prox volta?” ed inviò decisa.

Aspettò speranzosa davanti al display per alcuni minuti, poi quando capì che la risposta non sarebbe arrivata delusa posò il cellulare sul comodino e si rintanò sotto la coperta di pile riposta accanto a lei.

La tristezza stava per avere di nuovo il sopravvento. Si sentì sola rinchiusa in quelle quattro mura, cariche di dolore e di risentimento. Non c’era nessuno accanto a lei che la volesse davvero aiutare in maniera concreta. Voleva solo ritrovare un po’ di serenità, chiedeva forse troppo?

Un brivido le attraversò la schiena partendo dalle spalle e si ritrovò a tremare tutta. Perché mai in quella stanza doveva esserci sempre così tanto freddo? Tutte le notti si sentiva rabbrividire lì dentro..

Ad un tratto uno strano rumore provenire dalla finestra. In un primo momento non capì, poi si rese conto che qualcuno stava lanciando delle pietruzze contro il vetro. Ma che stava accadendo? A quell’ora della sera poi.

Si avvicinò di corsa alla finestra e aprendola si sentì chiamare sottovoce: “Jo! Jo!”. La aprì, si sporse e sotto di lei vide Jeremy che agitava un pacchetto.

“Che ci fai qui?” chiese molto felice di vederlo.

“Beh mi hai risposto che avevi voglia di mangiare con me, ma non potevi uscire. Quindi, com’è che si dice? Se la montagna non va da Maometto, è Maometto che va alla montagna. Ti lancio il sacchetto, cerca di prenderlo al volo, dentro c’è la nostra cena!” e detto questo lo lanciò verso di lei che riuscì ad afferrarlo per un pelo.

“Jeremy, ma che hai intenzione di fare?” chiese la ragazza sorridendo.

“Mi arrampico sull’albero, mi sembra chiaro. Quel ramo arriva giusto alla tua finestra e mi sembra abbastanza robusto per reggermi. Quando sarò lì mi aiuterai a saltare”.

Johanna sgranò gli occhi: “A saltare? Ma sei fuori? Se per disgrazia cadi ti ammazzi. No Jeremy davvero, mi stai spaventando. Non farlo.. Non puoi passare dalla porta come tutte le persone normali?”.

Il ragazzo, però,  che si era già avvicinato all’albero e si stava preparando  all’impresa titanica, alzò lo sguardo e le rispose: “Con tuo padre in modalità Apocalisse? Per favore, diventerei il suo agnello sacrificale in men che non si dica. Perché qualunque cosa mi dicesse io prenderei le tue difese. Quindi non mi sembra una buona idea.. Aspettami, sto arrivando” ed incominciò ad arrampicarsi.

“Ti prego fa attenzione” sussurrò la ragazza.

Nonostante le paure iniziali, il ragazzo si rivelò un ottimo scalatore e in men che non si dica arrivò molto vicino alla ragazza.

“Ci siamo quasi, un piccolo sforzo e sono da te principessa”.

“Non chiamarmi principessa, non mentre rischi di spiaccicarti al suolo per colpa mia”.

“Non mi risulta che tu mi abbia puntato una pistola alla tempia e costretto a farlo, il mondo non gira tutto intorno a te Jo. Quindi se mi spiaccicherò, sarà solo colpa mia!” e le strizzò l’occhio.

La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò: “Ok ho capito. 1 a 1 palla al centro. Ora la smetti di parlare e ti concentri su quello cha stai facendo per piacere?”.

Il ragazzo si fermò un attimo e le sorrise: “ok, ok. Eccomi ci sono. Mi daresti una mano? Magari così provo ad appoggiare una gamba sul parapetto e se tu riesci a reggermi per un secondo riesco ad entrare senza saltare”.

Johanna gli sporse subito una mano che il ragazzo afferrò con forza.

“Ce la fai a reggermi?”

“Credo di sì..”.

“Se non ti dispiace troppo, vorrei esserne sicuro. Ne vale della mia salute..”.

“Ti dispiace non ricordarmelo?”.

“Va bene, va bene. Come sei suscettibile a volte..”.

“Jeremy!”.

“Che c’è? Guarda che quello appeso nel vuoto sono io”.

“Appunto. Possiamo chiacchierare dopo quando saremo entrambi sul letto a gustarci quei panini..”.

“Mi stai invitando sul tuo letto principessa?”.

Johanna lo fulminò con lo sguardo: “Guarda che ti lascio cadere se fai ancora una volta lo spiritoso!”.

“Scusa..”.

“E non chiamarmi principessa”

“Ti ho chiesto scusa! Ora posso entrare?”.

“Certo, muoviti. Cavolo quanto sei pesante..”.

Jeremy posò il piede sul davanzale esterno della finestra, mentre la parte restante dei suoi arti inferiori compì una specie di arco in aria e, sorretto con forza da Johanna, riuscì ad oltrepassare la soglia. Lo sforzo, però, fu ingente per entrambi e si ritrovarono sul pavimento  uno sull’altro facendo un gran rumore.

Si misero a sedere in un secondo, mentre dei suoni di passi veloci si udirono indistintamente provenire la scale per giungere in prossimità della porta della stanza da letto delle ragazza: “Johanna stai bene? Ho sentito dei rumori..”. la voce di suo padre sembrava veramente preoccupata.

La ragazza si affrettò a rispondere secca: “Sto bene. Sono solo inciampata nel puffo. L’avevo spostato e non me lo sono ricordata. Puoi tornare di sotto”.

“Jo ti prego, possiamo parlare? Solo un minuto. Non mi piace litigare con te”.

“Hai intenzione di rispondere alla domanda che ti ho fatto?” lo interruppe la figlia.

Dall’altra parte della porta si udì solo il suono del silenzio.

“Allora non abbiamo niente da dirci” concluse la ragazza contraendo le spalle e rimanendo immobile sul pavimento.

Jeremy aveva assistito alla scena impassibile e senza fiatare ed osò muoversi solo quando udì il padre di Johanna ritornare al piano sottostante. In quel momento trovò il coraggio di appoggiarle le mani sulle spalle e di accarezzarla: “Mi sa che avevi ragione quando mi hai scritto che era andata maluccio con tuo padre..”.

“Da cosa lo hai capito?” chiese sconsolata la ragazza. “Non riusciamo più a comunicare. Sai che non vuole che io legga il tuo libro? Dice che non è una storia adatta a me.. Ma ti rendi conto a che punti siamo arrivati? Vabbè non voglio stressarti con i miei problemi, sarà meglio che ci mangiamo questi panini. Effettivamente ho una certa fame..”.

Johanna si sedette sul letto e aprì il sacchetto lanciatole da Jeremy poco prima. Il ragazzo, invece, non si osò raggiungerla e si accomodò sul puffo morbido davanti a lei.

La ragazza gli sorrise: “Scusa perché ti sei seduto lì? Hai scalato un albero per goderti la mia presenza e poi non hai il coraggio di venire vicino a me? Che razza di principe azzurro sei?” e strizzò l’occhio.

Il ragazzo parve improvvisamente timoroso poi, dopo essersi perso nei suoi occhi, con un balzo andò a posizionarsi alla sua destra: “Quindi se io sarei il principe azzurro? Bene, bene. Adesso sarò costretto a chiamarti principessa, è inevitabile. E non puoi nemmeno contraddirmi questa volta, ti sei fregata da sola con le tue mani. È decisamente divertente!”.

Johanna lo osservò felice, era davvero un ragazzo speciale. Sapeva farle mutare umore in un secondo, sapeva farle ritornare il sorriso con una semplice battuta: “Ok posso aver commesso un piccolo, insignificante errore, ma tu non puoi approfittartene subito..”.

“Non è mica colpa mia se sei disattenta. Vabbè ti verrò incontro, avrai quel soprannome solo per stasera. Questo non puoi negarmelo!”.

Johanna sorrise: “E va bene.. Solo per stasera, però. E non lo racconterai a nessuno, nemmeno a Samantha”.

“Non mi sembra il caso si andare a raccontare i fatti nostri in giro, quindi sarò muto come una tomba! Allora come facciamo proseguire il nostro appuntamento?”.

“Il nostro, cosa?”.

“Beh cosa ti credi che sia.. Ti ho invitato ad mangiare, ma non potevi dal punto di vista pratico, così sono entrato io in camera tua, ma tecnicamente è come se  fossimo usciti insieme. Dai che hai capito, sei sempre così intelligente, non farmelo spiegare di nuovo, anche perché non so se sono in grado di farlo!”. Jeremy aveva sparato tutte le frecce al suo arco e sperò d’aver fatto centro nel bersaglio.

La ragazza lo stava fissando muta e senza parole, probabilmente si sentiva in imbarazzo, poiché era diventata bella rossa e aveva abbassato lo sguardo. Quando lo rialzò, però, nei suoi occhi c’era una luce strana, un piccolo bagliore che il ragazzo non aveva mai notato prima, ma era talmente bello e rassicurante che gli strappò l’ennesimo sorriso. Avrebbe perso volentieri se stesso nel blu dei suoi occhi e poco ci mancò, ma Johanna lo riportò alla realtà posando una mano sulla sua:“Beh se fossimo usciti per davvero avrei voluto andare al cinema. Come puoi notare sulle mie mensole c’è una videoteca da far invidia a qualunque cineteca quindi avremo libertà di scelta.. Cosa vuoi vedere?”.

Jeremy rispose sicuro: “Quello che vuoi..” Mi basta stare con te.

La giovane si alzò di scatto e rovistò tra le custodie, mentre questa volta fu Jeremy a perdersi ad ammirarla di nascosto. Era decisamente bella, cavolo se lo era. L’aveva notata subito, il primo giorno da quando si era trasferito in quella cittadina. Non solo per l’aspetto fisico, ma per il suo atteggiamento, per i suoi comportamenti ed era stata subito un’attrazione magnetica. Come se qualcosa o qualcuno avessero complottato per metterli uno sulla strada dell’altro.

Era innamorato di lei? Forse. Di sicuro non aveva mai provato nulla di così intenso per una ragazza. Lei era e sarebbe stata sempre qualcosa di più.

“Ecco, l’ho trovato! Non ti annoierò con una classica storia d’amore, so che a voi maschi non piace. Optiamo per un poliziesco/thriller?”.

“Ami i polizieschi?”.

“Sì, perché? È così strano?” chiese lei stupita.

“No, ma non a tutte le ragazze piacciono. Di solito il sangue e i crimini non fanno per loro..”.

“Beh a me piacciono. Sono una ragazza speciale, a me la normalità non piace molto”.

Non c’è nessun dubbio al riguardo..

“A cosa stai pensando?” chiese Johanna perplessa.

“A niente” si affrettò a rispondere lui.

“Bugiardo, non sai mentire. Vabbè farò finta di crederci.. Avanti sdraiati di fianco e appoggiati al muro, così ci stiamo tutti e due. Non lamentarti che è freddo, non vorrai mica che ci stia la tua principessa. Lei ha bisogno di calore, non di gelo”.

Jeremy ubbidì senza fiatare e la ragazza, telecomandi alla mano, si sdraiò accanto a lui facendo aderire la sua schiena al corpo del ragazzo che lievemente imbarazzato non sapeva dove mettere le mani. Poteva abbracciarla, ma optò per posizionarle una sotto la testa per vedere meglio, l’altra appoggiata contro il ginocchio.

Era scomodissimo, ma non voleva correre troppo. Non voleva bruciarsi, ci teneva troppo a lei. l’avrebbe corteggiata non calma senza fretta ed era certo che avrebbe ottenuto dei ottimi risultati.

Johanna, nel frattempo, aveva fatto partire il dvd e, mentre sullo schermo del suo televisore apparve il menù, disse senza voltarsi: “Grazie per essere venuto qui stasera. Sei l’unico a riuscire a farmi star bene anche quando mi sento triste come non mai. Ringrazio in cielo d’averti conosciuto, sei un ragazzo speciale”.

Il ragazzo non si aspettava di certo quel tipo di reazione da parte sua. Non rispose nulla perché credeva che a volte le parole fossero superflue e quel caso rientrava perfettamente nella categoria. Si limitò a far scendere il suo braccio destro contro la pancia della ragazza per cingerla dolcemente e Johanna lo lasciò fare. Anzi, quasi senza accorgersene, intrecciò le sue dita con quelle dell’amico nell’istante in cui il film iniziò.

Non dissero più niente per buona parte del film, si limitarono a godersi il calore che il loro abbraccio gli donava. Entrambi non si erano mai sentiti così sereni ed appagati e desiderarono che quell’istante non finisse mai.

Quando la pellicola terminò Jeremy si alzò lievemente per osservare la ragazza e quando vide il suo viso dovette soffocare una risata.

Johanna si era addormentata e lui non se n’era accorto. La osservò estasiato: non aveva mai visto una creatura così magnifica, anche se aveva i capelli spettinati che ricadevano disordinatamente sul cuscino e l’abbigliamento non proprio di grido. Scivolò delicatamente via dalla loro stretta facendo attenzione a non svegliarla e scese dal letto.

Prese la coperta caduta in terra e la coprì con cura. Si accucciò accanto a lei per poter guardare da vicino i suoi lineamenti e le sussurrò: “Eri decisamente stanca principessa. Oggi devi aver avuto una giornataccia, ma sono felice di averti strappato qualche tuo bel sorriso. Questa è stata la serata migliore della mia vita, devi credermi. Ora riposa, ne hai bisogno. Ci vediamo domani” e le donò un bacio sulla fronte.  

Aprì la finestra e si apprestò a tornare a casa, ma prima di farlo, si voltò ancora una volta per ammirarla.

Sì, quella tenera ragazzina le aveva decisamente stregato il cuore.
 
 


Doveva essere già mattina inoltrata quando Johanna aprì gli occhi. Dalla finestra della sua camera entravano caldi raggi di sole che la illuminavano completamente.

Si guardò intorno  e si rese conto di essere sola, Jeremy doveva essersene andato da molto tempo. Che vergogna, si era addormentata senza ritegno tra le braccia del ragazzo!

Avrà pensato che non mi interessava la sua compagnia, che figuraccia! Come faccio adesso?

Si alzò di scatto per controllare se il ragazzo le avesse lasciato un messaggio, ma sulla scrivania non trovò nulla, tranne il suo dvd sistemato perfettamente nella  custodia. Si sentì un pelo delusa, il loro appuntamento, se così si voleva chiamare, era finito maluccio.

Perché riusciva a rovinare tutto anche senza volerlo? Cavolo era davvero una frana!

Si stiracchiò le membra ancora indolenzite e si stava sfregando gli occhi, quando vide lampeggiare il suo cellulare. Si fiondò su di esso a bomba e si lasciò cadere seduta sul letto.

Evviva, c’era un messaggio! Doveva essere di Jeremy. Non avrebbe accattato un opzione diversa.

Incrociò tutte le dita a sua disposizione e quando l’sms si aprì constatò con immensa gioia che era proprio il suo!

“Buongiorno principessa, dormito bene? Eri bellissima addormentata tra le mie braccia lo sai? È stata una serata perfetta, dobbiamo rifarla. Stasera mi onori della tua compagnia? Ti porto ovunque tu voglia, anche su una stella. Un bacio”.

Johanna si ritrovò  a sorridere a 36 denti,  certo che voleva rivederlo. Non poteva più negarlo a se stessa, qualcosa dentro di lei era cambiato. Le piaceva il modo in cui la trattava, le piccole attenzioni che le dedicava e come la faceva sentire. Si stava innamorando di lui..

Era proprio vero che al cuor non si comanda.

Digitò la risposta velocemente: “Buongiorno a te! Mi dispiace essermi addormenta.. Anch’io sono stata molto bene.. Passa a prendermi quando vuoi, non vedo l’ora di essere su una stella insieme a te”.

Si alzò canticchiando felice ed aprì l’armadio per cercare dei vestiti puliti e prepararsi alla nuova giornata.
Si sciolse i capelli che ricaddero lunghi sulla schiena e, mentre decideva se sui jeans scuri sarebbe stato meglio una felpa bianca o quella azzurra coi fiori hawaiani, pensò che stava per arrivare il momento più difficile della giornata. Scendere in cucina per far colazione e affrontare suo padre.

Non si sentiva arrabbiata come il giorno prima, ma la delusione rimaneva indelebile nella sua anima. D’altra parte non poteva essere altrimenti: avevano discusso di un argomento troppo importante per poter relegare quella discussione come un semplice episodio nella vita comune di un padre e di una figlia.

Quando chiuse le ante dell’armadio, scelta la felpa bianca con cappuccio, si appoggiò per un attimo ad esse nel tentativo di farsi coraggio.

Lo avrebbe affrontato senza nessun problema, non aveva nulla di cui vergognarsi. Non poteva evitare suo padre per sempre, nonostante non avesse nessuna intenzione di ritrattare la sua posizione e per di più il desiderio di caffeina era impellente. Aveva bisogno di un po’ di energia per potersi dare una svegliata.

Scese le scale senza far troppo rumore, ma si rese presto conto che in quella casa c’era fin troppo silenzio.

Dove era finito il suo vecchio?

Lo cercò in sala e poi in cucina, ma di lui non c’era traccia. Ad attenderla c’era solo un bigliettino lasciato in bella vista sul tavolo. Lo prese tra le mani e lesse: “Tesoro sono dovuto uscire per lavoro. Ieri, con tutto quella che è successo, non sono riuscito a dirtelo. Starò fuori tutto il giorno, non aspettarmi per pranzo. Ti ho lasciato dormire, non è così importante se perdi un giorno di scuola. Preferisco che tu ritrovi un poco di serenità, se ti è possibile. Magari un bel sonno ti è stato d’aiuto. Forse non mi crederai, ma sono davvero dispiaciuto per la nostra litigata di ieri. Ti voglio bene Johanna, dal profondo del mio cuore. Io vivo per te, ma non posso assecondare questo tuo desiderio. Non ti porterebbe nulla di buono, tu meriti di meglio. Al mio ritorno spero che potremo parlarne. Un bacio, papà”.

Johanna lasciò cadere il pezzo di carta e sospirò. Non aveva mai messo in dubbio i sentimenti che il padre provava per lei, ma non riusciva a capire questo suo atteggiamento di chiusura. In quel modo stava distruggendo il loro rapporto, perché lei non si sarebbe fermata. Possibile che non se ne rendesse conto?

Provò una stretta al cuore, amava quel padre brontolone, ma aveva preso la sua decisione.

Si ripromise di tentare di capire le sue ragioni quella sera, cercando di non arrabbiarsi, anche se le avrebbe negato ancora il suo aiuto, ma non avrebbe cambiato idea.

Doveva conoscere la donna che le aveva donato la vita.

Si fece il caffè, mise il latte a scaldare sul fuoco e recuperò la ciotola dei biscotti dalla mensola.  Quando tutto fu pronto si sedette a tavola e controllò il telefono. Jeremy non le aveva ancora risposto, ma era del tutto normale, stava seguendo le lezioni..

Però un’occhiatina al telefono ogni tanto, no? Pazienza, avrebbe aspettato.

Mangiò tutto di gusto. Aveva proprio fame. Il panino mangiato la sera prima con Jeremy era stato emozionante, ma di certo non aveva contribuito a riempirle la pancia. Forse solo di farfalle, ma non quelle avrebbe fatto poca strada.

Lavò i pochi piatti sporcati e guardò fuori dalla finestra: all’orizzonte si vedevano alcune nuvole scure non proprio rassicuranti, il bel tempo doveva avere i giorni contati.

La ragazzina sbuffò: ma perché tutti i weekend doveva piovere? Sarebbe stata costretta a restare in casa.. Uffa, lei voleva uscire. Magari a passeggiare con Jeremy, o anche con Samantha. Dovevano aggiornarsi su un bel po’ di cosette..

Sorrise nel pensare che faccia avrebbe fatto l’amica quando le avrebbe raccontato cosa stava accadendo tra lei e Jeremy.  Non poteva tenerselo dentro ancora per molto, doveva assolutamente raccontarglielo. Che razza di amica era sennò?

Terminati i pochi lavori domestici in cucina, salì nuovamente le scale per ritornare in camera sua, ma, quando si ritrovò sul pianerottolo del piano superiore si ricordò di ciò che le aveva chiesto Alexis la sera prima. Doveva cercarle in solaio quei fogli.

Decise di non rimandare ulteriormente, prima li avrebbe trovati prima avrebbe potuto sdraiarsi sul divano e non fare nulla finchè suo padre non fosse rincasato. Voleva approfittarsene, quando le sarebbe mai capitata un’altra occasione del genere?

Così andò con passo deciso al piano superiore. Era parecchio tempo che non metteva piede in quel posto e non ricordava perfettamente dove fosse collocato l’armadio dei troll, ma non ebbe molti problemi ad individuarlo.

Marroncino chiaro, poco alto d’altezza, ma largo al punto giusto, decisamente vecchio, era sempre stato zona limite per lei. Non ricordava d’averci mai guardato dentro, né che il padre od Alexis avessero mai messo qualcosa al suo interno. Il perché della sua presenza nella loro casa le restava sconosciuto, ma a qualcosa doveva pur essere servito. Dopotutto se quei fogli erano là dentro..

La giovane ragazza prese dal suo polso l’inseparabile elastico nero e si legò i lunghi capelli in una coda di cavallo mal fatta. Su quel mobile c’era un quantitativo di polvere impressionante e non voleva sporcarseli quando l’avrebbe fatta saltare per l’aria aprendo le ante.

Decise di sbrigarsi e con un rapido gesto spalancò le porte dell’armadio. Si ritrovò davanti una raccolta enorme di libri, ma non si soffermò a curiosare. In quel luogo l’illuminazione non era delle migliori e non aveva nessuna voglia di sforzare la vista per vedere di che racconti si trattasse. Cercò con la sguardo la scatola di cui le aveva parlato Alexis e ben presto la individuò appoggiata su una mensolina sulla sinistra.

La prese tra le mani e si rese conto che corrispondeva perfettamente alla descrizione fornitale: di legno, di dimensioni contenute e con una rosa intagliata sul coperchio. Una scritta le faceva compagnia: “La verità si nasconde sotto la rosa”. Sorrise, il costruttore doveva essere una fan di Dan Brown.

Doveva solo controllare che all’interno di esso ci fosse effettivamente ciò che stava cercando e poi avrebbe avvertito Alexis di passarsela a prendere. Aveva appena iniziato a sollevare il coperchio quando la polvere le provocò un attacco improvviso di tosse. La richiuse prontamente e, cercando di riprendere respiro, ritornò al piano di sotto.

Entrò in camera sua ancora in affanno e posò la scatolina sul suo letto. Si passo una mano sul viso e respirò a pieni polmoni. Non le era mai capitato uno scherzo del genere, non aveva mai sofferto di asma. Accidenti che brutta sensazione..

Quando si fu calmata prese dal suo comodino un pacchetto di fazzoletti e si mise a pulire delicatamente quella scatoletta, in modo da non correre più alcun pericolo.

Si sedette sul letto ed incrociò le gambe.

Posò nuovamente le mani su di essa ed avvertì un forte freddo impossessarsi di lei. Iniziò a tremare senza motivo. Che stesse diventando malata? Vabbè ci avrebbe pensato dopo, ora aveva dell’altro da fare.

Senza indugio tirò su il coperchio e guardò all’interno. Ciò che vide in primo luogo la lasciò perplessa: davanti a lei non stava un quaderno, ma solo dei fogli sparsi. Quando li prese in mano si rese conto che si trattava addirittura di ritagli di giornale.

Erano articoli di giornale.

Che cosa poteva farsene Alexis?

Incuriosita, prese il primo e incominciò a leggere.


“Nikki Heat muore in una tragica sparatoria”.

Un momento, quella Nikki Heat? Quella del libro di Jeremy? Quindi la saga finisce con la morte della protagonista. Che tristezza, meno male che papà mi ha impedito di leggerlo, ci sarei rimasta troppo male..

Posò l’articolo accanto a lei, ma la sua attenzione fu attratta dal titolo dell’articolo sottostante:

Muore la musa di Richard Castle, sua fedele ed amata compagna”

“La giovane poliziotta della polizia di New York è rimasta vittima di una sparatoria ancora inspiegabile”

Johanna incominciò a non capire. Stavano parlando di un personaggio letterario, o si trattava di una donna in carne ed ossa? Quindi Nikki Heat doveva essere stata ispirata da una poliziotta vera, divenuta poi la compagna di vita di quel famoso scrittore. Poverino, chissà che dolore doveva aver provato.

Un lampo le balenò nella mente così alzò per un attimo gli occhi dal foglio dubbiosa: come mai quegli articoli erano in casa sua?
Suo padre era stato così categorico quando lei aveva portato a casa Heat Wave! Non aveva nessun senso, se era un suo fan.
Doveva saperne di più e continuò con la lettura sempre più incuriosita..

Prese un altro stralcio di giornale, ma questa volta il fiato le venne a mancare. La fotografia che troneggiava in mezzo alla pagina fu peggio di un pugno nello stomaco: un uomo cingeva a sé una giovane donna e si sorridevano. Una foto meravigliosa se lei non avesse conosciuto quell’uomo.

Suo padre.

Perché suo padre stava abbracciando una giovane poliziotta uccisa? Era lui Richard Castle? Oppure no?

Il panico iniziò a serpeggiare in lei, ma Johanna si sforzò di mantenere il controllo e cercò con lo sguardo la parte scritta di quel foglio per trovare soluzione ai suoi dubbi. Quando individuò la colonnina giusta iniziò a leggere trattenendo il respiro.

“Ieri notte si è consumata un’immane tragedia sulle strade della Grande Mela. Katherine Beckett, 35 anni, detective pluripremiata della sezione omicidi della polizia di New York, è stata trovata uccisa in una zona malfamata e poco frequentata della città. Ancora sconosciute le cause dell’omicidio e il nome del suo omicida. Le indagini non sono ancora concluse. Musa e compagna del celebre scrittore Richard Castle, lascia una figlia in tenera età…”

Johanna fu costretta ad interrompere la lettura.

Una figlia in giovane età?        

Corse a cercare la data a cui i fatti si riferivano..    

settembre 2013.

Pochi mesi dopo la mia nascita.

Il cuore incominciò a martellarle nel petto sempre più forte, senza darle tregua. La gola le si serrò come chiusa in una morsa, il respiro sempre più affannoso. Lasciò cadere i fogli in terra e cercò una fotografia più nitida del volto di quella donna. Ne trovò una stupenda dove Katherine indossava la divisa, e in quell’istante non ebbe più nessun dubbio sulla sua identità.

Aveva capito.

Katherine Beckett era sua madre.

Suo padre le aveva sempre mentito, su tutto.

Sua madre non l’aveva abbandonata, non se n’era andata fregandosene di lei, era stata strappata alla vita da un destino crudele.

Le aveva fatto credere per tutti questi anni che lei non aveva voluto tornare da lei.

Una rabbia violenta ed improvvisa si impossessò di lei. Prese la scatolina e la lanciò contro il muro, rompendola nel mezzo. Strinse i pugni fino a lasciarsi i segni sui palmi con le unghie e le spalle si contrassero.

