Beyond the pain di annetta chan (/viewuser.php?uid=22206)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Belle notizie ***
Capitolo 2: *** Shopping, incontri, gelosie... ***
Capitolo 3: *** Maschio o Femmina? ***
Capitolo 4: *** Ricordi ***
Capitolo 5: *** Grief And Sorrow ***
Capitolo 6: *** Defeated ***
Capitolo 7: *** Tears, come and get me ***
Capitolo 1 *** Belle notizie ***
"BEYOND THE PAIN"
1°CAPITOLO:
BELLE NOTIZIE
Era una
fredda sera invernale.
L’aria
gelida e il vento pungente accreditavano a quella nottata
un aspetto spettrale e tetro.
Le pochissime famiglie
residenti nella zona dei monti Paoz erano crollate da un paio
d’ore, ormai, nel dolce torpore del sonno.
Nelle case circostanti
regnava
sovrano il buio; l’unica fonte di luce era il fioco chiarore
della mezza luna che, quella sera, sembrava contemplasse una sola
abitazione: una piccola casetta dalla forma semisferica,
all’apparenza addormentata come tutte le altre.
Si potè
scorgere una stanza
poco illuminata: si trattava del salotto, dove un fuocherello
scoppiettante, alimentato da qualche legna ormai usurata dal calore,
rischiarava l’ambiente vicino. Era una stanza piccola ma
accogliente; ai lati del caminetto, posto all’interno di una
parete nel muro, si ergevano diversi mobili che occupavano una buona
parte delle pareti. Al lato destro vi era una grande
biblioteca contenente vari tipi di libri; dalla scienza alla storia,
dalla geografia all’arte classica, dalle fiabe ai libri
comici,
addirittura erano sparsi qua e là alcuni fumetti. Al lato
sinistro, invece, vi erano conservati un paio di album da foto, insieme
a tanti altri soprammobili. Tante cornici contenenti tratti di una vita
trascorsa da un’ allegra famigliola erano immortalate in
delle
foto simpatiche e a volte anche buffe; una ad esempio ritraeva una
famiglia composta da tre persone: un uomo, una donna e un bambino.
L’uomo e il bimbo avevano il viso impastato di crema, la
donna
invece, sembrava rimproverasse i due per il pasticcio combinato.
Un’altra traeva due freschi sposini, che si tenevano per mano
e
con l’altra salutavano i parenti. Dovevano essere
l’uomo e
la donna della foto precedente, anche se un poco più
giovani. Al
centro della stanza si estendeva un grande tappeto ben curato e
decorato da tantissimi fili colorati che formavano una fantasia a forma
di rosa spinata. Sopra di esso un tavolino di legno adornato da un
abile falegname sembrava avesse chissà quanti anni. A
particolareggiarlo era una vaso ricco di fiori variopinti, sicuramente
finti, visto la stagione fredda, il che era impossibile crescessero e
si mantenessero in quello stato, in un periodo così
freddo. Un
comodo divano di colore blu circondava il tutto. Infine, nella parete
posteriore vicino all’entrata, altri mobili si ergevano,
mostrando favolosi bicchieri, posate e piatti, in una bellissima
collezione, rinchiusa dal vetro pulito.
Dal buio apparve una
donna in
vestaglia, i capelli lunghi, mori e mossi ondeggiavano ad ogni suo
passo sulla schiena eretta. La pelle chiara e candida, curata nei minimi
dettagli, risaltava tutta la sua bellezza. Il viso non riscontrava nemmeno una piccola traccia della
stanchezza e del dolore che solo quella donna aveva patito, dimostrando
almeno dieci anni in meno. Occhi neri e profondi: a volte avevano il
potere di intimidire qualcuno, soprattutto quando si arrabbiava, altre
invece rispecchiavano l’immensa fragilità e la
voglia di
amare, la tenerezza e la dolcezza di una donna.
Teneva in mano una
tazza fumante di
the; evidentemente non riusciva a dormire, presa da pensieri troppo
importanti da trascurare e abbandonare al sonno.
Con passi leggeri si
avviò
verso la finestra, scostò le tendine azzurre abbinate ai
cuscini della stessa tonalità sul divano e squadrò
il
buio profondamente, come se stesse cercando delle risposte nell’oscurità.
Notò
che nemmeno la luna era lì a guardarla, coperta delle
nubi
nere.
Iniziò a
nevicare: piccoli fiocchi candidi scendevano dal manto scuro coprendo
l’ambiente circostante.
Il suo respiro lento e
regolare creava delle piccole chiazze appannate sul vetro freddo.
Si
allontanò, dirigendosi ed
accomodandosi sul divano, si portò le ginocchia sotto il
mento e
sorseggiò la bevanda calda, chiudendo gli occhi per assaporarne il sapore
gustoso. Poi poggiò la tazza sul tavolino e si portò
una mano
al ventre.
Sorrise.
Un altro
bimbo…
Finalmente,
dopo tanti anni, un’altra creaturina avrebbe riempito di
felicità la famiglia Son.
Ringarziava mille
volte Kami per averle concesso un altro figlio, che forse sarebbe stato
l’ultimo.
Quegl’ultimi
mesi erano stati
per lei motivo di pura e mera felicità: il ritorno sulla
terra
del suo amato Goku, la gioia di Goten nell’ aver conosciuto
il
tanto aspirato padre, il fidanzamento di Gohan e Videl, la scoperta di
essere dinuovo incinta…
Queste erano decisamente tutte
benedizioni, dei premi alle sofferenze patite negli ultimi anni.
Quella mattina era
andata in
farmacia, aveva comprato il famoso test, e ora… ora stava
per
diventare mamma per la terza volta.
Nessuno, tranne la sua
amica fidatissima Bulma, lo sapeva.
Nemmeno Goku. Voleva
fare una sorpresa a tutti.
Sospirò
ancora. Era così felice! Chissà la faccia di
Goku, quando l’avrebbe scoperto.
Rise di gusto,
proiettando nella mente l’immagine del marito con la bocca e
gli occhi spalancati, totalmente sorpreso.
Poi, una voce soave e
dolce le
giunse alle orecchie. Come poteva non riconoscerla? Quel suono così
melodioso che per sette anni si era sforzata di imprimere nel cuore e
nella mente, in modo che mai potesse dimenticarlo?
Si girò
verso
l’interlocutore, che con un sussurro l’aveva
destata dai
suoi buffi e felici pensieri, chiamandola e sedendosi di fianco a lei,
avvolgendole un braccio intorno alle spalle.
La fissò
per qualche istante, salvo posarle un piccolo bacio sulla fronte,
carezzandole una guancia.
"Come mai sei qui,
tesoro?
Non riesci a dormire?" le chiese dolcemente prendendole le mani
posate sul ventre, scaldandole con le proprie.
"No…" rispose
sospirando e accoccolandosi alla spalla del marito. Chiuse gli occhi,
poi aggiunse "… non riesco."
"C’è
qualcosa
che ti preoccupa? Qualche brutto pensiero?" continuò il
Saiyan con lo stesso tono dolce e allo stesso tempo preoccupato.
La donna
abbozzò un
sorriso contro la spalla muscolosa del marito; avrebbe aspettato
l’indomani nel dargli la bella notizia, quando tutta la
famiglia
sarebbe stata al completo, compreso suo padre. L’avrebbe
invitato
per cena e a quel punto avrebbe risolto il mistero.
"No, nessun brutto
pensiero…" si limitò a rispondere, salvo scostarsi
dal marito per fissarlo negli occhi.
Gli sorrise
teneramente; quello
sguardo dolce e zuccherato che solo al suo Goku e ai figli mostrava. Lo
sguardo di una madre premurosa, di una donna innamorata… lo
sguardo di colei che ha trovato pace nel suo cuore.
Con grande sollievo,
Goku notò la gioia che traspariva dal volto angelico della
donna.
Decise che fosse meglio non
assillarla più di domande. Se Chichi avesse avuto qualche problema
non avrebbe esitato a parlargliene, no? Quindi
che motivo c’era di preoccuparsi?
Si alzò dal
divano e le porse una mano.
"Dai, tesoro.
È ora
della nanna." sussurrò il giovane prendendole la mano
e issandola dal comodo
sofà. "Le bambine hanno bisogno di dormire, non possono
fare le ore piccole come i grandi…" aggiunse ridendo,
abbracciandola teneramente.
Chichi sorrise contro
il possente
petto del Saiyan. Quel calore così estasiante non smetteva
mai
di sorprenderla. In più suo marito, quando voleva, si rivelava un dolce
orsacchiotto bisognoso di affetto, di premure, peggio di un bambino.
A dire il vero, entrambi diventavano un po' bambini quando rimanevano soli.
Era il bello della loro coppia, ed era un lato che nessuno
conosceva, oltre a loro due.
"Chi sarebbe il
bambino,
qui? Se non sbaglio sei proprio tu che a volte, dimostri di avere meno
anni di Goten. Adesso fai la predica a me?" rispose a tono la
donna, continuando a sorridere perché Goku aveva rafforzato
l’abbraccio, prendendola tra la braccia e dirigendosi verso le
scale.
"Sei la mia bella
bimba… spesso ti lamenti che non ti dimostro abbastanza
affetto,
e adesso che ti faccio le coccole ti arrabbi. Sei proprio
strana…" si lamentò il giovane sempre giocosamente, ormai arrivato
davanti alla porta della loro camera.
L’appoggiò
a terra, a qualche metro dall’uscio della loro stanza,
imprigionandola al muro, maliziosamente.
"Oh, povero il mio
bimbo
frignone e piagnucolone." sussurrò giocosamente Chichi,
avvicinandosi alle labbra del marito per unirle in un bacio stampo ricco
di dolcezza. "Adesso va meglio?" continuò
sorridendo; ormai le sue labbra erano sempre incurvate in un sorriso
perpetuo. Quel bambinone non smetteva mai di fare lo
scemo, mettendole il buonumore. Anche se, quando combinava
i suoi
disastri, il sorrisino tenero spariva in un istante per
lasciar
spazio all’ira funesta, ormai conosciutissima al povero
Saiyan.
"Uhm…
cos’era
quella roba? Sai fare di meglio, carina…" le rispose con
voce eccessivamente alta, il che gli fece guadagnare uno
scappellotto dalla moglie.
"Shh! Ma dico, sei
impazzito? Vuoi svegliare i tuoi figli, per caso?" lo
rimproverò, anche se non riuscì a trattenere il
sorriso:
Goku era troppo buffo quando faceva finta di essersi fatto male.
"Ahi. Sei
cattiva… e
poi i tuoi figli non si svegliano neanche a colpi di onde energetiche,
te lo garantisco." rispose, questa volta quasi sussurrando, il viso imbronciato.
.
"Umpf!
Chissà da chi
hanno preso…" ribatté Chichi, uscendo dalla morsa
pericolosa del marito e voltandosi per entrare in camera. "E non sei
mai stato bravo a fingere, quindi smetti di massaggiarti quella testa
vuota e vieni a dormire. Domani sarà un giorno
speciale…" sorrise tra sé e sé, facendo
pressione sulla maniglia ed entrando nella stanza, lasciando Goku in
balia di domande e perplessità.
'Che cosa mi nasconde
quella
furbetta? E poi cosa significa: domani sarà un giorno
speciale?
È forse il compleanno, l’anniversario,
l’onomastico
di qualcuno? Mah, io ci sto capendo ben poco!' si ritrovò
a pensare il giovane Saiyan, seguendo a ruota la consorte e chiudendo
dietro di sé la porta della loro camera. Il guerriero
più
forte dell’universo aveva saggiamente deciso di mandare i
suoi
quesiti a quel paese, abbandonando la mente a dilettevoli sogni o
più probabilmente a quelli golosi.
Presto avrebbe
scoperto che la
notizia del giorno seguente sarebbe stata molto
più
importante di un semplice onomastico.
Il sole mattutino
aveva fatto capolino dalle alte ed innevate
montagne che circondavano la vallata.
Come ogni brava donna
che si
rispetti, Chichi, si era precipitata al piano di sotto per preparare
una sostanziosa e genuina colazione ai suoi figlioletti che, come ogni
altro bimbo o ragazzo della loro età, avrebbe presto varcato
la
soglia dell'odiata scuola, intenti a seguire o meno le lezioni
del giorno.
Come
d’obbligo, ormai, il
piccolo Son fu il primo a gustarsi le squisitezze
accuratamente
disposte sulla superficie legnosa, seguito quasi a ruota dal fratello
maggiore.
Salutata la madre, si
incamminarono, o meglio presero il volo verso l’edificio
odiato da ogni studente.
Dopo un paio di minuti
fece la sua comparsa il padre di famiglia.
Quella mattina si era
alzato presto
per i consueti allenamenti giornalieri, ma dopo un paio
d’ore -
con stupore e meraviglia di Chichi - eccolo tornare a casa: tuta a
brandelli, mani e braccia arrossate, e qualche fiocco di neve tra i
capelli ribelli.
'Sembra brizzolato...' pensò
sorridente la
donna.
"Che hai combinato?"
gli chiese esasperata, asciugando le mani al
grembiulino, per poi portarle ai fianchi.
"Sono andato ad
allenarmi da
Vegeta… però l’ho trovato un tantino
adirato e non
mi ha dato il tempo di salutare Bulma, che mi ha trascinato a forza
nella Gravity Room, e insomma… sono dovuto
scappare…" rispose il Saiyan, cercando di concludere il discorso frettolosamente per dirigersi verso le scale, ma non fece in
tempo. La fatidica domanda arrivò prima che lui potesse
svignarsela.
"E quindi? Come si
spiega la
neve tra i capelli? Se è vero che vi siete allenati nella
Gravity Room, non dovresti apparire un pupazzo di neve … dico bene?"
lo guardò sospettosa per qualche secondo, cominciando a battere
nervosamente un piede a terra. "Che cosa hai combinato, Goku?
Non dirmi che
avete distrutto di nuovo la stanza."
Se davvero aveva centrato il punto, non avrebbe invidiato né Vegeta
né il marito. Proprio due giorni fa, Bulma aveva costruito
una
nuova stanza, perché quei due l’avevano
disintegrata.
Si era arrabbiata anche parecchio e Chichi le aveva garantito che se
fosse successo di nuovo avrebbe lasciato a digiuno Goku per parecchio
tempo… ciò spiegava anche quella risposta
affrettata e
sfuggente.
Son Goku, invece,
stava tremando di
paura. Sì, Chichi aveva proprio fatto centro, e ancora una
volta
non era riuscito a farla franca. Sudando freddo si voltò
verso
la moglie, e non fu contento di vedere quello sguardo tagliente e poco
promettente che aveva sul viso.
"Chichi,
i-io…"
"Taci! Dimmi,
piuttosto:
Bulma lo sa? Oppure sei codardamente scappato lasciando a Vegeta tutta
la colpa?" chiese con lo stesso tono la donna, sperando
vivamente che Goku avesse almeno avvertito l'amica dello spiacevole
inconveniente.
"Bulma lo
sa… anzi,
Vegeta ha dato tutta la colpa a me, e mi sono preso una bella sfuriata,
mentre quell’altro se la rideva sotto i baffi. Oh, ma questa me
la
paga!" disse stringendo i pugni e digrignando i denti. "Sì, sì. La prossima volta non mi
tratterrò e allora assaggerà la mia vera forza." continuò
Goku, afflitto per aver distrutto la Gravity Room e consapevole ormai,
che si sarebbe dovuto sorbire un’altra sfuriata da parte di
sua
moglie, questa volta. Coraggiosamente alzò lo sguardo:
Chichi lo
guardava ancora male, poi gli si avvicinò e Goku
sentì una scarica di brividi freddi lungo la spina dorsale. Si
era
cacciato in un bel guaio. 'Grrr, maledetto Vegeta.'
Si fermò ad
un passo dal
Saiyan, lo squadrò per l’ultima volta, poi
esasperata
abbandonò la rabbia ed incurvò le labbra in un
sorriso.
Goku non rimase
sorpreso, ma
pietrificato. Quello era un buon segno, oppure era solo un vile
giochetto della moglie per rabbonirlo? Sicuramente una cosa era certa: quella non era
la reazione che si aspettava.
"Vedi Goku; oggi
è
un giorno importante. La giornata era iniziata perfettamente, possibile
che tu debba sempre combinare qualcosa che mi mandi su tutte le furie?"
incrociò le braccia e chiuse gli occhi, avvilita, salvo sospirare.
"Incomincio a pensare che tu lo faccia apposta." alzò il viso per guardarlo dritto
in faccia e vedere se fosse effettivamente così, ma dall'espressione
inebetita di Goku si poteva capire ben poco. Sorrise. "Dai, sbrigati. Vai di
sopra, lavati e già che ci sei, portami la cassetta delle
medicazioni."
Si voltò per tornare a
lavare i piatti, ma quando si girò
trovò il
marito ancora lì impietrito, ad osservarla incredulo.
"Beh? Cosa ci fai
ancora
qui? Ti si sono incollati i piedi al pavimento?" scherzò
Chichi, lanciandogli un’ occhiata divertita.
Sì,
decisamente stava male. Non era da lei un comportamento simile.
Con forza si
avvicinò alla moglie e magicamente trovò il
coraggio per parlarle.
"Chichi,
tesoro… non è che hai la febbre, vero?" le chiese
premurosamente il marito.
Chichi invece sorrise.
Quello sciocchino! Pensava stesse male!
"Ma che scemenze vai
dicendo? Non sono mai stata meglio." gli rispose con incredibile
naturalezza, notando lo sguardo del Saiyan farsi più
sospettoso.
Goku inarcò
un sopracciglio
ed incrociò le braccia. Stranamente la paura
l’aveva
abbandonato lasciando il posto a dubbi e sospetti che dovevano essere
chiariti.
"Tu mi nascondi
qualcosa,
dimmi la verità! Se fossi stata
'normale' mi avresti
mangiato dalla rabbia, ne sono certo."
"No, ma che
dici…
perché dovrei nasconderti qualcosa, scusa?" chiese con
voce tremante, abbassando lo sguardo e voltandosi dall’altra
parte, dirigendosi poi al lavello e continuando il lavoro lasciato in
sospeso. Non voleva rivelargli la notizia prima del tempo,
doveva aspettare che la famiglia fosse riunita...
"Uhm…
davvero?" pronunciò il Saiyan avvicinandosi alla donna,
scovando in lei quella nota di preoccupazione per nulla promettente. "Ne
sei davvero sicura, Chichi? Guarda che è inutile che
fai la finta tonta, non sono così stupido in fin dei conti." continuò Goku con sguardo indagatore,
vedendo apparire sul volto della moglie un sorriso birichino.
Quest’ultima
si lavò
le mani, le asciugò, si slegò il grembiule e lo
poggiò su una sedia lì vicino.
Poi, con un sorriso
guardò il marito negli occhi e gli si avvicinò.
Gli passò le mani
attorno
al collo, accostandosi al suo corpo roccioso.
"Va bene, se proprio
sei
così trepidante ti accontenterò. Sei pronto alla notizia
bomba?" gli chiese ironicamente, sobbalzando quando sentì
le labbra bollenti del marito poggiarsi sul suo collo elegante.
"Mmm…
sentiamo questa
bomba." rispose continuando ad assaporare la pelle profumata
della moglie, sentendo il bisogno sempre più forte di
assaggiare
ogni strato di quella pelle seducente e invitante.
"Okay, bada che
sarà una notizia stravolgente. Non ti conviene distrarti in
questa maniera."
"Tu, non ti
preoccupare. Sono abbastanza attento."
"Bene." Chichi
inspirò profondamente e con tutta la dolcezza e tenerezza
che
aveva in corpo pronunciò la fatidica frase:
"Goku…
stai per diventare di nuovo papà…".
Chichi sorrise.
Gliel’aveva detto.
In quel preciso
istante, il
maritò si fermò. Alzò la testa e
guardò
profondamente la moglie negli occhi.
"C-come, come hai
detto?"
"Sono incinta, Goku.
Aspettiamo un altro figlio…" Chichi percepì lo
stupore e la confusione del giovane. Per un attimo ebbe paura che
quella notizia non fosse affatto piacevole per lui, anzi che ne
fosse rimasto deluso. Ma poi… quando vide i suoi occhi farsi
lucidi, quando vide apparire una nuova luce in quelle nere perle
notturne, una luce diversa da quella dello stupore, della meraviglia;
la luce della pura e mera gioia, la luce della
felicità, sorrise.
Uno dei
sorrisi più felici e veri di tutta la sua vita.
Goku
l’abbracciò con
tanta forza da quasi toglierle il respiro, la staccò
leggermente
ed incominciò a riempirla di baci, diversi da quelli di
prima.
La prese in braccio, la fece girare in aria come una bambina. Era felicissimo, era al
settimo cielo.
"Chichi, amore
è una
notizia stupenda! Ma perché non me l’hai detto
subito?!" le chiese ancora euforico, poggiandola a terra e baciandola
sulla bocca. Oh, era così felice!
"Beh, veramente ve lo
volevo
dire stasera a cena. Avevo intenzione di invitare anche mio padre, ma
mi hai scoperta. Non ho resistito." rispose felice, appoggiando
il viso contro il petto del marito, sentendolo sussultare: gli aveva
sfiorato una ferita di combattimento abbastanza profonda.
"Ahia,
ahia… mi ero
dimenticato delle ferite…" disse sempre ridendo,
fregandosene poi della ferita e baciando con ardore la moglie.
"Dai, padre
pasticcione! Vai a farti un bel bagno e poi ti medico quelle ferite."
"No, non ne ho voglia.
Dobbiamo festeggiare, tesoro!" rispose continuando a non darle
tregua con baci sul collo, sulle labbra, su ogni parte del viso.
"Dai, non fare il
bambinone! Su, fila a lavarti e fai veloce, capito?"
"Vado a lavarmi solo
se
vieni con me…" rispose malizioso dandole un ultimo bacio
più intenso sulla bocca.
Chichi arrossì, sebbene quella proposta
non fosse poi così strana. Era normale per loro due fare il bagno insieme.
Forse era arrossita per il tono con cui gliel'aveva chiesto... o forse semplicemente
per colpa della gravidanza. Tuttavia rifiutò, colpendolo anche stizzosamente al
petto.
"No, non vengo con te.
Ho altro da fare, io!"
"Dai, non farti
pregare. Guarda che ti porto di forza, eh?"
"Non ci provare, razza
di scimmione senza cervello. Ti ho detto che vengo dopo a curarti le
ferite!"
Goku sorrise malizioso."Oh, ma per quello non
c’è problema. Nel mio cassetto ho due fagioli
magici; me
ne basta uno e torno subito in sesto." si chinò sul suo viso, salvo guardarla
con un espressione da cane bastonato. "Dai, vieni."
"No, non
verrò!"
"Sì,
invece."
"No…"
"Sì…"
"No.."
"Sì…"
Goku si
chinò e le diede uno
dei suoi rari ma efficaci baci, quelli che la mandavano in
delirio… aveva i suoi assi nella manica per convincerla.
Ormai conosceva tutti i suoi punti deboli.
"Adesso vieni, vero?"
le chiese teneramente con voce suadente,carezzandole una gota.
Chichi aveva gli occhi lucidi per l'emozione,
mentre le guance avevano assunto un leggero colorito roseo. Era imbronciata, ma
ormai la decisione era presa. Goku era un bravo persuasore, quando
ci si metteva d'impegno.
"Uffa… sei
impossibile." rispose con tono vinto, arrossendo ancora di più
quando sentì per l’ennesima volta le labbra calde
del
marito poggiarsi delicatamente sul suo collo.
"Lo prendo come un
sì."
In un attimo, Chichi si era ritrovata tra le braccia
del marito che velocemente saliva le scale, verso il piano superiore.
Sospirò, affondando il viso nel suo collo
muscoloso. Era mai stata tanto felice, in vita sua? Non lo sapeva con certezza,
ma di certo non aveva mai visto Goku così raggiante.
Sorrise pacificamente. 'Sì, lui
l’ha
presa bene…' pensò, rilassandosi contro
il
possente corpo del suo Saiyan. '…più che
bene!'.
span>
TO
BE CONTINUED….
Salve
a tutti.
Eccomi
quì con la mia prima longfic.
Devo
confessarvi che sono abbastanza nervosa, è la prima volta
che mi succede.
Spero
vivamente che questo primo capitolo vi sia piaciuto, vi anticipo subito
che i primi capitoli saranno i più "divertenti",
parlerò
un po' della gravidanza di Chichi e di quello che succederà
in
casa Son in questo periodo.
Ringrazio
tutti coloro che saranno così gentili da lasciare un
commentino,
oppure chi continuerà a seguire la mia ff. ^^ Grazie di
cuore.
Vi
aspetto al prossimo capitolo.
1
bacione a tutti.
Vostra
Annetta Chan
*Chiedo umilmente scusa; ringrazio infinitamente dianatabo che mi ha
avvertita che non si vedevano i dialoghi. Scusate tanto. ^^ Me non lo
sapeva ihihi. Grazie. Annetta*
|
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Capitolo 2 *** Shopping, incontri, gelosie... ***
“BEYOND
THE PAIN”
2°CAPITOLO:
SHOPPING, INCONTRI, GELOSIE…
Era
un freddo sabato invernale.
L'atmosfera
che circondava la vallata dei monti Paoz era quasi fiabesca: le
sontuose ed imponenti montagne, ricoperte da un manto delicato ed
immacolato di neve, brillavano ai dolci e fiochi raggi solari che,
seppur il freddo pungente si facesse sentire, riscaldavano l'ambiente
circostante donando un po' più di sollievo agli abitanti
della zona.
Qualche
nuvoletta bianca decorava l'azzurro di quella splendida giornata.
Un
tenue venticello scuoteva le chiome imbiancate dei sempreverdi, facendo
cadere a terra qualche mucchietto di neve con un leggero tonfo.
Un
bimbo di circa sei, sette anni osservava il paesaggio con
curiosità e spensieratezza; il bambino era seduto sulle
ginocchia sopra il lettuccio, si era appena svegliato, indossava ancora
il pigiamino pesante, gli occhietti vispi e i capelli più
spettinati del solito, ereditati dal padre. Un sorriso dolce e
sbarazzino abbelliva quel visetto d’angelo; ogni tanto
sghignazzava, divertito dall’impacciamento di un piccolo
scoiattolo alle prese con una ghianda birichina e di proporzioni enormi
per l’animaletto.
Il
piccolo era solo nella stanza ancora buia, il fratello maggiore si era
alzato già da qualche minuto, intento a fare colazione al
piano di sotto, visto che avrebbe dovuto fare da baby-sitter al
fratellino… sì, lui che avrebbe potuto
trascorrere un’intera giornata con Videl doveva fare da
badante al proprio fratello, visto che i genitori sarebbero usciti per
fare compere. Roba da matti!
Il
piccolo Son sentì dei passi lenti e profondi avvicinarsi;
capì subito di chi si trattasse, ma non volle distogliere lo
sguardo da quell’ incantevole paesaggio; per lui la neve era
sempre stata una piacevole visione, anche solo guardarla lo rendeva
felice, strano per un bimbo che non si accontenta mai di poco.
Sentì
l’uscio della porta scricchiolare e poi chiudersi nuovamente
dopo qualche secondo, qualcuno era entrato nella sua camera e ora stava
camminando nella sua direzione, percepì quasi immediatamente
l’abbassamento del materasso su cui aveva appoggiate le
ginocchia, segno che quell’intruso si era seduto sul proprio
letto.
Una
mano grande e calda si appoggiò sulla sua spalla e una voce
altrettanto suadente e profonda lo convinse a voltarsi.
Goku
era salito in camera del figlioletto per aiutarlo ad alzarsi e a fargli
fare la colazione, non era da Goten rimanere troppo tempo a letto,
soprattutto quando il profumino invitante di una torta alle mele lo
aspettava di sotto, pronta ad essere divorata dal piccoletto.
Alla
vista dell’amato padre, Goten esibì uno dei suoi
sorrisi più ingenui e felici, anch’essi ereditati
dal genitore, per poi gettarsi al collo del proprio papà con
tutta la forza che aveva in corpo facendolo cadere rovinosamente a
terra, stralunato e ancora poco abituato alla tenerezza e a tanta
dimostrazione d’affetto del piccolo Son.
Con
destrezza e senza alcuna difficoltà si alzò
nuovamente appoggiando il figlioletto in piedi sul letto in modo che
potesse arrivare all’altezza della propria spalla.
“Buon
giorno anche a te, Goten.” Scherzò il padre
scompigliandogli i capelli ribelli.
Il
piccolo sorrise, adorava e stimava tantissimo il suo papà,
gli voleva tanto bene e amava essere stretto tra le sue braccia, tra
quelle braccia così grandi e forti, così calde ed
accoglienti che riuscivano a cullarlo e tranquillizzarlo, in qualsiasi
momento.
“Che
ci fai qui tutto solo? Non dirmi che non hai fame, perché
non ci credo…” continuò Goku guardando
quegli occhioni dolci, sorridendo perché quel bimbo aveva lo
stesso sguardo dolce e tenero di Chichi, nei suoi momenti di calma e
spensieratezza.
Il
piccolo si voltò nuovamente verso la finestra, osservando
per l’ultima volta il bianco paesaggio, per poi rivolgere
l’attenzione sul padre che non aveva smesso di osservarlo.
“Guardavo
la neve!” rispose ingenuamente il piccolo indicando con
l’indice della mano destra l’ambiente fuori
dall’abitazione, mentre con l’altra manina si
teneva stretto alla spalla del padre.
“Mi
piace davvero tanto…” continuò
sentendosi prendere in braccio dal genitore che lo portò
fuori dalla stanza incamminandosi verso le scale.
“Ti
prometto piccolo, che appena io e la mamma torniamo dalla
città giochiamo a palle di neve.”
Sussurrò Goku all’orecchio del figlioletto
evitando di farsi sentire dalla moglie, che avrebbe sicuramente
contestato quella sua stramba ed infantile idea.
Goten,
invece sorrise. Non vedeva l’ora! Avrebbe aspettato con
trepidanza il ritorno del papà per sconfiggerlo a palle di
neve.
Arrivati
di sotto, Goku poggiò il figlio a terra che corse dalla
madre per darle il buon giorno, poi con la velocità di una
lepre, si fiondò al tavolo per trangugiare le pietanze
preparate dalla donna.
Gohan,
invece, non aveva uno sguardo molto felice; avrebbe preferito un
miliardo di volte uscire con Videl che badare a quella piccola peste,
ma per i suoi genitori questo ed altro, dopo tutto anche loro si
meritavano un po’ di privacy, ora che la madre aspettava il
suo futuro fratellino o sorellina.
Rimase
però, colpito dallo strano ed inusuale abbigliamento del
padre, lui che si era affezionato alla sua tuta arancione e che mai e
poi mai l’avrebbe trascurata, ora indossava semplicissimi
abiti “terrestri”.
Qui
c’era lo zampino della madre, era sicuro che la donna avesse
usato la scusa della città per farlo vestire come le pareva,
anche lei comunque, aveva approfittato della situazione per mettersi un
po’ in “tiro”: un filo di trucco, degli
abiti che le donavano alla perfezione ed infine i capelli sciolti; sua
madre era proprio una bella donna, ma lei non amava mettersi in mostra,
preferiva essere apprezzata da suo marito e da coloro che le volevano
bene. Per lei questa era la vera bellezza.
Goku,
si avvicinò furtivamente al tavolo ancora imbandito,
allungando una mano verso un pezzetto di torta sperando di non essere
colto in fragrante dalla moglie.
Peccato
Chichi conoscesse fin troppo bene il proprio marito e voltandosi lo
fulminò con lo sguardo.
“Goku,
che cosa stai facendo?” chiese non molto dolcemente la donna
avvicinandosi pericolosamente al marito. “Guarda che noi
dobbiamo partire da casa fra 5 minuti se vogliamo arrivare al centro
commerciale quando ancora non è pieno! Ti consiglio
vivamente di allontanarti da quella torta e di aspettarmi in
macchina!” continuò Chichi rimproverando il marito
per la mossa azzardata e poco astuta.
“O-ok,
tesoro. Non ti scaldare, eh?” rispose il giovane
timorosamente acchiappando il giubbotto dall’attaccapanni e
prendendo le chiavi dell’automobile sul tavolino.
I
ragazzi, sghignazzanti per i buffi battibecchi tra i genitori,
salutarono il padre tra risate e bocconi vari.
La
donna finì di asciugare le ultime stoviglie, poi prese anche
lei il suo cappotto assicurandosi di avere con se carte di credito e
soldi.
Si
diede un’ultima aggiustatina ai capelli e al lucidalabbra,
maledicendosi per aver messo quel coso che era riuscito soltanto a
farla dannare per l’intera mattinata.
Infine,
con sguardo aggravato si voltò verso i figli, troppo
impegnati ad ingozzarsi per salutarla. Roteò gli occhi in
segno di esasperazione, perché i suoi figli dovevano
ereditare la maggior parte dei difetti del marito? Ah già,
erano saiyan, certo!
Con
sdegno e voce alterata raccomandò i figlioletti, sperando
che, almeno quello, la degnassero di qualche attenzione e che in
particolar modo, le prestassero un minimo di ascolto.
“Ragazzi,
mi raccomando, non combinate disastri e fate in modo che quando torni
non trovi un porcile, mi sono spiegata?” i ragazzi annuirono,
senza nemmeno staccare gli occhi dal cibo. La donna, quindi
uscì di casa incamminandosi verso l’auto dove Goku
la stava pazientemente aspettando, si fermò di colpo: aveva
dimenticato di dire ai ragazzi di fare i compiti e di non sprecare
troppo tempo davanti alla tv, la Chichi esigente avrebbe sicuramente
fatto marcia indietro, pronta ad elencare ai propri figli quello che
dovevano e non dovevano fare in sua assenza, ma la parte indulgente
vinse, convincendola a lasciar perdere e a concentrarsi sulla mattinata
di shopping in compagnia della dolce metà,
già… sperando che non la faccia imbarazzare
troppo quel suo continuo gorgoglio di stomaco.
Salì
in macchina e si allacciò la cintura di sicurezza; si diede
un’ultima controllata allo specchietto e non fece in tempo a
mettersi comoda che il ragazzo accelerò, fortuna che aveva
messo la cintura, pensò con un pizzico di sollievo la donna,
per poi fulminare con lo sguardo il marito, che invece sembrava si
divertisse a far prendere questi colpi alla propria consorte,
sorridendo sadicamente.
Il
viaggio verso la città sembrava interminabile per Chichi; i
continui scherzetti del marito non facevano che innervosirla e renderle
il percorso casa-città molto spiacevole; incominciava a
pensare che Goku lo facesse apposta, così che se ci fosse
stata una prossima volta, avrebbero evitato di prendere
l’automobile. E come se non bastasse beccarono quasi tutti
semafori rossi, che iella!
Finalmente
giunsero a destinazione, il più grande centro commerciale
della città dell’Ovest era lì, davanti
a loro, eretto in tutta la sua maestosità e magnificenza;
Chichi sentiva già l’adrenalina salirle alle
stelle pensando a tutte lo cose che avrebbe potuto comprare quel giorno.
Per
Goku invece non era proprio così; non capiva
perché alle donne piacesse così tanto spendere
soldi in cianfrusaglie o in miliardi di vestiti, già si
immaginava le miriadi di borse che avrebbe dovuto trasportare per
l’immenso centro commerciale.
Con
estremo rammarico notò che tutti i maschi delle coppiette
non avevano un’espressione felice e che, come lui,
sorridevano falsamente alla gioia e all’eccitamento delle
proprie compagne.
Poi,
senza neanche rendersene conto, in pochi secondi si trovò
all’interno dell’edificio, trasportato
dall’entusiasmo di Chichi.
Entrambi
si fermarono a contemplare gli arredamenti natalizi, le tantissime luci
che adornavano quel posto rendendolo quasi… incantato, i
tanti alberi agghindati a festa, le canzoncine in sottofondo che
riscaldavano l’ambiente, le coppiette felici che si tenevano
per mano osservando le esposizioni dei negozi, scambiandosi ogni tanto
qualche dolce effusione, le grida felici dei bambini sulle giostre,
vederli strattonare i cappotti dei genitori per attirare
l’attenzione sul giocattolo che volevano comprare…
l’atmosfera natalizia si poteva definire davvero magica!
Goku
osservò la moglie, quanto era bella quel giorno! Con quel
suo provocante e sensuale look dimostrava qualche anno in meno,
nonostante avessero ormai quarant’anni inoltrati tutti e due.
Vedere
i suoi occhi brillare alla sola vista di tutto ciò, vedere
quel sorriso appena accennato su quelle labbra morbide e perfette gli
inondava il cuore di tenere e dolci sensazioni, avrebbe voluto
stringerla forte a sé, era così
irresistibile… poi notò il suo sguardo un
po’ invidioso e malinconico mentre osservava una giovane ed
allegra coppietta camminare mano nella mano…
Beh,
infondo… perché no? Anche lui poteva fare quello
sforzo, insomma lei se lo meritava, era il minimo, la sua natura saiyan
non gli avrebbe mai consigliato di farlo, ma dopotutto lui era anche un
po’ terrestre, giusto?
Così,
con delicatezza e decisione cinse la mano piccola della donna nella
sua, stringendola un poco e avvicinandola più a
sé, sentendola avvampare, osservando quel visino
d’avorio colorarsi di un rosso acceso e vedere con estrema
gioia, quella luce, quella tenerezza che la caratterizzavano e che lui
adorava.
Sembrava
una dolcissima bimba bisognosa d’affetto… poi
quando gli sorrideva, un sorriso vero e sincero, un sorriso
riconoscente… il sorriso di un angelo… Dio,
quanto era bella, sentiva il cuore saltargli in gola. Possibile che gli
facesse ancora quell’effetto?
Anche
lui contraccambiò al gesto, sapeva bene che la moglie
impazziva quando la riempiva d’attenzioni, e oggi…
quella mattina gelata e fredda, l’avrebbe trasformata in una
giornata ricca di calore e amore… Chichi se lo meritava
davvero!
