Beyond the pain

di annetta chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Belle notizie ***
Capitolo 2: *** Shopping, incontri, gelosie... ***
Capitolo 3: *** Maschio o Femmina? ***
Capitolo 4: *** Ricordi ***
Capitolo 5: *** Grief And Sorrow ***
Capitolo 6: *** Defeated ***
Capitolo 7: *** Tears, come and get me ***



Capitolo 1
*** Belle notizie ***


  "BEYOND THE PAIN"

1°CAPITOLO: BELLE NOTIZIE


Era una fredda sera invernale.
L’aria gelida e il vento pungente accreditavano a quella nottata un aspetto spettrale e tetro.
Le pochissime famiglie residenti nella zona dei monti Paoz erano crollate da un paio d’ore, ormai, nel dolce torpore del sonno.
Nelle case circostanti regnava sovrano il buio; l’unica fonte di luce era il fioco chiarore della mezza luna che, quella sera, sembrava contemplasse una sola abitazione: una piccola casetta dalla forma semisferica, all’apparenza addormentata come tutte le altre.
Si potè scorgere una stanza poco illuminata: si trattava del salotto, dove un fuocherello scoppiettante, alimentato da qualche legna ormai usurata dal calore, rischiarava l’ambiente vicino. Era una stanza piccola ma accogliente; ai lati del caminetto, posto all’interno di una parete nel muro, si ergevano diversi mobili che occupavano una buona parte delle pareti. Al lato destro vi era una grande biblioteca contenente vari tipi di libri; dalla scienza alla storia, dalla geografia all’arte classica, dalle fiabe ai libri comici, addirittura erano sparsi qua e là alcuni fumetti. Al lato sinistro, invece, vi erano conservati un paio di album da foto, insieme a tanti altri soprammobili. Tante cornici contenenti tratti di una vita trascorsa da un’ allegra famigliola erano immortalate in delle foto simpatiche e a volte anche buffe; una ad esempio ritraeva una famiglia composta da tre persone: un uomo, una donna e un bambino. L’uomo e il bimbo avevano il viso impastato di crema, la donna invece, sembrava rimproverasse i due per il pasticcio combinato. Un’altra traeva due freschi sposini, che si tenevano per mano e con l’altra salutavano i parenti. Dovevano essere l’uomo e la donna della foto precedente, anche se un poco più giovani. Al centro della stanza si estendeva un grande tappeto ben curato e decorato da tantissimi fili colorati che formavano una fantasia a forma di rosa spinata. Sopra di esso un tavolino di legno adornato da un abile falegname sembrava avesse chissà quanti anni. A particolareggiarlo era una vaso ricco di fiori variopinti, sicuramente finti, visto la stagione fredda, il che era impossibile crescessero e si mantenessero in quello stato, in un periodo così freddo. Un comodo divano di colore blu circondava il tutto. Infine, nella parete posteriore vicino all’entrata, altri mobili si ergevano, mostrando favolosi bicchieri, posate e piatti, in una bellissima collezione, rinchiusa dal vetro pulito.
Dal buio apparve una donna in vestaglia, i capelli lunghi, mori e mossi ondeggiavano ad ogni suo passo sulla schiena eretta. La pelle chiara e candida, curata nei minimi dettagli, risaltava tutta la sua bellezza. Il viso non riscontrava nemmeno una piccola traccia della stanchezza e del dolore che solo quella donna aveva patito, dimostrando almeno dieci anni in meno. Occhi neri e profondi: a volte avevano il potere di intimidire qualcuno, soprattutto quando si arrabbiava, altre invece rispecchiavano l’immensa fragilità e la voglia di amare, la tenerezza e la dolcezza di una donna.
Teneva in mano una tazza fumante di the; evidentemente non riusciva a dormire, presa da pensieri troppo importanti da trascurare e abbandonare al sonno.
Con passi leggeri si avviò verso la finestra, scostò le tendine azzurre abbinate ai cuscini della stessa tonalità sul divano e squadrò il buio profondamente, come se stesse cercando delle risposte nell’oscurità. Notò che nemmeno la luna era lì a guardarla, coperta delle nubi nere.
Iniziò a nevicare: piccoli fiocchi candidi scendevano dal manto scuro coprendo l’ambiente circostante.
Il suo respiro lento e regolare creava delle piccole chiazze appannate sul vetro freddo.
Si allontanò, dirigendosi ed accomodandosi sul divano, si portò le ginocchia sotto il mento e sorseggiò la bevanda calda, chiudendo gli occhi per assaporarne il sapore gustoso. Poi poggiò la tazza sul tavolino e si portò una mano al ventre.
Sorrise.
Un altro bimbo…
Finalmente, dopo tanti anni, un’altra creaturina avrebbe riempito di felicità la famiglia Son.
Ringarziava mille volte Kami per averle concesso un altro figlio, che forse sarebbe stato l’ultimo.
Quegl’ultimi mesi erano stati per lei motivo di pura e mera felicità: il ritorno sulla terra del suo amato Goku, la gioia di Goten nell’ aver conosciuto il tanto aspirato padre, il fidanzamento di Gohan e Videl, la scoperta di essere dinuovo incinta…
Queste erano decisamente tutte benedizioni, dei premi alle sofferenze patite negli ultimi anni.
Quella mattina era andata in farmacia, aveva comprato il famoso test, e ora… ora stava per diventare mamma per la terza volta.
Nessuno, tranne la sua amica fidatissima Bulma, lo sapeva.
Nemmeno Goku. Voleva fare una sorpresa a tutti.
Sospirò ancora. Era così felice! Chissà la faccia di Goku, quando l’avrebbe scoperto.
Rise di gusto, proiettando nella mente l’immagine del marito con la bocca e gli occhi spalancati, totalmente sorpreso.
Poi, una voce soave e dolce le giunse alle orecchie. Come poteva non riconoscerla? Quel suono così melodioso che per sette anni si era sforzata di imprimere nel cuore e nella mente, in modo che mai potesse dimenticarlo?
Si girò verso l’interlocutore, che con un sussurro l’aveva destata dai suoi buffi e felici pensieri, chiamandola e sedendosi di fianco a lei, avvolgendole un braccio intorno alle spalle.
La fissò per qualche istante, salvo posarle un piccolo bacio sulla fronte, carezzandole una guancia.
"Come mai sei qui, tesoro? Non riesci a dormire?" le chiese dolcemente prendendole le mani posate sul ventre, scaldandole con le proprie.
"No…" rispose sospirando e accoccolandosi alla spalla del marito. Chiuse gli occhi, poi aggiunse "… non riesco."
"C’è qualcosa che ti preoccupa? Qualche brutto pensiero?" continuò il Saiyan con lo stesso tono dolce e allo stesso tempo preoccupato.
La donna abbozzò un sorriso contro la spalla muscolosa del marito; avrebbe aspettato l’indomani nel dargli la bella notizia, quando tutta la famiglia sarebbe stata al completo, compreso suo padre. L’avrebbe invitato per cena e a quel punto avrebbe risolto il mistero.
"No, nessun brutto pensiero…" si limitò a rispondere, salvo scostarsi dal marito per fissarlo negli occhi.
Gli sorrise teneramente; quello sguardo dolce e zuccherato che solo al suo Goku e ai figli mostrava. Lo sguardo di una madre premurosa, di una donna innamorata… lo sguardo di colei che ha trovato pace nel suo cuore.
Con grande sollievo, Goku notò la gioia che traspariva dal volto angelico della donna.
Decise che fosse meglio non assillarla più di domande. Se Chichi avesse avuto qualche problema non avrebbe esitato a parlargliene, no? Quindi che motivo c’era di preoccuparsi?
Si alzò dal divano e le porse una mano.
"Dai, tesoro. È ora della nanna." sussurrò il giovane prendendole la mano e issandola dal comodo sofà. "Le bambine hanno bisogno di dormire, non possono fare le ore piccole come i grandi…" aggiunse ridendo, abbracciandola teneramente.
Chichi sorrise contro il possente petto del Saiyan. Quel calore così estasiante non smetteva mai di sorprenderla. In più suo marito, quando voleva, si rivelava un dolce orsacchiotto bisognoso di affetto, di premure, peggio di un bambino. A dire il vero, entrambi diventavano un po' bambini quando rimanevano soli. Era il bello della loro coppia, ed era un lato che nessuno conosceva, oltre a loro due.
"Chi sarebbe il bambino, qui? Se non sbaglio sei proprio tu che a volte, dimostri di avere meno anni di Goten. Adesso fai la predica a me?" rispose a tono la donna, continuando a sorridere perché Goku aveva rafforzato l’abbraccio, prendendola tra la braccia e dirigendosi verso le scale.
"Sei la mia bella bimba… spesso ti lamenti che non ti dimostro abbastanza affetto, e adesso che ti faccio le coccole ti arrabbi. Sei proprio strana…" si lamentò il giovane sempre giocosamente, ormai arrivato davanti alla porta della loro camera.
L’appoggiò a terra, a qualche metro dall’uscio della loro stanza, imprigionandola al muro, maliziosamente.
"Oh, povero il mio bimbo frignone e piagnucolone." sussurrò giocosamente Chichi, avvicinandosi alle labbra del marito per unirle in un bacio stampo ricco di dolcezza. "Adesso va meglio?" continuò sorridendo; ormai le sue labbra erano sempre incurvate in un sorriso perpetuo. Quel bambinone non smetteva mai di fare lo scemo, mettendole il buonumore. Anche se, quando combinava i suoi disastri, il sorrisino tenero spariva in un istante per lasciar spazio all’ira funesta, ormai conosciutissima al povero Saiyan.
"Uhm… cos’era quella roba? Sai fare di meglio, carina…" le rispose con voce eccessivamente alta, il che gli fece guadagnare uno scappellotto dalla moglie.
"Shh! Ma dico, sei impazzito? Vuoi svegliare i tuoi figli, per caso?" lo rimproverò, anche se non riuscì a trattenere il sorriso: Goku era troppo buffo quando faceva finta di essersi fatto male.
"Ahi. Sei cattiva… e poi i tuoi figli non si svegliano neanche a colpi di onde energetiche, te lo garantisco." rispose, questa volta quasi sussurrando, il viso imbronciato. .
"Umpf! Chissà da chi hanno preso…" ribatté Chichi, uscendo dalla morsa pericolosa del marito e voltandosi per entrare in camera. "E non sei mai stato bravo a fingere, quindi smetti di massaggiarti quella testa vuota e vieni a dormire. Domani sarà un giorno speciale…" sorrise tra sé e sé, facendo pressione sulla maniglia ed entrando nella stanza, lasciando Goku in balia di domande e perplessità.
'Che cosa mi nasconde quella furbetta? E poi cosa significa: domani sarà un giorno speciale? È forse il compleanno, l’anniversario, l’onomastico di qualcuno? Mah, io ci sto capendo ben poco!' si ritrovò a pensare il giovane Saiyan, seguendo a ruota la consorte e chiudendo dietro di sé la porta della loro camera. Il guerriero più forte dell’universo aveva saggiamente deciso di mandare i suoi quesiti a quel paese, abbandonando la mente a dilettevoli sogni o più probabilmente a quelli golosi.
Presto avrebbe scoperto che la notizia del giorno seguente sarebbe stata molto più importante di un semplice onomastico.



Il sole mattutino aveva fatto capolino dalle alte ed innevate montagne che circondavano la vallata.
Come ogni brava donna che si rispetti, Chichi, si era precipitata al piano di sotto per preparare una sostanziosa e genuina colazione ai suoi figlioletti che, come ogni altro bimbo o ragazzo della loro età, avrebbe presto varcato la soglia dell'odiata scuola, intenti a seguire o meno le lezioni del giorno.
Come d’obbligo, ormai, il piccolo Son fu il primo a gustarsi le squisitezze accuratamente disposte sulla superficie legnosa, seguito quasi a ruota dal fratello maggiore.
Salutata la madre, si incamminarono, o meglio presero il volo verso l’edificio odiato da ogni studente.
Dopo un paio di minuti fece la sua comparsa il padre di famiglia.
Quella mattina si era alzato presto per i consueti allenamenti giornalieri, ma dopo un paio d’ore - con stupore e meraviglia di Chichi - eccolo tornare a casa: tuta a brandelli, mani e braccia arrossate, e qualche fiocco di neve tra i capelli ribelli.
'Sembra brizzolato...' pensò sorridente la donna.
"Che hai combinato?" gli chiese esasperata, asciugando le mani al grembiulino, per poi portarle ai fianchi.
"Sono andato ad allenarmi da Vegeta… però l’ho trovato un tantino adirato e non mi ha dato il tempo di salutare Bulma, che mi ha trascinato a forza nella Gravity Room, e insomma… sono dovuto scappare…" rispose il Saiyan, cercando di concludere il discorso frettolosamente per dirigersi verso le scale, ma non fece in tempo. La fatidica domanda arrivò prima che lui potesse svignarsela.
"E quindi? Come si spiega la neve tra i capelli? Se è vero che vi siete allenati nella Gravity Room, non dovresti apparire un pupazzo di neve … dico bene?" lo guardò sospettosa per qualche secondo, cominciando a battere nervosamente un piede a terra. "Che cosa hai combinato, Goku? Non dirmi che avete distrutto di nuovo la stanza." Se davvero aveva centrato il punto, non avrebbe invidiato né Vegeta né il marito. Proprio due giorni fa, Bulma aveva costruito una nuova stanza, perché quei due l’avevano disintegrata. Si era arrabbiata anche parecchio e Chichi le aveva garantito che se fosse successo di nuovo avrebbe lasciato a digiuno Goku per parecchio tempo… ciò spiegava anche quella risposta affrettata e sfuggente.
Son Goku, invece, stava tremando di paura. Sì, Chichi aveva proprio fatto centro, e ancora una volta non era riuscito a farla franca. Sudando freddo si voltò verso la moglie, e non fu contento di vedere quello sguardo tagliente e poco promettente che aveva sul viso.
"Chichi, i-io…"
"Taci! Dimmi, piuttosto: Bulma lo sa? Oppure sei codardamente scappato lasciando a Vegeta tutta la colpa?" chiese con lo stesso tono la donna, sperando vivamente che Goku avesse almeno avvertito l'amica dello spiacevole inconveniente.
"Bulma lo sa… anzi, Vegeta ha dato tutta la colpa a me, e mi sono preso una bella sfuriata, mentre quell’altro se la rideva sotto i baffi. Oh, ma questa me la paga!" disse stringendo i pugni e digrignando i denti. "Sì, sì. La prossima volta non mi tratterrò e allora assaggerà la mia vera forza." continuò Goku, afflitto per aver distrutto la Gravity Room e consapevole ormai, che si sarebbe dovuto sorbire un’altra sfuriata da parte di sua moglie, questa volta. Coraggiosamente alzò lo sguardo: Chichi lo guardava ancora male, poi gli si avvicinò e Goku sentì una scarica di brividi freddi lungo la spina dorsale. Si era cacciato in un bel guaio. 'Grrr, maledetto Vegeta.'
Si fermò ad un passo dal Saiyan, lo squadrò per l’ultima volta, poi esasperata abbandonò la rabbia ed incurvò le labbra in un sorriso.
Goku non rimase sorpreso, ma pietrificato. Quello era un buon segno, oppure era solo un vile giochetto della moglie per rabbonirlo? Sicuramente una cosa era certa: quella non era la reazione che si aspettava.
"Vedi Goku; oggi è un giorno importante. La giornata era iniziata perfettamente, possibile che tu debba sempre combinare qualcosa che mi mandi su tutte le furie?" incrociò le braccia e chiuse gli occhi, avvilita, salvo sospirare. "Incomincio a pensare che tu lo faccia apposta." alzò il viso per guardarlo dritto in faccia e vedere se fosse effettivamente così, ma dall'espressione inebetita di Goku si poteva capire ben poco. Sorrise. "Dai, sbrigati. Vai di sopra, lavati e già che ci sei, portami la cassetta delle medicazioni."
Si voltò per tornare a lavare i piatti, ma quando si girò trovò il marito ancora lì impietrito, ad osservarla incredulo.
"Beh? Cosa ci fai ancora qui? Ti si sono incollati i piedi al pavimento?" scherzò Chichi, lanciandogli un’ occhiata divertita.
Sì, decisamente stava male. Non era da lei un comportamento simile.
Con forza si avvicinò alla moglie e magicamente trovò il coraggio per parlarle.
"Chichi, tesoro… non è che hai la febbre, vero?" le chiese premurosamente il marito.
Chichi invece sorrise. Quello sciocchino! Pensava stesse male!
"Ma che scemenze vai dicendo? Non sono mai stata meglio." gli rispose con incredibile naturalezza, notando lo sguardo del Saiyan farsi più sospettoso.
Goku inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia. Stranamente la paura l’aveva abbandonato lasciando il posto a dubbi e sospetti che dovevano essere chiariti.
"Tu mi nascondi qualcosa, dimmi la verità! Se fossi stata 'normale' mi avresti mangiato dalla rabbia, ne sono certo."
"No, ma che dici… perché dovrei nasconderti qualcosa, scusa?" chiese con voce tremante, abbassando lo sguardo e voltandosi dall’altra parte, dirigendosi poi al lavello e continuando il lavoro lasciato in sospeso. Non voleva rivelargli la notizia prima del tempo, doveva aspettare che la famiglia fosse riunita...
"Uhm… davvero?" pronunciò il Saiyan avvicinandosi alla donna, scovando in lei quella nota di preoccupazione per nulla promettente. "Ne sei davvero sicura, Chichi? Guarda che è inutile che fai la finta tonta, non sono così stupido in fin dei conti." continuò Goku con sguardo indagatore, vedendo apparire sul volto della moglie un sorriso birichino.
Quest’ultima si lavò le mani, le asciugò, si slegò il grembiule e lo poggiò su una sedia lì vicino.
Poi, con un sorriso guardò il marito negli occhi e gli si avvicinò. Gli passò le mani attorno al collo, accostandosi al suo corpo roccioso.
"Va bene, se proprio sei così trepidante ti accontenterò. Sei pronto alla notizia bomba?" gli chiese ironicamente, sobbalzando quando sentì le labbra bollenti del marito poggiarsi sul suo collo elegante.
"Mmm… sentiamo questa bomba." rispose continuando ad assaporare la pelle profumata della moglie, sentendo il bisogno sempre più forte di assaggiare ogni strato di quella pelle seducente e invitante.
"Okay, bada che sarà una notizia stravolgente. Non ti conviene distrarti in questa maniera."
"Tu, non ti preoccupare. Sono abbastanza attento."
"Bene." Chichi inspirò profondamente e con tutta la dolcezza e tenerezza che aveva in corpo pronunciò la fatidica frase: "Goku… stai per diventare di nuovo papà…".
Chichi sorrise. Gliel’aveva detto.
In quel preciso istante, il maritò si fermò. Alzò la testa e guardò profondamente la moglie negli occhi.
"C-come, come hai detto?"
"Sono incinta, Goku. Aspettiamo un altro figlio…" Chichi percepì lo stupore e la confusione del giovane. Per un attimo ebbe paura che quella notizia non fosse affatto piacevole per lui, anzi che ne fosse rimasto deluso. Ma poi… quando vide i suoi occhi farsi lucidi, quando vide apparire una nuova luce in quelle nere perle notturne, una luce diversa da quella dello stupore, della meraviglia; la luce della pura e mera gioia, la luce della felicità, sorrise.
Uno dei sorrisi più felici e veri di tutta la sua vita.
Goku l’abbracciò con tanta forza da quasi toglierle il respiro, la staccò leggermente ed incominciò a riempirla di baci, diversi da quelli di prima. La prese in braccio, la fece girare in aria come una bambina. Era felicissimo, era al settimo cielo.
"Chichi, amore è una notizia stupenda! Ma perché non me l’hai detto subito?!" le chiese ancora euforico, poggiandola a terra e baciandola sulla bocca. Oh, era così felice!
"Beh, veramente ve lo volevo dire stasera a cena. Avevo intenzione di invitare anche mio padre, ma mi hai scoperta. Non ho resistito." rispose felice, appoggiando il viso contro il petto del marito, sentendolo sussultare: gli aveva sfiorato una ferita di combattimento abbastanza profonda.
"Ahia, ahia… mi ero dimenticato delle ferite…" disse sempre ridendo, fregandosene poi della ferita e baciando con ardore la moglie.
"Dai, padre pasticcione! Vai a farti un bel bagno e poi ti medico quelle ferite."
"No, non ne ho voglia. Dobbiamo festeggiare, tesoro!" rispose continuando a non darle tregua con baci sul collo, sulle labbra, su ogni parte del viso.
"Dai, non fare il bambinone! Su, fila a lavarti e fai veloce, capito?"
"Vado a lavarmi solo se vieni con me…" rispose malizioso dandole un ultimo bacio più intenso sulla bocca.
Chichi arrossì, sebbene quella proposta non fosse poi così strana. Era normale per loro due fare il bagno insieme. Forse era arrossita per il tono con cui gliel'aveva chiesto... o forse semplicemente per colpa della gravidanza. Tuttavia rifiutò, colpendolo anche stizzosamente al petto.
"No, non vengo con te. Ho altro da fare, io!"
"Dai, non farti pregare. Guarda che ti porto di forza, eh?"
"Non ci provare, razza di scimmione senza cervello. Ti ho detto che vengo dopo a curarti le ferite!"
Goku sorrise malizioso."Oh, ma per quello non c’è problema. Nel mio cassetto ho due fagioli magici; me ne basta uno e torno subito in sesto." si chinò sul suo viso, salvo guardarla con un espressione da cane bastonato. "Dai, vieni."
"No, non verrò!"
"Sì, invece."
"No…"
"Sì…"
"No.."
"Sì…"
Goku si chinò e le diede uno dei suoi rari ma efficaci baci, quelli che la mandavano in delirio… aveva i suoi assi nella manica per convincerla. Ormai conosceva tutti i suoi punti deboli.
"Adesso vieni, vero?" le chiese teneramente con voce suadente,carezzandole una gota.
Chichi aveva gli occhi lucidi per l'emozione, mentre le guance avevano assunto un leggero colorito roseo. Era imbronciata, ma ormai la decisione era presa. Goku era un bravo persuasore, quando ci si metteva d'impegno.
"Uffa… sei impossibile." rispose con tono vinto, arrossendo ancora di più quando sentì per l’ennesima volta le labbra calde del marito poggiarsi delicatamente sul suo collo.
"Lo prendo come un sì."
In un attimo, Chichi si era ritrovata tra le braccia del marito che velocemente saliva le scale, verso il piano superiore.
Sospirò, affondando il viso nel suo collo muscoloso. Era mai stata tanto felice, in vita sua? Non lo sapeva con certezza, ma di certo non aveva mai visto Goku così raggiante.
Sorrise pacificamente. 'Sì, lui l’ha presa bene…' pensò, rilassandosi contro il possente corpo del suo Saiyan. '…più che bene!'.
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TO BE CONTINUED….

Salve a tutti.
Eccomi quì con la mia prima longfic.
Devo confessarvi che sono abbastanza nervosa, è la prima volta che mi succede.
Spero vivamente che questo primo capitolo vi sia piaciuto, vi anticipo subito che i primi capitoli saranno i più "divertenti", parlerò un po' della gravidanza di Chichi e di quello che succederà in casa Son in questo periodo.
Ringrazio tutti coloro che saranno così gentili da lasciare un commentino, oppure chi continuerà a seguire la mia ff. ^^ Grazie di cuore.
Vi aspetto al prossimo capitolo.
1 bacione a tutti.
Vostra Annetta Chan

*Chiedo umilmente scusa; ringrazio infinitamente dianatabo che mi ha avvertita che non si vedevano i dialoghi. Scusate tanto. ^^ Me non lo sapeva ihihi. Grazie. Annetta*

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Capitolo 2
*** Shopping, incontri, gelosie... ***


                                                      “BEYOND THE PAIN”

2°CAPITOLO: SHOPPING, INCONTRI, GELOSIE…

Era un freddo sabato invernale.
L'atmosfera che circondava la vallata dei monti Paoz era quasi fiabesca: le sontuose ed imponenti montagne, ricoperte da un manto delicato ed immacolato di neve, brillavano ai dolci e fiochi raggi solari che, seppur il freddo pungente si facesse sentire, riscaldavano l'ambiente circostante donando un po' più di sollievo agli abitanti della zona.
Qualche nuvoletta bianca decorava l'azzurro di quella splendida giornata.
Un tenue venticello scuoteva le chiome imbiancate dei sempreverdi, facendo cadere a terra qualche mucchietto di neve con un leggero tonfo.
Un bimbo di circa sei, sette anni osservava il paesaggio con curiosità e spensieratezza; il bambino era seduto sulle ginocchia sopra il lettuccio, si era appena svegliato, indossava ancora il pigiamino pesante, gli occhietti vispi e i capelli più spettinati del solito, ereditati dal padre. Un sorriso dolce e sbarazzino abbelliva quel visetto d’angelo; ogni tanto sghignazzava, divertito dall’impacciamento di un piccolo scoiattolo alle prese con una ghianda birichina e di proporzioni enormi per l’animaletto.
Il piccolo era solo nella stanza ancora buia, il fratello maggiore si era alzato già da qualche minuto, intento a fare colazione al piano di sotto, visto che avrebbe dovuto fare da baby-sitter al fratellino… sì, lui che avrebbe potuto trascorrere un’intera giornata con Videl doveva fare da badante al proprio fratello, visto che i genitori sarebbero usciti per fare compere. Roba da matti!
Il piccolo Son sentì dei passi lenti e profondi avvicinarsi; capì subito di chi si trattasse, ma non volle distogliere lo sguardo da quell’ incantevole paesaggio; per lui la neve era sempre stata una piacevole visione, anche solo guardarla lo rendeva felice, strano per un bimbo che non si accontenta mai di poco.
Sentì l’uscio della porta scricchiolare e poi chiudersi nuovamente dopo qualche secondo, qualcuno era entrato nella sua camera e ora stava camminando nella sua direzione, percepì quasi immediatamente l’abbassamento del materasso su cui aveva appoggiate le ginocchia, segno che quell’intruso si era seduto sul proprio letto.
Una mano grande e calda si appoggiò sulla sua spalla e una voce altrettanto suadente e profonda lo convinse a voltarsi.
Goku era salito in camera del figlioletto per aiutarlo ad alzarsi e a fargli fare la colazione, non era da Goten rimanere troppo tempo a letto, soprattutto quando il profumino invitante di una torta alle mele lo aspettava di sotto, pronta ad essere divorata dal piccoletto.
Alla vista dell’amato padre, Goten esibì uno dei suoi sorrisi più ingenui e felici, anch’essi ereditati dal genitore, per poi gettarsi al collo del proprio papà con tutta la forza che aveva in corpo facendolo cadere rovinosamente a terra, stralunato e ancora poco abituato alla tenerezza e a tanta dimostrazione d’affetto del piccolo Son.
Con destrezza e senza alcuna difficoltà si alzò nuovamente appoggiando il figlioletto in piedi sul letto in modo che potesse arrivare all’altezza della propria spalla.
“Buon giorno anche a te, Goten.” Scherzò il padre scompigliandogli i capelli ribelli.
Il piccolo sorrise, adorava e stimava tantissimo il suo papà, gli voleva tanto bene e amava essere stretto tra le sue braccia, tra quelle braccia così grandi e forti, così calde ed accoglienti che riuscivano a cullarlo e tranquillizzarlo, in qualsiasi momento.
“Che ci fai qui tutto solo? Non dirmi che non hai fame, perché non ci credo…” continuò Goku guardando quegli occhioni dolci, sorridendo perché quel bimbo aveva lo stesso sguardo dolce e tenero di Chichi, nei suoi momenti di calma e spensieratezza.
Il piccolo si voltò nuovamente verso la finestra, osservando per l’ultima volta il bianco paesaggio, per poi rivolgere l’attenzione sul padre che non aveva smesso di osservarlo.
“Guardavo la neve!” rispose ingenuamente il piccolo indicando con l’indice della mano destra l’ambiente fuori dall’abitazione, mentre con l’altra manina si teneva stretto alla spalla del padre.
“Mi piace davvero tanto…” continuò sentendosi prendere in braccio dal genitore che lo portò fuori dalla stanza incamminandosi verso le scale.
“Ti prometto piccolo, che appena io e la mamma torniamo dalla città giochiamo a palle di neve.” Sussurrò Goku all’orecchio del figlioletto evitando di farsi sentire dalla moglie, che avrebbe sicuramente contestato quella sua stramba ed infantile idea.
Goten, invece sorrise. Non vedeva l’ora! Avrebbe aspettato con trepidanza il ritorno del papà per sconfiggerlo a palle di neve.
Arrivati di sotto, Goku poggiò il figlio a terra che corse dalla madre per darle il buon giorno, poi con la velocità di una lepre, si fiondò al tavolo per trangugiare le pietanze preparate dalla donna.
Gohan, invece, non aveva uno sguardo molto felice; avrebbe preferito un miliardo di volte uscire con Videl che badare a quella piccola peste, ma per i suoi genitori questo ed altro, dopo tutto anche loro si meritavano un po’ di privacy, ora che la madre aspettava il suo futuro fratellino o sorellina.
Rimase però, colpito dallo strano ed inusuale abbigliamento del padre, lui che si era affezionato alla sua tuta arancione e che mai e poi mai l’avrebbe trascurata, ora indossava semplicissimi abiti “terrestri”.
Qui c’era lo zampino della madre, era sicuro che la donna avesse usato la scusa della città per farlo vestire come le pareva, anche lei comunque, aveva approfittato della situazione per mettersi un po’ in “tiro”: un filo di trucco, degli abiti che le donavano alla perfezione ed infine i capelli sciolti; sua madre era proprio una bella donna, ma lei non amava mettersi in mostra, preferiva essere apprezzata da suo marito e da coloro che le volevano bene. Per lei questa era la vera bellezza.
Goku, si avvicinò furtivamente al tavolo ancora imbandito, allungando una mano verso un pezzetto di torta sperando di non essere colto in fragrante dalla moglie.
Peccato Chichi conoscesse fin troppo bene il proprio marito e voltandosi lo fulminò con lo sguardo.
“Goku, che cosa stai facendo?” chiese non molto dolcemente la donna avvicinandosi pericolosamente al marito. “Guarda che noi dobbiamo partire da casa fra 5 minuti se vogliamo arrivare al centro commerciale quando ancora non è pieno! Ti consiglio vivamente di allontanarti da quella torta e di aspettarmi in macchina!” continuò Chichi rimproverando il marito per la mossa azzardata e poco astuta.
“O-ok, tesoro. Non ti scaldare, eh?” rispose il giovane timorosamente acchiappando il giubbotto dall’attaccapanni e prendendo le chiavi dell’automobile sul tavolino.
I ragazzi, sghignazzanti per i buffi battibecchi tra i genitori, salutarono il padre tra risate e bocconi vari.
La donna finì di asciugare le ultime stoviglie, poi prese anche lei il suo cappotto assicurandosi di avere con se carte di credito e soldi.
Si diede un’ultima aggiustatina ai capelli e al lucidalabbra, maledicendosi per aver messo quel coso che era riuscito soltanto a farla dannare per l’intera mattinata.
Infine, con sguardo aggravato si voltò verso i figli, troppo impegnati ad ingozzarsi per salutarla. Roteò gli occhi in segno di esasperazione, perché i suoi figli dovevano ereditare la maggior parte dei difetti del marito? Ah già, erano saiyan, certo!
Con sdegno e voce alterata raccomandò i figlioletti, sperando che, almeno quello, la degnassero di qualche attenzione e che in particolar modo, le prestassero un minimo di ascolto.
“Ragazzi, mi raccomando, non combinate disastri e fate in modo che quando torni non trovi un porcile, mi sono spiegata?” i ragazzi annuirono, senza nemmeno staccare gli occhi dal cibo. La donna, quindi uscì di casa incamminandosi verso l’auto dove Goku la stava pazientemente aspettando, si fermò di colpo: aveva dimenticato di dire ai ragazzi di fare i compiti e di non sprecare troppo tempo davanti alla tv, la Chichi esigente avrebbe sicuramente fatto marcia indietro, pronta ad elencare ai propri figli quello che dovevano e non dovevano fare in sua assenza, ma la parte indulgente vinse, convincendola a lasciar perdere e a concentrarsi sulla mattinata di shopping in compagnia della dolce metà, già… sperando che non la faccia imbarazzare troppo quel suo continuo gorgoglio di stomaco.
Salì in macchina e si allacciò la cintura di sicurezza; si diede un’ultima controllata allo specchietto e non fece in tempo a mettersi comoda che il ragazzo accelerò, fortuna che aveva messo la cintura, pensò con un pizzico di sollievo la donna, per poi fulminare con lo sguardo il marito, che invece sembrava si divertisse a far prendere questi colpi alla propria consorte, sorridendo sadicamente.
Il viaggio verso la città sembrava interminabile per Chichi; i continui scherzetti del marito non facevano che innervosirla e renderle il percorso casa-città molto spiacevole; incominciava a pensare che Goku lo facesse apposta, così che se ci fosse stata una prossima volta, avrebbero evitato di prendere l’automobile. E come se non bastasse beccarono quasi tutti semafori rossi, che iella!
Finalmente giunsero a destinazione, il più grande centro commerciale della città dell’Ovest era lì, davanti a loro, eretto in tutta la sua maestosità e magnificenza; Chichi sentiva già l’adrenalina salirle alle stelle pensando a tutte lo cose che avrebbe potuto comprare quel giorno.
Per Goku invece non era proprio così; non capiva perché alle donne piacesse così tanto spendere soldi in cianfrusaglie o in miliardi di vestiti, già si immaginava le miriadi di borse che avrebbe dovuto trasportare per l’immenso centro commerciale.
Con estremo rammarico notò che tutti i maschi delle coppiette non avevano un’espressione felice e che, come lui, sorridevano falsamente alla gioia e all’eccitamento delle proprie compagne.
Poi, senza neanche rendersene conto, in pochi secondi si trovò all’interno dell’edificio, trasportato dall’entusiasmo di Chichi.
Entrambi si fermarono a contemplare gli arredamenti natalizi, le tantissime luci che adornavano quel posto rendendolo quasi… incantato, i tanti alberi agghindati a festa, le canzoncine in sottofondo che riscaldavano l’ambiente, le coppiette felici che si tenevano per mano osservando le esposizioni dei negozi, scambiandosi ogni tanto qualche dolce effusione, le grida felici dei bambini sulle giostre, vederli strattonare i cappotti dei genitori per attirare l’attenzione sul giocattolo che volevano comprare… l’atmosfera natalizia si poteva definire davvero magica!
Goku osservò la moglie, quanto era bella quel giorno! Con quel suo provocante e sensuale look dimostrava qualche anno in meno, nonostante avessero ormai quarant’anni inoltrati tutti e due.
Vedere i suoi occhi brillare alla sola vista di tutto ciò, vedere quel sorriso appena accennato su quelle labbra morbide e perfette gli inondava il cuore di tenere e dolci sensazioni, avrebbe voluto stringerla forte a sé, era così irresistibile… poi notò il suo sguardo un po’ invidioso e malinconico mentre osservava una giovane ed allegra coppietta camminare mano nella mano…
Beh, infondo… perché no? Anche lui poteva fare quello sforzo, insomma lei se lo meritava, era il minimo, la sua natura saiyan non gli avrebbe mai consigliato di farlo, ma dopotutto lui era anche un po’ terrestre, giusto?
Così, con delicatezza e decisione cinse la mano piccola della donna nella sua, stringendola un poco e avvicinandola più a sé, sentendola avvampare, osservando quel visino d’avorio colorarsi di un rosso acceso e vedere con estrema gioia, quella luce, quella tenerezza che la caratterizzavano e che lui adorava.
Sembrava una dolcissima bimba bisognosa d’affetto… poi quando gli sorrideva, un sorriso vero e sincero, un sorriso riconoscente… il sorriso di un angelo… Dio, quanto era bella, sentiva il cuore saltargli in gola. Possibile che gli facesse ancora quell’effetto?
Anche lui contraccambiò al gesto, sapeva bene che la moglie impazziva quando la riempiva d’attenzioni, e oggi… quella mattina gelata e fredda, l’avrebbe trasformata in una giornata ricca di calore e amore… Chichi se lo meritava davvero!
Così, insieme, mano nella mano come ogni amante che si rispetti si incamminarono per gli immensi corridoi costeggiati da svariati negozi decorati da coloratissimi addobbi natalizi.