Lo odiava con tutta la sua anima. Come aveva potuto? Perché si era preso deliberatamente gioco di lei per tutto questo tempo?

Rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto per un tempo che parve infinito, incapace di muoversi e di reagire. Poi, improvvisamente, nei suoi occhi lampeggiò una luce nuova e minacciosa. I suoi sentimenti più remoti di odio e frustrazione presero il sopravvento sulla sua educazione e sul suo senso del dovere.

Aprì d’impeto l’armadio, prese una felpa a caso e un paio di pantaloni, e li gettò nel suo zaino di scuola. Recuperò i pochi soldi risparmiati dal suo salvadanaio e se li mise in tasca.

Guardò per un secondo il cellulare, poi lo lasciò sul comodino. Dove stava per andare non ne aveva bisogno, non voleva essere rintracciata. Nessuno doveva trovarla, tanto meno lui.

Prima di uscire dalla sua stanza, raccolse accuratamente i fogli di giornale che parlavano di sua madre e, dopo averli sistemati in una cartellina, li infilò nello zaino insieme ai suoi vestiti. Durante il viaggio avrebbe avuto tempo per leggerli. Cercò la sua giacca di pelle e la indossò in fretta e furia.

Non ebbe nessun ripensamento, mentre scendeva le scale e usciva di casa sbattendo la porta. Incominciò a camminare per la via diretta alla fermata degli autobus e, nel preciso istante in cui salì sopra il suo, un lampo lacerò il cielo e un tuono sferzò il silenzio.

All’orizzonte era ormai prossimo un violento temporale.
 



Angolo mio!
Buonasera…. Chi ha voglia di picchiarmi alzi la mano! Cosa ne dite, la bomba era di dimensioni abbastanza ingenti?
Johanna l’ha presa bene direi.. Ok, sto zitta e lascio la parola a voi.. Vi do il permesso di dire quello che volete, sono troppo felice per arrabbiarmi oggi! Bacione

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'amore a volte è dolore... ***


Amore è… Infinito
 
 

Image and video hosting by TinyPic


La pioggia si stava abbattendo fitta sul piccolo paese quando Castle fece ritorno a casa. Era pomeriggio inoltrato, ma sembrava sera da quanto fosse buio. Pioveva così forte da limitare la sua andatura con la macchina, le strade erano completamente sommerse dall’acqua piovana e lui non voleva di certo andare a sbattere uscendo di strada.

Non vedeva l’ora di raggiungere casa e potersi fare una doccia calda. Aveva avuto una lunga giornata e sperava solo di rilassarsi un po’.

Voleva trascorrere un po’ di tempo con sua figlia e chiarire la discussione della sera prima. Le era mancata tutto il giorno e aveva provato a chiamarla alcune volte, ma Johanna non gli aveva mai risposto. Probabilmente era ancora arrabbiata con lui, il suo messaggio non era stato sufficiente.

Quella ragazzina le ricordava sempre di più Kate ogni giorno che passava, ma a differenza di sua madre, non era ancora riuscito a domarla. Forse se ci fosse stata lei sarebbe stato più semplice, l’avrebbe compresa meglio. Nonostante i loro dissapori, non si sarebbe arreso, avrebbe trovato una chiave per ricostruire il rapporto con Johanna.

Mentre imboccò il vialetto per parcheggiare l’auto in giardino, Castle notò che le luci della loro casa erano spente. Dov’era finita sua figlia? Doveva essere uscita col biondino. O con Samantha, quelle due andavano sempre di coppia. Beh la loro chiacchierata era solo rimandata di qualche ora. 

Certo, poteva almeno avvertirlo. Anche solo con un messaggio.

Non si preoccupò più di tanto e infilò le chiavi nella toppa per aprire la porta. Accese la luce e lanciò la sua valigetta sul divano slacciandosi la cravatta. Stava per raggiungere la cucina per mettere sotto i denti qualcosa da mangiare, quando il suo cellulare suonò.

Chi poteva essere a quell’ora? 

Alexis.

“Ciao tesoro, come va? Come mai mi onori di una tua telefonata?” sdrammatizzò l’uomo.

Dall’altra parte dell’apparecchio la giovane donna non appariva per nulla tranquilla: “Papà sei a casa? Johanna è lì? È tutto il giorno che cerco di contattarla, ma non mi risponde mai al cellulare. Sono preoccupata”.

“Al, sono appena rientrato e Jo non è in casa. Stamattina non l’ho svegliata per andare a scuola, le ho lasciato un giorno di libertà. Probabilmente ne avrà approfittato per uscire con quel simpatico biondino, sai avevano un certo feeling..”.

Alexis però lo interruppe: “Tu oggi l’hai sentita? Ci hai parlato?”. Era sempre più agitata..

L’uomo cercò di non perdere la sua serenità, ma il suo cuore sobbalzò semza motivo: “Tesoro che sta succedendo? Perché sei così ansiosa?”. 

“Scusa papà sei sempre così paranoico su ciò che fa mia sorella e non ti preoccupa il fatto che non si sia fatta sentire da nessuno per un’intera giornata? Io spero che sia con quel ragazzo, ma non ne sono del tutto sicura”.

Un brivido percorse la schiena dello scrittore: “Alexis che stai cercando di dirmi?”. 

In quel momento il campanello della porta suonò: “Scusa Al resta in linea, suonano alla porta”. 

Si avvicinò alla porta e la aprì, ma ciò che vide gli mozzò il fiato. Davanti a lui c’era il famoso biondino con un piccolo mazzo di fiori in mano.

Jeremy era avvampato di colpo, probabilmente non si aspettava di trovarsi davanti il padre della sua ragazza: “Buonasera signor Rogers, sono Jeremy. Sono venuto a prendere Johanna. Non si preoccupi non le farò prendere freddo, nonostante la pioggia, andremo insieme al cinema..”, ma smise di parlare quando vide il pallore crescere sul viso dell’uomo.

“Signor Rogers si sente bene?”. 

Castle dovette appoggiarsi allo stipite della porta per sorreggersi dalla vertigine che lo colse, ma riuscì a farfugliare: “Johanna non è con  te? L’hai vista oggi?”.

Il ragazzo scosse il capo: “No signore, non ancora. L’ho sentita per messaggio stamattina, ma niente di più. Le è successo qualcosa? Dov’è?”. L’ansia colse improvvisamente anche lui.

L’uomo scosse la testa: “Non lo so..  Credevo fosse con te, in casa non c’è..”. Le parole gli morirono in gola. 

Anche il ragazzo sbiancò di colpo e fece un passo in avanti ed entrò in casa. Castle rialzò il braccio per poter portare il telefono all’orecchio e sussurrare ad Alexis: “Al, Jo è sparita. Il suo ragazzo è qui..”.

La giovane donna rispose pronta: “Sto arrivando”.

Jeremy aveva già posato i fiori su un mobile della sala e non sapeva come intavolare un discorso con l’uomo, ma fu Castle a rivolgersi a lui stile interrogatorio: “A che ora l’hai sentita? Che ti ha detto? Sembrava agitata, preoccupata, ansiosa?”.

Il ragazzo scrollò la testa: “No, signore. Era serena, dispiaciuta per essersi addormentata ieri sera mentre eravamo insieme, ma..”

“Eravate insieme ieri sera?!”. Castle alzò la voce.

Il giovane arrossì, ma rispose prontamente: “Sì, siamo stati nella sua camera a vedere un film. Ho scalato l’albero. A metà film si è addormentata e io me ne sono ritornato a casa. Era solo decisamente triste per aver litigato con lei, ma niente di più. Non mi ha nemmeno detto il motivo del vostro litigio e io non ho voluto mettere il dito nella piaga”.

Castle si passò una mano tra i capelli. Doveva stare calmo e non pensare subito al peggio. Non era mai riuscito a trovarli. Se lo avesse fatto e avesse Johanna tra le sue mani, sicuramente gli avrebbe mandato un avvertimento. Si sarebbe divertito a giocare con lui al gatto e al topo. Quindi doveva esserci un’altra spiegazione.

“Tu sei certo di non avere idea di dove possa trovarsi mia figlia? Non ti ha detto nulla di strano?” chiese a Jeremy.

“Signore, se lo sapessi le giuro che non starei qui a parlare con lei, ma correrei da Johanna.. Provo a chiamarla di nuovo al cellulare, vediamo se adesso risponde. Intanto mando un messaggio a Samantha, magari lei ne sa qualcosa di più..” e prese il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni.

In quel momento una macchina entrò in giardino e parcheggiò dietro quella di Castle. Alexis era arrivata, bene la banda era al completo. Entrò in fretta e furia spalancando la porta e chiese: “Allora l’avete rintracciata?”.

I due scossero la testa.

“Ok, proviamo col cellulare?”.

La linea era libera, ma nessuna risposta dall’altra parte. Castle camminava avanti ed indietro per la stanza come una tigre in gabbia, quando, d’un tratto, Alexis si lanciò  lungo le scale seguita a ruota dai due uomini.

La giovane donna spalancò la porta della camera della sorella e vide il suo cellulare appoggiato sul comodino che suonava tranquillo. Lo prese tra le mani nell’istante in cui Jeremy interruppe la telefonata. Era chiaro che la sua ragazza non avrebbe mai risposto. 

“Papà, ci sono quasi un sacco di chiamate perse.. Johanna manca da casa da molte ore. È uscita di qui prima di pranzo..”. concluse Alexis. 

Rick si passò le mani sulla faccia: “Cosa diavolo può essere successo? Dove può essere andata. Samantha ti ha risposto? Lei sa qualcosa?”.

Jeremy scosse la testa, mentre Alexis incominciò a girovagare per la stanza. Lei aveva un’idea su cosa potesse essere accaduto, ma non poteva credere che Johanna lo avesse fatto davvero.
Certo i suoi sospetti erano divenuti realtà, il mondo di sua sorella si era appena sbriciolato come un castello di carte sferzato dal vento. Johanna non era mai stata una stupida però..

Non riuscì a concludere il pensiero che notò ai piedi del letto semi nascosta tra le coperte, la prova definitiva dei suoi sospetti. Si accucciò e la raccolse. 

La scatolina di legno, nella quale aveva raccolto tutti gli articoli riguardanti la morte della moglie di suo padre, era rotta a metà. Johanna l’aveva trovata e aveva scoperto la verità.
Come aveva fatto a non capirlo prima? L’aveva indirizzata su una mina ed ora che scoppiata loro in faccia, aveva capito quanto fossero ingenti i danni che aveva fatto. Ora la sua sorellina era fuggita. Ed aveva un enorme vantaggio.

Sapeva perfettamente dove era diretta, non ci voleva molta immaginazione per capirlo.

Si voltò verso suo padre e decise di assumersi le sue responsabilità: “So dov’è Johanna..”.

Rick si voltò di scatto verso di lei e, vedendola con quell’oggetto in mano, le chiese: “E lo hai capito fissando quella scatoletta?”.

Alexis respirò profondamente: “Sta andando a New York”.

Se possibile il respiro di Castle si fermò e le sue guance si tinsero di rosso. Si stava decisamente arrabbiando, aveva capito che qualcuno gli aveva tirato un tiro mancino: “E, in grazia di Dio, perché sei così sicura che stia andando a New York? Cosa le hai detto?”.

Alexis non ritrasse lo sguardo, sapeva d’aver agito impudentemente, ma non era pentita della decisione presa il giorno prima. Johanna aveva il diritto di sapere: “Perché sta andando da sua madre. Lei ora sa di Kate.. Qui dentro c’era tutto quello che le occorreva per capire come stanno veramente le cose.. Avevo tenuto tutti gli articoli di giornale che parlavano della sua scomparsa”.

L’uomo le inviò uno sguardo furente, non poteva credere a ciò che stava accadendo: “Come hai potuto farlo? Ti avevo detto di starne fuori! Era una questione tra me e tua sorella, avevo la situazione sotto controllo, mentre ora la vita di Johanna è di nuovo in pericolo! Lui è ancora in giro e sta aspettando per completare la sua vendetta”.

“Papà, sono passati 16 anni! Per quello che ne sappiamo noi, potrebbe benissimo essere già morto. Se avesse voluto davvero portare a compimento il suo folle piano ci avrebbe cercarti e rintracciati. Non siamo andati a vivere su Marte! Dovevo fare qualcosa, Johanna  era troppo determinata, si sarebbe cacciata nei guai..”

L’uomo alzò di nuovo la voce: “ah, invece farle scoprire che sua madre è morta tramite un pezzo di carta è stata davvero un’idea brillante! Adesso non si è cacciata nei guai, per niente! È completamente al di fuori del nostro controllo e prego il cielo che non le accada nulla di male..”.

Alexis rispose decisa: “Io ho fatto ciò che ritenevo più giusto al momento. Speravo solo che mi chiamasse, non che scappasse di casa..”.

L’uomo era in procinto di replicare, quando una terza voce si intromise di forza nel loro litigio: “Mi dispiace davvero interrompere la vostra discussione, considerando che non sto capendo una sola parola di ciò che dite, ma credo che ora la priorità sia un’altra. Devo ricordarvi che Johanna è là fuori, sola e sconvolta? Credo che dovremmo uscire di qui ed andare a cercarla. Di chi è la colpa di tutto questo lo stabiliremo in un altro momento, che ne dite?”.

Alexis e Castle si voltarono contemporaneamente verso Jeremy che, serio in volto, era stato il primo a dire qualcosa di sensato nell’ultima mezz’ora. 

Lo scrittore annuì: “Hai ragione ragazzo, scusaci. Preparo tutto l’occorrente e mi reco a New York subito. Se ho un po’ di fortuna, forse riuscirò ad arrivare in città prima di lei. Deve aver necessariamente preso un treno o un autobus, comunque con la macchina dovrei riuscire a superarla. Alexis tu rimarrai qui. Non perché non voglia che tu venga, ma qualcuno deve essere a casa se Johanna dovesse farsi viva.. E poi devi badare a Ricky. È ancora troppo piccolo per fargli affrontare un’avventura del genere. Appena avrò notizie di tua sorella ti farò sapere..”.

La giovane donna stavolta acconsentì senza replicare.

Castle stava per uscire dalla camera di Johanna quando venne fermato da Jeremy: “Signore io vengo con lei..”.

Lo scrittore: “Ragazzo, ascolta, so che vuoi bene a mia figlia, ma non sarà una passeggiata di piacere questo viaggio a New York. Tu non sai bene cosa c’è in ballo e..”.

Il ragazzo lo interruppe con un tono che non ammetteva troppe repliche: “Ha ragione non so cosa nascondiate nella vostra famiglia. So semplicemente che Johanna è arrabbiatissima con lei, ferita e triste. Sono quasi certo che non vorrà rivolgerle la parola, ma, potrebbe parlare con me. Io potrei esserle d’aiuto. E poi quattr’occhi vedono meglio di due, quando la cercheremo nel caos della Grande Mela”.

Alexis si schierò dalla sua parte: “Papà in fin dei conti ha ragione. Johanna non ti lancerà le braccia al collo..”.

Castle capitolò: “Ok, ho capito. Va bene biondino, sei il benvenuto. Avverti i tuoi genitori e andiamo. Ogni minuto potrebbe essere prezioso..”.
 
 
 

Appoggiata al finestrino del vagone del treno, Johanna scrutava l’esterno con attenzione. Non voleva deconcentrarsi e non mancare la giusta stazione.

 Aveva faticato non poco a trovare un treno per la Grande mela, poi, una volta individuatolo, era sprofondata nei suoi sedili mollicci e non troppo puliti, per perdersi nei suoi pensieri.

Aveva guardato la fotografia in bianco e nero un po’ sgualcita di quella giovane donna per l’intero viaggio. Le aveva passato un dito sopra come ad accarezzarla e ne aveva segnato i contorni come a volerla far diventare famigliare, ma il suo sorriso era come una pugnalata per lei.

Avrebbe tanto voluto vederlo dal vivo, invece qualcuno lo aveva spento per sempre. Era davvero radiosa, sembrava una donna dolce vista in quello scatto, ma per fare la poliziotta doveva aver avuto un bel caratterino o non sarebbe mai sopravvissuta in un ambiente quasi esclusivamente maschile.

Chissà cosa aveva provato quando aveva saputo di essere incinta.. Sarà stata felice? O davvero non l’aveva mai voluta come le aveva sempre detto suo padre.

No, non era possibile. Tutto ciò che le aveva raccontato quell’uomo su di lei era una bugia, un castello di menzogne volutamente costruito per confonderla e disorientarla. 

Si era resa conto di non sapere nulla di lui, neanche il suo nome. 

Leggendo quei ritagli di giornale aveva scoperto la sua vera identità. 

Era il famoso scrittore Richard Castle autore di molti best seller. Aveva conosciuto Katherine Beckett durante un operazione della polizia di New York e lei ne era divenuta prima la musa e qualche anno dopo anche la sua compagna. Purtroppo i giornalisti non avevano approfondito il discorso, ma quello che aveva letto bastava e avanzava.

Per questo non voleva che leggessi quel libro, era dedicato alla mamma..

La rabbia tornò a ribollirle dentro l’anima sempre più violentemente. Non lo avrebbe perdonato, mai. E, cosa ancor più importante, non sarebbe tornata a casa per nessuna ragione al mondo. Prima doveva scoprire chi era davvero quella giovane donna, aveva bisogno di riallacciare un qualunque tipo di legame con lei.

La ragazzina era ancora persa nei suoi pensieri quando sentì la voce metallica dello speaker annunciare l’arrivo alla sua stazione. Raccolse velocemente lo zaino e si apprestò ad uscire dal treno. 

Quando scese sul binario, Johanna si guardò attorno stupefatta. Non sapeva bene dove dirigersi e tutta quella confusione la disorientava parecchio; in fin dei conti non era mai uscita da quel paesino sperduto. Di certo, però, non si sarebbe arresa e avrebbe trovato il modo di districare quella matassa così intricata. 

Si strinse nelle spalle e riuscì ad uscire dalla stazione dopo poco tempo.

New York era una città davvero grande, oltre ogni sua più fervida immaginazione. I grattacieli si scagliavano in alto oscurando quasi la vista del cielo e le strade erano totalmente intasate dal traffico. Ovunque era un susseguirsi di rumori assordanti e luci accecanti. 

Johanna dovette chiudere per un istante gli occhi per ritrovare la concentrazione, poi, quando li riaprì andò alla ricerca di un veicolo che la potesse portare alla sua ultima destinazione. 

Individuò un taxi giallo fermo proprio poco distante da lei e si fiondò a prenotarlo, prima che qualcun altro glielo portasse via. Solo in quel momento si rese conto che sulla città si stava abbattendo un forte temporale. Si era completamente bagnata da capo a piede.

Aprì la portiera e, salita sopra al veicolo, chiese all’autista: “Può accompagnarmi nel quartiere dove si trova il cimitero Green Wood per favore? Non sono di New York e non ne conosco il nome”.

L’uomo si voltò verso di lei e con lo sguardo serio le chiese: “Hai i soldi ragazzina? Altrimenti puoi scendere anche subito da qui. Io non faccio sconti a nessuno”.

Johanna rispose sicura: “Non si preoccupi, pensi a portarmi dove le ho chiesto”.

Il guidatore non insisté oltre e, messo in moto il motore, partì verso la zona indicatogli.

Johanna continuò a guardare fuori dal finestrino, pensando di essere stata catapultata in una città di matti. Ne era attratta e spaventata allo stesso tempo. Sapeva di essere nata lì dai documenti anagrafici, ma non poteva lontanamente immaginare quanto una parte di essa fosse radicata in lei.

Ad un tratto, mentre la ragazzina era ancora persa nelle sue fantasie, il taxi si fermò davanti ad un cancello ed il conducente si voltò per richiamare la sua attenzione. Osservando la sua aria spaurita e le occhiaie profonde presenti sul suo bel viso l’uomo le chiese: “Siamo arrivati ragazzina. È il posto giusto?”.

Johanna annuì in maniera sicura: “Sì, devo fermarmi qui”.

“Ne sei sicura? Qui c’è solo il cimitero. Le ragazzine della tua età di solito non vengono qui da sole, non è molto prudente” insistette l’uomo.

Gli occhi blu della ragazza, però, brillarono riflettendo la poca luce del giorno: “Lo so, non si preoccupi per me. Ho un appuntamento. Qualcuno mi sta aspettando da ben 16 anni, non posso farla attendere ancora”.

L’uomo si limitò a guardarla ed a non proferir parola. Sicuramente non aveva compreso quello che Johanna voleva dire, ma ebbe la carineria di non impicciarsi ulteriormente. La giovane, così, pagò il conto e scese dalla vettura infilandosi il cappuccio della felpa sulla testa.

La pioggia non aveva smesso di cadere neanche per un secondo e ormai anche i marciapiedi erano ricolmi d’acqua stagnante, ma poco le importava se si sarebbe bagnata. Con fare deciso si buttò lo zaino sulle spalle ed entrò nell’ingresso del cimitero. 

Non sapeva dove andare, ma non si scoraggiò. Lei era lì e l’avrebbe trovata a qualsiasi costo, anche se le fosse toccato setacciare ogni centimetro di quell’aria sconfinata.

Si guardò intorno alla ricerca di un punto di riferimento chiaro, magari un custode a cui chiedere informazioni. Non era facile orizzontarsi in quel giardino spettrale. Purtroppo però non vide nessuno, con quel tempo tutti stavano rintanati nelle loro case. Non li biasimava di certo.

Mentre si voltava vide una tenue luce provenire da un piccolo negozio di fiori,  così diceva l’insegna. 

Mise le mani in tasca e controllò quanti soldi le erano rimasti: solo pochi dollari. Sorrise debolmente. Si era cacciata in un guaio più grande di lei, probabilmente sarebbe stata costretta a passare la notte in qualche parco, ma nel suo cuore sapeva di aver fatto la scelta giusta. E quel piccolo tesoretto rimastole sarebbe servito per portarle un piccolo pegno materiale dell’uragano d’amore nato dentro di lei alcune mattine prima, quando aveva scoperchiato il suo personale vaso di Pandora.

Chissà quali fiori le piacevano, se aveva un colore preferito..

Non sapeva darsi una risposta, non poteva. E con l’unico che avrebbe potuto aiutarla, non voleva parlare per alcuna ragione al mondo. Non dopo il mare di bugie che le aveva raccontato. 

Scacciò quel pensiero dalla mente e si decise ad entrare nel negozietto.

Le venne incontro immediatamente una ragazza bionda poco più grande di lei e le parlò con estrema cortesia: “Ciao! Posso esserti utile?”.

Johanna abbassò il cappuccio e nel farlo la coda di cavallo, in cui aveva raccolto i suoi lunghi capelli castani, si sciolse: “In realtà sì. Devo portare dei fiori ad una persona speciale, a qualcuno che non vedo da molti anni..”.

“Uomo o donna?”.

La ragazza respirò profondamente: “Donna..”.

Una voce alle loro spalle si intromise nel discorso: “Dalle quelle rose bianche Liz, sono perfette”.

Un’anziana signora era sbucata come dal nulla e si era avvicinata ad un fascio di rose bianche, davvero stupende, posizionate in un vaso sul balcone. Aveva ragione, erano meravigliose, ma Johanna sapeva bene di non potersele permettere. Le avrebbe portate a sua madre con tutto il cuore, ma si sentì costretta a dover declinare il consiglio.

Stava per parlare quando venne interrotta dalla giovane commessa: “Nonna, sai bene che non possiamo venderle, sono prenotate”.

“Questo non è un problema Liz. Da quanto ho potuto capire quello della signorina  è un dono speciale e non esistono al mondo fiori migliori di questi”.

“Ma nonna, cosa dirà il signor Beck..”, provò ad insistere la nipote, ma, per la seconda volta, venne zittita dall’anziana signora.

“Ci penserò io a lui, non preoccuparti. Pensa solo ad incartarle per bene in modo che questa pioggia non le rovini. Dopotutto io sono la proprietaria di questo negozio da anni e so come trattare la mia clientela”.

La nipote non si permise di aggiungere altro ed ubbidì prontamente.

Al contrario fu Johanna a tentare di tamponare la situazione: “Signora, aspetti. Io non sono in grado di pagarle l’intero mazzo. Ho soldi sufficienti per una rosa, al massimo due”.

La fiorista le sorrise: “Questo non è un problema tesoro. Diciamo che sei la nostra milionesima cliente dell’anno e hai diritto ad un acquisto totalmente gratis? Ascolta lasciando perdere per un attimo gli scherzi, ho visto qualcosa di speciale nei tuoi occhi poco fa. In tanti vengono ad acquistare dei fiori per i loro defunti, ma in realtà non hanno molti sentimenti al riguardo. Tu, invece, sei qui oggi, con questo terribile tempo, bagnata da capo a piede per incontrare qualcuno di molto importante, vero? Lasciami farti un regalo, credo che te lo meriti ”.

Johanna sgranò gli occhi stupita come non mai, poi riuscì a dire: “Non so come ringraziarla”.

“Dalle un bacio da parte mia”.

La giovane annuì.

Dopo pochi istanti la vecchietta posò il mazzo di rose tra le sue mani e sorridendole le disse: “Chi stai cercando è su quella collinetta, non sarà difficile trovarla”. 

Johanna la ringraziò senza riflettere e, sistemati i capelli e il cappuccio, uscì dal negozio seguendo l’indicazione datele.

L’anziana andò a sistemarsi dietro la porta a vetro e la seguì con lo sguardo.

La nipote la raggiunse: “Non riesco a capire nonna, perché ti sei comportata così? Il signor Beckett sarà qui a minuti. Sai com’è preciso, e per di più oggi è il compleanno della figlia. Porta sulla sua tomba rose bianche ogni anno per quest’occasione. Cosa gli dirai?”. 

La giovane fiorista era del tutto sbigottita dalla situazione creatasi e restò zitta, mentre la nonna si voltava a guardarla negli occhi: “Mia cara, io lavoro qui da quando avevo sedici anni. Conosco quasi tutti i miei “clienti” da tempo. Ho visto tanta gente venire qui carica di dolore e con il cuore straziato, ma nessuno come Jim. La vita lo ha messo alla prova profondamente, prima con la morte di sua moglie, ma ancor di più con quella di sua figlia Kate. Quella giovane donna era tutta la sua vita ed il destino le ha riservato una fine ingiusta. È rimasto solo. Oggi, però, qualcosa è cambiato, il Fato ha deciso di ricompensarlo di tanto dolore, di dargli un raggio di sole, un po’ di speranza. Non gli dispiacerà sapere che ho dato i suoi fiori a quella ragazzina”.

“Continuo a non capire..”.

La vecchia sorrise: “E’ comprensibile tesoro. Tu non conosci bene i fatti, io sì. Quelle rose stanno andando proprio sulla tomba di Kate, visto che la piccola Joy, sta andando finalmente a piangere sulla tomba di sua madre”.
 