Così,
insieme, mano nella mano come ogni amante che si rispetti si
incamminarono per gli immensi corridoi costeggiati da svariati negozi
decorati da coloratissimi addobbi natalizi.
Il
tempo passò in fretta, i due sposini si divertirono molto a
fare compere, Goku questa volta aveva previsto male, anche lui era
contento di aver trascorso una mattinata felice con la propria
consorte, quando invece si aspettava una lunga e monotona esperienza,
sempre a correre dietro alla moglie, in una costante “caccia
al vestito più carino”.
Si
era dimenticato che a Chichi non importava il vestito firmato,
l’indumento all’ultima moda, sciupare senza limiti
di spese la propria carta di credito senza un minimo di
contegno… no! Quella “giornata di
shopping” era forse una scusa per trascorrere più
tempo insieme al proprio marito, da soli, come due sposi fanno
odiernamente.
Più
volte l’aveva stretta a sé, mentre passeggiavano
tra i corridoi dell’immenso edificio, amava sentirla
accoccolarsi e rilassarsi al calore del suo corpo, sembrava
così indifesa!
A
parte quando stava per rovesciarle il gelato addosso mentre cercava di
stamparle un bacio a fior di bocca, per fortuna che se ne era accorto
in tempo, ci mancava solo che combinasse una delle sue, in una giornata
come quella!
Ormai
era ora di pranzo, i due si erano trovati così tanto bene
che non fecero caso al trascorrere veloce del tempo.
Si
sedettero su una panchina lì nelle vicinanze per riposare i
piedi, stanchi di aver camminato per ore attraverso labirinti di luci e
arredamenti.
Avevano
giusto un paio di borse, non tanto pesanti, una contenente soltanto
vestiti, l’altra… beh, ormai traboccava di
dolci… Goku aveva approfittato dell’
affabilità della moglie per mettere qualcosa sotto i denti.
In
silenzio osservavano le famigliole avviarsi verso l’uscita
dell’edificio, non capendo tanta confusione e fretta di
uscire.
Perplessa,
Chichi guardò l’orologio da polso indossato per la
prima volta proprio quel giorno: le 12.30. Ci mise qualche secondo a
capire la gravità della situazione, loro a
quest’ora dovevano essere a casa a preparare il pranzo ai
suoi….Troppo tardi! Proprio in quel preciso istante
sentì il noto e ormai conosciuto borbottio di stomaco.
Il
rumore era stato così forte che molte persone si voltarono
per capire la fonte di quello strano suono.
Goku,
imbarazzato come sempre, si portò una mano tra i capelli,
spettinandoseli, ridendo ingenuamente. Si aspettava
un’occhiataccia da parte della consorte, ma quello che vide
sul viso della donna fu un’espressione preoccupata e
disperata.
Le
si avvicinò, prendendole le mani, alzandole il mento con una
mano scrutando la profondità dei suoi occhi, rammaricandosi
quando rincontrò quell’espressione agitata.
“Eih,
che c’è?” le chiese dolcemente cercando
di tranquillizzarla con delicate carezze sulle gote arrossate. La donna
sospirò, alzandosi in piedi, liberandosi dalle premurose
attenzioni del saiyan, leggermente irritata. Possibile che suo marito
non afferrasse la gravità della cosa?
“Goku…
è la mezza! Noi dovremmo essere a casa! Oddio,
chissà i ragazzi come saranno in pensiero!”
Scattò la donna, sentendo l’ansia salirle ogni
minuto di più, bisognosa ora più che mai di un
bel calmante.
Il
saiyan, comprese le preoccupazioni della moglie, si alzò
dalla panchina cercando con lo sguardo qualche punto di ristoro, un
bar, qualsiasi luogo in cui potessero fermarsi a pranzare. Con grande
sollievo ne individuò uno. Aveva un’idea!
“Senti,
tesoro facciamo
così…”incominciò il ragazzo
catturando l’attenzione della donna “Adesso noi
telefoniamo ai ragazzi informandoli che non verremo a casa per
pranzare, poi andremo in quel ristorante là, dove mangeremo
in santa pace. Poi si vedrà.” Continuò
il ragazzo, sorridendo soddisfatto quando vide gli occhi di lei
rasserenarsi.
Senza
nemmeno dargli il tempo di batter ciglio, Chichi prese sottobraccio il
marito, correndo a più non posso verso il ristorante nelle
vicinanze, per prenotare un tavolo dove poter pranzare decentemente,
alzando dietro di loro una scia polverosa data la velocità
con cui si erano volatilizzati.
Con
frenesia si sedettero ad un tavolino dalla forma circolare vicino alla
finestra: il paesaggio non era male, fortunatamente gli era capitata la
zona da cui si poteva scorgere l’oceano
all’orizzonte.
Chichi
sorrise entusiasta; chissà come sarebbe stato romantico la
sera, quando il cielo si sarebbe dipinto di rosa, sfumando verso il
violetto, il blu e vedere poi il mare tingersi dello stesso colore,
grazie al riflesso dell’acqua.
I
suoi lunatici e zuccherati pensieri però vennero bruscamente
interrotti da quell’insopportabile e ormai fastidiosissimo
brontolare di stomaco.
Questa
volta però non risparmiò al marito
un’occhiataccia, il quale le rispose con un semplice:
“Che ci vuoi fare… sono fatto
così!” per poi massaggiarsi lo stomaco con aria
sofferente. Quanta pazienza che ci voleva con quei saiyan!
“Goku…
intanto che aspetti, renditi utile!” pronunciò con
la solita esasperazione la donna, per poi lanciargli svogliatamente il
menù.
“Ordina
qualcosa anche per me… vedi di non esagerare
però!” continuò Chichi lasciandogli
un’occhiata furbetta per poi avvicinarsi al marito e
lasciarli un dolce bacetto sulla guancia svignandosela verso il
più vicino telefono pubblico.
Non
sapeva quale enorme sbaglio stesse commettendo la povera donna,
lasciando un uomo solo, affascinante, in un tavolino da due posti, in
un centro commerciale dove di galline e vecchie conoscenze ne incontri
a bizzeffe!
Goku,
quindi, rimase al tavolo; per niente stupito del comportamento della
moglie, tanto per lui era solo un piacere ordinare cibo a
quantità non specificate…
Chichi
correva alla ricerca di un telefono pubblico, possibilmente non
occupato. Ispezionò quasi tutte le cabine telefoniche del
piano e, quando ormai cominciava a perdere la speranza, ecco che
davanti a lei comparve il tanto ricercato telefono, libero e
funzionante che non aspettava altro che lei.
La
cosa buffa era che la cabina non si trovava nemmeno tanto lontano dal
ristorante.
E
pensare che aveva sprecato metà del tempo a fare il giro
della mela, quando ce l’aveva quasi di fronte. Stare con Goku
a volte la sfiniva davvero!
Frettolosamente
compose il numero di casa e a risponderle fu il primogenito, Gohan.
“Eih,
mamma! Si può sapere dove siete finiti? Qui, IO sto perdendo
il lume della ragione per colpa del moscerino che continua a lamentarsi
perché ha fame…”
Povero
Gohan… il fratellino quando si trattava di cibo, poteva
battere anche i livelli di lamentele del padre…
“Scusa
Gohan, ma c’è un problema…”
iniziò Chichi, sperando vivamente che il povero figlio
maggiore non svenisse alla notizia poco piacevole che stava per dargli.
“E-ecco…
vedi… insomma, io e papà non… non
verremo a casa a pranzare.”
Trascorsero
una decina di secondi in silenzio, sì, il povero Gohan
l’aveva presa proprio male.
“Gohan…”
incominciò la donna con tono mortificato, ma non
riuscì a dirgli quello che voleva visto che il figlio la
interruppe.
“I-io,
io lo sapevo! Bah, dovevo immaginarlo che sarebbe finita
così…” disse, chiudendo gli occhi,
implorando il sostegno e un aiuto divino, visto la terrificante impresa
che avrebbe dovuto affrontare. Si passò una mano sugli
occhi, per poi continuare:
“Dimmi…
devo ordinare qualcosa, vero?” interpellò il
giovane, rassegnato all’idea di dover restare ancora troppo a
lungo in compagnia del fratellino.
Già,
parli del diavolo… il povero Gohan non potè mai
sapere quello che avrebbe dovuto fare, visto che il piccolo Goten si
fiondò dall’adorato fratellone.
“Chi
è, Chi è? Sono la mamma è
papà? Passameli, passameli dai!”
insisté il giovanotto, strappando letteralmente di mano la
cornetta al fratello.
“Mammina
sei tu?” il piccoletto per rivolgersi alla madre
intenerì anche la voce, sperando di persuaderla,
convincendola a tornare a casa il più presto possibile.
Anche lui si era stancato del fratellone che non faceva altro che
parlare al cellulare con Videl.
“Goten,
piccolino, ciao! Senti, la mamma ha fretta; passami tuo
fratello…”
Il
figlioletto rimase un po’ deluso dalla richiesta materna,
sperava lo tranquillizzasse, dicendogli che presto sarebbero tornati a
casa e che avrebbe preparato il pranzo…
Il
piccolo non potè fiatare perché Gohan, stanco e
al limite della sopportazione, strappò a sua volta la
cornetta al fratellino, parlando con la madre.
“Dai,
mamma. Fai presto, prima che possa pentirmi…”
Chichi
colse la palla al volo, diede accuratamente tutte le istruzioni al
figlio maggiore, che cercò di ascoltare la maggior parte
delle azioni che avrebbe dovuto compiere, nonostante Goten non lo
lasciasse in pace un momento.
La
donna, non riuscì nemmeno a salutare i figli, avendo
sprecato tutto il tempo prestabilito per la chiamata.
Riattaccò, lasciando tutto nelle mani del primogenito,
imprecando contro sé stessa, per non aver fatto caso
all’orologio prima di combinare il guaio!
Sempre
velocemente riprese il cammino verso il ristorante, dove avrebbe
ricevuto una spiacevole visita.
Goku,
era pacificamente seduto al tavolino, impegnato a scegliere il proprio
menù, già perché quello della moglie
l’aveva già deciso, conoscendola avrebbe ordinato
un primo e un po’ di carne, tutto qui.
Poi,
una voce femminile, un po’ ovattata, ma familiare lo
invitò ad abbandonare il proprio impiego.
Una
donna: capelli lunghi, lisci, tendenti al rossiccio, occhi azzurri e
sguardo magnetico, fisico non male per la sua età, una voce
civettuola ma allo stesso tempo sensuale gli comparve davanti, sbucata
chissà da quale buco. Notò con una lieve nota
d’imbarazzo e inquietudine che lo stava scrutando, arrossendo
quando posò il suo sguardo su zone riservate e di certo
eccitanti per una femmina…
“Goku,
che piacere! Come stai?” lo stuzzicò la donna,
sedendosi vicino a lui, avvicinandosi pericolosamente.
Il
ragazzo si allontanò, lasciandogli un’occhiata non
molto gradita.
“Ci
conosciamo?” le chiese ingenuamente, sperando con tutto il
cuore che la sua dolce metà non vedesse quella scena,
perché altrimenti si sarebbe scatenato il finimondo.
“Oh,
Goku… non ti ricordi di me? Che delusione… e
pensare che gli uomini non mi scordano mai, tanto
facilmente…” gli rispose con una finta nota di
amarezza, pronta ad attaccare la preda con una delle sue strategie per
incatenare gli uomini a sé.
Poveretta,
si era cacciata in un bel guaio, visto che in quell’attimo
arrivò la moretta.
“Ma
davvero…? Che strano, mi domando
perché!” la interruppe Chichi proprio mentre si
stava avvicinando a Goku, il quale avrebbe sicuramente respinto la
signora, ma che rabbrividì, perchè presto si
sarebbe scatenata una sanguinosa guerra.
La
sconosciuta, squadrò Chichi con malo modo, con
un’espressione del tipo “Ma chi ca**o
sei?!”. Peccato che la moretta sapesse leggere nel
pensiero…
“Piacere…”
disse ironicamente, porgendo la mano alla donna, la quale non si mosse
di un millimetro. “Mi chiamo Chichi e sono la moglie di
Goku!” continuò quasi sadicamente, evidenziando un
ghigno spaventoso che non piacque per niente al saiyan.
Certo
che sua moglie sapeva come essere cattiva, a volte.
Beh,
la reazione dell’allegra donnina non fu altrettanto pacifica,
infatti si girò verso Goku con sguardo indagatorio, cercando
la verità negli occhi dell’uomo, il quale sorrise,
alzandosi in piedi, avvicinandosi alla moglie, cingendole la vita con
un braccio.
“Chichi,
ti presento… come ti chiami, scusa?” le chiese con
tono sbarazzino, guadagnandosi invece uno sguardo agghiacciante, ma che
non ebbe alcun effetto temerario sugli sposini. La signora, ormai
consapevole della sua sconfitta, scattò in piedi, stufa di
essere umiliata in quel modo da una donna che nemmeno conosceva, ma
soprattutto da una delle sue prede che fino a quel momento non avevano
mai resistito alla sua “straordinaria
bellezza”.
Sbuffò con sdegno, prendendo la borsetta.
“Tsk,
l’amore…” borbottò, lasciando
soli i due innamorati, scorgendo la manina esile di Chichi muoversi in
un gesto assomigliante vagamente ad un saluto.
Goku
sorrise, com’era crudele sua moglie.
La
donna finalmente lo guardò, notando con fierezza che la
stava osservando con una nota di ammirazione.
“Sei
proprio impossibile Goku, lo sai?” chiese dolcemente la
donna, portandosi le mani ai fianchi, assumendo la posa tipica di
quando lo sgridava.
“Non
posso lasciarti solo un momento, che ti ritrovo già
attorniato da allegre signore pronte a farti la
corte…” continuò con lo stesso tono,
ridendo quando il marito l’abbracciò, stringendola
forte a sé, donandole un piccolo bacio sulla nuca.
“Che
ci vuoi fare… non è colpa mia se sono
attraente…” scherzò il giovane,
staccandola un poco per guardarla negli occhi, ora lucidi e ricchi di
tenerezza.
Dov’era
finito lo sguardo sadico di poco fa? Quella donna non smetteva mai di
sorprenderlo.
“In
un certo senso è anche colpa tua… sei tu che hai
voluto che mi vestissi in questo modo…”
continuò, sfiorandole le labbra con un dito, spostandolo poi
alla gota, percependone la morbidezza.
Chichi
sorrise; in parte aveva ragione… comunque non aveva motivo
di cui preoccuparsi, tanto Goku sarebbe rimasto suo per sempre.
Si
alzò in punta di piedi, arrivando appena alle labbra del
marito, unendole in bacio dolce e ingenuo. Uno dei baci più
semplici a questo mondo, eppure così ricco di
tenerezza… così unico da farti vivere quei magici
momenti, quell’estasi appagante, quelle sensazioni che ti
mandano in tilt il cervello… perché è
questo il potere di un bacio.
Per
loro, una coppia così unita, una coppia unica, buffa e
tenera, un semplice sfiorarsi di labbra significava tutto.
Il
ragazzo strinse più a se la donna, staccandosi poi
leggermente, poggiando una mano sul ventre della moglie, sorridendo
amorevolmente.
Chichi
accarezzò una guancia colorita del marito, avvicinandosi al
suo viso per un altro bacio. Peccato che a rovinare quel magico momento
fu il solito, stancante, snervante, insopportabile e fastidioso
brontolio di stomaco.
La
moretta decise di rimandare le dolci effusioni col maritino pasticcione
a più tardi.
Sfidava
qualsiasi donna a resistere più di cinque minuti con un
individuo così particolare, forse lei sarebbe stata
l’unica a sopportarlo per una vita.
E
per questo ringraziava mille volte il cielo!
To
be continued…
^.^
Eihlà! Salve gente!
Sono
tornata con il secondo capitolo della mia nuova storia… con
un tremendo ritardo… scusate, ma purtroppo questo
è stato un periodo un po’ difficile.
I
mie amati (-___-‘’) prof mi hanno riempita di
interrogazioni e compiti in classe… non ho mai avuto tempo
per dedicarmi seriamente alla fanfiction.
Sappiate,
però, che i miei aggiornamenti non saranno frequentissimi.
A
me piace pubblicare capitoli ben fatti, non frettolosi, dove si vede
che ci ho messo impegno e volontà. Spero non mi odierete per
questo. ^^
Spero
con tutto il cuore che vi sia piaciuto almeno un po’.
Aspetto
vostri commenti.
Grazie!
Ora
passo ai ringraziamenti. ^_^
A
Evy: Ciao! ^_^ Sono felicissima che ti piaccia la mia ficcy. Spero
vivamente che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Grazie
ancora! Al prossimo capitolo. 1 bacione. ^^
A
meridiana: Ciao Faby! Non preoccuparti per il ritardo… se
qui c’è un bradipo… beh, quella sono
io! ^.^ Grazie, grazie mille. ^//^ sei davvero troppo gentile. Per me
è un vero sollievo sapere che ti piace e che sono migliorata
rispetto alle prime ficcy… *Annetta sospira sollevata*. ^^
Spero che ti piaccia anche questo. Prenditi tutta la calma che vuoi per
recensire. Io non ho nessuna fretta. Ciao! 1 bacione.
A
sexxxychichi: Ciao! Scusa, ti chiedo umilmente perdono per il ritardo,
ma questa scuola mi sta facendo dannare. Spero ti piaccia anche questo
capitolo. Grazie ancora. 1 bacione! ^^
A
Sybelle: *_* Ma ciau, tessora! ^^ Che bello
sentirti… da quanto tempo! ç___ç.
Davvero ti piace la fic? Me felicissima! Adesso… ti ho
inebriata… non esagerare dai… ^//^ se no
arrossisco, eh! Spero di non averti
delusa ^^, al prossimo chappy! ^_^ Grazie 1000 ancora. Tvtttb! 1
bacione.
A
gokina94: Ciao! Ti prego non uccidermi per il ritardo del capitolo. ^^
Aspetto un commentino. Grazie. 1 bacione.
A
Camy/Chicchi: Ciao! Sono davvero felicissima che ti piaccia la fanfic.
Sai, all’inizio pensavo non fosse un gran che, poi quando ho
visto la tua recensione e quelle delle altre ragazze che hanno
apprezzato la storia, non ho fatto altro che gioire. ^^
In
verità anche io mi sono sempre chiesta perché lei
e Goku non possano aver avuto un terzo figlio… mah, non so
proprio che dirti. ^_- Ora non esagerare dai…
ognuno ha i suoi gusti, non penso che la ff sia piaciuta a tutti,
proprio perché dipende dalle persone.
Ora
ti saluto. Grazie per il consiglio. A presto e 1 bacione!
A
Elvis93: Ma ciao, Francy! Come va? Davvero ti piace? ^^ Sono
felicissima. Ecco qui il secondo capitolo con un leggero (-.-) ritardo.
^_^ a presto, carissima! 1 bacione.
A
Ciuiciui: ^_^ Ciao Chiaretta! *____* Non sai quanto mi sia preoccupata
per quella storia dei personaggi OOC. Non avrei mai voluto cambiare il
carattere dei nostri piccioncini, quando io li adoro così
per come sono. Non lo farei per nulla al mondo. U.U
Sono
contentissima che tu abbia percepito il cambiamento di Goku rispetto
alle altre saghe, perché effettivamente è
così. Purtroppo la gente pensa che Goku sia un tonto, scemo,
ecc… che è ingenuo è vero, ma secondo
me, col tempo, crescendo, maturando quella ingenuità che
aveva da ragazzino se ne sia andata col tempo. Resterà
sempre un pasticcione, un ragazzino nello spirito, ma non fino al punto
di non sapere cosa significhi sposarsi. Anche nel cartone si vede il
suo cambiamento (es, quando dice a Bulma di fare un bel
bimbo…). Non sai quanto mi faccia felice sapere che i miei
personaggi ti piacciano, per me è una vera soddisfazione.
Ovviamente sono d’accordo con te su tutto quello che riguarda
Chichi, perché noi abbiamo capito il suo vero aspetto
interiore, perché noi la conosciamo e non la giudichiamo per
quello che sembra in apparenza.
Ihihih,
non svelo nulla… però una bella femminuccia ci
starebbe… *.* ok, come non detto. XP Già, ho
voluto evidenziare il fatto delle foto proprio perché quei
ricordi, a volte buffi, a volte felici, rimangano sempre impressi nel
cuore dei personaggi come un promemoria delle bellissime vicende che
hanno caratterizzato la loro famiglia. Io sono convinta che
dopo tutti quegli anni di assenza, entrambi sentano un estremo bisogno
di stare insieme, di recuperare, in qualche modo, il tempo passato
lontano dalla persona che amano. ^_^ Io li vedo così,
giocosi, teneri… con una voglia matta di amare ed essere
amati. ç_ç grazie per
l’incoraggiamento, sei sempre troppo gentile. Sai, credo che
questo capitolo sia concentrato soprattutto sulla coppia, invece che
sulla questione del bimbo… forse sono uscita dal tema della
storia… -___- oddio che disastro.
Aspetto
un tuo commentino, un tuo parere. Speriamo in bene… ora ti
saluto. Ti voglio un mondo di bene, ancora grazie per il commento. 1
bacione!
A
Usako89: ^_^ Grazie, l’hai addirittura aggiunta ai
preferiti… *_* quale onore! Spero ti piaccia anche questo
capitolo. Grazie ancora. 1 bacione!
A
lauratheangel: Ciao! Ecco un’altra fan della coppia
Goku/Chichi! Sono contentissima che ti piaccia! Sei gentilissima. ^//^
Spero che questo capitolo sia di tuo gradimento. Grazie ancora! 1
bacione!
A
chichina: ^//^ ehi, quanti complimenti… grazie! Mi fai
arrossire, adesso. Sei troppo gentile. ^///^ Spero ti piaccia il
continuo. 1 bacione e a presto!
A
Claudia: Ciao. Sì, è vero… anche io
penso che questo argomento sia un po’ difficile e che vada
trattato con la dovuta cura. Mi sto impegnando molto nei capitoli,
cerco di dare il meglio di me e di mettere tutta la passione che provo
per questa coppia. Non mi hai offesa, però non posso negare
che sia rimasta un tantino delusa quando ho letto che i personaggi ti
sembravano OOC. Credimi, non era assolutamente mia intenzione cambiare
il carattere dei personaggi, modificarli… ma vedi, io Goku e
Chichi li vedo così. È vero che nel manga e anche
nel cartone non ci sono momenti di questo genere, anzi, piuttosto si
evidenziano le scenate che Chichi fa al marito, ecc…
sinceramente non credo che lei sia sempre così dura con
Goku, almeno nei momenti in cui sono soli, nei momenti
d’intimità. Sbaglio? ^_^ poi questa è
una questione di punti di vista. Grazie comunque per aver espresso una
tua opinione, cercherò di rendere i loro dialoghi un
po’ meno OOC. Mi sforzerò, farò del mio
meglio. Hai la mia parola. Grazie ancora. 1 bacione!
A
Kiki87: *__* Ciao Sara!!! Mi sembra inutile dirti quanto io abbia
apprezzato la tua recensione e soprattutto quanto mi abbia reso felice
sapere che la mia storia sia stata una piacevole lettura per te. ^_^
hai notato la descrizione della notte, di Chichi…
bravissima! Mi fa piacere, non sai quanto, che tu abbia percepito la
tenerezza, la dolcezza di Chichi attraverso la mia descrizione. Era
proprio quello che volevo far capire alla gente, ma a quanto pare
l’hanno capito in pochi… *_* eh,
sì… Goku io me lo immagino così;
dolce, giocoso e tanto, tanto innamorato! Sbarazzino,
sì… ma anche passionale! *__* lo adoro troppo.
Che
posso dirti, mia carissima Saretta? Le tue recensioni mi scaldano
sempre il cuore, mi rallegrano, perché riesci a fare
un’analisi completa del capitolo, riesci a scovare tutte le
emozioni che cerco di far trasparire al personaggio, ovviamente nemmeno
in minima parte di come fai tu… ogni volta che rileggo le
tue recensioni mi ritrovo, senza accorgermene, un sorrisone a trentadue
denti. ^^
^_^
Sono felicissima che ti sia piaciuta la reazione di Goku alla notizia
della gravidanza.
In
questo capitolo, se hai notato, non ci sono moltissimi dialoghi, forse
di meno rispetto al primo. Ho cercato di descrivere più le
scene, sperando che sia riuscita a combinare qualcosa di azzeccato.
Concordo perfettamente con te riguardo al rapporto non verbale, infatti
anche nell’anime, non si scambiano tante parole…
piuttosto si osservano, si sorridono e abbracciano! *___* pucccioooosi!
*.*
Uhm…
temo di essere uscita un po’ dal tema, con questo capitolo,
vero? Volevo ambientare i primi capitoli nel periodo della gravidanza,
narrare le cose che accadono durante i mesi,
però… forse sono uscita un po’ dal tema
principale. Grr, che rabbia!
Grazie,
grazie infinite per gli incoraggiamenti. Spero di non averti delusa!
Aspetto un commentino! Ti voglio un mondo di bene!! Bacioni e abbracci
ai FCM! ^_-
A
Elechan86: Ciao! ^_^ Sono felicissima che ti sia piaciuto il primo
capitolo. Uhm… non ti è piaciuto il modo in cui
Chichi gli ha annunciato di essere incinta, dici? Mi
dispiace… spero di aver rimediato, almeno un pochino, con
questo capitolo.
Eh,
sì… ci saranno molte lacrime, purtroppo. ^^ Ma
non solo quelle. L’amore trionfa sempre! *Annetta assume posa
da eroina con vento che le scompiglia i capelli…* ehm, ok
scusa! ^^ Grazie per la recensione. Spero tanto che ti sia piaciuto
anche il secondo capitolo. Ciao, e ancora grazie. 1 bacione!
A
dianatabo: Ehi, ciao! Grazie per avermi avvertita sulle
virgolette… sono proprio una tonta. Come ho detto in
precedenza, mi sto impegnando molto con questa storia, so per certo che
è un argomento difficile, ma voglio provare. ^_- grazie
ancora. 1 bacione!
Ringrazio
anche tutti coloro che sono arrivati fino alla fine e che continuano a
seguire la mia ff.
Spero
di poter tornare presto con il terzo capitolo, scuola permettendo! ^_^
Ora
scappo. 1 bacione a tutti.
Vostra
Annetta Chan.
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Capitolo 3 *** Maschio o Femmina? ***
“BEYOND
THE PAIN”
3°CAPITOLO:
MASCHIO O FEMMINA?
Era un fresco pomeriggio di
Marzo; il sole si trovava ancora alto nel cielo e riscaldava con i suoi
tiepidi raggi solari l’ambiente circostante che, ormai, si
stava preparando all’arrivo della primavera.
L’erba verde
e asciutta ondeggiava armoniosa ad ogni piccolo e delicato soffio del
vento, provocando un dolce fruscio, come a voler cullare le forme di
vita residenti nei dintorni.
Quattro mesi erano
passati, anzi, volati per Chichi e la neo mamma incominciava a mostrare
le tenere curve che caratterizzano la gravidanza di una donna.
Costantemente si
accarezzava il ventre, come a voler tranquilizzare la creaturina che
viveva al suo interno, coccolandola, trasmettendole il calore unico ed
inimitabile dell’amore materno.
La donna era
placidamente seduta sul letto, con lo sguardo rivolto fuori dalla
finestra ad ammirare, estasiata, le bellezze della natura e la
serenità, la quiete che l’avvolgevano.
Sorrise felicemente;
uno sguardo fiero e riconoscente traspariva dai suoi occhi, orgogliosa
dell’uomo che aveva sposato, dei figli che aveva cresciuto e
degli amici che aveva incontrato nel tempo, perché
solo grazie al loro intervento, quei paesaggi incantati, quelle immense
radure verdeggianti, quei piccoli paradisi terrestri erano ancora
lì, a manifestare il loro splendore, a regalare attimi di
pace alle persone che, come lei, erano finalmente riuscite a ritrovare
la serenità di un tempo.
Osservò,
poi, con attenzione il bosco, intenta a scorgere una delle sagome
familiari che presto avrebbero varcato la soglia della fitta
vegetazione, per concedersi il relax dovuto, dopo le ennesime e
faticose mattinate, trascorse a combattere e ad allenarsi senza
concedersi eccessive pause ristoratrici.
Si alzò
pigramente dal comodo materasso, dirigendosi verso l’uscita
della sua camera, quando incrociò la sua immagine riflessa
nel lungo specchio vicino all’armadio.
Osservò
attentamente la donna che le stava di fronte, la donna che era
diventata, dopo le varie sofferenze e dopo i numerosi ostacoli
sorpassati, durante il percorso della vita; i capelli neri e profumati
che le cadevano ordinatamente sulla schiena, con due ciuffi
più piccoli, posti accuratamente sul davanti, la pelle
candida per nulla invecchiata, anche se ormai si poteva notare la
stanchezza dei suoi occhi, profondi pozzi neri, che avevano
l’inconfondibile potere di catturarti lo sguardo, gemme di
notte che per molto tempo, hanno continuamente versato lacrime amare,
patendo il dolore di quelle ferite aride e profonde, procurate dalla
morte di una parte di sé, dalla morte del suo dolce marito.
Il corpo che si stava
modificando, a causa della fase che stava intraprendendo, ma che
restava pur sempre una bella e piacevole visione.
Gli abiti semplici,
adatti al periodo della gravidanza, gentilmente prestati dalla
carissima amica Bulma, visto che i suoi precedenti, erano stati buttati
via, dopo la nascita del piccolo Goten.
Chichi non era una
donna vanitosa, però amava guardare i cambiamenti che stava
subendo ultimamente.
Notò poi,
un piccolo calendario appeso sulla parete opposta; una data cerchiata
in rosso: “8 Marzo, festa della donna” con una
aggiunta in penna: “visita ospedale, ecografia ore
16:00”.
Sorrise; quel
pomeriggio avrebbe saputo il sesso del piccolo, oltre alla salute e
alle generalità del bambino.
In più,
quel giorno, era anche la festa della donna… che coincidenza!
Peccato che Goku non
sapesse nemmeno l’esistenza di quella festa famosa!
Lei, invece, quella
mattina se lo era ricordato.
Beh, infondo cosa si
aspettava; che Goku la svegliasse con l’aroma della mimosa
sparso per la stanza, con una distesa di petali di rosa rossa cosparsi
per il pavimento, come sentiero verso una sopresa romantica…?
Sarebbe proprio il
colmo, e a parer suo, Goku queste cose neanche se le immaginava!
Quella mattina si era
svegliato presto, come sempre, le aveva dato una bacio sulla guancia
per svegliarla, per preparare la colazione, visto che lui doveva
allenarsi.
Ormai era di routine,
e lei fino ad ora non si era mai lamentata su questo fatto,
perché prendersela, quindi, se non si era nemmeno sforzato
di guardare il calendario, notare quel cerchietto rosso e leggere
quello che c’era scritto, tornare sui suoi passi e farle,
semplicemente, gli auguri?
Scosse velocemente la
testa, cercando di scacciare quei punti interrogativi e di sembrare
felice e serena, almeno in quel giorno.
Uscì dalla
stanza, scese le scale, arrivando al piano terra.
Aveva già
svolto tutti i lavori domestici, ora doveva solo aspettare che suo
marito e i suoi figli tornassero dagli allenamenti e cercare quacosa da
fare per ammazzare il tempo.
Decise, quindi, di
accendere la tv.
C’era una
donna sulla quarantina, una giornalista, che stava blaterando le ultime
notizie del telegiornale:
“Passiamo
ora all’ultima notizia di questa edizione del tg. Come sapete
tutti, oggi è la festa della donna e ogni bravo marito,
partner che sia, avrà il compito di regalare la rinomata
mimosa alla propria compagna. Vediamo il servizio.”
Chichi si
limitò a sbuffare e, senza pensarci due volte,
cambiò canale, alla ricerca di qualche altro notiziario che
non parlasse di quella maledetta festività.
Inutile; ovunque
girasse, c’era sempre qualcuno o qualcosa che le ricordava
quella festa che la stava perseguitando.
Spense la tv,
massaggiandosi le tempie, come ad imporsi l’autocontrollo e
ristabilire l’equilibrio mentale.
Sentì il
campanello della porta suonare e, sempre accompagnata da uno sbuffo
spazientito, si alzò dal comodo divano, per andare ad
aprire.
Con una lentezza di
cui anche lei si meravigliò, aprì
l’uscio e non fece in tempo a dire “a”
che subito il piccolo di casa Son le si appiccicò alle
gambe, piangente.
Preoccupata per quello
strano comportamento, lanciò un’occhiataccia al
marito e al figlio maggiore, intuendo che la colpa di quel pianto fosse
proprio la loro.
Gohan
sbuffò; spazientito da quel modo di fare che riteneva a
volte, odioso!
Da quando il padre era
tornato, Goten era diventato davvero insopportabile, troppo euforico
per quel ritorno atteso da sei anni, ma infondo era giusto
così; loro due si dovevano conoscere, passare un
po’ di tempo insieme…
Beh, quel giorno il
bimbo voleva assolutamente combattere contro il padre, quando LUI,
Gohan, ne aveva il diritto, visto che non si allenava quasi mai a causa
degli impegni scolastici e anche degli appuntamenti con la fidanzata.
Il padre
cercò in tutti i modi di convincerlo a far combattere prima
il fratello maggiore, perché era giusto così, ma
senza risultato.
Così, fece
anche Gohan, ma sembrava parlare al muro, alla fine decise di ignorarlo
e combattere tranquillamente col padre, mentre quest’ultimo
pareva molto dispiaciuto, all’espressione triste e tradita
che aveva assunto il figlioletto.
Goten, infine, dopo
varie carezze incoraggianti della madre, si sciolse e
confidò quello che era successo quel giorno.
Chichi non
potè altro che lanciare occhiate fulminanti al povero Goku,
che questa volta non era assolutamente colpevole del fatto accaduto,
oppure sì, ma solo in minima parte.
Amorevolmente, Chichi
staccò il bimbo da sé, prendendolo in braccio un
po’ faticosamente, visto la pancia un po’
ingombrante e il peso del piccolo Son.
“Su su,
Goten… adesso basta. Non mi sembra il motivo di piangere per
queste sciocchezze.” Cominciò la donna,
continuando ad accarezzarlo sulla testolina, sentendolo
tranquillizzarsi a quel contatto. “Gohan non combatte mai con
suo padre, è sempre impegnato… e seppur io non
approvi questa sua decisione spasmodica di tornare a fare il teppista,
insieme a quello sconsiderato di Goku, per questa volta lascia perdere,
ok?” continuò Chichi, guardando severamente il
figlio maggiore, per poi incenerire, il marito con
un’occhiata rovente, il quale rise imbarazzato, portandosi
una mano ai capelli.
Il piccolo
annuì, asciugandosi gli occhietti con i pugnetti ancora
chiusi, per poi scendere dall’abbraccio materno e andare al
piano di sopra, senza commentare.
Chichi si
portò le mani ai fianchi, assumendo una posa severa, pronta
a cantarne quattro ai suoi uomini.
“Ma bravi,
complimenti…” disse ironicamente, incrociando poi
le braccia. “Adesso fate piangere pure un povero bambino,
perché voi due, da bravi egoisti volete
combattere!” continuò, approfondendo la voce sulle
ultime due parole.
Goku a quel punto
alzò gli occhi, incrociando quelli di lei, irritati.
“Ma se sei
stata tu a dirgli che era giusto che Gohan combattesse!”
protestò, pentendosi quasi immediatamente, vista la reazione
negativa della moglie.
Chichi, infatti,
strinse i pugni, cercando di contenere l’ira che piano piano
si faceva sempre più profonda.
“Goku…
come al solito tu non ha capito niente!” disse, stringendo
con maggiore forza le manine, ormai non molto più delicate,
facendo indietreggiare paurosamente il povero Saiyan. “Non
capisci che l’ho detto solo per tranquilizzarlo?! Come ti ho
già ripetuto io non approvo questa decisione di
Gohan… e scommetto che sotto, sotto c’è
il tuo zampino. Per non parlare poi di Goten… non ti
permetterò di rovinare anche lui con i tuoi stupidi
allenamenti, distraendolo dallo studio!” continuò,
sempre più adirata.
Goku non seppe cosa
dire e/o cosa fare.
Con sua grande
sorpresa intevenne Gohan.
“Eddai,
mamma… si vede benissimo che Goten non ha la minima voglia
di studiare! Noi due siamo diversi; a me piace lo studio, è
vero… ma lui ha preso tutto da papà, e potrai
pure sforzarti, ma non riuscirai a cambiarlo.” Disse, con
tutta la calma che aveva in corpo.
Chichi
riflettè sulle parole del figlio; in parte aveva ragione,
Goten non faceva quasi mai i compiti, all’asilo non stava
fermo un minuto, facendo dannare le maestre. Mentre Gohan è
sempre stato costante nei compiti, sempre buono e rispettoso cone le
maestre e i professori.
Abbassò lo
sguardo, capendo che con Goten, la sua, era una partita persa.
Si girò
senza guardare in faccia nessuno, diretta in cucina.
Gohan e Goku si
guardarono interrogativamente, aspettandosi chissà quale
sfuriata.
Improvvisamente il
marito capì; le parole di Gohan, per lei, erano state come
la prova indiscutibile che questa volta aveva torto.
Capì quanto
quella fragile donna ci tenesse ad educare il piccolo, a farlo
assomigliare il più possibile a lei, nonostante quel
bambino, sembrasse la copia in miniatura del padre, in tutto e per
tutto.
Ma anche lei si era
resa conto, che il piccolo Goten fosse uno spirito libero, come il
padre. Aveva erditato tutto da lui, ed era inutile tentare di cambiarlo.