Il tempo passò in fretta, i due sposini si divertirono molto a fare compere, Goku questa volta aveva previsto male, anche lui era contento di aver trascorso una mattinata felice con la propria consorte, quando invece si aspettava una lunga e monotona esperienza, sempre a correre dietro alla moglie, in una costante “caccia al vestito più carino”.
Si era dimenticato che a Chichi non importava il vestito firmato, l’indumento all’ultima moda, sciupare senza limiti di spese la propria carta di credito senza un minimo di contegno… no! Quella “giornata di shopping” era forse una scusa per trascorrere più tempo insieme al proprio marito, da soli, come due sposi fanno odiernamente.
Più volte l’aveva stretta a sé, mentre passeggiavano tra i corridoi dell’immenso edificio, amava sentirla accoccolarsi e rilassarsi al calore del suo corpo, sembrava così indifesa!
A parte quando stava per rovesciarle il gelato addosso mentre cercava di stamparle un bacio a fior di bocca, per fortuna che se ne era accorto in tempo, ci mancava solo che combinasse una delle sue, in una giornata come quella!
Ormai era ora di pranzo, i due si erano trovati così tanto bene che non fecero caso al trascorrere veloce del tempo.
Si sedettero su una panchina lì nelle vicinanze per riposare i piedi, stanchi di aver camminato per ore attraverso labirinti di luci e arredamenti.
Avevano giusto un paio di borse, non tanto pesanti, una contenente soltanto vestiti, l’altra… beh, ormai traboccava di dolci… Goku aveva approfittato dell’ affabilità della moglie per mettere qualcosa sotto i denti.
In silenzio osservavano le famigliole avviarsi verso l’uscita dell’edificio, non capendo tanta confusione e fretta di uscire.
Perplessa, Chichi guardò l’orologio da polso indossato per la prima volta proprio quel giorno: le 12.30. Ci mise qualche secondo a capire la gravità della situazione, loro a quest’ora dovevano essere a casa a preparare il pranzo ai suoi….Troppo tardi! Proprio in quel preciso istante sentì il noto e ormai conosciuto borbottio di stomaco.
Il rumore era stato così forte che molte persone si voltarono per capire la fonte di quello  strano suono.
Goku, imbarazzato come sempre, si portò una mano tra i capelli, spettinandoseli, ridendo ingenuamente. Si aspettava un’occhiataccia da parte della consorte, ma quello che vide sul viso della donna fu un’espressione preoccupata e disperata.
Le si avvicinò, prendendole le mani, alzandole il mento con una mano scrutando la profondità dei suoi occhi, rammaricandosi quando rincontrò quell’espressione agitata.
“Eih, che c’è?” le chiese dolcemente cercando di tranquillizzarla con delicate carezze sulle gote arrossate. La donna sospirò, alzandosi in piedi, liberandosi dalle premurose attenzioni del saiyan, leggermente irritata. Possibile che suo marito non afferrasse la gravità della cosa?
“Goku… è la mezza! Noi dovremmo essere a casa! Oddio, chissà i ragazzi come saranno in pensiero!” Scattò la donna, sentendo l’ansia salirle ogni minuto di più, bisognosa ora più che mai di un bel calmante.
Il saiyan, comprese le preoccupazioni della moglie, si alzò dalla panchina cercando con lo sguardo qualche punto di ristoro, un bar, qualsiasi luogo in cui potessero fermarsi a pranzare. Con grande sollievo ne individuò uno. Aveva un’idea!
“Senti, tesoro facciamo così…”incominciò il ragazzo catturando l’attenzione della donna “Adesso noi telefoniamo ai ragazzi informandoli che non verremo a casa per pranzare, poi andremo in quel ristorante là, dove mangeremo in santa pace. Poi si vedrà.” Continuò il ragazzo, sorridendo soddisfatto quando vide gli occhi di lei rasserenarsi.
Senza nemmeno dargli il tempo di batter ciglio, Chichi prese sottobraccio il marito, correndo a più non posso verso il ristorante nelle vicinanze, per prenotare un tavolo dove poter pranzare decentemente, alzando dietro di loro una scia polverosa data la velocità con cui si erano volatilizzati.
Con frenesia si sedettero ad un tavolino dalla forma circolare vicino alla finestra: il paesaggio non era male, fortunatamente gli era capitata la zona da cui si poteva scorgere l’oceano all’orizzonte.
Chichi sorrise entusiasta; chissà come sarebbe stato romantico la sera, quando il cielo si sarebbe dipinto di rosa, sfumando verso il violetto, il blu e vedere poi il mare tingersi dello stesso colore, grazie al riflesso dell’acqua.
I suoi lunatici e zuccherati pensieri però vennero bruscamente interrotti da quell’insopportabile e ormai fastidiosissimo brontolare di stomaco.
Questa volta però non risparmiò al marito un’occhiataccia, il quale le rispose con un semplice: “Che ci vuoi fare… sono fatto così!” per poi massaggiarsi lo stomaco con aria sofferente. Quanta pazienza che ci voleva con quei saiyan!
“Goku… intanto che aspetti, renditi utile!” pronunciò con la solita esasperazione la donna, per poi lanciargli svogliatamente il menù.
“Ordina qualcosa anche per me… vedi di non esagerare però!” continuò Chichi lasciandogli un’occhiata furbetta per poi avvicinarsi al marito e lasciarli un dolce bacetto sulla guancia svignandosela verso il più vicino telefono pubblico.
Non sapeva quale enorme sbaglio stesse commettendo la povera donna, lasciando un uomo solo, affascinante, in un tavolino da due posti, in un centro commerciale dove di galline e vecchie conoscenze ne incontri a bizzeffe!
Goku, quindi, rimase al tavolo; per niente stupito del comportamento della moglie, tanto per lui era solo un piacere ordinare cibo a quantità non specificate…

Chichi correva alla ricerca di un telefono pubblico, possibilmente non occupato. Ispezionò quasi tutte le cabine telefoniche del piano e, quando ormai cominciava a perdere la speranza, ecco che davanti a lei comparve il tanto ricercato telefono, libero e funzionante che non aspettava altro che lei.
La cosa buffa era che la cabina non si trovava nemmeno tanto lontano dal ristorante.
E pensare che aveva sprecato metà del tempo a fare il giro della mela, quando ce l’aveva quasi di fronte. Stare con Goku a volte la sfiniva davvero!
Frettolosamente compose il numero di casa e a risponderle fu il primogenito, Gohan.
“Eih, mamma! Si può sapere dove siete finiti? Qui, IO sto perdendo il lume della ragione per colpa del moscerino che continua a lamentarsi perché ha fame…”
Povero Gohan… il fratellino quando si trattava di cibo, poteva battere anche i livelli di lamentele del padre…
“Scusa Gohan, ma c’è un problema…” iniziò Chichi, sperando vivamente che il povero figlio maggiore non svenisse alla notizia poco piacevole che stava per dargli.
“E-ecco… vedi… insomma, io e papà non… non verremo a casa a pranzare.”
Trascorsero una decina di secondi in silenzio, sì, il povero Gohan l’aveva presa proprio male.
“Gohan…” incominciò la donna con tono mortificato, ma non riuscì a dirgli quello che voleva visto che il figlio la interruppe.
“I-io, io lo sapevo! Bah, dovevo immaginarlo che sarebbe finita così…” disse, chiudendo gli occhi, implorando il sostegno e un aiuto divino, visto la terrificante impresa che avrebbe dovuto affrontare. Si passò una mano sugli occhi, per poi continuare:
“Dimmi… devo ordinare qualcosa, vero?” interpellò il giovane, rassegnato all’idea di dover restare ancora troppo a lungo in compagnia del fratellino.
Già, parli del diavolo… il povero Gohan non potè mai sapere quello che avrebbe dovuto fare, visto che il piccolo Goten si fiondò dall’adorato fratellone.
“Chi è, Chi è? Sono la mamma è papà? Passameli, passameli dai!” insisté il giovanotto, strappando letteralmente di mano la cornetta al fratello.
“Mammina sei tu?” il piccoletto per rivolgersi alla madre intenerì anche la voce, sperando di persuaderla, convincendola a tornare a casa il più presto possibile. Anche lui si era stancato del fratellone che non faceva altro che parlare al cellulare con Videl.
“Goten, piccolino, ciao! Senti, la mamma ha fretta; passami tuo fratello…”
Il figlioletto rimase un po’ deluso dalla richiesta materna, sperava lo tranquillizzasse, dicendogli che presto sarebbero tornati a casa e che avrebbe preparato il pranzo…
Il piccolo non potè fiatare perché Gohan, stanco e al limite della sopportazione, strappò a sua volta la cornetta al fratellino, parlando con la madre.
“Dai, mamma. Fai presto, prima che possa pentirmi…”
Chichi colse la palla al volo, diede accuratamente tutte le istruzioni al figlio maggiore, che cercò di ascoltare la maggior parte delle azioni che avrebbe dovuto compiere, nonostante Goten non lo lasciasse in pace un momento.
La donna, non riuscì nemmeno a salutare i figli, avendo sprecato tutto il tempo prestabilito per la chiamata. Riattaccò, lasciando tutto nelle mani del primogenito, imprecando contro sé stessa, per non aver fatto caso all’orologio prima di combinare il guaio!
Sempre velocemente riprese il cammino verso il ristorante, dove avrebbe ricevuto una spiacevole visita.

Goku, era pacificamente seduto al tavolino, impegnato a scegliere il proprio menù, già perché quello della moglie l’aveva già deciso, conoscendola avrebbe ordinato un primo e un po’ di carne, tutto qui.
Poi, una voce femminile, un po’ ovattata, ma familiare lo invitò ad abbandonare il proprio impiego.
Una donna: capelli lunghi, lisci, tendenti al rossiccio, occhi azzurri e sguardo magnetico, fisico non male per la sua età, una voce civettuola ma allo stesso tempo sensuale gli comparve davanti, sbucata chissà da quale buco. Notò con una lieve nota d’imbarazzo e inquietudine che lo stava scrutando, arrossendo quando posò il suo sguardo su zone riservate e di certo eccitanti per una femmina…
“Goku, che piacere! Come stai?” lo stuzzicò la donna, sedendosi vicino a lui, avvicinandosi pericolosamente.
Il ragazzo si allontanò, lasciandogli un’occhiata non molto gradita.
“Ci conosciamo?” le chiese ingenuamente, sperando con tutto il cuore che la sua dolce metà non vedesse quella scena, perché altrimenti si sarebbe scatenato il finimondo.
“Oh, Goku… non ti ricordi di me? Che delusione… e pensare che gli uomini non mi scordano mai, tanto facilmente…” gli rispose con una finta nota di amarezza, pronta ad attaccare la preda con una delle sue strategie per incatenare gli uomini a sé.
Poveretta, si era cacciata in un bel guaio, visto che in quell’attimo arrivò la moretta.
“Ma davvero…? Che strano, mi domando perché!” la interruppe Chichi proprio mentre si stava avvicinando a Goku, il quale avrebbe sicuramente respinto la signora, ma che rabbrividì, perchè presto si sarebbe scatenata una sanguinosa guerra.
La sconosciuta, squadrò Chichi con malo modo, con un’espressione del tipo “Ma chi ca**o sei?!”. Peccato che la moretta sapesse leggere nel pensiero…
“Piacere…” disse ironicamente, porgendo la mano alla donna, la quale non si mosse di un millimetro. “Mi chiamo Chichi e sono la moglie di Goku!” continuò quasi sadicamente, evidenziando un ghigno spaventoso che non piacque per niente al saiyan.
Certo che sua moglie sapeva come essere cattiva, a volte.
Beh, la reazione dell’allegra donnina non fu altrettanto pacifica, infatti si girò verso Goku con sguardo indagatorio, cercando la verità negli occhi dell’uomo, il quale sorrise, alzandosi in piedi, avvicinandosi alla moglie, cingendole la vita con un braccio.
“Chichi, ti presento… come ti chiami, scusa?” le chiese con tono sbarazzino, guadagnandosi invece uno sguardo agghiacciante, ma che non ebbe alcun effetto temerario sugli sposini. La signora, ormai consapevole della sua sconfitta, scattò in piedi, stufa di essere umiliata in quel modo da una donna che nemmeno conosceva, ma soprattutto da una delle sue prede che fino a quel momento non avevano mai resistito alla sua  “straordinaria bellezza”.
Sbuffò con sdegno, prendendo la borsetta.
“Tsk, l’amore…” borbottò, lasciando soli i due innamorati, scorgendo la manina esile di Chichi muoversi in un gesto assomigliante vagamente ad un saluto.
Goku sorrise, com’era crudele sua moglie.
La donna finalmente lo guardò, notando con fierezza che la stava osservando con una nota di ammirazione.
“Sei proprio impossibile Goku, lo sai?” chiese dolcemente la donna, portandosi le mani ai fianchi, assumendo la posa tipica di quando lo sgridava.
“Non posso lasciarti solo un momento, che ti ritrovo già attorniato da allegre signore pronte a farti la corte…” continuò con lo stesso tono, ridendo quando il marito l’abbracciò, stringendola forte a sé, donandole un piccolo bacio sulla nuca.
“Che ci vuoi fare… non è colpa mia se sono attraente…” scherzò il giovane, staccandola un poco per guardarla negli occhi, ora lucidi e ricchi di tenerezza.
Dov’era finito lo sguardo sadico di poco fa? Quella donna non smetteva mai di sorprenderlo.
“In un certo senso è anche colpa tua… sei tu che hai voluto che mi vestissi in questo modo…” continuò, sfiorandole le labbra con un dito, spostandolo poi alla gota, percependone la morbidezza.
Chichi sorrise; in parte aveva ragione… comunque non aveva motivo di cui preoccuparsi, tanto Goku sarebbe rimasto suo per sempre.
Si alzò in punta di piedi, arrivando appena alle labbra del marito, unendole in bacio dolce e ingenuo. Uno dei baci più semplici a questo mondo, eppure così ricco di tenerezza… così unico da farti vivere quei magici momenti, quell’estasi appagante, quelle sensazioni che ti mandano in tilt il cervello… perché è questo il potere di un bacio.
Per loro, una coppia così unita, una coppia unica, buffa e tenera, un semplice sfiorarsi di labbra significava tutto.
Il ragazzo strinse più a se la donna, staccandosi poi leggermente, poggiando una mano sul ventre della moglie, sorridendo amorevolmente.
Chichi accarezzò una guancia colorita del marito, avvicinandosi al suo viso per un altro bacio. Peccato che a rovinare quel magico momento fu il solito, stancante, snervante, insopportabile e fastidioso brontolio di stomaco.
La moretta decise di rimandare le dolci effusioni col maritino pasticcione a più tardi.
Sfidava qualsiasi donna a resistere più di cinque minuti con un individuo così particolare, forse lei sarebbe stata l’unica a sopportarlo per una vita.
E per questo ringraziava mille volte il cielo!

To be continued…


^.^ Eihlà! Salve gente!
Sono tornata con il secondo capitolo della mia nuova storia… con un tremendo ritardo… scusate, ma purtroppo questo è stato un periodo un po’ difficile.
I mie amati (-___-‘’) prof mi hanno riempita di interrogazioni e compiti in classe… non ho mai avuto tempo per dedicarmi seriamente alla fanfiction.
Sappiate, però, che i miei aggiornamenti non saranno frequentissimi.
A me piace pubblicare capitoli ben fatti, non frettolosi, dove si vede che ci ho messo impegno e volontà. Spero non mi odierete per questo. ^^
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto almeno un po’.
Aspetto vostri commenti.
Grazie!
Ora passo ai ringraziamenti. ^_^

A Evy: Ciao! ^_^ Sono felicissima che ti piaccia la mia ficcy. Spero vivamente che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Grazie ancora! Al prossimo capitolo. 1 bacione. ^^

A meridiana: Ciao Faby! Non preoccuparti per il ritardo… se qui c’è un bradipo… beh, quella sono io! ^.^ Grazie, grazie mille. ^//^ sei davvero troppo gentile. Per me è un vero sollievo sapere che ti piace e che sono migliorata rispetto alle prime ficcy… *Annetta sospira sollevata*. ^^ Spero che ti piaccia anche questo. Prenditi tutta la calma che vuoi per recensire. Io non ho nessuna fretta. Ciao! 1 bacione.

A sexxxychichi: Ciao! Scusa, ti chiedo umilmente perdono per il ritardo, ma questa scuola mi sta facendo dannare. Spero ti piaccia anche questo capitolo. Grazie ancora. 1 bacione! ^^

A Sybelle: *_* Ma ciau, tessora! ^^  Che bello sentirti… da quanto tempo! ç___ç. Davvero ti piace la fic? Me felicissima! Adesso… ti ho inebriata… non esagerare dai… ^//^ se no arrossisco, eh!     Spero di non averti delusa ^^, al prossimo chappy! ^_^ Grazie 1000 ancora. Tvtttb! 1 bacione.

A gokina94: Ciao! Ti prego non uccidermi per il ritardo del capitolo. ^^ Aspetto un commentino. Grazie. 1 bacione.

A Camy/Chicchi: Ciao! Sono davvero felicissima che ti piaccia la fanfic. Sai, all’inizio pensavo non fosse un gran che, poi quando ho visto la tua recensione e quelle delle altre ragazze che hanno apprezzato la storia, non ho fatto altro che gioire. ^^
In verità anche io mi sono sempre chiesta perché lei e Goku non possano aver avuto un terzo figlio… mah, non so proprio che dirti. ^_-  Ora non esagerare dai… ognuno ha i suoi gusti, non penso che la ff sia piaciuta a tutti, proprio perché dipende dalle persone.
Ora ti saluto. Grazie per il consiglio. A presto e 1 bacione!

A Elvis93: Ma ciao, Francy! Come va? Davvero ti piace? ^^ Sono felicissima. Ecco qui il secondo capitolo con un leggero (-.-) ritardo. ^_^ a presto, carissima! 1 bacione.

A Ciuiciui: ^_^ Ciao Chiaretta! *____* Non sai quanto mi sia preoccupata per quella storia dei personaggi OOC. Non avrei mai voluto cambiare il carattere dei nostri piccioncini, quando io li adoro così per come sono. Non lo farei per nulla al mondo. U.U
Sono contentissima che tu abbia percepito il cambiamento di Goku rispetto alle altre saghe, perché effettivamente è così. Purtroppo la gente pensa che Goku sia un tonto, scemo, ecc… che è ingenuo è vero, ma secondo me, col tempo, crescendo, maturando quella ingenuità che aveva da ragazzino se ne sia andata col tempo. Resterà sempre un pasticcione, un ragazzino nello spirito, ma non fino al punto di non sapere cosa significhi sposarsi. Anche nel cartone si vede il suo cambiamento (es, quando dice a Bulma di fare un bel bimbo…). Non sai quanto mi faccia felice sapere che i miei personaggi ti piacciano, per me è una vera soddisfazione. Ovviamente sono d’accordo con te su tutto quello che riguarda Chichi, perché noi abbiamo capito il suo vero aspetto interiore, perché noi la conosciamo e non la giudichiamo per quello che sembra in apparenza.
Ihihih, non svelo nulla… però una bella femminuccia ci starebbe… *.* ok, come non detto. XP Già, ho voluto evidenziare il fatto delle foto proprio perché quei ricordi, a volte buffi, a volte felici, rimangano sempre impressi nel cuore dei personaggi come un promemoria delle bellissime vicende che hanno caratterizzato la loro famiglia.  Io sono convinta che dopo tutti quegli anni di assenza, entrambi sentano un estremo bisogno di stare insieme, di recuperare, in qualche modo, il tempo passato lontano dalla persona che amano. ^_^ Io li vedo così, giocosi, teneri… con una voglia matta di amare ed essere amati. ç_ç grazie per l’incoraggiamento, sei sempre troppo gentile. Sai, credo che questo capitolo sia concentrato soprattutto sulla coppia, invece che sulla questione del bimbo… forse sono uscita dal tema della storia… -___- oddio che disastro.
Aspetto un tuo commentino, un tuo parere. Speriamo in bene… ora ti saluto. Ti voglio un mondo di bene, ancora grazie per il commento. 1 bacione!

A Usako89: ^_^ Grazie, l’hai addirittura aggiunta ai preferiti… *_* quale onore! Spero ti piaccia anche questo capitolo. Grazie ancora. 1 bacione!

A lauratheangel: Ciao! Ecco un’altra fan della coppia Goku/Chichi! Sono contentissima che ti piaccia! Sei gentilissima. ^//^ Spero che questo capitolo sia di tuo gradimento. Grazie ancora! 1 bacione!

A chichina: ^//^ ehi, quanti complimenti… grazie! Mi fai arrossire, adesso. Sei troppo gentile. ^///^ Spero ti piaccia il continuo. 1 bacione e a presto!

A Claudia: Ciao. Sì, è vero… anche io penso che questo argomento sia un po’ difficile e che vada trattato con la dovuta cura. Mi sto impegnando molto nei capitoli, cerco di dare il meglio di me e di mettere tutta la passione che provo per questa coppia. Non mi hai offesa, però non posso negare che sia rimasta un tantino delusa quando ho letto che i personaggi ti sembravano OOC. Credimi, non era assolutamente mia intenzione cambiare il carattere dei personaggi, modificarli… ma vedi, io Goku e Chichi li vedo così. È vero che nel manga e anche nel cartone non ci sono momenti di questo genere, anzi, piuttosto si evidenziano le scenate che Chichi fa al marito, ecc… sinceramente non credo che lei sia sempre così dura con Goku, almeno nei momenti in cui sono soli, nei momenti d’intimità. Sbaglio? ^_^ poi questa è una questione di punti di vista. Grazie comunque per aver espresso una tua opinione, cercherò di rendere i loro dialoghi un po’ meno OOC. Mi sforzerò, farò del mio meglio. Hai la mia parola. Grazie ancora. 1 bacione!

A Kiki87: *__* Ciao Sara!!! Mi sembra inutile dirti quanto io abbia apprezzato la tua recensione e soprattutto quanto mi abbia reso felice sapere che la mia storia sia stata una piacevole lettura per te. ^_^ hai notato la descrizione della notte, di Chichi… bravissima! Mi fa piacere, non sai quanto, che tu abbia percepito la tenerezza, la dolcezza di Chichi attraverso la mia descrizione. Era proprio quello che volevo far capire alla gente, ma a quanto pare l’hanno capito in pochi… *_* eh, sì… Goku io me lo immagino così; dolce, giocoso e tanto, tanto innamorato! Sbarazzino, sì… ma anche passionale! *__* lo adoro troppo.
Che posso dirti, mia carissima Saretta? Le tue recensioni mi scaldano sempre il cuore, mi rallegrano, perché riesci a fare un’analisi completa del capitolo, riesci a scovare tutte le emozioni che cerco di far trasparire al personaggio, ovviamente nemmeno in minima parte di come fai tu… ogni volta che rileggo le tue recensioni mi ritrovo, senza accorgermene, un sorrisone a trentadue denti. ^^
^_^ Sono felicissima che ti sia piaciuta la reazione di Goku alla notizia della gravidanza.
In questo capitolo, se hai notato, non ci sono moltissimi dialoghi, forse di meno rispetto al primo. Ho cercato di descrivere più le scene, sperando che sia riuscita a combinare qualcosa di azzeccato. Concordo perfettamente con te riguardo al rapporto non verbale, infatti anche nell’anime, non si scambiano tante parole… piuttosto si osservano, si sorridono e abbracciano! *___* pucccioooosi! *.*
Uhm… temo di essere uscita un po’ dal tema, con questo capitolo, vero? Volevo ambientare i primi capitoli nel periodo della gravidanza, narrare le cose che accadono durante i mesi, però… forse sono uscita un po’ dal tema principale. Grr, che rabbia!
Grazie, grazie infinite per gli incoraggiamenti. Spero di non averti delusa! Aspetto un commentino! Ti voglio un mondo di bene!! Bacioni e abbracci ai FCM! ^_-

A Elechan86: Ciao! ^_^ Sono felicissima che ti sia piaciuto il primo capitolo. Uhm… non ti è piaciuto il modo in cui Chichi gli ha annunciato di essere incinta, dici? Mi dispiace… spero di aver rimediato, almeno un pochino, con questo capitolo.
Eh, sì… ci saranno molte lacrime, purtroppo. ^^ Ma non solo quelle. L’amore trionfa sempre! *Annetta assume posa da eroina con vento che le scompiglia i capelli…* ehm, ok scusa! ^^ Grazie per la recensione. Spero tanto che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo. Ciao, e ancora grazie. 1 bacione!

A dianatabo: Ehi, ciao! Grazie per avermi avvertita sulle virgolette… sono proprio una tonta. Come ho detto in precedenza, mi sto impegnando molto con questa storia, so per certo che è un argomento difficile, ma voglio provare. ^_- grazie ancora. 1 bacione!

Ringrazio anche tutti coloro che sono arrivati fino alla fine e che continuano a seguire la mia ff.
Spero di poter tornare presto con il terzo capitolo, scuola permettendo! ^_^
Ora scappo. 1 bacione a tutti.
Vostra Annetta Chan.

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Capitolo 3
*** Maschio o Femmina? ***


               “BEYOND THE PAIN”            

3°CAPITOLO: MASCHIO O FEMMINA?

Era un fresco pomeriggio di Marzo; il sole si trovava ancora alto nel cielo e riscaldava con i suoi tiepidi raggi solari l’ambiente circostante che, ormai, si stava preparando all’arrivo della primavera.
L’erba verde e asciutta ondeggiava armoniosa ad ogni piccolo e delicato soffio del vento, provocando un dolce fruscio, come a voler cullare le forme di vita residenti nei dintorni.
Quattro mesi erano passati, anzi, volati per Chichi e la neo mamma incominciava a mostrare le tenere curve che caratterizzano la gravidanza di una donna.
Costantemente si accarezzava il ventre, come a voler tranquilizzare la creaturina che viveva al suo interno, coccolandola, trasmettendole il calore unico ed inimitabile dell’amore materno.
La donna era placidamente seduta sul letto, con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra ad ammirare, estasiata, le bellezze della natura e la serenità, la quiete che l’avvolgevano.
Sorrise felicemente; uno sguardo fiero e riconoscente traspariva dai suoi occhi, orgogliosa dell’uomo che aveva sposato, dei figli che aveva cresciuto e degli amici che  aveva incontrato nel tempo, perché solo grazie al loro intervento, quei paesaggi incantati, quelle immense radure verdeggianti, quei piccoli paradisi terrestri erano ancora lì, a manifestare il loro splendore, a regalare attimi di pace alle persone che, come lei, erano finalmente riuscite a ritrovare la serenità di un tempo.
Osservò, poi, con attenzione il bosco, intenta a scorgere una delle sagome familiari che presto avrebbero varcato la soglia della fitta vegetazione, per concedersi il relax dovuto, dopo le ennesime e faticose mattinate, trascorse a combattere e ad allenarsi senza concedersi eccessive pause ristoratrici.
Si alzò pigramente dal comodo materasso, dirigendosi verso l’uscita della sua camera, quando incrociò la sua immagine riflessa nel lungo specchio vicino all’armadio.
Osservò attentamente la donna che le stava di fronte, la donna che era diventata, dopo le varie sofferenze e dopo i numerosi ostacoli sorpassati, durante il percorso della vita; i capelli neri e profumati che le cadevano ordinatamente sulla schiena, con due ciuffi più piccoli, posti accuratamente sul davanti, la pelle candida per nulla invecchiata, anche se ormai si poteva notare la stanchezza dei suoi occhi, profondi pozzi neri, che avevano l’inconfondibile potere di catturarti lo sguardo, gemme di notte che per molto tempo, hanno continuamente versato lacrime amare, patendo il dolore di quelle ferite aride e profonde, procurate dalla morte di una parte di sé, dalla morte del suo dolce marito.
Il corpo che si stava modificando, a causa della fase che stava intraprendendo, ma che restava pur sempre una bella e piacevole visione.
Gli abiti semplici, adatti al periodo della gravidanza, gentilmente prestati dalla carissima amica Bulma, visto che i suoi precedenti, erano stati buttati via, dopo la nascita del piccolo Goten.
Chichi non era una donna vanitosa, però amava guardare i cambiamenti che stava subendo ultimamente.
Notò poi, un piccolo calendario appeso sulla parete opposta; una data cerchiata in rosso: “8 Marzo, festa della donna” con una aggiunta in penna: “visita ospedale, ecografia ore 16:00”.
Sorrise; quel pomeriggio avrebbe saputo il sesso del piccolo, oltre alla salute e alle generalità del bambino.
In più, quel giorno, era anche la festa della donna… che coincidenza!
Peccato che Goku non sapesse nemmeno l’esistenza di quella festa famosa!
Lei, invece, quella mattina se lo era ricordato.
Beh, infondo cosa si aspettava; che Goku la svegliasse con l’aroma della mimosa sparso per la stanza, con una distesa di petali di rosa rossa cosparsi per il pavimento, come sentiero verso una sopresa romantica…?
Sarebbe proprio il colmo, e a parer suo, Goku queste cose neanche se le immaginava!
Quella mattina si era svegliato presto, come sempre, le aveva dato una bacio sulla guancia per svegliarla, per preparare la colazione, visto che lui doveva allenarsi.
Ormai era di routine, e lei fino ad ora non si era mai lamentata su questo fatto, perché prendersela, quindi, se non si era nemmeno sforzato di guardare il calendario, notare quel cerchietto rosso e leggere quello che c’era scritto, tornare sui suoi passi e farle, semplicemente, gli auguri?
Scosse velocemente la testa, cercando di scacciare quei punti interrogativi e di sembrare felice e serena, almeno in quel giorno.
Uscì dalla stanza, scese le scale, arrivando al piano terra.
Aveva già svolto tutti i lavori domestici, ora doveva solo aspettare che suo marito e i suoi figli tornassero dagli allenamenti e cercare quacosa da fare per ammazzare il tempo.
Decise, quindi, di accendere la tv.
C’era una donna sulla quarantina, una giornalista, che stava blaterando le ultime notizie del telegiornale:
“Passiamo ora all’ultima notizia di questa edizione del tg. Come sapete tutti, oggi è la festa della donna e ogni bravo marito, partner che sia, avrà il compito di regalare la rinomata mimosa alla propria compagna. Vediamo il servizio.”
Chichi si limitò a sbuffare e, senza pensarci due volte, cambiò canale, alla ricerca di qualche altro notiziario che non parlasse di quella maledetta festività.
Inutile; ovunque girasse, c’era sempre qualcuno o qualcosa che le ricordava quella festa che la stava perseguitando.
Spense la tv, massaggiandosi le tempie, come ad imporsi l’autocontrollo e ristabilire l’equilibrio mentale.
Sentì il campanello della porta suonare e, sempre accompagnata da uno sbuffo spazientito, si alzò dal comodo divano, per andare ad aprire.
Con una lentezza di cui anche lei si meravigliò, aprì l’uscio e non fece in tempo a dire “a” che subito il piccolo di casa Son le si appiccicò alle gambe, piangente.
Preoccupata per quello strano comportamento, lanciò un’occhiataccia al marito e al figlio maggiore, intuendo che la colpa di quel pianto fosse proprio la loro.
Gohan sbuffò; spazientito da quel modo di fare che riteneva a volte, odioso!
Da quando il padre era tornato, Goten era diventato davvero insopportabile, troppo euforico per quel ritorno atteso da sei anni, ma infondo era giusto così; loro due si dovevano conoscere, passare un po’ di tempo insieme…
Beh, quel giorno il bimbo voleva assolutamente combattere contro il padre, quando LUI, Gohan, ne aveva il diritto, visto che non si allenava quasi mai a causa degli impegni scolastici e anche degli appuntamenti con la fidanzata.
Il padre cercò in tutti i modi di convincerlo a far combattere prima il fratello maggiore, perché era giusto così, ma senza risultato.
Così, fece anche Gohan, ma sembrava parlare al muro, alla fine decise di ignorarlo e combattere tranquillamente col padre, mentre quest’ultimo pareva molto dispiaciuto, all’espressione triste e tradita che aveva assunto il figlioletto.
Goten, infine, dopo varie carezze incoraggianti della madre, si sciolse e confidò quello che era successo quel giorno.
Chichi non potè altro che lanciare occhiate fulminanti al povero Goku, che questa volta non era assolutamente colpevole del fatto accaduto, oppure sì, ma solo in minima parte.
Amorevolmente, Chichi staccò il bimbo da sé, prendendolo in braccio un po’ faticosamente, visto la pancia un po’ ingombrante e il peso del piccolo Son.
“Su su, Goten… adesso basta. Non mi sembra il motivo di piangere per queste sciocchezze.” Cominciò la donna, continuando ad accarezzarlo sulla testolina, sentendolo tranquillizzarsi a quel contatto. “Gohan non combatte mai con suo padre, è sempre impegnato… e seppur io non approvi questa sua decisione spasmodica di tornare a fare il teppista, insieme a quello sconsiderato di Goku, per questa volta lascia perdere, ok?” continuò Chichi, guardando severamente il figlio maggiore, per poi incenerire, il marito con un’occhiata rovente, il quale rise imbarazzato, portandosi una mano ai capelli.
Il piccolo annuì, asciugandosi gli occhietti con i pugnetti ancora chiusi, per poi scendere dall’abbraccio materno e andare al piano di sopra, senza commentare.
Chichi si portò le mani ai fianchi, assumendo una posa severa, pronta a cantarne quattro ai suoi uomini.
“Ma bravi, complimenti…” disse ironicamente, incrociando poi le braccia. “Adesso fate piangere pure un povero bambino, perché voi due, da bravi egoisti volete combattere!” continuò, approfondendo la voce sulle ultime due parole.
Goku a quel punto alzò gli occhi, incrociando quelli di lei, irritati.
“Ma se sei stata tu a dirgli che era giusto che Gohan combattesse!” protestò, pentendosi quasi immediatamente, vista la reazione negativa della moglie.
Chichi, infatti, strinse i pugni, cercando di contenere l’ira che piano piano si faceva sempre più profonda.
“Goku… come al solito tu non ha capito niente!” disse, stringendo con maggiore forza le manine, ormai non molto più delicate, facendo indietreggiare paurosamente il povero Saiyan. “Non capisci che l’ho detto solo per tranquilizzarlo?! Come ti ho già ripetuto io non approvo questa decisione di Gohan… e scommetto che sotto, sotto c’è il tuo zampino. Per non parlare poi di Goten… non ti permetterò di rovinare anche lui con i tuoi stupidi allenamenti, distraendolo dallo studio!” continuò, sempre più adirata.
Goku non seppe cosa dire e/o cosa fare.
Con sua grande sorpresa intevenne Gohan.
“Eddai, mamma… si vede benissimo che Goten non ha la minima voglia di studiare! Noi due siamo diversi; a me piace lo studio, è vero… ma lui ha preso tutto da papà, e potrai pure sforzarti, ma non riuscirai a cambiarlo.” Disse, con tutta la calma che aveva in corpo.
Chichi riflettè sulle parole del figlio; in parte aveva ragione, Goten non faceva quasi mai i compiti, all’asilo non stava fermo un minuto, facendo dannare le maestre. Mentre Gohan è sempre stato costante nei compiti, sempre buono e rispettoso cone le maestre e i professori.
Abbassò lo sguardo, capendo che con Goten, la sua, era una partita persa.
Si girò senza guardare in faccia nessuno, diretta in cucina.
Gohan e Goku si guardarono interrogativamente, aspettandosi chissà quale sfuriata.
Improvvisamente il marito capì; le parole di Gohan, per lei, erano state come la prova indiscutibile che questa volta aveva torto.
Capì quanto quella fragile donna ci tenesse ad educare il piccolo, a farlo assomigliare il più possibile a lei, nonostante quel bambino, sembrasse la copia in miniatura del padre, in tutto e per tutto.
Ma anche lei si era resa conto, che il piccolo Goten fosse uno spirito libero, come il padre. Aveva erditato tutto da lui, ed era inutile tentare di cambiarlo.
Si intenerì a quella visione; la sua donna, seduta su una sedia in cucina, il capo chino, l’espressione vaga e un po’ triste. Ebbe un’ irrefrenabile voglia di andare lì da lei, abbracciarla. Sembrava ne avesse tanto bisogno.
Si voltò verso il figlio maggiore che nel frattempo era rimasto lì immobile, incerto di aver detto una cosa giusta, a sua madre…
Goku gli sorrise e Gohan capì che ci avrebbe pensato lui, così, sorridendo anch’egli si incamminò verso il piano superiore.
Il Saiyan si diresse in cucina; prese una sedia e l’avvicinò a quella di lei, si sedette senza premura, con lo schienale davanti e le braccia appoggiate su di esso.
A quel punto Chichi lo guardò; quel viso tenerone e un po’ graffiato, dato l’ultimo allenamento col figlio, gli occhi che la scrutavano, dolci, prfondi.
Sospirò, intuendo cosa volesse da lei.
“Presumo che tu sia contento…” disse, distogliendo lo sguardo dal suo, giocando con le dita, fissando il pavimento. Poi continuò:
“… ce l’hai fatta anche questa volta, hai trasformato i miei figli con la tua mania per le lotte.” Disse con voce tremula. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, non voleva piangere davanti a lui, ma non riusciva a trattenere quelle piccole goccie salate, sentiva il bisogno di sfogarsi, sentiva il dolore farsi sempre più acuto, non aveva il coraggio di guardarlo; sapeva che poi sarebbe scoppiata e non voleva… non voleva più piangere!
Goku si sentì morire, lei pensava davvero che avesse trasformato i loro figli in ‘teppisti’ come diceva lei, volontariamente, per farla soffrire?
Sentì il cuore stringersi in petto, sapeva che stava trattenendo le lacrime, ed era per l’ennesima volta colpa sua…
Con delicatezza le prese il viso, voltandolo verso di lui, lei non ricambiava lo sguardo, ma poco importava, la cosa rilevante, ora, era la sua attenzione.
“Chichi… come puoi pensare una cosa del genere? Non oserei mai farti del male in questo sporco modo! Perché non lo vuoi capire? Sai bene che devo allenarmi continuamente, per il bene della terra… come puoi pensare che io mi alleni, solo per trasformare i nostri figli o peggio ancora, per farti del male?”.
Due piccole goccie salate fluirono da quegl’ occhi debano, Chichi si alzò continuando a volgere lo sguardo a terra, sapeva che Goku aveva ragione, ma... il suo orgoglio, quel maledetto orgoglio non voleva accettarlo! Strinse i denti, cercando di trattenere i singhiozzi, che le bruciavano in gola.
Sentì poi una forte ondata di calore, percepì quelle braccia muscolose e forti stringerla contro quel corpo robusto, forte… caldo.
Lei, gelida, distaccata… una freddezza proveniente dal cuore, ma che si sciolse subito, appena incontrò quel calore immenso, quella dolcezza, quella tenerezza che invadeva ogni singola parte del suo Saiyan, sì, il suo Saiyan!
E fu come rinascere, quando sentì il respiro caldo di lui, infrangersi contro la sua pelle, sentire la delicatezza dei suoi gesti che piano, piano la stavano rilassando, come lei poco prima aveva fatto con il figlioletto.
Sorrise tra sé… lei dava del bambinone al suo uomo, ma alla fine, quella bambina era proprio lei, lei che sentiva sempre il forte bisogno di un abbraccio, di una coccola; gesti che per tanto tempo le erano stati strappati, portati via, abbandonandola nella freddezza totale, nella mancanza d’affetto.
Ad ogni coccola, fattale premurosamente da Goku, lei si tranquillizzava.
Ad ogni carezza, il dolore del suo cuore si placava.
Ad ogni parola sussuratale dolcemente all’orecchio, lei sorrideva.
Fino a quando si ritrovò ad assaporare quelle labbra mascoline, dolci, morbide… sotrattele dal tempo maligno, sotrattele dalla sua eterna nemica che troppo spesso le aveva portato via il suo Goku: la morte.
Un’ultima lacrima percorse i lineamenti del suo viso, accompagnata da un dolce sospiro. Poi, lentamente, si staccò, guardando quegli occhi ingenui, risplendenti di una luce a lei nota, brillanti, quasi lucidi… che le fecero capire, quanto l’amasse.
Con un filo di voce, poi mormorò:
“Scusami, Goku… scusami tanto…”
Lui le sorrise, ammirandola in tutta la sua tenerezza, in tutta la sua fragilità, avvicinandosi, poi, al suo viso, appoggiando la fronte a quella di lei.
“Di niente…” sussurrò, carezzandole una gota, per poi continuare: “…però vedi di non farmi prendere più questi brutti colpi…” sorrise, sbarazzino, posandole un bacetto sul nasino.
La donna si lasciò nuovamente cullare da quelle braccia forti e muscolose, sospirando contro il suo petto.
“Speriamo che sia femmina…” mormorò, chiudendo poi gli occhi per gustare più a fondo quel dolcissimo contatto.
E chi meglio del piccolo Son, del piccolo frugoletto di casa, a volte talmente dolce da volerlo strapazzare di baci, altre talmente insopportabile da volerlo strozzare con le proprie mani, poteva interrompere un’ atmosfera così romantica?!
Il suo pianto, e il richiamo supplicante della madre era giunto più chiaro che mai alle orecchie dei coniugi Son, costringendoli a separarsi.
Chichi salì le scale, entrò poi nella stanza dei figli.
Goten aveva litigato per l’ennsima volta col fratello maggiore, ma questa volta non era colpa di Gohan, già perché il piccoletto, per vendicarsi, non voleva lasciar in pace il proprio fratellone mentre studiava… era proprio una piccola peste!
La donna lo prese per la mano e lo condusse di sotto, mettendolo comodo su una sedia della cucina mentre sottraeva dalle mani del marito una coppetta di gelato, il quale commentò spazientito con un: “Eih, quella era mia!” ma senza ricevere una risposta.
Carezzò la testolina del figlioletto, mentre gustava avidamente il gelato.
“Goten… che ne dici se oggi, visto che non è una bella giornata per te, vuoi venire con me e papà a vedere il bimbo?” le chiese dolcemente.
Goku, che aveva appena ingurgitato un maxi cucchiaio di gelato a quella ‘novità’, evitò di strozzarsi battendosi i pugni sul petto, preso alla sprovvista da quella notizia.
“Cosa, scusa? Dove dovremmo andare io e te?” le chiese dopo essersi ripreso dal trauma.
Chichi sospirò, portandosi una mano alla fronte, sconcertata.
“Oggi, precisamente fra due ore, ho la visita all’ospedale, l’ecografia! E io ho deciso che tu mi accompagnerai, capito?!”
Il ragazzo non potè ribattere a causa dell’occhiata lanciatale dalla moglie, la quale non ammetteva repliche.
Sospirò pesantemente, certo che le donne gravide erano proprio strane! Prima sono dolci, tenere, indifese… poi, in un’attimo diventano delle furie!
“Davvero mi fate venire con voi, mamma?” chiese il piccolo dolcemente, speranzoso.
“Ma certo piccolo mio! Finalmente oggi scopriremo se sarà un maschietto o una femminuccia!” esclamò la donna, più eccitata del figlio.
Ora Goku capì il perché di quella affermazione fatta prima dalla consorte, mentre erano abbracciati… ‘Vuoi vedere che quella aveva progettato tutto prima del nostro ritorno?’
Pensò, mentre l’osservava intenta a chiaccherare euforicamente con il figlioletto.
Beh, infondo non gli dispiaceva trascorrere un pomeriggio con lei… peccato che si trattasse dell’ospedale, il luogo da lui. sempre odiato