 

Johanna si avventurò su per il sentiero della collinetta fino a giungere su un pianoro dove si estendevano ordinatamente un gruppo di tombe ben custodite. Solo due risultavano distanziate dalle altre. Erano bianche, ricolme di fiori freschi. Qualcuno, che doveva amare molto le persone sepolte lì, doveva curarle quotidianamente. Non riusciva ancora a leggere l’epigrafe funebre né a vedere bene le fotografie, era ancora troppo distante. 

Non seppe spiegarsi come mai, ma si sentì attratta in maniera incontrollata da esse. Una forza sconosciuta le suggeriva di avvicinarsi e Johanna si ritrovò a tremare. 

Incerta incominciò a muoversi a piccoli passi verso di esse e, quando la distanza era ormai minima, si rese conto di essere nel posto giusto. 

Davanti a lei, il dolce volto di sua madre le stava sorridendo.

Lesse in un secondo momento il nome Katherine Beckett inciso accanto alla fotografia, mentre cadeva in ginocchio schiacciata dalla stanchezza, dal dolore e dal senso di colpa. 

Riuscì a malapena a sistemare le rose regalatele poco prima sulla lapide prima che la vista le si annebbiasse a causa delle lacrime che avevano incominciato a bagnarle il volto senza che lei se ne accorgesse.

Era riuscita a trattenersi sia quando aveva aperto quella maledetta scatola e di conseguenza scoperto la verità, sia durante il viaggio, quando la rabbia e il risentimento verso suo padre, avevano preso il sopravvento, ma, ora lì davanti a lei, la diga delle sue emozioni era crollata.

Davanti a quel sorriso non era riuscita a fare la dura.

Si piegò in avanti come se il dolore fosse troppo difficile da sopportare e tra le lacrime riuscì a dire: “Mi dispiace tanto mamma. Sarei dovuta venire qui molto tempo fa. Sarei dovuta essere una figlia migliore e capire che tu non avresti mai potuto abbandonarmi come, invece, mi hanno sempre raccontato tutti. Nel mio cuore dovevo sentirlo, mi hai sempre amato. Ho sempre desiderato rivederti ed ora, non riesco ancora a credere che tu sia qui. Mi sembra un incubo senza fine. Ti ho ritrovata, ma non posso stringerti, non posso abbracciarti, non posso toccarti. Perché ti hanno ucciso, anche se non eri in servizio? Eri così giovane..”. 

Toccò per un attimo la foto con un dito dolcemente, come a non volerle far male e ripreso fiato continuò: “Sai sto cercando di ricordarmi di te, del tuo profumo, del tuo calore, ma tutto è così confuso, così oscuro. Mi piange il cuore, ti ho dimenticato. Come ho fatto? Ma sei stata con me per così poco tempo.. Voglio conoscerti, voglio sapere chi eri, i tuoi gusti.. Voglio sapere tutto di te. Se ti assomiglio.. Fisicamente direi di sì, almeno dalle poche foto che ho potuto vedere. Non so come farò, ma troverò qualcuno che mi aiuti a conoscerti davvero. Mi sei mancata così tanto mamma! Perché sei qui? Perché non puoi tornare da me?”.

Le parole le morirono in gola e Johanna lasciò che la crisi di pianto si sfogasse del tutto. 

Quando riuscì a recuperare un poco la stabilità, si rese conto che la pioggia, che continuava a cadere impetuosa, non stava più bagnando il suo corpo. Qualcuno la stava coprendo con  un ombrello. 

Si voltò di scatto impaurita e vide accanto a lei un uomo di una settantina d’anni circa, sorriderle debolmente: “Sono molti anni che sogno di rivederti, ma trovarti qui proprio oggi è decisamente un’emozione troppo grande per il mio cuore malato. Tu non immagini quanto sia felice di poterti rivedere Joy”.

La ragazza si alzò di scatto scrutando lo sconosciuto da capo a piede.

Chi era? Che cosa voleva da lei?

Non  aveva in volto famigliare, ma l’uomo doveva conoscerla considerando che sapeva il suo nome. Aveva usato, però, il nomignolo che suo padre detestava.

Nessuno doveva chiamarla Joy. Era sempre stata semplicemente Johanna, per gli amici Jo.

Dal suo viso dovevano trasparire senza nessun velo le sue emozioni, infatti l’uomo rispose senza indugio alle sue risposte mute: “ Immagino che tu non ti ricordi di me. Eri talmente piccina quando la vita ci ha separati..”.

Finalmente la ragazza riuscì a trovare la forza di parlare: “Dunque noi ci siamo già incontrati? Mi scusi infinitamente, ma io non ne ho ricordo..”.

L’uomo sorrise: “Non fartene una colpa piccola, avevi solo pochi mesi quando tuo padre decise di portarti via da New York alcuni giorni dopo la morte di Katie. Non ci siamo mai più incontrati da allora, ma non ho mai dimenticato lo splendido viso di mia nipote. Sei solo cresciuta”.

In quel preciso momento Johanna capì perfettamente chi aveva davanti: “Dunque sei mio nonno?”.

Jim Beckett annuì: “Sì tesoro. So che può essere difficile credermi, ma non ti sto raccontando bugie”.

La ragazzina ebbe un istintivo moto di fiducia verso quell’uomo e si sciolse un poco: “Ti credo. Non ho motivo per dubitarne. Però come tu puoi essere certo che io sia tua nipote?”.

L’uomo si avvicinò alla foto della figlia e le sussurrò: “La senti Katie? Mi sembra  di sentir parlare te alla sua età! Dovevi avere sempre tutto sotto controllo- poi alzò lo sguardo e tornò a fissare Johanna- Piccola, sono sicuro che tu sia sua figlia perché sei esattamente uguale a lei. Anche se non  avessi sentito quello che hai detto poco fa, e lo ammetto ho origliato, non avrei avuto nemmeno un piccolo dubbio. Hai lo stesso viso, gli stessi capelli, le stesse mani. Sai anche la vecchia fioraia ti ha riconosciuto e, quando sono andato a ritirare i fiori che avevo ordinato, mi ha avvertito che ti avrei trovato qui. Però quando ti sei voltata ho dovuto trattenere il fiato. Per un quarto di secondo ho creduto di trovarmi di nuovo davanti a mia figlia, di poterla riabbracciare. Non poteva essere vero, ma non mi sono sentito deluso. Finalmente sei tornata, finalmente questa lunga prova è finita. Ora puoi ritornare nella mia vita senza alcun pericolo”.

Johanna, stremata dalla lunga giornata, non riuscì a trattenere le lacrime per la seconda volta: “Io voglio assolutamente farne parte. Ho sempre saputo dentro di me di non essere completa, d’avere delle lacune da colmare. Mi aiuterai a farlo rispondendo a qualche domanda?”. 

Il vecchio uomo rispose sicuro: “Certo tesoro. Ti spiegheremo tutto quanto, te lo prometto”.

Johanna si asciugò le lacrime, si avvicinò all’uomo per permettere a Jim Beckett di spingerla contro il suo petto. La ragazza appoggiò la testa sulla sua spalla assaporando quell’attimo di serenità di cui aveva davvero bisogno, dopo l’impensabile tornado che si era abbattuto sulla sua vita negli ultimi giorni.

Quando si staccarono l’uomo le accarezzò la guancia e decretò: “Sarà meglio che tu vada a casa a cambiarti. Sei bagnata fradicia, ti prenderai un malanno e lei non vorrebbe. Potrai tornare qui ogni qualvolta lo vorrai. Ora, però, dobbiamo cercare tuo padre. Dov’è finito?”.

Johanna scosse la testa diventando improvvisamente molto seria: “Lui non è qui”.

“Come non è qui? Cosa significa?”.

“Che non è a New York. Lui non sa che sono venuta. Sono scappata di casa due giorni fa”.

Suo nonno impallidì di colpo: “Sei scappata di casa? Spero che tu sia scherzando Joy! Perché lo hai fatto? Come sei arrivata?”. Era decisamente preoccupato.

Johanna rispose senza alcun problema: “Ho sempre desiderato sapere chi fosse mia madre, perché non fosse presente nella mia vita. Da lui ho sempre ricevuto risposte evasive, non mi ha mai detto la verità. L’altro giorno, però, sono andata nel solaio di casa per cercare dei quaderni ed ho incominciato a rovistare in alcune scatole. In un armadio ne ho trovata una molto particolare, non era la classica scatola da pacchi ed incuriosita l’ho aperta. Dentro vi ho trovato dei ritagli di giornale dove era scritta la storia di una giovane poliziotta uccisa 16 anni fa qui a New York. Ho continuato a frugare finchè non ho trovato una sua fotografia ed ho capito. Mi sono trovata la verità tra le mani senza che me lo aspettassi. Era mamma, colei che avevo cercato per tanto tempo. Ho concluso la mia lettura, mi sono resa conto che la mia vita era costellata di bugie. Quando  ho letto che era sepolta qui, ho preso il mio zaino, i pochi soldi che avevo e sono salita sul primo treno”.

Johanna strinse le spalle come a volersi proteggere da un nemico invisibile, ma non abbassò lo sguardo.

Jim notò nei suoi occhi la stessa determinazione che aveva contraddistinto Kate per buona parte della sua vita, ma purtroppo scorse anche lo stesso terribile dolore. Non erano riusciti a proteggerla come si erano promessi e le loro paure si erano in parte avverate. Avevano fallito. 

Fece un passo verso di lei e le donò una carezza sul viso con fare gentile come se avesse il timore di far troppo forte. Per fortuna l’aveva incontrata, ora ci avrebbe pensato lui a tenerla al sicuro, almeno finchè Richard non fosse giunto.

“Hai agito d’impulso tesoro, mi ricordi qualcuno..” indicando la figlia con un dito e sorridendo un poco per cercare di smorzare la tensione.

“Anche lei faceva di testa sua?”.

“Credo che nessuno sia mai riuscito a comandarla veramente. Era un vulcano inarrestabile. Solo con tuo padre aveva trovato un po’ di pace..”.

Quella frase fu per Joy peggio di una pugnalata. Allora la loro storia era stata importante, non un’avventura banale come le aveva raccontato suo padre.

“Quanto sono stati insieme?” chiese stringendo i pugni.

All’uomo non sfuggì quel gesto e si affrettò a risponderle: “Tu non sai proprio niente di Kate vero? Ascolta io posso raccontarti una parte della vita di mia figlia, ma di alcuni argomenti è giusto che ti parli tuo padre. Lui deve spiegarti..”.

Johanna si ritrasse istantaneamente: “Io non voglio parlare con lui! Se lo chiami e gli dici dove sono, scappo. Non sto scherzando..”.

Jim non si aspettava quel genere di risposta, ma non conosceva il rapporto che Johanna aveva con suo padre. Restò indeciso sul da farsi per alcuni secondi, poi decise di assecondarla. Non poteva permettersi di perderla di nuovo e non poteva lasciarla girovagare da sola per una città pericolosa come New York. Avrebbe escogitato qualcosa per rintracciare suo genero, ma la priorità in quel momento era sua nipote: “Ok tesoro, come vuoi. Adesso, però, andiamo a casa. Devi riposare dopo una giornata come questa”.

“Non lo chiamerai?”.

“No, se tu non vuoi” disse l’uomo recuperando l’ombrello pronto a tornare a casa.

“Dai andiamo a scaldarci”.

Johanna si rasserenò, raccolse lo zaino e lo seguì giù per la stradina. A metà strada si voltò per un attimo verso la tomba di sua madre e mentalmente le sussurrò: “Tornerò presto mamma, aspettami”.
 






Angolo mio!
Aggiorno stasera perché nel weekend non lo ce la faccio… E’ un capitolo un po’ lunghetto, ma non sono riuscita a dividerlo.. Altrimenti non aveva senso..
Come sto procedendo? Rende bene? 
Secondo voi Kate è morta? 
Che accadrà? Mah..
Alla prossima! E naturalmente grazie a tutte!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'amore è... magia ***


Johanna si rasserenò, raccolse lo zaino e lo seguì giù per la stradina. A metà strada si voltò per un attimo verso la tomba di sua madre e mentalmente le sussurrò: “Tornerò presto mamma, aspettami”.
 
 

Amore è… Infinito

Image and video hosting by TinyPic

 

 
 
Il cielo era terso di nuvole cariche di pioggia. La luce del sole faticava a farsi spazio in tutto quel grigiore e, nonostante fossero solo le prime ore del pomeriggio, sembrava sera inoltrata.

La pioggia si era abbattuta sul mondo per l’intera durata del loro tragitto costringendo Castle a rallentare l’andatura della sua autovettura, nonostante la fretta impellente di raggiungere la loro meta.

Stringeva saldamente il volante con le sue mani, lasciando su di esso una lieve sagoma di sudore. Aveva ogni muscolo del corpo in tensione, ogni fibra della sua anima vibrava scossa dall’impetuoso uragano che si era scatenato su di essa. Doveva ritrovare sua figlia, ad ogni costo. Non poteva perdere anche lei..

Non sarebbe stata un’impresa facile, New York era una città vastissima, avrebbe potuto impiegare giorni per individuarla, rischiando di rimanere a mani vuote.

Aveva pensato di avvisare i suoi vecchi amici e metterli in allarme, ma facendo così avrebbe fatto il gioco di quel maledetto. Se avesse chiamato la polizia e denunciato la scomparsa di Johanna, anche lui avrebbe scoperto che sua figlia era in città e avrebbe completato la sua vendetta. Poteva informarli ufficiosamente, ma non li sentiva da troppi anni e non sapeva nemmeno se lavoravano ancora tutti al dodicesimo. Doveva aspettare d’arrivare in città, poi, se fosse stato necessario, li avrebbe contattati, anche se, probabilmente, erano ancora arrabbiati con lui.

Girò impercettibilmente la testa per osservare il suo compagno di viaggio e vide Jeremy con una mano appoggiata sotto il mento guardare fuori dal finestrino con aria spenta.

La sua presenza era un ulteriore rischio, ma la sua presenza si era resa necessaria, se qualcuno sarebbe riuscito a far ragionare Johanna, quello era sicuramente lui. Doveva voler davvero bene a sua figlia, glielo aveva letto negli occhi la sera prima. La sua preoccupazione era reale, non immaginaria.

 Non avevano detto una parola dall’inizio del viaggio. Castle si era chiuso nei suoi pensieri e nei suoi sensi di colpa; il ragazzo non aveva trovato il coraggio di domandare cosa stava realmente accadendo. Forse aspettava che fosse lui a fare la prima mossa.

Lo scrittore, così, prese un respiro profondo e tentò d’intavolare un discorso: “Siamo quasi arrivati..”.

Il ragazzo, senza muovere lo sguardo di un solo millimetro, rispose: “Bene”. Era stato freddo ed asciutto, lasciando trasparire una leggera sfumatura di rabbia.

“Avanti dimmi quello che pensi. Togliti questo rospo..”.

“Non credo che per lei sia un bene. Non credo di riuscire a rimanere educato e non posso permettermi di mancare di rispetto al padre della ragazza di cui mi sono innamorato”.

Castle rimase stupefatto dalla risposta di Jeremy. Nonostante fosse arrabbiato, aveva cercato di comportarsi in maniera impeccabile. Ora capiva perché Johanna lo trovava così speciale, era davvero un bravo ragazzo. Dolce, ma nello stesso tempo deciso.

Si stava comportando da persona matura anche se la situazione nella quale si era trovato, era decisamente più grande di lui.

Gli ricordava vagamente uno scrittore di successo, rimasto sempre un po’ bambino, ma pronto a gettarsi in pasto ai leoni per proteggere coloro che amava. Sentì un pizzico di nostalgia ricordando quell’io perduto da troppo tempo.

Forse, però, era venuto il momento di fare un passo indietro dalle sue posizioni e gli tese una mano: “Ragazzo, non devi essere rispettoso in questo caso. In fin dei conti, non me lo merito. Se vuoi, ti dirò io cosa stai pensando. A come si può mentire alla propria figlia per tutti questi anni, in maniera volontaria. A come si può solo pensare di provocarle una ferita del genere nascondendole la morte della propria madre.. A come si può divenire così cinico e meschino tanto da farle credere di non essere mai stata amata, facendole credere di essere stata abbandonata..”.

“Direi che ha fatto un riassunto perfetto signor Roger. Ha davvero talento con le parole”  rispose secco Jeremy.

Castle decise che quel biondino si meritasse una spiegazione, almeno parziale. La totale verità non poteva ancora uscire.

“Jeremy ascolta, per prima cosa io non sono il signor Roger, non solo per lo meno. Già, con le parole ci so fare e la maggior parte delle persone mi conosce col nome di Richard Castle..”.

Il ragazzo, ancora intento a guardar fuori dal finestrino, si voltò di scatto e balbettò: “Richard Castle? Quel Richard Castle? Lo scrittore? O mio Dio, quindi Nikki Heat.. è la mamma di Johanna! Non sto sbagliando vero? Per questo non voleva che Jo leggesse il libro.. L’avrebbe avvicinata a scoprire la sua identità.. ”

“Kate è sempre stata la mia musa, poi è diventata mia moglie. Eravamo molto felici, ma la nostra vita ha raggiunto l’apice della gioia quando abbiamo scoperto che saremmo diventati genitori. Lei era così felice… Poi tutto il nostro mondo si è capovolto nel giro di un secondo…”.

Ricordare quei momenti lo faceva star male, così prese un profondo respiro, poi, prima che il giovane potesse nuovamente interromperlo, continuò: “Mia moglie era una poliziotta integerrima ed astuta. Nel suo lavoro ha avuto a che fare con molti criminali ed assassini. Io la aiutavo come potevo, cercando d’impedirle di mettersi nei guai, ma molti anni, fa feci un terribile errore e qualcuno di molto spietato decise di farcela pagare.. nel modo più cruento e malvagio che si possa pensare.. Ha atteso per molti anni la sua vendetta e ci ha colpiti nel momento in cui avevamo abbassato la guardia ed eravamo più vulnerabili. Non posso spiegarti i dettagli, ma ti posso solo assicurare che Kate ha pagato il prezzo più caro e io.. mi sono ritrovato a dover proteggere Johanna. Ed è ciò che ho fatto. Nonostante mi sia costato l’affetto della mia bambina..”.  

Jeremy aveva ascoltato in rigoroso silenzio il racconto dell’uomo, ma continuò ad essere in disaccordo con lui: “Doveva solo dirle la verità e Johanna avrebbe capito, è una ragazza molto intelligente e di cuore lo sa? Non l’avrebbe giudicata, avrebbe tentato di venirle incontro, ma così…”.

“Non potevo assolutamente parlargliene, non puoi capire. Non potevo addossarle quel terribile fardello sulle spalle. Non lo avrebbe sopportato.. Cerca di capire, ho fatto una promessa alla donna che amavo, mentre si spegneva nelle mie braccia.. Le ho promesso che nostra figlia non avrebbe mai sofferto quanto aveva dovuto fare lei nella sua adolescenza.. Le avrei raccontato tutto, quando Jo sarebbe stata in grado di capire..”.

Il ragazzo sospirò: “Signor Castle, mi dispiace, ma non credo che possa mai esistere un momento adatto per affrontare un simile dolore. Non sono nessuno per dirlo, ma forse doveva essere più vero con Jo. In questo modo  ha massacrato tutte le sue certezze. Io spero solo non si sia cacciata in qualche guaio più grande di lei, che sia al sicuro da qualche parte.. Non sotto questa pioggia battente, con questo freddo.. Speriamo solo che qualcuno si stia prendendo cura di lei..”.

Castle non riuscì a replicare, quel ragazzo aveva ragione su tutto. Solo adesso vedeva chiaramente i limiti del suo comportamento in quegli anni, ma purtroppo era tardi per poter tornare indietro.

New York incominciava ad intravedersi davanti a loro,  le sue mille luci scintillanti sembravano bucare quella oscura coltre intorno al mondo. Una città dalle mille possibilità, ma anche dai mille buchi neri che erano in grado di risucchiarti senza si potesse rendersene conto. Johanna era la figlia di Kate e aveva il suo stesso acume, ma Rick non sapeva se sarebbe stata in grado di cavarsela davanti a determinate situazioni.

Chissà dove era andata.. Dove si era diretta…

Un momento che razza di domande si stava facendo? C’era un unico posto dove poteva essere andata, se voleva conoscerla..

“Biondino, so dove trovare Johanna..” annunciò trionfante.

Jeremy si voltò per guardare “suo suocero” in viso: “Ne è sicuro signor Castle?”.

“Sì ragazzo e sono altrettanto sicuro che è in buone mani. È venuta a New York per sua madre, quindi si è recata sicuramente al cimitero..”.

“La troveremo lì? Signore è ormai buio, non credo che abbia deciso di dormire in un luogo come quello.. Avrà cercato rifugio da qualche altra parte..”.

“No, no.. Oggi è il 17 novembre, è il compleanno di mia moglie. E sulla tomba di Kate avrà quasi sicuramente incontrato qualcuno che ha sofferto esattamente come noi in tutti questi anni.. Ci scommetterei tutto il mio patrimonio, è con lui”.

Jeremy sobbalzò: “Con chi?”.

Castle sorrise. Finalmente si intravedeva un raggio di sole tra quelle nuvole, una buona notizia si prospettava all’orizzonte.

“Con suo nonno”.
 
 
 
 
Jim Beckett parcheggiò l’auto davanti a un palazzo molto alto, in un quartiere dove doveva vivere la media borghesia di quella città. Non era sicuramente il centro di Manhattan, ma a Johanna parve confortevole.

L’uomo le posò una mano sulla spalla e le disse: “Avanti saliamo, così potremo ordinare qualcosa da mangiare e tu potrai finalmente cambiarti e riposarti. Sei davvero molto stanca, si vede”.

Johanna non replicò nulla e lo seguì senza indugiare brandendo il suo inseparabile zaino. Certo che era stremata, sfidava chiunque a non esserlo. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Si sentiva tesa come una corda di violino, ma non poteva lasciar sfogare la sua frustrazione contro suo nonno. Dopotutto era stato l’unico a tenderle concretamente una mano. Se aveva un tetto sopra la testa quella notte lo doveva a lui.

Quando le porte dell’ascensore si chiusero l’uomo le andò accanto, ma non si osò accarezzarla di nuovo, non poteva prendersi simili confidenze con lei. L’aveva conosciuta solo poche ore prima e non voleva metterla in difficoltà o in imbarazzo, ma averla lì, accanto a sé, lo rendeva entusiasta. Rivedere il sangue del suo sangue prima di morire era stato il regalo più grande che la vita potesse fargli. La fissava estasiato, come se una dea gli si fosse manifestata.

Johanna notò il suo atteggiamento e con fare gentile fu lei ad appoggiarsi delicatamente al suo braccio: “Ti sembra di vedere un fantasma vero?”.

Jim scosse la testa: “No tesoro. Scusami se ti stavo fissando, ma devo ancora rendermi conto di non stare sognando. Non riesco quasi a credere che tutto questo sia reale, che tu sia veramente qui con me”.

“E’ stato molto doloroso stare da solo per tutti questi anni vero? Senza di noi.. Hai perso tua figlia e mio padre ha ben pensato di portarti via anche l’ultimo affetto concreto che ti legava a lei.. L’ultimo suo ricordo… Se solo lo avessi immaginato sarei ritornata qui molto tempo fa..”.

Le parole di Johanna erano piene di risentimento e ciò non sfuggì a Jim Beckett: “Tesoro, non essere così dura con tuo padre. Ci sono state delle circostanze che gli hanno quasi imposto di prendere quella decisione.. Io ho sofferto, ma ne è valsa la pena, perché tu stai bene.. Sei cresciuta e sei diventata una splendida donna, non potevo chiedere di meglio”.

Johanna scosse il capo: “Non doveva permettersi.  Non doveva privarmi di una parte della mia famiglia, non glielo perdonerò mai. Nemmeno se dovesse mettersi in ginocchio”.

In quel momento l’ascensore raggiunse il loro piano e, quando le porte si aprirono, la ragazzina si diresse verso il corridoio senza attendere la risposta dell’uomo.

Jim pensò che sarebbe stata davvero dura riuscire a farla ragionare, la sua ferita era davvero profonda e Rick doveva impegnarsi a fondo se voleva riportarla alla ragione.
Aveva davvero un caratterino molto tosto.

Proprio come mia figlia.. Katie ti prego fa qualcosa tu, cerca di metterci lo zampino… Rick avrà proprio bisogno di un aiuto..

Con passo incerto si avvicinò ad una porta e richiamò l’attenzione di sua nipote: “Joy, vieni. La mia casa è qui. Prego entra e benvenuta..”.

Johanna entrò nell’appartamento in punta di piedi e restò estasiata da ciò che vide. Era davvero una bella casa, era arredata con mobili vecchi rispetto al design ultra moderno che andava per la maggiore in quegli anni, ma nello stesso tempo accoglienti e caldi. Uno stupendo divano grigio si espandeva in fondo alla sala con accanto una poltrona rossa dove erano stati sistemati accuratamente una coperta e un cuscino.

La ragazza fece qualche passo in avanti continuando a guardare tutto con aria curiosa: “E’ davvero stupenda nonno, se mai avrò una casa tutta mia, l’arrederò esattamente così. Dove hai trovato questa splendida libreria?” disse estraendo da essa un vecchio libro.

Jim Beckett stava posando la sua giacca su una sedia, quando Johanna gli rivolse quella domanda, ma si affrettò a risponderle: “Mi dispiace Joy, non lo so. Non l’ho comprata io. Questa casa l’ha costruita tua madre. Lei viveva qui prima di convivere con tuo padre e diventare la signora Castle. Qui ogni dettaglio è stato creato da lei. Considerava quella libreria il suo pezzo forte. Adorava leggere..

Io mi sono trasferito qui solo dopo la sua scomparsa, prima vivevo altrove. Ti sembrerà stupido, ma mi sembrava di averla più vicina a me. Essere in mezzo alle sue cose, ai suoi effetti personali mi sembrava un modo per conoscerla meglio, per non dimenticarmi i suoi gusti..

Sai io e lei avevamo un rapporto molto particolare, stavamo molto per i fatti nostri nonostante ci adorassimo. Dopo la morte di tua nonna sono stato male e ho rovinato la vita anche a Katie, ma, quando mi sono ripreso, le ho concesso di vivere come meglio credeva, anche se le sue decisioni l’avevano portata ad allontanarsi da me. La rispettavo molto…”.

“E’ molto bello da parte tua, la trovo una cosa molto carina. Ti sei semplicemente da padre, al contrario del mio..”.

Jim sorrise imbarazzato: “Spero che lo pensi anche lei, ovunque sia..”

“Sicuramente.. Non vedo perché si sarebbe dovuta arrabbiare.. è la cosa più bella che io abbia mai sentito..” disse Johanna alzando lievemente le spalle.

Continuò a camminare per quella stanze, accarezzandole lievemente i muri, come alla continua ricerca di un dettaglio o di un oggetto che potessero regalarle un piccolo frammento d’anima della madre. Un ulteriore pezzo per completare il puzzle della loro conoscenza.

