Piaceve, io sono Giovgio

di Adelaide Cris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La noia. Fase 1 ***
Capitolo 2: *** Le coccinelle sono rosse, come l'amore ***
Capitolo 3: *** La noia. Fase 2 ***



Capitolo 1
*** La noia. Fase 1 ***


Si girò di scatto, convinta di aver sentito il suo nome. In realtà sperava solo che qualcuno in quella folla immensa l’avesse chiamata, ma tutti continuavano a chiacchierare tranquillamente con i propri amici e lei sentiva la sua solitudine crescerle dentro. Il cielo da poco si era coperto di grigie nuvole e a breve sarebbe caduta quella pioggia che adorava tanto, che le bagnava i capelli e il viso, che la depurava dai mali della gente. Decise di tornare a casa, quella manifestazione doveva ancora terminare, ma non le andava proprio di sentire stupidi ragazzi che si volevano mettere in mostra e che non dicevano nulla di concreto in quel chiamato ‘dibattito scolastico’. 
Lo aveva intravisto nella folla, era anche certa che lui l’avesse vista, ma non aveva nessuna intenzione di crearsi complessi mentali sul perché non l’avesse salutata.

Un buono odore si era già diffuso nell’ingresso, e le inondò il naso non appena entrata in cucina. Non ci poteva credere, i suoi occhi stavano già divorando quella pizza appena sfornata. Calda come l’amore di sua madre. Si sedette a tavola, solita routine. Era sola, loro avevano già mangiato perché come solito ‘andavano di fretta e non potevano aspettarla’.   Si vedeva che i suoi genitori l’amavano e facevano di tutto per renderla il più felice possibile (sempre nei limiti a loro concessi), ma a lei non bastava. Lei voleva di più. Ma non solo da loro! Lei pretendeva di più dai suoi compagni di classe, dai professori, perfino dal macellaio (doveva essere più veloce!). Non le andava mai bene niente e questo le creava problemi. Lei voleva di più per (o da?) se stessa.
Lui era stato IL PRIMO. Quando di nascosto le loro labbra si erano posate l’una sull’altra… lei era così imbranata allora!
Sparecchiò velocemente mentre quella che era iniziata come pioggerellina si trasformava in una pioggia fitta. Non c’era molta luce e l’aspetto triste era invitante per iniziare lo studio. Era sola a casa (come sempre). Ma la sua solitudine era diversa, era sola anche con se stessa. Come se la persona che vivesse giorno per giorno la sua esistenza non fosse lei. Come se qualcun’altra di prorompente, speciale, e perché no perfetta, non aspettasse altro che uscire allo scoperto a sradicare la vecchia se. A volte la sua doppia identità aveva momenti di libertà, ma alla gente faceva ridere quel suo ‘non essere se stessa’, ‘essere impazzita’. Loro non capivano che quella che avevano davanti gli occhi sarebbe diventata diversa un giorno, che ce n’era un’altra più nascosta che dormiva ma che era pronta ad esplodere da un momento all’altro come un vulcano che riposa e che poi improvvisamente si sveglia, distruggendo tutto con la sua lava maledettamente incandescente. 
Quella versione di latino non aveva molto senso,  decise allora di mettersi le cuffie e di spegnere lentamente il suo burattinaio (lei burattinaio di se stessa?). A ritmo la sua fantasia iniziò a galoppare verso altri mondi e un senso di nausea la invase. Perché non poteva essere veramente se stessa?
Il pensiero le volò all’anno precedente. Era tutto così diverso. Non le sembrava vero che lui, proprio lui l’avesse stretta tra le sue braccia e l’avesse baciata. Era il classico tipo donnaiolo, ma che non riesci ad odiare. Le aveva dato una grande soddisfazione essere stata sua anche per solo dieci secondi, ma le aveva dato maledettamente fastidio essere stata una delle tante, senza importanza. Senza inizio e senza fine quella serata scivolò via nel dimenticatoio (per lui!). E adesso?  Dopo mesi di completo ignorarsi e varie ed eclatanti esperienze da entrambe le parti (soprattutto nel periodo estivo) ecco che tutto ritorna. Come se niente fosse accaduto: il saluto, i ‘mi piace’, e chissà perché una strana voglia di incontrarlo.
Suonano al citofono. Testimoni di Geova. ‘ No grazie, non ci interessa’.  Sono da invidiare. E’ difficile trovare gente così fedele, e sicura della sua fede. Per lei ora mai la religione era pura e semplice fantasia. Convinta dalla scienza, credeva nel nulla dopo la morte, in un ‘sonno senza sogni’.  La religione è qualcosa che si sono inventati come consolazione alla morte, per rassicurarsi a vicenda sull’esistenza di un paradiso, per essere sicuri di non sprecare le proprie esistenze. SBAGLIATO!  E come se per non studiare qualcuno si convincesse  che il giorno dopo inizino le vacanze, ma non è così, per niente proprio. Religione vista come magra consolazione degli spiriti deboli che non vogliono accettare la realtà. Ai vostri occhi lei potrebbe essere una gran peccatrice.