Si intenerì
a quella visione; la sua donna, seduta su una sedia in cucina, il capo
chino, l’espressione vaga e un po’ triste. Ebbe
un’ irrefrenabile voglia di andare lì da lei,
abbracciarla. Sembrava ne avesse tanto bisogno.
Si voltò
verso il figlio maggiore che nel frattempo era rimasto lì
immobile, incerto di aver detto una cosa giusta, a sua madre…
Goku gli sorrise e
Gohan capì che ci avrebbe pensato lui, così,
sorridendo anch’egli si incamminò verso il piano
superiore.
Il Saiyan si diresse
in cucina; prese una sedia e l’avvicinò a quella
di lei, si sedette senza premura, con lo schienale davanti e le braccia
appoggiate su di esso.
A quel punto Chichi lo
guardò; quel viso tenerone e un po’ graffiato,
dato l’ultimo allenamento col figlio, gli occhi che la
scrutavano, dolci, prfondi.
Sospirò,
intuendo cosa volesse da lei.
“Presumo che
tu sia contento…” disse, distogliendo lo sguardo
dal suo, giocando con le dita, fissando il pavimento. Poi
continuò:
“…
ce l’hai fatta anche questa volta, hai trasformato i miei
figli con la tua mania per le lotte.” Disse con voce tremula.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, non voleva piangere
davanti a lui, ma non riusciva a trattenere quelle piccole goccie
salate, sentiva il bisogno di sfogarsi, sentiva il dolore farsi sempre
più acuto, non aveva il coraggio di guardarlo; sapeva che
poi sarebbe scoppiata e non voleva… non voleva
più piangere!
Goku si
sentì morire, lei pensava davvero che avesse trasformato i
loro figli in ‘teppisti’ come diceva lei,
volontariamente, per farla soffrire?
Sentì il
cuore stringersi in petto, sapeva che stava trattenendo le lacrime, ed
era per l’ennesima volta colpa sua…
Con delicatezza le
prese il viso, voltandolo verso di lui, lei non ricambiava lo sguardo,
ma poco importava, la cosa rilevante, ora, era la sua attenzione.
“Chichi…
come puoi pensare una cosa del genere? Non oserei mai farti del male in
questo sporco modo! Perché non lo vuoi capire? Sai bene che
devo allenarmi continuamente, per il bene della terra… come
puoi pensare che io mi alleni, solo per trasformare i nostri figli o
peggio ancora, per farti del male?”.
Due piccole goccie
salate fluirono da quegl’ occhi debano, Chichi si
alzò continuando a volgere lo sguardo a terra, sapeva che
Goku aveva ragione, ma... il suo orgoglio, quel maledetto orgoglio non
voleva accettarlo! Strinse i denti, cercando di trattenere i
singhiozzi, che le bruciavano in gola.
Sentì poi
una forte ondata di calore, percepì quelle braccia muscolose
e forti stringerla contro quel corpo robusto, forte… caldo.
Lei, gelida,
distaccata… una freddezza proveniente dal cuore, ma che si
sciolse subito, appena incontrò quel calore immenso, quella
dolcezza, quella tenerezza che invadeva ogni singola parte del suo
Saiyan, sì, il suo Saiyan!
E fu come rinascere,
quando sentì il respiro caldo di lui, infrangersi contro la
sua pelle, sentire la delicatezza dei suoi gesti che piano, piano la
stavano rilassando, come lei poco prima aveva fatto con il figlioletto.
Sorrise tra
sé… lei dava del bambinone al suo uomo, ma alla
fine, quella bambina era proprio lei, lei che sentiva sempre il forte
bisogno di un abbraccio, di una coccola; gesti che per tanto tempo le
erano stati strappati, portati via, abbandonandola nella freddezza
totale, nella mancanza d’affetto.
Ad ogni coccola,
fattale premurosamente da Goku, lei si tranquillizzava.
Ad ogni carezza, il
dolore del suo cuore si placava.
Ad ogni parola
sussuratale dolcemente all’orecchio, lei sorrideva.
Fino a quando si
ritrovò ad assaporare quelle labbra mascoline, dolci,
morbide… sotrattele dal tempo maligno, sotrattele dalla sua
eterna nemica che troppo spesso le aveva portato via il suo Goku: la
morte.
Un’ultima
lacrima percorse i lineamenti del suo viso, accompagnata da un dolce
sospiro. Poi, lentamente, si staccò, guardando quegli occhi
ingenui, risplendenti di una luce a lei nota, brillanti, quasi
lucidi… che le fecero capire, quanto l’amasse.
Con un filo di voce,
poi mormorò:
“Scusami,
Goku… scusami tanto…”
Lui le sorrise,
ammirandola in tutta la sua tenerezza, in tutta la sua
fragilità, avvicinandosi, poi, al suo viso, appoggiando la
fronte a quella di lei.
“Di
niente…” sussurrò, carezzandole una
gota, per poi continuare: “…però vedi
di non farmi prendere più questi brutti
colpi…” sorrise, sbarazzino, posandole un bacetto
sul nasino.
La donna si
lasciò nuovamente cullare da quelle braccia forti e
muscolose, sospirando contro il suo petto.
“Speriamo
che sia femmina…” mormorò, chiudendo
poi gli occhi per gustare più a fondo quel dolcissimo
contatto.
E chi meglio del
piccolo Son, del piccolo frugoletto di casa, a volte talmente dolce da
volerlo strapazzare di baci, altre talmente insopportabile da volerlo
strozzare con le proprie mani, poteva interrompere un’
atmosfera così romantica?!
Il suo pianto, e il
richiamo supplicante della madre era giunto più chiaro che
mai alle orecchie dei coniugi Son, costringendoli a separarsi.
Chichi salì
le scale, entrò poi nella stanza dei figli.
Goten aveva litigato
per l’ennsima volta col fratello maggiore, ma questa volta
non era colpa di Gohan, già perché il piccoletto,
per vendicarsi, non voleva lasciar in pace il proprio fratellone mentre
studiava… era proprio una piccola peste!
La donna lo prese per
la mano e lo condusse di sotto, mettendolo comodo su una sedia della
cucina mentre sottraeva dalle mani del marito una coppetta di gelato,
il quale commentò spazientito con un: “Eih, quella
era mia!” ma senza ricevere una risposta.
Carezzò la
testolina del figlioletto, mentre gustava avidamente il gelato.
“Goten…
che ne dici se oggi, visto che non è una bella giornata per
te, vuoi venire con me e papà a vedere il bimbo?”
le chiese dolcemente.
Goku, che aveva appena
ingurgitato un maxi cucchiaio di gelato a quella
‘novità’, evitò di strozzarsi
battendosi i pugni sul petto, preso alla sprovvista da quella notizia.
“Cosa,
scusa? Dove dovremmo andare io e te?” le chiese dopo essersi
ripreso dal trauma.
Chichi
sospirò, portandosi una mano alla fronte, sconcertata.
“Oggi,
precisamente fra due ore, ho la visita all’ospedale,
l’ecografia! E io ho deciso che tu mi accompagnerai,
capito?!”
Il ragazzo non
potè ribattere a causa dell’occhiata lanciatale
dalla moglie, la quale non ammetteva repliche.
Sospirò
pesantemente, certo che le donne gravide erano proprio strane! Prima
sono dolci, tenere, indifese… poi, in un’attimo
diventano delle furie!
“Davvero mi
fate venire con voi, mamma?” chiese il piccolo dolcemente,
speranzoso.
“Ma certo
piccolo mio! Finalmente oggi scopriremo se sarà un
maschietto o una femminuccia!” esclamò la donna,
più eccitata del figlio.
Ora Goku
capì il perché di quella affermazione fatta prima
dalla consorte, mentre erano abbracciati… ‘Vuoi
vedere che quella aveva progettato tutto prima del nostro
ritorno?’
Pensò,
mentre l’osservava intenta a chiaccherare euforicamente con
il figlioletto.
Beh, infondo non gli
dispiaceva trascorrere un pomeriggio con lei… peccato che si
trattasse dell’ospedale, il luogo da lui. sempre odiato
Ospedale, ore 15:45.
La famigliola
arrivò a destinazione in anticipo di quindici minuti, colpa
di Chichi, che aveva messo fretta ad entrambi timorosa di arrivare
tardi per la visita.
Entrarono
nell’edificio e subito si potè sentire
l’odore poco gradevole di medicinali, di chiuso, di
sofferenza.
La tristezza che
invadeva quel posto era a dir poco inimmaginabile, e Goku
sentì il forte bisogno di uscire, uscire da
quell’albergo di desolazione, di ‘tornare alla
vita’.
Non poteva che
ammirare con tristezza e pena, le persone che in quei letti soffrivano
le pene dell’inferno, lottavano tra la vita e la morte,
esalavano il loro ultimo respiro…
Il suo sguardo si
faceva sempre più triste e dispiaciuto, provava una profonda
e sincera pena per tutte quelle persone agonizzanti.
Volse gli occhi a
terra, deciso a non voler più guardare quei visi disperati,
quelle espressioni sofferenti, affrante, dei familiari in pena per i
propri malati.
Aveva sempre odiato
quel posto, ne aveva sempre avuto una fobia, ma doveva rimanere per
lei… per il suo angelo, per il suo bambino.
Al solo pensiero di
lei, del futuro erede sentì una carica, un coraggio, una
forza di volontà assalirlo e invaderlo in tutto il corpo;
strinse con maggior vigore la mano della consorte, la quale non rimase
stupita dal suo comportamento.
Lei, ormai, aveva
imparato a capirlo in ogni singolo gesto, in ogni singola espressione.
Non c’era bisogno di chiedergli spiegazioni, quella stretta
le aveva già comunicato tutto e anche lei, strinse con
più forza la mano grande di lui, confortandolo in quel
timore che precedentemente lo aveva aggredito.
Finalmente arrivarono
all’ ascensore, entrarono nell’abitacolo premendo
poi il bottoncino con disegnato un 4, il quale li avrebbe portati nel
reparto maternità.
A metà
percorso si fermò, aprendo la porta a due ragazze sulla
trentina d’anni.
Erano impegnate a
conversare su una certa festa, catturando l’attenzione del
Saiyan più grande.
“Infatti,
Joel, è quello che mi chiedo anche io… Ho paura
che si sia dimenticato che oggi è la festa della donna,
sapessi quanto è sbadato il mio Gimmy!” disse, con
tono petulante, giocando con una ciocca di capelli biondi, con
un’espressione imbronciata.
Venne il turno poi,
dell’altra giovane:
“Sai, Benny,
io non sopporto gli uomini che scordano feste così
importanti! Beh, tutte le donne si offenderebbero se non ricevessero
almeno un mazzetto di fiori in questo giorno…”
continuò, passandosi il rossetto sulle labbra eccessivamente
carnose, per poi abbandonare la famigliola al reparto vaccini, insieme
alla biondina.
Goku si
sentì in forte imbarazzo. Ora capiva perché
Chichi, quel giorno, sebrava offesa. Sin da quella mattina aveva notato
un cipiglio innervosito sul suo visetto, quando l’aveva
svegliata con un bacetto, per poi andarsene ad allenarsi.
Non ebbe il coraggio
di guardarla negli occhi; poverina… gli dispiaceva davvero
tanto. Ma cosa poteva pretendere da lui? Non era il tipo che ricordava
feste del genere, anzi, questa festa a dire la verità loro
non l’avevano mai solennizzata… perché
ora Chichi sembrava così interessata? Per via della
gravidanza, forse?
Arrivarono a
destinazione; la sala d’aspetto era quasi deserta,
c’erano giusto altre due coppiette che aspettavano di essere
chiamate per la visita.
Si sedettero in una
fila da tre; Goku a sinistra, Goten nel mezzo e Chichi a destra.
Goku era troppo
impegnato a pensare come farsi perdonare dalla moglie, per poter
scorgere l’espressione furbetta e divertita che aveva assunto
quest’ultima.
Amava osservare il
marito, mentre si sforzava di rimediare ad un guaio combinato; aveva
un’espressione troppo buffa; le mani incrociate dietro la
testa, gli occhi rivolti verso il soffitto e uno sguardo corrucciato,
pensieroso e preoccupato.
Trascorsero cinque
minuti.
Un’infermiera
uscì dalla stanza di fronte a loro e, tenendo in mano un
foglio, convocò Chichi nell’ambulatorio.
I tre si alzarono e si
diressero nella stanzetta dove avrebbero scoperto, finalmente, il sesso
del bambino.
“Buona sera
miei cari coniugi Son!” li accolse allegramente un uomo sulla
cinquantina, con pochi capelli sparsi qua e là interamente
bianchi, visetto paffuto con due simpatici baffetti, di statura bassa e
un tantino robusto.
“Oh, ma
questo bimbo cresce in fretta! Sono passati solo quattro mesi e
già ha un bel pancino!” continuò
alludendo alla pancia di Chichi, la quale arrossì
leggermente.
“Beh,
avrà erditato dal padre…”
ribattè lei ironicamente, facendo arrossire il povero Goku.
L’ometto
notò solo ora il bimbo, una fotocopia del papà, e
rise compiaciuto.
“Ehehe, ma
che bel bimbo! Adesso ti facciamo vedere il tuo fratellino o sorellina,
stai tranquillo.” Disse rivolgendosi al piccolo Goten, il
quale annuì felice.
Chichi si stese sul
lettino, alzandosi la maglia e la canotta, scoprendo la pancia.
L’infermiera
le passò subito un gel bluastro sulla pelle, provocandole un
leggero brivido vista la freschezza della sostanza gelatinosa contro la
sua pelle calda.
Il dottore accese il
monitor del computer, mostrando uno sfondo nero, sfumato sul grigio al
centro, dove si avrebbe visto la creaturina.
L’infermiera
lasciò il posto al dottore, il quale prese in mano un
attrezzo, passandolo sul gel posto sulla pancia, comparendo
così l’immagine del figlioletto.
Goten si
avvicinò di più al monitor, cercando di capire
cosa fosse quel disegno apparso sullo schermo del pc.
Il dottore, allora,
sorrise.
“Allora
piccolino, adesso ti spiego” incominciò, guardando
prima il monitor, poi la pancia di Chichi, continuando in quella specie
di massaggio, senza interruzioni.
Indicò una
parte grande, in alto, con un dito. Si doveva trattare della testa.
Scese in basso,
segnando, ora due piccole sporgenze, quelle erano le braccine con le
mani, strette in due pugnetti.
Scese ancora
più in basso, cerchiando una parte sullo schermo; disse che
si trattava del busto.
Arrivò in
fine ad indicare le gambine e i piedini.
Il piccolo Goten era
rimasto un po’ confuso da quell’immagine, non
capiva perché la madre fosse così emozionata e
avesse gli occhi lucidi.
Il signore sorrise,
guardando la donna.
“Sì,
signora. Le sue preghiere sono state accolte…”
mormorò, ridendo compiaciuto quando vide due lacrime,
piccole e tenere scenderle dagli occhi, felice e gioiosa.
Chichi
osservò Goku, il quale sembrava non avesse capito, vista
l’espressione interrogativa rivolta verso il monitor, intento
a capirci qualcosa.
Mise più a
fuoco l’ immagine stampata sullo schermo; vide che tra le
gambine mancava qualcosa, non poteva essere un maschietto…
quindi si trattava di…
“…E’
una femminuccia signora. Complimenti!” Gli occhi del giovane
si spalancarono.
La bocca si schiuse e
un muscolo sulla guanca vibrò, i suoi occhi si fecero
più grandi e più dolci del solito, le labbra si
incurvarono in un tenero sorriso, si decise a guardare la moglie,
ancora distesa sul lettino.
Le si
avvicinò abbracciandola, posandole un bacio sulla fronte,
stringedola più che poteva, attento a non farle male.
Si staccò
lievemente, guardandola negli occhi, asciugandole le lacrime,
com’era tenera!
La donna gli
accarezzò una guancia, e sorrise felicissima, notando quelle
perle nere e profonde illuminate, felici, emozionate,
lucide…
Quella era la
più bella reazione che potesse aspettarsi dal marito;
pensava averebbe preferito di gran lunga un maschietto e che sarebbe
rimasto un po’ deluso a quella notizia, ma con grande gioia e
sollievo, notò invece che le sue allusioni erano del tutto
sbagliate.
“Piccola,
sono davvero felice…” le sussurrò
all’orecchio, carezzandole i capelli mori sciolti,
sparpagliati sul lettino.
“Anche io,
tesoro… non sai quanto…” gli rispose
nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, chiudendo
gli occhi, assaporando quegli attimi di gioia con tutta se stessa.
Quando li
riaprì notò il piccolo Goten, che li osservava
indispettito. Gli fece cenno di avvicinarsi e così fece.
Gli
accarezzò la testolina spettinata, guardandolo teneramente.
“Che
c’è, Goten… non sei felice?”
gli chiese premurosamente, prendendo un paio di fazzoletti offerti
dall’infermiera per pulirsi la pancia, ringraziandola con un
cenno della testa.
“No,
no… sono felicissimo, però…”
Rispose, abbassando lo sguardo, giocando con le proprie mani,
arrossendo lievemente, troppo imbarazzato per continuare a parlare.
“Però?”
insistè la madre, mettendosi a posto la maglia, scendendo
dal lettino, guardandolo negli occhi.
“Ecco,
io…” continuò sempre più
imbarazzato “… perché abbracci solo
papà… non mi vuoi più bene?”
le chiese ingenuamente, al che la donna sorrise.
Povero piccolo, per
lui questo periodo era un po’ difficile; tra gli sblazi
d’umore che aveva frequentemente, tra questa nuova
gravidanza, tra tutti gli impegni e le visite, stava incominciando a
trascurare il frugoletto di casa, il quale iniziava a sentire la
mancanza delle coccole materne, dei baci e delle carezze.
Chichi si
chinò, lo prese in braccio e lo strinse in un
affettuosissimo abbraccio materno, nel quale si cullò,
appoggiando la testolina sulla sua spalla, come non faceva
più da tempo.
Intanto
l’infermiera, il dottore e Goku osservavano la scena
toccante, sorridendo.
Il Saiyan, si
girò verso il cinquantenne, porgendogli la mano,
quest’ultimo gli sorrise, ricambiando la stretta del ragazzo.
“Grazie di
tutto, dottore.” Disse il giovane, stringendogli con vigore
la mano.
“Di niente
giovanotto. E’ sempre un piacere per noi assistere a queste
toccanti scenette tra famigliole felici.” Rispose, lasciando
la mano, dirigendosi poi, nel suo studio, dopo aver congedato Chichi.
Così,
lasciarono l’ospedale, diretti a casa, per dare la bella
notizia al padre, Juman e a Gohan, in seguito poi a tutti gli amici.
L’
automobile bianca comprata da Goku tre anni prima del Cell Game ,
sfrecciava ora, sulla strada deserta che conduceva alle grandi distese
di prati verdeggianti e montagne impetuose che costeggiavano la vallata
dei monti Paoz.
Il piccolo Goten si
era addormentato, con la testolina appoggiata al finestrino, respirando
regolarmente, provocando qualche alone a contatto con il vetro
dell’auto.
Il sole, che stava
ormai salutando il giorno, nascondendosi dietro le montagne, illuminava
di un rosso fuoco il cielo limpido, sfumando dall’arancione
fino al colore violetto. Approfittando del buon umore della moglie,
Goku decise di chiarire una volta per tutte la storia di quella
maledetta festa.
“Chichi…”
“Uhm?”
“Ecco…”
incominciò, fermando l’automobile a causa del
passaggio a livello, dove da un momento all’altro sarebbe
passato il treno merci.
“…
io ti volevo chiedere scusa per non averti regalato niente,
oggi… visto che…” ma non fece in tempo
a terminare la frase, che la donna gli poggiò un dito sulle
labbra, zittendolo, per poter prendere parola.
“Non devi
affatto scusarti” incominciò, togliendo
l’indice dalla sua bocca, carezzandogli una guancia.
“Oggi mi hai fatto il più bel regalo che potessi
immaginare” continuò, sorridendogli dolcemente.
Goku però
sembrò non comprendere, allora fu costretta a continuare.
“I tuoi
occhi mi hanno detto tutto, ho visto la felicità e la
fierezza di cui splendevano, e non immagini quanta gioia tu mi abbia
regalato. Sei così semplice che non ti rendi conto nemmeno,
quanto riesci a scaldare il cuore delle persone con un solo sguardo,
con un solo sorriso. Per me, oggi, vedere splendere i tuoi occhi, di
quella felicità e audacia che raramente mi capita di vedere,
è stato il più bel dono che potessi
ricevere.” Concluse, sorridendo, sentendosi cingere il viso
da quelle mani grandi e forti, assaporando, infine, il dolce sapore
delle sue labbra, mentre il treno, oscurava le loro immagini, salutando
i due teneri amanti, per poi riconcedergli la luce del sole che, piano
piano, se ne andava, imprigionando nei loro cuori quegli zuccherati e
fugaci momenti che caratterizzavano la semplice vita, della famiglia
Son.
TO
BE CONTINUED…
Saluti
a voi, carissimi lettori!
Sono
felice che siate riusciti ad arrivare fino a questo punto… ^^
Comunque,
oltre ai ringraziamenti che farò in seguito, volevo
chiedervi soltanto un piccolo favore; premetto che io non conosco la
cultura giapponese, le feste, le loro tradizioni ecc…
Non
so se esiste una festa della donna, ma ne dubito fortemente,
beh… con questo volevo soltanto chiedere a voi pignoli, di
tralasciare questo dettaglio; ho voluto inserire questa festa italiana,
tanto per invigorire – se per ben poco – questo
capitolo, farlo un po’ più simpatico, visto che
fra un po’ ci sarà il dramma totale.
^^
Grazie per l’attenzione.
Ora
passo ai ringraziamenti:
A
Sybelle: Ma ciau, tesssora! ^^ Che bello sentirti dopo il tuo comply!
Sono felicissimissima che ti sia piaciuto il chappy, e non preoccuparti
per il ritardo; come vedi ci metto sempre una vita per aggiornare, io.
(A morte i professoriii!!! è_é) Grazie, anche tu
sei meravigliosa.
Ti
voglio un mondo di bene, non dimenticarlo mai. A presto, Saretta e
Buone Feste! 1 bacione!
A
merediana: Ciao Faby!!! E invece ti dico che puoi prenderti tutto il
tempo che vuoi. Tanto sono sempre molto lenta negli aggiornamenti, come
vedi. Colpa della scuola! U.U ^^ Sono felice, davvero che ti piaccia.
Uh? Ma davvero sei cinica? Eheh, io non l’ho mai notato,
ehehe. Va beh, grazie mille per tutti i complimenti, sei troppo
gentile. ^^ Comunque hai ragione sul fatto del teletrasporto, ma ti
dirò che in quel momento non mi è passato per la
testa. Troppo impegnata a incasinare le situazioni. ^^ Va bene, spero
ti sia piaciuto il nuovo capitolo. Ora ti saluto. 1 bacione e Buone
Feste.
A
SerenaChichi: Ciao Sere!!! ^^ Sono felicissima che ti piaccia la mia
fic. Sono onorata, davvero. Oh, per fortuna che
c’è qualcuno che non considera Goku un povero
imbecille invornito. Poverino, come hai detto tu, lui è solo
un poì ingenuo, la quale caratteristica lo rende
incredibilmente dolce e adorabile. Ti ringrazio tanto per i
complimenti. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Ora vado, 1
bacione e Buone Feste!!!
A Ciuiciui: Mia carissima e dolcissima Chiaretta! Come stai? Non
preoccuparti per il ritardo, come ho già detto alle altre,
sono io quella che aggiorna con una lentezza impressionante. ^^
Sono
felice che reputi il mio svolgimento dei fatti giusto e pertinente.
Come hai già detto, ho intenzione di dedicare i primi
capitoli alle esperienze postive trascorse durante la gravidanza, in
modo da poterle riutilizzare anche nel periodo drammatico della ff,
come ricordi di Chichi. ^^ Sì, è vero mi sono
ispirata al film di Toriyama, per il capitolo precendente. E devo dire
che è uno dei miei preferiti. Sono davvero al settimo cielo,
sapere che i personaggi ti piacciano mi rendono felicissima. Ci metto
tutta me stessa quando li descrivo e spero si noti,
l’affiatamento che li avvolge e il profondo amore che io, o
meglio noi fan della coppia, difendiamo con tutto il cuore. Beh, non
sono sicurissima che ti sia piaciuta Chichi in questo
capitolo… poi me lo dirai con certezza. ^^ Ehehe, sai che mi
sono divertita tantissimo a descrivere un Gohan stufo e disperato
all’idea di dover stare troppo a lungo con il fratellino?! In
fondo, c’è anche del mio in quel capitolo. ^^ I
fratellini piccoli, sono sempre un po’ stancanti, io lo so
bene… Goten è il genere di bambino che io adoro,
dolce, tenero e anche buffo. Anche in questo capitolo, ho evidenziare
questa sua ingenuità che mi fa impazzire, perché
è tale e quale al padre, che come sai bene, io stimo e
apprezzo… (poi ci sbavo anche dietro, ma questi sono
dettagli… ehehe,).
Ma
dai, adesso non farmi arrossire… ^//^, non oso nemmeno
paragonarmi a te, mia cara. Ho ancora tantissima strada da fare prima
di raggiungerti, questo è poco ma sicuro. Continuo a
ringraziarti infinitamente per i tuo commenti sempre dettagliati, che
mi lasciano sempre tanta gioia dentro. Spero di non aver deluso nessuno
con questo capitolo, in modo particolare te e Sara, che mi state
sostenendo con tutto il cuore, grazie mille. Ora ti saluto. Grazie
ancora. 1 bacione e Buonissime Feste!!! Ti voglio un mondo di bene!!
A
Camy/Chichi: Ciao! Le tue recensioni sono sempre molto dolci. Ora, la
mia intenzione non era quella di farti piangere, per
carità… però mi fa piacere sapere che
certe frasi ti sembrano commoventi, che ti scladino il cuore. ^^ sei
proprio una fan che ci tiene molto a questa coppia, come lo sono anche
io. Purtroppo non posso rispondere al tuo interrogativo sul
perché la gente fatica a sostenere l’unione di
questa coppia. Posso solo dirti che, per me, l’analizzano in
modo sbagliato, superficiale, e non è una bella cosa. Le
vere persone si vedono da quello che hanno dentro. Sono daccordissimo
con te, senza ombra di dubbio. ^^ Spero tanto ti sia piaciuto anche
questo capitolo. Ora vado anche io. 1 bacione e a presto. Buone Feste!!
A
Elechan86: Ciao! Sono felice che ti sia piaciuto il chappy. ^^ Chiedo
scusa… ho paura di aver esagerato, è vero. Ci ho
messo un po’ troppo di mio in lei, mi dispiace.
Cercherò di contermi, comunque. Sono felice di sapere anche
le cose che non ti vanno proprio a genio, mi permettono di migliorarmi
e ti ringranzio per questo. Anche io come te adoro i momenti di pace in
casa Son, soprattutto adoro questo Goku dolcissimo, sbarazzino, ma
sempre passionale e tanto innamorato. Io me lo vedo così, e
non faccio altro che sbavare… ehehe ^^. Ehm, hai ragione
ancora una volta. ^^ scusa ma come hai visto, sono una che non da molto
peso a certi dettagli, ehehe. Comunque confermo anche questa
volta… hai ragione ancora tu. ^^ Effetivamente volevo
ispirarmi alla bambina del fiocco rosso, ma non sapevo come si
chiamasse e, quindi ho lasciato perdere. Non preoccuparti, non intendo
lasciare una fanfiction a metà, non è da me. Solo
che questa scuola mi sta veramente facendo sudare 7 camicie. E tra
casa, scuola, impegni faccio fatica a trovare il tempo per aggiornare.
Per quesro chiedo umilmente perdono a tutti. Spero davvero che ti sia
piaciuto anche questo capitolo. Ti saluto. 1 bacione e Buone Feste!
A
Kiki87: Allora, mia carissima Sara. Tu mi vuoi far morire,
davvero… ç___ç sono commossa dalla tua
rece, e non sai quanto mi rincuori sapere che il chappy sia stato
qualcosa di piacevole alla tua lettura. Le tue presentazioni
dettagliate mi fanno capire, davvero quanto ti sia apprezzato
l’aggiornamento, e mi rende talmente felice, che non smetto
di sorridere, quando finisco di leggerla. Sono felice che tu abbia
apprezzato la descrizione iniziale con il piccolo Goten che ammira
incantato la neve. Era, piuttosto, un simbolo per far notare tutta la
sua semplicità, ereditata dal padre, la sua
felicità nel vedere anche solo un paesaggio imbiancato e
rimanere a contemplarlo, estasiato. Sono felicissima che tu abbia
notato l’analogia tra lo sguardo di Chichi e quello del
piccolo Goten. Mi fa piacere perché riesci a comprendere
ogni minimo segnale che vorrei che il lettore cogliesse, e sapere di
esserci riuscita, mi fa sentire una grande soddisfazione.
Io
adoro Goku vestito con gli abiti ‘borghesi’
1-perché è bellissimo… *___*, 2-
perché è vero. A volte è proprio
impacciato. ^^ concordo pienamente con te sul fatto della
considerazione di bellezza che per noi ha Chichi; una bellezza
interiore. E ora questo suo cambiamento di look, coincide con il
cambiamento del suo stato d’animo, tornato nuovamente a
splendere… peccato però che durerà per
poco… adoro descrivere Goku un bambinone, pronto a darle in
quelche modo ‘fastidio’ per farla innervosire, per
poi calmarla con uno dei suoi soliti gesti che la sciolgono
all’improvviso, come si può notare anche in questo
capitolo. Ehehe, come ho già detto, mi sono divertita
tantissimo a descrivere Gohan, nel capitolo precendete. ^^ ci ho messo
anche un po’ di me, nel suo comportamento, soprattutto quando
devo badare il mio fratellino… mi trovo quasi sempre nella
sua stessa situazione. Eheh, me è cattiva… prima
ho fatto avvicinare la donna che aveva brutte intenzioni al povero
Gokuccio, poi, da sadica e cinica bambina, le ho fatto gustare il
sarcasmo e la ‘freddezza’ di Chichi quando si
tratta di difendere il suo maritino dalle cornacchie! ^^ Come potevo
ignorare un tuo suggerimento, quando è solo grazie a te e a
Chiara, se io sono ancora qui a scrivere il terzo capitolo, e a credere
in me stessa. Era il minimo che potessi fare, e poi mi serve sempre per
migliorare la storia e il mio stile. Credo ci saranno altro capitoli
dedicati al periodo pre-catastrofe divertenti che descriveranno la vita
della famiglia Son, i preparativi alla nascita della bambina che,
aihmè… va bhe, non pensiamo adesso. Sono io che
devo ringraziarti, Sara, sei sempre gentilissima e disponibilissima
quando di tratta di me, dei miei problemi, delle mie paure,
ecc… sei un’amica fantastica, un sostegno, che mi
fa andare avanti, quindi quella che deve ringraziare qualcuno sono
proprio io! Grazie, grazie di tutto. Ti voglio un mondo di bene,
Sarina. Sempre. Ora scappo. A presto e spero tanto che ti sia piaciuto
il chappy. Ti auguro Buone Feste!! 1 bacione ai FCM!!! (F sta per
finalmente!!!) ^^ ciau!
A
Evy: grazie, sei gentilissima! ^^ spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo. ^^ Grazie ancora di tutto. 1 bacione e Buone Feste!!
A
Vegetina94: Eddai… ^///^ adesso mi fai arrossire. Tu non
immagini quante fanfiction stupende e scritte alla meraviglia ci siano
in giro. Ci vuole solo un po’ pazienza e forza di
volontà. Se definisci la mia ff scritta benissimo, non
immagino quelle di altri autori che leggerai prossimamente! Grazie
comunque per i complimenti. 1 bacione e Buone Feste.
A
gokina94: Ciao! Ti ringrazio moltissimo per la recensione, sono felice
che ti sia piaciuto e mi auguro che questo capitolo sia stato
altrettanto bello. ^^ Grazie per il sostegno. 1 bacione e Buone Feste!
Ciao!
A
sexxxichichi: Ciao! ^//^ oddio, mi fai arrossire adesso! Grazie tanto
per i complimenti. Ti chiedo scusa per il ritardo, ma la se devi dare
colpa a qualcuno, beh, dalla ai professori, che anche in queste vacanze
mi hanno riempito di compiti… -__-, va bhe, spero tanto ti
sia piaciuto anche questo capitolo. Grazie mille per il sostegno, sei
gentilissima. 1 bacione e Buone Feste!!!
A
Lauratheangel: Ciao Laura! Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo
precedente. Spero di non averti delusa, sul serio. Per il sito, beh
saprai benissimo che mi sono registrata e lo trovo assolutamente
fantastico. Complimenti a te e a Sirenis. 1 bacione e Buone Feste!!
A Elvis93: Mia carissima
Francy!!! Come stai? Sono felicissima che ti sia piaciuto il capitolo.
Speriamo questo non sia un buco nell’acqua. Non so come mi
vengano in mente… è l’ispirazione che
mi guida… ^^ purtroppo non ho potuto aggiornare prestissimo,
aihmè. Spero mi perdonerai. Ora vado, 1 bacione e Buonissime
Feste!!!
Grazie anche a tutti
coloro che continuano a seguire la mia storia,a chi l'ha messa tra i
preferiti, ^^ e un'altro grazie sincero alle persone che mi sostengono
in questa ff.
Auguro a tutti, infine:
BUONE FESTE!!!
Con
affetto, vostra Annetta Chan!
|
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Capitolo 4 *** Ricordi ***
“BEYOND THE
PAIN”
4° CAPITOLO:
“RICORDI”
Aprile era ormai alle
porte; già si poteva gustare la fresca brezza primaverile
che leggiadra, rinfrescava l'ambiente, scuotendo leggermente le chiome
appena sbocciate, ondeggiando sonoramente.
Le verdi distese di
prati fioriti, al dolce alito di vento primaverile, innalzavano piccoli
petali di fiori variopinti, i quali danzanti, volavano nel cielo
azzurro, per poi posarsi nuovamente a terra.
La valle dei monti
Paoz risplendeva tutta la sua magnificenza ai tiepidi raggi solari, che
dolcemente stavano accarezzando un viso scolpito e dolce. I capelli
sparati, senza verso, erano leggermente mossi dal fresco venticello.
Appoggiato
svogliatamente alla propria automobile con la schiena, attendeva
pazientemente la consorte a braccia conserte e gli occhi chiusi,
gustandosi la delicatezza di quelle refrigerie carezze, in una pace con
la natura.
Ad ogni piccola
folata, un intenso profumo di fiori gli avvolgeva i sensi, facendolo
sospirare felicemente, e rilassarsi a quel tocco stuzzicante.
Ormai quell'odore gli
aveva inebriato l'olfatto, ma percepì ugualmente
l'inconfondibile profumo di lavanda della moglie, che ad ogni passo si
faceva più vicina, intensificando quell'aroma
indistinguibile.
Schiuse le palpebre
mettendo a fuoco quel visetto d'avorio familiare, sorridendo
all'espressione incuriosita della donna.
Una splendida figura
femminile si stanziava davanti a lui in tutta la sua bellezza; i
capelli mori raccolti in un'alta coda, un candido vestitino bianco
lungo fino alle ginocchia racchiudeva quel corpo di cristallo, il
pancione di cinque mesi addolciva la sua immagine, ai piedi delle basse
scarpette nere.
Le labbra sottili e
rosee incurvate in un sorriso puro, felice.
Gli occhi color ebano
fissavano l'altro, in una muta conversazione.
Nelle mani reggeva una
pesante borsa da viaggio, pronta per essere caricata sull'automobile e
intraprendere il viaggio verso la reggia del padre, dove avrebbero
trascorso qualche giorno, rovistando tra i ricordi della Chichi bambina
alla ricerca di qualche oggetto che potesse tornare utile per la loro
figlioletta.
Da bravo cavaliere, il
giovane Saiyan prese il bagaglio della moglie posizionandolo su un
sedile posteriore dell'auto, chiuse le portiere e, cingendo la mano
della consorte, si avviò verso l'uscio dove i figli li
stavano aspettando.
“Allora
ragazzi, noi andiamo. Mi raccomando fate i bravi a casa di Bulma e
ricordatevi di fare i compiti, sono stata chiara? Anche se
vado via per qualche giorno non significa...”
“...che
dobbiamo approfittarcene per oziare e divertirci come qualunque
animaletto in letargo!”
Ripeterono in coro i
due figlioletti che oramai, avevano imparato a memoria le
raccomandazioni della madre, dato che da giorni ripeteva sempre le
stesse cose, quasi fosse un canta dischi inceppato.
La moretta sorrise
compiaciuta, gli occhi le diventarono lucidi, preannunciando un pianto
improvviso.
Riuscì a
trattenersi a stento e baciando entrambi i figli sulla fronte, fece
cenno a Goku di andare.
Il Saiyan
salutò i ragazzi con un gran sorriso e un 'arrivederci',
senza proferire alcuna raccomandazione e senza accennare sguardi
riprovevoli; sapeva che se la sarebbero cavata benissimo, e confidava
ciecamente nell'aiuto dell'amica d'infanzia, Bulma.
I due coniugi Son,
quindi, partirono serenamente... o quasi, alla volta della reggia di
Juman, dove avrebbero trascorso tre fantastici giorni, in un' ostentata
caccia al ricordo.
Il viaggio
durò circa mezza giornata.
Per Goku quelle dodici
ore non erano state del tutto piacevoli; certo la compagnia della
moglie gli faceva sempre piacere, peccato che quest'ultima venisse
spesso colta da improvvise voglie capricciose che lo costrinsero a
fermarsi più volte, per non parlare poi delle soste ai bagni
pubblici.
Arrivarono dunque a
destinazione con un' ora di ritardo, il che fece preoccupare non poco
il padre di Chichi.
Appena misero piede
nella grande reggia, decine di domestiche attorniarono la povera
Chichi, la quale non era solo stanca, ma anche piuttosto nervosa,
situazione alquanto pericolosa e temibile, data la
vulnerabilità della moretta.