Si tolse lo zaino dalle spalle e lo appoggiò delicatamente a terra, ma suo nonno la riprese: “No Johanna, non lasciarlo lì. Vieni con me. Ti devo mostrare una cosa. Al piano superiore c’è la stanza da letto di Kate. Potrai cambiarti lì e riposare un poco, mentre io preparo la cena. Un sonno ristoratore ti farà bene”.

La ragazzina seguì suo nonno, ma dentro al suo animo incominciò a crescere un’ansia improvvisa. Stava salendo nel luogo più intimo di chiunque, la camera da letto. In quella stanza sua mamma doveva aver vissuto gioie e dolori, attimi magnifici o terribili, doveva aver vissuto…

Chi era lei per profanarla così?

Respirò profondamente e quando vide l’uomo posare la sua mano rugosa sulla maniglia, dovette chiudere gli occhi per non sentirsi mancare. Non sapeva spiegarsi nemmeno lei il motivo di quel momento di terrore, ma doveva superarlo, o la sua fuga da casa non sarebbe servita a niente.

Non poteva aver paura di conoscere un’altra parte di lei..

Sentì la porta aprirsi e, dopo un breve attimo di esitazione, riuscì ad entrare.

Era una stanza molto semplice: un letto, un armadio, un comò e un comodino. Non c’era nulla di trascendentale, niente di esagerato.

Sua madre doveva essere stata davvero una donna semplice, senza nessuna mania particolare.

C’erano pochi soprammobili: un piccolo gruppo di elefanti di porcellana appoggiato sul comodino, un cuscino con la bandiera americana sul letto e alcune fotografie sul comò.

Johanna si avvicinò ad alcune di queste, ma non riconobbe nessun volto famigliare, a parte quello di sua madre. Fu attirata in maniera inspiegabile da una in cui Kate appariva sorridente e giovanissima accanto a un’altra donna molto somigliante a lei. La scrutò affascinata per un po’, poi sentì suo nonno dire: “Quella donna accanto a Katie è tua nonna.. L’amava davvero molto, ma  proprio come è successo a voi, anche loro sono state insieme  poco tempo..”.

“Davvero? Cosa le è successo?”.

“E’ morta, uccisa…”.

La ragazzina si voltò sgomenta verso di lui e lo fissò con aria interrogativa: “Sì tesoro, hanno avuto lo stesso terribile destino.. in parte almeno.. ma parliamo d’altro, Kate non vorrebbe che ti traumatizzassi con questa terribile vecchia storia.. Vorrei solo che tu sapessi il nome di tua nonna, ti aiuterà a capire meglio come ragionava tua madre. Com’era il suo cuore…”.

“Ora sono curiosa, qual’era il nome della nonna?”

Jim la guardò serio, poi sorrise: “Johanna”.

Jo rimase di sasso: “Io porto il suo nome?”.

“Tua madre non ha voluto sentire ragioni, aveva deciso che quello sarebbe stato  il tuo nome dal primo giorno in cui ha saputo di essere incinta. Tuo padre non ha nemmeno tentato di opporsi. Sapeva quant’era importante per lei..”.

Johanna parve turbata dall’ultima affermazione di suo nonno, ma cercò di non darlo a vedere. Poi d’improvviso un dubbio le balenò nella mente e senza remore chiese: “Perché al cimitero mi hai chiamato Joy? Nessuno mi ha mai soprannominato così..”.

L’anziano uomo si sedette sul letto di sua figlia, poi fece segno alla nipote di raggiungerlo e la fece sistemare vicino a lui: “Katie ti chiamava così. Diceva che eri la gioia più grande della sua vita e che quel soprannome ti stava a pennello. Aveva una luce particolare negli occhi quando diceva quelle cose e forse tuo padre ha voluto rispettare la sua memoria facendo in modo che quel modo di dire fosse solamente una sua prerogativa. Una specie di regalo per te, un segno di rispetto per lei”.

La ragazzina, però, rispose in maniera tagliente: “O forse più semplicemente tentava di cancellare ancora una volta la sua presenza nella mia vita.. forse mi avrebbe cambiato anche nome se solo avesse potuto…”. Strinse forte i pugni e serrò i denti, il dolore e la rabbia stavano prendendo il sopravvento di nuovo.

Jim Beckett se ne accorse e cercò di tamponare la situazione: “Jo, ascoltami. Adesso smettiamola di parlare, hai già avuto fin troppe emozioni oggi.. Fatti una doccia e mettiti addosso qualcosa di asciutto, poi raggiungimi in cucina. Mentre ceniamo, ti racconterò ancora qualche aneddoto sulla tua pazza mamma..”
e le strizzò l’occhio.

Johanna, sopraffatta dal dolore e dalla stanchezza, annuì con la testa, mentre l’uomo raggiungeva le scale per scendere al piano inferiore.

Cercò di mascherarlo, ma era davvero preoccupato: quella situazione era difficile da gestire e se Rick non era con lei, significava che la situazione di pericolo che aveva portato alla loro fuga non si era ancora arrestata. Doveva trovare il modo di contattare suo genero senza farsi scoprire dalla nipote, ma non era davvero un’impresa facile.

Sul vecchio cellulare di Kate, ammesso che ancora funzionasse, doveva esserci ancora il suo numero, ma non poteva rischiare di utilizzare una linea non protetta. Se non avesse avuto altra scelta avrebbe contattato i vecchi amici di Kate al distretto. Quella simpatica patologa e suo marito venivano spesso a trovarlo ed ad assicurarsi che stesse bene. Non lo avevano mai abbandonato e lo avrebbero aiutato anche in quell’occasione.

Mentre la sua mente formulava questi pensieri, udì bussare alla porta. Con passo incerto andò a verificare chi si trovasse sul pianerottolo. Quando vide attraverso lo spioncino chi stava aspettando di essere invitato ad entrare tirò un sospiro di sollievo.

Certo se qualcuno gli avesse detto quante emozioni avrebbe avuto in quella giornata non ci avrebbe mai creduto..

Si affrettò a spalancare la porta ed a salutare suo genero: “Ciao Rick! Bentornato a New York”.
 
Castle entrò con passo veloce nella vecchia casa di sua moglie e si guardò in giro con aria preoccupata.

“Sta tranquillo, è di sopra che si sta facendo una doccia. Era decisamente provata dalla giornata” rispose Jim alle sue domande mute.

“Davvero è qui? Sia ringraziato il Signore!” e si passò le mani sul viso decisamente rassicurato. Poi volse lo sguardo verso suo suocero e capì di essersi comportato da cafone qualche minuto prima.

“Scusami Jim! Anche io sono felice di rivederti, ma stavo per impazzire.. è scappata da casa… e io non sapevo più che fare..”.

L’uomo posò le mani sulle spalle dello scrittore: “Lo so, mi ha raccontato tutto. Assomiglia a mia figlia più di quanto immaginassi sai? È un tornado come lei vero?”

“Decisamente.. Se ero riuscito a comprendere Kate, lei proprio non riesco a gestirla..”.

“Benvenuto nel mio mondo! Come ti pensi che io mi sentissi con Katie? Quando ti ha incontrato io mi sono sentito sollevato, ti avevo passato la patata bollente!- disse Jim cercando di sdrammatizzare la situazione- speriamo che Johanna incontri qualcuno come te..”.

Rick sorrise debolmente: “In realtà forse lo ha già fatto… Jim ti presento Jeremy.. ma dov’è?”.

Castle si guardò in giro alla ricerca del ragazzo, ma non lo inquadrò subito, poi lo vide ancora sul pianerottolo in attesa di essere invitato ad entrare. Il ragazzo non voleva impicciarsi troppo ed era rimasto dov’era.

“Biondino che ci fai ancora lì? Avanti entra. Lui è Jim Beckett, il padre di mia moglie, nonché il nonno di Johanna. Come speravo, lei è qui, siamo stati molto fortunati..”.

Il ragazzo porse la mano verso lo sconosciuto che rispose al suo gesto con una stretta calorosa: “Piacere di conoscerti ragazzo! Quindi tu saresti la dolce metà di mia nipote?”.

Jeremy arrossì decisamente: “Diciamo che spero di diventarlo, signore. Johanna mi piace molto..”.

“Beh che stai aspettando? Sali di sopra e cerca di scoprirlo! Johanna ha bisogno di un volto amico adesso, sarà felice di vederti”.

Jeremy annuì e, seguendo le indicazioni date dal signor Beckett, si accinse a salire le scale ed a scomparire dalla loro vista.

Solo in quel momento Castle prese il coraggio a quattro mani e commentò: “Non vuole vedermi vero?”.

“No, è arrabbiatissima con te. Il modo in cui ha scoperto la morte di Kate è stato terribile e lei ti ritiene l’unico responsabile di tutte le bugie che le sono state raccontate. Non sono riuscito a farle capire che tutti eravamo d’accordo, che stavamo facendo la volontà di sua madre.. è ancora troppo ferita per ragionare liberamente. Forse la vista di quel biondino, come l’hai chiamato tu, riuscirà a farla star un po’ meglio ed a convincerla ad incontrarti..”.

L’uomo scosse la testa: “Tu non conosci bene Johanna.. Lei mi odia, non mi vorrà nemmeno parlare. E non posso biasimarla..”.

“io, invece, credo che sia una ragazza molto intelligente e non sia vero che ti odia. È solo molto spaventata ed addolorata. Parlerà con te, dalle solo un po’ di tempo. Se rispetterai i suoi spazi, lei tornerà tra le tue braccia. Sarai tu a raccontarle chi era veramente Katie”.

Castle si lasciò cadere su una sedia della cucina e si sostenne con le braccia appoggiate sulle ginocchia.

“Lo spero tanto..” rispose con un fil di voce, ma dentro se stesso non era così sicuro che quelle parole avrebbero mai corrisposto a verità.
 
 
Johanna era finalmente riuscita a fare una doccia calda ed ad indossare degli abiti asciutti. Si sentiva un po’ meglio, ma aveva bisogno di stare ancora qualche minuto sola con se stessa, prima di affrontare la serata insieme a suo nonno. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori.

Notò che sotto di essa c’era un piccolo terrazzino, facilmente raggiungibile scavalcandola.

Aveva smesso di piovere, ma il sole non era riuscito a fare capolino in mezzo alle nuvole, anzi il giorno stava per giungere alla fine per lasciare il posto a una notte che si preannunciava decisamente frescolina.

Nonostante ciò Johanna decise di uscire un poco per respirare un po’ d’aria fresca; aprì la finestra e con un rapido balzo raggiunse il terrazzo.

La ragazza scrutò l’orizzonte davanti a lei. Era stato emozionante entrare in quella casa, ma quelle mura sapevano ancora troppo di lei. Si sentiva in imbarazzo e fuori luogo, era come se stesse profanando con la sua presenza qualcosa di estremamente speciale.

Desiderava davvero conoscerla, con tutto il suo cuore, ma ora, investita da quell’uragano d’amore che suo nonno le aveva riversato addosso, voleva starsene sola qualche minuto per riordinare le idee e riflettere se sua madre sarebbe stata d’accordo con le sue decisione o se in fondo l’aveva delusa.

Quel posto era  l’ideale, poteva starsene per i fatti suoi senza destare le preoccupazioni di nessuno. Si sedette in terra nonostante l’umidità e guardò dritta davanti a lei osservando New York con un po’ di calma.

Era una città immensa, molto suggestiva.

Riusciva a scorgere sia Gruond Zero e il vuoto lasciato dal crollo delle Torri Gemelle sia   la forma irregolare del fiume Hudson che serpeggiava tra i grattacieli.
Ancora non riusciva a credere di essere nata proprio lì, nella città che non dorme mai. Quand’era solo una bambina sognava di visitarla, di poterci frequentare l’università, ma mai si sarebbe immaginata quanti legami in realtà avesse con lei.

Si strinse le ginocchia contro il petto ed appoggiò la fronte contro di esse. Dire che era stanca era superfluo, non ricordava nemmeno più l’ultima volta che aveva fatto un sonno decente.

Per di più doveva avere gli occhi gonfissimi per quanto aveva pianto, se qualcuno l’avesse vista in quel momento si sarebbe sicuramente spaventato da quanto doveva essere orribile.

Cullata dai suoi pensieri non si accorse di non essere più sola, ma tornò in sensi quando una voce conosciuta ruppe quel silenzio assordante: “Se solo avessi immaginato che tu fossi la figlia di Nikki Heat, non ti avrei mai prestato quel libro. Ho scatenato il putiferio…”.

Johanna si voltò e non credette ai suoi occhi quando vide Jeremy attaccato al muro a pochi passi da lei.
Il ragazzo nell’istante in cui incontrò gli occhi tristi della ragazzina sorrise, ma poi abbassò lo sguardo un poco arrossendo.

La giovane scattò in piedi come una freccia e si lanciò nelle sue braccia scoppiando di nuovo a piangere. Jeremy la accolse senza parlare e si limitò a stringerla forte accarezzandole i capelli e baciandola sulla testa. Ora che la stava finalmente abbracciando e poteva sentire la loro pelle accarezzarsi, l’ansia accumulata per tutti quei lunghissimi giorni allentò la morsa che aveva stretto contro il suo stomaco.
Johanna continuava a lasciar sfogare il suo dolore, libera d’esternarlo con qualcuno che l’avrebbe capita davvero, che l’avrebbe consolata e di cui si fidava.

Qualcuno che amava.

Si sentiva al sicuro e, grazie al calore e al respiro regolare del ragazzo, riuscì a poco a poco a calmarsi recuperando un poco di tranquillità. Rimase ancora qualche secondo nascosta nell’incavo della spalla del giovane prima di avere il coraggio di guardarlo in faccia.

Temeva il suo sguardo, ma quando lo incrociò, vide solo tutto l’amore che Jeremy provava per lei.

“Perché sei qui?” gli chiese con un fil di voce.

“Beh la mia ragazza è scappata di casa senza dire niente a nessuno, sconvolta dalle rivelazioni sul suo passato, scoperte in parte grazie ad un mio libro.. Non credo che avrei potuto starmene tranquillo seduto sul divano a guardare le partite..”.

“Jeremy, io non son la tua ragazza”.

Il ragazzo la interruppe prima che potesse continuare: “Ecco te ne sei accorta! Volevo vedere se eri attenta, ma a te non sfugge proprio nulla..”.

Johanna non gli lasciò terminare la frase e premette un dito contro le sue labbra: “Non sono la tua ragazza, ma potrei diventarlo.. Se ancora mi vuoi.. Ho dato prova di essere una matta e un’impulsiva.. Credevo di sapere chi sono, ma in realtà ora non ne sono più sicura.. e di certo se prima ero complicata ora lo sono molto di più..”.

Jeremy le sorrise tenero: “Sei così speciale proprio perché non sei la classica ragazza Jo! Questo tuo lato folle è decisamente affascinante! Io, comunque, ti sono corso dietro senza pensarci due volte, quindi a fuori di testa ce la giochiamo..”.

Con quella battuta strappò un sorriso a Johanna: “.. questo significa che io e te…”.

Jeremy la strinse di nuovo a sé senza completare la frase: “In effetti ti saresti meritata una cena, dei fiori, un bacio sotto le stelle.. Così è un po’ strano..”.

“Guarda che un bacio me lo puoi dare anche qui.. Le stelle sono nascoste sotto le nuvole, ma sono sicura che stanno splendendo alla grande!!”.

Il ragazzo rise: “Ah beh, se le stelle ci sono…”.

Le accarezzò le guancie, per posare le mani sul viso della ragazza. Si scambiarono un fugace sguardo e senza nemmeno che se ne accorgessero le loro labbra scivolarono l’una contro l’altra, toccandosi dolcemente.

Johanna fece scivolare una mano tra i capelli di Jeremy accarezzandolo.

Un groppo le serrò lo stomaco in maniera piacevole e fu invasa da un intero stormo di farfalle danzanti..
Cavolo, era quello l’amore? Decisamente non era male..

Quando il suo ragazzo si staccò da lei, rimase un po’ delusa. Lei avrebbe continuato ad oltranza. Inclinò lievemente la testa e gli sorrise compiaciuta. Beh, ci sapeva davvero fare.

Lui, invece, era decisamente arrossito divenendo color ciliegia. Abbracciandola di nuovo, cingendole i fianchi, sussurrò: “Sei straordinaria principessa, sei un sogno che si avvera”.

“Beh neanche tu sei così male, Jeremy” e gli accarezzò le braccia. Era in imbarazzo, ma sperò che quel gesto bastasse a fargli capire quali erano i suoi reali sentimenti.

Il ragazzo, sempre sorridente, le sussurrò all’orecchio: “Rientriamo Jo? Qui fa freddo e tu sei completamente congelata. Possiamo continuare a coccolarci in casa al caldo”.

La ragazza acconsentì e scavalcò di nuovo la finestra con l’ormai fidanzato.

Improvvisamente una consapevolezza si fece strada nella sua mente e si voltò con aria preoccupata per guardare Jeremy in faccia: “Come sei arrivato qui? Come facevi a sapere che ero a casa di mio nonno?”.

Jeremy sorrise: “Nell’unico modo possibile, tesoro. Sono venuto con tuo padre”.

“Lui è qui? Ma qui, qui? In questa casa?” rispose Johanna improvvisamente molto preoccupata.

Il ragazzo le si avvicinò e le prese una mano: “Certo, è di là con tuo nonno. Abbiamo pensato che fosse meglio se venivo a parlarti io.. in realtà a me interessava solo vedere se stavi bene.. il resto è poco importante”.

“Non voglio parlare con lui per nessun motivo al mondo” disse categorica la ragazza.

“Jo, era davvero molto preoccupato per te, devi credermi. Anch’io non ho apprezzato per niente come si è comportato, ma forse dovresti sentire il suo punto di vista..”.

La giovane ragazza si alterò: “Non prendere le sue parti! Lui non mi ha solo nascosto che mia madre è morta, ma mi ha fatto credere che a lei non importasse nulla di me. Che fossi stata uno sbaglio… fa male Jeremy, quanto più tu possa immaginare..”.

Jeremy capì che la ferita nell’animo di Johanna era decisamente troppo fresca per riuscire a farla ragionare, non avrebbero ottenuto niente da lei in quelle condizioni. Così si limitò ad abbracciarla di nuovo e a cercare di tranquillizzarla: “Va bene tesoro. Nessuno ti sforzerà a far nulla che tu non voglia. Te lo prometto. Ci sono io a proteggerti. Se vuoi resto qui con te stanotte, non devi sentirti sola mai più. Ora, però, devi assolutamente riposare..”.

Johanna acconsentì sorridendo debolmente. Sperava che un buon sonno la aiutasse, ma, nello stesso tempo, era spaventata che il suo terribile incubo potesse raggiungerla di nuovo.

Jeremy le diede un bacio sulla testa e concluse: “Vado a recuperare il mio zaino in cucina, così potrò cambiarmi. Torno presto principessa”.

Rimasta sola nella stanza, la giovane si avvicinò agli elefantini di porcellana posati sul comodino e li accarezzò con una  mano. Gli piacevano davvero molto, erano animali portafortuna in alcune civiltà e anche lei a casa ne aveva qualcuno posato come soprammobile nella sua stanza.

Potevano divenire di buon auspicio.

Si sedette sul letto e incominciò a giocarci, passandoli da una mano all’altra.

In meno di due giorni ho scoperto di avere molti gusti in comune con te mamma. Credo che saremmo andate molto d’accordo, potevamo essere molto complici. Vorrei che tu fossi qui, vorrei consigliarmi con te.

Ho mille dubbi per la testa, mi sto lasciando prendere dal rancore e non è da me..

Che devo fare mamma?

Devo perdonare papà? Non so se ne sono capace.. se riuscirò a lasciarmi tutto alle spalle..

Se solo sapessi perché ti ha nascosto a me..

Ma non sono ancora pronta ad affrontarlo, mi dispiace..

Si lasciò cadere distesa sul letto e appoggiò la testa sul cuscino. Le lacrime fecero di nuovo capolino, ma Johanna le trattenne.

Non voglio piangere più..  Supererò tutto…

Mamma ovunque tu sia, se puoi, per favore dammi una mano..

Stammi vicino..

Chiuse gli occhi e un dolce profumo di ciliegia aleggiò nell’aria. Era davvero un buon sapore, dolce e confortevole.. non l’aveva mai sentito prima e in pochi minuti la avvolse completamente. Johanna si lasciò catturare da esso, aveva una forza magnetica su di lei.

Si rannicchiò ancor di più su se stessa, stringendo il cuscino con una mano. La sua coscienza stava a poco a poco scomparendo e, come tutte le notti, stava per avventurarsi nell’inconscio, quando, all’improvviso, sentì un forte calore all’altezza delle spalle irradiarsi dalla schiena al resto del suo corpo.

Non aveva mai sentito nulla del genere.

Un calore così intenso, ma nello stesso tempo così tenue..

Caldo, ma non scottante. Un qualcosa da cui si è attratti e non si sente la  necessità di scappare. Quasi rassicurante…

Era talmente piacevole che Johanna non oppose nessun tipo di resistenza, si lasciò invadere finchè esso non raggiunse il suo cuore e sentì chiaramente dentro se stessa echeggiare un sussurro.

Una voce femminile dolcissima le mormorò: “Ti voglio tanto bene”.

Cercò di svegliarsi, ma il suo corpo non le ubbidì. I battiti del suo cuore avevano rallentato il ritmo e lei stava cadendo senza nessuna possibilità di appello nel sonno. La sua vigilanza, però, non era del tutto abbattuta e lei aveva intuito quanto di straordinario le era appena accaduto.

Forse era stata la sua immaginazione a tirarle un brutto scherzo e ciò che aveva sentito era solo un’allucinazione, ma Johanna sapeva che non era vero. Era stato troppo reale..

Lei era lì e  l’aveva sentita. Per la prima volta aveva avuto un contatto con lei, con il suo smisurato amore.

Quello era il regalo più bello che avesse mai ricevuto, qualcosa che non avrebbe mai dimenticato.
Così prima che l’oscurità l’avvolgesse del tutto Johanna sussurrò al vento: “Anch’io ti voglio bene mamma”.
 



Angolo mio!
Buonasera a tutte! Considerando che vi ho fatto attendere un po’ di più del previsto, questo capitolo è abbastanza lungo..
In realtà volevo dividerlo in due, ma non mi sembrava avesse molto senso, quindi.. beccatevi il malloppone!
Come vi sembra? Credo che ormai si sia capito qual è stato il vero destino di Kate. Tranquille pian piano vi spiego tutto, ma il suo ruolo incomincia ad essere chiaro. Lei non c’è fisicamente, ma in realtà c’è sempre stata.
Se avrete ancora voglia di seguirmi, sarò contenta. Johanna deve ancora scoprire molte cose..
Grazie, alla prossima!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Amore è... perdono ***


Lei era lì e  l’aveva sentita. Per la prima volta aveva avuto un contatto con lei, con il suo smisurato amore.
Quello era il regalo più bello che avesse mai ricevuto, qualcosa che non avrebbe mai dimenticato.
Così prima che l’oscurità l’avvolgesse del tutto Johanna sussurrò al vento: “Anch’io ti voglio bene mamma”.

 
 

AMORE E’…. INFINITO

 

Image and video hosting by TinyPic

 
 
 
 
Quando Jeremy rientrò nella stanza non si stupì di trovarla addormentata. La stanchezza doveva aver preso il sopravvento sulla sua volontà. Avrebbe preferito trovarla ancora sveglia per poterle dare il bacio della buonanotte, ma in fondo non era troppo deluso. Si sarebbero rifatti in tutti i mesi a venire.
Si sedette sul letto accanto a lei e la contemplò affascinato.

Era sempre bellissima, ma a differenza di poco prima, aveva l’aria decisamente serena, quasi sognante.
“Spero che il tuo sia un buon riposo principessa. Gli angeli ti diano bei sogni”.

Si cambiò la maglietta e si accucciò accanto a lei, cingendole un braccio facendo attenzione a non svegliarla. La sua fidanzata si meritava davvero un poco di tranquillità.

Era riuscito a convincere il signor Castle a concederle un po’ di tempo, a darle la possibilità di elaborare il tutto in modo che la rabbia l’abbandonasse e potessero avere un confronto tranquillo, considerata l’importanza dell’argomento trattato. Non era stato facile, ma ci era riuscito anche grazie all’aiuto del signor Beckett.

Quell’uomo era davvero una brava persona.

Donò un’ultima carezza ai capelli di Johanna e lentamente la raggiunse nel mondo dei sogni..
 
Buio..

Affanno, respiro corto..

Una giovane donna si volta impaurita a contemplare il nulla dietro di sé.

Paura, il suo cuore è ricolmo di paura.

Tiene contro il suo petto una copertina azzurra che nasconde qualcosa che non si riesce a vedere.

Cade a terra e il terrore la avvolge completamente. Sa che è finita..

In un ultimo disperato sussulto riesce a rialzarsi e a nascondere il suo tesoro dentro a un’edicola abbandonata. Nell’istante in cui posa il fagotto dona un bacio verso di esso..

In quell’istante una manina paffutella fa capolino dal tessuto..
 


Johanna si tirò a sedere sul letto urlando spaventatissima. Le mani e il viso ricolmi di sudore e gli occhi sbarrati, il cuore martellava nel petto.

Sentì Jeremy stringerla verso di sé, e lei si lasciò catturare. Aveva bisogno di riprendere fiato, era stato davvero terribile.. molto più intimo delle altre volte..

“Tesoro che è successo?” chiese il ragazzo preoccupato.

“Ho avuto il mio solito incubo, ma stavolta è andato avanti..” riuscì a rispondere la ragazza con un fil di voce. Tremò, mentre il suo ragazzo cercò di confortarla massaggiandole la schiena.

“Non mi lasciare, stringimi forte”.

“Ok stai tranquilla amore. Ora ti vado prendere un bicchiere d’acqua, ti farà bene. Cerca di respirare, ok?” disse Jeremy tentando di sciogliere il loro abbraccio, ma Johanna rimase immobile sul suo petto.

Il ragazzo, allora, tornò ad accarezzarle dolcemente la schiena e sentì la voce della sua ragazza sussurrare: “E’ stato terribile, molto di più che in passato. Perché finalmente non si era bloccato,  è andato avanti..
Sono caduta, sapevo che per me era finita, ma sono riuscita ad alzarmi per un momento ed a nascondere ciò che tenevo in braccio dentro a un chioschetto abbandonato. Jeremy ho visto cosa stavo proteggendo..”, ma fu costretta a fermarsi ed indietreggiò per incrociare lo sguardo del ragazzo.

Jeremy aspettò che Johanna trovasse la forza di continuare.

“Da quella copertina ho intravisto la manina di un bambino… Gli ho mandato un bacio, ma mi sono allontanata subito da lì, nessuno doveva vedermi.. Mi sono svegliata..

Secondo te perché il mio subconscio stava nascondendo un neonato per tutto questo tempo?” e lasciò cadere la frase nell’aria senza desiderare veramente conoscerne la risposta.