Haero,is, haesi, haesum, ere. Era certa dell’interrogazione. Un presagio, un qualcosa di angosciante la convinceva che il giorno dopo sarebbe stata interrogata, e che sarebbe andata abbastanza male, soprattutto se continuava a scrivere sul quel computer… scriveva di se stessa, dei problemi che viveva. Parlava in terza persona, come se stesse raccontando di una sua amica o di una sua conoscente. Non voleva avere a che fare con lei, voleva analizzarla come un’estranea e giudicarla, spietatamente. Aveva appena diciassette anni e si sentiva pronta alla morte, pronta a poter affrontare il mondo e a vincere. 

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Capitolo 2
*** Le coccinelle sono rosse, come l'amore ***


<< Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un'ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo, che mi rinchiudono; e mi ritrovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un'ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare. >> 
(Pensieri, 194)
Pascal aveva ragione, eccome! Quanti interrogativi a questo mondo, quando l'uomo capirà di essere un parassita? Un insignificante essere in "quest'atomo opaco del male" che è il mondo? 
 
 
Guardò fuori dalla finestra nell'attesa che il vortice dei suoi pensieri si placasse. Era uno stupido 'mi piace' in fondo, nulla di che. Anche se era il quarto in tre giorni. Da quando si vedeva le sue fotografie? o ascoltava le canzoni che pubblicava? Perchè faceva così e poi per strada la salutava un giorno sì e uno no? A che gioco stava giocando? A volte non lo capiva proprio. Non l'aveva mai capito, neanche quella sera dietro la tenda rossa. Rosso scuro, del colore dell'amore, mentre l'abbracciava e non badava al suo apparecchio. 
 
Un brivido la scosse. Era tardi, un messaggio "sono pronta, puoi venire." Eccola, l'amica ritardataria. Ne abbiamo tutti una no? Quella che ci fa aspettare sotto casa sua al freddo e al gelo. Ma la sua, era imbattibile. Memorabile fu il ritardo dei tre quarti d'ora. Adesso le loro strade si stanno un po' dividendo, ma sono tanti i fattori della vita. Non possiamo essere sempre ancorati al passato. Anzi, quante sorprese riserba il futuro! A volte però è bene fermarsi e respirare, voltarsi un attimo e sorridere a quello che è accaduto. 
 
 
 
Boom. 
Al telegiornale locale fanno vedere il castello, lì sul monte accanto, mentre lei si metteva il cappotto per uscire. Perchè tutto ora? Si conobbero proprio lì, in un camposcuola. Si ricordava ancora del pulmino bianco che li trasportò in quella mega casa, tutta a loro disposizione. << Comunque piaceve, io sono Giovgio! >> Oh dio, la erre moscia. Dite quello che volete, ma a lei piaceva da matti. Aveva sempre avuto una cottarella per quelli che non riuscivano a dire "ramarro marrone" decentemente! A quel camposcuola nacque un'amicizia, tra il nascondino, le scenette da creare, i momenti passati da soli a prendere il sole o vicino a un albero, a rubar le coccinelle e a cercare di crearne una famiglia. Il signor e la signora coccinella. Andava dicendo che quella cosetta piccola e rossa era la loro figlia. E lei più lo guardava più se ne innamorava. Fin quando non dovettero ripartire e la magia, allora, svanì.

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Capitolo 3
*** La noia. Fase 2 ***


Indifferente alla pioggia si mise la cuffiette e alzò il volume. "il tempo sfugge, ma il segno del tempo rimane", cantano i  Baustelle, quanto è vero. Non vi è mai capitato di pensare al tempo che passa? A quello che è passato e che ormai non tornerà più? Non vi pervade un senso di angoscia, non vi rendete conto di quanto si è piccoli e insignificanti di fronte all'enorme eternità? Non vi sentite dei grandi ignoranti di fronte a tutta la sapienza del mondo? Ed è proprio allora, quando si prende coscienza di questa cosa, che è troppo tardi. 
 
 
Il 29 dicembre dell'anno precendente erano a una festa, lei non voleva neanche andarci. Lei era la ragazza nell'angolo, sola, quella che non balla perchè non ne è capace. Lui, bè, lui è quello che sta sul palco, alla consolle, per farsi vedere ed amare. Erano mesi che non si vedevano, ma la confidenza era rimasta la stessa. L'aveva vista, nella sua solita solitudine, e le aveva chiesto di salire accanto a lei. Un gradino, salì. Un abbraccio. Un caldo abbraccio, mai nessuno l'aveva abbracciata così. Sotto la confusione dei ragazzi continuava ma per lei erano spariti. L'unica cosa che le venne in mente, prima ancora che provasse a baciarla, fu l'idea di avere quello stupido apparecchio.
 
Chiuse gli occhi, perchè non le arrivavano messaggi? Quel telefonino stava dando i numeri, non lo sopportava più. Ne voleva uno nuovo, di quelli che tutti te lo invidiano. Ma a lei, mai nessuno aveva invidiato niente. Al massimo era lei che invidiava gli altri. Perchè gli altri erano sempre migliori di lei. Erano migliori anche i loro primi baci. Proprio il giorno prima si erano viste tutte per un caffè, le amiche di classe, e tra una chiacchiera e l'altra ecco che si erano ritrovate a parlare delle loro prime esperienze, quelle fesse e quelle più importanti. Ed ecco che erano volati nomi, date e grasse risate. Ma per lei non c'era stato tanto scalpore, a quanto pare c'era da aspettarselo che qualcuna di loro avesse baciato lui... Lui che tanto bacia tutte.  

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