Ospedale, ore 15:45.
La famigliola arrivò a destinazione in anticipo di quindici minuti, colpa di Chichi, che aveva messo fretta ad entrambi timorosa di arrivare tardi per la visita.
Entrarono nell’edificio e subito si potè sentire l’odore poco gradevole di medicinali, di chiuso, di sofferenza.
La tristezza che invadeva quel posto era a dir poco inimmaginabile, e Goku sentì il forte bisogno di uscire, uscire da quell’albergo di desolazione, di ‘tornare alla vita’.
Non poteva che ammirare con tristezza e pena, le persone che in quei letti soffrivano le pene dell’inferno, lottavano tra la vita e la morte, esalavano il loro ultimo respiro…
Il suo sguardo si faceva sempre più triste e dispiaciuto, provava una profonda e sincera pena per tutte quelle persone agonizzanti.
Volse gli occhi a terra, deciso a non voler più guardare quei visi disperati, quelle espressioni sofferenti, affrante, dei familiari in pena per i propri malati.
Aveva sempre odiato quel posto, ne aveva sempre avuto una fobia, ma doveva rimanere per lei… per il suo angelo, per il suo bambino.
Al solo pensiero di lei, del futuro erede sentì una carica, un coraggio, una forza di volontà assalirlo e invaderlo in tutto il corpo; strinse con maggior vigore la mano della consorte, la quale non rimase stupita dal suo comportamento.
Lei, ormai, aveva imparato a capirlo in ogni singolo gesto, in ogni singola espressione. Non c’era bisogno di chiedergli spiegazioni, quella stretta le aveva già comunicato tutto e anche lei, strinse con più forza la mano grande di lui, confortandolo in quel timore che precedentemente lo aveva aggredito.
Finalmente arrivarono all’ ascensore, entrarono nell’abitacolo premendo poi il bottoncino con disegnato un 4, il quale li avrebbe portati nel reparto maternità.
A metà percorso si fermò, aprendo la porta a due ragazze sulla trentina d’anni.
Erano impegnate a conversare su una certa festa, catturando l’attenzione del Saiyan più grande.
“Infatti, Joel, è quello che mi chiedo anche io… Ho paura che si sia dimenticato che oggi è la festa della donna, sapessi quanto è sbadato il mio Gimmy!” disse, con tono petulante, giocando con una ciocca di capelli biondi, con un’espressione imbronciata.
Venne il turno poi, dell’altra giovane:
“Sai, Benny, io non sopporto gli uomini che scordano feste così importanti! Beh, tutte le donne si offenderebbero se non ricevessero almeno un mazzetto di fiori in questo giorno…” continuò, passandosi il rossetto sulle labbra eccessivamente carnose, per poi abbandonare la famigliola al reparto vaccini, insieme alla biondina.
Goku si sentì in forte imbarazzo. Ora capiva perché Chichi, quel giorno, sebrava offesa. Sin da quella mattina aveva notato un cipiglio innervosito sul suo visetto, quando l’aveva svegliata con un bacetto, per poi andarsene ad allenarsi.
Non ebbe il coraggio di guardarla negli occhi; poverina… gli dispiaceva davvero tanto. Ma cosa poteva pretendere da lui? Non era il tipo che ricordava feste del genere, anzi, questa festa a dire la verità loro non l’avevano mai solennizzata… perché ora Chichi sembrava così interessata? Per via della gravidanza, forse?
Arrivarono a destinazione; la sala d’aspetto era quasi deserta, c’erano giusto altre due coppiette che aspettavano di essere chiamate per la visita.
Si sedettero in una fila da tre; Goku a sinistra, Goten nel mezzo e Chichi a destra.
Goku era troppo impegnato a pensare come farsi perdonare dalla moglie, per poter scorgere l’espressione furbetta e divertita che aveva assunto quest’ultima.
Amava osservare il marito, mentre si sforzava di rimediare ad un guaio combinato; aveva un’espressione troppo buffa; le mani incrociate dietro la testa, gli occhi rivolti verso il soffitto e uno sguardo corrucciato, pensieroso e preoccupato.
Trascorsero cinque minuti.
Un’infermiera uscì dalla stanza di fronte a loro e, tenendo in mano un foglio, convocò Chichi nell’ambulatorio.
I tre si alzarono e si diressero nella stanzetta dove avrebbero scoperto, finalmente, il sesso del bambino.
“Buona sera miei cari coniugi Son!” li accolse allegramente un uomo sulla cinquantina, con pochi capelli sparsi qua e là interamente bianchi, visetto paffuto con due simpatici baffetti, di statura bassa e un tantino robusto.
“Oh, ma questo bimbo cresce in fretta! Sono passati solo quattro mesi e già ha un bel pancino!” continuò alludendo alla pancia di Chichi, la quale arrossì leggermente.
“Beh, avrà erditato dal padre…” ribattè lei ironicamente, facendo arrossire il povero Goku.
L’ometto notò solo ora il bimbo, una fotocopia del papà, e rise compiaciuto.
“Ehehe, ma che bel bimbo! Adesso ti facciamo vedere il tuo fratellino o sorellina, stai tranquillo.” Disse rivolgendosi al piccolo Goten, il quale annuì felice.
Chichi si stese sul lettino, alzandosi la maglia e la canotta, scoprendo la pancia.
L’infermiera le passò subito un gel bluastro sulla pelle, provocandole un leggero brivido vista la freschezza della sostanza gelatinosa contro la sua pelle calda.
Il dottore accese il monitor del computer, mostrando uno sfondo nero, sfumato sul grigio al centro, dove si avrebbe visto la creaturina.
L’infermiera lasciò il posto al dottore, il quale prese in mano un attrezzo, passandolo sul gel posto sulla pancia, comparendo così l’immagine del figlioletto.
Goten si avvicinò di più al monitor, cercando di capire cosa fosse quel disegno apparso sullo schermo del pc.
Il dottore, allora, sorrise.
“Allora piccolino, adesso ti spiego” incominciò, guardando prima il monitor, poi la pancia di Chichi, continuando in quella specie di massaggio, senza interruzioni.
Indicò una parte grande, in alto, con un dito. Si doveva trattare della testa.
Scese in basso, segnando, ora due piccole sporgenze, quelle erano le braccine con le mani, strette in due pugnetti.
Scese ancora più in basso, cerchiando una parte sullo schermo; disse che si trattava del busto.
Arrivò in fine ad indicare le gambine e i piedini.
Il piccolo Goten era rimasto un po’ confuso da quell’immagine, non capiva perché la madre fosse così emozionata e avesse gli occhi lucidi.
Il signore sorrise, guardando la donna.
“Sì, signora. Le sue preghiere sono state accolte…” mormorò, ridendo compiaciuto quando vide due lacrime, piccole e tenere scenderle dagli occhi, felice e gioiosa.
Chichi osservò Goku, il quale sembrava non avesse capito, vista l’espressione interrogativa rivolta verso il monitor, intento a capirci qualcosa.
Mise più a fuoco l’ immagine stampata sullo schermo; vide che tra le gambine mancava qualcosa, non poteva essere un maschietto… quindi si trattava di…
“…E’ una femminuccia signora. Complimenti!” Gli occhi del giovane si spalancarono.
La bocca si schiuse e un muscolo sulla guanca vibrò, i suoi occhi si fecero più grandi e più dolci del solito, le labbra si incurvarono in un tenero sorriso, si decise a guardare la moglie, ancora distesa sul lettino.
Le si avvicinò abbracciandola, posandole un bacio sulla fronte, stringedola più che poteva, attento a non farle male.
Si staccò lievemente, guardandola negli occhi, asciugandole le lacrime, com’era tenera!
La donna gli accarezzò una guancia, e sorrise felicissima, notando quelle perle nere e profonde illuminate, felici, emozionate, lucide…
Quella era la più bella reazione che potesse aspettarsi dal marito; pensava averebbe preferito di gran lunga un maschietto e che sarebbe rimasto un po’ deluso a quella notizia, ma con grande gioia e sollievo, notò invece che le sue allusioni erano del tutto sbagliate.
“Piccola, sono davvero felice…” le sussurrò all’orecchio, carezzandole i capelli mori sciolti, sparpagliati sul lettino.
“Anche io, tesoro… non sai quanto…” gli rispose nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, chiudendo gli occhi, assaporando quegli attimi di gioia con tutta se stessa.
Quando li riaprì notò il piccolo Goten, che li osservava indispettito. Gli fece cenno di avvicinarsi e così fece.
Gli accarezzò la testolina spettinata, guardandolo teneramente.
“Che c’è, Goten… non sei felice?” gli chiese premurosamente, prendendo un paio di fazzoletti offerti dall’infermiera per pulirsi la pancia, ringraziandola con un cenno della testa.
“No, no… sono felicissimo, però…” Rispose, abbassando lo sguardo, giocando con le proprie mani, arrossendo lievemente, troppo imbarazzato per continuare a parlare.
“Però?” insistè la madre, mettendosi a posto la maglia, scendendo dal lettino, guardandolo negli occhi.
“Ecco, io…” continuò sempre più imbarazzato “… perché abbracci solo papà… non mi vuoi più bene?” le chiese ingenuamente, al che la donna sorrise.
Povero piccolo, per lui questo periodo era un po’ difficile; tra gli sblazi d’umore che aveva frequentemente, tra questa nuova gravidanza, tra tutti gli impegni e le visite, stava incominciando a trascurare il frugoletto di casa, il quale iniziava a sentire la mancanza delle coccole materne, dei baci e delle carezze.
Chichi si chinò, lo prese in braccio e lo strinse in un affettuosissimo abbraccio materno, nel quale si cullò, appoggiando la testolina sulla sua spalla, come non faceva più da tempo.
Intanto l’infermiera, il dottore e Goku osservavano la scena toccante, sorridendo.
Il Saiyan, si girò verso il cinquantenne, porgendogli la mano, quest’ultimo gli sorrise, ricambiando la stretta del ragazzo.
“Grazie di tutto, dottore.” Disse il giovane, stringendogli con vigore la mano.
“Di niente giovanotto. E’ sempre un piacere per noi assistere a queste toccanti scenette tra famigliole felici.” Rispose, lasciando la mano, dirigendosi poi, nel suo studio, dopo aver congedato Chichi.
Così, lasciarono l’ospedale, diretti a casa, per dare la bella notizia al padre, Juman e a Gohan, in seguito poi a tutti gli amici.
L’ automobile bianca comprata da Goku tre anni prima del Cell Game , sfrecciava ora, sulla strada deserta che conduceva alle grandi distese di prati verdeggianti e montagne impetuose che costeggiavano la vallata dei monti Paoz.
Il piccolo Goten si era addormentato, con la testolina appoggiata al finestrino, respirando regolarmente, provocando qualche alone a contatto con il vetro dell’auto.
Il sole, che stava ormai salutando il giorno, nascondendosi dietro le montagne, illuminava di un rosso fuoco il cielo limpido, sfumando dall’arancione fino al colore violetto. Approfittando del buon umore della moglie, Goku decise di chiarire una volta per tutte la storia di quella maledetta festa.
“Chichi…”
“Uhm?”
“Ecco…” incominciò, fermando l’automobile a causa del passaggio a livello, dove da un momento all’altro sarebbe passato il treno merci.
“… io ti volevo chiedere scusa per non averti regalato niente, oggi… visto che…” ma non fece in tempo a terminare la frase, che la donna gli poggiò un dito sulle labbra, zittendolo, per poter prendere parola.
“Non devi affatto scusarti” incominciò, togliendo l’indice dalla sua bocca, carezzandogli una guancia. “Oggi mi hai fatto il più bel regalo che potessi immaginare” continuò, sorridendogli dolcemente.
Goku però sembrò non comprendere, allora fu costretta a continuare.
“I tuoi occhi mi hanno detto tutto, ho visto la felicità e la fierezza di cui splendevano, e non immagini quanta gioia tu mi abbia regalato. Sei così semplice che non ti rendi conto nemmeno, quanto riesci a scaldare il cuore delle persone con un solo sguardo, con un solo sorriso. Per me, oggi, vedere splendere i tuoi occhi, di quella felicità e audacia che raramente mi capita di vedere, è stato il più bel dono che potessi ricevere.” Concluse, sorridendo, sentendosi cingere il viso da quelle mani grandi e forti, assaporando, infine, il dolce sapore delle sue labbra, mentre il treno, oscurava le loro immagini, salutando i due teneri amanti, per poi riconcedergli la luce del sole che, piano piano, se ne andava, imprigionando nei loro cuori quegli zuccherati e fugaci momenti che caratterizzavano la semplice vita, della famiglia Son.





TO BE CONTINUED…

Saluti a voi, carissimi lettori!
Sono felice che siate riusciti ad arrivare fino a questo punto… ^^
Comunque, oltre ai ringraziamenti che farò in seguito, volevo chiedervi soltanto un piccolo favore; premetto che io non conosco la cultura giapponese, le feste, le loro tradizioni ecc…
Non so se esiste una festa della donna, ma ne dubito fortemente, beh… con questo volevo soltanto chiedere a voi pignoli, di tralasciare questo dettaglio; ho voluto inserire questa festa italiana, tanto per invigorire – se per ben poco – questo capitolo, farlo un po’ più simpatico, visto che fra un po’ ci sarà il dramma totale.
^^ Grazie per l’attenzione.
Ora passo ai ringraziamenti:

A Sybelle: Ma ciau, tesssora! ^^ Che bello sentirti dopo il tuo comply! Sono felicissimissima che ti sia piaciuto il chappy, e non preoccuparti per il ritardo; come vedi ci metto sempre una vita per aggiornare, io. (A morte i professoriii!!! è_é) Grazie, anche tu sei meravigliosa.
Ti voglio un mondo di bene, non dimenticarlo mai. A presto, Saretta e Buone Feste! 1 bacione!

A merediana: Ciao Faby!!! E invece ti dico che puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. Tanto sono sempre molto lenta negli aggiornamenti, come vedi. Colpa della scuola! U.U ^^ Sono felice, davvero che ti piaccia. Uh? Ma davvero sei cinica? Eheh, io non l’ho mai notato, ehehe. Va beh, grazie mille per tutti i complimenti, sei troppo gentile. ^^ Comunque hai ragione sul fatto del teletrasporto, ma ti dirò che in quel momento non mi è passato per la testa. Troppo impegnata a incasinare le situazioni. ^^ Va bene, spero ti sia piaciuto il nuovo capitolo. Ora ti saluto. 1 bacione e Buone Feste.

A SerenaChichi: Ciao Sere!!! ^^ Sono felicissima che ti piaccia la mia fic. Sono onorata, davvero. Oh, per fortuna che c’è qualcuno che non considera Goku un povero imbecille invornito. Poverino, come hai detto tu, lui è solo un poì ingenuo, la quale caratteristica lo rende incredibilmente dolce e adorabile. Ti ringrazio tanto per i complimenti. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Ora vado, 1 bacione e Buone Feste!!!

A Ciuiciui: Mia carissima e dolcissima Chiaretta! Come stai? Non preoccuparti per il ritardo, come ho già detto alle altre, sono io quella che aggiorna con una lentezza impressionante. ^^

Sono felice che reputi il mio svolgimento dei fatti giusto e pertinente. Come hai già detto, ho intenzione di dedicare i primi capitoli alle esperienze postive trascorse durante la gravidanza, in modo da poterle riutilizzare anche nel periodo drammatico della ff, come ricordi di Chichi. ^^ Sì, è vero mi sono ispirata al film di Toriyama, per il capitolo precendente. E devo dire che è uno dei miei preferiti. Sono davvero al settimo cielo, sapere che i personaggi ti piacciano mi rendono felicissima. Ci metto tutta me stessa quando li descrivo e spero si noti, l’affiatamento che li avvolge e il profondo amore che io, o meglio noi fan della coppia, difendiamo con tutto il cuore. Beh, non sono sicurissima che ti sia piaciuta Chichi in questo capitolo… poi me lo dirai con certezza. ^^ Ehehe, sai che mi sono divertita tantissimo a descrivere un Gohan stufo e disperato all’idea di dover stare troppo a lungo con il fratellino?! In fondo, c’è anche del mio in quel capitolo. ^^ I fratellini piccoli, sono sempre un po’ stancanti, io lo so bene… Goten è il genere di bambino che io adoro, dolce, tenero e anche buffo. Anche in questo capitolo, ho evidenziare questa sua ingenuità che mi fa impazzire, perché è tale e quale al padre, che come sai bene, io stimo e apprezzo… (poi ci sbavo anche dietro, ma questi sono dettagli… ehehe,).
Ma dai, adesso non farmi arrossire… ^//^, non oso nemmeno paragonarmi a te, mia cara. Ho ancora tantissima strada da fare prima di raggiungerti, questo è poco ma sicuro. Continuo a ringraziarti infinitamente per i tuo commenti sempre dettagliati, che mi lasciano sempre tanta gioia dentro. Spero di non aver deluso nessuno con questo capitolo, in modo particolare te e Sara, che mi state sostenendo con tutto il cuore, grazie mille. Ora ti saluto. Grazie ancora. 1 bacione e Buonissime Feste!!! Ti voglio un mondo di bene!!

A Camy/Chichi: Ciao! Le tue recensioni sono sempre molto dolci. Ora, la mia intenzione non era quella di farti piangere, per carità… però mi fa piacere sapere che certe frasi ti sembrano commoventi, che ti scladino il cuore. ^^ sei proprio una fan che ci tiene molto a questa coppia, come lo sono anche io. Purtroppo non posso rispondere al tuo interrogativo sul perché la gente fatica a sostenere l’unione di questa coppia. Posso solo dirti che, per me, l’analizzano in modo sbagliato, superficiale, e non è una bella cosa. Le vere persone si vedono da quello che hanno dentro. Sono daccordissimo con te, senza ombra di dubbio. ^^ Spero tanto ti sia piaciuto anche questo capitolo. Ora vado anche io. 1 bacione e a presto. Buone Feste!!

A Elechan86: Ciao! Sono felice che ti sia piaciuto il chappy. ^^ Chiedo scusa… ho paura di aver esagerato, è vero. Ci ho messo un po’ troppo di mio in lei, mi dispiace. Cercherò di contermi, comunque. Sono felice di sapere anche le cose che non ti vanno proprio a genio, mi permettono di migliorarmi e ti ringranzio per questo. Anche io come te adoro i momenti di pace in casa Son, soprattutto adoro questo Goku dolcissimo, sbarazzino, ma sempre passionale e tanto innamorato. Io me lo vedo così, e non faccio altro che sbavare… ehehe ^^. Ehm, hai ragione ancora una volta. ^^ scusa ma come hai visto, sono una che non da molto peso a certi dettagli, ehehe. Comunque confermo anche questa volta… hai ragione ancora tu. ^^ Effetivamente volevo ispirarmi alla bambina del fiocco rosso, ma non sapevo come si chiamasse e, quindi ho lasciato perdere. Non preoccuparti, non intendo lasciare una fanfiction a metà, non è da me. Solo che questa scuola mi sta veramente facendo sudare 7 camicie. E tra casa, scuola, impegni faccio fatica a trovare il tempo per aggiornare. Per quesro chiedo umilmente perdono a tutti. Spero davvero che ti sia piaciuto anche questo capitolo. Ti saluto. 1 bacione e Buone Feste!

A Kiki87: Allora, mia carissima Sara. Tu mi vuoi far morire, davvero… ç___ç sono commossa dalla tua rece, e non sai quanto mi rincuori sapere che il chappy sia stato qualcosa di piacevole alla tua lettura. Le tue presentazioni dettagliate mi fanno capire, davvero quanto ti sia apprezzato l’aggiornamento, e mi rende talmente felice, che non smetto di sorridere, quando finisco di leggerla. Sono felice che tu abbia apprezzato la descrizione iniziale con il piccolo Goten che ammira incantato la neve. Era, piuttosto, un simbolo per far notare tutta la sua semplicità, ereditata dal padre, la sua felicità nel vedere anche solo un paesaggio imbiancato e rimanere a contemplarlo, estasiato. Sono felicissima che tu abbia notato l’analogia tra lo sguardo di Chichi e quello del piccolo Goten. Mi fa piacere perché riesci a comprendere ogni minimo segnale che vorrei che il lettore cogliesse, e sapere di esserci riuscita, mi fa sentire una grande soddisfazione.
Io adoro Goku vestito con gli abiti ‘borghesi’ 1-perché è bellissimo… *___*, 2- perché è vero. A volte è proprio impacciato. ^^ concordo pienamente con te sul fatto della considerazione di bellezza che per noi ha Chichi; una bellezza interiore. E ora questo suo cambiamento di look, coincide con il cambiamento del suo stato d’animo, tornato nuovamente a splendere… peccato però che durerà per poco… adoro descrivere Goku un bambinone, pronto a darle in quelche modo ‘fastidio’ per farla innervosire, per poi calmarla con uno dei suoi soliti gesti che la sciolgono all’improvviso, come si può notare anche in questo capitolo. Ehehe, come ho già detto, mi sono divertita tantissimo a descrivere Gohan, nel capitolo precendete. ^^ ci ho messo anche un po’ di me, nel suo comportamento, soprattutto quando devo badare il mio fratellino… mi trovo quasi sempre nella sua stessa situazione. Eheh, me è cattiva… prima ho fatto avvicinare la donna che aveva brutte intenzioni al povero Gokuccio, poi, da sadica e cinica bambina, le ho fatto gustare il sarcasmo e la ‘freddezza’ di Chichi quando si tratta di difendere il suo maritino dalle cornacchie! ^^ Come potevo ignorare un tuo suggerimento, quando è solo grazie a te e a Chiara, se io sono ancora qui a scrivere il terzo capitolo, e a credere in me stessa. Era il minimo che potessi fare, e poi mi serve sempre per migliorare la storia e il mio stile. Credo ci saranno altro capitoli dedicati al periodo pre-catastrofe divertenti che descriveranno la vita della famiglia Son, i preparativi alla nascita della bambina che, aihmè… va bhe, non pensiamo adesso. Sono io che devo ringraziarti, Sara, sei sempre gentilissima e disponibilissima quando di tratta di me, dei miei problemi, delle mie paure, ecc… sei un’amica fantastica, un sostegno, che mi fa andare avanti, quindi quella che deve ringraziare qualcuno sono proprio io! Grazie, grazie di tutto. Ti voglio un mondo di bene, Sarina. Sempre. Ora scappo. A presto e spero tanto che ti sia piaciuto il chappy. Ti auguro Buone Feste!! 1 bacione ai FCM!!! (F sta per finalmente!!!) ^^ ciau!

A Evy: grazie, sei gentilissima! ^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. ^^ Grazie ancora di tutto. 1 bacione e Buone Feste!!

A Vegetina94: Eddai… ^///^ adesso mi fai arrossire. Tu non immagini quante fanfiction stupende e scritte alla meraviglia ci siano in giro. Ci vuole solo un po’ pazienza e forza di volontà. Se definisci la mia ff scritta benissimo, non immagino quelle di altri autori che leggerai prossimamente! Grazie comunque per i complimenti. 1 bacione e Buone Feste.

A gokina94: Ciao! Ti ringrazio moltissimo per la recensione, sono felice che ti sia piaciuto e mi auguro che questo capitolo sia stato altrettanto bello. ^^ Grazie per il sostegno. 1 bacione e Buone Feste! Ciao!

A sexxxichichi: Ciao! ^//^ oddio, mi fai arrossire adesso! Grazie tanto per i complimenti. Ti chiedo scusa per il ritardo, ma la se devi dare colpa a qualcuno, beh, dalla ai professori, che anche in queste vacanze mi hanno riempito di compiti… -__-, va bhe, spero tanto ti sia piaciuto anche questo capitolo. Grazie mille per il sostegno, sei gentilissima. 1 bacione e Buone Feste!!!

A Lauratheangel: Ciao Laura! Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo precedente. Spero di non averti delusa, sul serio. Per il sito, beh saprai benissimo che mi sono registrata e lo trovo assolutamente fantastico. Complimenti a te e a Sirenis. 1 bacione e Buone Feste!!

A Elvis93: Mia carissima Francy!!! Come stai? Sono felicissima che ti sia piaciuto il capitolo. Speriamo questo non sia un buco nell’acqua. Non so come mi vengano in mente… è l’ispirazione che mi guida… ^^ purtroppo non ho potuto aggiornare prestissimo, aihmè. Spero mi perdonerai. Ora vado, 1 bacione e Buonissime Feste!!!

Grazie anche a tutti coloro che continuano a seguire la mia storia,a chi l'ha messa tra i preferiti, ^^ e un'altro grazie sincero alle persone che mi sostengono in questa ff.
Auguro a tutti, infine:
BUONE FESTE!!!
Con affetto, vostra Annetta Chan!





 
 


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Capitolo 4
*** Ricordi ***


“BEYOND THE PAIN”


4° CAPITOLO: “RICORDI”

Aprile era ormai alle porte; già si poteva gustare la fresca brezza primaverile che leggiadra, rinfrescava l'ambiente, scuotendo leggermente le chiome appena sbocciate, ondeggiando sonoramente.
Le verdi distese di prati fioriti, al dolce alito di vento primaverile, innalzavano piccoli petali di fiori variopinti, i quali danzanti, volavano nel cielo azzurro, per poi posarsi nuovamente a terra.
La valle dei monti Paoz risplendeva tutta la sua magnificenza ai tiepidi raggi solari, che dolcemente stavano accarezzando un viso scolpito e dolce. I capelli sparati, senza verso, erano leggermente mossi dal fresco venticello.
Appoggiato svogliatamente alla propria automobile con la schiena, attendeva pazientemente la consorte a braccia conserte e gli occhi chiusi, gustandosi la delicatezza di quelle refrigerie carezze, in una pace con la natura.
Ad ogni piccola folata, un intenso profumo di fiori gli avvolgeva i sensi, facendolo sospirare felicemente, e rilassarsi a quel tocco stuzzicante.
Ormai quell'odore gli aveva inebriato l'olfatto, ma percepì ugualmente l'inconfondibile profumo di lavanda della moglie, che ad ogni passo si faceva più vicina, intensificando quell'aroma indistinguibile.
Schiuse le palpebre mettendo a fuoco quel visetto d'avorio familiare, sorridendo all'espressione incuriosita della donna.
Una splendida figura femminile si stanziava davanti a lui in tutta la sua bellezza; i capelli mori raccolti in un'alta coda, un candido vestitino bianco lungo fino alle ginocchia racchiudeva quel corpo di cristallo, il pancione di cinque mesi addolciva la sua immagine, ai piedi delle basse scarpette nere.
Le labbra sottili e rosee incurvate in un sorriso puro, felice.
Gli occhi color ebano fissavano l'altro, in una muta conversazione.
Nelle mani reggeva una pesante borsa da viaggio, pronta per essere caricata sull'automobile e intraprendere il viaggio verso la reggia del padre, dove avrebbero trascorso qualche giorno, rovistando tra i ricordi della Chichi bambina alla ricerca di qualche oggetto che potesse tornare utile per la loro figlioletta.
Da bravo cavaliere, il giovane Saiyan prese il bagaglio della moglie posizionandolo su un sedile posteriore dell'auto, chiuse le portiere e, cingendo la mano della consorte, si avviò verso l'uscio dove i figli li stavano aspettando.
“Allora ragazzi, noi andiamo. Mi raccomando fate i bravi a casa di Bulma e ricordatevi di fare i compiti, sono stata chiara? Anche se vado via per qualche giorno non significa...”
“...che dobbiamo approfittarcene per oziare e divertirci come qualunque animaletto in letargo!”
Ripeterono in coro i due figlioletti che oramai, avevano imparato a memoria le raccomandazioni della madre, dato che da giorni ripeteva sempre le stesse cose, quasi fosse un canta dischi inceppato.
La moretta sorrise compiaciuta, gli occhi le diventarono lucidi, preannunciando un pianto improvviso.
Riuscì a trattenersi a stento e baciando entrambi i figli sulla fronte, fece cenno a Goku di andare.
Il Saiyan salutò i ragazzi con un gran sorriso e un 'arrivederci', senza proferire alcuna raccomandazione e senza accennare sguardi riprovevoli; sapeva che se la sarebbero cavata benissimo, e confidava ciecamente nell'aiuto dell'amica d'infanzia, Bulma.
I due coniugi Son, quindi, partirono serenamente... o quasi, alla volta della reggia di Juman, dove avrebbero trascorso tre fantastici giorni, in un' ostentata caccia al ricordo.