“Non lo so Jo.. Dai, adesso non pensarci. È solo un sogno.. vado a prenderti quell’acqua ok?” disse il ragazzo in evidente difficoltà e, sceso dal letto, si diresse verso la cucina, mentre Johanna si abbatté nuovamente sui cuscini con aria pensierosa.

Chiusa la porta della stanza da letto alle sue spalle, si fermò a riprendere fiato pure lui. Le urla della sua fidanzata lo avevano spaventato a morte e vederla così in preda al terrore lo avevano lasciato sgomento e preoccupato.

Avrebbe fatto qualunque cosa per lei, ma, in quel frangente, non sapeva come essere d’aiuto. Non poteva di certo spegnere la sua mente e la sua fantasia.

Con passo delicato si avviò verso la cucina cercando di non svegliare il signor Castle e il signor Beckett, ma non appena ne varcò la soglia, si trovò davanti i due uomini svegli ad aspettarlo.

“Cos’è successo? Perché Johanna gridava così?” chiese preoccupatissimo Castle.

“Ha avuto un incubo.. Mi ha detto che le capita molto spesso..” rispose tranquillamente il ragazzo.

Rick parve perplesso: “Davvero? Credevo che fossero spariti molto tempo fa.. Ti ha detto cosa l’ha spaventata così tanto?”.

“Si sogna adulta in fuga da qualcuno che vuole farle del male. doveva mettere in salvo qualcosa nascosto in una copertina. Poco fa è riuscita a vedere che si trattava di un neonato.. Ha visto una manina..”.

Castle sbiancò di colpo e dovette appoggiare una mano sul tavolino per sorreggersi. Appariva sotto choc, completamente basito ed incredulo davanti al racconto del ragazzo.

Jim Beckett non osò emettere suono.

Rick chinò lo sguardo sul pavimento per alcuni secondi, poi, inaspettatamente si diresse di corsa verso la camera dove Johanna stava riposando.

Jeremy tentò di opporre resistenza: “No aspetti, non vada di là! Ha promesso di lasciarle il suo tempo.. La lasci in pace..” e cercò di pararsi sulla via dell’uomo, ma una mano forte lo trattenne afferrandolo per un braccio.

Jim Beckett guardandolo serio in faccia gli disse: “No ragazzo, lascialo andare. Dopo ciò che hai detto, è arrivato il momento che padre e figlia si parlino. Lascia che si chiariscano, non metterti in mezzo”.

Castle, nel frattempo, era già scomparso dalla loro vista.
 
 

Johanna era ancora sprofondata nei cuscini e aveva riacquistato un po’ di calma. Non riusciva, però, a togliersi dalla mente quella piccola manina paffutella fare capolino dal panno azzurro.

Un bambino, perché proprio un bambino?

Cercò di non fossilizzarsi troppo su quel pensiero, ma non era per niente facile. Si accorse solo in quel momento  che Jeremy non era ancora tornato.

Dove si era cacciato? Come mai ci metteva così tanto?

Improvvisamente sentì la porta spalancarsi e si voltò sorridendo, credendo di trovarsi davanti il suo fidanzato. Il suo bel sorriso si spense d’incanto quando vide suo padre davanti a lei.

Si alzò in piedi di scatto arrabbiata.

Lui non doveva essere lì, lei non aveva nessuna intenzione di parlare con lui! Gli si avventò contro gridando: “Esci immediatamente da qui!!! Nessuno ti ha dato il permesso d’entrare.. Non ho nessuna intenzione d’ascoltarti, vattene!!”.

Aveva alzato la voce quasi fino ad urlare, ma Castle non si mosse di un millimetro continuando a fissare sua figlia negli occhi.

“Sei sordo? Ti ho detto di uscire di qui!! Avevi promesso di rispettare i miei bisogni, invece ti sei rimangiato la parola come sempre! Vattene!!!”.

Johanna era decisamente fuori di se, ma le sue parole sembravano rimbalzare contro un muro di gomma.

L’uomo non aveva intenzione di muovere un solo muscolo. Rimase immobile a fissarla, come se davanti a lui stesse una sconosciuta, come se la stesse scoprendo veramente per la prima volta.

Johanna, davanti all’inezia del padre, placò la sua ira per un istante e lo osservò; poi decisa concluse: “Se tu non hai intenzione di muoverti, vuol dire che me ne andrò io!” e con passo deciso si diresse verso la porta, cercando di scansarlo.

Qualcosa, però, la bloccò impedendole di terminare la sua fuga. Suo padre l’aveva afferrata un braccio e con una rapida mossa la strinse contro il suo petto in un abbraccio struggente.

Le sue possenti braccia strinsero la schiena della ragazzina in una morsa ferrea dalla quale Johanna tentò invano di sottrarsi. Appoggiò le mani contro il petto dell’uomo cercando d’opporre resistenza spingendosi via, ma la forza di Castle era superiore alla sua e non riuscì nel suo intento.

 Allora incominciò a colpirlo volontariamente con i pugni chiusi contro gli addominali ripetendo senza sosta come una specie di disco rotto: “Non mi toccare, non mi toccare..”.

L’uomo non tentò nemmeno di arginarla, ma al contrario la lasciò sfogare continuando a stringerla contro si sé cercando di non darle la possibilità di liberarsi.

Quando la ragazzina si calmò sfinita dallo sforzo e lasciò cadere le braccia inermi lungo il suo corpo, lo scrittore abbassò il capo e appoggiò la fronte contro l’incavo della spalla della figlia, in modo che le loro guance potessero toccarsi.

Johanna non ebbe più la forza di sottrarsi e, mentre rimaneva indecisa sul da farsi, finalmente suo padre parlò: “Perdonami. Ti prego, perdonami”.

Non ebbe il tempo di replicare perché le parole le morirono in gola. Sentì indistintamente una lacrima attraversarle tutta la guancia sfiorandole delicatamente la pelle. Ebbe un sussulto, lei non piangendo e se non era lei..

Era suo padre…  

Quell’uomo così duro e serio per tutta la vita, le stava mostrando tutta la sua debolezza, tutta la sua sofferenza.

Lo sentì mormorare ancora una volta: “Mi dispiace tanto Johanna, non so come scusarmi con te”.

Aveva la voce rotta dal pianto, non stava fingendo. In caso contrario sarebbe stato davvero un attore da Oscar.

La ragazzina si ritrovò percorsa da un fremito e, prima che il cervello se ne rendesse conto, decise di seguire ciò che il suo cuore le stava suggerendo e rispose all’abbraccio del padre appoggiando  le sue mani contro la schiena dell’uomo.

Castle, allora, allentò la presa consapevole che la figlia non sarebbe più scappata. La accarezzò dolcemente come non aveva mai fatto, ma come aveva sempre desiderato, e il muro di odio e di risentimento ramificato nell’animo di quella ragazzina incominciò a crollare.

Ben presto anche il suo viso su toccato dalle lacrime e il suo corpo scosso dai tremori tipici del pianto e Johanna disse: “Papà, lei è morta.. Mamma non c’è più..”.

Castle continuò ad accarezzarla come se fosse ancora molto piccola e rispose: “Lo so tesoro, lo so.. Non avresti mai dovuto saperlo così..”.

Johanna alzò il suo viso per poterlo guardare negli occhi senza sentimenti ostili, solo con la disperazione e il dolore che una situazione del genere provocava: “Perché me lo hai tenuto nascosto per tanto tempo? Io avrei potuto sopportare la verità.. avrei potuto superare questo trauma..”.

Il padre lo guardò fiero.

Quella giovane ragazzina era davvero un’anima speciale, non si era mai reso veramente conto di quanto fosse cresciuta e maturata. Lui l’aveva sempre considerata una bambina, in realtà si era trasformata in una giovane grande donna.

Aveva custodito per tanti anni la più terribile delle verità dentro ai suoi sogni, senza mai rendersene davvero conto. L’aveva affrontata con coraggio e dedizione, senza mai chiedere aiuto.

Avevano toppato clamorosamente quella notte. Anche lei era stata segnata indelebilmente da quei tragici eventi. Non li aveva mai dimenticati, la sua mente li aveva solo elaborati in maniera differente..

“Hai ragione piccola, me ne sono reso conto solo pochi minuti fa. In realtà l’unico a non aver superato nulla sono io. Sono io a non essermi mai ripreso dalla sua morte. Mi sono trincerato dietro alla promessa che le avevo fatto, dovevo proteggerti da colui che ce l’ha strappata, ma in realtà non ho fatto nulla di tutto questo. Ho solo cercato d’eliminare quel terribile giorno dalla mia mente. Se non ne parlavo non potevo provare dolore, non capendo che in realtà mi stavo consumando l’animo. Io non sono come mi sono mostrato a te per tutti questi anni.. ho riversato su di te le mie debolezze, i miei errori..”.

“Non dire così papà..” tentò di rincuorarlo sua figlia.

L’uomo continuò: “Sai qual è la verità? È solo colpa mia se Kate è morta..”.

“Papà, per favore.. la colpa è solo di chi le ha sparato..”.

Castle scosse la testa: “No tesoro. Io avevo capito perfettamente ciò che stava per fare, anche se non ne avevamo parlato apertamente. È bastato guardarla negli occhi per capire.. Era una totale follia e io gliel’ho lasciata fare.. non l’ho fermata anche se avrei dovuto.. Sapevamo entrambi che era una missione suicida.. Stavamo facendo il suo gioco, ma…”

“Non potevate lasciarmi nelle sue mani..” Johanna concluse la frase per lui.

Castle continuò senza riflettere: “Esatto, non potevamo permetterci di…”, ma si bloccò di colpo inchiodando il suo sguardo negli occhi blu della figlia.

Per un attimo, però, gli parve che questi ultimi avessero cambiato colore, che si fossero tinti di uno splendido verde magnetico. Quel ragionamento era perfettamente calzabile alla personalità di Kate, come lo era quello sguardo. Aveva la stessa fierezza che l’aveva contraddistinta per la sua breve esistenza.

L’uomo scrollò la testa ed abbozzò un sorriso. Quella ragazzina era davvero troppo intelligente.

La prima, però, a trovare il coraggio di parlare fu Johanna: “Quindi il mio incubo non era un sogno, era un ricordo..”.

“Esatto tesoro.. lo è in tutta la sua tragicità..” rispose il padre dandole una lieve carezza sulla guancia.

Johanna si lasciò cadere seduta sul letto e si passò le mani sul viso strofinandosi gli occhi. Suo padre la raggiunse e rimase ad attendere che sua figlia parlasse.

“Sai, credevo davvero di essere io quella donna… poi quella manina mi ha spalancato la mente.. ed ho capito..”.

“Lo devi aver elaborato in maniera del tutto personale tesoro. Eri davvero molto piccola, avevi quasi cinque mesi.. è già molto particolare che tu non l’abbia dimenticata..”.

Johanna chinò il capo e rispose: “Forse avevo capito che non l’avrei più rivista, cha mamma stava facendo qualcosa  di veramente importante per me e io l’ho marchiata a fuoco nella mia mente..”

Respirò profondamente e continuò: “Sai è buffo, ho passato tutta la vita a cercarla, a chiedermi come fosse il suo volto… e lei era semplicemente dentro di me.. Se avessi guardato meglio o lasciato che il cuore si aprisse, forse l’avrei trovata molto prima..”.

Castle l’abbracciò stretta: “Non devi rimproverarti amore mio, chiunque non lo avrebbe capito.. Lei stessa avrebbe preferito così..”.

Johanna scosse lievemente la testa: “No papà, ciò che dici non è giusto. Lei si è sacrificata per me, lei ha dato la sua vita per me… Io dovevo rendermene conto molto prima.. Glielo dovevo.. Quanto vorrei avere solo un briciolo del suo coraggio, della sua forza..”.

Rick rimase in silenzio, non riuscì a formulare una risposta adatta all’affermazione di quella giovane e forte ragazzina. Quello era il momento della scelta definitiva, o bianco o nero.

Chiuse gli occhi un attimo e un brivido lo attraversò da capo a piede. Quando li riaprì aveva preso la sua decisione, sapeva perfettamente cosa doveva fare. Era venuto il momento.

Johanna doveva conoscere Kate.

Si alzò in piedi e le tese una mano: “Avanti mettiti qualcosa di pesante addosso.  Andiamo a conoscere tua madre”.

“Papà, sono già stata al cimitero. Ho già parlato con lei..”.

Castle scrollò il capo: “Non voglio portarti lì tesoro. C’è un altro posto nel quale è ancora presente la sua anima. Un luogo che parla di lei..”.

Johanna lo guardava senza comprendere perfettamente cosa suo padre stava cercando di dirle: “Papà, non ti seguo. Dove vuoi andare a quest’ora della notte?”.

Castle si limitò a sorriderle: “A casa tesoro mio. Dobbiamo tornare a casa”.
 
 


Angolo mio!
Buonasera!!! Aggiorno oggi perché nel weekend non ce la faccio (strano non capita mai)…
Johanna ha scoperto un altro pezzetto di questo intricato puzzle: Kate è morta cercando di salvarle la vita, per riportarla a casa dopo che qualcuno di molto malvagio l’aveva rapita.
Rick non glielo aveva mai detto, forse per non farle credere che fosse colpa sua, ma lei lo ha sempre saputo. Quella notte ha continuato a riviverla nei suoi sogni e in fondo non l’ha mai dimenticata..
Ora è venuto il momento di conoscere Kate e di tornare a casa…
Grazie a chi continua a seguire la storia, nonostante il capitolo precedente abbia minato le vostre speranze.. so che questa storia è difficile da comprendere, ma prometto che alla fine vi spiego il motivo per cui è nata…
Grazie ancora! A presto!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'amore è..... ricordo (1p) ***


Johanna lo guardava senza comprendere perfettamente cosa suo padre stava cercando di dirle: “Papà, non ti seguo. Dove vuoi andare a quest’ora della notte?”.
Castle si limitò a sorriderle: “A casa tesoro mio. Dobbiamo tornare a casa”.
 
 
 

Amore è.... infinito

 

Image and video hosting by TinyPic

 
 
 

Quando Rick girò la chiave per spegnere il motore dell’auto, Johanna si ritrovò a sospirare profondamente.

Suo padre le aveva spiegato dove stavano andando, ma non sapeva se era davvero preparata a ciò che l’aspettava. Doveva esserlo, in realtà era solo spaventata.

“Tesoro siamo arrivati, andiamo?” le disse suo padre sorridendo.

Lei annuì decisa e scese dall’abitacolo infilandosi la giacca. Si mise le mani in tasca ed incominciò a guardarsi intorno spaesata.

Sentì un braccio avvolgerle le spalle e stringerle: “Sei sicura di sentirtela amore mio? Qui c’è tutto il nostro passato. Potresti capire molte cose..”.

“Papà, non preoccuparti per me. Sto bene. Non stiamo mica andando a scalare l’Everest! Stiamo solo tornando a casa…”.

L’uomo le prese la faccia tra le mani: “Per te questo è molto più difficile di scalare una montagna! Ciò che hai scoperto può essere paragonato ad un uragano forza otto.. Sei sopravvissuta perché sei una roccia, ma voglio solo essere sicuro che tu sia certa di volerlo fare.. Mi piacerebbe che tu mi seguissi, ma non voglio costringerti..”.

Johanna lo interruppe: “Papà, papà.. stai zitto un attimo.. Ti prego, portami su, voglio conoscere la mamma. Non ho mai desiderato altro, sono pronta”.

Prese per mano suo padre ed insieme entrarono nel palazzo.

Nella hall accanto alla portineria stava un uomo molto anziano che, nell’istante in cui li vide entrare, venne loro incontro sorridendo a trentasei denti. Felice come se stesse assistendo ad un miracolo.

Castle allargò le braccia e lo abbracciò: “Sono felice di rivederla Maurice. Come sta? È passato davvero molto tempo..”.

L’uomo rispose deciso: “Signor Castle, credevo che non sarebbe mai tornato. Avevo perso la speranza di rivederla prima che il buon Dio mi chiamasse a sé..”.

“Non dica così. Prima o poi dovevo rientrare alla base ed è merito di questa signorina se ho affrettato il nostro rientro a casa. Si ricorda di mia figlia Joy?” e si voltò ad indicare Johanna che era rimasta indietro un po’ in disparte.

Il vecchio portiere la guardò estasiato: “Come dimenticarla? È diventata davvero una giovane bellissima donna e…” ma non riuscì a concludere la frase.

Johanna parlò per lui: “Può dirlo..”.

“Sembra d’avere davanti la signora Kate..”.

Nonostante gli avesse dato il permesso Johanna arrossì a quell’affermazione. Chiunque l’avrebbe riconosciuta in quella città?

Castle le strinse di nuovo la mano per rassicurarla e poi parlò: “Adesso io e mia figlia andiamo in casa. Vorremo non essere disturbarti per cortesia. Abbiamo molto tempo da recuperare..”.

“La troverà esattamente come l’ha lasciata. Ogni suo desiderio è stato rispettato alla lettera, me ne sono occupato personalmente”.

“Grazie di cuore Maurice”.

Lasciarono il custode al balcone ancora intento ad osservarli e sparirono dentro all’ascensore.

Johanna rimase in silenzio, non osava chiedere nulla a suo padre. Quella notte piena di rivelazioni stava incominciando a renderla inquieta. Fu suo padre a rompere il ghiaccio per l’ennesima volta: “Tua madre aveva lo straordinario potere di farsi amare da chiunque. Maurice l’adorava e negli ultimi mesi della gravidanza, quando io non ero a casa per motivi di lavoro, era diventato il suo schiavo personale, anche se Kate cercava di non approfittarsene. Ti stava squadrando da capo a piede perché sapeva quanto tu fossi importante per lei e stava sicuramente pensando che lei sarebbe orgogliosa di te”.

Se possibile la ragazza arrossì ancor di più, ma rimase chiusa nel suo mutismo.

Seguì il padre inoltrarsi in un lungo corridoio fino a giungere davanti ad un portone blindato di legno scuro.

Infilò la chiave nella toppa, fece scattare la serratura finchè la porta non si aprì.

Johanna fece scivolare di nuovo la mano dentro a quella di Castle che rispose immediatamente alla sua stretta. Rick prese un profondo respiro e spalancò la porta e poi fece un passo verso l’interno seguito da sua figlia.

“Bentornata a casa bambina mia”.

La ragazza si guardava intorno rapita: quella casa sembrava quasi un castello in confronto alla modesta dimora nella quale era cresciuta. Era di un lusso sfrenato..

“Papà ma sei sicuro di non aver sbagliato piano?”.

Castle rise di cuore: “Tesoro perché dici così?”.

“Ma ti sei guardato intorno? Qui è tutto troppo.. wow… Non so se mi sono spiegata..”.

Castle non poté adorare l’ingenuità di sua figlia: “Johanna ti ricordi che sono milionario, vero? Questo era l’appartamento in cui vivevo con tua sorella anche prima di conoscere e sposare tua madre. Quando è venuto il momento è stata lei a trasferirsi qui, facendolo diventare il suo regno. Lei lentamente lo ha cambiato da cima a fondo e lo ha reso confortevole per una famiglia allargata, anche se non avevamo mai affrontato il discorso figli”.

“Davvero non ne avevate mai parlato?”.

Rick non le rispose immediatamente, ma andò a sedersi sul divano di pelle che troneggiava al centro della sala facendole segno di raggiungerlo. Quando la ragazzina gli fu accanto l’uomo continuò il discorso: “Tra me e tua madre è stato amore a prima vista, anche se lei continuava a negarlo, ma entrambi non ne siamo stati consapevoli in principio. Credevamo di essere solo amici, ma il sentimento che ci univa era molto diverso.

Eravamo complici e solidali, pronti a proteggerci l’un l’altro. Uniti da un filo invisibile che tutti potevano vedere tranne noi.

A poco a poco anch’io ho incominciato a vederla sotto una luce differente, a desiderarla come la mia unica possibile compagna di vita, ma lei non era ancora pronta…”

“E tu cosa hai fatto?”.

“Le sono rimasto accanto sempre, nel bene e nel male. Ero lì per lei, per starle vicino. Sai in quel periodo tua madre aveva un sacco di problemi, era una donna complicata. Si era trincerata dentro se stessa per non soffrire ancora dopo la morte di tua nonna. Cercava d’impedire al suo cuore di essere vulnerabile ed è stato molto difficile tirarla fuori da dietro quel muro..”.

“Ma in quel modo aveva smesso di vivere..”.

Rick scosse la testa: “O no, tesoro. Lei stava solo cercando inconsciamente d’andare avanti. Sbagliava è vero, ma non aveva mai smesso d’avere un cuore enorme. Era di una dolcezza disarmante se guardavi oltre la corazza che mostrava al mondo…

Ma aveva anche il suo bel caratterino deciso.. quando l’ho scelta come musa ispiratrice di Nikki Heat si è arrabbiata a morte. Non era per niente contenta…”.

Johanna rise: “Non ci posso credere! Perché? Credo che avrebbe dovuto considerarsi onorata..”.

“Oh no, l’ha presa come una grandissima scocciatura! All’inizio non mi sopportava. Mi considerava un bambino viziato ed arrogante, e lo ero, aveva pienamente ragione, ma io sono riuscito a costringerla a lavorare con me, sono diventato una specie di consulente interno..”.

La ragazza apparve perplessa: “Come sei riuscito a convincere la polizia a farti collaborare con loro?”.

“Ho scomodato il mio amico sindaco, che con una telefonata al suo superiore, l’ha messa con le spalle al muro. È stata costretta ad accettarmi, ma a malapena mi sopportava. In poco tempo, però, le cose sono migliorate e siamo entrati in sintonia..

Siamo diventati amici, poi più che amici.. e alla fine ci siamo innamorati..

Stavamo così bene insieme…” disse Castle con un’evidente punta di malinconia.

Johanna si affrettò a prendergli la mano, ma l’uomo scosse la testa: “No, amore mio non è giusto. Non devi essere tu a consolare me..”.

Tentò di scacciare quelle sensazioni alzandosi in piedi e andando deciso verso un armadio dove erano collocati in perfetto ordine molti raccoglitori. Ne estrasse un ultimo, diverso dai precedenti e lo mise al di sotto della pila.

Ritornò accanto a Johanna che lo stava aspettando pazientemente sul divano e glielo porse.

La ragazza restò per un attimo spiazzata poi li accettò: “Cosa sono?” chiese con un fil di voce.

“Guarda tu stessa..”

Così si fece coraggio ed aprì il primo album.

Davanti a lei stavano molte foto di un tempo ormai passato. Foto che raccontavano la storia di una vita intera.

Johanna rimase in silenzio, incapace di emettere suono così fu Castle ad iniziare a raccontare: “Queste sono le primissime foto di me e di tua madre insieme. Risalgono ai primi mesi della nostra collaborazione, quando Haet Wave era solo una bozza..”.

“Aveva i capelli cortissimi.. e rossi!! Che colore acceso…”.

“Beh sì, quello è il look tipico della dura detective Beckett. Tua madre era solita nascondere la sua vera natura sotto una maschera di fierezza ed autorità.. Qui non ce n’era per nessuno. Comandava lei e basta! E ti dirò di più, mi piaceva proprio come sapeva tenermi a bada. Io la facevo impazzire, ero davvero irritante, devo ammetterlo. Lei però mi ha domato. E non lo avevo mai permesso a nessuna donna..”.

La giovane ragazzina esclamò: “Beh avevi capito che ne valeva la pena. Hai visto qualcosa di diverso in lei..”.

Castle sorrise debolmente: “Nel suo sguardo triste avevo intravisto l’oceano d’amore che tratteneva dentro se stessa e tutto ciò la rendeva molto magnetica. Ho desiderato per molto tempo e con tutta l’anima che l’uragano Beckett si abbattesse su di me..
Mi aveva stregato, probabilmente senza volerlo.. Dai non perdiamoci in chiacchiere, c’è ancora molto da vedere..”.

 Johanna non si fece pregare e continuò a sfogliare le pagine degli album ammirando con attenzione sua madre in diversi scatti: seduta alla scrivania del distretto, intenta a scrivere i dettagli e le prove dei suoi casi con un pennarello su una lavagna, oppure semplicemente concentrata a leggere i rapporti.

“Gliele ho scattate tutte col telefonino senza che se ne accorgesse. Mi servivano per descrivere meglio Nikki Haet nelle sue abitudini lavorative.. Ah ecco, guarda questa tesoro. Ce l’ha scattata la mia vecchia agente Paula al party per il lancio di Heat Wave sul mercato. Tua madre mi stava ringraziando per la dedica…”.

“Era davvero magnifica in quel vestito blu.. Stava benissimo quando si vestiva elegante, credo che avrebbe lasciato senza fiato chiunque.. Non sarai stato solo tu ad ammirarla quella sera..”

“Devi proprio ricordarmelo?” disse il padre strizzando l’occhio con un’espressione buffa che fece ridere la figlia.

“Mi togli una curiosità papà? Cosa avevi scritto sulla dedica del vostro libro? in questa foto mamma ha l’aria leggermente imbarazzata..”

Alla straordinaria KB e a tutti i miei amici del Dodicesimo..

Hai ragione, era decisamente imbarazzata! Non sapeva come gestire la situazione. In realtà non si aspettava quel complimento, ma nessun aggettivo avrebbe potuto rendere meglio la sua personalità tranne quello. Lei era davvero straordinaria”.

Johanna pensò a quanto fosse vera quell’affermazione, ma non disse una parola di più, si limitò a voltare pagina per l’ennesima volta.

Castle continuò a raccontarle il loro passato, commentando entusiasta la continua trasformazione della sua musa: la risata più esplicita, il sorriso sempre più complice, il decidere di lasciar crescere i capelli e avere un’aria maggiormente femminile, la loro complicità sempre più evidente, le cavolate fatte insieme come una fuga improvvisa a Los Angeles per catturare un assassino..

La loro vita insieme…

Johanna ascoltava estasiata, rapita dalle parole e dall’entusiasmo che fuoriusciva dal padre mentre si perdeva a descriverle le più intime e strane abitudini di Kate.

Quell’uomo ne era ancora profondamente innamorato, forse non aveva mai smesso di pensare a lei. Tutto ciò che era stato costretto a fare in quegli anni doveva essere stato un enorme macigno anche per lui..

L’aveva giudicato troppo severamente.. Non le aveva ancora spiegato completamente le motivazioni di tale scelta, ma forse, era inutile addossare tutte le colpe sulla sua coscienza, senza dargli la possibilità di spiegarsi..

Aveva deciso: era pronta ad ascoltare anche la sua versione dei fatti. Forse non sarebbe stata così terribile come aveva creduto in un primo momento.

Si sentì una stupida. Lo aveva ferito senza motivo, se solo lo avesse ascoltato prima…  Ci stava mettendo l’anima per fargliela conoscere nel miglior modo possibile..

Non poteva essere più orgogliosa di avere avuto due genitori così.

Persa per un attimo nei suoi pensieri, non si era resa conto che il padre aveva cambiato album fotografico e ne teneva in mano uno bianco, rilegato in seta e con due fedi incrociate sulla copertina.