Goku dovette fare a
gomitate per trascinarla al piano superiore, diretti alla loro stanza
dove, entrambi, avrebbero schiacciato un sonnellino, sperando vivamente
di non essere raggiunti da qualche vecchia conoscenza.
Goku stava ancora
dormendo quando Chichi si svegliò; era l'ora della merenda e
la bambina replicava cibo, così indossò una
leggera maglia sopra il vestito e, con una gran voglia di dolci,
uscì dalla stanza dirigendosi ai piani inferiori dove si
trovavano le cucine.
Scendeva le scale
lentamente, ancora assonnata, quando urtò contro qualcuno;
mise a fuoco la donna che le stava davanti sorridendo felicemente a
quella visione: si trattava di una vecchietta un po' ricurva su
sé stessa, i capelli grigi raccolti in un chignon, gli
occhietti neri, vispi, che sembravano ringiovanire il viso, ormai
rugoso, il quale ospitava un sorriso ricco di gioia alla vista di
Chichi, il bastone di legno usato come sostegno, stretto saldamente in
una mano.
Si trattava della tata
della giovane, alla quale era profondamente affezionata.
Non condividevano
nessun segreto allora, erano sempre a ridere e scherzare nel grande
giardino del castello, raccontandosi di tutto e di più.
Fu proprio a lei che
Chichi confidò di essere innamorata di Goku, e fu proprio la
sua tata che le diede la forza e il coraggio di lasciare la reggia e
tutti coloro che vi abitavano per cercare il giovane di cui sapeva, non
poteva più farne a meno.
L'abbracciò
con tanta foga che quasi alzò da terra l'anziana signora,
ridendo e piangendo al contempo stesso tanta era la gioia di rivederla.
“Leptine,
Leptine, Leptine!” ripeteva Chichi, con un tono e
un atteggiamento tale che fece pensare a Leptine, quanto fosse rimasta
la sua bambina dopo tutti quegli anni.
La vecchietta
accarezzava amorevolmente la chioma di capelli sciolti di Chichi, la
quale si staccò per guardarla meglio negli occhi.
“Oh, Kami...
non ci posso credere! Sei davvero tu... Io, io... sono senza
parole!” esclamò tra le lacrime la giovane,
cingendo le mani dell'anziana.
“Oh,
Chichi... la mia bambina! Quanto tempo, piccina mia, quanto!”
sussurrò Leptine, anche lei con le lacrime agli occhi,
accarezzandole una gota liscia, rimasta leggermente rosata dal recente
pisolino.
“Sono
così felice di vederti, Leptine! Sai, ci sono stati momenti
in cui ho sentito terribilmente la tua mancanza...”
confessò la giovane, asciugandosi le lacrime e
sorridendo.
“Lo so,
Chichi... lo so bene. Non sai quante volte ho sentito la tua nostalgia,
mia cara. E adesso guardati; sei una donna, una bellissima donna con
una famiglia che ti adora... non potrei essere più
orgogliosa, piccina...” disse, quasi nostalgicamente
l'anziana, per poi riempirsi di orgoglio osservando la bambina di cui
si era presa cura fin quando era in fasce, trasformata in una donna
forte, determinata e bella.
Continuarono a
sorridersi ancora per qualche attimo, poi una voce profonda interruppe
il silenzio tra loro.
“Ah, sei
qui... incominciavo a preoccuparmi, sai?”
Goku si era alzato non
trovando la moglie accanto a sé, così decise di
andarla a cercare un po' preoccupato e la trovò abbracciata
ad una anziana donna che continuava ad accarezzarle i capelli.
Rimase un tantino
interdetto da quella scena, ma poi quando incrociò gli occhi
sprizzanti di gioia di Chichi, capì che si trattava di una
persona a lei molto cara.
Si pentì
quasi di aver interrotto quel momento, ma non poté fare un
passo indietro che Chichi lo trascinò al cospetto di
Leptine, sotto lo sguardo vigile e anche divertito di lei, che
osservava quella strana coppia con interesse.
“Leptine,
lui è Goku...” lo presentò Chichi
raggiante e conscia del fatto che la tata lo avrebbe sicuramente
riconosciuto date le numerose e accurate descrizioni che le aveva dato
quando insieme ne parlavano.
Goku le sorrise,
allungando una mano.
Quella donna aveva un
qualcosa che l'accomunava a Chichi e il suo sguardo comprensivo,
addolcito e quasi grato lo faceva sentire a proprio agio illudendosi
per un istante di conoscerla da una vita.
“Tanto
piacere.” Pronunciò, stringendo delicatamente la
mano raggrinzita di Leptine.
Lei lo
studiò, esaminando quegli occhi neri e dolci che gli davano
l'aspetto di un adulto rimasto bambino nello spirito.
Studiò quel
viso sereno e apparentemente inoffensivo, sorridendo; tutto di lui
combaciava alla minuziosa descrizione che la sua Chichi le aveva fatto
tanti anni or sono.
“Il piacere
è solo mio, giovanotto.” rispose, senza battere
ciglio, stringendo con più vigore la mano grande del
Saiyan.
La moretta era rimasta
in dietro, incuriosita e allibita da come tra suo marito e la vecchia
tata ci fosse così tanta intesa, lasciandola stupita e
meravigliata.
Leptine
lasciò la mano di Goku e si decise a rivolgere lo sguardo a
Chichi.
“Cara, mi ha
fatto tanto piacere rivederti e conoscere tuo marito” sorrise
a entrambi per poi continuare “Purtroppo il giorno del tuo
matrimonio non ero presente; mia sorella era gravemente malata e l'ho
accudita, perdendomi uno dei giorni più belli della tua
vita. Spero tu mi abbia perdonato...” sussurrò; la
voce tremante e gli occhi lucidi confermarono il profondo e veritiero
dispiacere nell'animo delle sue parole.
“Oh, ma
figurati Leptine... scommetto che papà ti ha mostrato le
foto del matrimonio!” rispose Chichi, sorridendole con la
stessa espressione raggiante di prima.
“Certo, ma
vedervi dal vivo sarebbe stato tutt'altro effetto.”
continuò amaramente la tata, abbassando un attimo il capo,
per poi rialzarlo e mostrare il solito lato vivace e spensierato.
“Ora devo
andare... il mio povero, vecchio corpo ha bisogno di un po' di riposo.
Ci vediamo presto, Chichi.” Detto questo Leptine
congedò i due coniugi, sorridendo ad entrambi e salendo le
ultime scale che l'avrebbero condotta alla propria stanza.
Goku si
avvicinò alla moglie, ancora intenta a fissare il punto in
cui l'amata tata era scomparsa, le prese una mano e la
baciò, per poi scaldarla con la propria, ottenendo la sua
attenzione.
“E' una
vecchietta molto simpatica.” pronunciò con la
solita allegria il ragazzo, stringendo possessivamente la moglie,
baciandole la nuca.
“E' stata
come una madre per me. Mi ha accudita da quando ero molto piccola e
devo tutto a lei se ora sono come sono; la mia passione per lo studio,
la devozione nelle faccende domestiche... e se devo essere sincera
anche il carattere!” sorrise, lasciandosi cullare in
quell'abbraccio affettuoso, avvertendo poi il morso allo stomaco e il
profumo intenso di dolci che le offuscava i sensi.
E poi,
contemporaneamente, si udirono le proteste di entrambi gli stomaci dei
due coniugi, i quali ridendo felicemente e si diressero ai piani
inferiori, a soddisfare le esigenze della fame.
Il mattino seguente,
Goku e Chichi si intrufolarono in soffitta, incominciando quella che
sarebbe diventata una lunga e faticosa ricerca.
La mansarda era grande
e buia, Chichi ricordava che spesso da bambina faceva visita a quel
posto desolato, dove si rifugiava dalle sgridate del padre, dove
sfogava il suo dolore, dove restava un po' più sola con
sé stessa.
Ricordò che
dalla parte opposta dell'ingresso si trovava una finestra, ma era
impossibile individuarla oramai, data l'oscurità e le decine
di mobili accatastati e impolverati nel tempo che oscuravano ancora di
più la stanza.
Allungò le
braccia in avanti alla cieca, toccando qualsiasi cosa avesse a portata
di mano, fino a raggiungere la parte opposta della soffitta.
Trovò la
finestra e riuscì quasi ad aprirla quando un tonfo
assordante la fece sobbalzare e per poco non cadde a terra.
Il povero Goku era
avanzato cercando di imitare la moglie, ma con scarsissimi risultati,
infatti finì per inciampare in un telo e cadere
rovinosamente a terra, innalzando un'immensa nuvola di polvere che fece
tossire entrambi i coniugi.
Il gesto sbadato del
marito la fece innervosire non poco, ma non riuscì a
trattenere un sorrisetto divertito.
Facendo finta di
niente aprì la finestra con noncuranza, la quale, ormai
sudicia e inutilizzabile , cigolò rumorosamente.
Poi, con le mani
posate sui fianchi in un gesto teatralmente esasperato e – si
notava benissimo – divertito, si avvicinò al
marito ancora a terra che cercava in tutti i modi di liberarsi da
quell'impiccio.
Gli si
inginocchiò accanto e lo aiutò a liberarsi per
poi fulminarlo con lo sguardo.
“Sei il
solito imbranato Goku...” mormorò la mora,
togliendoli un po' di polvere dai capelli per poi incrociare gli occhi
sinceramente dispiaciuti di lui, facendolo assomigliare terribilmente a
Goten quando veniva sgridato.
Chichi sorrise;
quell'uomo seppur grande e grosso aveva l'animo di un pargoletto
indifeso e dolce, e mai si sarebbe deciso a crescere.
Ed era proprio questa
sua caratteristica che la faceva impazzire e sciogliere allo stesso
tempo, che la faceva divertire e ridere interiormente, infondendole una
serenità incolmabile.
Gli
accarezzò il viso, la pelle leggermente più
ruvida della sua a causa delle innumerevoli ferite procurate tra
combattimenti e scontri all'ultimo sangue, sentendolo rilassarsi a
quella carezza.
“La prossima
volta stai più attento, va bene?” gli
sussurrò teneramente, per poi mostrare uno dei suoi
più intimi e sinceri sorrisi, alzandosi sulle punte dei
piedi e solleticandogli il naso con un piccolo bacio.
“Sì...
però smettila di trattarmi come un bambino!”
aggiunse il Saiyan, abbandonando il broncio e illuminando il suo viso
con uno splendido sorriso.
La moretta rise, per
poi prendergli la mano e condurlo verso l'estremità opposta
della stanza, iniziando la ricerca.
Passarono circa due
ore, il sole era ormai alto nel cielo sereno, e i tiepidi raggi
primaverili scaldavano debolmente la temperatura intorno.
Goku e Chichi stavano
ancora rovistando tra le cataste di mobili e scaffali ammuffiti
quando cominciarono a sentire i primi segni di stanchezza e
gli inconfondibili morsi allo stomaco.
Ormai esasperati e
rassegnati all'idea che tanta immondizia potesse tornar utile soltanto
come legna da ardere, i due si concessero una piccola pausa, sedendosi
sul pavimento impolverato e cigolante.
“Oh, Kami...
che fatica!” cominciò la donna, massaggiandosi le
tempie per il gran mal di testa che cominciava ad avvertire.
Goku la
squadrò preoccupato, alzandosi dal suo angolino e
accomodandosi vicino alla consorte.
“Tesoro,
è meglio che tu faccia basta per oggi, non devi affaticarti
troppo...” disse con tono intimorito il giovane, notando la
smorfia di dolore che ella avvertì al ventre.
“Chi-Chichi,
stai bene?” il Saiyan, visibilmente preoccupato
alzò la moglie da terra nonostante le sue repentine
contestazioni, sbattendo contro uno scaffale aperto lì di
fianco, facendo cadere a terra qualcosa.
“Ecco, vedi?
Se fossi stato fermo non avresti rotto nulla!”
protestò la donna, avvicinandosi all'oggetto e cogliendolo
da terra.
Si trattava di un
cofanetto in legno, ricco di decorazioni e incisioni.
Soffiò
leggermente su di esso, ripulendolo dalla polvere, notando con
chiarezza le parole scolpite:
“L'amore va
oltre ogni dolore”
“L'amore va
oltre ogni dolore? Ma che...?” Chichi era perplessa; non
ricordava di aver mai posseduto un oggetto simile, e quelle parole la
colpirono più di ogni altra cosa.
Con crescente
curiosità aprì il cofanetto e subito una
dolcissima melodia si diffuse in tutta la stanza, portando la moretta
indietro nel tempo, in ricordi che mai credeva di poter custodire.
“Hai visto,
Juman caro? Alla nostra piccola piace tanto il carillon di mia
madre...”
Una
bellissima donna:
alta, dai lineamenti delicati e la pelle chiara, il viso angelico, le
labbra rosse, gli occhi due gemme color ebano osservava con fierezza e
commozione la figlioletta che, ridendo e battendo le manine, ascoltava
la dolcissima armonia scaturita da un piccolo cofanetto di legno,
facendo sorridere i due genitori.
Juman,
allora era alto
e con un fisico palestrato, i capelli mori e corti, il viso dai
lineamenti rigidi e senza un filo di barba, gli occhi tali e quali a
quelli della moglie.
I
due sposi
osservavano con orgoglio la piccola Chichi, la prima e unica figlia
tanto cercata che ora aveva raggiunto la tenera età di un
anno, alle prese con il suo primo regalo di Natale.
L'uomo
strinse la
moglie a sé, cingendole la vita con un abbraccio,
spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, appoggiando il
mento sulla sua spalla.
“Se
continuerà di questo passo, quel povero carillon
farà una brutta fine...” osservò l'uomo
ridendo, e facendo sorridere anche la moglie.
“Sì,
hai ragione. Per essere solo una bimba ha una forza
incredibile...” rispose la donna, per poi sciogliersi
dall'abbraccio del marito e osservarlo negli occhi maliziosa.
“...Non
capisco da chi possa aver preso!” continuò
ironicamente, guadagnandosi un altro abbraccio caloroso dal marito.
L'uomo
la
fissò intensamente negli occhi, accarezzandole una gota
divenuta rosea a quel contatto, per poi appoggiare la propria fronte su
quella di lei.
“Dimmi
che
non mi lascerai mai...” le sussurrò dolcemente,
avvicinandosi alla sua bocca.
Lei
abbassò
la testa, posando lo sguardo sul pavimento mentre gli occhi le si
inumidivano, per poi ritornare a guardarlo quando lui le
alzò il viso.
“Sai
bene
che non posso...” iniziò con voce roca e le
lacrime che le sgorgavano dagli occhi.
“...Sai
bene
che per me... non c'è più alcuna
speranza...” aggiunse con la voce rotta dal pianto,
cominciando a singhiozzare sommessamente, nascondendo il viso nel petto
del marito.
“No,
non
dire così...” bisbigliò lui,
accarezzandole la chioma di capelli lisci, per poi staccarla da
sé con dolcezza, guardandola negli occhi con sicurezza e
determinazione.
“Noi
troveremo un modo! Hai capito, amore? Lo troveremo...”
continuò stringendola con ardore al petto, mentre lei
annuiva e si calmava ai suoi gesti delicati.
“Lo
troveremo...” sussurrò quasi impercettibilmente,
baciandole la testa.
La
donna
alzò il capo, asciugandosi le ultime lacrime, per poi
sorridere sinceramente al compagno, accarezzandogli una guancia, mentre
lui continuava a fissarla con determinazione e dolcezza.
“Ricorda
una
cosa, Juman...” iniziò la donna avvicinandosi
sempre più al marito fino ad arrivare a un centimetro dalla
sua bocca.
“...il
nostro amore va oltre ogni dolore. Ricordalo sempre...”
concluse, per poi unirsi alla bocca di lui in un bacio dolce e
affettuoso, mentre la piccola li osservava curiosamente, continuando a
gustare quella melodia che sempre avrebbe custodito nel suo cuore.
“Chichi...
Chichi!”
Goku stava scuotendo
con preoccupazione la moglie, la quale da diversi minuti sembrava fosse
caduta come in uno stato di trance, risvegliandola dai suoi pensieri,
tornando ad osservare il marito negli occhi.
Lui sospirò
sollevato, per poi guardarla con rimprovero; una di quelle poche volte
in cui trovava il coraggio di farlo.
“Amore mi
hai fatto prendere un bello spavento! Si può sapere cosa ti
è successo?” domandò il marito
fissandola negli occhi ancora stralunati.
Lei lo
guardò quasi con indifferenza, per poi scrutare il carillon
dall'incredibile importanza con attenzione, non capendo
perchè, dopo tutti quegli anni, suo padre non le avesse
più mostrato quel ricordo, al quale sapeva ci tenesse tanto.
Tornò ad
osservare il marito che ancora non si era deciso a distogliere lo
sguardo da lei.
“Questo
oggetto apparteneva a mia madre...” iniziò,
catturando l'attenzione del Saiyan, prendendolo per la mano e
conducendolo verso l'uscita.
“...E' uno
di quei pochissimi ricordi che ho di lei...”
continuò scendendo, ora, le scale dirigendosi verso la sala
da pranzo mentre Goku continuava a seguirla con attenzione.
“...Mi ha
fatto tornare in mente, come un flashback, un momento che abbiamo
passato insieme: papà, mamma e io. Uniti, prima che
lei...” si interruppe, sentendo le lacrime avanzare copiose,
minacciando di uscirle dagli occhi, sentendo la voce tremante e un
pizzicore fastidioso al naso.
Goku capì
cosa volesse dire la moglie, per questo l'abbracciò con
dolcezza, inconsapevole di aver compiuto lo stesso gesto che suo
suocero, tanto tempo prima, aveva adempito con la stessa naturalezza.
Ciò la fece sorridere.
“Mi... mi
dispiace.” le sussurrò, indeciso se il suo
dispiacere servisse a qualcosa, a sollevarle il morale.
Chichi si
staccò dall'abbraccio, con ancora stretto al petto il
carillon, alzandosi sulla punta dei piedi, baciandolo con dolcezza.
“Non
preoccuparti, tesoro. Io...io sto bene.” aggiunse, incerta,
per poi continuare il suo cammino a pochi passi dall'entrata della sala
da pranzo, dove Juman li aspettava per mangiare.
“Oh,
finalmente siete arrivati! Pensavo vi foste...” Juman stava
fissando entrambi i coniugi quando parlò, ma poi si
fermò di colpo alla vista del carillon che la figlia teneva
in mano, incupendosi tutto d'un tratto.
Chichi continuava ad
avanzare imperterrita verso il padre che, mano a mano che la figlia si
avvicinava, trasformava il suo ottimo umore in qualcosa che Goku non
ebbe mai visto in vita sua.
La moretta si
fermò davanti al genitore, sbattendo il cofanetto sul tavolo
imbandito davanti al piatto del padre, mentre lui fissava con
concentrazione il carillon.
“Dove l'hai
preso?” si limitò a chiedere, con tono severo
senza staccare lo sguardo dall'oggetto.
“L'ho
trovato...” rispose vacuamente la figlia, cercando di
penetrare con gli occhi nello sguardo del genitore, divenuto ormai
assente e... addolorato.
“Perché
me l'hai tenuto nascosto per tutti questi anni?”
domandò impassibile Chichi, innervosendosi quando il padre
non le rispose.
Decise comunque di
mantenere la calma.
“Papà...
io devo sapere!” continuò esasperata, sbuffando
all'espressione svampita del padre, come lei la definiva.
Goku, invece,
notò con certezza che lo sguardo di Juman fosse soltanto
pregno di dolore, di sofferenza, e Chichi, arrabbiata, non era riuscita
a coglierlo.
Sentì una
grande fitta al cuore a quella visione: gli occhi neri e solitamente
spensierati del suocero farsi lentamente lucidi con una tale lentezza
da non poter più sopportare quella vista.
Cercò di
attirare l'attenzione della moglie che, accecata dalla
curiosità, continuava a tempestare di domande il genitore
senza rendersi minimamente conto di quanto gli stesse facendo male.
“Chichi!”
esclamò con ammonizione, catturando la tanto agognata
attenzione della moglie.
Lei lo
guardò interrogativamente, seguendo il gesto col capo del
marito in direzione del padre, rendendosi conto soltanto ora di quanto
stesse soffrendo.
Si pentì
subito del danno commesso, sentì una strana sensazione di
senso di colpa assalirla e farle riacquistare il lume della ragione.
Abbassando il capo si
girò e fece qualche passo nella direzione opposta al padre
quando si fermò, percependo la voce del genitore forte e
chiara, senza tremolii, senza manifestazioni di dolore.
Rimase colpita dal suo
sguardo terribilmente ferito ma allo stesso tempo dolce al ricordo
dell'amata, così crudelmente forte e determinato,
immettendole una forza, una decisione che la colpì
profondamente.
“Ho dovuto
farlo...” iniziò, cercando a tutti i costi di
trattenere le lacrime e di farsi vedere forte e impassibile davanti
alla figlia, come aveva sempre fatto.
“Sono stato
egoista nei tuoi confronti, Chichi. Lo so bene, credimi.
Ma...” si interruppe, distogliendo per la prima volta lo
sguardo dal cofanetto, stringendo occhi e pugni contemporaneamente.
“Ma non
sopportavo il ricordo doloroso di tua madre. Quell'oggetto è
pregno fino all'orlo di lei e la sua armonia mi proiettava nella mente
la sua immagine! Io non riuscivo più a sopportarlo! Era come
una tortura... e così, da bravo egoista e codardo, ho voluto
nasconderlo sia da me che da te, così che potessi vivere la
mia esistenza con un po' di pace, anche se... ho continuato a soffrire
ancora a lungo.” Terminò il discorso quasi
sussurrando, i pugni ancora saldamente stretti con tanta forza da
sentire il dolore delle unghie conficcate nella propria carne.
Alzò gli
occhi verso la figlia che, dall'ultima volta che aveva avuto il
coraggio di guardarla negli occhi, aveva completamente cambiato
espressione, e ora il suo sguardo era afflitto e addolorato quasi
quanto quello del padre.
Chichi si era resa
conto di aver aperto una ferita non del tutto rimarginata nel cuore del
padre e maledì sé stessa e la sua incomprensione,
la sua curiosità che in quell'istante si era impossessata di
lei, accecandola ed emarginandola dalla realtà,
inconsapevole di aver pugnalato ferocemente il cuore del genitore.
Alzò gli
occhi da terra, tremante, quasi fosse una bambina alle prese con la
furia del padre dopo aver combinato una marachella.
Si avvicinò
al tavolo dove il genitore era ancora lì, lo sguardo non
più rivolto a lei, ma a quel cofanetto che aveva risvegliato
i suoi ricordi più dolci e allo stesso tempo più
strazianti.
Gli prese dolcemente
una mano nella propria e se la portò alla guancia, sentendo
quanto quel gesto puramente affettuoso le risultasse indispensabile in
quel momento, in quell'attimo così intimo tra padre e figlia
che, nel corso degli anni, si erano fatti coraggio e consolati a
vicenda durante i periodi più bui della loro esistenza.
Goku sorrise a quella
vista, facendo retro front e lasciando soli i due, capendo di essere
soltanto inutile in un momento come quello, sentendosi estraneo per un
attimo a quella famiglia, così misteriosa e con un passato
ignoto al quale Chichi non aveva mai fatto menzione.
E ora, ne capiva il
motivo; per lei significava soltanto tuffarsi nuovamente nel dolore,
come se in quegli anni di matrimonio non le ne avesse procurato
abbastanza.
Abbandonò
la stanza, nonostante il suo stomaco affamato reclamasse cibo, con un
sorriso appena accennato stampato sulle labbra.
Era arrivato, dunque,
il giorno della partenza.
I due sposi sarebbero
partiti a distanza di pochi minuti, dopo aver caricato le ultime valige
e aver salutato i conoscenti.
Era un fresco
pomeriggio poco ventilato, ma decisamente piacevole, i due coniugi si
trovavano di fronte alla porta d'ingresso, dove Juman, Leptine e
qualche altra domestica li congedavano prima del prossimo incontro,
inconsapevoli che esso sarebbe avvenuto a distanza di poco tempo.
Il leggero vestitino
celeste di Chichi ondeggiava silenziosamente ad ogni piccolo alito di
brezza, accompagnato dalla lunga chioma nera che incorniciava
deliziosamente quella piacevole figura femminile.
Al suo fianco si
ergeva il giovane Saiyan, intento a stringere la mano al suocero, per
poi essere stritolato in uno dei suoi abbracci calorosi.
Fu il turno anche di
Chichi che, nonostante il pancione di cinque mesi la rendesse
più goffa nei movimenti, si lasciò abbracciare e
sprofondare nella mole impetuosa del padre.
Le due donne, si
guardarono, per poi sorridersi e abbracciarsi serenamente.
“Ti
prometto, Leptine, che quando la piccola nascerà ti
spedirò una foto e poi ti verrò a
trovare!” disse la moretta, sorridendo all'anziana signora.
“Sì,
mi farebbe tanto piacere, grazie...” rispose la tata,
appoggiando poi la mano sulla pancia di Chichi, sentendo la piccola
muoversi e agitarsi, come se avesse da sempre conosciuto quella donna.
Leptine, poi, si
rivolse a Goku, sorridendogli comprensiva.
“Mi
raccomando giovanotto, stalle accanto e non farla più
soffrire...” gli sussurrò piano, mentre Chichi si
dirigeva in macchina.
“Non si
preoccupi, non ho intenzione di causarle altri dolori. L'ho fatto
già fin troppe volte...” rispose il Saiyan,
voltandosi per un attimo a guardarla e ridendo ai suoi movimenti goffi.
“Bene,
è ora che vada. Arrivederci a tutti e grazie per
l'ospitalità.” aggiunse il giovane per poi
voltarsi e correre in auto dove Chichi lo stava aspettando
pazientemente, accarezzando il cofanetto sulle ginocchia.
“Ma
figurati, Goku! Tornate presto e state attenti!” si
raccomandò Juman, gridando l'ultima frase, dato che il
Saiyan era partito in quinta, in uno scatto fulmineo.
Tutti i residenti
della reggia stavano rientrando in casa, ma Leptine, invece, continuava
a fissare il punto dove l'auto dei coniugi Son era scomparsa, nascosta
dalla vegetazione.
Il suo sguardo era
profondo e preoccupato; aveva come una strana sensazione, un
presentimento per niente allettante e, solitamente, su queste cose non
si sbagliava mai.
Pregò con
tutto il cuore che si stesse sbagliando rientrando poi in casa; lo
sguardo cupo e la testa abbassata, sussurrando impercettibilmente la
fonte delle sue preoccupazioni:
“Chichi...”
TO BE
CONTINUED...
Eccomi
di nuovo qui, miei carissimi lettori.
Mi
scuso con tutto il cuore per il ritardo, inconcepibile, di tre mesi...
ma purtroppo ho avuto una marea di problemi, che mi hanno
impossibilitato ad aggiornare la fan fiction.
Spero
siate così gentili e buoni da perdonarmi e che, in qualche
modo, sia riuscita a farmi perdonare con questo capitolo... anzi,
è il minimo che possa fare per rientrare nelle vostre grazie.
Prima
di ringraziare i recensitori dello scorso capitolo, vorrei chiarire
qualche punto:
1-
Leptine; vi sarete chiesti perchè mai abbia voluto integrare
questo personaggio nella storia. Bene, non voglio svelarvi tutto e il
massimo che posso dirvi è che nei capitoli successivi quando
ci sarà la crisi, lei rivestirà un ruolo
fondamentale. Ecco fatto! ^^
2-
Il crollo totale arriverà... nemmeno io so con precisione
quando, però non manca molto, quindi preparate i
fazzolettini. ^-^
3-
il carillon; vi sembrerà una cosa inutile e insensata, ma la
storia del carillon ci tenevo a precisarla. Mi sono sempre chiesta come
sia stata l'infanzia, il passato di Chichi e con sfacciataggine ho
voluto ricrearne un piccolo pezzetto, chiarendo magari qualche punto
che a me personalmente non era chiaro. Esempio la determinazione, la
forza che caratterizzano Chichi, come abbia ottenuto questa grandissima
forza di sopportare il dolore ed andare avanti...
Va
bene, adesso la smetto, sennò non finisco più. ^^
Ora
passo ai ringraziamenti e mi scuso se saranno un po' brevi, mi sono
già dilungata abbastanza.
A
Layla-Chichi Romance: Ti ringrazio per il complimento, spero tanto non
ti abbia delusa con il seguito. 1 bacione. Tua Annetta.
A
Merediana: Ciao carissima! Il tuo ritardino in confronto al mio
è niente, te lo assicuro. Ti ringrazio come sempre
per i complimenti. Mi fa piacere che ti sia piaciuta l'idea della festa
della donna. Va bene, spero vivamente che non ti abbia deluso con
questo capitolo. 1 bacione e ancora grazie mille. Tua Annetta.
A
Ciuiciui: Ehm... non so se merito tanti complimenti... ^-^'' purtroppo
sono una frana con gli aggiornamenti e decisamente la sfortuna non
vuole lasciarmi, ahimè! Ti sarai accorta che questo
è uno dei capitoli più sensibili, fino ad ora,
no? Mi è piaciuto molto frugare tra i ricordi di Chichi e
immaginare il rapporto affettivo tra i suoi genitori, sul serio e spero
vivamente che non sia risultato una catastrofe... ^^ Ti ringrazio con
tutto il cuore per i tuoi commenti e le tue analisi sul capitolo. Non
sai quanta gioia mi procurino... anche perchè vedere che i
lettori capiscono al volo i 'messaggi' che vorrei si cogliessero e
capissero fa soltanto piacere! Quindi per concludere grazie infinite;
grazie perchè continui a seguire la mia storia con
entusiasmo e grazie per tutti gli incoraggiamenti. Ti voglio un mondo
di bene. 1 bacione e ancora tante scuse. Tua Annetta.
A
Evy: Ti chiedo scusa... ho aggiornato con un ritardo mostruoso ma anche
io ho avuto i miei problemi. Non preoccuparti se non riesci a
commentare nei tempi giusti... l'importante è che la storia
continui a piacerti e che non ti deluda mano a mano che va avanti.
Grazie ancora. 1 bacione, Tua Annetta.
A
CamyChichi: Ciao carissima! Ma figurati non me la prendo assolutamente.
Perché dovrei? Lo so bene che non tutti i capitoli possano
piacere, è normale e non devi assolutamente sentirti in
colpa. Anzi apprezzo la tua sincerità e spero che questo
capitolo ti sia piaciuto un po' di più. Grazie ancora per la
gentilezza e per i complimenti. 1 bacione. Tua Annetta.
A
Kiki87: Ciao Sara! ç__ç Mi fai sempre commuovere,
sono davvero felice che questa fan fiction ti stia appassionando e che
con la solita dolcezza e gentilezza continui a seguirla e a commentarla
con entusiasmo. Mi riempie il cuore di gioia, davvero. Grazie per tutti
gli incoraggiamenti, per tutte le frasi carine e sincere che mi aiutano
ad andare avanti e a non perdere la speranza. Grazie per le accurate
analisi che mi regali con ogni capitolo, che mi fanno comprendere con
più chiarezza quanto sia stato apprezzato l'aggiornamento.
Non so come descrivere questo capitolo: è un misto tra
allegria e sofferenza e non sono sicura di aver fatto un buon lavoro.
Sai bene il periodo che ho passato e spero che la tristezza non si sia
impossessata di me dando vita ad uno schifo. L'ispirazione mi ha
giocato anche un brutto tiro. Va beh, poi mi saprai dire come sempre il
tuo parere. ^^ . Sono io che devo dirti GRAZIE INFINITE, per tutto
quanto! E giuro che farò di tutto per continuare a meritare,
seppur indegnamente, la tua stima. Mi impegnerò come sempre
sperando di non deluderti mai perché sarebbe una sconfitta
per me e un vero colpo basso.
Grazie
di cuore e scusa per il ringraziamento indegno alla tua recensione e
per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato. Ti voglio un mondo di bene
e sempre te ne vorrò. A presto Sara. 1 bacione enorme, tua
Annetta.
A
SerenaChichi: Grazie di cuore Sere per la recensione! ^^ Mi fa
tantissimo piacere che i capitoli continuino ad entusiasmarti. Ricambio
i complimenti, anche tu sei bravissima e non vedo l'ora di leggere i
tuoi aggiornamenti. Grazie mille e scusa per il ritardo. 1 bacione, Tua
Annetta!
A
Elechan86: Ciao! No... perdonami tu per il ritardo. Non merito nemmeno
di essere perdonata anche Perché non sono convinta che
questo capitolo sia un gran che. Ci ho messo sempre il dovuto impegno
e, ahimè, più di così non sono
riuscita a dare. Spero comunque che sia apprezzabile. Sì, lo
so che certi particolari sono inutili per la storia, ma come tu ti
diverti a leggerli io mi diverto a scriverli... eheheh ^^. A dire la
verità l'ho fatto di proposito. Quale data migliore poteva
essere scelta come il giorno in cui i nostri due coniugi scoprono di
aspettare una bella bambina? E poi mi divertiva il fatto di descrivere
una giornata un po' inusuale come la festa delle donne e di infiltrarla
nella storia. Ti ringrazio per i complimenti e mi scuso infinitamente
ancora per il ritardo. Spero ti sia piaciuto il capitolo e ti dico che
sono un po' titubante al riguardo. Va beh, ormai è andata.
Grazie
ancora di tutto cuore per il commento. 1 bacione e a presto. Tua
Annetta.
A
Gokina94: Grazie per i complimenti e grazie anche per aver continuato a
seguirmi. Spero ti sia piaciuto questo capitolo e mi scuso per il
ritardo. Prego che tu voglia perdonarmi. Ancora grazie infinite. 1
bacione e a presto. Tua Annetta.
A
Sybelle: Sara!!! Ma ciau! Allora che mi dici di questo capitolo? Non
sono certa che sia una conquista però meglio non sono
riuscita a fare. Il crollo totale arriverà... non so nemmeno
io di preciso il capitolo, però come ho detto prima, non
manca molto... anzi direi che siamo agli sgoccioli. ^//^ dai adesso non
farmi arrossire... tu sei anche più brava di me, quindi sono
io che devo farti i complimenti. Grazie infinite per la rece, ti voglio
un mondo di bene, amicona! Ci sentiamo per email... 1 bacione e a
presto, tua Annetta!
A
Sexxxychichi: Ciao cara! Anche per me è sempre un piacere
ricevere dei commenti positivi come i tuoi. Grazie per i complimenti e
spero che continuerai a seguirmi. Grazie infinite ancora! 1 bacione!!
Tua Annetta.
A
Chichina: Ciao! Bellino, bellino il nick! Scusa se te lo dico adesso,
eheheh, sono un pochetto svampita. ^^ Comunque grazie mille per il
commento. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. 1 bacione. Tua
Annetta.
A
Elvis93: Francyyy!! Che bello sentirti. Devo ancora leggere
l'aggiornamento della tua fic. Perdonami come sempre, ma non ho un
attimo di pace. Prometto che la legggerò al più
presto possibile e che ti lascerò anche un commentino.
Grazie infinite per i complimenti. Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo. Ti voglio tanto, tanto, tanto bene! 1 bacione, tua Annetta.
Okay,
ragazzi. Con questo ho finito. Ringrazio anche coloro che continuano a
leggere la fan fiction e a seguirmi. Grazie mille anche alle persone
gentilissime che hanno messo la mia fic tra i preferiti. ^^ Adesso vi
saluto. 1 bacione sincero a tutti. Vostra Annetta Chan.
|
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Capitolo 5 *** Grief And Sorrow ***
"BEYOND
THE PAIN"
5°
CAPITOLO: “GRIEF AND SORROW”
Chichi passeggiava
nervosamente avanti e indietro per il salotto facendo ondeggiare i
lunghi capelli mori sulla schiena.
Ogni tanto si fermava,
si accostava alla finestra e spostava leggermente le tendine, per poi
chiuderle istericamente con uno sbuffo.
A volte si fermava nel
bel mezzo della stanza, osservando il pancione sporgente,
accarezzandolo dolcemente e sorridendo compiaciuta a quella vista.
Per l'ennesima volta,
Chichi si fermò davanti alla finestra e con la stessa
reazione delle precedenti sbuffò sommessamente.
Stava per andarsene e
riprendere la sua maratona quando, finalmente, riuscì a
scorgere la figura di suo marito, il quale beatamente stava
chiacchierando con il figlioletto minore seduto sulle sue spalle,
ridendo e giocando felicemente.
La moretta sorrise a
quel quadretto, ma quell'attimo durò poco perchè
istantaneamente le affiorò il motivo di quella attesa,
tramutando quel sincero sorriso in una smorfia di rabbia e impazienza.
I due Saiyan varcarono
la soglia di casa: le tute a brandelli, completamente sporchi, alcune
abrasioni e ferite sparse qua e là lungo il corpo e un
sorriso smagliante che identificava padre e figlio quasi fossero
fratelli gemelli.
Chichi sentì
la porta aprirsi e subito si affrettò a raggiungere i due
Saiyan il più velocemente possibile, risultando un po' goffa
nei movimenti a causa della prosperosa pancia.
Goku e Goten non fecero
nemmeno in tempo ad annunciare il loro arrivo che immediatamente si
trovarono la moretta davanti con un'espressione che non prometteva
nulla di buono.
“Ehi,
Chichina! Che tempismo, sei arrivata proprio in tempo, sai? Goten ed io
stiamo morendo di fame...” iniziò il giovane,
sorridendo ingenuamente, non ancora accortosi dell'espressione della
moglie.
Al contrario, il
piccolo Saiyan stava lentamente indietreggiando, spaventato a morte da
quella furia ormai incontenibile e traboccante dagli occhi della madre.
Il più
silenziosamente possibile strattonò i resti della tuta del
padre, bisbigliando piani di fuga che mai arrivarono all'orecchio del
Saiyan più grande.