Il viaggio durò circa mezza giornata.
Per Goku quelle dodici ore non erano state del tutto piacevoli; certo la compagnia della moglie gli faceva sempre piacere, peccato che quest'ultima venisse spesso colta da improvvise voglie capricciose che lo costrinsero a fermarsi più volte, per non parlare poi delle soste ai bagni pubblici.
Arrivarono dunque a destinazione con un' ora di ritardo, il che fece preoccupare non poco il padre di Chichi.
Appena misero piede nella grande reggia, decine di domestiche attorniarono la povera Chichi, la quale non era solo stanca, ma anche piuttosto nervosa, situazione alquanto pericolosa e temibile, data la vulnerabilità della moretta.
Goku dovette fare a gomitate per trascinarla al piano superiore, diretti alla loro stanza dove, entrambi, avrebbero schiacciato un sonnellino, sperando vivamente di non essere raggiunti da qualche vecchia conoscenza.
Goku stava ancora dormendo quando Chichi si svegliò; era l'ora della merenda e la bambina replicava cibo, così indossò una leggera maglia sopra il vestito e, con una gran voglia di dolci, uscì dalla stanza dirigendosi ai piani inferiori dove si trovavano le cucine.
Scendeva le scale lentamente, ancora assonnata, quando urtò contro qualcuno; mise a fuoco la donna che le stava davanti sorridendo felicemente a quella visione: si trattava di una vecchietta un po' ricurva su sé stessa, i capelli grigi raccolti in un chignon, gli occhietti neri, vispi, che sembravano ringiovanire il viso, ormai rugoso, il quale ospitava un sorriso ricco di gioia alla vista di Chichi, il bastone di legno usato come sostegno, stretto saldamente in una mano.
Si trattava della tata della giovane, alla quale era profondamente affezionata.
Non condividevano nessun segreto allora, erano sempre a ridere e scherzare nel grande giardino del castello, raccontandosi di tutto e di più.
Fu proprio a lei che Chichi confidò di essere innamorata di Goku, e fu proprio la sua tata che le diede la forza e il coraggio di lasciare la reggia e tutti coloro che vi abitavano per cercare il giovane di cui sapeva, non poteva più farne a meno.
L'abbracciò con tanta foga che quasi alzò da terra l'anziana signora, ridendo e piangendo al contempo stesso tanta era la gioia di rivederla.
“Leptine, Leptine, Leptine!” ripeteva Chichi, con un tono e un atteggiamento tale che fece pensare a Leptine, quanto fosse rimasta la sua bambina dopo tutti quegli anni.
La vecchietta accarezzava amorevolmente la chioma di capelli sciolti di Chichi, la quale si staccò per guardarla meglio negli occhi.
“Oh, Kami... non ci posso credere! Sei davvero tu... Io, io... sono senza parole!” esclamò tra le lacrime la giovane, cingendo le mani dell'anziana.
“Oh, Chichi... la mia bambina! Quanto tempo, piccina mia, quanto!” sussurrò Leptine, anche lei con le lacrime agli occhi, accarezzandole una gota liscia, rimasta leggermente rosata dal recente pisolino.
“Sono così felice di vederti, Leptine! Sai, ci sono stati momenti in cui ho sentito terribilmente la tua mancanza...” confessò la giovane, asciugandosi le lacrime e sorridendo.
“Lo so, Chichi... lo so bene. Non sai quante volte ho sentito la tua nostalgia, mia cara. E adesso guardati; sei una donna, una bellissima donna con una famiglia che ti adora... non potrei essere più orgogliosa, piccina...” disse, quasi nostalgicamente l'anziana, per poi riempirsi di orgoglio osservando la bambina di cui si era presa cura fin quando era in fasce, trasformata in una donna forte, determinata e bella.
Continuarono a sorridersi ancora per qualche attimo, poi una voce profonda interruppe il silenzio tra loro.
“Ah, sei qui... incominciavo a preoccuparmi, sai?”
Goku si era alzato non trovando la moglie accanto a sé, così decise di andarla a cercare un po' preoccupato e la trovò abbracciata ad una anziana donna che continuava ad accarezzarle i capelli.
Rimase un tantino interdetto da quella scena, ma poi quando incrociò gli occhi sprizzanti di gioia di Chichi, capì che si trattava di una persona a lei molto cara.
Si pentì quasi di aver interrotto quel momento, ma non poté fare un passo indietro che Chichi lo trascinò al cospetto di Leptine, sotto lo sguardo vigile e anche divertito di lei, che osservava quella strana coppia con interesse.
“Leptine, lui è Goku...” lo presentò Chichi raggiante e conscia del fatto che la tata lo avrebbe sicuramente riconosciuto date le numerose e accurate descrizioni che le aveva dato quando insieme ne parlavano.
Goku le sorrise, allungando una mano.
Quella donna aveva un qualcosa che l'accomunava a Chichi e il suo sguardo comprensivo, addolcito e quasi grato lo faceva sentire a proprio agio illudendosi per un istante di conoscerla da una vita.
“Tanto piacere.” Pronunciò, stringendo delicatamente la mano raggrinzita di Leptine.
Lei lo studiò, esaminando quegli occhi neri e dolci che gli davano l'aspetto di un adulto rimasto bambino nello spirito.
Studiò quel viso sereno e apparentemente inoffensivo, sorridendo; tutto di lui combaciava alla minuziosa descrizione che la sua Chichi le aveva fatto tanti anni or sono.
“Il piacere è solo mio, giovanotto.” rispose, senza battere ciglio, stringendo con più vigore la mano grande del Saiyan.
La moretta era rimasta in dietro, incuriosita e allibita da come tra suo marito e la vecchia tata ci fosse così tanta intesa, lasciandola stupita e meravigliata.
Leptine lasciò la mano di Goku e si decise a rivolgere lo sguardo a Chichi.
“Cara, mi ha fatto tanto piacere rivederti e conoscere tuo marito” sorrise a entrambi per poi continuare “Purtroppo il giorno del tuo matrimonio non ero presente; mia sorella era gravemente malata e l'ho accudita, perdendomi uno dei giorni più belli della tua vita. Spero tu mi abbia perdonato...” sussurrò; la voce tremante e gli occhi lucidi confermarono il profondo e veritiero dispiacere nell'animo delle sue parole.
“Oh, ma figurati Leptine... scommetto che papà ti ha mostrato le foto del matrimonio!” rispose Chichi, sorridendole con la stessa espressione raggiante di prima.
“Certo, ma vedervi dal vivo sarebbe stato tutt'altro effetto.” continuò amaramente la tata, abbassando un attimo il capo, per poi rialzarlo e mostrare il solito lato vivace e spensierato.
“Ora devo andare... il mio povero, vecchio corpo ha bisogno di un po' di riposo. Ci vediamo presto, Chichi.” Detto questo Leptine congedò i due coniugi, sorridendo ad entrambi e salendo le ultime scale che l'avrebbero condotta alla propria stanza.
Goku si avvicinò alla moglie, ancora intenta a fissare il punto in cui l'amata tata era scomparsa, le prese una mano e la baciò, per poi scaldarla con la propria, ottenendo la sua attenzione.
“E' una vecchietta molto simpatica.” pronunciò con la solita allegria il ragazzo, stringendo possessivamente la moglie, baciandole la nuca.
“E' stata come una madre per me. Mi ha accudita da quando ero molto piccola e devo tutto a lei se ora sono come sono; la mia passione per lo studio, la devozione nelle faccende domestiche... e se devo essere sincera anche il carattere!” sorrise, lasciandosi cullare in quell'abbraccio affettuoso, avvertendo poi il morso allo stomaco e il profumo intenso di dolci che le offuscava i sensi.
E poi, contemporaneamente, si udirono le proteste di entrambi gli stomaci dei due coniugi, i quali ridendo felicemente e si diressero ai piani inferiori, a soddisfare le esigenze della fame.



Il mattino seguente, Goku e Chichi si intrufolarono in soffitta, incominciando quella che sarebbe diventata una lunga e faticosa ricerca.
La mansarda era grande e buia, Chichi ricordava che spesso da bambina faceva visita a quel posto desolato, dove si rifugiava dalle sgridate del padre, dove sfogava il suo dolore, dove restava un po' più sola con sé stessa.
Ricordò che dalla parte opposta dell'ingresso si trovava una finestra, ma era impossibile individuarla oramai, data l'oscurità e le decine di mobili accatastati e impolverati nel tempo che oscuravano ancora di più la stanza.
Allungò le braccia in avanti alla cieca, toccando qualsiasi cosa avesse a portata di mano, fino a raggiungere la parte opposta della soffitta.
Trovò la finestra e riuscì quasi ad aprirla quando un tonfo assordante la fece sobbalzare e per poco non cadde a terra.
Il povero Goku era avanzato cercando di imitare la moglie, ma con scarsissimi risultati, infatti finì per inciampare in un telo e cadere rovinosamente a terra, innalzando un'immensa nuvola di polvere che fece tossire entrambi i coniugi.
Il gesto sbadato del marito la fece innervosire non poco, ma non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito.
Facendo finta di niente aprì la finestra con noncuranza, la quale, ormai sudicia e inutilizzabile , cigolò rumorosamente.
Poi, con le mani posate sui fianchi in un gesto teatralmente esasperato e – si notava benissimo – divertito, si avvicinò al marito ancora a terra che cercava in tutti i modi di liberarsi da quell'impiccio.
Gli si inginocchiò accanto e lo aiutò a liberarsi per poi fulminarlo con lo sguardo.
“Sei il solito imbranato Goku...” mormorò la mora, togliendoli un po' di polvere dai capelli per poi incrociare gli occhi sinceramente dispiaciuti di lui, facendolo assomigliare terribilmente a Goten quando veniva sgridato.
Chichi sorrise; quell'uomo seppur grande e grosso aveva l'animo di un pargoletto indifeso e dolce, e mai si sarebbe deciso a crescere.
Ed era proprio questa sua caratteristica che la faceva impazzire e sciogliere allo stesso tempo, che la faceva divertire e ridere interiormente, infondendole una serenità incolmabile.
Gli accarezzò il viso, la pelle leggermente più ruvida della sua a causa delle innumerevoli ferite procurate tra combattimenti e scontri all'ultimo sangue, sentendolo rilassarsi a quella carezza.
“La prossima volta stai più attento, va bene?” gli sussurrò teneramente, per poi mostrare uno dei suoi più intimi e sinceri sorrisi, alzandosi sulle punte dei piedi e solleticandogli il naso con un piccolo bacio.
“Sì... però smettila di trattarmi come un bambino!” aggiunse il Saiyan, abbandonando il broncio e illuminando il suo viso con uno splendido sorriso.
La moretta rise, per poi prendergli la mano e condurlo verso l'estremità opposta della stanza, iniziando la ricerca.


Passarono circa due ore, il sole era ormai alto nel cielo sereno, e i tiepidi raggi primaverili scaldavano debolmente la temperatura intorno.
Goku e Chichi stavano ancora rovistando tra le cataste di mobili e scaffali ammuffiti quando cominciarono a sentire i primi segni di stanchezza e gli inconfondibili morsi allo stomaco.
Ormai esasperati e rassegnati all'idea che tanta immondizia potesse tornar utile soltanto come legna da ardere, i due si concessero una piccola pausa, sedendosi sul pavimento impolverato e cigolante.
“Oh, Kami... che fatica!” cominciò la donna, massaggiandosi le tempie per il gran mal di testa che cominciava ad avvertire.
Goku la squadrò preoccupato, alzandosi dal suo angolino e accomodandosi vicino alla consorte.
“Tesoro, è meglio che tu faccia basta per oggi, non devi affaticarti troppo...” disse con tono intimorito il giovane, notando la smorfia di dolore che ella avvertì al ventre.
“Chi-Chichi, stai bene?” il Saiyan, visibilmente preoccupato alzò la moglie da terra nonostante le sue repentine contestazioni, sbattendo contro uno scaffale aperto lì di fianco, facendo cadere a terra qualcosa.
“Ecco, vedi? Se fossi stato fermo non avresti rotto nulla!” protestò la donna, avvicinandosi all'oggetto e cogliendolo da terra.
Si trattava di un cofanetto in legno, ricco di decorazioni e incisioni.
Soffiò leggermente su di esso, ripulendolo dalla polvere, notando con chiarezza le parole scolpite:
“L'amore va oltre ogni dolore”
“L'amore va oltre ogni dolore? Ma che...?” Chichi era perplessa; non ricordava di aver mai posseduto un oggetto simile, e quelle parole la colpirono più di ogni altra cosa.
Con crescente curiosità aprì il cofanetto e subito una dolcissima melodia si diffuse in tutta la stanza, portando la moretta indietro nel tempo, in ricordi che mai credeva di poter custodire.


“Hai visto, Juman caro? Alla nostra piccola piace tanto il carillon di mia madre...”

Una bellissima donna: alta, dai lineamenti delicati e la pelle chiara, il viso angelico, le labbra rosse, gli occhi due gemme color ebano osservava con fierezza e commozione la figlioletta che, ridendo e battendo le manine, ascoltava la dolcissima armonia scaturita da un piccolo cofanetto di legno, facendo sorridere i due genitori.
Juman, allora era alto e con un fisico palestrato, i capelli mori e corti, il viso dai lineamenti rigidi e senza un filo di barba, gli occhi tali e quali a quelli della moglie.
I due sposi osservavano con orgoglio la piccola Chichi, la prima e unica figlia tanto cercata che ora aveva raggiunto la tenera età di un anno, alle prese con il suo primo regalo di Natale.
L'uomo strinse la moglie a sé, cingendole la vita con un abbraccio, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, appoggiando il mento sulla sua spalla.
“Se continuerà di questo passo, quel povero carillon farà una brutta fine...” osservò l'uomo ridendo, e facendo sorridere anche la moglie.
“Sì, hai ragione. Per essere solo una bimba ha una forza incredibile...” rispose la donna, per poi sciogliersi dall'abbraccio del marito e osservarlo negli occhi maliziosa.
“...Non capisco da chi possa aver preso!” continuò ironicamente, guadagnandosi un altro abbraccio caloroso dal marito.
L'uomo la fissò intensamente negli occhi, accarezzandole una gota divenuta rosea a quel contatto, per poi appoggiare la propria fronte su quella di lei.
“Dimmi che non mi lascerai mai...” le sussurrò dolcemente, avvicinandosi alla sua bocca.
Lei abbassò la testa, posando lo sguardo sul pavimento mentre gli occhi le si inumidivano, per poi ritornare a guardarlo quando lui le alzò il viso.
“Sai bene che non posso...” iniziò con voce roca e le lacrime che le sgorgavano dagli occhi.
“...Sai bene che per me... non c'è più alcuna speranza...” aggiunse con la voce rotta dal pianto, cominciando a singhiozzare sommessamente, nascondendo il viso nel petto del marito.
“No, non dire così...” bisbigliò lui, accarezzandole la chioma di capelli lisci, per poi staccarla da sé con dolcezza, guardandola negli occhi con sicurezza e determinazione.
“Noi troveremo un modo! Hai capito, amore? Lo troveremo...” continuò stringendola con ardore al petto, mentre lei annuiva e si calmava ai suoi gesti delicati.
“Lo troveremo...” sussurrò quasi impercettibilmente, baciandole la testa.
La donna alzò il capo, asciugandosi le ultime lacrime, per poi sorridere sinceramente al compagno, accarezzandogli una guancia, mentre lui continuava a fissarla con determinazione e dolcezza.
“Ricorda una cosa, Juman...” iniziò la donna avvicinandosi sempre più al marito fino ad arrivare a un centimetro dalla sua bocca.
“...il nostro amore va oltre ogni dolore. Ricordalo sempre...” concluse, per poi unirsi alla bocca di lui in un bacio dolce e affettuoso, mentre la piccola li osservava curiosamente, continuando a gustare quella melodia che sempre avrebbe custodito nel suo cuore.


“Chichi... Chichi!”

Goku stava scuotendo con preoccupazione la moglie, la quale da diversi minuti sembrava fosse caduta come in uno stato di trance, risvegliandola dai suoi pensieri, tornando ad osservare il marito negli occhi.
Lui sospirò sollevato, per poi guardarla con rimprovero; una di quelle poche volte in cui trovava il coraggio di farlo.
“Amore mi hai fatto prendere un bello spavento! Si può sapere cosa ti è successo?” domandò il marito fissandola negli occhi ancora stralunati.
Lei lo guardò quasi con indifferenza, per poi scrutare il carillon dall'incredibile importanza con attenzione, non capendo perchè, dopo tutti quegli anni, suo padre non le avesse più mostrato quel ricordo, al quale sapeva ci tenesse tanto.
Tornò ad osservare il marito che ancora non si era deciso a distogliere lo sguardo da lei.
“Questo oggetto apparteneva a mia madre...” iniziò, catturando l'attenzione del Saiyan, prendendolo per la mano e conducendolo verso l'uscita.
“...E' uno di quei pochissimi ricordi che ho di lei...” continuò scendendo, ora, le scale dirigendosi verso la sala da pranzo mentre Goku continuava a seguirla con attenzione.
“...Mi ha fatto tornare in mente, come un flashback, un momento che abbiamo passato insieme: papà, mamma e io. Uniti, prima che lei...” si interruppe, sentendo le lacrime avanzare copiose, minacciando di uscirle dagli occhi, sentendo la voce tremante e un pizzicore fastidioso al naso.
Goku capì cosa volesse dire la moglie, per questo l'abbracciò con dolcezza, inconsapevole di aver compiuto lo stesso gesto che suo suocero, tanto tempo prima, aveva adempito con la stessa naturalezza. Ciò la fece sorridere.
“Mi... mi dispiace.” le sussurrò, indeciso se il suo dispiacere servisse a qualcosa, a sollevarle il morale.
Chichi si staccò dall'abbraccio, con ancora stretto al petto il carillon, alzandosi sulla punta dei piedi, baciandolo con dolcezza.
“Non preoccuparti, tesoro. Io...io sto bene.” aggiunse, incerta, per poi continuare il suo cammino a pochi passi dall'entrata della sala da pranzo, dove Juman li aspettava per mangiare.
“Oh, finalmente siete arrivati! Pensavo vi foste...” Juman stava fissando entrambi i coniugi quando parlò, ma poi si fermò di colpo alla vista del carillon che la figlia teneva in mano, incupendosi tutto d'un tratto.
Chichi continuava ad avanzare imperterrita verso il padre che, mano a mano che la figlia si avvicinava, trasformava il suo ottimo umore in qualcosa che Goku non ebbe mai visto in vita sua.
La moretta si fermò davanti al genitore, sbattendo il cofanetto sul tavolo imbandito davanti al piatto del padre, mentre lui fissava con concentrazione il carillon.
“Dove l'hai preso?” si limitò a chiedere, con tono severo senza staccare lo sguardo dall'oggetto.
“L'ho trovato...” rispose vacuamente la figlia, cercando di penetrare con gli occhi nello sguardo del genitore, divenuto ormai assente e... addolorato.
“Perché me l'hai tenuto nascosto per tutti questi anni?” domandò impassibile Chichi, innervosendosi quando il padre non le rispose.
Decise comunque di mantenere la calma.
“Papà... io devo sapere!” continuò esasperata, sbuffando all'espressione svampita del padre, come lei la definiva.
Goku, invece, notò con certezza che lo sguardo di Juman fosse soltanto pregno di dolore, di sofferenza, e Chichi, arrabbiata, non era riuscita a coglierlo.
Sentì una grande fitta al cuore a quella visione: gli occhi neri e solitamente spensierati del suocero farsi lentamente lucidi con una tale lentezza da non poter più sopportare quella vista.
Cercò di attirare l'attenzione della moglie che, accecata dalla curiosità, continuava a tempestare di domande il genitore senza rendersi minimamente conto di quanto gli stesse facendo male.
“Chichi!” esclamò con ammonizione, catturando la tanto agognata attenzione della moglie.
Lei lo guardò interrogativamente, seguendo il gesto col capo del marito in direzione del padre, rendendosi conto soltanto ora di quanto stesse soffrendo.
Si pentì subito del danno commesso, sentì una strana sensazione di senso di colpa assalirla e farle riacquistare il lume della ragione.
Abbassando il capo si girò e fece qualche passo nella direzione opposta al padre quando si fermò, percependo la voce del genitore forte e chiara, senza tremolii, senza manifestazioni di dolore.
Rimase colpita dal suo sguardo terribilmente ferito ma allo stesso tempo dolce al ricordo dell'amata, così crudelmente forte e determinato, immettendole una forza, una decisione che la colpì profondamente.
“Ho dovuto farlo...” iniziò, cercando a tutti i costi di trattenere le lacrime e di farsi vedere forte e impassibile davanti alla figlia, come aveva sempre fatto.
“Sono stato egoista nei tuoi confronti, Chichi. Lo so bene, credimi. Ma...” si interruppe, distogliendo per la prima volta lo sguardo dal cofanetto, stringendo occhi e pugni contemporaneamente.
“Ma non sopportavo il ricordo doloroso di tua madre. Quell'oggetto è pregno fino all'orlo di lei e la sua armonia mi proiettava nella mente la sua immagine! Io non riuscivo più a sopportarlo! Era come una tortura... e così, da bravo egoista e codardo, ho voluto nasconderlo sia da me che da te, così che potessi vivere la mia esistenza con un po' di pace, anche se... ho continuato a soffrire ancora a lungo.” Terminò il discorso quasi sussurrando, i pugni ancora saldamente stretti con tanta forza da sentire il dolore delle unghie conficcate nella propria carne.
Alzò gli occhi verso la figlia che, dall'ultima volta che aveva avuto il coraggio di guardarla negli occhi, aveva completamente cambiato espressione, e ora il suo sguardo era afflitto e addolorato quasi quanto quello del padre.
Chichi si era resa conto di aver aperto una ferita non del tutto rimarginata nel cuore del padre e maledì sé stessa e la sua incomprensione, la sua curiosità che in quell'istante si era impossessata di lei, accecandola ed emarginandola dalla realtà, inconsapevole di aver pugnalato ferocemente il cuore del genitore.
Alzò gli occhi da terra, tremante, quasi fosse una bambina alle prese con la furia del padre dopo aver combinato una marachella.
Si avvicinò al tavolo dove il genitore era ancora lì, lo sguardo non più rivolto a lei, ma a quel cofanetto che aveva risvegliato i suoi ricordi più dolci e allo stesso tempo più strazianti.
Gli prese dolcemente una mano nella propria e se la portò alla guancia, sentendo quanto quel gesto puramente affettuoso le risultasse indispensabile in quel momento, in quell'attimo così intimo tra padre e figlia che, nel corso degli anni, si erano fatti coraggio e consolati a vicenda durante i periodi più bui della loro esistenza.
Goku sorrise a quella vista, facendo retro front e lasciando soli i due, capendo di essere soltanto inutile in un momento come quello, sentendosi estraneo per un attimo a quella famiglia, così misteriosa e con un passato ignoto al quale Chichi non aveva mai fatto menzione.
E ora, ne capiva il motivo; per lei significava soltanto tuffarsi nuovamente nel dolore, come se in quegli anni di matrimonio non le ne avesse procurato abbastanza.
Abbandonò la stanza, nonostante il suo stomaco affamato reclamasse cibo, con un sorriso appena accennato stampato sulle labbra.

Era arrivato, dunque, il giorno della partenza.
I due sposi sarebbero partiti a distanza di pochi minuti, dopo aver caricato le ultime valige e aver salutato i conoscenti.
Era un fresco pomeriggio poco ventilato, ma decisamente piacevole, i due coniugi si trovavano di fronte alla porta d'ingresso, dove Juman, Leptine e qualche altra domestica li congedavano prima del prossimo incontro, inconsapevoli che esso sarebbe avvenuto a distanza di poco tempo.
Il leggero vestitino celeste di Chichi ondeggiava silenziosamente ad ogni piccolo alito di brezza, accompagnato dalla lunga chioma nera che incorniciava deliziosamente quella piacevole figura femminile.
Al suo fianco si ergeva il giovane Saiyan, intento a stringere la mano al suocero, per poi essere stritolato in uno dei suoi abbracci calorosi.
Fu il turno anche di Chichi che, nonostante il pancione di cinque mesi la rendesse più goffa nei movimenti, si lasciò abbracciare e sprofondare nella mole impetuosa del padre.
Le due donne, si guardarono, per poi sorridersi e abbracciarsi serenamente.
“Ti prometto, Leptine, che quando la piccola nascerà ti spedirò una foto e poi ti verrò a trovare!” disse la moretta, sorridendo all'anziana signora.
“Sì, mi farebbe tanto piacere, grazie...” rispose la tata, appoggiando poi la mano sulla pancia di Chichi, sentendo la piccola muoversi e agitarsi, come se avesse da sempre conosciuto quella donna.
Leptine, poi, si rivolse a Goku, sorridendogli comprensiva.
“Mi raccomando giovanotto, stalle accanto e non farla più soffrire...” gli sussurrò piano, mentre Chichi si dirigeva in macchina.
“Non si preoccupi, non ho intenzione di causarle altri dolori. L'ho fatto già fin troppe volte...” rispose il Saiyan, voltandosi per un attimo a guardarla e ridendo ai suoi movimenti goffi.
“Bene, è ora che vada. Arrivederci a tutti e grazie per l'ospitalità.” aggiunse il giovane per poi voltarsi e correre in auto dove Chichi lo stava aspettando pazientemente, accarezzando il cofanetto sulle ginocchia.
“Ma figurati, Goku! Tornate presto e state attenti!” si raccomandò Juman, gridando l'ultima frase, dato che il Saiyan era partito in quinta, in uno scatto fulmineo.
Tutti i residenti della reggia stavano rientrando in casa, ma Leptine, invece, continuava a fissare il punto dove l'auto dei coniugi Son era scomparsa, nascosta dalla vegetazione.
Il suo sguardo era profondo e preoccupato; aveva come una strana sensazione, un presentimento per niente allettante e, solitamente, su queste cose non si sbagliava mai.
Pregò con tutto il cuore che si stesse sbagliando rientrando poi in casa; lo sguardo cupo e la testa abbassata, sussurrando impercettibilmente la fonte delle sue preoccupazioni:
“Chichi...”



TO BE CONTINUED...


Eccomi di nuovo qui, miei carissimi lettori.
Mi scuso con tutto il cuore per il ritardo, inconcepibile, di tre mesi... ma purtroppo ho avuto una marea di problemi, che mi hanno impossibilitato ad aggiornare la fan fiction.
Spero siate così gentili e buoni da perdonarmi e che, in qualche modo, sia riuscita a farmi perdonare con questo capitolo... anzi, è il minimo che possa fare per rientrare nelle vostre grazie.
Prima di ringraziare i recensitori dello scorso capitolo, vorrei chiarire qualche punto:
1- Leptine; vi sarete chiesti perchè mai abbia voluto integrare questo personaggio nella storia. Bene, non voglio svelarvi tutto e il massimo che posso dirvi è che nei capitoli successivi quando ci sarà la crisi, lei rivestirà un ruolo fondamentale. Ecco fatto! ^^
2- Il crollo totale arriverà... nemmeno io so con precisione quando, però non manca molto, quindi preparate i fazzolettini. ^-^
3- il carillon; vi sembrerà una cosa inutile e insensata, ma la storia del carillon ci tenevo a precisarla. Mi sono sempre chiesta come sia stata l'infanzia, il passato di Chichi e con sfacciataggine ho voluto ricrearne un piccolo pezzetto, chiarendo magari qualche punto che a me personalmente non era chiaro. Esempio la determinazione, la forza che caratterizzano Chichi, come abbia ottenuto questa grandissima forza di sopportare il dolore ed andare avanti...
Va bene, adesso la smetto, sennò non finisco più. ^^
Ora passo ai ringraziamenti e mi scuso se saranno un po' brevi, mi sono già dilungata abbastanza.

A Layla-Chichi Romance: Ti ringrazio per il complimento, spero tanto non ti abbia delusa con il seguito. 1 bacione. Tua Annetta.

A Merediana: Ciao carissima! Il tuo ritardino in confronto al mio è niente, te lo assicuro. Ti ringrazio come sempre per i complimenti. Mi fa piacere che ti sia piaciuta l'idea della festa della donna. Va bene, spero vivamente che non ti abbia deluso con questo capitolo. 1 bacione e ancora grazie mille. Tua Annetta.

A Ciuiciui: Ehm... non so se merito tanti complimenti... ^-^'' purtroppo sono una frana con gli aggiornamenti e decisamente la sfortuna non vuole lasciarmi, ahimè! Ti sarai accorta che questo è uno dei capitoli più sensibili, fino ad ora, no? Mi è piaciuto molto frugare tra i ricordi di Chichi e immaginare il rapporto affettivo tra i suoi genitori, sul serio e spero vivamente che non sia risultato una catastrofe... ^^ Ti ringrazio con tutto il cuore per i tuoi commenti e le tue analisi sul capitolo. Non sai quanta gioia mi procurino... anche perchè vedere che i lettori capiscono al volo i 'messaggi' che vorrei si cogliessero e capissero fa soltanto piacere! Quindi per concludere grazie infinite; grazie perchè continui a seguire la mia storia con entusiasmo e grazie per tutti gli incoraggiamenti. Ti voglio un mondo di bene. 1 bacione e ancora tante scuse. Tua Annetta.

A Evy: Ti chiedo scusa... ho aggiornato con un ritardo mostruoso ma anche io ho avuto i miei problemi. Non preoccuparti se non riesci a commentare nei tempi giusti... l'importante è che la storia continui a piacerti e che non ti deluda mano a mano che va avanti. Grazie ancora. 1 bacione, Tua Annetta.

A CamyChichi: Ciao carissima! Ma figurati non me la prendo assolutamente. Perché dovrei? Lo so bene che non tutti i capitoli possano piacere, è normale e non devi assolutamente sentirti in colpa. Anzi apprezzo la tua sincerità e spero che questo capitolo ti sia piaciuto un po' di più. Grazie ancora per la gentilezza e per i complimenti. 1 bacione. Tua Annetta.

A Kiki87: Ciao Sara! ç__ç Mi fai sempre commuovere, sono davvero felice che questa fan fiction ti stia appassionando e che con la solita dolcezza e gentilezza continui a seguirla e a commentarla con entusiasmo. Mi riempie il cuore di gioia, davvero. Grazie per tutti gli incoraggiamenti, per tutte le frasi carine e sincere che mi aiutano ad andare avanti e a non perdere la speranza. Grazie per le accurate analisi che mi regali con ogni capitolo, che mi fanno comprendere con più chiarezza quanto sia stato apprezzato l'aggiornamento. Non so come descrivere questo capitolo: è un misto tra allegria e sofferenza e non sono sicura di aver fatto un buon lavoro. Sai bene il periodo che ho passato e spero che la tristezza non si sia impossessata di me dando vita ad uno schifo. L'ispirazione mi ha giocato anche un brutto tiro. Va beh, poi mi saprai dire come sempre il tuo parere. ^^ . Sono io che devo dirti GRAZIE INFINITE, per tutto quanto! E giuro che farò di tutto per continuare a meritare, seppur indegnamente, la tua stima. Mi impegnerò come sempre sperando di non deluderti mai perché sarebbe una sconfitta per me e un vero colpo basso.
Grazie di cuore e scusa per il ringraziamento indegno alla tua recensione e per l'enorme ritardo con cui ho aggiornato. Ti voglio un mondo di bene e sempre te ne vorrò. A presto Sara. 1 bacione enorme, tua Annetta.

A SerenaChichi: Grazie di cuore Sere per la recensione! ^^ Mi fa tantissimo piacere che i capitoli continuino ad entusiasmarti. Ricambio i complimenti, anche tu sei bravissima e non vedo l'ora di leggere i tuoi aggiornamenti. Grazie mille e scusa per il ritardo. 1 bacione, Tua Annetta!

A Elechan86: Ciao! No... perdonami tu per il ritardo. Non merito nemmeno di essere perdonata anche Perché non sono convinta che questo capitolo sia un gran che. Ci ho messo sempre il dovuto impegno e, ahimè, più di così non sono riuscita a dare. Spero comunque che sia apprezzabile. Sì, lo so che certi particolari sono inutili per la storia, ma come tu ti diverti a leggerli io mi diverto a scriverli... eheheh ^^. A dire la verità l'ho fatto di proposito. Quale data migliore poteva essere scelta come il giorno in cui i nostri due coniugi scoprono di aspettare una bella bambina? E poi mi divertiva il fatto di descrivere una giornata un po' inusuale come la festa delle donne e di infiltrarla nella storia. Ti ringrazio per i complimenti e mi scuso infinitamente ancora per il ritardo. Spero ti sia piaciuto il capitolo e ti dico che sono un po' titubante al riguardo. Va beh, ormai è andata.
Grazie ancora di tutto cuore per il commento. 1 bacione e a presto. Tua Annetta.

A Gokina94: Grazie per i complimenti e grazie anche per aver continuato a seguirmi. Spero ti sia piaciuto questo capitolo e mi scuso per il ritardo. Prego che tu voglia perdonarmi. Ancora grazie infinite. 1 bacione e a presto. Tua Annetta.

A Sybelle: Sara!!! Ma ciau! Allora che mi dici di questo capitolo? Non sono certa che sia una conquista però meglio non sono riuscita a fare. Il crollo totale arriverà... non so nemmeno io di preciso il capitolo, però come ho detto prima, non manca molto... anzi direi che siamo agli sgoccioli. ^//^ dai adesso non farmi arrossire... tu sei anche più brava di me, quindi sono io che devo farti i complimenti. Grazie infinite per la rece, ti voglio un mondo di bene, amicona! Ci sentiamo per email... 1 bacione e a presto, tua Annetta!

A Sexxxychichi: Ciao cara! Anche per me è sempre un piacere ricevere dei commenti positivi come i tuoi. Grazie per i complimenti e spero che continuerai a seguirmi. Grazie infinite ancora! 1 bacione!! Tua Annetta.

A Chichina: Ciao! Bellino, bellino il nick! Scusa se te lo dico adesso, eheheh, sono un pochetto svampita. ^^ Comunque grazie mille per il commento. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. 1 bacione. Tua Annetta.

A Elvis93: Francyyy!! Che bello sentirti. Devo ancora leggere l'aggiornamento della tua fic. Perdonami come sempre, ma non ho un attimo di pace. Prometto che la legggerò al più presto possibile e che ti lascerò anche un commentino. Grazie infinite per i complimenti. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Ti voglio tanto, tanto, tanto bene! 1 bacione, tua Annetta.

Okay, ragazzi. Con questo ho finito. Ringrazio anche coloro che continuano a leggere la fan fiction e a seguirmi. Grazie mille anche alle persone gentilissime che hanno messo la mia fic tra i preferiti. ^^ Adesso vi saluto. 1 bacione sincero a tutti. Vostra Annetta Chan.