“wow credo che ora arrivi il pezzo forte..” constatò Johanna nel prenderlo, mentre suo padre glielo passava.

“Sì, questo è stato un giorno davvero meraviglioso…”.

La ragazza non aspettò un momento di più e lo spalancò.

Suo padre era bellissimo in un completo blu elegantissimo. Il suo sorriso, mentre posava con una Alexis molto più giovane di quanto lei avesse mai potuto ricordare e con la nonna più eccentrica più  dolce che lei avesse mai conosciuto, nascondeva a stento la tensione che stava provando. Ma ciò che la colpì di più furono i suoi occhi azzurri.

Quegli occhi azzurri,  che lei conosceva sempre ricolmi di tristezza e di malinconia,  avevano una luce abbagliante: emanavano felicità.

Era davvero radiosa in quegli scatti.

Davanti alla chiesa era veramente teso, come se avesse il dubbio che lei non si sarebbe presentata. Era quasi imbalsamato, ma nell’ultima foto della pagina il suo meraviglioso sorriso comunicava al mondo che le sua paure non avevano fondamento.

Kate era arrivata accompagnata da suo nonno. Johanna credette per un momento che  non esistesse in nessuna lingua parlata  un aggettivo che avrebbe  potuto renderle giustizia.

Meravigliosa? Sublime? Bellissima? Straordinaria?

Fasciata in uno splendido abito bianco lucido che le aderiva perfettamente al corpo valorizzandole le forme, era il ritratto della gioia ancor più di suo padre. Era completamente rilassata, serena.

I suoi splendidi occhi verdi cercarono immediatamente lo sguardo del suo grande amore. Quando le loro mani si incontrarono, sembrò che per loro il mondo si fosse fermato.

Non esisteva altro, c’erano solo loro due all’apice del loro amore.

“Sarò ripetitiva, ma siete bellissimi… Lei è…”

“Lei è Kate. Era così ogni giorno della sua vita, bastava solo guardarla bene”.

Quella frase lasciò Johanna ammutolita, ogni donna avrebbe voluto sentirsi dire quelle parole. Sua madre doveva essere stata una donna molto fortunata quando aveva incontrato un uomo del genere.

Il matrimonio continuava con lo scambio degli anelli, una pioggia di riso infinita al termine della cerimonia e moltissimi scatti tra di loro, con amici e parenti..

Quel racconto fatto ad immagini terminava lì, non c’erano tracce di ulteriori scatti posteriori. Né di loro due insieme nella vita di tutti i giorni né di Kate incinta.. Johanna sentì un pizzico di dolore al cuore, ma non lo fece fuoriuscire. Non ne aveva alcun diritto..

Castle prese gli album dalle mani della figlia e li posò ai loro piedi sul tappeto. Guardò Johanna negli occhi e le accarezzò una guancia.

La ragazzina tratteneva le lacrime a stento, ma sorrise al gesto del padre: “Mamma era davvero straordinaria.. Sai papà da come me la descrivi, da come ne parli sembra che non ci fosse altro nel vostro mondo. Solo voi due, uniti e complici nonostante le difficoltà, nonostante i vostri caratteri opposti.. Solo voi due, uniti da qualcosa di veramente unico e immutabile. Il vostro amore”.

Sul volto di Castle nacque un sorriso amaro: “Vedo che hai centrato il punto. Una parte di me è morta con lei quella notte. Il nostro matrimonio è finito in quel momento, ma non il nostro legame. Il nostro amore aveva semplicemente cambiato forma, si era trasformato in qualcosa che io non avevo perduto, ma che, al contrario, richiedeva tutte le mie energie e il mio affetto. E il nostro amore si chiamava Johanna… Forse te l’ho già detto una volta, ma tu sei stata una benedizione per le nostre vite.. Quando sei arrivata eravamo entusiasti..”.

Johanna continuò a guardare il viso del padre senza dire una parola. Rick le strinse la mano: “Ascolta tesoro. Ti ho mostrato la vita di tua madre fino al giorno del nostro matrimonio, ma ora voglio che tu guardi un video insieme a me..”.

“C’è anche lei?” chiese Johanna col cuore che batteva ai mille all’ora.

Rick annuì: “Te la senti?”.

“Assolutamente”.
 
 
 
Angolo mio!
Scusate il ritardo! (ho avuto delle settimane incasinate, ma prometto che la pubblicazione ora sarà più ravvicinata!)
Ho dovuto dividerlo in due questo capitolo, altrimenti veniva decisamente troppo lungo..
Per ora Johanna ha visto delle fotografie, poi… chissà..
Alla prossima!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'amore è..... ricordo (2p) ***


“Ascolta tesoro. Ti ho mostrato la vita di tua madre fino al giorno del nostro matrimonio, ma ora voglio che tu guardi un video insieme a me..”.
“C’è anche lei?” chiese Johanna col cuore che batteva ai mille all’ora.
Rick annuì: “Te la senti?”.
“Assolutamente”.

 
 

Amore è…. Infinito

 

Image and video hosting by TinyPic

 
 
 

Castle si alzò dal divano, prese un dvd dalla libreria accanto a loro e lo inserì nel lettore. Prima di cliccare sul tasto d’invio, tornò a sedersi accanto alla figlia e lasciò che Johanna gli si avvolgesse intorno ad un braccio e intrecciasse le loro dita insieme.

La sentì sospirare forte. Doveva essere molto emozionata, ma non distolse nemmeno per un secondo lo sguardo dal video.

Così fece partire le immagini….

La telecamera si muoveva disinvolta nel loro appartamento guidata da mani esperte.

–Eccoci, stiamo per immortalare un momento memorabile tesoro mio. Mamma che si gode il suo meritato riposo. Finalmente è in maternità e noi possiamo averla tutta per noi! Beh tu sei privilegiato, sei ancora dentro di lei, quindi… diciamo che il vero ed unico fortunato sono io!! Facciamo silenzio, se la sveglio mi farà pentire di essere nato!-.

Castle si era posato un dito sulle labbra, mentre entrava cercando di far poco rumore nella loro stanza da letto.

Beatamente addormentata stava una giovane donna dai lineamenti fini e rilassati, girata su un fianco, mentre i lunghi capelli castani con alcune meche bionde ricadevano sul cuscino accanto a lei.

-Non è bellissima? Senti, io la sveglio, non può uccidere il padre di suo figlio.- ed appoggiò la telecamera sul comò in modo che la donna rimanesse inquadrata dall’obbiettivo. Poi andò a coricarsi accanto a lei cercando di svegliarla dandole una serie di baci sulle guance.

La giovane donna cercò d’opporre resistenza lasciandosi scappare un lieve lamento, ma all’assalto successivo dell’uomo, aprì gli occhi lentamente e gli sorrise, passandogli le mani intorno alle spalle per abbracciarlo.

-A cosa devo l’onore? Era molto tempo che non mi svegliavi così. Manca solo il caffè..-

Nell’istante in cui sentì per la prima volta la voce di sua madre, una lacrima attraversò la guancia di Johanna, ma non si lasciò distrarre e continuò a guardare le immagini davanti a sé.

Castle aveva risposto: -Eh no mia cara, quello è vietatissimo per un po’. Ti posso concedere un decaffeinato ogni tanto, ma lo hai già preso ieri, quindi scordatelo..”

-Rick, per l’amor di Dio, sono solo incinta, mica sono malata! Già hai insistito tanto che io lasciassi prima il mio lavoro anche se sono solo al sesto mese e ti ho accontentato. Potresti fare uno strappo alla regola in questo caso..- e mentre si girò per guardare suo marito in faccia la maglietta si alzò quel poco che bastò per far intravedere una bella pancetta rotonda.

Castle gli appoggiò una mano sopra e la accarezzò: -Ciao amore! sei sveglio anche tu, vero? Ecco, bravo diglielo alla mamma che deve fare la buona. È un po’ testarda sai?-

Kate sbuffò ed appoggiò la sua mano su quella del marito: - La vuoi smettere di parlargli come se fosse un maschio? Qui dentro c’è una signorina.. me lo sento.. e lo sai che una mamma non sbaglia mai certe predizioni..-

-E da quando credi alle sensazioni, mia dura detective? Qui qualcuno sta cambiando..-

-Avanti Castle, smettila. Io sono sempre me stessa, solo che.. non so spiegartelo, so solo che è così! Quindi puoi tranquillamente iniziare a chiamarla Joy. Io lo faccio già da un po’ e non si è mai lamentata, quindi..-

Rick rise: -Perché mai dovrei chiamarla Joy? So che se sarà una femmina vuoi chiamarla Johanna come tua madre, ma perché non possiamo semplicemente chiamarla Jo?”-

Kate sorrise e gli accarezzò la guancia: -Perché tutti la soprannomineranno Jo, dai parenti, agli amici ai futuri fidanzati…-

-ti prego possiamo parlare di fidanzati un’altra volta? È un concetto che mi urta un poco..-

-La smetti di interrompermi? Stavo cercando di fare un discorso serio. Solo noi la chiameremo Joy.. perché sarà la vera ed unica gioia della nostra vita. Allora ti piace la motivazione?-

Castle la abbracciò: - Sai tesoro, lo scrittore sono io, ma tu stai davvero diventando eccezionale. Io non ci avevo nemmeno pensato. Ok mi arrendo, sarà una femmina e sarà decisamente contenta di sentire queste parole quando sarà grande..”.

Kate si ritrasse insospettita dall’affermazione: - Che stai dicendo? Come potrà mai sentirle?-.

Rick si girò ad indicare la telecamera: -Sorridi Kate, tua figlia ti guarda!”-.

La donna si tirò a sedere sul letto immediatamente e intimò a Castle: -Spegnila, subito. Sono orribile.
Perché non mi hai avvertito?”- e si alzò prontamente dal letto.


Castle la fermò cingendola per la vita: -perché ti saresti irrigidita come hai appena fatto. Ho deciso di farle dei video per mostrarle come eravamo quando la stavamo aspettando o quando sarà troppo piccola per ricordarsi cosa le stava accadendo intorno. Io sarò i suoi occhi…-.

Kate rise: -Lo sa che ci prenderà in giro per secoli? Saremo ricattabili…”.

Rick la baciò: -Non vedo l’ora-.
 

Il video si interruppe.

Rick cliccò pausa e guardò Johanna: “Si sono scaricate le batterie.. ed è un bene che tu non abbia visto ciò che è successo dopo..”.

La ragazzina si asciugò le lacrime: “Era davvero dolcissima.. aveva una voce così dolce..”.

“Già, lo era.. ti garantisco, però, che a volte il suo tono di voce era tutto tranne che soave.. vediamo il successivo?”.

“Ok, sono pronta” rispose Johanna stringendosi le ginocchia contro il petto.
 

Il loft era illuminato dal sole e la telecamera si muoveva sicura per le stanze.

“Allora tesoro mio, adesso ti mostro una panoramica della nostra bella casetta.. Stiamo montando la tua cameretta, il tuo regno! Il lettino è già pronto! Questa mattina il tuo meraviglioso papà si è destreggiato benissimo tra viti e chiodi e in men che non si dica ha portato a termine il suo compito. Allora che ne dici, ti piace?”.

Un bel lettino bianco, ricoperto da un lenzuolino verde e rosa, con i paracolpi in tinta, troneggiava in mezzo alla stanza.

“Non mi ritengo responsabile per la biancheria, quella l’ha scelta tua madre. Io avrei evitato il verde, ma lei non ha voluto sentire ragione. Dice che porta fortuna e che troppo rosa dopo un po’ stufa. Io non sono del tutto convinto, ma mi sono ripromesso di smetterla di picchiarmi con i suoi ormoni…”.

“La vuoi smettere di farmi passare per una pazza? Non sono mica instabile, sono solo in disaccordo con te super papà!”.

Kate era apparsa dal nulla, con il pancione ormai molto evidente. Vi passò una mano sopra per accarezzarla e disse dolcemente: “Tua figlia è agitata oggi. Non sta ferma un minuto. Forse si sta preparando a venire al mondo.. mi sento un po’ strana..”.

Castle si affrettò a posare una mano accanto a quella di sua moglie: “Joy, non ci provare. Papà non è ancora pronto.. devo prepararmi psicologicamente, farti venire al mondo non è mica una cosa da niente!”.

La giovane donna rise: “Lo senti Joy? Come se lui fosse parte attiva dell’evento. Mi sa che le uniche due a doversi  darsi da fare saremo noi due! Sai che ti dico? Non mi dispiacerebbe se decidessi di nascere, ho proprio voglia di vederti e stringerti un po’ a me… ahi! Ok, mi sa che sei d’accordo.. Rick mi sa che dobbiamo preparare la valigia”.

L’uomo sbiancò di colpo: “Stai scherzando? Sarebbe in anticipo di dieci giorni!! Sì, mi stai prendendo in giro..”.

Kate, d’un tratto, si fece seria: “Ti giuro che non sto scherzando.. Incomincio ad avere qualche dolore strano.. credo che dovremmo andare all’ospedale.. sempre se non vuoi che tua figlia nasca in casa..” e si passò una mano dietro la schiena e l’altra sulla pancia.

“Quindi dobbiamo andare? Ma sei sicura?-

Lo sguardo della donna non ammetteva molte repliche.

- Ok, ok andiamo…- poi voltò la telecamera in modo da inquadrarsi in faccia- e sappi bene signorinella, sei già troppo birichina per i miei gusti! Non si prendono in contropiede in questo modo mamma e papà”.


Rick sorrise a sua figlia: “Ok mi sono fatto prendere dal panico, lo ammetto. Non sono stato di grande aiuto  a tua madre, ma alla fine è andato tutto per il meglio. Sei qui..”.

“Quindi quella registrazione risale al giorno della mia nascita?” chiese Johanna.

“Si tesoro, sei nata nella notte. tua madre era stravolta, ma estremamente felice..”.

“Non hai filmato la mia nascita?” chiese la ragazzina un po’ delusa.

 “No tesoro, ero troppo emozionato.. E se avessi continuato a farlo anche in ospedale tua madre mi avrebbe ucciso sul serio! Lei non amava le luci della ribalta, neanche quelle casalinghe, quindi.. Figurati se avrebbe mai permesso che qualcuno osasse seguirla in sala parto con una telecamera. Ho rispettato la sua decisione. Lo so i video sono pochi, ma dovrai accontentarti..” concluse Castle schiacciando il tasto stop sul telecomando.

Johanna intanto era stata travolta da un’ondata di emozioni che non avrebbe mai creduto di poter provare.

Felicità e tristezza si mescolavano assieme e si erano concentrate all’altezza dello stomaco, ma nel suo animo non c’era più traccia della disperazione e del risentimento provato in quei due giorni..

Nonostante tutto, nonostante le terribili prove che aveva dovuto affrontare, la serenità stava incominciando a scendere dentro di lei.

L’aveva sempre amata, dal primo istante in cui si era accorta della sua presenza. L’aveva sentito dire dalla sua voce, aveva finalmente compreso la verità.

Suo padre le accarezzò un bracccio.

“Va tutto bene papà. Finalmente so.. finalmente sono libera di amarla davvero, senza nessun dubbio a tormentarmi..”.

Castle sorrise debolmente. Aveva fatto molto male a sua figlia senza rendersene veramente conto, ma era riuscito, sebbene non potesse curare del tutto le sue ferite, a porvi rimedio.

“Ascolta, ci beviamo qualcosa? Io ho la gola secca. Nel frigobar Maurice avrà sicuramente lasciato qualcosa.. Succo di frutta tesoro?” disse posando il telecomando sul corrimano del divano.

Johanna sospirò: “Sinceramente avrei bisogno di qualcosa di più forte, magari un bel cocktail..” e, muovendosi di scatto, fece cadere il telecomando a terra. Si chinò per raccoglierlo, mentre suo padre le rispose perentorio: “Puoi scordarte…”, ma non riuscì a terminare la frase.

Nell’aria era comparsa un’altra voce che ormai anche Johanna aveva imparato a riconoscere. Entrambi tornarono a fissare lo schermo ammutoliti.

Il video era ripartito e mostrava una Kate un po’ imbranata, mentre cercava di sistemare l’obbiettivo della telecamera in modo da inquadrare la stanza nella quale era ben visibile una carrozzina..

-allora, vuoi partire? speriamo di aver toccato tutti i bottoni giusti o sarà un vero disastro.. tuo padre mi prenderà in giro fino alla fine dei miei giorni.. lui può riprenderti ogni volta che vuole e io no? Oggi lui non c’è e saremo noi le uniche ed indiscusse protagoniste di questo cortometraggio. Morirà d’invidia quando lo vedrà!-

Il pianto sommesso di una neonata echeggiò per la stanza e la giovane donna volse lo sguardo sorridendo verso la carrozzina. 

-eh no signorinella, tu stai cercando di fare la furba! Non hai nessun motivo per frignare, vuoi solo essere presa in braccio. Questi sono i vizi che ti danno tuo padre, tua sorella e i tuoi nonni… ok,  te li do anch’io, ma cosa ci possiamo fare se sei così irresistibile?- disse sollevando uno splendido fagottino vestito di rosa.

- Così si sta meglio vero Joy? La mamma è sempre la mamma..”.

La piccola fece un gridolino divertito, mentre Kate continuava a cullarla, senza mai staccare lo sguardo dal volto paffutello della sua bambina.

-Ci sarà da divertirsi con te, hai già le idee chiare a cinque mesi, figuriamoci quando avrai 17 anni! Ma ti avverto, non saranno tutte rose e fiori come adesso, sarò una mamma inflessibile!-

La piccola Joy come risposta emise un suono molto simile ad una risata e spalancò i sui occhietti blu per guardare meglio la sua mamma.

-però così è giocare sporco.. Io ti dico che diventerò più crudele di Crudelia Demon e tu mi fai un sorriso del genere? Io mi sciolgo qui all’istante, come neve al sole.. Secondo te come riesco a rimanere seria?-

Scoppiò a ridere e si chinò a tempestarle di bacini il pancino, mentre la piccola tentava di acchiapparle i capelli con le manine.

-No signorinella.. i capelli di mamma non si tirano. Se vuoi toccarmi devi farlo sul viso, magari dandomi delle carezzine tenere. Così, vedi?- e presale la manina le insegnò a toccarle dolcemente la guancia. 

La piccola continuava a fissarla come ipnotizzata, ben attenta a non perdersi nemmeno una parola del discorso di Kate.

La donna, intanto, sistemò i cuscini del divano per poterci adagiare sopra Johanna senza il pericolo che potesse cadere, in modo, però, che la bimba potesse muovere liberamente le braccine e le gambine.

La piccola, però, parve un poco contrariata all’idea e tentò di ribellarsi alla decisione materna emettendo un lieve suono che venne immediatamente bloccato da Kate: -Joy.. Sono qui non scappo mica. Sono proprio accanto a te! Ok, non sto più tenendoti in braccio, ma credi davvero che abbandonerei il dono più grande che la vita mi ha fatto? Non piangere, non sei sola. Senti la mia voce? Non c’è nessun bisogno di lasciarsi prendere dallo sconforto..-

La piccola Joy del filmato si tranquillizzò e riaprì i suoi occhietti incominciando ad agitare le manine regalandole un splendido sorriso sdentato.

La Joy adolescente, invece, si ritrovò sommersa dalle lacrime che le scorrevano lungo le guance, mentre il suo naso captò l’ormai inconfondibile profumo di ciliegia che annunciava la sua presenza.

-Ti ho già detto che sei bellissima tesoro mio? Tuo padre aveva ragione: ci si innamora dei propri figli, non c’è via di scampo. Io non avevo mai del tutto compreso il rapporto intrinseco che lui aveva con tua sorella, non potevo..

Ma nell’istante in cui quell’infermiera ti ha messo nelle mie braccia il giorno in cui sei nata ho sentito dentro di me qualcosa di inspiegabile.

Quel sentimento è partito dal punto più nascosto della mia anima per esplodere nel mio cuore con una potenza che non avrei mai potuto immaginare.

Ho scoperto cos’è l’Amore.

Il sentimento che provo per tuo padre è qualcosa di diverso, non meno intenso e non meno importante, ma il legame che lega me e te, bambina mia, ha una caratteristica che esso non può avere.

È Infinito.

Qualunque cosa succederò nelle nostre vite e nonostante i mille ostacoli che saremo costrette a superare, io ci sarò sempre per te.

Sai molto tempo fa, qualcuno mi raccontò una storia. Mi piacque molto, ma non ne capii il vero significato e ben presto la dimenticai..

Ora che tu sei qui mi è tornata alla mente e vorrei raccontartela. La vuoi ascoltare?-

La bimba mosse di scatto sia i piedini sia le gambine continuando ad emettere strani versetti.

-Lo prenderò per un sì! Allora..


Un bimbo che stava per nascere si rivolse al Signore:
«Mi hanno detto che mi farai scendere presto sulla Terra. Come potrò vivere così piccolo e indifeso?».

«Fra tanti angeli possibili ne ho scelto uno solo per te. Lui ti proteggerà. – rispose Dio, poi continuò-  Il tuo angelo canterà per te parole dolci e tenere, con infinita pazienza e tenerezza ti insegnerà a parlare».

Ma il bambino chiese con apprensione: «Come potrò parlare ancora con te?».

 «Il tuo angelo unirà le tue manine e ti insegnerà a pregare».

Il bambino, ancora molto preoccupato, chiese: «Ho sentito dire che la Terra è abitata da uomini cattivi… Chi mi difenderà?».

Dio, guardandolo con tenerezza, gli rispose: «Il tuo angelo ti difenderà a costo della propria vita».

«Ma il mio cuore sarà sempre triste, Signore, perché non ti vedrò più!».

 «Il tuo angelo ti parlerà di me e ti indicherà il cammino per ritornare alla mia presenza; sappi, però, che io sarò ogni istante accanto a te!».

In quel momento, però, si diffusero delle voci e dei rumori mai uditi prima ed il bambino angosciato gridò a gran voce: «Signore, sto scendendo verso la Terra! Dimmi ancora una cosa: qual è il nome del mio angelo?!? Così io saprò riconoscerlo e sarò al sicuro!».

Dio sorridendo gli rispose: «Il suo nome non ha nessuna  importanza piccolo mio, perchè tu lo chiamerai semplicemente mamma!».

Ti è piaciuta tesoro? Con questa storia voglio dirti due cose: io non so se sono o sarò davvero un angelo per te, ma cercherò con tutte le mie forze di essere una buona mamma.

Tu verrai prima di tutto, sempre. Farò qualunque cosa per te, amore mio, perché ti amo con tutta me stessa.-

Prese di nuovo tra le braccia sua figlia e se la strinse forte al petto, mentre la bimba riuscì ad afferrare la sua maglietta ed incominciò a tirarla come se volesse rispondere al gesto di sua madre.

-Ti voglio tantissimo bene Johanna. Non dimenticarlo mai-.
 


La giovane ragazza, seduta sullo stesso divano sul quale quella giovane madre aveva tenuto in braccio la sua bambina molti anni prima, per la prima volta nella sua vita si sentì completa.

Aveva cercato per molto tempo risposte a domande impossibili, senza mai trovare una verità che la soddisfacesse. Invece quelle poche parole pronunciate dalla voce di Kate le avevano finalmente regalato la serenità.

Tremò all’altezza delle spalle e capì di non essere mai stata veramente sola.

Se la notte precedente, quando l’aveva sentita per la prima volta, poteva esserle rimasto il dubbio intrinseco di averla solo immaginata, ora sapeva con assoluta certezza che Kate le era sempre rimasta accanto per tutta la sua vita.

Stava ancora piangendo, ma non di rabbia o di dolore. Quelle erano lacrime di gioia.

Per quanto dolorosa fosse quell’assurda situazione, la certezza di essere stata tanto amata, le faceva credere che, da quel momento in poi, il futuro sarebbe stato molto più roseo.

Chiuse gli occhi, respirò ancora una volta quel dolce aroma e mentalmente la ringraziò: “Grazie mamma… Se sono qui lo devo a te, al tuo immenso amore.. Se sono diventata così, lo devo a te a papà.. Vi prometto che cercherò di farvi sempre essere orgogliosi di me.. Ti voglio bene, dal profondo del mio cuore..”.

Non riuscì a pronunciare a voce alta quelle frasi, ma sapeva che Kate la stava ascoltando. Lei la conosceva meglio di chiunque altro, perchè sapeva leggere nella profondità del suo cuore e della sua anima.

Una mano le si appoggiò su una spalla dolcemente. Doveva essere stata immobile per parecchio tempo da quando lo schermo si era oscurato, ma suo padre non aveva voluto disturbarla fino a quell’istante.
Johanna appoggiò la sua mano su quella del padre e poi si voltò sorridendo. I suoi splendidi occhi azzurri brillavano di una luce nuova, del tutto diversa, che non aveva mai avuto in passato.

Castle restò impietrito davanti a quello sguardo, di certo non se lo aspettava.

“Avevi già visto quel filmato papà?” chiese Johanna.

L’uomo negò con la testa, in quel frangente era stato lui a rimanere senza parole. Nell’osservare quella scena dolcissima tra madre e figlia, la malinconia aveva preso il sopravvento su di lui.

Johanna si sarebbe meritata di poter trascorrere più tempo con sua madre e Kate di avere la possibilità di vederla crescere stupenda com’era diventata. Si rese conto di quanto era stato fortunato rispetto a sua moglie e, per la prima volta, provò un senso di vergogna per tutte le volte che si era sentito frustato a causa del passato.

Lui poteva provare simili sensazioni perché il cuore nel suo petto batteva ancora, Kate non aveva avuto la stessa fortuna. Abbassò il capo, non voleva farsi vedere piangere di nuovo da sua figlia, ma fu proprio lei a stupirlo ancora una volta.

“Papà, nessun rimpianto. Sono sicura che mamma non vorrebbe. Lei vuole vederti sorridere.. Da ciò che ho potuto capire, si è innamorata di te per la tua dolcezza e per la tua allegria. Non vorrai mica deluderla proprio adesso?”.

Castle guardò sua figlia dritta in viso e si rese conto una volta per tutte  che la somiglianza con sua madre non era solo fisica. Le accarezzò una guancia e poi la attirò a se abbracciandola forte.

“Non ti credere che solo perché il biondino mi ha spodestato dal mio trono, io non tenterò di riprendermelo! Sei sempre la mia bambina…” le sussurrò all’orecchio.

Johanna sorrise ancora appoggiata alla spalla del padre: “Nessuno ti ruberà mai il primo posto nel mio cuore papà, non dopo stasera.. Tu e Jeremy dovrete convivere insieme là dentro..”.

Castle si limitò a darle un bacio di sfuggita sul viso.

“Bene, bene, ma che scena commovente. Mi dispiace interrompervi, ma sono qualche anno che aspetto il vostro ritorno.. Non è gentile non salutare Rick. Ti ricordi ancora di me?”.

Una voce sibilante attirò la loro attenzione facendo voltare Rick che, d’istinto strinse Johanna ancor più forte, cercando di pararsi davanti a lei, come a proteggerla.