Chichi alzò
il viso verso il marito, gli occhi così rabbiosi che fecero
sussultare e indietreggiare il giovane dalla paura.
“Goku... si
può sapere perchè hai fatto così
tardi?!” pronunciò il nome del marito quasi
bisbigliando, per poi aumentare di colpo il tono della voce e far
indietreggiare marito e figlio, il quale si era paurosamente aggrappato
alla gamba del genitore.
“Hai visto
che ore sono?” continuò indicando l'orologio a
pendolo in cucina per poi rivolgersi nuovamente a lui.
“Tu dovevi
rientrare almeno quaranta minuti fa e sai perchè? Oppure ti
sei dimenticato anche questo, eh? Dimmelo!” urlò
avanzando pericolosamente verso il marito con le mani appoggiate ai
fianchi.
“Sì,
lo so tesoro... ma fammi spiegare...” cercò di
giustificarsi il giovane, senza successo.
“Non mi
importano le tue scuse! Io dovevo essere dal dottore mezz'ora fa, a
fare il controllo mensile per la nostra bambina, e tu come al solito te
ne sei dimenticato!” aggiunse, infine, ormai con le lacrime
agli occhi, arrabbiata e ferita dal suo comportamento irresponsabile.
“Tesoro, ti
giuro che non me ne ero dimenticato... ho avuto soltanto dei problemi
che mi hanno impedito di venire da te a tempo debito.” disse
Goku, notando con un briciolo di sollievo che lo sguardo della moglie
si era fatto più ragionevole.
In difesa del padre
intervenne anche il piccolo Son che fino a quel momento si era nascosto
dietro di lui, per paura di essere sgridato.
“Papà
sta dicendo la verità, mammina. Mentre venivamo a casa
abbiamo incrociato un incendio nel bosco e abbiamo fatto di tutto per
salvare gli animali della foresta e poi abbiamo spento il fuoco. Ci
abbiamo messo tanto perchè un' orsa aveva il pancione come
te e aveva bisogno d'aiuto.” spiegò il piccolo,
sgattaiolando da dietro il padre, avvicinandosi alla madre per poi
abbracciarle le gambe in un gesto affettuoso e tenero.
Chichi sorrise,
dimenticando completamente l'ira funesta che pochi attimi prima si era
impossessata di lei, accarezzando la testolina spettinata del figlio
minore.
Il paragone che il
piccoletto le aveva fatto prima con quell'orsa la sciolse
definitivamente, commossa e sorpresa dall'improvviso e repentino
cambiamento in Goten, il quale aveva preso sul serio il fatto che la
sua mamma presto avrebbe avuto una figlioletta e che lui sarebbe
diventato il fratello maggiore.
Per quanto fosse ancora
piccolo e ingenuo, si poteva percepire e scorgere perfettamente in lui
quel suo nuovo sentimento di preoccupazione e difesa nei confronti di
lei e di chiunque altro fosse nel suo stato.
Questo la rese
orgogliosa e fiera del bambino che era diventato, del cucciolo che
aveva cresciuto, il quale con il passare del tempo continuava ad
assomigliare sempre più e in modo sempre più
perfetto al padre.
Chichi continuava ad
accarezzare affettuosamente la testolina del figlioletto, per poi
rivolgere nuovamente lo sguardo al marito.
Anche lui, come suo
solito, sorrideva dolcemente al proprio bambino, fiero e orgoglioso
come lo era in quel momento lei.
“Siete stati
davvero molto bravi. Per questa volta vi perdono... ma che sia
l'ultima!” disse seriamente la moretta, per poi staccare con
grazia il piccolo da sé e guardarlo più da vicino.
Fu in quel momento che
si accorse di come, sia lui che il marito, fossero conciati.
“Ma che
diamine...? Ho capito che avete spento un incendio e vi siete allenati,
ma ridurre le vostre tute in questa maniera è proprio il
colmo!” Chichi diede delle leggere pacche ai brandelli di
stoffa, togliendone quel poco di polvere rimasta.
“Ah! Ormai
queste non si rammendano più... e pensare che ci avevo messo
tanto di quel tempo a risistemarvele...” si
lamentò Chichi, per poi sbuffare e osservare il marito con
una nota di rimprovero.
“Certo che tu
sei più grande di lui e sei messo peggio! Dovresti dare buon
esempio visto che sei il padre... mah, che cosa sto qui a sprecare
fiato!” Chichi si avvicinò anche al marito e fece
la stessa cosa che aveva fatto con Goten.
Goku invece sorrideva,
osservando con sguardo puramente innamorato i tentativi goffi ma
comunque affettuosi della moglie nel pulirgli la tuta.
'E pensare che poco
prima voleva uccidermi.'pensò tra sé il giovane,
prendendole poi le mani nelle sue, fermando quell'attività
appena iniziata dalla consorte.
Le sorrise birichino,
chinandosi su di lei, baciandole la fronte, per poi sorriderle di nuovo.
“Vado a farmi
una doccia veloce e poi ti porto alla tua visita.” disse,
lasciandole le mani e dirigendosi verso le scale.
“Già
che ci sei porta con te anche Goten... e fai presto, hai a disposizione
massimo dieci minuti. Ah, e di a Gohan di smettere di parlare al
telefono con quella ragazza e di lavare suo fratello!” disse,
voltandosi verso le scale.
“Mamma io mi
so lavare da solo!” rispose offeso il piccolo Goten per poi
scappare via al piano superiore, evitando così altre
raccomandazioni della madre.
I due coniugi si
sorrisero complici, per poi darsi le spalle a vicenda e concentrarsi
sui loro impegni.
Erano le 6.00 di sera
passate ormai; Goku e Chichi si trovavano nella sala d'aspetto da
più di mezz'ora e Chichi cominciava a stancarsi ed
innervosirsi.
Goku, invece, era
comodamente spaparanzato sulla sua sedia e osservava divertito la
moglie, la quale, dopo essersi torturata le mani per dieci minuti, si
passava nervosamente le dita tra i capelli e cambiava posizione ogni
due secondi.
Chichi notò
quel suo sorrisetto sul viso e non poté che giudicarlo come
un sorriso di schernimento.
Si eresse in tutta la
sua altezza, guardando con curiosità l'uomo che le stava di
fronte, per poi incrociare le mani al petto e alzare un sopracciglio.
“Ti faccio
ridere così tanto?!” gli chiese, anche se dal tono
con cui aveva pronunciato quelle parole più che una domanda
sembrava una constatazione.
Offesa, si
voltò dall'altra parte non sopportando più quel
sorrisetto irritante.
“Invece di
calmarmi lui ride... tsk, che razza di marito!”
pensò ad alta voce continuando a sbuffare.
Goku sorrise di nuovo,
per poi afferrarle delicatamente il viso in modo che potesse guardarla
negli occhi.
Trattenne a stento una
risata quando notò quel cipiglio arrabbiato ma decisamente
comico stampato sul suo viso d'angelo.
“Mi fai
sbellicare...” sussurrò birichino avvicinandosi a
lei per gustarsi un attimo di eternità in un breve e dolce
contatto con le sue labbra.
Chichi non avrebbe
voluto fargli ottenere quello che desiderava, ma quando suo marito
utilizzava quella voce così suadente, così
maledettamente irresistibile lei non poteva che accontentarlo e mandare
al diavolo il broncio e tutto il resto.
Goku con il passare
degli anni era decisamente maturato, certo non aveva perso del tutto la
sua ingenuità perchè altrimenti non sarebbe stato
più lui, però si poteva notare chiaramente il
cambiamento rispetto agli inizi della loro vita coniugale.
Era stupendo e
impressionante il modo in cui riusciva a scatenarle brividi e passioni
in un solo istante.
Forse era la gravidanza
a farle provare quelle piacevoli sensazioni e certo, in quel momento,
avrebbe desiderato qualcosa di più di un semplice bacio, ma
le circostanze glielo impedivano.
Erano a pochi
millimetri l'uno dalle labbra dell'altro e stavano per incontrarsi
quando la voce squillante dell'infermiera interruppe il magico momento
annunciando il turno della coppia.
I due sussultarono,
balzando ritti sulle loro poltrone colti alla sprovvista da quella voce
petulante e odiosa che aveva messo fine al loro attimo idilliaco e, con
un po' di rammarico e imbarazzo, si ricomposero schiarendo le proprie
voci e alzandosi diretti nella sala delle visite.
Il dottore li accolse
con il solito calore facendo accomodare Chichi sul lettino sistemando
gli ultimi attrezzi mentre la mora si preparava per la visita.
“Allora, come
vanno le cose miei cari coniugi Son? C'è stato qualche
sintomo di troppo?” domandò con la nota
solarità passando l'attrezzo sul gel posto sopra la pancia
di Chichi.
“Non mi pare,
dottore... anche se, adesso che ci penso, qualche giorno fa ho sentito
la bimba muoversi un po' troppo...” rispose Chichi, un po'
incerta se la cosa potesse interessare al medico.
Il vecchio
corrugò la fronte mettendo più in risalto le
rughe che gli donavano un aspetto saggio e intelligente.
“Si spieghi
meglio.” continuò, la voce un poco più
seria e lo sguardo concentrato sul monitor.
Chichi
intrecciò le mani, concentrando il suo sguardo sulla propria
pancia, l'espressione intensa e un po' vaga in un atteggiamento che
indicava profondo raccoglimento.
“Ecco,
vede... è difficile da spiegare. Uhm... ci sono stati dei
momenti in cui la bimba si muoveva incessantemente, come... uhm, come
se si contorcesse dal dolore, sì. Io non sentivo niente,
però lei era decisamente agitata.”
spiegò la moretta, per poi osservare il dottore che si era
fermato un attimo a pensare, lo sguardo rivolto al pavimento.
“Da quanto
tempo la bambina reagisce in questo modo, se lo ricorda?”
domandò con la stessa serietà osservando di nuovo
la creaturina nel monitor che in quel momento stava agitando i pugnetti.
Chichi
osservò il marito il quale rispose per lei questa volta.
“Circa da tre
giorni... giusto?” affermò il Saiyan, chiedendo
conferma alla donna che annuì.
Il dottore si
passò una mano sul mento, corrugando nuovamente la fronte.
'Eppure la piccola mi
sembra in ottime condizioni! No, non può essere...
è escluso!' pensò tra sé, per poi
rivolgere un sorriso caloroso ai due sposi.
“Non
preoccupatevi, non è nulla di grave. Può darsi
che lei abbia fatto molto movimento e la piccola si sia agitata un
poco. A volte capita, sono cose che vanno e vengono.”
aggiunse il dottore per poi osservare nuovamente la piccola attraverso
il monitor.
Chichi tirò
un sospiro di sollievo, lieta che non fosse nulla di grave,
però Goku era rimasto un po' incerto sul
momentaneo turbamento del medico e qualcosa gli diceva che sotto quel
sorriso radioso ci fosse qualcosa di molto più serio e
complicato che non doveva essere sottovalutato.
“Signore, non
è meglio fare altri accertamenti? Non so perchè,
ma non mi sento molto sicuro...” disse il giovane passandosi
una mano sul mento mentre l'altra reggeva l'altro braccio in una posa
pensierosa e preoccupata.
Chichi
osservò incuriosita il marito.
Goku solitamente si
fidava ciecamente degli altri, ora sembrava confuso e incerto su quanto
detto dal dottore. Possibile che avesse intuito qualcosa di sbagliato?
Avrebbe voluto
domandarglielo, ma il vecchietto anticipò la sua mossa
tranquillizzando il giovane Saiyan.
“Non
c'è nulla di preoccupante, signor Son. Si fidi di me. Anche
perchè, avendo una certa esperienza in questo campo, mi
accorgerei se ci fosse qualcosa di sbagliato nella piccola, non crede?
Quindi stia tranquillo e sereno.” rispose l'anziano, per poi
sorridergli incoraggiante.
Goku non era del tutto
convinto, però decise di rassegnarsi e fidarsi del medico.
I due coniugi usciti
dall'ospedale si stavano dirigendo verso casa.
L' automobile viaggiava
silenziosa fendendo l'aria grazie alla velocità acquisita.
Stava per inoltrarsi la
sera nonostante fossero già le 7.00 passate.
La bella stagione era
imminente, Maggio era agli sgoccioli, la notte cominciava a calare
sempre più tardi e il tepore dei raggi solari che tutto il
giorno avevano riscaldato l'ambiente, continuavano ad aleggiare
rendendo confortevole e molto piacevole il viaggio di ritorno.
Chichi era seduta sul
posto accanto al guidatore, i capelli leggermente mossi dall'aria
entrante dal finestrino semi aperto, il sorriso compiaciuto e
tranquillo sul suo viso.
Era felice, felicissima
che la bambina stesse bene e che la gravidanza procedesse senza alcun
problema.
Per un attimo si era
preoccupata quando il dottore si era fatto pensieroso e serio, l'ansia
di quel momentaneo silenzio l'aveva messa in guardia, pregando che non
fosse successo nulla di grave e che la sua piccola continuasse a stare
bene.
Le sue preghiere furono
accolte e tutte le preoccupazioni, i dubbi che le erano passati per la
mente sparirono come se nulla fosse successo.
La cosa che l'aveva
sorpresa era stata anche l'improvvisa inquietudine di Goku.
Di solito era lui
quello spensierato e ottimista, e lei quella ansiosa e cauta.
Quel turbamento in lui
non significava niente di buono, se si era spaventato ci doveva essere
un motivo.
Si voltò
osservandolo intento nella guida; sembrava molto concentrato, il viso
serio e la fronte aggrottata.
Normalmente era
più rilassato quando guidava, forse avrebbe dovuto
chiedergli se c'era qualcosa che lo turbava.
Annuì tra
sé e prese parola.
“Goku, ti
senti bene?” gli domandò dolcemente anche se il
timbro della sua voce rivelava un briciolo di tensione.
Il Saiyan fu come
risvegliato dai suoi pensieri e notando che la moglie lo stava fissando
capì che era stato interpellato.
“Uhm? Hai
detto qualcosa?” le chiese, senza abbandonare l'espressione
seria sul suo volto.
Da come la donna
sospirò, capì che era preoccupata per il suo
atteggiamento.
Non voleva metterle in
testa altri dubbi, sapeva perfettamente che se avesse parlato con lei
del suo presentimento, sicuramente si sarebbe agitata e, decisamente,
non ne valeva la pena.
Purtroppo fin dalla
partenza dall'edificio, non aveva fatto altro che pensare a quel
dottore e al fatto che stesse nascondendo qualcosa di pericoloso.
I suoi sensi lo
inducevano a non trascurare quel repentino cambiamento, si era sempre
fidato del suo istinto e questo non lo aveva mai tradito, anzi il
più delle volte era stata proprio la sua indole Saiyan a
salvarlo dai pericoli e a metterlo in guardia.
Possibile che questa
volta si sbagliasse?
Comunque doveva
smetterla di pensarci, per ora, e non farla più insospettire.
“Scusami ero
soltanto in sovrappensiero.” disse dolcemente abbandonando il
cruccio e lasciando spazio ai suoi inimitabili sorrisi.
Chichi non era del
tutto convinta, per un attimo osservò attentamente il marito
sperando di poter scorgere in lui qualcosa che le avrebbe fatto capire
se le stesse dicendo la verità.
Rassegnata,
lasciò perdere. A volte gli sguardi del marito erano
così espliciti che non c'era bisogno di eventuali parole,
erano i suoi occhi a parlarle, mentre in altri momenti era impossibile
leggergli la mente e capire cosa gli stesse passando per la testa.
Quel Saiyan era davvero
unico.
Sorrise un po' esitante
per poi continuare ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino,
svuotando la mente da qualsiasi altro pensiero.
Arrivarono a casa dopo
una mezz'ora.
Goku aveva aiutato
Chichi a scendere dall'auto; era davvero esausta e non si era mai
sentita così stanca in tanto tempo. Eppure non aveva fatto
sforzi eccessivi!
Entrò nella
dimora sorretta da Goku e appena arrivò in cucina
trovò il tavolo già apparecchiato e i due ragazzi
che frugavano tra gli scompartimenti di pentole e tegami per preparare
la cena.
A Chichi si inumidirono
gli occhi, commossa e grata per la gentilezza e premura dimostrata dai
suoi figli.
Fu Goten il primo ad
accorgersi del ritorno dei genitori e in meno di un secondo era
già appiccicato alle gambe della madre.
Gohan si
avvicinò ai genitori sorridendo.
Indossava un
grembiulino da cucina e Goku non riuscì a trattenere una
risata di scherno.
In compenso ricevette
uno scappellotto dalla moglie.
“Non prendere
tanto in giro. Ti ricordo che anche tu hai indossato quel grembiulino
quando ero incinta di Gohan! Dovresti essere orgoglioso di tuo
figlio...” lo sgridò per poi commuoversi a tanta
premura.
Questa volta furono
entrambi i mezzi Saiyan a ridere al pensiero del padre con addosso un
grembiulino da cucina.
Goku arrossì
lievemente per poi unirsi alle risate dei figli.
“Ragazzi non
so come ringraziarvi... siete stati così gentili... e
dolci... e premurosi!” Chichi si stava asciugando gli occhi
con un fazzolettino bianco per poi essere interrotta dal primogenito.
“Quando
abbiamo visto che alle sette non eravate ancora arrivati io e Goten
abbiamo pensato di darci da fare ed apparecchiare.” sorrise
per poi portarsi una mano dietro alla nuca stile Goku.
“Per la cena
però non siamo bravi quanto te e quindi...” Gohan
si voltò a guardare il fratellino con sguardo complice e
scoppiare insieme in una risata imbarazzata.
“...abbiamo
deciso di ordinare un po' di pizze!”.
Chichi li osservava con
dolcezza, gli occhi così lucidi da appannarle la vista, un
sorriso grato ed emozionato che sapeva esprimere tutto il suo orgoglio
per i figli, ormai grandi e responsabili che sapevano sempre regalarle
tante soddisfazioni e colmarle il cuore di pura gioia.
“Grazie
ragazzi. Siete stati molto carini, penserò a qualcosa per
ricompensarvi.” aggiunse la donna con la voce tremante mentre
si asciugava le lacrime con un dito.
“Figurati
mamma... non è niente.” disse Gohan per poi
togliersi il grembiule ed abbracciarla.
“Beh, intanto
che aspettiamo vi dispiace se vado a farmi un bagno caldo? Sono
veramente esausta...” disse, poi, riprendendosi tutto d'un
tratto dalla commozione e sorridendo come se non fosse successo nulla.
I due ragazzi sorrisero
alla madre, scuotendo la testa.
“Vai pure,
mamma. Ti chiamiamo quando arrivano.” aggiunse il piccolo
Goten, spingendola incoraggiante verso le scale.
Chichi sorrise,
arruffando i capelli già spettinati del figlioletto, per poi
prendere sottobraccio il marito.
“Dai Goku,
accompagnami di sopra.” gli ordinò, per poi
ricevere un sorriso gentile e una lieve pressione dietro la schiena e
le gambe, sollevata da terra in braccio al marito.
Mentre si stavano
dirigendo verso le scale il telefono squillò e, trovandosi a
pochi passi dall'apparecchio, Chichi decise di rispondere, dopo essere
stata nuovamente appoggiata a terra da Goku.
“Pronto?”
Chichi fu costretta a
distaccare la cornetta dal proprio orecchio quando un urletto
decisamente isterico ed emozionato le giunse dal telefono.
Come non riconoscere
quella voce un po' petulante ma pur sempre piacevole?!
“Ciao anche a
te Bulma.” rispose Chichi sarcastica per poi ridere alla
reazione eccessiva della donna.
“Ciao Chichi!
Oh, tu non sai... tu non indovinerai mai... io, sono così
felice!” continuò la turchina, per poi sospirare
felicemente come una ragazzina alle prese con i primi amori.
“Sì,
me ne sono accorta. Ma dimmi, che cosa è
successo?” chiese la moretta, appoggiandosi al muro di fianco
all'apparecchio, giocando con il filo della cornetta.
“Oh,
Chichi... è una cosa meravigliosa! Non sto più
nella pelle dall'entusiasmo!” continuò Bulma,
ignorando la domanda posta un attimo prima dall'amica, sospirando
nuovamente.
Anche Chichi questa
volta sospirò. Un sospiro più che altro stanco...
esasperato.
“Oh
sì certo, non lo metto in dubbio. Però vorresti
spiegarmi, per favore, il motivo di tutta questa frenesia?”
chiese nuovamente la mora, passandosi stancamente una mano sulla fronte.
Goku, intanto,
osservava la moglie chiacchierare al telefono mentre attorcigliava e
scioglieva il filo del telefono attorno alle dita affusolate.
Chissà
perchè quel gesto lo inteneriva tanto; forse per il fatto
che giocando in quel modo con l'apparecchio sembrava molto
più dolce, più bambina... era una cosa che sempre
lo aveva colpito e affascinato.
Sembrava che lei in
quel momento, seppur inconsciamente, lo stesse seducendo: con quel
pancione enorme che per miracolo la teneva ancora in equilibrio,
facendo esternare quel lato tenero ed indifeso che usciva soltanto in
momenti particolari ed intimi tra di loro, che gli scioglieva l'anima e
che ora, grazie alla gravidanza, faceva capolino dal suo impenetrabile
guscio più frequentemente sorprendendo tutti coloro che
ormai l'avevano identificata come una donna severa e alle volte rude,
con quel piacevole sorriso dipinto in viso e il melodioso suono delle
sue risate che aveva il magnifico potere di scaldare il cuore alle
persone, facendo scoprire agli altri quel misterioso lato di lei che
nessuno oltre a lui e alla sua famiglia aveva mai avuto la
soddisfazione di poter assaporare.
Si risvegliò
dai quei dolci pensieri da ragazzo innamorato che per un attimo gli
avevano fatto dimenticare il presente scuotendo la testa e sbattendo le
palpebre, udendo nuovamente il suono della sua voce che poco prima si
era fatto più ovattato facendo da sottofondo a quella catena
di pensieri su di lei.
Si avvicinò,
quindi, alla donna appoggiando la schiena contro il muro nella sua
stessa posizione, ascoltando più intensamente la
conversazione tra lei e Bulma.
Chichi
sospirò nuovamente, visibilmente stanca e annoiata dal
comportamento infantile dell'amica.
“Fammi
indovinare: Vegeta ha scassinato una gioielleria e ti ha regalato un
enorme anello con incastonato un diamante pregiatissimo... oppure hai
comprato una nuova borsetta che si abbina perfettamente al colore dei
tuoi capelli della marca più costosa a questo
mondo...” cercò di indovinare svogliatamente la
moretta, volendo terminare al più presto quella
conversazione fatta più che altro da urletti euforici ed
insopportabili.
Goku sorrise al
sarcasmo inimitabile della compagna per poi tornare serio e preoccupato
quando si accorse che qualcosa in lei non andava.
“Ah, ah,
ah... molto spiritosa Chichi! Ti diverti tanto a prendere in giro la
mia passione per lo shopping? Su ammettilo!” Bulma
però non ricevette risposta. Si insospettì e
più volte chiamò il nome dell'amica per sentire
se fosse ancora in linea.
Chichi si stava
aggrappando al muro, improvvisamente pallida e la testa le girava in
modo impressionante.
Ringraziò
mille volte il cielo quando percepì le braccia muscolose di
Goku sorreggerla evitando di farla cadere a terra.
Si riprese dal capogiro
sorridendo ed annuendo al 'Ti senti bene?' premuroso del marito,
riprendendo la conversazione con l'amica.
“Scusami
Bulma, ho avuto un breve giramento di testa, ora sto meglio...
però ti prego sbrigati e arriva al dunque, sono piuttosto
stanca e vorrei farmi un bel bagno caldo.” si
scusò, per poi appoggiarsi nuovamente al muro in attesa che
la turchina rispondesse.
“Va bene, se
hai tanta fretta te lo dico.” rispose Bulma, per poi prendere
un bel respiro e rivelare la novità all'amica.
“Chichi...
sono incinta!” La moretta distaccò un ennesima
volta la cornetta dal proprio orecchio, quando un altro urletto
stridulo le perforò quasi un timpano.
Chichi sorrise
felicemente per poi congratularsi con l'amica.
“Bulma...
è una notizia bellissima! Congratulazioni!” si
complimentò sinceramente felice per la bella notizia.
“Lo so...
sono emozionatissima! Ti immagini, Chichi, i nostri due figli giocare
insieme e crescere come fratelli? Sono così
entusiasta!” esclamò la turchina sospirando
un'ennesima volta.
“Certo,
sarebbe stupendo! Scusami cara, ma devo lasciarti. Ne parliamo domani,
va bene?” rispose Chichi per poi aggrapparsi alla maglia di
Goku e reggersi in piedi.
“Okay.
Però devo chiederti un' ultima cosa poi ti lascio in
pace.”
“Di che cosa
si tratta?” chiese Chichi incuriosita.
“Vorrei
invitare tutti quanti da me questo fine settimana. Voglio festeggiare e
mi piacerebbe se anche voi veniste.” rispose speranzosa Bulma
alla domanda dell'amica.
Ci fu un attimo di
pausa, poi Chichi parlò di nuovo.
“Sì,
va bene. Spero solo di stare bene.” accettò, per
poi sospirare tristemente, ripensando al precedente capogiro.
“Grazie,
grazie, grazie! Allora ci vediamo sabato alle 7.00 in punto di sera,
qui a casa mia!”
“Okay, Bulma.
Bacio e saluta tutti.”
“Certo e tu
fai altrettanto. Ciao, ciao.”
Chichi
appoggiò la cornetta sul ricevitore e sorrise al marito che
continuava ad osservarla incuriosito.
La donna si
abbandonò alla morbidezza del corpo del Saiyan affondando il
viso nel suo petto e sospirando.
Goku
accarezzò dolcemente la schiena della moglie, cullandola nel
suo abbraccio e stringendola un poco a sé, per poi
pronunciare la fatidica domanda.
“Cosa ti ha
detto Bulma di così emozionante?”
Chichi, con ancora gli
occhi chiusi e il viso appoggiato ai possenti pettorali del marito,
sorrise per poi rispondergli senza spostarsi di un centimetro da quella
posizione così rilassante e comoda.
“Bulma
è incinta.” il suo timbro di voce, parve in quel
momento annoiato e stanco, anche se era particolarmente felice per
l'amica.
“E lo dici
così? E' una notizia stupenda! Sono molto felice per lei e
anche per Vegeta, ovvio!” contestò Goku, staccando
da sé la moglie un po' contrariata a quel gesto, per poi
osservarlo con un cipiglio semi-offeso.
“Guarda che
anche io sono felice per lei, è solo che sono stanchissima e
voglio rilassarmi, tutto qui.” rispose la moretta continuando
a fissare il marito con lo stesso sguardo oltraggiato.
Chichi
sospirò stancamente per poi aggrapparsi al collo muscoloso
del marito e osservarlo con la stessa stanchezza impressa nei suoi
occhi d'ebano.
“Per favore,
Goku... è possibile poter fare un bagno caldo e lasciare che
il mio corpo sfinito si possa rilassare un poco?” chiese la
donna, chiudendo gli occhi e sospirando per l'ennesima volta contro i
suoi pettorali.
“Sì,
scusami.” bisbigliò il Saiyan, baciandole
delicatamente la fronte per poi prenderla in braccio e accompagnarla al
piano superiore.
Sabato primo giugno.
Era arrivato
finalmente! Il tanto atteso giorno dei festeggiamenti, il giorno della
rimpatriata con gli amici più cari, il giorno delle risate e
della compagnia, il giorno più agognato della settimana.
Goten era decisamente
euforico all'idea di poter incontrare di nuovo l'amico fedele Trunks e
poter trascorrere un'intera serata con lui.
Gironzolava per la casa
esibendo quel sorriso dolce e semplice che lo rendeva così
incredibilmente simile al padre, sorrideva, sghignazzava mettendo il
buon umore a tutta la famiglia con la sua travolgente gaiezza e
ingenuità.
Chichi era seduta sul
divano e osservava divertita il figlioletto mentre giocava animatamente
con il padre, aspettando l'imminente arrivo di Juman, anch'egli
invitato al mega party.
I capelli lunghi e
lucenti raccolti in un'alta coda, due ciuffi neri le cadevano ai
fianchi del viso e addosso un vestitino semplice e leggero color panna
a maniche corte lungo fino a un dito sopra le ginocchia, i piedi nudi
accoccolati sul divano.
Osservava padre e
figlio mentre lottavano per farsi il solletico, rovesciandosi sul
divano, rotolando a terra, facendola ridere di gusto.
Gohan osservava il
quadretto dalla cucina, mentre si sforzava inutilmente di finire i
compiti, sghignazzando ogni tanto alle buffe smorfie del padre e del
fratellino.
“Dai adesso
basta. C'è un limite a tutto.” disse la moretta
cautamente, la voce rilassata e un sorriso smagliante sul viso.
Padre e figlio
obbedirono agli ordini e si ricomposero, poi il piccolo Goten si
avvicinò alla madre inginocchiandosi davanti a lei, faccia a
faccia con il pancione prosperoso di ormai sette mesi.
Appoggiò una
manina sul tessuto, sentendo subito la sorellina rispondergli al saluto
con un calcio, il quale fece sobbalzare Chichi dal dolore.
“Ahi! Questa
bambina diventerà una peste, me lo sento... che
male!” si lamentò Chichi, socchiudendo gli occhi,
stringendo la veste nelle mani, serrando i denti per
alleviare il dolore, mentre il piccolo di casa sorrideva accostando
l'orecchio al pancione, come se si aspettasse di udire un commento da
parte della sorellina all'insulto della madre.
Goku sorrise, sedendosi
vicino alla moglie, prendendole la mano ancora saldamente avvinghiata
al tessuto, stringendola un poco nella propria.
“Sarà
un angioletto come sua madre” rispose deponendole un piccolo
bacio sulla punta del naso, appoggiando l'altra mano sul ventre gonfio,
sorridendo quando la creaturina si fece sentire anche a lui, in modo
più delicato, questa volta.
Il Saiyan si
voltò nuovamente in direzione della moglie, guardandola
dolcemente negli occhi.
“Visto?”
continuò, avvicinandosi alle labbra della moglie, deviando
il bacio sulla fronte quando lei chiuse gli occhi aspettandosi un
contatto con le sue labbra.
Sghignazzò
divertito, pienamente cosciente del fatto che lei odiava quei tipi di
scherzetti ma che lui continuava insistentemente a tenderle solo per il
gusto di vederla soffiare spazientita.
Chichi lo
osservò imbronciata, specchiandosi in quegli occhi
così neri e profondi, smarrendosi nella loro
oscurità e allo stesso tempo nella dolcezza e nell'amore,
sentimenti che traboccavano visibilmente da quell'oceano di sensazioni
e stati d'animo, non resistendo all'irrefrenabile bisogno di
accarezzare quel suo viso d'angelo e assaporare le sue labbra
morbide e allo stesso tempo mascoline che tanto adorava.
Goku sorrise contro le
sue labbra, intenerito da quella incontenibile frenesia e passione che
contrastavano, ora, la sensibilità di quel cuore coraggioso
e un po' orgoglioso, assecondando il bisogno della moglie con
più ardore.
Goten, nel frattempo,
aveva abbandonato la scena, imbarazzato alla vista dei suoi genitori
così vicini e appiccicati l'uno alle labbra dell'altro.
Inizialmente, quando
ancora non era abituato alla presenza del padre in casa e a quel
continuo scambio di baci tra i genitori, era contento di vederli
così uniti e quando si staccavano gli sorridevano al suo
sguardo incuriosito, accarezzandolo e coccolandolo, facendolo sentire
partecipe a quell'affetto.
Ora però
cominciava a sentirsi quasi... d'impiccio, di troppo insomma,
soprattutto da quando quella volta che era entrato nella loro camera
senza bussare li aveva trovati più appiccicati del solito
mentre si baciavano in modo diverso rispetto alle altre volte,
diversamente da quando lui era lì presente che li osservava.
Da quella volta aveva
imparato a lasciarli soli alle prese con le loro effusioni, senza
più intromettersi.
Si
incamminò, quindi, in cucina raggiungendo il fratellone,
accomodandosi su una sedia accanto osservando il ragazzo impegnato a
scrivere formule matematiche e soluzioni algebriche, ma non fece in
tempo ad aprir bocca che il campanello suonò e in meno di un
secondo si trovò ad aprire la porta al nonno Juman.
“Nonno!”
squittì Goten, saltandogli al collo facendo barcollare il
gigante nonostante la sua imponente corporatura.
“Ehi,
piccoletto! Oh, cielo ma che cosa ti danno da mangiare i tuoi genitori
per farti crescere così velocemente?!”
scherzò l'uomo, per poi appoggiare il nipotino a terra e
salutare Goku e Chichi mentre osservavano nonno e nipote giocare felici.
Salutò con
un cenno il giovane Gohan, che aveva alzato il viso dalle montagne di
libri mentre gli dava il benvenuto agitando la mano.
Si avvicinò,
poi, alla figlia e l'abbracciò, ridendo di gusto quando il
pancione della donna gli impedì di stritolarla al suo corpo.
“Ti trovo
bene Chichi. Anche se mi sembri un po' stanca... spero non ti facciano
lavorare questi Saiyan!” pronunciò con
l'inconfondibile vocione dolce e scherzoso, accarezzandole una guancia
e il mento, dando poi una pacca alla schiena di Goku che gemette a quel
contatto.
Chichi sorrise per poi
scuotere la testa al padre e rispondergli: “No, no... i miei
uomini sono anche troppo bravi, non mi lasciano più fare
niente.” disse orgogliosa, intrecciando la mano con quella di
Goku.
Juman sorrise fiero e
grato al capo famiglia, stringendogli la spalla con una mano
affettuosamente.
Chichi si
staccò dal quadretto prendendo la borsetta lasciata sul
divano e il copri spalle.
Si voltò,
poi, verso i figli in cucina.
“Gohan, Goten
siete pronti? Dobbiamo andare, forza!” li chiamò
per poi raggiungere di nuovo il marito e il padre mentre
chiacchieravano.
“Papà
noi siamo pronti. Se vuoi possiamo partire anche adesso.”
disse Chichi rivolgendosi al padre, mentre questi annuiva.
“Certo,
andiamo.”
La famigliola, quindi,
uscì di casa e ognuno si diresse verso le proprie auto;
Juman salì sulla sua data l'imponente stazza, mentre i Son
salirono sulla loro dirigendosi verso la Capsule Corporation.
Il viaggiò
durò meno di mezz'ora.
Appena l'auto fu
parcheggiata Goten sgattaiolò via, andando incontro a Trunks
che lo stava aspettando fuori dall'entrata.
Anche Gohan
sparì in meno di un minuto, correndo verso la fidanzata
intenta a conversare con il padre.
Goku e Chichi rimasero,
quindi, soli.
Il Saiyan scese
dall'automobile, aprendo il baule e scaricando le borse di cibo che lui
e i figli avevano preparato sotto istruzione della moglie.
Si diresse per aiutare
Chichi a scendere quando notò che la moglie era piegata in
due, il viso contorto in una smorfia di dolore e le mani sulla pancia.
Senza pensarci un
attimo corse verso di lei con crescente preoccupazione.
“Chichi!”
gridò, alzandole il viso e notando con sollievo che il
dolore sembrava essere passato.
Le accarezzò
il viso, leggermente sudato sentendola ansimare, facendole appoggiare
la testa sulla sua spalla.
“Chichi...
amore cos'è successo?” continuò, questa
volta bisbigliando continuando ad accarezzarle i capelli e la schiena,
cullandola nel suo abbraccio mentre lei iniziava a recuperare il
respiro regolare.
“I-io non lo
so. E' stato un attimo... ho sentito la piccola calciare con una forza
impressionante, come... come se volesse uscire... e, e poi un dolore
allucinante... non ci capisco più niente.”
bisbigliò quasi con le lacrime agli occhi, le mani che
tremavano dallo spavento mentre affondava il viso nel collo del marito.
“Adesso
è tutto finito, stai tranquilla...” la
rassicurò il Saiyan per poi prenderla in braccio e farle
prendere un po' d'aria. L'appoggiò a terra mentre lei
continuava a tenersi stretta a lui.
“Te la senti
di camminare o preferisci che ti prenda in braccio?” le
chiese premuroso, carezzandole una guancia, tenendola ancora saldamente
stretta al suo corpo.
“No... ce la
faccio.” rispose, staccandosi leggermente e cautamente dal
marito, poi rivolse di nuovo lo sguardo verso Goku, preoccupata e
ancora spaventata.
“Goku...
perchè è successo? Io ho paura... non voglio che
accada nulla alla mia piccola, non voglio... non voglio!”
continuò tra le lacrime, tuffandosi nuovamente tra le
braccia del marito, appoggiando le mani sul suo petto, mentre piccole
gocce salate incominciarono a scenderle copiose dagli occhi.
Goku
sospirò. La strinse a sé con ardore, le
accarezzò la schiena, chiudendo gli occhi cercando di
trasmetterle tutta la calma e il calore rimastogli in corpo, nonostante
anche lui fosse terribilmente inquieto.
“E' tutto a
posto ora. Ci sono qui io, tesoro... farò in modo che non vi
accada nulla, né a te, né alla nostra piccola,
capito?” le sussurrò, il mento appoggiato sul suo
capo, gli occhi chiusi, mentre tentava con piccole carezze di
acquietare i sommessi singhiozzi della moglie.
La staccò
lievemente da sé, cingendole il viso tra le mani; fronte
contro fronte mentre lei sospirava, i suoi occhi neri e profondi in
quel momento particolarmente determinati che la fissavano con
convinzione, per poi baciarle la fronte e scendere alla curva del naso
arrivando alla punta depositandovi un piccolo bacio.
Le asciugò
le lacrime che ora avevano smesso di scendere, ascoltando il suono dei
suoi singhiozzi farsi sempre più basso fino a che non tacque
definitivamente, mentre lei sospirava tranquillizzata dalle parole
dolci e confortanti del marito.