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Capitolo 5
*** Grief And Sorrow ***


"BEYOND THE PAIN"


5° CAPITOLO: “GRIEF AND SORROW”

Chichi passeggiava nervosamente avanti e indietro per il salotto facendo ondeggiare i lunghi capelli mori sulla schiena.
Ogni tanto si fermava, si accostava alla finestra e spostava leggermente le tendine, per poi chiuderle istericamente con uno sbuffo.
A volte si fermava nel bel mezzo della stanza, osservando il pancione sporgente, accarezzandolo dolcemente e sorridendo compiaciuta a quella vista.
Per l'ennesima volta, Chichi si fermò davanti alla finestra e con la stessa reazione delle precedenti sbuffò sommessamente.
Stava per andarsene e riprendere la sua maratona quando, finalmente, riuscì a scorgere la figura di suo marito, il quale beatamente stava chiacchierando con il figlioletto minore seduto sulle sue spalle, ridendo e giocando felicemente.
La moretta sorrise a quel quadretto, ma quell'attimo durò poco perchè istantaneamente le affiorò il motivo di quella attesa, tramutando quel sincero sorriso in una smorfia di rabbia e impazienza.
I due Saiyan varcarono la soglia di casa: le tute a brandelli, completamente sporchi, alcune abrasioni e ferite sparse qua e là lungo il corpo e un sorriso smagliante che identificava padre e figlio quasi fossero fratelli gemelli.
Chichi sentì la porta aprirsi e subito si affrettò a raggiungere i due Saiyan il più velocemente possibile, risultando un po' goffa nei movimenti a causa della prosperosa pancia.
Goku e Goten non fecero nemmeno in tempo ad annunciare il loro arrivo che immediatamente si trovarono la moretta davanti con un'espressione che non prometteva nulla di buono.
“Ehi, Chichina! Che tempismo, sei arrivata proprio in tempo, sai? Goten ed io stiamo morendo di fame...” iniziò il giovane, sorridendo ingenuamente, non ancora accortosi dell'espressione della moglie.
Al contrario, il piccolo Saiyan stava lentamente indietreggiando, spaventato a morte da quella furia ormai incontenibile e traboccante dagli occhi della madre.
Il più silenziosamente possibile strattonò i resti della tuta del padre, bisbigliando piani di fuga che mai arrivarono all'orecchio del Saiyan più grande.
Chichi alzò il viso verso il marito, gli occhi così rabbiosi che fecero sussultare e indietreggiare il giovane dalla paura.
“Goku... si può sapere perchè hai fatto così tardi?!” pronunciò il nome del marito quasi bisbigliando, per poi aumentare di colpo il tono della voce e far indietreggiare marito e figlio, il quale si era paurosamente aggrappato alla gamba del genitore.
“Hai visto che ore sono?” continuò indicando l'orologio a pendolo in cucina per poi rivolgersi nuovamente a lui.
“Tu dovevi rientrare almeno quaranta minuti fa e sai perchè? Oppure ti sei dimenticato anche questo, eh? Dimmelo!” urlò avanzando pericolosamente verso il marito con le mani appoggiate ai fianchi.
“Sì, lo so tesoro... ma fammi spiegare...” cercò di giustificarsi il giovane, senza successo.
“Non mi importano le tue scuse! Io dovevo essere dal dottore mezz'ora fa, a fare il controllo mensile per la nostra bambina, e tu come al solito te ne sei dimenticato!” aggiunse, infine, ormai con le lacrime agli occhi, arrabbiata e ferita dal suo comportamento irresponsabile.
“Tesoro, ti giuro che non me ne ero dimenticato... ho avuto soltanto dei problemi che mi hanno impedito di venire da te a tempo debito.” disse Goku, notando con un briciolo di sollievo che lo sguardo della moglie si era fatto più ragionevole.
In difesa del padre intervenne anche il piccolo Son che fino a quel momento si era nascosto dietro di lui, per paura di essere sgridato.
“Papà sta dicendo la verità, mammina. Mentre venivamo a casa abbiamo incrociato un incendio nel bosco e abbiamo fatto di tutto per salvare gli animali della foresta e poi abbiamo spento il fuoco. Ci abbiamo messo tanto perchè un' orsa aveva il pancione come te e aveva bisogno d'aiuto.” spiegò il piccolo, sgattaiolando da dietro il padre, avvicinandosi alla madre per poi abbracciarle le gambe in un gesto affettuoso e tenero.
Chichi sorrise, dimenticando completamente l'ira funesta che pochi attimi prima si era impossessata di lei, accarezzando la testolina spettinata del figlio minore.
Il paragone che il piccoletto le aveva fatto prima con quell'orsa la sciolse definitivamente, commossa e sorpresa dall'improvviso e repentino cambiamento in Goten, il quale aveva preso sul serio il fatto che la sua mamma presto avrebbe avuto una figlioletta e che lui sarebbe diventato il fratello maggiore.
Per quanto fosse ancora piccolo e ingenuo, si poteva percepire e scorgere perfettamente in lui quel suo nuovo sentimento di preoccupazione e difesa nei confronti di lei e di chiunque altro fosse nel suo stato.
Questo la rese orgogliosa e fiera del bambino che era diventato, del cucciolo che aveva cresciuto, il quale con il passare del tempo continuava ad assomigliare sempre più e in modo sempre più perfetto al padre.
Chichi continuava ad accarezzare affettuosamente la testolina del figlioletto, per poi rivolgere nuovamente lo sguardo al marito.
Anche lui, come suo solito, sorrideva dolcemente al proprio bambino, fiero e orgoglioso come lo era in quel momento lei.
“Siete stati davvero molto bravi. Per questa volta vi perdono... ma che sia l'ultima!” disse seriamente la moretta, per poi staccare con grazia il piccolo da sé e guardarlo più da vicino.
Fu in quel momento che si accorse di come, sia lui che il marito, fossero conciati.
“Ma che diamine...? Ho capito che avete spento un incendio e vi siete allenati, ma ridurre le vostre tute in questa maniera è proprio il colmo!” Chichi diede delle leggere pacche ai brandelli di stoffa, togliendone quel poco di polvere rimasta.
“Ah! Ormai queste non si rammendano più... e pensare che ci avevo messo tanto di quel tempo a risistemarvele...” si lamentò Chichi, per poi sbuffare e osservare il marito con una nota di rimprovero.
“Certo che tu sei più grande di lui e sei messo peggio! Dovresti dare buon esempio visto che sei il padre... mah, che cosa sto qui a sprecare fiato!” Chichi si avvicinò anche al marito e fece la stessa cosa che aveva fatto con Goten.
Goku invece sorrideva, osservando con sguardo puramente innamorato i tentativi goffi ma comunque affettuosi della moglie nel pulirgli la tuta.
'E pensare che poco prima voleva uccidermi.'pensò tra sé il giovane, prendendole poi le mani nelle sue, fermando quell'attività appena iniziata dalla consorte.
Le sorrise birichino, chinandosi su di lei, baciandole la fronte, per poi sorriderle di nuovo.
“Vado a farmi una doccia veloce e poi ti porto alla tua visita.” disse, lasciandole le mani e dirigendosi verso le scale.
“Già che ci sei porta con te anche Goten... e fai presto, hai a disposizione massimo dieci minuti. Ah, e di a Gohan di smettere di parlare al telefono con quella ragazza e di lavare suo fratello!” disse, voltandosi verso le scale.
“Mamma io mi so lavare da solo!” rispose offeso il piccolo Goten per poi scappare via al piano superiore, evitando così altre raccomandazioni della madre.
I due coniugi si sorrisero complici, per poi darsi le spalle a vicenda e concentrarsi sui loro impegni.


Erano le 6.00 di sera passate ormai; Goku e Chichi si trovavano nella sala d'aspetto da più di mezz'ora e Chichi cominciava a stancarsi ed innervosirsi.
Goku, invece, era comodamente spaparanzato sulla sua sedia e osservava divertito la moglie, la quale, dopo essersi torturata le mani per dieci minuti, si passava nervosamente le dita tra i capelli e cambiava posizione ogni due secondi.
Chichi notò quel suo sorrisetto sul viso e non poté che giudicarlo come un sorriso di schernimento.
Si eresse in tutta la sua altezza, guardando con curiosità l'uomo che le stava di fronte, per poi incrociare le mani al petto e alzare un sopracciglio.
“Ti faccio ridere così tanto?!” gli chiese, anche se dal tono con cui aveva pronunciato quelle parole più che una domanda sembrava una constatazione.
Offesa, si voltò dall'altra parte non sopportando più quel sorrisetto irritante.
“Invece di calmarmi lui ride... tsk, che razza di marito!” pensò ad alta voce continuando a sbuffare.
Goku sorrise di nuovo, per poi afferrarle delicatamente il viso in modo che potesse guardarla negli occhi.
Trattenne a stento una risata quando notò quel cipiglio arrabbiato ma decisamente comico stampato sul suo viso d'angelo.
“Mi fai sbellicare...” sussurrò birichino avvicinandosi a lei per gustarsi un attimo di eternità in un breve e dolce contatto con le sue labbra.
Chichi non avrebbe voluto fargli ottenere quello che desiderava, ma quando suo marito utilizzava quella voce così suadente, così maledettamente irresistibile lei non poteva che accontentarlo e mandare al diavolo il broncio e tutto il resto.
Goku con il passare degli anni era decisamente maturato, certo non aveva perso del tutto la sua ingenuità perchè altrimenti non sarebbe stato più lui, però si poteva notare chiaramente il cambiamento rispetto agli inizi della loro vita coniugale.
Era stupendo e impressionante il modo in cui riusciva a scatenarle brividi e passioni in un solo istante.
Forse era la gravidanza a farle provare quelle piacevoli sensazioni e certo, in quel momento, avrebbe desiderato qualcosa di più di un semplice bacio, ma le circostanze glielo impedivano.
Erano a pochi millimetri l'uno dalle labbra dell'altro e stavano per incontrarsi quando la voce squillante dell'infermiera interruppe il magico momento annunciando il turno della coppia.
I due sussultarono, balzando ritti sulle loro poltrone colti alla sprovvista da quella voce petulante e odiosa che aveva messo fine al loro attimo idilliaco e, con un po' di rammarico e imbarazzo, si ricomposero schiarendo le proprie voci e alzandosi diretti nella sala delle visite.
Il dottore li accolse con il solito calore facendo accomodare Chichi sul lettino sistemando gli ultimi attrezzi mentre la mora si preparava per la visita.
“Allora, come vanno le cose miei cari coniugi Son? C'è stato qualche sintomo di troppo?” domandò con la nota solarità passando l'attrezzo sul gel posto sopra la pancia di Chichi.
“Non mi pare, dottore... anche se, adesso che ci penso, qualche giorno fa ho sentito la bimba muoversi un po' troppo...” rispose Chichi, un po' incerta se la cosa potesse interessare al medico.
Il vecchio corrugò la fronte mettendo più in risalto le rughe che gli donavano un aspetto saggio e intelligente.
“Si spieghi meglio.” continuò, la voce un poco più seria e lo sguardo concentrato sul monitor.
Chichi intrecciò le mani, concentrando il suo sguardo sulla propria pancia, l'espressione intensa e un po' vaga in un atteggiamento che indicava profondo raccoglimento.
“Ecco, vede... è difficile da spiegare. Uhm... ci sono stati dei momenti in cui la bimba si muoveva incessantemente, come... uhm, come se si contorcesse dal dolore, sì. Io non sentivo niente, però lei era decisamente agitata.” spiegò la moretta, per poi osservare il dottore che si era fermato un attimo a pensare, lo sguardo rivolto al pavimento.
“Da quanto tempo la bambina reagisce in questo modo, se lo ricorda?” domandò con la stessa serietà osservando di nuovo la creaturina nel monitor che in quel momento stava agitando i pugnetti.
Chichi osservò il marito il quale rispose per lei questa volta.
“Circa da tre giorni... giusto?” affermò il Saiyan, chiedendo conferma alla donna che annuì.
Il dottore si passò una mano sul mento, corrugando nuovamente la fronte.
'Eppure la piccola mi sembra in ottime condizioni! No, non può essere... è escluso!' pensò tra sé, per poi rivolgere un sorriso caloroso ai due sposi.
“Non preoccupatevi, non è nulla di grave. Può darsi che lei abbia fatto molto movimento e la piccola si sia agitata un poco. A volte capita, sono cose che vanno e vengono.” aggiunse il dottore per poi osservare nuovamente la piccola attraverso il monitor.
Chichi tirò un sospiro di sollievo, lieta che non fosse nulla di grave, però Goku era rimasto un po' incerto sul momentaneo turbamento del medico e qualcosa gli diceva che sotto quel sorriso radioso ci fosse qualcosa di molto più serio e complicato che non doveva essere sottovalutato.
“Signore, non è meglio fare altri accertamenti? Non so perchè, ma non mi sento molto sicuro...” disse il giovane passandosi una mano sul mento mentre l'altra reggeva l'altro braccio in una posa pensierosa e preoccupata.
Chichi osservò incuriosita il marito.
Goku solitamente si fidava ciecamente degli altri, ora sembrava confuso e incerto su quanto detto dal dottore. Possibile che avesse intuito qualcosa di sbagliato?
Avrebbe voluto domandarglielo, ma il vecchietto anticipò la sua mossa tranquillizzando il giovane Saiyan.
“Non c'è nulla di preoccupante, signor Son. Si fidi di me. Anche perchè, avendo una certa esperienza in questo campo, mi accorgerei se ci fosse qualcosa di sbagliato nella piccola, non crede? Quindi stia tranquillo e sereno.” rispose l'anziano, per poi sorridergli incoraggiante.
Goku non era del tutto convinto, però decise di rassegnarsi e fidarsi del medico.


I due coniugi usciti dall'ospedale si stavano dirigendo verso casa.
L' automobile viaggiava silenziosa fendendo l'aria grazie alla velocità acquisita.
Stava per inoltrarsi la sera nonostante fossero già le 7.00 passate.
La bella stagione era imminente, Maggio era agli sgoccioli, la notte cominciava a calare sempre più tardi e il tepore dei raggi solari che tutto il giorno avevano riscaldato l'ambiente, continuavano ad aleggiare rendendo confortevole e molto piacevole il viaggio di ritorno.
Chichi era seduta sul posto accanto al guidatore, i capelli leggermente mossi dall'aria entrante dal finestrino semi aperto, il sorriso compiaciuto e tranquillo sul suo viso.
Era felice, felicissima che la bambina stesse bene e che la gravidanza procedesse senza alcun problema.
Per un attimo si era preoccupata quando il dottore si era fatto pensieroso e serio, l'ansia di quel momentaneo silenzio l'aveva messa in guardia, pregando che non fosse successo nulla di grave e che la sua piccola continuasse a stare bene.
Le sue preghiere furono accolte e tutte le preoccupazioni, i dubbi che le erano passati per la mente sparirono come se nulla fosse successo.
La cosa che l'aveva sorpresa era stata anche l'improvvisa inquietudine di Goku.
Di solito era lui quello spensierato e ottimista, e lei quella ansiosa e cauta.
Quel turbamento in lui non significava niente di buono, se si era spaventato ci doveva essere un motivo.
Si voltò osservandolo intento nella guida; sembrava molto concentrato, il viso serio e la fronte aggrottata.
Normalmente era più rilassato quando guidava, forse avrebbe dovuto chiedergli se c'era qualcosa che lo turbava.
Annuì tra sé e prese parola.
“Goku, ti senti bene?” gli domandò dolcemente anche se il timbro della sua voce rivelava un briciolo di tensione.
Il Saiyan fu come risvegliato dai suoi pensieri e notando che la moglie lo stava fissando capì che era stato interpellato.
“Uhm? Hai detto qualcosa?” le chiese, senza abbandonare l'espressione seria sul suo volto.
Da come la donna sospirò, capì che era preoccupata per il suo atteggiamento.
Non voleva metterle in testa altri dubbi, sapeva perfettamente che se avesse parlato con lei del suo presentimento, sicuramente si sarebbe agitata e, decisamente, non ne valeva la pena.
Purtroppo fin dalla partenza dall'edificio, non aveva fatto altro che pensare a quel dottore e al fatto che stesse nascondendo qualcosa di pericoloso.
I suoi sensi lo inducevano a non trascurare quel repentino cambiamento, si era sempre fidato del suo istinto e questo non lo aveva mai tradito, anzi il più delle volte era stata proprio la sua indole Saiyan a salvarlo dai pericoli e a metterlo in guardia.
Possibile che questa volta si sbagliasse?
Comunque doveva smetterla di pensarci, per ora, e non farla più insospettire.
“Scusami ero soltanto in sovrappensiero.” disse dolcemente abbandonando il cruccio e lasciando spazio ai suoi inimitabili sorrisi.
Chichi non era del tutto convinta, per un attimo osservò attentamente il marito sperando di poter scorgere in lui qualcosa che le avrebbe fatto capire se le stesse dicendo la verità.
Rassegnata, lasciò perdere. A volte gli sguardi del marito erano così espliciti che non c'era bisogno di eventuali parole, erano i suoi occhi a parlarle, mentre in altri momenti era impossibile leggergli la mente e capire cosa gli stesse passando per la testa.
Quel Saiyan era davvero unico.
Sorrise un po' esitante per poi continuare ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino, svuotando la mente da qualsiasi altro pensiero.


Arrivarono a casa dopo una mezz'ora.
Goku aveva aiutato Chichi a scendere dall'auto; era davvero esausta e non si era mai sentita così stanca in tanto tempo. Eppure non aveva fatto sforzi eccessivi!
Entrò nella dimora sorretta da Goku e appena arrivò in cucina trovò il tavolo già apparecchiato e i due ragazzi che frugavano tra gli scompartimenti di pentole e tegami per preparare la cena.
A Chichi si inumidirono gli occhi, commossa e grata per la gentilezza e premura dimostrata dai suoi figli.
Fu Goten il primo ad accorgersi del ritorno dei genitori e in meno di un secondo era già appiccicato alle gambe della madre.
Gohan si avvicinò ai genitori sorridendo.
Indossava un grembiulino da cucina e Goku non riuscì a trattenere una risata di scherno.
In compenso ricevette uno scappellotto dalla moglie.
“Non prendere tanto in giro. Ti ricordo che anche tu hai indossato quel grembiulino quando ero incinta di Gohan! Dovresti essere orgoglioso di tuo figlio...” lo sgridò per poi commuoversi a tanta premura.
Questa volta furono entrambi i mezzi Saiyan a ridere al pensiero del padre con addosso un grembiulino da cucina.
Goku arrossì lievemente per poi unirsi alle risate dei figli.
“Ragazzi non so come ringraziarvi... siete stati così gentili... e dolci... e premurosi!” Chichi si stava asciugando gli occhi con un fazzolettino bianco per poi essere interrotta dal primogenito.
“Quando abbiamo visto che alle sette non eravate ancora arrivati io e Goten abbiamo pensato di darci da fare ed apparecchiare.” sorrise per poi portarsi una mano dietro alla nuca stile Goku.
“Per la cena però non siamo bravi quanto te e quindi...” Gohan si voltò a guardare il fratellino con sguardo complice e scoppiare insieme in una risata imbarazzata.
“...abbiamo deciso di ordinare un po' di pizze!”.
Chichi li osservava con dolcezza, gli occhi così lucidi da appannarle la vista, un sorriso grato ed emozionato che sapeva esprimere tutto il suo orgoglio per i figli, ormai grandi e responsabili che sapevano sempre regalarle tante soddisfazioni e colmarle il cuore di pura gioia.
“Grazie ragazzi. Siete stati molto carini, penserò a qualcosa per ricompensarvi.” aggiunse la donna con la voce tremante mentre si asciugava le lacrime con un dito.
“Figurati mamma... non è niente.” disse Gohan per poi togliersi il grembiule ed abbracciarla.
“Beh, intanto che aspettiamo vi dispiace se vado a farmi un bagno caldo? Sono veramente esausta...” disse, poi, riprendendosi tutto d'un tratto dalla commozione e sorridendo come se non fosse successo nulla.
I due ragazzi sorrisero alla madre, scuotendo la testa.
“Vai pure, mamma. Ti chiamiamo quando arrivano.” aggiunse il piccolo Goten, spingendola incoraggiante verso le scale.
Chichi sorrise, arruffando i capelli già spettinati del figlioletto, per poi prendere sottobraccio il marito.
“Dai Goku, accompagnami di sopra.” gli ordinò, per poi ricevere un sorriso gentile e una lieve pressione dietro la schiena e le gambe, sollevata da terra in braccio al marito.
Mentre si stavano dirigendo verso le scale il telefono squillò e, trovandosi a pochi passi dall'apparecchio, Chichi decise di rispondere, dopo essere stata nuovamente appoggiata a terra da Goku.
“Pronto?”
Chichi fu costretta a distaccare la cornetta dal proprio orecchio quando un urletto decisamente isterico ed emozionato le giunse dal telefono.
Come non riconoscere quella voce un po' petulante ma pur sempre piacevole?!
“Ciao anche a te Bulma.” rispose Chichi sarcastica per poi ridere alla reazione eccessiva della donna.
“Ciao Chichi! Oh, tu non sai... tu non indovinerai mai... io, sono così felice!” continuò la turchina, per poi sospirare felicemente come una ragazzina alle prese con i primi amori.
“Sì, me ne sono accorta. Ma dimmi, che cosa è successo?” chiese la moretta, appoggiandosi al muro di fianco all'apparecchio, giocando con il filo della cornetta.
“Oh, Chichi... è una cosa meravigliosa! Non sto più nella pelle dall'entusiasmo!” continuò Bulma, ignorando la domanda posta un attimo prima dall'amica, sospirando nuovamente.
Anche Chichi questa volta sospirò. Un sospiro più che altro stanco... esasperato.
“Oh sì certo, non lo metto in dubbio. Però vorresti spiegarmi, per favore, il motivo di tutta questa frenesia?” chiese nuovamente la mora, passandosi stancamente una mano sulla fronte.
Goku, intanto, osservava la moglie chiacchierare al telefono mentre attorcigliava e scioglieva il filo del telefono attorno alle dita affusolate.
Chissà perchè quel gesto lo inteneriva tanto; forse per il fatto che giocando in quel modo con l'apparecchio sembrava molto più dolce, più bambina... era una cosa che sempre lo aveva colpito e affascinato.
Sembrava che lei in quel momento, seppur inconsciamente, lo stesse seducendo: con quel pancione enorme che per miracolo la teneva ancora in equilibrio, facendo esternare quel lato tenero ed indifeso che usciva soltanto in momenti particolari ed intimi tra di loro, che gli scioglieva l'anima e che ora, grazie alla gravidanza, faceva capolino dal suo impenetrabile guscio più frequentemente sorprendendo tutti coloro che ormai l'avevano identificata come una donna severa e alle volte rude, con quel piacevole sorriso dipinto in viso e il melodioso suono delle sue risate che aveva il magnifico potere di scaldare il cuore alle persone, facendo scoprire agli altri quel misterioso lato di lei che nessuno oltre a lui e alla sua famiglia aveva mai avuto la soddisfazione di poter assaporare.
Si risvegliò dai quei dolci pensieri da ragazzo innamorato che per un attimo gli avevano fatto dimenticare il presente scuotendo la testa e sbattendo le palpebre, udendo nuovamente il suono della sua voce che poco prima si era fatto più ovattato facendo da sottofondo a quella catena di pensieri su di lei.
Si avvicinò, quindi, alla donna appoggiando la schiena contro il muro nella sua stessa posizione, ascoltando più intensamente la conversazione tra lei e Bulma.
Chichi sospirò nuovamente, visibilmente stanca e annoiata dal comportamento infantile dell'amica.
“Fammi indovinare: Vegeta ha scassinato una gioielleria e ti ha regalato un enorme anello con incastonato un diamante pregiatissimo... oppure hai comprato una nuova borsetta che si abbina perfettamente al colore dei tuoi capelli della marca più costosa a questo mondo...” cercò di indovinare svogliatamente la moretta, volendo terminare al più presto quella conversazione fatta più che altro da urletti euforici ed insopportabili.
Goku sorrise al sarcasmo inimitabile della compagna per poi tornare serio e preoccupato quando si accorse che qualcosa in lei non andava.
“Ah, ah, ah... molto spiritosa Chichi! Ti diverti tanto a prendere in giro la mia passione per lo shopping? Su ammettilo!” Bulma però non ricevette risposta. Si insospettì e più volte chiamò il nome dell'amica per sentire se fosse ancora in linea.
Chichi si stava aggrappando al muro, improvvisamente pallida e la testa le girava in modo impressionante.
Ringraziò mille volte il cielo quando percepì le braccia muscolose di Goku sorreggerla evitando di farla cadere a terra.
Si riprese dal capogiro sorridendo ed annuendo al 'Ti senti bene?' premuroso del marito, riprendendo la conversazione con l'amica.
“Scusami Bulma, ho avuto un breve giramento di testa, ora sto meglio... però ti prego sbrigati e arriva al dunque, sono piuttosto stanca e vorrei farmi un bel bagno caldo.” si scusò, per poi appoggiarsi nuovamente al muro in attesa che la turchina rispondesse.
“Va bene, se hai tanta fretta te lo dico.” rispose Bulma, per poi prendere un bel respiro e rivelare la novità all'amica.
“Chichi... sono incinta!” La moretta distaccò un ennesima volta la cornetta dal proprio orecchio, quando un altro urletto stridulo le perforò quasi un timpano.
Chichi sorrise felicemente per poi congratularsi con l'amica.
“Bulma... è una notizia bellissima! Congratulazioni!” si complimentò sinceramente felice per la bella notizia.
“Lo so... sono emozionatissima! Ti immagini, Chichi, i nostri due figli giocare insieme e crescere come fratelli? Sono così entusiasta!” esclamò la turchina sospirando un'ennesima volta.
“Certo, sarebbe stupendo! Scusami cara, ma devo lasciarti. Ne parliamo domani, va bene?” rispose Chichi per poi aggrapparsi alla maglia di Goku e reggersi in piedi.
“Okay. Però devo chiederti un' ultima cosa poi ti lascio in pace.”
“Di che cosa si tratta?” chiese Chichi incuriosita.
“Vorrei invitare tutti quanti da me questo fine settimana. Voglio festeggiare e mi piacerebbe se anche voi veniste.” rispose speranzosa Bulma alla domanda dell'amica.
Ci fu un attimo di pausa, poi Chichi parlò di nuovo.
“Sì, va bene. Spero solo di stare bene.” accettò, per poi sospirare tristemente, ripensando al precedente capogiro.
“Grazie, grazie, grazie! Allora ci vediamo sabato alle 7.00 in punto di sera, qui a casa mia!”
“Okay, Bulma. Bacio e saluta tutti.”
“Certo e tu fai altrettanto. Ciao, ciao.”
Chichi appoggiò la cornetta sul ricevitore e sorrise al marito che continuava ad osservarla incuriosito.
La donna si abbandonò alla morbidezza del corpo del Saiyan affondando il viso nel suo petto e sospirando.
Goku accarezzò dolcemente la schiena della moglie, cullandola nel suo abbraccio e stringendola un poco a sé, per poi pronunciare la fatidica domanda.
“Cosa ti ha detto Bulma di così emozionante?”
Chichi, con ancora gli occhi chiusi e il viso appoggiato ai possenti pettorali del marito, sorrise per poi rispondergli senza spostarsi di un centimetro da quella posizione così rilassante e comoda.
“Bulma è incinta.” il suo timbro di voce, parve in quel momento annoiato e stanco, anche se era particolarmente felice per l'amica.
“E lo dici così? E' una notizia stupenda! Sono molto felice per lei e anche per Vegeta, ovvio!” contestò Goku, staccando da sé la moglie un po' contrariata a quel gesto, per poi osservarlo con un cipiglio semi-offeso.
“Guarda che anche io sono felice per lei, è solo che sono stanchissima e voglio rilassarmi, tutto qui.” rispose la moretta continuando a fissare il marito con lo stesso sguardo oltraggiato.
Chichi sospirò stancamente per poi aggrapparsi al collo muscoloso del marito e osservarlo con la stessa stanchezza impressa nei suoi occhi d'ebano.
“Per favore, Goku... è possibile poter fare un bagno caldo e lasciare che il mio corpo sfinito si possa rilassare un poco?” chiese la donna, chiudendo gli occhi e sospirando per l'ennesima volta contro i suoi pettorali.
“Sì, scusami.” bisbigliò il Saiyan, baciandole delicatamente la fronte per poi prenderla in braccio e accompagnarla al piano superiore.



Sabato primo giugno.
Era arrivato finalmente! Il tanto atteso giorno dei festeggiamenti, il giorno della rimpatriata con gli amici più cari, il giorno delle risate e della compagnia, il giorno più agognato della settimana.
Goten era decisamente euforico all'idea di poter incontrare di nuovo l'amico fedele Trunks e poter trascorrere un'intera serata con lui.
Gironzolava per la casa esibendo quel sorriso dolce e semplice che lo rendeva così incredibilmente simile al padre, sorrideva, sghignazzava mettendo il buon umore a tutta la famiglia con la sua travolgente gaiezza e ingenuità.
Chichi era seduta sul divano e osservava divertita il figlioletto mentre giocava animatamente con il padre, aspettando l'imminente arrivo di Juman, anch'egli invitato al mega party.
I capelli lunghi e lucenti raccolti in un'alta coda, due ciuffi neri le cadevano ai fianchi del viso e addosso un vestitino semplice e leggero color panna a maniche corte lungo fino a un dito sopra le ginocchia, i piedi nudi accoccolati sul divano.
Osservava padre e figlio mentre lottavano per farsi il solletico, rovesciandosi sul divano, rotolando a terra, facendola ridere di gusto.
Gohan osservava il quadretto dalla cucina, mentre si sforzava inutilmente di finire i compiti, sghignazzando ogni tanto alle buffe smorfie del padre e del fratellino.
“Dai adesso basta. C'è un limite a tutto.” disse la moretta cautamente, la voce rilassata e un sorriso smagliante sul viso.
Padre e figlio obbedirono agli ordini e si ricomposero, poi il piccolo Goten si avvicinò alla madre inginocchiandosi davanti a lei, faccia a faccia con il pancione prosperoso di ormai sette mesi.
Appoggiò una manina sul tessuto, sentendo subito la sorellina rispondergli al saluto con un calcio, il quale fece sobbalzare Chichi dal dolore.
“Ahi! Questa bambina diventerà una peste, me lo sento... che male!” si lamentò Chichi, socchiudendo gli occhi, stringendo la veste nelle mani, serrando i denti per alleviare il dolore, mentre il piccolo di casa sorrideva accostando l'orecchio al pancione, come se si aspettasse di udire un commento da parte della sorellina all'insulto della madre.
Goku sorrise, sedendosi vicino alla moglie, prendendole la mano ancora saldamente avvinghiata al tessuto, stringendola un poco nella propria.
“Sarà un angioletto come sua madre” rispose deponendole un piccolo bacio sulla punta del naso, appoggiando l'altra mano sul ventre gonfio, sorridendo quando la creaturina si fece sentire anche a lui, in modo più delicato, questa volta.
Il Saiyan si voltò nuovamente in direzione della moglie, guardandola dolcemente negli occhi.
“Visto?” continuò, avvicinandosi alle labbra della moglie, deviando il bacio sulla fronte quando lei chiuse gli occhi aspettandosi un contatto con le sue labbra.
Sghignazzò divertito, pienamente cosciente del fatto che lei odiava quei tipi di scherzetti ma che lui continuava insistentemente a tenderle solo per il gusto di vederla soffiare spazientita.
Chichi lo osservò imbronciata, specchiandosi in quegli occhi così neri e profondi, smarrendosi nella loro oscurità e allo stesso tempo nella dolcezza e nell'amore, sentimenti che traboccavano visibilmente da quell'oceano di sensazioni e stati d'animo, non resistendo all'irrefrenabile bisogno di accarezzare quel suo viso d'angelo e assaporare le sue labbra morbide e allo stesso tempo mascoline che tanto adorava.
Goku sorrise contro le sue labbra, intenerito da quella incontenibile frenesia e passione che contrastavano, ora, la sensibilità di quel cuore coraggioso e un po' orgoglioso, assecondando il bisogno della moglie con più ardore.
Goten, nel frattempo, aveva abbandonato la scena, imbarazzato alla vista dei suoi genitori così vicini e appiccicati l'uno alle labbra dell'altro.
Inizialmente, quando ancora non era abituato alla presenza del padre in casa e a quel continuo scambio di baci tra i genitori, era contento di vederli così uniti e quando si staccavano gli sorridevano al suo sguardo incuriosito, accarezzandolo e coccolandolo, facendolo sentire partecipe a quell'affetto.
Ora però cominciava a sentirsi quasi... d'impiccio, di troppo insomma, soprattutto da quando quella volta che era entrato nella loro camera senza bussare li aveva trovati più appiccicati del solito mentre si baciavano in modo diverso rispetto alle altre volte, diversamente da quando lui era lì presente che li osservava.
Da quella volta aveva imparato a lasciarli soli alle prese con le loro effusioni, senza più intromettersi.
Si incamminò, quindi, in cucina raggiungendo il fratellone, accomodandosi su una sedia accanto osservando il ragazzo impegnato a scrivere formule matematiche e soluzioni algebriche, ma non fece in tempo ad aprir bocca che il campanello suonò e in meno di un secondo si trovò ad aprire la porta al nonno Juman.
“Nonno!” squittì Goten, saltandogli al collo facendo barcollare il gigante nonostante la sua imponente corporatura.
“Ehi, piccoletto! Oh, cielo ma che cosa ti danno da mangiare i tuoi genitori per farti crescere così velocemente?!” scherzò l'uomo, per poi appoggiare il nipotino a terra e salutare Goku e Chichi mentre osservavano nonno e nipote giocare felici.
Salutò con un cenno il giovane Gohan, che aveva alzato il viso dalle montagne di libri mentre gli dava il benvenuto agitando la mano.
Si avvicinò, poi, alla figlia e l'abbracciò, ridendo di gusto quando il pancione della donna gli impedì di stritolarla al suo corpo.
“Ti trovo bene Chichi. Anche se mi sembri un po' stanca... spero non ti facciano lavorare questi Saiyan!” pronunciò con l'inconfondibile vocione dolce e scherzoso, accarezzandole una guancia e il mento, dando poi una pacca alla schiena di Goku che gemette a quel contatto.
Chichi sorrise per poi scuotere la testa al padre e rispondergli: “No, no... i miei uomini sono anche troppo bravi, non mi lasciano più fare niente.” disse orgogliosa, intrecciando la mano con quella di Goku.
Juman sorrise fiero e grato al capo famiglia, stringendogli la spalla con una mano affettuosamente.
Chichi si staccò dal quadretto prendendo la borsetta lasciata sul divano e il copri spalle.
Si voltò, poi, verso i figli in cucina.
“Gohan, Goten siete pronti? Dobbiamo andare, forza!” li chiamò per poi raggiungere di nuovo il marito e il padre mentre chiacchieravano.
“Papà noi siamo pronti. Se vuoi possiamo partire anche adesso.” disse Chichi rivolgendosi al padre, mentre questi annuiva.
“Certo, andiamo.”
La famigliola, quindi, uscì di casa e ognuno si diresse verso le proprie auto; Juman salì sulla sua data l'imponente stazza, mentre i Son salirono sulla loro dirigendosi verso la Capsule Corporation.



Il viaggiò durò meno di mezz'ora.
Appena l'auto fu parcheggiata Goten sgattaiolò via, andando incontro a Trunks che lo stava aspettando fuori dall'entrata.
Anche Gohan sparì in meno di un minuto, correndo verso la fidanzata intenta a conversare con il padre.
Goku e Chichi rimasero, quindi, soli.
Il Saiyan scese dall'automobile, aprendo il baule e scaricando le borse di cibo che lui e i figli avevano preparato sotto istruzione della moglie.
Si diresse per aiutare Chichi a scendere quando notò che la moglie era piegata in due, il viso contorto in una smorfia di dolore e le mani sulla pancia.
Senza pensarci un attimo corse verso di lei con crescente preoccupazione.
“Chichi!” gridò, alzandole il viso e notando con sollievo che il dolore sembrava essere passato.
Le accarezzò il viso, leggermente sudato sentendola ansimare, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Chichi... amore cos'è successo?” continuò, questa volta bisbigliando continuando ad accarezzarle i capelli e la schiena, cullandola nel suo abbraccio mentre lei iniziava a recuperare il respiro regolare.
“I-io non lo so. E' stato un attimo... ho sentito la piccola calciare con una forza impressionante, come... come se volesse uscire... e, e poi un dolore allucinante... non ci capisco più niente.” bisbigliò quasi con le lacrime agli occhi, le mani che tremavano dallo spavento mentre affondava il viso nel collo del marito.
“Adesso è tutto finito, stai tranquilla...” la rassicurò il Saiyan per poi prenderla in braccio e farle prendere un po' d'aria. L'appoggiò a terra mentre lei continuava a tenersi stretta a lui.
“Te la senti di camminare o preferisci che ti prenda in braccio?” le chiese premuroso, carezzandole una guancia, tenendola ancora saldamente stretta al suo corpo.
“No... ce la faccio.” rispose, staccandosi leggermente e cautamente dal marito, poi rivolse di nuovo lo sguardo verso Goku, preoccupata e ancora spaventata.
“Goku... perchè è successo? Io ho paura... non voglio che accada nulla alla mia piccola, non voglio... non voglio!” continuò tra le lacrime, tuffandosi nuovamente tra le braccia del marito, appoggiando le mani sul suo petto, mentre piccole gocce salate incominciarono a scenderle copiose dagli occhi.
Goku sospirò. La strinse a sé con ardore, le accarezzò la schiena, chiudendo gli occhi cercando di trasmetterle tutta la calma e il calore rimastogli in corpo, nonostante anche lui fosse terribilmente inquieto.
“E' tutto a posto ora. Ci sono qui io, tesoro... farò in modo che non vi accada nulla, né a te, né alla nostra piccola, capito?” le sussurrò, il mento appoggiato sul suo capo, gli occhi chiusi, mentre tentava con piccole carezze di acquietare i sommessi singhiozzi della moglie.
La staccò lievemente da sé, cingendole il viso tra le mani; fronte contro fronte mentre lei sospirava, i suoi occhi neri e profondi in quel momento particolarmente determinati che la fissavano con convinzione, per poi baciarle la fronte e scendere alla curva del naso arrivando alla punta depositandovi un piccolo bacio.
Le asciugò le lacrime che ora avevano smesso di scendere, ascoltando il suono dei suoi singhiozzi farsi sempre più basso fino a che non tacque definitivamente, mentre lei sospirava tranquillizzata dalle parole dolci e confortanti del marito.
Si staccò dall'abbraccio del Saiyan e lo fissò negli occhi ancora determinati e addolciti allo stesso tempo dall'incredibile fragilità che dimostrava in momenti critici come quelli, mentre quelli di lei ora erano velati di tristezza e lucidi dato il recente sfogo.
“Goku... pensi che dovrei andare a farmi vedere? A questo punto credo proprio che non si tratti soltanto di un po' di fermento.” disse, la voce bassa e preoccupata.
“Direi proprio di sì, Chichi. Domani ci presentiamo dal dottore così che ti possa visitare... poi vedremo cosa dirà.” rispose il giovane scostandola da sé, circondandole le spalle con un braccio prendendo le borse lasciate a terra con l'altro e camminando verso l'entrata della Capsule Corporation.
“Non so se posso aspettare domani... ho un brutto presentimento.” continuò la donna, lasciandosi condurre dal marito verso l'edificio.
“Ti capisco Chichi, ma sarebbe una perdita di tempo. A quest'ora non ci saranno più le visite e quasi tutti i dottori saranno impegnati con altre donne che dovranno partorire, oppure che hanno problemi ben più gravi del nostro. Non credo sia conveniente aspettare ore e ore in una sala, seduti su sedie scomode in attesa che qualche esperto si liberi e sia disponibile a visitarti. Tanto vale aspettare domani, non credi?” rispose Goku, entrando nell'immenso edificio insieme a Chichi mentre ella annuiva senza aggiungere altro.
'Speriamo che nel frattempo non succeda qualcos'altro di brutto' pensò lei, mentre Bulma correva nella sua direzione con le braccia aperte e un sorriso a trentadue denti stampato in viso.