La ragazzina si voltò anch’essa spaventata e sorpresa dalla comparsa di quello sconosciuto e guardò interrogativa in direzione di suo padre. Notò che aveva cambiato espressione, era a dir poco terrorizzato, ma nello stesso tempo deciso. 

Fissò quell’uomo senza abbassare mai lo sguardo e a poco a poco nei suoi occhi apparve uno sguardo carico d’odio: “Ti sei portato via la persona a cui tenevo di più al mondo.. L’hai ammazzata senza pietà.. Come potrei dimenticarti Tyson? Dimmi solo come potrei…”.
 
 


Angolo mio!
Vi sono piaciuti i video?
Ora Johanna ha conosciuto davvero Kate e ha capito quanto amore la circondava. Ora sa quanto sua madre fosse una donna dolce, ma nello stesso tempo, quanto lo fosse anche suo padre. Li ha conosciuti entrambi ed ora sta superando tutto il dolore che aveva nell’anima..
Cavolo, è arrivato il gustafeste…. Sempre nei momenti meno opportuni!
Un ultima cosa, poi vi lascio in pace: la storia che Kate racconta alla Joy neonata non è opera mia, me la raccontava sempre mia nonna e quindi.. è opera sua, non so se esista veramente come favola.  
Alla prossima!
E sempre molte grazie a chi legge!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L'amore è... forza e coraggio (1p) ***


Fissò quell’uomo senza abbassare mai lo sguardo e a poco a poco nei suoi occhi apparve uno sguardo carico d’odio: “Ti sei portato via la persona a cui tenevo di più al mondo.. L’hai ammazzata senza pietà.. Come potrei dimenticarti Tyson? Dimmi solo come potrei…”.
 
 
 

Amore è…. Infinito

 

Image and video hosting by TinyPic

Un’improvvisa sensazione di gelo si fece strada dentro all’animo di Johanna, ma nello stesso tempo sentì le sue viscere contorcersi.

Aveva davanti agli occhi l’assassino di sua madre, l’uomo che aveva reso le loro vite un inferno, costringendoli ad anni di bugie e di sotterfugi.

L’uomo che l’aveva privata del suo amore, nel momento in cui forse ne aveva maggiormente bisogno..
Per la prima volta capì cos’era veramente l’odio, una rabbia le si irradiò per tutta l’anima e si alzò di scatto per avventarsici contro, ma suo padre la bloccò con prontezza: “No, Jo..”.

Tyson beffardo rise: “ Te la tieni stretta adesso scrittore? 17 anni fa non eri così attento.. è stato fin troppo facile farvi fessi e portarmela via”.

Poi volse lo sguardo verso Johanna e la ragazza sentì la pelle accapponarsi: “Sei decisamente cresciuta nanerottola e sembra proprio che la genetica si sia divertita con te. Ti ha reso uguale a lei.. Ora che ti ho visto, non mi sono pentito d’averti risparmiato la vita quella notte.. Lo scontro finale di stanotte sarà ancora più divertente!”.

Castle lo interruppe prontamente: “Questa notte non le accadrà nulla di male! Posso giurartelo..”.

Tyson, in silenzio, si muoveva per la stanza senza mai distogliere lo sguardo dai due. In quel momento Johanna si rese conto che l’uomo era armato: nella sua mano sinistra teneva saldamente una pistola di piccolo calibro.

Poi si fermò e parlò: “Puoi spiegarmi come fai ad esserne tanto sicuro? Chi la difenderà? Tu? Non essere ridicolo! Credi davvero di essere riuscito a sfuggirmi per tutti questi anni? Conoscevo perfettamente il nome di quel piccolo paesino di campagna, dove pensavi di essere al sicuro. Potevo venire a bussare alla tua porta in qualsiasi momento, ma ho preferito aspettare. Siete ancora vivi perché io vi ho permesso di esserlo. Te l’ho già spiegato una volta molti anni fa: io amo premeditare, io amo giocare con le mie vittime. Tu non sarai da meno..”.

Castle era sbiancato di colpo, incredulo e stordito da quelle parole.

Se era davvero a conoscenza di ogni dettaglio della loro fuga, aveva avuto sedici anni d’anticipo per preparare le sue mosse. Una mente contorta come la sua doveva aver progettato chissà quale assurdo piano aveva progettato per la sua vendetta.

Doveva assolutamente far uscire Johanna da quell’appartamento, doveva escogitare un piano per metterla in salvo, subito.

Tyson, intanto, continuava ad esprimere i suoi deliri d’onnipotenza: “Sai sono stato un uomo molto paziente, ma questa notte la nostra speciale partita finirà.. Naturalmente con la mia vittoria..”.

Johanna, rimasta in silenzio fino a quel momento, guardò quell’essere spregevole in faccia e, senza nessuna paura, decretò: “Non credere che ti renderemo la vita tanto facile. Non riuscirai a farci del male. L’unico a rimetterci sarai tu perché stiamo per comprarti un viaggio di sola andata per il carcere… E di lì, non uscirai più..”.

3xk scoppiò in una risata malvagia: “Per la miseria scrittore! Ha lo stesso caratterino tosto di sua madre!! Nonostante tutto, però, non le è bastato quella notte, come non servirà a te adesso ragazzina..”.

“Non osare parlare di lei, tu non hai nemmeno il diritto di nominarla..”. l’odio si stava impossessando della piccola Castle.

Il loro scontro di sguardi continuò senza la vittoria di alcuno, entrambi non avevano nessuna intenzione di abbassare gli occhi.

Il killer, così, decise di alzare la posta: “Non sono d’accordo con te ragazzina, ma devo ammettere che Kate Beckett merita onore.  Sai, è stata l’unica delle mie vittime a non aver implorato pietà. Mi ha guardato dritto negli occhi, proprio come stai facendo tu, e ha lasciato che le sparassi… Non si è nemmeno opposta”.

“Non ci credo..” sussurrò Johanna.

“Invece dovresti.. Le sue parole esatte sono state: -Puoi uccidermi anche adesso Tyson, ma non avrai mai mia figlia! Non ho paura di morire, perchè non voglio vivere senza di lei. Questo il tuo gioco vero? O io o la mia bambina non vedremo sorgere la luce del sole.. quindi ti facilito la scelta. Sparami- Non potevo certo non accontentarla!”.

“Sei un maledetto assassino!!” urlò Johanna cercando di gettarsi nuovamente contro di lui, ma Rick glielo impedì di nuovo cingendola per la vita..

“Jo, ti prego.. Non fare il suo gioco..” la implorò.

“Devo ammetterlo scrittore, tua figlia mi piace. È la seconda volta che tenta di disubbidirti per affrontarmi, per chiarire la situazione. A differenza tua dimostra coraggio...
Tu hai sempre tirato il sasso e nascosto la mano, fin  da quando ci siamo conosciuti. Hai cercato di mettermi i bastoni tra le ruote in ogni modo, non sei stato proprio capace di farti i fatti tuoi....”

Rick tagliò corto: “Sei uno spietato assassino Jerry, un manipolatore. Hai provocato dolore a moltissime famiglie, dovevi essere fermato. Ho solo aiutato Kate a farlo..”.

Tyson rise di nuovo: “ Ma ti ascolti quando parli? Non ci siete mai riusciti! Io libero di poter fare ciò che voglio.. Compreso uccidere.”.

Fece una breve pausa e poi, cambiando il suo tono di voce in uno molto serio, continuò: “Mi hai solo rovinato i piani. Ho dovuto mutare per non farmi catturare, trasformarmi in qualcuno che non mi rappresenta del tutto.. Sai come uccidevo.. dover usare una pistola è quasi un affronto per me.. Sei l’unico responsabile di tutto ciò, io desidero vendetta.. Non puoi passarla liscia..”.

Castle sospirò: “Credo che tu l’abbia già ottenuta. Ti sei preso mia moglie e la mia vecchia vita.

Mia figlia mi ha odiato per anni.

Hai distrutto in una sola notte tutto ciò che ero riuscito a creare con fatica, tutto ciò che avevo sempre desiderato.

Cosa vuoi di più? Perché sei ritornato?”.

L’assassino si voltò per squadrare Johanna da capo a piede, poi la indicò: “Lei.. Voglio lei... Voglio godermi la tua espressione quando la manderò a far compagnia alla sua adorata mamma.

Voglio toglierti tutto, lasciarti solo e farti capire cosa si prova ad essere annientati”.

Per un attimo nell’appartamento scese un gelo improvviso e sembrò che il tempo si fosse fermato. Sia il cuore di Johanna, ma soprattutto quello di Rick, avevano smesso di battere.

Tyson, invece, continuò a parlare: “Però ho deciso di farti un ultimo regalo. Un pensiero speciale per un nemico altrettanto speciale.. Nella pistola lascerò un ultimo colpo in canna e starà a te decidere che farne. Potrai uccidermi o potrai raggiungerle..

La scelta sarà solo tua..

Sei sempre stato solo un vigliacco, non ho dubbi su cosa sceglierai”.

Rick si ritrovò a tremare. Non aveva recepito in pieno le ultime frasi di quel pazzo, la sua mente si era bloccata su un unico concetto:  sua figlia non sarebbe morta quella notte.
Non lo avrebbe mai permesso. Doveva assolutamente escogitare un piano per garantirne l’incolumità.

Le si parò davanti e sentenziò: “Questa è una questione tra me e te, lascia fuori Johanna. Ha già sofferto troppo non credi? Hai ragione, sono stato un vigliacco nei confronti di mia moglie. L’ho esposta al pericolo, ma non mai avrei ipotizzato che potesse andare a finire così.. Non l’ho fermata quando avrei potuto e questo è il mio più grande rimpianto! Ora, però, sono pronto a fare qualunque sacrificio purché lasci andare la mia bambina.. Lei ha il diritto di vivere, non deve pagare per una colpa che non ha commesso”.

La ragazza, però, parve contrariata e cercò d’opporsi: “No papà. Non me ne andrò da qui senza di te..”, ma Castle la interruppe perentorio: “Jo, per una volta nella tua vita, farai esattamente ciò che ti dico di fare!”.

Aveva alzato la voce, ma non poteva permettersi di perdere quell’occasione ora che aveva creato nella mente di quel farabutto l’idea di concederle una possibilità di salvezza.

Il killer di Kate Beckett camminava avanti ed indietro per la stanza, osservando con attenzione quella deliziosa scenetta. Si stava svolgendo tutto esattamente come aveva prestabilito, ancora una volta quello sciocco scrittore stava facendo il suo gioco.

Possibile che non avesse ancora imparato niente? L’apparenza è ingannevole.

Lasciò che padre e figlia si chiarissero ancora un poco, poi si voltò per guardarli in faccia e concluse: “Credo sia venuto il momento di decidere cosa vogliamo fare. Non vi darò ancora molto tempo per rifletterci su!

Signorina lo dirò una volta sola, ma tuo padre ha ragione. È ora che sia lui a pagare per i suoi errori, non le persone che gli sono accanto. Finalmente ha capito come si comporta un vero uomo.

Sfrutta al meglio questa chance, non ne avrai altre. Puoi uscire da quella porta ora.. Vattene subito o metterò in pratica il mio piano originale…”.

Rick la sollecitò: “Amore, vai. Non perdere tempo..”.

Johanna scosse la testa, ma si bloccò quando incrociò lo sguardo di suo padre. La stava letteralmente pregando…

3xk attirò la loro attenzione: “Prima di mantenere ciò che ho appena promesso, voglio che tu ascolti per bene cosa accadde davvero quella notte, quando tua madre morì. Voglio che tu ti renda conto perché tuo padre è stato condannato dalla mia giustizia.. devi capire..”.

Johanna fu lapidaria: “Lui non ha colpe, non è stato lui ad ucciderla. Sei stato tu.. Papà ha solo cercato di fare la cosa giusta..”.

L'uomo spostò lo sguardo verso lo scrittore: “ma come Rick.. tutta la vita a predicare di perseguire a retta via e non sei ancora riuscito a raccontarle tutta la verità? A dirle che sua madre era ferita, quando l’hai mandata a cercarla?”.

Johanna, nell’udire quelle parole, cercò conforto nel volto del padre che, improvvisamente ammutolito, non ebbe il coraggio di parlare.

“L’avevo colpita duramente a una gamba durante la nostra lotta  in questo bello appartamento. Una ferita superficiale di poca importanza, ma che le impedì di riuscire a dileguarsi col giusto tempismo, quando riuscì a ritrovarti. Non riuscì a correre veloce e questo le fu fatale..”.

La ragazzina era sbiancata in volto e continuava a fissare suo padre: “Sta mentendo, vero? Mamma stava bene, aveva le giuste energie per poter fuggire..”. Aveva quasi balbettato, incredula a causa di quell’ultima rivelazione.

Castle maledì l’universo: Tyson stava ingigantendo un inutile dettaglio solo per poter ferire volontariamente Johanna. Kate aveva un lieve taglio sul polpaccio, un’escoriazione, ma nulla di più. L’aveva vista catturare assassini e delinquenti in condizioni peggiori, quel graffietto era del tutto insignificante.

Non l’avrebbe né rallentata né fermata.. Decise, però, di utilizzare il tiro mancino di quel pazzo a suo favore. Avrebbe mentito di nuovo alla sua bambina, ma non aveva scelta.

Se si fosse arrabbiata, sarebbe riuscito a convincerla ad andarsene.  

Così scosse la testa: “No tesoro, purtroppo ha ragione. La gamba le faceva male…”.

“E l’hai lasciata andare da sola? Non l’hai seguita?”.

“Con la scusa d’andare in camera a riposare, ha eluso la sorveglianza dei suoi colleghi ed è venuta a cercarti. Ho capito all’istante le sue vere intenzioni, ma, se mi fossi allontanato anch’io, avremmo dato nell’occhio e ci avrebbero fermato. Lo so, non ho scusanti… ma…”

La risposta della ragazza, però, lo gelò: “Non esistono ma, papà.. Non posso crederci..”.

Johanna aveva lo sguardo fisso e spento, come se volesse trattenere dentro di sé ogni emozione..

Tyson sorrise trionfante: per completare in pieno la sua vendetta quella sciocca ragazzina doveva ritenerlo l’unico vero responsabile..

Era stato fin troppo facile..

“Bene, vedo che sei una tipa sveglia! Il racconto di quella lunga serata non è ancora finito, devi ancora conoscere un particolare decisamente interessante.

Tua madre era molto furba e riuscì a fregarmi, lo ammetto. Riuscì a metterti in salvo, ma non a sfuggirmi. La trovai in strada e sparai un colpo in aria per intimorirla. Era di schiena, ma a quel suono, si voltò e cercò i miei occhi…”.

Johanna lo ascoltava senza muovere un solo muscolo, ma quel racconto non la sconvolse più di tanto. Ne conosceva a memoria ogni singolo dettaglio, considerando che lo aveva rivissuto nei suoi sogni ogni notte della sua vita.

“….Non indietreggiò e non si mosse, probabilmente per non farmi capire la tua collocazione, ma io sapevo che non potevi di certo essere troppo lontana..

Sembrava una leonessa per la determinazione che aveva nel proteggerti..

Il mio piano era arrivato a compimento e lei lo sapeva. Si sacrificò per te senza indugio e senza rimpianto.

Così le sparai un solo colpo, non mortale all’istante, ma che non le avrebbe lasciato scampo in ogni caso, a lungo andare. Volevo solo farle guadagnare un po’ di tempo.. le avevo dato una possibilità.. se l’avessero trovata in tempo, avrebbero potuto salvarla..

Mandai a tuo padre un messaggio dal cellulare di tua madre, dove gli indicavo il luogo dove vi avrebbe ritrovate e dicevo che tutto era andato per il meglio…”.

Il racconto dell’uomo fu interrotto da un urlo di Castle: “Sta zitto!! Non dire altro!! Un giorno brucerai all’inferno Tyson, se è vero che esiste una giustizia!”

Mi affrettai a raggiungerlo senza avvisare nessuno, con la speranza che steste bene, ma, quando giunsi in quel maledetto vicolo e la vidi, fui colto dal terrore…

Era in un lago di sangue, ma era ancora viva.. Chiamai un’ambulanza immediatamente.

La presi tra le mie braccia e l’appoggiai contro il mio petto, dicendole di resistere, che avremmo risolto tutto.

Purtroppo, quando i soccorsi arrivarono, se n’era già andata…

Tu avevi iniziato a piangere fortissimo nel preciso istante in cui Kate chiuse gli occhi alla vita, come se ti fossi resa conto  di quello che stava accadendo. Io ti sentivo, ma  ero come in trance e non riuscivo a muovermi. Sentivo la tua disperazione, ma nonostante tutto rimasi dov’ero..

Continuavo a stringere tua madre nelle braccia nel disperato tentativo di riportarla in vita col mio calore..
Non ricordo chi mi convinse a lasciar andare il suo corpo, solo in seguito mi dissero che tu eri stata portata via da Lanie, la miglior amica di Kate..

Il resto di quella notte rimane un enorme buco nero. Se chiudo gli occhi e ripenso a quegli istanti, ciò che sento è solo dolore…”.

Il racconto dell’uomo si concluse così. La voce era rotta dalla commozione, doveva necessariamente riprendere fiato. Rivivere quei momenti era stato troppo doloroso e doverli narrare a sua figlia, era stato come ricevere un pugno in pieno stomaco.

La voce di Johanna lo riportò alla realtà: “Quindi l’hai lasciata morire? Non sei stato in grado di tamponare l’emorragia fino all’arrivo dei soccorsi?! Mamma poteva essere salvata…”.

Johanna aveva incominciato a muoversi per la stanza senza sosta scrutandone ogni angolo, senza mai trovare il coraggio di guardare il suo vecchio in viso. Si passò una mano tra capelli castani e, quando passò davanti ad un antico vaso in ceramica, dovette star bene attenta a non farlo cadere.

La rabbia aveva probabilmente preso di nuovo il sopravvento su di lei: “Sei in parte colpevole della sua morte.. non riesco ancora a crederci..”.

L’uomo tento di replicare cercando di afferrarla per un braccio: “Jo, ascolta…”, ma la ragazza si scostò con un forte strattone: “No! Non ascolterò nulla! Anzi, sai che ti dico? Accetto la sua proposta e me ne vado da qui! Non voglio rischiare la vita per uno come te… Con me hai chiuso… Non mi importa cosa succederà stanotte…” e detto questo si avviò verso l’uscita senza che nessuno tentasse di fermarla.
 
 



Angolo mio!
Ho dovuto dividere anche questo capitolo, dovrete avere pazienza…
È iniziato lo scontro.. Come vi sembra?
Johanna è andata via…. L’ha abbandonato di nuovo..
Come andrà a finire?
Alla prossima…

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** L'amore è... forza e coraggio (2p) ***


L’uomo tento di replicare cercando di afferrarla per un braccio: “Jo, ascolta…”, ma la ragazza si scostò con un forte strattone: “No! Non ascolterò nulla! Anzi, sai che ti dico? Accetto la sua proposta e me ne vado da qui! Non voglio rischiare la vita per uno come te… Con me hai chiuso… Non mi importa cosa succederà stanotte…” e detto questo si avviò verso l’uscita senza che nessuno tentasse di fermarla.
 
 

Amore è…. Infinito

 
 

Image and video hosting by TinyPic



Tyson aveva vinto.

Non solo stava per mandarlo all’altro mondo, ma il suo piano per distruggerlo aveva funzionato in pieno.
Aveva perso tutto quello a cui era maggiormente legato.

Prima sua moglie.

Adesso anche sua figlia.

L’odio che provava nella sua anima l’avrebbe logorata fino alla fine dei suoi giorni, rendendola una donna infelice, mai del tutto soddisfatta. Aveva infranto la promessa fatta a Kate quella notte, non era riuscito ad evitare di distruggere l’animo della loro bambina..

Erano rimasti soli e potevano chiudere i conti: “Scrittore anche lei se n’è andata, ti ha abbandonato..”.

“Non posso di certo biasimarla, ne aveva tutte le ragioni.. Le ho rovinato la vita..” rispose Castle continuando a fissare la porta, ancora incredulo.

“Beh rilassati. Tra pochi minuti potrai chiedere scusa a tua moglie personalmente, almeno ti sarai levato un peso dalla coscienza. Non ho nessuna intenzione di risparmiarti, non  l’ho mai avuta. Volevo solo distruggerti definitivamente, in modo che vedessi la morte come una liberazione. Quasi come un regalo..”.

La follia di Tyson aveva quasi raggiunto il suo limite ultimo e Castle aveva capito che la situazione sarebbe degenerata da un momento all’altro.

Aveva il cuore a pezzi. Non gli importava cosa sarebbe successo di lì a poco, il suo unico pensiero rimaneva Johanna.  Jim ed Alexis si sarebbero presi cura di lei.. Le augurò con tutto il cuore che Jeremy la rendesse felice e l’aiutasse a superare questo difficile momento.

Lui aveva fatto tutto ciò che umanamente era possibile, ma non era bastato.
Non aveva molto da recriminarsi, ma non avrebbe avuto altro tempo per sopperire alle sue mancanze.

Chiuse per un momento gli occhi e pregò che sua figlia potesse un giorno perdonarlo, poi, quando li riaprì, vide che il suo assassino aveva la pistola in pugno, pronto a colpirlo.

Sicuro gli intimò: “Avanti, facciamola finita. Fa ciò che devi e mettiamo fine a questa follia.”.

Lo spietato assassino non si fece di certo pregare e con aria trionfante sibilò: “Con immenso piacere..” e si preparò a far fuoco.

Castle chiuse di nuovo gli occhi preparandosi a ciò che stava per accadere: il suo pensiero volò alle tre regine del suo cuore: “Johanna, Alexis vi amo con tutto il mio cuore, spero che un giorno riuscirete a ricordarmi con affetto… Kate, amore mio, sto arrivando, vienimi incontro..”, ma improvvisamente un rumore del tutto inatteso lo riportò alla realtà e lo costrinse a ritornare vigile.

Ciò che vide, però, non lo tranquillizzò: Tyson era caduto a terra, abbattuto da qualcosa che gli aveva fatto perdere l’equilibrio. Riconobbe la figura esile di sua figlia nell’istante in cui quel criminale tentò di liberarsi del suo corpo da dosso, per rimettersi in piedi.

La ragazzina, però, oppose tutta la resistenza possibile, consapevole che non ce l’avrebbe fatta ancora per molto. Era riuscita nel suo intento perché aveva utilizzato il fattore sorpresa. Si stava guardando intorno alla disperata ricerca di qualcosa che le venisse in aiuto e, una volta trovatolo, non esitò ad utilizzarlo.

Pochi attimi prima che l’uomo riuscisse a liberarsi di lei, gli fracassò sulla testa il vaso di ceramica, scrutato poco prima sul mobiletto lì vicino, facendolo svenire.

Castle era rimasto basito ed attonito durante tutta la scena, Johanna aveva dimostrato coraggio da vendere.

“Papà, sveglia! Hai intenzione di darmi una mano a legare il bell’addormentato o lasciamo che si svegli e porti a termine la sua vendetta? Avanti non perdiamo troppo tempo, la polizia sta arrivando, ma non voglio correre il rischio di dovermi di nuovo cimentare con i deliri di questo pazzo!”.

“La polizia sarà qui a minuti? Ma come è possibile?”.

“Oddio papà, l’ho chiamata io! Se non ricordi male possiedo un cellulare e Maurice, che stava casualmente passeggiando sul nostro piano, oltre ad avermi procurato una corda in men che non si dica, mi ha suggerito di chiamare il 12esimo distretto. All’inizio, quando mi sono identificata ed ho chiesto aiuto, sono rimasti un po’ basiti, poi mi hanno assicurato che sarebbero arrivati subito. Quell’ispettore Ryan, così mi sembra che si sia presentato, non ha voluto nemmeno sapere l’indirizzo.. Mah… Qui a New York siete parecchio strani..”.

Rick, mentre fissava la corda con nodi ben stretti sui polsi di Tyson, sorrise visibilmente: “Non è un comportamento tanto strano. Tuo zio Kevin conosce benissimo la collocazione di questa casa.
Tua madre lavorava al 12esimo e sia l’ispettore Kevin Ryan sia l’ispettore Javier Esposito erano i suoi colleghi, nonché i suoi migliori amici…”.

Johanna lo guardò sorridendo: “ Quindi stiamo per conoscere un’altra parte della nostra famiglia?”.

L’uomo annuì e la ragazzina rispose: “Ne sono davvero felice..”.

Si alzò dal corpo inerme di Tyson, in modo che suo padre potesse darle il cambio a tenerlo fermo nel caso si fosse svegliato. Si passò una mano sul viso e si accorse che la tensione accumulata in quelle ultime ore le era ricaduta improvvisamente sulle spalle. Nell’istante in cui aveva agito la scarica d’adrenalina che le aveva attraversato le vene l’aveva resa vigile e lucida, ora che il suo effetto incominciava a sparire, la stanchezza stava prendendo il sopravvento su di lei.

Così andò verso la cucina per prendersi un bicchiere d’acqua, confortata dallo sguardo dal padre..

Aveva corso un bel rischio, ma ne era valsa la pena, finalmente erano liberi.

Fece scorrere l’acqua dal rubinetto un bel po’, poi lavò la faccia sperando di liberare un poco gli occhi dalle terribili occhiaie che dovevano essere apparse sul suo bel viso. Quando si apprestò a bere, la porta del loro loft si aprì di slancio andando a sbattere senza ritegno contro il muro adiacente.

Una donna di colore sulla quarantina avanzata, non molto alta, ma con ancora un bel corpo, fece quasi irruzione gridando: “Richard Alexander Castle, io e te dobbiamo parlare! Ho voglia si strangolarti con le mie mani, scrittore da strapazzo!”.

Immediatamente venne raggiunta da due uomini, uno dai tratti tipicamente ispanici e l’altro con alcune caratteristiche fisiche le rimandarono alla mente gli irlandesi. Cercarono di fermarla, ma la donna appariva molto decisa e si avvicinò senza alcun indugio a suo padre.

Rick, nell’udire il suono della sua voce, non potè far a meno di sorridere divertito e la salutò: “Lanie, a che dobbiamo l’onore? Non avevamo richiesto i servigi del coroner.. Il nostro malcapitato è ancora vivo..”.

 La donna alzò ancor di più il tono di voce: “Il coroner servirà a te, se non la pianti di fare affermazioni idiote! Sparisci da New York molti anni fa senza dire una parola, portandoti via la creatura della mia vita e speri che adesso io ti getti le braccia al collo in segno d’amicizia?”.

 Lo scrittore scoppiò a ridere: “Anch’io sono contento di rivederti Lanie! Non puoi immaginare quanto mi siete mancati..”.

“Non ci provare, non fare il sentimentale con me. Con Kate poteva funzionare, ma con me non attacca mio caro. Dovrai fare molto di più per farti perdonare!!!” disse posando le mani sui suoi fianchi ed assumendo un atteggiamento ancora arrabbiato.