Si staccò
dall'abbraccio del Saiyan e lo fissò negli occhi ancora
determinati e addolciti allo stesso tempo dall'incredibile
fragilità che dimostrava in momenti critici come quelli,
mentre quelli di lei ora erano velati di tristezza e lucidi dato il
recente sfogo.
“Goku...
pensi che dovrei andare a farmi vedere? A questo punto credo proprio
che non si tratti soltanto di un po' di fermento.” disse, la
voce bassa e preoccupata.
“Direi
proprio di sì, Chichi. Domani ci presentiamo dal dottore
così che ti possa visitare... poi vedremo cosa
dirà.” rispose il giovane scostandola da
sé, circondandole le spalle con un braccio prendendo le
borse lasciate a terra con l'altro e camminando verso l'entrata della
Capsule Corporation.
“Non so se
posso aspettare domani... ho un brutto presentimento.”
continuò la donna, lasciandosi condurre dal marito verso
l'edificio.
“Ti capisco
Chichi, ma sarebbe una perdita di tempo. A quest'ora non ci saranno
più le visite e quasi tutti i dottori saranno impegnati con
altre donne che dovranno partorire, oppure che hanno problemi ben
più gravi del nostro. Non credo sia conveniente aspettare
ore e ore in una sala, seduti su sedie scomode in attesa che qualche
esperto si liberi e sia disponibile a visitarti. Tanto vale aspettare
domani, non credi?” rispose Goku, entrando nell'immenso
edificio insieme a Chichi mentre ella annuiva senza aggiungere altro.
'Speriamo che nel
frattempo non succeda qualcos'altro di brutto' pensò lei,
mentre Bulma correva nella sua direzione con le braccia aperte e un
sorriso a trentadue denti stampato in viso.
La stanza prestabilita
per l'enorme cenone era incredibilmente spaziosa: i muri erano colorati
di un violetto acceso, i quadri di diversi artisti famosi e non,
adornavano e riempivano gli spazi vuoti della stanza.
Sul fondo vi era un
imponente camino di marmo, contornato da legno di ciliegio
pregiatissimo a sua volta lavorato raffinatamente.
Ai lati si estendevano
varie credenze anch'esse di ciliegio le quali al loro interno
custodivano premi e fotografie dei numerosi concorsi vinti dalla
famiglia Brief nel corso delle generazioni.
Infine al centro una
lunghissima tavolata, con posate finemente elaborate insieme alla
costosissima serie di servizi di porcellana, le varie pietanze
già predisposte in tavola, accompagnate da bizzarri contorni
di frutta e verdura.
La maggior parte degli
invitati rimase piacevolmente colpita da tanto lusso e grazia, mentre
quelli restanti, ossia i nostri amati Saiyan, erano più che
altro impazienti di poter gustare le prelibatezze imbandite sul tavolo.
Bulma si fece spazio
tra la folla, per poi posizionarsi davanti agli invitati schiarendosi
la voce.
“La cena
è pronta, potete...” la turchina non
riuscì nemmeno a finire il discorso che metà
degli invitati si trovava già a tavola a gustare i piatti
senza troppi complimenti.
Chichi si
avvicinò all'amica, sorridendole incoraggiante e
conducendola verso gli altri.
“Ricorda che
sono Saiyan.” le sussurrò per poi prendere posto a
fianco al marito che già aveva consumato un paio di piatti
di portata.
Durante la mangiata si
poteva udire perfettamente il grande schiamazzo delle risate di Genio,
ormai sbronzo a causa dei numerosi bicchieri di vino rosso,
accompagnate dalle esclamazioni agitate ed eccitate di Bulma mentre
parlava con le amiche della nuova gravidanza, e come scordare i rumori
emessi senza un briciolo di decenza da tutti i Saiyan, i quali
ingurgitavano cibo a più non posso, un piatto dopo l'altro
ignorando i ripetuti richiami delle mogli e madri?
Generalmente la cena
vene consumata in allegria e spensieratezza, ma qualcosa turbava la
mente di Chichi; un brutto presentimento che continuava a perseguitarla
senza tregua.
Aveva abbassato la
testa, ormai stanca di sentirsi ripetere sempre le stesse cose
dall'amica Bulma, stanca di quel chiasso che la stava torturando,
stanca fisicamente per motivi che non riusciva a comprendere.
Sentì un
braccio circondarle le spalle e immediatamente un dolce tepore invase
tutto il suo corpo.
Goku si era avvicinato
a lei, accostandola al suo corpo mentre continuava a conversare
scherzosamente con gli amici.
Avrebbe voluto rimanere
così ancora per qualche istante, avvolta in quel calore che
sempre riusciva a farla rilassare, a dimenticare i problemi lasciandosi
cullare dal dolce respiro del suo amato Saiyan, ma un'altra fitta le
colpì il ventre e si irrigidì nell'abbraccio di
suo marito.
Goku si
voltò e notò con preoccupazione il pallore sul
viso della moglie, la scosse un pochino mentre cercava il suo sguardo
per poi accorgersi di quanto fosse sofferente.
Chichi cercò
con tutte le sue forze di scacciare quel dolore crescente; la voglia di
urlare era indescrivibile, si morse il labbro inferiore con forza
inaudita ferendosi a tal punto da far uscire un rigolo di sangue, le
mani che stringevano la maglia del marito e le lacrime che minacciavano
di uscire dal dolore.
In quell'istante tutta
la sala cadde in un inquietante silenzio, mentre tutti i visi erano
concentrati sui due sposi.
Goku continuava a
chiamare il suo nome; il panico che cresceva a dismisura
perchè Chichi continuava a non guardarlo e a sopportare il
dolore, quando finalmente la sentì rilassarsi un po' di
più, il suo corpo scosso ancora da brividi, il sangue che le
scorreva sulle labbra.
“Chichi!
Forza rispondimi!” disse cercando di non urlare nonostante il
tono della sua voce fosse abbastanza alto, mentre sentiva la calma
abbandonarlo lentamente.
Goten e Gohan
guardavano la scena spaventati entrambi in piedi, soprattutto il
più piccolo era diventato improvvisamente pallido con gli
occhi sgranati e lucidi.
Chichi aprì
gli occhi, e solo allora si accorse che tutta l'attenzione era rivolta
a lei.
Vide Goku sospirare,
sollevato mentre prendeva un tovagliolo pulito posandoglielo sul labbro
ferito.
Continuava a guardarla
con timore cercando in tutti i modi di nasconderlo ai propri figli
perchè sapeva che si sarebbero spaventati ancora di
più.
La donna aveva smesso
di tremare, continuando a mantenere, purtroppo, lo stesso pallore, gli
occhi lucidi che ancora trattenevano le lacrime.
“Mamma...”
sussurrò tra le lacrime Goten, mentre osservava la madre
così pallida e sofferente.
Chichi si
voltò al richiamo del figlioletto e le si spezzò
il cuore quando incontrò quegli occhioni dolci
così tremendamente impauriti.
Gli sorrise
incoraggiante, cercando di risultare il più convincente
possibile.
“E' tutto a
posto, Goten. Ho avuto solo una fitta... non è
nulla.”
Si alzò
aiutata da Goku che continuava a guardarla con preoccupazione.
“Chichi,
è meglio se andiamo a farti vedere. Ci faremo visitare
d'urgenza, aspetteremo se è necessario, ma tu non puoi
continuare così.” le disse, la voce apparentemente
calma, mentre la sorreggeva tenendola saldamente per i fianchi, gli
occhi così seri ed indecifrabili che la fissavano con
determinazione.
“Va bene...
però prima devo andare in bagno.” rispose,
sorridendo lievemente al marito sollevata perchè sembrava
che si fosse calmato.
“Ti
accompagno.” disse fermamente il Saiyan, abbassandosi un poco
per prenderla in braccio quando Chichi si scostò.
“No, Goku.
Non c'è bisogno, tu aspettami qui.” lo
tranquillizzò, mentre si staccava dalla presa ferma del
marito il quale insisteva nel non volerla lasciare sola.
“Neanche per
sogno. Se dovesse...”
“Goku, ce la
faccio. Fidati di me. Non sono ridotta così male, aspettami
qui, faccio presto.”
Chichi aveva interrotto
il marito, colpita da un'improvviso scatto d'orgoglio che aveva
sorpreso tutti i presenti, offesa per il fatto che Goku la trattasse
come una neonata quando riusciva a fare benissimo il suo dovere.
Goku non
protestò; sapeva molto bene che quando sua moglie si metteva
in testa una cosa era impossibile contraddirla o farle capire le sue
motivazioni. Si limitò soltanto ad annuire esasperato e ad
osservarla mentre si avviava verso l'uscita della stanza, svoltando a
destra in direzione del bagno.
Si sedette stancamente,
sperando con tutto il cuore che in quel breve tragitto non le accadesse
nulla di brutto, anche se un terribile presentimento gli stava
allarmando tutti i sensi.
Chichi camminava
spedita lungo il corridoio deserto e semi-buio; i suoi passi
risuonavano come un eco sul pavimento di marmo.
Era persa nei suoi
pensieri, ancora offesa per la mancata fiducia che Goku aveva in lei,
almeno era questo quello che pensava.
Ovviamente la
rallegrava il fatto che suo marito si preoccupasse così
tanto per lei, era indiscutibile il fatto che Goku volesse rimediare a
tutti gli spazi vuoti che aveva lasciato in quei sette anni, che
volesse migliorare come padre, come marito... essere più
presente con la famiglia e mostrare il suo affetto, ciò non
faceva altro che colmarle il cuore di gioia.
Goten aveva sofferto
per la mancanza di un padre, del suo adorato padre che fin dalla
nascita gli era stato presentato come un eroe, un mito, una leggenda e
che da quel momento aveva imparato ad amare.
Questa bambina, ora,
aveva la possibilità di vivere felice ed unire ancora di
più la loro famiglia, di approfondire il legame tra loro e
rimarginare tutte le ferite ancora aperte procurate da quella
sofferenza che la famiglia Son era stata costretta a subire e
dimenticare una volta per tutte il dolore che per anni non li aveva mai
abbandonati.
Arrivò
finalmente nel sontuoso e anch'esso lussuoso bagno della Capsule
Corporation: era una stanza grandissima e divisa in due parti da una
porticina, la quale conduceva al wc.
Chichi si
fermò davanti all'enorme specchio, e solo in quel momento si
accorse del pallore sul suo viso, sussultando perchè quasi
non si riconobbe.
Avvicinò le
dita alle gote per poi appoggiare totalmente il palmo non percependo
alcun calore.
Forse l'allucinante
dolore di poco prima le aveva quasi completamente portato via il
colorito dal suo viso.
Fu proprio in
quell'istante che un'altra tremenda fitta le colpì il
ventre, questa volta il dolore ancora più intenso di prima.
Strinse i denti con
tutta la forza in corpo, ma nulla c'era da fare.
Si accasciò
a terra contro il muro, tenendo saldamente le mani accostate al ventre,
il dolore che cresceva col passare del tempo, respirando con affanno.
Si mise a carponi,
sperando di poter alleviare il dolore come tante volte aveva fatto, ma
tutto quello che riuscì ad ottenere fu soltanto un intenso
giramento di testa che la costrinse ad appoggiarsi nuovamente con la
schiena al muro.
Non riusciva a muovere
un muscolo, avrebbe voluto urlare il nome di Goku, ma era completamente
paralizzata; brividi freddi che le correvano su e giù per la
spina dorsale, le lacrime che scendevano copiose dagli occhi, il corpo
tremante.
Infine, un ultima e
straziante fitta che la fece erompere in un acuto grido di dolore, come
se la lama di un coltello le stesse lentamente squarciando il ventre,
le sembrava che stesse urlando il nome di suo marito, ma
nemmeno un suono fuoriusciva dalla sua bocca e di questo lei non ne era
al corrente...
Il suo cuore, il suo
fervido e forte cuore perse per l'ennesima volta un battito quando per
terra notò una piccola chiazza di sangue ingrandirsi sempre
più e farsi sempre più grande, e in quel momento
realizzò cosa fosse successo.
'No, no, no, no, No,
NO, NO, NO!' era il suo muto lamento, la vista appannata dalle lacrime
che come torrenti scendevano rapidamente dal suo viso.
In quell'attimo vide
tutte le immagini dei momenti più dolci della sua gravidanza
passarle davanti agli occhi come fossero diapositive mentre, con una
lentezza assassina, la disperazione stava infettando ogni
più piccola fibra di quella felicità che quella
gravidanza le aveva fatto acquisire dopo una lunga assenza.
La sua voglia di vivere
stava lentamente abbandonando il suo corpo freddo e dolorante come il
sangue che continuava imperterrito ad uscire.
Il suo quesito era
soltanto uno:
'Perché lei,
perchè la sua bambina?'
Sembrava che la morte
si divertisse a portarle via, a sottrarle brutalmente le persone più care
al mondo, quelle che più
aveva desiderato di avere in tutta la sua vita.
Basta.
Non aveva
più voglia di pensare, non aveva più voglia di
essere forte per tutti.
No...
Questa volta era
davvero finita.
Prima di chiudere gli
occhi, l'ultima cosa che riuscì a vedere fu suo marito chino
su di lei, la sua bocca che mimava qualcosa di incomprensibile e il suo
piccolo angioletto, il suo piccino, il suo piccolo Goten che
l'osservava con gli occhi spalancati impietrito, il viso bianco
cadaverico e poi...buio.
~*~*~
Goku era ancora seduto
a tavola, aspettando il ritorno della moglie. Era inquieto,
terribilmente inquieto.
Il suo istinto gli
stava urlando che c'era qualcosa che non andava, che non avrebbe dovuto
lasciarla andare da sola, sapeva che stava per succedere qualcosa.
I presenti erano ancora
tutti in silenzio, Juman che fin da quando aveva visto sua figlia in
quello stato, poco prima, aveva abbandonato la sua espressione
bonacciona e scherzosa, per lasciar spazio ad un cruccio e
un'espressione indecifrabile, anche lui sembrava intimorito.
Gohan e Goten erano
rimasti in silenzio, con gli sguardi fissi a terra.
Vegeta sembrava l'unico
che si fosse accorto della tremenda agitazione di Goku.
Continuava ad
osservarlo, scrutarlo avendo perfettamente capito che l'amico-nemico
era all'erta, per qualcosa che sicuramente riguardava la sua compagna.
I Saiyan sono
particolarmente sensibili alla salute e protezione delle loro compagne,
riescono a percepire grazie al loro sesto senso quando un pericolo
è vicino e diventano molto inquieti.
A rompere quel silenzio
insopportabile fu l'urlo di Chichi che, come un tuono squarcia il
silenzio della notte, aveva improvvisamente raggiunto i presenti,
mettendo decisamente fine a quella che sembrava una bellissima giornata.
Goku si alzò
dalla sedia con uno scatto felino, rovesciandola a terra, il suo
sguardo profondamente scosso dal quel straziante grido di sofferenza
emesso dalla sua adorata Chichi.
Senza pensare un attimo
di più corse fuori dalla stanza, precipitandosi verso il
bagno.
Chichi aveva una
straordinaria capacità di trattenere e sopportare il dolore,
anche prima era riuscita ad imprigionarlo dentro di sé senza
emettere alcun suono se non qualche gemito.
Il fatto che ora, lei,
avesse urlato in quel modo così esorbitante poteva soltanto
significare che fosse successo qualcosa di grave, tremendamente grave.
Correva in fretta,
veloce, guidato dalla preoccupazione che sua moglie fosse in pericolo
di vita, guidato dalla paura... paura di scorgere la sua
piccola Chi in uno stato orribile.
Vegeta era scattato in
piedi un attimo dopo Goku, aveva chiaramente visto la paura sul suo
volto prima che lasciasse la sala sotto gli occhi increduli ed
impietriti di tutti.
Sapeva con certezza che
Kakaroth era in preda alla disperazione... alla paura.
Il panico era il
peggior nemico che potesse incontrare un guerriero: quando esso ti
attacca non c'è alcuna via di scampo e tale sentimento ti
induce a compiere azioni che mai immagineresti; a volte paralizza
completamente e Goku ora, completamente spaventato e preoccupato per le
condizioni della sua donna, aveva bisogno che qualcuno lo rinvenisse
dallo shock.
L'unico che poteva
farlo, in quel momento era solo lui.
Stava per raggiungerlo,
quando si accorse che anche Gohan e Goten si erano alzati e avevano la
chiara intenzione di andare a vedere cosa fosse successo alla loro
mamma.
Il principe dei Saiyan
si girò nella loro direzione, per poi fulminarli con gli
occhi, sul suo viso un'espressione che non ammetteva repliche.
“Voi state
qui e non osate muovervi.”
Detto questo
corse via, nella stessa direzione di Goku.
Goten scuoteva la
testa, le lacrime che avevano ricominciato a scendere dal suo visino,
mentre trattenuto dalle braccia del fratello si dimenava
perchè voleva raggiungere la sua adorata mamma.
Non era stupido, era
stanco di essere considerato troppo piccolo per tutto.
La sua mamma aveva
bisogno di lui; se le fosse successo qualunque cosa, sia a lei che alla
sorellina, non se lo sarebbe mai perdonato.
Era suo, soltanto suo,
il compito di proteggere la piccola.
Lui era il fratello
maggiore!
“Lasciami
Gohan, lasciami voglio andare dalla mia mamma, lasciami!” e
in un attimo di distrazione, il piccolo sgattaiolò via dalla
presa del fratello, il quale si era lanciato all'inseguimento del
fratellino urlando il su nome.
Anche Gohan era molto
preoccupato per la madre, ma non poteva farsi vedere debole davanti al
fratello, davanti al padre.
Doveva dimostrare
maturità, doveva essere per l'ennesima volta forte per la
famiglia anche se ormai era stanco di farlo, stanco di essere la
colonna principale della sua famiglia, stanco di non essere un figlio
normale e di non essere trattato come tale.
Correva
all'inseguimento di Goten, aveva una paura folle che potesse scorgere
qualcosa che mai un bambino dolce e sensibile come lui dovrebbe vedere
e doveva a tutti costi raggiungerlo, prima che fosse troppo tardi.
'Resisti amore mio,
resisti sono qui' si ripeteva nella mente il giovane Saiyan.
Perché
diavolo quel corridoio non voleva finire? Doveva arrivare dalla sua
Chichi al più presto possibile.
Lei aveva bisogno di
lui.
Oh, se le fosse
successo qualcosa di brutto, lui... lui non se lo sarebbe mai perdonato.
Infondo lo sapeva che
una disgrazia incombeva sulla sua famiglia, come se questa non ne
avesse ricevute e sopportate abbastanza!
Riuscì ad
intravedere una luce infondo all'orizzonte, un bagliore farsi sempre
più nitido e finalmente riuscì a scorgere una
stanza illuminata e stranamente aperta.
Aumentò la
velocità fino all'estremo e finalmente raggiunse il ciglio
del locale.
Si fermò di
colpo davanti alla porta e la sorpassò, per poi gelarsi alla
vista di sua moglie china sul pavimento, bianca quasi cadaverica, il
suo corpo scosso da fremiti, le mani tinte di rosso adagiate sul
ventre, immersa in una pozza di sangue.
Un brivido freddo lo
immobilizzò nel posto in cui si trovava, le mani serrate in
due pugni stretti lungo i fianchi, il cuore che tremava a quella scena,
un muscolo della bocca che vibrava impazzito, la ragione che lentamente
stava cedendo posto alla disperazione.
Scosse la testa in
senso di negazione, la bocca semi-aperta; non voleva credere che fosse
vero, non voleva credere che quella fosse la realtà.
Corse più
vicino a lei, superando il momentaneo attimo di paralisi.
Ancora una volta il
coraggio e la responsabilità verso gli altri aveva vinto la
paura che pochi sarebbero stati in grado di sopraffare.
Si
inginocchiò di fianco al corpo della donna, prendendola tra
le braccia e scuotendola con delicatezza.
“Chichi,
Chichi per amor del cielo rispondimi! Rispondimi! CHICHI!”
urlò, cercando con tutte le sue forze di rimanere lucido, di
non farsi sorprendere da tutte quelle sensazioni che lo stavano
sopraffando.
Sentì dei
passi avvicinarsi, si voltò e vide Vegeta entrare nella
stanza, parlargli, gesticolare... ma lui non riuscì a capire
perchè completamente paralizzato alla vista del suo piccolo,
Goten, mentre osservava la scena orribilmente pallido, impietrito con
le lacrime che non smettevano di sgorgargli dagli occhioni neri, ora
terribilmente tristi e sconvolti.
“MAMMA!"
CONTINUA...
Salve
bella gente.
Come
ormai è usuale, devo farvi le mie più sincere
scuse.
Sono
passati altri tre mesi dall'ultima volta che ho aggiornato e sebbene mi
fossi ripromessa di postare il nuovo capitolo più
recentemente, non sono riuscita ad organizzarmi come dovuto e a trovare
uno spazio libero per poter dedicare il mio tempo alla fan fiction.
Spero
con tutto il cuore che almeno questo aggiornamento sia stato
sufficiente a farmi perdonare, almeno un pochino... nonostante sia un
pochetto tragico, eheheh (alla faccia del poco tragico!).
Va
beh, prima o poi il momento doveva arrivare, giusto o no?
Okay,
passo ai ringraziamenti.
Grazie
ancora di tutto cuore.
A
Cagina: Ciao! Noto con piacere che sei una nuova lettrice. ^^ Sono
molto felice che la fic ti piaccia. Grazie per i complimenti, spero di
non averti delusa con questo nuovo capitolo. 1 bacione e a presto.
Annetta
A
Merediana: Ciao carissima! Mi fanno sempre tanto piacere le tue
recensioni. Hai visto? La tragedia è arrivata... Per quella
faccenda della scritta FALSHBACK, ho rimediato. Anche a me non piaceva
la scritta, però non avevo idea di come far capire che si
trattasse di un falshback. Leggendo altre ff nel frattempo ho visto che
molti usano il corsivo, quindi mi sono associata. ^^ ehehe, grazie per
il consiglio... fai benissimo a darmeli, mi servono tutti i consigli
possibili ed immaginabili per potermi migliorare, quindi li accetto
volentieri. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. 1 bacione e
ancora grazie! Annetta
A
Kiki87: Carissima Sara, con tanta commozione e gratitudine leggo le tue
recensioni che mi scaldano sempre il cuore. Ti ringrazio
perchè con tanta voglia e cura analizzi ogni singolo
paragrafo del capitolo... mi piace molto il modo in cui commenti il mio
scritto, le tue opinioni, i tuoi pareri... divento felicissima
perchè da come ne parli attraverso le tue recensioni, sembra
proprio che tu ti immerga con il cuore e l'anima di sognatrice nei
meandri della storia, come anche io cerco sempre di fare, per potermi
immedesimare nel carattere di ognuno e cercare di scrivere al meglio le
sensazioni che proverei se fossi nei loro panni. Sicuramente non
arriverò mai ai tuoi livelli, perchè come tu sai
descrivere ogni singolo stato d'animo non lo sa fare nessuno e per
quanto io mi sforzi di "imitarti" il risultato è...
sufficiente, anche di meno. Sono contentissima che la figura di Leptine
sia stata di tuo gradimento. Come hai detto tu, certi valori che Chichi
ha impressi nel suo carattere non può certo averli ereditati
tutti dal padre; prendiamo ad esempio la cura, l'impegno, la devozione
che ha la nostra donna nello svolgimento delle faccende di casa; certo
non me lo immagino Juman con un grembiulino da cucina che insegna a
Chichi come preparare i manicaretti... XD deve esserci stata una figura
femminile che l'abbia accompagnata nel periodo della crescita, che le
abbia trasmesso i propri valori... e dato che la madre di Chichi non
è mai stata accennata nel manga e nell'anime, cosa che noi
tutti fan diamo per scontato che sia morta, ho deciso di infiltrare
questa donna, perchè essendo stata l'educatrice di Chichi,
avendola accompagnata nel corso della sua crescita ora riesca a
svolgere un ruolo fondamentale anche per la nostra principessa. Anche
la complicità tra Goku e Leptine voleva essere una specie di
segno: essendo il nostro giovane eroe follemente
innamorato di
Chichi, mi pareva ovvio che si creasse un legame speciale anche con
Leptine, dalla quale -come ho detto prima- ha "ereditato" alcuni
caratteri fondamentali che tuttora la rendono unica.
Ecco
anche la reazione di Juman hai saputo cogliere così
perfettamente... infatti mi sono sempre chiesta che cosa ci fosse
dietro quell'animo bonaccione e sorridente del nostro gigante che ha
dovuto crescere la propria figlia da solo senza l'aiuto della donna che
amava... mi sono sempre immaginata un Juman che, ovviamente, soffre al
ricordo della scomparsa dell'amata, che rivede
se stesso in Chichi,
quando è costretta a crescere due figli da sola aiutata solo
dalla sua forza di volontà e dall'amore che prova per il
nostro Goku. Un Juman che dietro la sua imponente stazza, nasconde un
animo fragilissimo e doloroso segnato dalla scomparsa della sua sposa.
Spero con tutto il cuore di essere riuscita, almeno in minima parte, a
descrivere decentemente il pezzo più importante di questo
capitolo, ossia il momento di Chichi quando si rende conto di quanto
successo, spero di aver descritto decentemente la reazione di Goku alla
vista dell'amata... eccetera, eccetera. Aspetto ansiosa un tuo parere,
Sara. Grazie ancora per tutti gli incoraggiamenti che continui a farmi
che mi aiutano a non arrendermi e a portare avanti questa fan fiction,
la quale si sta rivelando abbastanza difficile da scrivere, anche per
me che sono l'autrice. Aspetto trepidante un tuo commento. Grazie
infinite di tutto. 1 bacione, ti voglio un mondo di bene, tua Annetta.
A
Elechan86: Ciao Carissima! *Annetta tossisce, poi si sotterra* Mi vuoi
ancora perdonare? Un altro ritardone e sei disposta ancora a perdonarmi?
Questa
volta sono veramente imperdonabile... Comunque figurati se non ti
perdono... mi fa tantissimo piacere sapere che ti è piaciuto
il capitolo e spero vivamente che anche questo non sia del tutto
sgradevole. ^_^ Ho rimediato alla scritta flashback, scrivendolo in
corsivo. In verità ero indecisa se mettere o non mettere
quella maledetta scritta, ma non avevo idea di come far capire che si
trattasse di un flashback. Leggendo qua e la durante questo periodo ho
notato che moltissimi autori scrivono in corsivo quando descrivono
scene del passato, eccetera. Comunque, ti garantisco che non
commetterò più lo stesso errore, anche
perchè in futuro ci saranno altri falshback. Riguardo a
Leptine, beh... non so davvero che dirti; nella fan fiction si dovrebbe
capire che Leptine è davvero molto vecchia. Di certo lei non
avrebbe avuto possibilità di poter andare a trovare Chichi e
la sua famiglia, poi ho parlato anche della sorella malata; avrei
dovuto spiegarmi meglio ma non mi sono dilungata perchè non
era lei l'argomento principale del capitolo, e se avessi spiegato per
filo e per segno dove fosse stata in tutti quegli anni, di certo il
tema principale sarebbe stato messo...uhm, come dire... da parte.
Comunque vedrò di chiarirmi nei prossimi capitoli, quando
Leptine rientrerà in scena. La sorella malata c'entra con la
sua assenza, ma non voglio anticiparti nulla. Se hai altri dubbi non
esitare ad esporli, cercherò di chiarirteli il
più semplicemente possibile. ^^ La tragedia, come hai visto,
è arrivata e sono curiosissima di sapere il tuo parere su
quanto ho scritto, se c'è qualcosa che non ti è
piaciuto oppure il contrario. Con questo ti saluto. Grazie mille per la
rece, a presto (spero...). 1 bacione, Annetta.
A
Evy: Ti ringrazio per i complimenti. Come hai potuto notare, la
tragedia è arrivata e adesso sarà dura per tutti
superarla. Spero tanto che questo capitolo ti sia piaciuto. A presto e
grazie ancora. Spero che continuerai a seguirmi. 1 bacione, tua Annetta.
A
Sybelle: Ciao Sarina! Sì, lo so... Leptine non ti va a
genio... beh, peccato. ^^ Spero che quando entrerà in scena
riuscirò a farti cambiare idea, ce la metterò
tutta, anche perchè Leptine sarà una delle
persone più importanti per Chichi in questo periodo. Spero
tanto che anche questo nuovo aggiornamento ti sia piaciuto. Ti voglio
un mondo di bene. A prestissimo. Baciottone, tua Annetta.
A
Gokina94: Sono felicissima che ti sia piaciuto lo scorso capitolo,
spero con tutto il cuore che questo non sia da meno. Grazie per i
complimenti, 1 bacio, Annetta.
A
Sexxxychichi: *Annetta si gratta la testa imbarazzata* Ehm-ehm... ho
fatto un po' tardino anche questa volta, eheheh... spero solo di
essermi salvata con questo capitolo e di non averti delusa. Grazie
mille per i complimenti. Aspetto un commentino. Grazie ancora di cuore.
1 bacio, tua Annetta.
Okay,
ringrazio ancora tutti voi che leggete e continuate a seguire la mia
fan fic e coloro che l'hanno messa tra i preferiti. Ora devo scappare.
Ci sentiamo al prossimo capitolo che spero di poter postare il
più presto possibile.
1
bacio a tutti, vostra
Annetta
Chan.
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Capitolo 6 *** Defeated ***
BEYOND
THE PAIN
SESTO CAPITOLO:
"DEFEATED"
La
pioggia cadeva fitta e violenta quella sera di giugno.
I turisti venuti dalle lontane abitazioni per far visita alla
modernissima e bellissima città dell'Ovest, correvano
ridendo, e alcuni brontolando, al riparo dall'acqua che cadeva
rumorosamente sull'asfalto e sui tetti con forza inaudita.
L'acquazzone sembrava aumentare minuto dopo minuto e a distanza di poco
tempo, ecco il rombare tonante di un tuono nel cielo nero seguito da
innumerevoli diramazioni color argento e oro che illuminavano quella
serata tetra.
Alcuni passanti cominciarono ad indicare una scia dorata presentatasi
in cielo.
Al primo impatto poteva sembrava una stella cadente, ma di solito gli
astri giunti alla fine della loro esistenza non volavano
così vicini alla terra, in linea orizzontale e in una notte
come quella...
Una donna strillò di spavento sforzandosi di urlare a
più non posso per sovrastare i rumori di quella tormenta, ma
ben pochi riuscirono a sentirla.
“Oh, Kami è un uomo! C'è un uomo che
sta volando!” aveva esclamato.
Ebbene non si sbagliava
C'era un uomo, un Saiyan che in quel momento stava affrontando con
innato coraggio la forza incontrollabile della natura e dei suoi
effetti.
Goku volava veloce.
Trasformato in Super Saiyan la sua velocità era aumentata di
parecchio e sperava con tutto se stesso di poter arrivare in tempo.
Sentiva il corpo scosso da fremiti, brividi freddi che gli correvano
impazziti su e giù lungo la spina dorsale, il vento violento
tagliargli la pelle come tante piccole schegge, l'acqua gelata
penetrargli con facilità all'interno della sua aura dorata e
bagnarlo dalla testa ai piedi.
Ma tutto questo a lui non importava.
Continuava ad osservare la creatura quasi inanimata che teneva stretta
tra le braccia.
La sua Chichi.
Non poteva nemmeno permettersi di pensare di non poterci riuscire. Lui doveva arrivare in
tempo, doveva portarla
all'ospedale e farla visitare... doveva
aiutarla!
Ogni due minuti abbassava lo sguardo, intento a osservare con insolita
paura il chiarore quasi spettrale che emanava la pelle di lei,
già chiara di natura.
Non andava bene, così... era troppo, troppo bianca! Troppo
fredda, dannazione!
Continuava a chiamarla per nome, ma lei non rispondeva; soltanto i suoi
mugugni confusi e sofferenti lo incoraggiavano ad andare avanti e a non
tirarsi indietro, a spingere ai limiti più invaricabili la
sua velocità già di per sé fuori dal
comune.
Ma non era abbastanza.
Sentiva i battiti del suo cuore rallentare lentamente, i mugugni farsi
sempre più radi, il suo respiro diminuire col tempo.
Si sentiva le mani fradice, ma non per la pioggia, bensì di
un liquido caldo, denso color cremisi.
Una forte nausea lo colpì in pieno stomaco.
Il sangue non gli aveva mai
fatto quell'effetto; si poteva dire che vivesse nel sangue! Ci
sguazzava quasi tutti i giorni e mai, mai era successo che il suo odore
dolciastro gli causasse una simile reazione.
Cercò di non pensarci, sebbene la chiazza color porpora
continuasse ad espandersi lentamente come una macchia d'olio sui suoi
vestiti.
Dannazione, perde troppo
sangue!
“Lasciami morire... lasciatemi morire...” mugugnava
con voce impastata dal dolore, “lasciatemi andare dalla mia
bambina...”
Goku spalancò gli occhi terrorizzato, mentre percepiva un
ennesima gocciolina attraversargli la pelle e scorrergli lungo la mano.
Peccato che quest'ultima, al contrario di tutte le altre, fosse
stranamente... calda.
Chichi stava piangendo.
Il Saiyan la strinse con più vigore al suo petto, cercando
di cullarla, mentre lei cacciava un ennesimo urlo straziante.
Non ce la faceva più. Dove diavolo era finito
quell'ospedale? Non gli sembrava tanto distante dalla casa di Bulma,
dannazione!
E poi, eccolo lì: un edificio moderno e di aspetto triste si
ergeva davanti ai suoi occhi e, finalmente, ricominciò a
sperare.
***
Correva lungo il corridoio immenso e puzzolente di medicinali, tenendo
con presa ferma la sponda del lettino a rotelle su cui era stata posata
Chichi.
I dottori continuavano ad infilarle siringhe su siringhe di medicinali,
e lui si sforzò di non farsi prendere dal panico, anche se
il terrore stava lentamente prendendo il sopravvento sul suo controllo,
solitamente impeccabile.
Voltò un attimo la testa indietro e vide la sagoma di Vegeta
seguirli con passo normale, senza staccargli un attimo gli occhi di
dosso.
Stranamente trovò la forza di sorridergli, ringraziandolo
mentalmente del suo appoggio.
Si voltò di nuovo quando percepì un altro urlo di
dolore provenire dalla bocca di lei. Le strinse la mano libera, sforzandosi di guardarla in viso: una smorfia di dolore si era
impossessata dei suoi tratti angelici, deformandone l'aspetto.
I capelli corvini erano sparsi sul cuscino in disordine, alcune ciocche
intacconate del suo stesso sangue sporcavano il lenzuolo immacolato
che, in quel momento, sembrava putrido in confronto al colorito della
pelle di lei.
Svoltarono a destra e a quel punto un paio di mani delicate e piccole
lo fermarono davanti ad una porta.
Confuso e disorientato alzò lo sguardo, costretto a
distaccarlo dalla visione dolorosa di sua moglie in quello stato
malconcio. Davanti a sé trovò un'infermiera
giovane e minuta che riusciva stranamente a trattenerlo con
facilità.
“Mi lasci andare, che cosa sta facendo?! Devo
entrare!” cercò di imporsi il Saiyan, ma non si
accorse che il tono della sua voce era tutt'altro che autoritario,
anzi... era poco più di un sussurro.
“Mi dispiace, signore. Lei non può entrare adesso.
Abbiamo portato sua moglie in sala operatoria e lei non può
seguirci. La prego di aspettare pazientemente in sala d'attesa. Noi
faremo il possibile per-” la signorina non riuscì
a concludere il discorso imparato a memoria, insegnatole dai propri
superiori, perchè Goku, irritato da quel tono freddo e
distaccato, ma soprattutto da quelle parole prive di buon senso -
almeno secondo lui, in quel momento - le afferrò i polsi con
forza eccessiva cercando di spostarsela da davanti, mentre lei gemeva
di dolore e strillava altri rimproveri e discorsi imparati a pappagallo.
“Si controlli signore, o sarò costretta a chiamare
le autorità!”gridò stizzita
l'infermiera, sbarrandogli la strada con ostinazione.
Goku non riuscì a controllarsi.
“Se ne vada e mi lasci passare! Io non posso attendere
qui quando c'è lei lì dentro, sola che sta
soffrendo! Non posso aspettare pazientemente, lo capisce o
no?” gridò, riacquistando la voce animata dalla
collera, mentre stava per scaraventare la ragazza contro il muro.
Non fece in tempo dato che qualcosa, o meglio qualcuno gli
afferrò le braccia e lo spinse contro il muro di fronte alla
sala operatoria.
Riconobbe subito quella stretta: Vegeta.
“Vegeta, che diavolo stai facendo?! Mollami subito o
sarò costretto a-” il saiyan più
giovane non riuscì a finire la frase perchè un
pugno forte e deciso lo colpì in pieno viso, facendogli
sbattere violentemente la testa contro il muro, che si crepò.
Goku gemette di dolore e a quel punto Vegeta si voltò verso
l'infermiera rimasta impalata ad osservare la scena, la bocca
spalancata e l'espressione terrorizzata.
“E tu che ci stai a fare qui, ancora, stupida terrestre! Vai
dentro e renditi utile, altrimenti lo lascio libero e poi dovrai
vedertela da sola!” sbottò il Principe, fulminando
la poveretta con uno sguardo inceneritore.
La ragazza annuì tremante ed entrò nella stanza,
i capelli dritti dallo spavento.
Goku riuscì a togliersi le mani dal viso, scoprendo il naso
sanguinante e uno sguardo assassino. Aveva la vista leggermente
sfocata, indebolita dalle fitte di dolore alla nuca che gli causavano
un insopportabile mal di testa. Tuttavia quella inutile sofferenza
fisica non costituiva affatto un ostacolo per l'intrepido guerriero
che, accecato dalla rabbia e dalla disperazione, cercava vendetta su
una persona che di per sé non c'entrava nulla.