La stanza prestabilita per l'enorme cenone era incredibilmente spaziosa: i muri erano colorati di un violetto acceso, i quadri di diversi artisti famosi e non, adornavano e riempivano gli spazi vuoti della stanza.
Sul fondo vi era un imponente camino di marmo, contornato da legno di ciliegio pregiatissimo a sua volta lavorato raffinatamente.
Ai lati si estendevano varie credenze anch'esse di ciliegio le quali al loro interno custodivano premi e fotografie dei numerosi concorsi vinti dalla famiglia Brief nel corso delle generazioni.
Infine al centro una lunghissima tavolata, con posate finemente elaborate insieme alla costosissima serie di servizi di porcellana, le varie pietanze già predisposte in tavola, accompagnate da bizzarri contorni di frutta e verdura.
La maggior parte degli invitati rimase piacevolmente colpita da tanto lusso e grazia, mentre quelli restanti, ossia i nostri amati Saiyan, erano più che altro impazienti di poter gustare le prelibatezze imbandite sul tavolo.
Bulma si fece spazio tra la folla, per poi posizionarsi davanti agli invitati schiarendosi la voce.
“La cena è pronta, potete...” la turchina non riuscì nemmeno a finire il discorso che metà degli invitati si trovava già a tavola a gustare i piatti senza troppi complimenti.
Chichi si avvicinò all'amica, sorridendole incoraggiante e conducendola verso gli altri.
“Ricorda che sono Saiyan.” le sussurrò per poi prendere posto a fianco al marito che già aveva consumato un paio di piatti di portata.
Durante la mangiata si poteva udire perfettamente il grande schiamazzo delle risate di Genio, ormai sbronzo a causa dei numerosi bicchieri di vino rosso, accompagnate dalle esclamazioni agitate ed eccitate di Bulma mentre parlava con le amiche della nuova gravidanza, e come scordare i rumori emessi senza un briciolo di decenza da tutti i Saiyan, i quali ingurgitavano cibo a più non posso, un piatto dopo l'altro ignorando i ripetuti richiami delle mogli e madri?
Generalmente la cena vene consumata in allegria e spensieratezza, ma qualcosa turbava la mente di Chichi; un brutto presentimento che continuava a perseguitarla senza tregua.
Aveva abbassato la testa, ormai stanca di sentirsi ripetere sempre le stesse cose dall'amica Bulma, stanca di quel chiasso che la stava torturando, stanca fisicamente per motivi che non riusciva a comprendere.
Sentì un braccio circondarle le spalle e immediatamente un dolce tepore invase tutto il suo corpo.
Goku si era avvicinato a lei, accostandola al suo corpo mentre continuava a conversare scherzosamente con gli amici.
Avrebbe voluto rimanere così ancora per qualche istante, avvolta in quel calore che sempre riusciva a farla rilassare, a dimenticare i problemi lasciandosi cullare dal dolce respiro del suo amato Saiyan, ma un'altra fitta le colpì il ventre e si irrigidì nell'abbraccio di suo marito.
Goku si voltò e notò con preoccupazione il pallore sul viso della moglie, la scosse un pochino mentre cercava il suo sguardo per poi accorgersi di quanto fosse sofferente.
Chichi cercò con tutte le sue forze di scacciare quel dolore crescente; la voglia di urlare era indescrivibile, si morse il labbro inferiore con forza inaudita ferendosi a tal punto da far uscire un rigolo di sangue, le mani che stringevano la maglia del marito e le lacrime che minacciavano di uscire dal dolore.
In quell'istante tutta la sala cadde in un inquietante silenzio, mentre tutti i visi erano concentrati sui due sposi.
Goku continuava a chiamare il suo nome; il panico che cresceva a dismisura perchè Chichi continuava a non guardarlo e a sopportare il dolore, quando finalmente la sentì rilassarsi un po' di più, il suo corpo scosso ancora da brividi, il sangue che le scorreva sulle labbra.
“Chichi! Forza rispondimi!” disse cercando di non urlare nonostante il tono della sua voce fosse abbastanza alto, mentre sentiva la calma abbandonarlo lentamente.
Goten e Gohan guardavano la scena spaventati entrambi in piedi, soprattutto il più piccolo era diventato improvvisamente pallido con gli occhi sgranati e lucidi.
Chichi aprì gli occhi, e solo allora si accorse che tutta l'attenzione era rivolta a lei.
Vide Goku sospirare, sollevato mentre prendeva un tovagliolo pulito posandoglielo sul labbro ferito.
Continuava a guardarla con timore cercando in tutti i modi di nasconderlo ai propri figli perchè sapeva che si sarebbero spaventati ancora di più.
La donna aveva smesso di tremare, continuando a mantenere, purtroppo, lo stesso pallore, gli occhi lucidi che ancora trattenevano le lacrime.
“Mamma...” sussurrò tra le lacrime Goten, mentre osservava la madre così pallida e sofferente.
Chichi si voltò al richiamo del figlioletto e le si spezzò il cuore quando incontrò quegli occhioni dolci così tremendamente impauriti.
Gli sorrise incoraggiante, cercando di risultare il più convincente possibile.
“E' tutto a posto, Goten. Ho avuto solo una fitta... non è nulla.”
Si alzò aiutata da Goku che continuava a guardarla con preoccupazione.
“Chichi, è meglio se andiamo a farti vedere. Ci faremo visitare d'urgenza, aspetteremo se è necessario, ma tu non puoi continuare così.” le disse, la voce apparentemente calma, mentre la sorreggeva tenendola saldamente per i fianchi, gli occhi così seri ed indecifrabili che la fissavano con determinazione.
“Va bene... però prima devo andare in bagno.” rispose, sorridendo lievemente al marito sollevata perchè sembrava che si fosse calmato.
“Ti accompagno.” disse fermamente il Saiyan, abbassandosi un poco per prenderla in braccio quando Chichi si scostò.
“No, Goku. Non c'è bisogno, tu aspettami qui.” lo tranquillizzò, mentre si staccava dalla presa ferma del marito il quale insisteva nel non volerla lasciare sola.
“Neanche per sogno. Se dovesse...”
“Goku, ce la faccio. Fidati di me. Non sono ridotta così male, aspettami qui, faccio presto.”
Chichi aveva interrotto il marito, colpita da un'improvviso scatto d'orgoglio che aveva sorpreso tutti i presenti, offesa per il fatto che Goku la trattasse come una neonata quando riusciva a fare benissimo il suo dovere.
Goku non protestò; sapeva molto bene che quando sua moglie si metteva in testa una cosa era impossibile contraddirla o farle capire le sue motivazioni. Si limitò soltanto ad annuire esasperato e ad osservarla mentre si avviava verso l'uscita della stanza, svoltando a destra in direzione del bagno.
Si sedette stancamente, sperando con tutto il cuore che in quel breve tragitto non le accadesse nulla di brutto, anche se un terribile presentimento gli stava allarmando tutti i sensi.

Chichi camminava spedita lungo il corridoio deserto e semi-buio; i suoi passi risuonavano come un eco sul pavimento di marmo.
Era persa nei suoi pensieri, ancora offesa per la mancata fiducia che Goku aveva in lei, almeno era questo quello che pensava.
Ovviamente la rallegrava il fatto che suo marito si preoccupasse così tanto per lei, era indiscutibile il fatto che Goku volesse rimediare a tutti gli spazi vuoti che aveva lasciato in quei sette anni, che volesse migliorare come padre, come marito... essere più presente con la famiglia e mostrare il suo affetto, ciò non faceva altro che colmarle il cuore di gioia.
Goten aveva sofferto per la mancanza di un padre, del suo adorato padre che fin dalla nascita gli era stato presentato come un eroe, un mito, una leggenda e che da quel momento aveva imparato ad amare.
Questa bambina, ora, aveva la possibilità di vivere felice ed unire ancora di più la loro famiglia, di approfondire il legame tra loro e rimarginare tutte le ferite ancora aperte procurate da quella sofferenza che la famiglia Son era stata costretta a subire e dimenticare una volta per tutte il dolore che per anni non li aveva mai abbandonati.
Arrivò finalmente nel sontuoso e anch'esso lussuoso bagno della Capsule Corporation: era una stanza grandissima e divisa in due parti da una porticina, la quale conduceva al wc.
Chichi si fermò davanti all'enorme specchio, e solo in quel momento si accorse del pallore sul suo viso, sussultando perchè quasi non si riconobbe.
Avvicinò le dita alle gote per poi appoggiare totalmente il palmo non percependo alcun calore.
Forse l'allucinante dolore di poco prima le aveva quasi completamente portato via il colorito dal suo viso.
Fu proprio in quell'istante che un'altra tremenda fitta le colpì il ventre, questa volta il dolore ancora più intenso di prima.
Strinse i denti con tutta la forza in corpo, ma nulla c'era da fare.
Si accasciò a terra contro il muro, tenendo saldamente le mani accostate al ventre, il dolore che cresceva col passare del tempo, respirando con affanno.
Si mise a carponi, sperando di poter alleviare il dolore come tante volte aveva fatto, ma tutto quello che riuscì ad ottenere fu soltanto un intenso giramento di testa che la costrinse ad appoggiarsi nuovamente con la schiena al muro.
Non riusciva a muovere un muscolo, avrebbe voluto urlare il nome di Goku, ma era completamente paralizzata; brividi freddi che le correvano su e giù per la spina dorsale, le lacrime che scendevano copiose dagli occhi, il corpo tremante.
Infine, un ultima e straziante fitta che la fece erompere in un acuto grido di dolore, come se la lama di un coltello le stesse lentamente squarciando il ventre, le sembrava che stesse urlando il nome di suo marito, ma nemmeno un suono fuoriusciva dalla sua bocca e di questo lei non ne era al corrente...
Il suo cuore, il suo fervido e forte cuore perse per l'ennesima volta un battito quando per terra notò una piccola chiazza di sangue ingrandirsi sempre più e farsi sempre più grande, e in quel momento realizzò cosa fosse successo.
'No, no, no, no, No, NO, NO, NO!' era il suo muto lamento, la vista appannata dalle lacrime che come torrenti scendevano rapidamente dal suo viso.
In quell'attimo vide tutte le immagini dei momenti più dolci della sua gravidanza passarle davanti agli occhi come fossero diapositive mentre, con una lentezza assassina, la disperazione stava infettando ogni più piccola fibra di quella felicità che quella gravidanza le aveva fatto acquisire dopo una lunga assenza.
La sua voglia di vivere stava lentamente abbandonando il suo corpo freddo e dolorante come il sangue che continuava imperterrito ad uscire.
Il suo quesito era soltanto uno:
'Perché lei, perchè la sua bambina?'
Sembrava che la morte si divertisse a portarle via, a sottrarle brutalmente le persone più care al mondo, quelle che più aveva desiderato di avere in tutta la sua vita.
Basta.
Non aveva più voglia di pensare, non aveva più voglia di essere forte per tutti.
No...
Questa volta era davvero finita.
Prima di chiudere gli occhi, l'ultima cosa che riuscì a vedere fu suo marito chino su di lei, la sua bocca che mimava qualcosa di incomprensibile e il suo piccolo angioletto, il suo piccino, il suo piccolo Goten che l'osservava con gli occhi spalancati impietrito, il viso bianco cadaverico e poi...buio.

~*~*~

Goku era ancora seduto a tavola, aspettando il ritorno della moglie. Era inquieto, terribilmente inquieto.
Il suo istinto gli stava urlando che c'era qualcosa che non andava, che non avrebbe dovuto lasciarla andare da sola, sapeva che stava per succedere qualcosa.
I presenti erano ancora tutti in silenzio, Juman che fin da quando aveva visto sua figlia in quello stato, poco prima, aveva abbandonato la sua espressione bonacciona e scherzosa, per lasciar spazio ad un cruccio e un'espressione indecifrabile, anche lui sembrava intimorito.
Gohan e Goten erano rimasti in silenzio, con gli sguardi fissi a terra.
Vegeta sembrava l'unico che si fosse accorto della tremenda agitazione di Goku.
Continuava ad osservarlo, scrutarlo avendo perfettamente capito che l'amico-nemico era all'erta, per qualcosa che sicuramente riguardava la sua compagna.
I Saiyan sono particolarmente sensibili alla salute e protezione delle loro compagne, riescono a percepire grazie al loro sesto senso quando un pericolo è vicino e diventano molto inquieti.
A rompere quel silenzio insopportabile fu l'urlo di Chichi che, come un tuono squarcia il silenzio della notte, aveva improvvisamente raggiunto i presenti, mettendo decisamente fine a quella che sembrava una bellissima giornata.
Goku si alzò dalla sedia con uno scatto felino, rovesciandola a terra, il suo sguardo profondamente scosso dal quel straziante grido di sofferenza emesso dalla sua adorata Chichi.
Senza pensare un attimo di più corse fuori dalla stanza, precipitandosi verso il bagno.
Chichi aveva una straordinaria capacità di trattenere e sopportare il dolore, anche prima era riuscita ad imprigionarlo dentro di sé senza emettere alcun suono se non qualche gemito.
Il fatto che ora, lei, avesse urlato in quel modo così esorbitante poteva soltanto significare che fosse successo qualcosa di grave, tremendamente grave.
Correva in fretta, veloce, guidato dalla preoccupazione che sua moglie fosse in pericolo di vita, guidato dalla paura... paura di scorgere la sua piccola Chi in uno stato orribile.

Vegeta era scattato in piedi un attimo dopo Goku, aveva chiaramente visto la paura sul suo volto prima che lasciasse la sala sotto gli occhi increduli ed impietriti di tutti.
Sapeva con certezza che Kakaroth era in preda alla disperazione... alla paura.
Il panico era il peggior nemico che potesse incontrare un guerriero: quando esso ti attacca non c'è alcuna via di scampo e tale sentimento ti induce a compiere azioni che mai immagineresti; a volte paralizza completamente e Goku ora, completamente spaventato e preoccupato per le condizioni della sua donna, aveva bisogno che qualcuno lo rinvenisse dallo shock.
L'unico che poteva farlo, in quel momento era solo lui.
Stava per raggiungerlo, quando si accorse che anche Gohan e Goten si erano alzati e avevano la chiara intenzione di andare a vedere cosa fosse successo alla loro mamma.
Il principe dei Saiyan si girò nella loro direzione, per poi fulminarli con gli occhi, sul suo viso un'espressione che non ammetteva repliche.
“Voi state qui e non osate muovervi.”
Detto questo corse via, nella stessa direzione di Goku.
Goten scuoteva la testa, le lacrime che avevano ricominciato a scendere dal suo visino, mentre trattenuto dalle braccia del fratello si dimenava perchè voleva raggiungere la sua adorata mamma.
Non era stupido, era stanco di essere considerato troppo piccolo per tutto.
La sua mamma aveva bisogno di lui; se le fosse successo qualunque cosa, sia a lei che alla sorellina, non se lo sarebbe mai perdonato.
Era suo, soltanto suo, il compito di proteggere la piccola.
Lui era il fratello maggiore!
“Lasciami Gohan, lasciami voglio andare dalla mia mamma, lasciami!” e in un attimo di distrazione, il piccolo sgattaiolò via dalla presa del fratello, il quale si era lanciato all'inseguimento del fratellino urlando il su nome.
Anche Gohan era molto preoccupato per la madre, ma non poteva farsi vedere debole davanti al fratello, davanti al padre.
Doveva dimostrare maturità, doveva essere per l'ennesima volta forte per la famiglia anche se ormai era stanco di farlo, stanco di essere la colonna principale della sua famiglia, stanco di non essere un figlio normale e di non essere trattato come tale.
Correva all'inseguimento di Goten, aveva una paura folle che potesse scorgere qualcosa che mai un bambino dolce e sensibile come lui dovrebbe vedere e doveva a tutti costi raggiungerlo, prima che fosse troppo tardi.


'Resisti amore mio, resisti sono qui' si ripeteva nella mente il giovane Saiyan.
Perché diavolo quel corridoio non voleva finire? Doveva arrivare dalla sua Chichi al più presto possibile.
Lei aveva bisogno di lui.
Oh, se le fosse successo qualcosa di brutto, lui... lui non se lo sarebbe mai perdonato.
Infondo lo sapeva che una disgrazia incombeva sulla sua famiglia, come se questa non ne avesse ricevute e sopportate abbastanza!
Riuscì ad intravedere una luce infondo all'orizzonte, un bagliore farsi sempre più nitido e finalmente riuscì a scorgere una stanza illuminata e stranamente aperta.
Aumentò la velocità fino all'estremo e finalmente raggiunse il ciglio del locale.
Si fermò di colpo davanti alla porta e la sorpassò, per poi gelarsi alla vista di sua moglie china sul pavimento, bianca quasi cadaverica, il suo corpo scosso da fremiti, le mani tinte di rosso adagiate sul ventre, immersa in una pozza di sangue.
Un brivido freddo lo immobilizzò nel posto in cui si trovava, le mani serrate in due pugni stretti lungo i fianchi, il cuore che tremava a quella scena, un muscolo della bocca che vibrava impazzito, la ragione che lentamente stava cedendo posto alla disperazione.
Scosse la testa in senso di negazione, la bocca semi-aperta; non voleva credere che fosse vero, non voleva credere che quella fosse la realtà.
Corse più vicino a lei, superando il momentaneo attimo di paralisi.
Ancora una volta il coraggio e la responsabilità verso gli altri aveva vinto la paura che pochi sarebbero stati in grado di sopraffare.
Si inginocchiò di fianco al corpo della donna, prendendola tra le braccia e scuotendola con delicatezza.
“Chichi, Chichi per amor del cielo rispondimi! Rispondimi! CHICHI!” urlò, cercando con tutte le sue forze di rimanere lucido, di non farsi sorprendere da tutte quelle sensazioni che lo stavano sopraffando.
Sentì dei passi avvicinarsi, si voltò e vide Vegeta entrare nella stanza, parlargli, gesticolare... ma lui non riuscì a capire perchè completamente paralizzato alla vista del suo piccolo, Goten, mentre osservava la scena orribilmente pallido, impietrito con le lacrime che non smettevano di sgorgargli dagli occhioni neri, ora terribilmente tristi e sconvolti.
“MAMMA!"

CONTINUA...

Salve bella gente.
Come ormai è usuale, devo farvi le mie più sincere scuse.
Sono passati altri tre mesi dall'ultima volta che ho aggiornato e sebbene mi fossi ripromessa di postare il nuovo capitolo più recentemente, non sono riuscita ad organizzarmi come dovuto e a trovare uno spazio libero per poter dedicare il mio tempo alla fan fiction.
Spero con tutto il cuore che almeno questo aggiornamento sia stato sufficiente a farmi perdonare, almeno un pochino... nonostante sia un pochetto tragico, eheheh (alla faccia del poco tragico!).
Va beh, prima o poi il momento doveva arrivare, giusto o no?
Okay, passo ai ringraziamenti.
Grazie ancora di tutto cuore.

A Cagina: Ciao! Noto con piacere che sei una nuova lettrice. ^^ Sono molto felice che la fic ti piaccia. Grazie per i complimenti, spero di non averti delusa con questo nuovo capitolo. 1 bacione e a presto. Annetta

A Merediana: Ciao carissima! Mi fanno sempre tanto piacere le tue recensioni. Hai visto? La tragedia è arrivata... Per quella faccenda della scritta FALSHBACK, ho rimediato. Anche a me non piaceva la scritta, però non avevo idea di come far capire che si trattasse di un falshback. Leggendo altre ff nel frattempo ho visto che molti usano il corsivo, quindi mi sono associata. ^^ ehehe, grazie per il consiglio... fai benissimo a darmeli, mi servono tutti i consigli possibili ed immaginabili per potermi migliorare, quindi li accetto volentieri. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. 1 bacione e ancora grazie! Annetta

A Kiki87: Carissima Sara, con tanta commozione e gratitudine leggo le tue recensioni che mi scaldano sempre il cuore. Ti ringrazio perchè con tanta voglia e cura analizzi ogni singolo paragrafo del capitolo... mi piace molto il modo in cui commenti il mio scritto, le tue opinioni, i tuoi pareri... divento felicissima perchè da come ne parli attraverso le tue recensioni, sembra proprio che tu ti immerga con il cuore e l'anima di sognatrice nei meandri della storia, come anche io cerco sempre di fare, per potermi immedesimare nel carattere di ognuno e cercare di scrivere al meglio le sensazioni che proverei se fossi nei loro panni. Sicuramente non arriverò mai ai tuoi livelli, perchè come tu sai descrivere ogni singolo stato d'animo non lo sa fare nessuno e per quanto io mi sforzi di "imitarti" il risultato è... sufficiente, anche di meno. Sono contentissima che la figura di Leptine sia stata di tuo gradimento. Come hai detto tu, certi valori che Chichi ha impressi nel suo carattere non può certo averli ereditati tutti dal padre; prendiamo ad esempio la cura, l'impegno, la devozione che ha la nostra donna nello svolgimento delle faccende di casa; certo non me lo immagino Juman con un grembiulino da cucina che insegna a Chichi come preparare i manicaretti... XD deve esserci stata una figura femminile che l'abbia accompagnata nel periodo della crescita, che le abbia trasmesso i propri valori... e dato che la madre di Chichi non è mai stata accennata nel manga e nell'anime, cosa che noi tutti fan diamo per scontato che sia morta, ho deciso di infiltrare questa donna, perchè essendo stata l'educatrice di Chichi, avendola accompagnata nel corso della sua crescita ora riesca a svolgere un ruolo fondamentale anche per la nostra principessa. Anche la complicità tra Goku e Leptine voleva essere una specie di segno: essendo il nostro giovane eroe follemente innamorato di Chichi, mi pareva ovvio che si creasse un legame speciale anche con Leptine, dalla quale -come ho detto prima- ha "ereditato" alcuni caratteri fondamentali che tuttora la rendono unica.
Ecco anche la reazione di Juman hai saputo cogliere così perfettamente... infatti mi sono sempre chiesta che cosa ci fosse dietro quell'animo bonaccione e sorridente del nostro gigante che ha dovuto crescere la propria figlia da solo senza l'aiuto della donna che amava... mi sono sempre immaginata un Juman che, ovviamente, soffre al ricordo della scomparsa dell'amata, che rivede se stesso in Chichi, quando è costretta a crescere due figli da sola aiutata solo dalla sua forza di volontà e dall'amore che prova per il nostro Goku. Un Juman che dietro la sua imponente stazza, nasconde un animo fragilissimo e doloroso segnato dalla scomparsa della sua sposa. Spero con tutto il cuore di essere riuscita, almeno in minima parte, a descrivere decentemente il pezzo più importante di questo capitolo, ossia il momento di Chichi quando si rende conto di quanto successo, spero di aver descritto decentemente la reazione di Goku alla vista dell'amata... eccetera, eccetera. Aspetto ansiosa un tuo parere, Sara. Grazie ancora per tutti gli incoraggiamenti che continui a farmi che mi aiutano a non arrendermi e a portare avanti questa fan fiction, la quale si sta rivelando abbastanza difficile da scrivere, anche per me che sono l'autrice. Aspetto trepidante un tuo commento. Grazie infinite di tutto. 1 bacione, ti voglio un mondo di bene, tua Annetta.

A Elechan86: Ciao Carissima! *Annetta tossisce, poi si sotterra* Mi vuoi ancora perdonare? Un altro ritardone e sei disposta ancora a perdonarmi?
Questa volta sono veramente imperdonabile... Comunque figurati se non ti perdono... mi fa tantissimo piacere sapere che ti è piaciuto il capitolo e spero vivamente che anche questo non sia del tutto sgradevole. ^_^ Ho rimediato alla scritta flashback, scrivendolo in corsivo. In verità ero indecisa se mettere o non mettere quella maledetta scritta, ma non avevo idea di come far capire che si trattasse di un flashback. Leggendo qua e la durante questo periodo ho notato che moltissimi autori scrivono in corsivo quando descrivono scene del passato, eccetera. Comunque, ti garantisco che non commetterò più lo stesso errore, anche perchè in futuro ci saranno altri falshback. Riguardo a Leptine, beh... non so davvero che dirti; nella fan fiction si dovrebbe capire che Leptine è davvero molto vecchia. Di certo lei non avrebbe avuto possibilità di poter andare a trovare Chichi e la sua famiglia, poi ho parlato anche della sorella malata; avrei dovuto spiegarmi meglio ma non mi sono dilungata perchè non era lei l'argomento principale del capitolo, e se avessi spiegato per filo e per segno dove fosse stata in tutti quegli anni, di certo il tema principale sarebbe stato messo...uhm, come dire... da parte. Comunque vedrò di chiarirmi nei prossimi capitoli, quando Leptine rientrerà in scena. La sorella malata c'entra con la sua assenza, ma non voglio anticiparti nulla. Se hai altri dubbi non esitare ad esporli, cercherò di chiarirteli il più semplicemente possibile. ^^ La tragedia, come hai visto, è arrivata e sono curiosissima di sapere il tuo parere su quanto ho scritto, se c'è qualcosa che non ti è piaciuto oppure il contrario. Con questo ti saluto. Grazie mille per la rece, a presto (spero...). 1 bacione, Annetta.

A Evy: Ti ringrazio per i complimenti. Come hai potuto notare, la tragedia è arrivata e adesso sarà dura per tutti superarla. Spero tanto che questo capitolo ti sia piaciuto. A presto e grazie ancora. Spero che continuerai a seguirmi. 1 bacione, tua Annetta.

A Sybelle: Ciao Sarina! Sì, lo so... Leptine non ti va a genio... beh, peccato. ^^ Spero che quando entrerà in scena riuscirò a farti cambiare idea, ce la metterò tutta, anche perchè Leptine sarà una delle persone più importanti per Chichi in questo periodo. Spero tanto che anche questo nuovo aggiornamento ti sia piaciuto. Ti voglio un mondo di bene. A prestissimo. Baciottone, tua Annetta.

A Gokina94: Sono felicissima che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, spero con tutto il cuore che questo non sia da meno. Grazie per i complimenti, 1 bacio, Annetta.

A Sexxxychichi: *Annetta si gratta la testa imbarazzata* Ehm-ehm... ho fatto un po' tardino anche questa volta, eheheh... spero solo di essermi salvata con questo capitolo e di non averti delusa. Grazie mille per i complimenti. Aspetto un commentino. Grazie ancora di cuore. 1 bacio, tua Annetta.

Okay, ringrazio ancora tutti voi che leggete e continuate a seguire la mia fan fic e coloro che l'hanno messa tra i preferiti. Ora devo scappare. Ci sentiamo al prossimo capitolo che spero di poter postare il più presto possibile.
1 bacio a tutti, vostra
Annetta Chan.
















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Capitolo 6
*** Defeated ***


BEYOND THE PAIN

SESTO CAPITOLO: "DEFEATED"


La pioggia cadeva fitta e violenta quella sera di giugno.
I turisti venuti dalle lontane abitazioni per far visita alla modernissima e bellissima città dell'Ovest, correvano ridendo, e alcuni brontolando, al riparo dall'acqua che cadeva rumorosamente sull'asfalto e sui tetti con forza inaudita.
L'acquazzone sembrava aumentare minuto dopo minuto e a distanza di poco tempo, ecco il rombare tonante di un tuono nel cielo nero seguito da innumerevoli diramazioni color argento e oro che illuminavano quella serata tetra.
Alcuni passanti cominciarono ad indicare una scia dorata presentatasi in cielo.
Al primo impatto poteva sembrava una stella cadente, ma di solito gli astri giunti alla fine della loro esistenza non volavano così vicini alla terra, in linea orizzontale e in una notte come quella...
Una donna strillò di spavento sforzandosi di urlare a più non posso per sovrastare i rumori di quella tormenta, ma ben pochi riuscirono a sentirla.
“Oh, Kami è un uomo! C'è un uomo che sta volando!” aveva esclamato.
Ebbene non si sbagliava
C'era un uomo, un Saiyan che in quel momento stava affrontando con innato coraggio la forza incontrollabile della natura e dei suoi effetti.

Goku volava veloce.
Trasformato in Super Saiyan la sua velocità era aumentata di parecchio e sperava con tutto se stesso di poter arrivare in tempo.
Sentiva il corpo scosso da fremiti, brividi freddi che gli correvano impazziti su e giù lungo la spina dorsale, il vento violento tagliargli la pelle come tante piccole schegge, l'acqua gelata penetrargli con facilità all'interno della sua aura dorata e bagnarlo dalla testa ai piedi.
Ma tutto questo a lui non importava.
Continuava ad osservare la creatura quasi inanimata che teneva stretta tra le braccia.
La sua Chichi.
Non poteva nemmeno permettersi di pensare di non poterci riuscire. Lui doveva arrivare in tempo, doveva portarla all'ospedale e farla visitare... doveva aiutarla!
Ogni due minuti abbassava lo sguardo, intento a osservare con insolita paura il chiarore quasi spettrale che emanava la pelle di lei, già chiara di natura.
Non andava bene, così... era troppo, troppo bianca! Troppo fredda, dannazione!
Continuava a chiamarla per nome, ma lei non rispondeva; soltanto i suoi mugugni confusi e sofferenti lo incoraggiavano ad andare avanti e a non tirarsi indietro, a spingere ai limiti più invaricabili la sua velocità già di per sé fuori dal comune.
Ma non era abbastanza.
Sentiva i battiti del suo cuore rallentare lentamente, i mugugni farsi sempre più radi, il suo respiro diminuire col tempo.
Si sentiva le mani fradice, ma non per la pioggia, bensì di un liquido caldo, denso color cremisi.
Una forte nausea lo colpì in pieno stomaco.
Il sangue non gli aveva mai fatto quell'effetto; si poteva dire che vivesse nel sangue! Ci sguazzava quasi tutti i giorni e mai, mai era successo che il suo odore dolciastro gli causasse una simile reazione.
Cercò di non pensarci, sebbene la chiazza color porpora continuasse ad espandersi lentamente come una macchia d'olio sui suoi vestiti.
Dannazione, perde troppo sangue!
“Lasciami morire... lasciatemi morire...” mugugnava con voce impastata dal dolore, “lasciatemi andare dalla mia bambina...”
Goku spalancò gli occhi terrorizzato, mentre percepiva un ennesima gocciolina attraversargli la pelle e scorrergli lungo la mano.
Peccato che quest'ultima, al contrario di tutte le altre, fosse stranamente... calda.
Chichi stava piangendo.
Il Saiyan la strinse con più vigore al suo petto, cercando di cullarla, mentre lei cacciava un ennesimo urlo straziante.
Non ce la faceva più. Dove diavolo era finito quell'ospedale? Non gli sembrava tanto distante dalla casa di Bulma, dannazione!
E poi, eccolo lì: un edificio moderno e di aspetto triste si ergeva davanti ai suoi occhi e, finalmente, ricominciò a sperare.

***

Correva lungo il corridoio immenso e puzzolente di medicinali, tenendo con presa ferma la sponda del lettino a rotelle su cui era stata posata Chichi.
I dottori continuavano ad infilarle siringhe su siringhe di medicinali, e lui si sforzò di non farsi prendere dal panico, anche se il terrore stava lentamente prendendo il sopravvento sul suo controllo, solitamente impeccabile.
Voltò un attimo la testa indietro e vide la sagoma di Vegeta seguirli con passo normale, senza staccargli un attimo gli occhi di dosso.
Stranamente trovò la forza di sorridergli, ringraziandolo mentalmente del suo appoggio.
Si voltò di nuovo quando percepì un altro urlo di dolore provenire dalla bocca di lei. Le strinse la mano libera, sforzandosi di guardarla in viso: una smorfia di dolore si era impossessata dei suoi tratti angelici, deformandone l'aspetto.
I capelli corvini erano sparsi sul cuscino in disordine, alcune ciocche intacconate del suo stesso sangue sporcavano il lenzuolo immacolato che, in quel momento, sembrava putrido in confronto al colorito della pelle di lei.

Svoltarono a destra e a quel punto un paio di mani delicate e piccole lo fermarono davanti ad una porta.
Confuso e disorientato alzò lo sguardo, costretto a distaccarlo dalla visione dolorosa di sua moglie in quello stato malconcio. Davanti a sé trovò un'infermiera giovane e minuta che riusciva stranamente a trattenerlo con facilità.
“Mi lasci andare, che cosa sta facendo?! Devo entrare!” cercò di imporsi il Saiyan, ma non si accorse che il tono della sua voce era tutt'altro che autoritario, anzi... era poco più di un sussurro.
“Mi dispiace, signore. Lei non può entrare adesso. Abbiamo portato sua moglie in sala operatoria e lei non può seguirci. La prego di aspettare pazientemente in sala d'attesa. Noi faremo il possibile per-” la signorina non riuscì a concludere il discorso imparato a memoria, insegnatole dai propri superiori, perchè Goku, irritato da quel tono freddo e distaccato, ma soprattutto da quelle parole prive di buon senso - almeno secondo lui, in quel momento - le afferrò i polsi con forza eccessiva cercando di spostarsela da davanti, mentre lei gemeva di dolore e strillava altri rimproveri e discorsi imparati a pappagallo.
“Si controlli signore, o sarò costretta a chiamare le autorità!”gridò stizzita l'infermiera, sbarrandogli la strada con ostinazione.
Goku non riuscì a controllarsi.
“Se ne vada e mi lasci passare! Io non posso attendere qui quando c'è lei lì dentro, sola che sta soffrendo! Non posso aspettare pazientemente, lo capisce o no?” gridò, riacquistando la voce animata dalla collera, mentre stava per scaraventare la ragazza contro il muro.
Non fece in tempo dato che qualcosa, o meglio qualcuno gli afferrò le braccia e lo spinse contro il muro di fronte alla sala operatoria.
Riconobbe subito quella stretta: Vegeta.
“Vegeta, che diavolo stai facendo?! Mollami subito o sarò costretto a-” il saiyan più giovane non riuscì a finire la frase perchè un pugno forte e deciso lo colpì in pieno viso, facendogli sbattere violentemente la testa contro il muro, che si crepò.
Goku gemette di dolore e a quel punto Vegeta si voltò verso l'infermiera rimasta impalata ad osservare la scena, la bocca spalancata e l'espressione terrorizzata.
“E tu che ci stai a fare qui, ancora, stupida terrestre! Vai dentro e renditi utile, altrimenti lo lascio libero e poi dovrai vedertela da sola!” sbottò il Principe, fulminando la poveretta con uno sguardo inceneritore.
La ragazza annuì tremante ed entrò nella stanza, i capelli dritti dallo spavento.

Goku riuscì a togliersi le mani dal viso, scoprendo il naso sanguinante e uno sguardo assassino. Aveva la vista leggermente sfocata, indebolita dalle fitte di dolore alla nuca che gli causavano un insopportabile mal di testa. Tuttavia quella inutile sofferenza fisica non costituiva affatto un ostacolo per l'intrepido guerriero che, accecato dalla rabbia e dalla disperazione, cercava vendetta su una persona che di per sé non c'entrava nulla.
Vegeta non si lasciò intimorire e contraccambiò lo sguardo con la stessa intensità.
Goku stava per attaccarlo, i capelli biondi e bagnati si drizzarono ancora di più: un aura gigantesca e dorata illuminò di una luce irradiante tutto il corridoio.
Alcune infermiere provenienti da altre camere si precipitarono ad osservare la scena sconcertante, e alcune non riuscirono a trattenere strilli acuti di paura.
Vegeta continuò ad ignorare quegli urletti irritanti e non aumentò nemmeno l'aura per combattere contro l'amico-nemico.
Goku respirava con affanno, gli occhi verde mare incupiti da quello sguardo intriso di odio puro, i denti che digrignavano quasi avesse assunto un aspetto animalesco.
Vegeta continuò a non scomporsi e si lasciò afferrare dal Saiyan per il colletto della maglia, osservando compiaciuto l'atteggiamento fuori dal normale di Goku.
Quante volte aveva sperato di vedere quell'esatta espressione sul viso dell'altro?
“Kakaroth, smettila con questa messinscena e datti una calmata.” disse, accennando un ghigno malefico sul viso spigoloso.
Goku grugnì, preparandosi a caricare tutte le sue forze in attacco letale, ma venne preceduto da Vegeta che gli assestò un pugno in pieno stomaco.
Il ragazzo gemette e si piegò su sé stesso, sciogliendo la presa dai vestiti dell'amico per cingersi lo stomaco con entrambe le braccia.
Le infermiere gridarono e Vegeta le zittì bruscamente.