I due uomini rimasti in disparte fino a quel momento si avvicinarono a Castle e decretarono: “Lanie ha ragione fratello. Abbiamo diritto ad una spiegazione, ma prima, mandiamo questo lestofante in gattabuia una volta per tutte! Non credere di cavartela così a buon mercato”.

Presero Tyson sotto la loro custodia consegnandolo ad un poliziotto che era arrivato insieme a tutti loro e, dopo avergli impartito ordini ben precisi, tornarono indietro sui loro passi e fissarono Castle con aria interrogativa.

Non si erano minimamente accorti della presenza di Johanna, non l’avevamo minimamente notata.

La ragazzina decise di godersi la scena, ebbe la sensazione che si sarebbe divertita. Appoggio i gomiti sul balcone della cucina ed aspettò il susseguirsi degli eventi.

Lanie ritornò sul discorso: “Adesso ci devi spiegare il perché.. per quale assurdo motivo hai preso tutto ciò che rimaneva della tua vita e sei fuggito. Non ti azzardare a dire che l’hai fatto per proteggere Johanna da quello lì, perché noi avremo potuto aiutarti con tutta l’anima.. Bastava solo che lo chiedessi e avremo fatto qualunque cosa. Avremo infranto qualunque regola per voi..”.

“Lo so bene Lanie, ma..”

“Concordo su tutta la linea. Noi adoravamo Kate, eravamo come una famiglia. Non ti fidavi più di noi?” domandò l’ispanico.

“Certo che mi fidavo di voi Javier! Che domande fai? Solo che in quelle circostanze è stata la scelta migliore che potessi fare, non avevo altre soluzioni..” tentò di spiegare lo scrittore.

“Continuiamo a rimanere allibiti, soprattutto perché non ci hai dato un segno di vita per 17 anni.. neanche una cartolina, una fotografia della nostra nipotina.. chissà come sarà cresciuta..” disse la donna con una punta di malinconia che Johanna percepì immediatamente.

 La giovane si ricordò delle parole dette da suo padre, mentre raccontava la morte di sua madre e collegò che quella donna era stata la migliore amica di Kate. La stessa donna che si era presa cura di lei, mentre il mondo di suo padre era crollato come un castello di carte sferzato dal vento.

Decise allora di farsi avanti e di raggiungerli: “Credo che tu lo possa constatare da sola. Non credo di dovermi presentare..”.

Nell’udire la sua voce, i tre si voltarono e rimasero con la bocca spalancata. Johanna avanzò verso di loro e andò a posizionarsi accanto al padre che le strinse un braccio intorno alle spalle.

La squadrarono da capo a piede senza dire una parola, ma l’espressione dei loro volti parlava da sola.
La ragazzina non potè far a meno di sorridere divertita: “Beh papà sono riuscita a zittirli. Non credevo
 fosse così facile, vero Lanie?”

Solo la patologa riuscì a rispondere: “In effetti è così, ma ci hai lasciato senza fiato.. Sei talmente…”

“Uguale a lei! Sì, lo so. Me lo dicono tutti e sono arrivata alla conclusione che sia davvero un grande complimento”.

“Lo è, lo è…” rispose Esposito continuando a fissarla.

Johanna sfoderò il suo miglior sorriso: “ La nostra è una lunga storia e avremo tanto tempo per spiegarvela, perchè io vorrei conoscervi meglio. Se per voi non è un problema, s’intende.. So che mamma vi voleva molto bene e mi piacerebbe volervene anch’io..”.

Lanie si avvicinò a lei e la abbracciò di slancio: “Non sarà mai un problema tesorino! Tu sei mia nipote, credi davvero che ti lascerò in pace ora che sei tornata? Con me potrai confidarti su tutto ciò che vuoi.. a proposito, parliamo di cose serie. Una bella ragazza come te non può non avere un fidanzato…”.

Johanna rise: “In effetti ce l’ho… Si chiama Jeremy ed è molto carino…”.

“Molto bene! Ora ti insegnerò come vanno trattati gli uomini….” e presala sottobraccio, si allontanarono dalla parte maschile del gruppo.

Castle gridò: “Non traviarmela e non farti ingannare da quell’aria da cerbiattina! È molto meno ingenua di quel che sembra..”, ma non poté non essere felice della scena che aveva sotto gli occhi.

Era bello essere di nuovo tutti insieme, essere di nuovo una famiglia.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla: “E’ davvero una brava ragazza bro, sei stata molto in gamba nel crescerla”.

Rick, però, non era del tutto d’accordo: “Io non ho fatto niente, anzi ho commesso molti errori con lei. Nonostante tutto, però, Johanna è una ragazza straordinaria come sua madre. Ha molto in comune con lei e io ne sono entusiasta.
È forte e intraprendente, dolce ed adorabile, ma è anche frustrante ed impulsiva, testarda e complicata, ma, proprio come con Kate, ne vale assolutamente la pena. Non importa se mi farà diventare pazzo…
Io la amo con tutto me stesso e sono davvero molto orgoglioso di lei…”.

Aveva espresso quelle considerazioni ad alta voce in modo che i due fratelli di un tempo potessero sentire, ma in realtà stava parlando a se stesso.

Il loro lungo esilio era finalmente finito.

Avrebbero potuto vivere liberamente nella loro città, vicino alle persone che amavano. Johanna avrebbe potuto avere la vita che aveva sempre desiderato.

Dopo molto tempo anche  dentro al suo animo ferito ritornò ad affacciarsi un briciolo di felicità e di speranza,  tutto grazie alla fuga di una dolce ragazzina.

Il tempo insieme passò talmente velocemente che era giunta quasi l’alba, quando i tre amici decisero di ritornare al distretto.

Castle e Johanna rimasero soli nella loro casa.

Si sedettero entrambi sul divano sprofondandoci dentro. Castle allungò le gambe, mentre Johanna decise d’accovacciarsi sopra di lui, raccogliendosi in posizione fetale contro il suo vecchio.

L’uomo le accarezzò i capelli dolcemente poi intavolò un discorso che prima non avevano potuto affrontare: “Tesoro, perché sei tornata indietro? Credevo che te ne fossi andata…”.

Johanna si voltò di scatto: “Papà, guardami negli occhi. Davvero credevi che ti avessi abbandonato nelle grinfie di quel maledetto? Che avrei rinunciato a te, dopo aver saputo come è morta la mamma? Ho solo fatto il suo gioco, gli ho fatto credere che fosse riuscito a convincermi a passare dalla sua parte. Non ho mai creduto che fosse realmente colpa tua.. Fingendo di andarmene ho guadagnato quel poco tempo che mi ha permesso di avvertire la polizia e di darti una mano concreta a sbarazzarti di quel maniaco o ci avrebbe uccisi entrambi..”..

Castle le diede un bacio sulla fronte: “Sai per un attimo ho davvero creduto di averti perso…”.

Johanna sorrise: “Ma papà, così mi deludi.. Non hai apprezzato la mia interpretazione alla Rogers? In fondo ho nelle vene il sangue della nonna.. Lei era un’ottima attrice e io ho cercato di renderle onore..”.

“Se fosse stata qui avrebbe rischiato l’infarto, quando hai rotto quel vaso da milioni di dollari sulla testa di Tyson..”.

Castle rise di gusto, seguito a ruota da sua figlia.

Johanna poi gli accarezzò una guancia e lo fissò seria.

“Voglio che ora mi prometti una cosa: non pensare mai più che io possa abbandonarti… 

Io ti voglio bene papà…

Sei la persona più importante del mondo e non mi perderai mai più…”.

Il cuore di Rick si fermò per un momento.

Sua figlia non aveva mai detto quella frase, mai.

In tutti quegli anni il loro rapporto era sempre stato troppo burrascoso per lasciare che sentimenti del genere potessero vedere la luce. Era estasiato, quasi commosso, ma più di ogni altra cosa era felice.

Passò una mano sotto la schiena di Johanna e con un rapido gesto la attirò contro il suo petto stringendola forte e baciandole la testa senza fermarsi: “Anch’io ti voglio bene Johanna e mi dispiace se ti ho fatto soffrire”.

La ragazza gli accarezzò la schiena: “Non ti scusare più papà. Stanotte ho capito quanto sono stata fortunata ad avere un padre come te, perchè sono sempre stata al primo posto nel tuo cuore, nei tuoi pensieri e nella tua anima. Non potevo e non posso chiedere di più..”.

Rick si limitò a stringerla ancora, a coccolarla e a farle sentire quanto amore era in grado di dare..
Sperando che quella notte così speciale non finisse mai…..

“Papà, ho ancora una domanda da farti…” chiese ad un tratto Johanna.

“Tutto quello che vuoi, amore mio”.

La giovane cercò i suoi occhi: “Cosa ti ha detto la mamma quando stava morendo nelle tue braccia? Non dirmi “niente” perché non ci credo! Cosa ti ha fatto promettere?”.

L’intelligenza di quella ragazzina lo stupiva ogni volta di più. Respirò profondamente e decise di accontentare il suo desiderio: “Nell’istante in cui si rese conto della mia presenza nonostante fosse molto debole, Kate aprì gli occhi e cercò il mio sguardo. Tentò di parlare molte volte, ma io ero in preda al terrore e non l’ascoltai. Poi quando incominciò ad agitarsi per attirare la mia attenzione, riuscii a concentrarmi su quello che stava tentando di comunicarmi. Mi disse che il colpevole del tuo rapimento era 3xk e che se n’era appena andato da lì. Che ero in pericolo… ma soprattutto che tu eri in pericolo… mi fece promettere che se il capitano Gates e i suoi amici non lo avessero catturato avrei dovuto portarti via da New York, lontana dai guai..” si fermò un istante a riprendere fiato, quei ricordi erano sempre molto dolorosi.

Poi continuò: “Non solo, mi fece promettere che se non fosse sopravvissuta tu non avresti mai dovuto sapere che lei si era sacrificata. Lei non voleva assolutamente che tu ti ritenessi responsabile della sua morte, che provassi lo stesso terribile dolore che lei aveva dovuto ospitare nel suo cuore per buona parte della sua esistenza. Preferiva che la odiassi, piuttosto che saperti straziata dal rimorso per il resto della tua vita…”.

“Per questo mi hai raccontato tutte quelle bugie..- sospirò profondamente- in fondo volevate solo proteggermi…”.

Rick la baciò sul viso: “Sei ancora arrabbiata con noi?”.

“No.. mai… Vi devo tutto…” disse tornado ad abbracciare il padre.

Un dolce profumo di ciliegie arrivò al naso di Rick, segnale che anche sua moglie era lì con loro.

Grazie per essere qui amore mio, hai visto? Alla fine non ti ho deluso, sono riuscito a proteggerla.. a salvarla dalle sue grinfie…

Verrò presto da te, ho ancora disperatamente bisogno di te.. Abbiamo molte cose da dirci..

Un freddo pungente si impadronì di lui, ma Castle non tremò, anzi ne fu felice. Sapeva che da quel momento in poi tutto sarebbe andato per il meglio.

Aveva ancora da sistemare alcuni particolari per il loro rientro, ma ci avrebbe pensato in un altro momento.

In quel momento voleva solo godersi il dolce abbraccio della sua bambina.
 
 




Angolo mio!
Questo è l’ultimo capitolo vero della storia, il prossimo è solo un piccolo epilogo dove vi spiegherò alcune cose.
Avete visto? È andato tutto per il meglio, Johanna e Riccardone sono salvi e si sono ricongiunti con la loro famiglia.
Il loro rapporto è cambiato davvero e Johanna ha detto al suo papà che gli vuole bene.. Tenerella..
Vi ringrazio adesso, perché non so che non sarò in grado di farlo nell’ultimo capitolo.

Grazie a tutte voi che avete letto. La storia non era delle più allegre, è strana  e complicata… So che seguirla è stato difficile a tratti, per questo vi dico grazie di cuore.

Grazie a chi ha recensito, a chi ha solamente letto ed a tutte le ragazze del gruppo che mi hanno sempre lasciato dei post molto carini!

Grazie a te Rebecca… Mi hai sopportato ed aiutato durante la stesura, quando ero in fibrillazione ventricolare per il titolo che non mi veniva (e lo hai beccato in pieno senza sapere davvero dove sarei andata a parare, mitica!) e anche per il banner (e hai avuto anche l’apprezzamento di chi sai tu.. cosa non da poco).. Per tutte le belle frasi che mi hai detto… Insomma, <3 per te!

Ci sentiamo ancora per l’epilogo! Alla prossima!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** L'amore è.... Infinito! ***




Amore è…. Infinito

 
 


Image and video hosting by TinyPic



Il sole brillava nel cielo quel giorno, come diciotto anni prima, quando era stato costretto ad accompagnarla lì.

Gli avevano detto che era stato esemplare: aveva salutato tutti quelli che gli si erano avvicinati per cercare di lenire il suo dolore e aveva stretto molte mani, anche a persone che non conosceva.

Lui non aveva ricordo di quelle ore, come se il suo cervello avesse voluto eliminare quel dolore straziante.
Ricordava solo le manine di Johanna stringergli il colletto della camicia.

Non l’aveva più lasciata, non aveva voluto nemmeno darla in braccio a Jim o ad Alexis. Doveva tenerla lui.. doveva sentire il calore di suo padre durante quei momenti terribili.

L’indomani era scappato da New York con le sue figlie in fretta e furia, quando il capitano Gates gli aveva comunicato che l’assassino era riuscito a sfuggirgli e a rendersi irrintracciabile. Non c’era stato il tempo di tornare a salutarla, la paura aveva preso il sopravvento.

Ora, però, tutto era finito e lei era lì che lo aspettava.

Quella mattina era uscito di casa molto presto, quasi all’alba, lasciando Johanna alle cure di Jeremy. Quei due avevano un sacco di progetti per la giornata e lui sarebbe stato solo d’intralcio.

Così era venuto da lei.

Salì piano la salita della collinetta e, ormai giunto da Kate, si sedette sull’erba accanto a lei. Accarezzò la sua foto con un dito e le disse semplicemente: “Ciao tesoro”.

Rimase per un attimo in silenzio, poi posò accanto al marmo tombale, un oggetto molto importante per loro, qualcosa di veramente speciale.

“Ti ho portato un caffelatte con latte scremato alla vaniglia senza zucchero, proprio come piace a te. Ero indeciso se comprarti dei fiori, poi ho pensato che, considerato che devo farmi perdonare tante cose, la bevanda del nostro amore era il regalo indicato per farti felice. Ogni volta in quei lunghi quattro anni ti ha sempre strappato un sorriso e non vedo perché non dovrebbe farlo oggi. Lo vedi, ci sono riuscito ancora: hai appena alzato gli occhi al cielo e hai sorriso. Ti ho visto, sai?”.

Si fermò un istante per riprendere fiato, un groppo gli aveva serrato la gola. Ma continuò: “Non so perché sono venuto a parlarti qui, avrei potuto farlo molte altre volte in questi anni. Lo so che sei sempre stata accanto a me ed a Johanna, ti sentivo. Ho sempre sentito il tuo inconfondibile odore di ciliegia aggirarsi nella nostra casa nei momenti più impensati, quando mi sentivo solo e sperduto. Ogni volta che chiudevo gli occhi la tua immagine era davanti a me in tutta la sua bellezza e nelle calde sere d’estate, quando uscivo in terrazza e guardavo le stelle, potevo addirittura toccarti col pensiero.

Avevo ragione, sei un mistero che non sarei mai riuscito a svelare..

Ho sempre creduto nella magia, l’avevo trovata con te e non poteva di certo abbandonarmi nonostante la morte ti avesse strappato da noi. Tanti dicono che non si può rinascere, ma tu hai compiuto un miracolo anche in questo caso.

Hai continuato a vivere in nostra figlia, sei sbocciata giorno per giorno in lei. Ti assomigliava già quando è nata, ma questo già lo sai, ma, mentre cresceva, diventava la tua copia vivente. Stessa dolcezza, stessa testardaggine, stesso magnetismo. Il biondino mi darebbe ragione, fidati.

È stato difficile crescerla senza di te, non perché fosse una ragazzina troppo complicata, ma perché ogni volta che dovevo prendere una decisione importante su di lei, mi ritrovavo a pensare se tu saresti stata d’accordo. Se quello che stavo facendo era giusto.

Meno male che quando stavo toppando clamorosamente mi hai ricondotto sulla retta via. Lo so che ci sei tu dietro a tutto questo pandemonio.

È tipicamente da te.

Con tutti i libri del creato il biondino ha casualmente imprestato Heat Wave a nostra figlia e, ancor più casualmente, abbiamo litigato per causa sua. Sapevi che avrei dato di matto e che Alexis avrebbe fatto di testa sua. Per non parlare di tua figlia che mi ha fatto perdere dieci anni di vita con la sua fuga..

A quanto pare ci conosci benissimo e siamo molto prevedibili, ti ringrazio immensamente per questa botta di vita! Non ti azzardare a ridere, perché non è stato per niente divertente….”

Si fermò per respirare ed accarezzò di nuovo la fotografia: “..Sai detective, mi manchi. Ho fatto finta che non fosse vero per così tanti anni che ora dirlo mi pare una liberazione.. Sì, mi manchi immensamente e credo d’aver capito perché ti sei messa in mezzo nella vita finta in cui mi stavo nascondendo.

Vuoi che io vada avanti, che mi lasci alle spalle ciò che è successo quella notte. Che mi rifaccia una vita, magari con una nuova compagna al mio fianco per il tempo che mi rimane da vivere.

Beh sono venuto a dirti che non lo farò. Non perché mi senta schiacciato dal senso di colpa, anche se è ancora molto forte, ma perché ho semplicemente capito che il destino non si può cambiare. Noi eravamo destinati ad arrivare fin lì, non ci era concesso un minuto di più.

Mi sento realizzato così, non voglio buttarmi in una storia futile. Tu sei e resterai sempre l’amore della mia vita e aspetterò con ansia il giorno in cui ci rincontreremo e potrò riabbracciarti nel luogo in cui ti trovi tu.

Non preoccuparti, non sarò solo e non mi lascerò prendere dallo sconforto. Ho due splendide donne di cui occuparmi, anche se ormai sono grandi.. ma io sono pur sempre il loro papà. Le seguirò da distante e non sarò invadente, ma sarò lì a sostenerle nel caso dovessero cadere.

E poi ora sono nonno, te l’ho già detto? Con Ricky posso tornare a essere bambino e a comportarmi come tale senza destare troppi sospetti sulla mia sanità mentale! Ci divertiremo un sacco! Non posso chiedere alla vita nulla di più…”.

Tacque improvvisamente e si fece serio, poi respirando profondamente continuò: “Sto mentendo.. avrei ancora un desiderio da realizzare, poi potrei andare avanti senza troppi rimpianti…

Vorrei rivederti, anche solo per un secondo, perdermi nei tuoi occhi verdi e dirti che ti amo. Ma è impossibile, quindi mi accontenterò di dirlo al vento e sono sicuro che la mia voce ti raggiungerà.

Ti amo Kate e spero che, ovunque tu sia, tu possa ancora provare lo stesso sentimento per me..”.

Un leggero alito di vento lo colpì in faccia e lo costrinse ad alzare lo sguardo davanti a lui.

Rimase impietrito da ciò che vide.

Kate era appoggiata ad un albero poco distante e gli stava sorridendo. Era la stessa di sempre, per lei il tempo si era fermato ed era rimasta giovane e bellissima ai suoi occhi.

Indossava i vestiti della sera in cui gli aveva confessato che sarebbero diventati genitori. Non aveva mai dimenticato la felicità che traspariva dalla sua anima in quella circostanza, ma, se possibile, in quel momento era ancor più luminosa.

Fece un passo verso di lei, ma non osò avvicinarsi troppo, spaventato dal fatto che lei potesse scomparire all’improvviso.

Quando fu Kate a fare un passo verso di lui, si rilassò un poco.

“Sei davvero qui..”.

La donna si limitò a sorridergli.

“Grazie amore.. Un giorno ti raggiungerò, aspettami ti prego..”.

La donna gli donò una carezza sul viso che gli provocò un brivido e sussurrò: “Always”.

Una lacrima percorse il volto di Rick per cadere ai piedi della spirito della moglie che continuò a sorridergli dolcemente.

L’uomo allungò una mano per sfiorarla, ma una voce alle sua spalle attirò la sua attenzione: “Papà!”.

Rick si voltò di scatto e vide Johanna salire la stradina agitando una mano in segno di saluto. Rispose al suo gesto, ma, quando ritornò a guardare davanti a sé, vide che Kate era scomparsa.

Chiuse per un momento gli occhi e, prima che sua figlia lo raggiungesse, lasciò cadere nell’aria un tenero bacio per lei. Sapeva che Kate lo avrebbe ricevuto.

Si sentì sfiorare un braccio e si girò per stringere Johanna in un tenero abbraccio al quale lei rispose senza indugio.

“Come mai sei qui?” chiese la giovane.

“Potrei farti la stessa domanda, tesoro. Tua madre mi manca Jo, avevo bisogno di dirle due parole. Dovevo chiederle scusa..”.

Johanna alzò le spalle: “Non ce n’era bisogno. Lei ti ha perdonato la sera stessa che se n’è andata”.

“Come fai ad esserne sicura?”.

“Perché non ci ha mai lasciato. È sempre stata in casa con noi, era la nostro fianco ogni momento. Solo che noi non lo sapevamo e non potevamo capire i segnali che ci mandava. Dopo che mi hai parlato di lei ho capito molte cose. Il profumo di ciliegia che aleggiava per casa senza motivo, il freddo pungente che avevo addosso quando ero triste e sola.. era lei che  mi abbracciava, che mi consolava. Sono convinta che fosse lei ad interrompere il mio incubo ogni santa notte finchè non sono stata pronta a conoscere la verità.. non voleva che ricordassi la sua morte, il suo sacrificio per me. Ci ha sempre protetto. Beh, non mi sembra il comportamento di una persona arrabbiata, non credi?”.

La senti Kate? Abbiamo una figlia straordinaria, dobbiamo esserne fieri.

Un freddo pungente si irradiò per tutta la sua mano.

Sorrise.

Johanna, intanto, lo guardava con aria dubbiosa e gli passò una mano davanti agli occhi: “Papà, sveglia! Dove sei finito?”.

“Scusami tesoro, mi ero distratto”.

“Non si era notato!” e gli diede un buffetto sulla spalla, ma non gli chiese nulla di più.

Volse lo sguardo verso la lapide della madre e solo in quel momento notò il bricco di caffè posato sull’erba.

“Papà, ma ti sei portato dietro il caffè? Potevi prenderlo dopo, magari insieme a me..”.

Rick rise al rimprovero di sua figlia: “Se proprio vuoi ti accompagno a prenderne uno molto volentieri, ma quello non è il mio. Quel caffè è di tua madre..”.

“E’ per lei?” chiese stupita sua figlia.

“Sì, è il nostro pegno d’amore. Per corteggiarla le ho portato il caffè tutte le mattine per quattro anni..”.

“Davvero? E dopo che ha capitolato?”.

“Abbiamo continuato a prenderlo insieme per iniziare la giornata nel migliore dei modi.. Era il nostro modo di dirci ti amo”.

Johanna rise: “Ora ho capito da chi ho preso il mio lato folle. Con due genitori come voi, non potevo uscire diversa.. Su papà andiamo, ho fame. Mi offri la colazione?” e si incamminò verso l’uscita dopo aver baciato la fotografia di sua madre.

Il padre la raggiunse: “No, scusa. Cosa avresti voluto dire due secondi fa? Secondo te sono pazzo?”.

“Certo!”.

“Vieni qui ragazzina, prova a ripeterlo..” e la strinse a sé.

Il loro simpatico battibecco si perse nell’aria.

Se solo si fossero voltati ancora una volta all’indietro, avrebbero visto una giovane bellissima donna mandar loro un dolce bacio sorridendo.

Il suo compito era finito, la sua adorata famiglia era al sicuro. Non li avrebbe mai abbandonati, ma ora potevano continuare il cammino con le loro gambe.

Lei li avrebbe attesi dove le loro strade erano destinate a riunirsi, amandoli sempre con lo stesso infinito amore di cui era stata capace in vita.

Volse lo sguardo per l’ultima volta verso il sole e chiuse gli occhi per assaporarne il calore, poi, quando suo marito e sua figlia non furono più visibili, si lasciò avvolgere ancora una volta dall’infinito dove l’aspettavano molti angeli come lei.

In un luogo dove tutto ha un inizio e dove tutto ha una fine.  
 
 
 


Angolo mio

Sinceramente non so come cominciare. Come tutti avete notato questa storia è molto particolare e non l’ho scritta a cuor leggero. È nata in maniera strana, non la volevo scrivere, poi è uscita da sola senza che io potessi fare molto per contrastarla.

È dedicata a qualcuno che è venuto a mancare a febbraio, a cui io tenevo molto.  Forse è semplicemente un modo per metabolizzare il mio dolore e per superarlo. Sicuramente mi ha aiutato a sbloccare il peso che avevo nella mia anima..

Kate è morta, ma in realtà non lo è. È diventata un angelo, una creatura d’amore che è rimasta vicino alle persone che ama.

Io credo in maniera totale negli angeli, in maniera viscerale (angelad: angel+ le iniziali del mio nome e del mio cognome). So di averne molti accanto a me che mi aiutano e mi proteggono.

E da febbraio ne ho uno in più, dovevo solo ricordarlo a me stessa…

Nella storia ogni personaggio rappresenta qualcosa: Rick è il dolore, la disperazione e il rammarico di non aver potuto fare di più. (quando muore qualcuno a cui si vuol bene è naturale chiedersi Se avessi fatto questo, se avessi fatto quello..).

Johanna è il futuro, l’amore incondizionato. È la prima a credere che Kate ci sia davvero, quell’abbraccio e quel calore la riempiono di gioia. In fondo forse è solo la speranza della felicità…

Ma il personaggio più importante resta Kate, anche se per tutto il racconto non è mai entrata in scena davvero: lei protegge sua figlia dai suoi incubi, lei le manda Jeremy per aiutarla ad essere felice, lei aiuta Rick ad andare avanti…

Rick alla fine la vede. Lo so, fa molto Ghost, ma non c’entra..

Quello è il mio desiderio più grande. Vorrei rivedere alcuni miei cari anche solo per un secondo e dir loro che gli voglio bene, forse perché quando erano qui con me non sono riuscita a farlo nel modo che avrei desiderato... So che lo sanno, ma.. come direbbe zio Andrew, è complicato…

Nella realtà non si può fare, ma nella fantasia sì. Quindi ho pensato di fare a Rick questo regalo, credo proprio che se lo meritasse. Voi che ne dite?

Sarà stupido e forse infantile, ma io ci credo davvero. Inutile dire che questa storia è quella che mi rappresenta di più, c’è molto di me.

Spero di non avervi deluse, ho fatto del mio meglio.

Grazie di tutto,  grazie per averla seguita.

Scusate l’angolo quasi più lungo del capitolo, ma dovevo spiegare alcune cose.

Vi lascio..

Ah no, un’ultima cosa.

Ti voglio bene nonno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1748105