Vegeta non si lasciò intimorire e contraccambiò
lo sguardo con la stessa intensità.
Goku stava per attaccarlo, i capelli biondi e bagnati si drizzarono
ancora di più: un aura gigantesca e dorata
illuminò di una luce irradiante tutto il corridoio.
Alcune infermiere provenienti da altre camere si precipitarono ad
osservare la scena sconcertante, e alcune non riuscirono a trattenere
strilli acuti di paura.
Vegeta continuò ad ignorare quegli urletti irritanti e non
aumentò nemmeno l'aura per combattere contro l'amico-nemico.
Goku respirava con affanno, gli occhi verde mare incupiti da quello
sguardo intriso di odio puro, i denti che digrignavano quasi avesse
assunto un aspetto animalesco.
Vegeta continuò a non scomporsi e si lasciò
afferrare dal Saiyan per il colletto della maglia, osservando
compiaciuto l'atteggiamento fuori dal normale di Goku.
Quante volte aveva sperato di vedere quell'esatta espressione sul viso
dell'altro?
“Kakaroth, smettila con questa messinscena e datti una
calmata.” disse, accennando un ghigno malefico sul viso
spigoloso.
Goku grugnì, preparandosi a caricare tutte le sue forze in
attacco letale, ma venne preceduto da Vegeta che gli assestò
un pugno in pieno stomaco.
Il ragazzo gemette e si piegò su sé stesso,
sciogliendo la presa dai vestiti dell'amico per cingersi lo stomaco con
entrambe le braccia.
Le infermiere gridarono e Vegeta le zittì bruscamente.
Trascinò Goku per la tuta fino alla finestra, poi - dopo
averla aperta - uscirono di fuori in mezzo alla tormenta che non
accennava a calmarsi.
Vegeta trasportò l'amico incollerito su uno spiazzo deserto
vicino all'ospedale, una specie di canyon circondato dalla zona
civilizzata.
Lo lasciò cadere privo di forze sul terreno, e Goku non fece
nulla per evitare di sbattere violentemente il proprio corpo contro la
roccia dura e bagnata.
Vegeta sbuffò e lo girò con un piede, poi
incrociò le braccia al petto e, per la prima volta in tutta
la sua vita, lo osservò dall'alto al basso, con disprezzo.
I capelli del Saiyan più giovane tornarono del solito colore
nero e gli occhi della stessa tonalità.
Era debole... debole e indifeso. Quella sarebbe stata l'occasione
giusta per estinguere definitivamente quella sua inutile esistenza. Ma
il Principe dei Saiyan, ormai, non vedeva più in lui il
grande nemico di un tempo.
No... non più. Ora c'era un altro sentimento che li legava,
del tutto differente dall'odio e dalla sete di potere.
Si sforzò di alzarsi facendo leva con le braccia sul terreno
scivoloso, ma gli arti cedettero.
Vegeta sogghignò.
“Kakaroth, sei patetico.” disse, continuando ad
osservarlo.
Tuttavia, pensò questi compiaciuto, vederlo prostrato ai
suoi piedi - come l'infimo suddito che altro non era - dava comunque
un'indicibile soddisfazione.
Goku tentò di tirarsi su; le braccia tremanti per lo sforzo,
le dita quasi conficcate nel terreno, l'espressione contratta dalla
fatica.
“Lasciami in pace, Vegeta. Devo andare da
Chichi...” sussurrò il ragazzo, la voce ancora
roca e segnata dal recente dolore, ancora non del tutto scomparso.
Il sangue continuava a gocciolargli dal naso, sporcando la terra sotto
di lui.
“Tu non vai da nessuna parte, conciato come sei.”
gli rispose il Principe, abbandonando definitivamente il ghigno per
osservarlo con durezza.
“Tu non capisci!" protestò Goku, animato
nuovamente dalla rabbia. "Lei ha bisogno di me!”
Cercò di rialzarsi in piedi, di scatto, ma il movimento fu
talmente frettoloso da fargli quasi perdere l'equilibrio.
Inciampò nei suoi stessi piedi, riuscendo però a
non cadere.
“No, invece! Se continui a comportarti da perfetto idiota
come hai fatto fino ad ora, non le sarai per niente d'aiuto!”
gli urlò contro Vegeta, indurendo sempre più lo
sguardo. “Nessuno vuole tra i piedi un pazzo scimmione
incollerito, tanto meno la tua donna! Non vedi che non riesci nemmeno a
controllarti!” continuò con lo stesso tono
autoritario.
Alzò un sopracciglio, guardandolo con un'espressione
decisamente disgustata quando Goku tentò di fare qualche
passo, rischiando di stramazzare di nuovo a terra.
"... e a stare in piedi." aggiunse, scuotendo la testa con
esasperazione.
Goku tacque e, dopo una manciata di secondi, sospirò.
Alzò lo sguardo verso quello di Vegeta e fu in quel momento
che il Principe dei Saiyan si accorse di quanta sofferenza e impotenza
traboccassero da quegli occhioni sempre allegri.
Non lo aveva mai visto così ridotto male. Diavolo, era
davvero a pezzi!
E quel cambiamento subitaneo dell'espressione? Come c'era riuscito?
Sembrava si fosse deciso a tornare ragionevole, quando un attimo prima
impazziva di collera.
“Mi dispiace.” sussurrò, la voce
così intrisa di dolore che Vegeta per un attimo si chiese se
quell'uomo, lì di fronte a lui, fosse lo stesso che aveva
conosciuto tanti anni fa.
La risposta fu negativa.
“Non so che mi è preso, lo giuro.”
continuò, la voce straziante, peggio di un lamento di morte
e Vegeta, malgrado le numerosissime volte che si era augurato di
poterlo vedere così sofferente e indifeso, ora non riusciva
a sopportare tanta malinconia.
“Adesso piantala di fare il rammollito. Non ti
servirà a nulla. E' così che speri di aiutare la
tua donna?" sbuffò. "Bé, mi dispiace per te
amico, ma sei proprio fuori strada...” disse, abbandonando la
posa rigida assunta in precedenza.
Si sentiva anche un po' ridicolo. Quelli non erano i discorsi che era
solito fare. Non era abituato a consolare
la gente.
Tsk, si era proprio rammollito. Altro che Kakaroth...
Goku sorrise, un sorriso malinconico che colpì nuovamente il
Principe.
Odiava doverlo fare, ma se era per il suo bene... Se non si fosse
più ripreso, poi chi avrebbe combattuto con lui durante le
noiosissime giornate che lo aspettavano in futuro su quel patetico,
noioso, esasperante pianeta?
Sorrise a quel pensiero, poi si avvicinò a Goku.
“Forza, muoviti," gli prese un braccio e se lo
portò dietro al collo. "ti riporto dalla tua donna e poi
aspetterò con te fino a che non arriveranno gli
altri.” disse, alzandosi in volo senza troppe fatiche.
Goku prese una grossa boccata d'aria, poi sospirò.
“Grazie, Vegeta...”
L'altro sbuffò.
“Non mi fraintendere Kakaroth. Voglio solo che questa storia
finisca," ghignò: gli occhi scintillanti di malizia.
"così potrò menarti di nuovo e vederti
soffrire.” ridacchiò, sadico e compiaciuto.
“Non immagini che gusto ho provato quando ti ho visto a terra
sconfitto.”
Goku sorrise senza aggiungere nulla. Poteva lasciarlo illudere per
quella volta, dato l'aiuto che gli stava offrendo di sua
volontà.
“Sì, sì. Bravo. Risparmia il fiato per
le smancerie che dirai a tua moglie più tardi.”
disse sempre ghignando il Principe.
Goku questa volta rise, di quella risata musicale e spontanea che
ammaliava sempre tutti. Poi tacque fino all'arrivo in ospedale,
lasciandosi condurre nella sala d'aspetto dove cadde mollemente su una
delle tante sedie.
Vegeta incominciò a trafficare con le tasche dei pantaloni e
lanciò a Goku un fagiolo di Balzar.
"Bada a riprenderti, perchè quello era l'ultimo rimasto."
disse scorbutico.
Goku annuì e ingoiò il legume, subito si
tastò il naso e con sollievo capì che fosse
tornato come prima.
Vegeta si appoggiò con le spalle al muro e
fulminò con lo sguardo le infermiere di poco prima, che
avevano osato sbuffare all'arrivo dei due Saiyan solo perchè
erano entrati dalla finestra, portandosi dietro tutta l'acqua piovana.
Bah, sciocche bisbetiche...
pensò contrariato, chiudendo gli occhi.
Goku osservava spazientito e impotente il bollino rosso acceso sopra la
porta della sala operatoria.
Chiuse gli occhi pensando a Chichi, e sospirò.
Percepiva ancora la sua forza spirituale, anche se molto debole.
Almeno era ancora viva...
In quella stanza sua moglie stava lottando per la vita e lui non era
lì con lei a tenerle la mano, a farle forza.
Che ingiustizia!
Ripensò alle parole che poco prima Chichi aveva mugugnato: “Lasciami morire...
lasciatemi morire... lasciatemi andare dalla mia bambina...”
Rabbrividì al solo pensiero.
No, Chichi non era una donna che rinunciava alla vita così
facilmente. Chichi era sempre stata forte, Chichi lottava... non poteva
abbandonarli così...
Chichi non puoi
abbandonarmi...
Sentì il fastidioso nodo alla gola stringersi ancora
più forte e, come se improvvisamente la testa fosse
diventata insopportabilmente più pesante, si cinse il capo
con le mani, le dita affondate tra i capelli, i polpastrelli premuti
forte contro la nuca.
Non era mai stato tanto disperato, non si era mai lasciato prendere
così dallo sconforto. Ma che gli succedeva?
Perché non riusciva a trovare una via d'uscita da
quell'odioso pessimismo? Perché, infondo dentro di
sé, sentiva che quella volta il pericolo che lo aspettava
sarebbe stato troppo al di sopra delle sue capacità?
Immagini appartenenti ad un passato ormai lontano gli offuscarono la
mente: ricordi felici di un tempo che, in quel momento, non lasciavano
altro che un sapore troppo amaro in bocca.
I ricordi lo sopraffarono.
Stava facendo avanti e
indietro per la cucina, passando da una parte all'altra della stanza in
base a ciò di cui aveva bisogno.
Si muoveva a
velocità della luce, spinto dal terrore che Chichi potesse
cambiare idea per l'ennesima volta.
Sul tavolo giacevano due
contenitori scoperchiati di gelato, ormai in via di scioglimento a
causa del caldo insopportabile di quel pomeriggio di maggio.
Goku aveva preso una
ciotola dallo scompartimento ed era indaffarato a riempirla di panna e
cioccolato quando la voce alterata della moglie gli giunse alle
orecchie.
Si raggelò
sul posto, poi chiuse gli occhi e cominciò a pregare
mentalmente che il motivo per cui fosse stato chiamato non fosse quello
che temeva.
'No, ti prego... non
un'altra volta', aveva pensato, al colmo dell'esasperazione.
Con passo lento e
strascicato giunse all'imbocco delle scale, punto da cui era provenuta
la voce della donna.
Di fatti eccola
lì, nella sua luce splendida e in quella forma tenera che
aveva imparato ad amare da sette mesi orsono. Si teneva le mani sulla
pancia prosperosa, evidentemente affaticata, gli occhi stanchi e la
fronte imperlata di sudore.
Ma che aveva combinato
in sua assenza?
“Cosa
c'è, cara? Hai cambiato idea? Non vuoi più il
gelato con la panna e il cioccolato?” le aveva chiesto,
affacciandosi alle scale.
Chichi fece cenno di no
con la testa e indicò la stanzetta dietro di sé:
quella destinata alla loro prossima creatura.
Ecco che si spiegava il
motivo del suo spossamento: come al solito aveva deciso di fare di
testa sua, ignorando tutte le raccomandazioni che sia lui che il
dottore le avevano scrupolosamente fatte; ossia di non cimentarsi in
lavori troppo faticosi per il suo stato.
Parole al vento.
La guardò
incerto, non capendo esattamente che cosa volesse da lui.
Chichi
sospirò, esasperata.
“Ti avevo
detto di mettere a posto il lettino! Quando ti deciderai a montarlo?
Vuoi aspettare che nasca?” chiese lei accigliata, posando le
braccia sui fianchi e guardandolo con severità.
Goku la fissò
dispiaciuto.
“Scusami
Chi... Mi sono dimenticato, adesso vengo subito.”
Sparì per un
attimo dalla sua vista, andando a recuperare la ciotola di gelato
amorevolmente preparatele e, senza nemmeno che lei se ne rendesse
conto, le si teletrasportò di fianco con la coppetta di
gelato tra le mani.
Lei si aprì
in un sorrisone quasi troppo grande per il suo visetto delicato, gli
occhi neri scintillanti di entusiasmo.
Goku sorrise, divertito
e allo stesso tempo intenerito. Sua moglie sapeva essere molto buffa,
certe volte.
Chichi, in preda ad
un'ondata di gratitudine e tenerezza, cercò di saltargli al
collo, ma la pancia rimbalzò contro il suo corpo statuario e
rischiò pure di perdere l'equilibrio e cadere dalle scale.
Non fece in tempo a
gridare che subito le circondò la vita con entrambe le
braccia, rimettendola in piedi con lentezza e attenzione.
Le sorrise e si
chinò per baciarle la fronte, mentre lei arrossiva per
l'imbarazzo.
“Stai
più attenta, tesoro. Non potrò essere il tuo
angelo custode per sempre.” disse scherzando, allungandole la
coppetta che ancora stringeva tra le mani.
“Ah,
no?” chiese dolce, tentando di sporgere il labbro inferiore
senza ridere, ma evidentemente l'ilarità era difficile da
controllare.
Cominciò a
ridere a più non posso, contagiando pure lui che - scuotendo
la testa, esasperato - si voltò, dirigendosi nella cameretta.
Si
inginocchiò sul parquet e incominciò a sfilare le
assi di legno dal cellofan, per poi incastrarle una ad una servendosi
anche di martello e chiodi.
Chichi trangugiava
allegramente il suo gelato mentre osservava il marito immerso nel suo
lavoro.Lasciò vagare gli occhi intorno alla stanza, poi
sorrise.
“Tesoro, hai
visto come sta venendo bene la cameretta per la nostra
piccola?”
Goku annuì e
si guardò intorno.
La stanzetta era
piccola, ma confortevole. Le pareti erano rivestite di carta da parati
di colore rosa chiaro, i mobiletti in legno erano già stati
posizionati e riempiti dei diversi vestitini, regalati dai gentili
parenti ed amici. Una finestrella piccola di legno offriva una vista
meravigliosa: i monti Paoz che risplendevano di un colore rosato, data
l'ora tarda del pomeriggio e l'approcciarsi del tramonto.
Le pile di scatole erano
quasi tutte aperte, rivelando giocattoli vecchi e nuovi che avrebbero
fatto invidia a qualunque bambino del mondo.
Goku si
grattò la testa, dubbioso.
“Tesoro, non
credi che sia un po' presto per pensare già a tutte queste
cose? Infondo mancano ancora due mesi buoni...”
Chichi
appoggiò la coppetta di gelato vuota su un mobiletto vicino
e si pulì la bocca sbaffata con una salvietta.
“Non mi pare
proprio, Goku. E comunque quando avresti voluto incominciare? Una o due
settimane dopo il parto?” chiese lei sarcastica,
avvicinandosi al marito di nuovo indaffarato con gli attrezzi.
“Non dico
questo, però... - si fermò a pensare, salvo
voltarsi verso di lei.- insomma, mi pare che stiamo correndo
molto.”
Chichi non gli
badò e cercò con tentativi buffi e goffi di
sedersi di fianco a lui..
Goku
ridacchiò.
“Non dovresti
stare qui. Potresti farti male.” l'avvertì,
alzandosi per aiutarla a sedersi, per poi cominciare a collegare le
quattro sponde del lettino tutte assieme.
Chichi sbuffò.
“Mi sento
così inutile!" protestò. "non posso fare
più niente.”
Goku le si
avvicinò e le scompigliò i capelli sciolti.
“E' meglio
così. Devi pensare per due, ora."
Le sorrise dolce, e lei
rimase incantata a guardarlo per qualche secondo, completamente
imbambolata.
Quando le sorrideva in
quel modo, lei... partiva di testa. Del tutto.
Goku gettò la
testa indietro e rise di gusto, poi si accucciò di fianco a
lei, passandole un braccio intorno alle spalle.
“Che te ne
pare?” chiese, riferendosi ovviamente al lavoro completato.
“Uhm... non
male.” disse, ancora incapace di rispondergli im modo
più elaborato. Finse di scrutare il lettino con aria attenta
perché Goku la guardava incredulo, in realtà
sfruttò quella manciata di secondi per riprendersi del
tutto. “Direi che hai fatto un ottimo lavoro!”
concluse sorridendogli, come per sembrare più convincente.
Lui sorrise;
più per assecondarla che per qualche altro motivo. Tanto
aveva capito che non diceva sul serio.
"Va bè."
borbottò, guardandola in tralice.
Lei alzò un
sopracciglio, senza capire, però non disse nulla.
"Piuttosto tesoro,
spiegami una cosa...”
Le accarezzò
i capelli sapendo quanto adorasse ricevere coccole - soprattutto in
quel periodo - e Chichi abbandonò immediatamente
l'espressione combattiva per fargli gli occhi dolci.
Goku
continuò. “Con i ragazzi non ricordo di aver
addobbato così elegantemente le camerette. Come mai questa
volta hai deciso di impegnarti tanto? Non pensi che Goten se la possa
prendere?” le chiese curioso, carezzandole la schiena.
“A Goten non
dispiace affatto. Anzi, non sembra per niente geloso..."
spiegò lei, guardandolo quasi offesa. Poi l'espressione si
indurì del tutto. "in più devo ricordarti che tra
poco nascerà una principessina. Voglio che la mia piccola
abbia il meglio."
Chiuse gli occhi e il
suo viso cambiò nuovamente espressione. Le sopracciglia
erano corrugate come se stesse pensando a qualcosa di incredibilmente
intenso, forse triste.
"Non sai quanto abbia
desiderato questa bambina, Goku. Ora che finalmente è
arrivata, voglio dare libero sfogo alla mia fantasia... lei significa
davvero tanto per me...” disse con tono più
addolcito, carezzando amorevolmente il pancione prosperoso.
Goku la
osservò, attento. Sembrava quasi caduta in trance, come se
la vedesse davvero: la loro piccola creatura all'intermo della pancia.
“Capisco.”
disse lui, continuando a guardarla di sottecchi. “Sapevo che
ti eri stufata di questo branco di scimmioni maleducati...”
continuò sorridendo, tanto per destarla dalla sua visione
immaginaria.
Lei sorrise.
“Comunque
penso anche io che una figlia possa farti bene. Almeno
erediterà un po' delle tue buone maniere, visto che ti
lamenti tanto delle nostre.” riprese il Saiyan giocando con
una ciocca dei suoi capelli.
Lei rise, guardandolo
con un briciolo di malizia neli occhi.
“Speriamo...
Almeno uno.” sussurrò ridendo, aggrappandosi al
tessuto della sua maglia per farlo chinare su di sé.
Si risvegliò da quella specie di sogno ad occhi aperti e
sentì il magone crescere ancora di più.
Chichi non meritava tanta sofferenza.
I suoi pensieri vennero disturbati da un improvviso vociare che poco
prima non c'era: la sala si era fatta più chiassosa.
Alzò la testa per capire cosa stesse succedendo.
Vide Bulma correre verso di lui e, con poco entusiasmo, si
alzò mentre lei si tuffava tra le sue braccia.
“Oh, Goku... mi dispiace così tanto.
Io...” spalancò gli occhi, terrorizzata, salvo
indicargli il viso con un dito. "Goku, ma che hai fatto in viso? Sei
ferito?"
Il ragazzo la guardò un attimo spaesato, poi si
ricordò dello spiacevole incidente con Vegeta e
collegò.
"Non è niente, tranquilla. Sono solo sporco."
Bulma gli sorrise; l'espressione sciolta dalla tenerezza che quell'uomo
le provocava ogni volta che lo vedeva.
"Aspetta un attimo." sussurrò, cominciando a frugare nella
sua borsetta in pelle. Dopo qualche istante estrasse un paio di
salviette profumate. "Ecco. Lascia che ti pulisca."
Con dolcezza passò il fazzoletto umido sul suo volto,
rinfrescandolo.
"Fatto." disse sorridendogli, per poi abbracciarlo di nuovo con forza.
"Goku... ero così in pena."
Goku la staccò da sé e incrociò i suoi
occhi azzurri, resi lucidi da un pianto imminente. Stava per
risponderle, ma sentì la voce inconfondibile di Gohan
chiamarlo da lontano.
Si voltò verso di lui, immobilizzandosi quando vide suo
figlio maggiore avanzare svelto, tra le braccia cingeva il piccolo
Goten, singhiozzante.
“Non riesco a calmarlo, papà. E'...”
Gohan si fece mortalmente pallido, perdendo per un attimo la parola.
“...è traumatizzato.” concluse
sofferente, staccandolo da sé per allungarlo al padre.
Goku strinse tra le braccia il figlioletto minore, singhiozzante e nel
pieno di una crisi traumatica.
Povero piccolo... aveva visto sua madre svenuta, immersa in una pozza
di sangue, mortalmente pallida e il padre urlare il suo nome, preso
dalla disperazione. Come poteva reagire in modo diverso? Soprattutto se
considerato il profondo attacamento tra lui e la madre, da sempre
considerati inseparabili?
Gli accarezzò la testa e lo cullò, tentando di
calmarlo il più possibile.
“Shh, piccolino... non piangere. Mamma si
riprenderà. Lo sai quanto è forte, non ci
abbandonerebbe mai." sussurrò, forse più al Goku
piangente dentro di sé che a figlioletto tra le braccia.
"Ora calmati, okay?”
Continuò ad accarezzarlo, passivamente, quasi con gesti
automatici. Poi sentì le sue manine stringergli con forza il
tessuto della tuta, mentre i singhiozzi cominciavano a rallentare.
Si sedette sulla stessa sedia di prima, continuando a cullarlo.
Si stava calmando.
“Così, bravo il mio campione...” lo
confortò, accarezzandogli la testolina.
Lo sentì tirare su col naso e sospirare più volte
per far tornare il respiro normale. Si accovacciò tra le sue
braccia e chiuse gli occhi senza mollare la presa.
“Papà?” sussurrò con la voce
spezzata dal pianto.
“Dimmi...”
“Non lasciarmi... non andartene più.” lo
implorò, mentre una nuova ondata di lacrime bagnò
il tessuto ancora fradicio della tuta di Goku.
“No, te lo prometto... non me ne andrò.”
sussurrò per risposta, mentre Goten si calmava ancora una
volta. “Cerca di dormire adesso, okay? Hai bisogno di
riposare, altrimenti cosa dirà tua madre quando ti
vedrà in questo stato?” gli bisbigliò
all'orecchio e il piccoletto annuì; il sospiro spezzato
dagli ultimi singhiozzi.
Goku continuò a dondolarlo, fino a quando sentì
il respiro regolare del figlioletto scaldargli il collo scoperto.
Bulma gli si avvicinò allungando le braccia per prenderlo in
braccio con una coperta, già pronta ad avvolgerlo, ma lui
scosse la testa e continuò a tenerlo tra le braccia,
cullandolo.
Aveva paura che, lasciandolo, si sarebbe risvegliato e non voleva
rincontrare quegli occhioni spenti e segnati dal dolore.
Bulma osservò Goku con crescente preoccupazione; non
riusciva nemmeno a fissarlo negli occhi per paura d'intravedere di
nuovo quello sguardo affranto e... sconfitto
che velava la sua espressione solitamente allegra e spensierata.
Sentì una mano invisibile intrappolarle il cuore e
stringerlo in una morsa di acuto dolore, provocandole l'ascesa delle
lacrime.
Si voltò e, mordendosi le labbra per evitare di piangere, si
diresse nella direzione opposta vergognandosi dell'inutilità
che sentiva aumentare nel suo profondo, salvo gettarsi tra le braccia
di Vegeta.
Trascorsero tre lunghissime, interminabili ore.
Goku era divorato dall'ansia, e staccava gli occhi dal pallino rosso
sopra la sala operatoria solo per controllare il figlioletto
addormentato tra le braccia e assicurarsi che stesse ancora dormendo.
L'orologio posto nella sala d'aspetto indicava le tre del mattino in
punto.
Gohan era ancora lì, seduto su una delle tante sedie scomode
della sala. La testa appoggiata stancamente al muro e gli occhi chiusi.
Non c'era bisogno di guardarlo negli occhi per capire quanto dolore
trasparisse da ogni singolo centimetro del suo corpo; quella sofferenza
taciuta, controllata era lampante. Goku riusciva a scorgere
perfettamente il dolore che dilaniava l'anima di suo figlio, quel
ragazzo che era già diventato uomo cinque anni prima, quel
giovane uomo che doveva per l'ennesima volta sopportare il fardello
della sofferenza, doveva caricarsi del dolore altrui e sopportare...
Ma adesso basta.
Lui era tornato, era compito suo soffrire! Era compito suo prendersi
cura dei suoi figli, della sua famiglia! Nessuno doveva più
preoccuparsi di proteggere e tirare avanti la sua famiglia!
Strinse i pugni in una morsa ferrea e si morse il labbro con ferocia. I
suoi figli non dovevano più soffrire... mai più.
Come se i pensieri del padre lo avessero colpito e risvegliato da
quell'esame interiore in cui si era rifugiato, Gohan aprì
gli occhi e volse lo sguardo in direzione del genitore.
A fatica riuscì a sostenere la fiammata di emozioni che
trapelavano da quegl'occhi scuri e, come se fosse stato chiamato, si
alzò dalla seggiola scricchiolante e con passi lenti
raggiunse il padre.
Con un lieve movimento delle braccia Goku gli porse il figlioletto
ancora accovacciato al petto, sciogliendo il più
delicatamente possibile la presa della sue ditine dalla maglia, ancora
umida.
Gohan senza proferire parola accolse il fratellino tra le braccia con
grazia, aspettando di ricevere ordini dal padre.
Ci fu un breve attimo di silenzio, poi Goku parlò:
"Gohan," disse con voce roca, quasi impercettibile. Si
schiarì la gola e ritornò ad osservare il
figlio."Gohan, è meglio se tu e Goten tornate a casa."
Gohan sgranò gli occhi e fece per controbbattere, ma Goku
scosse la testa e ciò bastò a mettere a tacere
ogni protesta.
"Vai a casa. Metti a letto Goten e prenditi cura di lui, solo per
adesso. Quando riceverò notizie... prometto che
telefonerò e voi potrete correre immediatamente qui. Adesso
però vai a casa, è meglio così
credimi."
Gohan rimase un minuto ad osservarlo, in silenzio.
Avrebbe preferito restare ed essere di conforto al padre, avrebbe
voluto vedere sua madre quando si sarebbe svegliata... ma si
rassegnò.
L'ultima cosa che voleva fare, ora, era disobbedirgli.
Annuì con un cenno lieve della testa e si girò,
dirigendosi verso l'uscita del corridoio.
Passò un'altra ora.
Il tormenro di Goku cresceva a dismisura, lo divorava, lo consumava.
Avrebbe voluto irrompere in quella stanza e vedere con i propri occhi
la sua donna.
Perchè ci mettevano così tanto?
La bambina... cosa le era accaduto di preciso? Lui non se ne intendeva,
non conosceva la medicina, non sapeva quanto grave fosse quella
situazione.
Perchè il ventre di Chichi sanguinava? La piccola... la
piccola era...?
No...
Una fitta acuta gli strinse il cuore in una morsa d'acciaio, tanto
potente da mozzargli il respiro.
No!
Sapeva che sua figlia aveva qualcosa che non andava, immaginava che le
fosse accaduto qualcosa, che uno strano malessere l'avesse colpita
all'improvviso e che c'era il bisogno urgente, impellente di farla
nascere.
Ma che fosse... morta,
no. Non voleva crederlo. Chichi aveva già capito tutto?
Aveva capito che la sua bambina, la sua adorata, desiderata,
immensamente amata creatura non avesse più speranza?
Subito ricordò le parole della moglie: erano chiare.
Chichi voleva morire, ma lui non aveva pensato subito al fatto che la
sua bambina fosse... Serrò gli occhi, incapace di
considerare quell'eventualità.
All'inizio credeva che sua moglie fosse disperata perchè la
bimba avesse riscontrato un qualche brutto malanno, qualche danno
orribile...
Che ingenuo!
Chichi non avrebbe mai detto delle cose così orrende se non
fosse stata una causa persa!
No, la loro bambina no...
Perchè?
Perchè, diamine!
Perchè
il mondo, perchè
Kami, perchè
tutti erano contro di loro? Che razza di ringraziamento stava ricevendo
dopo aver salvato l'universo, rischiando la sua vita, sacrificandola per
il bene di tutti?
Perchè mia
figlia?
Una creatura senza colpe, neanche nata! Perchè prendersela
con lei?!
Strinse i pugni con forza incontrollabile, le unghie conficcate nella
carne... ma non se ne accorse nemmeno. Un dolore più grande
lo stava torturando, la rabbia si rianimava, voleva urlare, gridare
contro tutti.
Ma non lo fece, perchè il suono delicato della lucina
passata al verde gli rimbombò in testa con la stessa
violenza di una palla di cannone.
Spalancò gli occhi e vide con sollievo quasi palpabile, e
allo stesso tempo con ansia opprimente, il colore verde acceso brillare
sopra la porta della sala operatoria.
Ancora intento a rimirare il colore della speranza, non si accorse che
un uomo tarchiato, dal camice bianco gli si era avvicinato.
Si schiarì la gola attirando con successo l'attenzione del
Saiyan.
"Signor Son?" chiese incerto, con voce stanca.
Goku lo fissò apparentemente impassibile, sebbene al suo
interno le emozioni lo sconvolgessero.
"Sì, sono io." sussurrò con voce rauca.
Si accorse in quel momento di avere la vista un po' appannata. Erano
lacrime quelle che sarebbero probabilmente sgorgate da un momento
all'altro? Le ignorò, cercando di rimanere lucido di mente e
ascoltare ad orecchie tese quello che il dottore doveva dirgli.
Si alzò in piedi, stranamente senza vacillare di un
millimetro.
L'uomo sulla sessantina, capelli bianchi, basso e un po' grassoccio, si
aggiustò gli occhialoni sul naso, come per ricomporsi, e
alzò il viso per guardarlo negli occhi.
Gli porse la mano.
"Sono il dottor Arizuma e-" strinse la mano forte del giovane,
bloccandosi quando si accorse del sangue sul suo palmo. "...mi scusi,
ma è ferito? Le sue mani sanguinano." continuò,
la voce era un mix tra shock, preocuppazione professionale, e ribrezzo.
Goku fu infastidito da quella deviazione, - cosa gli importava ora di
quel misero graffio sul palmo? - tuttavia cercò di mantenere
un tono rispettoso con l'uomo che si era preso cura di sua moglie... e
di sua figlia.
"Non è niente. Per favore, dottore. Voglio sapere come
stanno mia moglie e mia figlia." disse ancora con voce roca, manovrata
dall'angoscia e dal dolore che, a poco a poco, lo stavano trascinando
negli abissi profondi di una disperazione mai provata prima.
Il dottore sembrò un po' sorpreso da quella domanda e
ciò infastidì ulteriormente Goku.
Che cosa aveva detto di male? Perchè lo guardava in quel
modo, come se avesse appena detto un'idiozia? Era stupido voler sapere
le condizioni della propria donna e quelle della figlia? Forse agli
occhi di persone più 'intellligenti' quella situazione
sarebbe stata più chiara? Che cosa significava, quindi? Che
lui era uno scemo?
"Sua figlia?" ripetè l'anziano, dubbioso, osservando Goku
come se lo stesse prendendo in giro.
Il Saiyan era sul punto di esplodere; la rabbia si
impossessò della sua voce.
"Sì, mia figlia!" ringhiò.
Il dottore tacque per una manciata di secondi, poi, quando vide il
volto del giovane tramutato in una maschera di collera, decise di
parlare.
"Signore, sua figlia è arrivata già morta
all'ospedale. Pensavo lo sapesse."
Ci fu una pausa dominata da un silenzio pungente, soffocante.
Goku sentì il sangue gelarsi nelle vene non appena quel... umano insensibile
aveva pronunciato quella parola con tanta freddezza e leggerezza da
sopprimergli addirittura la rabbia.
Presto, un nuovo stato d'animo - ignoto al cuore infranto e confuso di
Goku - risucchiò tutte le forze rimastegli in corpo,
neutralizzandogli i muscoli, lasciandolo completamente vuoto.
Disperazione, dolore, avvilimento lo stavano trascinando via dalla sua
prigione di carne, pugnalandolo all'infinito con forza brutale,
squarciandogli le ferite, aprendole per colpirle con
malignità atroce che avrebbe sorpreso persino Majin Bu.
Con quelle due semplici proposizioni, Goku aveva visto il suo peggior
incubo concretizzarsi, e sebbene avesse considerato prima quella
evenienza, il colpo fu comunque talmente crudele e diretto da lasciarlo
completamente spiazzato, senza parole.
Il vecchio vide quegli occhi, già tremendamente
traumatizzati, splancarsi improvvisamente e ne rimase colpito.
Perchè quel ragazzo era così sorpreso? Non era
evidente? Era ingenuo, oppure tanto pazzo da aggrapparsi ad illusioni
brutali e del tutto effimere che avrebbero giovato soltanto al nulla?
Decise di continuare a parlare, magari si sarebbe ripreso.
"Abbiamo estratto il feto dal corpo della madre. Ci è voluto
un po', non ci aspettavamo che fosse già così
perfettamente formato, pronto alla nascita pur avendo otto mesi." il
dottore fece una breve pausa, immaginando le cause, le motivazioni di
quella stranezza, ma poi osservò di nuovo il volto del
Saiyan e sentì una gran fitta all'altezza del petto quando
incontrò quegli occhi estremamente sofferenti, spenti.
Si chiese se era il caso di andare avanti.
Fece un respiro profondo, poi lo scrutò, valutando
mentalmente le possibilità che quel ragazzo potesse
comprendere appieno la gravità della situazione.
A giudicare dall'espressione, sofferenza e disperazione a parte, si
sarebbe detto che quel povero diavolo non riuscisse a spiegarsi nulla
di quell'avvenimento.
Lo sguardo spento e affligente del Saiyan costrinse il dottore a
spiegarsi meglio, perché quegli occhi sembravano supplicarlo
di mettere fine a tutti quei perché, a quei fatti
inspiegabili e dannatamente ingiusti.
Gli mise una mano sulla spalla, paterno, mosso da una commozione che
mai aveva permesso di esternare quando si trattava di lavoro; ma
c'erano occasioni in cui il cuore umano, seppure abituato, allenato,
costretto a rimanere impassibile nelle situazioni più
tragiche e dolorose, non riusciva a reggere i colpi strazianti del
dolore altrui e a mantenere intatto lo scudo di
irremovibilità forzato ad indossare.
Poi... quegli occhi da fanciullo indifeso sul viso di quell'uomo,
segnato da avvenimenti caotici e dolorosi, erano disarmanti come niente
al mondo.
Il dottore, con un sorriso gentile, lo invitò a sedersi, ma
Goku scrollò le spalle in senso di diniego, troppo ansioso
di saperne di più per preoccuparsi della sua persona.
L'uomo più anziano sospirò, chiuse gli occhi per
un istante, poi parlò lentamente, selezionando le parole
più adatte da usare, neanche stesse parlando con un bambino
che aveva appena avuto la disgrazia di aver perso la madre, rimanendo
solo al mondo.
"Signor Son, sua moglie ha contratto un aborto spontaneo."
spiegò, guardandolo attentamente negli occhi per capire se
lo stesse seguendo.
Goku corrugò la fronte, il dolore negli occhi ancora
più accentuato.
"Un... un aborto spontaneo?" chiese con voce flebile, roca, debole...
come il battito del suo cuore straziato.
Il medico annuì.
"L'aborto spontaneo è quando il feto dentro la madre muore,
solitamente per cause naturali, dovute a malattie, forti traumi, paure,
perdite dolorose. Deve sapere che il bambino, quando si trova dentro la
pancia della madre, è perfettamente in contatto con ogni
singola cellula del suo corpo: egli percepisce tutto, persino gli stati
d'animo della mamma... e ne soffre."
Goku ascoltava attentissimo, sebbene una parte del suo cervello non
considerasse affatto quelle parole, troppo incredulo per lasciarsi
prendere dallo scoforto e abbandonare le speranze, rassegnandosi alla
volontà divina.
Eppure, sebbene una parte di lui non volesse ancora ammetterlo, sebbene
nel suo cuore sentisse ancora un briciolo di inutile speranza,
esamiando i fatti oggettivamente, la conclusione era solo una.
La più terribile.
L'unica che si rifiutava di accettare.
Il dolore di Chichi al basso ventre, la perdita di sangue nello stesso
punto, l'amara consapevolezza della cruda realtà...
La sua bambina era davvero... davvero...
Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Non si era mai sentito
tanto impotente, tanto fragile, tanto insopportabilmente, completamente inutile!
Cadde a peso morto sulla sedia dietro di lui, incapace di contenere
oltre il tremolio, la debolezza, la pesantezza delle gambe.
Poggiò i gomiti sulle ginoccia, la schiena piegata, come se
un peso opprimente lo stesse schiacciando. Si coprì la
faccia con le mani, incapace di trattenere ancora quel bruciore agli
occhi.
Sentiva il desiderio di piangere, esternare il suo dolore, urlare!
Ma non lo fece.
Il motivo era ignoto pure a sé stesso; forse era la sua
natura aliena a non accettare la debolezza degli umani, forse era
l'orgoglio che contraddistingueva quelli della sua razza ad impedirgli
di versare lacrime persino per una causa tanto meritevole come quella.