Trascinò Goku per la tuta fino alla finestra, poi - dopo averla aperta - uscirono di fuori in mezzo alla tormenta che non accennava a calmarsi.
Vegeta trasportò l'amico incollerito su uno spiazzo deserto vicino all'ospedale, una specie di canyon circondato dalla zona civilizzata.
Lo lasciò cadere privo di forze sul terreno, e Goku non fece nulla per evitare di sbattere violentemente il proprio corpo contro la roccia dura e bagnata.
Vegeta sbuffò e lo girò con un piede, poi incrociò le braccia al petto e, per la prima volta in tutta la sua vita, lo osservò dall'alto al basso, con disprezzo.
I capelli del Saiyan più giovane tornarono del solito colore nero e gli occhi della stessa tonalità.
Era debole... debole e indifeso. Quella sarebbe stata l'occasione giusta per estinguere definitivamente quella sua inutile esistenza. Ma il Principe dei Saiyan, ormai, non vedeva più in lui il grande nemico di un tempo.
No... non più. Ora c'era un altro sentimento che li legava, del tutto differente dall'odio e dalla sete di potere.
Si sforzò di alzarsi facendo leva con le braccia sul terreno scivoloso, ma gli arti cedettero.
Vegeta sogghignò.
“Kakaroth, sei patetico.” disse, continuando ad osservarlo.
Tuttavia, pensò questi compiaciuto, vederlo prostrato ai suoi piedi - come l'infimo suddito che altro non era - dava comunque un'indicibile soddisfazione.
Goku tentò di tirarsi su; le braccia tremanti per lo sforzo, le dita quasi conficcate nel terreno, l'espressione contratta dalla fatica.
“Lasciami in pace, Vegeta. Devo andare da Chichi...” sussurrò il ragazzo, la voce ancora roca e segnata dal recente dolore, ancora non del tutto scomparso.
Il sangue continuava a gocciolargli dal naso, sporcando la terra sotto di lui.
“Tu non vai da nessuna parte, conciato come sei.” gli rispose il Principe, abbandonando definitivamente il ghigno per osservarlo con durezza.
“Tu non capisci!" protestò Goku, animato nuovamente dalla rabbia. "Lei ha bisogno di me!”
Cercò di rialzarsi in piedi, di scatto, ma il movimento fu talmente frettoloso da fargli quasi perdere l'equilibrio. Inciampò nei suoi stessi piedi, riuscendo però a non cadere.
“No, invece! Se continui a comportarti da perfetto idiota come hai fatto fino ad ora, non le sarai per niente d'aiuto!” gli urlò contro Vegeta, indurendo sempre più lo sguardo. “Nessuno vuole tra i piedi un pazzo scimmione incollerito, tanto meno la tua donna! Non vedi che non riesci nemmeno a controllarti!” continuò con lo stesso tono autoritario.
Alzò un sopracciglio, guardandolo con un'espressione decisamente disgustata quando Goku tentò di fare qualche passo, rischiando di stramazzare di nuovo a terra.
"... e a stare in piedi." aggiunse, scuotendo la testa con esasperazione.
Goku tacque e, dopo una manciata di secondi, sospirò.
Alzò lo sguardo verso quello di Vegeta e fu in quel momento che il Principe dei Saiyan si accorse di quanta sofferenza e impotenza traboccassero da quegli occhioni sempre allegri.
Non lo aveva mai visto così ridotto male. Diavolo, era davvero a pezzi!
E quel cambiamento subitaneo dell'espressione? Come c'era riuscito? Sembrava si fosse deciso a tornare ragionevole, quando un attimo prima impazziva di collera.
“Mi dispiace.” sussurrò, la voce così intrisa di dolore che Vegeta per un attimo si chiese se quell'uomo, lì di fronte a lui, fosse lo stesso che aveva conosciuto tanti anni fa.
La risposta fu negativa.
“Non so che mi è preso, lo giuro.” continuò, la voce straziante, peggio di un lamento di morte e Vegeta, malgrado le numerosissime volte che si era augurato di poterlo vedere così sofferente e indifeso, ora non riusciva a sopportare tanta malinconia.
“Adesso piantala di fare il rammollito. Non ti servirà a nulla. E' così che speri di aiutare la tua donna?" sbuffò. "Bé, mi dispiace per te amico, ma sei proprio fuori strada...” disse, abbandonando la posa rigida assunta in precedenza.
Si sentiva anche un po' ridicolo. Quelli non erano i discorsi che era solito fare. Non era abituato a consolare la gente.
Tsk, si era proprio rammollito. Altro che Kakaroth...
Goku sorrise, un sorriso malinconico che colpì nuovamente il Principe.
Odiava doverlo fare, ma se era per il suo bene... Se non si fosse più ripreso, poi chi avrebbe combattuto con lui durante le noiosissime giornate che lo aspettavano in futuro su quel patetico, noioso, esasperante pianeta?
Sorrise a quel pensiero, poi si avvicinò a Goku.
“Forza, muoviti," gli prese un braccio e se lo portò dietro al collo. "ti riporto dalla tua donna e poi aspetterò con te fino a che non arriveranno gli altri.” disse, alzandosi in volo senza troppe fatiche.
Goku prese una grossa boccata d'aria, poi sospirò.
 “Grazie, Vegeta...”
L'altro sbuffò.
“Non mi fraintendere Kakaroth. Voglio solo che questa storia finisca," ghignò: gli occhi scintillanti di malizia. "così potrò menarti di nuovo e vederti soffrire.” ridacchiò, sadico e compiaciuto. “Non immagini che gusto ho provato quando ti ho visto a terra sconfitto.”
Goku sorrise senza aggiungere nulla. Poteva lasciarlo illudere per quella volta, dato l'aiuto che gli stava offrendo di sua volontà.
“Sì, sì. Bravo. Risparmia il fiato per le smancerie che dirai a tua moglie più tardi.” disse sempre ghignando il Principe.
Goku questa volta rise, di quella risata musicale e spontanea che ammaliava sempre tutti. Poi tacque fino all'arrivo in ospedale, lasciandosi condurre nella sala d'aspetto dove cadde mollemente su una delle tante sedie.
Vegeta incominciò a trafficare con le tasche dei pantaloni e lanciò a Goku un fagiolo di Balzar.
"Bada a riprenderti, perchè quello era l'ultimo rimasto." disse scorbutico.
Goku annuì e ingoiò il legume, subito si tastò il naso e con sollievo capì che fosse tornato come prima.
Vegeta si appoggiò con le spalle al muro e fulminò con lo sguardo le infermiere di poco prima, che avevano osato sbuffare all'arrivo dei due Saiyan solo perchè erano entrati dalla finestra, portandosi dietro tutta l'acqua piovana.
Bah, sciocche bisbetiche... pensò contrariato, chiudendo gli occhi.

Goku osservava spazientito e impotente il bollino rosso acceso sopra la porta della sala operatoria.
Chiuse gli occhi pensando a Chichi, e sospirò.
Percepiva ancora la sua forza spirituale, anche se molto debole.
Almeno era ancora viva...
In quella stanza sua moglie stava lottando per la vita e lui non era lì con lei a tenerle la mano, a farle forza.
Che ingiustizia!
Ripensò alle parole che poco prima Chichi aveva mugugnato: “Lasciami morire... lasciatemi morire... lasciatemi andare dalla mia bambina...”
Rabbrividì al solo pensiero.
No, Chichi non era una donna che rinunciava alla vita così facilmente. Chichi era sempre stata forte, Chichi lottava... non poteva abbandonarli così...
Chichi non puoi abbandonarmi...
Sentì il fastidioso nodo alla gola stringersi ancora più forte e, come se improvvisamente la testa fosse diventata insopportabilmente più pesante, si cinse il capo con le mani, le dita affondate tra i capelli, i polpastrelli premuti forte contro la nuca.
Non era mai stato tanto disperato, non si era mai lasciato prendere così dallo sconforto. Ma che gli succedeva? Perché non riusciva a trovare una via d'uscita da quell'odioso pessimismo? Perché, infondo dentro di sé, sentiva che quella volta il pericolo che lo aspettava sarebbe stato troppo al di sopra delle sue capacità?
Immagini appartenenti ad un passato ormai lontano gli offuscarono la mente: ricordi felici di un tempo che, in quel momento, non lasciavano altro che un sapore troppo amaro in bocca.
I ricordi lo sopraffarono.

Stava facendo avanti e indietro per la cucina, passando da una parte all'altra della stanza in base a ciò di cui aveva bisogno.
Si muoveva a velocità della luce, spinto dal terrore che Chichi potesse cambiare idea per l'ennesima volta.
Sul tavolo giacevano due contenitori scoperchiati di gelato, ormai in via di scioglimento a causa del caldo insopportabile di quel pomeriggio di maggio.
Goku aveva preso una ciotola dallo scompartimento ed era indaffarato a riempirla di panna e cioccolato quando la voce alterata della moglie gli giunse alle orecchie.
Si raggelò sul posto, poi chiuse gli occhi e cominciò a pregare mentalmente che il motivo per cui fosse stato chiamato non fosse quello che temeva.
'No, ti prego... non un'altra volta', aveva pensato, al colmo dell'esasperazione.
Con passo lento e strascicato giunse all'imbocco delle scale, punto da cui era provenuta la voce della donna.
Di fatti eccola lì, nella sua luce splendida e in quella forma tenera che aveva imparato ad amare da sette mesi orsono. Si teneva le mani sulla pancia prosperosa, evidentemente affaticata, gli occhi stanchi e la fronte imperlata di sudore.
Ma che aveva combinato in sua assenza?
“Cosa c'è, cara? Hai cambiato idea? Non vuoi più il gelato con la panna e il cioccolato?” le aveva chiesto, affacciandosi alle scale.
Chichi fece cenno di no con la testa e indicò la stanzetta dietro di sé: quella destinata alla loro prossima creatura.
Ecco che si spiegava il motivo del suo spossamento: come al solito aveva deciso di fare di testa sua, ignorando tutte le raccomandazioni che sia lui che il dottore le avevano scrupolosamente fatte; ossia di non cimentarsi in lavori troppo faticosi per il suo stato.
Parole al vento.
La guardò incerto, non capendo esattamente che cosa volesse da lui.
Chichi sospirò, esasperata.
“Ti avevo detto di mettere a posto il lettino! Quando ti deciderai a montarlo? Vuoi aspettare che nasca?” chiese lei accigliata, posando le braccia sui fianchi e guardandolo con severità.
Goku la fissò dispiaciuto.
“Scusami Chi... Mi sono dimenticato, adesso vengo subito.”
Sparì per un attimo dalla sua vista, andando a recuperare la ciotola di gelato amorevolmente preparatele e, senza nemmeno che lei se ne rendesse conto, le si teletrasportò di fianco con la coppetta di gelato tra le mani.
Lei si aprì in un sorrisone quasi troppo grande per il suo visetto delicato, gli occhi neri scintillanti di entusiasmo.
Goku sorrise, divertito e allo stesso tempo intenerito. Sua moglie sapeva essere molto buffa, certe volte.
Chichi, in preda ad un'ondata di gratitudine e tenerezza, cercò di saltargli al collo, ma la pancia rimbalzò contro il suo corpo statuario e rischiò pure di perdere l'equilibrio e cadere dalle scale.
Non fece in tempo a gridare che subito le circondò la vita con entrambe le braccia, rimettendola in piedi con lentezza e attenzione.
Le sorrise e si chinò per baciarle la fronte, mentre lei arrossiva per l'imbarazzo.
“Stai più attenta, tesoro. Non potrò essere il tuo angelo custode per sempre.” disse scherzando, allungandole la coppetta che ancora stringeva tra le mani.
“Ah, no?” chiese dolce, tentando di sporgere il labbro inferiore senza ridere, ma evidentemente l'ilarità era difficile da controllare.
Cominciò a ridere a più non posso, contagiando pure lui che - scuotendo la testa, esasperato - si voltò, dirigendosi nella cameretta.
Si inginocchiò sul parquet e incominciò a sfilare le assi di legno dal cellofan, per poi incastrarle una ad una servendosi anche di martello e chiodi.
Chichi trangugiava allegramente il suo gelato mentre osservava il marito immerso nel suo lavoro.Lasciò vagare gli occhi intorno alla stanza, poi sorrise.
“Tesoro, hai visto come sta venendo bene la cameretta per la nostra piccola?”
Goku annuì e si guardò intorno.
La stanzetta era piccola, ma confortevole. Le pareti erano rivestite di carta da parati di colore rosa chiaro, i mobiletti in legno erano già stati posizionati e riempiti dei diversi vestitini, regalati dai gentili parenti ed amici. Una finestrella piccola di legno offriva una vista meravigliosa: i monti Paoz che risplendevano di un colore rosato, data l'ora tarda del pomeriggio e l'approcciarsi del tramonto.
Le pile di scatole erano quasi tutte aperte, rivelando giocattoli vecchi e nuovi che avrebbero fatto invidia a qualunque bambino del mondo.
Goku si grattò la testa, dubbioso.
“Tesoro, non credi che sia un po' presto per pensare già a tutte queste cose? Infondo mancano ancora due mesi buoni...”
Chichi appoggiò la coppetta di gelato vuota su un mobiletto vicino e si pulì la bocca sbaffata con una salvietta.
“Non mi pare proprio, Goku. E comunque quando avresti voluto incominciare? Una o due settimane dopo il parto?” chiese lei sarcastica, avvicinandosi al marito di nuovo indaffarato con gli attrezzi.
“Non dico questo, però... - si fermò a pensare, salvo voltarsi verso di lei.- insomma, mi pare che stiamo correndo molto.”
Chichi non gli badò e cercò con tentativi buffi e goffi di sedersi di fianco a lui..
Goku ridacchiò.
“Non dovresti stare qui. Potresti farti male.” l'avvertì, alzandosi per aiutarla a sedersi, per poi cominciare a collegare le quattro sponde del lettino tutte assieme.
Chichi sbuffò.
“Mi sento così inutile!" protestò. "non posso fare più niente.”
Goku le si avvicinò e le scompigliò i capelli sciolti.
“E' meglio così. Devi pensare per due, ora."
Le sorrise dolce, e lei rimase incantata a guardarlo per qualche secondo, completamente imbambolata.
Quando le sorrideva in quel modo, lei... partiva di testa. Del tutto.
Goku gettò la testa indietro e rise di gusto, poi si accucciò di fianco a lei, passandole un braccio intorno alle spalle.
“Che te ne pare?” chiese, riferendosi ovviamente al lavoro completato.
“Uhm... non male.” disse, ancora incapace di rispondergli im modo più elaborato. Finse di scrutare il lettino con aria attenta perché Goku la guardava incredulo, in realtà sfruttò quella manciata di secondi per riprendersi del tutto. “Direi che hai fatto un ottimo lavoro!” concluse sorridendogli, come per sembrare più convincente.
Lui sorrise; più per assecondarla che per qualche altro motivo. Tanto aveva capito che non diceva sul serio.
"Va bè." borbottò, guardandola in tralice.
Lei alzò un sopracciglio, senza capire, però non disse nulla.
"Piuttosto tesoro, spiegami una cosa...”
Le accarezzò i capelli sapendo quanto adorasse ricevere coccole - soprattutto in quel periodo - e Chichi abbandonò immediatamente l'espressione combattiva per fargli gli occhi dolci.
Goku continuò. “Con i ragazzi non ricordo di aver addobbato così elegantemente le camerette. Come mai questa volta hai deciso di impegnarti tanto? Non pensi che Goten se la possa prendere?” le chiese curioso, carezzandole la schiena.
“A Goten non dispiace affatto. Anzi, non sembra per niente geloso..." spiegò lei, guardandolo quasi offesa. Poi l'espressione si indurì del tutto. "in più devo ricordarti che tra poco nascerà una principessina. Voglio che la mia piccola abbia il meglio."
Chiuse gli occhi e il suo viso cambiò nuovamente espressione. Le sopracciglia erano corrugate come se stesse pensando a qualcosa di incredibilmente intenso, forse triste.
"Non sai quanto abbia desiderato questa bambina, Goku. Ora che finalmente è arrivata, voglio dare libero sfogo alla mia fantasia... lei significa davvero tanto per me...” disse con tono più addolcito, carezzando amorevolmente il pancione prosperoso.
Goku la osservò, attento. Sembrava quasi caduta in trance, come se la vedesse davvero: la loro piccola creatura all'intermo della pancia.
“Capisco.” disse lui, continuando a guardarla di sottecchi. “Sapevo che ti eri stufata di questo branco di scimmioni maleducati...” continuò sorridendo, tanto per destarla dalla sua visione immaginaria.
Lei sorrise.
“Comunque penso anche io che una figlia possa farti bene. Almeno erediterà un po' delle tue buone maniere, visto che ti lamenti tanto delle nostre.” riprese il Saiyan giocando con una ciocca dei suoi capelli.
Lei rise, guardandolo con un briciolo di malizia neli occhi.
“Speriamo... Almeno uno.” sussurrò ridendo, aggrappandosi al tessuto della sua maglia per farlo chinare su di sé.

Si risvegliò da quella specie di sogno ad occhi aperti e sentì il magone crescere ancora di più.
Chichi non meritava tanta sofferenza.

I suoi pensieri vennero disturbati da un improvviso vociare che poco prima non c'era: la sala si era fatta più chiassosa. Alzò la testa per capire cosa stesse succedendo.
Vide Bulma correre verso di lui e, con poco entusiasmo, si alzò mentre lei si tuffava tra le sue braccia.
“Oh, Goku... mi dispiace così tanto. Io...” spalancò gli occhi, terrorizzata, salvo indicargli il viso con un dito. "Goku, ma che hai fatto in viso? Sei ferito?"
Il ragazzo la guardò un attimo spaesato, poi si ricordò dello spiacevole incidente con Vegeta e collegò.
"Non è niente, tranquilla. Sono solo sporco."
Bulma gli sorrise; l'espressione sciolta dalla tenerezza che quell'uomo le provocava ogni volta che lo vedeva.
"Aspetta un attimo." sussurrò, cominciando a frugare nella sua borsetta in pelle. Dopo qualche istante estrasse un paio di salviette profumate. "Ecco. Lascia che ti pulisca."
Con dolcezza passò il fazzoletto umido sul suo volto, rinfrescandolo.
"Fatto." disse sorridendogli, per poi abbracciarlo di nuovo con forza. "Goku... ero così in pena."
Goku la staccò da sé e incrociò i suoi occhi azzurri, resi lucidi da un pianto imminente. Stava per risponderle, ma sentì la voce inconfondibile di Gohan chiamarlo da lontano.
Si voltò verso di lui, immobilizzandosi quando vide suo figlio maggiore avanzare svelto, tra le braccia cingeva il piccolo Goten, singhiozzante.
“Non riesco a calmarlo, papà. E'...” Gohan si fece mortalmente pallido, perdendo per un attimo la parola. “...è traumatizzato.” concluse sofferente, staccandolo da sé per allungarlo al padre.
Goku strinse tra le braccia il figlioletto minore, singhiozzante e nel pieno di una crisi traumatica.
Povero piccolo... aveva visto sua madre svenuta, immersa in una pozza di sangue, mortalmente pallida e il padre urlare il suo nome, preso dalla disperazione. Come poteva reagire in modo diverso? Soprattutto se considerato il profondo attacamento tra lui e la madre, da sempre considerati inseparabili?
Gli accarezzò la testa e lo cullò, tentando di calmarlo il più possibile.
“Shh, piccolino... non piangere. Mamma si riprenderà. Lo sai quanto è forte, non ci abbandonerebbe mai." sussurrò, forse più al Goku piangente dentro di sé che a figlioletto tra le braccia. "Ora calmati, okay?”
Continuò ad accarezzarlo, passivamente, quasi con gesti automatici. Poi sentì le sue manine stringergli con forza il tessuto della tuta, mentre i singhiozzi cominciavano a rallentare.
Si sedette sulla stessa sedia di prima, continuando a cullarlo.
Si stava calmando.
“Così, bravo il mio campione...” lo confortò, accarezzandogli la testolina.
Lo sentì tirare su col naso e sospirare più volte per far tornare il respiro normale. Si accovacciò tra le sue braccia e chiuse gli occhi senza mollare la presa.
“Papà?” sussurrò con la voce spezzata dal pianto.
“Dimmi...”
“Non lasciarmi... non andartene più.” lo implorò, mentre una nuova ondata di lacrime bagnò il tessuto ancora fradicio della tuta di Goku.
“No, te lo prometto... non me ne andrò.” sussurrò per risposta, mentre Goten si calmava ancora una volta. “Cerca di dormire adesso, okay? Hai bisogno di riposare, altrimenti cosa dirà tua madre quando ti vedrà in questo stato?” gli bisbigliò all'orecchio e il piccoletto annuì; il sospiro spezzato dagli ultimi singhiozzi.
Goku continuò a dondolarlo, fino a quando sentì il respiro regolare del figlioletto scaldargli il collo scoperto.
Bulma gli si avvicinò allungando le braccia per prenderlo in braccio con una coperta, già pronta ad avvolgerlo, ma lui scosse la testa e continuò a tenerlo tra le braccia, cullandolo.
Aveva paura che, lasciandolo, si sarebbe risvegliato e non voleva rincontrare quegli occhioni spenti e segnati dal dolore.
Bulma osservò Goku con crescente preoccupazione; non riusciva nemmeno a fissarlo negli occhi per paura d'intravedere di nuovo quello sguardo affranto e... sconfitto che velava la sua espressione solitamente allegra e spensierata.
Sentì una mano invisibile intrappolarle il cuore e stringerlo in una morsa di acuto dolore, provocandole l'ascesa delle lacrime.
Si voltò e, mordendosi le labbra per evitare di piangere, si diresse nella direzione opposta vergognandosi dell'inutilità che sentiva aumentare nel suo profondo, salvo gettarsi tra le braccia di Vegeta.


Trascorsero tre lunghissime, interminabili ore.
Goku era divorato dall'ansia, e staccava gli occhi dal pallino rosso sopra la sala operatoria solo per controllare il figlioletto addormentato tra le braccia e assicurarsi che stesse ancora dormendo.
L'orologio posto nella sala d'aspetto indicava le tre del mattino in punto.
Gohan era ancora lì, seduto su una delle tante sedie scomode della sala. La testa appoggiata stancamente al muro e gli occhi chiusi.
Non c'era bisogno di guardarlo negli occhi per capire quanto dolore trasparisse da ogni singolo centimetro del suo corpo; quella sofferenza taciuta, controllata era lampante. Goku riusciva a scorgere perfettamente il dolore che dilaniava l'anima di suo figlio, quel ragazzo che era già diventato uomo cinque anni prima, quel giovane uomo che doveva per l'ennesima volta sopportare il fardello della sofferenza, doveva caricarsi del dolore altrui e sopportare...
Ma adesso basta.
Lui era tornato, era compito suo soffrire! Era compito suo prendersi cura dei suoi figli, della sua famiglia! Nessuno doveva più preoccuparsi di proteggere e tirare avanti la sua famiglia!
Strinse i pugni in una morsa ferrea e si morse il labbro con ferocia. I suoi figli non dovevano più soffrire... mai più.
Come se i pensieri del padre lo avessero colpito e risvegliato da quell'esame interiore in cui si era rifugiato, Gohan aprì gli occhi e volse lo sguardo in direzione del genitore.
A fatica riuscì a sostenere la fiammata di emozioni che trapelavano da quegl'occhi scuri e, come se fosse stato chiamato, si alzò dalla seggiola scricchiolante e con passi lenti raggiunse il padre.
Con un lieve movimento delle braccia Goku gli porse il figlioletto ancora accovacciato al petto, sciogliendo il più delicatamente possibile la presa della sue ditine dalla maglia, ancora umida.
Gohan senza proferire parola accolse il fratellino tra le braccia con grazia, aspettando di ricevere ordini dal padre.
Ci fu un breve attimo di silenzio, poi Goku parlò:
"Gohan," disse con voce roca, quasi impercettibile. Si schiarì la gola e ritornò ad osservare il figlio."Gohan, è meglio se tu e Goten tornate a casa."
Gohan sgranò gli occhi e fece per controbbattere, ma Goku scosse la testa e ciò bastò a mettere a tacere ogni protesta.
"Vai a casa. Metti a letto Goten e prenditi cura di lui, solo per adesso. Quando riceverò notizie... prometto che telefonerò e voi potrete correre immediatamente qui. Adesso però vai a casa, è meglio così credimi."
Gohan rimase un minuto ad osservarlo, in silenzio.
Avrebbe preferito restare ed essere di conforto al padre, avrebbe voluto vedere sua madre quando si sarebbe svegliata... ma si rassegnò.
L'ultima cosa che voleva fare, ora, era disobbedirgli.
Annuì con un cenno lieve della testa e si girò, dirigendosi verso l'uscita del corridoio.

Passò un'altra ora.
Il tormenro di Goku cresceva a dismisura, lo divorava, lo consumava. Avrebbe voluto irrompere in quella stanza e vedere con i propri occhi la sua donna.
Perchè ci mettevano così tanto?
La bambina... cosa le era accaduto di preciso? Lui non se ne intendeva, non conosceva la medicina, non sapeva quanto grave fosse quella situazione.
Perchè il ventre di Chichi sanguinava? La piccola... la piccola era...?
No...
Una fitta acuta gli strinse il cuore in una morsa d'acciaio, tanto potente da mozzargli il respiro.
No!
Sapeva che sua figlia aveva qualcosa che non andava, immaginava che le fosse accaduto qualcosa, che uno strano malessere l'avesse colpita all'improvviso e che c'era il bisogno urgente, impellente di farla nascere.
Ma che fosse... morta, no. Non voleva crederlo. Chichi aveva già capito tutto? Aveva capito che la sua bambina, la sua adorata, desiderata, immensamente amata creatura non avesse più speranza?
Subito ricordò le parole della moglie: erano chiare.
Chichi voleva morire, ma lui non aveva pensato subito al fatto che la sua bambina fosse... Serrò gli occhi, incapace di considerare quell'eventualità.
All'inizio credeva che sua moglie fosse disperata perchè la bimba avesse riscontrato un qualche brutto malanno, qualche danno orribile...
Che ingenuo!
Chichi non avrebbe mai detto delle cose così orrende se non fosse stata una causa persa!
No, la loro bambina no...
Perchè? Perchè, diamine!
Perchè il mondo, perchè Kami, perchè tutti erano contro di loro? Che razza di ringraziamento stava ricevendo dopo aver salvato l'universo, rischiando la sua vita, sacrificandola per il bene di tutti?
Perchè mia figlia?
Una creatura senza colpe, neanche nata! Perchè prendersela con lei?!
Strinse i pugni con forza incontrollabile, le unghie conficcate nella carne... ma non se ne accorse nemmeno. Un dolore più grande lo stava torturando, la rabbia si rianimava, voleva urlare, gridare contro tutti.
Ma non lo fece, perchè il suono delicato della lucina passata al verde gli rimbombò in testa con la stessa violenza di una palla di cannone.
Spalancò gli occhi e vide con sollievo quasi palpabile, e allo stesso tempo con ansia opprimente, il colore verde acceso brillare sopra la porta della sala operatoria.
Ancora intento a rimirare il colore della speranza, non si accorse che un uomo tarchiato, dal camice bianco gli si era avvicinato.
Si schiarì la gola attirando con successo l'attenzione del Saiyan.
"Signor Son?" chiese incerto, con voce stanca.
Goku lo fissò apparentemente impassibile, sebbene al suo interno le emozioni lo sconvolgessero.
"Sì, sono io." sussurrò con voce rauca.
Si accorse in quel momento di avere la vista un po' appannata. Erano lacrime quelle che sarebbero probabilmente sgorgate da un momento all'altro? Le ignorò, cercando di rimanere lucido di mente e ascoltare ad orecchie tese quello che il dottore doveva dirgli.
Si alzò in piedi, stranamente senza vacillare di un millimetro.
L'uomo sulla sessantina, capelli bianchi, basso e un po' grassoccio, si aggiustò gli occhialoni sul naso, come per ricomporsi, e alzò il viso per guardarlo negli occhi.
Gli porse la mano.
"Sono il dottor Arizuma e-" strinse la mano forte del giovane, bloccandosi quando si accorse del sangue sul suo palmo. "...mi scusi, ma è ferito? Le sue mani sanguinano." continuò, la voce era un mix tra shock, preocuppazione professionale, e ribrezzo.
Goku fu infastidito da quella deviazione, - cosa gli importava ora di quel misero graffio sul palmo? - tuttavia cercò di mantenere un tono rispettoso con l'uomo che si era preso cura di sua moglie... e di sua figlia.
"Non è niente. Per favore, dottore. Voglio sapere come stanno mia moglie e mia figlia." disse ancora con voce roca, manovrata dall'angoscia e dal dolore che, a poco a poco, lo stavano trascinando negli abissi profondi di una disperazione mai provata prima.
Il dottore sembrò un po' sorpreso da quella domanda e ciò infastidì ulteriormente Goku.
Che cosa aveva detto di male? Perchè lo guardava in quel modo, come se avesse appena detto un'idiozia? Era stupido voler sapere le condizioni della propria donna e quelle della figlia? Forse agli occhi di persone più 'intellligenti' quella situazione sarebbe stata più chiara? Che cosa significava, quindi? Che lui era uno scemo?
"Sua figlia?" ripetè l'anziano, dubbioso, osservando Goku come se lo stesse prendendo in giro.
Il Saiyan era sul punto di esplodere; la rabbia si impossessò della sua voce.
"Sì, mia figlia!" ringhiò.
Il dottore tacque per una manciata di secondi, poi, quando vide il volto del giovane tramutato in una maschera di collera, decise di parlare.
"Signore, sua figlia è arrivata già morta all'ospedale. Pensavo lo sapesse."