Aveva gli occhi spalancati, coperti dalle mani. Ovviamente vedeva il
buio più totale, ma ancora gli sembrava troppo luminoso in
confronto alle tenebre infernali che percepiva perfettamente dentro il
cuore, offuscato, rinchiuso nella buia cella del dolore.
"Perché?" sussurrò con voce tremula,
irriconoscibile.
Si morse forte le labbra: i denti affilati che tagliavano le labbra
morbide senza pietà e senza dolore, perché quello
era concentrato tutto in un unico punto per poterlo sentire altrove.
Serrò gli occhi e si strinse i capelli tra le dita: rabbioso, fuori di sé...
Il dottore taceva, sentendosi improvvisamente di troppo.
Voltò il viso di lato, incapace di sopportare oltre quella
scena tanto tragica. Il dolore del ragazzo era talmente tangibile da
trasmetterlo, quasi, alla sua persona, come un virus letale che si
ammorba di persona in persona, portando la morte dello spirito.
Fu per distogliere lo sguardo da lui che notò altre persone
lì presenti, attente e partecipi di quello stesso dolore.
Dovevano trattarsi di altri parenti: una donna matura dai capelli
azzurri, un uomo della stazza di un gigante, un altro basso e calvo, e
un ultimo posato mollemente contro la parete: lo sguardo basso fisso
sul pavimento, concentrato su qualche pensiero molto intenso a
giudicare dall'increspatura che gli solcava la fronte spaziosa e liscia.
Quello stesso alzò lo sguardo in sua direzione. Una vampata
di odio e dolore lo colpì come un fulmine a ciel sereno,
un'occhiata tanto accusatoria e omicida
da farlo indietreggiare di un passo.
La donna se ne accorse: lasciò vagare velocemente gli occhi
dal medico al Saiyan, salvo dare una gomitata poderosa al fianco di
quest'ultimo.
Il sessantenne sussultò, sicuro che un colpo del genere gli
avrebbe causato una contusione, come minimo. Invece lo strano individuo
dai capelli a fiamma non si mosse di un millimetro, solo
degnò di un occhiatina bieca la bella signora che, invece di
sciogliersi di paura davanti a tanto terrore, continuava a mantenere
quella posa severa, per nulla intimorita.
Il grurgnito di rabbia dietro le sue spalle lo scostò da
quel gruppetto di persone.
Goku si era alzato; l'espressione un misto tra rabbia e sofferenza, ma
di un'intesità tale che sostenerne lo sguardo diventava
impossibile.
Difatti egli abbassò gli occhi senza rialzarli nemmeno
quando il Saiyan cominciò a scuotergli fortemente le spalle.
"Perché dottore, perché? Lei è un
medico, mi dica perché è successo. Lei deve
conoscerne la causa!"
Il dottore scosse lentamente la testa senza avere il coraggio di
rialzare gli occhi.
"Dannazione! E' il suo dovere!
Perché non lo sa?!"
Goku era fuori di sé, non riusciva nemmeno a controllare
più la sua stessa forza. Scuoteva il pover'uomo con una
violenza tale da farlo tremare tutto, gli occhiali caddero dal piccolo
naso rovinando a terra con un rumore secco.
Bulma e Vegeta corsero incontro all'amico.
Il Principe staccò il medico dalle grinfie di Goku senza
preoccuparsi dei modi, concentrandosi invece sull'avversario scosso da
tremiti di rabbia.
Riuscì a tenerlo a bada, mentre Bulma, con gentilezza,
riporgeva gli occhiali al dottore, mormorando qualche parola di scusa.
Quello sembrava piuttosto scosso, ma non arrabbiato.
Il Saiyan respirava a fondo, ma con affanno: i capelli irti sul capo
variavano di colore a intermittenza, prima biondi poi di nuovo bruni,
biondi, bruni, biondi e bruni...
Il viso era una smorfia di furia che andava sempre più
calmandosi, lasciando posto, infine, ad uno sguardo vuoto. I pugni
ancora stretti, ricoperti da rivoli di sangue che macchiavano il
pavimento di gocce porporine, le quali cadevano al suolo con un
inquietante 'plin plin' per nulla adatto all'atmosfera carica di
tensione calata nella sala.
Quel 'plin plin' somigliava più ad un bombardamento di
cannoni.
Juman, pieno di apprensione per il figlio acquisito e per la figlia di
cui ancora non aveva avuto notizie, si posizionò di fianco
al genero, posandogli una mano gigante sulla schiena possente.
Crilin era livido in volto. Guardava la scena con occhi colmi di
sofferenza per il migliore amico, ma tenendosi a distanza sicura dalla
furia nera che aleggiava ancora intorno al suo corpo muscoloso.
Avrebbe voluto fare qualcosa, ma si sentiva perfettamente inutile.
"Mia moglie. Dov'è?"
Quella domanda calma, ma priva di tonalità ebbe lo stesso
effetto di un urlo straziante nel cuore del medico sconvolto.
Quello trovò la forza di ricomporsi, dato che gli veniva
posta una domanda pertinente alle sue conoscenze.
"La signora è ancora dentro per gli ultimi accertamenti.
Uscirà a minuti."
Il tono freddo del dottore non sorprese nessun presente; quello era il
tono con cui tutti i medici si rivolgevano ai parenti dopo operazioni,
visite e altro.
Goku sospirò.
"Sta bene?"
Gli occhi neri si illuminarono improvvisamente di una strana scintilla,
donando umanità al volto divenuto inflessibile.
Lo sguardo era più dolce. Il cuore ottenebrato dal dolore
covava ancora una piccola, tremula fiammella di speranza.
Il dottore sospirò, improvvisamente affaticato. Quella
risposta avrebbe causato altro scompiglio nell'animo di quel giovane
impetuoso.
"Fisicamente si riprenderà del tutto." rispose frettoloso,
lasciando in sospeso la parte più traumatica.
Ma Goku non si lasciò sfuggire quell'ombra di esitazione:
egli percepiva ogni singolo mutamento nell'aria con impeccabile
perfezione. Era concentrato come se si stesse trovando davanti ad un
suo acerrimo nemico, pericolo per l'intera umanità,
individuo da scandagliare con peculiarità per prevederne
ogni singola mossa.
"C'è dell'altro?" chiese, scuro in volto.
Il dottore sospirò, poi annuì.
Si passò un dito sugli occhiali, raddrizzandoli sul naso,
poi fissò dritto negli occhi il giovane Saiyan.
"Questi... avvenimenti, spesso purtroppo causano reazioni
spiacevoli in alcune madri." spiegò, ancora più
cauto con le parole dopo la reazione dell'uomo. "Alcune donne riescono
a superare il dramma senza difficoltà, altre..." si
interruppe, cercando di nascondere il velo di pietà dietro
l'espressione di pietra, ma non ci riuscì; lo sguardo che
rivolse a Goku fu di pura compassione.
"Altre non ce la fanno..."
Silenzio di tomba.
Il pensiero di tutti fu uno solo; una tremula speranza che
vibrò nel cuore dei presenti: la speranza che Chichi non
rientrasse in quella gamma ristretta di donne.
"In questi casi l'aiuto e il sotegno della famiglia sono un buon
rimedio, altre volte però... questo non basta."
Fece una pausa, lasciando che tutti elaborassero
quell'eventualità che lui - professionalmente - aveva preso
in considerazione notando alcuni attegiameti della donna in quelle
ultime ore.
"Certe madri si lasciano prendere dallo sconforto e cadono in
depressione. Anche in questo caso è consigliata la prenseza
assidua dei parenti, così che la donna non si chiuda
totalmente in sé stessa e nel suo dolore, tuttavia spesso
accade che nemmeno la famiglia possa migliorare le condizioni della
persona."
Sospirò, sistemandosi di nuovo gli occhiali sul naso. "Se
così fosse, allora è necessaria la consulenza di
uno psicologo, e se questo non bastasse vi sono degli istituiti che
possono prevedere-"
"Basta così!"
Goku guardava il dottore con un dolore disumano. Lo sguardo profondo
scavava nell'animo di quell'uomo, alla ricerca di qualcosa.
"Mia moglie non avrà bisogno di nessun istituto."
Sebbene quella fosse stata una constatazione più che chiara,
il dottore ebbe come l'impressione che il ragazzo gli stesse chiedendo
una conferma.
Lo guardò a lungo, in silenzio.
"Mi dispiace, ma questo non glielo posso assicurare."
L'anziano si aspettò un'altra ondata di rabbia feroce da
parte del giovane; l'attese invano, attento ad intercettarne i
segnali... ma quella non arrivò.
Sul volto del Saiyan non c'era altro che sconfitta.
La sua prima, vera
sconfitta nell'arco di tutta una vita.
To be continued...
*Annetta Chan sospira*
Lo so, lo so.
Non merito di essere scusata, quindi non vi chiedo nemmeno di
perdonarmi. Tuttavia, in mia difesa, dirò soltanto che ho
avuto molti, moltissimi problemi che mi hanno impedito di aggiornare
questa fanfiction.
Non aggiungo nient'altro, perché mi pare che giustificarsi
sia del tutto superfluo.
Quindi, bando alla ciance... adesso siete liberi di insultarmi come
più vi pare; non solo per il ritardo imperdonabile, ma anche
per il capitolo che in sé per sé non ha quasi
niente di nuovo, se non qualche piccolo dettaglio. Volevo sottolineare
bene i sentimenti dei protagonisti, staccandomi forse un po' troppo
dalla trama.
Se la cosa non vi è stata gradita ditelo, perché
almeno saprò regolarmi in futuro.
Okay. Se vi è piaciuto spero mi seguiate anche nei prossimi
capitoli.
I commenti sono sempre graditi, senza ovviamente costringere nessuno.
Grazie a tutte le persone che hanno messo questa fic tra i preferiti.
Mi lusinga davvero.
Adesso lascio un po' di spazio ai ringraziamenti.
Un bacio a tutti.
Annetta Chan.
***
A Chichina94: Grazie mille per i complimenti. Mi dispiace di averti
fatto aspettare così a lungo. Chissà, magari un
giorno mi perdonerai... ^-^ Un bacio.
A Kiki87: *-* Sarina... mi commuovi sempre con le tue bellissime
recensioni. Grazie, grazie, grazie infinite. Non smetterò
mai di ripetertelo. Spero che questo chappy piaccia soprattutto a te;
deluderti sarebbe una delusione ancora più grande per me.
Grazie per il sostegno, per la pazienza e per tutto l'affetto che mi
dimostri sempre. Ti voglio un mondo di bene. Un bacione e un grande
abbraccio!
A PaolaDeve: Grazie mille! Sono felicissima che l'altro capitolo ti sia
piaciuto. Arriveranno le lacrime di certo; se non in questo capitolo,
sicuramente nei prossimi. Mi dispiace di aver fatto aspettare
così tanto. Come ho già detto, non merito di
essere scusata anche se ci spero. ^-^ Ancora grazie infinite. Un bacio.
A Sybelle: Tesoruccio! Scusa, scusa, scusa... perdonami se non mi
faccio sentire non solo nel mondo delle fic, ma anche in quello reale.
Come ti è sembrato questo capitolo? Bulma, in quel poco che
compare, l'ho fatta un po' più seria come mi avevi
giustamente suggerito tu. Grazie anche a te per i bei complimenti.
Spero solo di meritarli. Ti voglio un mondo di bene... e ancora scusa:
per tutto. Un bacione e un abbraccio!
A Evy: Eh.. se non speravi più in un aggiornamento dopo tre
mesi di attesa, non immagino quanto ci sia rimasta male ora che
è arrivato dopo due anni... Mi dispiace, davvero. Non so
più come dirlo. So benissimo di aver deluso molti, ma
continuo a sperare che qualcuno di voi voglia chiudere un occhio e
scordare l'accaduto. Grazie anche a te per i complimenti. Spero che
nemmeno questo capitolo sia stato una delusione. Grazie ancora. Un
bacio.
A Cagina: Grazie mille per l'entusiasmo. Spero tu sia ancora
interessata alla storia e che questo capitolo, sebbene molto
deprimente, ti abbia incuriosita lo stesso... Ancora grazie. Un bacione.
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Capitolo 7 *** Tears, come and get me ***
BEYOND THE PAIN
SETTIMO CAPITOLO: TEARS, COME AND GET ME
C'era buio, un buio pesto in quello strano luogo.
Ovunque guardasse vedeva soltanto il nero più assoluto.
Dove mi trovo? pensò, sopraffatta dall'angoscia.
Scoprì di avere il fiato corto: ansimava... perchè? Avvertì anche uno strano dolore alle gambe, le sentiva stanche e indolenzite...
Ma sto correndo?
Sì, correva. A perdifiato, anche!
Voleva fermarsi, sentiva il corpo stremato chiederle un po' di riposo; i muscoli le bruciavano, le mancava il fiato... voleva respirare!
Ma perché non ci riusciva? Perché non riusciva a controllare il suo corpo?
Kami, che mi succede? Pensò tra le lacrime, mentre l'angoscia le prosciugava quel poco di fiato rimastole nei polmoni.
Cominciò a boccheggiare, voltando la testa freneticamente, cercando un appiglio, una scappatoia a quella disperazione crescente. Ma niente. Solo tenebra; lugubre oscurità infernale che la disorientava, mentre il silenzio le rimbombava in testa, divenendo insopportabile.
Perché non c'è nessuno?
Sentì le lacrime sgorgarle dagli occhi; scorrevano lentamente, tracciando sentieri umidi e tiepidi sulla pelle ghiacciata. Alzò una mano, tremante, per asciugare quel fastidioso umidiccio, sobbalzando quando sentì la strana consistenza delle dita sul viso: erano viscide, melmose, ricoperte di una sostanza densa e dall'odore molto forte, quasi stordente.
Il naso le bruciò: un pizzicore fastidioso che le aumentò il senso di nausea.
Mossa da un bruttissimo presentimento ma incapace di controllare la terribile curiosità, lasciò che gli occhi affaticati mettessero a fuoco la mano davanti a sè, senza non poca difficoltà a causa della cecità e del tremore frenetico che scuoteva tutto il suo corpo.
Non osò respirare per tutto il tempo dell'analisi, sicura che inspirando quell'aria torbida non sarebbe riuscita a controllare il senso di vomito.
Sebbene fosse difficile metterle bene a fuoco, le dita - scosse da tremiti innaturali - sembravano in qualche modo più spesse, quasi fossero state avvolte in un guanto di... liquido.
Chichi fu costretta ad avvicinare ulteriormente la mano al viso per capire meglio di cosa si trattasse.
Vide che lo strano liquido, denso e appiccicoso, le scivolava dalla mano con lentezza raccapricciante, scorrendo in basso fino a raggiungere il gomito.
Sentì la pelle d'oca; segnale abbastanza chiaro che avrebbe dovuto fermarla da quell'analisi tenebrosa, cosa che invece non accadde. Infatti, sebbene tutti i suoi sensi le stessero urlando di non farlo, Chichi decise sfrontatamente di accostare le dita al naso per captarne l'odore.
Fece quello che non avrebbe dovuto fare, ossia inspirare l'odore dolciastro, quasi metallico del liquido.
Sangue.
Strabuzzò gli occhi, rabbrividendo, staccandosi immediatamente quell'obbrobrio di mano dalla faccia, portandola sulla coscia per asciugarla, ma con orrore si accorse di avere anche le cosce ricoperte di sangue, che le bagnava la pelle nuda e ruvida per i brividi.
Riuscì a reprimere un urlo acuto di totale terrore, soffocandolo in gola. Aveva ripreso a respirare dal naso per forza d'abitudine, ma la nausea pazzesca la colpì come un pugno in pieno stomaco, così Chichi si sforzò di inspirare dalla bocca, sebbene sentisse che fosse sul punto di vomitare da un momento all'altro.
Sopraffatta dal terrore e dal disgusto, strisciò la mano dalla coscia insù fino al ventre, notando con orrore che fosse quella la fonte dell'emorragia.
Urlò, fino a che la voce non le morì in gola con un gemito strozzato.
Goku! Goku! Goku!
Con le lacrime agli occhi aveva urlato il nome di suo marito, convinta che sarebbe spuntato dal nulla per venire a salvarla. Come aveva sempre fatto, d'altronde.
Scrutò la micidiale tenebra con occhi sbarrati, sperando invano di cogliere anche il più piccolo movimento in quel luogo di desolazione.
Niente.
Le gambe furono scosse da movimenti secchi e rigidi che le fecero perdere il senso dell'equilibrio. Cadde a terra, sbattendo le ginocchia contro qualcosa di duro e affilato: sembrava roccia.
Cominciò a singhiozzare, stringendosi le braccia al petto nudo per controllare le ondate di freddo pungente che la investirono. Le labbra livide e secche si schiudevano e sigillavano ad un ritmo incessante, rilasciando un mormorio confuso e spezzato, simile alla preghiera fervida di un penitente contrito che supplicava e invocava tra le lacrime il nome del suo salvatore.
Chichi pregava Goku di trovarla, sussurrando dolorosamente il suo nome - spesso interrotto o spezzato a metà da un singulto improvviso - nutrendo l'amara speranza di essere portata in salvo, anche in modo doloroso se necessario, purché la trascinasse via da quel posto schifoso.
Aveva così tanta paura che quasi stentava a voltare leggermente il viso, perché l'incubo inquietante di essere spiata da una forza maligna le offuscava i pensieri in modo sconvolgente.
Poi, un lampo improvviso di lucidità le attraversò la mente, facendole spalancare gli occhi, calmandole addirittura il pianto.
Quando si era toccata il ventre insanguinato... non si ricordava di aver sentito il gonfiore...
Il terrore, fattosi ancora più vivido a quell'orrenda constatazione, le fece strabuzzare gli occhi, mentre la mano sporca di quello che ora si augurava fosse il suo sangue, tornava tremante e lenta a riaccostarsi al ventre.
Piatto.
Le bruciarono di nuovo gli occhi, inondati da un ennesimo torrente di lacrime, poi continuò; il cuore che le si squarciava in petto ad ogni centimetro di pelle che perlustrava.
Spostò le dita rigide insù, con un movimento quasi impercettibile, salvo sentire l'ultimo spiraglio di speranza nel suo povero cuore di madre sfuggirle via dal petto, ridursi in polvere, scomparire definitivamente lasciandole un vuoto incolmabile.
La pancia... non c'era più.
Un fiume di lacrime rotolò giù da quelle guance sempre delicate e morbide, ora fattesi aride e sciupate.
La mia... la mia-
Non riusciva nemmeno a pensarlo.
Si morse le labbra, ma un singhiozzo doloroso sfuggì comunque al suo controllo.
"La mia bambina..." piagnucolò, mentre una serie di singhiozzi cominciarono a scuoterle il petto con movimenti veloci, irregolari, che le spezzavano il respiro con violenza, lasciandole il tempo necessario per prendere una piccola boccata d'aria; destinata, poi, ad essere inghiottita nel singulto successivo.
"No..." singhiozzò.
No, no, no! Perché lei, Kami... perché! Perché la mia piccina? La mia dolce creatura! Perché me l'hai portata via? No Kami, ti prego! Prendi me, me! Non la mia piccola...
Non riuscì più a trattenere il suo dolore. Chichi urlò di nuovo; un grido straziante, stridulo, scosso da un dolore profondo, mai provato in tutta la sua vita. Sentiva il cuore stracciarsi in un suono secco, lo sentiva triplicato in quel silenzio tombale, sentiva il suono inquietante di membra stracciate echeggiarle nelle orecchie; crudele, assassino, stordente!
Eppure, tutto quel rumore non le impedì di sentire quel piccolo, dolce, infantile singulto.
Sempre piangendo, Chichi scrutò il vuoto davanti a sé per l'ennesima volta.
E stavolta la vide: una piccola sagoma rivestita di luce di fronte a sé, lontana... ma che si avvicinava, lenta e terrificante.
Fu tentata di chiudere di nuovo gli occhi, perché aveva davvero paura di quello che avrebbe potuto vedere in quell'essere.
Ma di nuovo non diede retta al suo istinto.
La sagoma aveva preso forma: era un neonato, rivestito di un panno talmente bianco da infastidirle la vista, ormai abituata alle tenebre. Il bambino piangeva: le manine erano strette in due piccoli pugni, i piedini e le gambine si dimenavano sotto l'involucro di stoffa immacolata, i capelli neri si fondevano con l'oscurità che lo circondava, gli occhi serrati dal pianto disperato, la boccuccia che si apriva e socchiudeva al ritmo della vocina straziante, la piccola lingua tesa a causa dello sforzo disperato.
Chichi osservava quella creatura, combattuta tra l'istinto più debole che la supplicava di indietreggiare, e quello più forte che la incitava a tendere le braccia per prenderlo con sé e stringerselo al petto.
Vinse quello più forte.
Chichi tese le braccia per prendere il neonato, ma appena gli fu ad un centimetro di distanza quello scomparve, lasciando dietro di sé un silenzio... rumoroso, piombato troppo in fretta in quel luogo di desolazione, calato troppo bruscamente perché il suo cervello riuscisse a vincere lo stupore, lasciandole come un fischio continuo e insopportabile che la rendeva pazza. Tuttavia, vinto lo stordimento iniziale, l'eco di quel pianto sembrò estendersi in lungo e in largo per quella laguna oscura, oltre che nel suo petto vuoto.
Chichi cadde di nuovo a terra, incapace di sostenere oltre il peso del suo corpo. Sbatté ancora le ginocchia, sbucciandosele contro il suolo ruvido, ma il dolore fu quasi inesistente se comparato a quello che le riempiva il petto.
Si accucciò a terra, assumendo una posizione fetale, salvo riprendere a piangere come una bambina, mentre le labbra screpolate mormoravano altre dolorose suppliche al Divino che sicuramente la vedeva dall'alto.
***
"Molto bene, signori. Il taglio è stato ricucito alla perfezione, abbiamo fatto un ottimo lavoro."
"Dottore, che cosa dobbiamo farne del feto?"
"Prendilo, lavalo e mettilo in una culla. Questo bambino sarebbe nato di qui a giorni, a giudicare da come è ben formato. Credo che i genitori vogliano vederlo comunque."
"Bene signore."
Ci fu un attimo di silenzio. Il 'bip' continuo e breve di una macchina cominciava a darle sui nervi.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Contò venti di quegli odiosi 'bip', poi una voce interruppe violentemente quel suono ripetitivo.
"Attenta, Yumi! Devi essere più delicata."
"Mi scusi dottore."
Ma chi erano quelle persone? Cosa le stavano facendo? Dove si trovava?
Chichi tentò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì.
Perché?
"Dottore," intervenne una voce maschile e giovane, mai sentita prima. "Credo sia sveglia."
Un altro attimo di silenzio, poi quella che le sembrava fosse la voce più anziana, presumibilmente quella del dottore, risuonò ancora.
"Sì, hai ragione." rimase zitto un paio di secondi, poi riprese. "Questo però non è ancora il momento adatto. Immaginatevi lo shock."
Chichi aggrottò la fronte, in totale disaccordo col medico.
"Shizuka, preparale un'altra dose di morfina."
"Sì, signore."
"Piccola, mi raccomando."
Morfina?
"No..." mugugnò con voce quasi inudibile.
Sentì dita troppo lisce e puzzolenti di materiale sintetico e sterilizzato accarezzarle una guancia, poi i capelli.
"Shh. Non preoccuparti. Riposa."
NO! Ritornare in quell'incubo? Mai!
Riuscì a muovere le gambe, ma un dolore atroce la fece gemere.
"Shizuka," tuonò la voce del dottore, severa. "Quanto ti ci vuole, dannazione!"
"Eccola."
Chichi tentò di protestare di nuovo, ma non fece in tempo a dire nulla perché sentì qualcosa di appuntito - sicuramente l'ago - perforarle la pelle nella piega del braccio, mentre uno strano liquido prendeva a spargersi dal braccio intorno a tutto il corpo.
Sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi.
Quella gente voleva davvero che lei soffrisse...
Poi di nuovo le tenebre.
***
Goku era stanco di aspettare, l'attesa lo rendeva sempre più ansioso, sempre più pazzo. Aveva mandato a casa tutti gli amici, tranne Juman che si era categoricamente rifiutato di lasciare l'ospedale senza prima vedere la figlia.
Aveva una gran voglia di sfogarsi, di combattere. L'apatia, come l'attesa e il senso di inutilità, lo stavano lentamente indebolendo, rosicchiando la sua volontà, consumando l'umanità estranea a tutti gli altri suoi fratelli Saiyan.
Sentiva uno strano malessere crescere dentro il suo cuore, preoccupante e malvagio, mentre i pensieri confusi cominciavano a radunarsi, dando vita ad una convinzione malsana ma piuttosto palusibile che nell'ultima ora l'aveva torturato e incollerito come mai prima d'ora.
La calma lo abbandonava col passare dei minuti, mentre la sensazione che quell'idea appena nata fosse giusta aumentava la sua irrequietezza, il suo senso di vendetta.
Un uomo in particolare aveva attirato la sua attenzione; un uomo che la sua mente, appena concluso il colloquio con il chirurgo, aveva istantaneamente rievocato come se volesse suggerirgli la causa di quella orrenda tragedia, il colpevole di tutto quel dolore.
Quel maledetto dottore...
Goku non riuscì a reprimere un ringhio animalesco, che spaventoso e gutturale gli uscì dalle labbra facendo accapponare la pelle del suocero gigante; ora immobile nel suo posto con gli occhi sbarrati per la paura.
Il Saiyan tremava convulsamente, sebbene si stesse trattenendo con tutte le forze.
Il sangue gocciolava lento e denso dalle dita irrigidite, sporcando il pavimento lindo e puzzolente di disinfettanti, ma Goku nemmeno se n'era accorto dato che la rabbia e l'odio stavano intaccando ogni sezione del suo cervello, facendogli dimenticare tutto il resto.
Il ricordo dell'umano ecografo che aveva visitato sua moglie qualche giorno prima, continuava a ripetersi ininterrottamente nella sua testa con una minuziosità di dettagli fuori dal normale.
Riesaminava ogni espressione, ogni parola; ed ogni volta la convinzione che quell'ignobile essere umano fosse il principale colpevole della morte di sua figlia s'intensificava a tal punto da farlo scoppiare di rabbia.
Lo rivedeva mentre aggrottava la fronte e corrugava le sopracciglia quando aveva preso a fissare un punto sullo schermo del computer, vedeva l'espressione dei suoi occhi che cambiava, assumendo un'opacità allarmante che avrebbe dovuto insospettirlo di più. Lo vedeva rimuginare sul problema, quasi poteva sentirne l'intensità, il frullare dei suoi pensieri.
Lo vedeva scuotere la testa, denigrando il giusto sospetto, condannando a morte la creatura che stava esaminando, maledicendo per sempre la vita della madre che naturalmente avrebbe sofferto per la perdita di un figlio, e infine attirando su di sé l'inevitabile e giusta, tremenda e violenta vendetta di uno spietato padre Saiyan.
Un sorriso diabolico intaccò il suo viso angelico, trasformandolo più similmente ad un angelo della morte.
Sorrideva perché riusciva a pregustare la soddisfazione, il piacere di uccidere lentamente, di torturare quell'insignificante pulce indegna di vivere.
Immaginava di trovarlo solo nel suo studio maledetto, completamente abbandonato al suo destino, preda della sua vendetta. Riusciva a leggergli il terrore negli occhi, acuto come il grido che avrebbe rilasciato nel momento in cui avrebbe capito che lo spietato angelo della morte era venuto a prendersi la sua vita. Lo vedeva cadere dalla sedia, indietreggiare fino all'angolo più buio del suo fragile nascondiglio, sbiancare dal terrore e tremare come una foglia. Già percepiva il fremito di disgusto quando lo avrebbe sentito piagnucolare suppliche indecorose sul fatto di risparmiargli la vita, ma lo avrebbe messo a tacere prendendolo per la gola e attaccandolo al muro. Lo avrebbe guardato fisso negli occhi con tutta l'intensità del suo odio, col viso talmente vicino da sentirne il respiro convulso. Avrebbe mantenuto la stretta salda, gustandosi la visione di quel viso paffuto che diveniva sempre più livido, sempre più vicino al soffocamento, per poi allentare la presa e farlo precipitare a terra un attimo prima che spirasse.
Poi avrebbe incominciato a colpirlo, a graffiarlo, a lacerargli la pelle, a smembrarlo; sempre lentamente, sempre a distanza di qualche minuto perché potesse indugiare nel dolore e disperarsi quando avrebbe capito che la fine non sarebbe mai arrivata troppo in fretta.
Poteva sentirne il sangue caldo e maligno sulle mani, sulla faccia, sui vestiti; riusciva persino a percepirne l'odore acre che in quel momento sarebbe stato il profumo più piacevole della terra. Vedeva il mostro umano che si dibatteva per terra, gli occhi sgranati dal terrore, urlante, indemoniato, fino a quando non avrebbe incominciato anche a dolergli la gola e avrebbe quindi rinunciato a chiedere aiuto, così come a supplicare pietà, risparmiando la voce solo per dargli piacere nel momento in cui avrebbe di nuovo urlato di dolore.
"Goku!"
Il Saiyan sbattè forte le palpebre, sentendosi stranamente stralunato. Si guardò intorno e vide il viso mortalmente pallido di Juman che lo fissava come se davanti a sé si trovasse il demonio in persona.
Lo guardò con preoccupazione, chiedendosi che cosa fosse successo, se fossero in pericolo, perché suo suocero era così pallido e perché continuava a fissarlo come se avesse fatto qualcosa di terribile.
Si sentiva nervoso, insoddisfatto. Aveva voglia di uccidere...
Quel pensiero lo fece inorridire. Rabbrividì, sebbene all'interno dell'ospedale facesse caldo, e incominciò a tremare senza spiegazione.
Kami, che mi succede? Perché ho sete di sangue? Sono diventato un mostro...
L'enorme mano di Juman che si adagiava sulla sua spalla lo fece sussultare, nonostante fosse stato molto delicato. Guardò in volto l'amato suocero, quasi un secondo padre per lui, e scorse nei suoi occhi dolore e compassione.
"Figliolo, sei sicuro di stare bene?"
Gli tremava la voce, aveva gli occhi lucidi. Era davvero così spaventato?
Non rispose subito perché non sapeva cosa dire. No, non si sentiva affatto bene; aveva bisogno di calmarsi, di sfogare quell'istinto raccapricciante che nonostante tutto continuava ad attanagliargli il cuore. Ma non poteva farlo... non poteva lasciare la sua Chichi. No, no, no!
"Sì-" cercò di mormorare, ma gli morì la voce in gola. Sospirò, prese un bel respiro e continuò. "Sto bene, Juman."
Il gigante scosse la testa in disaccordo, guardandolo con preoccupazione crescente.
"No, figliolo. Non è vero. Tu stai male, hai uno sguardo..." impallidì, scostando persino la mano dalla sua spalla.
Goku sospirò e distolse gli occhi, poi si alzò e andò ad appoggiarsi al muro di fianco alla porta della sala operatoria.
Non se ne sarebbe andato. Mai!
Juman continuò:
"Goku, forse dovresti andare-"
"No."
Il Saiyan guardò il gigante con un'espressione che non ammetteva repliche. Forse avrebbe dovuto controllare lo sguardo, cercare di riottenere quella gentilezza che ormai sentiva lontana, persa, ma che era stato sempre abituato ad utilizzare con le persone che amava.
Ma non ci riusciva, non sapeva nemmeno dove andare a cercarla. Era inquieto e soffriva; per ora non sentiva altro che sentimenti malevoli, ma non per questo se ne sarebbe andato. L'amore per Chichi era forse l'unico spiraglio di bontà rimastogli in corpo, e anche solo il pensiero di abbandonarla per ritrovare sé stesso costituiva un dolore troppo intenso da sopportare.
Juman capì tutto e non osò controbattere. Conosceva bene suo genero, lo rispettava, e in quel momento lo temeva pure. Era in una condizione piuttosto allarmante; pochi attimi prima lo aveva sentito ringhiare come un animale, gli occhi si erano iniettati di sangue e il volto si era sfigurato in un'espressione demoniaca.
Aveva quasi temuto per l'incolumità di tutti, dato che una trasformazione del genere avrebbe potuto causare una terribile strage.
Per fortuna, però, era finito tutto. Goku si era ripreso subito, l'espressione demoniaca si era dileguata. Era tornato l'uomo sofferente delle ultime ore; sofferente ma pur sempre innamorato di sua figlia. Chiedergli di andarsene, perché temeva per la vita di lei, era una richiesta che non sembrava più giusta.
Juman sospirò, passandosi una mano tra i capelli brizzolati. L'attesa lo stava sfinendo, e per Goku doveva essere anche peggio.
E lo era; ne aveva appena avuto la prova.
Goku sbuffò. Perché il chirurgo ci stava mettendo tanto? Aveva detto che nel giro di un'ora Chichi sarebbe stata fuori.
Lanciò l'ennesima occhiata all'orologio affisso al muro, accigliandosi. Era passata un'ora e mezza. Se entro cinque minuti non fossero usciti-
Poi il rumore di una porta che si apriva lo fece sussultare.
Dall'uscio ne uscì un lettino; troppo piccolo per essere quello di sua moglie.
Guardò meglio e vide che era una culla: quella di sua figlia.
Spalancò gli occhi, il corpo s'immobilizzò, il fiato gli si gelò in gola, un nodo bruciante si formò in quello stesso punto.
La bambina era interamente coperta sotto un candido lenzuolo: immobile, inanimata. La culla si fermò proprio davanti a lui, condotta da non sapeva chi perchè quel pensiero non lo interessava minimamente.
Sentiva un mormorio confuso; forse qualcuno stava parlando, ma ancora una volta non era di suo interesse. Soffriva troppo per curarsi degli altri.
Voleva vederla.. ma non aveva il coraggio di scostare il telo.
"Figliolo.." la voce piangente di Juman lo risvegliò dal trauma.
Goku non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua creatura, ma era in ascolto.
"L'infermiera ti ha chiesto se la vuoi vedere.." continuò singhiozzando.
Il Saiyan annuì con il capo, senza parlare.
"Seguitemi." rispose lei, salvo riprendere la marcia funebre della piccola neonata verso un luogo più consono.
Goku fece come richiesto, e per tutto il tempo camminò senza mai scostare lo sguardo da quel piccolo batuffolo protetto nella culla, sentendo il cuore liquefarsi ogni secondo di più.
Giunsero in una sala vuota, semibuia. Un obitorio.
Che orrido posto per la sua adorata! pensò accigliato, ma senza alcuna voglia di parlare.
L'infermiera accese una luce fioca, donando poco più calore alla stanza funebre e poi cercò il suo sguardo.
"Preferisce rimanere solo? Io posso aspettare fuori, se vuole." sussurrò docilmente, forse nel tentativo di alleviare il suo dolore.
Goku la fissò in volto, notando che la ragazza aveva le guance umide, solcate da lacrime e gli occhi ancora lucidi.
Furono quegli occhi ad intaccare il suo dolore, furono quelle lacrime a sollecitare le proprie.
Il Saiyan annuì, muto e sul punto di piangere. Lei si dileguò silenziosamente, lasciandolo solo con sua figlia; la sentì mormorare parole dolci di conforto al povero suocero, che era crollato in un pianto disperato.
Con mano tremante e rigida, Goku andò a cercare l'orlo del lenzuolo per scostarlo gentilmente dal corpicino esamine della sua piccola creatura, ma più volte fu costretto a ripetere quel movimento, perchè incapace di portarlo a termine.
Infine si fece coraggio e adempì al suo compito.
Gli bastò un solo sguardo, una sola occhiata perchè le lacrime scaturissero dalla loro prigione e gli impedissero di vedere oltre. Ma quel poco che aveva visto bastò per rimanere per sempre impresso nella sua mente.
Pianse, pianse disperatamente.
Cadde in ginocchio di fianco al lettino di morte, con una mano a sfiorare quella minuscola e gelida della sua adorata. Risalì poi il braccino carnoso, quasi cecamente, piangendo, piangendo perchè tanta dolcezza, tanta tenerezza, tanta bellezza non esisteva più.
Le carezzò un guancia liscia e morbida, gli occhietti chiusi, i bellissimi capelli scuri, soffici e lisci come quelli della madre...
Non resistette più a tanto dolore: appoggiò la testa contro il bordo del lettuccio, permettendo alle lacrime e al pianto di sopraffare ogni cosa.
To be continued...
Salve a tutti i miei lettori,
lo so che siete infuriati con me per via della mia discontinuità e degli enormi ritardi con cui pubblico i nuovi capitoli, ma la giustificazione è la stessa che ho dato nello scorso capitolo. Ribadisco, comunque, che ogni giustificazione è superflua e oltremodo inacettabile e che avete tutte le ragioni del mondo per esservi stancati del mio comportamento.
L'unica cosa che posso dirvi è che mi dispiace davvero tanto, e che non ho nessuna intenzione di accantonare la fanfiction, anche perché scriverla mi regala sempre tantissime emozioni.
Mi scuso anche per il capitolo che, come i miei lettori sapranno bene conoscendomi, è lungo, prolisso e non succede chissà che cosa. Purtroppo questo è il mio modo di scrivere, inoltre stiamo affrontando una situazione all'interno della storia che merita ben pochi nuovi avvenimenti, in quanto quelli già accaduti bastano e avanzano, dato che sono terribilmente drammatici. Per questo sto dando molta più importanza alla descrizione degli stati d'animo che al proseguimento della trama, e mi rendo conto che questo può rendere la storia un po' noiosa..
Comunque, bando alle spiegazioni, spero che tutto sommato non sia stato una vera e propria delusione.
Se vi fa piacere potete lasciare un commento, che è molto gradito ma non d'obbligo. :)
Ringrazio tutte le gentilissime ragazze che hanno recensito e aggiunto la storia tra i preferiti. Vi voglio bene!
Un bacione,
Annetta chan
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