Ci fu una pausa dominata da un silenzio pungente, soffocante.
Goku sentì il sangue gelarsi nelle vene non appena quel... umano insensibile aveva pronunciato quella parola con tanta freddezza e leggerezza da sopprimergli addirittura la rabbia.
Presto, un nuovo stato d'animo - ignoto al cuore infranto e confuso di Goku - risucchiò tutte le forze rimastegli in corpo, neutralizzandogli i muscoli, lasciandolo completamente vuoto.
Disperazione, dolore, avvilimento lo stavano trascinando via dalla sua prigione di carne, pugnalandolo all'infinito con forza brutale, squarciandogli le ferite, aprendole per colpirle con malignità atroce che avrebbe sorpreso persino Majin Bu.
Con quelle due semplici proposizioni, Goku aveva visto il suo peggior incubo concretizzarsi, e sebbene avesse considerato prima quella evenienza, il colpo fu comunque talmente crudele e diretto da lasciarlo completamente spiazzato, senza parole.
Il vecchio vide quegli occhi, già tremendamente traumatizzati, splancarsi improvvisamente e ne rimase colpito. Perchè quel ragazzo era così sorpreso? Non era evidente? Era ingenuo, oppure tanto pazzo da aggrapparsi ad illusioni brutali e del tutto effimere che avrebbero giovato soltanto al nulla?
Decise di continuare a parlare, magari si sarebbe ripreso.
"Abbiamo estratto il feto dal corpo della madre. Ci è voluto un po', non ci aspettavamo che fosse già così perfettamente formato, pronto alla nascita pur avendo otto mesi." il dottore fece una breve pausa, immaginando le cause, le motivazioni di quella stranezza, ma poi osservò di nuovo il volto del Saiyan e sentì una gran fitta all'altezza del petto quando incontrò quegli occhi estremamente sofferenti, spenti. Si chiese se era il caso di andare avanti.
Fece un respiro profondo, poi lo scrutò, valutando mentalmente le possibilità che quel ragazzo potesse comprendere appieno la gravità della situazione.
A giudicare dall'espressione, sofferenza e disperazione a parte, si sarebbe detto che quel povero diavolo non riuscisse a spiegarsi nulla di quell'avvenimento.
Lo sguardo spento e affligente del Saiyan costrinse il dottore a spiegarsi meglio, perché quegli occhi sembravano supplicarlo di mettere fine a tutti quei perché, a quei fatti inspiegabili e dannatamente ingiusti.
Gli mise una mano sulla spalla, paterno, mosso da una commozione che mai aveva permesso di esternare quando si trattava di lavoro; ma c'erano occasioni in cui il cuore umano, seppure abituato, allenato, costretto a rimanere impassibile nelle situazioni più tragiche e dolorose, non riusciva a reggere i colpi strazianti del dolore altrui e a mantenere intatto lo scudo di irremovibilità forzato ad indossare.
Poi... quegli occhi da fanciullo indifeso sul viso di quell'uomo, segnato da avvenimenti caotici e dolorosi, erano disarmanti come niente al mondo.
Il dottore, con un sorriso gentile, lo invitò a sedersi, ma Goku scrollò le spalle in senso di diniego, troppo ansioso di saperne di più per preoccuparsi della sua persona.
L'uomo più anziano sospirò, chiuse gli occhi per un istante, poi parlò lentamente, selezionando le parole più adatte da usare, neanche stesse parlando con un bambino che aveva appena avuto la disgrazia di aver perso la madre, rimanendo solo al mondo.
"Signor Son, sua moglie ha contratto un aborto spontaneo." spiegò, guardandolo attentamente negli occhi per capire se lo stesse seguendo.
Goku corrugò la fronte, il dolore negli occhi ancora più accentuato.
"Un... un aborto spontaneo?" chiese con voce flebile, roca, debole... come il battito del suo cuore straziato.
Il medico annuì.
"L'aborto spontaneo è quando il feto dentro la madre muore, solitamente per cause naturali, dovute a malattie, forti traumi, paure, perdite dolorose. Deve sapere che il bambino, quando si trova dentro la pancia della madre, è perfettamente in contatto con ogni singola cellula del suo corpo: egli percepisce tutto, persino gli stati d'animo della mamma... e ne soffre."
Goku ascoltava attentissimo, sebbene una parte del suo cervello non considerasse affatto quelle parole, troppo incredulo per lasciarsi prendere dallo scoforto e abbandonare le speranze, rassegnandosi alla volontà divina.
Eppure, sebbene una parte di lui non volesse ancora ammetterlo, sebbene nel suo cuore sentisse ancora un briciolo di inutile speranza, esamiando i fatti oggettivamente, la conclusione era solo una.
La più terribile.
L'unica che si rifiutava di accettare.
Il dolore di Chichi al basso ventre, la perdita di sangue nello stesso punto, l'amara consapevolezza della cruda realtà...
La sua bambina era davvero... davvero...
Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Non si era mai sentito tanto impotente, tanto fragile, tanto insopportabilmente, completamente inutile!
Cadde a peso morto sulla sedia dietro di lui, incapace di contenere oltre il tremolio, la debolezza, la pesantezza delle gambe.
Poggiò i gomiti sulle ginoccia, la schiena piegata, come se un peso opprimente lo stesse schiacciando. Si coprì la faccia con le mani, incapace di trattenere ancora quel bruciore agli occhi.
Sentiva il desiderio di piangere, esternare il suo dolore, urlare!
Ma non lo fece.
Il motivo era ignoto pure a sé stesso; forse era la sua natura aliena a non accettare la debolezza degli umani, forse era l'orgoglio che contraddistingueva quelli della sua razza ad impedirgli di versare lacrime persino per una causa tanto meritevole come quella.
Aveva gli occhi spalancati, coperti dalle mani. Ovviamente vedeva il buio più totale, ma ancora gli sembrava troppo luminoso in confronto alle tenebre infernali che percepiva perfettamente dentro il cuore, offuscato, rinchiuso nella buia cella del dolore.
"Perché?" sussurrò con voce tremula, irriconoscibile.
Si morse forte le labbra: i denti affilati che tagliavano le labbra morbide senza pietà e senza dolore, perché quello era concentrato tutto in un unico punto per poterlo sentire altrove.
Serrò gli occhi e si strinse i capelli tra le dita: rabbioso, fuori di sé...
Il dottore taceva, sentendosi improvvisamente di troppo.
Voltò il viso di lato, incapace di sopportare oltre quella scena tanto tragica. Il dolore del ragazzo era talmente tangibile da trasmetterlo, quasi, alla sua persona, come un virus letale che si ammorba di persona in persona, portando la morte dello spirito.
Fu per distogliere lo sguardo da lui che notò altre persone lì presenti, attente e partecipi di quello stesso dolore.
Dovevano trattarsi di altri parenti: una donna matura dai capelli azzurri, un uomo della stazza di un gigante, un altro basso e calvo, e un ultimo posato mollemente contro la parete: lo sguardo basso fisso sul pavimento, concentrato su qualche pensiero molto intenso a giudicare dall'increspatura che gli solcava la fronte spaziosa e liscia.
Quello stesso alzò lo sguardo in sua direzione. Una vampata di odio e dolore lo colpì come un fulmine a ciel sereno, un'occhiata tanto accusatoria e omicida da farlo indietreggiare di un passo.
La donna se ne accorse: lasciò vagare velocemente gli occhi dal medico al Saiyan, salvo dare una gomitata poderosa al fianco di quest'ultimo.
Il sessantenne sussultò, sicuro che un colpo del genere gli avrebbe causato una contusione, come minimo. Invece lo strano individuo dai capelli a fiamma non si mosse di un millimetro, solo degnò di un occhiatina bieca la bella signora che, invece di sciogliersi di paura davanti a tanto terrore, continuava a mantenere quella posa severa, per nulla intimorita.
Il grurgnito di rabbia dietro le sue spalle lo scostò da quel gruppetto di persone.
Goku si era alzato; l'espressione un misto tra rabbia e sofferenza, ma di un'intesità tale che sostenerne lo sguardo diventava impossibile.
Difatti egli abbassò gli occhi senza rialzarli nemmeno quando il Saiyan cominciò a scuotergli fortemente le spalle.
"Perché dottore, perché? Lei è un medico, mi dica perché è successo. Lei deve conoscerne la causa!"
Il dottore scosse lentamente la testa senza avere il coraggio di rialzare gli occhi.
"Dannazione! E' il suo dovere! Perché non lo sa?!"
Goku era fuori di sé, non riusciva nemmeno a controllare più la sua stessa forza. Scuoteva il pover'uomo con una violenza tale da farlo tremare tutto, gli occhiali caddero dal piccolo naso rovinando a terra con un rumore secco.
Bulma e Vegeta corsero incontro all'amico.
Il Principe staccò il medico dalle grinfie di Goku senza preoccuparsi dei modi, concentrandosi invece sull'avversario scosso da tremiti di rabbia.
Riuscì a tenerlo a bada, mentre Bulma, con gentilezza, riporgeva gli occhiali al dottore, mormorando qualche parola di scusa.
Quello sembrava piuttosto scosso, ma non arrabbiato.
Il Saiyan respirava a fondo, ma con affanno: i capelli irti sul capo variavano di colore a intermittenza, prima biondi poi di nuovo bruni, biondi, bruni, biondi e bruni...
Il viso era una smorfia di furia che andava sempre più calmandosi, lasciando posto, infine, ad uno sguardo vuoto. I pugni ancora stretti, ricoperti da rivoli di sangue che macchiavano il pavimento di gocce porporine, le quali cadevano al suolo con un inquietante 'plin plin' per nulla adatto all'atmosfera carica di tensione calata nella sala.
Quel 'plin plin' somigliava più ad un bombardamento di cannoni.
Juman, pieno di apprensione per il figlio acquisito e per la figlia di cui ancora non aveva avuto notizie, si posizionò di fianco al genero, posandogli una mano gigante sulla schiena possente.
Crilin era livido in volto. Guardava la scena con occhi colmi di sofferenza per il migliore amico, ma tenendosi a distanza sicura dalla furia nera che aleggiava ancora intorno al suo corpo muscoloso.
Avrebbe voluto fare qualcosa, ma si sentiva perfettamente inutile.
"Mia moglie. Dov'è?"
Quella domanda calma, ma priva di tonalità ebbe lo stesso effetto di un urlo straziante nel cuore del medico sconvolto.
Quello trovò la forza di ricomporsi, dato che gli veniva posta una domanda pertinente alle sue conoscenze.
"La signora è ancora dentro per gli ultimi accertamenti. Uscirà a minuti."
Il tono freddo del dottore non sorprese nessun presente; quello era il tono con cui tutti i medici si rivolgevano ai parenti dopo operazioni, visite e altro.
Goku sospirò.
"Sta bene?"
Gli occhi neri si illuminarono improvvisamente di una strana scintilla, donando umanità al volto divenuto inflessibile.
Lo sguardo era più dolce. Il cuore ottenebrato dal dolore covava ancora una piccola, tremula fiammella di speranza.
Il dottore sospirò, improvvisamente affaticato. Quella risposta avrebbe causato altro scompiglio nell'animo di quel giovane impetuoso.
"Fisicamente si riprenderà del tutto." rispose frettoloso, lasciando in sospeso la parte più traumatica.
Ma Goku non si lasciò sfuggire quell'ombra di esitazione: egli percepiva ogni singolo mutamento nell'aria con impeccabile perfezione. Era concentrato come se si stesse trovando davanti ad un suo acerrimo nemico, pericolo per l'intera umanità, individuo da scandagliare con peculiarità per prevederne ogni singola mossa.
"C'è dell'altro?" chiese, scuro in volto.
Il dottore sospirò, poi annuì.
Si passò un dito sugli occhiali, raddrizzandoli sul naso, poi fissò dritto negli occhi il giovane Saiyan.
"Questi...  avvenimenti, spesso purtroppo causano reazioni spiacevoli in alcune madri." spiegò, ancora più cauto con le parole dopo la reazione dell'uomo. "Alcune donne riescono a superare il dramma senza difficoltà, altre..." si interruppe, cercando di nascondere il velo di pietà dietro l'espressione di pietra, ma non ci riuscì; lo sguardo che rivolse a Goku fu di pura compassione.
"Altre non ce la fanno..."
Silenzio di tomba.
Il pensiero di tutti fu uno solo; una tremula speranza che vibrò nel cuore dei presenti: la speranza che Chichi non rientrasse in quella gamma ristretta di donne.
"In questi casi l'aiuto e il sotegno della famiglia sono un buon rimedio, altre volte però... questo non basta."
Fece una pausa, lasciando che tutti elaborassero quell'eventualità che lui - professionalmente - aveva preso in considerazione notando alcuni attegiameti della donna in quelle ultime ore.
"Certe madri si lasciano prendere dallo sconforto e cadono in depressione. Anche in questo caso è consigliata la prenseza assidua dei parenti, così che la donna non si chiuda totalmente in sé stessa e nel suo dolore, tuttavia spesso accade che nemmeno la famiglia possa migliorare le condizioni della persona."
Sospirò, sistemandosi di nuovo gli occhiali sul naso. "Se così fosse, allora è necessaria la consulenza di uno psicologo, e se questo non bastasse vi sono degli istituiti che possono prevedere-"
"Basta così!"
Goku guardava il dottore con un dolore disumano. Lo sguardo profondo scavava nell'animo di quell'uomo, alla ricerca di qualcosa.
"Mia moglie non avrà bisogno di nessun istituto."
Sebbene quella fosse stata una constatazione più che chiara, il dottore ebbe come l'impressione che il ragazzo gli stesse chiedendo una conferma.
Lo guardò a lungo, in silenzio.
"Mi dispiace, ma questo non glielo posso assicurare."
L'anziano si aspettò un'altra ondata di rabbia feroce da parte del giovane; l'attese invano, attento ad intercettarne i segnali... ma quella non arrivò.
Sul volto del Saiyan non c'era altro che sconfitta.
La sua prima, vera sconfitta nell'arco di tutta una vita.


To be continued...



*Annetta Chan sospira*
Lo so, lo so.
Non merito di essere scusata, quindi non vi chiedo nemmeno di perdonarmi. Tuttavia, in mia difesa, dirò soltanto che ho avuto molti, moltissimi problemi che mi hanno impedito di aggiornare questa fanfiction.
Non aggiungo nient'altro, perché mi pare che giustificarsi sia del tutto superfluo.

Quindi, bando alla ciance... adesso siete liberi di insultarmi come più vi pare; non solo per il ritardo imperdonabile, ma anche per il capitolo che in sé per sé non ha quasi niente di nuovo, se non qualche piccolo dettaglio. Volevo sottolineare bene i sentimenti dei protagonisti, staccandomi forse un po' troppo dalla trama.
Se la cosa non vi è stata gradita ditelo, perché almeno saprò regolarmi in futuro.

Okay. Se vi è piaciuto spero mi seguiate anche nei prossimi capitoli.
I commenti sono sempre graditi, senza ovviamente costringere nessuno.
Grazie a tutte le persone che hanno messo questa fic tra i preferiti. Mi lusinga davvero.

Adesso lascio un po' di spazio ai ringraziamenti.
Un bacio a tutti.
Annetta Chan.

***
A Chichina94: Grazie mille per i complimenti. Mi dispiace di averti fatto aspettare così a lungo. Chissà, magari un giorno mi perdonerai... ^-^ Un bacio.

A Kiki87: *-* Sarina... mi commuovi sempre con le tue bellissime recensioni. Grazie, grazie, grazie infinite. Non smetterò mai di ripetertelo. Spero che questo chappy piaccia soprattutto a te; deluderti sarebbe una delusione ancora più grande per me. Grazie per il sostegno, per la pazienza e per tutto l'affetto che mi dimostri sempre. Ti voglio un mondo di bene. Un bacione e un grande abbraccio!

A PaolaDeve: Grazie mille! Sono felicissima che l'altro capitolo ti sia piaciuto. Arriveranno le lacrime di certo; se non in questo capitolo, sicuramente nei prossimi. Mi dispiace di aver fatto aspettare così tanto. Come ho già detto, non merito di essere scusata anche se ci spero. ^-^ Ancora grazie infinite. Un bacio.

A Sybelle: Tesoruccio! Scusa, scusa, scusa... perdonami se non mi faccio sentire non solo nel mondo delle fic, ma anche in quello reale. Come ti è sembrato questo capitolo? Bulma, in quel poco che compare, l'ho fatta un po' più seria come mi avevi giustamente suggerito tu. Grazie anche a te per i bei complimenti. Spero solo di meritarli. Ti voglio un mondo di bene... e ancora scusa: per tutto. Un bacione e un abbraccio!

A Evy: Eh.. se non speravi più in un aggiornamento dopo tre mesi di attesa, non immagino quanto ci sia rimasta male ora che è arrivato dopo due anni... Mi dispiace, davvero. Non so più come dirlo. So benissimo di aver deluso molti, ma continuo a sperare che qualcuno di voi voglia chiudere un occhio e scordare l'accaduto. Grazie anche a te per i complimenti. Spero che nemmeno questo capitolo sia stato una delusione. Grazie ancora. Un bacio.

A Cagina: Grazie mille per l'entusiasmo. Spero tu sia ancora interessata alla storia e che questo capitolo, sebbene molto deprimente, ti abbia incuriosita lo stesso... Ancora grazie. Un bacione.







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Capitolo 7
*** Tears, come and get me ***


BEYOND THE PAIN

 

SETTIMO CAPITOLO: TEARS, COME AND GET ME

 

C'era buio, un buio pesto in quello strano luogo.

Ovunque guardasse vedeva soltanto il nero più assoluto.

Dove mi trovo? pensò, sopraffatta dall'angoscia.

Scoprì di avere il fiato corto: ansimava... perchè? Avvertì anche uno strano dolore alle gambe, le sentiva stanche e indolenzite...

Ma sto correndo?

Sì, correva. A perdifiato, anche!

Voleva fermarsi, sentiva il corpo stremato chiederle un po' di riposo; i muscoli le bruciavano, le mancava il fiato... voleva respirare!

Ma perché non ci riusciva? Perché non riusciva a controllare il suo corpo?

Kami, che mi succede? Pensò tra le lacrime, mentre l'angoscia le prosciugava quel poco di fiato rimastole nei polmoni.

Cominciò a boccheggiare, voltando la testa freneticamente, cercando un appiglio, una scappatoia a quella disperazione crescente. Ma niente. Solo tenebra; lugubre oscurità infernale che la disorientava, mentre il silenzio le rimbombava in testa, divenendo insopportabile.

Perché non c'è nessuno?

Sentì le lacrime sgorgarle dagli occhi; scorrevano lentamente, tracciando sentieri umidi e tiepidi sulla pelle ghiacciata. Alzò una mano, tremante, per asciugare quel fastidioso umidiccio, sobbalzando quando sentì la strana consistenza delle dita sul viso: erano viscide, melmose, ricoperte di una sostanza densa e dall'odore molto forte, quasi stordente.

Il naso le bruciò: un pizzicore fastidioso che le aumentò il senso di nausea.

Mossa da un bruttissimo presentimento ma incapace di controllare la terribile curiosità, lasciò che gli occhi affaticati mettessero a fuoco la mano davanti a sè, senza non poca difficoltà a causa della cecità e del tremore frenetico che scuoteva tutto il suo corpo.

Non osò respirare per tutto il tempo dell'analisi, sicura che inspirando quell'aria torbida non sarebbe riuscita a controllare il senso di vomito.

Sebbene fosse difficile metterle bene a fuoco, le dita - scosse da tremiti innaturali - sembravano in qualche modo più spesse, quasi fossero state avvolte in un guanto di... liquido.

Chichi fu costretta ad avvicinare ulteriormente la mano al viso per capire meglio di cosa si trattasse.

Vide che lo strano liquido, denso e appiccicoso, le scivolava dalla mano con lentezza raccapricciante, scorrendo in basso fino a raggiungere il gomito.

Sentì la pelle d'oca; segnale abbastanza chiaro che avrebbe dovuto fermarla da quell'analisi tenebrosa, cosa che invece non accadde. Infatti, sebbene tutti i suoi sensi le stessero urlando di non farlo, Chichi decise sfrontatamente di accostare le dita al naso per captarne l'odore.

Fece quello che non avrebbe dovuto fare, ossia inspirare l'odore dolciastro, quasi metallico del liquido.

Sangue.

Strabuzzò gli occhi, rabbrividendo, staccandosi immediatamente quell'obbrobrio di mano dalla faccia, portandola sulla coscia per asciugarla, ma con orrore si accorse di avere anche le cosce ricoperte di sangue, che le bagnava la pelle nuda e ruvida per i brividi.

Riuscì a reprimere un urlo acuto di totale terrore, soffocandolo in gola. Aveva ripreso a respirare dal naso per forza d'abitudine, ma la nausea pazzesca la colpì come un pugno in pieno stomaco, così Chichi si sforzò di inspirare dalla bocca, sebbene sentisse che fosse sul punto di vomitare da un momento all'altro.

Sopraffatta dal terrore e dal disgusto, strisciò la mano dalla coscia insù fino al ventre, notando con orrore che fosse quella la fonte dell'emorragia.

Urlò, fino a che la voce non le morì in gola con un gemito strozzato.

Goku! Goku! Goku!

Con le lacrime agli occhi aveva urlato il nome di suo marito, convinta che sarebbe spuntato dal nulla per venire a salvarla. Come aveva sempre fatto, d'altronde.

Scrutò la micidiale tenebra con occhi sbarrati, sperando invano di cogliere anche il più piccolo movimento in quel luogo di desolazione.

Niente.

Le gambe furono scosse da movimenti secchi e rigidi che le fecero perdere il senso dell'equilibrio. Cadde a terra, sbattendo le ginocchia contro qualcosa di duro e affilato: sembrava roccia.

Cominciò a singhiozzare, stringendosi le braccia al petto nudo per controllare le ondate di freddo pungente che la investirono. Le labbra livide e secche si schiudevano e sigillavano ad un ritmo incessante, rilasciando un mormorio confuso e spezzato, simile alla preghiera fervida di un penitente contrito che supplicava e invocava tra le lacrime il nome del suo salvatore.

Chichi pregava Goku di trovarla, sussurrando dolorosamente il suo nome - spesso interrotto o spezzato a metà da un singulto improvviso - nutrendo l'amara speranza di essere portata in salvo, anche in modo doloroso se necessario, purché la trascinasse via da quel posto schifoso.

Aveva così tanta paura che quasi stentava a voltare leggermente il viso, perché l'incubo inquietante di essere spiata da una forza maligna le offuscava i pensieri in modo sconvolgente.

Poi, un lampo improvviso di lucidità le attraversò la mente, facendole spalancare gli occhi, calmandole addirittura il pianto.

Quando si era toccata il ventre insanguinato... non si ricordava di aver sentito il gonfiore...

Il terrore, fattosi ancora più vivido a quell'orrenda constatazione, le fece strabuzzare gli occhi, mentre la mano sporca di quello che ora si augurava fosse il suo sangue, tornava tremante e lenta a riaccostarsi al ventre.

Piatto.

Le bruciarono di nuovo gli occhi, inondati da un ennesimo torrente di lacrime, poi continuò; il cuore che le si squarciava in petto ad ogni centimetro di pelle che perlustrava.

Spostò le dita rigide insù, con un movimento quasi impercettibile, salvo sentire l'ultimo spiraglio di speranza nel suo povero cuore di madre sfuggirle via dal petto, ridursi in polvere, scomparire definitivamente lasciandole un vuoto incolmabile.

La pancia... non c'era più.

Un fiume di lacrime rotolò giù da quelle guance sempre delicate e morbide, ora fattesi aride e sciupate.

La mia... la mia-

Non riusciva nemmeno a pensarlo. 

Si morse le labbra, ma un singhiozzo doloroso sfuggì comunque al suo controllo.

"La mia bambina..." piagnucolò, mentre una serie di singhiozzi cominciarono a scuoterle il petto con movimenti veloci, irregolari, che le spezzavano il respiro con violenza, lasciandole il tempo necessario per prendere una piccola boccata d'aria; destinata, poi, ad essere inghiottita nel singulto successivo.

"No..." singhiozzò. 

No, no, no! Perché lei, Kami... perché! Perché la mia piccina? La mia dolce creatura! Perché me l'hai portata via? No Kami, ti prego! Prendi me, me! Non la mia piccola...

Non riuscì più a trattenere il suo dolore. Chichi urlò di nuovo; un grido straziante, stridulo, scosso da un dolore profondo, mai provato in tutta la sua vita. Sentiva il cuore stracciarsi in un suono secco, lo sentiva triplicato in quel silenzio tombale, sentiva il suono inquietante di membra stracciate echeggiarle nelle orecchie; crudele, assassino, stordente!

Eppure, tutto quel rumore non le impedì di sentire quel piccolo, dolce, infantile singulto.

Sempre piangendo, Chichi scrutò il vuoto davanti a sé per l'ennesima volta.

E stavolta la vide: una piccola sagoma rivestita di luce di fronte a sé, lontana... ma che si avvicinava, lenta e terrificante.

Fu tentata di chiudere di nuovo gli occhi, perché aveva davvero paura di quello che avrebbe potuto vedere in quell'essere.

Ma di nuovo non diede retta al suo istinto.

La sagoma aveva preso forma: era un neonato, rivestito di un panno talmente bianco da infastidirle la vista, ormai abituata alle tenebre. Il bambino piangeva: le manine erano strette in due piccoli pugni, i piedini e le gambine si dimenavano sotto l'involucro di stoffa immacolata, i capelli neri si fondevano con l'oscurità che lo circondava, gli occhi serrati dal pianto disperato, la boccuccia che si apriva e socchiudeva al ritmo della vocina straziante, la piccola lingua tesa a causa dello sforzo disperato.

Chichi osservava quella creatura, combattuta tra l'istinto più debole che la supplicava di indietreggiare, e quello più forte che la incitava a tendere le braccia per prenderlo con sé e stringerselo al petto.

Vinse quello più forte.

Chichi tese le braccia per prendere il neonato, ma appena gli fu ad un centimetro di distanza quello scomparve, lasciando dietro di sé un silenzio... rumoroso, piombato troppo in fretta in quel luogo di desolazione, calato troppo bruscamente perché il suo cervello riuscisse a vincere lo stupore, lasciandole come un fischio continuo e insopportabile che la rendeva pazza. Tuttavia, vinto lo stordimento iniziale, l'eco di quel pianto sembrò estendersi in lungo e in largo per quella laguna oscura, oltre che nel suo petto vuoto.

Chichi cadde di nuovo a terra, incapace di sostenere oltre il peso del suo corpo. Sbatté ancora le ginocchia, sbucciandosele contro il suolo ruvido, ma il dolore fu quasi inesistente se comparato a quello che le riempiva il petto.

Si accucciò a terra, assumendo una posizione fetale, salvo riprendere a piangere come una bambina, mentre le labbra screpolate mormoravano altre dolorose suppliche al Divino che sicuramente la vedeva dall'alto.

 

***

"Molto bene, signori. Il taglio è stato ricucito alla perfezione, abbiamo fatto un ottimo lavoro."

"Dottore, che cosa dobbiamo farne del feto?"

"Prendilo, lavalo e mettilo in una culla. Questo bambino sarebbe nato di qui a giorni, a giudicare da come è ben formato. Credo che i genitori vogliano vederlo comunque."

"Bene signore."

Ci fu un attimo di silenzio. Il 'bip' continuo e breve di una macchina cominciava a darle sui nervi.

Bip. Bip. Bip. Bip.

Contò venti di quegli odiosi 'bip', poi una voce interruppe violentemente quel suono ripetitivo.

"Attenta, Yumi! Devi essere più delicata."

"Mi scusi dottore."

Ma chi erano quelle persone? Cosa le stavano facendo? Dove si trovava?

Chichi tentò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì.

Perché?

"Dottore," intervenne una voce maschile e giovane, mai sentita prima. "Credo sia sveglia."

Un altro attimo di silenzio, poi quella che le sembrava fosse la voce più anziana, presumibilmente quella del dottore, risuonò ancora.

"Sì, hai ragione." rimase zitto un paio di secondi, poi riprese. "Questo però non è ancora il momento adatto. Immaginatevi lo shock."

Chichi aggrottò la fronte, in totale disaccordo col medico.

"Shizuka, preparale un'altra dose di morfina."

"Sì, signore."

"Piccola, mi raccomando."

Morfina?

"No..." mugugnò con voce quasi inudibile.

Sentì dita troppo lisce e puzzolenti di materiale sintetico e sterilizzato accarezzarle una guancia, poi i capelli.

"Shh. Non preoccuparti. Riposa."

NO! Ritornare in quell'incubo? Mai!

Riuscì a muovere le gambe, ma un dolore atroce la fece gemere.

"Shizuka," tuonò la voce del dottore, severa. "Quanto ti ci vuole, dannazione!"

"Eccola."

Chichi tentò di protestare di nuovo, ma non fece in tempo a dire nulla perché sentì qualcosa di appuntito - sicuramente l'ago - perforarle la pelle nella piega del braccio, mentre uno strano liquido prendeva a spargersi dal braccio intorno a tutto il corpo.

Sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi.

Quella gente voleva davvero che lei soffrisse...

Poi di nuovo le tenebre.

 

***

 

Goku era stanco di aspettare, l'attesa lo rendeva sempre più ansioso, sempre più pazzo. Aveva mandato a casa tutti gli amici, tranne Juman che si era categoricamente rifiutato di lasciare l'ospedale senza prima vedere la figlia.

Aveva una gran voglia di sfogarsi, di combattere. L'apatia, come l'attesa e il senso di inutilità, lo stavano lentamente indebolendo, rosicchiando la sua volontà, consumando l'umanità estranea a tutti gli altri suoi fratelli Saiyan.

Sentiva uno strano malessere crescere dentro il suo cuore, preoccupante e malvagio, mentre i pensieri confusi cominciavano a radunarsi, dando vita ad una convinzione malsana ma piuttosto palusibile che nell'ultima ora l'aveva torturato e incollerito come mai prima d'ora.

La calma lo abbandonava col passare dei minuti, mentre la sensazione che quell'idea appena nata fosse giusta aumentava la sua irrequietezza, il suo senso di vendetta.

Un uomo in particolare aveva attirato la sua attenzione; un uomo che la sua mente, appena concluso il colloquio con il chirurgo, aveva istantaneamente rievocato come se volesse suggerirgli la causa di quella orrenda tragedia, il colpevole di tutto quel dolore.

Quel maledetto dottore...

Goku non riuscì a reprimere un ringhio animalesco, che spaventoso e gutturale gli uscì dalle labbra facendo accapponare la pelle del suocero gigante; ora immobile nel suo posto con gli occhi sbarrati per la paura.

Il Saiyan tremava convulsamente, sebbene si stesse trattenendo con tutte le forze.

Il sangue gocciolava lento e denso dalle dita irrigidite, sporcando il pavimento lindo e puzzolente di disinfettanti, ma Goku nemmeno se n'era accorto dato che la rabbia e l'odio stavano intaccando ogni sezione del suo cervello, facendogli dimenticare tutto il resto.

Il ricordo dell'umano ecografo che aveva visitato sua moglie qualche giorno prima, continuava a ripetersi ininterrottamente nella sua testa con una minuziosità di dettagli fuori dal normale.

Riesaminava ogni espressione, ogni parola; ed ogni volta la convinzione che quell'ignobile essere umano fosse il principale colpevole della morte di sua figlia s'intensificava a tal punto da farlo scoppiare di rabbia.

Lo rivedeva mentre aggrottava la fronte e corrugava le sopracciglia quando aveva preso a fissare un punto sullo schermo del computer, vedeva l'espressione dei suoi occhi che cambiava, assumendo un'opacità allarmante che avrebbe dovuto insospettirlo di più. Lo vedeva rimuginare sul problema, quasi poteva sentirne l'intensità, il frullare dei suoi pensieri.

Lo vedeva scuotere la testa, denigrando il giusto sospetto, condannando a morte la creatura che stava esaminando, maledicendo per sempre la vita della madre che naturalmente avrebbe sofferto per la perdita di un figlio, e infine attirando su di sé l'inevitabile e giusta, tremenda e violenta vendetta di uno spietato padre Saiyan.

Un sorriso diabolico intaccò il suo viso angelico, trasformandolo più similmente ad un angelo della morte.

Sorrideva perché riusciva a pregustare la soddisfazione, il piacere di uccidere lentamente, di torturare quell'insignificante pulce indegna di vivere.

Immaginava di trovarlo solo nel suo studio maledetto, completamente abbandonato al suo destino, preda della sua vendetta. Riusciva a leggergli il terrore negli occhi, acuto come il grido che avrebbe rilasciato nel momento in cui avrebbe capito che lo spietato angelo della morte era venuto a prendersi la sua vita. Lo vedeva cadere dalla sedia, indietreggiare fino all'angolo più buio del suo fragile nascondiglio, sbiancare dal terrore e tremare come una foglia. Già percepiva il fremito di disgusto quando lo avrebbe sentito piagnucolare suppliche indecorose sul fatto di risparmiargli la vita, ma lo avrebbe messo a tacere prendendolo per la gola e attaccandolo al muro. Lo avrebbe guardato fisso negli occhi con tutta l'intensità del suo odio, col viso talmente vicino da sentirne il respiro convulso. Avrebbe mantenuto la stretta salda, gustandosi la visione di quel viso paffuto che diveniva sempre più livido, sempre più vicino al soffocamento, per poi allentare la presa e farlo precipitare a terra un attimo prima che spirasse.

Poi avrebbe incominciato a colpirlo, a graffiarlo, a lacerargli la pelle, a smembrarlo; sempre lentamente, sempre a distanza di qualche minuto perché potesse indugiare nel dolore e disperarsi quando avrebbe capito che la fine non sarebbe mai arrivata troppo in fretta.

Poteva sentirne il sangue caldo e maligno sulle mani, sulla faccia, sui vestiti; riusciva persino a percepirne l'odore acre che in quel momento sarebbe stato il profumo più piacevole della terra. Vedeva il mostro umano che si dibatteva per terra, gli occhi sgranati dal terrore, urlante, indemoniato, fino a quando non avrebbe incominciato anche a dolergli la gola e avrebbe quindi rinunciato a chiedere aiuto, così come a supplicare pietà, risparmiando la voce solo per dargli piacere nel momento in cui avrebbe di nuovo urlato di dolore.

"Goku!"

Il Saiyan sbattè forte le palpebre, sentendosi stranamente stralunato. Si guardò intorno e vide il viso mortalmente pallido di Juman che lo fissava come se davanti a sé si trovasse il demonio in persona.

Lo guardò con preoccupazione, chiedendosi che cosa fosse successo, se fossero in pericolo, perché suo suocero era così pallido e perché continuava a fissarlo come se avesse fatto qualcosa di terribile.

Si sentiva nervoso, insoddisfatto. Aveva voglia di uccidere...

Quel pensiero lo fece inorridire. Rabbrividì, sebbene all'interno dell'ospedale facesse caldo, e incominciò a tremare senza spiegazione.

Kami, che mi succede? Perché ho sete di sangue? Sono diventato un mostro...

L'enorme mano di Juman che si adagiava sulla sua spalla lo fece sussultare, nonostante fosse stato molto delicato. Guardò in volto l'amato suocero, quasi un secondo padre per lui, e scorse nei suoi occhi dolore e compassione.

"Figliolo, sei sicuro di stare bene?"

Gli tremava la voce, aveva gli occhi lucidi. Era davvero così spaventato?

Non rispose subito perché non sapeva cosa dire. No, non si sentiva affatto bene; aveva bisogno di calmarsi, di sfogare quell'istinto raccapricciante che nonostante tutto continuava ad attanagliargli il cuore. Ma non poteva farlo... non poteva lasciare la sua Chichi. No, no, no!

"Sì-" cercò di mormorare, ma gli morì la voce in gola. Sospirò, prese un bel respiro e continuò. "Sto bene, Juman."

Il gigante scosse la testa in disaccordo, guardandolo con preoccupazione crescente.

"No, figliolo. Non è vero. Tu stai male, hai uno sguardo..." impallidì, scostando persino la mano dalla sua spalla.

Goku sospirò e distolse gli occhi, poi si alzò e andò ad appoggiarsi al muro di fianco alla porta della sala operatoria.

Non se ne sarebbe andato. Mai!

Juman continuò:

"Goku, forse dovresti andare-"

"No."

Il Saiyan guardò il gigante con un'espressione che non ammetteva repliche. Forse avrebbe dovuto controllare lo sguardo, cercare di riottenere quella gentilezza che ormai sentiva lontana, persa, ma che era stato sempre abituato ad utilizzare con le persone che amava.

Ma non ci riusciva, non sapeva nemmeno dove andare a cercarla. Era inquieto e soffriva; per ora non sentiva altro che sentimenti malevoli, ma non per questo se ne sarebbe andato. L'amore per Chichi era forse l'unico spiraglio di bontà rimastogli in corpo, e anche solo il pensiero di abbandonarla per ritrovare sé stesso costituiva un dolore troppo intenso da sopportare.

Juman capì tutto e non osò controbattere. Conosceva bene suo genero, lo rispettava, e in quel momento lo temeva pure. Era in una condizione piuttosto allarmante; pochi attimi prima lo aveva sentito ringhiare come un animale, gli occhi si erano iniettati di sangue e il volto si era sfigurato in un'espressione demoniaca.

Aveva quasi temuto per l'incolumità di tutti, dato che una trasformazione del genere avrebbe potuto causare una terribile strage.

Per fortuna, però, era finito tutto. Goku si era ripreso subito, l'espressione demoniaca si era dileguata. Era tornato l'uomo sofferente delle ultime ore; sofferente ma pur sempre innamorato di sua figlia. Chiedergli di andarsene, perché temeva per la vita di lei, era una richiesta che non sembrava più giusta.

Juman sospirò, passandosi una mano tra i capelli brizzolati. L'attesa lo stava sfinendo, e per Goku doveva essere anche peggio.

E lo era; ne aveva appena avuto la prova.

 

Goku sbuffò. Perché il chirurgo ci stava mettendo tanto? Aveva detto che nel giro di un'ora Chichi sarebbe stata fuori.

Lanciò l'ennesima occhiata all'orologio affisso al muro, accigliandosi. Era passata un'ora e mezza. Se entro cinque minuti non fossero usciti-

Poi il rumore di una porta che si apriva lo fece sussultare.

Dall'uscio ne uscì un lettino; troppo piccolo per essere quello di sua moglie.

Guardò meglio e vide che era una culla: quella di sua figlia.

Spalancò gli occhi, il corpo s'immobilizzò, il fiato gli si gelò in gola, un nodo bruciante si formò in quello stesso punto.

La bambina era interamente coperta sotto un candido lenzuolo: immobile, inanimata. La culla si fermò proprio davanti a lui, condotta da non sapeva chi perchè quel pensiero non lo interessava minimamente.

Sentiva un mormorio confuso; forse qualcuno stava parlando, ma ancora una volta non era di suo interesse. Soffriva troppo per curarsi degli altri.

Voleva vederla.. ma non aveva il coraggio di scostare il telo.

"Figliolo.." la voce piangente di Juman lo risvegliò dal trauma.

Goku non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua creatura, ma era in ascolto.

"L'infermiera ti ha chiesto se la vuoi vedere.." continuò singhiozzando.

Il Saiyan annuì con il capo, senza parlare.

"Seguitemi." rispose lei, salvo riprendere la marcia funebre della piccola neonata verso un luogo più consono.

Goku fece come richiesto, e per tutto il tempo camminò senza mai scostare lo sguardo da quel piccolo batuffolo protetto nella culla, sentendo il cuore liquefarsi ogni secondo di più.

Giunsero in una sala vuota, semibuia. Un obitorio.

Che orrido posto per la sua adorata! pensò accigliato, ma senza alcuna voglia di parlare.

L'infermiera accese una luce fioca, donando poco più calore alla stanza funebre e poi cercò il suo sguardo.

"Preferisce rimanere solo? Io posso aspettare fuori, se vuole." sussurrò docilmente, forse nel tentativo di alleviare il suo dolore.

Goku la fissò in volto, notando che la ragazza aveva le guance umide, solcate da lacrime e gli occhi ancora lucidi.

Furono quegli occhi ad intaccare il suo dolore, furono quelle lacrime a sollecitare le proprie.

Il Saiyan annuì, muto e sul punto di piangere. Lei si dileguò silenziosamente, lasciandolo solo con sua figlia; la sentì mormorare parole dolci di conforto al povero suocero, che era crollato in un pianto disperato.

Con mano tremante e rigida, Goku andò a cercare l'orlo del lenzuolo per scostarlo gentilmente dal corpicino esamine della sua piccola creatura, ma più volte fu costretto a ripetere quel movimento, perchè incapace di portarlo a termine.

Infine si fece coraggio e adempì al suo compito.

Gli bastò un solo sguardo, una sola occhiata perchè le lacrime scaturissero dalla loro prigione e gli impedissero di vedere oltre. Ma quel poco che aveva visto bastò per rimanere per sempre impresso nella sua mente.

Pianse, pianse disperatamente.

Cadde in ginocchio di fianco al lettino di morte, con una mano a sfiorare quella minuscola e gelida della sua adorata. Risalì poi il braccino carnoso, quasi cecamente, piangendo, piangendo perchè tanta dolcezza, tanta tenerezza, tanta bellezza non esisteva più.

Le carezzò un guancia liscia e morbida, gli occhietti chiusi, i bellissimi capelli scuri, soffici e lisci come quelli della madre...

Non resistette più a tanto dolore: appoggiò la testa contro il bordo del lettuccio, permettendo alle lacrime e al pianto di sopraffare ogni cosa.

 

To be continued...

 

Salve a tutti i miei lettori,

lo so che siete infuriati con me per via della mia discontinuità e degli enormi ritardi con cui pubblico i nuovi capitoli, ma la giustificazione è la stessa che ho dato nello scorso capitolo. Ribadisco, comunque, che ogni giustificazione è superflua e oltremodo inacettabile e che avete tutte le ragioni del mondo per esservi stancati del mio comportamento.

L'unica cosa che posso dirvi è che mi dispiace davvero tanto, e che non ho nessuna intenzione di accantonare la fanfiction, anche perché scriverla mi regala sempre tantissime emozioni.

Mi scuso anche per il capitolo che, come i miei lettori sapranno bene conoscendomi, è lungo, prolisso e non succede chissà che cosa. Purtroppo questo è il mio modo di scrivere, inoltre stiamo affrontando una situazione all'interno della storia che merita ben pochi nuovi avvenimenti, in quanto quelli già accaduti bastano e avanzano, dato che sono terribilmente drammatici. Per questo sto dando molta più importanza alla descrizione degli stati d'animo che al proseguimento della trama, e mi rendo conto che questo può rendere la storia un po' noiosa..

Comunque, bando alle spiegazioni, spero che tutto sommato non sia stato una vera e propria delusione.

Se vi fa piacere potete lasciare un commento, che è molto gradito ma non d'obbligo. :)

Ringrazio tutte le gentilissime ragazze che hanno recensito e aggiunto la storia tra i preferiti. Vi voglio bene!

Un bacione,

Annetta chan

 

 

 

 

 

 

 

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